XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Finanziaria 2006 - Legge 23 dicembre 2005, n. 266 - Schede di lettura (articolo 1, commi 350-612) - Tomo II
Serie: Progetti di legge    Numero: 835    Progressivo: 8
Data: 22/03/06
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
Riferimenti:
AC n.6177/14   AS n.3613/14
L n.266 del 23/12/05     

Servizio studi

 

progetti di legge

Finanziaria 2006

Legge 23 dicembre 2005, n. 266

Schede di lettura
(articolo 1, commi 350-612)

n. 835/8
Tomo II

 


xiv legislatura

22 marzo 2006

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coordinamento: Dipartimento Bilancio e politica economica

 

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File: ID0049s2.doc

 


INDICE

 

 

Tomo I

Tavola di raffronto tra il testo del disegno di legge presentato dal Governo (A.S. 3613), il testo nelle varie fasi dell’iter e il testo della legge n. 266/2005. 1

Schede di lettura (articolo 1, commi 1-349)

§      Articolo 1, commi 1-4 (Risultati differenziali del bilancio dello Stato)19

§      Articolo 1, comma 5 (Destinazione dei maggiori proventi delle dismissioni immobiliari all’ammortamento del debito pubblico)25

§      Articolo 1, commi 6 e 13 (Riduzioni degli stanziamenti di bilancio per consumi intermedi e investimenti fissi lordi)27

§      Articolo 1, commi 7-8 (Limiti all’assunzione di impegni di spesa)35

§      Articolo 1, commi 9-12 (Contenimento delle spese per consulenze, di rappresentanza e per auto di servizio)38

§      Articolo 1, comma 14 (Contenimento degli oneri di spesa per i centri di accoglienza)46

§      Articolo 1, commi 15-16 (Fondo per i trasferimenti correnti alle imprese)48

§      Articolo 1, comma 17 (Istituzione di un fondo presso il Ministero e le attività dei beni culturali per la salvaguardia e la valorizzazione dei beni culturali)53

§      Articolo 1, comma 18 (Incremento del fondo di funzionamento della Corte dei conti)54

§      Articolo 1, comma 19 (Finanziamento alle emittenti televisive locali)55

§      Articolo 1, comma 20 (Flessibilità del bilancio)58

§      Articolo 1, comma 21 (Sospensione di impegni di spesa e titoli di pagamento)69

§      Articolo 1, comma 22 (Limitazioni all’acquisto di beni e servizi della P.A.)72

§      Articolo 1, commi 23-26 (Limiti all’acquisizione di immobili da parte delle pubbliche amministrazioni)75

§      Articolo 1, comma 27 (Fondo per consumi intermedi del Ministero dell’interno)79

§      Articolo 1, comma 28 (Fondo investimenti Forze dell’ordine)81

§      Articolo 1, comma 29 (Fondo funzionamento Arma dei carabinieri)82

§      Articolo 1, comma 30 (Soluzione crisi industriali - ex legge 181)83

§      Articolo 1, comma 31 (Convenzione Poste Italiane Spa per riduzione tasso di interesse sulle giacenze di tesoreria della raccolta postale)85

§      Articolo 1, commi 32-34 (Limitazione dei pagamenti per l’ANAS, per il Fondo innovazione tecnologica e per investimenti fissi lordi)87

§      Articolo 1, commi 35-37 (Limitazione dei pagamenti dei titolari di contabilità speciali di tesoreria)91

§      Articolo 1, commi 38-40 (Contabilità speciali e conti correnti di tesoreria non movimentati)94

§      Articolo 1, comma 41 (Restituzione della quota del fondo patrimoniale dell’Istituto del credito sportivo)99

§      Articolo 1, comma 42 (IVA agevolata per l’energia elettrica impiegata da consorzi di bonifica)101

§      Articolo 1, commi 43-44 (Finanziamento delle funzioni già esercitate dagli uffici metrici provinciali e trasferite alle Camere di commercio)102

§      Articolo 1, comma 45 (Esclusione delle Camere di commercio dal sistema di tesoreria unica)104

§      Articolo 1, comma 46 (Limite alle riassegnazioni di entrate)106

§      Articolo 1, comma 47 (Assegnazione di risorse al Consiglio di Stato e ai TAR)108

§      Articolo 1, commi 48-49 (Versamento accantonamenti enti pubblici)109

§      Articolo 1, comma 50 (Debiti pregressi delle amministrazioni centrali dello Stato)113

§      Articolo 1, comma 51 (Trasmissione su supporto informatico degli invii di corrispondenza da e per le pubbliche amministrazioni; informatizzazione dei pagamenti postali)115

§      Articolo 1, commi 52-64 (Riduzione dei costi della politica)118

§      Articolo 1, commi 65-71 (Autofinanziamento di alcune autorità amministrative)136

§      Articolo 1, commi 72-77 (Autofinanziamento delle Agenzie fiscali)152

§      Articolo 1, comma 78 (Rifinanziamento della legge 1° agosto 2002, n. 166, e di ulteriori interventi infrastrutturali)157

§      Articolo 1, commi 79-83 (Fusione della società Infrastrutture Spa nella Cassa depositi e prestiti Spa)162

§      Articolo 1, comma 84 (Interventi nel settore ferroviario)167

§      Articolo 1, comma 85 (Esclusione dell’esecuzione forzata su limiti di impegno)172

§      Articolo 1, commi 86-88 (Disposizioni riguardanti il Gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale e beni immobili di Ferrovie Spa)174

§      Articolo 1, commi 89-91 (Disposizioni sul patrimonio di enti soppressi e loro trasferimento)177

§      Articolo 1, comma 92 (Contributo per le fiere)182

§      Articolo 1, comma 93 (Contributi alla Guardia di finanza)183

§      Articolo 1, comma 94 (Immobili vicini all’aeroporto di Milano Malpensa)185

§      Articolo 1, comma 95 (Sviluppo dell'industria per la difesa)188

§      Articolo 1, comma 96 (Contratto di programma Poste)192

§      Articolo 1, comma 97 (Missioni di pace)195

§      Articolo 1, comma 98 (Partecipazione dell’Italia al G8 per la cancellazione del debito dei Paesi poveri)200

§      Articolo 1, comma 99 (Contributo per partecipazione a iniziative internazionali di vaccinazione)202

§      Articolo 1, commi 100 e 102 (Protezione civile)203

§      Articolo 1, comma 101 (Finanziamento dei campionati mondiali di ciclismo)207

§      Articolo 1, commi 103-113 (Interventi in materia di autotrasporto)208

§      Articolo 1, comma 114 (Contributo solidarietà regione Sicilia)220

§      Articolo 1, comma 115 (Proroga di agevolazioni in materia di accise per prodotti energetici)224

§      Articolo 1, comma 116 (Imposta sulla produzione e sui consumi degli olî lubrificanti e dell’agevolazione fiscale prevista per gli olî lubrificanti rigenerati)237

§      Articolo 1, comma 117 (Proroga di agevolazioni fiscali per la manutenzione e la salvaguardia dei boschi)240

§      Articolo 1, comma 118 (Proroga di agevolazioni IRAP nel settore agricolo e della pesca)242

§      Articolo 1, comma 119 (Proroga di agevolazioni fiscali e previdenziali per imprese che esercitano la pesca costiera e nelle acque interne e lagunari)243

§      Articolo 1, comma 120 (Proroga di agevolazioni fiscali per la formazione e l'arrotondamento della proprietà contadina)245

§      Articolo 1, comma 121 (Proroga di termini per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio)247

§      Articolo 1, comma 122 (Proroga dell’esenzione IRPEF per i redditi di lavoro dipendente prestato all’estero in zone di frontiera)250

§      Articolo 1, comma 123 (Limite di deducibilità dei contributi di assistenza sanitaria dal reddito di lavoro dipendente)252

§      Articolo 1, comma 124 (Clausola di salvaguardia)254

§      Articolo 1, comma 125 (Proroga del regime di indetraibilità dell’IVA sugli acquisti di motoveicoli e autoveicoli)256

§      Articolo 1, comma 126 (Proroga dell’esenzione da imposte e tasse per gli atti relativi alla ricostruzione delle aree terremotate del Belice)259

§      Articolo 1, comma 127 (Proroga regime di esenzione fiscale delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza – IPAB)260

§      Articolo 1, comma 128 (Pubblicità nelle manifestazioni sportive dilettantistiche)261

§      Articolo 1, comma 129 (Proroga deduzione forfetaria per gli esercenti impianti di distribuzione di carburante)263

§      Articolo 1, comma 130 (Trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri)265

§      Articolo 1, comma 131 (Tassazione delle plusvalenze e delle minusvalenze realizzate a seguito della cessione di partecipazioni)268

§      Articolo 1, comma 132 (Tassazione delle imprese municipalizzate esercenti servizi pubblici locali)271

§      Articolo 1, comma 133 (Esclusione del rimborso dell’ICI versata per immobili esenti da enti ecclesiastici e non commerciali)282

§      Articolo 1, comma 134 (Differimento termine TARSU)286

§      Articolo 1, comma 135 (Scambi culturali e scientifici)288

§      Articolo 1, comma 136 (Opere infrastrutturali fiera di Milano)292

§      Articolo 1, comma 137 (Limite minimo al versamento del debito e al rimborso del credito d’imposta)294

§      Articolo 1, commi 138-150 (Patto di stabilità interno)297

§      Articolo 1, comma 151 (Retribuzione pensionabile dei componenti delle autorità indipendenti)318

§      Articolo 1, comma 152 (Compartecipazione provinciale e comunale al gettito IRPEF)320

§      Articolo 1, commi 153-154 (Determinazione dei trasferimenti erariali agli enti locali per il 2006)322

§      Articolo 1, commi 155-156 (Differimento del termine per l’approvazione dei bilanci di previsione degli enti locali e procedure di scioglimento dei consigli comunali)329

§      Articolo 1, commi 157-160 (Acquisto di beni e servizi da parte degli enti decentrati di spesa)334

§      Articolo 1, comma 161 (Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici – SIOPE)338

§      Articolo 1, comma 162 (Finanziamento del Fondo nazionale per la montagna)342

§      Articolo 1, comma 163 (Regolamento finanziario sulle emissioni obbligazionarie dei comuni)344

§      Articolo 1, comma 164 (Esclusione dei comuni con meno di 3.000 abitanti dall’obbligo di redazione del conto economico)348

§      Articolo 1, comma 165 (Sospensione degli effetti delle addizionali regionali all’IRPEF e delle maggiorazioni di aliquota dell’IRAP)349

§      Articolo 1, commi 166-170 (Attività di controllo della Corte dei conti sugli enti locali)351

§      Articolo 1, commi 171-173 (Funzioni di controllo della Corte dei Conti)355

§      Articolo 1, comma 174 (Tutela dei crediti erariali)359

§      Articolo 1, comma 175 (Assunzioni di personale da parte della Corte dei conti per l’esercizio delle funzioni di controllo)360

§      Articolo 1, commi 176-182 (Adeguamento delle risorse contrattuali per il biennio 2004-2005 a seguito del protocollo d’intesa del 27 maggio 2005)362

§      Articolo 1, commi 183-186 (Risorse per rinnovi contrattuali per il biennio 2006-2007)367

§      Articolo 1, commi 187-188 (Limiti all’utilizzazione di personale a tempo determinato)370

§      Articolo 1, commi 189-197 (Interventi in materia di risorse destinate alla contrattazione integrativa e di lavoro straordinario)375

§      Articolo 1, commi 198-200, 202-206 (Concorso delle regioni e degli enti locali al contenimento degli oneri di personale)384

§      Articolo 1, comma 201 (Riduzione dei costi di funzionamento degli organi istituzionali)394

§      Articolo 1, commi 207-215, 219-223 (Disposizioni per il contenimento degli oneri di personale)395

§      Articolo 1, commi 216-217 (Rimborsi e indennità per missioni all’estero dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni)407

§      Articolo 1, comma 218 (Trasferimento personale ATA degli enti locali alle dipendenze dello Stato)410

§      Articolo 1, comma 224 (Interpretazione autentica dell’articolo 69, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001)412

§      Articolo 1, comma 225 (Trattamento economico del personale del Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione)414

§      Articolo 1, comma 226 (Interpretazione autentica dell’articolo 3, comma 57, della legge n. 537 del 1993)416

§      Articolo 1, comma 227 (Vicedirigenza)418

§      Articolo 1, commi 228-230 (Mobilità)420

§      Articolo 1, commi 231-233 (Definizione agevolata nei giudizi di responsabilità della Corte dei conti)427

§      Articolo 1, comma 234 (Rinnovo seggi Consiglio sicurezza Nazioni Unite)432

§      Articolo 1, comma 235 (Funzionamento dell’Alto Commissario anticontraffazione)433

§      Articolo 1, comma 236 (Personale in servizio MAE per missione IRAQ)435

§      Articolo 1, commi 237-245 (Proroga contratti a tempo determinato)436

§      Articolo 1, commi 246-253, 257 (Assunzioni di personale)444

§      Articolo 1, commi 254-255 (Alto commissario per la prevenzione e contrasto della corruzione)453

§      Articolo 1, comma 256 (Organi di certificazione dei contratti di lavoro)457

§      Articolo 1, comma 258 (Modifiche all’articolo 8-bis del decreto-legge n. 203 del 2005)462

§      Articolo 1, commi 259-262 (Dirigenti e personale delle Forze di Polizia)464

§      Articolo 1, commi 263-267 (Gestioni previdenziali)469

§      Articolo 1, comma 268 (Lavoratori industria mineraria siciliana)473

§      Articolo 1, commi 269-271 (Rimodulazione risorse TFR)479

§      Articolo 1, comma 272 (Indennizzo ai familiari delle vittime di Ustica)488

§      Articolo 1, comma 273 (Somme destinate alla copertura delle indennità di malattia per i lavoratori del trasporto pubblico locale)490

§      Articolo 1, commi 274-278 (Risorse finanziarie del Servizio sanitario nazionale e nuovi adempimenti a carico delle regioni)494

 

§      Articolo 1, commi 279-284 (Concorso dello Stato al ripiano dei disavanzi regionali e norme sui tempi di attesa. Disposizioni per la razionalizzazione della spesa)501

§      Articolo 1, commi 285-298 (Completamento degli interventi sanitari e miglioramento dell’offerta sanitaria)507

§      Articolo 1, comma 299 (Esenzione dall’IRAP per le aziende pubbliche di servizi alla persona)516

§      Articolo 1, comma 300 (Medici specializzandi)518

§      Articolo 1, comma 301 (Piani di investimento immobiliare da parte dell’INAIL)522

§      Articolo 1, commi 302-304 (Finanziamento programma straordinario ricerca oncologica)525

§      Articolo 1, comma 305 (Finanziamento Istituti zooprofilattici)526

§      Articolo 1, comma 306 (Aliquota IVA per alcune prestazioni socio-assistenziali)528

§      Articolo 1, comma 307 (Farmaci di automedicazione)531

§      Articolo 1, commi 308-309 (Norme concernenti l’Agenzia per i servizi sanitari regionali)532

§      Articolo 1, commi 310-312 (Programma edilizia sanitaria)534

§      Articolo 1, commi 313-317 (Ricerca farmaceutica)536

§      Articolo 1, comma 318 (Disciplina delle erogazioni dei contributi ad enti operanti per l’assistenza e formazione dei ciechi)539

§      Articolo 1, commi 319-324 (Modificazioni alla disciplina recata dal decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56)540

§      Articolo 1, commi 325-328 (Ammortamento dei beni materiali strumentali per l’esercizio di alcune attività regolate. Controlli su versamenti di imposte)550

§      Articolo 1, comma 329 (Aggiornamento sanzioni)565

§      Articolo 1, commi 330-334 (Fondo solidarietà e famiglia. Assegni per figli nari o adottati)567

§      Articolo 1, comma 335 (Agevolazioni fiscali per le spese sostenute dai genitori per le rette degli asili nido)570

§      Articolo 1, comma 336 (Fondo garanzia mutui acquisto prima casa)572

§      Articolo 1, commi 337-340 (5 per mille per volontariato, ricerca e attività sociali dei comuni)575

§      Articolo 1, comma 341 (Ricerca biotecnologica)582

§      Articolo 1, comma 342 (Contributo Istituto di geofisica)584

§      Articolo 1, commi 343-345 (Indennizzi per i risparmiatori vittime di frodi finanziarie)586

§      Articolo 1, comma 346 (Cessione del “quinto”)592

§      Articolo 1, comma 347 (Accesso dei pensionati alle prestazioni creditizie agevolate dell’INPDAP)599

§      Articolo 1, commi 348-349 (Fondo per le adozioni internazionali e contrasto dello sfruttamento sessuale e dell’abuso sessuale dei minori)601

 

 

Tomo II

Schede di lettura (articolo 1, commi 350-612)

§      Articolo 1, comma 350 (Fondo per l’innovazione tecnologica nel settore della sicurezza)605

§      Articolo 1, commi 353-355 (Detassazione della ricerca)609

§      Articolo 1, comma 356 (Fatturazione dei beni ceduti in esenzione d’IVA a soggetti extracomunitari)614

§      Articolo 1, commi 357-360 (Fondo per l’innovazione, la crescita e l’occupazione)617

§      Articolo 1, commi 361-362 (Riduzione del costo del lavoro)622

§      Articolo 1, comma 363 (Riapertura termini per la definizione automatica dei versamenti contributivi relativi al sisma del 1990 nella Sicilia orientale)625

§      Articolo 1, commi 364-365 (Rideterminazione dei premi assicurativi INAIL)629

§      Articolo 1, commi 366-372 (Distretti)632

§      Articolo 1, comma 373 (Proroga del termine per l’applicazione dei limiti al possesso e alla gestione di reti di trasporto e energia e gas)658

§      Articolo 1, comma 374 (Iscrizione ai fini previdenziali delle imprese artigiane e commerciali alle Camere di commercio)664

§      Articolo 1, comma 375 (Definizione dei criteri per le agevolazioni sulle tariffe elettriche)668

§      Articolo 1, commi 376-378 (Banca del Sud)670

 

§      Articolo 1, commi 379-380 (Disposizioni in materia di strumenti del debito pubblico)675

§      Articolo 1, commi 381-384 (Categorie di azioni e strumenti finanziari partecipativi)678

§      Articolo 1, commi 385-386 (Destinazione dei proventi di sanzioni e attribuzione di altre risorse al Fondo per l’usura)687

§      Articolo 1, comma 387 (Delega di funzioni in materia di prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività illecite)690

§      Articolo 1, comma 388 (Conversione o rinegoziazione dei mutui dello Stato, delle regioni e degli enti locali)692

§      Articolo 1, comma 389 (Obbligazioni bancarie garantite)694

§      Articolo 1, commi 390-392 (Trasferimento di autoveicoli)696

§      Articolo 1, comma 393 (Proroga del regime transitorio per l’affidamento di servizi di trasporto regionale)701

§      Articolo 1, comma 394 (Proroga del termine per il mantenimento degli affidamenti di servizi di trasporto pubblico locale)706

§      Articolo 1, comma 395 (Confidi)708

§      Articolo 1, commi 396-397 (Promozione turistica all’estero)710

§      Articolo 1, comma 398 (Sostegno al settore turistico)712

§      Articolo 1, comma 399 (Edilizia popolare e residenziale)713

§      Articolo 1, comma 400 (Effetti della cessione di immobili pubblici non adibiti ad uso abitativo)716

§      Articolo 1, commi 401-403 (Personale per le emergenze sanitarie)718

§      Articolo 1, comma 404 (Esclusione dalle limitazioni alla spesa pubblica dei progetti dell’Istituto Nazionale Fauna selvatica)721

§      Articolo 1, comma 405 (Finanziamento Fondo bieticolo nazionale)723

§      Articolo 1, commi 406-407 (Modernizzazione dei settori dell’agricoltura, pesca, acquicoltura, alimentazione e foreste)725

§      Articolo 1, comma 408 (Nuove misure per il contenimento della spesa per l’assistenza farmaceutica)727

§      Articolo 1, comma 409 (Razionalizzazione degli acquisti da parte del Servizio sanitario nazionale)728

§      Articolo 1, comma 410 (Ammortizzatori sociali)731

§      Articolo 1, comma 411 (Utilizzazione delle risorse per cassa integrazione guadagni e proroga dei trattamenti straordinari)735

§      Articolo 1, comma 412 (Crediti di imposta per gli investimenti e le assunzioni)738

 

§      Articolo 1, comma 413 (Credito di imposta per gli investimenti e le assunzioni nel Sud)742

§      Articolo 1, comma 414 (Interventi I.S.A. nel settore del commercio e della trasformazione di prodotti agricoli)744

§      Articolo 1, commi 415-416 (Servizio idrico integrato nel Mezzogiorno)746

§      Articolo 1, comma 417 (Interventi di ristrutturazione di imprese della filiera agroalimentare)750

§      Articolo 1, commi 418-420 (Concentrazione di imprese ed estensione del contributo alle imprese agricole)754

§      Articolo 1, comma 421 (Programma agevolato per la produzione di biodiesel)760

§      Articolo 1, comma 422 (Promozione filiere agro-energetiche)764

§      Articolo 1, comma 423 (Produzione di energia elettrica da biocombustibili agro-forestali)767

§      Articolo 1, comma 424 (Disciplina di giuochi e scommesse ippiche)770

§      Articolo 1, comma 425 (Utilizzazione delle immagini di gare ippiche da parte dell’UNIRE)773

§      Articolo 1, comma 426 (Partecipazione del Ministero delle politiche agricole alla diffusione della cultura gastronomica)776

§      Articolo 1, comma 427 (Agecontrol Spa)777

§      Articolo 1, comma 428 (Impiego di risorse attribuite all’ISMEA)778

§      Articolo 1, comma 429 (Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale delle imprese)780

§      Articolo 1, comma 430 (Convenzioni per lo svolgimento di attività socialmente utili (ASU))782

§      Articolo 1, comma 431 (Contributo al Centro sperimentale di cinematografia)787

§      Articolo 1, comma 432 (Fondo per esigenze di tutela ambientale)790

§      Articolo 1, comma 433 (Protocollo di Kyoto)791

§      Articolo 1, commi 434-437 (Bonifica e ripristino ambientale)794

§      Articolo 1, commi 438-443, 449-450 (Danni ambientali e sanzioni)799

§      Articolo 1, comma 444 (Disciplina fiscale dell’indennità di occupazione di terreni con determinate caratteristiche)806

§      Articolo 1, commi 445-448 (Finanziamenti per la rilocalizzazione in condizioni di sicurezza di attività produttive collocate in aree a rischio di esondazione)808

 

§      Articolo 1, comma 451 (Finanziamento di infrastrutture dell’autorità portuale di Manfredonia)811

§      Articolo 1, comma 452 (Disposizioni in materia di subconcessioni da parte di ANAS Spa)813

§      Articolo 1, comma 453 (Interventi abitativi per agevolare la mobilità del personale della pubblica amministrazione)815

§      Articolo 1, commi 454-465 (Contributi per l’editoria)817

§      Articolo 1, comma 466 (Imposta sul materiale pornografico)826

§      Articolo 1, comma 467 (Esclusione delle trasmissioni di carattere pornografico dall’IVA ridotta)832

§      Articolo 1, comma 468 (Personale dei rami d’azienda ceduti dai concessionari della riscossione)833

§      Articolo 1, commi 469-476 (Rivalutazione di beni d’impresa e di aree edificabili)836

§      Articolo 1, comma 477 (Limiti all’attività di riscossione dei tributi e delle entrate di comuni e province)846

§      Articolo 1, commi 478-479 (Demanio)849

§      Articolo 1, comma 480 (Dotazioni infrastrutturali finanziate con fondi INAIL)851

§      Articolo 1, comma 481 (Regime tributario dei partecipanti a fondi comuni d’investimento immobiliare)853

§      Articolo 1, comma 482 (Alienazione immobili della difesa)857

§      Articolo 1, commi 483-492 (Concessioni idroelettriche)867

§      Articolo 1, comma 493 (Sogin – maggiori entrate da componente tariffaria A2 sull’energia elettrica)873

§      Articolo 1, comma 494 (Sospensione dei trasferimenti erariali per funzioni amministrative trasferite)877

§      Articolo 1, comma 495 (Potenziamento della lotta all’evasione fiscale nel settore immobiliare)881

§      Articolo 1, commi 496-498 (Disposizioni in materia di tassazione dei trasferimenti immobiliari)883

§      Articolo 1, commi 499-520 (Programmazione fiscale e adeguamento dei redditi dei periodi d’imposta precedenti)888

§      Articolo 1, comma 521 (Aumento del coefficiente di ammortamento per avviamento)910

§      Articolo 1, comma 522 (Modifica al D.L. n. 203/2005, art. 11-quater, co. 2, ammortamento beni imprese settore energetico)913

 

§      Articolo 1, commi 523-524 (Potenziamento della vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale)917

§      Articolo 1, commi 525-534 (Disciplina del giuoco illegale con apparecchi da intrattenimento)921

§      Articolo 1, commi 535-549 (Contrasto del giuoco illegale e disposizioni varie in materia di giuochi e scommesse)931

§      Articolo 1, commi 550-551 (Disposizioni in materia di accisa sui tabacchi lavorati)949

§      Articolo 1, comma 552 (Contratti di collaborazione coordinata e continuativa presso enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole)953

§      Articolo 1, comma 553 (Documento unico di regolarità contributiva delle imprese)956

§      Articolo 1, commi 554-555 (Fondo per spese sostenute dalle famiglie per le esigenze degli studenti universitari)958

§      Articolo 1, comma 556 (Istituzione Fondo nazionale per le comunità giovanili presso il Dipartimento politiche antidroga)961

§      Articolo 1, comma 557 (Monitoraggio spese ambientali)963

§      Articolo 1, comma 558 (Assunzioni effettuate da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste)966

§      Articolo 1, comma 559 (Emittenti radiofoniche locali)968

§      Articolo 1, comma 560 (Rete di telecomunicazione GSM per sicurezza traffico ferroviario)971

§      Articolo 1, comma 561 (Bonifica aree industriali)975

§      Articolo 1, commi 562-565 (Vittime della criminalità e del terrorismo)978

§      Articolo 1, comma 566 (Reti globali di monitoraggio climatico e ambientale)988

§      Articolo 1, comma 567 (Lavoratori marittimi esposti all’amianto)991

§      Articolo 1, commi 568-571 (Attività negoziali della difesa e contributi pluriennali)995

§      Articolo 1, comma 572 (All-digital Sardegna e Valle d’Aosta)997

§      Articolo 1, comma 573 (Interventi di protezione ambientale nel Gennargentu)1002

§      Articolo 1, comma 574 (Contributo alle imprese editrici)1004

§      Articolo 1, comma 575 (Finanziamento di interventi per la tutela dell’ambiente e dei beni culturali e soppressione del contributo per il Convegno internazionale interconfessionale)1007

§      Articolo 1, comma 576 (Esenzione tributaria per le operazioni dei comuni in favore di fondazioni o società di cartolarizzazione)1012

§      Articolo 1, comma 577 (Dipendenti Agenzia del demanio)1014

§      Articolo 1, comma 578 (Finanziamento scuola)1018

§      Articolo 1, comma 579 (Finanziamento delle piccole e medie imprese)1021

§      Articolo 1, comma 580 (Comitato italiano Paralimpico – Promozione attività sportiva dei disabili)1025

§      Articolo 1, comma 581 (Ricerca nel settore oncologico)1027

§      Articolo 1, comma 582 (Autorizzazione all’utilizzazione di risorse all’ENAC)1028

§      Articolo 1, commi 583-593 (Insediamenti turistici di qualità)1030

§      Articolo 1, comma 594 (Indennizzi ai cittadini ex - Jugoslavia)1041

§      Articolo 1, comma 595 (Divieto di assunzioni per fondazioni lirico-sinfoniche)1044

§      Articolo 1, comma 596 (Contratti co.co.co. stipulati con il Ministero per i beni e le attività culturali)1048

§      Articolo 1, commi 597-600 (Semplificazione in materia di alienazione degli immobili degli IACP)1050

§      Articolo 1, comma 601 (Fondi speciali)1055

§      Articolo 1, comma 602 (Dotazioni di bilancio relative a leggi di spesa permanente)1063

§      Articolo 1, comma 603 (Rifinanziamento di spese di conto capitale)1072

§      Articolo 1, comma 604 (Riduzione di autorizzazioni legislative di spesa)1075

§      Articolo 1, comma 605 (Modulazione delle leggi pluriennali di spesa)1081

§      Articolo 1, comma 606 (Limiti all’assunzione degli impegni a valere sulle leggi di spesa)1098

§      Articolo 1, comma 607 (Eccedenze di spesa)1099

§      Articolo 1, comma 608 (Fondi unici per gli investimenti)1109

§      Articolo 1, comma 609 (Copertura finanziaria)1114

§      Articolo 1, commi 610-611 (Applicazione nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome e coordinamento della finanza pubblica)1117

§      Articolo 1, comma 612 (Entrata in vigore)1119


Schede di lettura
(articolo 1, commi 350-612)

 


Articolo 1, comma 350
(Fondo per l’innovazione tecnologica nel settore della sicurezza)

 

350. È istituito un Fondo destinato alla realizzazione di progetti regionali per l’innovazione tecnologica nel settore della sicurezza, con la dotazione di 2 milioni di euro per l’anno 2006. Il Fondo di cui al periodo precedente è ripartito con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, sulla base dei progetti presentati dalle regioni entro il termine perentorio del 31 gennaio 2006.

 

 

Il comma 350 istituisce un Fondo destinato alla realizzazione di progetti regionali per l'innovazione tecnologica nel settore della sicurezza.

Il comma destina a dotazione al Fondo uno stanziamento pari a 2 milioni di euro per il solo anno 2006.

Esso dispone inoltre che la ripartizione del Fondo abbia luogo con decreto del ministro dell'economia e delle finanze da adottare, di concerto con il ministro dell'interno, sulla base dei progetti presentati dalle Regioni entro il termine, definito perentorio, del 31 gennaio 2006.

 

In tema di fondi in materie di competenza regionale, si è consolidata una articolata giurisprudenza costituzionale che tende ad escluderne la possibilità, salvo che sia presente un diverso titolo di competenza statale.

L'ambito competenziale dell'articolo in esame può comprendere diverse materie, quali l'ordine pubblico, l'organizzazione amministrativa, la ricerca scientifica. In tema di ricerca scientifica la Corte costituzionale si è pronunciata (sentt. 423/2004, 51/2005) nel senso che questa, sebbene inclusa tra le materie appartenenti alla competenza concorrente, deve essere considerata non solo una "materia", ma anche un "valore" costituzionalmente protetto (artt. 9 e 33 Cost.), ed è, in quanto tale, in grado di rilevare a prescindere da ambiti di competenze rigorosamente delimitati. Pertanto, la disposizione nella specie impugnata è stata interpretata – anche alla luce di quanto statuito (sentt. 303/2003, 6/2004) in tema di allocazione di funzioni amministrative a livello centrale in ragione del principio di sussidiarietà – nel senso che essa è finalizzata a sostenere e potenziare esclusivamente quell’attività di ricerca scientifica in relazione alla quale è configurabile un autonomo titolo di legittimazione del legislatore statale.

Nella sentenza 270/2005 la Corte, sempre per ciò che riguarda la ricerca scientifica, ha ritenuto che l’inclusione di tale materia tra quelle appartenenti alla competenza concorrente non esclude che lo Stato conservi una propria competenza “in relazione ad attività di ricerca scientifica strumentale e intimamente connessa a funzioni statali, allo scopo di assicurarne un miglior espletamento” e neppure esclude che lo Stato possa – come nelle altre materie di competenza legislativa regionale – “attribuire con legge funzioni amministrative a livello centrale, per esigenze di carattere unitario, e regolarne al tempo stesso l’esercizio”, attraverso una disciplina “che sia logicamente pertinente e risulti limitata a quanto strettamente indispensabile a tali fini” (cfr. sentt. 31/2005, 6/2004 e 303/2003).


Articolo 1, commi 351-352
(Eliminazione della tassa e dell’imposta di bollo sui brevetti)

 


351. Gli articoli 9 e 10 della tariffa delle tasse sulle concessioni governative, di cui al decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995, sono abrogati.

352. Nella tabella di cui all’allegato B annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, e successive modificazioni, relativa agli atti, documenti e registri esenti dall’imposta di bollo in modo assoluto, dopo il numero 27-ter è aggiunto il seguente:

«27-quater. Istanze, atti e provve­dimenti relativi al riconoscimento in Italia di brevetti per invenzioni industriali, di brevetti per modelli di utilità e di brevetti per modelli e disegni ornamentali».


 

 

I commi 355 e 356 dell’articolo 1 prevedono, rispettivamente, la soppressione della tassa sui brevetti e l’esenzione dall’imposta di bollo per istanze, atti e provvedimenti relativi al riconoscimento in Italia di brevetti per invenzioni industriali, per modelli di utilità e per modelli e disegni ornamentali.

 

In particolare, il comma 355 abroga gli articoli 9 e 10 della tariffa delle tasse sulle concessioni governative approvata con il decreto del Ministro delle finanze del 28 dicembre 1995[1], riguardanti gli atti soggetti alla tassa sui brevetti.

 

Ai sensi dell’articolo 9 della predetta tariffa, sono sottoposti a tassa di concessione governativa i seguenti atti:

-      brevetto per invenzioni industriali;

-      licenza obbligatoria su brevetti per invenzioni industriali;

-      trascrizione di atti relativi ai brevetti.

Ai sensi dell’articolo 10 della medesima tariffa sono invece sottoposti a tassa di concessione governativa:

-      brevetto per modelli di utilità;

-      brevetto per modelli e disegni ornamentali.

Si ricorda che l'allegato 2-ter alla legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), aggiunto dall'allegato al D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 7 dello stesso decreto-legge, aveva disposto fra l’altro l'aumento dell'importo della tassa di concessione governativa sui brevetti, con decorrenza dal 1° febbraio 2005.

 

Rimane invece in vigore l'articolo 9-bis della medesima tariffa, che assoggetta a tassa di concessione la privativa per nuove varietà vegetali.

 

L'invenzione industriale è la soluzione ad un problema tecnico non ancora risolto. Essa si realizza come un nuovo metodo o processo di lavorazione industriale, uno strumento, utensile o dispositivo meccanico che costituisce un'innovazione rispetto allo stato della tecnica, atto ad essere applicato in campo industriale.

Il modello di utilità consiste in un ritrovato che fornisce particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego a macchine o parti di esse, strumenti, utensili od oggetti.

Per disegno o modello s'intende, invece, l'aspetto dell'intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale o dei materiali del prodotto stesso o del suo ornamento.

 

Secondo la relazione governativa all’originario disegno di legge (A.S. 3613), la presente disposizione mira a incentivare la registrazione di brevetti, eliminando un onere che può influire negativamente sulla quantità delle registrazioni.

Una parte del gettito delle tasse sui brevetti deriva dalle cosiddette “annualità”, cioè dagli importi corrisposti per il mantenimento dell’esclusiva: tali importi aumentano con il passare del tempo, al fine di rendere più onerosa la conservazione dell’esclusiva su tecnologie già sfruttate, impedendo l’iniziativa da parte di soggetti diversi.

Per quanto concerne i brevetti appartenenti a stranieri, poiché il meccanismo delle annualità favorisce l’abbandono di brevetti non più attuali o non sufficientemente remunerativi, esso finisce per agevolare le imprese nazionali che traggono profitto dalla decadenza di quei diritti d’esclusiva avviando proprie ricerche. Limitatamente a quest’aspetto, l'eliminazione delle annualità potrebbe quindi tradursi in un vantaggio in favore delle imprese straniere, cui non corrisponderebbe un vantaggio analogo per quelle italiane, tenute comunque al pagamento dei diritti d’esclusiva all’estero.

 

Il comma 352 aggiunge il nuovo articolo 27-quater alla tabella di cui all'allegato B annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, recante la disciplina dell’imposta di bollo.

In particolare, per effetto dell'inserimento dell’articolo 27-quater nella tabella riferita ad "atti, documenti e registri esenti dall'imposta di bollo in modo assoluto", vengono esentate dall'imposta di bollo tutte le istanze, gli atti e i provvedimenti relativi al riconoscimento in Italia di brevetti per invenzioni industriali, per modelli di utilità e per modelli e disegni ornamentali.

L'esenzione dall’imposta di bollo appare egualmente intesa ad eliminare un possibile disincentivo alla registrazione di nuovi brevetti.

 


Articolo 1, commi 353-355
(Detassazione della ricerca)

 


353. Sono integralmente deducibili dal reddito del soggetto erogante i fondi trasferiti per il finanziamento della ricerca, a titolo di contributo o liberalità, dalle società e dagli altri soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES) in favore di università, fondazioni universitarie di cui all’articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e di istituzioni universitarie pubbliche, degli enti di ricerca pubblici, delle fondazioni e delle associazioni regolarmente riconosciute a norma del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro della salute, ovvero degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ivi compresi l’ISS e l’ISPESL, nonché degli enti parco regionali e nazionali.

354. Gli atti relativi ai trasferimenti a titolo gratuito di cui al comma 353 sono esenti da tasse e imposte indirette diverse da quella sul valore aggiunto e da diritti dovuti a qualunque titolo e gli onorari notarili relativi agli atti di donazione effettuati ai sensi del comma 353 sono ridotti del 90 per cento.

355. Al comma 2 dell’articolo 100 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, la lettera c) è abrogata. All’articolo 14 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, il comma 8 è abrogato.


 

 

Le disposizioni dei commi da 353 a 355 dell’articolo 1 riguardano la disciplina tributaria delle erogazioni liberali nel campo della ricerca da parte delle società e di altri soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società (IRES), sotto l’aspetto della loro deducibilità e dell’esenzione da tasse e imposte indirette, posta in favore dei relativi atti, per i quali è altresì stabilita la riduzione degli onorari notarili.

 

Si segnala, preliminarmente, che la scelta di modificare una disciplina contenuta in un testo unico senza intervenire espressamente su quest'ultimo, bensì collocando le disposizioni sostitutive in un diverso atto legislativo – per di più di struttura complessa e disomogenea, qual è la legge finanziaria – contrasta con le esigenze di organicità della legislazione e con le vigenti Regole sulla redazione tecnica dei testi legislativi.

 

In particolare, il comma 353 ridisciplina parte della materia trattata nel vigente articolo 100 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, disponendo che sono totalmente deducibili dal reddito del soggetto erogante i fondi trasferiti per il finanziamento della ricerca a:

§      università;

§      fondazioni universitarie di cui all’articolo 59, comma 3, della legge n. 388 del 2000 [2];

Il richiamato articolo 59, comma 3, della legge n. 388 del 2000 prevede che una o più università possano costituire fondazioni di diritto privato con la partecipazione di enti e amministrazioni pubbliche e di soggetti privati. I criteri e le modalità per la costituzione e il funzionamento delle predette fondazioni, con l’individuazione delle tipologie di attività e di beni che possono essere conferiti alle medesime nell'osservanza del criterio della strumentalità rispetto alle funzioni istituzionali, che rimangono comunque riservate all'università, sono stati stabiliti con il regolamento di cui al D.P.R. 24 maggio 2001, n. 254[3];

§      istituzioni universitarie pubbliche;

§      enti di ricerca pubblici;

§      fondazioni e associazioni riconosciute ai sensi del D.P.R. n. 361 del 2000, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro della salute;

Il citato regolamento emanato con il D.P.R. n. 361 del 2000 reca norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto, stabilendo, all'articolo 1, che le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la personalità giuridica mediante il riconoscimento determinato dall'iscrizione nel registro delle persone giuridiche, istituito presso le prefetture;

§      enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, compresi l'Istituto superiore di sanità (ISS) e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL);

A norma dell’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419 (Riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali), l'Istituto superiore di sanità e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro sono sottoposti alla vigilanza del Ministro della sanità.

Non è pertanto formalmente esatto considerare questi enti “compresi” – come risulterebbe dalla disposizione qui illustrata – nel novero degli “enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca”.

§      enti parco regionali e nazionali.

 

Dal successivo comma 355 viene contestualmente disposta l'abrogazione della lettera c) del comma 2 dell'articolo 100 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, che prevede, in generale, la deducibilità delle erogazioni liberali a favore delle università e istituzioni di ricerca.

 

L’articolo 100, comma 2, lettera c), del TUIR consentiva la deduzione delle erogazioni liberali in favore delle università e degli istituti d’istruzione universitaria, per un ammontare non superiore al 2 per cento del reddito di impresa dichiarato.

La lettera b) del comma 7 dell’articolo 14 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35[4], convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, ha modificato la predetta disposizione eliminando la limitazione relativa all’importo dell’erogazione e ha esteso la deducibilità anche alle erogazioni liberali effettuate in favore di fondazioni universitarie, istituzioni universitarie pubbliche, enti di ricerca pubblici, fondazioni e associazioni riconosciute aventi per oggetto la ricerca scientifica (da individuarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri), nonché degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'istruzione, compresi l'Istituto superiore di sanità e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, nonché degli enti parco regionali e nazionali.

 

La disposizione abrogata non appare interamente ricompresa nella nuova agevolazione introdotta dal comma qui illustrato, innanzitutto in relazione alla determinazione dei soggetti eroganti. L’articolo 100 del TUIR si applica infatti ai seguenti soggetti, ai sensi delle disposizioni indicate tra parentesi:

1.    persone fisiche titolari di reddito di impresa (art. 56 del TUIR);

2.    società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato (art. 73, co. 1, lett. a), e art. 81 del TUIR);

3.    enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali (art. 73, co. 1, lett. b), e art. 81 del TUIR);

4.    enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa eventualmente posseduto (art. 73, co. 1, lett. c), e art. 146 del TUIR);

5.    società ed enti commerciali, non residenti nel territorio dello Stato, ma con stabile organizzazione nel suddetto territorio (art. 73, co. 1, lett. d), e art. 152, co. 1, del TUIR);

6.    società ed enti commerciali, non residenti nel territorio dello Stato e senza stabile organizzazione nel suddetto territorio, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa posseduto (art. 73, co. 1, lett. d), e art. 152, co. 2, del TUIR);

7.    società ed enti non commerciali, non residenti nel territorio dello Stato, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa eventualmente posseduto (art. 73, co. 1, lett. d), e art. 154, co. 1, del TUIR).

Il comma 353 qui illustrato invece si applica alle società e agli altri soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES)[5], cioè ai soggetti sopra indicati ai punti 2-7, indipendentemente dalla circostanza che l’erogazione sia stata effettuata nell’ambito dell’attività d’impresa. Le persone fisiche (sopra, punto 1) sono in ogni caso escluse dal campo di applicazione della norma in esame (né potrebbero valersi della deduzione attualmente consentita dalla lettera c) del comma 2 dell’art. 100 TUIR, abrogato dal terzo comma).

Inoltre, la nuova agevolazione introdotta dal presente comma 353 dispone la deducibilità relativamente ai soli "fondi trasferiti per il finanziamento della ricerca": non appare certo che nella nozione di “fondi” possano rientrare anche le erogazioni diverse da quelle in denaro, che sarebbero invece deducibili secondo la vigente disciplina.

 

Nel medesimo articolo 100, comma 2, del TUIR sono contemplate ulteriori ipotesi di deducibilità parzialmente corrispondenti a quelle qui introdotte:

§      lettera n): le erogazioni liberali in denaro a favore di organismi di gestione di parchi e riserve naturali, terrestri e marittimi, statali e regionali, effettuate per sostenere attività di conservazione, valorizzazione, studio, ricerca e sviluppo;

§      lettera o): le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e di associazioni legalmente riconosciute, per la realizzazione di programmi di ricerca scientifica nel settore della sanità autorizzate dal Ministro della salute con apposito decreto.

 

Il comma 354 rende esenti da tasse, imposte indirette (ad eccezione dell'IVA, per la quale la relazione introduttiva specifica che esiste un vincolo comunitario) e diritti dovuti a qualunque titolo, gli atti relativi ai trasferimenti a titolo gratuito indicati al comma 353, prevedendo altresì che gli onorari notarili relativi agli stessi atti siano ridotti del 90 per cento.

 

Tale previsione agevolativa sostituisce quella dell'articolo 14, comma 8, del decreto-legge n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80 del 2005, che viene pertanto abrogato dal successivo comma 355. Il medesimo comma abroga inoltre, come già ricordato, la lettera c) del comma 2 dell'articolo 100 del TUIR.

 

Anche la disposizione introdotta dal comma 354 non appare del tutto sovrapponibile a quella del comma 8 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 35 del 2005, contestualmente abrogato, in quanto quest’ultimo non comprende le fondazioni e associazioni regolarmente riconosciute, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, tra i soggetti i cui atti di trasferimento a titolo gratuito sono esenti da tasse, imposte indirette (ad eccezione dell'IVA) e altri diritti.

 

La relazione tecnica governativa al disegno di legge originario (A.S. 3613) afferma che le presenti disposizioni non comportano oneri aggiuntivi, in quanto si tratterebbe della riscrittura di norme già contenute nell'ordinamento tributario.

 

Si veda tuttavia quanto rilevato sopra, in particolare circa il diverso ambito soggettivo di applicazione delle nuove disposizioni dei commi.


Articolo 1, comma 356
(Fatturazione dei beni ceduti in esenzione d’IVA a soggetti extracomunitari)

 


356. All’articolo 38-quater, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel secondo periodo, sono soppresse le parole: «recante anche l’in­dicazione degli estremi del passaporto o di altro documento equipollente»;

b) nel terzo periodo, dopo le parole: «restituito al cedente» sono inserite le seguenti: «, recante anche l’indicazione degli estremi del passaporto o di altro documento equipollente da apporre prima di ottenere il visto doganale».


 

 

Il comma 356 dell’articolo 1 reca modifiche all’articolo 38-quater del D.P.R. n. 633 del 1972, concernente l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto per le cessioni di beni destinati ad essere trasportati nel bagaglio personale dei viaggiatori residenti fuori dell’Unione europea.

 

L’articolo 38-quater[6] del D.P.R. n. 633 del 1972 esclude dall’imposta sul valore aggiunto gli acquisti di beni ad uso personale o familiare effettuati dai viaggiatori domiciliati o residenti fuori della Comunità europea. A tal fine, il domicilio o residenza abituale è quello risultante dal passaporto o dalla carta d’identità ovvero da altro documento idoneo quale titolo di riconoscimento nello Stato comunitario dove avviene l'acquisto, anche se non valido per l'espatrio.

Il beneficio è concesso qualora l'importo complessivo dei beni ceduti, compresa l'imposta sul valore aggiunto, sia superiore a 154,93 euro e purché i beni medesimi vengano trasportati nei bagagli personali.

Il mancato assoggettamento ad imposta viene conseguito:

-        attraverso una procedura di sgravio, che consiste nella non applicazione dell’IVA al momento della cessione (comma 1). In pratica, il cedente italiano emette la fattura senza IVA, indicando in essa gli estremi del passaporto o di altro documento equipollente, mentre l'acquirente extracomunitario è tenuto ad portare i beni al di fuori dell'Unione europea entro il terzo mese successivo a quello in cui l'operazione è stata effettuata. La copia della fattura emessa consegnata all'acquirente deve poi essere restituita al venditore italiano, vistata dall'ufficio doganale di uscita dall’Unione europea, entro il quarto mese successivo alla cessione stessa;

-        in alternativa alla procedura individuata al comma 1, il comma 2 del medesimo articolo 38-quater prevede la possibilità, per il cessionario, di ottenere il rimborso dell’IVA pagata. Anche in questa ipotesi i beni devono essere trasportati al di fuori dell'Unione europea entro il terzo mese successivo a quello dell'avvenuta cessione ed il cessionario extracomunitario deve restituire al venditore italiano l'esemplare della propria fattura, vistato dall'ufficio doganale, entro il quarto mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione. In questo caso, il cedente rimborsa all’acquirente l’importo dell’IVA e recupera l’imposta emettendo una nota di variazione in riduzione dell’imposta sul valore aggiunto relativa alla fattura emessa.

 

Le modifiche introdotte dal presente comma 356 riguardano l’obbligo di indicare nella fattura gli estremi del passaporto o di altro documento equipollente del cessionario, nell’ipotesi in cui si utilizzi la procedura prevista dal comma 1 dell’articolo 38-quater del D.P.R. n. 633 del 1972.

Infatti, mentre il testo previgente del richiamato comma 1 disponeva che l’indicazione dovesse essere iscritta nella fattura al momento della sua emissione, la nuova formulazione consente che la medesima indicazione possa venire apposta anche successivamente, ma comunque prima del visto dell’ufficio doganale, e che la fattura così integrata debba essere restituita al cedente da parte del cessionario.

In altre parole, l’obbligo di indicare gli estremi del documento risulta, in primo luogo, a carico del cessionario e non più del cedente e, in secondo luogo, viene ritardato il momento in cui tale indicazione dev’essere fornita, in quanto l’uscita del bene dal territorio doganale della Comunità e la conseguente restituzione della fattura da parte del cessionario debbono avvenire entro il quarto mese dalla data della cessione.

 

Appare opportuno ricordare che nel caso in cui l'esemplare della fattura consegnata al cessionario non venga restituita, ovvero venga restituita con ritardo, il cedente italiano dovrà regolarizzare l'operazione a norma dell'articolo 26, comma 1, del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972. In particolare, il cedente è tenuto ad emettere e registrare una nota di addebito per la sola imposta nel termine di un mese dalla scadenza del termine stabilito per la restituzione.

 

Si osserva che la collocazione dell’inciso nel terzo periodo appare grammaticalmente poco appropriata. Il testo della disposizione, risultante dalla novella, è infatti il seguente:

 

“Le cessioni a soggetti domiciliati o residenti fuori della Comunità europea di beni per un complessivo importo, comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto, superiore a lire 300 mila destinati all'uso personale o familiare, da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio doganale della Comunità medesima, possono essere effettuate senza pagamento dell'imposta. Tale disposizione si applica a condizione che sia emessa fattura a norma dell'articolo 21 [...] e che i beni siano trasportati fuori della Comunità entro il terzo mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione. L'esemplare della fattura consegnato al cessionariodeve essere restituito al cedente, recante anche l’indicazione degli estremi del passaporto o di altro documento equipollente da apporre prima di ottenere il visto doganale, vistato dall'ufficio doganale di uscita dalla Comunità, entro il quarto mese successivo all'effettuazione della operazione; in caso di mancata restituzione, il cedente deve procedere alla regolarizzazione della operazione a norma dell'articolo 26, primo comma, entro un mese dalla scadenza del suddetto termine”.

 

La disposizione avrebbe potuto essere così formulata: “L'esemplare della fattura consegnato al cessionario deve essere restituito al cedente, con l’indicazione degli estremi del passaporto o di altro documento equipollente, da apporre prima di ottenere il visto doganale, e vistato dall'ufficio doganale di uscita dalla Comunità etc.”.


Articolo 1, commi 357-360
(Fondo per l’innovazione, la crescita e l’occupazione)

 


357. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il fondo per l’innovazione, la crescita e l’occupazione, di seguito denominato «fondo», destinato a finanziare i progetti individuati dal Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione, elaborato nel quadro del rilancio della Strategia di Lisbona deciso dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo del 16 e 17 giugno 2005, nonché interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario.

358. Fermo quanto stabilito ai sensi del comma 5, gli interventi e i progetti previsti ai sensi del comma 357 possono essere realizzati sui presupposti del reperimento delle necessarie risorse finanziarie con successivi provvedimenti legislativi, e della identificazione di ulteriori coperture finanziarie concordate e verificate con la Commissione europea in termini di compatibilità con gli impegni comunitari in sede di valutazione del programma italiano di stabilità e crescita.

359. Il fondo è ripartito esclusivamente tra gli interventi individuati dal Piano di cui al comma 357, nonché tra gli interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario, proposti dal Ministro della salute, con apposite delibere del CIPE, il quale stabilisce i criteri e le modalità di attuazione degli interventi in base alle risorse affluite al fondo, riservando il 15 per cento dell’importo da ripartire agli interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario.

360. Le risorse finanziarie assegnate dal CIPE costituiscono limiti massimi di spesa ai sensi del comma 6-bis dell’articolo 11-ter della legge 5 agosto 1978, n. 468.


 

 

Il comma 357 istituisce il Fondo per l’innovazione, la crescita e l’occupazione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri finalizzato a finanziare:

§      i progetti individuati dal Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione;

§      interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario, proposti dal Ministro della salute.

 

Per ciò che attiene alle risorse finanziarie da destinare al Fondo, il comma 358 gli interventi e i progetti possono essere realizzati solo nel presupposto del reperimento delle necessarie risorse finanziarie con successivi provvedimenti legislativi e della individuazione di coperture finanziarie concordate e verificate con la Commissione europea in sede di valutazione del programma italiano di stabilità e crescita, ai fin della compatibilità con gli impegni comunitari.

Resta comunque ferma la destinazione dei maggiori proventi derivanti dalla dismissione o alienazione del patrimonio immobiliare dello Stato alla riduzione del debito pubblico, ai sensi del comma 5.

Si ricorda infatti che, nel testo originario del disegno di legge finanziaria, il Fondo per l’innovazione, la crescita e l’occupazione era finanziato nel 2006 con l’introito dei proventi da operazioni di dismissione o alienazione di beni dello Stato ulteriori rispetto a quelle previsti dal bilancio per il 2006, nel limite massimo di 3 miliardi di euro. Nel corso dell’esame parlamentare, i maggiori proventi da dismissioni immobiliari sono stati invece destinati alla riduzione del debito pubblico: a tal fine essi confluiscono, ai sensi del comma 5, nel Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.

 

Il fondo è ripartito con delibere del CIPE, che stabilisce i criteri e le modalità di attuazione dei progetti sulla base delle risorse affluite al fondo medesimo, riservando – a seguito di una modifica introdotta dal maxiemendamento sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia al Senato - il 15% dell’importo agli interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario (comma 359).

Le risorse assegnate dal CIPE costituiscono limiti massimi di spesa ai sensi dell’articolo 11-ter, comma 6-bis, della legge 5 agosto 1978, n. 468 (comma 360).

L’articolo 11-ter, comma 6-bis[7], della legge n. 468/1978 prevede che le disposizioni che comportano nuove o maggiori spese hanno effetto entro i limiti della spesa espressamente autorizzata nei relativi provvedimenti legislativi. Con decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, è accertato l'avvenuto raggiungimento dei predetti limiti di spesa. Le disposizioni recanti espresse autorizzazioni di spesa cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto per l'anno in corso alla medesima data.

Il Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione

Il Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione (PICO) è stato definitivamente approvato dal Governo, nella riunione del 14 ottobre 2005, nel quadro del rilancio della strategia di Lisbona, deciso dal Consiglio europeo del 22 e 23 marzo, le cui modalità di intervento sono state precisate dal Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2005.

Per quanto riguarda le conclusioni del Consiglio europeo del 22 e 23 marzo e del 16 e 17 giugno, si rinvia al paragrafo successivo.

Il Piano indica le riforme, le misure e gli interventi nazionali programmabili per perseguire gli obiettivi dell'Accordo di Lisbona del 2000, individuando cinque obiettivi prioritari:

§         l’ampliamento dell’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese;

§         l’incentivazione della ricerca scientifica e tecnologica;

§         il rafforzamento dell’istruzione e della formazione;

§         l’adeguamento delle infrastrutture materiali e immateriali;

§         la tutela dell’ambiente.

 

In quest’ambito, due sono le categorie di interventi delineate dal Piano:

§      provvedimenti di carattere generale per il sistema economico, tra i quali i più significativi riguardano:

-        una più ampia liberalizzazione dell’offerta nel settore dei servizi, in linea con gli orientamenti europei;

-        una più libera espressione del mercato – nei settori indicati dall’Autorità garante della concorrenza e dalle altre Autorità – e dei prezzi;

-        una più efficace legislazione per prevenire le frodi in materia comunitaria e per contrastare le contraffazioni, in modo da ridurre le distorsioni che esse generano nel funzionamento dei mercati;

-        miglioramento delle prestazioni della pubblica amministrazione e un contenimento dei suoi costi;

-        creazione di un contesto normativo propizio agli investimenti, all’innovazione e allo sviluppo tramite una riduzione, semplificazione e miglioramento qualitativo della legislazione esistente;

-        miglioramento della normativa concernente le piccole imprese ed i distretti produttivi;

-        più efficace organizzazione del sistema di istruzione e della formazione professionale;

-        creazione o completamento di reti infrastrutturali per i collegamenti interni, intraeuropei e internazionali;

-        piena attuazione della “politica di coesione europea”, volta a ridurre le disparità economiche tra aree interne all’Unione, con particolare attenzione al Mezzogiorno;

-        una maggiore attenzione nei processi produttivi alla domanda di protezione ambientale.

§      progetti specifici con effetti positivi sulla produttività e competitività dell’economia italiana, tra cui si ricordano:

-        il completamento del progetto Galileo per la creazione di una rete satellitare europea;

-        la partecipazione alla realizzazione dei progetti europei Egnos e Sesame per la gestione del traffico aereo;

-        la realizzazione di piattaforme informatiche per la tutela della salute, lo sviluppo del turismo, l’infomobilità, la gestione delle banche dati pubbliche e territoriali;

-        l’attuazione di 12 programmi strategici di ricerca nei settori della salute, farmaceutico e bio-medicale, dei sistemi di manifattura, della motoristica, della cantieristica navale e aeronautica, della ceramica, delle telecomunicazioni, dell’agroalimentare, dei trasporti e della logistica avanzata, dell’ ICT e componentistica elettronica e della microgenerazione energetica;

-        la creazione di 12 laboratori di collaborazione pubblico-privata per lo sviluppo della ricerca nel Mezzogiorno nei settori della diagnostica medica, dell’energia solare, dei sistemi avanzati di produzione, dell’e-business, delle bio-tecnologie, della genomica, dei materiali per usi elettronici, della bioinformatica applicata alla genomica, dei nuovi materiali per la mobilità, dell'efficacia dei farmaci, dell’open source del software, dell’analisi della crosta terrestre;

-        lo sviluppo di 24 distretti tecnologici, che estendono l’esperienza dei distretti industriali italiani a settori ad alto contenuto tecnologico e potenziale innovativo;

-        l’ampliamento e l’uso razionale delle infrastrutture nel settore energetico e idrico;

-        settori di rilevanza strategica aventi ricadute tecnologiche nei processi produttivi e nel benessere dei cittadini e in condizione di garantire una migliore tutela ambientale, con particolare attenzione alle fonti energetiche alternative.

 

In base alle stime effettuate dal Governo, l’attuazione del Piano dovrebbe determinare:

§      un aumento delle spese in ricerca e sviluppo, in modo tale che esse si avvicinino all’obiettivo del 3% del PIL suggerito dalla Commissione;

§      un impatto macroeconomico in termini di innalzamento del reddito potenziale attuale nell’ordine dell’1%, con effetti disinflazionistici strutturali stimati in 30 centesimi di punto e conseguente rafforzamento del potere di acquisto salariale;

§      un incremento dell’occupazione, valutato in circa 200 mila posti di lavoro.

 

Si ricorda che le Commissioni riunite V (Bilancio) e XIV (Politiche dell’Unione europea) della Camera hanno avviato lo svolgimento dell’audizione del Ministro per le politiche comunitarie sul Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione. L’audizione è iniziata nella seduta del 9 novembre 2005 ed è stata poi rinviata a successiva seduta.

Le risorse per il Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione

Per quanto riguarda l’individuazione delle risorse finanziarie assegnate in via generale al Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione - secondo le indicazioni del Piano e quelle fornite dal Ministro per le politiche comunitarie[8] – si è proceduto ad una ricognizione degli interventi già previsti a livello legislativo riferibili ai cinque obiettivi prioritari del Piano medesimo. Risultano al momento stanziati per questi interventi, precedenti all’approvazione del piano medesimo, 33,7 miliardi di euro, riferiti a risorse iscritte nel bilancio statale o da dotazioni aggiuntive per la politica di coesione comunitaria (si presume di provenienza comunitaria), di cui 29,9 relativi agli anni fino al 2005 e 3,8 miliardi di euro relativi al triennio 2006-2008.

Le risorse, secondo le indicazioni del Governo, sono imputabili ad interventi in materia di infrastrutture per 26,1 miliardi di euro (di cui 2,5 riferiti al triennio 2006-2008), di ricerca e sviluppo per 5,2 miliardi di euro (di cui 0,9 riferiti al triennio 2006-2008), di istruzione e formazione per 1,2 miliardi di euro (di cui 0,2 riferiti al triennio 2006-2008), di ampliamento dell’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese per 0,8 miliardi di euro (di cui 0,2 riferiti al triennio 2006-2008), di ambiente per 0,4 miliardi di euro (interamente riferiti al periodo precedente al 2006).

 

Per quanto riguarda lo stanziamento di nuove risorse, sono ritenuti necessari per il triennio 2006-2008 circa 13 miliardi di euro, di cui 3 miliardi di euro nel 2006, 4 miliardi nel 2007, 7 miliardi nel 2008.

L’acquisizione delle predette risorse è peraltro subordinata al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica.

Le risorse dovrebbero essere destinate, per l’intero triennio, ad interventi in materia di infrastrutture per 5,2 miliardi di euro, di ricerca e sviluppo per 4,1 miliardi di euro, di istruzione e formazione per 0,4 miliardi di euro, di ampliamento dell’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese per 1,3 miliardi di euro e di ambiente per 1,7 miliardi di euro.


Articolo 1, commi 361-362
(Riduzione del costo del lavoro)

 


361. Nell’ambito del processo di armonizzazione delle forme di contribuzione e della disciplina relativa alle prestazioni temporanee a carico della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, nonché di riduzione del costo del lavoro, a decorrere dal 1º gennaio 2006 è riconosciuto ai datori di lavoro un esonero dal versamento dei contributi sociali alla predetta gestione nel limite massimo complessivo di un punto percentuale.

362. L’esonero di cui al comma 361 opera prioritariamente a valere sull’aliquota contributiva per assegni per il nucleo familiare e, nei confronti dei datori di lavoro operanti nei settori per i quali l’aliquota contributiva per assegni per il nucleo familiare è dovuta, tenuto conto dell’esonero stabilito dall’articolo 120 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in misura inferiore a un punto percentuale, a valere anche sui versamenti di altri contributi sociali dovuti dai medesimi datori di lavoro alla gestione di cui al comma 361, prioritariamente considerando i contributi per maternità e per disoccupazione e in ogni caso escludendo il contributo al Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto di cui all’articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, e successive modificazioni, nonché il contributo di cui all’articolo 25, quarto comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845.


 

 

I commi in esame recano disposizioni in materia di riduzione del costo del lavoro.

In particolare, il comma 361, secondo anche quanto affermato nella relazione illustrativa al provvedimento originario, intervenendo sul c.d. “cuneo contributivo”, cioè il rapporto tra i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro ed il costo del lavoro, dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2006, un esonero dal versamento dei contributi sociali alla gestione delle prestazioni temporanee presso l’INPS, di cui all’articolo 24 della L. 9 marzo 1989, n. 88, recante la ristrutturazione dell’INPS e dell’INAIL, nel limite massimo complessivo di un punto percentuale.

 

Si ricorda che il richiamato articolo 24, a decorrere dal 1° gennaio 1989, ha fuso le gestioni per l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria, ivi compreso il Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto e per l'assicurazione contro la tubercolosi, la cassa per l'integrazione guadagni degli operai dell'industria, la cassa per l'integrazione guadagni dei lavoratori dell'edilizia, la cassa per l'integrazione salariale ai lavoratori agricoli, la cassa unica per gli assegni familiari, la cassa per il trattamento di richiamo alle armi degli impiegati ed operai privati, la gestione per i trattamenti economici di malattia di cui all'articolo 74 della L. 833 del 1978, il Fondo per il rimpatrio dei lavoratori extracomunitari, di cui all'articolo 13 della L. 943 del 1986, ed ogni altra forma di previdenza a carattere temporaneo diversa dalle pensioni, in una unica gestione che assume la denominazione di «Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti». Tale gestione, alla quale affluiscono i contributi afferenti ai preesistenti fondi, casse e gestioni, ne assume le attività e le passività ed eroga le relative prestazioni.

 

Il successivo comma 362 prevede che tale esonero operi prioritariamente sull’aliquota contributiva per gli assegni per il nucleo familiare e, nel caso in cui il datore di lavoro operi in settori per i quali tale aliquota è dovuta in misura inferiore ai predetti limiti, sia fatto valere anche sui versamenti di altri contributi sociali dovuti dai medesimi datori di lavoro alla predetta gestione, considerando in via prioritaria i contributi per maternità e per disoccupazione.

In ogni caso, si escludono da tali esoneri il contributo al fondo di garanzia per il TFR, di cui all’articolo 2 della L. 29 maggio 1982, n. 297, recante la disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica, e il contributo integrativo dovuto per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria.

 

Si ricorda che il contributo integrativo per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria è stato previsto dall’articolo 12 della legge n. 160 del 1975 nella misura dell’1,30 per cento della retribuzione. In seguito, a decorrere dal 1° gennaio 1979, l’articolo 25, comma 4 della legge n. 845 del 1978 ha previsto un aumento dell’aliquota di tale contributo in misura pari allo 0,30 per cento delle retribuzioni.

 

Secondo la relazione tecnica originaria, sulla base di un monte retributivo stimato per l’anno 2006 pari a 236.000 mln di euro circa, su uno slittamento dei contributi pari a 2/13 e sull’esonero contributivo di 1 punto percentuale, derivano le seguenti minori entrate, esplicitate nella tabella seguente (dati in mln di euro).

 

Anni

2006

2007

2008

Al lordo effetti fiscali

1.996

2.429

2.518

Al netto effetti fiscali

1.996

1.556

1.829

 

Si ricorda che l'importo al lordo del fisco non tiene conto dell'effetto indotto sulle entrate fiscali prodotto dall'incremento dell'aliquota contributiva. Infatti, i maggiori contributi versati costituiscono voci deducibili dal reddito imponibile sia dei committenti sia dei beneficiari e comportano, pertanto, un minor carico fiscale per gli interessati. Tale importo è dipendente dall'aliquota marginale di colui che sostiene l'onere, in caso di imponibile IRPEF, ovvero dall'aliquota IRPEG (ora IRES) se il committente è una persona giuridica.

 

Si consideri, infine, che con riferimento alle disposizioni in esame l’INPS ha emanato la circolare 5 gennaio 2006 n. 3, “Riduzione del costo del lavoro ex articolo 1, commi n. 361 e 362 della legge 23 dicembre 2005, n. 266”.

 

In particolare, per quanto riguarda i soggetti beneficiari, la circolare chiarisce che dalla formulazione della norma deriva che beneficiari della disposizione agevolativa sono i soli datori di lavoro tenuti al versamento della contribuzione per il finanziamento degli assegni per il nucleo familiare alla gestione INPS (ex articolo 24 della legge n. 88 del 1989). Sono, quindi, esclusi dall'esonero le Amministrazioni dello Stato e gli Enti pubblici non soggetti, in genere, alla disciplina della CUAF.

Parimenti, non potranno accedere alla riduzione contributiva in argomento i datori di lavoro esonerati dal versamento della contribuzione CUAF perché provvedono direttamente alla erogazione, ai propri dipendenti, dei trattamenti di famiglia in misura non inferiore ai minimi stabiliti per legge (associazioni sindacali, associazioni di categoria, partiti politici), nonché le aziende operanti all'estero in paesi con i quali non vigono accordi di sicurezza sociale.

Sono altresì esclusi dall'esonero in commento i giornalisti iscritti all'INPGI, per i quali è dovuto all'Istituto il solo contributo di maternità nella misura dello 0,25% (0,65% con la riduzione dello 0,40% ex legge n. 388 del 2000).


Articolo 1, comma 363
(Riapertura termini per la definizione automatica dei versamenti contributivi relativi al sisma del 1990 nella Sicilia orientale)

 


363. Per i contributi previdenziali e i premi assicurativi relativi al sisma del 1990 riguardanti le imprese delle province di Catania, Siracusa e Ragusa il cui termine è stato prorogato al 30 giugno 2006 dall’articolo 1, comma 142, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, il termine di versamento di cui al secondo periodo del comma 17 dell’articolo 9 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è fissato al 30 settembre 2006 e il termine per la rateizzazione di cui al terzo periodo del medesimo comma 17 è fissato al 1º ottobre 2006.


 

 

Il comma 363 reca disposizioni in merito ai termini e modalità di pagamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi in favore soggetti interessati dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa.

 

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 138 della L 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) aveva previsto una forma di definizione automatica per soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa. In particolare la disposizione ha previsto che tali soggetti, individuati ai sensi dell'articolo 3 dell’ordinanza 21 dicembre 1990, n. 2057/FPC, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, destinatari dei provvedimenti agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi e contributi, potessero regolarizzare la propria posizione relativa agli anni 1990, 1991 e 1992, versando l'ammontare dovuto per ciascun tributo – compresi i contributi e premi dovuti agli enti previdenziali – a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, entro il 30 settembre 2001[9].

I comuni interessati sono stati individuati con il D.P.C.M. del 15 gennaio 1991[10].

Il termine originario del 30 settembre 2001, fissato dal citato articolo 138 è stato differito al 30 giugno 2002 dal comma 24 dell'articolo 52 della L. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002), e al 15 dicembre 2002 dall’art. 1, comma 7-bis,del D.L. n. 138 del 2002, recante interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell'economia anche nelle aree svantaggiate, convertito dalla L. 178 del 2002.

Successivamente, l’articolo 2, comma 66, della L. 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) ha disposto, per i soli debiti relativi a contributi previdenziali e premi assicurativi, il differimento del termine per il pagamento dei contributi, dal 15 dicembre 2002, al 30 giugno 2005, per i citati soggetti. Da ultimo, l’articolo 1, comma 142, della legge finanziaria per il 2005 (L. 311 del 2004) ha disposto, sempre in favore dei soggetti richiamati, il differimento del termine per il pagamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi dal 30 giugno 2005 al 30 giugno 2006.

Va ricordato, inoltre, che il comma 17 dell'articolo 9 della legge n. 289 del 2002 ha concesso ai soggetti interessati dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha colpito le province di Catania, Ragusa e Siracusa, la facoltà di definire in maniera automatica la propria posizione in riferimento agli anni 1990, 1991 e 1992, con riferimento ai debiti per imposte[11].

La definizione automatica delle posizioni debitorie degli interessate si perfeziona versando – entro il 16 ottobre 2003 - l’ammontare dovuto per ogni tributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, diminuito al 10%. Il perfezionamento della definizione determina gli effetti previsti dal comma 10 dell’articolo 9 della legge n. 289/2002.

Nel caso in cui gli importi complessivi da versare siano superiori a 5.000 euro, è prevista la rateizzazione degli importi eccedenti in otto rate semestrali con l’applicazione degli interessi legali a decorrere dal 17 ottobre 2003[12].

L’omesso versamento delle eccedenze entro le scadenze delle rate semestrali non determina l’inefficacia della definizione automatica. Per il recupero delle somme non corrisposte si prevede l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo ai sensi dell’articolo 14 del D.P.R. n. 602/1973; sono inoltre dovuti una sanzione amministrativa, pari al 30% delle somme non versate, ridotta alla metà in caso di versamento eseguito entro i 30 giorni successivi alla scadenza del 16 ottobre, nonché gli interessi legali.

Va rilevato che, per quanto riguarda l'estensione delle misure di sanatoria previste dal comma 17 dell'articolo 9 della Legge 289 anche ai contributi previdenziali, tale possibilità è stata più volte esclusa[13] in conformità all'orientamento manifestato dall'Agenzia delle entrate, facente leva, tra l'altro, sul tenore letterale della norma la quale disciplina la definizione automatica per gli anni pregressi relativamente a tutte le imposte, ma non anche ai contributi.

 

Il comma 363 in esame, per la verità di non immediata interpretazione, sembrerebbe voler implicitamente estendere l’applicazione, anche ai contributi previdenziali e premi assicurativi, delle modalità di definizione automatica prevista dall’articolo 9, comma 17, della L. 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003).

 

Più specificamente, i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, potrebbero beneficiare dell’estensione ai debiti per contributi e premi - il cui termine di versamento è stato differito al 30 giugno 2006 dal richiamato articolo 1, comma 142, della legge n. 311/2004 - della definizione automatica di cui al richiamato articolo 9, comma 17, della legge finanziaria per il 2003 (L. 289 del 2002). In questo caso, i versamenti devono essere effettuati entro il 30 settembre 2006. E’ altresì prevista la possibilità di rateizzazione dei versamenti, secondo le modalità di cui al terzo periodo dell’articolo 9, comma 17, della legge 289 del 2002 più volte citata: in tal caso sugli importi rateizzati si applicano gli interessi legali a decorrere dal 1° ottobre 2006.

 

Si consideri che anche l’art. 1-ter del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 2[14], è successivamente intervenuto, con riferimento ai contributi e ai premi, sulla stessa disciplina relativa alla definizione agevolata prevista dall’articolo 9, comma 17, della legge finanziaria per il 2003 (L. 289 del 2002).

In primo luogo si prevede che, con decreto ministeriale, nel limite massimo di spesa di 52 milioni di euro, sono definiti, per l’anno 2006, i criteri per la riduzione dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi, relativi agli anni 1990, 1991 e 1992, dovuti dalle imprese, ivi comprese quelle agricole ed agroalimentari, colpite dal sisma del 1990.

Inoltre, con una disposizione che sembra confermare quanto già previsto dal comma 363 in esame, il termine per il versamento di cui dall’articolo 9, comma 17, della legge finanziaria per il 2003 (cfr. supra) viene fissato al 30 settembre 2006 e il termine relativo alla rateizzazione è fissato al 1° ottobre 2006.

Pertanto si evidenzia che il citato art. 1-ter del d.l. 2/2006 sembrerebbe incidere sulla disciplina derivante dal combinato disposto dell’art. 9, comma 17, della legge n. 289/2002 e dell’art. 1, comma 363 in esame. In particolare sembra che si attribuisca ad un decreto ministeriale, nel limite di spesa previsto, la definizione dei criteri (e quindi anche dell’entità) della riduzione (per il 2006) dei contributi da versare per la definizione automatica. Si consideri che invece, ai sensi delle norme su citate, la definizione si perfeziona con il versamento di quanto dovuto a titolo di capitale, diminuito del 10 per cento.


Articolo 1, commi 364-365
(Rideterminazione dei premi assicurativi INAIL)

 


364. La misura dei premi assicurativi dovuti all’INAIL è rideterminata, ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, in misura corrispondente al relativo rischio medio nazionale tenuto conto dell’andamento infortunistico delle singole gestioni e dell’attuazione della normativa in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, nonché degli oneri che concorrono alla determinazione dei tassi di premi, in maniera tale da garantire comunque l’equilibrio finanziario complessivo delle gestioni senza effetti sui saldi di finanza pubblica.

365. La rideterminazione di cui al comma 364 è disposta in presenza di variazioni dei parametri di riferimento rilevate entro il 30 giugno di ciascun anno. In sede di prima applicazione, si provvede ai sensi del comma 364 con delibera dell’istituto, approvata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 28 febbraio 2006.


 

 

Secondo quanto affermato nella relazione illustrativa al d.d.l. originario, la norma in esame “mira, con cadenza annuale e nel rispetto complessivo delle gestioni INAIL, ad introdurre elementi di flessibilità nella rideterminazione dei premi assicurativi per la copertura dei rischi relativi ad infortuni e malattie professionali”. Tale rideterminazione, secondo quanto disposto dal comma 364, deve tener conto dell’andamento del rischio medio nazionale e dell’attuazione della normativa di prevenzione, nonché degli oneri concorrenti alla determinazione dei tassi di premio.

In ogni caso, la rideterminazione deve essere tale da garantire l’equilibrio finanziario complessivo delle gestioni senza effetti sui saldi di finanza pubblica

 

La richiamata rideterminazione si rende necessaria, ai sensi del comma 365, in presenza di variazioni dei parametri di riferimento rilevate entro il 30 giugno di ogni anno.

In sede di prima applicazione, infine, alla rideterminazione si provvede con delibera dell’INAIL, approvata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 28 febbraio 2006.

 

Si ricorda che già il vigente articolo 3 del D.Lgs. 38 del 2000 prevede, fermo restando l’equilibrio finanziario complessivo della gestione industria, l’approvazione per ciascuna delle quattro gestioni di cui al precedente articolo 1[15], con decreto ministeriale su delibera dell’istituto, di distinte tariffe dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, tenendo conto dell’andamento infortunistico aziendale e dell’attuazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, nonché degli oneri che concorrono alla determinazione delle tariffe dei premi. Ogni tariffa stabilisce il tasso di premio nella misura corrispondente al relativo rischio medio nazionale. In sede di prima applicazione, le tariffe sono aggiornate entro il triennio successivo alla data di entrata in vigore delle stesse.

Con il D.M. 12 dicembre 2000 sono state determinate le nuove tariffe dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali delle 4 gestioni richiamate, nonché le relative modalità di applicazione.

Su ciascuna lavorazione è applicato il tasso medio previsto nella corrispondente voce della tariffa della gestione nella quale è inquadrato il datore di lavoro. Il tasso corrispondente ad ogni lavorazione è quello nazionale, risultante dal rapporto tra oneri diretti ed indiretti sostenuti dall’INAIL per le prestazioni e il monte retributivo imponibile di tutti i lavoratori alla lavorazione stessa. In ogni caso, il tasso non può eccedere il limite massimo del 130 per mille.

Al riguardo, il citato D.M. 12 dicembre 2000 ha stabilito che, dal momento che il tasso medio nazionale subisce variazioni, in aumento o in diminuzione, in relazione alla specifica situazione dell’azienda, attraverso le cd. oscillazioni, dovute:

-        nei primi due anni dalla data di inizio dell'attività, in relazione alla situazione dell'azienda per quanto riguarda il rispetto delle norme di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro, nel qual caso può essere applicata una riduzione o un aumento del tasso medio di tariffa in misura fissa del 15%, ed applicato con determinate modalità;

-        dopo i primi due anni di attività, in relazione all’effettivo andamento infortunistico aziendale. Più specificamente, l’oscillazione è determinata in base al tasso specifico aziendale ed al parametro dei lavoratori-anno. A tale oscillazione si aggiunge un’ulteriore variazione, pari al 5%, al 10% o al 15% del tasso medio nazionale, in relazione all’entità dello scarto tra tasso specifico aziendale e tasso medio nazionale, nonché alla dimensione dell’azienda espressa dal numero dei lavoratori-anno del periodo, determinata in ragione del loro numero.

 

Pertanto, rispetto alla vigente normativa, la novità più rilevante sarebbe costituita dall’obbligo per l’amministrazione di procedere annualmente alla rideterminazione delle tariffe in presenza di variazioni dei parametri di riferimento.

Il comma non individua un termine per l’adozione dei decreti ministeriali (su delibera dell’istituto) di revisione delle tariffe, prevedendo esclusivamente l’obbligo di procedere a tale revisione nel caso di “scostamento” dei parametri di riferimento rilevato al 30 giugno.

Si dovrebbe inoltre ritenere, in assenza di una precisazione del testo, che resta ferma la misura massima dei tassi medi nazionali al 130 per mille, stabilita dal comma 6 dell’articolo 3 del D.Lgs. 38 del 2000.

 

Secondo la relazione tecnica originaria, dalla disposizione in esame, “in considerazione della circostanza che la rideterminazione dei premi INAIL è prevista in modo da garantire l’equilibrio finanziario delle gestioni e non alterare i saldi di finanza pubblica, non conseguono effetti per la finanza pubblica medesima”.


Articolo 1, commi 366-372
(Distretti)

 


366. Ai fini dell’applicazione dei commi da 367 a 372, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, sono definite le caratteristiche e le modalità di individuazione dei distretti produttivi, quali libere aggregazioni di imprese articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale, con l’obiettivo di accrescere lo sviluppo delle aree e dei settori di riferimento, di migliorare l’efficienza nell’organizzazione e nella produzione, secondo princìpi di sussidiarietà verticale ed orizzontale, anche individuando modalità di collaborazione con le associazioni imprenditoriali.

367. L’adesione da parte di imprese industriali, dei servizi, turistiche ed agricole e della pesca è libera.

368. Ai distretti produttivi si applicano le seguenti disposizioni:

a) fiscali:

1)    le imprese appartenenti a distretti di cui al comma 366 possono congiuntamente esercitare l’opzione per la tassazione di distretto ai fini dell’applicazione dell’IRES;

2)    si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute negli articoli 117 e seguenti del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, relative alla tassazione di gruppo delle imprese residenti;

3)    tra i soggetti passivi dell’IRES di cui all’articolo 73, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono compresi i distretti di cui al comma 366, ove sia esercitata l’opzione per la tassazione unitaria di cui ai commi da 366 a 372;

4)    il reddito imponibile del distretto comprende quello delle imprese che vi appartengono, che hanno contestualmente optato per la tassazione unitaria;

5)    la determinazione del reddito unitario imponibile, nonché dei tributi, contributi ed altre somme dovute agli enti locali, viene operata su base concordataria per almeno un triennio, in base alle disposizioni dei numeri seguenti;

6)    fermo il disposto dei numeri precedenti, ed anche indipendentemente dall’esercizio dell’opzione per la tassazione distrettuale o unitaria, i distretti di cui al comma 366 possono concordare in via preventiva e vincolante con l’Agenzia delle entrate per la durata di almeno un triennio il volume delle imposte dirette di competenza delle imprese appartenenti da versare in ciascun esercizio, avuto riguardo alla natura, tipologia ed entità delle imprese stesse, alla loro attitudine alla contribuzione e ad altri parametri oggettivi, determinati anche su base presuntiva;

7)    la ripartizione del carico tributario tra le imprese interessate è rimessa al distretto, che vi provvede in base a criteri di trasparenza e parità di trattamento, sulla base di princìpi di mutualità;

8)    non concorrono a formare la base imponibile in quanto escluse le somme percepite o versate tra le imprese appartenenti al distretto in contropartita dei vantaggi fiscali ricevuti o attribuiti;

9)    i parametri oggettivi per la determinazione delle imposte di cui al numero 6) vengono determinati dalla Agenzia delle entrate, previa consultazione delle categorie interessate e degli organismi rappresentativi dei distretti;

10)   resta fermo da parte delle imprese appartenenti al distretto l’assolvimento degli ordinari obblighi e adempimenti fiscali e l’applicazione delle disposizioni penali tributarie. In caso di osservanza del concordato, i controlli sono eseguiti unicamente a scopo di moni­toraggio, prevenzione ed elaborazione dei dati necessari per la determinazione e l’aggiornamento degli elementi di cui al numero 6);

11)   i distretti di cui al comma 366 possono concordare in via preventiva e vincolante con gli enti locali competenti per la durata di almeno un triennio il volume dei tributi, contributi ed altre somme da versare dalle imprese appartenenti in ciascun anno;

12)   la determinazione di quanto dovuto è operata tenendo conto della attitudine alla contribuzione delle imprese, con l’obiettivo di stimolare la crescita economica e sociale dei territori interessati. In caso di opzione per la tassazione distrettuale unitaria, l’am­montare dovuto è determinato in cifra unica annuale per il distretto nel suo complesso;

13)   criteri generali per la determinazione di quanto dovuto in base al concordato vengono determinati dagli enti locali interessati, previa consultazione delle categorie interessate e degli organismi rappresentativi dei distretti;

14)   la ripartizione del carico tributario derivante dall’attuazione del numero 7) tra le imprese interessate è rimessa al distretto, che vi provvede in base a criteri di trasparenza e parità di trattamento, sulla base di princìpi di mutualità;

15)   in caso di osservanza del concordato, i controlli sono eseguiti unicamente a scopo di monitoraggio, prevenzione ed elaborazione dei dati necessari per la determinazione di quanto dovuto in base al concordato;

b)    amministrative:

1)    al fine di favorire la massima semplificazione ed economicità per le imprese che aderiscono ai distretti, le imprese aderenti possono intrattenere rapporti con le pubbliche amministrazioni e con gli enti pubblici, anche economici, ovvero dare avvio presso gli stessi a procedimenti amministrativi per il tramite del distretto di cui esse fanno parte. In tal caso, le domande, richieste, istanze ovvero qualunque altro atto idoneo ad avviare ed eseguire il rapporto ovvero il procedimento amministrativo, ivi incluse, relativamente a quest’ultimo, le fasi partecipative del procedimento, qualora espressamente formati dai distretti nell’interesse delle imprese aderenti si intendono senz’altro riferiti, quanto agli effetti, alle medesime imprese; qualora il distretto dichiari altresì di avere verificato, nei riguardi delle imprese aderenti, la sussistenza dei presupposti ovvero dei requisiti, anche di legittimazione, necessari, sulla base delle leggi vigenti, per l’avvio del procedimento amministrativo e per la partecipazione allo stesso, nonché per la sua conclusione con atto formale ovvero con effetto finale favorevole alle imprese aderenti, le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici provvedono senza altro accertamento nei riguardi delle imprese aderenti. Nell’esercizio delle attività previste dal presente numero, i distretti comunicano anche in modalità telematica con le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che accettano di comunicare, a tutti gli effetti, con tale modalità. I distretti possono accedere, sulla base di apposita convenzione, alle banche dati formate e detenute dalle pubbliche amministrazioni e dagli enti pubblici. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, sono stabilite le modalità applicative delle disposizioni del presente numero;

2)    al fine di facilitare l’accesso ai contributi erogati a qualunque titolo sulla base di leggi regionali, nazionali o di disposizioni comunitarie, le imprese che aderiscono ai distretti di cui al comma 366 possono presentare le relative istanze ed avviare i relativi procedimenti amministrativi, anche mediante un unico procedimento collettivo, per il tramite dei distretti medesimi che forniscono consulenza ed assistenza alle imprese stesse e che possono, qualora le imprese siano in possesso dei requisiti per l’accesso ai citati contributi, certificarne il diritto. I distretti possono altresì provvedere, ove necessario, a stipulare apposite convenzioni, anche di tipo collettivo con gli istituti di credito ed intermediari finanziari iscritti nell’elenco di cui all’articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, volte alla prestazione della garanzia per l’ammontare della quota dei contributi soggetti a rimborso. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le modalità applicative della presente disposizione;

3)    i distretti hanno la facoltà di stipulare, per conto delle imprese, negozi di diritto privato secondo le norme in materia di mandato di cui agli articoli 1703 e seguenti del codice civile;

c)    finanziarie:

1)    al fine di favorire il finanziamento dei distretti e delle relative imprese, con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro delle attività produttive e la CONSOB, sono individuate le semplificazioni, con le relative condizioni, alle disposizioni della legge 30 aprile 1999, n. 130, applicabili alle operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti concessi da una pluralità di banche o intermediari finanziari alle imprese facenti parte del distretto e ceduti ad un’unica società cessionaria;

2)    con il regolamento di cui al numero 1) vengono individuate le condizioni e le garanzie a favore dei soggetti cedenti i crediti di cui al numero 1) in presenza delle quali tutto o parte del ricavato dell’emissione dei titoli possa essere destinato al finanziamento delle iniziative dei distretti e delle imprese dei distretti beneficiarie dei crediti oggetto di cessione;

3)    le disposizioni di cui all’articolo 7-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130, si applicano anche ai crediti delle banche nei confronti delle imprese facenti parte dei distretti, alle condizioni stabilite con il regolamento di cui al numero 1);

4)    le banche e gli altri intermediari che hanno concesso crediti ai distretti o alle imprese facenti parte dei distretti e che non procedono alla relativa cartolarizzazione o alle altre operazioni di cui alla legge 30 aprile 1999, n. 130, possono, in aggiunta agli accantonamenti previsti dalle norme vigenti, effettuare accantonamenti alle condizioni stabilite con il regolamento di cui al numero 1);

5)    al fine di favorire l’accesso al credito e il finanziamento dei distretti e delle imprese che ne fanno parte, con particolare riferimento ai progetti di sviluppo e innovazione, il Ministro dell’economia e delle finanze adotta o propone le misure occorrenti per:

5.1)  assicurare il riconoscimento della garanzia prestata dai confidi quale strumento di attenuazione del rischio di credito ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali degli enti creditizi, in vista del recepimento del Nuovo accordo di Basilea;

5.2)  favorire il rafforzamento patrimoniale dei confidi e la loro operatività; anche a tal fine i fondi di garanzia interconsortile di cui al comma 20 dell’articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, possono essere destinati anche alla prestazione di servizi ai confidi soci ai fini dell’iscrizione nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385;

5.3)  agevolare la costituzione di idonee agenzie esterne di valutazione del merito di credito dei distretti e delle imprese che ne fanno parte, ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali delle banche nell’ambito del metodo standardizzato di calcolo dei requisiti patrimoniali degli enti creditizi, in vista del recepimento del Nuovo accordo di Basilea;

5.4)  favorire la costituzione, da parte dei distretti, con apporti di soggetti pubblici e privati, di fondi di investimento in capitale di rischio delle imprese che fanno parte del distretto;

d)    per la ricerca e lo sviluppo:

1)    al fine di accrescere la capacità competitiva delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali, attraverso la diffusione di nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali, è costituita l’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione, di seguito denominata «Agenzia»;

2)    l’Agenzia promuove l’integrazione fra il sistema della ricerca ed il sistema produttivo attraverso l’individuazione, valorizzazione e diffusione di nuove conoscenze, tecnologie, brevetti ed applicazioni industriali prodotti su scala nazionale ed internazionale;

3)    l’Agenzia stipula convenzioni e contratti con soggetti pubblici e privati che ne condividono le finalità;

4)    l’Agenzia è soggetta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri che, con propri decreti di natura non regolamentare, sentiti il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero delle attività produttive, nonché il Ministro per lo sviluppo e la coesione territoriale ed il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, se nominati, definisce criteri e modalità per lo svolgimento delle attività istituzionali. Lo statuto dell’Agenzia è soggetto all’approvazione della Presidenza del Consiglio dei ministri.

369. Le norme in favore dei distretti produttivi di cui al comma 366 si applicano anche ai distretti rurali e agro-alimentari di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, ai sistemi produttivi, ai sistemi produttivi locali, distretti industriali e della pesca e consorzi di sviluppo industriale definiti ai sensi dell’articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, nonché ai consorzi per il commercio estero di cui alla legge 21 febbraio 1989, n. 83.(*)

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(*) Comma così modificato dall’art. 5-bis, comma 1, del D.L. n. 2/2006.

 

370. Al comma 3 dell’articolo 23 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono aggiunte le seguenti parole: «anche avvalendosi delle strutture tecnico-organizzative dei consorzi di sviluppo industriale di cui all’articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317».

371. Fatta salva la compatibilità con la normativa comunitaria, le disposizioni di cui ai commi da 366 a 372 trovano applicazione in via sperimentale nei riguardi di uno o più distretti individuati con il decreto di cui al comma 366. Ultimata la fase sperimentale, l’applicazione delle predette disposizioni è in ogni caso realizzata progressivamente.

372. Dall’attuazione dei commi da 366 a 371 non devono derivare oneri superiori a 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2006.


 

 

I commi da 366 a 372 dell’articolo 1 recano un’articolata disciplina in materia di distretti produttivi.

L’assunto di fondo dal quale muove l’intervento legislativo è la necessità di valorizzare le specificità del sistema produttivo italiano, composto in prevalenza da piccole e medie imprese (PMI) il cui tipico modello organizzativo è costituito dai distretti industriali. In particolare, considerata la connotazione del tessuto produttivo nazionale, caratterizzata da uno scarso numero di grandi imprese a fronte di una ricca costellazione di PMI, le presenti disposizioni sono dirette a conferire una sorta di soggettività giuridica al modello organizzativo dei distretti, trasformandoli in piattaforme di sviluppo organizzate secondo il concetto della filiera produttiva, in grado sia di surrogare l’assenza di grandi industrie, sia di promuovere una più intensa internazionalizzazione dell’economia italiana.

Nel suo complesso, l’intervento legislativo è diretto, segnatamente, a superare l’asimmetria tra la “struttura economica unitaria dei distretti e la “struttura giuridica molecolare” delle imprese che appartengono agli stessi.

Al fine di far convergere, almeno parzialmente, la sostanza economica (unitaria) dei distretti, con la forma giuridica (plurale) delle imprese ad essi sottostanti, l’intervento legislativo in esame è volto alla creazione di una “piattaforma comune” sul piano della fiscalità, della finanza, degli adempimenti amministrativi e delle attività di ricerca e sviluppo.

 

In tale prospettiva, il comma 366 dispone che ai fini dell’applicazione della nuova disciplina di cui ai commi da 367 a 372, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze siano precisate le caratteristiche e le modalità di individuazione dei distretti produttivi, qualificati come libere aggregazioni di imprese articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale, aventi le finalità, da perseguirsi "secondo principi di sussidiarietà orizzontale e verticale”, anche individuando modalità di collaborazione con le associazioni imprenditoriali"[16], di :

§      accrescimento dello sviluppo delle aree e dei settori di riferimento;

§      miglioramento dell'efficienza nell'organizzazione e nella produzione.

 

Ai fini dell’adozione del decreto citato si richiede il concerto con i Ministri delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, dell'istruzione, università e ricerca e per l'innovazione e le tecnologie.

 

Il comma in esame prefigura dunque la definizione di due distinte tipologie di distretti: quelli territoriali e quelli funzionali.

I distretti territoriali, maggiormente ancorati all'esperienza maturata finora nel settore dei distretti produttivi, si caratterizzano per la comune appartenenza delle imprese che vi afferiscono ad un medesimo settore produttivo oltre che ad uno stesso ambito territoriale.

I distretti funzionali, che nella relazione governativa di accompagnamento al disegno di legge originario (A.S. 3613) sono definiti come "una libera aggregazione di imprese che cooperano in modo intersettoriale in una logica di mutual business; si prescinde così dalla sussistenza di legami con specifici territori, in funzione del perseguimento di sinergie fra imprese svolgenti attività complementari o comunque connesse, ai fini dell'accesso ad opportunità presenti sul mercato che presuppongono una integrazione dell'offerta produttiva ovvero ai fini dell'ammissione a determinati regimi particolari all'uopo previsti dalla legge".

 

Ai sensi del successivo comma 367, l'adesione ai distretti da parte di imprese industriali, dei servizi, turistiche,e agricole e della pesca è libera.

Si ricorda che la normativa nazionale di riferimento in materia di distretti produttivi è contenuta nella legge 5 ottobre 1991, n. 317 (Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese), la quale, all'articolo 36, dopo averne enunciato la nozione (art. 36, co. 1: "Si definiscono distretti industriali le aree territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese, con particolare riferimento al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente nonché alla specializzazione produttiva dell'insieme delle imprese"), ha affidato alle regioni il compito di individuare i rispettivi ambiti territoriali. Lo stesso articolo 36, al comma 3 prevede per le aree così delimitate la possibilità di dar luogo al finanziamento, da parte delle regioni, di progetti innovativi concernenti più imprese, in base a un contratto di programma stipulato tra i consorzi e le regioni medesime, le quali definiscono altresì le priorità degli interventi.

Successivamente è intervenuta a modificare tale contesto normativo la legge 11 maggio 1999, n. 140 (Norme in materia di attività produttive), la quale, all'articolo 6, ha introdotto la definizione di sistema produttivo locale, inteso come contesto produttivo omogeneo, caratterizzato da una elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, e da una peculiare organizzazione interna, e ha altresì ridefinito i distretti industriali come quei sistemi produttivi locali che sono caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese industriali nonché dalla specializzazione produttiva di sistemi di imprese. Sempre ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 140/1999, le regioni sono chiamate a individuare i sistemi produttivi locali e provvedono al finanziamento di progetti innovativi e di sviluppo dei sistemi produttivi locali, predisposti da soggetti pubblici o privati.

In via generale, si osserva come i distretti industriali italiani rappresentino uno dei maggiori punti di forza del sistema produttivo italiano, configurandosi come sistemi produttivi locali omogenei, caratterizzati da un'elevata concentrazione di imprese industriali, prevalentemente di piccola e media dimensione e dall'elevata specializzazione produttiva. Nati per favorire, in zone con determinate caratteristiche economiche, la creazione e lo sviluppo di attività produttive nei settori dell'industria e dei servizi, i distretti italiani si sono sviluppati in maniera largamente autonoma durante gli ultimi decenni, concentrando le loro attività su settori specifici (tessile, abbigliamento, meccanica, cuoio) nei quali hanno acquisito e sviluppato vantaggi competitivi particolarmente rilevanti.

I distretti industriali sono in genere composti da aziende a forte tradizione artigianale e di dimensioni medio-piccole. L'azienda del distretto è quasi sempre a gestione familiare, e spesso gli stessi impianti sono fisicamente localizzati nelle vicinanze dalla residenza dell'imprenditore “capo-famiglia". Le piccole imprese indipendenti tra di loro sono integrate e specializzate in fasi diverse di uno stesso processo produttivo.

I distretti non sono tuttavia semplicemente un insieme, magari specializzato e localizzato in un territorio, di imprese, ma sono raggruppamenti che tendono a cogliere le possibili sinergie esistenti, mentre il territorio, che non costituisce un semplice sfondo all’interno del quale operano e producono tali imprese, rappresenta una vera infrastruttura di integrazione sociale, economica, verticale ed orizzontale dei cicli produttivi, il luogo nel quale si sono depositate le tradizioni produttive, le conoscenze pratiche, difficili da trasferire altrove.

Secondo dati aggiornati dell’IPI (Istituto per la promozione industriale), al 1° aprile 2005 le Regioni che, sulla base degli indirizzi contenuti nelle normative nazionali di riferimento (legge n. 317 del 1991 e legge n. 140 del 1999), hanno provveduto all’individuazione dei distretti industriali (DI), sono complessivamente 12, di cui 8 del Centro-Nord (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Marche, Lazio) e 4 del Mezzogiorno (Abruzzo, Campania, Basilicata e Sardegna).

In complesso sono stati riconosciuti, allo stato attuale, 160 distretti industriali. Di questi 139 sono localizzati nel Centro-Nord e 21 nel Mezzogiorno. Le principali specializzazioni produttive sono, nell’ordine: Tessile e Abbigliamento (41 DI riconosciuti), Meccanica (31), Prodotti per l’arredamento e Lavorazione di minerali non metalliferi (29), Pelli, cuoio e calzature (20). Le quattro branche di attività menzionate costituiscono la specializzazione produttiva di 121 Distretti Industriali; questi ultimi rappresentano, nel loro insieme, il 76% dei complessivi Distretti individuati dalle Regioni.

In base ai più recenti dati dell’ISTAT, i distretti industriali sono invece in complesso 199, di cui 59 nel Nord-Ovest, 65 nel Nord-Est, 60 nel Centro e 15 nel Mezzogiorno. Nei 199 distretti risiedono circa 14 milioni di persone (25 per cento del totale Italia); al loro interno operano circa 239 mila unità locali manifatturiere (40per cento Italia) con 2,2 milioni di addetti (45 per cento Italia) e una dimensione media di 9 addetti per unità locale. Le specializzazioni produttive più rappresentate sono nell’ordine le seguenti: tessile e abbigliamento (70); prodotti per la casa (37); meccanica (33); pelli, cuoio e calzature (28); alimentari (17); carta e poligrafiche (6); altri 8 distretti presentano specializzazioni varie. Le prime quattro menzionate branche di attività coincidono con quelle che emergono per i distretti delle regioni; a esse fanno riferimento 168 distretti (l’84 per cento del totale).

 

Il comma 368 determina le disposizioni tributarie, amministrative, finanziarie e di promozione della ricerca e dello sviluppo, applicabili ai distretti produttivi. Con esse viene prevista, in sintesi, la possibilità, per le imprese appartenenti a distretti produttivi, di dare vita a un ambito comune per la fiscalità, gli adempimenti amministrativi e la finanza.

 

La lettera a) individua la disciplina tributaria.

Come risulta anche dall’illustrazione contenuta nella relazione governativa all’originario disegno di legge (A.S. 3616), viene prevista – su base comunque opzionale – la possibilità di due diverse aggregazioni, costituite rispettivamente dal consolidamento fiscale (secondo cui le società di capitali facenti parte di distretti verrebbero sostanzialmente equiparate ad un gruppo) e dalla tassazione unitaria (caratterizzata da un reddito imponibile di distretto che comprende quello delle imprese che hanno optato per la tassazione unitaria). A quest’ultima possono accedere anche le imprese non soggette all'imposta sul reddito delle società (IRES).

Tanto nella tassazione consolidata (riferita alle sole imposte sul reddito) quanto nella tassazione unitaria (applicabile sia alle imposte sul reddito, sia alle entrate locali) il distretto è individuato come unità fiscale di riferimento.

La tassazione consolidata (numeri 1 e 2) ricalca l'istituto del consolidato nazionale per la tassazione dei gruppi di imprese, le cui norme vengono espressamente richiamate in quanto applicabili. In luogo del gruppo di imprese controllate, l'unità fiscale di riferimento è il distretto, che provvede agli adempimenti dichiarativi e di pagamento, sulla base della somma algebrica dei redditi delle società partecipanti. Viene quindi consentita, ad esempio, la compensazione intradistrettuale delle perdite fiscali.

La tassazione unitaria (numeri da 3 a 15) individua il distretto quale soggetto passivo delle imposte sui redditi, dei tributi e delle altre somme dovute agli enti locali, sulla base di concordato preventivo di durata almeno triennale.

Il ricorso a tale forma di concordato preventivo è comunque ammesso anche indipendentemente dall’opzione per le suddette forme di tassazione.

 

Secondo il disposto del numero 1), le imprese appartenenti a distretti aventi le caratteristiche determinate a norma del comma 366 possono congiuntamente esercitare l'opzione per la tassazione (consolidata) di distretto ai fini dell'applicazione dell'imposta sul reddito delle società (IRES).

La tassazione di distretto si configura come estensione delle condizioni per l’applicazione del l’istituto del consolidato nazionale, previsto e disciplinato dal titolo II, capo II, sezione II (articolo da 117 a 129), del vigente testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per la tassazione di gruppo delle imprese residenti.

 

La facoltà di opzione per la tassazione di gruppo è stata introdotta dalla riforma dell’imposizione sul reddito delle società[17].

L’opzione è consentita congiuntamente alle società di capitali, cooperative, mutue assicuratrici o enti commerciali controllanti e a ciascuna società o ente controllato. Gli enti non residenti possono esercitare l'opzione solo in qualità di controllanti e a condizione che siano residenti in Paesi con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione ed esercitino nel territorio dello Stato un'attività d'impresa mediante una stabile organizzazione alla quale la partecipazione in ciascuna società controllata sia effettivamente connessa. L’opzione è ammessa a condizione che l'esercizio sociale di ciascuna società controllata sia identico a quello della società o ente controllante. Si considera controllata la società di capitali al cui capitale sociale la società o l'ente controllante partecipa direttamente o indirettamente per una percentuale superiore al 50 per cento, da determinarsi tenendo conto dell’eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo, e al cui utile la società o l'ente controllante partecipa direttamente o indirettamente per una percentuale superiore al 50 per cento da determinarsi tenendo parimenti conto dell’eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo. Non si considerano le azioni prive del diritto di voto.

A seguito dell'opzione per la tassazione di gruppo, per la società o ente controllante viene determinato un unico reddito complessivo globale imponibile, corrispondente alla somma algebrica dei redditi complessivi di ciascuna entità appartenente al gruppo, indipendentemente dalla quota di partecipazione riferibile al soggetto controllante, rettificati secondo le disposizioni dell’articolo 122. Non concorrono alla formazione del reddito imponibile le somme percepite o versate tra le società del gruppo in contropartita di vantaggi fiscali ricevuti o attribuiti.

Al soggetto controllante compete il riporto a nuovo dell’eventuale perdita risultante dalla somma algebrica degli imponibili, la liquidazione dell'unica imposta dovuta o dell'unica eccedenza rimborsabile o riportabile a nuovo e gli obblighi di versamento a saldo e in acconto. Le perdite fiscali relative agli esercizi anteriori all'inizio della tassazione di gruppo possono essere utilizzate solo dalle società cui si riferiscono. Le eccedenze d'imposta riportate a nuovo relative agli stessi esercizi possono essere utilizzate dalla società o ente controllante o alternativamente dalle società cui competono.

I trasferimenti infragruppo beneficiano di un regime di neutralità fiscale.

 

A quest’effetto, il numero 2) dispone che si osservino, in quanto applicabili, le disposizioni contenute negli articoli 117 e seguenti del citato testo unico delle imposte sui redditi.

 

Il numero 3) stabilisce che i distretti, ove sia esercitata l'opzione per la tassazione unitaria, sono compresi tra i soggetti passivi dell'IRES indicati all'articolo 73, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi.

 

L’articolo 73, comma 1, lettera b), del TUIR dispone che sono soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali.

 

Il numero 4) specifica quindi che il reddito imponibile del distretto comprende quello delle imprese che vi appartengono, che hanno contestualmente optato per la tassazione unitaria.

 

Il numero 5) prevede che, in caso di opzione contestuale per la tassazione unitaria, il reddito imponibile del distretto nonché i tributi, contributi e altre somme dovute da esso agli enti locali vengano determinati in base a uno speciale concordato di durata almeno triennale.

 

Il numero 6) introduce questa speciale forma di concordato preventivo, disciplinata dai numeri successivi, in favore dei distretti per la determinazione del reddito unitario imponibile, nonché dei tributi, contributi e altre somme dovute agli enti locali.

Il concordato ha durata almeno triennale e può essere esercitato anche indipendentemente dall'esercizio dell'opzione per la tassazione di distretto o per la tassazione unitaria, previste rispettivamente dai precedenti numeri 1) e 4).

 

Anche nell’eventualità che le imprese non optino per le speciali forme di tassazione introdotte, il soggetto facoltizzato a concordare la misura dell’imposizione con gli enti pubblici competenti è il distretto.

Sarebbe opportuno chiarire se, ove il distretto eserciti tale facoltà, la ripartizione del carico tributario da esso conseguentemente determinata secondo i numeri 7) e 14) obblighi le imprese partecipanti, indipendentemente dalla loro effettiva volontà di aderire al concordato stipulato.

 

In relazione alle imposte dirette, il distretto concorda con l’Agenzia delle entrate la misura del carico tributario di competenza delle imprese ad esso appartenenti per ciascuno degli esercizi compresi nel concordato, sulla base di elementi caratteristici relativi alla natura, tipologia ed entità delle imprese partecipanti, alla loro attitudine alla contribuzione (ossia alla rispettiva capacità contributiva) e ad altri parametri oggettivi, determinati anche su base presuntiva. Secondo il numero 9), questi elementi e parametri sono stabiliti dall'Agenzia delle entrate, previa consultazione delle categorie interessate e degli organismi rappresentativi dei distretti.

Analogamente, il numero 11) consente ai distretti di concordare nei medesimi termini con gli enti locali competenti il volume dei tributi, contributi e altre somme da versare in ciascun anno da parte delle imprese ad essi appartenenti. Per la determinazione dei criteri generali in base ai quali stabilire quanto è dovuto a questi ultimi, il numero 13) riserva la competenza agli enti locali interessati, che debbono provvedervi previa consultazione delle categorie interessate e degli organismi rappresentativi dei distretti. A norma del numero 12), gli importi sono stabiliti tenendo conto dell’attitudine delle imprese alla contribuzione (capacità contributiva), con l'obiettivo di stimolare la crescita economica e sociale dei territori interessati. In caso di opzione per la tassazione distrettuale unitaria, l'ammontare dovuto agli enti locali è determinato in cifra unica annuale per il distretto nel suo complesso.

 

Il numero 7) prevede che la ripartizione del carico tributario concordato nell'ambito del distretto sia rimessa al distretto stesso, secondo criteri di trasparenza e parità di trattamento, e sulla base di principi di mutualità.

 

Il numero 14) ripete la medesima disposizione, facendo riferimento al “carico tributario derivante dall’attuazione del numero 7)”.

Verisimilmente, la norma deve intendersi riferita alla ripartizione dei tributi, contributi e altre somme dovuti agli enti locali, relativamente alla quale sono confermati i criteri di trasparenza, parità di trattamento e mutualità previsti dal numero 7) per la suddivisione degli oneri tributari erariali.

 

La formulazione dovrebbe essere rettificata in tal senso, ovvero riunita in un’unica disposizione avente riferimento ai carichi tributari concordati a norma dei numeri 6) e 11).

 

Il numero 8) esclude dalla base imponibile le somme percepite o versate tra le imprese appartenenti al distretto in contropartita dei vantaggi fiscali ricevuti o attribuiti.

La disposizione riproduce quanto è previsto dall’articolo 118, comma 4, del TUIR per le società optanti per la tassazione di gruppo secondo il metodo del consolidato nazionale. Tale disposizione si riferisce la possibilità che, in via contrattuale, gli aderenti al consolidamento concordino compensi da corrispondersi fra loro a fronte dei vantaggi fiscali che ricaveranno dal consolidamento medesimo (ad esempio, il trasferimento di perdite utilizzate per abbattere il reddito globale) o dall'opzione per la tassazione di gruppo (ad esempio, la mancata applicazione di imposte sul reddito prodotto a seguito dell'utilizzo in compensazione di perdite trasferite da altri soggetti), ovvero degli svantaggi corrispondenti (ad esempio, per la rinunzia alla possibilità di utilizzare una perdita di esercizio). In base alla richiamata disposizione, le somme percepite o versate a questo titolo sono fiscalmente irrilevanti e pertanto non costituiscono componenti positivi o negativi di reddito[18].

Il numero 10) precisa che restano fermi da parte delle imprese appartenenti al distretto l'assolvimento degli ordinari obblighi e adempimenti fiscali e l'applicazione delle disposizioni penali tributarie.

È altresì previsto che, qualora siano rispettati gli obblighi derivanti dal concordato, i controlli tributari vengano eseguiti unicamente a scopo di monitoraggio, prevenzione ed elaborazione dei dati necessari per la determinazione e l'aggiornamento degli elementi e parametri per la determinazione della capacità contributiva, sui quali l’Agenzia delle entrate si fonda per la stipulazione del concordato secondo il disposto del precedente numero 6).

Analoga previsione è infine espressa nel numero 15) in relazione ai tributi, contributi e altri diritti degli enti locali, relativamente agli adempimenti di loro competenza.

 

La lettera b) del comma 368 individua alcune disposizioni amministrative applicabili ai distretti produttivi.

Ai fini della semplificazione degli adempimenti burocratici posti a carico delle imprese che aderiscono ai distretti, la norma prevede la facoltà per il distretto di svolgere talune funzioni quali l'esecuzione, in nome e per conto dell'impresa, degli adempimenti burocratici connessi con lo svolgimento dell'attività, nonché la "certificazione" dell’esattezza dell'iter procedurale seguito; si prevede, inoltre, il riconoscimento ai distretti della facoltà di stipulare negozi di diritto privato per conto delle imprese ad essi aderenti sulla base delle norme civilistiche che disciplinano il mandato (cfr. oltre).

A fronte di quest’attività amministrativa svolta dal distretto, la cui rispondenza alle norme di legge è dichiarata dal distretto stesso, le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici interessati provvedono di conseguenza nei riguardi delle imprese senza esperire alcun altro controllo.

Viene altresì consentito ai distretti di accedere con apposita convenzione ai sistemi informativi e agli archivi informatici delle pubbliche amministrazioni, rimandando ad un successivo decreto l'individuazione delle concrete modalità applicative della disposizione.

 

Più in dettaglio, la lettera b) prevede che al fine di favorire la semplificazione e l'economicità per le imprese che aderiscono ai distretti, le imprese aderenti possano intrattenere rapporti con le pubbliche amministrazioni e con gli enti pubblici, anche economici (ovvero dare un impulso a procedimenti amministrativi) attraverso il distretto.

In questo caso, le domande, le richieste, le istanze etc., idonee ad avviare ed eseguire il rapporto ovvero il procedimento amministrativo (incluse le fasi partecipative), se espressamente formate dai distretti nell’interesse delle imprese aderenti, si intendono senz’altro riferite, quanto agli effetti, alle medesime imprese. Nel momento in cui il distretto dichiari inoltre di avere verificato, nei riguardi delle imprese aderenti, la sussistenza dei presupposti ovvero dei requisiti necessari per l’avvio, la partecipazione e la conclusione del procedimento amministrativo con atto formale ovvero con effetto finale favorevole alle imprese aderenti, le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici sono tenuti a provvedere senza altro accertamento nei riguardi delle imprese aderenti.

Si prevede altresì per i distretti la possibilità di comunicare anche in modalità telematica con le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che accettano di comunicare, a tutti gli effetti, con tale modalità. I distretti possono accedere altresì, su base convenzionale, alle banche dati formate e detenute dalle pubbliche amministrazioni e dagli enti pubblici. Viene quindi demandata al Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, l'individuazione delle modalità applicative delle disposizioni del presente numero, con decreto di natura non regolamentare.

La lettera b),numero 2)reca disposizioni in materia di semplificazione per l'accesso delle imprese appartenenti ai distretti ai contributi regionali, nazionali o comunitari. Viene infatti consentita la presentazione delle istanze mediante un unico procedimento realizzato tramite i distretti, che possono altresì fornire alle singole imprese consulenza ed assistenza, nonché certificare il loro diritto per l'accesso ai contributi.

In aggiunta, si prevede la facoltà per i distretti di procedere alla stipula di apposite convenzioni con aziende di credito ed intermediari finanziari iscritti nell'apposito elenco tenuto dall'UIC ai fini della prestazione della garanzia per l'ammontare della quota dei contributi soggetti a rimborso, rimandando ad un successivo decreto la determinazione delle specifiche modalità applicative.

 

La lettera b), al numero 3) riconosce ai distretti della facoltà di stipulare negozi di diritto privato – per conto delle imprese ad essi aderenti – secondo le norme degli articoli 1703 e seguentidel codice civile, che disciplinano il contratto di mandato.

 

Si rammenta che secondo la definizione del richiamato articolo 1703 del codice civile, il mandato è il contratto con il quale una parte (mandatario) si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra parte (mandante).Quando il mandatario agisce per conto e nel nome del mandante si tratta di un mandato con rappresentanza. In tale caso il mandato è collegato ad una procura che conferisce il relativo potere al mandatario, per cui gli effetti si verificano direttamente nella sfera giuridica del mandante (art. 1704 c.c.). Quando il mandatario agisce in nome proprio si tratta di un mandato senza rappresentanza. In questo casoil mandatario agisce in nome proprio e acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dal negozio, mentre i terzi non entrano in alcun rapporto col mandante. (art. 1705 c.c.).

 

La lettera c) individua una serie di disposizioni finanziarie applicabili ai distretti. Si tratta in particolare di interventi diretti ad agevolare l'accesso al credito, a promuovere contenimento dei rischi e a favorire la capitalizzazione delle imprese appartenenti al distretto.

A tale proposito, vengono anzitutto previste forme e condizioni semplificate per la cartolarizzazione dei crediti concessi da più banche o intermediari finanziari alle imprese facenti parte del distretto, agli effetti della cessione a un'unica società.

A questo fine, il numero 1) rimette a regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro delle attività produttive e la CONSOB, l'individuazione delle semplificazioni applicabili rispetto alla disciplina contenuta nella legge 30 aprile 1999, n. 130.

 

Si osserva che questo regolamento, ancorché riguardi la cartolarizzazione di crediti concessi da banche o intermediari finanziari, verrebbe emanato sentita la CONSOB e non anche la Banca d'Italia. Mentre per le operazioni di semplificazione previste dal numero 1) può rilevare la competenza della CONSOB, la materia trattata nel numero 2) sembra attenere a profili di stabilità, spettanti alla competenza della Banca d’Italia. La stessa osservazione vale a maggior ragione per il contenuto del successivo numero 4), che attiene specificamente alla disciplina dell’attività bancaria.

 

La legge 30 aprile 1999, n. 130, reca disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti.

Tale tecnica finanziaria consiste nella cessione di crediti o di altre attività finanziarie non negoziabili a una società qualificata, che ha per oggetto esclusivo la realizzazione di tali operazioni e provvede alla conversione di tali crediti o attività in titoli negoziabili su un mercato secondario. Questi titoli sono strumenti finanziari, il cui collocamento è sottoposto all’obbligo di predisposizione del prospetto per cura della società cessionaria o, se diversa, della società emittente. Nel caso in cui i titoli siano offerti ad investitori non professionali, l'operazione dev’essere inoltre sottoposta alla valutazione del merito di credito da parte di operatori terzi.

La legge disciplina altresì le modalità della cessione e la sua efficacia, stabilendo che dalla data della pubblicazione della notizia dell'avvenuta cessione nella Gazzetta ufficiale, sui crediti acquistati e sulle somme corrisposte dai debitori ceduti sono ammesse azioni soltanto a tutela dei diritti incorporati nei titoli emessi e per il pagamento dei costi dell'operazione. Dalla stessa data la cessione è opponibile agli altri aventi causa del cedente, il cui titolo di acquisto non sia stato reso efficace verso i terzi in data anteriore, e ai creditori del cedente che non abbiano pignorato il credito prima della pubblicazione della cessione.

 

Con lo stesso regolamento, ai sensi del numero 2), possono essere stabilite le condizioni e le garanzie a favore dei soggetti cedenti i crediti di cui al numero 1), in presenza delle quali tutto o parte del ricavato dell'emissione dei titoli possa essere destinato al finanziamento delle iniziative dei distretti e delle imprese dei distretti già beneficiarie dei crediti che sono stati oggetto di cessione.

L’operazione comporta per i soggetti già beneficiari dei crediti ceduti la possibilità di ricevere ulteriore credito, da parte della società cessionaria, mediante destinazione del ricavato dell’emissione dei titoli il cui rimborso dovrebbe avvenire con le somme da essi medesimi corrisposte in qualità di debitori ceduti.

La disposizione comporta evidenti rischi finanziari, che possono risultare attenuati in ragione della qualità delle garanzie e del rigore delle condizioni che potranno essere stabilite con il previsto regolamento ministeriale.

 

Il numero 3) estende le disposizioni relative alle obbligazioni bancarie garantite, disciplinate dall’articolo 7-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130, anche ai crediti delle banche nei confronti delle imprese facenti parte dei distretti. Le condizioni per l'estensione vengono stabilite con il predetto regolamento.

 

L’articolo 7-bis della legge n. 130 del 1999 dispone, al comma 1, in tema di obbligazioni bancarie garantite, che le disposizioni di cui all'articolo 3, commi 2 e 3 (relativo alle società di cartolarizzazione, in particolare alla separazione tra il patrimonio della società da quello di ogni singola operazione e delle operazioni fra loro), all'articolo 4 (relativo alle modalità ed all’efficacia della cessione) e all'articolo 6, comma 2 (relativo alle disposizioni fiscali e di bilancio, in particolare alle agevolazioni concesse a determinati soggetti e categorie) della stessa legge si applichino, salvo quanto specificato ai successivi commi 2 e 3 dello stesso articolo 7-bis, alle operazioni aventi ad oggetto le cessioni di crediti fondiari e ipotecari, di crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni o garantiti dalle medesime, anche individuabili in blocco, nonché di titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti della medesima natura, effettuate da banche in favore di società il cui oggetto esclusivo sia l'acquisto di tali crediti e titoli, mediante l'assunzione di finanziamenti concessi o garantiti anche dalle banche cedenti, e la prestazione di garanzia per le obbligazioni emesse dalle stesse banche ovvero da altre.

Il comma 2 pone sui crediti e i titoli acquistati dalle società di cartolarizzazione e sulle somme corrisposte dai relativi debitori il vincolo di destinazione al soddisfacimento dei diritti, anche ai sensi dell'articolo 1180 del codice civile, dei portatori delle obbligazioni bancarie garantite di cui al comma 1 e delle controparti dei contratti derivati con finalità di copertura dei rischi insiti nei crediti e nei titoli ceduti e degli altri contratti accessori, nonché al pagamento degli altri costi dell'operazione, in via prioritaria rispetto al rimborso dei finanziamenti assunti dalle società cessionarie secondo quanto indicato al comma 1.

Il comma 3 prevede che le disposizioni degli articoli 3, comma 2 (esclusività del diritto di azione sul patrimonio separato), e 4, comma 2 (limiti al diritto di azione sui crediti acquistati e sulle somme corrisposte dai debitori ceduti) si applichino a beneficio dei portatori delle obbligazioni bancarie garantite e delle controparti dei contratti derivati di cui al precedente comma 2.

Secondo quanto stabilito nel comma 4, alle predette cessioni non si applicano gli articoli 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, numero 2440 (concernente “nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato”). Inoltre, dell'affidamento o trasferimento delle funzioni di cui all'articolo 2, comma 3, lettera c) della stessa legge a soggetti diversi dalla banca cedente, è dato avviso mediante pubblicazione nella Gazzetta ufficiale nonché comunicazione mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento alle pubbliche amministrazioni debitrici. Ai finanziamenti concessi alle società di cui al comma 1 e alla garanzia prestata dalle medesime società si applica l'articolo 67, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, numero 267, e successive modificazioni (riguardante “disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa”).

Il comma 5 rimette a regolamento emanato dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, le disposizioni di attuazione aventi ad oggetto, in particolare, il rapporto massimo tra le obbligazioni oggetto di garanzia e le attività cedute, la tipologia di tali attività e di quelle, dagli equivalenti profili di rischio, utilizzabili per la loro successiva integrazione, nonché le caratteristiche della garanzia prestata dalla società cessionaria per le obbligazioni emesse ai sensi del comma 1.

Ulteriori disposizioni di attuazione sono emanate dalla Banca d’Italia, in conformità a deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR). Sono con esse disciplinati fra l’altro i requisiti delle banche emittenti, i criteri che le banche cedenti adottano per la valutazione dei crediti e dei titoli ceduti e le relative modalità di integrazione, nonché i controlli che le banche effettuano per il rispetto degli obblighi previsti dal presente articolo, anche per il tramite di società di revisione allo scopo incaricate.

Il comma 7 prevede che ogni imposta e tassa sia dovuta considerando le operazioni di cui al comma 1 come non effettuate e i crediti e i titoli che hanno formato oggetto di cessione come iscritti nel bilancio della banca cedente, se per le cessioni è pagato un corrispettivo pari all'ultimo valore di iscrizione in bilancio dei crediti e dei titoli, e il finanziamento di cui al comma 1 è concesso o garantito dalla medesima banca cedente.

 

Si osserva a questo proposito che l’articolo 7-bis della legge n. 130 del 1999, aggiunto dal decreto-legge n. 35 del 2005, ha inteso introdurre nell’ordinamento italiano un titolo obbligazionario di elevata qualità e affidabilità in quanto garantito da attivi creditizi di specifiche categorie (crediti fondiari e ipotecari, crediti verso pubbliche amministrazioni o da esse garantiti).

L’emanando regolamento dovrebbe quindi assicurare che i crediti nei confronti delle imprese facenti parte dei distretti abbiano caratteristiche idonee per essere ammessi a costituire equivalente garanzia.

In ogni caso, i predetti crediti – essendo al di fuori del numerus clausus previsto dall’articolo 43 della direttiva n. 2000/12/CE – non rileverebbero per il conseguimento dei vantaggi previsti dalla normativa comunitaria agli effetti del calcolo dei coefficienti di solvibilità.

 

Per le banche e gli altri intermediari che concedono crediti ai distretti o alle imprese facenti parte dei distretti e che non procedono alla loro cartolarizzazione o all’emissione di obbligazioni bancarie garantite, il numero 4) prevede la facoltà di effettuare accantonamenti ulteriori (rispetto a quelli già previsti dalle norme vigenti) alle condizioni che saranno stabilite dal predetto regolamento.

 

Si ricorda che l’articolo 106 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante il testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) prevede norme in tema di svalutazione dei crediti e accantonamenti per rischi su crediti.

Nel dettaglio, il comma 1 prevede che le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle cessioni di beni e dalle prestazioni di servizi indicate nel comma 1 dell'articolo 85, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,50 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi. Nel computo del limite si tiene conto anche di accantonamenti per rischi su crediti. La deduzione non è più ammessa quando l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti ha raggiunto il 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.

Ai sensi del comma 2, le perdite sui crediti di cui al comma 1, determinate con riferimento al valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi, sono deducibili a norma dell'articolo 101, limitatamente alla parte che eccede l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti nei precedenti esercizi. Se in un esercizio l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti eccede il 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti, l'eccedenza concorre a formare il reddito dell'esercizio stesso.

Secondo il comma 3, per gli enti creditizi e finanziari di cui al D.Lgs. n. 87 del 1992, le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle operazioni di erogazione del credito alla clientela, compresi i crediti finanziari concessi a Stati, banche centrali o enti di Stato esteri destinati al finanziamento delle esportazioni italiane o delle attività ad esse collegate, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,40 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, aumentato dell'ammontare delle svalutazioni dell'esercizio. L'ammontare complessivo delle svalutazioni che supera lo 0,40 per cento è deducibile in quote costanti nei nove esercizi successivi. Ai fini del presente comma le svalutazioni si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio. Se in un esercizio l'ammontare complessivo delle svalutazioni è inferiore al limite dello 0,40 per cento, sono ammessi in deduzione, fino al predetto limite, accantonamenti per rischi su crediti. Gli accantonamenti non sono più deducibili quando il loro ammontare complessivo ha raggiunto il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.

Ai sensi del comma 4, per gli enti creditizi e finanziari nell'ammontare dei crediti si comprendono anche quelli impliciti nei contratti di locazione finanziaria nonché la rivalutazione delle operazioni «fuori bilancio» iscritte nell'attivo in applicazione dei criteri di cui all'articolo 112. Secondo il comma 5, infine, le perdite sui crediti di cui al comma 3, determinate con riferimento al valore di bilancio dei crediti, sono deducibili, ai sensi dell'articolo 101, limitatamente alla parte che eccede l'ammontare dell'accantonamento per rischi su crediti dedotto nei precedenti esercizi. Se in un esercizio l'ammontare del predetto accantonamento eccede il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, l'eccedenza concorre a formare il reddito dell'esercizio stesso.

 

Infine il numero 5), allo scopo di favorire l'accesso al credito e il finanziamento dei distretti e delle imprese che ne fanno parte, con particolare riguardo ai progetti di sviluppo e innovazione, affida al Ministro dell'economia e delle finanze il compito di adottare o proporre misure volte a:

a)      assicurare che la garanzia che prestano i consorzi collettivi di garanzia dei fidi (confidi) sia riconosciuta come strumento idoneo per l'attenuazione del rischio di credito ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali degli enti creditizi, previsti nel nuovo accordo di Basilea;

b)      favorire il rafforzamento patrimoniale e l'operatività dei confidi; con disposizione introdotta nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio si è stabilito a questo riguardo che i fondi di garanzia interconsortile possono essere destinati anche alla prestazione di servizi ai confidi soci, per l’iscrizione nell’elenco speciale previsto dall’articolo 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.

La costituzione di fondi di garanzia interconsortile è prevista dall’articolo 13, comma 20 e seguenti, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Esso prevede che i confidi i quali riuniscono complessivamente non meno di 15 mila imprese e garantiscono finanziamenti complessivamente non inferiori a 500 milioni di euro possono istituire, anche tramite le loro associazioni nazionali di rappresentanza, fondi di garanzia interconsortile destinati alla prestazione di controgaranzie e cogaranzie ai confidi. Per i confidi che riuniscono cooperative e loro consorzi, i requisiti predetti sono stabiliti rispettivamente nell’associazione di non meno di 5.000 imprese e nella garanzia di finanziamenti complessivamente non inferiori a 300 milioni di euro. I predetti fondi sono gestiti da società consortili per azioni o a responsabilità limitata, il cui oggetto sociale preveda in via esclusiva lo svolgimento di tale attività, ovvero dalle società finanziarie costituite ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. In deroga all'articolo 2602 del codice civile, le società consortili possono essere costituite anche dalle associazioni di cui al comma 20.

A norma dell’articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, l'esercizio nei confronti del pubblico delle attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi è riservato a intermediari finanziari iscritti in un apposito elenco tenuto dall'UIC. L’articolo 107 rimette al Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB, la determinazione dei criteri oggettivi, riferibili all'attività svolta, alla dimensione e al rapporto tra indebitamento e patrimonio, in base ai quali sono individuati gli intermediari finanziari che si devono iscrivere in un elenco speciale tenuto dalla Banca d'Italia. Quest’ultima, in conformità delle deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), detta agli intermediari iscritti nell'elenco speciale disposizioni aventi ad oggetto l'adeguatezza patrimoniale e il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni nonché l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni.

 

c)      facilitare la costituzione di agenzie esterne di valutazione del merito di credito dei distretti e delle imprese che ne fanno parte, a beneficio delle imprese stesse e delle banche che applicano il metodo normalizzato di calcolo dei requisiti previsto nel nuovo accordo di Basilea;

d)      favorire la costituzione, da parte dei distretti, di fondi d’investimento in capitale di rischio delle imprese che ne fanno parte; a tali fondi potranno conferire il loro apporto soggetti sia pubblici, sia privati.

 

Il nuovo accordo di Basilea (più noto come Basilea 2)[19] è un accordo sui requisiti patrimoniali delle banche approvato il 26 giugno 2004 dalle banche centrali e dalle autorità di vigilanza del Gruppo dei dieci. Si tratta di un testo, elaborato dal Comitato di Basilea[20], destinato a diventare operativo tra la fine del 2006 e il 2007 e che andrà a sostituire quello elaborato nel 1988.

Scopo dell'accordo è quello di aumentare la stabilità del sistema bancario internazionale rendendo le banche più sensibili al controllo dei rischi di credito, di mercato e operativi; per raggiungere tale obiettivo, sono state definite, in estrema sintesi, nuove regole fondate su tre "pilastri":

I)         il primo pilastro è quello dei requisiti patrimoniali minimi, che si traducono in vincoli all’operatività bancaria al fine di garantire la solidità economica e finanziaria delle banche;

II)       il secondo pilastro riguarda l'efficienza della vigilanza sulla gestione del rischio da parte delle banche, che implica per le Banche centrali la verifica sulla disponibilità, da parte delle banche, dei requisiti patrimoniali minimi e il controllo del rischio degli impieghi, al fine di prevenire la possibilità che il capitale scenda al di sotto della soglia minima;

III)      il terzo pilastro, infine, concerne la disciplina del mercato e la trasparenza, e si traduce in regole di trasparenza per l'informazione al pubblico sui livelli patrimoniali, sui rischi e sulla loro gestione.

 

Per quanto riguarda il rischio di credito, Basilea 2 introduce la possibilità di scegliere fra più metodi di calcolo dei requisiti patrimoniali, in particolare:

-        un metodo normalizzato (standardised approach) basato sull’utilizzo di valutazioni (rating) esterne forniti dalle agenzie specializzate, in base ai quali vengono applicati coefficienti prudenziali omogenei predefiniti dall’Autorità di vigilanza;

-        un metodo più sofisticato, il quale, utilizzando rating interni, permette di correlare meglio il capitale regolamentare al rischio effettivo; esso si suddivide a sua volta in un metodo di base (foundation approach) e un metodo avanzato (advanced approach), in relazione alla capacità delle banche di stimare direttamente alcuni parametri necessari alla valutazione del coefficiente prudenziale da applicare all’esposizione sottostante.

 

La lettera d) del comma 368, detta disposizioni in materia di ricerca e sviluppo,prevedendo, al numero 1), l'istituzione dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, che è chiamata a concorrere all'accrescimento della competitività delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali attraverso la diffusione delle nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali.

Il sistema produttivo italiano presenta – com'è noto – aspetti fortemente peculiari rispetto a quelli rilevabili negli altri Paesi industrializzati, essendo caratterizzato dalla presenza di un elevato numero di imprese di piccola dimensione specializzate nei settori a medio-bassa tecnologia, dall'agro-alimentare, al calzaturiero, al tessile-abbigliamento, all'arredamento.

La maggioranza di tali imprese, pur svolgendo in molti casi una intensa innovazione dei processi produttivi basata sull’acquisizione di tecnologie già disponibili, non possiede le risorse professionali e finanziarie per investire in ricerca e innovazione.

Per queste sue caratteristiche, il sistema produttivo italiano richiede ad avviso di molti osservatori l'individuazione di strumenti idonei ad assicurare l'accesso effettivo delle piccole e medie imprese a servizi tecnologici esterni qualificati, così da favorire l'acquisizione delle nuove tecnologie e lo sviluppo di nuovi prodotti.

Sul lato dell’offerta di servizi per l’innovazione, la realtà italiana presenta un vasto e articolato panorama composto di centri di servizio e di competenze tecniche e scientifiche diffuse all’interno dei centri di ricerca e delle università.

Tale offerta è alimentata innanzitutto dal sistema universitario e dalle principali istituzioni scientifiche nazionali. La ricerca industriale è inoltre sostenuta da alcuni grandi centri privati, emanazione delle più importanti aziende del paese.

Accanto a tali soggetti, operano inoltre un gran numero di strutture di servizio per l’innovazione e il trasferimento tecnologico alle imprese, promosse dalle associazioni imprenditoriali, dalle camere di commercio, dagli enti locali e dalle stesse università.

Se ricca e variegata appare la presenza di strutture legate al territorio, si manifestano però alcune criticità riconducibili alla frammentazione dell’offerta dei servizi per l'innovazione e alla ridotta specializzazione delle strutture che li erogano, fattori questi che secondo molti osservatori impediscono spesso alle imprese di sfruttare pienamente il potenziale innovativo disponibile.

 

Ai sensi del numero 2), in funzione dei predetti obiettivi, si assegna all'Agenzia il compito di promuove l'integrazione fra il sistema della ricerca e il sistema produttivo provvedendo ad individuare a valorizzare e a diffondere nuove conoscenze tecnologiche, brevetti ed applicazioni industriali su scala sia nazionale che internazionale;

Il numero 3) prevede la stipula, da parte dell’Agenzia, di convenzioni e contratti con soggetti pubblici e privati che ne condividono le finalità.

L'Agenzia, ai sensi delle indicazioni contenute nella relazione governativa che accompagna il disegno di legge, tende a rendere più agevole ed efficace per le piattaforme industriali l'accesso ai "fornitori di tecnologia" su scala nazionale ed internazionale (università, centri di ricerca, eccetera), assicurando così ad esse la possibilità di meglio corrispondere ai bisogni e alle strategie delle imprese di riferimento sul versante dell'innovazione tecnologica.

Compito dell'Agenzia è assistere le piattaforme industriali in ogni fase del percorso di ricerca, applicazione ed ingegnerizzazione di una nuova tecnologia, attraverso: la ricerca e il costante aggiornamento di nuove tecnologie di prodotto e/o processi industriali presso università e istituti di ricerca; lo sviluppo di nuovi processi/applicazioni industriali; la realizzazione di programmi di formazione; l'implementazione di nuovi processi/applicazioni industriali. A tal fine, l'Agenzia opera come:interfaccia fra le piattaforme industriali e il mondo della ricerca nazionale e internazionale (scouting); osservatorio delle piattaforme industriali, per l'analisi dei reali bisogni di ricerca e sviluppo e la conseguente proposta di nuove soluzioni tecnologiche (diffusione); struttura di supporto per la realizzazione delle iniziative selezionate (delivery), mediante l'offerta di programmi di formazione sulle nuove tecnologie, programmi di assistenza per l’applicazione delle nuove tecnologie, sostegno per l'analisi dei relativi impatti economici e eventuale assistenza nella fase di ricerca di fondi.

Con il numero 4) l’Agenzia viene sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, alla quale è rimessa anche l'approvazione dello statuto (si presume, nel testo adottato dai competenti organi dell'Agenzia stessa).

Attraverso decreti di natura non regolamentare, la Presidenza del Consiglio provvede, altresì, alla definizione di criteri e modalità per lo svolgimento delle attività istituzionali dell’Agenzia, sentiti i Ministeri dell’istruzione, dell’economia e delle attività produttive, nonché i Ministri per lo sviluppo e la coesione territoriale e per l’innovazione e le tecnologie, se nominati.

 

Il comma 369 estende l'applicazione delle nuove disposizioni relative ai distretti introdotte dal comma 366:

§      ai distretti rurali ed agroalimentari, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228[21];

§      ai sistemi produttivi;

§      ai sistemi produttivi locali, distretti industriali e consorzi di sviluppo industriale definiti ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317[22];

§      ai consorzi per il commercio estero di cui alla legge 21 dicembre 1989, n. 83[23].

Il comma è stato successivamente modificato dal decreto-legge n. 2 del 10 gennaio 2006 (“Interventi urgenti per i settori dell’agricoltura, dell’agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d’impresa“), convertito con modificazioni dalla legge n. 81 dell’11 marzo 2006[24], che all’articolo 5-bis, comma 1,provvede ad estendere al settore della pesca la nuova disciplina in materia di distretti produttivi.

Il comma 2 dello stesso articolo dispone che l’applicazione della disposizione introdotta dal comma 1 avvenga nel rispetto dei limiti massimi di spesa indicati dal successivo comma 372 della presente legge.

 

Il comma 370 novella il comma 3 dell’articolo 23 del D.Lgs. n 112 del 31 marzo 1998, disponendo che le funzioni di assistenza alle imprese, esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive, possano essere svolte “anche avvalendosi delle strutture tecnico-organizzative dei consorzi di sviluppo industriale”, di cui all’articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317.

 

Si ricorda che la previsione dell’istituzione di uno sportello unico per le attività produttive presso ogni comune è stata introdotta dal decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112 "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59", agli artt. 23, 24 e 25.

L'articolo 23 del D.Lgs. 112 ha attribuito ai comuni le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l'ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi, ivi incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie (comma 1). Le regioni, nell’ambito delle funzioni conferite in materia di industria dall’art. 19 del medesimo D.Lgs., provvedono, nella propria autonomia organizzativa e finanziaria, anche attraverso le province, al coordinamento e al miglioramento dei servizi e dell'assistenza alle imprese, con particolare riferimento alla localizzazione ed alla autorizzazione degli impianti produttivi e alla creazione di aree industriali. L'assistenza consiste, in particolare, nella raccolta e diffusione, anche in via telematica, delle informazioni concernenti l'insediamento e lo svolgimento delle attività produttive nel territorio regionale, con particolare riferimento alle normative applicabili, agli strumenti agevolativi e all'attività degli sportelli unici, nonché nella raccolta e diffusione delle informazioni concernenti gli strumenti di agevolazione contributiva e fiscale a favore dell'occupazione dei lavoratori dipendenti e del lavoro autonomo (comma 2). Le funzioni di assistenza sono esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive (comma 3).

Per quanto concerne i consorzi di sviluppo industriale, si ricorda che il citato articolo 36 della legge n. 317 del 5 ottobre 1991, al comma 4, qualifica tali consorzi, costituiti ai sensi della vigente legislazione nazionale e regionale [25], come enti pubblici economici e demanda alle regioni il controllo sui piani economici e finanziari degli stessi.

Il comma 5 ne disciplina invece l’attività, prevedendo che i consorzi promuovano, nell'ambito degli agglomerati industriali da essi attrezzati, le condizioni necessarie per la creazione e lo sviluppo di attività produttive nei settori dell'industria e dei servizi. A tale fine, i consorzi realizzano e gestiscono, in collaborazione con le associazioni imprenditoriali e con le camere di commercio, infrastrutture per l'industria, rustici industriali, servizi reali alle imprese, iniziative per l'orientamento e la formazione professionale dei lavoratori, dei quadri direttivi e intermedi e dei giovani imprenditori, e ogni altro servizio sociale connesso alla produzione industriale.

 

Ai sensi del comma 371, l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 366-372, "fatta salva la compatibilità con la normativa comunitaria", avrà luogo in un primo tempo, in via sperimentale, limitatamente ad uno o più distretti che saranno individuati dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze richiamato al comma 366. Una volta conclusa la fase sperimentale, si darà poi corso, progressivamente, all'applicazione delle disposizioni in questione ai rimanenti distretti. A questa fase sperimentale seguirà, comunque, una realizzazione progressiva dell’applicazione delle disposizioni in oggetto.

 

In relazione alla compatibilità con l’ordinamento comunitario, si osserva che le disposizioni sopra illustrate, in quanto recanti un regime differenziato sostanzialmente agevolativo – sul piano fiscale e, segnatamente, su quello finanziario – riservato alle imprese ricadenti nell’ambito dei distretti, dovrebbero essere valutate alla luce dell'articolo 87 del Trattato, il quale dichiara incompatibili con il mercato comune "nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza". È quindi considerato aiuto di Stato qualunque beneficio concesso dallo Stato, ovvero mediante risorse statali, quando concorrano le seguenti condizioni: conferisce un vantaggio economico al beneficiario; è selettivo, e dunque favorisce soltanto talune imprese o talune produzioni; rischia di falsare la concorrenza; incide sugli scambi fra gli Stati membri.

 

La Commissione e la Corte di Giustizia hanno dato un'interpretazione assai lata del concetto di "aiuto". Il testo del Trattato cita gli aiuti "concessi (...) sotto qualsiasi forma", e le autorità comunitarie vi fanno rientrare tutti gli aiuti pubblici ovvero concessi da un ente territoriale. L'aiuto può provenire anche da un organismo privato, quale un'impresa privata o un'impresa pubblica che operi in regime di diritto privato, o da un organismo soggetto all'influenza preponderante, diretta o indiretta, dello Stato, di un ente pubblico o di un ente locale. Il divieto colpisce moltissime forme di aiuto, dirette o indirette, indipendentemente dalla loro tipologia. Ai fini della disciplina comunitaria non rileva, infatti, quale sia la forma, la ragione o la finalità di un aiuto, in quanto assume rilievo soltanto il suo effetto sulla concorrenza. Pertanto costituiscono aiuto di Stato non solo le prestazioni positive quali le sovvenzioni, ma anche qualsiasi altra misura intesa a sollevare un'impresa degli oneri finanziari che sono normalmente a suo carico.

Peraltro, poiché è impossibile applicare un divieto assoluto degli aiuti di Stato, anche in ragione dell'articolo 2 del Trattato, che assegna alla Comunità il compito di "promuovere uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche nell'insieme della Comunità", l'articolo 87, paragrafi 2 e 3, del Trattato prevede una serie di eccezioni, compatibili con il mercato comune: gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti; gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali; gli aiuti concessi alle regioni tedesche che risentono della divisione della Germania.

Possono inoltre considerarsi compatibili con il mercato comune: gli aiuti destinati a agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni; gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro; gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio; le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio. È compito della Commissione vigilare affinché gli Stati membri non concedano aiuti incompatibili con il mercato comune.

Richiamandosi all'articolo 88 del Trattato, il regolamento di procedura relativo agli aiuti di Stato dispone che prima di poter dare esecuzione ad un aiuto, questo deve essere notificato alla Commissione al fine della sua autorizzazione. L'obbligo di notificazione preliminare alla Commissione è mitigato dal regolamento relativo degli aiuti di Stato orizzontali, in forza del quale la Commissione può stabilire mediante regolamento l'esonero da tale obbligo per talune categorie di aiuti. Benché gli aiuti di Stato siano concessi nel rispetto della normativa comunitaria in materia di concorrenza, il Quadro di valutazione degli aiuti di Stato rileva che il loro importo complessivo può provocare “notevoli distorsioni “ della concorrenza nel mercato interno. La Commissione ha quindi avviato un processo di riforma a lungo termine volto a semplificare le procedure amministrative e a concentrare le proprie risorse sulle distorsioni più gravi della concorrenza. Tale processo si è concretato, da un lato, nell'elaborazione di regolamenti d'esenzione per categoria, quali, tra gli altri, quelli relativi agli aiuti alla formazione, agli aiuti de minimis, agli aiuti a favore dell'occupazione e delle PMI, e, dall'altro, nell'elaborazione di nuove linee direttrici e discipline comunitarie.

 

Il comma 372 pone un limite massimo di spesa per l’attuazione dei precedenti commi 366-371 pari a 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2006.

 


Articolo 1, comma 373
(Proroga del termine per l’applicazione dei limiti al possesso e alla gestione di reti di trasporto e energia e gas)

 

373. In considerazione del contenzioso in essere, relativamente alla rete nazionale di trasporto del gas naturale, la scadenza di cui al comma 4 dell’articolo 1-ter del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290, è prorogata al 31 dicembre 2008.

 

Il comma 373 proroga dal 1° luglio 2007 al 31 dicembre 2008 la data, attualmente fissata dall’articolo 1-ter, comma 4, del decreto legge n. 239/03[26], a decorrere dalla quale ciascuna società operante nel settore della produzione, importazione, distribuzione e vendita del gas naturale, anche attraverso le società controllate, controllanti, o controllate dalla medesima controllante, e ciascuna società a controllo pubblico, anche indiretto, operante direttamente nel medesimo settore, non può detenere, direttamente o indirettamente, quote superiori al 20 per cento del capitale delle società che sono proprietarie e che gestiscono reti nazionali di trasporto di gas naturale.

In sostanza, la disposizione in oggetto differisce alla fine dell’anno 2008 il termine entro il quale ENI SpA[27] è tenuta a dismettere, sino al citato limite del 20%, la propria partecipazione nel capitale di Snam Rete Gas, società controllata operante nel settore del trasporto del gas naturale.

Al riguardo, si ricorda che il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164[28] - che ha avviato il processo di liberalizzazione del settore del gas naturale – ha previsto, all’articolo 21, che a decorrere dal 1° gennaio 2002, l'attività di trasporto e dispacciamento di gas naturale è oggetto di separazione societaria da tutte le altre attività del settore del gas, ad eccezione dell'attività di stoccaggio, che è comunque oggetto di separazione contabile e gestionale dall'attività di trasporto e dispacciamento e di separazione societaria da tutte le altre attività del settore del gas. Entro il medesimo termine anche l'attività di distribuzione di gas naturale è oggetto di separazione societaria da tutte le altre attività del settore, mentre la vendita di gas naturale può essere effettuata unicamente da società che non svolgano alcuna altra attività nella filiera del gas naturale, salvo l'importazione, l'esportazione, la coltivazione e l'attività di cliente grossista. In adempimento al suddetto obbligo di separazione societaria delle attività nel settore del gas, il gruppo ENI ha provveduto alla costituzione di una società operativa solo nel trasporto nazionale del gas (Snam Rete Gas) e di una divisione della società capogruppo cui sono state affidate le attività di importazione e vendita di gas naturale (Eni Gas & Power), mentre la produzione dei giacimenti italiani è affidata a una divisione dell’Eni (Agip) e le attività di stoccaggio sono state affidate alla società Stogit, anch’essa di proprietà dell’ENI.

Successivamente, al fine di rafforzare il processo di liberalizzazione - che si fonda in primo luogo proprio sulla separazione fra le attività svolte in regime di monopolio e quelle potenzialmente concorrenziali e nell’ambito del quale assume una peculiare valenza la terzietà delle reti di trasporto - il citato articolo 1-ter, comma 4, del decreto legge n. 239/03[29], ha disposto che, a decorrere dal 1° luglio 2007, ciascuna società operante nel settore della produzione, importazione, distribuzione e vendita dell'energia elettrica e del gas naturale, anche attraverso le società controllate, controllanti, o controllate dalla medesima controllante, e ciascuna società a controllo pubblico, anche indiretto, solo qualora operi direttamente nei medesimi settori, non può detenere, direttamente o indirettamente, quote superiori al 20 per cento del capitale delle società che sono proprietarie e che gestiscono reti nazionali di trasporto di energia elettrica e di gas naturale. Per quanto concerne la rete di trasmissione dell’elettricità, si ricorda che il Gruppo Enel, anch’esso sottoposto al vincolo di possesso del 20%, ha già previsto la riduzione al 5% nella società che gestisce la rete di trasmissione nazionale[30].

In relazione alla disposizione in esame, va ricordato come, in data 16 marzo 2005, sia stato trasmesso al Parlamento uno schema di deliberazione del Consiglio dei ministri recante la definizione dei criteri di privatizzazione e delle modalità di dismissione della partecipazione detenuta indirettamente dal Ministero dell’economia e delle finanze (tramite ENI SpA) nel capitale sociale di Snam Rete Gas SpA.

Secondo la relazione di accompagnamento al suddetto schema di deliberazione, il provvedimento, oltre a dare seguito alle indicazioni formulate in merito alla liberalizzazione del settore del gas dall’indagine congiunta svolta dall’Antitrust e dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (cfr. oltre), intendeva conciliare il citato obbligo legislativo di riduzione della quota di proprietà dell’Eni nel capitale di Snam Rete Gas con l’esigenza di consentire al contempo all’Eni medesima di effettuare le scelte di disimpegno dal capitale secondo la tempistica che risulterà più opportuna. A tal fine, lo schema di deliberazione disponeva che l’alienazione della partecipazione detenuta indirettamente dal Ministero dell’economia e delle finanze nel capitale sociale di Snam Rete Gas SpA dovesse essere effettuata mediante il ricorso, anche disgiunto, sia ad offerta pubblica di vendita, sia a trattativa diretta con potenziali acquirenti, anche al fine di pervenire alla costituzione di un azionariato stabile. Tale soluzione, secondo la relazione illustrativa, sarebbe stata ispirata alla finalità di realizzare obiettivi di azionariato diffuso e, al contempo, di stabilità dell’assetto proprietario di Snam Rete Gas, assicurando inoltre all’Eni una sufficiente flessibilità operativa nella fase di disimpegno dal capitale di Snam Rete Gas. Occorre inoltre ricordare come sullo schema di deliberazione citato sia stato espresso, in data 5 maggio 2005, il parere favorevole della X Commissione Attività produttive, recante una osservazione ed una condizione diretta, tra l’altro, a specificare come l'alienazione della partecipazione detenuta direttamente da ENI S.p.A. nel capitale di Snam Rete Gas S.p.A. debba assicurare il proseguimento effettivo del processo di liberalizzazione del mercato del gas naturale, individuando limiti che garantiscano, senza comprometterne la stabilità, la piena terzietà della società rispetto alle altre operanti nella filiera, nel perseguimento degli obiettivi di sicurezza e integrità del trasporto del gas naturale.

 

Per quanto concerne, più in generale, il processo di liberalizzazione del settore del gas, occorre rilevare come secondo una istruttoria conoscitiva congiunta dell’Autorità per l'energia elettrica e il Gas e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, conclusasi ne giugno 2004, il nostro Paese, nonostante una legislazione tra le più avanzate in Europa, sia ancora caratterizzato da insufficienti livelli di concorrenza, e da prezzi superiori a quelli dei principali mercati europei.

Secondo l’indagine citata, le norme adottate per favore della liberalizzazione del settore del gas, a partire dal citato D.Lgs. n. 164, non sono risultate sufficienti a garantire effetti concorrenziali di rilievo; tra le maggiori criticità che ancora persistono sotto il profilo concorrenziale nella varie fasi della filiera del gas sono state formulate alcune considerazioni conclusiveche segnalano come causa principale del fenomenola persistente posizione dominante di ENI, esercitata direttamente o attraverso le società controllate – in tutte le fasi della filiera del gas. L’ENI, infatti, detiene il controllo su tutte le infrastrutture di trasporto internazionali e sulla scelta delle modalità di cessione del gas ai fini del rispetto dei tetti antitrust, che in sostanza sono vanificati, secondo quanto riportato nell’indagine, attraverso la cessione da parte dell’ENI, poco prima della frontiera, di quote ad operatori di propria scelta, secondo quelle che vengono definite come le c.d. vendite innovative. Per quanto riguarda la fase di approvvigionamento di gas - con riferimento sia alle importazioni sia alla produzione nazionale – nelle conclusioni dell’indagine si osserva che i contratti di importazione take or pay sottoscritti da Eni nell’imminenza dell’approvazione della direttiva 98/30/CE, hanno consentito al gruppo di continuare ad occupare quote dell’incremento annuo di domanda di gas e che, nonostante un significativo aumento del numero di importatori, si tratta (con le eccezioni di Enel e, parzialmente, di Edison) di ingressi decisi dall’Eni stessa. La produzione nazionale continua pertanto ad essere quasi integralmente (circa l’89% nel 2003) nelle mani dell’operatore dominante, che può usare strategicamente i volumi prodotti e giovarsi, in tal modo, di ulteriori notevoli flessibilità, sia in termini di quantità, sia di prezzo di approvvigionamento.

Anche le infrastrutture di trasporto internazionale utilizzate per l'importazione di gas in Italia - per la gran parte saturate dal gas proveniente dai contratti a lungo termine (take or pay) - sono interamente sottoposte al controllo da parte dell’ENI che, direttamente o attraverso società partecipate, è in grado di condizionarne la gestione.

Secondo il documento conclusivo dell’indagine, tale posizione conferisce all’operatore dominate il potere di influenzare le dinamiche concorrenziali sul mercato a valle della vendita; si osserva, tuttavia, che in una prospettiva dinamica la maggiore criticità concorrenziale risiede nella capacità dell’Eni di determinare se e come potenziare le infrastrutture estere esistenti in modo da consentire anche ad altri soggetti di accedere ai canali di importazione tradizionali (Algeria e Russia in primis).

Dall’analisi condotta emerge che la posizione dominante dell’ENI nell’approvvigionamento, nel controllo delle infrastrutture di trasporto internazionali e nella scelta delle modalità di cessione del gas per il rispetto dei tetti antitrust, determina a favore dell’Eni un costo di approvvigionamento del gas minore rispetto ai concorrenti.

Lo sviluppo di una effettiva concorrenza sarebbe dunque strettamente condizionato dall’ingresso di nuovi operatori indipendenti da Eni nell’approvvigionamento di gas a condizioni competitive, mentre la condizione necessaria per evitare una mera spartizione tra gli operatori del mercato della vendita, - in un contesto caratterizzato dall’utilizzo esclusivo di contratti take or pay - è costituita da una sufficiente flessibilità dell’offerta rispetto alle variazioni della domanda, garantita da un adeguato eccesso di capacità di trasporto, in grado di innescare una concorrenza per la conquista di quote di mercato.

Sul tema dell’accesso non discriminato e trasparente al sistema, il documento conclusivo sottolinea, inoltre, come l’’attività di regolazione svolta tra il 2001 e il 2005 si sia concentrata su tale obiettivo anche attraverso la definizione di norme volte a:

-       garantire condizioni favorevoli ai nuovi investimenti e allo sviluppo di modalità di utilizzo delle infrastrutture di sistema, atte a sostenere forme sempre più flessibili e concorrenziali di offerta di gas naturale;

-       limitare il potere di mercato dell’operatore dominante, stante la mancata previsione di una piena separazione proprietaria, in seno al gruppo Eni, tra fasi regolate (trasporto e stoccaggio) e fasi in concorrenza (approvvigionamento e vendita).

I principali esiti della regolazione per ciascuna attività del sistema gas sono sinteticamente illustrati nel documento.

Per quanto riguarda in particolare il trasporto, nell’indagine, oltre a ricordare la costituzione della società Snam Rete Gas e la sua successiva quotazione in borsa, si sottolinea come nonostante il limite alla proprietà di Snam, l’ENI mantenga, comunque, il controllo delle reti e sia, pertanto, in grado di condizionare lo sviluppo delle infrastrutture nazionali oltre a quelle internazionali. A parere delle Autorità solo un soggetto “terzo” rispetto alle fasi della filiera diverse dal trasporto, separato in termini proprietari, e non solo societari, potrebbe assicurare la totale trasparenza e la non discriminazione dei comportamenti dell’impresa di trasporto”.

Per quanto riguarda poi i prezzi, l’indagine, come anticipato, evidenzia come, al di là della modalità di definizione, i prezzi del gas naturale, anche successivamente all’avvio del processo di liberalizzazione, appaiano superiori a quelli prevalenti nei principali paesi europei, come emerge sulla base di dati di fonte Eurostat (gennaio 1997-luglio 2003), ciò nonostante il costo di approvvigionamento del gas appaia in linea con quello riscontrato nei principali paesi europei.

Tra i possibili interventi volti a potenziare la concorrenza nel mercato del gas, le due Autorità segnalano:

-       la realizzazione entro il 2008, dei progetti di nuove infrastrutture di rigassificazione di Brindisi e Rovigo;

-       il potenziamento, da parte di ENI, dei gasdotti internazionali TAG e TTPC per consentire nuove opportunità di approvvigionamento di gas russo ed algerino da parte di nuovi operatori disposti a sottoscrivere contratti di trasporto ship or pay;

-       la creazione di un operatore indipendente del sistema (ISO - Indipendent System Operator), separato nella proprietà da ENI, che dovrebbe detenere e gestire le infrastrutture di trasporto e stoccaggio;

-       lo sviluppo di un mercato centralizzato (o Borsa del gas);

-       la cessione da parte dell'operatore ENI di quantitativi adeguati di gas ad un prezzo prossimo al costo di approvvigionamento e senza controllo sui destinatari (gas release);

-       lo smobilizzo di quantitativi di gas stoccato che si rende disponibile oltre a quello necessario per la sicurezza;

-       il trasferimento di contratti di approvvigionamento a lungo termine esistenti, che richiede tuttavia un intervento normativo, attuabile in sede di recepimento della nuova direttiva europea 2003/55/CE;

-       adeguate misure di sostegno alla ricerca e produzione di gas nel territorio nazionale.

 

Da ultimo, si ricorda come nell’ambito dell’esercizio della funzione consultiva e di segnalazione al Parlamento e al Governo nelle materie di propria competenza, di cui all’articolo 2, comma 6, della legge 14 novembre 1995, n. 481, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha presentato, in data 27 gennaio 2005, una segnalazione recante osservazioni e proposte in materia di sviluppo concorrenziale del mercato del gas naturale, con particolare riferimento alla terzietà della gestione della rete nazionale dei gasdotti e del sistema degli stoccaggi.

Si tratta di un documento di proposte per lo sviluppo concorrenziale del mercato del gas che si basano sulle conclusioni della citata istruttoria conoscitiva sul mercato del gas condotta congiuntamente dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato e dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

Quanto ai profili comunitari, si ricorda come la normativa di riferimento sia attualmente la nuova direttiva 2003/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, che stabilisce le nuove norme comuni per il mercato interno del gas naturale, abrogando esplicitamente, dal 1° luglio 2004, la direttiva 98/30/CE.

Per quanto attiene alle attività di trasporto, l’art. 9 della direttiva dispone che il gestore del sistema di trasporto deve agire in maniera indipendente, e ciò comporta la sua separazione giuridica, organizzativa e decisionale dalle attività non connesse al trasporto in una impresa verticalmente integrata, di cui possa eventualmente far parte. In particolare, la direttiva precisa che il gestore del sistema di trasporto, qualora faccia parte di un'impresa verticalmente integrata, deve essere indipendente, quantomeno sotto il profilo della forma giuridica, dell'organizzazione e del potere decisionale, dalle altre attività non connesse al trasporto. Tali norme non comportano, peraltro, l'obbligo di separare la proprietà dei mezzi del sistema di trasporto dall'impresa verticalmente integrata.

A garanzia dell’indipendenza del gestore del sistema di trasporto, la direttiva prevede che gli Stati membri applichino i seguenti criteri minimi:

-       i soggetti responsabili dell’amministrazione del sistema di trasmissione non possono far parte di strutture societarie dell'impresa di gas integrata, le quali siano responsabili, direttamente o indirettamente, della gestione ordinaria delle attività di produzione, distribuzione e fornitura di gas naturale;

-       devono essere adottate misure idonee ad assicurare che gli interessi professionali delle persone responsabili dell'amministrazione del gestore del sistema di trasporto siano presi in considerazione in modo da consentire loro di agire in maniera indipendente;

-       il gestore del sistema deve poter disporre di poteri decisionali indipendenti dall’impresa di gas integrata, in relazione alle installazioni necessarie alla gestione, manutenzione e sviluppo della rete;

-       deve essere predisposto da parte del gestore un programma di adempimenti contenente le misure adottate per escludere comportamenti discriminatori e garantire che ne sia adeguatamente controllata l'osservanza. L’organo responsabile del controllo del programma presenta, annualmente, all’autorità di regolamentazione una relazione sulle misure adottate.


Articolo 1, comma 374
(Iscrizione ai fini previdenziali delle imprese artigiane e commerciali alle Camere di commercio)

 


374. Il comma 8 dell’articolo 44 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è sostituito dai seguenti:

«8. A decorrere dal 1º gennaio 2006 le domande di iscrizione e annotazione nel registro delle imprese e nel REA presentate alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura dalle imprese artigiane, nonché da quelle esercenti attività commerciali di cui all’articolo 1, commi 202 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, hanno effetto, sussistendo i presupposti di legge, anche ai fini dell’iscrizione agli enti previdenziali e del pagamento dei contributi agli stessi dovuti.

8-bis. Per le finalità di cui al comma 8, il Ministero delle attività produttive integra la modulistica in uso con gli elementi indispensabili per l’attivazione automatica dell’iscrizione agli enti previdenziali, secondo le indicazioni da essi fornite. Le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, attraverso il loro sistema informatico, trasmettono agli enti previdenziali le risultanze delle nuove iscrizioni, nonché le cancellazioni e le variazioni relative ai soggetti tenuti all’obbligo contributivo, secondo modalità di trasmissione dei dati concordate dalle parti. Entro trenta giorni dalla data della trasmissione, gli enti previdenziali notificano agli interessati l’avvenuta iscrizione e richiedono il pagamento dei contributi dovuti ovvero notificano agli interessati le cancellazioni e le variazioni intervenute. Entro il 30 giugno 2006 le procedure per tali iscrizioni ed annotazioni sono rese disponibili per il tramite della infrastruttura tecnologica del portale www.impresa.gov.it.

8-ter. A decorrere dal 1º gennaio 2006 i soggetti interessati dalle disposizioni del presente articolo, comunque obbligati al pagamento dei contributi, sono esonerati dall’obbligo di presentare apposita richiesta di iscrizione agli enti previdenziali. Entro l’anno 2007 gli enti previdenziali allineano i propri archivi alle risultanze del registro delle imprese anche in riferimento alle domande di iscrizione, cancellazione e variazione prodotte anteriormente al 1º gennaio 2006.

8-quater. Le disposizioni di cui ai commi 8, 8-bis e 8-ter non comportano oneri a carico del bilancio dello Stato».


 

 

Il comma 374 novella la disposizione recata dall’art. 44, comma 8, del DL 269/2003[31],che haintrodotto una corrispondenza automatica tra l’iscrizione/cancellazione al Registro delle imprese e quella agli Enti previdenziali ai fini del versamento dei contributi obbligatorida parte degli assicurati.

 

Il comma 8 dell’articolo citato prevede, nel testo in vigore che, a decorrere dal 1° gennaio 2004, le domande di iscrizione al Registro delle imprese presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA), effettuate dalle imprese esercenti attività commerciali rientranti tra quelle assoggettate alla relativa gestione INPS, e dalle imprese artigiane, di cui all’articolo 1, commi 202 e seguenti, della L. 662 del 1996 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1997) abbiano effetto anche ai fini dell’iscrizione agli enti previdenziali e del pagamento dei premi e contributi ad essi dovuti.

 

La disposizione in commento sostituisce il citato comma 8 e aggiunge i nuovi commi 8-bis, 8-ter e 8-quater.

In particolare, il comma 8, con riferimento all’iscrizione alle camere di commercio, prende in considerazione non solo il Registro delle imprese ma anche il REA. Conseguentemente, stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2006, ai fini dell’iscrizione agli enti previdenziali e del pagamento dei contributi ad essi dovuti, abbiano effetto le domande di iscrizione e annotazione non solonel Registro delle imprese, ma anche nel REA, presentate dalle imprese artigiane e da quelle esercenti attività commerciali rientranti tra quelle assoggettate alla relativa gestione INPS di cui all’articolo 1, commi 202 e seguenti, della L. n. 662 del 1996.

 

Si ricorda che la L. n. 580 del 1993 all'articolo 8 ha avviato l'attuazione del dettato del codice civile (artt. 2188 e seguenti) relativo all'istituzione del Registro delle imprese, nel quale sono stati gradualmente unificati i registri e gli elenchi esistenti per le varie attività imprenditoriali, provvedendo ad istituire il relativo ufficio presso le camere di commercio. Alla concreta istituzione del Registro delle imprese si è provveduto successivamente con il DPR n. 581 del 1995. La tenuta del Registro, che è automatizzato, è affidata alla camera di commercio sotto la vigilanza di un Giudice delegato dal Presidente del Tribunale del capoluogo di Provincia; l'ufficio è retto da un "Conservatore", nominato dalla Giunta nella persona di un dirigente della Camera di commercio.

Funzioni proprie del Registro delle imprese, che costituisce una vera e propria anagrafe economica in cui sono registrati tutti i fatti salienti di un'impresa, dalla nascita alla cessazione, sono:

-        la predisposizione, tenuta, conservazione e gestione del registro stesso, secondo tecniche informatiche;

-        il rilascio di certificati relativi ad atti depositati;

-        il rilascio copie di atti depositati o iscritti;

-        la bollatura e numerazione dei libri e delle scritture sociali;

-        la tenuta del repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA);

-        il rilascio di elenchi merceologici e di iscritti in albi e ruoli o registri camerali.

 

L'assetto del Registro delle imprese, inizialmente costituito da una sezione ordinaria e quattro sezioni speciali riguardanti rispettivamente gli imprenditori agricoli, i piccoli imprenditori (ivi compresi i coltivatori diretti) e le società semplici (comma 3), nonché le imprese artigiane di cui alla L. n. 443/1985, è stato da ultimo modificato dal DPR 14 dicembre 1999, n. 558[32], che ha introdotto rilevanti semplificazioni procedimentali secondo i principi dell’art. 20, co. 8, della c.d. legge Bassanini[33].

Il sopra citato DPR 581/95, oltre a fissare le caratteristiche, le modalità di tenuta e il contenuto delle iscrizioni nel registro delle imprese, ha provveduto, all’articolo 9, alla istituzione, presso l’ufficio del Registro, a scopi esclusivamente documentali e statistici, del "Repertorio delle notizie economiche e amministrative" (REA), nel quale sono iscrivibili i soggetti non qualificabili come imprenditori ma che, tuttavia, esercitano attività economiche e professionali denunciabili alle camere di commercio. In sede di attuazione della legge 580/93 nel REA sono state fatte confluire tutte le informazione di carattere economico, non previste ai fini dell'iscrizione nel registro, in modo da dare continuità all'attività di raccolta di informazioni già svolta dalle camere di commercio attraverso il registro delle ditte.

Il Repertorio raccoglie, infatti, un insieme di dati di carattere economico, statistico e amministrativo che non vengono richiesti agli iscritti al Registro delle imprese all'atto dell'iscrizione (come l'attività economica svolta dalle società, il numero degli addetti, le unità locali, le iscrizioni in albi, ruoli, elenchi o registri, gli estremi delle autorizzazioni, licenze e simili, ecc.)

Le denunce al REA devono essere presentate da

-        tutti i soggetti iscritti al Registro Imprese;

-        gli imprenditori con sede legale all'estero che aprano una unità locale in provincia;

-        le associazioni, le fondazioni, i comitati e in generale altri enti non societari che - pur svolgendo un'attività economica commerciale e/o agricola - non abbiano come oggetto esclusivo o principale l'esercizio di un'impresa (quali associazioni, fondazioni, circoli).

Anche il REA è gestito secondo tecniche informatiche nel rispetto delle norme vigenti.

 

Il nuovo comma 8-bis prevede che, al fine di realizzare tale integrazione, il Ministero delle attività produttive (anziché le camere di commercio come in precedenza previsto)provveda all’integrazione della modulistica in uso con gli elementi necessari all’iscrizione agli enti previdenziali.

Ulteriori compiti di spettanza delle camere di commercio e degli enti previdenziali rimangono sostanzialmente invariati. In particolare, alle camere di commercio compete la trasmissione telematica agli enti previdenziali, attraverso il loro sistema informatico (nel testo vigente si fa riferimento alla struttura informatica di Unioncamere), delle nuove iscrizioni, nonché le cancellazioni e le variazioni relative ai soggetti tenuti agli obblighi contributivi, secondo modalità di trasmissione dei dati concordate dalle parti.

Gli enti previdenziali, a loro volta, devono notificare agli interessati, entro 30 giorni dalla trasmissione dei dati, l’avvenuta iscrizione, richiedendo contestualmente il pagamento dei contributi dovuti; devono inoltre notificare le eventuali cancellazioni o variazioni avvenute.

In aggiunta alla normativa vigente il comma precisa che entro il 30 giugno 2006, attraverso il portale www.impresa.gov.it, saranno rese disponibili le procedure di iscrizione e annotazione.

 

Il nuovo comma 8-ter prevede poi, a partire dal 1°gennaio 2006, l’esonero dall’obbligo di presentazione della richiesta di iscrizione agli enti previdenziali, per i soggetti interessati comunque obbligati al pagamento dei contributi. E' altresì sancito l’obbligo, a carico degli enti previdenziali, di allineare i propri archivi, entro l’anno 2007 (anziché 2004), alle risultanze del Registro delle imprese, anche in riferimento alle domande di iscrizione, cancellazione e variazione anteriori al 1° gennaio 2006 (anziché 2004).

Da ultimo, il comma 8-quaterprecisa che le disposizioni recate dai precedenti commi non comportano oneri a carico del bilancio dello Stato.


Articolo 1, comma 375
(Definizione dei criteri per le agevolazioni sulle tariffe elettriche)

 


375. Al fine di completare il processo di revisione delle tariffe elettriche, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro delle attività produttive, adottato d’intesa con i Ministri dell’economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, sono definiti i criteri per l’applicazione delle tariffe agevolate ai soli clienti economicamente svantaggiati, prevedendo in particolare una revisione della fascia di protezione sociale tale da ricomprendere le famiglie economicamente disagiate.


 

 

Il comma 375 prevede che al fine di completare il processo di revisione delle tariffe elettriche, con decreto del Ministro delle attività produttive, da adottare d’intesa con i Ministri dell’economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, siano definiti i criteri per l’applicazione delle tariffe elettriche agevolate ai soli clienti economicamente svantaggiati, prevedendo in particolare una revisione della fascia di protezione sociale tale da ricomprendere (solo) le famiglie economicamente svantaggiate.

Il decreto citato, deve essere adottato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

 

In proposito, si osserva come la disposizione in commento sembri riconducibile a quanto previsto dal Capitolo V.4 del Documento di programmazione economico-finanziaria 2006-2009, laddove esso prevede il mantenimento del potere d’acquisto reale delle famiglie attraverso il contenimento di alcuni costi essenziali, tra i quali rientrano anche i costi dell’energia e per i quali il DPEF ipotizza l’adozione di specifiche misure volte ad alleviare la spesa energetica per le fasce di popolazione più esposte.

 

A questo riguardo, si ricorda come in una memoria presentata dai rappresentanti dell’Enel nel corso di una audizione informale svoltasi nel marzo 2005 presso la X Commissione attività produttive sulla possibile evoluzione del mercato energetico, sia stato evidenziato come una percentuale pari a circa il 20 % dei costi della bolletta elettrica (circa 7, 5 miliardi di euro l’anno), derivi da extra oneri che prescindono dai costi industriali, di cui quasi la metà sussidiano specifiche categorie, quali: i produttori da fonti rinnovabili, che possono cedere la propria energia a prezzi agevolati; i clienti energivori, soggetti a determinate tariffe speciali; i circa 15 milioni di clienti domestici, che beneficiano di prezzi particolarmente bassi dell’energia elettrica in quanto rientranti nella cosiddetta tariffa sociale.

A tale ultimo proposito, si segnala come l’Autorità per l’energia elettrica e il gas abbia diffuso, in data 20 febbraio 2003, un documento per la consultazione[34], relativo alle “Tariffe di fornitura dell’energia elettrica ai clienti domestici in bassa tensione economicamente disagiati”, recante le proprie proposte di riforma della c.d. “tariffa sociale”, ossia della tariffa agevolata riservata ai clienti economicamente disagiati.

Il documento illustra il metodo suggerito dall'Autorità per superare l'attuale sistema di agevolazioni, basato sui consumi e indipendente dal reddito e dal numero dei componenti del nucleo familiare. L'Autorità propone che l'agevolazione sia circoscritta alle famiglie in reali condizioni di disagio economico, da individuarsi attraverso l'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE o c.d. "redditometro") già in uso per la fornitura agevolata di servizi essenziali. Poiché il regime delle tariffe agevolate si inquadra nel più ampio contesto della politica sociale, l'Autorità ha peraltro ritenuto necessario che fosse il Governo a indicare l'estensione e l'intensità dell'agevolazione da rimodulare.

In tale ambito, la disposizione in esame rimette ad un apposito decreto del Ministro delle attività produttive la definizione dei criteri che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas dovrà adottare per applicare la tariffa sussidiata. L'Autorità sarà dunque chiamata a definire una tariffa agevolata riservata solo ai clienti economicamente disagiati, in base alla quale il cliente ammesso al regime agevolato potrà utilizzare un certo quantitativo di energia elettrica con un costo agevolato.

 

La disposizione in esame tende pertanto a superare il sistema attuale, nel quale l'agevolazione del prezzo dell'energia (detta "fascia sociale") non è riservata a chi realmente è economicamente disagiato, ma è diffusa a tutti i clienti con bassi consumi. Pertanto le famiglie numerose, e con redditi bassi, superando la soglia di consumo determinata per lo sconto, perdono il diritto all'agevolazione, mentre famiglie composte da una o due persone, con bassi consumi, ne godono appieno.

 

La nuova tariffa agevolata dovrebbe quindi essere strutturata in maniera mirata e riservata ai clienti realmente bisognosi, sulla base di criteri che saranno determinati con il suddetto decreto. In tale ambito, dovrebbe essere precisata la soglia di disagio, nonché definite le modalità di finanziamento della tariffa sociale, il cui costo, secondo il citato documento di consultazione dell’Autorità, dovrebbe essere posto a carico della restante platea dei clienti domestici esclusi dall’agevolazione.


Articolo 1, commi 376-378
(Banca del Sud)

 


376. Con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo economico del Mezzogiorno è costituita, in forma di società per azioni, la Banca del Mezzogiorno, di seguito denominata «Banca». Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con il decreto di cui al comma 377, è istituito il comitato promotore con il compito di dare attuazione a quanto previsto dal presente comma.

377. In armonia con la normativa comunitaria e con il testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono disciplinati:

a) lo statuto della Banca, ispirato ai princìpi già contenuti negli statuti dei banchi meridionali e insulari;

b) il capitale della Banca, in maggio­ranza privato e aperto, secondo le ordinarie procedure e con criteri di trasparenza, all’azionariato popolare diffuso, con previsione di un privilegio patrimoniale per i vecchi soci dei banchi meridionali. Stato, regioni, province, comuni, Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, altri enti e organismi hanno la funzione di soci fondatori;

c) le modalità per provvedere, attraverso trasparenti offerte pubbliche, all’acquisizione di marchi e di denominazioni, entro i limiti delle necessità operative della stessa Banca, di rami di azienda già appartenuti ai banchi meridionali e insulari;

d) le modalità di accesso della Banca ai fondi e ai finanziamenti internazionali, in particolare con riferimento alle risorse prestate da organismi sopranazionali per lo sviluppo delle aree geografiche sottoutilizzate.

378. È autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l’apporto al capitale della Banca da parte dello Stato, quale soggetto fondatore.


 

 

I commi da 376 a 378 dell’articolo 1 prevedono la costituzione della "Banca del Mezzogiorno", al cui capitale partecipa lo Stato, quale soggetto fondatore.

 

Si segnala che i commi 376 e 377 riproducono il contenuto della proposta di legge A.C. n. 5713 (Tremonti e altri), recante "Costituzione, in forma di società per azioni, della Banca del Mezzogiorno". Tale proposta, presentata in data 10 marzo 2005, è stata assegnata alla Commissione VI (Finanze) della Camera dei deputati.

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 1, comma 237, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) ha attribuito al Consiglio nazionale delle ricerche il compito di costituire un Osservatorio sul mercato creditizio regionale procedendo, d’intesa con le corrispondenti strutture di ricerca delle amministrazioni regionali, alla elaborazione di studi di fattibilità per favorire la creazione di banche a carattere regionale, autorizzando, a tale fine, la spesa di 500.000 euro a decorrere dal 2005.

L’Osservatorio, d’intesa con le corrispondenti strutture di ricerca delle amministrazioni regionali, dovrà elaborare studi di fattibilità per favorire la creazione di banche a carattere regionale. A tal fine è stata autorizzata una spesa di 500.000 euro annui a decorrere dall’anno 2005.

 

In particolare, il comma 376 prevede la costituzione della "Banca del Mezzogiorno", organizzata in forma di società per azioni, con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo economico del Sud d'Italia.

 

Come si legge nella relazione governativa al disegno di legge (A.S. 3613), la disposizione è diretta a creare una banca radicata nel territorio meridionale, espressione della classe imprenditoriale locale, che sia in grado di praticare "una politica selettiva del credito volta a incoraggiare le imprese meritevoli facendo così da volano per l'avvio di un circolo virtuoso che rilanci lo sviluppo del territorio stesso".

 

Ai sensi dell’articolo 14 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, la Banca d'Italia autorizza l'attività bancaria quando ricorrano le seguenti condizioni: a) sia adottata la forma di società per azioni o di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata; a-bis) la sede legale e la direzione generale siano situate nel territorio della Repubblica; b) il capitale versato sia di ammontare non inferiore a quello determinato dalla Banca d'Italia; c) venga presentato un programma concernente l'attività iniziale, unitamente all'atto costitutivo e allo statuto; d) i titolari di partecipazioni rilevanti abbiano i requisiti di onorabilità stabiliti dall'articolo 25 del medesimo testo unico e sussistano i presupposti per il rilascio dell'autorizzazione prevista dall'articolo 19 dello stesso; e) i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo abbiano i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza indicati nell'articolo 26 del citato testo unico; f) non sussistano, tra la banca o i soggetti del gruppo di appartenenza e altri soggetti, stretti legami che ostacolino l'effettivo esercizio delle funzioni di vigilanza. La Banca d'Italia nega l'autorizzazione quando dalla verifica delle predette condizioni non risulti garantita la sana e prudente gestione.

Le “Istruzioni di vigilanza per le banche”, emanate dalla Banca d’Italia (Titolo I, cap. 1, pag. 6), specificano, fra l’altro, che nel programma iniziale debbano essere indicati i settori di intervento, le operazioni e i servizi che la banca intende svolgere, l’indicazione delle aree economiche e territoriali di intervento, della tipologia della clientela sia nell’attività di raccolta (mercato al dettaglio, mercato all’ingrosso, altro) sia in quella di impiego (finanziamento alle famiglie, alle imprese, altro), della struttura tecnica, organizzativa e gestionale.

La presentazione di tale programma consente alla Banca d’Italia di conoscere i progetti industriali e finanziari che la costituenda banca si ripromette di realizzare, anche in relazione al mercato di riferimento (v. così R. COSTI, L’ordinamento bancario, Bologna, 2001, pag. 298).

 

Con riguardo al nome della nuova banca, si rileva, fra l’altro, che anche sugli organi di stampa si utilizzano in modo equivalente le definizioni di “banca del Mezzogiorno” e di “banca del Sud”. Al riguardo, si segnala che è attualmente in corso un’iniziativa finalizzata, secondo il rituale procedimento previsto dal testo unico bancario, alla costituzione della “Banca del Sud s.p.a.[35].

 

Il comma 376 stabilisce che con il decreto previsto al comma 377, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si proceda all’istituzione del Comitato promotore, cui viene affidato il compito di dare attuazione alle disposizioni in commento.

 

Con D.M. 2 marzo 2006, è stata data attuazione al comma 376, in commento.

 

Si ricorda che, secondo le disposizioni dell’articolo 2333 del codice civile, una società può essere costituita anche per mezzo di pubblica sottoscrizione sulla base di un programma che ne indichi l'oggetto e il capitale, le principali disposizioni dell'atto costitutivo e dello statuto, l'eventuale partecipazione che i promotori si riservano agli utili e il termine entro il quale deve essere stipulato l'atto costitutivo (primo comma). Il programma con le firme autenticate dei promotori, prima di essere reso pubblico, deve essere depositato presso un notaio (secondo comma). Le sottoscrizioni delle azioni devono risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata. L'atto deve indicare il cognome e il nome o la denominazione, il domicilio o la sede del sottoscrittore, il numero delle azioni sottoscritte e la data della sottoscrizione (terzo comma).

L’articolo 2337 del codice civile precisa che si intendono per promotori coloro che nella costituzione per pubblica sottoscrizione hanno firmato il programma a norma del secondo comma dell'articolo 2333.

 

Il comma 377 rimette a successivo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze l'individuazione degli elementi caratterizzanti la Banca. È disposto, comunque, che la futura disciplina dovrà essere coerente con la normativa comunitaria in materia, nonché con le disposizioni del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, recante il testo unico bancario (TUB).

 

Il riferimento al TUB non appare del tutto idoneo a chiarire la relazione fra la presente disposizione di legge e l’applicazione delle autorizzazioni e dei controlli previsti dall’ordinamento creditizio. In particolare, la prevista attribuzione a regolamento ministeriale della competenza a disciplinare aspetti rilevanti per la sana e prudente gestione, quali le partecipazioni al capitale e lo statuto della banca, dovrebbe essere più puntualmente coordinata con i poteri di autorizzazione dell’attività bancaria da parte della Banca d’Italia, ai sensi dell’articolo 14 del TUB, sopra richiamato, e con gli altri controlli attribuiti all’autorità di vigilanza dagli articoli 19 e seguenti (assetti proprietari) e 56 (modificazioni statutarie) del medesimo TUB.

 

Il comma 377 elenca poi le caratteristiche della futura Banca del Mezzogiorno.

Per quanto riguarda lo statuto della Banca, questo dovrà essere ispirato ai princìpi già contenuti negli statuti dei banchi meridionali e insulari [lettera a)].

 

Per quanto concerne il capitale della Banca, si prevede [lettera b)]:

§      che i soci fondatori saranno prevalentemente soggetti pubblici, e specificamente lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le camere di commercio. A questi si aggiungono altri enti e organismi (anche privati, si suppone);

§      che, nonostante la natura pubblica dei principali soci fondatori, il capitale dovrà essere in maggioranza privato. Il capitale, inoltre, dovrà essere aperto, secondo le ordinarie procedure e con criteri di trasparenza, all’azionariato popolare diffuso;

Con riguardo al regime giuridico, dovrà essere chiarita la natura – pubblica o privata – della costituenda banca. In ogni caso, a mente dell’articolo 151 del TUB, l'operatività, l'organizzazione e il funzionamento delle banche pubbliche residue sono disciplinati dallo stesso TUB, dagli statuti e dalle altre norme in questi richiamate.

 

§         che sia riservato un privilegio patrimoniale in favore dei vecchi soci dei banchi meridionali.

 

La nuova Banca dovrà inoltre provvedere all’acquisizione di marchi e denominazioni di rami di azienda già appartenuti ai banchi meridionali e insulari. L'acquisizione, da realizzarsi ricorrendo a offerte pubbliche (che si prescrive debbano essere “trasparenti”), dovrà essere effettuata entro i limiti delle necessità operative della stessa Banca [lettera c)].

 

Non appare del tutto chiaro il riferimento alla nozione di offerta pubblica, atteso che i marchi e le denominazioni dei preesistenti banchi meridionali sono nella disponibilità dei singoli soggetti che ne hanno assorbito l’attività, e che pertanto l’offerta non potrà che essere diretta ad essi.

 

Viene poi prefigurato un ruolo per la Banca del Mezzogiorno nelle politiche di sviluppo delle aree sottoutilizzate.

In particolare, si prevede che la Banca possa accedere, secondo le modalità dettate dall’emanando decreto ministeriale, ai fondi e ai finanziamenti internazionali, con particolare riferimento alle risorse per lo sviluppo delle aree sottoutilizzate prestate da organismi sopranazionali (lettera d)].

 

L’articolo 47 del TUB disciplina l’erogazione di finanziamenti agevolati e la gestione di fondi pubblici da parte delle banche.

In particolare, è previsto che tutte le banche possono erogare finanziamenti o prestare servizi previsti dalle vigenti leggi di agevolazione, purché essi siano regolati da contratto con l'amministrazione pubblica competente e rientrino tra le attività che le banche possono svolgere in via ordinaria.

L'assegnazione e la gestione di fondi pubblici di agevolazione creditizia previsti dalle leggi vigenti e la prestazione di servizi a essi inerenti sono disciplinate da contratti stipulati tra l'amministrazione pubblica competente e le banche scelte da questa. I contratti determinano altresì i compensi e i rimborsi ad esse spettanti, e possono prevedere che la banca alla quale è attribuita la gestione debba stipulare a sua volta contratti con altre banche per disciplinare la concessione delle agevolazioni relativamente a finanziamenti da queste erogati.

 

Il comma 378 autorizza la spesa di 5 milioni di euro per l'apporto al capitale della banca da parte dello Stato quale socio fondatore.

La legge 23 dicembre 2005, n. 267, recante l’approvazione del bilancio dello Stato per l’anno 2006, secondo la ripartizione operata dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 29 dicembre 2005 (pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale 30 dicembre 2005, n. 303), iscrive il relativo capitolo 7285 nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, nell’unità previsionale di base 3.2.3.31 (Altri investimenti).


Articolo 1, commi 379-380
(Disposizioni in materia di strumenti del debito pubblico)

 


379. All’articolo 2, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) alla lettera g), prima della parola: «strumenti» sono inserite le seguenti: «prodotti e»;

b) alla lettera h), dopo la parola: «titoli» sono inserite le seguenti: «e prodotti finanziari».

380. All’articolo 3, comma 1, lettera a), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398, prima della parola: «strumenti» sono inserite le seguenti: «prodotti e».


 

 

Il comma 379 dell’articolo 1 modifica le definizioni di debito pubblico interno ed estero, contenute nell’articolo 2 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico, emanato con D.P.R. 30 dicembre 2003, n. 398.

 

Il suddetto articolo 2 contiene le definizioni rilevanti agli effetti dell’applicazione della relativa disciplina.

In particolare, secondo l’articolo 2, comma 1, si intendono per:

a)    debito pubblico interno: strumenti finanziari a breve, medio e lungo termine emessi in euro (lettera g);

b)    debito pubblico estero: titoli emessi in valuta e quelli emessi secondo le medesime modalità procedurali (lettera h);

 

Il presente comma inserisce nelle lettere g) e h) del comma 1 dell’articolo 2 sopra citato il riferimento alla nozione di “prodotti finanziari”.

 

La nozione di strumenti finanziari adottata nel predetto testo unico è mutuata dal comma 2 dell’articolo 1 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria., emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

 

A norma del comma 2 dell’articolo 1 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, per «strumenti finanziari» si intendono:

a) le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali;

b) le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali;

b-bis) gli strumenti finanziari, negoziabili sul mercato dei capitali, previsti dal codice civile;

c) le quote di fondi comuni di investimento;

d) i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario;

e) qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici;

f) i contratti «futures» su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

g) i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

h) i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi di interesse, a valute, a merci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

i) i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici, nonché i contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

j) le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere.

 

La nozione di prodotti finanziari è definita nella lettera o) dello stesso comma 1 dell’articolo 2 del testo unico delle disposizioni in materia di debito pubblico, qui modificato, ai sensi del quale per prodotti finanziari s’intendono obbligazioni e titoli non negoziabili.

 

Si ricorda che una più estesa nozione di prodotti finanziari è contenuta nel comma 1, lettera u), del citato testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, a tenore del quale sono «prodotti finanziari» gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria.

 

In conseguenza di tali modificazioni, per debito pubblico interno (lettera g) deve ora intendersi il complesso di prodotti e strumenti finanziari a breve, medio e lungo termine emessi in euro; per debito pubblico estero (lettera h) deve ora intendersi il complesso di titoli e prodotti finanziari emessi in valuta e quelli emessi secondo le medesime modalità procedurali.

 

Il comma 380 modifica l’articolo 3, comma 1, lettera a), dello stesso testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico emanato con D.P.R. n. 398 del 2003, consentendo che le operazioni di indebitamento sul mercato interno ed estero siano effettuale anche nella forma di prodotti finanziari.

L’articolo 3, comma 1, lettera a), del citato testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze, nel limite annualmente stabilito dalla legge di approvazione del bilancio di previsione dello Stato, in ogni anno finanziario, ad emanare decreti cornice che consentano al Tesoro di effettuare operazioni di indebitamento sul mercato interno od estero nelle forme di strumenti finanziari a breve, medio e lungo termine, indicandone l'ammontare nominale, il tasso d’interesse o i criteri per la sua determinazione, la durata, l'importo minimo sottoscrivibile, il sistema di collocamento e ogni altra caratteristica e modalità, ivi compresa la facoltà di stipulare convenzioni con la Banca d'Italia, con le società di gestione accentrata dei titoli di Stato e con intermediari finanziari italiani ed esteri, nonché il fòro competente e la legge applicabile nelle controversie derivanti dalle predette operazioni d'indebitamento.

 

Il presente comma inserisce nella norma testé descritta, prima della parola “strumenti”, il riferimento alla nozione di “prodotti finanziari”.

In conseguenza di tale modifica, il riferimento effettuato dal comma 1, lettera a), dell’articolo 3 sarà alle operazioni di indebitamento sul mercato interno o estero nella forma di prodotti e strumenti finanziari (come sopra definiti) a breve, medio e lungo termine.


Articolo 1, commi 381-384
(Categorie di azioni e strumenti finanziari partecipativi)

 


381. Al fine di favorire i processi di privatizzazione e la diffusione dell’investimento azionario, gli statuti delle società nelle quali lo Stato detenga una partecipazione rilevante possono prevedere l’emissione di strumenti finanziari partecipativi, ai sensi dell’articolo 2346, sesto comma, del codice civile, ovvero creare categorie di azioni, ai sensi dell’articolo 2348 del codice civile, anche a seguito di conversione di parte delle azioni esistenti, che attribuiscono all’assemblea speciale dei relativi titolari il diritto di richiedere l’emissione, a favore dei medesimi, di nuove azioni, anche al valore nominale, o di nuovi strumenti finanziari partecipativi muniti di diritti di voto nell’assemblea ordinaria e straordinaria, nella misura determinata dallo statuto, anche in relazione alla quota di capitale detenuta all’atto dell’attribuzione del diritto. Gli strumenti finanziari e le azioni che attribuiscono i diritti previsti dal presente comma possono essere emessi a titolo gratuito a favore di tutti gli azionisti ovvero, a pagamento, a favore di uno o più azionisti, individuati anche in base all’ammontare della partecipazione detenuta; i criteri per la determinazione del prezzo di emissione sono determinati in via generale con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la CONSOB. Tutti gli strumenti finanziari e le azioni di cui al presente comma godono di un diritto limitato di partecipazione agli utili o alla suddivisione dell’attivo residuo in sede di liquidazione e la relativa emissione può essere fatta in deroga all’articolo 2441 del codice civile.

382. Le deliberazioni dell’assemblea che creano le categorie di azioni o di strumenti finanziari di cui al comma 381, nonché quelle di cui al comma 384, non danno diritto al recesso.

383. Le clausole statutarie introdotte ai sensi dei commi 381 e 384 sono modificabili con le maggioranze previste per l’approvazione delle modificazioni statutarie, e sono inefficaci in mancanza di approvazione da parte dell’assemblea speciale dei titolari delle azioni o degli strumenti finanziari di cui ai commi da 381 a 384.

384. Lo statuto delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere, con le maggioranze previste per l’approvazione delle modificazioni statutarie, che l’efficacia delle deliberazioni di modifica delle clausole introdotte ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, dopo il triennio previsto dal comma 3 del citato articolo, sia subordinata all’approvazione da parte dell’assemblea speciale dei titolari delle azioni o degli strumenti finanziari di cui al comma 381. In tal caso non si applica il secondo periodo del citato comma 3. Con l’approvazione comunitaria delle disposizioni previste dai commi da 381 a 383 e le modifiche statutarie apportate in esecuzione di quanto disposto ai sensi dei medesimi commi cessa di avere effetto l’articolo 3 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474.


 

 

I commi da 381 a 384 dell’articolo 1 disciplinano la facoltà di emissione di azioni e strumenti finanziari partecipativi, che attribuiscono il diritto a chiedere l’emissione di nuove azioni o strumenti partecipativi con diritto di voto, da parte delle società in cui lo Stato detenga una partecipazione rilevante.

 

Il comma 381 prevede che, al fine di favorire i processi di privatizzazione e la diffusione dell’investimento azionario, gli statuti delle società nelle quali lo Stato detenga una partecipazione rilevante possono prevedere l’emissione di strumenti che attribuiscano all’assemblea speciale dei loro titolari il diritto di richiedere, a favore di questi ultimi, l’emissione di nuove azioni, anche al valore nominale, o di nuovi strumenti finanziari partecipativi muniti di diritti di voto nell’assemblea ordinaria e straordinaria.

Ove sia avanzata tale richiesta, le nuove azioni o strumenti sono emesse nella misura determinata dallo statuto, anche facendo riferimento alla quota di capitale detenuta dai titolari all’atto dell’attribuzione del diritto.

 

Il conferimento di tali diritti può essere realizzato dallo statuto della società:

a)    mediante strumenti finanziari partecipativi contemplati dall’articolo 2346, sesto comma, del codice civile (strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche amministrativi particolari); ovvero

b)    mediante categorie di azioni create, anche a seguito di conversione di parte delle azioni esistenti, sulla base dell’articolo 2348 del codice civile (azioni fornite di diritti diversi, anche relativamente all’incidenza delle perdite).

 

È consentito che le azioni o gli strumenti finanziari che attribuiscono i predetti diritti siano emessi:

a)    a titolo gratuito a favore di tutti gli azionisti; ovvero

b)    a pagamento, a favore di uno o più azionisti, individuati in base all’ammontare della partecipazione detenuta. In relazione a questa seconda ipotesi, si prevede che i criteri per la determinazione del prezzo di emissione siano stabiliti in via generale con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB).

Si prevede che tutti gli strumenti finanziari e le azioni qui contemplate godano di un diritto limitato di partecipazione agli utili o alla suddivisione dell’attivo residuo in sede di liquidazione.

L’emissione può essere effettuata in deroga all’articolo 2441 del codice civile, ossia senza l’offerta in opzione ai soci, in proporzione al numero delle azioni possedute, ivi prescritta in via generale per le emissioni di nuove azioni e di obbligazioni convertibili in azioni.

 

L'introduzione degli strumenti finanziari partecipativi e la concessione di ampia autonomia nella creazione di categorie di azioni diverse da quelle ordinarie costituiscono un aspetto significativo della riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, realizzata con il decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.

In particolare, l'articolo 2346, sesto comma, del codice civile prevede che la società, a seguito dell’apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o servizi, può emettere strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell’assemblea generale degli azionisti. In tal caso lo statuto ne disciplina le modalità e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di circolazione.

 

In relazione a tali strumenti si ritiene che i diritti patrimoniali non possano mancare, mentre quelli amministrativi possono anche essere assenti; da ciò si deduce che questi strumenti non attribuiscono la qualità di azionista, ma possono essere dotati del diritto di voto su argomenti specificamente indicati.

All’acquirente spettano i diritti amministrativi, anche di controllo, esercitati tramite gli strumenti finanziari, con l’obbligo di restituzione alla scadenza, salva la possibile decurtazione a seguito di perdite; gli spetta una partecipazione agli utili della società, determinati o rispetto all’intera attività, o rispetto ad un ramo, ovvero ancora, rispetto ad un singolo affare; l’apporto verrebbe iscritto fra i debiti nel bilancio della società emittente.

Per quanto riguarda l’apporto, inteso in senso generico e atecnico come prestazione sinallagmatica dovuta alla società in cambio dell’emissione dello strumento finanziario, il dato testuale dell’articolo 2346, sesto comma, del codice civile ammette che possano formarne oggetto sia i beni conferibili ex articolo 2342 (quindi denaro, beni in natura e crediti), sia altre prestazioni non conferibili, tra le quali sono espressamente menzionate le opere e i servizi, ma che potrebbero consistere anche in altre tipologie, quali obblighi di non fare, il consenso all’uso del nome, e simili.

La causa dell’apporto può essere un’operazione di finanziamento, con obbligo di restituzione a favore dell’investitore, come avviene per le obbligazioni, con la conseguenza della creazione di un ibrido, poiché in questo caso sussistono anche diritti amministrativi e patrimoniali, finora riservati alle sole azioni. Potrebbe altresì essere un rapporto di associazione in partecipazione, a fronte del quale all’associato spettano diritti amministrativi, anche di controllo, tramite gli strumenti stessi, oltre alla restituzione dell’apporto alla scadenza del contratto (decurtato da eventuali perdite) e la partecipazione agli utili della società. Similmente, si potrebbe parlare dei contratti previsti dall’articolo 2554 del codice civile, cioè cointeressenza impropria e propria. Altra causa si potrebbe ravvisare, come già sottolineato, in una prestazione di opere e servizi (non iscrivibile, però, in bilancio), ovvero, ancora, in un’ulteriore combinazione di apporti con cause tipiche e atipiche, dei quali sarebbe difficile immaginare il contenuto.

La determinazione del contenuto patrimoniale degli strumenti è libera, non ancorata all’esigenza di individuare elementi essenziali. Peraltro, nel caso in cui la causa loro sottesa fosse soltanto un finanziamento, con il diritto alla restituzione di quanto apportato, oltre ad una remunerazione a titolo di interessi, dovrebbero incorporare anche uno o più dei diritti amministrativi consentiti dalla legge, con lo scopo di distinguerli da una mera obbligazione.

 

Con l’articolo 2348 del codice civile si è permesso alle società di creare categorie di azioni fornite di diritti e contenuti diversi dai tradizionali, anche per quanto concerne l’incidenza delle perdite. Se lo statuto lo consente, si possono emettere azioni poco sensibili alle perdite, azioni che attribuiscano diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale in un determinato settore; si può differire la partecipazione alle perdite rispetto alle azioni ordinarie, in modo tale che le perdite aggrediscano prioritariamente le azioni ordinarie e soltanto in seconda battuta quelle speciali. Con queste ultime è dunque possibile diminuire il rischio derivante all’azionista dalla partecipazione alla società e garantire all’impresa i necessari finanziamenti, senza doverne incrementare oltre misura l’indebitamento.

 

Per quanto concerne in particolare l'attribuzione all'assemblea speciale del diritto di sottoscrivere aumenti di capitale riservati, l’articolo 29 della direttiva n. 77/91/CEE del 13 dicembre 1976[36] ha previsto limitati casi di esclusione del diritto di opzione (come avviene nel caso di un aumento di capitale riservato).

In particolare, la legge nazionale può non applicare l’obbligo di offerta in opzione a tutti gli azionisti alle azioni fornite di un diritto limitato di partecipazione alle distribuzioni degli utili o alla suddivisione del patrimonio sociale in caso di liquidazione, oppure permettere che quando il capitale sottoscritto di una società avente più categorie di azioni, per cui il diritto di voto o il diritto di partecipazione agli utili o al patrimonio sono diversi, viene aumentato mediante l'emissione di nuove azioni in una sola di tali categorie, gli azionisti delle altre categorie esercitino il diritto di opzione solo dopo gli azionisti della categoria in cui le azioni sono emesse.

 

Il diritto di opzione non può essere altrimenti escluso o limitato dallo statuto o dall'atto costitutivo. L'esclusione o la limitazione possono essere tuttavia decise dall'assemblea, a maggioranza non inferiore ai due terzi del capitale rappresentato (ovvero, se la legge lo consente, a maggioranza semplice quando sia rappresentata almeno la metà del capitale).

 

La disposizione del comma qui illustrato, specificando che gli strumenti e le azioni eventualmente emessi in applicazione della stessa debbono godere di un diritto limitato di partecipazione agli utili o alla suddivisione dell’attivo residuo in sede di liquidazione (e realizzando così la condizione, prevista dalla direttiva europea testé richiamata, affinché possa legittimamente derogarsi al diritto di opzione), prefigura un modo di partecipazione concentrato sulla gestione sociale e sul rischio ad essa connesso.

Questi strumenti e azioni, come già detto, possono essere emessi a titolo gratuito, in favore di tutti gli azionisti, oppure a pagamento, in favore di un solo o di un numero limitato di soggetti, che siano individuati sulla base dell’ammontare della partecipazione detenuta: in questo caso, il prezzo di emissione dovrà essere determinato secondo i criteri stabiliti in via generale dal Ministro della giustizia, con decreto emanato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e sentita la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB).

 

Delle illustrate disposizioni sono destinatarie soltanto le società per azioni in cui lo Stato detenga una partecipazione rilevante.

 

In relazione a ciò, si è fatto riferimento sulla stampa alle nozioni, utilizzate nella prassi dei mercati finanziari, di “poison pill[37] ovvero di golden share “mascherata”, strumenti che permetterebbero, in caso di offerta pubblica di acquisto ostile, di deliberare un aumento di capitale nelle società partecipate dalla mano pubblica, grazie al quale l’azionista pubblico potrebbe accrescere la propria quota di partecipazione vanificando il tentativo di scalata.

Come è noto, nell’ambito dei processi di privatizzazione delle imprese pubbliche, il particolare rilievo strategico rivestito dalle società privatizzate nell’ambito delle economie nazionali ha indotto molti legislatori a riservare ai Governi determinate prerogative di intervento sulla struttura e sulla gestione di tali imprese.

Tali poteri di intervento, definiti nella prassi come golden shares, sebbene non necessariamente legati alla qualità di azionisti rivestita da enti pubblici, attribuiscono di norma allo Stato o ad altri enti pubblici il diritto di vietare alcuni trasferimenti nazionali, oppure il diritto di votare in modo determinante quando si deliberi sulla disponibilità di cespiti aziendali considerati strategici, ovvero nelle decisioni dell’assemblea o del consiglio d’amministrazione considerate essenziali per l’interesse nazionale.

Come è noto, l’azione delle golden shares può ostacolare l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal trattato istitutivo delle Comunità europee: per questa ragione la Corte di giustizia europea è stata investita di controversie relative ad alcune norme di tal genere previste rispettivamente nel Portogallo, in Francia e in Belgio, da essa decise con sentenze del 4 giugno 2002 (cause C-367/98, C-483/99 e C-503/99)[38].

Per quanto concerne l’ordinamento italiano, si può ricordare che la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano in relazione all’articolo 1 del decreto-legge 25 maggio 2001, n. 192, convertito dalla legge 20 luglio 2001, n. 301, recante “Disposizioni urgenti per salvaguardare i processi di liberalizzazione e privatizzazione di specifici settori dei servizi pubblici”.

In particolare, in data 23 ottobre 2002, la Commissione ha emesso una lettera di costituzione in mora nei confronti dell’Italia, facendo valere l’incompatibilità della norma sopra citata con l’articolo 56 TCE, che sancisce il principio della libera circolazione dei capitali[39]. Il Governo italiano, con nota del 12 marzo 2003, ha presentato le proprie osservazioni. In data 9 luglio 2003, la Commissione ha emesso parere motivato nei confronti dello Stato italiano. Con ricorso notificato il 4 maggio 2004, la Commissione ha convenuto lo Stato italiano dinanzi alla Corte di giustizia. Nelle conclusioni del 3 marzo 2005, l’Avvocato generale ha chiesto la condanna dell’Italia.

In data 2 giugno 2005, la Corte di Giustizia[40], accogliendo nella sostanza le argomentazioni della Commissione e dell’Avvocato generale, ha emesso una sentenza di condanna dell’Italia, ritenendo che la legge italiana la quale dispone la sospensione automatica dei diritti di voto relativi a partecipazioni superiori al 2 per cento del capitale sociale di imprese operanti nei settori dell'elettricità e del gas, quando tali partecipazioni sono acquisite da imprese pubbliche non quotate in borsa e titolari di una posizione dominante nel proprio mercato nazionale, vìoli le disposizioni del Trattato CE sulla libera circolazione dei capitali.

 

Il comma 382 stabilisce che le deliberazioni assembleari relative alla creazione delle azioni o degli strumenti finanziari indicati al comma 381 e quelle previste al comma 384 non determinano diritto al recesso.

Si ritiene che l'esclusione del diritto di recesso valga anche nel caso in cui le predette deliberazioni, per il loro oggetto, rientrino nel novero di quelle per le quali tale diritto è previsto, a tutela dei soci, dall’articolo 2437 del codice civile.

 

L’articolo 2437 del codice civile stabilisce che hanno diritto di recedere, per tutte o parte delle loro azioni, i soci che non hanno concorso alle deliberazioni riguardanti:

a)    la modifica della clausola dell'oggetto sociale, quando consente un cambiamento significativo dell'attività della società;

b)    la trasformazione della società;

c)    il trasferimento della sede sociale all'estero;

d)    la revoca dello stato di liquidazione;

e)    l'eliminazione di una o più cause di recesso previste dal successivo comma ovvero dallo statuto;

f)     la modifica dei criteri di determinazione del valore dell'azione in caso di recesso;

g)    le modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione.

È nullo ogni patto volto ad escludere o rendere più gravoso l'esercizio del diritto di recesso nelle suddette ipotesi.

Salvo che lo statuto disponga diversamente, hanno altresì diritto di recedere i soci che non hanno concorso all'approvazione delle deliberazioni riguardanti:

a)    la proroga del termine;

b)    l'introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.

Se la società è costituita a tempo indeterminato e le azioni non sono quotate in un mercato regolamentato il socio può recedere con il preavviso di almeno centottanta giorni; lo statuto può prevedere un termine maggiore, non superiore a un anno.

Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere ulteriori cause di recesso.

Restano salve le disposizioni dettate in tema di recesso per le società soggette ad attività di direzione e coordinamento.

 

Il comma 383 conferma che le clausole inserite nello statuto in virtù dei commi 381 e 384 possono essere modificate con le maggioranze previste per le modifiche statutarie.

 

A norma dell’articolo 2368 del codice civile, l'assemblea straordinaria – cui spetta l’approvazione delle modificazioni statutarie – delibera in prima convocazione con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più della metà del capitale sociale, se lo statuto non richiede una maggioranza più elevata. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, essa è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale o la maggiore percentuale prevista dallo statuto e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea.

Nella seconda e nelle convocazioni successive, a norma dell’articolo 2369, l'assemblea straordinaria è regolarmente costituita con la partecipazione di oltre un terzo del capitale sociale e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato, salve le maggioranze più elevate richieste dallo statuto. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l'assemblea straordinaria è costituita, nelle convocazioni successive alla seconda, con la presenza di tanti soci che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale, salvo che lo statuto richieda una quota di capitale più elevata.

 

Le suddette clausole sono altresì inefficaci se manca l’approvazione dell’assemblea speciale dei titolari delle azioni o degli strumenti indicati ai commi da 381 a 384.

 

La disposizione, laddove fa riferimento alle clausole introdotte ai sensi del comma 381, non può che riguardare la loro modificazione (subordinata quindi all’assenso dell’assemblea speciale dei possessori di azioni e strumenti con diritti particolari), in quanto al momento in cui è deliberata per la prima volta l’emissione degli strumenti previsti dal comma 381 tale assemblea speciale non può esistere, mancandone i titolari.

 

Il comma 384 dispone che lo statuto delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può subordinare all’approvazione da parte dell’assemblea speciale dei titolari delle azioni o degli strumenti sopra descritti l’efficacia delle deliberazioni di modifica delle clausole introdotte ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332 (con le quali si pongono limiti massimi al possesso di partecipazioni da parte di singoli soci o categorie di soci), decorso il primo triennio di efficacia (previsto dal comma 3 dello stesso articolo). La deliberazione di tale clausola statutaria può essere adottata con la maggioranza richiesta per le modificazioni dello statuto.

Ove sia esercitata questa facoltà, viene meno la causa di decadenza stabilita dal comma 3 dell'articolo 3 citato, secondo cui la clausola che prevede un limite di possesso decade comunque allorché il limite sia superato per effetto di un'offerta pubblica di acquisto.

 

L'articolo 3 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332 (Norme per l’accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, ha previsto, al comma 1 – per le società operanti nei settori della difesa, dei trasporti, delle telecomunicazioni, delle fonti di energia, e degli altri pubblici servizi, nonché per le banche e le imprese assicurative, direttamente o indirettamente controllate dallo Stato o da enti pubblici anche territoriali ed economici – la possibilità di introdurre nello statuto un limite massimo di possesso azionario non superiore al 5 per cento, riferito al singolo socio, al suo nucleo familiare (comprendente il socio stesso, il coniuge non separato legalmente e i figli minori) e al gruppo di appartenenza, intendendosi in esso compresi il soggetto, anche non avente forma societaria, che esercita il controllo, le società controllate e quelle controllate da uno stesso soggetto controllante, nonché le società collegate; il limite riguarda altresì i soggetti che, direttamente o indirettamente, anche tramite controllate, società fiduciarie o interposta persona aderiscono anche con terzi ad accordi relativi all'esercizio del diritto di voto o al trasferimento di azioni o quote di società terze o comunque ad accordi o patti di cui all'articolo 10, comma 4, della legge n. 149 del 1992, in relazione a società terze, qualora tali accordi o patti riguardino almeno il 10 per cento delle quote o delle azioni con diritto di voto se si tratta di società quotate, o il 20 per cento se si tratta di società non quotate.

Ai sensi del comma 2, con riferimento alle partecipazioni azionarie diverse da quelle detenute dallo Stato, da enti pubblici o da soggetti da questi controllati, il superamento del limite di cui al comma 1 comporta il divieto di esercitare il diritto di voto e comunque i diritti aventi contenuto diverso da quello patrimoniale, attinenti alle partecipazioni eccedenti il limite stesso. Questa disposizione non si applicava alle partecipazioni che risultassero eccedere il limite alla data del 2 ottobre 1993, per un periodo di tre anni dalla stessa data.

Il comma 3 prevede che le clausole statutarie introdotte ai sensi del comma 1, nonché quelle introdotte al fine di assicurare la tutela di minoranze azionarie, non possono essere modificate per un periodo di tre anni dall'iscrizione delle relative delibere assembleari. Le clausole che prevedono limiti di possesso decadono comunque allorché il limite sia superato per effetto di un'offerta pubblica di acquisto (OPA) promossa ai sensi degli articoli 106 o 107 del decreto legislativo n. 58 del 1998, recante il testo unico della finanza (TUF).

 

L'ultimo periodo del comma 384 dispone che, quando sopravvenga l’approvazione comunitaria delle disposizioni previste dai commi da 381 a 383, con le modifiche statutarie apportate in forza di essi cessi di avere effetto il descritto articolo 3 del decreto legge n. 332 del 1994.

 

La disposizione non sembra abrogare in via generale l’articolo 3 del decreto-legge n. 332 del 1994, ma escludere dall’ambito della sua efficacia le singole società che abbiano esercitato, nei propri statuti, la facoltà di prevedere le azioni o gli strumenti partecipativi contemplati nel comma 381. In tal caso, verrebbe meno per gli statuti delle medesime la possibilità di introdurre limiti massimi di possesso azionario.

I limiti eventualmente già introdotti sembrerebbero tuttavia permanere in forza delle corrispondenti clausole statutarie, essendo espressamente previsto nel presente comma 384, primo periodo, che l’efficacia delle deliberazioni di modifica possa subordinarsi all’assenso dell’assemblea dei titolari delle azioni o strumenti suddetti. Per altro, non è chiaro quali possano essere le conseguenze dell’eventuale superamento di tali limiti, una volta venuto a cessare l’effetto del medesimo articolo 3, il cui comma 2 vietava l’esercizio del diritto di voto per le partecipazioni eccedenti.


Articolo 1, commi 385-386
(Destinazione dei proventi di sanzioni e attribuzione di altre risorse al Fondo per l’usura)

 


385. Gli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate ai sensi dell’articolo 5 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, dell’articolo 7 del decreto legislativo 20 febbraio 2004, n. 56, nonché relative a violazioni valutarie previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, e gli importi delle sanzioni pecuniarie irrogate alle banche e agli intermediari finanziari ai sensi della legge 7 marzo 1996, n. 108, eccedenti rispetto alla media dei medesimi importi riscossi nel biennio 2002-2003, attestati dal Ministero dell’economia e delle finanze, sono destinati al Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura di cui all’articolo 15 della citata legge n. 108 del 1996.

386. Gli organismi assegnatari dei contributi erogati a valere sulle risorse del Fondo di cui al comma 385, entro sei mesi dalla cessazione dell’attività, scioglimento, liquidazione o cancellazione dagli elenchi ovvero nel caso di mancato utilizzo per le finalità previste dei contributi assegnati per due esercizi consecutivi e senza giustificato motivo, devono restituire il contributo non impegnato mediante versamento del relativo importo al bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnato al capitolo di gestione del Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura per una successiva assegnazione in favore degli aventi diritto, in conformità alla disciplina vigente. Per le somme impegnate la restituzione dovrà avvenire entro sei mesi dal rimborso dei prestiti garantiti, al netto delle insolvenze. Anche dopo la scadenza di tale termine, devono essere restituite le somme eventualmente recuperate, dopo l’escussione delle garanzie.


 

 

I commi 385 e 386 dell’articolo 1 riguardano la disciplina del Fondo per l’usura, rispettivamente destinando ad esso i proventi di talune sanzioni irrogate nell’ambito della funzione di vigilanza sull’intermediazione finanziaria e disponendo la restituzione dei contributi da esso erogati, in caso di cessazione dell’attività degli assegnatari.

 

In particolare, il comma 385 dispone che gli importi derivanti dall’irrogazione di una serie di sanzioni pecuniarie sono destinate al Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura, previsto dall’articolo 15 della legge n. 108 del 1996.

 

Il richiamato articolo 15 della legge 7 marzo 1996, n. 108, al comma 1, ha istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze il «Fondo per la prevenzione del fenomeno dell'usura» di entità pari a lire 300 miliardi, da costituire con quote di 100 miliardi di lire per ciascuno degli anni finanziari 1996, 1997 e 1998. Il Fondo è utilizzato, quanto al 70 per cento, per l'erogazione di contributi a favore di appositi fondi speciali costituiti dai Confidi, di cui all'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, e, quanto al 30 per cento, a favore delle fondazioni e associazioni riconosciute per la prevenzione del fenomeno dell'usura, di cui al comma 4 del citato articolo 15 della legge n. 108 del 1996.

Ai sensi del comma 2, i contributi di cui al comma 1 possono essere concessi ai Confidi alle seguenti condizioni:

a) che essi costituiscano speciali fondi antiusura, separati dai fondi rischi ordinari, destinati a garantire fino all'80 per cento le banche e gli istituti di credito che concedono finanziamenti a medio termine e all'incremento di linee di credito a breve termine a favore delle piccole e medie imprese a elevato rischio finanziario, intendendosi per tali le imprese cui sia stata rifiutata una domanda di finanziamento assistita da una garanzia pari ad almeno il 50 per cento dell'importo del finanziamento stesso pur in presenza della disponibilità dei Confidi al rilascio della garanzia;

b) che i contributi di cui al comma 1 siano cumulabili con eventuali contributi concessi dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Il comma 3 demanda al Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro delle attività produttive, il compito di determinare con decreto i requisiti patrimoniali dei fondi antiusura di cui al comma 2 e i requisiti di onorabilità e di professionalità degli esponenti dei fondi medesimi.

Ai sensi del comma 4, le fondazioni e le associazioni riconosciute per la prevenzione del fenomeno dell'usura sono iscritte in apposito elenco tenuto dal Ministro dell’economia e delle finanze. Lo scopo della prevenzione del fenomeno dell'usura, anche attraverso forme di tutela, assistenza ed informazione, deve risultare dall'atto costitutivo e dallo statuto.

Secondo il comma 5, il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro dell'interno e il Ministro per gli affari sociali, determina con decreto i requisiti patrimoniali delle fondazioni e delle associazioni per la prevenzione del fenomeno dell'usura e i requisiti di onorabilità e di professionalità degli esponenti delle medesime fondazioni e associazioni.

Ai sensi del comma 6, le fondazioni e le associazioni per la prevenzione del fenomeno dell'usura prestano garanzie alle banche e agli intermediari finanziari al fine di favorire l'erogazione di finanziamenti a soggetti che, pur essendo meritevoli in base ai criteri fissati nei relativi statuti, incontrano difficoltà di accesso al credito. Secondo il comma 7, fatte salve le riserve di attività previste dalla legge, le fondazioni e le associazioni per la prevenzione del fenomeno dell'usura esercitano le altre attività previste dallo statuto.

Ai sensi del comma 8, per la gestione del Fondo di cui al comma 1 e l'assegnazione dei contributi, il Governo provvede, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, all'istituzione di una commissione, costituita da rappresentanti dei Ministeri dell’economia e delle finanze e delle attività produttive e del Dipartimento per gli affari sociali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché all'adozione del relativo regolamento di gestione. La partecipazione alla commissione è a titolo gratuito.

Secondo il comma 9, i contributi sono erogati nei limiti dello stanziamento previsto al comma 1.

 

Gli importi destinati dal presente comma 385 al Fondo per la prevenzione dell’usura si riferiscono alle sanzioni amministrative pecuniarie:

a)    irrogate ai sensi dell’articolo 5 del D.L. n. 143 del 1991;

Il D.L. 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, reca provvedimenti urgenti per limitare l'uso del contante e dei titoli al portatore nelle transazioni e prevenire l'utilizzazione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi da attività illecite.

 

b)    irrogate ai sensi dell’articolo 7 del D.Lgs. n. 56 del 2004;

Il D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 56, ha recepito nell’ordinamento interno la direttiva 2001/97/CE, in materia di prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi da attività illecite.

 

c)    irrogate in relazione a violazioni valutarie previste dal testo unico di cui al D.P.R. n. 148 del 1988;

Il D.P.R. 31 marzo 1988, n. 148, reca l’approvazione del testo unico delle norme in materia valutaria.

 

d)    irrogate alle banche e agli intermediari finanziari ai sensi della legge n. 108 del 1996.

Come ricordato, la legge 7 marzo 1996, n. 108 prevede disposizioni in materia di usura.

 

Gli importi da destinare al Fondo per la prevenzione dell’usura sono quelli eccedenti rispetto alla media dei medesimi importi riscossi nel biennio 2002-2003, così come attestati dal Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 386 prevede che gli organismi assegnatari dei contributi erogati a valere sulle risorse del Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura debbono restituire, mediante versamento del relativo importo al bilancio dello Stato, i contributi non impegnati a causa della cessazione dell’attività o per mancato utilizzo in due esercizi consecutivi senza giustificato motivo.

La restituzione, in caso di cessazione dell’attività, scioglimento, liquidazione dell’organismo o sua cancellazione dagli elenchi, dev’essere eseguita entro sei mesi dal verificarsi dell’evento, nel caso di somma non impegnata. Per le somme impegnate, la restituzione dovrà avvenire entro sei mesi dal rimborso dei prestiti con esse garantiti, al netto delle insolvenze; le somme eventualmente ricuperate, dopo l’escussione delle garanzie, dovranno essere restituite anche dopo la scadenza del termine suddetto.

L’importo restituito dovrà essere riassegnato al capitolo di gestione del Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura, di cui all’articolo 15 della legge n. 108 del 1996, per essere nuovamente utilizzato.


Articolo 1, comma 387
(Delega di funzioni in materia di prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività illecite)

 

387. L’esercizio delle funzioni attribuite al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro in materia di sanzioni antiriciclaggio, riscossione delle medesime e contenzioso può essere delegato alle Direzioni provinciali dei servizi vari.

 

 

Il comma 387 dell’articolo 1 stabilisce che l’esercizio delle funzioni attribuite al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del Tesoro in materia di sanzioni antiriciclaggio, riscossione delle medesime e contenzioso possa essere delegato alle Direzioni provinciali dei servizi vari.

 

A norma del D.M. 8 settembre 1999 (Riordino del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica - pubblicato nella Gazzetta ufficiale 8 ottobre 1999, n. 237), ciascun dipartimento provinciale del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (ora del Ministero dell’economia e delle finanze) si articola in una ragioneria provinciale dello Stato e in una direzione provinciale dei servizi vari.

 

Attualmente, l’opera di prevenzione svolta contro il riciclaggio dei proventi di attività illecite è svolta dalla Direzione V del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) mediante un’attività normativo-interpretativa e un’attività sanzionatoria.

 

Con riguardo, in particolare, all’attività sanzionatoria, si ricorda che il rispetto della normativa antiriciclaggio è assicurata da un articolato sistema di sanzioni pecuniarie. Le infrazioni amministrative della normativa antiriciclaggio sono segnalate al MEF da banche, uffici della pubblica amministrazione e in genere da organi di vigilanza e controllo.

Secondo la vigente normativa, le fattispecie illecite concernono:

a) l’inosservanza del divieto di effettuare tra soggetti diversi, senza il tramite degli intermediari abilitati, trasferimenti a qualsiasi titolo di denaro contante, di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore quando il valore da trasferire è complessivamente superiore ad euro 12.500;

b) l’inosservanza degli obblighi di indicare il nome o la ragione sociale del beneficiario e di apporre la clausola di non trasferibilità sui vaglia postali e cambiari, sugli assegni postali, bancari e circolari emessi per importi superiori ad euro 12.500;

c) l’omessa comunicazione al MEF, da parte dei funzionari delle amministrazioni pubbliche, dei pubblici ufficiali e degli intermediari abilitati, delle sopraspecificate violazioni delle quali abbiano avuto notizia in relazione ai loro compiti di servizio e nei limiti delle loro attribuzioni. Tale segnalazione deve essere effettuata al MEF entro 30 giorni dalla data in cui se ne è avuta notizia;

d) l’omessa segnalazione di operazioni sospette da parte degli intermediari, salvo che il fatto costituisca reato.

 

Tutte le fasi del procedimento sanzionatorio si svolgono nell’ambito della Direzione V del Dipartimento del Tesoro e comprendono atti di contestazione, istruttorie, audizioni personali e relazioni illustrative, predisposizione dei decreti sanzionatorî, contenzioso, fase esecutiva, rappresentanza dell’Amministrazione in giudizio.


Articolo 1, comma 388
(Conversione o rinegoziazione dei mutui dello Stato, delle regioni e degli enti locali)

 


388. All’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, dopo il comma 71, è inserito il seguente:

«71-bis. I soggetti di cui al comma 71 devono inoltre verificare che l’incremento del valore nominale delle nuove passività non superi di 5 punti percentuali il valore nominale di quella preesistente. In carenza di tale ulteriore condizione, il rifinanziamento non deve essere effettuato, fermo restando che all’atto della rinegoziazione dei mutui deve essere applicata la commissione onnicomprensiva sul debito residuo, in termini percentuali, secondo le condizioni previste dal sistema bancario».


 

 

Il comma 388 dell’articolo 1 interviene in materia di conversione e rinegoziazione dei mutui dello Stato, delle regioni e degli enti locali, così come prevista dall’articolo 1, comma 71, della legge n. 311 del 2004. Viene stabilito che il rifinanziamento sia effettuato soltanto a condizione che non comporti incremento del valore nominale delle passività in misura superiore al 5 per cento.

 

La legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), all’articolo 1, comma 71, ha previsto che lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali sono tenuti a provvedere, se consentito dalle clausole contrattuali, alla conversione dei mutui con oneri di ammortamento anche parzialmente a carico dello Stato in titoli obbligazionari di nuova emissione o alla rinegoziazione dei mutui stessi, anche con altri istituti, in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali. Nel valutare la convenienza dell'operazione di rifinanziamento si dovrà tenere conto anche delle commissioni. In caso di mutuo a tasso fisso, per la verifica delle condizioni di rifinanziamento, lo Stato o l'ente pubblico interessato osservano regolarmente i tassi di mercato e si attivano allorché il tasso swap con scadenza pari alla vita media residua del mutuo sia inferiore di almeno un punto percentuale al tasso del mutuo.

Le operazioni di rinegoziazione dei mutui per i quali lo Stato paga direttamente gli istituti finanziatori sono effettuate direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze.

Gli eventuali maggiori oneri derivanti dalle predette operazioni di rinegoziazione rispetto ai relativi stanziamenti complessivi di bilancio devono comunque essere compensate dalla minore spesa complessiva per interessi per il pagamento degli oneri derivanti dall'emissione dei titoli del debito pubblico per l'ammortamento dei mutui.

Il presente comma introduce nell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 un nuovo comma 71-bis, a tenore del quale lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali devono verificare, prima di dar luogo al predetto rifinanziamento, che l’incremento del valore nominale delle nuove passività non superi di cinque punti percentuali il valore nominale di quelle preesistenti.

Ove sia constatato il superamento di tale limite, il rifinanziamento non deve essere effettuato, fatta salva l’applicazione, al momento della rinegoziazione dei mutui, della commissione bancaria onnicomprensiva sul debito residuo.

 

Le condizioni delle operazioni di mutuo effettuate dagli enti locali, già regolate dal decreto del Ministro del tesoro 10 maggio 1999 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 14 maggio 1999, n. 111), sono ora disciplinate dal decreto Ministro dell’economia e delle finanze 30 dicembre 2005 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 9 gennaio 2006, n. 6).

 

A tenore di esso, i mutui contratti dagli enti locali, ai sensi dell'articolo 22 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144, sono regolati a tasso fisso o a tasso variabile.

Per i contratti di mutuo stipulati dopo la sua entrata in vigore, il costo globale annuo massimo applicabile alle operazioni regolate a tasso fisso è:

a) fino a 10 anni: Interest Rate Swap 7 anni + 0,20%;

b) fino a 15 anni: Interest Rate Swap 10 anni + 0,25%;

c) oltre 15 anni: Interest Rate Swap 12 anni + 0,40%.

Per Interest Rate Swap si intende il tasso lettera verso EURIBOR a sei mesi rilevato alle ore 11 del giorno lavorativo precedente quello di stipula del contratto di mutuo. I tassi Swap sono riportati alla pagina TTST1 del circuito Reuters.

Per le operazioni di mutuo regolate a tasso variabile, il costo globale annuo massimo applicabile è:

a) fino a 10 anni: EURIBOR a sei mesi + 0,30%;

b) fino a 15 anni: EURIBOR a sei mesi + 0,35%;

c) oltre 15 anni: EURIBOR a sei mesi + 0,40%.

Il tasso EURIBOR a sei mesi è rilevabile alla pagina EURIBOR 01 del circuito Reuters ed alla pagina 248 del circuito Telerate. Il tasso cui è riferimento è quello rilevato due giorni lavorativi antecedenti la data di decorrenza di ciascun periodo di interessi.

 

Inoltre, ai tassi fissi e variabili si applica la commissione onnicomprensiva in vigore nel periodo di riferimento, la quale rimane fissa per l’intera durata del mutuo.


Articolo 1, comma 389
(Obbligazioni bancarie garantite)

 

389. All’articolo 7-bis, comma 4, della legge 30 aprile 1999, n. 130, e successive modificazioni, le parole: «67, terzo comma» sono sostituite dalle seguenti: «67, quarto comma».

 

 

Il comma 389 dell’articolo 1 modifica il comma 4 dell’articolo 7-bis della legge n. 130 del 1999, recante la disciplina delle obbligazioni bancarie garantite, stabilendo che i finanziamenti concessi alle società che acquistano i crediti posti a garanzia di queste obbligazioni e le garanzie prestate dalle stesse società non sono assoggettabili ad azione revocatoria.

 

La legge 30 aprile 1999, n. 130, reca disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti.

Il richiamato articolo 7-bis, concernente la disciplina delle obbligazioni bancarie garantite, stabilisce, al comma 1, che le disposizioni dell'articolo 3, commi 2 e 3, dell'articolo 4 e dell'articolo 6, comma 2, della stessa legge si applicano alle operazioni aventi ad oggetto le cessioni di crediti fondiari e ipotecari, di crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni o garantiti dalle medesime, anche individuabili in blocco, nonché di titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti della medesima natura, effettuate da banche in favore di società il cui oggetto esclusivo sia l'acquisto di tali crediti e titoli, mediante l'assunzione di finanziamenti concessi o garantiti anche dalle banche cedenti, e la prestazione di garanzia per le obbligazioni emesse dalle stesse banche ovvero da altre.

Ai sensi del comma 2, i crediti e i titoli acquistati dalla società indicata al comma 1 e le somme corrisposte dai relativi debitori sono destinati al soddisfacimento dei diritti, anche ai sensi dell'articolo 1180 del codice civile, dei portatori delle obbligazioni di cui al comma 1 e delle controparti dei contratti derivati con finalità di copertura dei rischi insiti nei crediti e nei titoli ceduti e degli altri contratti accessori, nonché al pagamento degli altri costi dell'operazione, in via prioritaria rispetto al rimborso dei finanziamenti di cui al comma 1.

Il comma 3 prevede che le disposizioni degli articoli 3, comma 2, e 4, comma 2, della legge n. 130 del 1999 si applicano a beneficio dei soggetti indicati al comma 2. A tal fine, per portatori di titoli devono intendersi i portatori delle obbligazioni di cui al comma 1.

 

Il comma 4 dell’articolo 7-bis prevede, in particolare, che ai finanziamenti concessi alle società indicate al comma 1 e alla garanzia prestata dalle medesime società si applica l'articolo 67, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare).

Il comma 389 qui illustrato modifica il riferimento normativo contenuto nel testé descritto comma 4 dell’articolo 7-bis, stabilendo che ai finanziamenti concessi e alla garanzia prestata dalle società in discorso si applica non il terzo (come previsto attualmente), bensì il quarto comma dell’articolo 67 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267: tali finanziamenti e garanzie sono quindi esclusi dall’assoggettabilità ad azione revocatoria.

 

Il terzo comma del richiamato articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267[41], individua i seguenti atti e operazioni che non sono soggetti all'azione revocatoria:

a)    i pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso;

b)    le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l'esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca;

c)    le vendite a giusto prezzo d'immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado;

d)    gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata ai sensi dell'articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile;

e)    gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata, nonché dell'accordo omologato ai sensi dell'articolo 182-bis;

f)     i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito;

g)    i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali di ammini­strazione controllata e di concordato preventivo.

 

Il quarto comma dello stesso articolo 67, ora applicabile in conseguenza della modifica in commento, prevede invece che le disposizioni dello stesso articolo in tema di azione revocatoria non si applicano:

a) all'istituto di emissione;

b) alle operazioni di credito su pegno;

c) alle operazioni di credito fondiario.

Sono comunque fatte salve le disposizioni delle leggi speciali.


Articolo 1, commi 390-392
(Trasferimento di autoveicoli)

 


390. L’autenticazione degli atti e delle dichiarazioni aventi ad oggetto l’alienazione o la costituzione di diritti di garanzia sui veicoli è effettuata dai dirigenti del comune di residenza del venditore, ai sensi dell’articolo 107 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dai funzionari di cancelleria in servizio presso gli uffici giudiziari appartenenti al distretto di corte d’appello di residenza del venditore, dai funzionari degli uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché dai funzionari del pubblico registro automobilistico gestito dall’Automobile Club d’Italia (ACI) o dai titolari delle agenzie automobilistiche autorizzate ai sensi della legge 8 agosto 1991, n. 264, presso le quali è stato attivato lo sportello telematico dell’automobilista di cui all’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, gratuitamente, o da un notaio iscritto all’albo.

391. Con decreto di natura non regolamentare adottato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministero dell’economia e delle finanze, con il Ministero della giustizia e con il Ministero dell’interno, sono disciplinate le concrete modalità applicative dell’attività di cui al comma 390 da parte dei soggetti ivi elencati anche ai fini della progressiva attuazione delle disposizioni di cui al medesimo comma 390.

392. All’articolo 3 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, i commi 4, 5 e 6 sono abrogati.


 

 

I commi in esame disciplinano l’autenticazione degli atti e delle dichiarazioni aventi per oggetto l’alienazione o la costituzione di diritti di garanzia sui veicoli.

 

La disciplina previgente, dettata dall’articolo 3, commi 4-6 del DL 35/2005[42] (abrogati dal comma 392 in esame) prevedeva che l’autenticazione della sottoscrizione per gli atti e le dichiarazioni aventi ad oggetto l'alienazione di veicoli registrati e rimorchi di valore non superiore a 25 mila euro o la costituzione di diritti di garanzia sui medesimi potesse essere effettuata gratuitamente in forma amministrativa anche dai funzionari del Ministero dell'infrastrutture e dei trasporti, dai funzionari e titolari degli Sportelli Telematici dell'Automobilista, nonché dai funzionari dell'ACI. Ad un decreto, adottato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministero dell'economia e delle finanze, con il Ministero della giustizia e con il Ministero dell'interno, sentita la Conferenza unificata, era demandata la disciplina delle concrete modalità applicative dell'attività sopra descritte da parte dei soggetti ivi elencati anche ai fini della progressiva attuazione. L'eventuale estensione ad altre categorie della possibilità di svolgere l'attività suddetta era invece demandata ad un regolamento, adottato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro della giustizia e con il Ministro dell'interno, con cui avrebbero dovuto essere altresì disciplinati i requisiti necessari, le modalità di esercizio dell'attività medesima da espletarsi nell'àmbito dei rispettivi compiti istituzionali, e senza oneri a carico della finanza pubblica.

 

In particolare il comma 390 prevede che l’autenticazione degli atti e delle dichiarazioni aventi per oggetto l’alienazione o la costituzione di diritti di garanzia sui veicoli venga effettuata:

§      da un notaio iscritto all’albo;

§      dai dirigenti del comune di residenza del venditore, ai sensi dell’articolo 107 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

L’articolo 107 del D.Lgs 267/2000 – recante il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali - ha posto in capo ai dirigenti degli enti locali tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale. In particolare sono attribuiti ai dirigenti le attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali, autenticazioni, legalizzazioni ed ogni altro atto costituente manifestazione di giudizio e di conoscenza;

§      dai funzionari di cancelleria in servizio presso gli uffici giudiziari appartenenti al distretto di corte d’appello di residenza del venditore;

§      dai funzionari degli uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

§      dai funzionari del pubblico registro automobilistico gestito dall’Automobile Club d’Italia (ACI);

§      dai titolari delle agenzie automobilistiche autorizzate, presso le quali è stato attivato lo sportello telematico dell’automobilista.

La legge 8 agosto 1991, n. 264 ha disciplinato l'attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto, prevedendo che questa sia esercitata da imprese o da società autorizzate dalla provincia; l’autorizzazione è rilasciata al titolare dell'impresa che sia in possesso di specifici requisiti, tra cui il possesso di un attestato di idoneità professionale rilasciato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, previo superamento di un esame di idoneità svolto davanti ad apposite commissioni.

 

Lo sportello telematico dell’automobilista (cd. “STA”) è stato istituito con DPR n. 358/2000[43] con lo scopo di semplificare i procedimenti relativi all'immatricolazione, alla reimmatricolazione, alla registrazione della proprietà, ai passaggi di proprietà degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei loro rimorchi.

Lo Sportello Telematico dell'Automobilista è attivato presso gli Uffici Provinciali dell'ACI, gli Uffici Provinciali della Motorizzazione Civile, le delegazioni ACI e le imprese di consulenza automobilistica abilitate al servizio che devono esporre un logo[44].

Lo Sportello Telematico dell'Automobilista è entrato a regime il 16 dicembre 2002 per i trasferimenti di proprietà (con data dell'atto di vendita posteriore al 15 dicembre 2002) e per le radiazioni. Per le prime immatricolazioni/iscrizioni di veicoli nuovi, invece, l'obbligo di utilizzo delle procedure attraverso lo STA è in vigore dal 1° giugno 2004.

Le pratiche gestite dallo Sportello Telematico dell'Automobilista, come previsto dal DPR 358/2000[45] come successivamente integrato e modificato sono:

-       l'immatricolazione e l'iscrizione di autoveicoli e motoveicoli nuovi (ad esclusione dei veicoli nuovi provenienti da Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea o aderenti allo spazio economico europeo tramite canali d'importazione non ufficiali e perciò privi del codice di antifalsificazione o del codice di omologazione nazionale; dei veicoli usati già in possesso della documentazione di circolazione rilasciata da uno Stato diverso da quelli membri dell'Unione europea o aderenti allo spazio economico europeo; dei veicoli che necessitano di particolari titoli autorizzativi oppure di collaudo o certificato di approvazione);

-       la reimmatricolazione o il rinnovo di iscrizione e il trasferimento di proprietà degli autoveicoli e dei motoveicoli (ad esclusione dei veicoli che necessitano di particolari titoli autorizzativi oppure di collaudo o certificato di approvazione);

-       la cessazione dalla circolazione (radiazione) per demolizione e per esportazione definitiva all'estero degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi.

 

L’autenticazione deve essere effettuata gratuitamente da tutti i soggetti sopra indicati, fatta eccezione per i notai.

Rispetto alla normativa vigente:

§      è stato eliminato il riferimento al valore massimo di 25.000 euro; conseguentemente le operazioni di autenticazione possono essere effettuate gratuitamente dai soggetti sopraindicati (ad eccezione dei notai) anche per veicoli di importo superiore;

§      è stata ampliata la platea dei soggetti abilitati ad effettuare gratuitamente l’autenticazione, con l’inclusione in essa dei dirigenti del comune di residenza del venditore, dei funzionari di cancelleria in servizio presso gli uffici giudiziari appartenenti al distretto di corte d’appello di residenza del venditore, nonché dei titolari delle agenzie automobilistiche autorizzate, presso le quali è stato attivato lo sportello telematico dell’automobilista.

 

Le concrete modalità applicative dell’attività di autenticazione sopra descritta sono demandate ad un decreto di natura non regolamentare, adottato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento funzione pubblica, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministero dell'economia, il Ministero della giustizia e il Ministero dell'interno. Il decreto è adottato “anche ai fini della progressiva attuazione delle disposizioni di cui al comma 390 “(comma 391).

Rispetto alla formulazione previgente è stata reintrodotta la natura non regolamentare del decreto (prevista originariamente dal D.L. n. 35/2005 e successivamente abrogata dall’articolo 13 della legge n. 246/2005) ed è stato eliminato il parere della Conferenza unificata ai fini dell’emanazione del decreto medesimo.

 

Il comma 392 reca l’abrogazione dei sopra illustrati commi 4, 5 e 6 dell’articolo 3 del DL 35/2005, che recavano la previgente disciplina dell’attività di autenticazione oggetto delle disposizioni in esame. È stata quindi soppressa la disposizione che prevedeva l'eventuale estensione ad altre categorie della possibilità di svolgere tale attività.

 

Per una più chiara comprensione delle modifiche rispetto alla normativa previgente si veda la tabella di confronto di seguito riportata.

 

Disciplina previgente
D.L. 35/2005 art. 3, co. 4, 5 e 6

Disciplina vigente
L. 266/2005, art. 1, co. 390-392

4. In tutti i casi nei quali per gli atti e le dichiarazioni aventi ad oggetto l'alienazione di veicoli registrati nel pubblico registro automobilistico (PRA) e rimorchi di valore non superiore a 25.000 euro o la costituzione di diritti di garanzia sui medesimi è necessaria l'autenticazione della relativa sotto­scrizione, essa può essere effettuata gratuitamente in forma amministrativa anche dai funzionari del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dai funzionari e dai titolari degli Sportelli telematici dell'automobilista di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, nonché dai funzionari dell'Automobile Club d'Italia competenti.

 

390. L’autenticazione degli atti e delle dichiarazioni aventi ad oggetto l’alienazione o la costituzione di diritti di garanzia sui veicoli è effettuata dai dirigenti del comune di residenza del venditore, ai sensi dell’articolo 107 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dai funzionari di cancelleria in servizio presso gli uffici giudiziari appartenenti al distretto di corte d’appello di residenza del venditore, dai funzionari degli uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché dai funzionari del pubblico registro automobilistico gestito dall’Automobile Club d’Italia (ACI) o dai titolari delle agenzie automobilistiche autorizzate ai sensi della legge 8 agosto 1991, n. 264, presso le quali è stato attivato lo sportello telematico dell’automobilista di cui all’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, gratuitamente, o da un notaio iscritto all’albo.

5. Con decreto adottato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministero dell'economia e delle finanze, con il Ministero della giustizia e con il Ministero dell'interno, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono disciplinate le concrete modalità applicative dell'attività di cui al comma 4 da parte dei soggetti ivi elencati anche ai fini della progressiva attuazione delle medesime disposizioni

391. Con decreto di natura non regolamentare adottato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministero dell’economia e delle finanze, con il Ministero della giustizia e con il Ministero dell’interno, sono disciplinate le concrete modalità applicative dell’attività di cui al comma 390 da parte dei soggetti ivi elencati anche ai fini della progressiva attuazione delle disposizioni di cui al medesimo comma 390.

 

6. L'eventuale estensione ad altre categorie della possibilità di svolgere l'attività di cui al comma 4 è demandata ad un regolamento, adottato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro della giustizia e con il Ministro dell'interno, con cui sono altresì disciplinati i requisiti necessari, le modalità di esercizio dell'attività medesima da espletarsi nell'àmbito dei rispettivi compiti istituzionali, e senza oneri a carico della finanza pubblica

Soppresso.


Articolo 1, comma 393
(Proroga del regime transitorio per l’affidamento di servizi di trasporto regionale)

 


393. Dopo il comma 3-bis dell’articolo 18 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni, sono aggiunti i seguenti:

«3-ter. Ferme restando le procedure di gara ad evidenza pubblica già avviate o concluse, le regioni possono disporre una eventuale proroga dell’affidamento, fino a un massimo di un anno, in favore di soggetti che, entro il termine del periodo transitorio di cui al comma 3-bis, soddisfino una delle seguenti condizioni:

a) per le aziende partecipate da regioni o enti locali, sia avvenuta la cessione, mediante procedure ad evidenza pubblica, di una quota di almeno il 20 per cento del capitale sociale ovvero di una quota di almeno il 20 per cento dei servizi eserciti a società di capitali, anche consortili, nonché a cooperative e consorti, purché non partecipate da regioni o da enti locali;

b) si sia dato luogo ad un nuovo soggetto societario mediante fusione di almeno due società affidatarie di servizio di trasporto pubblico locale nel territorio nazionale ovvero alla costituzione di una società consortile, con predisposizione di un piano industriale unitario, di cui siano soci almeno due società affidatarie di servizio di trasporto pubblico locale nel territorio nazionale. Le società interessate dalle operazioni di fusione o costituzione di società consortile devono operare all’interno della medesima regione ovvero in bacini di traffico uniti da contiguità territoriale in modo tale che tale nuovo soggetto unitario risulti affidatario di un maggiore livello di servizi di trasporto pubblico locale, secondo parametri di congruità definiti dalle regioni.

3-quater. Durante i periodi di cui ai commi 3-bis e 3-ter, i servizi di trasporto pubblico regionale e locale possono continuare ad essere prestati dagli attuali esercenti, comunque denominati. A tali soggetti gli enti locali affidanti possono integrare il contratto di servizio pubblico già in essere ai sensi dell’articolo 19 in modo da assicurare l’equilibrio economico e attraverso il sistema delle compensazioni economiche di cui al regolamento (CEE) n. 1191/69 del Consiglio, del 26 giugno 1969, e successive modificazioni, ai sensi e per gli effetti di quanto stabilito all’articolo 17. Nei medesimi periodi, gli affidatari dei servizi, sulla base degli indirizzi degli enti affidanti, provvedono, in particolare:

a) al miglioramento delle condizioni di sicurezza, economicità ed efficacia dei servizi offerti nonché della qualità dell’informazione resa all’utenza e dell’accessibilità ai servizi in termini di frequenza, velocità commerciale, puntualità ed affidabilità;

b) al miglioramento del servizio sul piano della sostenibilità ambientale;

c) alla razionalizzazione dell’offerta dei servizi di trasporto, attraverso integrazione modale in ottemperanza a quanto previsto al comma 3-quinquies.

3-quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 3-bis e 3-quater si applicano anche ai servizi automobilistici di competenza regionale. Nello stesso periodo di cui ai citati commi, le regioni e gli enti locali promuovono la razionalizzazione delle reti anche attraverso l’integrazione dei servizi su gomma e su ferro individuando sistemi di tariffazione unificata volti ad integrare le diverse modalità di trasporto.

3-sexies. I soggetti titolari dell’affidamento dei servizi ai sensi dell’articolo 113, comma 5, lettera c), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dall’articolo 14, comma 1, lettera d), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, provvedono ad affidare, con procedure ad evidenza pubblica, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, una quota di almeno il 20 per cento dei servizi eserciti a soggetti privati o a società, purché non partecipate dalle medesime regioni o dagli stessi enti locali affidatari dei servizi.

3-septies. Le società che fruiscono della ulteriore proroga di cui ai commi 3-bis e 3-ter per tutta la durata della proroga stessa non possono partecipare a procedure ad evidenza pubblica attivate sul resto del territorio nazionale per l’affidamento di servizi».


 

 

Il comma 393 interviene in materia di trasporto pubblico locale, in particolare sul regime transitorio disciplinato dall’articolo 18, comma 3-bis, del decreto legislativo 422/1997[46] (per una ricostruzione della normativa vigente relativa al regime transitorio, in vista dell’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale mediante procedure concorsuali, si veda il comma 394).

 

In particolare, il comma introduce cinque commi dopo il comma 3-bis dell’articolo 18:

§      il comma 3-ter prevede che le regioni possono disporre un’eventuale proroga dell’affidamento, fino a un massimo di due anni[47], in favore dei soggetti che soddisfino – entro il termine del periodo transitorio di cui al comma 3-bis[48]- una delle seguenti condizioni:

-        per le aziende partecipate da regioni o enti locali, la cessione, mediante procedure ad evidenza pubblica, di una quota di almeno il 20 per cento del capitale sociale ovvero di una quota di almeno il 20 per cento dei servizi eserciti, a società di capitali, anche consortili, nonché a cooperative e consorzi, purché non partecipate da regioni o da enti locali.

Si fa presente che l’articolo 2 dell’AC 3053-A prevede, quale condizione della cessione a società di capitali, che tali società non siano partecipate dalle medesime regioni o dagli stessi enti locali che risultino enti affidanti dei servizi;

-        creazione di un nuovo soggetto societario mediante fusione di almeno due società affidatarie di servizio di trasporto pubblico locale nel territorio nazionale ovvero costituzione di una società consortile, con predisposizione di un piano industriale unitario, di cui siano soci almeno due società affidatarie di servizio di trasporto pubblico locale nel territorio nazionale. Le società interessate dalle operazioni di fusione o costituzione di società consortile devono operare all'interno della medesima regione ovvero in bacini di traffico uniti da contiguità territoriale in modo tale che il nuovo soggetto unitario risulti affidatario di un maggiore livello di servizi di trasporto pubblico locale, secondo parametri di congruità definiti dalle regioni.

Il comma 3-ter prevede, inoltre, che restano fermele procedure di gara ad evidenza pubblica già avviate o concluse.

§      il comma 3-quaterprevede che, durante i periodi di cui ai commi 3-bis e 3-ter, i servizi di trasporto pubblico regionale e locale possono continuare ad essere prestati dagli attuali esercenti, comunque denominati.

Gli enti locali affidanti possono integrare il contratto di servizio pubblico già in essere ai sensi dell'articolo 19 in modo da assicurare l'equilibrio economico e attraverso il sistema delle compensazioni economiche di cui al regolamento (CEE) n. 1191/69 del Consiglio, del 26 giugno 1969, e successive modificazioni, ai sensi e per gli effetti di quanto stabilito all'articolo 17.

L’articolo 19 richiamato prevede che i contratti di servizio assicurano la completa corrispondenza fra oneri per servizi e risorse disponibili, al netto dei proventi tariffari e sono stipulati prima dell'inizio del loro periodo di validità. I contratti di servizio, nel rispetto anche delle disposizioni dell'articolo 14, comma 2, del regolamento n. 1191/69/CEE, così come modificato dall'articolo 1 del regolamento 1893/91/CEE, nonché nel rispetto dei princìpi sull'erogazione dei servizi pubblici così come fissati dalla carta dei servizi del settore trasporti, definiscono:

a)  il periodo di validità;

b)  le caratteristiche dei servizi offerti ed il programma di esercizio;

c)  gli standard qualitativi minimi del servizio, in termini di età, manutenzione, confortevolezza e pulizia dei veicoli, e di regolarità delle corse;

d)  la struttura tariffaria adottata;

e)  l'importo eventualmente dovuto dall'ente pubblico all'azienda di trasporto per le prestazioni oggetto del contratto e le modalità di pagamento, nonché eventuali adeguamenti conseguenti a mutamenti della struttura tariffaria;

f)   le modalità di modificazione del contratto successivamente alla conclusione;

g)  le garanzie che devono essere prestate dall'azienda di trasporto;

h)  le sanzioni in caso di mancata osservanza del contratto;

i)   la ridefinizione dei rapporti, con riferimento ai lavoratori dipendenti e al capitale investito, dal soggetto esercente il servizio di trasporto pubblico, in caso di forti discontinuità nella quantità di servizi richiesti nel periodo di validità del contratto di servizio;

l)   l'obbligo dell'applicazione, per le singole tipologie del comparto dei trasporti, dei rispettivi contratti collettivi di lavoro, così come sottoscritti dalle organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative e dalle associazioni datoriali di categoria

L’articolo 17 del decreto legislativo 422/1997 stabilisce che le regioni, le province e i comuni, allo scopo di assicurare la mobilità degli utenti, definiscono, ai sensi dell'articolo 2 del regolamento 1191/69/CEE, modificato dal regolamento 1893/91/CEE, obblighi di servizio pubblico, prevedendo nei contratti di servizio di cui all'articolo 19, le corrispondenti compensazioni economiche alle aziende esercenti i servizi stessi, tenendo conto, ai sensi della citata disposizione comunitaria, dei proventi derivanti dalle tariffe e di quelli derivanti anche dalla eventuale gestione di servizi complementari alla mobilità.

Il comma 3-quater prevede, inoltre, che nei medesimi periodi di cui ai commi 3-bis e 3-ter, gli affidatari dei servizi, sulla base degli indirizzi degli enti affidanti, provvedono, in particolare:

a)  al miglioramento delle condizioni di sicurezza, economicità ed efficacia dei servizi offerti nonché della qualità dell'informazione resa all'utenza e dell'accessibilità ai servizi in termini di frequenza, velocità commerciale, puntualità ed affidabilità;

b)  al miglioramento del servizio sul piano della sostenibilità ambientale;

c)  alla razionalizzazione dell'offerta dei servizi di trasporto, attraverso l'integrazione modale in ottemperanza a quanto previsto al comma 3-quinquies.

§      il comma 3-quinquies prevede che le disposizioni relative al periodo transitorio di cui ai commi 3-bis e 3-quater si applicano anche ai servizi automobilistici di competenza regionale. Durante tale periodo transitorio, le regioni e gli enti locali promuovono la razionalizzazione delle reti anche attraverso l’integrazione dei servizi su gomma e su ferro, individuando sistemi di tariffazione unificata volti ad integrare le diverse modalità di trasporto.

§      il comma 3-sexies stabilisce che i soggetti titolari dell’affidamento dei servizi “in house”,ai sensi dell'articolo 113, comma 5, lettera c), del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali[49], provvedono ad affidare, con procedure ad evidenza pubblica, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione, una quota di almeno il 20 per cento dei servizi eserciti, a soggetti privati o a società, purché non partecipate dalle medesime regioni o dagli stessi enti locali affidatari dei servizi.

L’articolo 113, comma 5, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, prevede che l'erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio:

a)  a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;

b)  a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;

c)  a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (affidamento “in house”).

Si ricorda che gli affidamenti in house dei servizi di trasporto pubblico locale ai sensi del richiamato articolo 113, comma 5, lettera c) del testo unicodelle leggi sull’ordinamento degli enti locali sono stati disposti prima della introduzione della disposizione di cui al comma 1- bis dello stesso articolo 113 a norma del quale “Le disposizioni del presente articolo non si applicano al settore del trasporto pubblico locale che resta disciplinato dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni”[50].

§      il comma 3-septies precisa che le società che fruiscono dell’ulteriore proroga di cui ai commi 3-bis e 3-ternon possono partecipare a procedure ad evidenza pubblica attivate sul resto del territorio nazionale per l'affidamento di servizi.

 


Articolo 1, comma 394
(Proroga del termine per il mantenimento degli affidamenti di servizi di trasporto pubblico locale)

 

394. Al comma 3-bis dell’articolo 18 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, le parole: «31 dicembre 2003» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2006».

 

 

Il comma 394 interviene in materia di trasporto pubblico locale, in particolare prorogando al 31 dicembre 2006 il termine per la cessazione del periodo transitorio previsto dal comma 3-bis dell’articolo 18 del decreto legislativo 422/1997[51], in vista dell’affidamento dei relativi servizi mediante procedure concorsuali.

 

Ai sensi del comma 3-bis dell’articolo 18 del D.Lgs. 422, le regioni prevedono un periodo transitorio, da concludersi comunque entro il 31 dicembre 2003[52], nel corso del quale vi è la possibilità di mantenere tutti gli affidamenti agli attuali concessionari e alle società derivanti dalla trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi, pur con l’obbligo di affidamento di quote di servizio o di servizi speciali mediante procedure concorsuali. Trascorso il periodo transitorio, tutti i servizi vengono affidati esclusivamente tramite le procedure concorsuali, come previste dal comma 2 del medesimo articolo.

Tale comma 2 prevede che, allo scopo di incentivare il superamento degli assetti monopolistici e di introdurre regole di concorrenzialità nella gestione dei servizi di trasporto regionale e locale, per l'affidamento dei servizi le regioni e gli enti locali si attengono ai princìpi dell'articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481[53], garantendo in particolare il ricorso alle procedure concorsuali per la scelta del gestore del servizio sulla base degli elementi del contratto di servizio e in conformità alla normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici di servizio. Alle gare possono partecipare i soggetti in possesso dei requisiti di idoneità morale, finanziaria e professionale richiesti, ai sensi della normativa vigente, per il conseguimento della prescritta abilitazione all'autotrasporto di viaggiatori su strada, con esclusione delle società che, in Italia o all'estero, gestiscono servizi in affidamento diretto o attraverso procedure non ad evidenza pubblica, e delle società dalle stesse controllate. Tale esclusione non opera limitatamente alle gare che hanno ad oggetto i servizi già espletati dai soggetti stessi. La gara è aggiudicata sulla base delle migliori condizioni economiche e di prestazione del servizio, nonché dei piani di sviluppo e potenziamento delle reti e degli impianti, oltre che della fissazione di un coefficiente minimo di utilizzazione per la istituzione o il mantenimento delle singole linee esercite.

L’articolo 11, comma 3 della legge n. 166 del 2002 (cd. “collegato infrastrutture e trasporti”) ha stabilito la prorogabilità (da parte delle regioni), per un biennio, e quindi fino al 31 dicembre 2005, di tale periodo transitorio, decorso il quale, come già detto, tutti i servizi devono essere affidati esclusivamente tramite le procedure concorsuali.

 


Articolo 1, comma 395
(Confidi)

 

395. Al comma 55 dell’articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, le parole: «fino a non oltre tre anni dalla stessa data» sono sostituite dalle seguenti: «fino a non oltre cinque anni dalla stessa data».

 

 

Il comma 395 dell’articolo 1 interviene sulla disposizione transitoria dettata dal comma 55 dell'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, che ha consentito ai consorzi per la garanzia collettiva dei fidi (Confidi), già costituiti alla data di entrata in vigore del decreto stesso, di continuare a gestire fondi pubblici di incentivazione e di prestare garanzia a favore dell'amministrazione finanziaria al fine dell'esecuzione dei rimborsi di imposte alle imprese consorziate o socie.

Per effetto della presente disposizione, la durata di tale periodo transitorio, che il vigente articolo 13, comma 55, fissa in tre anni dall'entrata in vigore del decreto n. 269 del 2003 (ossia dal 1° ottobre 2003), viene prolungata a cinque anni.

 

L’articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha operato una riforma organica della normativa sui Confidi. In estrema sintesi, gli aspetti fondamentali di tale riforma sono stati i seguenti:

a)    è stato previsto un rafforzamento patrimoniale dei Confidi, sia in termini di requisiti patrimoniali minimi, sia di incentivazione alle fusioni ed aggregazioni;

b)    è stata prevista una complessiva riforma del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese [legge n. 662 del 1996, articolo 100, lettera a)] al fine di creare un sistema nazionale di garanzia articolato su due livelli: un primo livello (garanzia diretta) riservato ai Confidi e agli altri garanti operanti sul territorio, un secondo livello (controgaranzia) affidato al Fondo;

c)    è stata favorita l'evoluzione dei Confidi consentendo, nel rispetto dei princìpi del vigente ordinamento bancario e creditizio, l'utilizzazione dei modelli di banca di credito cooperativo o di intermediario finanziario iscritto nell'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del testo unico bancario emanato con il decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. A tal fine, si è prevista la possibilità che l'attività di garanzia collettiva dei fidi venga svolta anche da parte di banche, secondo il modello delle banche cooperative;

d)    ai fini dell'evoluzione dei Confidi verso il modello di intermediario finanziario iscritto nell'elenco speciale previsto dallo stesso articolo 107 del testo unico bancario, sono state disciplinate due categorie di Confidi:

1)    Confidi "minori", iscritti in un'apposita sezione dell'elenco previsto dall’articolo 106 del testo unico bancario e la cui operatività resterebbe sostanzialmente limitata a quella attuale (garanzia collettiva fidi);

2) intermediari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del testo unico bancario, che possono esercitare, prevalentemente in favore dei soci, oltre alla garanzia collettiva dei fidi (che rimarrebbe comunque l'attività prevalente) anche alcune attività di garanzia nei confronti dello Stato e di gestione di fondi pubblici di agevolazione.

 


Articolo 1, commi 396-397
(Promozione turistica all’estero)

 


396. All’articolo 22, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, dopo le parole: «delle piccole e medie imprese», sono aggiunte le seguenti: «nonché le attività relative alla promozione commerciale all’estero del settore turistico al fine di incrementare i flussi turistici verso l’Italia».

397. All’articolo 2, primo comma, del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981, n. 394, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché a fronte di attività relative alla promozione commerciale all’estero del settore turistico al fine di acquisire i flussi turistici verso l’Italia».


 

 

Le disposizioni dei commi 396 e 397 sono dirette a includere la promozione all’estero del settore turistico tra le finalità attualmente contemplate da talune disposizioni di legge - il cui testo, a tal fine, viene opportunamente integrato - recanti interventi a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese italiane.

 

In particolare, il comma 396 novella l'articolo 22 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143[54] , comma 1, aggiungendo alla finalità ivi prevista - ossia la concessione di contributi diretti ad incentivare lo svolgimento di specifiche attività promozionali di rilievo nazionale e la realizzazione di progetti volti a favorire, in particolare, l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese - anche quella di favorire le attività relative alla promozione commerciale all'estero del settore turistico, onde incrementare i flussi turistici verso l'Italia.

L’articolo 22 del D.Lgs. (Disposizioni in materia di contributi e di finanziamenti per lo sviluppo delle esportazioni) al comma 1 prevede - nel testo vigente - l'ampliamento della concessione dei contributi a favore di enti e organismi vari di cui all'art. 1, co. 40, della legge 549/95[55] prevista per incentivare l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese. I contributi, infatti, potranno essere concessi anche a soggetti diversi da quelli indicati nella tabella A della citata legge, previa individuazione mediante decreto ministeriale.

Il comma 397 provvede a sua volta a novellare l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251[56]. Anche in questo caso l’integrazione al testo in vigore comporta la previsione di una concessione dei finanziamenti che viene estesa anche ad attività di promozione commerciale all'estero del settore turistico "al fine di acquisire i flussi turistici verso l'Italia".

Si ricorda che l’articolo 2 del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251 ("Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane"), convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 1981, n 394, ha istituito, presso il Mediocredito centrale, un fondo a carattere rotativo destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici a fronte di programmi di penetrazione commerciale in paesi diversi da quelli delle Comunità europee. La gestione del fondo è passata alla SIMEST a seguito dell'entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 143/1998.

 


Articolo 1, comma 398
(Sostegno al settore turistico)

 

398. Per il sostegno del settore turistico, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2006. Con decreto del Ministero delle attività produttive si provvede all’attuazione del presente comma.

 

 

Il comma 398 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2006 a sostegno del settore turistico.

All’attuazione di tale previsione si farà luogo con decreto del Ministero delle attività produttive.

 


Articolo 1, comma 399
(Edilizia popolare e residenziale)

 


399. Al testo unico di cui al regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 95, primo comma, alinea, dopo le parole: «da cooperative» sono inserite le seguenti: «, oltre quelli prescritti dall’articolo 31»;

b) all’articolo 95, primo comma, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

«b) la residenza anagrafica o attività lavorativa esclusiva o principale nel comune o in uno dei comuni nell’ambito territoriale ove è localizzato l’alloggio, ove per ambito territoriale si prende a riferimento quello individuato dalle delibere regionali di programmazione».


 

 

Il comma 399 interviene sull’articolo 95 del testo unico sull’edilizia economica e popolare, ridefinendo i requisiti necessari per potere diventare proprietari di case costruite da cooperative mutuatarie della Cassa depositi e prestiti o fruenti del solo contributo erariale.

L’attuale formulazione del comma 95 prevede che i requisiti per l'attribuzione di case costruite da cooperative sono:

a)    l'appartenenza ad una delle categorie indicate nell'art. 91 e nel secondo comma dell'art. 90;

b)    la residenza nel comune nel quale sorgono le costruzioni.

 

Il requisito di cui alla lettera a) deve esistere sia al momento della prenotazione sia a quello dell'assegnazione, salvo che per gli appartenenti alla categoria indicata alla lettera a) del successivo art. 97 per i quali è sufficiente che esista al momento dell'iscrizione alla cooperativa. Le eventuali interruzioni nel possesso del requisito fra la data della prenotazione e quella dell'assegnazione non pregiudicano il diritto del socio.

Il requisito di cui alla lettera b) del primo comma deve esistere alla data di iscrizione alla cooperativa o da quella della prenotazione

Il comma 2 dell’articolo 90 prevede che possono tuttavia costruire od acquistare case popolari ed economiche a proprietà individuale le cooperative costituite da membri delle due Camere del Parlamento o da impiegati addetti alle istituzioni create in virtù di legge ed aventi funzioni essenzialmente statali.

Le categorie indicate dall’articolo 91 sono le seguenti:

a)    i dipendenti delle due Camere del Parlamento e della Corte costituzionale;

b)    gli impiegati civili di ruolo dello Stato;

c)    il personale militare e dei corpi armati dello Stato specificato dall'art. 156 del R.D. 11 novembre 1923, n. 2395, nonché il personale dei gradi corrispondenti del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza;

d)    i pensionati dello Stato godenti di assegno vitalizio;

e)    il personale di ruolo in servizio od in pensione delle ferrovie dello Stato;

f)     i pensionati dell'Opera di previdenza a favore degli impiegati dello Stato ed i loro superstiti non aventi diritto a pensione;

g)    i segretari comunali e provinciali, in servizio ed in pensione;

h)    il personale di ruolo in servizio ed in pensione dell'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato

 

Con la disposizione in commento si stabilisce adesso che oltre ai requisiti di cui alle lettere a e b (lettera che viene peraltro riformulata), è necessario che vi siano i requisiti previsti dall’articolo 31 del testo unico.

L’articolo 31 citato prevede che non possono essere assegnate in proprietà case economiche e popolari costruite col concorso od il contributo dello Stato;

a)    a chi sia proprietario nello stesso centro urbano di altra abitazione che risulti adeguata ai bisogni della propria famiglia. Si ritiene adeguata l'abitazione composta di un numero di vani, esclusi gli accessori, pari a quello dei componenti la famiglia, con un minimo di tre e un massimo di cinque vani;

b)    a chi abbia già ottenuto l'assegnazione in proprietà di altri alloggi costruiti con concorsi o contributi dello Stato, o con mutui di cui alla L. 10 agosto 1950, n. 715;

c)    a chi sia iscritto nei ruoli dell'imposta complementare per un reddito tassabile che, esclusa per intero la parte afferente a redditi di ricchezza mobile di categoria C-1 e C-2 e per metà quella di ricchezza mobile di categoria B, risulti superiore a lire 150.000.

Le stesse esclusioni sono stabilite per le persone il cui coniuge non separato legalmente si trovi nelle suddette condizioni.

 

La lettera b) viene invece riformulata nel senso di rendere meno stringente il requisito ivi previsto. Al fine dell’attribuzione dell’alloggio non è più necessario, infatti, avere la residenza (anagrafica) nel comune dove sorgono le costruzioni, ma può essere sufficiente avere la residenza anagrafica o svolgere attività lavorativa esclusiva o principale nel comune o in uno dei comuni dell’ambito territoriale ove è localizzato l’alloggio, ove per ambito territoriale si prende a riferimento quello individuato dalle delibere regionali di programmazione.

Si osserva al riguardo che il riferimento allo svolgimento di attività lavorativa esclusiva o principale sembra far riferimento al concetto di domicilio, che è definito dall’articolo 43 del codice civile come il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari o interessi.

Si ricorda che in questi ultimi anni la materia dell’edilizia residenziale pubblica è stata oggetto di interventi legislativi con particolare riferimento ad un aspetto di notevole rilevanza, quale quello del conferimento di compiti e funzioni dallo Stato alle regioni.

In tale settore si è infatti avuta una rilevante ridefinizione di competenze amministrative ad opera del decreto legislativo n. 112 del 1998, in particolare degli articoli 59-64.

Le norme indicate, infatti, hanno completato il trasferimento dell'intera materia alla competenza regionale, prevedendo la soppressione del CER e la diretta attribuzione alle Regioni dei fondi destinati al finanziamento degli interventi (artt. 61 e 62). Inoltre è stata attribuita alle Regioni anche la competenza in ordine alla fissazione dei criteri per l'assegnazione degli alloggi e per la definizione dei canoni (art. 60). Allo Stato restano invece assegnati compiti di semplice determinazione di principi e finalità di carattere generale, di raccolta di informazioni, di impulso, di garanzia e di sostegno delle fasce economicamente più deboli (art. 59).

 


Articolo 1, comma 400
(Effetti della cessione di immobili pubblici
non adibiti ad uso abitativo)

 


400. Ai fini del concorso al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica previsti nel patto di stabilità e crescita, favorendo la dismissione di immobili non adibiti ad uso abitativo attribuiti in forza di legge ad enti privati e fondazioni, compresi gli enti morali, e non più utili al perseguimento delle esigenze istituzionali, la cessione degli stessi comporta l’applicazione dell’articolo 29, comma 1, terzo periodo, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e fa venire meno l’eventuale vincolo di destinazione precedentemente previsto. Restano fermi in ogni caso l’osservanza delle prescrizioni urbanistiche vigenti, nonché gli eventuali vincoli storici, artistici, culturali, architettonici e paesaggistici sui predetti beni. A tal fine, all’atto della cessione, il cedente provvede all’istanza di cui all’articolo 12, comma 2, del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.


 

 

Il comma 400 dell’articolo 1, al dichiarato scopo di favorire la dismissione di immobili non adibiti ad uso abitativo attribuiti in forza di legge ad enti privati e fondazioni, compresi gli enti morali, e non più utili al perseguimento delle esigenze istituzionali, prevede che la cessione di tali immobili fa venire meno l'uso governativo, ovvero l'uso pubblico, e l'eventuale diritto di prelazione spettante ad enti pubblici anche in caso di rivendita, nonché gli eventuali vincoli di destinazione.

Restano fermi comunque gli obblighi derivanti dalle prescrizioni urbanistiche vigenti e dagli eventuali vincoli storici, artistici, culturali, architettonici e paesaggistici.

 

In particolare, si dispone che la cessione degli immobili suddetti comporta l'applicazione dell'articolo 29, comma 1, terzo periodo, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e fa venire meno l'eventuale vincolo di destinazione precedentemente previsto.

 

L’articolo 29 del predetto decreto-legge n. 269 del 2003 disciplina la cessione di immobili adibiti ad uffici pubblici. Il terzo periodo del comma 1 stabilisce che la vendita fa venire meno l'uso governativo, ovvero l'uso pubblico, e l'eventuale diritto di prelazione spettante ad enti pubblici anche in caso di rivendita.

 

Il successivo quarto periodo – non richiamato dalla presente disposizione – prevede che si applichino in tali casi il secondo periodo del comma 17 dell'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410 (esclusione delle autorizzazioni previste in materia di beni culturali, del diritto di prelazione degli enti locali territoriali e della proposizione di progetti di valorizzazione e gestione di beni immobili statali), nonché il primo e il secondo periodo del comma 18 del medesimo articolo 3 (esonero dello Stato e degli altri enti pubblici dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà dei beni e alla regolarità urbanistica-edilizia e fiscale; mantenimento dei vincoli gravanti sui beni trasferiti).

 

È comunque imposta l'osservanza delle prescrizioni urbanistiche vigenti e rimangono fermi gli eventuali vincoli storici, artistici, culturali, architettonici e paesaggistici esistenti sui predetti beni.

A tale fine, all'atto della cessione, il cedente presenta al Ministero per i beni e le attività culturali l’istanza per la verifica dell’interesse culturale, prevista dall'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

 

L’articolo 12 del codice dei beni culturali e del paesaggio, emanato con decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, disciplina la procedura di verifica dell'interesse culturale delle cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente e istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentino interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquant’anni.

Il comma 2 prescrive che i competenti organi del Ministero per i beni e le attività culturali, d'ufficio o su richiesta formulata dai soggetti cui le cose appartengono e corredata dai relativi dati conoscitivi, verificano la sussistenza dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico nelle cose indicate al comma 1, sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero medesimo al fine di assicurare uniformità di valutazione.

 


Articolo 1, commi 401-403
(Personale per le emergenze sanitarie)

 


401. La limitazione di cui al comma 187 non si applica al personale impiegato per far fronte alle emergenze sanitarie e, in particolare, a quello previsto dall’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 1996, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 1996, n. 532, e dall’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 1º ottobre 2005, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2005, n. 244.

402. Per garantire lo svolgimento dei compiti connessi alla prevenzione e alla lotta contro l’influenza aviaria e le emergenze connesse alle malattie degli animali, il Ministero della salute è autorizzato a convertire in rapporti di lavoro a tempo determinato di durata triennale gli incarichi di collaborazione coordinata e continuativa conferiti, ai sensi del decreto-legge 8 agosto 1996, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 1996, n. 532, ai veterinari, chimici e farmacisti attualmente impegnati nei posti di ispezione frontaliera (PIF), negli uffici veterinari per gli adempimenti degli obblighi comunitari (UVAC) e presso gli uffici centrali del Ministero della salute, previo superamento di un’apposita prova per l’accertamento di idoneità.

403. Per far fronte alle emergenze sanitarie connesse al controllo dell’influenza aviaria è consentita, per l’anno 2006, la deroga alle limitazioni di cui al comma 198 per l’assunzione nei servizi veterinari degli enti del Servizio sanitario nazionale di un numero complessivo massimo a livello nazionale di 300 unità di personale veterinario e tecnico a tempo determinato. Tale deroga è subordinata alla preventiva definizione di apposito accordo sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per il riparto tra le regioni delle predette unità di personale e per la definizione delle misure compensative aggiuntive rispetto a quelle previste dai commi da 198 a 206 da adottare ai fini del rispetto del livello complessivo di spesa per il Servizio sanitario nazionale di cui al comma 278.


 

 

Il comma 401 consente al Ministero della salute una deroga ai limiti all’impiego di personale a tempo determinato, con convenzioni ovvero con collaborazione coordinata e continuativa, disposti dalla legge finanziaria medesima: si ricorda a tale riguardo che l’art. 1, comma 187, prevede in particolare, per gli anni 2006 e seguenti, una limitazione del 60 per cento della spesa rispetto a quella sostenuta nel 2003 (per ulteriori approfondimenti vedi la scheda relativa all’art. 1, commi 187 e 188, supra) .

La deroga in esame concerne l’impiego di personale volto a fronteggiare le emergenze sanitarie, con particolare riferimento a quanto previsto dai provvedimenti per contrastare l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE) [57] e la diffusione dell’influenza aviaria[58].

 

La relazione tecnica integrativa quantifica i maggiori oneri in 2,8 milioni di euro circa, con riferimento esclusivamente al personale assunto dal Ministero della salute per contrastare la BSE. Per quanto concerne, invece, i contratti a tempo determinato di durata triennale previsti dal recente decreto legge in materia di influenza aviaria, la norma in esame non comporta oneri aggiuntivi in quanto gli oneri relativi risultano già coperti dal provvedimento in questione.

 

Il comma 402 autorizza il Ministero della salute, al fine di contrastare l’emergenza aviaria e le altre emergenze riguardanti le malattie animali, a convertire in contratti a tempo determinato, di durata triennale, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa di veterinari, farmacisti e chimici, impiegati presso i posti d’ispezione frontaliera (PIF)[59] e gli uffici veterinari per gli adempimenti comunitari (UVAC)[60], già stipulati in occasione dell’emergenza BSE[61]. E’ previsto lo svolgimento di un’apposita prova per l’accertamento di idoneità.

 

Nella relazione tecnica integrativa si sottolinea che tale disposizione “scongiura una ingiustificata disparità di trattamento tra i nuovi dirigenti veterinari di I livello, il cui reclutamento (con contratto a tempo determinato) è previsto dal citato decreto-legge n. 202/2005 ed i soggetti già in servizio (con contratti di collaborazione coordinata e continuativa) ai sensi del decreto-legge n. 429/1996”.

L’onere è quantificato in 6,7 milioni di euro annui.

 

Il comma 403 consente di effettuare nel 2006 assunzioni a tempo determinato nei servizi veterinari, in deroga alle disposizioni sul contenimento della spesa per il personale, di cui alla legge finanziaria medesima; il comma 198 prevede, a tale riguardo, che la spesa per il personale per gli anni 2006 e seguenti sia inferiore dell’1 per cento a quella sostenuta nel 2004.

La norma prevede la possibilità di assumere fino a 300 unità, tra veterinari e tecnici, previo Accordo in sede di Conferenza Stato - Regioni, al fine di ripartire tale personale tra le regioni e individuare le misure compensative dei relativi oneri, aggiuntive rispetto a quelle già previste dalla legge finanziaria[62], e garantire il livello complessivo di spesa del Servizio Sanitario Nazionale[63]”.


Articolo 1, comma 404
(Esclusione dalle limitazioni alla spesa pubblica dei progetti dell’Istituto Nazionale Fauna selvatica)

 

404. I progetti dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica, finanziati con fondi non provenienti da contributi dello Stato, sono esclusi dalle limitazioni della spesa pubblica.

 

 

Il comma 404 esclude dalle limitazioni poste alla spesa pubblica i progetti dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica che siano finanziati con contributi non statali.

 

La disposizione, facendo riferimento in modo generico alle “limitazioni della spesa pubblica”, sembrerebbe stabilire la non applicazione ai progetti che godono di contributi non statali delle disposizioni previste dal comma 57 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311).

 

Il citato comma 57 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2005 fissa per le amministrazioni espressamente indicate in allegato, per il triennio 2005-2007, un limite all’incremento della spesa, al netto delle spese di personale, del 4,5% rispetto all’ammontare delle spese effettuate nell’anno 2003.

Per gli anni 2006 e 2007 per tali amministrazioni si applica la percentuale di incremento del 2 per cento alle corrispondenti spese determinate per l'anno precedente.

I suddetti limiti all’incremento della spesa non si applicano alle Casse di previdenza, alle altre associazioni e fondazioni di diritto privato; agli enti del sistema camerale.

L’ultimo periodo del comma 57 prevede inoltre che esse non si applicano neppure alle amministrazioni pubbliche per le quali è dettata una specifica disciplina, vale a dire:

-       alle regioni e agli enti locali cui si applica la disciplina del patto di stabilità interno prevista dai commi da 21 a 53;

-       agli enti del servizio sanitario nazionale interessati dalle disposizioni di cui ai commi da 164 a 188;

-       agli enti del sistema universitario e agli enti di ricerca, ai quali si applicano le disposizioni previste dall’articolo 3, commi 1 e 2 della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003), che fissano un limite all’incremento del fabbisogno degli enti in questione con riferimento al triennio 2004-2006.

 

Mentre per l’anno 2005 l’elenco 1 allegato alla legge finanziaria 2005 indica le amministrazioni pubbliche che sono interessate dalla disposizione, per il 2006 le amministrazioni interessate sono state individuate dall’ISTAT nel comunicato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 175 del 29 luglio 2005, recante l’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, ai sensi dell’art. 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

In entrambi i casi è presente l’Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS).

 

La legge n. 157/1992, recante “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” (nota come legge sulla caccia), intervenuta allo scopo di adeguare la legislazione sull’esercizio venatorio alle disposizioni comunitarie ed alla riveduta potestà legislativa regionale, ha anche disciplinato l’attività dell’Istituto nazionale di biologia della selvaggina, successivamente ridenominato Istituto nazionale per la fauna selvatica(INFS). Nell’operare tale trasformazione la legge n. 157 ha attribuito al nuovo Istituto la funzione di “organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le regioni e le province” (art. 7, co. 1).

Riconoscendo all’INFS un ruolo d’interesse generale, la medesima legge ha posto l’Istituto sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 7. co. 2), d’intesa con le regioni[64], ed ha attribuito al Presidente del Consiglio, sempre previa intesa con le regioni, di definire con le norme regolamentari dell’Istituto la creazione di sezioni decentrate denominate unità operative tecniche consultive, che fungono da organismi di supporto alle regioni nella predisposizione dei piani regionali. Pertanto, alla copertura delle spese di funzionamento dell'Istituto possono contribuire le regioni, sulla base di apposite convenzioni.

 


Articolo 1, comma 405
(Finanziamento Fondo bieticolo nazionale)

 

405. Il Fondo bieticolo nazionale di cui all’articolo 3 del decreto-legge 21 dicembre 1990, n. 391, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1991, n. 48, è incrementato della somma di 10 milioni di euro per l’anno 2006.

 

 

Il comma 405 trasferisce all’Associazione bieticolo-saccarifera italiana (ABSI) 10 milioni di euro per l’anno 2006, che andranno a riversarsi sul fondo dalla medesima gestito ai sensi dell’art. 3 del D.L. n. 391/1990 (che ha tra l’altro trasferito all’AGEA le risorse nazionali e comunitarie destinate al settore bieticolo saccarifero[65]).

Si ricorda che un analogo trasferimento di 10 milioni di euro è stato disposto per l’esercizio 2005 dal comma 479 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 (Legge finanziaria per il 2005), in conseguenza della quale è stato istituito presso il dicastero dell’economia, nella UPB 3.2.3.46, il cap. 7376.

L’articolo 3 del D.L. n. 391/90 ha autorizzato l’AIMA (ora AGEA) a versare al fondo bieticolo nazionale, istituito presso l’ABSI, una quota parte degli aiuti destinati al comparto. Le risorse così assegnate possono essere destinate agli interventi di perequazione delle bietole e dei relativi oneri comunitari, nonché ad ogni altra azione di interesse del settore bieticolo.

In proposito vale ricordare che lo zucchero è oggetto di una disciplina comunitaria ed è attualmente regolato dal Reg. (CE) n. 1260/2001 (“Organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero”), entrato in vigore il 1° luglio 2001. Detto provvedimento consente all’Italia, fino alla chiusura della campagna 2005/2006, di concedere un aiuto di adattamento il cui importo non può superare 5,43 EUR per 100 chilogrammi di zucchero bianco ai produttori di barbabietole da zucchero e, eventualmente, ai produttori di zucchero per la produzione della quantità di zucchero corrispondente effettuata entro i limiti delle quote A e B di ciascuna impresa produttrice di zucchero, per le regioni seguenti: Abruzzo, Molise, Puglia, Sardegna, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia.

Va rammentato che in linea generale è proprio la legge finanziaria che annualmente quantifica gli stanziamenti destinati alla realizzazione degli interventi autorizzati dall’Unione europea per il settore bieticolo saccarifero, attribuendo tuttavia dette risorse direttamente all’AGEA (così in tabella D della leggi finanziarie per il 2004 e il 2005). Sempre annualmente interviene una delibera del CIPE che, utilizzando le risorse assegnate, determina l’entità dell’aiuto da concedersi ai produttori. In proposito l’ultimo provvedimento oggetto di pubblicazione in Gazzetta è stata la Del. CIPE n. 53/05 del 4/11/2005, relativa alla campagna 2004/2005, che ha attribuito 8,428 mln ai bieticoltori tramite l’industria saccarifera e 1,372 mln al Fondo bieticolo nazionale. La quantità di prodotto che beneficia dell’aiuto ammonta approssimativamente a 2 milioni di quintali.

L’ABSI-Fondo Bieticolo è l’Ente Inteprofessionale del settore bieticolo saccarifero costituita da tutte le Associazioni dei bieticoltori e da tutte le Società saccarifere. Costituita sotto forma di Associazione nel 1982 con il compito principale di gestire il Fondo Bieticolo Nazionale, è stata trasformata in Società consortile il 30 ottobre 2001. Le disposizioni statutarie prevedono che le decisioni vengano assunte di comune accordo tra le parti, con maggioranze qualificate, mentre la rappresentanza è commisurata alla effettiva rappresentatività. Compito principale dell’ABSI-Fondo Bieticolo è quello di attuare gli Accordi Interprofessionali nonché gestire il Fondo Bieticolo Nazionale in merito al quale vige l’obbligo di rendicontazione al MIPAF.

 


Articolo 1, commi 406-407
(Modernizzazione dei settori dell’agricoltura, pesca, acquicoltura, alimentazione e foreste)

 


406. In considerazione dell’accresciuta complessità delle funzioni e del maggior numero di compiti di coordinamento delle attività regionali, individuati dai decreti legislativi emanati in attuazione dell’articolo 1 della legge 7 marzo 2003, n. 38, recante delega al Governo per la modernizzazione dei settori dell’agricoltura, della pesca, dell’acquacoltura, dell’alimentazione e delle foreste, le risorse destinate al miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dei servizi istituzionali del Ministero delle politiche agricole e forestali, ivi compresi quelli inerenti l’attività dell’Ispettorato centrale repressione frodi, sono incrementate di euro 1.550.000 a partire dall’anno 2006.

407. All’onere derivante dall’attuazione del comma 406 si provvede, a decorrere dall’anno 2006, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 36 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, per le finalità di cui all’articolo 1, comma 2, del medesimo decreto legislativo. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

I commi 406 e 407 incrementano di 1,55 milioni di euro, a decorrere dal 2006, le risorse destinate al miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dei servizi istituzionali del Ministero delle politiche agricole e forestali, fra i quali va incluso anche l’Ispettorato centrale repressione frodi (ICRF)[66], al fine di far fronte ai nuovi compiti previsti per il Ministero medesimo dai decreti legislativi attuativi della legge delega n. 38 del 2003. Alla copertura dei relativi oneri si provvede a valere sulle risorse del D.Lgs. n. 228 del 2001 (recante “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo”).

 

L’articolo 1 della legge n. 38 del 2003[67] ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per “completare il processo di modernizzazione dei settori agricolo, della pesca, dell’acquacoltura, agroalimentare, dell’alimentazione e delle foreste”. In attuazione di tale ampia delega (il cui termine, già prorogato, è ora scaduto) sono stati adottati i seguenti decreti legislativi:

-       D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99 (“Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38”);

-       D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 102(“Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, a norma articolo 1, comma 2, lettera i), della L. 7 marzo 2003, n. 38”);

-       DLgs. 26 maggio 2004, n. 153 (“Attuazione della L. 7 marzo 2003, n. 38, in materia di pesca marittima”);

-       D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 154 (“Modernizzazione del settore pesca e dell'acquacoltura, a norma dell’articolo 1, comma 2, della L. 7 marzo 2003, n. 38”);

-       D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 100 (“Ulteriori disposizioni per la modernizzazione dei settori della pesca e dell'acquacoltura e per il potenziamento della vigilanza e del controllo della pesca marittima, a norma dell’articolo 1, comma 2, della L. 7 marzo 2003, n. 38”);

-       D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 101 (“Ulteriori disposizioni per la modernizzazione dei settori dell'agricoltura e delle foreste, a norma articolo 1, comma 2, della L. 7 marzo 2003, n. 38”);

-       D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 102 (“Regolazioni dei mercati agroalimentari, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera e), della L. 7 marzo 2003, n. 38).

Tra i maggiori compiti di coordinamento previsti in capo al Ministero delle politiche agricole e forestali dai suddetti decreti legislativi si possono ricordare, in particolare, le funzioni connesse alla redazione e alla gestione del Piano assicurativo agricolo annuale (artt. 4-6 del D.Lgs. n. 102/2004) e del Programma assicurativo annuale della pesca e dell’acquacoltura (art. 14-bis del D.Lgs. n. 154/2004), all’istituzione del Fondo di solidarietà nazionale della pesca e dell’acquacoltura (art. 14 del D.Lgs n. 154/2004) e alla nuova disciplina per il riconoscimento delle organizzazioni di produttori e delle loro forme associate (artt. 3-7 del D.Lgs. n. 102/2005).


Articolo 1, comma 408
(Nuove misure per il contenimento della spesa per l’assistenza farmaceutica)

 


408. Al comma 5 dell’articolo 48 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo la lettera f) è inserita la seguente:

«f-bis) procedere, in caso di superamento del tetto di spesa di cui al comma 1, ad integrazione o in alternativa alle misure di cui alla lettera f), ad una temporanea riduzione del prezzo dei farmaci comunque dispensati o impiegati dal Servizio sanitario nazionale, nella misura del 60 per cento del superamento».


 

 

Il comma 408 attribuisce nuovi poteri all’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) in caso di superamento dei livelli di spesa farmaceutica programmati.

 

Si ricorda che, ai sensi della normativa vigente, l’Agenzia ha a disposizione una serie di strumenti per intervenire in casi di sfondamento dei tetti di spesa[68]. In particolare l’Agenzia può provvedere, anche temporaneamente, ad una ripartizione della spesa eccedente secondo i seguenti criteri:

§      per il 60% ridefinendo le quote di spettanza del produttore (sul prezzo dei farmaci ammesso al rimborso);

§      per il 40% è ripianata dalle singole regioni attraverso l’adozione di specifiche misure in materia farmaceutica.

 

Il comma in esame prevede la possibilità da parte dell’AIFA di adottare misure che “in aggiunta, o in alternativa” agli interventi sopradescritti, determinino la temporanea riduzione del prezzo dei farmaci comunque dispensati o impiegati dal Servizio sanitario nazionale, nella misura del 60% del superamento del livello di spesa programmato.

 

Si segnala che per contrastare l’andamento della spesa farmaceutica nel 2004, superiore ai livelli massimi prefissati, il decreto-legge n. 156 del 2004[69] ha disposto, tra le altre, misure per la riduzione della percentuale spettante al produttore sul prezzo dei farmaci[70].


Articolo 1, comma 409
(Razionalizzazione degli acquisti da parte del Servizio sanitario nazionale)

 


409. Ai fini della razionalizzazione degli acquisti da parte del Servizio sanitario nazionale: a) la classificazione dei dispositivi prevista dal comma 1 dell’articolo 57 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è approvata con decreto del Ministro della salute, previo accordo con le regioni e le province autonome, sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Con la medesima procedura sono stabilite: 1) le modalità di alimentazione e aggiornamento della banca dati del Ministero della salute necessarie alla istituzione e alla gestione del repertorio generale dei dispositivi medici e alla individuazione dei dispositivi nei confronti dei quali adottare misure cautelative in caso di segnalazione di incidenti; 2) le modalità con le quali le aziende sanitarie devono inviare al Ministero della salute, per il monitoraggio nazionale dei consumi dei dispositivi medici, le informazioni previste dal comma 5 dell’articolo 57 della citata legge n. 289 del 2002. Le regioni, in caso di omesso inoltro al Ministero della salute delle informazioni di cui al periodo precedente, adottano i medesimi provvedimenti previsti per i direttori generali in caso di inadempimento degli obblighi informativi sul monitoraggio della spesa sanitaria; b) fermo restando quanto previsto dal comma 292, lettera b), del presente articolo per lo specifico repertorio dei dispositivi protesici erogabili, con la procedura di cui alla lettera a) viene stabilita, con l’istituzione del repertorio generale dei dispositivi medici, la data a decorrere dalla quale nell’ambito del Servizio sanitario nazionale possono essere acquistati, utilizzati o dispensati unicamente i dispositivi iscritti nel repertorio medesimo; c) le aziende che producono o immettono in commercio in Italia dispositivi medici sono tenute a dichiarare mediante autocertificazione diretta al Ministero della salute – Direzione generale dei farmaci e dispositivi medici, entro il 30 aprile di ogni anno, l’ammontare complessivo della spesa sostenuta nell’anno precedente per le attività di promozione rivolte ai medici, agli operatori sanitari, ivi compresi i dirigenti delle aziende sanitarie, e ai farmacisti, nonché la ripartizione della stessa nella singole voci di costo, a tal fine attenendosi alle indicazioni, per quanto applicabili, contenute nell’allegato al decreto del Ministro della salute 23 aprile 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 28 aprile 2004, concernente le attività promozionali poste in essere dalle aziende farmaceutiche; d) entro la data di cui alla lettera c), le aziende che producono o immettono in commercio dispositivi medici versano, in conto entrate del bilancio dello Stato, un contributo pari al 5 per cento delle spese autocertificate al netto delle spese per il personale addetto. I proventi derivanti da tali versamenti sono riassegnati, con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, sulle corrispondenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della salute; e) i produttori e i commercianti di dispositivi medici che omettono di comunicare al Ministero della salute i dati e le documentazioni previste dal comma 3-bis dell’articolo 13 del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46, e successive modificazioni, o altre informazioni previste da norme vigenti con finalità di controllo e vigilanza sui dispositivi medici sono soggetti, quando non siano previste o non risultino applicabili altre sanzioni, alla sanzione amministrativa pecuniaria di cui al comma 4 dell’articolo 23 del citato decreto legislativo n. 46 del 1997. Per l’inserimento delle informazioni nella banca dati necessaria alla istituzione e alla gestione del repertorio dei dispositivi medici, i produttori e i distributori tenuti alla comunicazione sono soggetti al pagamento, a favore del Ministero della salute, di una tariffa di euro 100 per ogni dispositivo. La tariffa è dovuta anche per l’inserimento di informazioni relative a modifiche dei dispositivi già inclusi nella banca dati. I proventi derivanti dalle tariffe sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, alle competenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della salute.


 

 

Il comma in esame è volto a razionalizzare gli acquisti da parte del Servizio Sanitario Nazionale.

A tale fine, le lettere a) e b) prevedono un decreto del Ministro della salute, emanato previo accordo della Conferenza Stato - Regioni, che approva:

la classificazione dei dispositivi medici[71];

le modalità di alimentazione e aggiornamento della banca dati del Ministero della salute per l’istituzione e la gestione del repertorio generale dei dispositivi medici e per individuare i dispositivi medici segnalati per incidenti;

le modalità di trasmissione al Ministero della Salute da parte delle Aziende Sanitarie delle informazioni previste[72], al fine di monitorare i consumi dei dispositivi medici[73];

la data a decorrere dalla quale nell’ambito del Servizio sanitario nazionale possono essere acquistati, utilizzati o dispensati unicamente i dispositivi iscritti nel suddetto repertorio[74].

 

Le lettere c) e d) regolamentano l’attività di promozione delle aziende che producono o immettono in commercio in Italia i dispositivi medici.

In particolare, sono previsti i seguenti adempimenti:

entro il 30 aprile di ogni anno le suddette aziende autocertificano al Ministero della salute [75], la spesa complessiva sostenuta nell’anno precedente per le attività di promozione rivolte ai medici, agli operatori sanitari, ivi compresi i dirigenti delle aziende sanitarie, e ai farmacisti, nonché la ripartizione della stessa nella singole voci di costo, utilizzando le indicazioni, per quanto applicabili, previste per le attività promozionali poste in essere dalle aziende farmaceutiche[76];

entro il 30 aprile di ogni anno, le stesse aziende versano allo Stato, un contributo pari al 5 per cento delle spese sostenute nell'anno precedente per le suddette attività di promozione rivolte, al netto delle spese per il personale addetto[77];

decreti del Ministro dell’economia e delle finanze per ripartire tali proventi alle corrispondenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della salute.

 

La lettera e) stabilisce sanzioni e tariffe riguardanti i produttori e commercianti di dispositivi medici.

In particolare, è prevista:

§      una sanzione da euro 2.582,28 a euro 15.493,71[78] per coloro che non comunicano al Ministero della salute le informazioni necessarie relative a determinati dispositivi medici[79] o intese a garantire il controllo e la vigilanza in materia di dispositivi medici, se non previste o applicabili altre forme sanzionatorie;

§      una tariffa di 100 euro, a favore del Ministero della salute, per l’inserimento delle informazioni nella banca dati necessaria alla istituzione e alla gestione del repertorio dei dispositivi medici, per ogni nuovo dispositivo e per le modifiche riguardanti i dispositivi già inclusi nella banca dati stessa.

§      un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze per ripartire tali proventi tariffari alle competenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della salute.

 


Articolo 1, comma 410
(Ammortizzatori sociali)

 


410. In attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e nel limite complessivo di spesa di 480 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, e successive modificazioni, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, può disporre entro il 31 dicembre 2006, in deroga alla vigente normativa, concessioni, anche senza soluzione di continuità, dei trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, nel caso di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con riferimento a settori produttivi ed aree territoriali, ovvero miranti al reimpiego di lavoratori coinvolti in detti programmi definiti in specifici accordi in sede governativa intervenuti entro il 30 giugno 2006 che recepiscono le intese già stipulate in sede istituzionale territoriale, ovvero nei confronti delle imprese agricole e agro-alimentari interessate dall’influenza aviaria. Nell’ambito delle risorse finanziarie di cui al primo periodo, i trattamenti concessi ai sensi dell’articolo 1, comma 155, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, possono essere prorogati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, qualora i piani di gestione delle eccedenze già definiti in specifici accordi in sede governativa abbiano comportato una riduzione nella misura almeno del 10 per cento del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti il 31 dicembre 2005. La misura dei trattamenti di cui al secondo periodo è ridotta del 10 per cento nel caso di prima proroga, del 30 per cento nel caso di seconda proroga, del 40 per cento per le proroghe successive. All’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, come da ultimo modificato dall’articolo 7-duodecies, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, le parole: «31 dicembre 2005» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2006».


 

 

Il comma 410,riprendendo di fatto analoghe disposizioni contenute nell’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della L. 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) e nell’articolo 1, comma 155, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005), prevede che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali[80] e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2006, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali - di concerto con quello dell'economia e delle finanze – possa - anche in deroga alla normativa ordinaria - concedere trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale (anche senza soluzione di continuità) alle seguenti condizioni:

§      la concessione è subordinata alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree territoriali, ovvero volti ad assicurare il reimpiego dei lavoratori interessati nei medesimi programmi, “ovvero nei confronti delle imprese agricole e agroalimentari interessate dall’influenza aviaria”;

§      i programmi devono essere definiti con specifici accordi in sede governativa entro il 30 giugno 2006.

 

Si evidenzia che, rispetto alla disciplina precedente su citata, si è aggiunta la possibilità di erogare i trattamenti di CIGS, mobilità e disoccupazione anche nei confronti delle imprese agricole e agroalimentari che possono essere danneggiate dal fenomeno dell’influenza aviaria.

Sembra quindi che il Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia possa concedere, anche in deroga alla vigente normativa, per tali aziende, i trattamenti su citati valutando discrezionalmente l’incidenza dell’influenza aviaria sulla situazione occupazionale.

Tali aziende, in considerazione della peculiarità della crisi da cui sono colpite, non dovrebbero essere tenute, per fruire dei trattamenti, a realizzare programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, definiti in specifici accordi in sede governativa.

 

Il secondo periodo del comma in esame autorizza la proroga dei trattamenti di cassa integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale già concessi ai sensi della disciplina temporanea posta dal richiamato articolo 1, comma 155, della legge n. 311 del 2004.

Pertanto il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, può concedere una proroga o un'ulteriore proroga dei suddetti trattamenti, a condizione che i piani di gestione delle eccedenze (già definiti in specifici accordi conclusi in sede governativa) abbiano comportato una riduzione, nella misura pari ad almeno il 10%, del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti alla data del il 31 dicembre 2005.

L’importo dei trattamenti corrisposti in base a tali provvedimenti ministeriali di proroga sarà ridotto nella misura del 10% nel caso di prima proroga, del 30% nel caso di seconda proroga e del 40% nell'ipotesi di ulteriore proroga.

 

Si ricorda che il comma 155 dell’articolo 1 della legge n. 311/04 già prevede la possibilità di concedere i trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, in deroga alla normativa vigente, per l’anno 2006, ma con esclusivo riferimento agli accordi di settore (produttivo). Tuttavia anche in tal caso vale il termine del 30 giugno 2005 per la conclusione di accordi in sede governativa. Tale previsione appare ora superata.

 

Per l’attuazione delle disposizioni previste dal comma 410 – riguardanti pertanto sia i casi di concessione sia quelli di proroga - viene stanziato un importo complessivo di spesapari a 480 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione, di cui all’art. 1, comma 7, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 236[81]).

 

L’ultimo periodo del comma 410 modificando l’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della L. 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004)[82] concernente, come sopra visto, la proroga di alcuni trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali – differisce dal 31 dicembre 2005 al 31 dicembre 2006 il termine entro il quale il Ministro del lavoro, di concerto il Ministro dell'economia, può concedere e prorogare, anche in deroga alla normativa ordinaria, trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale.

Si ricorda che, ai sensi del medesimo art. 3, comma 137, devono essere rispettate le seguenti condizioni:

§       esistenza di programmi intesi alla gestione di crisi occupazionali, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree territoriali, ovvero volti al reimpiego dei lavoratori;

§       per i casi di prima concessione dei trattamenti, conclusione, in sede governativa, di specifici accordi entro il 30 giugno 2004;

§       limite massimo complessivo di pari a 360 milioni di euro (a carico del summenzionato Fondo per l'occupazione);

 

Si consideri che, ai sensi del quinto e sesto periodo dell'art. 3, comma 137 della L. 24 dicembre 2003, n. 350, la misura dei trattamenti liquidati in base al quarto periodo del medesimo comma 137 è ridotta del 20%, ad esclusione dei casi di concessione e di prima proroga.

Poiché il comma 410 in esame, con l’ultimo periodo, differisce al 31 dicembre 2006 il termine per la concessione o la proroga dei trattamenti di CIGS, mobilità e disoccupazione speciale ai sensi della norma su citata, si evince che la disciplina di cui ai primi tre periodi dello stesso comma in esame sarebbe non sostitutiva, bensì aggiuntiva rispetto a quella recata dal citato art. 3, comma 137.

Si consideri inoltre che la disciplina di proroga di cui all’articolo 3, comma 137, è parzialmente differente da quella dei primi tre periodi del comma 410: non viene posta, per beneficiarne, la condizione della riduzione (nella misura pari ad almeno il 10%) del numero dei destinatari e si prevedono criteri meno restrittivi di diminuzione dell'importo del trattamento.

 

Si ricorda infine che il decreto legge n. 203/2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2005, all’articolo 8, comma 3-ter, provvede a prorogare, non oltre il 31 dicembre 2006, i trattamenti di CIGS e di mobilità alle imprese esercenti attività commerciali con più di 50 dipendenti, alle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di 50 dipendenti ed alle imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti.

 


Articolo 1, comma 411
(Utilizzazione delle risorse per cassa integrazione guadagni e proroga dei trattamenti straordinari)

 


411. Le risorse finanziarie attribuite con accordo governativo nei casi di crisi di settori produttivi e di aree territoriali ai sensi del presente comma ed ai sensi dell’articolo 1, comma 155, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, e non completamente utilizzate, possono essere impiegate per trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale in deroga alla vigente normativa ovvero possono essere destinate ad azioni di reimpiego dei lavoratori coinvolti nelle suddette crisi, sulla base di programmi predisposti dalle regioni interessate d’intesa con le province e con il supporto tecnico delle agenzie strumentali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Nell’ambito delle risorse finanziarie di cui al primo periodo, i trattamenti concessi ai sensi dell’articolo 1, comma 155, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, possono essere prorogati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, qualora i piani di gestione delle eccedenze già definiti in specifici accordi in sede governativa abbiano comportato una riduzione nella misura almeno del 10 per cento del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti il 31 dicembre 2005. La misura dei trattamenti di cui al secondo periodo è ridotta del 10 per cento nel caso di prima proroga in deroga, del 30 per cento nel caso di seconda proroga in deroga, del 40 per cento per le successive proroghe in deroga. Le risorse finanziarie attribuite con accordo governativo nei casi di crisi di settori produttivi e di aree territoriali possono essere utilizzate per trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale in deroga alla vigente normativa ovvero possono essere destinate a programmi di reimpiego dei lavoratori coinvolti nelle suddette crisi, sulla base di programmi predisposti dalle regioni d’intesa con le province e con il supporto tecnico delle agenzie strumentali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. La disposizione non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.


 

 

Il comma 411 dispone una finalizzazioneper le risorse finanziarie “attribuite, con accordo governativo nei casi di crisi di settori produttivi e di aree territoriali ai sensi del presente comma” e ai sensi dell’articolo 1, comma 155, della legge n. 311 del 2004 (finanziaria 2005), se “non completamente utilizzate”.

Si osserva che la disposizione potrebbe prestarsi a dubbi interpretativi.

In primo luogo il riferimento al “presente comma “ non appare corretto e sembra dovuto ad un errore materiale. Il legislatore avrebbe dovuto far riferimento al “precedente comma”.

Sembrerebbe infatti che si voglia far riferimento alle risorse attribuite, ai sensi delle citate disposizioni, sulla base di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali e dei conseguenti accordi conclusi in sede governativa, e per qualsiasi motivo non utilizzate. Rimarrebbero escluse le risorse attribuite alle “imprese agricole e agroalimentari interessate dall’influenza aviaria”, ai sensi del comma 410.

 

Le risorse di cui sopra possono essere utilizzate:

-       per trattamenti di CIGS, di mobilità e di disoccupazione speciale in deroga alla vigente normativa.

Sembrerebbe che la disposizione intenda destinare le risorse in questione, in maniera generale e senza particolari condizioni o requisiti, alla concessione dei trattamenti di CIGS, di mobilità e di disoccupazione speciale in deroga alla vigente normativa. Si ricorda che invece il comma 410 (cfr. supra) e l’articolo 1, comma 155 della legge n. 311/2004 pongono una serie di condizioni (realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree territoriali; conclusione di accordi in sede governativa).

 

-       per azioni miranti al reimpiego dei lavoratori coinvolti nelle crisi aziendali, sulla base di programmi predisposti dalle regioni d’intesa con le province interessate e “con il supporto tecnico delle agenzie strumentali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali”.

Si ricorda che le principali Agenzie strumentali del Ministero del lavoro sono rappresentate da Italia Lavoro s.p.a. e dall’ISFOL.

L’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL), è un ente pubblico di ricerca scientifica creato con D.P.R. 30 giugno 1973 n. 478, in base alla previsione del D.P.R. n. 10/72. Con tale ultimo atto, infatti, il legislatore statale, nel trasferire le funzioni amministrative in materia di istruzione professionale alle Regioni, prevedeva la creazione di un organismo di diritto pubblico, dotato di autonomia amministrativa e patrimoniale, al quale affidare le funzioni di cui era rimasto titolare lo Stato.

Italia Lavoro, invece, è stata creata sulla base della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 maggio 1997 con cui si prevede la costituzione da parte di GEPI S.p.A., divenuta poi Itainvest S.p.A., di una società cui conferire le attività svolte dalla stessa GEPI in materia di mercato del lavoro. Oltre alla gestione dei progetti in materia di lavori socialmente utili e di pubblica utilità Italia Lavoro si occupa di fornire assistenza tecnica, oltre che al Ministero del Lavoro, alle Amministrazioni pubbliche e agli enti locali, alle società a totale o prevalente partecipazione pubblica, alle cooperative sociali ed in generale alle imprese, con lo scopo di assisterle nelle opportunità di creazione.

 

La successiva parte del comma 411 (secondo e terzo periodo) riproduce in maniera identica una parte del comma 410 (secondo e terzo periodo) (cfr. supra) e pertanto non sembra possedere una autonoma valenza normativa.

Analoga osservazione può farsi per il penultimo periodo, che appare sostanzialmente identico al primo periodo e quindi non sembra aggiungere nulla a tale disposizione.

 

Infine l’ultimo periodo precisa che il comma non comporta oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.

 


Articolo 1, comma 412
(Crediti di imposta per gli investimenti e le assunzioni)

 


412. Al fine di rendere più efficiente l’utilizzo degli strumenti di incentivazione per gli investimenti e le assunzioni, alla legge 27 dicembre 2002, n. 289, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 62, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Le risorse derivanti da rinunce o da revoche di contributi di cui al comma 1, lettera c), sono utilizzate dall’Agenzia delle entrate per accogliere le richieste di ammissione all’agevolazione, secondo l’ordine cronologico di presentazione, non accolte per insufficienza di disponibilità»;

b) all’articolo 63, comma 3, dopo il primo periodo, sono inseriti i seguenti: «Ove il datore di lavoro presenti l’istanza di accesso alle agevolazioni prima di aver disposto le relative assunzioni, le stesse sono effettuate entro trenta giorni dalla comunicazione dell’accoglimento dell’istan­za da parte dell’Agenzia delle entrate. In tal caso l’istanza è completata, a pena di decadenza, con la comunicazione dell’identificativo del lavoratore, entro i successivi trenta giorni».


 

 

Il comma 412 dell’articolo 1 modifica gli articoli 62 e 63 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), relativamente ai crediti d’imposta per investimenti e per le nuove assunzioni, con l'obiettivo di accrescere l'efficienza nell'impiego dei suddetti strumenti d’incentivazione.

 

La lettera a) interviene circa il credito d’imposta per investimenti, introducendo un nuovo comma 1-bis nell'articolo 62 della legge n. 289 del 2002.

Con esso viene disposto che le risorse derivanti da rinunzie o da revoche dei contributi di cui al comma 1, lettera c), del suddetto articolo 62 sono utilizzate dall'Agenzia delle entrate per accogliere le richieste di ammissione all'agevolazione, non accolte per insufficienza di disponibilità, secondo l'ordine cronologico di presentazione.

 

L’articolo 62 della legge n. 289 del 2002 ha introdotto alcune specifiche modalità per la fruizione del credito d’imposta per i nuovi investimenti nelle aree svantaggiate, al fine di consentire all’amministrazione la pianificazione e un adeguato monitoraggio dei flussi di spesa. In particolare, alla lettera c) del comma 1 viene disciplinata la procedura per la fruizione del contributo agli investimenti da parte dei soggetti che hanno presentano l'istanza per la prima volta relativamente agli investimenti da effettuare dopo il 1° gennaio 2003.

 

Il credito d’imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate è stato introdotto dall’articolo 8 della legge n. 388 del 2000, in favore delle imprese che, entro la chiusura del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2006, effettuano nuovi investimenti nelle predette aree, individuate nelle aree destinatarie degli aiuti a finalità regionale ammessi alle deroghe previste dall'articolo 87.3.a) e 87.3.c) del Trattato in materia di aiuti di Stato, individuate dalla Carta italiana degli aiuti per il periodo 2000-2006.

I soggetti beneficiari sono i titolari di reddito d’impresa, con esclusione degli enti non commerciali. L’articolo 60 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) ha modificato l’ambito soggettivo dei beneficiari, estendendone l’applicazione anche alle imprese agricole operanti nell’intero territorio nazionale.

Sono nuovi investimenti agevolabili le acquisizioni, ivi comprese quelle in leasing, di beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive già esistenti o di nuova costituzione, ubicate nelle aree svantaggiate. I beni, che possono essere sia materiali che immateriali, devono possedere il requisito della novità.

I beni materiali, sia mobili che immobili, devono essere utilizzati durevolmente nell'attività dell'impresa. Quanto ai beni immobili, risultano agevolabili soltanto gli investimenti in immobili strumentali per destinazione.

I beni immateriali agevolabili sono quelli rappresentati da diritti suscettibili di tutela giuridica, vale a dire, i brevetti e le relative licenze di sfruttamento, i marchi e le relative licenze di sfruttamento; i diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno; i diritti di sfruttamento di conoscenze tecniche non brevettate (know-how).

L'agevolazione compete sugli investimenti effettuati a decorrere dal 14 marzo 2001, vale a dire dal giorno successivo alla data di approvazione da parte dell'Unione europea del regime agevolativo, e fino al 31 dicembre 2006.

L’entità del beneficio non può essere superiore alla misura massima consentita nel rispetto dei criteri e dei limiti di intensità di aiuto stabiliti dalla Commissione europea.

Per quanto concerne le modalità di fruizione del credito d’imposta, il comma 5 del citato articolo 8 della legge n. 388 del 2000 consente l’applicazione del beneficio in sede di dichiarazione dei redditi, disponendone l’utilizzo solo in compensazione con debiti tributari e contributivi, ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997.

 

La lettera c) del comma 1 dell'articolo 62 della legge n. 289 del 2002 definisce l’ambito territoriale di applicazione della misura agevolativa sopra ricordata e le intensità di aiuto a decorrere dal 1° gennaio 2003.

In particolare, il primo periodo della lettera c) stabilisce che a decorrere da tale data il credito d'imposta sia attribuito esclusivamente per gli investimenti da effettuare nelle seguenti aree:

-        nelle aree ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettera a), del Trattato istitutivo della Comunità europea,

-        nelle sole aree delle regioni Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), dello stesso Trattato, individuate dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006.

Nelle altre aree 87.3.c) del Centro-Nord è riconosciuto un credito d’imposta per gli investimenti più limitato, entro 30 milioni di euro annui fino al 2006, secondo le medesime modalità (terzo periodo della lettera c). L’efficacia di tale misura nelle aree del Centro-Nord è tuttavia subordinata alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato.

Il secondo periodo della lettera c) precisa la misura dell’agevolazione applicabile:

-        nelle aree ammissibili alla deroga ai sensi dell’art. 87.3.a) il contributo spetta nella misura dell’85% dell’intensità fissata dalla Carta degli aiuti.

-        per le aree 87.3.c) delle regioni Abruzzo e Molise il contributo spetta nella intera misura dell’intensità fissata per tali aree dalla Carta degli aiuti 2000-2006.

Per le restanti aree 87.3.c) del Centro Nord non è, invece, prevista alcuna precisazione relativamente all’intensità di aiuto applicabile.

La successiva lettera g) dispone che il beneficiario dell’agevolazione decade dal diritto a fruirne, qualora le utilizzazioni del contributo pianificate ed esposte nell’istanza non risultino effettuate nei limiti previsti per ciascun anno (cioè entro il secondo anno successivo a quello nel quale è presentata l'istanza e, in ogni caso, nel rispetto di limiti di utilizzazione minimi e massimi pari, in progressione, al 20 e al 30 per cento, nell'anno di presentazione dell'istanza, e al 60 e al 70 per cento, nell'anno successivo); in tal case, il soggetto non può presentare una nuova istanza nei dodici mesi successivi a quello nel quale si è verificata la decadenza;

 

La lettera b) del presente comma riguarda il credito d’imposta per assunzioni, aggiungendo un periodo al comma 3 dell'articolo 63 della legge n. 289 del 2002.

Il periodo aggiunto interviene nell'ambito della procedura – prevista dal comma 3 dell'articolo 63 citato – necessaria per maturare il diritto al credito d’imposta per le nuove assunzioni, stabilendo che se il datore di lavoro presenta l’istanza di accesso alle agevolazioni prima di aver disposto le relative assunzioni di personale, queste devono essere effettuate entro trenta giorni dalla comunicazione dell’accoglimento dell’istanza da parte dell’Agenzia delle entrate. In tale ipotesi è necessario completare l’istanza con la comunicazione relativa all’identità del lavoratore entro trenta giorni, a pena di decadenza.

 

Si ricorda in proposito che l’articolo 63 della legge n. 289 del 2002 ha operato una revisione della disciplina del credito d’imposta, introdotto dall’articolo 7 della legge n. 388 del 2000, in favore dei datori di lavoro per le nuove assunzioni effettuate, con contratto a tempo indeterminato, ad incremento dell'organico. Il regime agevolativo, come ridisciplinato, è stato prorogato fino al 31 dicembre 2006.

La lettera a) del comma 1 disciplina il credito d’imposta per le assunzioni effettuate nell’anno 2003 in favore dei datori di lavoro che abbiano acquisito il diritto all’agevolazione già nel 2002, nei cui riguardi trova applicazione l’articolo 2 del D.L. n. 209 del 2002. La lettera b) delinea la nuova disciplina del credito d’imposta per l’occupazione che sostituisce definitivamente - con cadenze temporali differenziate in base alla particolare posizione soggettiva del datore di lavoro - quello previsto dall’articolo 7 della legge n. 388 del 2000.

Il nuovo regime entra in vigore:

-        nell’anno 2003 in favore dei datori di lavoro diversi da quelli di cui alla lettera a), vale a dire in favore di coloro i quali non hanno mai fruito in precedenza dell’agevolazione (né ai sensi dell’art. 7 della legge 388 del 2000 né valendosi dell’art. 2 del D.L. n. 209 del 2002);

-        a decorrere dal 1° gennaio 2004 in favore di tutti i datori di lavoro.

Il credito d’imposta è attribuito per ogni nuova assunzione che dia luogo ad un incremento della base occupazionale rispetto alla base occupazionale media riferita al periodo 1° agosto 2001-31 luglio 2002, nell’importo di:

-        100 euro mensili per ogni nuovo assunto;

-        150 euro mensili se il nuovo assunto è di età superiore ai 45 anni;

-        ulteriori 300 euro mensili se le assunzioni sono effettuate nelle aree indicate al comma 10 dell’articolo 7 della legge n. 388 del 2000, vale a dire nelle aree di cui all'obiettivo 1 dei Fondi strutturali (regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia), nelle regioni Abruzzo e Molise, nelle aree di crisi e nelle c.d. zone cuscinetto, individuate ai sensi dell’articolo 4, comma 3, della legge n. 448 del 1998.

Per il credito d’imposta così disciplinato, si stabilisce un limite finanziario complessivo di 125 milioni di euro per ciascun anno del periodo 2003-2006.

Il comma 2 dell'articolo 63 citato specifica i termini per l’attribuzione e la fruizione del credito d’imposta, ai sensi della disciplina dettata dal comma 1.

Per maturare il diritto al credito d’imposta il comma 3 dell’articolo 63 prevede una procedura specifica, che impone ai datori di lavoro di presentare una apposita istanza preventiva al Centro operativo di Pescara dell’Agenzia delle entrate, contenente tutte le informazioni occorrenti per stabilire la base occupazionale di riferimento e il numero, la tipologia, la decorrenza e la durata dell’assunzione.

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 30 gennaio 2003 è stato approvato il modello di istanza preventiva per l’attribuzione del credito di imposta per l’incremento dell’occupazione, da inviare all’Agenzia delle entrate ai sensi del comma 3. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 20 giugno 2003 è stato stabilito il termine iniziale di presentazione delle istanze.

Il credito d’imposta può essere fruito solo dopo l’espresso atto di assenso adottato dall'Agenzia delle entrate entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dell’istanza. L’Agenzia decide in funzione dei dati raccolti, anche in ordine alla proiezione degli effetti finanziari sugli anni successivi e in considerazione dei limiti di spesa progressivamente impegnati nel corso dell’anno in ragione dei contributi via via assegnati. Per la gestione delle istanze da parte dall'Agenzia delle entrate, il comma 3 rimanda alla disciplina dettata dal D.M. Finanze del 3 agosto 1998, n. 311.

 


Articolo 1, comma 413
(Credito di imposta per gli investimenti e le assunzioni nel Sud)

 

413. Al comma 8 dell’articolo 10-ter del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, dopo le parole: «legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni,» sono inserite le seguenti: «in attuazione delle disposizioni dettate dall’articolo 66, comma 1, della citata legge n. 289 del 2002 e».

 

 

Il comma 413 integra l’articolo 10-ter, comma 8, del decreto legge n. 203/05, disponendo che il finanziamento degli interventi previsti dalla legislazione vigente in favore del settore bieticolo-saccarifero e del settore della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici, che attingano dalle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, avvenga nel rispetto della disciplina sul sostegno alle filiere agroalimentari, recato dalla legge n. 289/2002.

 

L’articolo 10-ter, comma 8, del decreto-legge n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005, dispone che gli interventi di cui alla legge n. 700 del 1983 (relativa al risanamento e al riordino produttivo e commerciale del settore bieticolo-saccarifero) e alla legge n. 266 del 1997 (relativa alla trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici) possono essere finanziati a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui agli art. 60 e 61 della legge 289/2002, secondo criteri stabiliti dal CIPE.

 

L’intero art. 66 della legge n. 289 del 2002 è diretto ad assicurare un sostegno alle filiere agroalimentari, agevolando investimenti o favorendo la capitalizzazione delle imprese del comparto dell’agroindustria.

In particolare con il comma 1 è assegnato al Ministro delle politiche agricole di promuovere la definizione di contratti di filiera, in qualche modo assimilabili ai contratti di programma, attingendo alle risorse destinate alle cosiddette “aree sottoutilizzate”, coincidenti territorialmente con le aree depresse. Le finalità da perseguire sono quelle di favorire l’integrazione dei diversi soggetti partecipanti ad una medesima filiera del sistema agroalimentare e di rafforzare i distretti agroalimentari; gli operatori coinvolti potranno anche rivestire la forma associativa.

Per la conclusione dei contratti di filiera è richiesto che siano soddisfatti i seguenti requisiti:

-        sia rispettata la programmazione regionale;

-        i contratti abbiano una rilevanza nazionale;

-        abbiano carattere interprofessionale (cioè prevedano la partecipazione dei rappresentanti di due o più categorie professionali - produttori, trasformatori, distributori- di una medesima filiera produttiva);

-        siano coerenti con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato in agricoltura;

-        rientrino nel limite finanziario complessivo che sarà fissato con delibera del CIPE in sede di ripartizione del Fondo per le aree sottoutilizzate, in attuazione degli articoli 60 e 61 della stessa legge n. 289.

Relativamente a tale Fondo unico per il mezzogiorno di cui all'ultimo punto, l’articolo 61 dispone che le sue risorse siano ripartite dal CIPE esclusivamente tra gli interventi previsti da leggi sostanziali le cui risorse siano confluite nel fondo stesso: l'allegato 1 all'art. 61 include anche la Legge 208 del 1998 sullo sviluppo sociale ed economico delle aree depresse del territorio nazionale. Nel corso degli anni tali risorse sono state assegnate dal Cipe, per quanto qui rileva, anche al settore della programmazione negoziata. In sede di allocazione delle risorse inoltre il Cipe potrà decidere ai sensi dell’articolo 60 della finanziaria 2003, ovvero in base allo stato di attuazione degli interventi finanziati o alle esigenze espresse dal mercato.

Quanto al Fondo per le aree sottoutilizzate, trattasi del fondo istituito dalla legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), la quale ha concentrato le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate in due fondi di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, co. 1, c.d. Fondo MEF) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, co. 3, c.d. Fondo MAP).

Nel Fondo MEF, sono confluite le risorse relative all’intervento straordinario nel Mezzogiorno; all’intervento ordinario nelle aree depresse; al Fondo per l’imprenditoria giovanile e ai crediti di imposta per investimenti e per nuove assunzioni. Nel Fondo MAP, sono confluite le risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate specificamente agli interventi nelle aree sottoutilizzate, vale a dire, le risorse relative alle legge n. 488/1992 e agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area).

Al CIPE è attribuita la facoltà, con proprie deliberazioni, di ripartire la dotazione di ciascun Fondo tra gli interventi in esso compresi, nonché di modificare l’allocazione degli stanziamenti relativi ai due Fondi, trasferendo risorse dall’uno all’altro. In tal caso, il CIPE deve essere presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

La diversa allocazione delle risorse tra i due fondi è deliberata dal CIPE in relazione allo stato di attuazione degli interventi finanziari, alle esigenze espresse dal mercato in merito alle singole misure di incentivazione. L’articolo 4, comma 130, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003) prevede, inoltre, che la diversa allocazione delle risorse effettuata dal CIPE tenga conto anche della finalità di accelerazione della spesa in conto capitale.

 


Articolo 1, comma 414
(Interventi I.S.A. nel settore del commercio e della trasformazione di prodotti agricoli)

 

414. Al comma 132-ter dell’articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, introdotto dall’articolo 10-ter, comma 11, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, le parole da: «eventualmente integrati» fino alla fine del comma sono soppresse.

 

 

Il comma 414 sopprime le disposizioni di cui all’art. 2, co. 132-ter della legge 662/96, nella parte in cui attribuisce all’Istituto sviluppo agroalimentare (I.S.A.) S.p.A. la possibilità di avvalersi, per l’esercizio delle sue funzioni, anche delle risorse attribuite al Fondo per le aree sottoutilizzate.

 

L’Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA) S.p.A., istituito nell’ottobre 2004, è la finanziaria per il settore agricolo e dell’industria alimentare, destinata a subentrare alla società Sviluppo Italia nello svolgimento delle attività che la stessa attualmente svolge nel comparto agricolo, agro-alimentare, e agro-industriale.

Inizialmente posseduta per una quota del al 60% da ISMEA e per il restante 40% da Sviluppo Italia, avrà il compito di assumere partecipazioni in società operanti in agricoltura e nell’agro-alimentare e di erogare assistenza e consulenza nel settore finanziario ad aziende e enti pubblici e privati. Gli interventi attualmente gestiti da Sviluppo Italia sono attuati attraverso un ingresso minoritario nel capitale sociale aziendale per un periodo di tempo limitato, e con la concessione di finanziamenti a tasso agevolato.

Il decreto-legge n. 35/2005 (Disposizioni urgenti nell’ambito del piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 80/2005, ha disciplinato l’attività e il funzionamento dell’ISA. In particolare, l’art. 10-ter, commi 1 e 2 ha configurato un ruolo specifico per l’Istituto relativamente alla valutazione, ammissione e gestione dei contratti di filiera e dei contratti di programma, nei quali siano presenti iniziative specifiche per il settore agricolo e agroalimentare. In entrambi i casi restano comunque ferme le competenze attribuite al CIPE in merito all’approvazione di entrambi gli strumenti di programmazione negoziata.Il comma 9 dell’art. 10-ter ha quindi autorizzato il Ministero delle politiche agricole e forestali ad acquistare dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) e da Sviluppo Italia S.p.A. le partecipazioni da entrambi possedute nell’ISA, allo scopo potendo utilizzare gli stanziamenti del Fondo unico per gli investimenti del Ministero medesimo.

Da ultimo è intervenuto l’articolo 10-ter del decreto legge n. 203/05, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005, ha disposto iltrasferimento alla medesima ISA di talune risorse patrimoniali, delle quali può attualmente disporre Sviluppo Italia, con il contestuale passaggio al Ministero delle politiche agricole della quota di partecipazione attualmente detenuta da Sviluppo Italia in ISA. In particolare, il comma 11 (che ha sostituito con tre nuovi commi il comma 132 dell’articolo 2 della legge n. 662 del 1996) ha previsto che ISA S.p.A., nell'ambito delle operazioni di acquisizione delle partecipazioni azionarie e di erogazioni di finanziamenti a società ed organismi operanti nel settore della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, possa definire condizioni compatibili con i principi di economia di mercato e stipulare appositi accordi con i quali, tra l'altro, gli altri soci, o eventualmente terzi, si impegnano a riscattare al valore di mercato, nel termine stabilito dal relativo piano specifico di intervento, le azioni o le quote sociali acquisite (comma 132). Con le medesime modalità ISA Spa può partecipare ad iniziative promosse da società, enti, fiere ed altri organismi allo scopo di predisporre studi, ricerche, programmi di promozione e di potenziamento dei circuiti commerciali dei prodotti agricoli ed agroindustriali (comma 132-bis). Il comma 132-ter, infine, prevede che per le finalità di cui ai commi 132 e 132-bis, ISA Spa si avvale dei propri fondi, eventualmente integrati con le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate (di cui agli articoli 60 e 61 della legge n. 289 del 2002) secondo criteri stabiliti dal CIPE.

 


Articolo 1, commi 415-416
(Servizio idrico integrato nel Mezzogiorno)

 


415. Al fine di promuovere l’attuazione di investimenti e la gestione unitaria del servizio idrico integrato sul complesso del territorio di ciascun ambito territoriale ottimale nelle aree sottoutilizzate del Mezzogiorno, il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), in sede di riparto della dotazione aggiuntiva del fondo per le aree sottoutilizzate di cui all’articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, accantona un’apposita riserva premiale, pari a 300 milioni di euro, da riconoscere per spese in conto capitale, proporzionalmente alla popolazione, ai comuni e alle province che, consorziati o associati per la gestione degli ambiti territoriali ottimali di cui all’articolo 8 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, risultino avere affidato e reso operativo il servizio idrico integrato a un soggetto gestore individuato in conformità alle disposizioni dell’articolo 113 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.

416. Il CIPE, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con successiva delibera, su proposta dei Ministri dell’economia e delle finanze e dell’ambiente e della tutela del territorio, determina i criteri di riparto e di assegnazione della riserva premiale ai comuni e alle province le cui gestioni risultino affidate entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge secondo le disposizioni di cui al comma 415, favorendo criteri di mercato e tempestività.


 

 

I due commi 415 e 416 autorizzano il CIPE ad accantonare – nell’ambito delle risorse aggiuntive del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'art. 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 - una quota pari a 300 milioni di euro, destinata a “premiare” i comuni e le province che, consorziati o associati per la gestione degli ambiti territoriali ottimali di cui all'art. 8 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, risultino avere affidato entro nove mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria[83]- vale a dire entro il 30 settembre 2006 - il servizio idrico integrato a un soggetto gestore individuato in conformità alle disposizioni dell'articolo 113 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, vale a dire con gara.

Per quanto riguarda i soggetti beneficiari delle disposizioni in commento, occorre chiarire che l’art. 113 del decreto legislativo n. 267 del 2000 prevede che i servizi pubblici siano affidati tendenzialmente attraverso gare ad evidenza pubblica. A ciò è collegata la previsione della cessazione delle concessioni che non sono state rilasciate attraverso gare ad evidenza pubblica. Sono peraltro fatte salve una serie di ipotesi di concessioni. In ogni caso, ciò che appare fondamentale, ai fini dell’assegnazione di una quota della riserva premiale, è che i comuni e le province abbiano affidato ad un unico soggetto gestore il servizio idrico.

Non è peraltro sufficiente che il servizio sia stato affidato secondo le modalità appena citate, per poter concorrere al riparto delle risorse premiali previste, ma è necessario altresì che il servizio sia anche operativo (anche se resta da chiarire cosa si intenda per operativo, cioè in quale esatto momento il servizio deve essere considerato operativo: nel momento della costituzione della società di gestione oppure in quello dell’erogazione del servizio).

La finalità delle disposizioni , pertanto, quella di promuovere l'attuazione di investimenti e la gestione unitaria del servizio idrico integrato nelle aree sottoutilizzate[84] del Mezzogiorno, fornendo un incentivo a quei comini ancora in ritardo nell’attuzione della legge n. 36 del 1994 (cosiddetta legge Galli).

La quota prevista dovrà riguardare spese in conto capitale e dovrà essere assegnata dal CIPE in sede di riparto della dotazione aggiuntiva del Fondo per le aree sottoutilizzate.

Secondo quanto stabilito dal comma 416, i criteri per il riparto e l’assegnazione della riserva premiale sono fissati dal CIPE, su proposta dei Ministri dell’economia e finanze e dell’ambiente, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria[85].

Un criterio è peraltro già indicato dal comma 415 e riguarda la necessità di assegnare i contributi in proporzione alla popolazione dei comuni e delle province.

Si fa presente che i due commi riproducono il contenuto dell’art. 9, commi 1 e 2, del disegno di legge competitività, trasmesso al Senato per il relativo esame (AS 3533).

Si ricorda che l’art. 8 della legge n. 36 del 1994 dispone al comma 1 che i servizi idrici siano riorganizzati sulla base di ambiti territoriali ottimali (ATO) delimitati secondo i seguenti criteri: rispetto dell'unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto delle previsioni e dei vincoli contenuti nei piani regionali di risanamento delle acque di cui alla legge 10 maggio 1976, n. 319, e successive modificazioni, e nel piano regolatore generale degli acquedotti, nonché della localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati; superamento della frammentazione delle gestioni; conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative Il comma 2 prevede che le regioni, sentite le province interessate, nonché le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito delle attività di programmazione e di pianificazione previste dagli articoli 3 e 17 della legge n. 183 del 1989, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, provvedono alla delimitazione degli ATO. L’art. 9 dispone invece che i comuni e le province di ciascun ATO di cui all'art. 8, entro il termine perentorio di sei mesi dalla delimitazione dell'ambito medesimo, organizzano il servizio idrico integrato, come definito dall'art. 4, comma 1, lett. f), al fine di garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità. I comuni e le province provvedono alla gestione del servizio idrico integrato mediante le forme, anche obbligatorie, previste dalla legge n. 142 del 1990. Gli artt. 25 e 26-bis della legge n. 142 prevedono, poi, la possibilità per i comuni e le province di esercitare loro funzione attraverso consorzi o associati tra loro.

Si segnala che nell’ultima relazione del Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche per l’anno 2004, ed i cui dati sono sostanzialmente in linea con quelli dell’anno precedente, emerge che dopo circa dieci anni di applicazione della legge Galli (n. 36/1994), l’attuazione del servizio idrico integrato in Italia non è ancora completa, ma procede lentamente: se sono state costituite 87 Autorità rispetto ai 91 ambiti territoriali (mancano l’Alto “Piemonte 1” e 3 ambiti del Friuli Venezia Giulia), continuano ad essere lenti gli adempimenti successivi, soltanto 66 Autorità hanno approvato il piano d’ambito e appena 46 (poco più della metà) hanno perfezionato gli affidamenti del servizio idrico integrato. La situazione è più grave al Sud ove si sono registrati 7 affidamenti su un totale di 22. La relazione sottolinea poi come la gran maggioranza di tali affidamenti ha scelto la formula del partenariato pubblico-privato, affidando il servizio a una s.p.a mista, per quelli restanti si è optato per un affidamento a s.p.a pubblica e solo l’ATO di Frosinone, che ha proceduto all’affidamento da anni, ha aggiudicato il servizio sulla base di una gara.

In relazione, infine, al Fondo per le aree sottoutilizzate, giova ricordare che la legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002) ha concentrato le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate in due fondi di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, co. 1) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, co. 3)[86].

In particolare, ai sensi dell’Allegato 1 della legge n. 289/2002, il Fondo per le aree sottoutilizzate del Ministero dell’economia, di cui all’art. 61 della legge n. 289 del 2002 (c.d. Fondo MEF), è costituito dall’insieme delle risorse relative alle seguenti leggi:

-          legge n. 64 /1986, Intervento straordinario nel Mezzogiorno;

-          legge n. 208/1998, art. 1, co. 1, Intervento ordinario nelle aree depresse (istitutiva del Fondo aree depresse);

-          legge n. 488/1999, art. 27, co. 11, Fondo per l’imprenditoria giovanile;

-          legge n. 388/2000, art. 8, Credito di imposta per investimenti;

-          legge n. 388/2000, art. 7, Credito di imposta per nuovi assunti.

Ai sensi del comma 217 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004, l’elenco degli strumenti che confluiscono nel Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all’Allegato 1 della legge n. 289/2002, è stato esteso anche:

-        alle agevolazioni concesse ai sensi dei commi 215-216 dell’art. 1 della medesima legge n. 311/2004, per favorire l’attrazione degli investimenti nelle aree sottoutilizzate;

-        agli interventi previsti dai commi da 219-220 della legge n. 311/2004, che dispongono finanziamenti all'Istituto italiano per gli studi storici e all'Istituto italiano per gli studi filosofici per attività di ricerca e formazione per la promozione dell'integrazione europea e mediterranea del Mezzogiorno.

Il Fondo per le aree sottoutilizzate, allocato nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, nella U.P.B. 4.2.3.27, capitolo 7576, è annualmente rifinanziato dalla Tabella D della legge finanziaria.

La disciplina in materia di Fondi per le aree sottoutilizzate attribuisce al CIPE la facoltà, con proprie deliberazioni, di ripartire la dotazione aggiuntiva annuale di ciascuno dei due Fondi tra gli interventi in essi compresi[87].

Ai sensi del comma 4 dell’art. 61 della legge n. 289/2002, le risorse assegnate dal CIPE ai diversi settori di intervento costituiscono limiti massimi di spesa, come previsto dall’articolo 11-ter, comma 6-bis, della legge n. 468/1978. Il CIPE può altresì modificare l’allocazione degli stanziamenti relativi ai due Fondi, trasferendo risorse dall’uno all’altro. In tal caso, il CIPE deve essere presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

La diversa allocazione delle risorse tra i due fondi deve essere deliberata dal CIPE in relazione allo stato di attuazione degli interventi finanziari e alle esigenze espresse dal mercato in merito alle singole misure di incentivazione, tenendo, altresì conto, ai sensi dell’articolo 4, comma 130, lettera a), della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003), della finalità di accelerazione della spesa in conto capitale.

Per quanto concerne le risorse allocate sul Fondo per le aree sottoutilizzate dalla presente legge finanziaria, esse sono pari a 5,5 miliardi di euro.

 


Articolo 1, comma 417
(Interventi di ristrutturazione di imprese della filiera agroalimentare)

 


417. All’articolo 1, comma 3-ter, del decreto-legge 28 febbraio 2005, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2005, n. 71, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A valere sulle risorse del fondo di cui agli articoli 60 e 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, sono individuati dal CIPE interventi per la ristrutturazione di imprese della filiera agro-alimentare, con particolare riguardo a quelle gestite o direttamente controllate dagli imprenditori agricoli».


 

 

Il comma 417 novella l’articolo 1, comma 3-ter, del decreto legge n. 22/2005 (Interventi urgenti nel settore agroalimentare), assegnando al CIPE il compito di individuare interventi per la ristrutturazione di imprese appartenenti alle filiere agroalimentari. La norma sembra attribuire una preferenza, se non una priorità (“con particolare riguardo”), alle imprese controllate da imprenditori agricoli.

Per il finanziamento di tali interventi, la norma in esame fa riferimento alle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (di cui agli artt. 60 e 61 della legge n. 289/2002).

 

Il D.L. 22 febbraio 2005 n. 22 ha disposto, con il menzionato comma 3-ter, in merito ad un rifinanziamento del Fondo di solidarietànazionale – interventi indennizzatori. Al CIPE è stato attribuito il compito di provvedere alla destinazione delle risorse, che vanno individuate all’interno del fondo di cui all’art. 61, co. 1 della legge 289/2002 (cosiddetto Fondo per le aree sottoutilizzate), per la parte attribuita alla gestione del dicastero delle attività produttive.

Il Fondo per le aree sottoutilizzate è stato istituito dalla legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), che ha concentrato le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate in due fondi di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, co. 1, c.d. Fondo MEF) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, co. 3, c.d. Fondo MAP). Nel Fondo MEF sono confluite le risorse relative all’intervento straordinario nel Mezzogiorno, all’intervento ordinario nelle aree depresse, al Fondo per l’imprenditoria giovanile e ai crediti di imposta per investimenti e per nuove assunzioni. NelFondo MAP,sono confluite le risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate specificamente agli interventi nelle aree sottoutilizzate, ossia le risorse relative alle legge n. 488/1992 e agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area). Al CIPE è attribuita la facoltà, con proprie deliberazioni, di ripartire la dotazione di ciascun Fondo tra gli interventi in esso compresi, nonché di modificare l’allocazione degli stanziamenti relativi ai due Fondi, trasferendo risorse dall’uno all’altro. In tal caso, il CIPE deve essere presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

La diversa allocazione delle risorse tra i due fondi è deliberata dal CIPE in relazione allo stato di attuazione degli interventi finanziari e alle esigenze espresse dal mercato in merito alle singole misure di incentivazione. L’articolo 4, comma 130, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003) prevede, inoltre, che la diversa allocazione delle risorse effettuata dal CIPE tenga conto anche della finalità di accelerazione della spesa in conto capitale.

Per una valutazione della ammissibilità degli aiuti alla ristrutturazione con le disposizioni comunitarie, va fatto riferimento agli Orientamenti comunitari sugli aiuti si Stato finalizzati al salvataggio o ristrutturazione delle imprese, che la Commissione ha adottato a decorrere dal 1994, ma che si rivolgono anche al settore agricolo a partire dal 1997[88]. Detti Orientamenti sono stati peraltro sostituiti nel 1999 da una nuova disciplina in materia, più rigorosa e restrittiva della precedente; infine, anche tale versione, scaduta il 9 ottobre 2004, è stata sostituita con gli “Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà” (di cui alla Comunicazione pubblicata nella Gazzetta 2004/C244/02).

I nuovi orientamenti, entrati in vigore il 10 ottobre 2004, disciplinano orizzontalmente gli aiuti di Stato, prevedendo sia una disciplina generale applicabile alle imprese operanti in tutti i settori di attività[89], sia delle norme particolari da applicarsi alle sole piccole e medie imprese o per il settore agricolo, per il quale ultimo va fatto riferimento alla specifica sezione 5.

Alla luce dei menzionati Orientamenti, hanno titolo all’aiuto le imprese in difficoltà, e secondo la Commissione sono tali le imprese che non sono in grado - con le loro risorse o con quelle che possono ottenere da proprietari/azionisti o dai creditori - di contenere le perdite che, in assenza di un intervento esterno delle autorità pubbliche, potrebbero condurle quasi certamente al collasso economico a breve o a medio termine. In linea di principio, sono comunque considerate in difficoltà, a prescindere dalle dimensioni, le società:

-       a responsabilità limitata, qualora abbia perduto più della metà del capitale sociale e la perdita di più di un quarto di tale capitale sia intervenuta nel corso degli ultimi dodici mesi;

-       in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società, qualora abbia perduto più della metà dei suoi fondi propri, quali indicati nei conti della società, e la perdita di più di un quarto del capitale sia intervenuta nel corso degli ultimi dodici mesi;

-       di tutte le forme, qualora ricorrano le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei suoi confronti una procedura concorsuale per insolvenza.

In ogni caso, come si precisa nei nuovi orientamenti, una impresa in difficoltà può beneficiare degli aiuti solo previa verifica della sua incapacità di riprendersi con le proprie forze o con finanziamenti ottenuti dai suoi proprietari/azionisti o da altre fonti sul mercato.

Ai sensi degli orientamenti, presentano profili di incompatibilità con la disciplina comunitaria gli aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese di nuova costituzione (in linea di principio si considera tale una impresa nei primi tre anni dall’avvio dell’attività nel settore interessato) o quelle che fanno parte di un gruppo più grande.

La Commissione disciplina con la medesima comunicazione sia gli aiuti per il salvataggio che gli aiuti alla ristrutturazione, in quanto, pur obbedendo a meccanismi diversi, in entrambi i casi la decisione in merito all’intervento pubblico ha per oggetto una valutazione di imprese in difficoltà.

Per quanto qui rileva, pertanto, gli aiuti per la ristrutturazione possono essere autorizzati in linea generale solo nei casi in cui la concessione non risulti contraria all’interesse comune, e ciò è possibile solo in caso di rispetto di criteri rigorosi e con misure compensativeche minimizzino gli eventuali effetti distorsivi della concorrenza.

Le condizioni da rispettare per la concessione degli aiuti per la ristrutturazione sono:

-       l'ammissibilità dell'impresa, che deve essere un'impresa in difficoltà;

-       la definizione e realizzazione di un piano di ristrutturazione di durata il più limitata possibile;

-       piano che consenta il ripristino della redditività a lungo termine e sulla base di ipotesi realistiche sulle condizioni operative future;

-       l'introduzione di misure compensative - per minimizzare il più possibile gli effetti negativi sui concorrenti -proporzionali all’effetto distorsivo dell’aiuto, alle dimensioni e al peso dell’impresa sui mercati. Peraltro, dette misure, la cui entità deve essere fissata dalla Commissione, di norma non si applicano alle piccole imprese; nel caso invece di imprese attive nel settore agricolo vale l’obbligo di adottare la maggior parte di tali misure, in ragione della maggiore sensibilità del comparto che amplifica gli effetti negativi degli aiuti concessi sugli scambi (cfr. punto 87 della sez. 5);

-       in caso di sovracapacità strutturale di una impresa operante nel comparto agricolo si applicano le specifiche misure di riduzione (di cui alla sez. 5.4);

-       l'importo e l'intensità dell'aiuto devono essere limitati allo stretto necessario. I beneficiari dovranno, pertanto contribuire in maniera significativa al piano di ristrutturazione sia con fondi propri che con finanziamenti esterni;

-       l'imposizione da parte della Commissione di condizioni ed obblighi specifici;

-       la piena attuazione del programma di ristrutturazione ;

-       il controllo che la Commissione deve potere effettuare sull'avanzamento del piano di ristrutturazione sulla base di relazioni regolari e particolareggiate, trasmesse dallo Stato membro.

Nei nuovi orientamenti viene, inoltre, ulteriormente rafforzato il principio dell’aiuto “una tantum” al fine di evitare che si ricorra alla concessione ripetuta di aiuti allo scopo di tenere in vita le imprese. Pertanto, gli aiuti sia per il salvataggio che per la ristrutturazione possono essere concessi una sola volta e lo Stato membro, all’atto della notifica alla Commissione di un progetto di aiuto è tenuto a precisare se l’impresa abbia ottenuto in passato aiuti. L’arco temporale cui fare riferimento è di norma 10 anni; tuttavia, per le imprese agricole tale periodo è ridotto a 5 anni.


Articolo 1, commi 418-420
(Concentrazione di imprese ed estensione
del contributo alle imprese agricole)

 


418. All’articolo 9, comma 1, lettera b), del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La concentrazione si considera realizzata anche attraverso il controllo di società di cui all’articolo 2359 del codice civile, la partecipazione finanziaria al fine di esercitare l’attività di direzione e coordinamento ai sensi degli articoli 2497 e seguenti del codice civile e la costituzione del gruppo cooperativo previsto dall’articolo 2545-septies del codice civile».

419. All’articolo 9 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, dopo il comma 6 è inserito il seguente:

«6-bis. Il contributo di cui al comma 1 è esteso agli imprenditori agricoli».

420. All’articolo 9 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo le parole: «giovani imprenditori agricoli,» sono inserite le seguenti: «anche organizzati in forma societaria,»;

b) al comma 2, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: «Le società subentranti, alla data di presentazione della domanda, devono avere la sede legale, amministrativa ed operativa nei territori di cui all’articolo 2».


 

 

Il comma 418 dell’articolo 1 estende ad altre fattispecie, espressamente indicate, la nozione di “concentrazione”, rilevante per l’attribuzione del credito d’imposta previsto dall’articolo 9 del decreto-legge n. 35 del 2005 in favore delle microimprese e delle piccole e medie imprese che partecipino a processi di concentrazione.

 

Il richiamato articolo 9 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, prevede infatti, in favore delle microimprese e delle piccole e medie imprese – definite secondo i criteri dell’Unione europea – che partecipino a processi di concentrazione, l'erogazione di un credito d’imposta, utilizzabile esclusivamente in compensazione, pari al 50 per cento delle spese sostenute per studi e consulenze relativi alle operazioni di concentrazione stesse.

 

Nel dettaglio, il citato articolo 9 attribuisce alle imprese rientranti nella definizione comunitaria di microimprese, piccole e medie imprese, di cui alla raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, che prendono parte a processi di concentrazione, nel rispetto delle condizioni previste nel regolamento (CE) n. 70/2001 del 12 gennaio 2001 della Commissione, un contributo nella forma di credito d’imposta pari al 50 per cento delle spese sostenute per studi e consulenze, inerenti all'operazione di concentrazione e comunque in caso di effettiva realizzazione dell'operazione, secondo le condizioni che seguono:

a)    il processo di concentrazione deve essere ultimato, avuto riguardo agli effetti civili, nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del citato decreto-legge e i ventiquattro mesi successivi;

b)    l'impresa risultante dal processo di concentrazione, comunque operata, ovvero l'aggregazione fra singole imprese, deve rientrare nella definizione di piccola e media impresa di cui alla raccomandazione della Commissione europea del 6 maggio 2003;

c)    tutte le imprese che partecipano al processo di concentrazione devono aver esercitato attività omogenee nel periodo d'imposta precedente alla data in cui è ultimato il processo di concentrazione o aggregazione ed essere residenti in Stati membri dell'Unione europea ovvero dello Spazio economico europeo.

 

Il comma 1-bis dello stesso articolo 9 (cui più precisamente avrebbe dovuto riferirsi la disposizione qui illustrata) specifica la definizione di "concentrazione" per l'applicazione delle disposizioni previste dal medesimo articolo.

Viene pertanto precisato che, al fine della concessione del contributo suddetto, s’intendono per concentrazione:

a)   l’aggregazione di più imprese che dà luogo alla costituzione di un’unica impresa;

b)   l’incorporazione, da parte di un'impresa, di un'altra o di altre imprese;

 

Ai sensi dell'articolo 2501 del codice civile, la fusione di più società può eseguirsi o mediante la costituzione di una nuova società, come nel caso indicato alla lettera a), o mediante l'incorporazione in una società di una o più altre, come nel caso contemplato dalla lettera b).

 

c)   le aggregazioni di più imprese – su base contrattuale – per l'organizzazione in comune di attività imprenditoriali rilevanti;

d)   la creazione di consorzi, con cui più imprenditori istituiscono una organizzazione comune per lo svolgimento di fasi rilevanti dell’attività delle rispettive imprese.

 

Questa definizione di consorzio coincide con quella, di carattere più generale, dettata dall'articolo 2602 del codice civile, in base alla quale con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un'organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese.

 

e)   le ulteriori forme che favoriscano la crescita dimensionale delle imprese.

 

Il comma 418 qui illustrato aggiunge ora all'articolo 9, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 35 del 2005 un periodo, a tenore del quale la concentrazione si considera realizzata anche attraverso:

a)    il controllo di società, secondo quanto previsto dall'articolo 2359 del codice civile;

 

Ai sensi del richiamato articolo 2359 del codice civile sono considerate società controllate:

1)    le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2)    le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3)    le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Per l'applicazione dei numeri 1) e 2) si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

Sono invece considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.

 

b)    la partecipazione finanziaria al fine di esercitare l'attività di direzione e coordinamento ai sensi degli articoli 2497 e seguenti del codice civile;

 

Il capo IX del libro quinto del codice civile (articoli 2497 e seguenti) prevede norme in tema di direzione e coordinamento di società. In particolare, l’articolo 2497-sexies stabilisce che si presume, salva prova contraria, che l'attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci o che comunque le controlla ai sensi dell'articolo 2359. Il successivo articolo 2497-septies prescrive l’applicazione delle disposizioni del medesimo capo alla società o all'ente che, fuori dalle ipotesi indicate all'articolo 2497-sexies, esercita attività di direzione e coordinamento di società sulla base di un contratto con le società medesime o di clausole dei loro statuti.

 

c)    la costituzione del gruppo cooperativo previsto dall'articolo 2545-septies del codice civile.

 

Ai sensi del richiamato articolo 2545-septies del codice civile, in tema di gruppo cooperativo paritetico, il contratto con cui più cooperative appartenenti anche a categorie diverse regolano, anche in forma consortile, la direzione e il coordinamento delle rispettive imprese deve indicare:

1)    la durata;

2)    la cooperativa o le cooperative cui è attribuita direzione del gruppo, indicandone i relativi poteri;

3)    l'eventuale partecipazione di altri enti pubblici e privati;

4)    i criteri e le condizioni di adesione e di recesso dal contratto;

5)    i criteri di compensazione e l'equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti dall'attività comune.

La cooperativa può recedere dal contratto senza che ad essa possano essere imposti oneri di alcun tipo qualora, per effetto dell'adesione al gruppo, le condizioni dello scambio risultino pregiudizievoli per i propri soci.

Le cooperative aderenti ad un gruppo sono tenute a depositare in forma scritta l'accordo di partecipazione presso l'albo delle società cooperative.

 

Si ricorda che una classificazione delle diverse tipologie di concentrazione è altresì rinvenibile nell'articolo 5 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante "Norme per la tutela della concorrenza e del mercato". Tale classificazione, tuttavia, differisce da quella adottata dal comma 1-bis sopra richiamato, anche perché dettata con diversa finalità (tutela della concorrenza).

In particolare, ai sensi del comma 1 dell'articolo 5 citato, l'operazione di concentrazione si realizza:

a)    quando due o più imprese procedono a fusione;

b)    quando uno o più soggetti in posizione di controllo di almeno un'impresa ovvero una o più imprese acquisiscono direttamente o indirettamente, sia mediante acquisto di azioni o di elementi del patrimonio, sia mediante contratto o qualsiasi altro mezzo, il controllo dell'insieme o di parti di una o più imprese;

c)    quando due o più imprese procedono, attraverso la costituzione di una nuova società, alla costituzione di un'impresa comune.

Ai sensi del successivo comma 3, le operazioni aventi quale oggetto o effetto principale il coordinamento del comportamento di imprese indipendenti non danno luogo a una concentrazione.

 

Il successivo comma 419 dell’articolo 1 integra il medesimo articolo 9 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, al fine di estendere anche agli imprenditori agricoli il credito d’imposta ivi previsto per le microimprese, le piccole e medie imprese che si impegnano in processi di concentrazione.

 

Per l’individuazione della figura soggettiva dell’imprenditore agricolo, va richiamato l’articolo 2135 del codice civile (modificato dall’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228), in base al quale è tale chiunque eserciti una delle seguenti attività:

-      coltivazione del fondo;

-      selvicoltura:

-      allevamento di animali;

-      attività connesse.

Per coltivazione del fondo, selvicoltura o allevamento di animali s’intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico, o di una fase necessaria al ciclo stesso, che utilizzino o possano utilizzare il fondo, il bosco, o le acque dolci, salmastre o marine.

Per “attività connesse” s’intendono le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti che l’imprenditore abbia ottenuto in prevalenza dalla coltivazione del fondo o del bosco, o dall'allevamento di animali. Sono parimenti “attività connesse” anche quelle dirette alla fornitura di beni o servizi, che siano svolte con il prevalente utilizzo di attrezzature o risorse aziendali normalmente impiegate nell'attività agricola; rientrano pertanto fra le attività connesse anche le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione e ospitalità.

Infine, si considerano imprenditori agricoli anche le cooperative di imprenditori agricoli e i loro consorzi, quando utilizzino, per lo svolgimento delle attività sopra illustrate, prevalentemente prodotti dei soci, oppure ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura e allo sviluppo del ciclo biologico (articolo 1, comma 2, del citato decreto legislativo n. 228 del 2001).

 

Il comma 420 dell’articolo 1 estende anche alle società di giovani imprenditori agricoli i benefìci previsti dal decreto legislativo n. 185 del 2000 in favore dell’imprenditorialità giovanile in agricoltura.

Si tratta di contributi a fondo perduto e mutui agevolati per la realizzazione di investimenti, di contributi a fondo perduto relativi alla gestione, di interventi di assistenza tecnica e di attività di formazione e qualificazione. Contestualmente si precisa che le società, per poter beneficiare di tali contributi, dovranno avere la sede legale, amministrativa e operativa nei territori destinatari degli interventi a favore dell'imprenditorialità giovanile e dell'autoimpiego, vale a dire nelle regioni comprese nell’obiettivo 1, nelle aree del Centro-Nord comprese nell'obiettivo 2, nelle aree alle quali si applica la deroga per gli aiuti di Stato a finalità regionale e nelle aree svantaggiate.

 

Il decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, ha disciplinato i nuovi incentivi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego nel Mezzogiorno, che hanno sostituito, rispettivamente, le precedenti forme di agevolazione all’imprenditorialità giovanile e il prestito d’onore. In particolare, nel titolo I sono state riunite le diverse forme di agevolazione in favore dell’imprenditorialità giovanile, nei diversi settori. Nel titolo II (autoimpiego), oltre al già esistente “prestito d’onore”, sono stati previsti incentivi per le nuove tipologie di autoimpiego in forma di microimpresa e in forma di franchising.

Per entrambe le forme di imprenditorialità, l’ambito territoriale di applicazione è stato ampliato rispetto alla disciplina precedente ed esteso a tutte le aree obiettivo 1 e 2 dei fondi comunitari (programmazione 2000-2006), alle aree ammesse alla deroga per gli aiuti di Stato a finalità regionale (art. 87.3.c. del Trattato), nonché alle c.d. “aree svantaggiate”, di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 14 marzo 1995, e successive modificazioni. L’articolo 67 della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002) ha infine esteso le agevolazioni per la sola imprenditorialità giovanile ai comuni montani del Centro-Nord con meno di 5.000 abitanti.

L’articolo 9 del decreto legislativo n. 185 del 2000, in particolare, definisce i soggetti beneficiari delle misure in favore della nuova imprenditorialità in agricoltura, e individua tali soggetti nei giovani agricoltori, che subentrino nella conduzione dell’azienda agricola ad un familiare e presentino progetti per lo sviluppo o il consolidamento di iniziative nei settori della produzione, commercializzazione e trasformazione di prodotti in agricoltura. Precedentemente alla novella introdotta dal D.L. n. 35 del 2005 (noto come Decreto sulla competitività) l’età richiesta ai giovani era compresa fra i 18 e 35 anni; è ora sufficiente che, ai sensi dell’articolo 8 del regolamento CE n. 1357/00, il giovane agricoltore non abbia compiuto i 40 anni.

Quanto ai benefìci, le agevolazioni previste dal comma 1 dell’articolo 3 assumono la forma di:

a)    contributi a fondo perduto e mutui agevolati per gli investimenti, secondo i limiti fissati dall’Unione europea;

b)    contributi a fondo perduto in conto gestione, secondo i limiti fissati dall’Unione europea;

c)    assistenza tecnica in fase di realizzazione degli investimenti e di avvio delle iniziative;

d)    attività di formazione e qualificazione dei profili imprenditoriali, funzionali alla realizzazione del progetto.

 

Giova segnalare che da ultimo il decreto-legge n. 35 del 2005 (con l’articolo 8, comma 7) ha introdotto nell’articolo 3 del decreto legislativo n. 185 del 2000 un comma 1-bis, il quale dispone che alle indicate agevolazioni si applichino i massimali previsti dalla normativa comunitaria per gli investimenti operati da giovani imprenditori agricoli. Inoltre, per le iniziative nel settore della produzione agricola, viene precisato che il mutuo agevolato ha una durata, comprensiva del periodo di preammortamento, non superiore a quindici anni.

 


Articolo 1, comma 421
(Programma agevolato per la produzione di biodiesel)

 


421. All’articolo 21, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al terzo periodo, le parole: «un contingente annuo di 200.000 tonnellate» sono sostituite dalle seguenti: «un contingente di 200.000 tonnellate di cui 20.000 tonnellate da utilizzare su autorizzazioni del Ministero dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministero delle politiche agricole e forestali, a seguito della sottoscrizione di appositi contratti di coltivazione, realizzati nell’ambito di contratti quadro, o intese di filiera»;

b) dopo il quarto periodo, è inserito il seguente: «Con il medesimo decreto è altresì determinata la quota annua di biocarburanti di origine agricola da immettere al consumo sul mercato nazionale».


 

 

Il comma 421 dell’articolo 1 modifica l’articolo 21, comma 6, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi, emanato con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, riguardante l’accisa sul biodiesel.

Le modificazioni apportate prevedono:

a)      che, nell'ambito di un programma della durata di sei anni (1° gennaio 2005- 31 dicembre 2010), del contingente annuo di 200.000 tonnellate di biodiesel, puro o miscelato con olî minerali, esentato dall'accisa, una quota sino a 20.000 tonnellate sia utilizzata su autorizzazione del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali, a seguito della sottoscrizione di appositi contratti di coltivazione, realizzati nell'ambito di contratti quadro o intese di filiera.

La disposizione limita quindi a tale ambito la possibilità di partecipazione al programma di produzione del biodiesel esente da accisa;

b)      che con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, che determina i requisiti degli operatori e degli impianti ammessi a partecipare al suddetto programma, nonché le caratteristiche fiscali del prodotto e le modalità di distribuzione e di assegnazione dei quantitativi esenti agli operatori, sia altresì determinata la quota annua di biocarburanti di origine agricola da immettere al consumo sul mercato nazionale.

L’articolo 21, comma 6, del decreto legislativo n. 504 del 1995 ("Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative")[90], nel disciplinare i prodotti sottoposti ad accisa, prevede, nell’ambito di uno specifico programma, un’esenzione dall’accisa per il biodiesel puro o miscelato con olî minerali a decorrere dal 1° gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, nei limiti di un contingente annuo di 200.000 tonnellate. L’esenzione si applica al prodotto utilizzato sia come carburante, sia come combustibile, come additivo, oppure anche solo per accrescere il volume finale dei carburanti o dei combustibili.

Il biodiesel, ottenuto da olî vegetali di colza, soia o girasole, è un carburante particolarmente versatile e di impiego immediato. Può essere utilizzato subito come sostituto del gasolio, puro o in miscela con quest’ultimo, come carburante nel settore dei trasporti e come combustibile per il riscaldamento senza modificare motori o caldaie.

Il biodiesel è definito dalle specifiche internazionali CEN con la sigla FAME (Fatty Acid Methyl Esters) con le due differenti caratteristiche di combustibile per uso trazione (prEN14214-UNI10946) e riscaldamento (prEN14213-UNI10947).

La produzione italiana di biodiesel, in costante aumento, dovrebbe raggiungere nel breve termine, secondo le valutazioni dell’Associazione italiana produttori biodiesel, le 300.000 tonnellate annue, a fronte di una produzione europea di circa un milione di tonnellate annue.

In particolare nel programma nazionale sui biocombustibili (Probio), approvato con la del CIPE n. 27/2000 in attuazione dell’art. 3 della legge n. 423 del 1998, si precisa che il termine «biocombustibili» individua, nella sua accezione più ampia, l'insieme di quelle biomasse o prodotti derivanti dalle biomasse che presentano caratteristiche fisico-chimiche tali da renderli utilizzabili in processi di combustione od altra trasformazione termochimica.

I biocombustibili, in funzione del loro stato, possono essere classificati in: solidi (legno, paglie, pallets, etc.), liquidi (olî vegetali, alcoli, eteri, esteri, etc.), gassosi (biogas da digestione anaerobica etc.). Un ulteriore metodo di classificazione divide i biocombustibili in biomasse tal quali (ad es. paglia) e in combustibili derivanti da una qualche trasformazione di biomasse tal quali (ad es. pallets).

Per biomassa, infine, in base al D.Lgs. n. 128 del 2005[91], deve intendersi la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura, comprendente sostanze vegetali e animali, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.

 

Si fa presente che l’uso del termine biocombustibile non è equivalente a quello di biocarburante, indicando il primo qualunque combustibile, per uso trazione o per uso riscaldamento, ricavato da biomassa.

 

Ulteriori disposizioni sono state introdotte dall’articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2 (interventi urgenti per i settori dell’agricoltura, dell’agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d’impresa), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, che ha disposto incentivi per la produzione e la commercializzazione di bioetanolo per un periodo di sei anni, decorrenti dal 1º gennaio 2008.

Il comma 2 ha inoltre previsto, dal 1º luglio 2006, a carico dei produttori di carburanti diesel e di benzina, l’obbligo di immettere al consumo biocarburanti di origine agricola oggetto di un’intesa di filiera, o di un contratto quadro, o di un contratto di programma agroenergetico, in misura pari all’1 per cento dei carburanti diesel e della benzina immessi al consumo nell’anno precedente. Tale percentuale, espressa in potere calorifico inferiore, è incrementata di un punto per ogni anno, fino al 2010 (comma 2).

A quest’effetto, il comma 4 estende le finalità dell’intesa di filiera e del contratto quadro previsti dagli articoli 9 e 10 del decreto legislativo n. 102 del 2005 (si veda sotto), all’integrazione della filiera agroenergetica, alla valorizzazione, produzione, trasformazione, commercializzazione e distribuzione di biomasse agricole e di biocarburanti di origine agricola, prevedendo che gli imprenditori agricoli e le imprese di produzione e di distribuzione di biocarburanti e i soggetti interessati, pubblici o privati, stipulino contratti di coltivazione e fornitura in attuazione degli articoli 11, 12 e 13 del medesimo decreto legislativo.

La disciplina dei contratti di programma agroenergetici è demandata al CIPE, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta del Ministro delle attività produttive e del Ministro delle politiche agricole e forestali. Tali contratti hanno rilevanza territoriale nazionale e sono finalizzati alla creazione di occupazione aggiuntiva, anche mediante l’attivazione di nuovi impianti. È assicurata priorità nella stipula dei predetti contratti ai soggetti che riconoscono agli imprenditori agricoli una quota dell’utile conseguito in proporzione ai conferimenti della materia prima agricola.

Il comma 6 stabilisce che la sottoscrizione di un contratto di coltivazione e di fornitura, o di contratti ad essi equiparati, ovvero di un contratto di programma agroenergetico costituisce titolo preferenziale:

a) nei bandi pubblici per i finanziamenti delle iniziative e dei progetti nel settore della promozione delle energie rinnovabili e dell’impiego dei biocarburanti;

b) nei contratti di fornitura dei biocarburanti per il trasporto e il riscaldamento pubblici.

Il comma 7 prescrive alle pubbliche amministrazioni di stipulare contratti o accordi di programma con i soggetti interessati al fine di promuovere la produzione e l’impiego di biomasse e di biocarburanti di origine agricola, la ricerca e lo sviluppo di specie e varietà vegetali da destinare ad utilizzazioni energetiche.

Il comma 10 impone agli operatori della filiera di produzione e distribuzione dei biocarburanti di origine agricola di garantire la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera mediante apposito sistema di identificazione e registrazione delle informazioni.

 

Per quanto concerne i contratti di coltivazione e vendita, nonché gli accordi di filiera, si ricorda che l’intera disciplina della materia è stata ridefinita dal decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102 (“Regolazioni dei mercati agroalimentari, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera e), della legge 7 marzo 2003, n. 38”).

Il capo II detta norme sulle intese per l’integrazione di filiera. L’articolo 9 disciplina le intese di filiera, le quali possono essere stipulate, nell’ambito del Tavolo agroalimentare, dagli organismi maggiormente rappresentativi a livello nazionale dei settori della produzione, trasformazione, commercio e distribuzione dei prodotti agricoli, nonché dalle organizzazioni interprofessionali riconosciute. Le intese sono approvate, previa verifica della compatibilità con la normativa nazionale e comunitaria, con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali. La definizione delle modalità per la stipulazione delle intese, nonché per la costituzione e il funzionamento dei tavoli di filiera, sono rimesse a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro tre mesi su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali.

Il capo III detta norme sulla regolazione di mercato. Gli articoli 10 e 11 disciplinano i contratti quadro, ciascuno dei quali deve riguardare un prodotto e un’area geografica specifici. Gli accordi definiscono, in particolare, il contratto-tipo che deve essere adottato nella stipulazione dei contratti di coltivazione, allevamento e fornitura, valevole anche nei confronti dei soggetti non aderenti alle organizzazioni stipulanti. Si rimette, inoltre, a un decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali la possibilità di definire, per singole filiere, le modalità di stipula dei contratti quadro in mancanza di intesa di filiera, al fine di prevedere una rappresentatività specifica dei soggetti stipulanti, determinata in base al volume di produzione commercializzata.


Articolo 1, comma 422
(Promozione filiere agro-energetiche)

 


422. L’importo previsto dall’articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, non utilizzato nell’anno 2005 è destinato per l’anno 2006 nella misura massima di 10 milioni di euro per l’aumento fino a 20.000 tonnellate del contingente di cui al comma 421, da utilizzare con le modalità previste dal decreto di cui al medesimo comma 421, nonché fino a 5 milioni di euro per programmi di ricerca e sperimentazione del Ministero delle politiche agricole e forestali nel campo bioenergetico. Il restante importo è destinato alla costituzione di un apposito fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche, anche attraverso l’istituzione di certificati per l’incentivazione, la produzione e l’utilizzo di biocombustibili da trazione, da utilizzare tenuto conto delle linee di indirizzo definite dalla Commissione biocombustibili, di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.


 

 

Il comma 422 prevede che le risorse destinate al Progetto sperimentale «bioetanolo», che al termine del corrente anno risultino inutilizzate, siano destinate per l'anno 2006:

§      fino a 21 milioni di euro, per l’aumento fino a 20.000 tonnellate del contingente di cui al comma 421 (contingente annuo di biodiesel, puro o miscelato con olî minerali, esentato dall'accisa nell'ambito di un programma della durata di sei anni, dal 1° gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, fino alla quantità di 200.000 tonnellate);

§      fino a 5 milioni di euro, per programmi di sperimentazione e ricerca del Ministero delle politiche agricole e forestali nel campo bioenergetico;

§      per il restante importo, alla costituzione di un apposito fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche, anche attraverso l'istituzione di certificati per incentivare la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione, da utilizzare secondo le linee di indirizzo definite dalla Commissione biocombustibili.

 

Si osserva che la disposizione in esame non appare conforme alla vigente disciplina contabile, in quanto prevede per il 2006 l’utilizzo di risorse stanziate per il 2005 e introduce dunque una deroga rilevante al principio di annualità del bilancio.

 

Il Progetto sperimentale “bioetanolo” è stato previsto dall’articolo 22 della legge n. 388 del 2000, il quale ha disposto una riduzione dell’imposta gravante su alcuni prodotti petroliferi (bioetanolo derivato da prodotti di origine agricola, etere etilterbutilitico derivato da alcole di origine agricola, additivi e riformulati prodotti da biomasse) al fine di incrementare l’utilizzo di fonti energetiche a basso impatto ambientale. Da ultimo, l’articolo 1, comma 520 della legge 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), ha differito dal 1° gennaio 2003 al 1° gennaio 2005 la decorrenza dell’inizio del progetto, disponendo per esso uno stanziamento di 73 milioni di euro annui.

 

In merito ai certificati di cui la norma fa menzione, sembra doversi far riferimento ai certificati verdi che costituiscono il nuovo strumento di incentivazionedell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, definito dall’art. 11 del il decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999. Tale decreto legislativo, con il quale è stato previsto il superamento del vecchio criterio di incentivazione tariffaria noto come Cip6, ha recepito la direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica, ed è stato perfezionato con i successivi decreti ministeriali 11 novembre 1999 e 18 marzo 2002. Il nuovo criterio adottato per l’incentivazione delle fonti rinnovabili consiste nell’obbligo, a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. Tale quota, inizialmente fissata nel 2% di quanto prodotto o importato dell’anno precedente, è incrementata annualmente dello 0,35%, per gli anni dal 2004 al 2006. L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete, godendo della precedenza nel dispacciamento. In aggiunta, il GRTN rilascia al produttore, su richiesta e previo riconoscimento all’impianto della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (qualifica IAFR), i certificati verdi (CV), titoli comprovanti la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, che costituiscono lo strumento con il quale i soggetti sottoposti all’obbligo della quota minima devono dimostrare di avervi adempiuto. Per i soggetti che non rispettano all’obbligo, la cui verifica di adempienza è affidata al GRTN, il decreto ministeriale 11 novembre 1999 stabilisce sanzioni consistenti nella limitazione dell’accesso al mercato complessivo dell’energia elettrica. I certificati verdi sono commerciabili in un mercato parallelo svincolato da quello dell’elettricità, attraverso la piattaforma di negoziazione (borsa dei CV) organizzata presso la società Gestore del Mercato (GME), oppure mediante contratti bilaterali. L’avvio della borsa dei certificati verdi è stato sancito dal decreto ministeriale 14 marzo 2003. Nel mercato dei certificati verdi la domanda è formulata dai produttori ed importatori soggetti all’obbligo della quota minima; mentre l'offertaè rappresentata dai Certificati Verdi emessi a favore di impianti privati che hanno ottenuto la qualificazione IAFR dal Gestore della rete, così come dai Certificati Verdi che il GRTN stesso emette a proprio favore a fronte dell’energia prodotta dagli impianti Cip 6.

 

La Commissione biocombustibili è prevista dall’articolo 5 del D.Lgs. n. 387/2003, il quale dispone che essa sia composta da un membro designato da ciascuno dei seguenti dicasteri: agricoltura, ambiente, attività produttive, interno, beni culturali. A tali componenti si devono aggiungere i cinque membri designati dal Presidente della conferenza unificata. Compito della Commissione è quello di redigere, entro un anno dal suo insediamento, una relazione sulla valorizzazione energetica delle biomasse, dei gas residuati dai processi di depurazione e del biogas.La Commissione, che avrebbe dovuto essere istituita, con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, entro due mesi dalla entrata in vigore del decreto legislativo, non risulta fin qui istituita.

 


Articolo 1, comma 423
(Produzione di energia elettrica da biocombustibili agro-forestali)

 

423. La produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche effettuate dagli imprenditori agricoli costituiscono attività connesse ai sensi dell’articolo 2135, terzo comma, del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario.(*)

__________

(*) Comma così modificato dall’art. 2-quater, comma 11, del D.L. n. 2/2006.

 

 

Il comma 423 dell’articolo 1 ha lo scopo di fare rientrare nell’ambito del reddito agrario, con il conseguente trattamento fiscale, l’attività svolta dalle aziende agricole diretta alla produzione e alla cessione di energia elettrica mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili agroforestali, qualificandola come attività connessa all’attività agricola.

L’articolo 2-quater, comma 11, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, ha modificato la disposizione ricomprendendovi anche la produzione e cessione di energia calorica e riferendola anche alle attività svolte mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili fotovoltaiche.

 

Per l’individuazione della figura soggettiva dell’imprenditore agricolo, va richiamato l’art. 2135 c.c., recentemente modificato dall’art. 1, co. 1 del D.Lgs. n. 228 del 2001, in base al quale è tale chiunque eserciti una delle seguenti attività:

-        coltivazione del fondo;

-        selvicoltura;

-        allevamento di animali;

-        attività connesse.

Per coltivazione del fondo, selvicoltura, o allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico, o di una fase necessaria al ciclo stesso, che utilizzino o possano utilizzare il fondo, il bosco, o le acque dolci, salmastre o marine.

Per “attività connesse” si intendono le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti che l’imprenditore abbia ottenuto in prevalenza dalla coltivazione del fondo o del bosco, o dall'allevamento di animali. Sono parimenti “attività connesse” anche quelle dirette alla fornitura di beni o servizi, che siano svolte con il prevalente utilizzo di attrezzature o risorse aziendali normalmente impiegate nell'attività agricola; rientrano pertanto fra le attività connesse anche le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità.

Infine, si considerano imprenditori agricoli anche le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi, quando utilizzino, per lo svolgimento delle attività sopra illustrate, prevalentemente prodotti dei soci, oppure ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico (comma 2).

 

In merito alla definizione di reddito agrario va richiamato l’articolo 32 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR, che stabilisce che il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso.

Il reddito agrario è determinato catastalmente applicando le tariffe d’estimo fissate nella legge catastale e sottoposte a revisione periodica.

Ai fini dell’applicazione del citato articolo 32 del TUIR sono considerate attività agricole (comma 2):

a)       le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;

b)      l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno[92] e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste;

c)       le attività di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali[93].

Qualora le attività di cui alle sopra indicate lettere b) e c) superino i limiti stabiliti, la parte di reddito imputabile all’attività eccedente è da considerarsi reddito d’impresa e la sua determinazione segue le relative regole (articolo 56-bis del TUIR).

Qualora le attività agricole, indipendentemente dal fatto che rientrino o meno nei limiti stabiliti dalle lettere b) e c), siano esercitate da società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché da stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti, esercenti attività di impresa, il reddito conseguito da questi soggetti si considera sempre reddito di impresa ed è pertanto determinato secondo la relativa disciplina (articolo 55, comma 2, lettera b), del TUIR).

 

Per quanto concerne i biocombustibili si rinvia al commento del precedente comma 421.

 

La circolare dell’Agenzia delle entrate n. 6/E del 13 febbraio 2006, al par. 9.2, osserva che il tenore letterale della disposizione “fa inequivocabilmente rientrare i relativi redditi fra i redditi agrari stimati catastalmente. Con la norma in questione il legislatore ha ritenuto di assoggettare i redditi relativi alle attività di produzione di energia elettrica al regime dei redditi agrari, superando, limitatamente a questa tipologia di attività, le disposizioni generali relative alla tassazione dei redditi ottenuti dalle attività di fornitura di beni sopra citate”, i quali – in quanto attività di fornitura di beni o di fornitura di servizi – sarebbero ex se rispettivamente soggetti alla disciplina dei redditi d'impresa:

- determinati analiticamente ai sensi dell'articolo 56 del TUIR;

- assoggettabili al regime forfetario di cui all'articolo 56-bis, comma 3, del medesimo TUIR.

Il successivo par. 9.3 della medesima circolare precisa che l’agevolazione non può intendersi estesa al regime delle predette attività agli effetti dell’IVA, e che pertanto non sia ad esse applicabile il regime speciale previsto per i produttori agricoli dall’articolo 34-bis del D.P.R. n. 633 del 1972, tale estensione risultando fra l’altro preclusa dalla vigente disciplina comunitaria.


Articolo 1, comma 424
(Disciplina di giuochi e scommesse ippiche)

 


424. Al decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, all’articolo 11-quinquiesdecies sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo le parole: «sentite le associazioni di categoria maggiormente rappresentative sul territorio nazionale dei soggetti operanti la raccolta dei giochi» sono inserite le seguenti: « nonché l’UNIRE per le scommesse sulle corse dei cavalli »;

b) al comma 9, dopo le parole: «Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato» sono aggiunte le seguenti: «, sentita l’UNIRE per le scommesse sulle corse dei cavalli»;

c) il comma 5 è abrogato.


 

 

Il comma 424 dell’articolo 1 interviene sulla disciplina dei giuochi e delle scommesse ippiche, modificando l’articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge dicembre 2005, n. 248, che reca disposizioni per il contrasto della diffusione del giuoco illegale.

 

In particolare, relativamente al comma 1, la lettera a) del presente comma stabilisce che, per la definizione delle regole di raccolta delle scommesse relative al lotto, ai concorsi pronostici e alle scommesse per via telematica, televisiva e telefonica, il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato acquisisca anche l’avviso dell’Unione nazionale per l’incremento delle razze equine (UNIRE), limitatamente a quanto attiene alle scommesse sulle corse dei cavalli.

 

A norma del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 449, recante il riordino dell'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine, l’UNIRE è ente di diritto pubblico di primo livello, con sede in Roma, dotato di autonomia finanziaria, amministrativa e contabile, posto sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole e forestali.

L’articolo 2 determina le funzioni dell’UNIRE, attribuendo ad essa il compito di:

a)    promuovere l'incremento e il miglioramento qualitativo e quantitativo delle razze equine da competizione e da sella, con particolare riferimento al purosangue inglese e al trottatore italiano;

b)    organizzare le corse dei cavalli e provvedere alla valutazione delle strutture degli ippodromi e degli impianti di allevamento, di allenamento e di addestramento;

c)    favorire, con opportuni stanziamenti, lo sviluppo delle attività agricole volte al sorgere di nuovi allevamenti e al miglioramento di quelli esistenti;

d)    provvedere alla programmazione dello sviluppo del settore dell'ippicoltura in tutte le sue componenti tecniche, economiche, sociali, culturali e promozionali;

e)    concorrere alla tutela dell'incolumità e al mantenimento dei cavalli sottoposti a trattamenti dopanti.

L’ente contribuisce al finanziamento degli ippodromi per la gestione dei servizi resi.

Per le suddette finalità, l'UNIRE definisce la programmazione tecnica ed economica delle corse e delle altre forme di competizione, predispone il calendario delle manifestazioni ippiche, coordina l'attività degli ippodromi e determina gli stanziamenti relativi ai premi e alle provvidenze. Promuove iniziative previdenziali e assistenziali in favore dei fantini, dei guidatori, degli allenatori e degli artieri. L'UNIRE svolge tutte le altre attività collaterali e derivate a tutela della biodiversità della razza equina, e predispone piani di sviluppo anche pluriennali.

Nell'esercizio delle proprie funzioni, l'UNIRE promuove e mantiene rapporti diretti con le organizzazioni nazionali di categoria, con la Federazione italiana sport equestri, con le istituzioni e le organizzazioni dell'ippica e dell'ippicoltura degli altri paesi e collabora alla realizzazione dei programmi di cooperazione a livello europeo e internazionale.

Infine l'UNIRE, quale concessionario esclusivo del segnale televisivo per la trasmissione delle corse, assicura la diffusione delle riprese televisive delle corse attraverso le reti nazionali e interregionali, con qualsiasi mezzo tecnico effettuate, a qualsiasi fine utilizzate e ovunque trasmesse.

 

Relativamente al comma 9 del predetto articolo 11-quinquiesdecies, la lettera b) prevede analogamente che, nel disporre la variazione della posta unitaria delle scommesse, il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato debba acquisire l’avviso dell’UNIRE, limitatamente alle scommesse sulle corse dei cavalli.

 

Infine, la lettera c) dispone l’abrogazione del comma 5 del medesimo articolo 11-quinquiesdecies.

 

L’abrogato comma 5 dell’articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge n. 203 del 2005, al fine di garantire l’effettiva concorrenza e competitività nel settore del gioco e delle scommesse, escludeva per i concessionari delle scommesse ippiche e sportive la possibilità di essere titolare di oltre cento agenzie sul territorio nazionale. A tal fine, nel numero di agenzie si consideravano anche i soggetti controllanti o controllati, ovvero sottoposti, anche per interposta persona.

La norma aveva suscitato riserve in relazione al principio di libera prestazione dei servizi, stabilito dall’articolo 49 del Trattato istitutivo della Comunità europea, che vieta – appunto – le restrizioni alla libera prestazione dei servizi in ambito comunitario, nonché del principio comunitario di concorrenza, di cui agli articoli 3, paragrafo 1, lettera c), e 4, paragrafo 1, del medesimo Trattato, dal momento che essa sembrava imporre un’ingiustificata restrizione alla libera attività economica.

Si segnala che il successivo comma 425, secondo periodo, del presente articolo vieta ai concessionari delle scommesse ippiche e sportive di esercitare l’attività mediante l’apertura di sportelli distaccati presso sedi diverse dai locali in cui si effettua già la raccolta delle scommesse.


Articolo 1, comma 425
(Utilizzazione delle immagini di gare ippiche da parte dell’UNIRE)

 


425. L’articolo 12, comma 2, lettera d), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169, si interpreta nel senso che la remunerazione per l’utilizzo delle immagini delle corse ai fini della raccolta delle scommesse ha ad oggetto i servizi di ripresa televisiva, con esclusione di ogni diritto relativo all’utilizzo delle immagini, che resta di titolarità dell’UNIRE. Ciascun affidatario delle concessioni previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169, o dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174, non può esercitare la propria attività mediante l’apertura di sportelli distaccati presso sedi diverse dai locali nei quali si effettua già la raccolta delle scommesse.


 

Il comma 425 dell’articolo 1, al primo periodo, reca l’interpretazione autentica dell'articolo 12, comma 2, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169, specificando che la remunerazione corrisposta per l'utilizzazione delle immagini delle corse ai fini della raccolta delle scommesse si riferisce ai servizi di ripresa televisiva e non ha per oggetto il diritto relativo all'utilizzazione delle immagini, la cui titolarità resta attribuita all'Unione nazionale per l’incremento delle razze equine (UNIRE)[94].

 

Il decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169 (Regolamento recante norme per il riordino della disciplina organizzativa, funzionale e fiscale dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, nonché per il riparto dei proventi), all’articolo 12, comma 2, individua alcune attività per le quali l’UNIRE deve utilizzare quote dei proventi derivanti dalle scommesse. In particolare, la lettera d) dispone che con esse si provveda al finanziamento degli ippodromi per la gestione e il miglioramento degli impianti e per i servizi relativi alla organizzazione delle corse, nonché alla remunerazione per l'utilizzo delle immagini delle corse ai fini della raccolta esterna delle scommesse.

Il comma 425 qui illustrato specifica che questa disposizione non implica il riconoscimento di un diritto sulle immagini delle corse in favore di soggetti diversi dall’UNIRE medesima, che, a norma dell’articolo 2, comma 5, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 449, è concessionario esclusivo del segnale televisivo per la trasmissione delle corse e in tale funzione assicura la diffusione delle riprese televisive delle corse attraverso le reti nazionali e interregionali, con qualsiasi mezzo tecnico effettuate, a qualsiasi fine utilizzate e ovunque trasmesse.

 

Il secondo periodo del presente comma 425 vieta agli affidatari delle concessioni per l’accettazione di scommesse, previste dal regolamento di cui al D.P.R. 8 aprile 1998, n. 169, o dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174, di esercitare l’attività mediante l'apertura di sportelli distaccati presso sedi diverse dai locali nei quali si effettua già la raccolta delle scommesse.

 

Ai sensi dell’articolo 2 del citato D.P.R. 8 aprile 1998, n. 169 (Regolamento recante norme per il riordino della disciplina organizzativa, funzionale e fiscale dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, nonché per il riparto dei proventi), il Ministero dell’economia e delle finanze attribuisce, d'intesa con il Ministero per le politiche agricole, con gara da espletare secondo la normativa comunitaria, le concessioni per l'esercizio delle scommesse sulle corse dei cavalli, a totalizzatore e a quota fissa, a persone fisiche e società con idonei e comprovati requisiti anche in ordine alla solidità finanziaria, sulla base dei seguenti criteri:

a)    trasparenza dell'assetto proprietario ed efficienza della gestione dei singoli punti di accettazione delle scommesse;

b)    potenziamento della rete di raccolta e accettazione delle scommesse; razionale e bilanciata distribuzione sul territorio secondo parametri programmati e controllabili;

c)    omogeneità ed equilibrio della remunerazione stabilita per le varie categorie di concessionari;

d)    eventuale previsione di scaglioni retributivi decrescenti che consentano maggiori ricavi iniziali per il concessionario in funzione dei costi di avviamento;

e)    garanzia della libertà di concorrenza e di mercato mediante la previsione di parametri volti ad impedire l'abuso di posizioni dominanti, determinati tenendo anche conto del numero delle concessioni attribuite a ciascuna persona fisica o società e del volume di scommesse raccoglibili da ciascun concessionario;

f)     previsione di modalità di controllo centralizzato e immediato sulle scommesse e sui relativi flussi finanziari, anche imponendo ai concessionari l’obbligo di segnalare all'Amministrazione finanziaria scommesse anomale per entità economica e ripetizione del medesimo pronostico. I concessionari adottano per la gestione delle scommesse strumenti informatici conformi alle specifiche tecniche stabilite con decreto del Ministro delle finanze al fine di assicurarne la compatibilità con il sistema informativo dell'anagrafe tributaria;

g)    riserva, nel primo piano di potenziamento della rete di accettazione, di una quota pari al 5 per cento delle concessioni da attribuire con gara in favore di soggetti iscritti all'albo degli allibratori, che abbiano esercitato tale attività per un periodo non inferiore a dieci anni;

h)    durata di sei anni.

L’articolo 2 del citato decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 2 giugno 1998, n. 174 (Regolamento recante norme per l'organizzazione e l'esercizio delle scommesse a totalizzatore ed a quota fissa su competizioni sportive organizzate dal CONI) prevede che il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) può attribuire, con gara da espletare secondo la normativa nazionale e comunitaria, le concessioni per l'esercizio delle scommesse sportive al totalizzatore nazionale e a quota fissa a persone fisiche, società e altri enti con idonei e comprovati requisiti anche in ordine alla solidità finanziaria, sulla base dei seguenti criteri:

a)    trasparenza dell'assetto proprietario ed efficienza della gestione dei singoli punti di accettazione delle scommesse;

b)    potenziamento della rete di raccolta ed accettazione delle scommesse; razionale e bilanciata distribuzione sul territorio secondo parametri programmati e controllabili;

c)    omogeneità ed equilibrio della remunerazione stabilita per le varie categorie di concessionari;

d)    eventuale previsione di scaglioni retributivi decrescenti che consentano maggiori ricavi iniziali per il concessionario in funzione dei costi di avviamento;

e)    garanzia della libertà di concorrenza e di mercato mediante la previsione di parametri volti ad impedire l'abuso di posizioni dominanti, determinati tenendo anche conto del numero delle concessioni attribuite a ciascuna persona fisica, società o altri enti e del volume di scommesse raccoglibili da ciascun concessionario;

f)     previsione di modalità di controllo centralizzato e immediato delle scommesse e dei relativi flussi finanziari, anche imponendo ai concessionari l’obbligo di segnalare all'amministrazione finanziaria scommesse anomale per entità economica e ripetizione del medesimo pronostico. I concessionari adottano per la gestione delle scommesse strumenti informatici conformi alle specifiche tecniche stabilite con decreto del Ministero delle finanze;

g)    durata non inferiore a sei anni;

h)    l'accettazione delle scommesse avviene in locali nei quali non si svolgono attività diverse da essa.

 

Il comma 5 dell’articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 [abrogato dal precedente comma 424, lettera c), del presente articolo], al dichiarato fine di garantire la concorrenza e la competitività nel settore del giuoco e delle scommesse, vietava ai concessionari delle scommesse ippiche e sportive di essere titolari di oltre cento agenzie sul territorio nazionale, considerandosi nel computo del numero delle agenzie anche i soggetti controllanti o controllati ovvero sottoposti, anche per interposta persona.


Articolo 1, comma 426
(Partecipazione del Ministero delle politiche agricole alla diffusione della cultura gastronomica)

 


426. Al fine di razionalizzare gli interventi a sostegno della promozione, dello sviluppo e della diffusione della cultura gastronomica e della tutela delle produzioni tipiche e della ricerca nel campo agroalimentare, il Ministero delle politiche agricole e forestali è autorizzato a partecipare, anche attraverso l’acquisto di quote azionarie, a enti pubblici o privati aventi tali finalità. A tale fine è autorizzata la spesa massima di 3 milioni di euro per l’anno 2006, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 46, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.


 

 

Il comma 426 stanzia 3 milioni di euro per l’anno 2006 per consentire al Ministero delle politiche agricole e forestali di partecipare, anche attraverso l’acquisto di quote azionarie, a enti pubblici o privati aventi come finalità lo sviluppo e la diffusione della cultura gastronomica, la tutela delle produzioni tipiche e la ricerca nel campo agroalimentare, allo scopo di razionalizzare gli interventi nel settore.

La copertura della spesa è assicurata mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 46, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002), ossia a valere sul Fondo unico per gli investimenti del Ministero delle politiche agricole e forestali.

 

L’articolo 46 della legge finanziaria 2002 (legge n. 448/2001) ha disposto l’istituzione, nello stato di previsione della spesa di ciascun Ministero, di un fondo per gli investimenti per ogni comparto omogeneo di spesa. Nel fondo confluiscono le risorse relative ad autorizzazioni di spesa per nuovi investimenti, nonché gli stanziamenti disposti in bilancio relativamente ad investimenti già autorizzati. La norma ha stabilito, altresì, che in apposito allegato al disegno di legge finanziaria siano analiticamente evidenziate le autorizzazioni di spesa e gli stanziamenti che confluiscono in ciascuno dei fondi per gli investimenti da istituire nei singoli stati di previsione.

 


Articolo 1, comma 427
(Agecontrol Spa)

 

427. È autorizzata la spesa di 13 milioni di euro per l’anno 2006 per l’effettuazione dei controlli affidati ad Agecontrol Spa ai sensi dell’articolo 1, commi 4 e 5, del decreto-legge 28 febbraio 2005, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2005, n. 71.

 

 

Il comma 427 autorizza una spesa di 13 milioni di euro per il 2006 per l’effettuazione dei controlli di qualità sui prodotti ortofrutticoli affidati ad Agecontrol Spa.

 

Il regolamento 1782/2003/CE stabilisce che l’autorità competente in materia di controlli e frodi alimentari per l’Italia sia l'AGEA. Ai sensi dell’articolo 18 del D.Lgs n. 99 del 2004, (Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38) l’AGEA svolge tale funzione attraverso la Agecontrol S.p.a.[95], società di cui è azionista in quanto detentrice delle quote già appartenute al Ministero delle politiche agricole e forestali e all'Istituto nazionale di economia agraria (INEA).

L’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 28 febbraio 2005, n. 22, prevede che nell'espletamento dei propri compiti l'Agecontrol Spa si avvalga del supporto dell’Ispettorato centrale repressione frodi del Ministero delle Politiche agricole e forestali. Il comma 5 dispone, invece, che con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, siano trasferiti all'Agecontrol S.p.a. gli stanziamenti dello stato di previsione della spesa del Ministero delle politiche agricole e forestali relativi alle funzioni ad essa trasferite.


Articolo 1, comma 428
(Impiego di risorse attribuite all’ISMEA)

 

428. All’articolo 1-quinquies, comma 1, del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231, le parole: «anche per gli interventi di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102» sono sostituite dalle seguenti: «per le finalità di cui al comma 2».

 

 

Il comma 428 novella l’articolo 1-quinquies del decreto-legge n. 182 del 2005, al fine di consentire all’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) di utilizzare le risorse del Fondo per l’ampliamento delle aziende agricole montane, istituito presso ISMEA medesima, per tutte le sue attività istituzionali.

 

L’articolo 1-quinquies del decreto legge n. 182/05, ha autorizzato ISMEA ad utilizzare il Fondo per l’ampliamento delle aziende agricole montane, presso la stessa istituito e destinato alla concessione di mutui a coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale per l’acquisizione di terreni siti nelle comunità montane (art. 5-bis, co. 4 della legge n. 97/94), anche per la realizzazione degli interventi di cui all’art. 17 del D.Lgs. n. 102/04. Tale ultima disposizione, che ha peraltro dispostol’incorporazione in ISMEA della Sezione speciale del Fondo interbancario di garanzia, ha previsto che ISMEA possa:

-        concedere fideiussione, a fronte di finanziamenti bancari a medio e a lungo termine, in favore delle imprese agricole e ittiche;

-        concedere, direttamente a banche o altri intermediari finanziari, garanzia diretta a favore degli imprenditori agricoli e ittici nonché dei soggetti, organizzati in forma societaria, anche neo-costituiti, operanti nel settore agroalimentare, a fronte di prestiti partecipativi e partecipazioni nel capitale delle imprese medesime, che vengano assunti dagli stessi intermediari (banche, intermediari finanziari o Fondi chiusi di investimento mobiliare);

-        rilasciare controgaranzia e cogaranzia, in collaborazione con confidi e con altri fondi di garanzia pubblici e privati, anche a carattere regionale.

 

L'articolo 5-bis della legge 31 gennaio 1994, n. 97, introdotto dalla legge n. 448/2001 (art. 52, co. 21)(leggefinanziaria per il 2002), ha dettato nuove norme per favorire l’ampliamento delle aziende agricole montane. A tal fine il comma 1 ha esentato da imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere, i trasferimenti di terreni agricoli, situati nei territori delle comunità montane, a qualsiasi titolo avvenuti, disposti in favore di coltivatori diretti e imprenditori agricoli a titolo principale. Il comma 3 prevede che al coltivatore diretto e all'imprenditore agricolo che decida di acquistare a qualsiasi titolo i terreni agricoli di cui al comma 1 possano essere concessi mutui decennali a tasso agevolato, con copertura degli interessi pari al 50 per cento a carico dello Stato. La concessione del mutuo è finalizzati sia alla copertura delle spese di ammortamento del capitale aziendale che all'indennizzo da corrispondere ad eventuali coeredi. I mutui possono essere concessi entro il limite delle disponibilità di cui all’apposito Fondo istituito presso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), per il quale è prevista una dotazione annuale pari a 2.320.000 euro (comma 4). Gli onorari notarili dovuti per le operazioni di acquisto della proprietà e di accensione dei mutui sono ridotti di un sesto (comma 5).

 


Articolo 1, comma 429
(Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale
delle imprese)

 

429. Per lo svolgimento delle attività istituzionali della Fondazione di cui all’articolo 1, comma 160, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è assegnato un contributo di 3 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008. A tal fine è corrispondentemente ridotta l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328.

 

 

Il comma 429 prevede l’assegnazione di un contributo a favore della Fondazione per la responsabilità sociale d’impresa, istituita dall’articolo 1, comma 160, della legge finanziaria per il 2005 (L. 311 del 2004).

 

Il richiamato comma 160, oltre ad istituire la Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale delle imprese, ha assegnato alla stessa un contributo di 1 milione di euro, per l'anno 2005, per lo svolgimento delle attività istituzionali.

Si ricorda che alla Fondazione partecipano quali soci fondatori il Ministero del lavoro e dello politiche sociali e altri soggetti pubblici e privati che ne condividano le finalità (non viene peraltro specificato quali). Viene altresì stabilito che la fondazione è soggetta alle disposizioni del codice civile, delle leggi speciali e dello statuto, redatto dai fondatori.

 

In particolare, si prevede un contributo pari a 3 milioni di euro annui per il triennio 2006-2008, ai fini delle attività istituzionali della Fondazione. Ai fini della copertura finanziaria, come affermato nella relazione tecnica originaria, si riduce in identica misura l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 20, comma 8, della L. 8 novembre 2000, n. 328, relativa al Fondo nazionale per le politiche sociali.

 

Il tema della Responsabilità Sociale delle Imprese (CSR) è da tempo argomento di discussione in Europa. Al riguardo la Commissione Europea ha pubblicato nel 2001 il "Libro verde – Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese" e nel 2002 la "Comunicazione della Commissione relativa alla Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle Imprese allo Sviluppo Sostenibile". I due documenti espongono le linee-guida della Commissione Europea in materia di CSR. che nel Libro Verde viene definita come "l'integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate". Per responsabilità sociale dell'impresa si intende quindi l'impegno a comportarsi in modo etico e corretto che vada oltre il semplice rispetto della legge[96].

La CSR è una dimensione che dovrebbe appartenere all'orientamento strategico di fondo dell'impresa e quindi interagire con tutti gli ambiti della gestione aziendale: con gli aspetti finanziari, la produzione (rispetto delle leggi, riduzione dell'impatto ambientale, sicurezza dei lavoratori, non sfruttamento dei minori, attenzione alla qualità e alla sicurezza dei prodotti), il marketing, le risorse umane (la gestione dei percorsi di carriera, le politiche di formazione, la gestione degli esuberi ecc.) e, più in generale con le strategie e le politiche aziendali.

Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali nel 2002 ha costituito un gruppo di lavoro interamente dedicato allo sviluppo e alla promozione della responsabilità sociale delle imprese per lo sviluppo del Progetto CSR-SC (Corporate Social Responsability – Social Comitment). Il Progetto ha come quadro di riferimento il Libro Verde della Commissione Europea e pone le proprie radici nella nozione di CSR.

La proposta italiana si basa su un approccio volontario alla CSR e ha l'obiettivo principale di promuovere la cultura della responsabilità sociale all'interno del sistema socio-economico e di accrescere il grado di consapevolezza delle imprese sullo sviluppo sostenibile.

Le attività legate allo sviluppo del progetto CSR-SC hanno comportato la stesura, il 23 marzo 2005, di un Protocollo d'intesa tra Federambiente (Federazione italiana servizi pubblici igiene ambientale) e Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con validità triennale.

Più specificamente, con tale protocollo la Federambiente si è impegnata, in stretto coordinamento con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ad una serie di atti, quali, tra gli altri:

-        l’identificazione del livello di adozione e maturità della CSR tra le imprese associate e promozione delle azioni di sostegno alla diffusione della responsabilità sociale delle imprese e di valorizzazione delle best practices, in linea con il progetto CSR-SC;

-        la diffusione, nel settore del servizio pubblico locale, della cultura della CSR e il progetto CSR-SC;

-        la realizzazione, in accordo con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e nell’ambito delle proprie competenze, di un’attività di monitoraggio delle imprese che decideranno di aderire all’iniziativa del Ministero, attraverso la costituzione a livello nazionale di un apposito Osservatorio.

 


Articolo 1, comma 430
(Convenzioni per lo svolgimento di attività socialmente utili (ASU))

 


430. Nel limite complessivo di 35 milioni di euro, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato a prorogare previa intesa con la regione interessata, limitatamente all’esercizio 2006, le convenzioni stipulate, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili, direttamente con i comuni, per lo svolgimento di attività socialmente utili (ASU) e per l’attuazione, nel limite complessivo di 13 milioni di euro, di misure di politica attiva del lavoro, riferite a lavoratori impiegati in ASU nella disponibilità degli stessi comuni da almeno un triennio, nonché ai soggetti, provenienti dal medesimo bacino, utilizzati attraverso convenzioni già stipulate in vigenza dell’articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 1º dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni, e prorogate nelle more di una definitiva stabilizzazione occupazionale di tali soggetti. In presenza delle suddette convenzioni il termine di cui all’articolo 78, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è prorogato al 31 dicembre 2006. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato a stipulare nel limite complessivo di 1 milione di euro per l’esercizio 2006, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con i comuni, nuove convenzioni per lo svolgimento di attività socialmente utili e per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro riferite a lavoratori impegnati in ASU, nella disponibilità da almeno sette anni di comuni con popolazione inferiore a 50.000 abitanti. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali adotta altresì analoga procedura per l’erogazione del contributo previsto all’articolo 3, comma 82, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e all’articolo 1, comma 263, della legge 30 dicembre 2004 n. 311. Ai fini di cui al presente comma il Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, è rifinanziato per un importo pari a 49 milioni di euro per l’anno 2006. Al relativo onere si provvede mediante riduzione per l’importo di 150 milioni di euro, per l’anno 2006, del fondo per le aree sottoutilizzate di cui all’articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.(*)

__________

(*) Comma modificato dall’art. 39-viciester del D.L. n. 273/2005.


 

 

Il comma 430, reca disposizioni in merito allo svolgimento di attività socialmente utili (ASU).

 

In particolare, il primo periodo,modificato dall’art. 39 vicies ter del decreto-legge n. 273/2005[97], riproducendo analoghe disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 262, della L. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), autorizza il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa con la Regione interessata, a prorogare, limitatamente all’esercizio 2006, le convenzioni stipulate direttamente con i comuni, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili, ai fini dello svolgimento delle attività socialmente utili (ASU), nonché per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro.

La previsione della necessità dell’intesa preventiva con la Regione interessata[98], ai fini della proroga delle convenzioni, appare opportunamente finalizzata ad introdurre un meccanismo di coinvolgimento delle Regioni nella stipula delle convenzioni, così come richiesto dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale.

Si consideri infatti che la Corte costituzionale, con sentenza 6-8 giugno 2005, n. 219[99], ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità dei commi 76 e 82 dell’articolo 3 della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), nella parte in cui non prevedono alcuno strumento idoneo a garantire una leale collaborazione fra Stato e Regioni.

 

Più specificamente, le convenzioni sono state stipulate:

a)      direttamente con i comuni , per lo svolgimento di ASU;

b)       oppure al fine dell’attuazione di misure volte a garantire una definitiva stabilizzazione occupazionale sia dei lavoratori che siano nella disponibilità dei comuni stessi da almeno tre anni per le medesime attività, sia dei lavoratori che, provenienti dal medesimo bacino, siano già stati interessati dalle convenzioni di cui all’articolo 10, comma 3[100], del D.Lgs. 468 del 1997[101] e prorogate in attesa di una definitiva stabilizzazione dei soggetti interessati.

 

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 41, comma 1, della L. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) aveva autorizzato il Ministro del lavoro a concedere, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili, limitatamente all'esercizio 2003, proroghe delle convenzioni stipulate con i comuni per lo svolgimento di attività straordinarie riferite a lavoratori socialmente utili. I suddetti lavoratori dovevano essere nella disponibilità degli stessi comuni da almeno un triennio; le proroghe erano ammesse nel limite complessivo di 80 milioni di euro a valere sullo stanziamento complessivo recato dal comma richiamato. Tale proroga riguardava le convenzioni - concluse direttamente dai comuni e aventi gli altri requisiti sopra ricordati – che dovevano cessare entro il 31 dicembre 2002[102].

Successivamente, l’articolo 3, comma 76, della legge n. 350/2003 e l’ articolo 1, comma 262, della legge n. 311/2004 hanno prorogato le suddette convenzioni relativamente, rispettivamente, all’anno 2004 e all’anno 2005.

 

Il limite complessivo di spesa viene fissato in 35 milioni di euro destinati alla realizzazione delle misure indicate alla lettera a), ed in 13 milioni di euro per le misure di cui alla lettera b) sopra illustrate.

 

Il secondo periodo del comma in esame, ai fini dell’utilizzo delle risorse del Fondo per l’occupazione (impegnate per attività socialmente utili) per il pagamento dei sussidi e degli assegni ai soggetti impegnati in attività socialmente utili, provvede a prorogare sino al 31 dicembre 2006 il termine[103] di cui all’articolo 78, comma 2, della Legge n. 388 del 2000, già prorogato al 31 dicembre 2004 dall’art. 3, comma 77, della Legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) ed al 31 dicembre 2005 dall’art. 1, comma 262 della Legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005).

 

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 78, commi 1-6, della L. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001), ha recato disposizioni in materia di lavori socialmente utili.

In particolare, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è stato autorizzato a stipulare convenzioni con le regioni in riferimento a situazioni straordinarie che non consentivano, entro il 30 giugno 2001, di esaurire il bacino regionale dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 81 del 2000[104].

Si consideri, per quanto in questa sede maggiormente interessa, che lo stesso articolo (al comma 2) ha prorogato dal 30 aprile 2001 al 30 giugno 2001 la previsione, contenuta nell'articolo 8, comma 3, del citato D.Lgs. 81, relativa alla destinazione delle risorse del Fondo per l'occupazione (impegnate per attività socialmente utili) per il pagamento dei sussidi e degli assegni ai soggetti impegnati in attività socialmente utili [105].

E’ stata inoltre allungata di due mesi la durata massima complessiva della prestazione in attività socialmente utili (introdotta a partire dal 1° maggio 2000): sei mesi più rinnovo per otto mesi, anziché sei mesi più rinnovo per sei mesi.

La norma ha previsto che le convenzioni, i cui contenuti sono disciplinati dallo stesso articolo 78 del D.Lgs. 388 del 2000, siano sottoscritte nei limiti delle risorse del Fondo per l'occupazione preordinate allo scopo e tenendo conto dei conguagli derivanti dall'applicazione dell'articolo 45, comma 6, L. n. 144 del 1999, che individua la destinazione delle risorse destinate alle attività progettuali di lavori socialmente utili e non utilizzate per tali finalità. Si è stabilito quindi che, a seguito dell'attivazione di tali convenzioni, siano trasferite alle regioni le responsabilità di programmazione e di destinazione delle risorse finanziarie, in conformità alle disposizioni precedentemente citate.

 

Il terzo periodo autorizza il Ministero del lavoro, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, a stipulare nuove convenzioni direttamente con i comuni con meno di 50.000 abitanti, per lo svolgimento di attività socialmente utili e per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro riferite a lavoratori che si trovino nella disponibilità dei medesimi comuni da almeno sette anni. L’autorizzazione viene concessa limitatamente all'anno 2006 e nel limite di spesa complessivo di 1 milione di euro.

Inoltre, si prevede che sia adottata una procedura analoga ai fini dell’erogazione del contributo già previsto dall’articolo 3, comma 82, della L. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), successivamente prorogato dall’articolo 1, comma 263, della L. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005).

 

L'articolo 3, comma 82, della richiamata L. 350/2003 ha disposto, limitatamente all’esercizio 2004, con un costo complessivo di 1 milione di euro, l’autorizzazione alla stipula diretta di nuove convenzioni tra il Ministero del lavoro ed i comuni con meno di 50.000 abitanti, sia per lo svolgimento di attività socialmente utili sia per l’attuazione di misure volte a garantire la stabilizzazione occupazionale dei lavoratori che si trovino nella disponibilità dei medesimi comuni da almeno cinque anni.

Successivamente l’articolo 1, comma 263, della richiamata L. 311/2004 ha prorogato, limitatamente all'anno 2005 e nel limite di spesa complessivo di 1 milione di euro, le medesime convenzioni ed ha specificato, ai fini della proroga, l’obbligo di avvalersi della graduatoria allegata al decreto dirigenziale del 25 ottobre 2004[106].

 

La previsione relativa alla “analoga procedura” sembra voler fare riferimento alla necessità di un’intesa in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni, in modo da creare un meccanismo di coinvolgimento delle Regioni nella stipula delle convenzioni, così come richiesto dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale (cfr. supra).

 

In conseguenza delle misure sopra illustrate, il penultimo periodo del comma in commento provvede a rifinanziare il Fondo per l’occupazione per un importo pari a 49 milioni di euro, mentre l'ultimo periodo riduce nella misura di 150 milioni di euro il Fondo per le aree sottoutilizzate.

 

Il Fondo per le aree sottoutilizzate è stato istituito dalla legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), che ha concentrato le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate in due fondi di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, co. 1, c.d. Fondo MEF) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, co. 3, c.d. Fondo MAP). Nel Fondo MEF sono confluite le risorse relative all’intervento straordinario nel Mezzogiorno, all’intervento ordinario nelle aree depresse, al Fondo per l’imprenditoria giovanile e ai crediti di imposta per investimenti e per nuove assunzioni. NelFondo MAP,sono confluite le risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate specificamente agli interventi nelle aree sottoutilizzate, ossia le risorse relative alle legge n. 488/1992 e agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area). Le risorse del fondo sono destinate, oltre che ai citati interventi, ad una serie ulteriore di finalità, previste dalla medesima legge finanziaria per il 2003 o da provvedimenti successivi[107].

Al CIPE è attribuita la facoltà, con proprie deliberazioni, di ripartire la dotazione di ciascun Fondo tra gli interventi in esso compresi, nonché di modificare l’allocazione degli stanziamenti relativi ai due Fondi, trasferendo risorse dall’uno all’altro. In tal caso, il CIPE deve essere presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri[108].

 


Articolo 1, comma 431
(Contributo al Centro sperimentale di cinematografia)

 

431. Per assicurare la prosecuzione delle attività di rilevante valore sociale e culturale in atto, a valere sulle risorse del Fondo unico per lo spettacolo, di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, è concesso un contributo di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2006 in favore della Fondazione Centro sperimentale di cinematografia.

 

 

Il comma 431 assegna a decorrere dal 2006 un contributo di 2 milioni di euro, a valere sulle risorse del FUS (Fondo unico dello spettacolo), alla Fondazione Centro sperimentale di cinematografia”.

 

Il sostegno dello Stato a favore dello spettacolo trova il suo fondamento nel titolo II della legge 14 agosto 1967, n. 800[109]. Successivamente, la legge 30 aprile 1985, n. 163[110], nell’intento di porre fine alla frammentazione dell'intervento statale e alla conseguente pressoché annuale approvazione di apposite leggi di finanziamento, creava uno strumento nuovo, il Fondo unico per lo spettacolo (FUS), da ripartire annualmente tra i diversi settori (cinema, musica, teatro, danza, circhi e spettacolo viaggiante) con decreto dell'autorità di governo competente in materia di spettacolo. L’importo del FUS è stabilito annualmente in tabella C della legge finanziaria.

A seguito della modifica del Titolo V della Costituzione e in attesa di una ridefinizione normativa degli àmbiti di competenza dello Stato e delle regioni ai sensi del nuovo art. 117 Cost., l’art. 1 del D.L. 24/2003 (convertito con modificazioni dalla legge 82/2003) ha affidato a decreti del Ministro per i beni e le attivitàculturali non aventi natura regolamentare[111] la determinazione, con cadenza annuale, delle modalità di erogazione dei contributi allo spettacolo, previsti dalla legge 30 aprile 1985, n. 163 nonché le aliquote di riparto del F.U.S. tra i diversi settori. Al fine di assicurare continuità nell’erogazione dei contributi statali a tale settore, detta procedura è stata poi confermata per il 2005 dall’art. 6 del DL 30dicembre 2004 n. 314[112]

Il DL 24/2003 è stato quindi oggetto di una pronuncia della Corte costituzionale (sentenza n. 255 del 2004) che, pur confermando la legittimità della norma in quanto introdotta in via transitoria, segnalava tuttavia l’esigenza di prevedere opportuni strumenti di collaborazione con il sistema delle autonomie regionali[113], in quanto lo spettacolo - assimilato dalla Corte alla “valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali” (di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.) - rientra a tutti gli effetti nell’ambito della potestà legislativa concorrente.

La materia è stata poi oggetto di una nuova sentenza della Corte costituzionale (n. 285 del 2005); in tale circostanza, la Corte ha peraltro affermato la sussistenza, nel settore del sostegno alle attività culturali, di esigenze che rendono costituzionalmente legittima la allocazione allo Stato di alcune delle funzioni ad esso relative (secondo il principio, citato dalla Corte, della chiamata in sussidiarietà)[114].

Infine, la legge 15 novembre 2005, n. 239, recante "Disposizioni in materia di spettacolo", in linea con quanto previsto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 255 del 2004, ha introdotto l’intesa con la Conferenza unificata nella procedura di adozione dei decreti ministeriali concernenti i criteri e le modalità di erogazione dei contributi del Fondo unico dello spettacolo alle attività dello spettacolo previsti dall’articolo 1, comma 1, del citato DL 18 febbraio 2003, n. 24. I decreti possono comunque essere adottati qualora l’intesa non sia stata raggiunta entro sessanta giorni dalla loro trasmissione alla Conferenza unificata. E’ stata poi eliminata la cadenza annuale per l’adozione dei citati decreti ministeriali prevista dal medesimo DL n. 24 del 2003.

 

La norma in esame sembra pertanto introdurre contributi statali a destinazione vincolata in una materia (spettacolo) la cui disciplina spetterebbe alla legge regionale per competenza concorrente ai sensi del terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione (in proposito le sentenze della Corte costituzionale nn. 320 e 423 del 2004 e n. 77 del 2005 hanno escluso che tale destinazione vincolata sia consentita allo Stato in materie riservate alla competenza concorrente o esclusiva delle regioni[115]).

 

Per quanto riguarda la “Fondazione Centro sperimentale di cinematografia”, si ricorda che il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 32[116], in attuazione dell’articolo 10 della legge 137/2002, ha recentemente ridefinito la “Scuola nazionale di cinema” trasformandola nella nuova “Fondazione Centro sperimentale di cinematografia”.

Il Centro sperimentale era nato ufficialmente il 13 aprile 1935, anche se già da qualche anno era in attività la Scuola Nazionale di Cinematografia; nel 1997 l’Ente Pubblico viene trasformato in Fondazione e denominato Scuola Nazionale di Cinema[117].

A seguito delle modifiche introdotte dal citato D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 32 la Fondazione svolge funzioni di centro di eccellenza nella formazione delle professionalità cinematografiche e nella conservazione del patrimonio culturale cinematografico che, grazie al deposito obbligatorio dei film di lungo e corto metraggio di produzione e coproduzione italiana, si arricchisce di anno in anno. Le due aree sono gestite, rispettivamente, dalla “Scuola nazionale di cinema” e dalla “Cineteca nazionale”.

Recentemente, con decreto interministeriale (adottato dal Ministro per i beni e le attività culturali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) del 2 agosto 2005 e' stato approvato lo statuto della Fondazione.

La struttura è finanziata con una quota del FUS (unitamente ad altri enti, quali Cinecittà Holding e Fondazione La Biennale di Venezia, che promuovono attività cinematografiche); secondo l’ultima Relazione disponibile sul riparto del Fondo, la fondazione ha fruito nel 2004 di 11,5 milioni di euro[118] a valere sul Fondo e di 250 mila euro provenienti dal gioco del lotto.

 


Articolo 1, comma 432
(Fondo per esigenze di tutela ambientale)

 


432. Il Fondo da ripartire per esigenze di tutela ambientale di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, è iscritto a decorrere dall’anno 2006 nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio con riserva del 50 per cento da destinare per le finalità di cui al decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267. A tale scopo, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, d’intesa con le regioni o gli enti locali interessati, definisce ed attiva programmi di interventi urgenti di difesa del suolo nelle aree a rischio idrogeologico.


 

 

Con il comma 432 viene disposto che il Fondo da ripartire per esigenze di tutela ambientale, istituito con l’art. 1, comma 1, del decreto legge 21 febbraio 2005, n. 16, e finora gestito dal Ministero dell’economia e delle finanze, venga iscritto, a decorrere dall’anno 2006, nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.

Nel contempo viene destinata una quota - pari al 50 per cento delle risorse insistenti sul fondostesso – per interventi destinati alla prevenzione del rischio idrogeologico e per la Campania di cui al decreto legge n. 180 del 1998[119].

Si ricorda che il Fondo per le esigenze di tutela ambientale - con una dotazione di 140 milioni di euro annui a partire dal 2006 - è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, dall’art. 1, comma 1, del decreto legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58. Le finalità del fondo dovranno essere quelle connesse al miglioramento della qualità ambientale dell'aria e alla riduzione delle emissioni di polveri sottili in atmosfera nei centri urbani. Lo stesso comma ha previsto, altresì, che con successivi decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, si sarebbe provveduto alla ripartizione delle risorse del fondo tra le unità previsionali di base degli stati di previsione delle amministrazioni interessate.

 


Articolo 1, comma 433
(Protocollo di Kyoto)

 

433. Per l’attuazione delle misure previste dal Protocollo di Kyoto, ratificato ai sensi della legge 1º giugno 2002, n. 120, e ricomprese nella delibera CIPE n. 123 del 19 dicembre 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 68 del 22 marzo 2003, è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per l’anno 2006.

 

 

Il comma 433 dispone un finanziamento di 100 milioni di euro per l’anno 2006 per la realizzazione delle misure di attuazione del Protocollo di Kyoto e ricomprese nella delibera CIPE n. 123 del 19 dicembre 2002.

 

Si ricorda che il Protocollo firmato a Kyoto il 7 dicembre 1997, divenuto vincolante a livello internazionale il 16 febbraio 2005, impegna i Paesi industrializzati ed i Paesi con economia in transizione a ridurre le emissioni di gas[120] in grado di alterare l’effetto serra del pianeta entro il 2012.

Gli impegni generali previsti dal Protocollo sono, tra gli altri, un miglioramento dell’efficienza energetica e la riduzione delle emissioni nel settore dei trasporti, per addivenire ad una riduzione dei livelli di emissione rispetto a quelli del 1990. Tale onere, ripartito fra i vari Paesi in maniera non uniforme, in considerazione del grado di sviluppo industriale, del reddito, dei livelli di efficienza energetica, grava sull’Italia nella misura del 6,5%.

Per quanto riguarda l’Italia, si ricorda che la ratifica del protocollo è avvenuta con la legge 1° giugno 2002, n. 120, la quale, tuttavia, non si è limitata alla mera ratifica, ma ha recato una serie di disposizioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.

L’art. 2, comma 1, ha infatti previsto l'individuazione delle politiche e delle misure finalizzate:

1)       al raggiungimento dei migliori risultati in termini di riduzione delle emissioni mediante il miglioramento dell'efficienza energetica del sistema economico nazionale e un maggiore utilizzo delle fonti di energia rinnovabili;

2)       all'aumento degli assorbimenti di gas serra conseguente ad attività di uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e forestali;

3)       alla piena utilizzazione dei meccanismi istituiti dal Protocollo di Kyoto per la realizzazione di iniziative congiunte con gli altri Paesi industrializzati (joint implementation), e con quelli in via di sviluppo (clean development mechanism);

4)       all'accelerazione delle iniziative di ricerca e sperimentazione per l'introduzione dell'idrogeno quale combustibile nei sistemi energetico e dei trasporti nazionali, nonché per la realizzazione di impianti per la produzione di energia con biomasse, di impianti per l'utilizzazione del solare termico, di impianti eolici e fotovoltaici per la produzione di energia e di impianti per la produzione di energia dal combustibile derivato dai rifiuti solidi urbani e dal biogas.

In attuazione del citato disposto il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio ha provveduto ad elaborare il Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010, nonché la proposta di revisione della delibera CIPE n. 137 del 19 novembre 1998, recante le “linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra”.

Tali documenti, approvati con la delibera CIPE 19 dicembre 2002, n. 123[121], contengono, secondo quanto previsto dalla legge di ratifica, l'individuazione delle politiche e delle misure finalizzate al contenimento ed alla riduzione delle emissioni di gas serra.

Tali misure sono descritte in modo dettagliato nel Piano nazionale, che individua le misure che possono raggiungere il miglior risultato in termini di riduzione delle emissioni con il minor costo e i migliori effetti sulla modernizzazione e sull'efficienza dell'economia nazionale. Il Piano distingue tra misure già individuate alla data di approvazione del Piano e ulteriori misure di riduzione. Tali misure sono esposte sinteticamente anche nelle tabelle 3 e 7 della delibera.

Tra le misure del primo tipo si ricordano la crescita delle fonti rinnovabili per 2800 MW; i decreti di efficienza usi finali; la diffusione di autobus e veicoli privati con carburanti a minor densità di carbonio (Gpl, metano); i sistemi di ottimizzazione e collettivizzazione del trasporto privato; la rimodulazione dell’imposizione sugli oli minerali, “crediti di carbonio” derivanti da attività di afforestazione e riforestazione.

Tra le ulteriori misure si ricordano la sostituzione dei motori industriali con motori ad alta efficienza; la produzione di energia da biogas da rifiuti solidi urbani e da scarti delle lavorazioni agricole ed agroalimentari; il recupero rifiuti nei cementifici; un ulteriore crescita nella produzione di energia da fonti rinnovabili tra 500-1200 MW; il prolungamento dei decreti di efficienza usi finali; sostituzione auto circolanti con auto a bassi consumi ed emissioni; miscelazione del gasolio per autotrazione con biodiesel fino al 5%; promozione reti ferroviarie regionali e connessioni con parcheggi scambiatori; piani urbani della mobilità; riduzione di CH4 dagli stoccaggi delle deiezioni animali; impiego dei meccanismi di joint implementation e clean development mechanism[122].

Si ricorda, infine, che uno degli strumenti principali individuati dal Protocollo per la riduzione delle emissioni, adottato anche dall’Unione europea con l’emanazione della direttiva 2003/87/CE, è il cd. emission trading (commercio dei diritti di emissione) in base al quale i soggetti che riescono ad ottenere un surplus nella riduzione delle emissioni possono “vendere” tale surplus ad altri soggetti che – al contrario – non riescono a raggiungere gli obiettivi assegnati.

Per quanto riguarda l’Italia, i Ministeri delle attività produttive e dell'ambiente hanno elaborato il Piano Nazionale di Assegnazione delle quote di emissione di anidride carbonica (secondo quanto previsto dalla direttiva 2003/87/CE) che illustra i principi per l'applicazione della direttiva nel contesto energetico e industriale dell'Italia ed il metodo da utilizzare per l'assegnazione delle quote a livello di attività e di impianto.

Si ricorda che in materia è intervenuto anche il D.L. 12 novembre 2004, n. 273, recante disposizioni urgenti per l’applicazione della direttiva 2003/87/CE, convertito con la legge n. 316/2004, che ha consentito – in attesa del recepimento della direttiva 2003/87[123] - l’avvio a partire già dal 2005 del sistema previsto dalla direttiva.


Articolo 1, commi 434-437
(Bonifica e ripristino ambientale)

 


434. Al fine di consentire nei siti di bonifica di interesse nazionale la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza d’emergenza, caratterizzazione, bonifica e ripristino ambientale delle aree inquinate per le quali sono in atto procedure fallimentari, sono sottoscritti accordi di programma tra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, la regione, le province, i comuni interessati con i quali sono individuati la destinazione d’uso delle suddette aree, anche in variante allo strumento urbanistico, gli interventi da effettuare, il progetto di valorizzazione dell’area da bonificare, incluso il piano di sviluppo e di riconversione delle aree, e il piano economico e finanziario degli interventi, nonché le risorse finanziarie necessarie per ogni area, gli impegni di ciascun soggetto sottoscrittore e le modalità per individuare il soggetto incaricato di sviluppare l’iniziativa.

435. Al finanziamento dell’accordo di programma di cui al comma 434 concorre il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio nei limiti delle risorse assegnate in materia di bonifiche, ivi comprese quelle dei programmi nazionali delle bonifiche di cui all’articolo 1 della legge 9 dicembre 1998, n. 426, e successive modificazioni, nonché con le risorse di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 14 ottobre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 28 aprile 2004.

436. L’accordo di programma di cui al comma 434 individua il soggetto pubblico al quale deve essere trasferita la proprietà dell’area. Il trasferimento della proprietà avviene trascorsi centottanta giorni dalla dichiarazione di fallimento qualora non sia stato avviato l’intervento di messa in sicurezza d’emergenza, caratterizzazione e bonifica.

437. Ai fini di cui ai commi da 432 a 450, è in ogni caso fatta salva la vigente disciplina normativa in materia di responsabilità del soggetto che ha causato l’inquinamento nelle aree e nei siti di cui al comma 434.


 

 

Le disposizioni in commento introducono una disciplina speciale riguardante siti da bonificare di interesse nazionale sottoposti a procedure fallimentari.

 

In primo luogo si ricorda che è pendente una delega disposta dalla legge n. 308 del 2004 per l’emanazione di uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative nell’intera materia ambientale. La delega esplicita sette specifici ambiti in cui la materia ambientale viene suddivisa, fra cui uno viene espressamente indicato come “gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati”.

Sullo schema di decreto legislativo attuativo della delega è prevista l’espressione di un doppio parere parlamentare da parte delle competenti Commissioni parlamentari. Lo schema è stato presentato alle Camere. Esso - alla parte quarta titolo V - contiene norme in materia di bonifica di siti contaminati. Le Commissioni parlamentari hanno espresso entrambe i pareri previsti. Ad oggi (20 marzo 2006) il decreto delegato non risulta pubblicato in GU.

Si ricorda, inoltre, che la bonifica dei siti inquinati – e in particolare le norme relative al reperimento delle ingenti risorse finanziarie necessarie - è stata recentemente oggetto di interventi ripetuti da parte del legislatore, fra i quali particolare rilievo ha assunto l’art. 18 della legge n. 179 del 2002. Con quella norma – che non ha trovato ancora attuazione, non essendo intervenuti i decreti attuativi previsti dalla norma primaria – si prevedeva un nuovo meccanismo di finanziamento delle bonifiche dei siti inquinati, attraverso il ricorso ad una procedura alternativa (rispetto a quella ordinaria[124]) basata sull’affidamento con gara a soggetti privati delle attività di bonifica e riqualificazione delle aree inquinate, anche previo esproprio delle aree stesse (a spese, comunque, del soggetto privato affidatario della bonifica), e sulla previsione, quale corrispettivo, della disponibilità delle aree bonificate.

 

Le norme ora introdotte dai commi 434-437 – con finalità analoghe di introduzione di nuovi meccanismi finanziari che rendano meno onerose per la parte pubblica l’intervento di bonifica – intervengono ora, invece, sulla specifica ipotesi di concorso fra procedura fallimentare dell’impresa responsabile dell’inquinamento e di intervento di bonifica del sito.

 

Più in particolare, viene prevista dai commi 434-437 la possibilità di stipulare accordi di programma tra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, le regioni, le province e i comuni interessati relativamente a tali siti con il passaggio di proprietà del sito stesso ad un ente pubblico, ferme restando le disposizioni vigenti che riguardano la responsabilità del soggetto che ha causato l’inquinamento (si ricorda lo schema di decreto legislativo di attuazione della delega ambientale reca una normativa specifica, all’art. 246, relativa agli accordi di programma per la bonifica dei siti inquinati).

 

Con gli accordi di programma – che dovranno consentire la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza d’emergenza, caratterizzazione, bonifica e ripristino ambientali - sono individuati la destinazione d’uso delle aree da bonificare, anche in variante allo strumento urbanistico, gli interventi da effettuare, il progetto di valorizzazione dell’area da bonificare, incluso il piano di sviluppo e di riconversione delle aree e il piano economico e finanziario degli interventi, nonché le risorse finanziarie necessarie per ogni area, gli impegni di ciascun soggetto sottoscrittore e le modalità per individuare il soggetto incaricato di sviluppare l’iniziativa. Gli accordi di programma individuano anche il soggetto pubblico al quale deve essere trasferita la proprietà dell’opera. Il trasferimento della proprietà avviene trascorsi 180 giorni dalla dichiarazione di fallimento qualora non sia stato avviato l’intervento di messa in sicurezza d’emergenza, caratterizzazione e bonifica.

 

Si ricorda che la legge n. 426 del 1998 ha previsto il concorso dello Stato al finanziamento delle opere di bonifica di interesse nazionale, rinviando a un successivo programma l’individuazione dei siti da considerare di interesse nazionale e ha altresì provveduto a individuare una serie di siti di interesse nazionale.

Il programma nazionale è stato adottato con il D.M. 18 settembre 2001, n. 468.

Con il D.M. n. 471 del 1999 si è invece provveduto a definire in modo più specifico le procedure di messa in sicurezza, bonifica e ripristino previste dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 22.

 

Il decreto ministeriale n. 471 del 1999 si compone di 18 articoli e 5 allegati tecnici.

Sin dalle disposizioni introduttive viene chiarito l’ambito di applicazione (piuttosto ampio) della disciplina. Tale ambito comprende:

-        la determinazione di parametri tecnici necessari alla stessa individuazione dei siti inquinati, sia in termini di "valori limite di concentrazione delle sostanze inquinanti" , sia in termini di procedure per il prelievo e l'analisi dei campioni ;

-        la chiarificazione e delimitazione dell'ambito di applicazione della normativa sulla bonifica, attraverso definizioni ma anche attraverso esplicite esclusioni di fenomeni analoghi o contermini che il legislatore ha ritenuto di tenere al di fuori della disciplina , e infine attraverso la previsione di interventi a carattere speciale per i quali lo stesso DM detta specifiche norme procedimentali ;

-        la definizione di criteri guida per la progettazione e la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale ;

-        la procedimentalizzazione di tutte le fasi in cui l'intervento si articola;

-        la delimitazione di responsabilità e competenze dei vari soggetti - pubblici e privati - coinvolti nella progettazione e nella attuazione degli interventi;

-        le prescrizioni relative alla creazione dei necessari supporti conoscitivi, mediante l’aggiornamento, da parte delle regioni, del Censimento dei siti potenzialmente contaminati e la predisposizione dell’Anagrafe dei siti da bonificare ;

-        i criteri per l’individuazione dei siti inquinati di interesse nazionale .

Il D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 si apre con una serie di definizioni preliminari estremamente importanti in relazione alla applicazione pratica della procedura.

L'articolo 2 del D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 definisce il "sito inquinato" come il sito che presenta livelli di contaminazione o alterazioni chimiche, fisiche o biologiche del suolo o del sottosuolo o delle acque superficiali o delle acque sotterranee tali da determinare un pericolo per la salute pubblica o per l'ambiente naturale o costruito. Ai sensi di questa normativa, risulta essere inquinato il sito nel quale anche uno solo dei valori di concentrazione delle sostanze inquinanti nel suolo o nel sottosuolo o nelle acque sotterranee o nelle acque superficiali risulta superiore ai valori di concentrazione limite accettabili stabiliti dal regolamento .

Il Decreto definisce, infine, “interventi di interesse nazionale”, quelli individuabili in relazione alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti nel sito medesimo, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante, al sito inquinato in termini di rischio sanitario ed ecologico nonché di pregiudizio per i beni ambientali, nei casi in cui l'inquinamento risulti particolarmente elevato in ragione della densità della popolazione e/o dell'estensione dell'area interessata.

Le procedure di riferimento per il prelievo e l'analisi dei campioni sono invece contenute nell'allegato 2 dove vengono affrontati i problemi dell'ubicazione dei punti di campionamento, le modalità di prelievo, trasporto e conservazione dei campioni, i criteri per le analisi di laboratorio e per il controllo della qualità delle operazioni di campionamento e di analisi, l'elaborazione e interpretazione dei risultati.

Con il Decreto Ministeriale del 18 settembre 2001, n. 468, si è invece provveduto ad emanare il previsto Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale, dopo aver acquisito l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ed i previsti pareri da parte delle Commissioni competenti presso i due rami del Parlamento, espressi, questi ultimi, nelle sedute del 14 marzo 2001 (Camera dei Deputati) e 21 marzo 2001 (Senato della Repubblica).

L'articolo 2 del Decreto n. 468 ha definito quindi i contenuti del Programma nazionale individuando gli ulteriori interventi di bonifica di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi, le modalità ed il trasferimento delle relative risorse, le modalità di monitoraggio e di controllo delle attività di realizzazione degli interventi previsti, i presupposti e le procedure di revoca dei finanziamenti con il relativo riutilizzo delle risorse resesi disponibili.

Nell'articolo 3 vengono infatti individuati come interventi di interesse nazionale, oltre quelli già previsti dalla legge n. 426 del 1998 (Allegati A e B) e dalla legge n. 388 del 2000 (Allegati C e D), ulteriori 23 nuovi interventi (Allegati E ed F), indicati tra quelli che le regioni ritengono prioritari e che possiedono requisiti tali da farli classificare come di interesse nazionale. Ai sensi del successivo articolo 5, il contributo pubblico nella realizzazione degli interventi di bonifica ambientale, è ammesso sia nei confronti delle pubbliche amministrazioni che dei soggetti privati, ma escludendo comunque quei soggetti privati che risultino a qualsiasi titolo responsabili del danno ambientale.

Per quanto riguarda i criteri di finanziamento, l’articolo 6 dispone direttamente la ripartizione dei finanziamenti in fase di prima applicazione, attribuendo le risorse indicate nella tabella G alle varie regioni interessate.

L'individuazione dei soggetti beneficiari nonché le modalità, le condizioni e i termini per l'erogazione dei finanziamenti sono invece direttamente demandate alle regioni, nel rispetto di specifici criteri di erogazione.

Il monitoraggio ed il controllo sull’attuazione del programma nazionale e sulla conformità degli interventi stessi vengono affidati alle Regioni, con il contributo delle ARPA.

Infine sono previste disposizioni per la revoca dei finanziamenti e la loro riassegnazione.

 

Le disposizioni sono quindi finalizzate ad accelerare la bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale sottoposti a procedure fallimentari dotando l’amministrazione pubblica di strumenti più incisivi nell’effettuazione complessiva dell’intervento e nella programmazione del finanziamento, fino a riconoscere a quest’ultima la stessa proprietà del sito.

Le disposizioni sembrano configurare infatti un trasferimento della proprietà del sito stesso - subordinatamente ad un’inerzia dello stesso soggetto responsabile protratta oltre il periodo di centottanta giorni – quale forma di adempimento dell’obbligo di risarcimento, già previsto dalla normativa vigente (art. 18, comma 1, della legge n. 349 del 1986).

Per quel che riguarda il finanziamento delle opere, si provvede nei limiti delle risorse assegnate in materia di bonifiche al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, comprese quelle dei programmi nazionali delle bonifiche di cui alla legge n,426 del 1998 e quelle di cui al decreto 14 ottobre 2003, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 99 del 28 aprile 2004.

 

Tale ultimo decreto contiene le modalità per la ripartizione del fondo istituito dall’articolo 18 della legge n. 349 per l’effettuazione di interventi di bonifica

 


Articolo 1, commi 438-443, 449-450
(Danni ambientali e sanzioni)

 


438. Fermo quanto previsto dai commi 46 e 47, le somme versate in favore dello Stato a titolo di risarcimento del danno ambientale a seguito della sottoscrizione di accordi transattivi, contenenti condizioni specifiche relative al loro reimpiego, sono riassegnate ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.

439. Qualora i soggetti e gli organi pubblici preposti alla tutela dell’ambiente accertino un fatto che abbia provocato un danno ambientale come definito e disciplinato dalla direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, e non siano avviate le procedure di ripristino ai sensi della normativa vigente, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio con ordinanza immediatamente esecutiva ingiunge al responsabile il ripristino della situazione ambientale come definito dalla citata direttiva 2004/35/CE a titolo di risarcimento in forma specifica entro il termine fissato. Qualora il responsabile del fatto che ha provocato il danno ambientale non provveda al ripristino nel termine ingiunto, o il ripristino risulti in tutto o in parte impossibile, oppure eccessivamente oneroso, ai sensi dell’articolo 2058 del codice civile, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio con successiva ordinanza ingiunge il pagamento entro il termine di sessanta giorni di una somma pari al valore economico del danno accertato. L’ordinanza è emessa nei confronti del responsabile del danno ambientale come definito e disciplinato dalla citata direttiva 2004/35/CE.

440. La quantificazione del danno è effettuata sulla base del pregiudizio arrecato alla situazione ambientale a seguito del fatto dannoso e del costo necessario per il ripristino nel rispetto delle norme di cui alla citata direttiva 2004/35/CE e degli allegati I e II alla stessa. In caso di riparazione del danno ai sensi del presente comma e del comma 439 è esclusa la possibilità che si verifichi un aggravio dei costi in capo all’operatore come conseguenza di una azione concorrente; resta fermo il diritto dei soggetti proprietari di beni danneggiati dal fatto produttivo di danno ambientale di agire in giudizio nei confronti del responsabile a tutela dell’interesse proprietario leso.

441. Per la riscossione delle somme di cui è ingiunto il pagamento con l’ordinanza ministeriale si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

442. Le disposizioni previste dai commi da 439 a 441 non si applicano ai danni ambientali presi in considerazione nell’ambito di procedure transattive ancora in corso di perfezionamento alla data di entrata in vigore della presente legge, a condizione che esse trovino conclusione entro il 28 febbraio 2006, né alle situazioni di inquinamento per le quali sia effettivamente in corso o sia avviata la procedura per la bonifica ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 25 ottobre 1999, n. 471.

443. Avverso l’ordinanza di cui ai commi precedenti è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale competente per territorio entro il termine di sessanta giorni o, alternativamente, al Presidente della Repubblica entro il termine di centoventi giorni, in entrambi i casi decorrente dalla sua notificazione, comunicazione o piena conoscenza.

 

omissis

449. Le somme derivanti dalla riscossione dei crediti di cui ai commi da 439 a 441, ivi comprese quelle derivanti dall’escussione di fideiussioni a favore dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, ad un fondo istituito nell’ambito di apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, al fine di finanziare, anche in via di anticipazione, interventi urgenti di disinquinamento, bonifica e ripristino ambientale, con particolare riferimento alle aree per le quali abbia avuto luogo il risarcimento del danno ambientale, nonché altri interventi per la protezione dell’ambiente e la tutela del territorio.

450. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono disciplinate le modalità di funzionamento e di accesso al fondo di cui al comma 449, ivi comprese le procedure per il recupero delle somme concesse a titolo di anticipazione.


 

 

Il comma 438 prevede che - fermo quanto previsto dai commi 46 e 47 della stessa legge finanziaria - le somme versate in favore dello Stato a titolo di risarcimento del danno ambientale a seguito della sottoscrizione di accordi transattivi, contenenti condizioni specifiche relative al loro reimpiego, sono riassegnate ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.

 

E’ opportuno osservare che il primo di tali riferimenti (comma 46 della stessa legge n. 266) è da intendersi nel senso che deve comunque essere rispettato il limite all’ammontare complessivo delle riassegnazioni alla spesa di somme versate all’entrata (il comma 46, infatti, prevede che l’ammontare complessivo delle riassegnazioni di entrate non potrà superare, per ciascuna amministrazione, a decorrere dal 2006, l’importo complessivo delle riassegnazioni effettuate nell’anno 2005).

 

Al contrario, non appare sufficientemente chiarito il riferimento al comma 47 che reca una novella all’art. 1, comma 309, della legge n. 311 del 2004, ove si stabilisce che il maggior gettito derivante dall’applicazione delle disposizioni relative al contributo unificato per le spese di giustizia è versato al bilancio dello Stato, per essere riassegnato allo stato di previsione del Ministero della giustizia per il pagamento di debiti pregressi nonché per l’adeguamento delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari

 

Si ricorda che gli accordi transattivi sono contratti- previsti dal codice civile -attraverso i quali i privati risolvono liti, facendosi reciproche concessioni

 

Durante l’esame in sede referente del disegno di legge finanziaria è stato soppresso un comma che elevava di dieci volte nel minimo e di cinquanta volte nel massimo le sanzioni amministrative provenienti da illeciti ambientali.

 

I commi da 439 a 443 prevedono invece una serie di norme in materia di danno ambientale.

Occorre ricordare in proposito che è pendente una delega disposta dalla legge n. 308 del 2004 per l’emanazione di uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative nell’intera materia ambientale. La delega esplicita sette specifici ambiti in cui la materia ambientale viene suddivisa, fra cui uno viene espressamente indicato come “tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente”.

Sullo schema di decreto legislativo attuativo della delega è prevista l’espressione di un doppio parere parlamentare da parte delle competenti Commissioni parlamentari. Lo schema è stato presentato alle Camere. Alla parte VI esso raccoglie 19 articoli recanti “Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente”. Le Commissioni parlamentari hanno espresso entrambe i pareri previsti. Ad oggi (20 marzo 2006) il decreto delegato non risulta pubblicato in GU.

 

Nelle sue linee generali, la disciplina introdotta dai commi della legge finanziaria in commento prevede la doppia ipotesi del risarcimento in forma specifica o per equivalente patrimoniale. Soggetto attivo della richiesta di risarcimento è il solo Ministro dell’ambiente (tale dato rappresenta l’elemento maggiormente innovativo rispetto alla disciplina attuale recata dall’art. 18 della legge n. 349 del 1986, a cui risale la disciplina del danno ambientale)[125].

La scelta fra le due forme non rientra fra le facoltà del Ministro. Infatti la procedura è attivata da un’ordinanza del Ministro dell’ambiente con la quale si ingiunge al responsabile il risarcimento in forma specifica, attraverso il ripristino della situazione ambientale preesistente; solo ove tale forma di risarcimento non sia possibile, con la medesima o successiva ordinanza lo stesso Ministro ingiunge il pagamento di una somma pari al valore economico del danno accertato. I commi 438-443 e 449-450 recano poi una serie di disposizioni integrative della disciplina di fondo sopra delineata.

 

In primo luogo si deve osservare che tali norme appaiono parzialmente sovrapposte ad alcune contenute nei due schemi di decreto legislativo trasmessi alle Camere per il parere (Atto del Governo 572, per l’espressione del primo parere e Atto del Governo 596, per l’espressione del secondo parere) in attuazione della delega per il riordino della materia ambientale, di cui alla legge n. 308 del 2004. In particolare, l’intera Parte VI dello schema di decreto è dedicata al risarcimento del danno ambientale e al recepimento della direttiva 2004/35/CE, mentre gli articoli 313 e 314 dello schema di decreto disciplinano specificamente l’ordinanza di cui ai commi in oggetto.

Fatta questa premessa, si osserva che il testo delle norme inserite nel disegno di legge finanziaria è stato modificato durante l’esame in sede referente, con il risultato di integrare e chiarire alcuni punti e di avvicinare la disciplina complessiva a quella delineata dagli articoli 313 e 314 dello schema di decreto delegato.

In particolare, nel testo definitivamente approvato della legge finanziaria (comma 439) viene specificato che l’ordinanza del Ministro è emanata qualora “non siano avviate le procedure di ripristino”. Tale specificazione è recata anche dall’art. 313 dello schema di decreto, mentre non compariva nel testo originario. Essa sembra recare un opportuno coordinamento con le disposizioni relative al ripristino (recate, oggi, dall’art. 17 del decreto legislativo n. 22 del 1997, e riprodotte, con modificazioni, dagli artt. 305 e 306 dello schema di decreto legislativo attuativo della delega).

Una seconda modifica riguarda il riferimento esplicito (sempre al comma 439) alle modalità di ripristino prescritte dalla direttiva 2004/35/CE[126].

Vengono poi meglio specificati i termini della subordinazione fra le due ipotesi del risarcimento (ripristino dello stato antecedente o pagamento di una somma equivalente al danno accertato). Il Ministro dell’ambiente potrà emettere l’ordinanza che ingiunge il pagamento solo ove si verifichi una delle seguenti ipotesi:

a)      qualora il soggetto responsabile non provveda al ripristino nel termine indicato nella prima ordinanza (ordinanza di ripristino);

b)      qualora il ripristino risulti in tutto o in parte impossibile;

c)      qualora il ripristino risulti eccessivamente oneroso.

 

A tale proposito, la disposizione (comma 439) fa riferimento all’art. 2058 c.c. Si ricorda – in proposito – che ai sensi della norma del codice citata, in via generale, il danneggiato può richiedere la reintegrazione in forma specifica, ma tale richiesta è ammissibile solo “qualora sia in tutto o in parte possibile”. Inoltre, il secondo comma dell’art. 2058 specifica che “il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore”.

Il pagamento deve essere effettuato entro il termine di sessanta giorni (che appare termine più realistico di quello di dieci giorni originariamente previsto dal ddl finanziaria trasmesso dal Senato, AC 6177).

Un ulteriore elemento di differenziazione fra il testo originario e quello risultante dall’emendamento riguarda l’indicazione del soggetto passivo dell’ordinanza. Secondo il testo dell’AC 6177, l’ordinanza veniva emessa nei confronti dell’autore materiale del fatto dannoso “nonché, in solido, del soggetto nel cui effettivo interesse il fatto è stato commesso o che ne abbia obiettivamente tratto vantaggio”[127]. Nel nuovo testo, invece, soggetto passivo è il responsabile del danno ambientale così come definito dalla direttiva comunitaria (comma 439).

 

Si osserva in proposito che la direttiva 2004/35/CE non reca in realtà una disposizione in tal senso. Al contrario, l’art. 9 della direttiva – proprio su tale punto - fa rinvio al diritto nazionale degli stati membri, in quanto esplicita che “la presente direttiva lascia impregiudicata qualsiasi disposizione del diritto nazionale riguardante l’imputazione dei costi nel caso di pluralità di autori del danno, in particolare per quanto concerne la ripartizione delle responsabilità tra produttore e utente del prodotto”. Sembrerebbe pertanto che una parte significativa del contenuto normativo della disposizione originaria possa perdersi nel passaggio alla riformulazione recata dall’emendamento.

 

Rimane invece invariata (rispetto al testo approvato in prima lettura dal Senato) il parametro di riferimento per la quantificazione del danno (comma 440): una somma fissata sulla base del pregiudizio arrecato alla situazione ambientale a seguito del fatto dannoso e del costo necessario per il ripristino (come definito dalla direttiva comunitaria). Più esattamente, il nuovo testo specifica che il richiamo alla direttiva comprende gli Allegati I e II della direttiva stessa.

 

Si osserva che apparirebbe più pertinente il richiamo del solo Allegato II, che – in realtà – contiene la disciplina di riferimento per la quantificazione del danno, mentre l’Allegato I reca i criteri per la definizione della nozione di danno ambientale.

 

Si osserva che nel testo definitivamente approvato della legge finanziaria non vengono riprodotte le disposizioni riguardanti la determinazione del danno in via equitativa.

 

Si osserva in proposito che la disciplina recata dalla legge finanziaria si discosta – su questo punto – dal decreto delegato. Infatti, il comma 3 dell’articolo 314 dello schema di decreto (Atto del Governo 596) prevede che ove non sia “motivatamente possibile” l’esatta quantificazione del danno per equivalente patrimoniale, si presume – fino a prova contraria – di ammontare “non inferiore al triplo della somma corrispondente alla sanzione pecuniaria amministrativa, oppure alla sanzione penale, in concreto applicata”. La disposizione specifica poi che la pena detentiva – ai fini della quantificazione del danno – si calcola nella misura di quattrocento euro per ciascun giorno di pena detentiva.

Vengono poi aggiunte (sempre al comma 440) alcune disposizioni relative alla possibilità di un’azione concorrente in capo all’operatore. L’azione concorrente a cui tale disposizione fa riferimento non sembra essere quella del soggetto privato eventualmente danneggiato (infatti si specifica di seguito che resta fermo il diritto di tutti i soggetti danneggiati di agire nei confronti del responsabile con gli strumenti ordinari della giustizia civile e penale), ma piuttosto quella promossa da altra amministrazione pubblica. In tal caso, è escluso che si verifichi un aggravio di costi per l’operatore chiamato a rispondere dei danni. In sostanza, la norma sembra ribadire il carattere unificante, e riassuntivo dell’insieme degli interessi pubblici coinvolti, rivestito dall’azione promossa dal Ministro dell’ambiente.

Si osserva che disposizioni di identico contenuto sono rinvenibili al comma 7 dell’articolo 313 dello schema di decreto legislativo attuativo della delega ambientale.

Il comma 441 specifica che, per la riscossione delle somme, si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 112 del 1999[128].

 

Al comma 442 è stata apportata una significativa modifica (rispetto al testo trasmesso dal Senato dopo l’approvazione del ddl finanziaria in prima lettura), relativamente alla applicabilità della nuova normativa alle procedure transattive ancora in corso di definizione.

Mentre il testo originario prevedeva che le nuove norme si applicassero anche a tutte le procedure transattive non ancora definite alla data del 30 settembre 2005, la nuova formulazione esclude l’applicazione della nuova disciplina alle procedure in corso, e che risulteranno ancora non concluse alla data del 28 febbraio 2006. La norma – nel definire un periodo transitorio – sembra volta ad evitare il sovrapporsi di discipline diverse.

La modifica appare opportuna, soprattutto in quanto essa sembra da collegarsi alla disposizione - non presente nell’articolato in oggetto, ma inserita invece nello schema di decreto legislativo attuativo della delega (all’art. 315) -secondo la quale il Ministro dell’ambiente che abbia adottato l’ordinanza non può proporre né procedere ulteriormente nel giudizio per il risarcimento del danno ambientale, mentre resta comunque salva la possibilità dell’intervento in qualità di persona offesa dal reato nel giudizio penale.

Inoltre, vengono escluse dal campo di applicazione delle nuove norme tutte le situazioni di inquinamento per le quali sia già stato avviato un intervento di bonifica.

 

Si ricorda che tale seconda esclusione sarà resa superflua dall’eventuale entrata in vigore dello schema di decreto legislativo di riordino della materia ambientale, ove già è previsto - art. 303, comma 1, lettera i) - questo specifico caso di esclusione dall’ambito di applicazione della normativa.

 

Infine, al comma 443, si dispone in merito al diritto di ricorso avverso l’ordinanza-ingiunzione. I termini fissati sono – rispettivamente – di sessanta giorni per il ricorso al TAR e di centoventi giorni per il ricorso, alternativo, in via amministrativa al Presidente della Repubblica.

Si ricorda che disposizioni analoghe sono recate dall’art. 316 dello schema di decreto legislativo attuativo della delega ambientale.

 

Infine, i commi 449 e 450 (che si riconnettono ai precedenti 438-443) disciplinano l’istituzione di un fondo rotativo al quale affluiscono le somme derivanti dalla riscossione dei risarcimenti per danno ambientale (fondo peraltro già esistente, in quanto istituito dai commi 9-bis e 9-ter dell’articolo 18 della legge n. 349 del 1986[129] e dal decreto del Ministro dell’ambiente 14 ottobre 2003.

 


Articolo 1, comma 444
(Disciplina fiscale dell’indennità di occupazione di terreni con determinate caratteristiche)

 

444. L’articolo 35, comma 6, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, deve intendersi nel senso che le indennità di occupazione costituiscono reddito imponibile e concorrono alla formazione dei redditi diversi se riferite a terreni ricadenti nelle zone omogenee di tipo A, B, C e D, come definite dagli strumenti urbanistici.

 

 

Il comma 444 dell’articolo 1 detta una norma interpretativa diretta a precisare il trattamento fiscale cui devono essere sottoposte le indennità dovute al proprietario per l'occupazione di un'area nel procedimento di espropriazione per l'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità.

In particolare viene precisato che l’articolo 35, comma 6, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, si interpreta nel senso che le indennità di occupazione costituiscono reddito imponibile e concorrono alla formazione dei redditi diversi se riferite a terreni ricadenti nelle zone omogenee di tipo A, B, C e D, come definite dagli strumenti urbanistici. In sostanza, viene precisato che la disposizione che dichiara imponibili tali indennità come redditi diversi riguarda le stesse fattispecie indicate nel comma 1 del medesimo articolo 35: viene quindi reso esplicito il riferimento ai terreni compresi nelle zone A, B, C e D come definite dagli strumenti urbanistici, che non era espressamente enunziato nel comma 6, relativamente alle indennità di occupazione.

 

Si ricorda che l'articolo 35 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, disciplina il regime fiscale applicabile alle somme corrisposte a chi non eserciti una impresa commerciale a titolo di indennità di esproprio, ovvero di corrispettivo di cessione volontaria o di risarcimento del danno per acquisizione coattiva, di un terreno ove sia stata realizzata un'opera pubblica, un intervento di edilizia residenziale pubblica o una infrastruttura urbana all'interno delle zone omogenee di tipo A, B, C e D, come definite dagli strumenti urbanistici.

Il comma 1 dispone che si applica l'articolo 81 [ora articolo 67], comma 1, lettera b), ultima parte, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, qualora a chi non eserciti un’impresa commerciale sia corrisposta una somma a titolo di indennità di esproprio, ovvero di corrispettivo di cessione volontaria o di risarcimento del danno per acquisizione coattiva, relativamente a un terreno ove sia stata realizzata un'opera pubblica, un intervento di edilizia residenziale pubblica o un’infrastruttura urbana all'interno delle zone omogenee di tipo A, B, C e D, come definite dagli strumenti urbanistici. In conseguenza di ciò, le somme corrisposte sono imponibili come redditi diversi.

Il comma 6 dell'articolo 35 stabilisce che gli interessi percepiti per il ritardato pagamento delle somme anzidette (identificate mediante richiamo del comma 1) e l'indennità di occupazione costituiscono reddito imponibile e concorrono alla formazione dei redditi diversi.

 

L'indennità di occupazione è prevista dall'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, secondo il quale, nel caso di occupazione di un'area, è dovuta al proprietario un’indennità, per ogni anno, pari ad un dodicesimo di quanto sarebbe dovuto nel caso di esproprio dell'area e, per ogni mese o frazione di mese, un’indennità pari ad un dodicesimo di quella annua. Al riguardo, si ricorda che l'occupazione temporanea di aree non soggette a procedimento espropriativo può essere disposta dall'autorità espropriante se ciò risulti necessario per la corretta esecuzione dei lavori previsti.

 

Se manca l'accordo, su istanza di chi vi abbia interesse, la commissione provinciale prevista dall'articolo 41 del medesimo decreto determina l'indennità e ne dà comunicazione al proprietario, mediante atto notificato con le forme degli atti processuali civili. Contro la determinazione della commissione è proponibile l'opposizione alla stima.

 


Articolo 1, commi 445-448
(Finanziamenti per la rilocalizzazione in condizioni di sicurezza di attività produttive collocate in aree a rischio di esondazione)

 


445. All’articolo 1-bis, comma 5, del decreto-legge 3 agosto 2004, n. 220, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 ottobre 2004, n. 257, la parola: «quindici» è sostituita dalla seguente: «venticinque».

446. Restano fermi i criteri e le modalità applicati per l’articolo 1-bis, comma, 5, del decreto-legge 3 agosto 2004, n. 220, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 ottobre 2004, n. 257.

447. All’attuazione degli interventi previsti dal comma 445 si provvede nei limiti delle risorse disponibili di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 19 dicembre 1994, n. 691, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 febbraio 1995, n. 35, e successive modificazioni.

448. Ai fini dell’attuazione del comma 445 eventuali esigenze di trasferimento delle risorse disponibili di cui al comma 447, tra Mediocredito centrale Spa e Artigiancassa Spa, saranno preventivamente autorizzate dal Dipartimento del tesoro, previa adeguata documentazione trasmessa dai predetti istituti di credito e verificata dallo stesso Dipartimento.


 

 

Il comma 445, attraverso una novella all’art. 1-bis, comma 5, del decreto legge n. 3 agosto 2004, n. 220, estende a venticinque anni, invece degli attuali quindici, la durata dei finanziamenti disposti dall’art. 4-quinquies del decreto-legge 19 maggio 1997, n. 130, per la rilocalizzazione in condizioni di sicurezza di attività produttive collocate in aree a rischio di esondazione e concessi a favore dei soggetti danneggiati dagli eventi alluvionali verificatesi nel novembre 1994 in Piemonte.

Si ricorda che con l’art. 1-bis del decreto legge n. 220 del 2004 sono state previste disposizioni a favore delle imprese danneggiate dagli eventi alluvionali verificatisi nel novembre 1994 in Piemonte, intervenendo sulla disciplina della concessione dei contributi per la ricostruzione e la ripresa delle attività produttive nelle zone colpite dagli eventi stessi. Il comma 1, in particolare, ha provveduto ad aumentare il contributo in conto capitale a favore delle imprese industriali, commerciali, artigianali e di servizi aventi sede nei territori colpiti dagli eventi alluvionali della prima decade del mese di novembre 1994.

In relazione, poi, ai finanziamenti disposti dall’art. 4-quinquies del decreto-legge n. 130 del 1997, essi consistono in crediti agevolati per la rilocalizzazione di attività produttive alle condizioni indicate negli artt. 2 e 3 del decreto legge n. 691 del 1994, e cioè per un periodo complessivo di dieci anni, comprensivi di un periodo massimo di preammortamento di due anni.

La disposizione di tale comma è quindi rivolta unicamente a prolungare la durata dei finanziamenti concessi alle imprese di cui all’art. 4-quinquies del decreto-legge 19 maggio 1997, n. 130.

 

Nel comma 446, viene, quindi, stabilita l’invarianza dei criteri e delle modalità di attuazione relativi all’art. 1-bis, comma 5, del decreto legge n. 220 del 2004.

Si ricorda, infatti, che il comma 6 dell’art. 1-bis del decreto legge n. 220 rinvia, per la determinazione dei criteri, condizioni e modalità di attuazione delle disposizioni previste dall’articolo stesso, ad un successivo decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze.

Con il comma 447 viene quindi disposto che per consentire l’attuazione degli interventi previsti dal comma 445, si provveda nell’ambito delle risorse disponibili di cui agli artt. 2 e 3 del decreto-legge 19 dicembre 1994, n. 691.

Si ricorda che con l’art. 4, comma 247, della legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004), è stato approvato l’allegato 2, nel quale sono esposte le autorizzazioni di spesa che confluiscono nei fondi unici per gli investimenti istituiti nei singoli stati di previsione della spesa, con riferimento a ciascun comparto omogeneo della spesa, nonché l’indicazione delle autorizzazioni legislative (e dei relativi importi) che confluiscono in detti fondi. Tra esse figura, all’interno dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, all’interno del comparto Incentivi alle imprese, il decreto legge n. 691 del 1994, art. 2, comma 1, con 281,985 milioni di euro.

Nel corso dell’esame parlamentare, la dotazione finanziaria di alcuni dei Fondi unici per gli investimenti è stata modificata e, tra essi, il Fondo unico investimenti per gli incentivi alle imprese del Ministero dell’economia e delle finanze è stato ridotto per il 2004 di 100 milioni di euro, a seguito della rimodulazione, in Tabella F, delle risorse relative al D.L. n. 691/1994, art. 2, comma 1 (Fondo per contributi conto interessi su finanziamenti concessi), che ha posticipato 100 milioni di euro dal 2004 al 2005. Pertanto la dotazione per il 2004 risulta pari a 181,985 milioni di euro.

Successivamente il D.L. 12 luglio 2004, n. 168, “Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica” (convertito, con modificazioni, nella legge n. 191/2004), che ha attuato una manovra correttiva volta a garantire il conseguimento degli obiettivi finanziari fissati dal Governo, ha disposto una riduzione del 50% delle autorizzazioni di spesa che costituiscono i Fondi unici investimenti del Ministero dell’economia e delle finanze, e tra essi anche del Fondo unico investimenti per gli incentivi alle imprese, che, a seguito di tale riduzione, riportava una disponibilità di 90,9 milioni di euro (DL 691/1994, art. 2, co. 1: Alluvioni novembre 1994 - Fondo contributi in conto interessi su finanziamenti concessi (UPB 1.2.3.4, cap. 7005).

Nella legge finanziaria in esame, il Fondo unico investimenti per gli incentivi alle imprese, reca una dotazione di 18,5 milioni di euro.

Il comma 448prevede che, sempre ai fini dell’attuazione del comma 445, eventuali esigenze di trasferimento di risorse disponibili, tra Mediocredito centrale Spa e Artigiancassa Spa, dovranno essere preventivamente autorizzate e verificate dal dipartimento del tesoro, previa adeguata documentazione trasmessa dai predetti istituti di credito e verificata dallo stesso dipartimento.

 


Articolo 1, comma 451
(Finanziamento di infrastrutture dell’autorità portuale di Manfredonia)

 


451. Le risorse finanziarie previste dall’articolo 2, comma 3-ter, del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, come rimodulate dall’articolo 1, comma 200, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, originariamente destinate alla dotazione infrastrutturale diportistica nelle aree ivi indicate, e per le quali alla data di entrata in vigore della presente legge non è stato adottato alcun provvedimento di attuazione, sono destinate al finanzia­mento delle iniziative infrastrutturali occorrenti per l’attuazione della disposizione di cui all’articolo 4, comma 65, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.


 

 

Il comma 451prevede che le risorse finanziarie stanziate dal DL 209/2002, come rifinanziate dall’articolo 1, comma 200 della legge finanziaria per il 2005, originariamente destinate alle infrastrutture diportistiche nelle aree del Basso Adriatico, per le quali non è stato adottato alcun provvedimento di attuazione alla data di entrata in vigore della legge finanziaria in esame, siano destinate al finanziamento delle iniziative infrastrutturali dell’Autorità portuale di Manfredonia.

 

Si ricorda che l’articolo 3, comma 2-ter secondo periodo, del DL 209/2002 ha autorizzato, tra le altre, la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2003 e di 10 milioni di euro per l'anno 2004 quale contributo al finanziamento per la realizzazione di programmi di dotazione infrastrutturale diportistica delle aree di cui all'articolo 52, comma 59, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, ossia per le aree del basso Adriatico[130].

 

L’articolo 1, comma 200 della legge finanziaria per il 2005 (L. 311/2004) ha autorizzato tra l’altro la prosecuzione di tali interventi, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a tali finalità rispettivamente appostate, che a tal fine vengono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate agli anni successivi, fino al completamento delle iniziative contemplate nelle citate disposizioni di legge.

L’articolo 4, comma 65 della legge finanziaria per il 2004 (L. 350/2003), modificando il disposto di cui all’articolo 1, comma 1 della legge 84/94, ha inserito - tra le sedi in cui istituire l’Autorità portuale - anche il porto di Manfredonia[131].


Articolo 1, comma 452
(Disposizioni in materia di subconcessioni da parte di ANAS Spa)

 

452. Al comma 5-bis dell’articolo 7 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, introdotto dall’articolo 6-ter del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, dopo le parole: «reale o figurativo», sono inserite le seguenti: «o corrispettivi di servizi».

 

 

Il comma 452 estende l’ambito di applicabilità delle nuove norme sulla subconcessione da parte dell’Anas Spa, comprendendovi non solo le strate o autostrade assoggettabili a pedaggio, ma anche quelle che possono essere assoggettate a “corrispettivi di servizio”.

La norma sembra doversi intendere nel senso che oggetto della subconcessione può anche essere una strada (o una tratta) non assoggettata a pedaggio (né reale, né figurativo), ma nella quale la società subconcessionaria – dietro corrispettivo - svolga dei servizi (ad esempio di manutenzione).

 

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 6-ter del decreto legge n. 203 del 2005 (convertito, con modifiche, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248) ha introdotto una serie di modifiche alla normativa che ha disciplinato il processo di privatizzazione dell’ANAS Spa (art 7 del decreto legge n. 138 del 2002) prevedendo, fra l’altro, che l'ANAS - in conformità con un atto di indirizzo che sarà appositamente adottato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze – possa subconcedere ad una o più società da essa costituite alcuni dei compiti ad essa affidati dalle norme vigenti, e in particolare:

-        compiti di gestione di strade e autostrade di proprietà dello Stato;

-        loro manutenzione ordinaria e straordinaria;

-        realizzazione di interventi di progressivo miglioramento ed adeguamento della rete;

-        costruzione di nuove strade statali e nuove autostrade, sia direttamente che in concessione.

Lo stesso articolo 6-ter specifica che tale subconcessione deve riguardare tratte stradali o autostradali assoggettate o assoggettabili a pedaggio reale o figurativo.

Pertanto le subconcessioni garantiranno all’ANAS Spa un corrispettivo e dovranno consentire – nelle finalità della norma – di proseguire il processo di privatizzazione della Società e la sua fuoriuscita dal perimetro della pubblica amministrazione secondo la classificazione adottata dalle regole contabili europee (copertura di almeno il 50 per cento dei costi di produzione dalla vendita di beni e servizi sul mercato).

 


Articolo 1, comma 453
(Interventi abitativi per agevolare la mobilità del personale della pubblica amministrazione)

 

453. Allo scopo di facilitare la realizzazione degli interventi abitativi di cui all’articolo 1, comma 110, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e all’articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, è abolito l’obbligo della contiguità delle aree e detti interventi possono essere localizzati in più ambiti all’interno della stessa regione.

 

 

Il comma 453, allo scopo di facilitare la realizzazione degli interventi del programma straordinario di edilizia residenziale a favore dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, prevede l’abolizione dell’obbligo della contiguità delle aree di localizzazione degli interventi all’interno della stessa Regione.

Il comma in esame rinvia, più precisamente, agli interventi abitativi disciplinati dalle seguenti disposizioni:

-        art. 1, comma 110, della legge n. 311/2004 (finanziaria 2005);

Si ricorda, in proposito, che il citato comma 110, ha introdotto nell’ordinamento vigente una disposizione che consente la modifica in aumento del limite numerico degli alloggi da realizzare nell’ambito di programmi straordinari di edilizia residenziale pubblica previsti dall’art. 4, comma 150, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato. Viene altresì previsto che tale modifica debba lasciare invariato il limite volumetrico complessivo degli interventi oggetto dei programmi stessi.

L’articolo 4 comma 150 della legge n. 350 del 2003 non disciplina peraltro programmi straordinari di edilizia residenziale pubblica. Esso richiama i programmi straordinari di cui all'art. 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, prevedendo una procedura per la rilocalizzazione dei programmi stessi in una Regione diversa da quella in cui essi dovevano essere realizzati in origine, nel caso in cui la regione interessata non provveda all’attivazione dei necessari accordi di programma.

La disposizione in commento sembra, quindi, trovare applicazione limitatamente ai programmi oggetto di rilocalizzazione.

-        art. 18 del decreto legge n. 152 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 203 del 1991;

Quanto ai contenuti della norma richiamata, si ricorda che l’art. 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa), ha dato avvio ad un programma straordinario di edilizia residenziale da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato “quando è strettamente necessario alla lotta alla criminalità organizzata, con priorità per coloro che vengano trasferiti per esigenze di servizio”.

Il medesimo articolo ha affidato la realizzazione degli interventi (tanto di recupero che di nuova costruzione) ai comuni, agli IACP, ad imprese di costruzione e loro consorzi e a cooperative e loro consorzi, disponendo, altresì, l’assegnazione di un finanziamento attraverso un limite di impegno di 50 miliardi di lire per l'edilizia agevolata, e un finanziamento di 900 miliardi di lire per l'edilizia sovvenzionata.

 

Si fa notare, infine, che l’obbligo di cui il comma 453 prevede l’abolizione non è previsto dalle disposizioni richiamate, bensì dalla delibera CIPE 20 dicembre 1991, n. 98[132] di attuazione dell’art. 18, comma 2, del DL n. 152/1991.

Il punto 2.1 di tale delibera dispone, infatti, che i programmi integrati da parte di comuni, IACP, imprese di costruzione e loro consorzi, cooperative e loro consorzi “debbono interessare esclusivamente porzioni contigue di territorio”.

Si ricorda, in proposito, che l’art. 18, comma 2, del DL n. 152 prevede che gli interventi per la realizzazione del programma “sono realizzati dai comuni, dagli IACP, da imprese di costruzione e loro consorzi e da cooperative e loro consorzi” Il successivo comma 3, secondo periodo, dispone poi che “Gli interventi possono far parte di programmi integrati”.

L’abolizione di tale obbligo sembra finalizzata a garantire maggiore elasticità nell’attuazione degli interventi previsti.

 


Articolo 1, commi 454-465
(Contributi per l’editoria)

 


454. A decorrere dai contributi relativi all’anno 2005, non è più corrisposta l’anticipazione di cui all’articolo 3, comma 15-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 250. I contributi sono comunque erogati in un’unica soluzione entro l’anno successivo a quello di riferimento.

455. A decorrere dal 1º gennaio 2005, ai fini del calcolo dei contributi previsti dai commi 2, 8, 10 e 11 dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, i costi sostenuti per collaborazioni, ivi comprese quelle giornalistiche, sono ammessi fino ad un ammontare pari al 10 per cento dei costi complessivamente ammissibili.

456. A decorrere dal 1º gennaio 2002, all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, le lettere f) e h) sono abrogate;

b) al comma 2-ter, dopo le parole: «I contributi previsti dalla presente legge» sono inserite le seguenti: «, con esclusione di quelli previsti dal comma 11,»;

c) al comma 2-quater, dopo le parole: «della legge 5 agosto 1981, n. 416» sono aggiunte le seguenti: «, con il limite di 310.000 euro e di 207.000 euro rispettivamente per il contributo fisso e per il contributo variabile di cui al comma 10; a tali periodici non si applica l’aumento previsto dal comma 11».

457. A decorrere dai contributi relativi all’anno 2005, il requisito temporale previsto dall’articolo 3, comma 2, lettere a) e b), della legge 7 agosto 1990, n. 250, è elevato a cinque anni per le imprese editrici costituite dopo il 31 dicembre 2004. In caso di cambiamento della periodicità della testata successivo al 31 dicembre 2004, il requisito deve essere maturato con riferimento alla nuova periodicità.

458. A decorrere dal 1º gennaio 2006, per l’accesso alle provvidenze di cui all’articolo 3, commi 2 e 2-quater, della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, le cooperative editrici devono essere composte esclusivamente da giornalisti professionisti, pubblicisti o poligrafici.

459. Le disposizioni di cui al comma 2-bis dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, si applicano soltanto alle imprese editrici che abbiano già maturato, entro il 31 dicembre 2005, il diritto ai contributi di cui al medesimo comma 2-bis.

460. A decorrere dal 1º gennaio 2006, i contributi previsti dai commi 2, 8, 10 e 11 dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, sono percepiti a condizione che:

a) l’impresa editrice sia proprietaria della testata per la quale richiede i contributi;

b) l’impresa editrice sia una società cooperativa i cui soci non partecipino ad altre cooperative editrici che abbiano chiesto di ottenere i medesimi contributi. In caso contrario tutte le imprese editrici interessate decadono dalla possibilità di accedere ai contributi;

c) i requisiti di cui alle lettere a) e b) non si applicano alle imprese editrici che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano già maturato il diritto ai contributi. In tal caso nel calcolo del contributo non è ammesso l’affitto della testata.

461. Le imprese richiedenti i contributi di cui agli articoli 3, 4, 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, nonché all’articolo 23, comma 3, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni, e all’articolo 7, comma 13, della legge 3 maggio 2004, n. 112, decadono dal diritto alla percezione delle provvidenze qualora non trasmettano l’intera documentazione entro un anno dalla richiesta.

462. L’entità del contributo riservato all’editoria speciale periodica per non vedenti, ai sensi dell’articolo 8 del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 542, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 649, è fissata in 1.000.000 di euro annui.

463. Per le finalità di cui all’articolo 5 della legge 7 marzo 2001, n. 62, sono destinati 20 milioni di euro per l’anno 2006, 10 milioni di euro per l’anno 2007 e 5 milioni di euro per l’anno 2008.

464. Il limite degli oneri finanziari previsto per gli anni 2003, 2004 e 2005, ai fini del riconoscimento del credito d’imposta di cui all’articolo 8 della citata legge n. 62 del 2001, per investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2004, è aumentato di 20 milioni di euro.

465. Al comma 3 dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, le parole: «L. 200» sono sostituite dalle seguenti: «0,2 euro».


 

 

I commi da 454 a 465 recano una serie di disposizioni che vanno ad incidere sulla normativa in materia di provvidenze all’editoria[133].

In sintesi le norme in commento prevalentemente mediante modifiche o integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 250[134]:

-        modificano i requisiti per l’accesso ai contributi;

-        modificano le modalità di erogazione (attraverso l’eliminazione dell’anticipazione sui contributi; l’introduzione, ai fini del calcolo, di un limite del 10 per cento per i costi per le collaborazioni, anche giornalistiche, e di un tetto al contributo per i periodici editi da cooperative giornalistiche; la rideterminazione del contributo per copia stampata alle imprese editrici di periodiciesercitate da cooperative, fondazioni o enti morali);

-        estendono la non cumulabilità tra i diversi tipi di contributi;

-        incrementano il contributo all'editoria speciale periodica per non vedenti;

-        introducono la decadenza dal diritto a percepire le provvidenze indicate dalla citata legge n. 250 del 90 nonché dalle leggi 6 agosto 1990, n. 223 e 3 maggio 2004, n. 112[135] - riguardanti i programmi informativi trasmessi delle TV locali e via satellite - per le imprese che non inviano la documentazione nei termini stabiliti;

-        rifinanziano il credito agevolato e il credito di imposta alle imprese editoriali introdotti dalla 7 marzo 2001, n. 62[136];

 

Ai fini di una più agevole comprensione dei commi in esame, si riepiloga di seguito la disciplina introdotta dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, relativa all’erogazione dei contributi diretti all’editoria[137].

La platea dei destinatari dei contributi comprende:

1.       le imprese editrici di giornali quotidiani (comma 2), costituite come cooperative giornalistiche da almeno tre anni (co. 2, lettera a)) subordinatamente al possesso di una serie di requisiti[138]:

2.       le imprese editrici di giornali quotidiani la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni ed enti morali non aventi scopo di lucro (comma 2-bis), subordinatamente al possesso dei medesimi requisiti sopra citati, ad eccezione dell’obbligo di essere una cooperativa giornalistica (lettera a)) e di vendere la testata ad un prezzo non inferiore alla media del prezzo base degli altri quotidiani (lettera h));

3.       le imprese editrici che editino giornali quotidiani in una lingua delle minoranze francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome della Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, o quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (comma 2-ter), subordinatamente al possesso dei medesimi requisiti delle imprese non a scopo di lucro[139];

4.       le cooperative giornalistiche che editano periodici (comma 2-quater)[140].

Per le imprese sopra elencate, i contributi – che vengono corrisposti solo qualora gli introiti pubblicitari dell’anno precedente non superino il 40 dei costi complessivi (comma 7) e non possono comunque superare il 60 per cento della media dei costi (comma 9) - sono determinati nelle seguenti misure(comma 8):

a)       un contributo fisso annuo di importo pari al 30 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti, e comunque non superiore a lire 2 miliardi per ciascuna impresa;

b)      contributi variabilirapportati alla tiratura[141].

5.       imprese editrici di quotidiani o periodici organi o giornali di forze politiche (comma 10);

Ai sensi del medesimo comma 10, per tali imprese, i contributi sono determinati nelle seguenti misure:

a)  un contributo fisso annuo di importo pari al 40 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti, e comunque non superiore a lire 2 miliardi e 500 milioni per i quotidiani e lire 600 milioni per i periodici;

b)  un contributo variabile, calcolato secondo i parametri previsti dal comma 8, per i quotidiani, ridotto ad un sesto, un dodicesimo od un ventiquattresimo rispettivamente per i periodici settimanali, quindicinali o mensili; per i suddetti periodici viene comunque corrisposto un contributo fisso di lire 400 milioni nel caso di tirature medie superiori alle 10.000 copie.

Da ultimo, sono previsti ulteriori contributi integrativi pari al 50 per cento di quanto determinato dalle lettere a) e b) del predetto comma 10, qualora le entrate pubblicitarie siano inferiori al 30 per cento dei costi d'esercizio annuali (comma 11).

Tali contributi - così come quelli di cui al precedente comma 10 - sono concessi a condizione che le imprese non fruiscano, né direttamente né indirettamente, dei contributi previsti al comma 8 (comma 13). Si ricorda, infine, che la somma dei contributi previsti dai commi 10 e 11 non può comunque superare il 70 per cento dei costi (comma 12).

 

Il comma 454 stabilisce che, a decorrere dall’anno 2005, non sia più corrisposta l’anticipazione sui contributi alle imprese editrici di giornali quotidiani prevista dal comma 15-bis dell’articolo 3 della legge n. 250/90; i contributi sono quindi erogati in un’unica soluzione entro l’anno successivo a quello di riferimento.

 

Il predetto comma 15-bis prevede che entro il 31 marzo di ciascun anno sia corrisposto il 50 per cento dei contributi, mentre la liquidazione viene effettuata entro tre mesi dalla presentazione del bilancio dell’impresa editoriale, secondo le modalità previste dal medesimo comma e previa certificazione a cura di una società di revisione.

 

Con riferimento al coordinamento con la normativa vigente sarebbe stato opportuno che la norma in esame sostituisse il comma 15-bis della legge n. 250/90, ovvero che tale comma fosse abrogato nella parte in cui prevede la citata anticipazione e la liquidazione del contributo residuo.

 

Il comma 455 prevede che-a decorrere dal 1° gennaio 2005- ai fini del calcolo dei contributi previsti dall'articolo 3, commi 2, 8, 10 e 11 della legge n. 250/90, i costi per le collaborazioni, anche giornalistiche, siano ammessi fino al 10 per cento dei costi complessivamente ammessi.

 

Il comma 456apporta - a decorrere dal 1° gennaio 2002 - modifiche testuali all'articolo 3 della legge 250/90. In particolare:

-        la lettera a)[142] modifica i requisiti per accedere ai contributi, mediante l’abrogazione delle lettere f) e h) del comma 2 dell’articolo 3.

Tali lettere, come si è detto, nell’ambito dei requisiti prescritti dal comma 2 per accedere ai contributi, prevedono, rispettivamente, che le testate nazionali che usufruiscono dei contributi in questione non siano poste in vendita congiuntamente con altre testate (lettera f)) e chela testata edita sia posta in vendita a un prezzo non inferiore alla media dal prezzo base degli altri quotidiani, (lettera h)).

In proposito si ricorda, che è all’esame della VII Commissione Cultura, in sede referente, il disegno di legge di iniziativa governativa AC 4163 recante “Disposizioni in materia di editoria e di diffusione della stampa quotidiana e periodica”, contenente una serie di norme, di carattere eterogeneo, volte a modificare o integrare la normativa vigente, in materia di condizioni per l’esercizio dell’attività, contributi, contributi previdenziali, credito agevolato. In particolare, l’articolo 5 del ddl reca, al comma 1, alcune modifiche alla legge n. 250 del 1990 di analogo tenore a quelle previste dal presente comma[143].

 

-        la lettera b) esclude i quotidiani editi in lingua nelle regioni autonome ed i quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (di cui al comma 2-ter del citato articolo 3) dall'applicazione dei contributi integrativi previsti dal comma 11 della legge. In tal modo viene estesa la non cumulabilità tra i diversi tipi di contributi, già prevista dal predetto comma 13 dell’articolo 3 (vedi supra);

-        la lettera c) integra il comma 2-quater dell'art. 3 della legge n. 250, il quale estende l'applicazione delle norme dell'articolo stesso previste per i quotidiani ai periodici editi da cooperative giornalistiche, nel senso di prevedere un limite di 310.000 euro e di 207.000 euro rispettivamente per il contributo fisso e per quello variabile di cui al comma 10 dell'articolo 3. A tali soggetti, inoltre, come a quelli di cui alla precedente lettera a), non si applica l'aumento previsto dal comma 11.

 

Il comma 457, a decorrere dai contributi relativi all’anno 2005, eleva da tre a cinque anni il requisito temporale per accedere ai contributi della legge n. 250 previsto per le imprese editrici costituite dopo il 31 dicembre 2004. Inoltre, dispone che tale requisito debba essere maturato con riferimento alla nuova periodicità se questa è stata modificata dopo la suddetta data.

 

Il comma 458 impone alle cooperative editrici di quotidiani e periodici, per poter accedere ai contributi in esame, la condizione di essere composte solo da giornalisti professionisti, pubblicisti o poligrafici.

 

Il comma 459 dispone che i contributi destinati alle imprese editrici di giornali quotidiani la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro (di cui al comma 2-bis dell’art. 3 della legge n. 250) possano essere erogati solo alle imprese editrici che abbiano già maturato il diritto a tale contributi entro il 31 dicembre 2005.

 

Con il comma 460 si stabilisce che i contributi di cui ai citati commi 2, 8, 10 e 11 dell'articolo 3 della legge n. 250 - a decorrere dal 1 gennaio 2006 - siano percepiti alle seguenti condizioni:

§      che l'impresa editrice sia proprietaria della testata per cui sono richiesti i contributi (lett. a));

§      che essa sia una società cooperativa i cui soci non partecipano ad altre cooperative editrici che abbiano chiesto di ottenere gli stessi contributi (lett. b));

§      i requisiti sopra richiamati non si applicano qualora le imprese abbiano già maturato il diritto ai contributi all’entrata in vigore della legge. In tal caso, tuttavia, l’affitto della testata no è ammesso nel calcolo del contributo (lett. c[144]), introdotta al Senato dall’emendamento del governo).

 

       Il comma 461 prevede la decadenza dal diritto a percepire le provvidenze indicate dalla legge n. 250/1990 nonché dalle leggi 6 agosto 1990, n. 223 e 3 maggio 2004, n. 112[145] - riguardanti i programmi informativi trasmessi delle TV locali e via satellite - per le imprese che non inviano l'intera documentazione entro un anno dalla relativa richiesta.

 

Si ricorda che l'articolo 23, comma 3, della legge n. 223 del 1990 reca i contributi per i concessionari per la radiodiffusione televisiva in ambito locale, ovvero i soggetti autorizzati per la radiodiffusione televisiva locale, che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali;

L'art. 7, comma 13 della legge 3 maggio 2004, n. 112 prevede contributi per i canali tematici autorizzati alla diffusione via satellite, con esclusione di quelli ad accesso condizionato, come definiti dall'articolo 1, lettera c), del regolamento concernente la promozione della distribuzione e della produzione di opere europee, di cui alla Delibera dell'Autorità Garante delle comunicazioni n. 9/1999, che si impegnano a trasmettere programmi di informazione alle condizioni previste dall'articolo 7 del decreto-legge n. 323 del 1993 (Provvedimenti urgenti in materia radiotelevisiva), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 422 del 1993[146].

       Con riferimento al termine per la documentazione, si ricorda che il D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 525[147] (Regolamento recante norme per la concessione dei contributi e delle provvidenze all'editoria) contiene vari termini per la procedura di presentazione delle domande di contributi e della relativa documentazione. In particolare, dispone che le domande per la concessione dei contributi di cui alla legge n. 250 siano presentate entro il termine perentorio del 31 gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento dei contributi, e che la documentazione integrativa sia presentata entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta stessa e comunque non oltre il 30 settembre dello stesso anno.

       Il comma 462 fissa in 1.000.000 euro annui il contributo per l'editoria speciale periodica per non vedenti, previsto dal D.L. 23 ottobre 1996, n. 542[148].

L'art. 8 di tale decreto dispone che - a decorrere dall'anno 1994 - all'editoria speciale periodica per non vedenti, prodotta con caratteri tipografici normali, su nastro magnetico e in braille, è riservato un contributo annuo di lire 1.000 milioni (516.456 euro) per il 1994 e di lire 950 milioni (490.634 euro) a decorrere dal 1995[149].

 

I commi 463 e 464 prevedono il rifinanziamento del credito agevolato e del credito di imposta alle imprese editoriali introdotti dalla 7 marzo 2001, n. 62[150].

La legge 62/2001 reca un’ampia riforma della L. 416/1981[151] sull’editoria e, più in generale, introduce varie iniziative di sostegno del settore editoriale. Gli articoli 5-8, in particolare,relativi agli interventi per lo sviluppo del settore editoriale, raccolgono gli strumenti di sostegno indiretti attorno alle due figure del credito agevolato e del credito di imposta alle imprese editoriali che investano in beni strumentali e in nuovi prodotti.

Il primo dei due strumenti si realizza con l’istituzione di un Fondo per le agevolazioni di credito alle imprese del settore editoriale,destinato alla concessione di contributi in conto interessi su mutui bancari o contratti di locazione finanziaria per la realizzazione di progetti di ristrutturazione, realizzazione o ampliamento di impianti, miglioramento della distribuzione o formazione del personale (art. 5).

L’utilizzazione del secondo strumento è prevista in favore delle imprese produttrici di prodotti editoriali che effettuino determinate tipologie di investimenti entro il 31 dicembre 2004. Il credito d’imposta, di un ammontare pari al 3% del costo sostenuto, è fruibile nel periodo di imposta in cui l’investimento è stato effettuato ed in ciascuno dei quattro periodi di imposta successivi (art. 8). Alla legge n. 62/2001 è stata data attuazione con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 142 (credito agevolato) e con il D.P.C.M. 6 giugno 2002, n. 143 (credito d’imposta).

In particolare, il comma 463 destina 20 milioni di euro per l'anno 2006, 10 milioni per il 2007 e 5 milioni per il 2008 alle finalità indicate dall’articolo 5 della legge n. 62, mentre il comma 464 aumenta di 20 milioni di euro il limite degli oneri finanziari previsto per gli anni 2003-2005 ai fini del riconoscimento del credito di imposta previsto dall'articolo 8 della citata legge n. 62, per investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2004.

In proposito si ricorda che il D.M. 7 febbraio 2003, recante "Monitoraggio dei crediti d'imposta, da adottare ai sensi dell'art. 5 del D.L. 8 luglio 2002, n. 138", stabiliva il limite degli oneri finanziari previsti per il riconoscimento del credito d'imposta di cui al citato art. 8 in 28.405.129 euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005.

 

       Il comma 465 - che interviene sulla legge n. 250 - ridetermina in 0,20 euro l'importo di lire 200 indicato al comma 3 dell'art. 3 della legge n. 250 del 1990, come somma da corrispondersi annualmente - per copia stampata fino a 40 mila copie di tiratura media, indipendentemente dal numero delle testate - alle imprese editrici di periodici che risultino esercitate da cooperative, fondazioni o enti morali, ovvero da società la maggioranza del capitale sociale delle quali sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali che non abbiano scopo di lucro.

 

Si segnala, inoltre, che anche il comma 574 dell’articolo unico della legge finanziaria in esame reca norme in materia di contributi alle imprese editrici. Per completezza di informazione si segnala infine che il comma 466 (per il quale si rinvia alla scheda di lettura)istituisce un’addizionale alle imposte sul reddito in presenza di redditi derivanti da produzione, distribuzione, vendita e rappresentazione di materiale pornografico e di incitamento alla violenza.


Articolo 1, comma 466
(Imposta sul materiale pornografico)

 


466. È istituita una addizionale alle imposte sul reddito dovuta dai soggetti titolari di reddito di impresa e dagli esercenti arti e professioni, nonché dai soggetti di cui all’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nella misura del 25 per cento. L’addizionale è indeducibile ai fini delle imposte sul reddito, si applica alla quota del reddito complessivo netto proporzionalmente corrispondente all’ammontare dei ricavi o dei compensi derivanti dalla produzione, distribuzione, vendita e rappresentazione di materiale pornografico e di incitamento alla violenza, rispetto all’ammontare totale dei ricavi o compensi; al fine della determinazione della predetta quota di reddito, le spese e gli altri componenti negativi relativi a beni e servizi adibiti promiscuamente alle predette attività e ad altre attività, sono deducibili in base al rapporto tra l’ammontare dei ricavi, degli altri proventi, o dei compensi derivanti da tali attività e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi o compensi. Ai fini del presente comma, per materiale pornografico e di incitamento alla violenza si intendono i giornali quotidiani e periodici, con i relativi supporti integrativi, e ogni opera teatrale, cinematografica, visiva, sonora, audiovisiva, multimediale, anche realizzata o riprodotta su supporto informatico o telematico, nonché ogni altro bene avente carattere pornografico o suscettibile di incitamento alla violenza, ed ogni opera letteraria accompagnata da immagini pornografiche, come determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze. Per la dichiarazione, gli acconti, la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, il contenzioso, le sanzioni e tutti gli aspetti non disciplinati espressamente, si applicano le disposizioni previste per le imposte sul reddito. Per il periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, è dovuto un acconto pari al 120 per cento dell’addizionale che si sarebbe determinata applicando le disposizioni del presente comma nel periodo d’imposta precedente.


 

 

Il comma 466 dell’articolo 1 istituisce un’addizionale alle imposte sul reddito da applicarsi alla quota di reddito proporzionalmente corrispondente all’ammontare dei ricavi o dei compensi derivanti dalla produzione, distribuzione, vendita e rappresentazione di materiale pornografico e di incitamento alla violenza, rispetto all’ammontare totale dei ricavi o compensi.

 

Per quanto riguarda la determinazione dei soggetti passivi d’imposta, la presente disposizione stabilisce che la suddetta addizionale è dovuta dai soggetti titolari di reddito d’impresa e dagli esercenti arti e professioni, nonché dai soci delle società di persone e dagli altri soggetti ad essi equiparati, a norma dell'articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

 

L'articolo 5 del TUIR, relativo ai redditi prodotti in forma associata, stabilisce che i redditi prodotti dalle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato siano imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.

A quest’effetto, le società di armamento sono equiparate alle società in nome collettivo o alle società in accomandita semplice secondo che siano state costituite all'unanimità o a maggioranza; le società di fatto sono equiparate alle società in nome collettivo o alle società semplici secondo che abbiano o non abbiano per oggetto l'esercizio di attività commerciali; le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni sono equiparate alle società semplici.

Una disciplina analoga si applica ai redditi delle imprese familiari, limitatamente al 49 per cento del loro ammontare.

 

La misura dell'addizionale è fissata nel 25 per cento.

 

Ai fini del calcolo dell’addizionale va presa in considerazione la quota del reddito netto che, rispetto al totale dei ricavi e compensi, corrisponde proporzionalmente all’ammontare dei ricavi o dei compensi derivanti dalla produzione, dalla distribuzione, dalla vendita e dalla rappresentazione di:

§      materiale pornografico;

§      materiale di incitamento alla violenza.

 

La letterale formulazione della disposizione sembra comportare l’applicazione dell’addizionale non soltanto sui redditi derivanti dalle attività che ne costituiscono il presupposto, bensì sulla quota dei redditi complessivi del soggetto, proporzionalmente corrispondente alla parte rappresentata dai ricavi o compensi derivanti da tali attività sul totale dei ricavi o compensi da esso percepiti nell’esercizio di attività d’impresa o di lavoro autonomo.

Infatti, il calcolo dev’essere così effettuato:

1) l’ammontare dei ricavi o compensi derivanti dalla produzione, vendita o rappresentazione di materiale pornografico o violento è diviso per l’ammontare complessivo di tutti i ricavi o compensi percepiti nell’esercizio di attività d’impresa o di lavoro autonomo;

2) il reddito complessivo netto del soggetto (a formare il quale concorrono tutti i tipi di reddito percepiti, al netto delle deduzioni previste dalla legge) è moltiplicato per il quoziente calcolato mediante l’operazione sub 1);

3) alla quota di reddito risultante dall’operazione sub 2) si applica l’aliquota del 25 per cento stabilita per la presente addizionale.

 

Le modalità di calcolo previste dalla disposizione qui illustrata sembrano suscettibili di determinare notevoli effetti distorsivi nell’applicazione dell’addizionale, in quanto assoggettano ad essa non soltanto i redditi derivanti dall’esercizio delle attività che ne costituiscono presupposto, bensì una quota calcolata sull’intera massa dei redditi del soggetto.

A parità di reddito complessivo, tali effetti distorsivi crescono con il decrescere della quota rappresentata dai redditi di lavoro autonomo o d’impresa rispetto al totale dei redditi del soggetto. Si considerino i seguenti esempi:

 

 

(1)

(2)

(3)

(4)

(5)

(6)

Reddito complessivo:

100

100

100

100

100

100

Redditi d’impresa o di lavoro autonomo (ricavi o com­pensi):

90

50

10

90

50

10

di cui

--derivanti da produzione, vendita o rappresentazione di materiale pornografico o violento

45

25

5

9

9

9

Proporzione fra ricavi o compensi derivanti dal predetto materiale e totale dei ricavi o compensi:

50%

50%

50%

10%

18%

90%

Redditi di altra natura:

10

50

90

10

50

90

Quota del reddito comples­sivo soggetta all’addizionale:

100 x 50/100 = 50

100 x 50/100 = 50

100 x 50/100 = 50

100 x 10/100 = 10

100 x 18/100 = 18

100 x 90/100 = 90

Importo dell’addizionale do­vuta (con aliquota del 25%):

12,5

12,5

12,5

2,5

3,6

22,5

 

Nelle ipotesi (1) e (3), l’importo dell’addizionale dovuta è di 12,5, laddove (1) ricava dall’attività predetta 45 (il 50% dei propri redditi di lavoro autonomo o d’impresa, ma il 45% del reddito complessivo), mentre (3) ricava 5 (il 50% dei propri redditi di lavoro autonomo o d’impresa, ma il 5% del reddito complessivo).

Nelle ipotesi (4) e (6), i ricavi o compensi derivanti dall’attività predetta sono in ambedue i casi eguali a 9: tuttavia, (3) deriva il 90% del proprio reddito complessivo da attività professionali o d’impresa, mentre (4) ricava dalle medesime soltanto il 10% del proprio reddito complessivo; a parità di valore assoluto (cioè 9) dei ricavi o compensi che costituiscono presupposto dell’addizionale, l’importo dovuto da (3) è pari a 2,5 mentre quello dovuto da (4) è pari a 22,5.

In entrambe le ipotesi, i casi intermedi (2) e (4) mostrano la progressione dell’effetto distorsivo.

Appare infine evidente come l’importo dell’addizionale possa eccedere anche largamente il valore dei ricavi o compensi derivanti dall’attività che ne costituisce il presupposto.

 

Il comma 466 stabilisce altresì:

§      l’indeducibilità dell’addizionale agli effetti delle imposte sul reddito;

§      la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi relativi a beni e servizi adibiti promiscuamente alle suddette attività e ad altre attività, in base al rapporto tra l’ammontare dei ricavi, degli altri proventi o dei compensi derivanti da tali attività e il loro ammontare complessivo;

§      con una norma di chiusura, l'applicabilità delle disposizioni previste per le imposte sul reddito relativamente alla dichiarazione, agli acconti, alla liquidazione, all'accertamento, alla riscossione, al contenzioso, alle sanzioni, nonché per tutti gli aspetti non disciplinati espressamente dalla norma in esame.

Tuttavia, per il periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge è previsto il pagamento di un acconto pari al 120 per cento dell’addizionale che si sarebbe determinata applicando le disposizioni del presente comma nel precedente periodo d’imposta.

 

La disposizione definisce infine la nozione di materiale pornografico e di incitamento alla violenza agli effetti del presente comma[152].

Per materiale pornografico e di incitamento alla violenza si intendono i giornali quotidiani e periodici, con i relativi supporti integrativi, e ogni opera teatrale, cinematografica, visiva, sonora, audiovisiva, multimediale, anche realizzata o riprodotta su supporto informatico o telematico, nonché ogni altro bene avente carattere pornografico o suscettibile di incitamento alla violenza, nonché ogni opera letteraria accompagnata da immagini pornografiche.

La determinazione puntuale della nozione di materiale pornografico e di incitamento alla violenza viene comunque rimessa a successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi su proposta del Ministro per i beni culturali e ambientali, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

La nozione di materiale o di prodotto editoriale pornografico è già utilizzata – ancorché senza espressa definizione – nella legislazione italiana, sia agli effetti penali, sia nell’ambito di disposizioni tributarie o relativamente alla definizione di tariffe. Si ricordano, in quest’ultimo ambito, le seguenti disposizioni:

 

-       l’articolo 74 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto sulla vendita di giornali, periodici e libri consente la forfettizzazione della resa per i giornali quotidiani e periodici, esclusi quelli pornografici e quelli ceduti unitamente a supporti integrativi o ad altri beni;

-       la tabella A, parte II, numero 18), del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972, che assoggetta all’aliquota agevolata del 4 per cento i giornali e notiziari quotidiani, i dispacci delle agenzie di stampa, i libri e i periodici, ad esclusione, fra l’altro, dei giornali e periodici pornografici;

-       l’articolo 4, comma 181, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, che, nell’attribuire un credito d’imposta alle imprese editrici di quotidiani e di periodici e alle imprese editrici di libri ha escluso dal beneficio le spese per l'acquisto di carta utilizzata fra l’altro per la stampa di prodotti editoriali pornografici;

-       l’articolo 2 del D.L. 24 dicembre 2003, n. 353, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 46, che esclude i prodotti editoriali pornografici dalla fruizione delle tariffe postali agevolate per i prodotti editoriali.

 

Non risulta invece normativamente definita la nozione di "bene suscettibile di incitamento alla violenza".

 

La fattispecie di incitamento, inneggiamento o induzione alla violenza è contemplata nell’articolo 6, comma 1, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, in relazione allo svolgimento di manifestazioni sportive, agli effetti dell’imposizione del divieto di accesso da parte del questore. Con interpretazione autentica contenuta nell’articolo 2-bis del decreto-legge 20 agosto 2001, n. 336, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 ottobre 2001, n. 377, tale fattispecie è stata determinata come “la specifica istigazione alla violenza in relazione a tutte le circostanze” indicate nella prima parte del medesimo comma. Inoltre, taluni comportamenti riconducibili alla medesima nozione possono eventualmente integrare gli estremi di reati quali l'istigazione a delinquere (articolo 414 del codice penale), l'istigazione a disobbedire alle leggi (articolo 415 del codice penale; si veda anche l’articolo 266) o altri reati previsti in leggi speciali.

 

La relazione tecnica, per il computo degli effetti di gettito della presente disposizione, ricorda che il valore del fatturato globale del mercato della pornografia – come stimato dall'Eurispes – nel 2004 è stato pari a 1.101 milioni di euro (valore triplicato rispetto ai 312 milioni di euro del 1987). Il Governo, sulla scorta dell'andamento verificatosi nel triennio 2002-2004, ha quindi previsto per il triennio in corso una crescita annua del fatturato pari al 10 per cento.

 

Si ricorda che un prelievo speciale sui redditi soggetti all’imposta sulle società o all’imposta sui redditi è previsto nella legislazione francese per la quota di tali redditi derivante dalla produzione o dalla rappresentazione di pellicole pornografiche o di incitamento alla violenza.

Tale prelievo è disciplinato nell’articolo 235-ter L del Codice generale delle imposte.

L’aliquota è stabilita nella misura del 33 per cento. La base imponibile è determinata applicando ai redditi industriali o commerciali imponibili il rapporto risultante, nel periodo d’imposta, fra la cifra d’affari non soggetta all’aliquota IVA ridotta perché riferita a spettacoli di carattere pornografico o di incitamento alla violenza e la cifra d’affari complessiva. Il prelievo non è deducibile agli effetti dell’imposta sulla società o dell’imposta sui redditi.

Gli spettacoli cinematografici soggetti al prelievo sono quelli determinati dal ministro competente per lo spettacolo su parere della commissione di controllo sulle pellicole cinematografiche.

Le modalità applicative sono stabilite mediante decreto (contenuto nell’allegato II al medesimo Codice, articoli da 163-septiesdecies a 163-vicies).

Gli articoli 235-ter M, MA, MB e MC estendono il medesimo prelievo rispettivamente ai proventi delle rappresentazioni teatrali di carattere pornografico, della produzione, distribuzione o rappresentazione pubblica di opere di carattere pornografico o di incitamento alla violenza diffuse su supporto videografico, ai proventi degli esercizi con ingresso vietato ai minori e ai proventi della vendita o del noleggio di pubblicazioni vietate ai minori.

 

Inoltre, l’articolo 235 dello stesso Codice prevede una tassa speciale sui soggetti che forniscono al pubblico servizi telefonici informativi o interattivi di carattere pornografico in qualunque modo pubblicizzati. La tassa è pari al 50 per cento del corrispettivo dei servizi prestati. Essa è qualificata come imposta diretta. La disciplina applicativa è definita mediante decreto (contenuto nell’allegato II al medesimo Codice, articoli da 159 A a 159 C).

 


Articolo 1, comma 467
(Esclusione delle trasmissioni di carattere pornografico
dall’IVA ridotta)

 

467. Nella parte III della tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, al numero 123-ter, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, con esclusione dei corrispettivi dovuti per la ricezione di programmi di contenuto pornografico».

 

 

Il comma 467 dell’articolo 1 dispone che i canoni per le radiodiffusioni codificate e le trasmissioni radiotelevisive con accesso condizionato riferiti a programmi di carattere pornografico siano esclusi dalla fruizione dell’aliquota IVA ridotta del 10 per cento.

 

A quest’effetto la disposizione interviene sulla tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, concernente i beni e i servizi soggetti all’aliquota ridotta del 10 per cento, modificando il numero 123-ter), il quale assoggetta a tale aliquota i canoni di abbonamento alle radiodiffusioni circolari trasmesse in forma codificata, nonché alla diffusione radiotelevisiva con accesso condizionato effettuata in forma digitale a mezzo di reti via cavo o via satellite ivi comprese le trasmissioni televisive punto - punto.

Viene stabilito a questo riguardo che dall’agevolazione siano esclusi i corrispettivi dovuti per la ricezione di programmi di contenuto pornografico, i quali vengono ad essere pertanto assoggettati all’imposizione con l’aliquota ordinaria del 20 per cento.

 

Sulla nozione di materiale pornografico si veda l’illustrazione del precedente comma 466.


Articolo 1, comma 468
(Personale dei rami d’azienda ceduti dai concessionari della riscossione)

 


468. All’articolo 3 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, dopo il comma 25-bis, è inserito il seguente:

«25-ter. Se la titolarità delle attività di cui al comma 24 non è trasferita alla Riscossione Spa o alle sue partecipate, il personale delle società concessionarie addetto a tali attività è trasferito, con le stesse garanzie previste dai commi 16, 17 e 19-bis, ai soggetti che esercitano le medesime attività.»


 

 

Il comma 468 dell’articolo 1 inserisce un nuovo comma 25-ter nell’articolo 3 del decreto-legge n. 203 del 2005, riguardante la riforma del sistema di riscossione.

 

Si ricorda che l’articolo 3 del decreto-legge n. 203 del 2005 interviene riformando il sistema nazionale di riscossione dei tributi, tramite la soppressione del sistema di affidamento in concessione a privati e l'attribuzione del servizio ad una società di nuova costituzione comunque a maggioranza pubblica. In altri termini, viene realizzato il passaggio della titolarità dell'attività di riscossione coattiva dei tributi dai soggetti privati (che attualmente operano in regime di concessione) ad una società per azioni in mano a soggetti pubblici.

In sintesi, con la riforma viene prevista:

-          la soppressione, dal 1° ottobre 2006, del vigente sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale della riscossione dei tributi;

-          l'attribuzione delle funzioni relative alla riscossione nazionale all'Agenzia delle entrate, che le esercita tramite una nuova società, denominata "Riscossione Spa", costituita entro trenta giorni dall'entrata in vigore del decreto in esame dall'Agenzia predetta insieme all'INPS, con un capitale di 150 milioni di euro;

-          l'effettuazione, da parte di Riscossione Spa, dell'attività di riscossione mediante ruolo e dell'attività di riscossione disciplinata dall'articolo 4 del D.Lgs. n. 237 del 1997, con possibilità di svolgere ulteriori attività quali la riscossione spontanea, la liquidazione e l’accertamento delle entrate degli enti pubblici, anche territoriali, e delle loro società partecipate, mediante procedure di gara ad evidenza pubblica;

-          la possibilità da parte di Riscossione Spa – la partecipazione pubblica al cui capitale non potrà comunque scendere al di sotto del 51 per cento – di acquistare una quota non inferiore al 51 per cento del capitale delle società concessionarie (o del ramo di azienda delle banche che hanno gestito direttamente l'attività di riscossione), a condizione che il cedente acquisti a sua volta una partecipazione al capitale sociale di Riscossione Spa;

-          il riacquisto da parte dei soci pubblici, entro il 31 dicembre 2010, delle azioni di Riscossione Spa cedute ai privati ex concessionari;

-          la facoltà di cessione delle azioni possedute dai soci pubblici a soci privati, scelti secondo regole di evidenza pubblica, successivamente al 31 dicembre 2010, comunque entro la misura massima del 49 per cento del capitale;

-          la trasformazione del Consorzio nazionale concessionari (CNC) in società per azioni, con decorrenza dal 1° ottobre 2006.

I commi da 16 a 19-bis riguardano le condizioni normative, economiche, giuridiche e previdenziali previste per i lavoratori della costituenda società Riscossione S.p.A.

In particolare, il comma 16 prevede che i dipendenti delle società non partecipate dalla Riscossione S.p.A. siano trasferiti alla medesima società in base alla valutazione delle esigenze operative della Riscossione S.p.A., garantendo loro il mantenimento della posizione giuridica, economica e previdenziale maturata alla data di entrata in vigore del decreto legge (4 ottobre 2005). Tali disposizioni operano a condizione che:

-          il personale fosse in servizio alla data del 31 dicembre 2004 con contratto a tempo indeterminato;

-          il personale sia ancora in servizio alla data del 1° ottobre 2006;

Il comma 17 riguarda i dipendenti delle società acquistate (ai sensi del precedente comma 7) dalla Riscossione S.p.A., per i quali viene fatta salva la posizione giuridica, economica e previdenziale maturata alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge n. 203 del 2005 e si esclude l'applicazione della disciplina sulle procedure (relative al personale) per il trasferimento di azienda, di cui all'articolo 47 della legge n. 428 del 1990, che prevede l’obbligo di comunicazione alle rappresentanze sindacali in merito al trasferimento di azienda con più di 15 dipendenti, anche se riguardante una parte dell’azienda.

Il comma 19-bis stabilisce le seguenti ulteriori norme di garanzia a favore del medesimo personale:

-        sino al 31 dicembre 2010, il divieto di trasferimento senza consenso in altra sede posta fuori dalla provincia in cui presta servizio alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 203 del 2005;

-        il riconoscimento dei benefìci economici previsti dal rinnovo contrattuale in corso per il settore del credito alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 203 del 2005.

Il comma 24 dispone in merito al trasferimento ad altre società, da parte delle aziende concessionarie, del ramo d'azienda relativo alle attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali e alle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e altre entrate delle province e dei comuni. Per effetto di tale trasferimento, consentito sino al momento della cessione anche parziale del proprio capitale a Riscossione Spa da parte delle aziende concessionarie, le società acquirenti potranno gestire le suddette attività sino al 31 dicembre 2010. Condizione affinché ciò avvenga è che tali società posseggano i requisiti per l'iscrizione all'albo previsto dall'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, dove in tal caso vengono iscritte di diritto. In tal caso, inoltre, la riscossione coattiva delle entrate degli enti locali è effettuata con la procedura indicata dal R.D. 14 aprile 1910, n. 639 (testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato) salvo che per i ruoli consegnati fino alla data del trasferimento, per i quali il rapporto con l'ente locale viene regolato dal D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112.

Qualora la predetta attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi locali non sia stata trasferita dalla società concessionaria ad altra società, essa viene gestita – ai sensi del comma 25 – da Riscossione Spa o dalla sue società partecipate fino al 31 dicembre 2010 (fermo il rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica e fatta salva, comunque, la possibilità di una diversa decisione dell’ente locale). Si precisa inoltre che fino alla stessa data potranno essere prorogati i contratti intercorsi fra gli enti locali e le società di cui al richiamato articolo 53 del D.Lgs. n. 446 del 1997.

Il comma 25-bis stabilisce che, fermo restando quanto previsto al comma 25, le società cessionarie del ramo d’azienda di cui al comma 24, lettera a), la Riscossione S.p.A. e le società partecipate da quest’ultima possono svolgere l’attività di riscossione delle entrate degli enti pubblici territoriali soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica e dal 1º gennaio 2011.

 

Pertanto, con il nuovo comma 25-ter, si dispone che, nel caso in cui la gestione dell’attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi locali non sia stata trasferita dalla società concessionaria alla Riscossione Spa o alle sue società partecipate (ai sensi del citato comma 25), il personale delle società concessionarie è trasferito, con le stesse garanzie indicate ai commi 16, 17 e 19-bis, ai “soggetti che esercitano le medesime attività”. Si tratta dei soggetti a cui è stato trasferito, da parte delle aziende concessionarie, il ramo d’azienda relativo alle attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali e alle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e altre entrate delle province e dei comuni (comma 24).

A tale personale, dopo il trasferimento, dovrebbero applicarsi quindi le seguenti garanzie:

§      il mantenimento della posizione giuridica, economica e previdenziale maturata alla data di entrata in vigore del decreto legge[153] (commi 16 e 17);

§      sino al 31 dicembre 2010, il divieto di trasferimento senza consenso in altra sede posta fuori dalla provincia in cui presta servizio alla data di entrata in vigore del decreto legge n. 203 del 2005 e il riconoscimento dei benefìci economici previsti dal rinnovo contrattuale in corso per il settore del credito alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legge (comma 19-bis).


Articolo 1, commi 469-476
(Rivalutazione di beni d’impresa e di aree edificabili)

 


469. La rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni, di cui alla sezione II del capo I della legge 21 novembre 2000, n. 342, e successive modificazioni, ad esclusione delle aree fabbricabili di cui al comma 473, può essere eseguita con riferimento a beni risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2004, nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo per il quale il termine di approvazione scade successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.

470. Il maggiore valore attribuito in sede di rivalutazione si considera fiscalmente riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale è stata eseguita.

471. L’imposta sostitutiva dovuta, nella misura del 12 per cento per i beni ammortizzabili e del 6 per cento per i beni non ammortizzabili, è versata entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita.

472. Il saldo di rivalutazione derivante dall’applicazione della disposizione di cui al comma 469 può essere assoggettato, in tutto o in parte, ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, nella misura del 7 per cento. L’imposta sostitutiva deve essere obbligatoriamente versata in tre rate annuali, senza pagamento di interessi, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi, rispettivamente secondo i seguenti importi: 10 per cento nel 2006; 45 per cento nel 2007; 45 per cento nel 2008. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 475, 477 e 478, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

473. Le disposizioni degli articoli da 10 a 15 della legge 21 novembre 2000, n. 342, si applicano, in quanto compatibili, limitatamente alle aree fabbricabili non ancora edificate, o risultanti tali a seguito della demolizione degli edifici esistenti, incluse quelle alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa. I predetti beni devono risultare dal bilancio relativo all’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2004 ovvero, per i soggetti che fruiscono di regimi semplificati di contabilità, essere annotati alla medesima data nei registri di cui agli articoli 16 e 18 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni. La rivalutazione deve riguardare tutte le aree fabbricabili appartenenti alla stessa categoria omogenea; a tal fine si considerano comprese in distinte categorie le aree edificabili aventi diversa destinazione urbanistica.

474. La disposizione di cui al comma 473 si applica a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area, ancorché previa demolizione del fabbricato esistente, avvenga entro i cinque anni successivi all’effettuazione della rivalutazione; trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 34, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. I termini di accertamento di cui all’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, decorrono dalla data di utilizzazione edificatoria dell’area.

475. L’imposta sostitutiva dovuta, nella misura del 19 per cento, deve essere obbligatoriamente versata in tre rate annuali, senza pagamento di interessi, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi, rispettivamente secondo i seguenti importi:

a) 40 per cento nel 2006;

b) 35 per cento nel 2007;

c) 25 per cento nel 2008.

476. Ai fini dell’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 469 e 473 si fa riferimento, per quanto compatibili, alle modalità stabilite dai regolamenti di cui al decreto del Ministro delle finanze 13 aprile 2001, n. 162, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 19 aprile 2002, n. 86.


 

 

I commi da 469 a 476 dell’articolo 1 dispongono la riapertura dei termini per la rivalutazione dei beni e delle partecipazioni d’impresa e delle aree edificabili delle imprese, estendendo, in quest’ultimo caso, la facoltà di rivalutazione anche ai beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa(c.d. beni-merce).

La disciplina originaria relativa alla rivalutazione dei beni d’impresa è contenuta nellasezione II del capo I (articoli da 10 a 16) della legge 21 novembre 2000, n. 342, recante "Misure in materia fiscale".

 

Gli articoli da 10 a 16 della legge n. 342 del 2000 hanno concesso alle imprese la facoltà di effettuare la rivalutazione dei beni risultanti in bilancio attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva sul maggior valore iscritto.

In particolare, ai sensi dell’articolo 10, potevano essere oggetto di rivalutazione i beni mobili e immobili e le partecipazioni in società controllate o collegate che risultassero iscritte tra le immobilizzazioni nel bilancio chiuso entro il 31 dicembre 2002. Risultavano esclusi, invece, i beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa (c.d. “beni-merce”).

Quanto all’ambito soggettivo, potevano avvalersi delle disposizioni richiamate le società di capitali, gli enti commerciali, gli enti non commerciali, le imprese individuali, le società di persone, con la sola esclusione delle società semplici, nonché le società, gli enti e le persone fisiche non residenti che esercitano attività commerciali nel territorio dello Stato mediante una stabile organizzazione (articoli 10 e 15).

La rivalutazione, secondo quanto disposto dall’articolo 11, poteva essere eseguita nell’esercizio successivo a quello indicato all'articolo 10, per il quale il termine di approvazione del bilancio scadesse successivamente alla data di entrata in vigore della legge. Inoltre, al fine di evitare sopravvalutazioni, venivano disposti criteri per la determinazione del nuovo valore attribuito al bene oggetto di rivalutazione.

L’articolo 12 prevedeva che sui maggiori valori emersi fosse applicata un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, nella misura, rispettivamente, del 19 per cento per i beni ammortizzabili e del 15 per cento per quelli non ammortizzabili. L’imposta sostitutiva poteva essere versata in tre rate annuali di pari importo, anche mediante compensazione, ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997.

Il maggior valore attribuito ai beni con la rivalutazione, in base all’articolo 12, comma 3, era comunque riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dall’esercizio in cui la rivalutazione era stata effettuata.

Ai sensi del successivo articolo 13, il saldo attivo risultante dalla rivalutazione doveva essere destinato ad incremento di capitale sociale oppure iscritto in una apposita riserva in sospensione d’imposta[154], la cui denominazione doveva contenere il riferimento alle disposizioni relative alla rivalutazione eseguita. La norma ha la finalità di evitare che le somme relative alla rivalutazione, incrementative del patrimonio netto dell’impresa, possano venire utilizzate senza essere tassate. Pertanto, il medesimo articolo 13 dispone che nel caso in cui tali riserve siano distribuite ai soci, le somme versate, incrementate dell’imposta sostitutiva pagata, concorrono a formare sia il reddito imponibile della società sia quello dei soci; a tal fine è riconosciuto un credito d’imposta pari all’importo dell’imposta sostitutiva pagata. Se, invece, la riserva è utilizzata per la copertura di perdite, non si può far luogo a distribuzione di utili se prima non viene reintegrata la riserva medesima.

L'articolo 14 consentiva l'applicazione delle disposizioni dell’articolo 12 e della relativa imposta sostitutiva, per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori dei beni iscritti nel bilancio o rendiconto, anche singolarmente considerati, divergenti da quelli fiscali a qualsiasi titolo (c.d. riallineamento).

In entrambi i casi (rivalutazione o riallineamento), ai sensi dell’articolo 14, l’importo corrispondente ai maggiori valori era imputato ad una riserva in sospensione di imposta.

L’articolo 16, infine, rimetteva a un decreto ministeriale la determinazione delle modalità di attuazione delle disposizioni contenute negli articoli da 10 a 15.

A ciò si è provveduto con i decreti del Ministro delle finanze 13 aprile 2001, n. 162, e 19 aprile 2002, n. 86.

Rivalutazione dei beni d'impresa

I commi da 469 a 471 riguardano la rivalutazione dei beni delle imprese e delle partecipazioni.

 

Ai sensi del comma 469 è possibile eseguire la rivalutazione dei beni materiali e immateriali (con l'eccezione delle aree fabbricabili, per le quali è prevista una disciplina specifica dai successivi commi 473-475, cui si rinvia). Detta rivalutazione può essere eseguita con riferimento ai beni risultanti dal bilancio relativo all'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2004.

La rivalutazione deve risultare nel bilancio dell'esercizio successivo il cui termine dì approvazione scade successivamente al 1° gennaio 2006.

 

Il comma 470 stabilisce che il maggior valore attribuito con la rivalutazione è riconosciuto fiscalmente ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è stata eseguita.

In sostanza, per i soggetti il cui periodo d’imposta coincide con l’anno solare, il riconoscimento fiscale dei maggiori valori decorrerà dall'esercizio 2008.

 

Il comma 471 stabilisce che, sul maggior valore iscritto in bilancio, è dovuta un’imposta sostitutiva nella misura del 12 per cento relativamente ai beni ammortizzabili e del 6 per cento relativamente ai beni non ammortizzabili.

L'imposta dovrà essere versata, in una unica soluzione, entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo di imposta nel corso del quale la rivalutazione è stata eseguita.

 

L’articolo 17 del D.P.R. n. 435 del 2001 stabilisce, al comma 1, che il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive è fissato al giorno 20 del sesto mese successivo alla data di chiusura dell’esercizio.

Il successivo comma 2 dispone che i richiamati versamenti possono essere effettuati entro il trentesimo giorno successivo ai termini ivi previsti, maggiorando le somme da versare dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo.

 

In sostanza, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, l’imposta sostitutiva dovrà essere versata entro il 20 giugno 2006.

 

In proposito, si ricorda che l'aliquota dell'imposta sostitutiva stabilita dalla norma in esame è inferiore a quella fissata dall'articolo 12 della legge n. 342 del 2000, che era pari, rispettivamente, al 19 per cento per i beni ammortizzabili e al 15 per cento per quelli non ammortizzabili. L’imposta sostitutiva poteva inoltre essere versata in tre rate annuali di pari importo.

 

Il comma 472 reca disposizioni circa la riserva in sospensione d’imposta iscritta in bilancio a seguito della rivalutazione, prevedendo, in particolare, la possibilità di procedere al suo affrancamento.

 

Come già ricordato, l’articolo 13 della legge n. 342 del 2000, recante disposizioni in merito alla contabilizzazione della rivalutazione, dispone che il maggior valore attribuito ai beni d’impresa iscritti nell’attivo patrimoniale dev’essere imputato ad aumento del capitale sociale o ad un’apposita riserva dalla cui denominazione risulti l’applicazione delle disposizioni sulla rivalutazione eseguita. Con ciò si è inteso manifestare l’esistenza di un valore del patrimonio sociale non assoggettato a tassazione (c.d. riserva in sospensione d’imposta). Infatti, il medesimo articolo 13, dispone che:

-        se la riserva è utilizzata per coprire le perdite, non si può procedere ad una successiva distribuzione di utili senza aver prima reintegrato la riserva stessa;

-        se la riserva viene distribuita ai soci o partecipanti, le somme attribuite concorrono alla formazione del reddito imponibile della società (alla quale viene, corrispondentemente, riconosciuto un credito d’imposta di importo pari all’imposta sostitutiva pagata in sede di rivalutazione) e alla formazione del reddito imponibile del socio o partecipante.

Il comma 472 concede alle imprese interessate la facoltà di affrancare la riserva di rivalutazione attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP nella misura del 7 per cento della riserva medesima.

In conseguenza dell’affrancamento, la riserva di rivalutazione non è più considerata una riserva in sospensione d’imposta. Pertanto, non è più soggetta ai limiti di utilizzo indicati nell’articolo 13 della legge n. 342 del 2000 ed è liberamente distribuibile ai soci.

 

Il pagamento dell’imposta sostitutiva deve obbligatoriamente essere eseguito in tre rate, e in particolare:

1)      la prima rata, in misura pari al 10 per cento dell’imposta dovuta, deve essere versata nel 2006 entro il termine previsto per il saldo della dichiarazione dei redditi;

2)      la seconda rata, in misura pari al 45 per cento dell’imposta complessiva, deve essere versata nel 2007 entro il termine previsto per il saldo della dichiarazione dei redditi;

3)      la terza e ultima rata, in misura pari al restante 45 per cento, deve essere versata nel 2008 entro il termine previsto per il saldo della dichiarazione dei redditi.

 

Quindi, per quanto riguarda i soggetti il cui periodo d’imposta coincide con l’anno solare, i termini di scadenza fissati sono, rispettivamente, il 20 giugno 2006, il 20 giugno 2007 e il 20 giugno 2008.

 

La norma qui illustrata precisa che sulle rate non devono essere applicati interessi.

 

Ai sensi del comma in esame, infine, si applicano, ove compatibili, le disposizioni contenute nell’articolo 1, commi 475, 477 e 478, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005).

 

I commi da 473 a 478 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 recano disposizioni concernenti l’affrancamento di riserve e fondi in sospensione d’imposta.

In particolare, ai sensi del comma 475 le riserve affrancate mediante il pagamento dell’imposta sostitutiva non concorrono a formare il reddito imponibile dell’impresa e, in caso di distribuzione ai soci, non spetta il corrispondente credito d’imposta.

Il comma 477 dispone l’indeducibilità dell’imposta sostitutiva. Pertanto, l'imputazione dell'imposta sostitutiva può essere fatta, in tutto o in parte, a carico delle riserve iscritte in bilancio o rendiconto. Se, invece, l’imputazione è fatta al capitale sociale o fondo di dotazione, la norma precisa che la corrispondente riduzione è operata, anche in deroga alle disposizioni contenute nell'articolo 2365 del codice civile, con le modalità di cui all'articolo 2445, secondo comma, del medesimo codice[155].

Infine, ai sensi del comma 478, ai fini della liquidazione, accertamento, riscossione, rimborsi, sanzioni e contenzioso si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposte sui redditi.

 

In sostanza, in conseguenza del rinvio alle indicate disposizioni contenute nella legge finanziaria per il 2005:

-        le riserve di rivalutazione, se affrancate ai sensi del presente comma 335, non concorrono più alla formazione del reddito e, corrispondentemente, l’imposta sostitutiva pagata non costituisce più credito d’imposta;

-        l’imposta sostitutiva è indeducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive e può essere, in tutto o in parte, contabilizzata a conto economico o imputata a riduzione di riserve disponibili. Se l’imposta sostitutiva è imputata a capitale sociale, la corrispondente riduzione è effettuata ai sensi dell’articolo 2445 del codice civile, anche in deroga all’articolo 2365 del codice civile medesimo (ossia senza necessità di deliberazione dell’assemblea straordinaria);

-        per la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, le sanzioni, i rimborsi nonché per il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.

 

Sulla rivalutazione dei beni d’impresa si segnala anche la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 6/E del 13 febbraio 2006, che, al paragrafo 6, fornisce precisazioni circa il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio, sulle sue modalità, sul versamento dell'imposta sostitutiva, sulle regole applicabili per l’affrancamento del saldo di rivalutazione, sulla possibilità di affrancamento dei saldi di precedenti rivalutazioni (che viene esclusa) e sulla decorrenza degli effetti dell'affrancamento, nonché sulla facoltà di rivalutazione del diritto di superficie (che si ritiene spettare al titolare del diritto medesimo).

Rivalutazione delle aree fabbricabili

I commi da 473 a 475 dettano norme specifiche per la rivalutazione delle aree fabbricabili non ancora edificate possedute da imprese e iscritte nel bilancio chiuso entro il 31 dicembre 2004.

 

Con riferimento all'ambito soggettivo, il comma 473 consente la rivalutazione ai soli soggetti esercenti attività d'impresa (imprese individuali e società), indipendentemente dal regime contabile adottato. Infatti, la rivalutazione viene consentita anche ai contribuenti in contabilità semplificata, per i quali i beni predetti devono risultare alla stessa data dai registri indicati agli articoli 16 e 18 del D.P.R. n. 600 del 1973 (ossia dal registro dei beni ammortizzabili e dai registri tenuti a fini IVA).

 

Con riferimento all’ambito oggettivo, è prevista per le imprese la possibilità di procedere alla rivalutazione delle aree fabbricabili non ancora edificate, o risultanti tali a seguito della demolizione degli edifici esistenti, incluse quelle alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa.

 

Pertanto, rispetto alla disciplina contenuta nella legge n. 342 del 2000, il presente comma 473 estende l’ambito di applicazione, in quanto vi include anche i cosiddetti beni-merce.

La disposizione potrebbe risultare assai favorevole per alcune attività quali, in particolare, le società che operano nell’edilizia. Attraverso la rivalutazione delle aree fabbricabili, considerate beni-merce, tali imprese, di fatto, aumentano i costi di esercizio, riducendo per conseguenza l’imponibile tributario annuo. In sostanza, con riferimento al periodo di imposta in cui avviene la rivalutazione, il maggior valore (che coincide con la riduzione del reddito d’impresa) viene tassato applicando l’aliquota dell’imposta sostitutiva (19%) in luogo della tassazione ordinaria.

 

Inoltre, a differenza di quanto previsto per la rivalutazione dei beni d’impresa, non sembrano essere individuati i criteri in base ai quali dovrà essere determinato il nuovo valore.

 

L’articolo 11 della legge n. 342 del 2000, infatti, al fine di evitare sopravvalutazioni, reca disposizioni in merito ai criteri da utilizzare per la determinazione del nuovo valore attribuito al bene oggetto di rivalutazione.

In particolare, il comma 2 del richiamato articolo 11 stabilisce che i valori rivalutati “non possono in nessun caso superare i valori effettivamente attribuibili ai beni con riguardo alla loro consistenza, alla loro capacità produttiva, all'effettiva possibilità di economica utilizzazione nell'impresa, nonché ai valori correnti e alle quotazioni rilevate in mercati regolamentati italiani o esteri”. Inoltre, ai sensi del comma 3, gli amministratori e i sindaci sono tenuti a motivare nelle loro relazioni i criteri utilizzati attestando che la rivalutazione effettuata non eccede il limite di valore determinato ai sensi del comma 2.

 

La mancanza di criteri di riferimento per la rideterminazione del valore delle aree edificabili potrebbe indurre le imprese alla loro sopravvalutazione, in vista della successiva vendita.

 

Il comma 473 stabilisce, infine, che la rivalutazione è consentita per le aree considerate fabbricabili, a condizione che non siano state ancora edificate o che i fabbricati insistenti sopra di esse siano stati demoliti. La rivalutazione deve altresì riguardare tutte le aree fabbricabili appartenenti alla stessa categoria omogenea, a tal fine considerando comprese in distinte categorie le aree edificabili aventi diversa destinazione urbanistica.

 

In proposito, si ricorda che il D.M. 2 aprile 1968, n. 1444[156] ha stabilito, all'articolo 2, che sono considerate zone territoriali omogenee, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765:

a)       le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;

b)      le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore a 1,5 mc/mq;

c)       le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità indicati alla precedente lettera b);

d)       le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati;

e)       le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui – fermo restando il carattere agricolo delle stesse – il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C);

f)        le parti del territorio destinate ad attrezzature e impianti d’interesse generale.

 

Il comma 474 stabilisce che la rivalutazione è ammessa a condizione che, entro i cinque anni successivi, l’impresa realizzi l’utilizzazione edificatoria dell'area.

Ai sensi del medesimo comma trovano inoltre applicazione le disposizioni dell’articolo 34, terzo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) in materia di responsabilità solidale per l'imposta sui redditi delle persone fisiche.

 

Il terzo comma del richiamato articolo 34 del D.P.R. n. 602 del 1973 dispone che ciascun coniuge, nel caso di comunione di beni, è solidalmente responsabile, limitatamente al valore dei beni ad essi ceduti a qualsiasi titolo dal soggetto passivo, per il pagamento delle imposte da questo dovute per l'anno in cui è avvenuta la cessione e per gli anni precedenti.

 

Infine, il presente comma stabilisce che i termini di accertamento indicati nell’articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 decorrono dalla data di utilizzazione edificatoria dell’area.

 

L’articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 reca disposizioni sui termini di accertamento delle dichiarazioni dei redditi. In particolare, il primo comma stabilisce che gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.

 

Pertanto, con riferimento alla rivalutazione in esame, gli avvisi di accertamento devono essere notificati entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui ha avuto inizio la utilizzazione edificatoria dell’area. Quest’ultima, come già esposto, deve avvenire entro cinque anni dalla rivalutazione dell’area edificabile.

 

Il comma 475 determina, in primo luogo, la misura dell'imposta sostitutiva per la rivalutazione delle aree fabbricabili, che è pari al 19 per cento dell'importo della rivalutazione.

In questo caso (a differenza di quanto previsto dal comma 471 per la rivalutazione dei beni e delle partecipazioni d'impresa), l'imposta sostitutiva non può essere versata in unica soluzione, bensì dev’essere obbligatoriamente versata in tre rate annuali, senza interessi. La misura delle tre rate, da versare entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi, è la seguente:

a)     40 per cento nel 2006;

b)     35 per cento nel 2007;

c)     25 per cento nel 2008.

 

Infine, per l’attuazione dei commi 469 e 473, il comma 476 rinvia, per quanto compatibili, alle modalità stabilite dal D.M. 13 aprile 2001, n. 162, e dal D.M. 19 aprile 2002, n. 86, concernenti le modalità di attuazione delle disposizioni tributarie in materia di rivalutazione dei beni delle imprese e del riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio.

 

Si ricorda, a tale proposito, che l'articolo 5 del citato D.M. n. 162 del 2001, quanto alle modalità della rivalutazione, precisa che essa può essere eseguita alternativamente:

-        rivalutando sia i costi storici sia i fondi di ammortamento in misura tale da mantenere invariata la durata del processo di ammortamento e la misura dei coefficienti;

-        rivalutando soltanto i valori dell'attivo lordo;

-        riducendo in tutto o in parte i fondi di ammortamento.

Come contropartita della rivalutazione deve essere iscritta una speciale riserva, regolata dall'articolo 13 della legge n. 342 del 2000.

Quanto agli effetti fiscali della rivalutazione, l'articolo 7 dello stesso D.M. n. 162 del 2001 prevede che la rivalutazione ha effetto dall'esercizio successivo a quello con riferimento al quale è stata eseguita. Le quote di ammortamento, anche finanziario, possono essere commisurate al maggior valore dei beni fin dall'esercizio con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita.

 


Articolo 1, comma 477
(Limiti all’attività di riscossione dei tributi
e delle entrate di comuni e province)

 


477. Per il potenziamento dell’attività di riscossione delle entrate degli enti pubblici, con lo scopo del conseguimento effettivo degli obiettivi inclusi nel patto di stabilità interno, garantendo effettività e continuità alle forme di autofinanziamento degli enti soggetti allo stesso, le disposizioni dell’articolo 4, comma 2-decies, del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, si interpretano nel senso che fino all’adozione del regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previsto dal medesimo comma non possono essere esercitate esclusivamente le attività disciplinate ai sensi dei commi 2-octies e 2-nonies del medesimo articolo 4, ferma restando la possibilità esclusivamente per i concessionari iscritti all’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, di continuare ad avvalersi delle facoltà previste dalla normativa vigente, compreso quanto previsto ai sensi dei commi 2-sexies e 2-septies del citato articolo 4, nonché di procedere anche ad accertamento, liquidazione e riscossione, volontaria o coattiva, di tutte le entrate degli enti pubblici, comprese le sanzioni amministrative a qualsiasi titolo irrogate dall’ente medesimo, con le modalità ordinariamente previste per la gestione e riscossione di entrate tributarie e patrimoniali dell’ente.


 

 

Il comma 477 dell’articolo 1 reca una disposizione interpretativa dell’articolo 4, comma 2-decies, del D.L. 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, diretta a individuare le attività consentite ai comuni e ai concessionari di cui all’articolo 53 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, nelle more dell’emanazione del regolamento di cui al citato comma 2-decies.

La finalità della disposizione è indicata nel potenziamento dell’attività di riscossione delle entrate degli enti pubblici, per assicurare il conseguimento degli obiettivi inclusi nel patto di stabilità interno, garantendo effettività e continuità alle forme di autofinanziamento degli enti soggetti al patto stesso[157].

 

Si ricorda che i commi da 2-sexies a 2-decies del citato articolo 4 dettano disposizioni relative ai procedimenti di accertamento, liquidazione e riscossione effettuati dai comuni e dai concessionari iscritti all’Albo (previsto dall’articolo 53 del D.Lgs. n. 446 del 1997) dei soggetti privati abilitati ad effettuare le attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni.

In particolare il comma 2-sexies estende, nei limiti della compatibilità, l’applicazione della disciplina dettata dal titolo II del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (riscossione coattiva delle imposte sui redditi) alla riscossione coattiva effettuata dai comuni e dai concessionari iscritti all’Albo tramite le ingiunzioni, di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639, per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato. Il comma 2-septies, ai fini dell’applicazione del precedente comma 2-sexies, prevede la nomina, da parte del sindaco o del concessionario iscritto all’Albo, di uno o più funzionari responsabili per la riscossione i quali esercitano le funzioni demandate agli ufficiali della riscossione e quelle attribuite al segretario comunale dall’articolo 11 del citato R.D. n. 639 del 1910 (assistere all’incanto dei beni mobili del debitore e stendere il relativo atto).

Il comma 2-octies consente ai comuni e ai concessionari iscritti all’Albo di esercitare, nei limiti e con le modalità stabiliti con decreto del Ministro dell’economia, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, le facoltà[158] previste dall’articolo 18 del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112 (accedere a tutti i dati personali rilevanti ai fini della riscossione, anche se detenuti da uffici pubblici; accedere alle informazioni disponibili presso il sistema informativo del Ministero delle finanze e presso i sistemi informativi degli altri soggetti creditori).

Il comma 2-novies estende ai concessionari iscritti all’Albo la possibilità di esercitare l’attività di recupero di crediti secondo le ordinarie procedure civilistiche, con le modalità e alle condizioni definite dall’articolo 21 del già citato D.Lgs. n. 112 del 1999. Tale articolo richiede per questo tipo di riscossione una contabilità separata rispetto a quella relativa al servizio nazionale della riscossione, nonché l’utilizzazione di strutture e uffici distinti.

Il comma 2-decies prevede infine l’emanazione di un regolamento[159] per stabilire criteri e modalità con i quali il Ministero dell'economia e delle finanze, con il supporto dell'Agenzia delle entrate, vigila sulla regolarità, la tempestività, l'efficienza e l'efficacia dell'attività di riscossione esercitata dai concessionari ai sensi dello stesso articolo 4, oltre che sul corretto esercizio, da parte di questi ultimi, delle facoltà previste dai sopra indicati commi 2-octies e 2-novies dell’articolo 4. Il citato comma 2-decies non fissa termini per l’emanazione del regolamento, il quale non risulta essere stato ancora emanato.

 

Il presente comma stabilisce che, nelle more dell’emanazione del regolamento previsto dal citato comma 2-decies dell’articolo 4, sono precluse ai comuni e ai concessionari iscritti nel sopra ricordato Albo solamente le attività indicate ai commi 2-octies (accesso ai dati personali) e 2-novies (recupero di crediti effettuato con procedure civilistiche) dello stesso articolo 4.

Il comma in esame conferma poi, esclusivamente per i concessionari iscritti all’Albo, la possibilità di:

§      continuare ad avvalersi delle facoltà previste dalla normativa vigente, comprese le previsioni dei sopra illustrati commi 2-sexies e 2-septies dell’articolo 4;

§      procedere ad accertamento, liquidazione e riscossione, volontaria o coattiva, di tutte le entrate degli enti pubblici, comprese le sanzioni amministrative irrogate dagli enti stessi, con applicazione della disciplina ordinariamente prevista per la gestione e la riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali dei suddetti enti.

 


Articolo 1, commi 478-479
(Demanio)

 


478. A fini di contenimento della spesa pubblica, i contratti di locazione stipulati dalle amministrazioni dello Stato per proprie esigenze allocative con proprietari privati sono rinnovabili alla scadenza contrattuale, per la durata di sei anni a fronte di una riduzione, a far data dal 1º gennaio 2006, del 10 per cento del canone annuo corrisposto. In caso contrario le medesime amministrazioni procederanno, alla scadenza contrattuale, alla valutazione di ipotesi allocative meno onerose.

479. Al fine di ottimizzare le attività istituzionali dell’Agenzia del demanio di cui all’articolo 65 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, è operante, nell’ambito dell’Agenzia medesima, la Commissione per la verifica di congruità delle valutazioni tecnico-economico-estimativa con riferimento a vendite, permute, locazioni e concessioni di immobili di proprietà dello Stato e ad acquisti di immobili per soddisfare le esigenze di amministrazioni dello Stato nonché ai fini del rilascio del nulla osta per locazioni passive riguardanti le stesse amministrazioni dello Stato nel rispetto della normativa vigente.


 

 

Il comma 478 dell’articolo 1 disciplina la possibilità di rinnovare, alla scadenza contrattuale, i contratti di locazione stipulati con proprietari privatidalle amministrazioni dello Stato per proprie esigenze allocative. Tale rinnovo, della durata di sei anni, deve accompagnarsi ad una riduzione del 10 per cento del canone annuo corrisposto, a far data dal 1º gennaio 2006.

 

Non è chiaro come debba interpretarsi il termine, fissato al 1° gennaio 2006, per la decorrenza della riduzione dei canoni di locazione, nel caso di contratti di locazione che abbiano scadenza successiva a tale data. La disposizione sembrerebbe prescrivere che, in occasione del rinnovo del contratto di locazione, alle condizioni previste dal presente comma, le amministrazioni dello Stato debbano negoziare la restituzione del 10 per cento dei canoni versati dal 1° gennaio 2006 alla data di scadenza del contratto.

 

In caso contrario (cioè qualora i proprietari privati non accettassero la decurtazione del canone), le amministrazioni, alla scadenza contrattuale, procederanno alla valutazione di ipotesi allocative meno onerose.

 

Il fatto che le Amministrazioni debbano "valutare" l'esistenza di ipotesi allocative meno onerose non sembrerebbe escludere la possibilità di rinnovare il contratto scaduto pur in assenza della decurtazione del 10 per cento del canone. Nulla si dice infatti circa l'eventualità in cui non dovessero risultare ipotesi allocative più convenienti.

 

Il comma 479 del medesimo articolo 1 stabilisce che nell’ambito dell’Agenzia del demanio, con lo scopo di accrescere l’efficacia nell’adempimento delle attività istituzionali[160], opera la Commissione per la verifica di congruità delle valutazioni tecnico-economico-estimativa.

L'attività della Commissione si esplica con riferimento a:

§      vendite, permute, locazioni e concessioni di immobili di proprietà dello Stato;

§      acquisti di immobili per soddisfare le esigenze di amministrazioni dello Stato;

§      rilascio del nulla osta per locazioni passive riguardanti amministrazioni dello Stato.

 

Non è chiaro, in base alla lettera della norma, se essa abbia carattere meramente ricognitivo o sia diretta ad ampliare l'ambito di operatività della Commissione per la verifica di congruità delle valutazioni tecnico-economico-estimativa che, secondo quanto si legge nella relazione tecnica allegata all’originario disegno di legge (A.S. 3613), è organo tecnico dell'Agenzia del demanio. Dalla lettura della relazione risulta infatti che la Commissione è operante almeno dal 2001 (anno a partire dal quale sono stati presi in considerazione gli abbattimenti di valore effettuati dalla Commissione stessa).

 


Articolo 1, comma 480
(Dotazioni infrastrutturali finanziate con fondi INAIL)

 


480. Per l’anno 2006, allo scopo di promuovere la realizzazione di investimenti e per il rafforzamento delle dotazioni infrastrutturali, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti locali, nonché gli enti inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, di cui all’elenco ISTAT pubblicato in attuazione del comma 5 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, possono presentare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, specifici progetti da finanziare anche a valere sulle risorse iscritte nel bilancio dell’INAIL che risultino disponibili per investimenti. Nei successivi sessanta giorni, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono approvati i progetti ammissibili nel rispetto degli obiettivi stabiliti con riferimento al patto di stabilità e crescita.


 

 

Il comma 480 dell’articolo 1 prevede che gli enti territoriali, nonché tutti gli enti pubblici rientranti nel conto economico consolidato, possano presentare progetti infrastrutturali che possono essere finanziati anche a carico delle risorse iscritte nel bilancio dell’INAIL.

 

Si rileva che la disposizione non disciplina le modalità di presentazione (ad esempio stadio di progettazione) e di selezione fra proposte concorrenti. Inoltre non è previsto un limite entro cui le risorse disponibili dell’INAIL possano essere utilizzate per la realizzazione degli investimenti e delle dotazioni infrastrutturali.

 

Si ricorda al riguardo che annualmente l’INAIL, in sede di redazione del bilancio di previsione, determina i fondi eventualmente disponibili per investimenti, con particolare riferimento al settore immobiliare. Tali risorse sono poi ripartite secondo vincoli stabiliti da varie disposizioni legislative.

 

L’articolo 11 del decreto legislativo n. 104 del 1996 prevede che gli investimenti degli enti previdenziali pubblici nel settore immobiliare, fatti salvi i piani di investimento già stabiliti e gli acquisti di immobili adibiti a uso strumentale, siano realizzati esclusivamente in via indiretta, in particolare tramite la sottoscrizione di quote di fondi immobiliari e partecipazioni minoritarie in società immobiliari, nel rispetto delle disposizioni previste da specifiche norme in materia di impiego di parte dei fondi disponibili per finalità di pubblico interesse. Gli investimenti devono essere diversificati, in modo da minimizzare il rischio. In nessun caso la partecipazione può riguardare il capitale delle società indipendenti di gestione dei beni immobili e delle società di intermediazione immobiliare. L'individuazione dei fondi di investimento immobiliare e delle società immobiliari è motivata con le specifiche caratteristiche di solidità finanziaria, specializzazione e professionalità dei contraenti prescelti.

Il comma 4 del medesimo articolo 11, come modificato dall’articolo 38, comma 4, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), prevede poi che gli enti previdenziali possano destinare una parte dei fondi disponibili, fino al limite massimo del 15 per cento, secondo le modalità definite dallo stesso decreto legislativo, all’acquisto di immobili da destinare a finalità di interesse pubblico, con particolare riguardo per i settori della sanità, dell’istruzione e della ricerca. Nell'ambito della percentuale sopra indicata, l'INAIL deve destinare specificamente il 5 per cento dei fondi ad asili per l'infanzia e ad altre strutture a tutela della famiglia.

Resta in ogni caso fermo il disposto dell'articolo 2, comma 6, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, per effetto del quale l’INAIL può impiegare, in via prioritaria, una quota fino al 15 per cento dei fondi disponibili, su delibera del consiglio di amministrazione, per la realizzazione o per l’acquisto di immobili, anche tramite accensione di mutui, da destinare a strutture da locare al Servizio sanitario nazionale ovvero a centri per la riabilitazione riguardanti, in via prioritaria, gli infortunati sul lavoro e da gestire, previa intesa con le regioni, nei limiti dei vigenti parametri relativi al numero dei posti letto per abitanti.

 

In particolare, l’articolo 1, comma 449, della legge n. 311 del 2004 prevede l’approvazione dei piani di investimento immobiliare deliberati dall’INAIL da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e l’emanazione di un apposito decreto annuale del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, previo parere dei Ministri della salute e dell’istruzione, volto ad individuare le finalità dei medesimi investimenti[161].

Si ricorda inoltre che una disposizione incidente sulla disciplina dei piani di investimento immobiliare dell’INAIL è contenuta nel comma 301 della presente legge finanziaria per il 2006 (cfr. supra).

 


Articolo 1, comma 481
(Regime tributario dei partecipanti a fondi comuni d’investimento immobiliare)

 


481. All’articolo 7 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:

«2-bis. Qualora le quote dei fondi comuni di investimento immobiliare di cui all’articolo 6, comma 1, siano immesse in un sistema di deposito accentrato gestito da una società autorizzata ai sensi dell’articolo 80 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, la ritenuta di cui al comma 1 è applicata, alle medesime condizioni di cui ai commi precedenti, dai soggetti residenti presso i quali le quote sono state depositate, direttamente o indirettamente aderenti al suddetto sistema di deposito accentrato nonché dai soggetti non residenti aderenti a detto sistema di deposito accentrato ovvero a sistemi esteri di deposito accentrato aderenti al medesimo sistema.

2-ter. I soggetti non residenti di cui al comma 2-bis nominano quale loro rappresentante fiscale in Italia una banca o una società di intermediazione mobiliare residente nel territorio dello Stato, una stabile organizzazione in Italia di banche o di imprese di investimento non residenti, ovvero una società di gestione accentrata di strumenti finanziari autorizzata ai sensi dell’articolo 80 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Il rappresentante fiscale risponde dell’adempimento dei propri compiti negli stessi termini e con le stesse responsabilità previste per i soggetti di cui al comma 2-bis, residenti in Italia e provvede a:

a) versare la ritenuta di cui al comma 1;

b) fornire, entro quindici giorni dalla richiesta dell’Amministrazione finanziaria, ogni notizia o documento utile per comprovare il corretto assolvimento degli obblighi riguardanti la suddetta ritenuta».


 

 

Il comma 481 dell’articolo 1 interviene sulla disciplina del regime tributario dei fondi comuni d’investimento immobiliare, relativamente al caso in cui le quote siano immesse, ai fini della gestione, in un sistema di deposito accentrato di strumenti finanziari.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera j), del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con D.Lgs. n. 58 del 1998, per «fondo comune di investimento» deve intendersi il patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte; il patrimonio del fondo, sia aperto che chiuso, può essere raccolto mediante una o più emissioni di quote.

 

Il regime tributario dei fondi comuni di investimento immobiliare è regolato dal D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, recante disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare.

Nel dettaglio, l’articolo 6 del D.L. n. 351 del 2001 disciplina il regime tributario del fondo ai fini delle imposte sui redditi.

 

Esso prevede, al comma 1, che i fondi comuni d'investimento immobiliare istituiti ai sensi dell'articolo 37 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con D.Lgs. n. 58 del 1998, e dell'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, non sono soggetti alle imposte sui redditi e all'imposta regionale sulle attività produttive. Le ritenute operate sui redditi di capitale sono a titolo d'imposta. Non si applicano le ritenute previste dall'articolo 26, commi 2, 3, 3-bis e 5, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché le ritenute previste dall'articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77.

Il comma 3-bis dell’articolo 6 stabilisce poi che alle cessioni e ai conferimenti ai fondi di investimento immobiliare istituiti ai sensi degli articoli 37 del TUF e 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, si applica l'articolo 37-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Ai conferimenti di beni ai medesimi fondi non si applicano, in ogni caso, le disposizioni del decreto legislativo 8 ottobre 1997, n. 358.

 

L’articolo 7 del D.L. n. 351 del 2001 disciplina invece il regime tributario dei partecipanti.

 

Esso prevede, al comma 1, che sui proventi di cui all'articolo 41, comma 1, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, derivanti dalla partecipazione a fondi comuni d'investimento immobiliare di cui all'articolo 6, comma 1, la società di gestione del risparmio opera una ritenuta del 12,50 per cento. La ritenuta si applica sull'ammontare dei proventi riferibili a ciascuna quota risultanti dai rendiconti periodici redatti ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera c), numero 3), del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con D.Lgs. n. 58 del 1998, distribuiti in costanza di partecipazione nonché sulla differenza tra il valore di riscatto o di liquidazione delle quote e il costo di sottoscrizione o acquisto. Il costo di sottoscrizione o acquisto è documentato dal partecipante. In mancanza della documentazione il costo è documentato con una dichiarazione sostitutiva.

Il comma 2 prevede che la ritenuta di cui al comma 1 è applicata a titolo d'acconto nei confronti di: a) imprenditori individuali, se le partecipazioni sono relative all'impresa commerciale; b) società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate; società ed enti indicati nelle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 87 del TUIR, e stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società e degli enti di cui alla lettera d) del predetto articolo. Nei confronti di tutti gli altri soggetti, compresi quelli esenti o esclusi da imposta sul reddito delle società, la ritenuta è applicata a titolo d'imposta. La ritenuta non è operata sui proventi percepiti dalle forme di previdenza complementare di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e dagli organismi d'investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia e disciplinati dal TUF.

Ai sensi del comma 3 non sono assoggettati ad imposizione i proventi di cui al comma 1 percepiti dai soggetti non residenti come indicati nell'articolo 6 del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239.

 

Il presente comma 481 introduce nell’articolo 7 del D.L. n. 351 del 2001, dopo il comma 2, i nuovi commi 2-bis e 2-ter, volti a disciplinare il regime tributario nel caso in cui le quote dei fondi immobiliari siano immesse, ai fini della gestione, in un sistema di deposito accentrato di strumenti finanziari.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 80, comma 1, del TUF, l’attività di gestione accentrata di strumenti finanziari ha carattere di impresa ed è esercitata nella forma di società per azioni, anche senza fine di lucro.

Ai sensi del comma 2, le società di gestione accentrata hanno per oggetto esclusivo la prestazione del servizio di gestione accentrata di strumenti finanziari, ivi compresi quelli dematerializzati in attuazione di quanto disposto dall'articolo 10 della legge 17 dicembre 1997, n. 433. Esse possono svolgere attività connesse e strumentali.

Il comma 3 prevede che la CONSOB, d'intesa con la Banca d'Italia, determina con regolamento il capitale minimo della società e le attività connesse e strumentali. Ai sensi del comma 4, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB, determina con regolamento i requisiti di onorabilità e professionalità dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo nella società. Lo stesso regolamento, ai sensi del comma 5, stabilisce le cause che comportano la sospensione temporanea dalla carica e la sua durata. Ai sensi del comma 6, il Ministro dell'economia e delle finanze, con regolamento adottato sentite la CONSOB e la Banca d'Italia, determina i requisiti di onorabilità dei partecipanti al capitale, individuando la soglia partecipativa a tal fine rilevante.

Il comma 7 prevede che gli acquisti e le cessioni di partecipazioni rilevanti ai sensi del comma 6, effettuati direttamente o indirettamente, anche per il tramite di società controllate, di società fiduciarie o per interposta persona, devono essere comunicati entro ventiquattro ore dal soggetto acquirente alla CONSOB, alla Banca d'Italia e alla società di gestione unitamente alla documentazione attestante il possesso da parte degli acquirenti dei requisiti determinati ai sensi del comma 6. Ai sensi del comma 8, in assenza dei requisiti o in mancanza della comunicazione non può essere esercitato il diritto di voto inerente alle azioni eccedenti la soglia determinata ai sensi del comma 6. La CONSOB, secondo il comma 9, d'intesa con la Banca d'Italia, autorizza la società all'esercizio dell'attività di gestione accentrata di strumenti finanziari quando sussistono i requisiti previsti dai commi 3, 4, 5 e 6, e il sistema di gestione accentrata sia conforme al regolamento previsto dall'articolo 81, comma 1, del TUF.

 

Nel dettaglio, il nuovo comma 2-bis dell’articolo 7 del D.L. n. 351 del 2001 prevede che la ritenuta del 12,50 per cento deve essere operata, invece che dalla società di gestione del risparmio:

a)   dai soggetti residenti presso i quali le quote sono state depositate, direttamente o indirettamente aderenti al sistema di deposito accentrato;

b)   dai soggetti non residenti aderenti al sistema di deposito accentrato ovvero a sistemi esteri di deposito accentrato aderenti al medesimo sistema.

 

A quest’effetto, il nuovo comma 2-ter dell’articolo 7 del D.L. n. 351 del 2001 prevede che i soggetti non residenti richiamati sub lettera b) debbano nominare in Italia un rappresentante fiscale, scelto fra i seguenti soggetti:

a)      una banca;

b)      una società di intermediazione mobiliare residente nel territorio dello Stato;

c)      una stabile organizzazione in Italia di banche o di imprese di investimento non residenti;

d)      una società di gestione accentrata di strumenti finanziari autorizzata ai sensi del citato articolo 80 del TUF.

 

Il rappresentante così nominato provvede a versare la ritenuta fiscale e a fornire, nel termine di quindici giorni dalla ricezione della relativa richiesta da parte dell’amministrazione finanziaria, le notizie o i documenti utili a comprovare l’adempimento dell’obbligo di versamento della ritenuta.

 


Articolo 1, comma 482
(Alienazione immobili della difesa)

 


482. Fermo quanto previsto ai sensi del comma 5, il Ministero della difesa – Direzione generale dei lavori e del demanio, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze – Agenzia del demanio, individua con apposito decreto gli immobili militari da alienare secondo le seguenti procedure:

a) le alienazioni, permute, valorizzazioni e gestioni dei beni, in deroga alla legge 24 dicembre 1908, n. 783, e successive modificazioni, e al regolamento di cui al regio decreto 17 giugno 1909, n. 454, nonché alle norme della contabilità generale dello Stato, fermi restando i princìpi generali dell’ordinamento giuridico contabile, sono effettuate direttamente dal Ministero della difesa – Direzione generale dei lavori e del demanio che può avvalersi del supporto tecnico-operativo di società pubblica o a partecipazione pubblica con particolare qualificazione professionale ed esperienza commerciale nel settore immobiliare;

b) la determinazione del valore dei beni da porre a base d’asta è decretata dalla Direzione generale dei lavori e del demanio, previo parere di congruità emesso da una commissione appositamente nominata dal Ministro della difesa, presieduta da un magistrato amministrativo o da un avvocato dello Stato e composta da esponenti dei Ministeri della difesa e dell’economia e delle finanze, nonché da un esperto in possesso di comprovata professionalità nella materia. Con la stessa determinazione, per i beni valorizzati sono stabiliti i criteri di assegnazione agli enti territoriali interessati dal procedimento di una quota, non inferiore al 5 per cento e non superiore al 15 per cento, del ricavato attribuibile alla vendita degli immobili valorizzati;

c) i contratti di trasferimento di ciascun bene sono approvati dal Ministero della difesa. L’approvazione può essere negata per sopravvenute esigenze di carattere istituzionale dello stesso Ministero;

d) le alienazioni e permute dei beni individuati possono essere effettuate a trattativa privata, qualora il valore del singolo bene, determinato ai sensi della lettera b), sia inferiore a quattrocentomila euro;

e) ai fini delle permute e delle alienazioni degli immobili da dismettere, con cessazione del carattere demaniale, il Ministero della difesa comunica, insieme alle schede descrittive di cui all’articolo 12, comma 3, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, l’elenco di tali immobili al Ministero per i beni e le attività culturali che si pronuncia, entro il termine perentorio di quarantacinque giorni dalla ricezione della comunicazione, in ordine alla verifica dell’interesse storico-artistico e individua, in caso positivo, le parti degli immobili stessi soggette a tutela, con riguardo agli indirizzi di carattere generale di cui all’articolo 12, comma 2, del citato codice. Per i beni riconosciuti di tale interesse, l’accertamento della relativa condizione costituisce dichiarazione ai sensi dell’articolo 13 dello stesso codice. Le approvazioni e le autorizzazioni previste dal citato codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004 sono rilasciate o negate entro novanta giorni dalla ricezione della istanza. Le disposizioni del citato codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, parti prima e seconda, si applicano anche dopo la dismissione.


 

 

Il comma 482 dettadisposizioni in materia di alienazione del patrimonio immobiliare della Difesa, disciplinando un nuovo procedimento di alienazione, condotto direttamente dal Ministero della difesa – Direzione generale dei lavori e del demanio che, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze – Agenzia del demanio, individua con apposito decreto gli immobili militari da alienare. Tale programma di alienazione avviene secondo una procedura che si ispira a quella relativa alle alienazioni immobiliari disposte dall’articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 (collegato per il 1997).

La disposizione compie un’inversione di tendenza rispetto a quanto previsto, anche se per la "prima applicazione", dall'articolo 1, comma 443, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005), che ha novellato l'articolo 27 del decreto-legge n. 269 del 2003, “Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici”- come convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 - inserendovi quattro nuovi commi dopo i commi 13 e 13-bis. In particolare il comma 13-ter ha attribuito alla Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, di concerto con l’Agenzia del demanio del Ministero dell’economia, l'individuazione, entro il 28 febbraio 2005, dei beni immobili comunque in uso all’Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da dismettere e consegnare all’Agenzia medesima. Mentre il comma 13-quater ha stabilito che gli immobili individuati e consegnati ai sensi del precedente comma,entrassero a far parte del patrimonio disponibile dello Stato per essere assoggettati alle procedure di valorizzazione e di dismissione.

Il comma 482 in commento, invece, prevede, come si è detto, che le alienazioni, permute, valorizzazioni e gestioni dei beni, siano ora effettuate direttamente dal Ministero della difesa. Anche per tali alienazioni si applica il comma 5 dell'articolo 1 della legge finanziaria in esame, che destina i "maggiori proventi", rispetto a quelli iscritti in bilancio a legislazione vigente, sembra doversi intendere, alla riduzione del debito.

Il nuovo procedimento di alienazione deroga alla legge 24 dicembre 1908, n. 783, recante “Unificazione dei sistemi di alienazione e di amministrazione dei beni immobili patrimoniali dello Stato”, ed al relativo regolamento di esecuzione, di cui al regio decreto 17 giugno 1909, n. 454, nonché alle norme della contabilità generale dello Stato, fermi restando i princìpi generali dell’ordinamento giuridico contabile. Nel corso del procedimento di alienazione, il Ministero ha la facoltà di avvalersi di società pubblica o a partecipazione pubblica, con particolare qualificazione professione ed esperienza commerciale nel settore immobiliare, per ricevere consulenza tecnica ed operativa.

La determinazione del prezzo d'asta è decretata dalla Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa. Peraltro, la dismissione può avvenire a trattativa privata, qualora il valore del bene sia determinato come inferiore a 400.000 €.

La valutazione dell'immobile è determinata previo parere di conformità da parte di un’apposita commissione, nominata dal Ministro. Essa è composta da esponenti del Ministero della difesa e di quello dell'economia, nonché da un esperto di comprovata professionalità nella materia. A presiedere la commissione è un magistrato amministrativo o un avvocato dello Stato.

Unita alla valutazione del bene è la determinazione di criteri per l'assegnazione agli enti territoriali interessati di una quota del ricavato. Tale quota è tra il 5 ed il 15 per cento del ricavato attribuibile alla vendita dell'immobile.

L'approvazione dei contratti di trasferimento di ciascun bene è attribuita al Ministero della difesa, che può negarla per il sopravveire di proprie esigenze di carattere istituzionale.

In ordine alla verifica dell'interesse storico-artistico degli immobili, si prevede la trasmissione del loro elenco, unitamente alle relative schede descrittive, da parte del Ministero della difesa a quello per i beni e le attività culturali, che si pronuncia entro il termine perentorio di 45 giorni, eventualmente dichiarando l'interesse culturale, con le conseguenze, in termini di tutela, di cui al codice dei beni culturali e del paesaggio, decreto legislativo 22 gennaio, n. 42.

Il termine per le approvazioni ed autorizzazioni da parte del Ministero per i beni e le attività culturali relative al bene tutelato, è stabilito in 90 giorni, laddove, ad esempio, il termine dell'autorizzazione per interventi di edilizia, secondo il codice per i beni culturali, è fissato in 120 giorni.

La norma precisa, infine, che le disposizioni delle parti prima e seconda del citato codice, recanti, rispettivamente, le disposizioni generali e le norme sulla tutela dei beni culturali, si applicano anche dopo la dismissione degli immobili.

Si osserva che non appare chiaro quale sia il rapporto tra il programma di dismissioni appena descritto e quelli già in corso, disciplinati dalla normativa vigente, che vengono di seguito brevemente illustrati.

 

L’articolo 3, comma 112[162], della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica, ha previsto l’avvio di un programma di alienazione di immobili della Difesa, finalizzato alle esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate, dettandone le relative disposizioni procedurali e disponendo in primo luogo che gli immobili alienabili siano individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, sentiti i Ministri del tesoro e delle finanze[163].

Per quanto attiene alle procedure di dismissione il comma 112 dell’articolo 3 della legge n. 662 prevede quanto segue:

-        le alienazioni, permute, valutazioni e gestioni degli immobili possono essere effettuate previo conferimento di specifico incarico a società a prevalente capitale pubblico, avente particolare qualificazione professionale ed esperienza commerciale nel settore immobiliare (lettera a);

-        per l'utilizzazione, valorizzazione o eventuale permuta di beni che interessano gli enti locali si può procedere anche mediante accordi di programma ai sensi dell'articolo 27 della legge n. 142 del 1990[164] (lettera b);

-        alla determinazione del valore dei beni da alienare e da ricevere in permuta[165] provvede la società affidataria tenendo conto della incidenza delle valorizzazioni conseguenti alle eventuali modificazioni degli strumenti urbanistici rese necessarie dalla nuova utilizzazione. La valutazione è approvata dal Ministro della difesa a seguito di parere espresso da una commissione di congruità nominata con decreto del Ministro della difesa, composta da esponenti dei Ministeri della difesa, del tesoro, delle finanze, dei lavori pubblici e da un esperto in possesso di comprovata professionalità nel settore, su indicazione del Ministro della difesa, presieduta da un magistrato amministrativo o da un avvocato dello Stato (lettera c);

-        i contratti di trasferimento di ciascun bene sono approvati dal Ministro della difesa e l'approvazione può essere negata qualora il contenuto convenzionale risulti inadeguato rispetto alle esigenze della Difesa anche se sopraggiunte successivamente all'adozione del programma (lettera d);

-        ai fini delle permute e delle alienazioni degli immobili da dismettere, il Ministero della difesa comunica l’elenco di tali immobili al Ministero per i beni e le attività culturali che si pronuncia sulla eventuale sussistenza dell’interesse storico-artistico, individuando, in caso positivo, le singole parti degli immobili soggette a tutela. (lettera e). In merito a tale ultima previsione, va tuttavia segnalato che con l’articolo 16, comma 6, della legge 28 luglio 1999, n. 266, èstata estesa alle predette dismissioni l’applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 32 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in base alle quali i beni immobili di interesse storico e artistico dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni non sono alienabili salvo che nelle ipotesi previste con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge stessa. Il previsto regolamento è stato approvato con D.P.R. 7 settembre 2000, n. 283.

 

In seguito l’articolo 44 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, recante misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo, ha disposto la continuazione del programma di dismissioni appena illustrato, dettando ulteriori norme di attuazione. In particolare, in tema di assegnazione delle risorse derivanti dalle alienazioni e gestioni degli immobili, il comma 4 ha disposto che queste siano versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, nel complessivo limite di 1.400 miliardi, allo stato di previsione del Ministero della difesa. Altre disposizioni dell’articolo, alcune delle quali introdotte da interventi normativi successivi, sono state successivamente abrogate.

 

È quindi intervenuto l’articolo 43 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (finanziaria 2001) che ha confermato, per le attività di alienazione, permuta, valorizzazione e gestione dei beni immobili della difesa, l’applicazione delle norme dettate dai citati articoli 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e 44 della legge n. 448 del 1998, apportando alcune modifiche alla normativa vigente. Secondo quanto esplicitato dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge in esame, la finalità di tale previsione è quella di salvaguardare la specificità delle iniziative di dismissione degli immobili in uso al Ministero della difesa, prevedendo per le successive alienazioni l’applicazione del procedimento seguìto per quelle già effettuate e utilizzando per tale processo la Società già risultata affidataria dell’incarico in seguito a svolgimento di gara esperita a livello europeo[166]. Tale soluzione consentirebbe, secondo quanto esposto nella relazione, di evitare lo svolgimento di ulteriori gare e di usufruire di un soggetto che ha ormai maturato esperienza nel settore.

In particolare il comma 9 prevede che il Ministero della difesa possa alienare i beni secondo le procedure della trattativa privata, purché il valore dei beni da alienare sia inferiore a 200.000 euro. Tale previsione introduce una semplificazione delle procedure attinenti all'alienazione degli immobili della difesa, caratterizzandosi la trattativa privata (rispetto agli altri procedimenti di gara, quali l'asta pubblica e la licitazione privata) per il carattere d’informalità e quindi per la maggiore snellezza dell'iter procedimentale. L'alienazione deve riguardare i beni valutati non più necessari per le esigenze della difesa, anche se gli stessi non siano ricompresi nei programmi di dismissioni di cui all'articolo 3, comma 112, legge n. 662 del 1996. Il secondo capoverso del comma in esame, analogamente a quanto disposto dall’articolo 44, comma 4, della legge n. 448 del 1998, sopra esposto, stabilisce inoltre che i proventi derivanti dalle alienazioni in questione siano assegnati al Ministero della difesa per il conseguimento degli obiettivi di ammodernamento e potenziamento operativo, strutturale e infrastrutturale delle Forze armate.

Il comma 10 stabilisce che, a valere sulle risorse derivanti dalle alienazioni effettuate e riassegnate al Ministero della difesa, la somma complessiva di 50 miliardi sia destinata alla ristrutturazione e all'ammodernamento degli arsenali della Marina militare di Taranto e della Spezia.

Il comma 14 consente al Ministero della difesa di avvalersi, per il compimento delle attività tecnico–operative di supporto alle dismissioni, di una società a totale partecipazione dello Stato, sia diretta che indiretta, derogando alle norme sulla contabilità generale dello Stato.

 

L’articolo 27, commi 1-12, del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326,haintrodotto una procedura per la verifica della sussistenza dell’interesse culturale nei beni del patrimonio mobiliare e immobiliare pubblico. La norma è volta ad escludere dall’ambito di applicazione del T.U dei beni culturali e ambientali (D.Lgs. n. 490 del 1997) i beni che le soprintendenze giudichino privi di tale interesse, anche ai fini della loro successiva sdemanializzazione, nell’ottica della loro eventuale utilizzazione sul mercato.

Il comma 13, in particolare,haesteso l’applicazione di alcune norme, relative alle valorizzazioni e dismissioni di immobili pubblici, contenute nel D.L. 25 settembre 2001, n. 351 (Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare), alle operazioni aventi ad oggetto gli immobili del Ministero della difesa di cui all’articolo 3, comma 112, della citata legge n. 662/1996 e all’articolo 44, comma 1, della legge n. 448/1998, ugualmente citata, riguardo ai quali sia accertato il venir meno dell'interesse all'utilizzo per finalità militari, ovvero non risulti più economicamente conveniente la gestione diretta. Le norme appena citate saranno commentate più avanti.

Le disposizioni delle quali il comma 13 estende l’applicazione ai fini della valorizzazione dei beni sopra indicati sono le seguenti:

-          articolo 3, comma 15, del D.L. n. 351 del 2001, che prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze possa convocare una o più conferenze di servizi o promuovere accordi di programma per sottoporre alla loro approvazione iniziative per la valorizzazione degli immobili oggetto delle procedure di cartolarizzazione[167];

-          articolo 3, comma 17, del D.L. n. 351 del 2001, che esclude, relativamente ai trasferimenti di beni immobili effettuati secondo le procedure di cartolarizzazione, il diritto di prelazione spettante a terzi, l’acquisizione delle autorizzazioni previste dal testo unico sui beni culturali e ambientali, la proposizione di progetti di valorizzazione e gestione di beni immobili statali. Inoltre, il medesimo comma stabilisce il divieto di acquisto dei beni citati da parte delle amministrazioni dello Stato, degli enti pubblici territoriali e degli altri soggetti pubblici. Il divieto di acquisto non si applica agli enti pubblici territoriali che intendono acquistare immobili ad uso non residenziale per destinarli alle proprie finalità istituzionali;

-          articolo 80, commi 3-5, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003). Il comma 3 dell’articolo prevede, con riferimento ai beni trasferiti alla società Patrimonio dello Stato Spa (società costituita, ai sensi dell’articolo 7 del D.L. n. 63 del 2002, ai fini della valorizzazione, gestione e alienazione del patrimonio dello Stato), l’utilizzo delle conferenze di servizi o degli accordi di programma allo scopo di definire iniziative per la valorizzazione dei beni medesimi. Lo stesso comma rimette poi ad un decreto del Ministro dell’economia la determinazione dei criteri per l’assegnazione agli enti locali, coinvolti nel procedimento di alienazione, di una quota del ricavato della vendita degli immobili, o, in alternativa, l’assegnazione di altri beni immobili.

I commi 4 e 5 dell’articolo 80 disciplinano un procedimento di acquisizione, da parte degli enti locali interessati, di beni immobili del patrimonio dello Stato, ubicati nel loro territorio, al fine della valorizzazione, recupero, riqualificazione ed eventuale ridestinazione d'uso dei beni stessi[168].

Il comma 13-bis del medesimo articolo 27 ha demandato all’Agenzia del demanio, di concerto con la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, l’individuazione dei beni immobili in uso all’amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da inserire in programmi di dismissione per le finalità di cui al già citato articolo 3, comma 112, della legge n. 662 del 1996 (esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate).

 

Successivamente il comma 443 dell’articolo 1 Legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005), che si è già citato sopra, ha modificato l’articolo 27 del D.L. n. 269/2003, appena descritto, introducendo, come si è detto, quattro nuovi commi, da 13-ter a 13-sexies, volti ad integrare la disciplina della dismissione degli immobili della difesa per contemperare le esigenze di valorizzazione e gestione produttiva degli immobili di proprietà dello Stato con le esigenze finanziarie manifestate dal Ministero della difesa.

In particolare, Il comma 13-ter prevede che nella fase di prima applicazione dei commi 13 e 13-bis dell’articolo 27, più volte citati, la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, di concerto con l'Agenzia del demanio del Ministero dell’economia, individui beni immobili comunque in uso all'Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da dismettere e consegnare all’Agenzia medesima. Tale adempimento deve essere compiuto entro il 28 febbraio 2005[169].

Il comma 13-quater stabilisce che gli immobili individuati e consegnati ai sensi del precedente comma 13-ter entrano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato per essere assoggettati alle procedure di valorizzazione e di dismissione di cui al D.L. n. 351 del 2001, già citato, e di cui ai commi da 6 a 8, nonché alle procedure di cui ai commi 436, 437 e 438 dell'articolo 1 della medesima legge n. 311/2004, e alle altre procedure di dismissioni previste dalle norme vigenti ovvero alla vendita a trattativa privata anche in blocco. Gli immobili individuati sono stimati a cura dell'Agenzia del demanio nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano. L'elenco degli immobili individuati e consegnati ai sensi del comma 13-ter è sottoposto al Ministro per i beni e le attività culturali, il quale, nel termine di novanta giorni dalla data di pubblicazione del decreto di individuazione, provvede, attraverso le competenti soprintendenze, a verificare quali tra detti beni siano soggetti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, sopra citato dandone comunicazione al Ministro dell'economia e delle finanze. L'Agenzia del demanio apporta le conseguenti modifiche all'elenco degli immobili[170].

Il comma 13-quinquies prevede che la Cassa depositi e prestiti, entro trenta giorni dalla data d’individuazione degli immobili di cui al comma 13-ter, concede anticipazioni finanziarie pari al valore degli immobili individuati, per un importo complessivo non inferiore a 954 milioni di euro e, comunque, non superiore a 1357 milioni di euro .

Il comma prosegue disponendo che le condizioni generali ed economiche delle anticipazioni sono stabilite in conformità con le condizioni praticate sui finanziamenti della gestione separata di cui all'articolo 5, comma 8, del medesimo D.L. n. 269 del 2003. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al rimborso delle somme anticipate e dei connessi oneri finanziari a valere sui proventi delle dismissioni degli immobili.

Le anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Ministero della difesa su appositi fondi, relativi ai consumi intermedi ed agli investimenti fissi lordi. Tali fondi saranno ripartiti, nel corso della gestione, sui capitoli interessati, con decreto del Ministro della difesa. Del decreto dovrà essere data comunicazione, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, alle Commissioni parlamentari competenti ed alla Corte dei conti. Sull'obbligo di rimborso alla Cassa depositi e prestiti delle somme ricevute in anticipazione e dei relativi interessi può essere prevista, secondo criteri, condizioni e modalità da stabilire con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, la garanzia dello Stato. Tale garanzia è elencata nell'allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze[171].

Il comma 13-sexies stabilisce che, fermo restando quanto previsto dal comma precedente, una parte delle somme derivanti dalle procedure di valorizzazione e dismissione degli immobili della difesa, di cui ai commi 13 e 13-bis, sopra commentati, pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2005 al 2009, sia destinata all'ammodernamento ed alla ristrutturazione degli arsenali della Marina militare di Augusta, della Spezia e di Taranto. Inoltre, viene stanziata l’ulteriore somma di 30 milioni di euro per l’anno 2005, per il finanziamento di un programma di edilizia residenziale in favore del personale delle Forze armate dei ruoli dei sergenti e dei volontari in servizio permanente.

Il comma ha contenuto analogo a quanto già previsto dall’articolo 43, comma 10, della legge n. 388/2000, sopra richiamato.

 

Infine, è intervenuto l’articolo 11-quinqies del D.L. 30 settembre 2005 n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, recante “Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”. Il primo periodo del comma 1 di tale articolo stabilisce che, nell’ambito delle azioni di perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, l’alienazione di beni immobili pubblici è considerata urgente, con prioritario riferimento ai beni il cui prezzo di vendita è fissato secondo criteri e valori di mercato. Il secondo periodo del comma autorizza l’Agenzia del demanio a vendere, con le modalità stabilite dall’articolo 7 del D.L. n. 282 del 2002, i beni immobili ad uso non abitativo appartenenti al patrimonio pubblico[172]. Nell’ambito dei beni immobili da dismettere sono espressamente ricordati quelli indicati ai commi 13, 13-bis e 13-ter dell’articolo 27 del D.L. n. 269/2003, che si sono descritti sopra. Per procedere alla vendita, l’Agenzia del demanio dovrà essere autorizzata con decreto dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con le amministrazioni che hanno in uso gli immobili da dismettere.

Il primo periodo del comma 2 dell’articolo 11-quinquies in esame, facendo salva l’applicazione dell’articolo 27 del D.L. n. 269 del 2003 (relativo alla verifica dell’interesse culturale) per la dismissione dei beni gia individuati ai sensi dei citati commi 13, 13-bis e 13-ter del medesimo articolo 27, prevede che la vendita fa venir meno l’uso governativo, le concessioni in essere e l’eventuale diritto di prelazione spettante a terzi, anche in caso di rivendita; il secondo periodo, invece, conferma l’applicazione di una serie di norme espressamente richiamate; il terzo periodo, infine, conferma, limitatamente alle procedure di dismissione successive a quelle di cui al primo periodo del presente comma 2, l’applicazione di alcune norme del codice dei beni culturali e del paesaggio.

Il comma 3 dell’articolo in esame, estendendo l’applicazione dell’articolo 1, comma 275, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), esonera dal pagamento delle imposte indirette gli atti di alienazione di cui al precedente comma 1 e quelli comunque connessi alla dismissione del patrimonio immobiliare di proprietà dello Stato.

Il comma 4 riconosce all’Agenzia del demanio la copertura dei maggiori costi sostenuti per le attività connesse all’attuazione del presente articolo, il cui importo sarà determinato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, a valere sulle maggiori entrate conseguenti all’applicazione dello stesso articolo. Non è previsto alcun termine per l’emanazione del suddetto decreto ministeriale.

Il comma 6 reca una disposizione interpretativa, e quindi avente effetto retroattivo, dei commi 18 e 19 dell’articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001. Ai sensi di tale disposizione lo Stato e gli enti pubblici, proprietari dei beni immobili prima del loro trasferimento alle società di cartolarizzazione, (comma 18) e le suddette società (comma 19) sono esonerati, oltre che dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà dei beni e alla regolarità urbanistica-edilizia e fiscale, anche dall’obbligo:

-       di rendere le dichiarazioni urbanistiche richieste dalla legge per la validità degli atti

-       di allegazione del certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti le aree interessate dal trasferimento.

 


Articolo 1, commi 483-492
(Concessioni idroelettriche)

 


483. All’articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:

«1. L’amministrazione competente, cinque anni prima dello scadere di una concessione di grande derivazione d’acqua per uso idroelettrico e nei casi di decadenza, rinuncia e revoca, fermo restando quanto previsto dal comma 4, ove non ritenga sussistere un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque, in tutto o in parte incompatibile con il mantenimento dell’uso a fine idroelettrico, indice una gara ad evidenza pubblica, nel rispetto della normativa vigente e dei princìpi fondamentali di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento, trasparenza e non discriminazione, per l’attribuzione a titolo oneroso della concessione per un periodo di durata trentennale, avendo particolare riguardo ad un’offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza e di aumento dell’energia prodotta o della potenza installata.

2. Il Ministero delle attività produttive, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, sentito il gestore della rete di trasmissione nazionale, determina, con proprio provvedimento, i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri di aumento dell’energia prodotta e della potenza installata concernenti la procedura di gara»;

b) i commi 3 e 5 sono abrogati.

484. È abrogato l’articolo 16 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.

485. In relazione ai tempi di completamento del processo di liberalizzazione e integrazione europea del mercato interno dell’energia elettrica, anche per quanto riguarda la definizione di princìpi comuni in materia di concorrenza e parità di trattamento nella produzione idroelettrica, tutte le grandi concessioni di derivazione idroelettrica, in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, sono prorogate di dieci anni rispetto alle date di scadenza previste nei commi 6, 7 e 8 dell’articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, purché siano effettuati congrui interventi di ammodernamento degli impianti, come definiti al comma 487.

486. Il soggetto titolare della concessione versa entro il 28 febbraio per quattro anni, a decorrere dal 2006, un canone aggiuntivo unico, riferito all’intera durata della concessione, pari a 3.600 euro per MW di potenza nominale installata e le somme derivanti dal canone affluiscono all’entrata del bilancio dello Stato per l’importo di 50 milioni di euro per ciascun anno, e ai comuni interessati nella misura di 10 milioni di euro per ciascun anno.

487. Ai fini di quanto previsto dal comma 485, si considerano congrui interventi di ammodernamento tutti gli interventi, non di manutenzione ordinaria o di mera sostituzione di parti di impianto non attive, effettuati o da effettuare nel periodo compreso fra il 1º gennaio 1990 e le scadenze previste dalle norme vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge, i quali comportino un miglioramento delle prestazioni energetiche ed ambientali dell’impianto per una spesa complessiva che, attualizzata alla data di entrata in vigore della presente legge sulla base dell’indice Eurostat e rapportata al periodo esaminato, non risulti inferiore a 1 euro per ogni MWh di produzione netta media annua degli impianti medesimi. Per le concessioni che comprendano impianti di pompaggio, la produzione media netta annua di questi ultimi va ridotta ad un terzo ai fini del calcolo dell’importo degli interventi da effettuare nell’ambito della derivazione.

488. I titolari delle concessioni, a pena di nullità della proroga, autocertificano entro sei mesi dalle scadenze di cui ai commi precedenti l’entità degli investimenti effettuati o in corso o deliberati e forniscono la relativa documentazione. Entro i sei mesi successivi le amministrazioni competenti possono verificare la congruità degli investimenti autocertificati. Il mancato completamento nei termini prestabiliti degli investimenti deliberati o in corso è causa di decadenza della concessione.

489. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 25, commi primo e secondo, del testo unico di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il bando di gara per concessioni idroelettriche può anche prevedere il trasferimento della titolarità del ramo d’azienda relativo all’esercizio della concessione, comprensivo di tutti i rapporti giuridici, dal concessionario uscente al nuovo concessionario, secondo modalità dirette a garantire la continuità gestionale e ad un prezzo, entrambi predeterminati dalle amministrazioni competenti e dal concessionario uscente prima della fase di offerta e resi noti nei documenti di gara.

490. In caso di mancato accordo si provvede alle relative determinazioni attraverso tre qualificati e indipendenti soggetti terzi di cui due indicati rispettivamente da ciascuna delle parti, che ne sopportano i relativi oneri, ed il terzo dal presidente del tribunale territorialmente competente, che operano secondo sperimentate metodologie finanziarie che tengano conto dei valori di mercato.

491. Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme di competenza legislativa esclusiva statale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione e attuano i princìpi comunitari resi nel parere motivato della Commissione europea in data 4 gennaio 2004.

492. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni e le province autonome armonizzano i propri ordinamenti alle norme dei commi da 483 a 491.


 

 

I commi 483-492 novellano la disciplina delle concessioni idroelettriche, recata dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 79/1999[173], generalizzando, rispetto alla disciplina previgente, la gara ad evidenza pubblica quale procedura di assegnazione delle concessioni di grande derivazione d’acqua per uso idroelettrico. Tale procedura è infatti prevista anche casi di scadenza naturale della concessione, oltre che ai casi di decadenza, di rinuncia e di revoca, in attuazione, ai sensi del comma 491, dei principi comunitari resi nel parere motivato della Commissione europea del 4 gennaio 2004, emesso nei confronti dello Stato Italiano. Attraverso tale novella, viene dunque eliminata la clausola di preferenza per il concessionario uscente, prima prevista nel terzo comma dell’art. 12 del D.Lgs. n. 79/1999 e censurata nel suddetto parere motivato come incompatibile con il principio della libertà di stabilimento sancito nell’art. 43 TCE[174].

Oggetto dei rilievi comunitari sono stati, in particolare, sia l’art. 12 del D.Lgs. n. 79/99 (cosiddetto “decreto Bersani”), che disciplina le modalità di affidamento delle concessioni di grande derivazione d’acqua per uso idroelettrico, sia l’art. 11 del D.Lgs. n. 463 /99, che regola la medesima materia per il territorio delle Province Autonome di Trento e Bolzano (Province che producono il 93 per cento della propria energia attraverso il ricorso a centrali idroelettriche).

In particolare, l’incompatibilità è stata rilevata sia per quanto concerne le disposizioni che attribuivano un vantaggio, in sede di rilascio di concessione di grande derivazione d’acqua per uso idroelettrico, al concessionario uscente sul territorio nazionale (e, per il Trentino-Alto Adige, alle imprese degli enti locali nonché agli enti di cui all’art. 10 del DPR n. 235/77 costituiti dalle Province Autonome); sia per le disposizioni che prevedono un prolungamento della durata delle concessioni attualmente in essere[175].

Secondo la Commissione, le suddette norme sono attributive di un evidente vantaggio al gestore uscente ed alle società degli enti locali e delle Province Autonome, che potrebbero rimanere titolari delle concessioni per un periodo indefinito, essendo sufficiente far proprio il miglior progetto presentato dagli altri operatori.

In particolare, il comma 483 novella l’art. 12 del D.Lgs. n. 79/1999, sostituendone i commi 1 e 2 e abrogandone i commi 3 e 5. In particolare, i nuovi commi 1 e 2, come sostituiti dal comma in esame prevedono l’indizione di una gara ad evidenza pubblica da parte dell’amministrazione competente per l’attribuzione a titolo oneroso della concessione per un periodo trentennale, cinque anni prima dello scadere della concessione e nei casi di decadenza, rinuncia, revoca e laddove l’amministrazione competente non ritenga sussistere un prevalente interesse pubblico ad un uso diverso delle acque, in tutto o in parte incompatibile con il mantenimento dell’uso a fine idroelettrico. L’amministrazione è tenuta a tener conto dell’offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza e di aumento dell’energia prodotta o della potenza installata. Restano ferme le condizioni di compatibilità della concessione, come enunciate dal comma 4 dell’articolo 12.

Il sopra citato comma 4 dell’art. 12 del D.Lgs. 79/99 dispone che, in ogni caso, la nuova concessione deve essere compatibile con la presenza negli alvei sottesi del minimo deflusso costante vitale, individuato, sentiti anche gli enti locali, e con le priorità di messa in sicurezza idraulica del bacino di cui alla legge n. 183/1989 e ss. mod.[176], nonché con i deflussi ad uso idropotabile relativi alle concessioni che, in via prioritaria ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 36/1994[177], dovessero essere assentite sul medesimo corpo idrico.

Il comma 484 dispone l’abrogazione dell’art. 16 del D.Lgs. n. 79/99, recante la disciplina delle prerogative della regione autonoma della Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e Bolzano, in materia energetica.

Il comma 485 dispone la proroga di dieci anni rispetto alle date di scadenza previste dalla vigente disciplina (commi 6, 7 e 8 dell’art. 12 del D.Lgs. 79/99), di tutte le grandi concessioni idroelettriche in corso alla data di entrata in vigore della legge finanziaria in esame, purché siano effettuati congrui interventi di ammodernamento degli impianti, come definiti dal successivo comma 487. Tale proroga è messa in relazione ai tempi di completamento del processo di liberalizzazione e integrazione europea del mercato interno dell’energia elettrica, anche per ciò che riguarda la definizione di principi comuni in materia di concorrenza e parità di trattamento nella produzione idroelettrica.

Il comma 6 dell’art. 12 del D.Lgs. n. 79/1999 dispone che le concessioni rilasciate all'ENEL S.p.a. per le grandi derivazioni idroelettriche scadono al termine del trentesimo anno successivo al 1° aprile 1999 (data di entrata in vigore del D.Lgs. 79/99).

Il comma 7 proroga le concessioni scadute o in scadenza entro il 31 dicembre 2010 a quest'ultima data, consentendo ai titolari di concessione interessati, di proseguire l'attività, senza necessità di alcun atto amministrativo, dandone comunicazione all'amministrazione concedente entro novanta giorni dal 1° aprile 1999.

Il comma 8 dispone che per le concessioni la cui scadenza sia fissata a dopo il 31 dicembre 2010 si applichino i termini di scadenza stabiliti nell'atto di concessione

Il comma 487 definisce in particolare come congrui gli interventi non di manutenzione ordinaria, o di mera sostituzione di parti di impianto, effettuati o da effettuarsi nel periodo compreso fra il 1° gennaio 1990 e le scadenze previste dalle norme vigenti prima dell'entrata in vigore della presente legge finanziaria, i quali comportino un miglioramento delle prestazioni energetiche ed ambientali dell’impianto per una spesa complessiva che, attualizzata alla data della presente legge sulla base dell’indice Eurostat e rapportata al periodo esaminato, non risulti inferiore a 1 euro per ogni MWh di produzione netta media annua degli impianti medesimi. Per le concessioni che comprendano impianti di pompaggio, la produzione media netta annua di questi ultimi va ridotta ad un terzo ai fini del calcolo dell’importo degli interventi da effettuare nell’ambito della derivazione.

Il comma 486 dispone l’obbligo per il soggetto titolare della concessione del versamento, entro il 28 febbraio per quattro anni a partire dal 2006, di un canone aggiuntivo unico riferito all’intera durata della concessione, pari a 3600 MW di potenza nominale installata, e dispone che relative somme affluiscano all’entrata del bilancio dello Stato per 50 milioni di euro per ciascun anno, e ai comuni interessati per milioni di euro per ciascun anno.

Il comma 488 dispone l’obbligo, per i titolari delle concessioni, di autocertificare, entro sei mesi dalle scadenze previste dai commi precedenti, gli investimenti effettuati, in corso o deliberati, allegandone la relativa documentazione. All’amministrazione competente è demandato il compito di verificare la congruità degli investimenti, il mancato completamento dei quali, nei termini stabiliti, è causa di decadenza della concessione.

Il comma 489 reca disposizioni dirette a salvaguardare la continuità dei rapporti giuridici facenti capo ai concessionari, e in particolare, deve ritenersi, dei rapporti di lavoro. A tal fine, si prevede che nel bando di gara per il rinnovo della concessione possa essere previsto il trasferimento della titolarità del ramo di azienda relativo all’esercizio della concessione, comprensivo di tutti i rapporti giuridici ad esso inerenti, dal concessionario uscente al nuovo concessionario. La definizione delle relative modalità, in funzione dell’obiettivo della continuità gestionale, e del prezzo di cessione del ramo d’azienda in questione sono indicati nei documenti di gara, a seguito di apposita negoziazione fra amministrazione competente e concessionario uscente. In caso di mancato accordo tra questi, ai sensi del comma 490, si provvede alle relative determinazioni attraverso tre soggetti terzi, indipendenti e qualificati, due nominarti dalle parti e uno dal presidente del Tribunale competente territorialmente. Essi dovranno in particolare attenersi a sperimentate metodologie finanziarie che tengano conto dei valori di mercato.

Il comma 489 fa salve le disposizioni di cui all’articolo 25, commi 1 e 2, del R.D. n. 1775 del 1933[178], in virtù delle quali lo Stato, nei casi di decadenza o rinuncia,subentra, senza compenso, nella proprietà di tutte le opere di raccolta, di regolazione, di condotte forzate e dei canali di scarico, in stato di regolare funzionamento.Lo Stato ha inoltre la facoltà (dandone preavviso tre anni prima della scadenza del rapporto) di immettersi nell'immediato possesso di ogni altro edificio, macchinario, impianto di utilizzazione, di trasformazione e di distribuzione inerente alla concessione, corrispondendo agli aventi diritto un prezzo uguale al valore di stima del materiale in opera, calcolato al momento dell'immissione in possesso, astraendo da qualsiasi valutazione del reddito da esso ricavabile[179].

Il comma 491 precisa che le disposizioni che recano la disciplina delle concessioni idroelettrica sono da intendersi quali norme di competenza legislativa esclusiva statale, ex art. 117, comma 2, lett. e) e attuative dei principi comunitari resi nel parere motivato della Commissione del 4 gennaio 2004.

Il comma 492 dispone che le Regioni e le Province autonome, sono tenute ad armonizzare i propri ordinamenti alle norme recate dai commi 483 a 491, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria in esame.

 


Articolo 1, comma 493
(Sogin – maggiori entrate da componente tariffaria A2 sull’energia elettrica)

 


493. Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 1, comma 298, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, a decorrere dall’anno 2006, sono assicurate maggiori entrate, pari a 35 milioni di euro annui, mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una quota degli introiti della componente tariffaria A2 sul prezzo dell’energia elettrica, definito ai sensi dell’articolo 3, comma 11, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e dell’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 25, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 83.


 

 

Il comma 493 assicura - a decorrere dal 2006 - maggiori entrate per il bilancio della Stato, per un importo pari a 35 milioni di euro annui, mediante versamento all’entrata di una quota degli introiti derivanti dalla componente A2 della tariffa elettrica destinata al rimborso degli oneri relativi allo smantellamento delle centrali nucleari dismesse, alla chiusura del ciclo del combustibile nucleare e delle attività connesse.

 

I maggiori oneri tariffari previsti dal comma 493 vanno ad aggiungersi a quelli già previsti all’art. 1, comma 298, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) in forza del quale, a copertura di interventi di natura tributaria, è stato assicurato un gettito pari a 100 milioni di euro per gli anni dal 2005 al 2007, gravante per circa 70 milioni di euro sulla componente A2 e per circa 30 milioni di euro sulla componente MCT destinata alle misure di compensazione territoriale.

 

Si ricorda che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, nella Segnalazione al Parlamento del 16 dicembre 2005, formulando le proprie osservazioni in merito al comma in esame, ne ha sottolineato i riflessi tariffari negativi. Infatti, il nuovo onere a carico della componente A2 renderà più problematico il contenimento degli aumenti definiti in occasione dell’aggiornamento per il primo trimestre 2006 e per quelli successivi, recando “un aggravio di circa lo 0,1% in più sulle tariffe elettriche che, sommato al prelievo operato dallo scorso anno e per gli anni successivi, comporta complessivamente un onere addizionale pari a oltre lo 0,4% sulla bolletta elettrica al consumatore finale”.

 

La componente A2 è fissata dall'Autorità dell'energia elettrica e del gas[180], che altresì provvede all'adeguamento della tariffa, tenuto conto degli oneri generali afferenti al sistema elettrico, come stabilito dall'articolo 3, comma 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 , richiamato dalla disposizione in esame (per le tariffe elettriche vedi oltre).

 

Gli oneri generali del sistema elettrico sono stati definiti dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 25 (Disposizioni urgenti in materia di oneri generali del sistema elettrico e di realizzazione, potenziamento, utilizzazione e ambientalizzazione di impianti termoelettrici), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 83. In base ad esso, a decorrere dal 1° gennaio 2004, si fa riferimento alle seguenti categorie:

a)       costi connessi allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse e alla chiusura del ciclo combustibile nucleare, conseguenti al referendum del 1987;

b)       costi relativi all’attività di ricerca e sviluppo finalizzata all’innovazione tecnologica d’interesse generale per il sistema elettrico;

c)       applicazione dei regimi tariffari speciali previsti da disposizioni precedenti alla liberalizzazione, richiamate nella delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 70/97 (art. 2, comma 2.4) e nel D.M. 19 febbraio 1997;

d)       reintegrazione, per un massimo di dieci anni, dei maggiori costi derivanti dalla forzata rilocalizzazione all’estero delle attività di scarico a terra e rigassificazione del gas naturale importato dall’ENEL S.p.A dalla Nigeria, in base agli obblighi assunti anteriormente alla data di entrata in vigore della direttiva di liberalizzazione del settore 96/92/CE.

 

Per quanto concernele tariffe dell’energia elettrica, si ricorda, brevemente, come esse siano soggette, in Italia, alle regole e ai vincoli stabiliti dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas (di seguito Autorità) alla quale la legge n. 481 del 1995 ha riconosciuto competenze in materia di fissazione delle tariffe base per i servizi regolati.

Gli elementi essenziali che compongono il prezzo dell'energia elettrica, che si differenzia i relazione al livello di tensione a cui è allacciato ciascun cliente (bassa tensione; media tensione; alta e altissima tensione) e alla destinazione a usi di illuminazione pubblica piuttosto che ad altri, sono i seguenti:

-       tariffa per il servizio di trasmissione, fissata dall’Autorità, che copre i costi per il trasporto dell'energia elettrica sulla rete di trasmissione nazionale ed è pagata da tutti i clienti finali;

-       corrispettivo per il servizio di distribuzione, la cui l'entità è fissata da ciascun distributore con la proposta all'Autorità di apposite opzioni tariffarie base rispettose dei vincoli tariffari fissati dall'Autorità. Il corrispettivo copre i costi per il trasporto dell'energia elettrica sulle reti di distribuzione e le relative attività commerciali (fatturazione, gestione contratti ecc.) ed è pagato tutti i clienti finali (sia liberi che vincolati);

-       tariffa per il servizio di misura (MS), destinata a copertura dei costi di installazione e manutenzione del misuratore (contatore), di rilevazione e registrazione delle misure e pagata da tutti i clienti finali. I corrispettivi a copertura dei costi del servizio - reso dal distributore in base a prezzi amministrati fissati dalla AEEG - sono aggiornati annualmente dall’Autorità;

-       tariffa per il servizio di vendita a copertura dei costi di acquisto e vendita dell'energia elettrica ai clienti del mercato vincolato, dei costi di dispacciamento, e degli oneri derivanti dall'applicazione della normativa sui certificati verdi; all'interno di questa voce di costo sono inoltre remunerati il servizio di interrompibilità e la disponibilità di capacità produttiva. I corrispettivi sono fissato dall'Autorità ed aggiornati trimestralmente.

 

Componenti tariffarie A e UC e MCT.

Per quanto concerne, in particolare, le componenti tariffarie A, si ricorda che queste costituiscono un'importante caratteristica della tariffa elettrica italiana e sono poste a copertura di oneri sostenuti nell'interesse generale del sistema elettrico (quali ad esempio i costi di ricerca, i costi per l'incentivazione dell'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili etc.) la cui individuazione è stata prevista dall’art. 3, comma 11 del D.Lgs 79/99 cui rinvia il comma in esame – e che sono individuati dal Governo con decreto o dal Parlamento tramite legge.

Tali oneri vengono generalmente identificati come oneri impropri in quanto rappresentano costi che ricadono in tariffa senza essere giustificati da ragioni di efficienza, in quanto si tratta di oneri sostenuti nell'interesse della collettività.

Tali costi gravano sia sui clienti vincolati, sia sui clienti liberi e sono posti a maggiorazione dei corrispettivi per il servizio di trasporto.

I valori delle componenti tariffarie A2-A6 sono determinati dall'Autorità e sono differenziati per tipologia di utenza. La gestione del gettito delle componenti A avviene attraverso appositi conti istituiti presso la Cassa Conguaglio per il settore elettrico (cfr. oltre).

In particolare, le componenti A sono a copertura dei seguenti costi:

-       componente A2: costi connessi con lo smantellamento delle centrali nucleari e alla loro chiusura ;

-       componente A3: costi sostenuti dal GRTN per l'acquisto e la vendita di energia CIP6 (da fonti rinnovabili e assimilate);

-       componente A4: finanziamento delle componenti tariffarie compensative dei regimi tariffari speciali stabiliti per legge a favore di alcuni soggetti (quali ad esempio le Ferrovie dello Stato, i comuni rivieraschi, etc.).;

-       componente A5: a copertura degli oneri relativi all'attività di ricerca e sviluppo finalizzata all'innovazione tecnologica di interesse generale per il sistema elettrico;

-       componente A6: cosiddetti "stranded costs", corrispondenti ai rimborsi da destinare a quelle imprese (in particolare a favore dell'ex monopolista) che avevano effettuato investimenti prima dell'avvento della liberalizzazione e che il mercato concorrenziale non consente di ammortizzare.

 


Articolo 1, comma 494
(Sospensione dei trasferimenti erariali per funzioni amministrative trasferite)

 


494. A decorrere dal 1º gennaio 2006 sono sospesi i trasferimenti erariali per le funzioni amministrative trasferite in attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59, con riferimento a quegli enti che già fruiscono dell’integrale finanziamento a carico del bilancio dello Stato per le medesime funzioni. A valere sulle risorse derivanti dall’attuazione del presente comma, i trasferimenti erariali in favore dei comuni delle province confinanti con quelle di Trento e di Bolzano sono incrementati di 10 milioni di euro.


 

 

La norma dispone la sospensione dei trasferimenti erariali relativi alle funzioni trasferite alle regioni e agli enti locali ai sensi della legge 59/1997 (cd Bassanini), per le regioni a statuto speciale e le province autonome, in relazione a quelle funzioni che già rientrano, ai sensi dei rispettivi statuti di autonomia, nelle specifiche competenze di questi enti e per tale ragione sono finanziate in modo ordinario dalle stesse regioni e province autonome.

La disposizione prevede inoltre un incremento - di 10 milioni di euro - dei trasferimenti erariali in favore dei comuni delle province confinanti con quelle di Trento e di Bolzano

 

L’attuazione del cd. “federalismo amministrativo” prevedeva percorsi diversi per le regioni a statuto ordinario da una parte e per le regioni ad autonomia differenziata dall’altra.

I decreti legislativi attuativi della legge 59/1997[181], prevedevano espressamente che al trasferimento alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano delle funzioni e dei compiti conferiti da tali decreti legislativi alle regioni a statuto ordinario, si sarebbe dovuto provvedere - qualora le funzioni non fossero già attribuite - attraverso le procedure complesse disciplinate nei rispettivi statuti per l’adozione delle norme di attuazione[182].

Per la specificità dei singoli statuti regionali – sia in ordine alle competenze, sia in ordine alla procedura per l’adozione di norme di attuazione, non è stato possibile procedere secondo un percorso unitario di adeguamento. Lo stato di attuazione della normativa delegata nelle singole regioni a statuto speciale risulta perciò molto differenziato.

Com’è noto a seguito dei decreti legislativi di conferimento delle funzioni, sono stati emanati una serie di DPCM con cui sonno state individuate e ripartite le risorse tra le regioni. In questi DPCM è stata inserita una disposizione generica di salvaguardia delle modalità dì recepimento della normativa delegata previste dagli statuti speciali.

Le risorse individuate possono essere trasferite alle regioni a statuto speciale solo a seguito della definizione delle competenze e delle relative modalità di finanziamento attraverso lo strumento della norma di attuazione nella materia interessata.

 

A conclusione del quadro normativo si ricorda che la disciplina dettata dal D.Lgs. 56/2000 (federalismo fiscale) nell’ambito della revisione del sistema di finanziamento delle regioni, prevede la soppressione dei trasferimenti attribuiti alle regioni sulla base dei DPCM emanati in attuazione della legge 57 del 1997 (la c.d. ‘legge Bassanini’). e la loro sostituzione con quote di compartecipazioni ai tributi erariali. Il termine per la soppressione dei trasferimenti fissato dall’art. 6, comma 1, del D.Lgs. 56/2000 e più volte differito, è attualmente fissato al 1° gennaio 2006.

Sull’applicazione della disciplina del federalismo fiscale recata dal decreto legislativo n. 56 del 2000, intervengono ora le disposizioni recate dai commi 319-324 dell’articolo 1 di questa legge[183], il nucleo di quella disciplina viene di fatto sospeso per quanto attiene alla determinazione delle somme spettanti a ciascuna regione e per quanto essa prevede, di conseguenza, circa le modalità ed il livello della perequazione. Il comma 323 in particolare dispone che a partire dall’anno 2006 e sino alla emanazione delle disposizioni che daranno attuazione all’articolo 119 della Costituzione - l’aliquota provvisoria stabilita per il finanziamento del federalismo fiscale sia determinata (in aumento) nella misura necessaria ad assicurare anche il finanziamento delle funzioni attribuite alle regioni a statuto ordinario a seguito della legge 57 del 1997.

 

La questione della copertura finanziaria delle funzioni già di competenza della regione in base allo statuto, si è posta fin dall’inizio del processo di attuazione dei decreti.

Se, infatti, per quanto concerne le funzioni e i compiti di nuova attribuzione, conferiti dai decreti di attuazione alle regioni a Statuto speciale, non v'è dubbio che le stesse devono essere delegate e finanziate dallo Stato, per quanto concerne le attribuzioni di funzioni che statutariamente già rientrano tra le competenze della regione, la relativa copertura finanziaria deve essere garantita dalla stessa regione con la partecipazione ai tributi erariali riscossi nei rispettivi territori, ai sensi dei rispettivi Statuti.

 

La cifra complessiva dei trasferimenti erariali sospesi a decorrere dal 1° gennaio 2006 viene indicata, nella relazione tecnica del Governo, in 30 milioni di euro.

Nella quantificazione operata dal Ministero dell’economia e delle finanze, gli “enti” interessati sono esclusivamente le province autonome di Trento e di Bolzano e la regione Trentino-Alto Adige.

Si tratta nello specifico delle risorse individuate e trasferite fino a tutto il 2005, alle province di Trento e di Bolzano – per un totale rispettivamente di 6,7 e 8 milioni di euro - in materia di

-          incentivi alle imprese

-          agricoltura

-          salute umana

-          protezione civile

-          energia e miniere

e alla regione Trentino Alto Adige, per un totale di circa 17 milioni di euro, in materia di

-          opere pubbliche

-          polizia amministrativa

-          ambiente

 

La soppressione dei trasferimenti per quelle funzioni che sono già di competenza della regione secondo lo statuto di autonomia, come disposto dalla prima parte della disposizione in esame, ha una portata generale che potrebbe riguardare tutte le regioni a statuto speciale.

La ragione della limitazione del taglio dei trasferimenti alle sole province autonome è da ricercare, come detto, nelle diverse competenze attribuite a ciascuna regione o provincia autonoma. Si tenga presente che alle province di Trento e di Bolzano è già attribuita la quasi totalità delle funzioni contemplate dai decreti attuativi della legge 59/1997.

 

La seconda parte della norma in esame dispone un incremento di 10 milioni di euro dei trasferimenti erariali in favore di tutti i comuni delle province confinanti con le province di Trento e di Bolzano.

 

La disposizione sembra essere di difficile applicazione. Essa non indica infatti né criteri di individuazione degli enti interessati (si tratta dei comuni di 5 province[184]) né criteri di ripartizione delle risorse aggiuntive. Né, d’altra parte, vi è alcun rinvio ad ulteriori atti da adottare a tali fini.

In tal senso si è espresso lo stesso Governo nella risposta ad una interrogazione a risposta immediata, svoltasi presso la Commissione bilancio il 2 febbraio 2006[185]. In quella occasione infatti dopo aver rilevato che non risultano individuati i criteri per la ripartizione dei previsti 10 milioni di euro tra i comuni confinanti con le province autonome, il rappresentante del Governo auspicava l’integrazione della norma con un criterio di ripartizione in base al quale il finanziamento dovrebbe essere attribuito per il 90% in base della popolazione e per il 10% in base al territorio dei comuni[186].

 

La relazione tecnica di Governo al disegno di legge evidenzia gli effetti migliorativi della norma in esame in termini di saldo netto da finanziarie e di fabbisogno di circa 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006-2008.

Importo determinato dalla differenza tra sospensione dei trasferimenti alle province autonome di Trento e di Bolzano di complessivi 30 milioni di euro e l’incremento dei trasferimenti erariali di complessivi 10 milioni di euro ai comuni “limitrofi”, nel senso inteso dalla norma.

 


Articolo 1, comma 495
(Potenziamento della lotta all’evasione fiscale nel settore immobiliare)

 

495. Nel quadro delle attività di contrasto all’evasione fiscale, l’Agenzia delle entrate e il Corpo della Guardia di finanza destinano quote significative delle loro risorse al settore delle vendite immobiliari, avvalendosi delle facoltà rispettivamente previste dal titolo IV del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dagli articoli 51 e 52 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.

 

 

Il comma 495 dell’articolo 1, allo scopo di potenziare l'azione per il contrasto dell'evasione fiscale, prescrive che una quota rilevante delle risorse dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza sia destinata agli accertamenti riguardanti il settore delle vendite immobiliari.

A tal fine, l'Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza possono esercitare le facoltà previste dal titolo IV del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e dagli articoli 51 e 52 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.

 

Il titolo IV del D.P.R. n. 600 del 1973, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, disciplina i poteri di cui dispone l'amministrazione finanziaria per le attività di accertamento e controllo delle dichiarazioni dei contribuenti e dei sostituti d'imposta. Tra i poteri di accertamento rientra, fra l'altro, la possibilità di eseguire accessi, ispezioni e verifiche e di richiedere dati e informazioni ai contribuenti e ad altri soggetti, nonché l'esibizione o la trasmissione di atti e documenti rilevanti. A seguito delle attività di accertamento, gli uffici d'imposta provvedono ai controlli sulle dichiarazioni rese, cui fanno seguito eventuali rettifiche ed avvisi di accertamento.

Il D.P.R. n. 131 del 1986, recante il testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, agli articoli 51 e 52, disciplina l’individuazione del valore dei beni e dei diritti soggetti a tale tributo, per la determinazione della base imponibile. Per quanto attiene ai beni immobili e ai diritti reali immobiliari, vengono specificati gli elementi da tenere in considerazione per la determinazione del valore degli stessi e sono descritte le modalità per la rettifica del valore dichiarato o del corrispettivo pattuito, agli effetti della liquidazione della maggiore imposta dovuta.

In particolare, il controllo è effettuato:

a) per gli atti che hanno ad oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari, avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell'atto o a quella in cui se ne produce l'effetto traslativo o costitutivo, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni, ovvero al reddito netto di cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato alla detta data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari, nonché ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai comuni;

b) per gli atti che hanno ad oggetto aziende o diritti reali su di esse, avendo riguardo al valore complessivo dei beni che compongono l'azienda, compreso l'avviamento ed esclusi i beni mobili registrati, al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa a norma del codice civile, tranne quelle che l'alienante si sia espressamente impegnato ad estinguere e quelle relative ai suddetti beni mobili. Possono considerarsi anche gli accertamenti compiuti per altre imposte e possono essere eseguiti accessi, ispezioni e verifiche secondo le disposizioni relative all'imposta sul valore aggiunto.

 


Articolo 1, commi 496-498
(Disposizioni in materia di tassazione dei trasferimenti immobiliari)

 


496. In caso di cessioni a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, e di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, all’atto della cessione e su richiesta della parte venditrice resa al notaio, in deroga alla disciplina di cui all’articolo 67, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sulle plusvalenze realizzate si applica un’imposta, sostituiva dell’imposta sul reddito, del 12,50 per cento. A seguito della richiesta, il notaio provvede anche all’applicazione e al versamento dell’imposta sostitutiva della plusvalenza di cui al precedente periodo, ricevendo la provvista dal cedente. Il notaio comunica altresì all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle cessioni di cui al primo periodo, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore della predetta Agenzia.

497. In deroga alla disciplina di cui all’articolo 43 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, per le sole cessioni fra persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all’atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 52, commi 4 e 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell’atto. Gli onorari notarili sono ridotti del 20 per cento.

498. I contribuenti che si avvalgono delle disposizioni di cui ai commi 496 e 497 sono esclusi dai controlli di cui al comma 495 e nei loro confronti non trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 38, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 52, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986.


 

 

I commi da 496 a 498 dell’articolo 1 recano disposizioni dirette ad introdurre agevolazioni fiscali in materia di tassazione dei trasferimenti immobiliari.

 

In particolare, il comma 496 introduce in favore del cedente la facoltà di optare per l’applicazione di un’imposta sostitutiva, in luogo del regime ordinario di tassazione, relativamente alle plusvalenze realizzate:

§      sulle cessioni a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni;

§      sulle cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.

 

Si ricorda che l'articolo 67 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, stabilisce, alla lettera b) del comma 1, che sono redditi diversi – se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente – le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione o donazione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.

Il successivo articolo 68 definisce le plusvalenze ricomprese nelle lettere a) e b) del comma 1 del citato articolo 67 quale differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo d’imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.

Tali plusvalenze contribuiscono pertanto alla determinazione del reddito complessivo e sono assoggettate a tassazione ordinaria.

 

L’aliquota dell’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi (IRPEF o IRE) è stabilita nel 12,5 per cento.

 

Ai sensi dell’articolo 13 del TUIR, l'imposta lorda sui redditi delle persone fisiche è determinata applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili e delle deduzioni, le seguenti aliquote per scaglioni di reddito:

a)    fino a 26.000 euro, 23 per cento;

b)    oltre 26.000 euro e fino a 33.500 euro, 33 per cento;

c)    oltre 33.500 euro, 39 per cento.

Relativamente all’imposta sui redditi delle società, l’aliquota è stabilita dall’articolo 77 del TUIR nel 33 per cento.

 

La disposizione qui illustrata, che costituisce deroga alla disciplina vigente attualmente prevista dal richiamato articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR, prescrive che l'imposta sostitutiva sia applicata, all'atto della cessione, dal notaio su richiesta rivoltagli dalla parte venditrice; il notaio medesimo deve altresì provvedere al versamento dell'imposta, ricevendone la provvista dal cedente.

Il notaio è tenuto inoltre a comunicare all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle cessioni interessate dalla presente norma, secondo le modalità stabilite con provvedimento del Direttore della predetta Agenzia.

 

La procedura alternativa introdotta dal comma 496 introduce quindi un regime fiscale più vantaggioso per il venditore, attraverso l’applicazione di un’imposta sostitutiva del 12,50 per cento sulle plusvalenze realizzate del venditore, anziché l’applicazione del regime ordinario di tassazione con la relativa aliquota marginale.

 

In relazione alla disciplina delle plusvalenze sugli immobili, si segnala che la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 6/E del 13 febbraio 2006, al paragrafo 11, contiene varie precisazioni riferite in particolare all’ambito oggettivo di applicazione (anche con riferimento all’irrilevanza dell'uso effettivo dell'immobile, risultando determinante la categoria catastale), all’applicazione della rivalutazione ISTAT per la determinazione della plusvalenza, alle ipotesi di acquisizione di un’area edificabile per successione o donazione, alla disciplina applicabile a unità immobiliari ricevute nell'ambito di attività d’impresa individuale, al regime delle plusvalenze derivanti dalla cessione di sole pertinenze, nonché all’ipotesi di pluralità di cedenti.

 

Il successivo comma 497 reca una deroga a quanto disposto dall’articolo 43 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, introducendo un’agevolazione fiscale in favore dell’acquirente per quanto riguarda la determinazione della base imponibile ai fini dell’imposta da esso dovuta.

 

Si ricorda che, ai sensi del citato articolo 43 del D.P.R. n. 131 del 1986, la base imponibile, per i contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, è costituita dal valore del bene o del diritto alla data dell'atto ovvero, per gli atti sottoposti a condizione sospensiva, ad approvazione o ad omologazione, alla data in cui si producono i relativi effetti traslativi o costitutivi.

 

In particolare, si dispone che, in luogo del valore di cessione del bene e su richiesta della parte acquirente al notaio, ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, la base imponibile sia costituita dal valore dell’immobile determinato in base ai coefficienti previsti dall’articolo 52, commi 4 e 5, del menzionato D.P.R. n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo dichiarato nell’atto.

 

L'articolo 52, comma 1, del D.P.R. n. 131 del 1986 prevede che l'ufficio del registro, ove ritenga che un immobile abbia un valore venale superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito, provveda a rettificare tale valore e a liquidare la maggiore imposta, con interessi e sanzioni.

Il successivo comma 4 esclude la rettifica del valore dichiarato o del corrispettivo pattuito per gli immobili qualora tale valore sia non inferiore a 100 volte il reddito risultante in catasto, aggiornato con i coefficienti stabiliti per le imposte sul reddito[187].

Il comma 5 prevede che il moltiplicatore 100 possa essere modificato, in caso di sensibili divergenze dai valori di mercato, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

A decorrere dal 1° gennaio 2004, ai soli fini dell’imposta di registro, ipotecarie e catastali, il moltiplicatore 100 è stato rivalutato nella misura del 10% (110%) dall’articolo 2, comma 63, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003).

A decorrere dal 1° agosto 2004, per i beni immobili diversi dalla prima casa di abitazione, ai soli fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, il suddetto moltiplicatore è stato rivalutato nella misura del 20% (120%) dall’articolo 1-bis, comma 7, del D.L. n. 168 del 2004 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 191 del 2004).

 

La descritta agevolazione si applica ove ricorrano le seguenti condizioni:

1)    deve trattarsi di una cessione fra persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, e tale condizione deve valere tanto per il soggetto venditore, quanto per il soggetto acquirente;

2)    deve trattarsi di cessione di immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, con esclusione, pertanto, di edifici industriali, negozi o uffici e terreni.

 

La disposizione introdotta dal comma 497, ribadendo quanto già previsto dalla normativa vigente, va considerata unitamente alla disposizione recata dal precedente comma 496.

Infatti, considerando soltanto il comma 496, mentre il venditore, che determina la plusvalenza sulla base del prezzo effettivo indicato nell’atto, si trova a beneficiare di una agevolazione fiscale, attraverso un’imposta sostitutiva con aliquota (12,50%) inferiore all’aliquota marginale che sarebbe tenuto a pagare (dal 23 al 39%), l’acquirente, a fronte di un prezzo “reale” dell’immobile, avrebbe dovuto versare imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura maggiore rispetto a quanto dovrebbe pagare dichiarando il valore determinato dal moltiplicatore catastale (110% per prima casa, 120% per seconde case, aumentato del 5% di rivalutazione del semplice valore catastale).

Per conseguenza, il comma 497, ferma restando la dichiarazione del valore reale nell’atto, permette all’acquirente di continuare a beneficiare del regime “catastale” agli effetti del pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale.

L’acquirente potrebbe avere comunque convenienza a che nell’atto di compravendita sia indicato il valore “reale” della transazione, in quanto, in caso di successiva alienazione entro i cinque anni, si troverebbe, in qualità di venditore, a dover pagare un’imposta sostitutiva inferiore, in quanto determinata dal prezzo di acquisto e di vendita”effettivi”.

 

Inoltre, poiché l’onorario del notaio verrebbe a far riferimento al valore “reale” dichiarato, e non più a quello “catastale”, l’ultimo periodo del comma 497 interviene in favore dell’acquirente, disponendo in questo caso la riduzione degli onorari notarili nella misura del 20 per cento.

 

La tariffa degli onorari, dei diritti, delle indennità e dei compensi spettanti ai notai è stata, da ultimo, determinata, con il decreto del Ministro della giustizia del 27 novembre 2001.

 

Infine, il comma 498 esime i contribuenti che si avvalgono delle disposizioni dei due commi precedenti dall'assoggettamento ai controlli da parte dell’Agenzia dell’entrate e della Guardia di finanza, previsti dal comma 495 dell’articolo 1 della presente legge (per cui si veda, supra, la relativa scheda), e dispone che a tali soggetti non si applichino neppure le disposizioni dell'articolo 38, comma 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e dell'articolo 52, comma 1, del menzionato D.P.R. n. 131 del 1986.

 

L'articolo 38 del D.P.R. n. 600 del 1973, che reca disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, disciplina le condizioni e le modalità di rettifica delle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche ad opera dell'ufficio delle imposte. Il terzo comma di detto articolo prevede la possibilità di desumere l'incompletezza, la falsità e l'inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione oltre che dalla dichiarazione stessa, anche dal confronto con le dichiarazioni relative ad anni precedenti e dai dati e dalle notizie rese anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.

L'articolo 52, comma 1, del D.P.R. n. 131 del 1986, prevede che l'ufficio del registro, ove ritenga che un immobile abbia un valore venale superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito, provveda a rettificare tale valore e a liquidare la maggiore imposta, con interessi e sanzioni.

 


Articolo 1, commi 499-520
(Programmazione fiscale e
adeguamento dei redditi dei periodi d’imposta precedenti)

 


499. È introdotto a regime, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1º gennaio 2006, l’istituto della programmazione fiscale alla quale possono accedere i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni cui si applicano gli studi di settore o i parametri per il periodo di imposta in corso al 1º gennaio 2004. L’accettazione della programmazione fiscale determina preventivamente, per un triennio, o fino alla chiusura della liquidazione, se di durata inferiore, per le società in liquidazione, la base imponibile caratteristica dell’attività svolta:

a) da assumere ai fini delle imposte sui redditi con una riduzione della imposizione fiscale e contributiva per la base imponibile eccedente quella programmata;

b) da assumere ai fini della imposta regionale sulle attività produttive.

500. Non sono ammessi alla programmazione fiscale i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni:

a) per i quali sussistano cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore o dei parametri per il periodo di imposta in corso al 1º gennaio 2004;

b) che svolgono dal 1º gennaio 2005 una attività diversa da quella esercitata nell’anno 2004;

c) che hanno omesso di dichiarare il reddito derivante dall’attività svolta nel periodo d’imposta in corso al 1º gennaio 2004 o che hanno presentato per tale periodo d’imposta una dichiarazione dei redditi o IRAP con dati insufficienti per l’elaborazione della proposta di cui al comma 501;

d) che hanno omesso di presentare la dichiarazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto per il periodo d’imposta 2004 o che hanno presentato per tale annualità una dichiarazione con dati insufficienti per l’elaborazione della proposta di cui al comma 501;

e) che hanno omesso di comunicare i dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore o dei parametri per il periodo di imposta in corso al 1º gennaio 2004.

501. La proposta individuale di programmazione fiscale è formulata sulla base di elaborazioni operate dall’anagrafe tributaria, tenendo conto delle risultanze dell’applicazione degli studi di settore e dei parametri, dei dati sull’andamento dell’economia nazionale per distinti settori economici di attività, della coerenza dei componenti negativi di reddito e di ogni altra informazione disponibile riferibile al contribuente.

502. La programmazione fiscale si perfeziona, ferma restando la congruità dei ricavi o dei compensi alle risultanze degli studi di settore o dei parametri per ciascun periodo d’imposta, con l’accettazione di importi, proposti al contribuente dall’Agenzia delle entrate, che individuano per un triennio la base imponibile caratteristica dell’attività svolta, esclusi gli eventuali componenti positivi o negativi di reddito di carattere straordinario. La notifica effettuata entro il 31 dicembre 2005 di processi verbali di constatazione con esito positivo, redatti a seguito di attività istruttorie effettuate ai sensi degli articoli 33 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, di avvisi di accertamento o rettifica, nonché di inviti al contraddittorio di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta sul valore aggiunto o dell’IRAP, relativi al periodo d’imposta in corso al 1º gennaio 2004, comporta che la proposta di cui al comma 501 sia formulata dall’ufficio, su iniziativa del contribuente.

503. L’accettazione della proposta di programmazione fiscale è comunicata dal contribuente entro il 16 ottobre 2006; nel medesimo termine la proposta può essere altresì definita in contraddittorio con il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate, anche con l’assistenza degli intermediari di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, esclusivamente nel caso in cui il contribuente sia in grado di documentare la non correttezza dei dati contabili e strutturali presi a base per la formulazione della proposta.

504. Per i periodi d’imposta oggetto di programmazione, relativamente alla base imponibile caratteristica d’impresa o di arti o professioni:

a) sono inibiti i poteri spettanti all’amministrazione finanziaria sulla base delle disposizioni di cui all’articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni;

b) per la parte dichiarata eccedente quella programmata, ferma restando l’aliquota del 23 per cento, quelle marginali applicabili al reddito complessivo ai fini dell’imposta sul reddito, nonché quella applicabile ai fini dell’imposta sul reddito delle società, sono ridotte di 4 punti percentuali;

c) i contributi previdenziali si applicano esclusivamente per la parte programmata, fatto salvo il minimale reddituale previsto ai fini contributivi; restano salve le prerogative degli enti previdenziali di diritto privato, nonché la facoltà di effettuare i versamenti su base volontaria;

d) l’imposta regionale sulle attività produttive si applica esclusivamente per la parte programmata.

505. Per gli stessi periodi d’imposta di cui al comma 504, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto:

a) il contribuente assolve ordinariamente a tutti gli obblighi formali e sostanziali previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e dalle altre disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto;

b) all’ammontare degli eventuali maggiori ricavi o compensi da dichiarare rispetto a quelli risultanti dalle scritture contabili si applica, tenendo conto della esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali, l’aliquota media risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato;

c) sono inibiti i poteri spettanti all’amministrazione finanziaria in base alle disposizioni di cui agli articoli 54, secondo comma, secondo periodo, e 55, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.

506. In caso di divergenza tra gli importi risultanti dalle dichiarazioni e quelli oggetto di programmazione, da comunicare nella dichiarazione presentata ai fini delle imposte sui redditi, l’Agenzia delle entrate procede ad accertamento parziale in ragione del reddito oggetto della programmazione nonché, per l’imposta sul valore aggiunto, in ragione del volume d’affari corrispondente ai ricavi o compensi caratteristici a base della stessa, salve le ipotesi di documentati accadimenti straordinari e imprevedibili; in tale ultima ipotesi trova applicazione il procedimento di accertamento con adesione previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218. La disposizione di cui al presente comma si applica anche nel caso di mancato adeguamento alle risultanze degli studi di settore o dei parametri.

507. L’inibizione dei poteri di cui all’articolo 39, primo comma, lettere a), b), c) e d), primo periodo, e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e all’articolo 55, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e le disposizioni di cui al comma 504, lettere b), c) e d), non operano qualora il reddito dichiarato differisca da quanto effettivamente conseguito, non siano adempiuti gli obblighi sostanziali di cui al comma 505, lettera a), ovvero il contribuente non abbia tenuto regolarmente le scritture contabili ai fini delle imposte sui redditi; operano comunque le disposizioni di cui al comma 504, lettere b), c) e d), qualora il reddito effettivamente conseguito non ecceda di oltre il 10 per cento quello dichiarato. L’inibizione dei poteri di cui ai commi 504, lettera a), e 505, lettera c), e le disposizioni di cui al comma 504, lettere b), c) e d), non operano qualora siano constatate condotte che integrano le fattispecie di cui agli articoli da 2 a 5, 8, 10 e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.

508. Salva l’applicazione del comma 503, nei casi in cui a seguito di controlli e segnalazioni, anche di fonte esterna all’amministrazione finanziaria, emergano dati ed elementi difformi da quelli comunicati dal contribuente, qualora presi a base per la formulazione della proposta, o siano constatate, per il periodo di imposta 2004, condotte che integrano le fattispecie di cui agli articoli da 2 a 5, 8, 10 e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, nei suoi confronti non operano l’inibizione dei poteri di cui ai commi 504, lettera a), e 505, lettera c), nonché le disposizioni di cui al comma 504, lettere b), c) e d). Le disposizioni di cui al presente comma non operano qualora la difformità dei dati ed elementi sia di scarsa entità tale da determinare una variazione degli importi proposti nei limiti del 5 per cento degli stessi, fermi restando la maggiore imposta comunque dovuta nonché i relativi interessi.

509. Nel caso in cui l’attività effettivamente esercitata vari nel corso del triennio, l’istituto della programmazione fiscale cessa di avere effetto dal periodo d’imposta nel corso del quale si è verificata la variazione. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di natura non regolamentare, è possibile individuare le singole categorie di contribuenti nei cui riguardi progressivamente, nel corso del triennio, decorre l’applicazione della programmazione fiscale e, conseguentemente, rideterminare i periodi d’imposta di cui al comma 500, per i contribuenti nei cui confronti la programmazione fiscale opera a decorrere da periodi d’imposta diversi da quello indicato al comma 499. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di natura non regolamentare, sono approvate le note metodologiche per la formulazione della proposta di cui al comma 501. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono definite le modalità di invio delle proposte, anche in via telematica, direttamente al contribuente ovvero per il tramite degli intermediari di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nonché le modalità di adesione.

510. Ai contribuenti destinatari delle proposte di programmazione di cui al comma 499, l’Agenzia delle entrate formula altresì una proposta di adeguamento dei redditi di impresa e di lavoro autonomo, nonché della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, relativi ai periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2003 ed al 31 dicembre 2004, per i quali le dichiarazioni sono state presentate entro il 31 ottobre 2005, sulla base di maggiori ricavi o compensi determinati a seguito di elaborazioni effettuate dall’anagrafe tributaria con i criteri previsti dal comma 501.

511. Agli importi di cui al comma 510 si applica, per le società di capitali che non hanno optato per la trasparenza fiscale di cui agli articoli 115 e 116 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, delle relative addizionali e dell’imposta regionale sulle attività produttive, del 28 per cento e per le altre tipologie di soggetti del 23 per cento.

512. L’accettazione delle proposte di cui al comma 510 comporta il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto determinata applicando all’ammontare dei maggiori ricavi o compensi, tenuto conto della esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali, l’aliquota media risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato.

513. L’adeguamento di cui al comma 510, consentito ai contribuenti che si avvalgono della programmazione fiscale di cui al comma 499, si perfeziona con il versamento, entro il 16 ottobre del primo anno di applicazione dell’istituto previsto dal comma 499, degli importi di cui ai commi 511 e 512. Per ciascun periodo d’imposta, gli importi calcolati a titolo di maggiore ricavo o compenso non possono essere inferiori a 3.000 euro per le società di capitali e 1.500 euro per gli altri soggetti. Sulle maggiori imposte non si applicano sanzioni ed interessi.

514. Qualora gli importi da versare complessivamente per l’adeguamento di cui al comma 510 eccedano la somma di 10.000 euro per le società di capitali e 5.000 euro per gli altri soggetti, il 50 per cento dell’importo eccedente può essere versato entro il successivo 16 dicembre, maggiorato degli interessi legali a decorrere dal giorno successivo alla data di cui al comma 513. L’omesso versamento nei termini indicati nel periodo precedente non determina l’inefficacia della definizione; per il recupero delle somme non corrisposte alle predette scadenze si procede all’iscrizione a ruolo, a titolo definitivo, nonché alla notifica delle relative cartelle entro il 31 dicembre del secondo anno successivo al termine del versamento, ed è dovuta una sanzione pari al 30 per cento delle somme non versate, ridotta alla metà in caso di versamento eseguito entro i trenta giorni successivi alle rispettive scadenze, e gli interessi legali. Non è applicabile l’istituto del ravvedimento di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

515. Il perfezionamento dell’adeguamento di cui al comma 510 rende applicabili le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 4, lettera a), del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.

516. L’accettazione della proposta di adeguamento di cui al comma 510 esclude la rilevanza a qualsiasi effetto delle eventuali perdite risultanti dalla dichiarazione. È pertanto escluso e, comunque, inefficace il riporto a nuovo delle predette perdite. È altresì escluso il riporto al periodo d’imposta successivo del credito d’imposta sul valore aggiunto risultante dalle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta oggetto di definizione, nonché il rimborso risultante dalle medesime dichiarazioni.

517. La notifica effettuata entro il 31 dicembre antecedente il primo anno di applicazione dell’istituto previsto dal comma 499, di processi verbali di constatazione con esito positivo, redatti a seguito di attività istruttorie effettuate ai sensi degli articoli 33 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, di avvisi di accertamento o rettifica, nonché di inviti al contraddittorio di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta sul valore aggiunto ovvero dell’imposta regionale sulle attività produttive, relativi ai periodi d’imposta di cui al comma 510, comporta l’integrale applicabilità delle disposizioni di cui al citato decreto legislativo n. 218 del 1997.

518. Sono esclusi dall’istituto di cui al comma 510 i soggetti:

a) per i quali sussistano cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore o dei parametri per i periodi di imposta di cui al comma 510;

b) che non erano in attività in uno dei periodi di imposta di cui al comma 510;

c) che hanno omesso di dichiarare il reddito derivante dall’attività svolta nei periodi d’imposta oggetto di definizione o che hanno presentato per tali periodi d’imposta una dichiarazione dei redditi ed IRAP con dati insufficienti per l’elaborazione della proposta di cui al comma 510;

d) che hanno omesso di presentare la dichiarazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto per le annualità d’imposta oggetto di definizione o che hanno presentato per tali annualità una dichiarazione con dati insufficienti per l’elaborazione della proposta di cui al comma 510;

e) che hanno omesso di comunicare i dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore o dei parametri per i periodi di imposta di cui al comma 510;

f) nei cui confronti sono state constatate, entro il 31 dicembre antecedente il primo anno di applicazione dell’istituto previsto dal comma 499, per i periodi di imposta di cui al comma 510 e per le annualità di imposta 2003 e 2004 ai fini IVA, condotte che integrano le fattispecie di cui agli articoli da 2 a 5, 8, 10 e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.

519. Sono abrogate le disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 387 a 398, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. I contribuenti che si avvalgono dell’istituto della programmazione fiscale effettuano i versamenti in acconto ai fini delle imposte sui redditi, dell’IVA e dell’IRAP in base alle imposte dovute per il medesimo periodo d’imposta tenendo conto della maggiore base imponibile derivante dalla program­mazione medesima.

520. L’Agenzia delle entrate e il Corpo della Guardia di finanza programmano l’impiego di maggiore capacità operativa per l’attività di contrasto all’evasione nei confronti dei soggetti per i quali non trova applicazione la programmazione fiscale.


 

 

I commi da 499 a 509 dell’articolo 1 introducono l'istituto della programmazione fiscale. La programmazione copre il triennio 2006-2008 e riguarda, con alcune esclusioni, i titolari di redditi d'impresa e di lavoro autonomo nei cui confronti si applicano gli studi di settore o i parametri accertativi. L'Agenzia delle entrate determina preventivamente la base imponibile per il triennio interessato; la proposta può essere accettata dal contribuente entro il 16 ottobre 2006.

Contestualmente alla proposta per la programmazione ne viene presentata anche una per la definizione del biennio 2003-2004, relativamente alle dichiarazioni presentate entro il 31 ottobre 2005 (commi da 510 a 518). Tale proposta di adeguamento è valida ai fini dell'imposta sui redditi (limitatamente ai redditi d’impresa e di lavoro autonomo), dell'IVA e dell'IRAP. Essa prevede l'applicazione di un'imposta sostitutiva sui maggiori ricavi o compensi indicati nella proposta di adeguamento dall'Agenzia delle entrate e il pagamento dell’IVA sui medesimi con l’aliquota media appositamente calcolata.

 

L'istituto della programmazione riprende, con alcune modifiche, quello della pianificazione fiscale concordata, introdotto dall’articolo 1, commi 387-398, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), abrogati dalla presente legge (articolo 1, comma 519). Si tratta, in entrambi i casi, di un meccanismo avente ad oggetto la definizione anticipata dei redditi relativi ad un periodo triennale, destinato a permettere ai soggetti che se avvalgono una pianificazione della variabile fiscale e a garantire all'erario un introito certo per il periodo considerato[188]. Ha invece carattere innovativo la proposta di adeguamento per gli anni precedenti, contestuale alla proposta di programmazione.

Si ricordano inoltre l’istituto del concordato preventivo, previsto con durata triennale dall’articolo 6 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), ma non attuato, e il concordato preventivo biennale[189] introdotto, in forma sperimentale, dall’articolo 33 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

Per quanto riguarda l’applicazione dei due istituti citati, il concordato preventivo biennale ha avuto scarsa diffusione, mentre la pianificazione fiscale non ha avuto attuazione.

 

Programmazione fiscale

Oggetto

L’oggetto della programmazione fiscale consiste, ai sensi del comma 499, nella determinazione preventiva, per un periodo di tre anni, della base imponibile caratteristica dell’attività svolta. Per le società in liquidazione la determinazione preventiva della base imponibile ha effetto fino alla chiusura della liquidazione, anche se questa interviene prima della scadenza del triennio.

In particolare, secondo il comma 502, l’adesione alla programmazione fiscale si perfeziona, ferma restando la congruità dei ricavi o dei compensi alle risultanze degli studi di settore o dei parametri per ciascun periodo d’imposta, con l’accettazione di importi, proposti ad ogni contribuente dall’Agenzia delle entrate, che individuano per un triennio la base imponibile caratteristica dell’attività esercitata, con esclusione degli eventuali componenti positivi o negativi di reddito di carattere straordinario.

Ambito soggettivo di applicazione

Secondo il comma 499, all’istituto della programmazione fiscale possono accedere i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni cui si applicano gli studi di settore[190] o i parametri[191] per il periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2004.

 

I contribuenti ai quali si applicano gli studi di settore sono i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni con ricavi o compensi di importo non superiore al limite fissato per ciascun settore e, comunque, non superiore a 5.164.568,99 euro[192].

I contribuenti ai quali, in mancanza degli studi di settore, si applicano i parametri sono[193]:

§       le imprese minori e gli esercenti arti e professioni in contabilità semplificata;

§       gli esercenti attività d’impresa, arti e professioni in contabilità ordinaria, quando questa risulti inattendibile, secondo quanto previsto dal D.P.R. n. 570 del 1996.

 

Non sono tuttavia ammessi alla programmazione fiscale, ai sensi del comma 500, i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni:

a)      per i quali sussistano cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore o dei parametri per il periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2004;

b)      che svolgono dal 1° gennaio 2005 un’attività diversa da quella esercitata nell’anno 2004;

c)      che hanno omesso di dichiarare il reddito derivante dall’attività svolta nel periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2004 o che hanno presentato per tale periodo una dichiarazione dei redditi o IRAP con dati insufficienti per l’elaborazione della proposta individuale di programmazione;

d)      che hanno omesso di presentare la dichiarazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto per il periodo d’imposta 2004 o che hanno presentato per tale annualità una dichiarazione con dati insufficienti per l’elaborazione della proposta individuale di programmazione;

e)      che hanno omesso di comunicare i dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore o dei parametri per il periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2004.

 

Secondo quanto previsto dal secondo periodo del comma 502, l’eventuale notifica, entro il 31 dicembre 2005, di taluni atti relativi al procedimento di accertamento non determina l’esclusione del contribuente dall’istituto in esame, ma la necessità che sia questi a dover richiedere agli uffici la formulazione di una proposta di programmazione.

Si tratta, in particolare, dei seguenti atti:

·       processi verbali di constatazione con esito positivo redatti a seguito di attività istruttorie effettuate ai sensi dell’articolo 33 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e dell’articolo 52 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633;

Il citato articolo 33 del D.P.R. n. 600 del 1973 disciplina il potere di accesso, ispezione e verifica spettante all’amministrazione finanziaria ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi. L’articolo 52 del D.P.R. n. 633 del 1972 disciplina gli stessi poteri ai fini dell’accertamento dell’IVA;

·       avvisi di accertamento o rettifica;

L’avviso di accertamento è disciplinato, per le imposte sui redditi, dall’articolo 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 e, per l’imposta sul valore aggiunto, dall’articolo 56 del D.P.R. n. 633 del 1972.

inviti al contraddittorio previsti dall’articolo 5 del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218.

Il citato articolo 5 del D.Lgs. n. 218 del 1997 prevede che l’ufficio possa inviare al contribuente un invito a comparire per la definizione dell’accertamento con adesione, indicando i periodi d’imposta suscettibili di accertamento.

 

I suddetti atti devono riguardare le imposte sui redditi, l’IVA o l’IRAP, relativamente al periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2004.

 

Ai sensi del comma 509, le singole categorie di contribuenti, nei cui riguardi trova progressivamente applicazione, nel corso del triennio, la programmazione fiscale, potranno essere individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di natura non regolamentare; con il medesimo decreto possono essere conseguentemente rideterminati i periodi d’imposta rilevanti ai fini di cui al comma 500 (esclusione dall’applicazione dell’istituto), per i contribuenti nei cui confronti la programmazione fiscale opera a decorrere da periodi d’imposta diversi da quello indicato al comma 499 (periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2006).

Modalità di applicazione

La programmazione fiscale è un istituto che si perfeziona con il consenso del contribuente, ove questi accetti la proposta di definizione della base imponibile avanzata dall’Amministrazione finanziaria.

Tale proposta, secondo il comma 501, è formulata al singolo contribuente sulla base di elaborazioni operate dall’anagrafe tributaria che devono tenere conto:

a)      delle risultanze dell’applicazione degli studi di settore e dei parametri;

b)      dei dati sull’andamento dell’economia nazionale per distinti settori economici di attività;

c)      della coerenza dei componenti negativi di reddito;

d)      di ogni altra informazione disponibile, riferibile al contribuente.

Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di natura non regolamentare, sono approvate le note metodologiche per la formulazione della proposta individuale (comma 509, terzo periodo).

Ai sensi del comma 503, il contribuente che voglia accettare la proposta deve comunicare l’adesione entro il 16 ottobre 2006.

Con riguardo alla natura giuridica dell’istituto, desumibile anche dalle concrete modalità di perfezionamento, si può ricordare come – con riferimento all’accertamento con adesione del contribuente, previsto dal D.Lgs. n. 218 del 1997 – l’alternativa che si era presentata alla dottrina consistesse nel considerare tale istituto come un atto unilaterale di accertamento posto in essere dall’amministrazione finanziaria, cui successivamente dà la propria adesione il contribuente destinatario dell’atto stesso, ovvero come un atto bilaterale a carattere transattivo.

Nel medesimo termine, tuttavia, la proposta può essere anche definita in contraddittorio con il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate; a tal fine è prevista la possibilità di assistenza da parte degli intermediari indicati all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del regolamento emanato con D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, relativo alle modalità di presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'IRAP e all'IVA.

Gli intermediari di cui alle sopra citate disposizioni sono (articolo 3, comma 3):

-       gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;

-       i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;

-       le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori indicate nell'articolo 32, comma 1, lettere a), b) e c), del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;

-       i centri di assistenza fiscale (CAF) per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;

-       gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze[194].

Inoltre, per i soggetti appartenenti ad un gruppo[195], possono svolgere il ruolo di intermediari le società ed enti appartenenti allo stesso gruppo, i quali rientrino in una delle seguenti categorie (articolo 3, comma 2-bis):

-       soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione IVA, con esclusione delle persone fisiche che hanno realizzato, nel periodo indicato, un volume di affari inferiore o eguale ad euro 10.000;

-       soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta;

-       soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, ossia: società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione; enti pubblici e privati, diversi dalle società, aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, tutti residenti nel territorio dello Stato;

-       soggetti tenuti alla presentazione del modello per la comunicazione dei dati relativi all’applicazione degli studi di settore.

La definizione in contraddittorio può aversi esclusivamente nel caso in cui il contribuente sia in grado di documentare la non correttezza dei dati contabili e strutturali presi a base per la formulazione della proposta.

Secondo il quarto periodo del comma 509, le modalità di invio delle proposte, anche in via telematica, direttamente al contribuente ovvero per il tramite degli intermediari indicati dai sopra citati commi 2-bis e 3 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998, nonché le modalità di adesione, saranno definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

Effetti derivanti dall’adesione

L’adesione alla programmazione fiscale determina innanzitutto in via preventiva, per un triennio, la base imponibile caratteristica dell’attività svolta, comportando, nel contempo, la riduzione dell’imposizione fiscale e contributiva per gli importi eccedenti la base imponibile programmata. Secondo il comma 509, nel caso in cui l’attività effettivamente esercitata varii nel corso del triennio, l’istituto della programmazione cessa di avere effetto dal periodo d’imposta nel corso del quale si è verificata la variazione.

 

Nel dettaglio, il comma 504 stabilisce che per i periodi d’imposta oggetto di programmazione, relativamente al reddito caratteristico d’impresa o di arti o professioni:

 

a)  sono inibiti i poteri di rettifica, sulla base delle scritture contabili, del reddito d’impresa dichiarato, spettanti all’amministrazione finanziaria ai sensi dell’articolo 39 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, il quale disciplina l’accertamento analitico, analitico-induttivo e induttivo;

Ai sensi del richiamato articolo 39 del D.P.R. n. 600 del 1973, per i redditi d'impresa delle persone fisiche l'ufficio procede alla rettifica:

a)       se gli elementi indicati nella dichiarazione non corrispondono a quelli del bilancio, del conto dei profitti e delle perdite e dell'eventuale prospetto di cui al comma 2 dell'articolo 3 dello stesso decreto;

b)      se non sono state esattamente applicate le disposizioni del titolo V del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597[196];

c)       se l'incompletezza, la falsità e l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta in modo certo e diretto dai verbali e dai questionari di cui ai numeri 2) e 4) dell'articolo 32, primo comma, dello stesso decreto, dagli atti, documenti e registri esibiti o trasmessi ai sensi del numero 3) del primo comma del medesimo articolo, dalle dichiarazioni di altri soggetti previste negli articoli 6 e 7 dello stesso decreto, dai verbali relativi a ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti o da altri atti e documenti in possesso dell'ufficio;

d)       se l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall'ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all'articolo 33 dello stesso decreto ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all'impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall'ufficio nei modi previsti dall'articolo 32 del medesimo decreto. L'esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.

In deroga alle disposizioni precedenti, l'ufficio delle imposte determina il reddito d'impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla precedente lettera d):

a)       quando il reddito d'impresa non è stato indicato nella dichiarazione;

b)      quando dal verbale di ispezione redatto ai sensi dell'articolo 33 dello stesso decreto risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all'ispezione una o più scritture contabili prescritte dall'articolo 14 del medesimo decreto, ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore;

c)       quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ai sensi del primo comma del citato articolo 39 ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica. Le scritture ausiliarie di magazzino non si considerano irregolari se gli errori e le omissioni sono contenuti entro i normali limiti di tolleranza delle quantità annotate nel carico o nello scarico e dei costi specifici imputati nelle schede di lavorazione ai sensi della lettera d) del primo comma dell'articolo 14 del medesimo decreto;

d)       quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell'articolo 32, primo comma, numeri 3) e 4), del D.P.R. n. 600 del 1973 o dell'articolo 51, secondo comma, numeri 3) e 4), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

Le disposizioni sopra illustrate valgono, in quanto applicabili, anche per i redditi delle imprese minori e per quelli derivanti dall'esercizio di arti e professioni, con riferimento alle scritture contabili rispettivamente indicate negli articoli 18 e 19 del D.P.R. n. 600 del 1973. Il reddito d'impresa dei soggetti indicati nel quarto comma dell'articolo 18 dello stesso decreto, che non hanno provveduto agli adempimenti contabili previsti dai primi tre commi dello stesso articolo, è determinato in ogni caso ai sensi del secondo comma del citato articolo 39.

L’effetto preclusivo dei poteri di accertamento degli uffici finanziari riguarda esclusivamente la base imponibile caratteristica dei redditi di impresa e di lavoro autonomo. Ne consegue che la limitazione dei poteri di accertamento non si riferisce agli eventuali componenti di reddito straordinari e che, nei confronti delle persone fisiche, l’amministrazione potrà continuare ad avvalersi dei poteri di rettifica del reddito complessivo di cui all’articolo 38 dello stesso D.P.R. n. 600 del 1973 (accertamento sintetico).

Permane inoltre la potestà di controllo (poteri di accesso, ispezione, verifica e controlli bancari) di cui agli articoli 32 e 33 del citato D.P.R. n. 600 del 1973, per le imposte sui redditi, e agli articoli 51, 52 e 63 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per l’IVA.

b)sulla parte di reddito eccedente quella programmata, le aliquote applicabili al reddito complessivo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società (IRES) sono ridotte di 4 punti percentuali.

È espressamente esclusa la riduzione dell’aliquota del 23 per cento dell’IRPEF, applicabile al primo scaglione di reddito.

c)  i contributi previdenziali si applicano esclusivamente per la parte di base imponibile programmata.

Sono fatti salvi:

-       il minimale reddituale previsto ai fini contributivi;

-       le prerogative degli enti previdenziali di diritto privato, i quali dovranno decidere autonomamente se concedere ai propri iscritti l’esonero, totale o parziale, dal versamento contributivo sulla parte eccedente la base imponibile programmata;

-       la facoltà di effettuare versamenti su base volontaria.

d)l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) si applica esclusivamente per la parte di base imponibile programmata[197].

 

Ai sensi del comma 505, per i periodi d’imposta oggetto di programmazione, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (IVA):

a)   il contribuente assolve ordinariamente a tutti gli obblighi formali e sostanziali previsti dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e dalle altre disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto;

b)   all’ammontare degli eventuali maggiori ricavi o compensi da dichiarare rispetto a quelli risultanti dalle scritture contabili si applica, tenendo conto dell’esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali, l’aliquota media risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato;

c)   sono inibiti i poteri spettanti all’amministrazione finanziaria in base alle disposizioni di cui agli articoli 54, secondo comma, secondo periodo, e 55, secondo comma, del citato D.P.R. n. 633 del 1972, e successive modificazioni.

L’articolo 54 del D.P.R. n. 633 del 1972 stabilisce, in tema di rettifica delle dichiarazioni, che l'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto procede alla rettifica della dichiarazione annuale presentata dal contribuente quando ritiene che ne risulti un’imposta inferiore a quella dovuta ovvero un’eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante.

Il secondo comma di tale articolo stabilisce che l'infedeltà della dichiarazione, qualora non emerga o direttamente dal contenuto di essa o dal confronto con gli elementi di calcolo delle liquidazioni di cui agli articoli 27 e 33 dello stesso decreto e con le precedenti dichiarazioni annuali, dev’essere accertata mediante il confronto tra gli elementi indicati nella dichiarazione e quelli annotati nei registri di cui agli articoli 23, 24 e 25 e mediante il controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni sulla scorta delle fatture e altri documenti, delle risultanze di altre scritture contabili e degli altri dati e notizie raccolti nei modi previsti negli articoli 51 e 51-bis. In particolare, il secondo periodo del secondo comma dispone che le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte da tali risultanze, dati e notizie, a norma dell'articolo 53 del medesimo decreto, o anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.

L’articolo 55 del D.P.R. n. 633 del 1972, recante norme in tema di accertamento induttivo, stabilisce che, se il contribuente non ha presentato la dichiarazione annuale, l'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto può procedere in ogni caso all'accertamento dell'imposta dovuta, indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità. In tal caso l'ammontare imponibile complessivo e l'aliquota applicabile sono determinati induttivamente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell'ufficio e sono computati in detrazione soltanto i versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente e le imposte detraibili ai sensi dell'articolo 19 del dello stesso decreto, risultanti dalle liquidazioni prescritte dagli articoli 27 e 33 del medesimo decreto.

Il secondo comma dell’articolo 55 elenca una serie di ipotesi per le quali è previsto l’esperimento dell’accertamento induttivo, pur in presenza della dichiarazione annuale. Diversamente dalla disciplina dettata per la pianificazione fiscale dalla legge n. 311 del 2004, la quale [articolo 1, comma 394, lettera c)] inibiva gli accertamenti induttivi solo quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni o annotazioni accertate, ai sensi dell’articolo 54 dello stesso decreto, ovvero le irregolarità formali dei registri e delle altre scritture contabili risultanti dal verbale d’ispezione, fossero così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile la contabilità del contribuente, la programmazione fiscale introdotta dalla presente legge prevede la preclusione totale degli accertamenti induttivi.

 

Per il caso di divergenza tra gli importi risultanti dalle dichiarazioni e quelli oggetto di programmazione ovvero di mancato adeguamento agli studi di settore o ai parametri, da comunicare nella dichiarazione presentata ai fini dell’imposta sul reddito, il comma 506 prevede che l’Agenzia delle entrate proceda ad accertamento parziale in ragione del reddito oggetto della programmazione nonché, per l’imposta sul valore aggiunto, in ragione del volume d’affari corrispondente ai ricavi o compensi caratteristici a base della stessa.

Sono comunque fatti salvi i casi di accadimenti straordinari e imprevedibili debitamente documentati, trovando applicazione, in queste ipotesi, il procedimento di accertamento con adesione, previsto dal D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218.

Il decreto legislativo n. 218 del 1997 reca disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale, con riguardo alle imposte dirette, all’imposta sul valore aggiunto e alle altre imposte indirette.

Decadenza dai benefìci

I commi 507 e 508 disciplinano le conseguenze di una serie di comportamenti tenuti dal contribuente sull’applicazione della programmazione fiscale.

Da una lettura sistematica delle due disposizioni si ricava che il comma 507 disciplina la decadenza dai benefìci per il solo anno al quale si riferiscono i comportamenti del contribuente, mentre il successivo comma 508 prevede la decadenza dalla programmazione per l’intero triennio, in quanto dai comportamenti elencati in tale comma consegue che la proposta dell’amministrazione finanziaria è stata elaborata su dati erronei.

 

Il primo periodo del comma 507 prevede che, in presenza anche di una sola delle seguenti circostanze:

§      il reddito dichiarato dal contribuente differisce da quello effettivamente conseguito;

§      il contribuente non ha adempiuto agli obblighi sostanziali in materia di IVA, previsti dal D.P.R. n. 633 del 1972 e dalle altre disposizioni in materia;

§      il contribuente non ha tenuto regolarmente le scritture contabili ai fini delle imposte sui redditi,

si producano le seguenti conseguenze:

§      viene meno l’inibizione dei poteri di cui all’articolo 39, primo comma, lettere a), b), c) e d), primo periodo, e secondo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973;

Il comma 504, lettera a), del presente articolo 1, prevede, come conseguenza della programmazione fiscale, l’inibizione dei poteri attribuiti all’amministrazione finanziaria ai sensi del citato articolo 39 (per il cui contenuto si rinvia all’illustrazione del comma 504 nel precedente paragrafo: Effetti derivanti dall’adesione). Poiché il comma 507 si riferisce solo a parte di tale articolo 39, ne consegue che resta in ogni caso ferma l’inibizione del potere dell’amministrazione finanziaria di desumere, anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, l’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate (articolo 39 cit., primo comma, lettera d), secondo periodo: accertamento analitico-induttivo).

§      viene meno l’inibizione dei poteri di cui all’articolo 55, secondo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972;

L’inibizione, come conseguenza della programmazione fiscale, dei poteri di cui al citato articolo 55, secondo comma, è disposta dal comma 505, lettera c), del presente articolo 1 (se ne veda il commento nel precedente paragrafo: Effetti derivanti dall’adesione). La suddetta lettera c) prevede inoltre l’inibizione dei poteri indicati all’articolo 54, secondo comma, secondo periodo, dello stesso D.P.R. n. 633 del 1972, in base al quale le omissioni e le false o inesatte indicazioni delle dichiarazioni IVA possono essere indirettamente desunte, secondo le modalità contenute nello stesso articolo. L’inibizione di questo potere resta ferma anche in presenza delle circostanze di cui al presente comma 507.

§      è preclusa l’applicazione delle disposizioni agevolative indicate al comma 504, lettere b), c) e d), del presente articolo 1. Tale preclusione non opera quando il reddito effettivamente percepito non ecceda di oltre il 10 per cento quello dichiarato.

 

Il secondo periodo del comma 507 prevede conseguenze ancora più gravi qualora siano constatate condotte che integrano le fattispecie di reato di cui ai seguenti articoli del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, recante Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto:

§      articolo 2: dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;

§      articolo 3: dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici;

§      articolo 4: dichiarazione infedele;

§      articolo 5: omessa dichiarazione;

§      articolo 8: emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;

§      articolo 10: occultamento o distruzione di documenti contabili;

§      articolo 11: sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.

La norma non richiede, per la produzione dei suoi effetti, che il contribuente sia stato condannato per uno di questi reati, né che sia stato rinviato a giudizio. È sufficiente che al contribuente stesso sia stato notificato un processo verbale di constatazione.

La maggiore gravità delle conseguenze consiste nell’inoperatività dell’inibizione di tutti i poteri indicati ai commi 504, lettera a), e 505, lettera c), del presente articolo 1. Anche in questo caso è inoltre prevista l’inapplicabilità delle disposizioni agevolative previste dal comma 504, lettere b), c) e d).

Il comma 508, fatta salva l’applicazione del comma 503, il quale disciplina la possibilità di attivare il contraddittorio per assicurare la veridicità di dati ed elementi, prevede che l’inibizione dei poteri indicati ai commi 504, lettera a), e 505, lettera c), nonché l’applicazione delle disposizioni agevolative previste dal comma 504, lettere b), c) e d), non operano nei confronti dei contribuenti per i quali:

§      a seguito di controlli e segnalazioni, anche di fonte esterna all’amministrazione finanziaria, emergano dati ed elementi difformi da quelli comunicati dal contribuente stesso, ove questi ultimi siano stati presi a base per la formulazione della proposta di programmazione;

§      siano constatate, per il periodo d’imposta 2004, condotte che integrano le fattispecie di reato di cui ai già ricordati articoli da 2 a 5, 8, 10 e 11 del D.Lgs. n. 74 del 2000.

L’inibizione dei poteri e l’inapplicabilità delle disposizioni agevolative sopra ricordate non operano qualora la difformità dei dati ed elementi sia di scarsa entità, determinando una variazione degli importi proposti entro il limite del 5 per cento degli stessi. Il contribuente è comunque tenuto, anche in questi casi, a versare la maggiore imposta dovuta e i relativi interessi.

Disposizioni finali

Il primo periodo del comma 519 dispone l’abrogazione dei commi da 387 a 398 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), i quali disciplinano il già ricordato istituto dalla pianificazione fiscale concordata.

Il secondo periodo dello stesso comma stabilisce che i versamenti in acconto ai fini delle imposte sui redditi, dell’IVA e dell’IRAP dovranno essere effettuati dai contribuenti che aderiscono alla programmazione fiscale tenendo conto della maggiore base imponibile derivante dall’applicazione della programmazione stessa.

A tal proposito si segnala che, nella seduta della Commissione VI (Finanze) della Camera del 25 gennaio 2006, il sottosegretario di Stato per l’economia e le finanze Molgora, rispondendo all’interrogazione Patria n. 5-05122, ha chiarito che la presente norma, per il primo anno di applicazione della programmazione fiscale, si riferisce esclusivamente agli acconti da versare successivamente al 16 ottobre 2006[198], termine entro il quale il contribuente ha facoltà di accettare la proposta di programmazione.

 

Il comma 520 prescrive infine all’Agenzia delle entrate e alla Guardia di finanza di programmare l’impiego di maggiore capacità operativa per l’attività di contrasto dell’evasione fiscale nei confronti dei soggetti per i quali non trova applicazione la programmazione fiscale.

Adeguamento dei redditi dei periodi d’imposta precedenti

Oggetto

Il comma 510 introduce la possibilità di adeguare i redditi d’impresa e di lavoro autonomo e la base imponibile IRAP sulla base dei maggiori ricavi o compensi che dovessero risultare determinati a seguito di elaborazioni effettuate dall’anagrafe tributaria in sede di formulazione della proposta individuale di programmazione fiscale, ai sensi del precedente comma 501.

L’adeguamento si riferisce ai redditi e alla base imponibile IRAP relativi ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2003 e al 31 dicembre 2004, per i quali le dichiarazioni sono state presentate entro il 31 dicembre 2005.

 

L’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 6/E del 13 febbraio 2006, par. 3.1, ha chiarito che il contribuente può avvalersi dell’adeguamento in esame anche per uno solo dei due periodi d’imposta sopra indicati.

Ambito soggettivo di applicazione

Ai sensi del comma 510, la proposta di adeguamento viene formulata ai contribuenti destinatari delle proposte di programmazione di cui al comma 499 del presente articolo 1. All’interno di quest’ambito, l’adeguamento è consentito esclusivamente ai contribuenti che aderiscono alla proposta di programmazione fiscale (comma 513).

Il comma 518 elenca i soggetti che sono esclusi dall’adeguamento:

a)   soggetti per i quali sussistano cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore o dei parametri per i periodi d’imposta indicati al comma 510;

Per l’individuazione di tali cause si rinvia al commento del precedente comma 499 del presente articolo.

b)   soggetti che non erano in attività in uno dei periodi d’imposta indicati al comma 510;

c)   soggetti che hanno omesso di dichiarare il reddito derivante dall’attività svolta nei periodi d'imposta oggetto di definizione o che hanno presentato, per tali periodi d’imposta, una dichiarazione dei redditi e IRAP con dati insufficienti per l’elaborazione della proposta di adeguamento;

d)   soggetti che hanno omesso di presentare la dichiarazione ai fini IVA per le annualità d'imposta oggetto di definizione o che hanno presentato per tali annualità una dichiarazione con dati insufficienti per l’elaborazione della proposta di adeguamento;

e)   soggetti che hanno omesso di comunicare i dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore o dei parametri per i periodi d’imposta indicati al comma 510;

f)     soggetti nei cui confronti sono state constatate, entro il 31 dicembre antecedente il primo anno di applicazione della programmazione fiscale, per i periodi d’imposta indicati al comma 510 e per le annualità d’imposta 2003 e 2004 ai fini IVA, condotte che integrano le fattispecie di reato previste agli articoli da 2 a 5, 8, 10 e 11 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74

 

Per l’individuazione di tali fattispecie si rinvia al commento del precedente comma 507 del presente articolo.

 

Il comma 517 (analogamente a quanto previsto dal comma 502 a proposito della programmazione fiscale) stabilisce l’integrale applicabilità delle disposizioni del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, recante disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale, nei casi in cui, entro il 31 dicembre antecedente il primo anno di applicazione della programmazione fiscale, siano stati notificati al contribuente:

§      processi verbali di constatazione con esito positivo redatti a seguito di attività istruttorie effettuate ai sensi dell’articolo 33 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e dell’articolo 52 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633;

Il citato articolo 33 del D.P.R. n. 600 del 1973 disciplina il potere di accesso, ispezione e verifica spettante all’amministrazione finanziaria ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi. L’articolo 52 del D.P.R. n. 633 del 1972 disciplina gli stessi poteri ai fini dell’accertamento dell’IVA;

§      avvisi di accertamento o rettifica;

L’avviso di accertamento è disciplinato, per le imposte sui redditi, dall’articolo 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 e, per l’imposta sul valore aggiunto, dall’articolo 56 del D.P.R. n. 633 del 1972.

§      inviti al contraddittorio previsti dall’articolo 5 del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218.

Il citato articolo 5 del D.Lgs. n. 218 del 1997 prevede che l’ufficio possa inviare al contribuente un invito a comparire ai fini della definizione dell’accertamento con adesione, indicando i periodi di imposta suscettibili di accertamento.

 

I suddetti atti devono riguardare le imposte sui redditi, l’IVA o l’IRAP, relativamente ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2003 e al 31 dicembre 2004.

Secondo quanto chiarito dell’Agenzia delle entrate nella citata circolare n. 6/E del 13 febbraio 2006, la notifica degli atti sopra menzionati non è di per sé causa ostativa all’adeguamento, e il richiamo alle disposizioni del D.Lgs. n. 218 del 1997 deve intendersi nel senso che, qualora il contribuente ritenga di aderire alla proposta di adeguamento anche per lo stesso periodo d'imposta oggetto di uno di tali atti, dovrà preliminarmente definire l'atto notificato.

Effetti dell’adeguamento

Il comma 511 prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, delle relative addizionali e dell’IRAP con l’aliquota del 28 per cento per le società di capitali che non abbiano optato per la trasparenza fiscale, di cui agli articoli 115 e 116 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917[199], e con l’aliquota del 23 per cento per gli altri soggetti interessati. L’imposta sostitutiva si applica ai maggiori importi determinati ai sensi del comma 510.

L’accettazione della proposta di adeguamento comporta inoltre il pagamento dell’IVA nella misura determinata applicando all’ammontare dei maggiori ricavi o compensi, come sopra definiti, tenuto conto della esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali, l’aliquota media risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato (comma 512).

Questa previsione è analoga a quella del precedente comma 505, lettera b), concernente l’IVA applicabile sugli eventuali maggiori ricavi e compensi da dichiarare, rispetto a quelli risultanti dalla scritture contabili.

 

In caso di adeguamento si applica l’articolo 2, comma 4, lettera a), del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218. Pertanto, l’esercizio dell’azione accertatrice da parte dell’amministrazione finanziaria – con riferimento sia alle imposte sui redditi sia all’IVA e fermi restando i limiti temporali entro i quali è ammesso l’esercizio di tale azione – è consentito qualora sopravvenga la conoscenza di nuovi elementi, in base ai quali sia possibile accertare un maggior reddito, superiore al 50 per cento del reddito definito e comunque non inferiore a 150 milioni di lire (pari a 77.468,53 euro)[200] (comma 515).

La limitazione alla sola lettera a) del richiamo al citato articolo 2, comma 4, del D.Lgs. n. 218 del 1997, comporta l’inapplicabilità delle altre previsioni del citato comma 2, in base alle quali l’accertamento è comunque possibile:

-       se la definizione riguarda accertamenti parziali (lettera b);

-       se l’accertamento riguarda i redditi derivanti da partecipazione nelle società o nelle associazioni indicate nell'articolo 5 del TUIR (società di persone), ovvero in aziende coniugali non gestite in forma societaria (lettera c);

-       se l'azione accertatrice è esercitata nei confronti degli enti di cui alla lettera precedente, ai quali partecipa il contribuente nei cui riguardi è intervenuto l’accertamento (lettera d).

 

Il comma 516 stabilisce che l’accettazione della proposta di adeguamento comporta:

con riferimento alle imposte sui redditi e all’IRES: l’irrilevanza, a qualsiasi effetto, delle perdite eventualmente risultanti dalla dichiarazione e l’impossibilità di riportare a nuovo tali perdite;

con riferimento all’IVA: l’impossibilità di riportare al periodo d’imposta successivo a quello oggetto di adeguamento il credito IVA risultante dalle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta oggetto di definizione e l’impossibilità di chiedere il rimborso di tale credito.

 

L’Agenzia delle entrate, nella già citata circolare n. 6/E del 2006, ha chiarito che il presente comma 516 si riferisce anche alle perdite esposte nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta oggetto di adeguamento, ma riportate da periodi d’imposta precedenti.

Modalità di applicazione

L’adeguamento si perfeziona con il versamento degli importi definiti in base ai commi 511 e 512. Tale versamento deve essere effettuato entro il 16 ottobre del primo anno di applicazione della programmazione fiscale. Gli importi calcolati non possono essere inferiori a 3.000 euro per le società di capitali e a 1.500 euro per gli altri soggetti. Sulle maggiori imposte dovute a seguito dell’adeguamento non si applicano sanzioni e interessi (comma 513).

È ammesso (comma 514) il versamento rateale qualora gli importi complessivamente da versare eccedano il limite di 10.000 euro per le società di capitali e di 5.000 euro per gli altri soggetti. In tal caso il contribuente deve versare, entro la suddetta data del 16 ottobre, il 50 per cento di quanto dovuto e, entro il successivo 16 dicembre, il restante 50 per cento, maggiorato degli interessi legali[201] a decorrere dal 17 ottobre.

Il mancato versamento della seconda rata entro il termine previsto non determina l’inefficacia dell’adeguamento. Per il recupero delle somme non versate si procede all'iscrizione a ruolo, a titolo definitivo, e alla notifica delle cartelle entro il 31 dicembre del secondo anno successivo alla scadenza del termine del versamento[202], con una sanzione pari al 30 per cento delle somme non versate, ridotta della metà qualora il versamento avvenga entro trenta giorni successivi alla scadenza del 16 dicembre. Sono dovuti gli interessi legali, mentre non è applicabile l'istituto del ravvedimento di cui all’articolo 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, recante Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie.

 

Il citato articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997 prevede la riduzione delle sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie nei casi in cui il contribuente provveda, entro termini stabiliti, a regolarizzare la propria posizione, rimediando alle inadempienze commesse. La riduzione opera a condizione che la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore della violazione, o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza.

 


Articolo 1, comma 521
(Aumento del coefficiente di ammortamento per avviamento)

 

521. All’articolo 103, comma 3, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dall’articolo 5-bis, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, le parole: «un ventesimo» sono sostituite dalle seguenti: «un diciottesimo».

 

 

Il comma 521 dell’articolo 1 riduce il periodo di ammortamento delle spese relative all’avviamento iscritte in bilancio.

In particolare, la disposizione aumenta da un ventesimo a un diciottesimo dell'onere complessivo la quota massima di ammortamento deducibile a fini fiscali relativa alla voce: "avviamento".

 

L’avviamento è il costo sostenuto per l’acquisto di una azienda già operante nel mercato, ed è determinato dall’eccedenza del costo di acquisto sostenuto rispetto al valore corrente dei beni e degli altri elementi del patrimonio acquisiti. Esso rappresenta l’onere sostenuto per una utilità differita nel tempo, che garantisce benefici economici anche negli esercizi successivi a quello dell’acquisto ed è iscritto in bilancio nell’attivo dello stato patrimoniale tra le immobilizzazioni immateriali.

L’ammortamento è una procedura attraverso la quale il costo sostenuto per l’acquisto o la produzione di un bene o onere pluriennale viene ripartito, da un punto di vista della competenza fiscale, in più esercizi.

 

Sulla materia era già intervenuto l’articolo 5-bis, comma 1, del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, che tuttavia aveva prolungato il periodo di ammortamento delle spese relative all’avviamento: era stato infatti modificato l’articolo 103 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, raddoppiando – dai precedenti dieci a venti anni – la durata del periodo di ammortamento delle spese relative all’avviamento iscritte in bilancio.

 

L’articolo 103 del TUIR reca disposizioni circa l’ammortamento dei beni immateriali. In particolare, ai sensi del comma 3, le quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell'attivo del bilancio sono deducibili in misura non superiore a un ventesimo del valore stesso (in precedenza erano pari ad un decimo)

 

A differenza di quanto disciplinato per gli altri beni e oneri pluriennali, il valore dell’avviamento che deve essere ammortizzato è quello iscritto in bilancio[203] . Ciò in quanto, come già ricordato, deriva dall’acquisto di un complesso aziendale già operante e, pertanto, comprensivo anche di un patrimonio tangibile. Il valore dell’avviamento iscritto in bilancio è il risultato di una valutazione effettuata dagli amministratori, in base alla quale il costo complessivamente sostenuto viene ripartito tra il valore del patrimonio trasferito e quello dell’avviamento.

In proposito, appare opportuno ricordare che il decreto legislativo n. 38 del 2005[204] ha previsto, per le società con determinati requisiti, la possibilità di optare per l’adozione dei princìpi contabili internazionali, assumendo questi come sistema contabile di riferimento per la redazione del bilancio d’esercizio, purché ciò avvenga in condizione di neutralità fiscale. In particolare, l’articolo 5 del citato decreto legislativo prevede la possibilità di eliminare dall’attivo patrimoniale i costi iscritti e non più capitalizzabili, pur restando ferma la deducibilità in base ai criteri applicabili negli esercizi precedenti. In sostanza, dunque, sarebbe possibile eliminare dall’attivo patrimoniale il valore dell’avviamento purché, ai fini fiscali, rimanga invariato il valore fiscalmente riconosciuto all’avviamento stesso.

 

Come detto, il presente comma modifica nuovamente l’articolo 103 del TUIR, aumentando da un ventesimo a un diciottesimo dell'onere complessivo la quota massima di ammortamento deducibile a fini fiscali e relativa alla voce "avviamento". Ciò comporta che l’onere sostenuto per l’avviamento rimane, in ogni caso, interamente deducibile, ma il periodo di tempo necessario per procedere all’ammortamento dell’intero costo viene ora ridotto da venti a diciotto anni.

La disposizione, oltre a comportare effetti sull’imponibile ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche e dell’imposta sul reddito delle società, produce effetti anche relativamente alle addizionali regionali e comunali sull’IRPEF e all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

 

La disposizione, entrata in vigore il 1° gennaio 2006, non ìndica da quale periodo d’imposta debba trovare applicazione la nuova disciplina da essa introdotta, laddove la modificazione precedentemente recata dal decreto-legge n. 203 del 2005 doveva applicarsi a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 3 dicembre 2005 (data di entrata in vigore della legge di conversione).

A questo riguardo, nella seduta della Commissione finanze della Camera del 18 gennaio 2006[205], il Governo, rispondendo all’interrogazione a risposta immediata Leo n. 5-05099, ha precisato che la nuova misura di deducibilità dell'avviamento, introdotta dalla legge finanziaria per il 2006, si applica a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 203 del 2005 (ossia, come detto, dal 3 dicembre 2005).

 

A sostegno di ciò è richiamato il letterale tenore dell'articolo 4 del decreto-legge n. 203 del 2005, il quale prevede che «in anticipazione del disegno di perequazione delle basi imponibili contenuto nella legge finanziaria per l'anno 2006, operano le disposizioni del presente titolo». Da ciò – ad avviso dell’amministrazione finanziaria – emergerebbe la volontà del legislatore di far operare immediatamente norme destinate a trovare spazio nella legge finanziaria, risultando pertanto coerente far decorrere la modifica, da quest’ultima introdotta, dalla stessa data in cui avrebbe operato la disposizione anticipatrice. In sostanza, la legge finanziaria per il 2006 ha rettificato la durata minima del periodo di ammortamento dell'avviamento, cosi come modificato dalla norma del citato decreto-legge (espressamente richiamato nel presente comma 521), con la stessa efficacia temporale di quest’ultimo.

Negli stessi termini l’interpretazione è espressa nella circolare dell’Agenzia delle entrate n. 6/E del 13 febbraio 2006, par. 7.1.

 

Pertanto, l’aliquota di ammortamento applicabile per il periodo d’imposta in corso al 3 dicembre 2005 sarà quella del 5,56 per cento, corrispondente al periodo minimo di deduzione del valore dell'avviamento stabilito in diciotto anni.

 

Il Governo ha altresì chiarito nella medesima circostanza che la modifica normativa introdotta dalla legge finanziaria per il 2006, per espressa previsione del comma 2 dell'articolo 5-bis del decreto-legge n. 203 del 2005, si applica anche alle residue quote di ammortamento del costo sostenuto per l'avviamento in periodi d'imposta precedenti al 2005 e non ancora completamente ammortizzato, Pertanto, i contribuenti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare (a partire dall'esercizio 2005) dovranno determinare le quote di ammortamento del valore dell'avviamento nel rispetto dei nuovi limiti massimi, applicando al costo originario la nuova percentuale (5,56 per cento), senza rideterminare le quote di ammortamento in un lasso temporale di diciotto esercizi.

 


Articolo 1, comma 522
(Modifica al D.L. n. 203/2005, art. 11-quater, co. 2, ammortamento beni imprese settore energetico)

 

522. Nell’articolo 11-quater, comma 2, alinea, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e riducendo il risultato del 20 per cento».

 

 

Il comma 522 dell’articolo 1 riduce del 20 per cento l’importo della quota annua di ammortamento deducibile fiscalmente per i beni materiali strumentali per l’esercizio delle attività di distribuzione e trasporto di gas naturale e di distribuzione di energia elettrica e gestione della rete di trasmissione nazionale dell’energia elettrica.

 

L’articolo 11-quater del decreto-legge n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, sul quale incide la modificazione qui illustrata, ha sensibilmente innovato la disciplina fiscale degli ammortamenti relativa ai soggetti che esercitano le predette attività di trasporto e distribuzione del gas, di gestione della rete elettrica nazionale e di distribuzione dell’energia elettrica.

Le disposizioni in esso contenute hanno efficacia temporanea, in quanto sono riferite al solo periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (ossia al 3 dicembre 2005). Pertanto, relativamente ai soggetti che hanno l’esercizio sociale coincidente con l’anno solare, la disposizione interessa gli ammortamenti imputati nell’anno 2005.

 

Ai sensi del comma 1 dell’articolo 11-quater del decreto-legge n. 203 del 2005 sono soggetti alla disciplina in questione i soggetti che esercitano le seguenti attività:

a)      distribuzione e trasporto di gas naturale di cui all’articolo 2, comma 1, lettere n) e ii), del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164.

Il decreto legislativo n. 164 del 2000[206] (c.d. decreto Letta) è stato emanato in attuazione della delega conferita al Governo al fine di promuovere la liberalizzazione del mercato del gas naturale, con particolare riferimento all'attività di trasporto, stoccaggio e distribuzione, contenuta nell’articolo 41 della legge n. 144 del 1999[207] .

L’articolo 2 contiene le definizioni rilevanti per l’applicazione del decreto medesimo. In particolare, la lettera n) del comma 1 precisa che con il termine “distribuzione” s’intende il trasporto di gas naturale attraverso reti di gasdotti locali per la consegna ai clienti, mentre la lettera ii) chiarisce che il termine “trasporto” designa il trasporto di gas naturale attraverso la rete di gasdotti, esclusi i gasdotti di coltivazione e le reti di distribuzione.

b)      distribuzione di energia elettrica e gestione della rete di trasmissione nazionale dell’energia elettrica di cui all’articolo 2, commi 14 e 20, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.

Il decreto legislativo n. 79 del 1999[208] è stato emanato in attuazione della delega conferita al Governo al fine di promuovere la liberalizzazione del settore energetico, contenuta nell’articolo 36 della legge n. 128 del 1998[209].

Ai sensi del comma 14 dell’articolo 2, con il termine “distribuzione” s’intendono il trasporto e la trasformazione di energia elettrica su reti di distribuzione a media e bassa tensione per le consegne ai clienti finali. Il successivo comma 20 definisce la “rete di trasmissione nazionale” come il complesso delle stazioni di trasformazione e delle linee elettriche di trasmissione ad alta tensione sul territorio nazionale gestite unitariamente.

 

Il comma 2 del medesimo articolo 11-quater, modificato dal presente comma, interviene sulle modalità di determinazione della vita utile dei beni materiali strumentali relativi alle attività individuate al comma 1.

In particolare, prevedendosi una maggiore vita utile, viene ridotta la quota di ammortamento annuo deducibile fiscalmente.

 

Dal punto di vista fiscale, il costo dei beni di durata pluriennale è ripartito in più esercizi e la quota deducibile in ciascun esercizio rappresenta l’ammortamento ordinario annuo. In altre parole, poiché il bene strumentale non esaurisce la propria utilità in un unico esercizio, il costo per esso sostenuto viene ripartito in tutti in gli esercizi nei quali si suppone che il cespite venga utilizzato (vita utile). La quota di ammortamento ordinario si determina applicando al costo di acquisto o di costruzione i coefficienti determinati dai decreti emanati ai sensi dell’articolo 102 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. In particolare, i coefficienti di ammortamento sono stabiliti dal D.M. 29 ottobre 1974, per gli ammortamenti iniziati entro il 31 dicembre 1988, e dal D.M. 31 dicembre 1988, per gli ammortamenti dei beni strumentali entrati in funzione nei periodi d’imposta iniziati in data successiva al 31 dicembre 1988. I coefficienti sono determinati sulla base della vita utile presunta di ciascun bene utilizzato in ogni specifica attività.

 

Per il computo delle quote d’ammortamento, in luogo dell’applicazione dei coefficienti stabiliti con decreto ministeriale a fini fiscali, deve farsi riferimento alla vita utile determinata dall’autorità di regolazione del settore energetico a fini tariffari.

 

Per quanto riguarda l’attività di trasporto di gas naturale, la lettera a) del citato comma 2 rinvia a quanto indicato nella tabella 1 allegata alla delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 166 del 29 luglio 2005.

 

Relativamente all’attività di distribuzione di gas naturale, la lettera a) del medesimo comma 2 rinvia alla tabella 2 allegata alla deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 206 del 30 settembre 2005 [recte: deliberazione n. 170/04 del 29 settembre 2004 (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 16 ottobre 2004, n. 244), come risulta dal corrispondente comma 2 dell’articolo 102-bis del TUIR, introdotto dal comma 325 della presente legge finanziaria].

 

Ai sensi della lettera b) dello stesso comma 2, ai fini dell’individuazione della vita utile dei cespiti relativi all’attività di trasmissione e distribuzione di energia elettrica si applica l’appendice 1 della relazione tecnica alla delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 5 del 30 gennaio 2004.

 

Il contenuto degli atti sopra richiamati è esposto nella scheda illustrativa del precedente comma 325, in relazione al contenuto del comma 2 dell’articolo 102-bis del TUIR, da esso introdotto, che stabilisce, in termini sostanzialmente analoghi, la disciplina da osservarsi, a regime, per l’ammortamento dei beni materiali strumentali per l’esercizio delle suddette attività.

 

Il presente comma – in corrispondenza con quanto disposto nel comma 2 del citato articolo 102-bis del TUIR, introdotto dal comma 325 della presente legge finanziaria – modifica la disciplina temporanea introdotta dall’articolo 11-quater del decreto-legge n. 203 del 2005 prevedendo che anche in questo caso la quota di ammortamento annualmente deducibile calcolata sulla vita utile del bene dev’essere diminuita del 20 per cento.

 

La circolare dell’Agenzia delle entrate n. 6/E del 13 febbraio 2006, par. 7.6, chiarisce che la disposizione ha effetto già dal periodo d'imposta 2005, sia in ragione della tecnica legislativa – che ha disposto la modifica mediante novella testuale del decreto-legge n. 203 del 2005 – sia “per il fatto che, diversamente e senza alcuna ratio, la norma avrebbe efficacia solo nella remota ipotesi di contribuenti con periodi di imposta non coincidenti con l'anno solare”. L’Agenzia ritiene inoltre che la disposta riduzione del 20 per cento operi “anche in relazione alle quote di ammortamento dei costi incrementativi, atteso che il comma 2 dell'articolo 11-quater, che disciplina il calcolo delle quote di ammortamento, deve trovare applicazione anche in relazione al calcolo delle quote di ammortamento dei costi incrementativi dei beni di cui al comma 9 del medesimo articolo”.

 


Articolo 1, commi 523-524
(Potenziamento della vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale)

 


523. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), fermo restando l’espletamento delle ordinarie attività ispettive e secondo quanto previsto dal decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, in materia di coordinamento dell’attività di vigilanza, conseguono maggiori diritti accertati per contributi obbligatori e premi assicurativi evasi nonché per sanzioni amministrative e civili. A tal fine, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l’INPS e l’INAIL, nel triennio 2006-2008, potenziano l’azione di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, attraverso la realizzazione di appositi piani di intervento, anche mediante attività congiunta, finalizzati al contrasto del lavoro sommerso e irregolare nei settori a maggiore rischio di evasione ed elusione contributiva nonché attraverso un incremento dell’impiego delle risorse del personale ispettivo nell’attività di contrasto al lavoro sommerso e irregolare in misura non inferiore al 20 per cento medio annuo rispetto a quanto pianificato per l’anno 2005.

524. Ai fini di cui al comma 523, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è altresì autorizzato, in deroga al divieto di procedere a nuove assunzioni disposto dall’articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ad assumere i vincitori dei concorsi per 795 ispettori del lavoro e 75 ispettori tecnici, banditi rispettivamente con decreto direttoriale del 15 novembre 2004 e del 16 novembre 2004, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 93 del 23 novembre 2004. Al conseguente onere, pari a 20 milioni di euro per l’anno 2006 e a 30,5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2007, si provvede mediante corrispon­dente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 66, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144. La finalizzazione di cui all’articolo 9, comma 1, della legge 8 marzo 2000, n. 53, è ridotta a 5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005. La finalizzazione di cui all’articolo 3, comma 8, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è ridotta a 5,16 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.


 

 

I commi 523 e 524 dell’articolo 1 intendono potenziare nel triennio 2006-2008 l’azione di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale mediante appositi piani di intervento, che andranno ad aggiungersi alle attività ispettive ordinarie previste dal D.Lgs. 124 del 2004.

 

Gli interventi potranno essere gestiti e realizzati anche congiuntamente dal Ministero del lavoro, dall’INPS e dall’INAIL, al fine di contrastare il lavoro sommerso e quello irregolare nei settori a maggiore rischio di evasione ed elusione contributiva.

 

Il decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, emanato in attuazione dell’art. 8 della legge n. 30/2003, ha disposto il riassetto della disciplina sulle ispezioni in materia di lavoro e previdenza sociale, allo scopo di definire un sistema organico e coerente di tutela del lavoro con interventi omogenei, con particolare riguardo soprattutto alla attività di prevenzione.

In particolare il titolo I (articoli 1-6) ha previsto la riorganizzazione dell’attività di vigilanza in materia di rapporti di lavoro e di livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali su tre diversi livelli di coordinamento:

-       a livello centrale, il coordinamento è affidato al Ministero del lavoro, in particolare alla Direzione generale per l’attività ispettiva e ad una Commissione centrale;

-       a livello regionale, il coordinamento è affidato alle Direzioni regionali del lavoro e ad una Commissione regionale;

-       a livello provinciale, il coordinamento è affidato alle Direzioni provinciali del lavoro e ai CLES.

Le funzioni di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale sono state attribuite al personale ispettivo delle direzioni regionali e provinciali del lavoro e, limitatamente alla vigilanza in materia previdenziale ed assistenziale, al personale degli enti previdenziali.

Il titolo II (articoli 7-12) ha previsto nuove competenze delle direzioni del lavoro e disposizioni per la razionalizzazione dell’attività ispettiva: in particolare sono state previste funzioni di consulenza, prevenzione e promozione nei confronti dei datori di lavoro finalizzate al rispetto degli obblighi derivanti dalla normativa lavoristica e previdenziale, ed è stata introdotta la possibilità di interpellare gli organi del Ministero del lavoro sull’applicazione delle normative.

E’ stato inoltre rafforzato il coordinamento dell’attività di vigilanza, quali l’istituzione di una banca dati, la possibilità di costituire gruppi di intervento straordinario a livello regionale e l’adozione di un modello unificato di verbale per la rilevazione degli illeciti, e sono stati introdotti i nuovi istituti della conciliazione monocratica e della diffida accertativa per crediti retributivi.

Il titolo III (articoli 13-15) ha dettato una nuova disciplina dei poteri attribuiti al personale ispettivo in caso di inosservanza delle norme in materia di lavoro e legislazione sociale. In particolare è stato previsto:

a)       un potere di diffida in caso di illeciti amministrativi;

b)       un potere di prescrizione in caso di contravvenzioni punite con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda ovvero con la sola ammenda (art. 15)

c)       un potere di impartire disposizioni per l’applicazione di norme che richiedono un apprezzamento discrezionale (art. 14).

Si menziona inoltre che il titolo IV (articoli 16-17) ha istituito due nuove ipotesi di ricorso amministrativo, mentre il titolo V (articoli 18-20) ha previsto norme in materia di formazione permanente del personale.

 

In particolare, il comma 523prevede che le tre amministrazioni sopra menzionate dovranno potenziare l’azione di vigilanza, al fine di conseguire “maggiori diritti accertati per contributi obbligatori e premi assicurativi evasi, nonché per sanzioni amministrative e civili”.

Si consideri che la norma pone un obiettivo di principio a cui deve essere indirizzata l’attività ispettiva, senza specificare l’entità dei maggiori contributi e premi da accertare.

Per il conseguimento di tale obiettivo i suddetti enti dovranno incrementare l’impiego delle risorse del personale ispettivo destinato all’attività di contrasto al lavoro sommerso in misura non inferiore al 20% medio annuo rispetto alla pianificazione per il 2005.

 

Viene inoltre data (comma 524) al Ministero del lavoro l’autorizzazione ad assumere i vincitori dei concorsi banditi con decreti direttoriali del 15 e del 16 novembre 2004: trattasi di 795 ispettori del lavoro e di 75 ispettori tecnici.

Le assunzioni vengono disposte in deroga a quanto stabilito dalla Legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005) che, all’articolo 1, commi 95-97, ha introdotto per le amministrazioni statali il divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per il triennio 2005-2007 (c.d. “blocco del turn over”).

 

Si osserva che disposizioni di analogo tenore, riguardanti la possibilità per le pubbliche amministrazioni di procedere ad assunzioni autorizzate in deroga al blocco del “turn over”, sono previste nel provvedimento in esame ai commi 246-253.

 

Alla copertura dell’onere finanziario derivante da tali assunzioni, stimato in 20 milioni di euro per il 2006 ed in 30,5 milioni di euro a decorrere dal 2007, si provvede mediante una riduzione di pari importo dell’autorizzazione di spesa di cui all’art. 66, comma 1, della legge n. 144/1999.

Si ricorda che l’art. 66, comma 1, della legge n. 144/1999. incrementa di 900 miliardi di lire per l'anno 1999 e 800 miliardi di lire a decorrere dall'anno 2000 gli stanziamenti a favore del Fondo per l’occupazione di cui all'art. 1, comma 7, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni dalla L. 19 luglio 1993, n. 236.

 

Inoltre, vengono disposte le seguenti riduzioni di particolari finalizzazioni nell’ambito del Fondo per l’occupazione:

a decorrere dall’anno 2005:

-        si riduce a 5 milioni di euro (rispetto ai circa 20,658 milioni attualmente previsti) lo stanziamento destinato, nell’ambito del medesimo Fondo per l’occupazione, alla promozione ed incentivazione da parte delle imprese di azioni positive a sostegno della flessibilità di orario (legge n. 53/2000, art. 9, comma 1);

a decorrere dall’anno 2009:

-        si riduce a 5,16 milioni di euro (rispetto ai circa 103,29 milioni previsti a regime) lo stanziamento destinato, sempre nell’ambito del Fondo per l’occupazione, ad agevolazioni contributive a fronte di progetti di riduzione dell’orario di lavoro (legge n. 448/1998, art. 3, comma 8).

Si osserva che l’art. 41, comma 4, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003) aveva destinato a tale finalità 5.164.569 euro per ciascuno degli anni dal 2002 al 2008.

 


Articolo 1, commi 525-534
(Disciplina del giuoco illegale con apparecchi da intrattenimento)

 


525. Il comma 6 dell’articolo 110 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«6. Si considerano apparecchi idonei per il gioco lecito:

a) quelli che, obbligatoriamente collegati alla rete telematica di cui all’articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, si attivano con l’introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico definiti con provvedimenti del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nei quali gli elementi di abilità o intrattenimento sono presenti insieme all’elemento aleatorio, il costo della partita non supera 1 euro, la durata minima della partita è di quattro secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina in monete metalliche. Le vincite, computate dall’apparecchio in modo non predeterminabile su un ciclo complessivo di non più di 140.000 partite, devono risultare non inferiori al 75 per cento delle somme giocate. In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o comunque le sue regole fondamentali;

b) quelli, facenti parte della rete telematica di cui all’articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa. Per tali apparecchi, con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell’interno, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, tenendo conto delle specifiche condizioni di mercato:

1) il costo e le modalità di pagamento di ciascuna partita;

2) la percentuale minima della raccolta da destinare a vincite;

3) l’importo massimo e le modalità di riscossione delle vincite;

4) le specifiche di immodificabilità e di sicurezza, riferite anche al sistema di elaborazione a cui tali apparecchi sono connessi;

5) le soluzioni di responsabilizzazione del giocatore da adottare sugli apparecchi;

6) le tipologie e le caratteristiche degli esercizi pubblici e degli altri punti autorizzati alla raccolta di giochi nei quali possono essere installati gli apparecchi di cui alla presente lettera».

526. Agli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, lettera b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, si applica un prelievo erariale unico, fissato con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. L’aliquota del prelievo non può essere inferiore all’8 per cento né superiore al 12 per cento delle somme giocate.

527. All’articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, il comma 13-bis è sostituito dal seguente:

«13-bis. Con provvedimenti del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono definiti i termini e le modalità di assolvimento del prelievo erariale unico relativo agli apparecchi da intrattenimento previsti dall’articolo 110, comma 6, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni».

528. All’articolo 38, commi 3 e 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, le parole: «commi 6 e 7» sono sostituite dalle seguenti: «commi 6, lettera a), e 7».

529. All’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, il comma 6 è sostituito dal seguente:

«6. Ai fini del rilascio dei nulla osta di cui ai precedenti commi, è necessario il possesso delle licenze previste dall’articolo 86, terzo comma, lettera a) o b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni».

530. Entro il 1º luglio 2006 e secondo modalità definite con provvedimenti del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato:

a) gli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, sono installati esclusivamente in esercizi pubblici, commerciali o punti di raccolta di altri giochi autorizzati dotati di apparati per la connessione alla rete telematica di cui all’articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, che garantiscano la sicurezza e l’immodificabilità della registrazione e della trasmissione dei dati di funzionamento e di gioco. I requisiti dei suddetti apparati sono definiti entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge;

b) il canone di concessione previsto dalla convenzione di concessione per la conduzione operativa della rete telematica di cui all’articolo 14-bis del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 640 del 1972, è fissato nella misura dello 0,8 per cento delle somme giocate;

c) l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato riconosce ai concessionari della rete telematica un compenso, fino ad un importo massimo dello 0,5 per cento delle somme giocate, definito in relazione:

1) agli investimenti effettuati in ragione di quanto previsto dalla lettera a);

2) ai livelli di servizio conseguiti nella raccolta dei dati di funzionamento degli apparecchi di gioco.

531. A partire dal 1º luglio 2006, il prelievo erariale unico sulle somme giocate con apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è fissato nella misura del 12 per cento delle somme giocate.

532. In relazione agli interventi previsti dal comma 530, necessari ad adeguare la rete telematica di cui all’articolo 14-bis, comma 4, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 640 del 1972, e successive modificazioni, il termine della concessione per la conduzione operativa della rete telematica è prorogato al 31 ottobre 2010.

533. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 1, comma 497, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce, entro il 31 gennaio 2006, i requisiti che devono possedere i terzi eventualmente incaricati della raccolta delle giocate dai concessionari della rete telematica di cui all’articolo 14-bis, comma 4, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 640 del 1972, e successive modificazioni. Entro il 31 marzo 2006, i concessionari presentano all’Amministrazione l’elenco dei soggetti incaricati.

534. Il terzo comma dell’articolo 86 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«Relativamente agli apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici di cui all’articolo 110, commi 6 e 7, la licenza è altresì necessaria:

a) per l’attività di produzione o di importazione;

b) per l’attività di distribuzione e di gestione, anche indiretta;

c) per l’installazione in esercizi commerciali o pubblici diversi da quelli già in possesso di altre licenze di cui al primo o secondo comma o di cui all’articolo 88 ovvero per l’installazione in altre aree aperte al pubblico od in circoli privati».


 

 

I commi da 525 a 534 dell’articolo 1 modificano alcuni aspetti della vigente disciplina relativa agli apparecchi da giuoco lecito con vincite in denaro.

Le modifiche proposte, secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa del Governo all’originario disegno di legge (A.S. 3613), nascono anche dall’analisi e dalla valutazione delle esperienze maturate nei primi mesi di operatività di questo comparto del giuoco e sono finalizzate prioritariamente all’incremento dell’offerta di giuoco legale (aumento del numero di apparecchi con vincite in denaro conformi a modelli certificati) e ad evitare l’erosione della base imponibile, attraverso il perpetuarsi di comportamenti illeciti.

 

Il comma 525 novella l’articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773[210], il quale individua le caratteristiche degli apparecchi da giuoco lecito con vincite in denaro.

I suddetti apparecchi, ai sensi del previgente articolo 110, comma 6, dovevano avere le seguenti caratteristiche:

-       preponderanza degli elementi di abilità e di intrattenimento, rispetto all’elemento aleatorio;

-       attivazione del giuoco con moneta metallica di valore non superiore a 50 centesimi;

-       durata della partita compresa tra 7 e 13 secondi;

-       distribuzione di vincite in denaro di importo non superiore a 50 euro; erogazione della vincita subito dopo la conclusione della partita, esclusivamente mediante monete metalliche;

-       vincite non inferiori al 75 per cento delle somme giocate, su un ciclo complessivo di 14.000 partite;

-       divieto di riprodurre il giuoco del poker o comunque, anche in parte, le sue regole fondamentali.

Ai sensi dell’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972[211], gli apparecchi sono gestiti telematicamente, mediante attrezzature videoterminali, da uno o più soggetti concessionari della rete o delle reti dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. Con il D.M. 12 marzo 2004, n. 86, sono state dettate disposizioni per la gestione telematica di tali apparecchi.

 

Il presente comma sostituisce interamente il citato comma 6 dell’articolo 110 del TULPS, individuando due tipologie di apparecchi idonei al giuoco lecito, con vincite in denaro.

La lettera a) del nuovo comma 6 si riferisce agli stessi apparecchi contemplati nell’attuale versione dello stesso comma 6[212], modificandone i parametri di funzionamento, allo scopo – dichiarato nella citata relazione illustrativa – di avvicinare l’offerta di giuoco lecito alle caratteristiche della domanda.

Gli apparecchi in questione, ai sensi della nuova disciplina:

-        sono obbligatoriamente collegati alla rete telematica di cui al ricordato articolo 14-bis, comma 4, del D.P.R. n. 640 del 1972;

-        si attivano con l'introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico[213];

-        presentano elementi di abilità o intrattenimento, insieme all'elemento aleatorio;

-        hanno un costo per partita non superiore a 1 euro;

-        offrono partite con durata minima non inferiore a 4 secondi;

-        distribuiscono vincite in denaro, di valore unitario non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina in monete metalliche[214];

-        distribuiscono vincite non inferiori al 75 per cento delle somme giocate, su un ciclo complessivo di non più di 140.000 partite;

-        non possono riprodurre il giuoco del poker o comunque le sue regole fondamentali.

Come si può osservare, la nuova disciplina consente la permanenza sul mercato degli apparecchi rispondenti alle prescrizioni del previgente articolo 110, comma 6, del TULPS.

 

La lettera b) del nuovo comma 6 introduce un nuovo tipo di apparecchi (VLT: Video Lottery Terminal) facenti parte della rete telematica di cui al citato articolo 14-bis, comma 4, del D.P.R. n. 640 del 1972 e attivabili esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa.

Le caratteristiche di questa tipologia di apparecchi non sono ulteriormente determinate A tal fine è fatto rinvio ad un regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno[215], che, tenendo conto delle specifiche condizioni di mercato, definirà:

1)      il costo e le modalità di pagamento di ciascuna partita;

2)      la percentuale minima della raccolta da destinare a vincite;

3)      l'importo massimo e le modalità di riscossione delle vincite;

4)      le specifiche di immodificabilità e di sicurezza, riferite anche al sistema di elaborazione a cui tali apparecchi sono connessi;

5)      le modalità di informazione e responsabilizzazione del giocatore, da adottare sugli apparecchi (secondo la relazione governativa, ciò ha il fine di prevenire l’insorgenza di ludopatie);

6)      le tipologie e le caratteristiche degli esercizi pubblici e degli altri punti autorizzati alla raccolta di giuochi, nei quali possono essere installati gli apparecchi.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge chiarisce che la scelta di definire i parametri di funzionamento dei nuovi apparecchi mediante regolamento è da ricondurre alla complessità e flessibilità della tecnologia di funzionamento degli apparecchi stessi; caratteristiche che rischiano di rendere rapidamente obsoleta qualsiasi definizione di parametri operata da norme di rango legislativo.

 

Il comma 526 demanda ad un regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze[216] la fissazione del prelievo erariale unico (PREU) applicabile agli apparecchi di cui alla sopra illustrata lettera b) del novellato comma 6 dell’articolo 110 del TULPS. In ogni caso l’aliquota del prelievo dovrà essere compresa tra l’8 e il 12 per cento delle somme giocate.

 

Per gli apparecchi indicati all’articolo 110, comma 6, del TULPS, il prelievo erariale unico si applicava nella misura del 13,50 per cento delle somme giocate, ai sensi dell’articolo 39, comma 13, dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Il decreto direttoriale 14 luglio 2004 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 26 luglio 2004, n. 173) ha individuato le modalità di determinazione della base imponibile del PREU, costituita dalle somme giocate, in maniera differenziata a seconda che l’apparecchio sia collegato o meno alla rete telematica. La misura del 13,50 per cento continuerà ad applicarsi agli apparecchi indicati alla lettera a) del nuovo comma 6 dell’articolo 110 del TULPS, sino al 30 giugno 2006. A partire dal 1° luglio 2006, per gli stessi apparecchi, l’aliquota sarà applicata nella misura del 12 per cento, ai sensi del successivo comma 531 del presente articolo.

 

Secondo quanto riportato dalla citata relazione illustrativa, “le analisi di mercato effettuate all'estero dimostrano che, in misura sensibilmente maggiore rispetto agli apparecchi AWP attualmente in esercizio, la domanda è fortemente influenzata dalle somme restituite (pay out) al giocatore. Tale caratteristica del prodotto VLT impone una gestione oculata della leva fiscale (la cui entità influenza direttamente il pay out) subordinata ad attente analisi del mercato italiano e del profilo del giocatore che utilizza questa particolare tipologia di apparecchi. Anche il contenuto dell'offerta di gioco mediante VLT, inoltre, può variare sensibilmente al mutare della componente erariale”. Per questo motivo si è previsto di rimettere alla normativa secondaria l'individuazione puntuale dell'aliquota.

 

Il comma 527 sostituisce il comma 13-bis dell’articolo 39 del citato D.L. n. 269 del 2003.

 

Il previgente comma 13-bis dell’articolo 39 stabiliva che, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, erano definiti i termini e le modalità di assolvimento del prelievo erariale unico e dell'acconto di cui al precedente comma 13[217]. Tale ultimo comma, oltre a fissare nella sopra citata misura del 13,50 per cento il prelievo erariale unico relativo agli apparecchi di cui al comma 6 dell’articolo 110 del TULPS, detta disposizioni relative a quanto dovuto per l’anno 2004.

 

Il nuovo comma 13-bis stabilisce invece, in senso più generale, che i termini e le modalità di assolvimento del prelievo erariale unico relativo agli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS sono definiti con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

 

Il comma 528 novella i commi 3 e 4 dell’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001)[218], in modo da escludere dalle previsioni degli stessi gli apparecchi di cui alla lettera b) del nuovo comma 6 del citato articolo 110 del TULPS (per la disciplina dei quali la novella apportata dal precedente comma 525 prevede l’emanazione di un apposito regolamento).

 

Il comma 3 dell’articolo 38 stabilisce che gli importatori e i produttori degli apparecchi e congegni di cui ai commi 6 e 7[219] [in base alla novella: di cui ai commi 6, lettera a), e 7] dell’articolo 110 del TULPS, prima dell’importazione o dell’avvio della produzione di tali apparecchi e congegni, devono presentarne un esemplare al Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, che procederà, direttamente o tramite soggetti convenzionati, alla verifica tecnica, secondo quanto disposto dallo stesso comma 3.

Il successivo comma 4 detta disposizioni relative al nulla osta rilasciato dal Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato agli importatori e produttori degli apparecchi e congegni che hanno superato la verifica tecnica.

 

La citata relazione illustrativa al disegno di legge in esame sottolinea a tal proposito l'appartenenza degli apparecchi di cui alla lettera b) del nuovo comma 6 alla rete di gestione del giuoco affidata ai concessionari e la necessità di valutare le caratteristiche e il funzionamento di tali apparecchi in maniera strettamente correlata al funzionamento del sistema di giuoco complessivo.

 

Il comma 529, sostituendo il comma 6 del citato articolo 38 della legge n. 388 del 2000, interviene sulla disciplina autorizzatoria degli apparecchi indicati alla lettera a) del nuovo comma 6 e al comma 7 del citato articolo 110 del TULPS, richiedendo, per il rilascio del nulla osta, che i soggetti importatori e produttori dei suddetti apparecchi siano in possesso delle licenze previste dalle lettere a) o b) del terzo comma dell’articolo 86 del TULPS. Il presente comma adegua il riferimento al testo dell’articolo 86 del TULPS risultante dalle modifiche introdotte dal successivo comma 534 del presente articolo 1.

 

Il previgente comma 6 dell’articolo 38 della legge n. 388 del 2000 (sostituito dalla disposizione qui illustrata) prevedeva che il nulla osta di cui allo stesso articolo (per il quale si veda il commento al precedente comma 528) valesse anche ai fini del nulla osta di cui al terzo comma (versione previgente) dell’articolo 86 del TULPS.

Il terzo comma (versione previgente) dell’articolo 86 del TULPS richiedeva la licenza del questore per l'attività di distribuzione di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici di cui al quinto comma[220] dell'articolo 110 del TULPS, e di gestione, anche indiretta, dei medesimi apparecchi per i giuochi consentiti. Si prevedeva inoltre che la licenza per l'esercizio di sale pubbliche da giuoco in cui sono installati i suddetti apparecchi e la licenza per lo svolgimento delle attività di distribuzione o di gestione, anche indiretta, di tali apparecchi, fossero rilasciate previo nulla osta dell'Amministrazione finanziaria, necessario comunque anche per l'installazione degli stessi nei circoli privati.

 

Il comma 530 disciplina le condizioni di concessione della rete telematica e il collegamento obbligatorio ad essa degli apparecchi di giuoco indicati alla lettera a) del nuovo comma 6 dell’articolo 110 del TULPS, disponendo che, entro il 1° luglio 2006, siano emanati appositi provvedimenti del Ministero dell'economia e finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato per disciplinare alcuni aspetti, espressamente indicati, della materia.

In particolare la lettera a) del comma 530 prevede che gli apparecchi sopra indicati siano installati esclusivamente in luoghi[221] dotati di apparati per la connessione alla rete telematica, di cui all’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972, i quali possano garantire la sicurezza e l'immodificabilità della registrazione e della trasmissione dei dati di funzionamento e di giuoco. La stessa lettera a) dispone altresì che i requisiti dei suddetti apparati siano definiti entro un mese dall'entrata in vigore della presente legge (si ritiene con i provvedimenti sopra indicati).

La più volte citata relazione illustrativa osserva che le specifiche tecniche degli apparati per la connessione alla rete telematica presuppongono continui aggiornamenti per far fronte alle attività illecite di manomissione. L'esperienza operativa avrebbe rivelato, infatti, che i sistemi di connessione, così come previsti dalle attuali specifiche tecniche, sono un punto di vulnerabilità della rete telematica, sfruttato da alcuni operatori irregolari.

La lettera b) del comma 530 prevede un incremento del canone di concessione, per la conduzione operativa della rete telematica di cui all’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972, in favore dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato dallo 0,3[222] allo 0,8 per cento delle somme giocate.

La relazione illustrativa nota che l’incremento del canone consente di costituire una disponibilità finanziaria, gestita dall’Amministrazione dei monopoli, da destinare ai concessionari della rete telematica a fronte degli investimenti che questi sono tenuti ad eseguire ai sensi della successiva lettera c). Tale lettera prevede che l’Amministrazione dei monopoli riconosca ai concessionari un compenso, fino ad un importo massimo dello 0,5 per cento delle somme giocate, da definire in relazione agli investimenti effettuati per adeguare gli apparati di connessione ai requisiti previsti dalla lettera a) del presente comma, nonché ai livelli di servizio conseguiti nella raccolta dei dati di funzionamento degli apparecchi di giuoco.

 

Il comma 531 fissa nella misura del 12 per cento, a partire dal 1° luglio 2006, il prelievo erariale unico sulle somme giocate con gli apparecchi di cui alla lettera a) del nuovo comma 6 dell’articolo 110 del TULPS.

Attualmente tale prelievo è fissato nella misura del 13,50 per cento dal comma 13 dell’articolo 39 del D.L. n. 269 del 2003.

Secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa, il combinato disposto dei commi 530 e 531 “ridefinisce la distribuzione dell'importo residuo destinato alla filiera, attivando, da un lato, un meccanismo incentivante per i concessionari che assicurino gli investimenti necessari al continuo adeguamento delle tecnologie ed i più elevati livelli di servizio nell'operatività della rete telematica ed aumentando, dall'altro lato, le disponibilità per gli esercenti e per i gestori di apparecchi. La formulazione del comma (531) consente, peraltro, agli operatori del settore di destinare al giocatore, se ritenuto opportuno, un rendimento anche superiore al 75 per cento delle somme giocate”.

 

Il comma 532, in relazione agli investimenti, necessari ad adeguare la rete telematica, richiamata al precedente comma 530, proroga di un anno (dal 31 ottobre 2009 al 31 ottobre 2010) il termine della concessione per la conduzione operativa della stessa rete telematica.

 

La scadenza del 31 ottobre 2009 per la concessione è stata stabilita dal primo comma dell'articolo 13 dello schema di convenzione di concessione per l'affidamento dell'attivazione e della conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito mediante apparecchi da intrattenimento predisposto dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

Il secondo comma dello stesso articolo attribuisce alla stessa Amministrazione la facoltà di prorogare, per evitare interruzioni nel servizio e nella riscossione delle entrate erariali, la durata della concessione fino ad un ulteriore anno agli stessi patti e condizioni previsti dalla convenzione di concessione medesima; l’Amministrazione è tenuta a comunicare al concessionario tale intenzione entro il 30 aprile 2009.

 

Il comma 533 detta disposizioni per l’applicazione dell’articolo 1, comma 497, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), il quale prevede che la raccolta delle giocate mediante gli apparecchi da intrattenimento di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS, è esente da IVA, ai sensi dell’articolo 10, primo comma, numero 6), del D.P.R. n. 633 del 1972[223], anche relativamente ai rapporti tra i concessionari della rete per la gestione telematica e i terzi incaricati della raccolta stessa.

Il presente comma dispone che, entro il 31 gennaio 2006, per i fini sopra indicati, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce i requisiti che devono possedere i terzi eventualmente incaricati della raccolta delle giocate dai concessionari della rete telematica di cui all’articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972. Entro il 31 marzo 2006, tenendo conto di tale definizione, i concessionari devono presentare alla suddetta Amministrazione l’elenco dei soggetti incaricati.

 

Il comma 534 novella infine il terzo comma[224] dell’articolo 86 del TULPS, individuando come segue i tipi di licenza necessari in relazione agli apparecchi e congegni di cui all’articolo 110, commi 6 e 7, del TULPS:

a)      licenza per l’attività di produzione o di importazione dei suddetti apparecchi;

b)      licenza per l’attività di distribuzione e di gestione, anche indiretta;

c)      licenza per l'installazione in esercizi commerciali o pubblici diversi da quelli già in possesso di altre licenze di cui al primo o secondo comma dello stesso articolo 86[225] o di cui all'articolo 88[226] del TULPS ovvero per l'installazione in altre aree aperte al pubblico od in circoli privati.

Rispetto alla precedente formulazione dell’articolo 86 del TULPS, la possibilità di ottenere licenza per l’installazione di apparecchi da intrattenimento viene estesa agli esercizi commerciali diversi da quelli di cui ai citati commi primo e secondo dell’articolo 86 del TULPS e da quelli di cui all’articolo 88 dello stesso testo unico.

Tale estensione, secondo la relazione illustrativa al disegno di legge, ha l’obiettivo di ampliare le tipologie di esercizi commerciali nei quali è possibile installare apparecchi legali, riducendo, così, la possibilità di installazioni irregolari.

Il presente comma si ricollega inoltre a quanto stabilito dal precedente comma 529, al quale si rinvia.

 


Articolo 1, commi 535-549
(Contrasto del giuoco illegale e disposizioni varie in materia di giuochi e scommesse)

 


535. Il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, fermi i poteri dell’autorità e della polizia giudiziaria ove il fatto costituisca reato, comunica ai fornitori di connettività alla rete Internet ovvero ai gestori di altre reti telematiche o di telecomunicazione o agli operatori che in relazione ad esse forniscono servizi telematici o di telecomunicazione, i casi di offerta, attraverso le predette reti, di giochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro in difetto di concessione, autorizzazione, licenza od altro titolo autorizzatorio o abilitativo o, comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento o dei limiti o delle prescrizioni definiti dall’Amministrazione stessa.

536. I destinatari delle comunicazioni hanno l’obbligo di inibire l’utilizzazione delle reti, delle quali sono gestori o in relazione alle quali forniscono servizi, per lo svolgimento dei giochi, delle scommesse o dei concorsi pronostici, di cui al comma 535, adottando a tal fine misure tecniche idonee in conformità a quanto stabilito con uno o più provvedimenti del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

537. In caso di violazione dell’obbligo di cui al comma 536, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 180.000 euro per ciascuna violazione accertata. L’autorità competente è l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

538. La Polizia postale e delle telecomunicazioni ed il Corpo della Guardia di finanza, avvalendosi dei poteri ad esso riconosciuti dal decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, cooperano con il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato per l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 536 e 537, secondo i criteri e le modalità individuati dall’Amministrazione stessa d’intesa con il Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza.

539. All’articolo 4, comma 4-ter, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, dopo le parole: «apposita autorizzazione», sono inserite le seguenti: «del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato».

540. Il comma 1 dell’articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«1. In tutte le sale da biliardo o da gioco e negli altri esercizi, compresi i circoli privati, autorizzati alla pratica del gioco o all’installazione di apparecchi da gioco, è esposta in luogo visibile una tabella, predisposta ed approvata dal questore e vidimata dalle autorità competenti al rilascio della licenza, nella quale sono indicati, oltre ai giochi d’azzardo, anche quelli che lo stesso questore ritenga di vietare nel pubblico interesse, nonché le prescrizioni ed i divieti specifici che ritenga di disporre. Nelle sale da biliardo deve essere, altresì, esposto in modo visibile il costo della singola partita ovvero quello orario».

541. Il comma 3 dell’articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«3. L’installazione degli apparecchi di cui ai commi 6 e 7 è consentita esclusivamente negli esercizi commerciali o pubblici o nelle aree aperte al pubblico ovvero nei circoli privati ed associazioni autorizzati ai sensi degli articoli 86 o 88 ovvero, limitatamente agli apparecchi di cui al comma 7, alle attività di spettacolo viaggiante autorizzate ai sensi dell’articolo 69, nel rispetto delle prescrizioni tecniche ed amministrative vigenti».

542. All’articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, dopo il comma 8 è inserito il seguente:

«8-bis. Con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro e con la chiusura dell’esercizio per un periodo non superiore a quindici giorni è punito chiunque, gestendo apparecchi di cui al comma 6, ne consente l’uso in violazione del divieto posto dal comma 8».

543. Il comma 9 dell’articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«9. Ferme restando le sanzioni previste per il gioco d’azzardo dal codice penale:

a) chiunque produce od importa, per destinarli all’uso sul territorio nazionale, apparecchi e congegni di cui ai commi 6 e 7 non rispondenti alle caratteristiche ed alle prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio;

b) chiunque produce od importa, per destinarli all’uso sul territorio nazionale, apparecchi e congegni di cui ai commi 6 e 7 sprovvisti dei titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni vigenti, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio;

c) chiunque, sul territorio nazionale, distribuisce od installa o comunque consente l’uso in luoghi pubblici od aperti al pubblico od in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi o congegni non rispondenti alle caratteristiche ed alle prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio. La stessa sanzione si applica nei confronti di chiunque, consentendo l’uso in luoghi pubblici od aperti al pubblico o in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi e congegni conformi alle caratteristiche e prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, corrisponde a fronte delle vincite premi, in danaro o di altra specie, diversi da quelli ammessi;

d) chiunque, sul territorio nazionale, distribuisce od installa o comunque consente l’uso in luoghi pubblici o aperti al pubblico o in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi e congegni per i quali non siano stati rilasciati i titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni vigenti, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio;

e) nei casi di accertamento di una delle violazioni di cui alle lettere a), b), c) e d) è preclusa all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato la possibilità di rilasciare all’autore della violazione titoli autorizzatori concernenti la distribuzione o l’installa­zione di apparecchi da intrattenimento, per un periodo di cinque anni;

f) nei casi in cui i titoli autorizzatori per gli apparecchi o i congegni non siano apposti su ogni apparecchio, si applica la sanzione amministrativa da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio».

544. All’articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, dopo il comma 9 sono inseriti i seguenti:

«9-bis. Per gli apparecchi per i quali non siano stati rilasciati i titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni vigenti ovvero che non siano rispondenti alle caratteristiche ed alle prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, è disposta la confisca ai sensi dell’articolo 20, quarto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689. Nel provvedimento di confisca è disposta la distruzione degli apparecchi e dei congegni, con le modalità stabilite dal provvedimento stesso.

9-ter. Per la violazione del divieto di cui al comma 8 il rapporto è presentato al prefetto territorialmente competente in relazione al luogo in cui è stata commessa la violazione. Per le violazioni previste dal comma 9 il rapporto è presentato al direttore dell’ufficio regionale dell’Ammi­nistrazione autonoma dei monopoli di Stato competente per territorio.

9-quater. Ai fini della ripartizione delle somme riscosse per le pene pecuniarie di cui al comma 9 si applicano i criteri stabiliti dalla legge 7 febbraio 1951, n. 168».

545. Il comma 10 dell’articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«10. Se l’autore degli illeciti di cui al comma 9 è titolare di licenza ai sensi dell’articolo 86, ovvero di autorizzazione ai sensi dell’articolo 3 della legge 25 agosto 1991, n. 287, le licenze o autorizzazioni sono sospese per un periodo da uno a trenta giorni e, in caso di reiterazione delle violazioni ai sensi dell’articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, sono revocate dal sindaco competente, con ordinanza motivata e con le modalità previste dall’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni. I medesimi provvedimenti sono disposti dal questore nei confronti dei titolari della licenza di cui all’articolo 88».

546. Il comma 11 dell’articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«11. Oltre a quanto previsto dall’articolo 100, il questore, quando sono riscontrate violazioni di rilevante gravità in relazione al numero degli apparecchi installati ed alla reiterazione delle violazioni, sospende la licenza dell’autore degli illeciti per un periodo non superiore a quindici giorni, informandone l’autorità competente al rilascio. Il periodo di sospensione, disposto a norma del presente comma, è computato nell’esecuzione della sanzione acces­soria».

547. Per le violazioni di cui all’articolo 110, comma 9, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, commesse in data antecedente alla data di entrata in vigore della presente legge, si applicano le disposizioni vigenti al tempo delle violazioni stesse.

548. Dopo l’articolo 14-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, sono inseriti i seguenti:

«Art. 14-ter. – (Controllo dei versamenti di imposte relative ad apparecchi e congegni per il gioco lecito).1. Avvalendosi di procedure automatizzate, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato esegue, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di scadenza del termine per il pagamento dell’imposta, il controllo dei versamenti effettuati dai contribuenti per gli apparecchi e congegni previsti all’articolo 110, comma 7, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, nonché per gli apparecchi meccanici od elettromeccanici.

2. Nel caso in cui risultino omessi, carenti o intempestivi i versamenti dovuti, l’esito del controllo automatizzato è comunicato al contribuente per evitare la reiterazione di errori. Il contribuente può fornire i chiarimenti necessari all’Ammini­strazione autonoma dei monopoli di Stato entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.

3. Con decreti del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono definite le modalità di effettuazione dei controlli automatici di cui al comma 1.

Art. 14-quater. – (Iscrizione a ruolo delle somme dovute a seguito dei controlli automatici).1. Le somme che, a seguito dei controlli automatici effettuati ai sensi dell’articolo 14-ter, comma 1, risultano dovute a titolo d’imposta sugli intrattenimenti, nonché di interessi e di sanzioni per ritardato od omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli, resi esecutivi a titolo definitivo nel termine di decadenza fissato al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di scadenza del termine per il pagamento delle imposte. Per la determinazione del contenuto del ruolo, delle procedure, delle modalità della sua formazione e dei tempi di consegna, si applica il regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 3 settembre 1999, n. 321.

2. Le cartelle di pagamento recanti i ruoli di cui al comma 1 devono essere notificate, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di scadenza del termine per il pagamento dell’imposta.

3. L’iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente provvede a pagare, con le modalità indicate nell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, le somme dovute, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dall’articolo 14-ter, comma 2, ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione, in sede di autotutela, delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente. In questi casi, l’ammontare delle sanzioni amministrative previste è ridotto ad un terzo e gli interessi sono dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione.

Art. 14-quinquies. – (Disposizioni in materia di recupero dell’IVA sugli intrattenimenti).1. Le disposizioni di cui agli articoli 14-ter e 14-quater possono essere applicate anche dagli uffici dell’Agenzia delle entrate per il recupero dell’IVA connessa con l’imposta sugli intrattenimenti. A tal fine, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato comunica all’Agenzia delle entrate le violazioni constatate in sede di controllo dell’imposta sugli intrattenimenti. Per quanto non previsto dagli articoli 14-ter e 14-quater si applicano le disposizioni in materia di IVA».

549. All’articolo 8, comma 14, del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 1º agosto 2003, n. 200, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo, le parole: «31 dicembre 2005» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2007»;

b) dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «La disposizione di cui al primo periodo non si applica nei trecentosessantacinque giorni antecedenti la scadenza della convenzione di concessione»;

c) al quarto periodo, le parole: «di cui al secondo e terzo periodo» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al terzo e quarto periodo».


 

 

I commi da 535 a 539 dell’articolo 1 contengono misure per il contrasto del giuoco illegale.

 

Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa del Governo (A.S. 3613), lo scopo di tali disposizioni sarebbe quello di

-        contrastare fenomeni di illegalità connessi all’offerta di giuoco mediante la rete informatica;

-        disincentivare la convenienza dell'accesso a distanza al giuoco illecito proposto su diversi mezzi di comunicazione, creando inoltre le condizioni economiche per la costruzione e il consolidamento di una rete di raccolta a distanza, legale, in grado di proporre un’offerta italiana competitiva.

 

Il comma 535, in particolare, stabilisce che il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) segnali ai fornitori di connettività alla rete internet, ovvero ai gestori di altre reti telematiche o di telecomunicazione o agli operatori che mediante esse forniscono servizi telematici, i casi di offerta, attraverso dette reti, di giuochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro che siano illegali, mancando delle concessioni, autorizzazioni, licenze o altri titoli previsti dalla legge.

Qualora il fatto costituisca reato, permangono naturalmente i poteri dell'autorità giudiziaria.

 

Per quanto attiene all’individuazione dei destinatari della segnalazione prevista dal presente comma e degli obblighi enunziati nel successivo (fornitori di connettività), si osserva che in ambito normativo i soggetti e le attività riguardanti il settore delle comunicazioni telematiche non sono indicati in modo univoco dal punto di vista terminologico.

 

Alcune indicazioni sono rinvenibili nei documenti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni: la dizione “fornitori di connettività” è utilizzata nella Relazione annuale dell’Autorità per l’anno 2003, con riguardo al mercato della telefonia fissa.

Altre definizioni si rinvengono nella delibera dell'Autorità del 15 novembre 2001, n. 435/01/CONS[227] in materia di radiodiffusione terrestre in tecnica digitale, che - pur intervenendo in un ambito diverso, che tuttavia presenta analogie col settore delle telecomunicazioni, specialmente nella prospettiva della convergenza tecnologica - all’articolo 1, ha dettato le seguenti definizioni:

-        «operatore di rete»: il soggetto titolare del diritto di installazione, esercizio e fornitura di una rete di comunicazioni elettroniche e di impianti di messa in onda, multiplazione, distribuzione e diffusione e delle risorse frequenziali che consentono la trasmissione agli utenti dei blocchi di diffusione(comma 1, lett. g));

-        «fornitore di contenuti»: il soggetto che ha la responsabilità editoriale nella predisposizione dei programmi destinati alla radiodiffusione televisiva e sonora(comma 1, lett. h));

-        «fornitore di servizi»: il soggetto che fornisce, attraverso l'operatore di rete, servizi al pubblico di accesso condizionato mediante distribuzione agli utenti di chiavi numeriche per l'abilitazione alla visione dei programmi, alla fatturazione dei servizi, ed eventualmente alla fornitura di apparati, ovvero che fornisce servizi della società dell'informazione ai sensi dell'articolo 1, punto 2, della direttiva n. 98/34/CE, come modificata dalla direttiva n. 98/48/CE, ovvero fornisce una guida elettronica ai programmi (comma 1, lett. i))

Una definizione puntuale di tali espressioni non è invece contenuta nel recente Codice delle comunicazioni elettroniche[228] che, all’articolo 1, reca le definizioni dei soggetti e delle attività afferenti a tale materia.

 

Ai sensi del comma 536, i destinatari delle segnalazioni sono obbligati ad adottare misure tecniche, che verranno stabilite con uno o più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS, atte a impedire l'utilizzazione delle reti di cui sono gestori, o in relazione alle quali forniscono servizi, per lo svolgimento di giuochi, scommesse o concorsi pronostici illeciti.

In caso di violazione dell'obbligo suddetto, è prevista dal comma 537 una sanzione amministrative pecuniaria da 30.000 a 180.000 euro per ogni violazione accertata. L'autorità competente è l'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato.

Per l'applicazione delle disposizioni testé esaminate, il comma 538 prescrive la collaborazione tra il Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS, la Polizia postale e delle telecomunicazioni e il Corpo della Guardia di finanza. Quest'ultimo si avvale dei poteri ad esso riconosciuti ai sensi del D.Lgs. n. 68 del 2001 (Adeguamento dei compiti del Corpo della Guardia di finanza, a norma dell'articolo 4 della legge 31 marzo 2000, n. 78).

 

Il Corpo della Guardia di finanza è forza di polizia ad ordinamento militare con competenza generale in materia economica e finanziaria sulla base delle peculiari prerogative ad esso conferite dalla legge. Esso, ai sensi D.Lgs n. 68 del 2001 (articolo 3, primo comma), "in relazione alle proprie competenze in materia economica e finanziaria, collabora con gli organi costituzionali. La stessa collaborazione, previe intese con il Comando generale, può essere fornita agli organi istituzionali, alle Autorità indipendenti e agli enti di pubblico interesse che ne facciano richiesta". Nell'espletamento di tali attività, i militari del Corpo agiscono con le facoltà e i poteri previsti dalle leggi e regolamenti vigenti. L’articolo 22 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, ha previsto e disciplinato particolari forme di collaborazione del Corpo nei riguardi delle autorità di vigilanza del settore finanziario [Banca d'Italia, Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) e Autorità garante della concorrenza e del mercato].

Inoltre, a norma dell'articolo 6 del medesimo decreto n. 68 del 2001 il Corpo della Guardia di finanza esercita funzioni di polizia giudiziaria secondo le leggi e i regolamenti vigenti e funzioni di ordine e sicurezza pubblica, a titolo di concorso, ai sensi dell'articolo 16 della legge n. 121 del 1981 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza).Nell'espletamento di tale attività di concorso al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica, il Corpo dipende funzionalmente dal Ministro dell'interno.

 

Tale cooperazione avverrà secondo i criteri e le modalità individuati dall'AAMS d'intesa con il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.

 

Il Dipartimento della pubblica sicurezza, ai sensi del regolamento di organizzazione del Ministero dell’interno approvato con D.P.R. n. 398 del 2001[229], costituisce una delle quattro articolazioni centrali del Ministero. Quanto a funzioni e modalità organizzative, il Dipartimento è disciplinato dalla legge n. 121 del 1981[230], che ha riordinato l’Amministrazione della pubblica sicurezza – la struttura cioè attraverso la quale il Ministro espleta i compiti relativi alla tutela dell’ordine pubblico – e riorganizzato le strutture del Ministero per quanto concerne tali funzioni.

Il Dipartimento della pubblica sicurezza (articolo 4 del D.P.R. n. 398 del 2001) si articola in quattordici tra Direzioni centrali e Uffici di pari livello, anche interforze. Da esso dipendono la Direzione investigativa antimafia e i due Istituti di formazione per le Forze di polizia. A capo del Dipartimento è posto un prefetto, che assume le funzioni di Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza; sono previsti tre vice direttori generali, con funzioni specifiche.

 

Le disposizioni per l’applicazione delle norme testé illustrate sono state emanate dal direttore dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato con provvedimento del 7 febbraio 2006 (Rimozione dei casi di offerta in assenza di autorizzazione, attraverso rete telematica, di giochi, lotterie, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro), pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 36 del 13 febbraio 2006.

L’articolo 1 individua le finalità e reca le definizioni rilevanti per l’applicazione del provvedimento, fra cui quella di “fornitore di servizi di rete”, distinguendo a questo riguardo tra il fornitore di connettività (access provider: ogni soggetto che consente all'utente l'allacciamento alla rete internet ovvero ad altre reti telematiche o di telecomunicazione o agli operatori che in relazione ad esse forniscono servizi telematici o di telecomunicazione, anche concedendo al cliente uno spazio, da gestire autonomamente, sul disco fisso del proprio elaboratore), il fornitore di servizi di providing (service provider: ogni soggetto che, una volta avvenuto l'accesso alla rete internet ovvero ad altre reti telematiche o di telecomunicazione, consente all'utente di compiere determinate operazioni, quali l'utilizzo della posta elettronica, la suddivisione e catalogazione delle informazioni, il loro invio a soggetti determinati, etc.) e il fornitore di contenuti, (content provider: ogni operatore che mette a disposizione del pubblico informazioni e opere di qualsiasi genere caricandole sulle memorie del proprio server e collegando tale server alla rete internet ovvero ad altre reti telematiche o di telecomunicazione, nonché colui che si obbliga a gestire e ad organizzare le pagine «web» immesse in rete dal proprio cliente).

L’articolo 2 prevede che l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato comunichi ai fornitori di servizi di rete l'elenco degli operatori non autorizzati stabilendo i termini entro i quali essi sono tenuti a interrompere la prestazione dei propri servizi nei riguardi di questi ultimi. L’elenco degli operatori non autorizzati è pubblicato anche nel sito della predetta Amministrazione (www.aams.it).

L’articolo 3 disciplina la responsabilità dei fornitori di servizi di rete per le informazioni fornite mediante i loro servizi dagli operatori non autorizzati, nel caso in cui non interrompano la prestazione del servizio nei termini prescritti dall’Amministrazione.

L’articolo 4 esclude l'obbligo generale di sorveglianza e di ricerca da parte dei fornitori dei servizi di rete circa la presenza di attività di giuoco non autorizzate.

Il fornitore è comunque tenuto a informare tempestivamente l’Amministrazione qualora venga a conoscenza di attività o informazioni riguardanti attività di giuoco esercitate da un operatore non autorizzato, destinatario di suoi servizi, e a fornire tempestivamente le informazioni in suo possesso per l'identificazione, anche a fine preventivo. Il fornitore è altresì civilmente responsabile nei confronti di terzi per il contenuto dei servizi offerti nel caso in cui non abbia eseguito la prescritta interruzione dei servizi o se, avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole di un servizio, non abbia provveduto ad informarne l’Amministrazione.

L’articolo 5 commina la sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 180.000 euro per ciascuna violazione delle disposizioni relative all’interruzione della prestazione dei servizi di rete, ferma restando l'eventuale responsabilità penale dei fornitori.

 

Il comma 539 interviene "sulla base dell'esperienza operativa degli ultimi anni" – secondo quanto è affermato nella relazione governativa – modificando il comma 4-ter dell'articolo 4 della legge n. 401 del 1989 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive), in modo da specificare che l'organo competente a rilasciare l'autorizzazione all'esercizio di attività di giuoco o di scommessa è il Ministero delle Finanze - Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.

 

La disciplina da ultimo posta in materia di giuochi è stata oggetto di critica in particolare da parte di alcuni operatori esteri, i quali hanno sollevato obiezioni circa la sua compatibilità con i princìpi comunitari in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.

 

Secondo consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, le restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi devono, in primo luogo, essere giustificate da motivi imperativi d’interesse generale; in secondo luogo, devono essere idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e, in terzo luogo, non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo. In ogni caso, devono essere applicate in modo non discriminatorio.

Nelle sentenze 24 marzo 1994 (causa C-275/92, Schindler), 21 settembre 1999 (causa C-124/97, Läärä e altri) e 21 ottobre 1999 (causa C-67/98, Zenatti), la Corte di giustizia ha ammesso che le restrizioni alle attività di giuoco possono essere giustificate da motivi imperativi d’interesse generale, quali la tutela del consumatore e la prevenzione della frode e dell'incitazione dei cittadini ad una spesa eccessiva collegata al giuoco, rilevando tuttavia come le restrizioni fondate su tali motivi e sulla necessità di prevenire turbative all'ordine sociale debbano essere idonee a garantire la realizzazione dei detti obiettivi, nel senso che tali restrizioni debbono contribuire a limitare le attività di scommessa in modo coerente e sistematico.

Più recentemente, nella sentenza 6 novembre 2003 (causa C-243/01, Gambelli e altri), la stessa Corte ha concluso che “una normativa nazionale contenente divieti – penalmente sanzionati – di svolgere attività di raccolta, accettazione, prenotazione e trasmissione di proposte di scommessa, relative, in particolare, a eventi sportivi, in assenza di concessione o autorizzazione rilasciata dallo Stato membro interessato, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi previste, rispettivamente, agli articoli 43 CE e 49 CE”, statuendo che “spetta al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente ad obiettivi tali da giustificarla e se le restrizioni che essa impone non risultino sproporzionate rispetto a tali obiettivi”. Agli effetti di tale verifica, la Corte ha enunziato alcuni criteri, osservando fra l’altro:

1) che, “laddove le autorità di uno Stato membro inducano ed incoraggino i consumatori a partecipare alle lotterie, ai giuochi d'azzardo o alle scommesse affinché il pubblico erario ne benefici sul piano finanziario, le autorità di tale Stato non possono invocare l'ordine pubblico sociale con riguardo alla necessità di ridurre le occasioni di giuoco per giustificare provvedimenti come quelli oggetto della causa principale” (n. 69);

2) che le restrizioni imposte in materia di bandi di gara per le concessioni relative alla gestione di scommesse su eventi sportivi “devono essere indistintamente applicabili, vale a dire con le stesse modalità e con gli stessi criteri agli operatori” stabiliti in qualunque Stato membro (n. 70), in particolare prevedendo requisiti di partecipazione che non siano fissati in termini tali da poter essere soddisfatti, in pratica, più facilmente dagli operatori nazionali che non da quelli stranieri (n. 71);

3) che le restrizioni imposte non debbono eccedere quanto necessario per conseguire l'obiettivo perseguito (n. 72).

 

I commi da 540 a 547 introducono ulteriori modifiche all'articolo 110 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, finalizzate al recupero dell'evasione fiscale nel settore dei giochi attraverso una vasta revisione dell'apparato sanzionatorio, anche in relazione al maggior numero di apparecchi cui tale sistema sanzionatorio risulta applicabile.

 

Come rilevato nella relazione governativa al disegno di legge (A.S. 3613), le modifiche sono volte in generale alla depenalizzazione, finalizzata ad assicurare una maggiore celerità nella definizione del procedimento amministrativo rispetto alla sede penale. La più dettagliata definizione e l'inasprimento delle sanzioni, che in alcuni casi risultano quintuplicate, permetterebbero, secondo la relazione tecnica, un maggior gettito pari a circa 75 milioni di euro. Considerando, però, un periodo iniziale di lentezza nell'applicazione delle nuove norme, tale cifra dovrebbe essere prudenzialmente abbassata a 25 milioni per il primo anno.

 

Il comma 540, sostituendo il comma 1 dell'articolo 110 del TULPS, stabilisce che in tutti gli esercizi e circoli privati autorizzati alla pratica del gioco venga esposta una tabella con l'indicazione dei giuochi d'azzardo, dei giochi comunque vietati e di tutte le prescrizioni e i divieti stabiliti dal questore nel pubblico interesse. La tabella viene predisposta e approvata dal questore e deve essere vidimata dalle autorità competenti al rilascio delle licenze necessarie per lo svolgimento delle attività.

Tale intervento è inteso a chiarire il rapporto tra la norma modificata, la quale prescriveva in precedenza che la tabella venisse vidimata dal questore, e l'articolo 195 del regolamento di attuazione del TULPS (R.D. 6 maggio 1940, n. 635), che prescrive che la stessa tabella venga vidimata dal sindaco o da suo delegato.

Con la nuova formulazione del comma 1 si stabilisce, poi, che nelle sale da biliardo deve essere esposto il costo della singola partita ovvero quello orario.

 

Il comma 541, sostituendo il comma 3 dell'articolo 110 del TULPS, estende le tipologie di macchine per il giuoco che possono venire installate negli esercizi autorizzati ai sensi degli articoli 86 e 88 dello stesso testo unico e presso le attività di spettacolo viaggiante autorizzate ai sensi dell’articolo 69 del medesimo testo unico.

 

In particolare gli esercizi autorizzati qui contemplati sono i seguenti:

-        alberghi, compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori od altre bevande anche non alcooliche, né sale pubbliche per biliardi o per altri giuochi leciti o stabilimenti di bagni, ovvero locali di stallaggio e simili (art. 86, comma 1);

-        esercizi ove si effettua lo spaccio al minuto o il consumo di vino, di birra o di qualsiasi bevanda alcoolica presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai soli soci (art. 86, comma 2);

-        gli esercizi che ottengono la licenza per le scommesse e per l'attività di distribuzione e gestione anche indiretta di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici per il gioco d'azzardo, vale a dire quelli che hanno insita la scommessa, o che consentono vincite puramente aleatorie di un qualsiasi premio in denaro o in natura, o vincite di valore superiore a limiti fissati, escluse le macchine vidimatrici per i giochi gestiti dallo Stato (art. 86, comma 3);

-        infine, tutti gli esercizi che ottengono la licenza per le scommesse (art. 88).

Le attività di spettacolo viaggiante sono quelle che consistono nell’offerta professionale, anche temporanea, di pubblici trattenimenti, audizioni all'aperto o pubblica esposizione di rarità, persone, animali, gabinetti ottici o altri oggetti di curiosità (art. 69).

 

Per quanto riguarda l'estensione del tipo di macchinari, nella formulazione previgente gli apparecchi erano quelli indicati dal comma 6 del medesimo articolo 110 (ora sostituito dal precedente comma 342) e dal comma 7, lettera b), abrogata dall'articolo 1, comma 495, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

L'estensione quindi si concreta nell'ampliamento delle categorie previste dal comma 6 (si veda, sopra, l’illustrazione del comma 525) e nel riferimento agli apparecchi previsti dal comma 7, lettere a) e c). Per le attività di spettacolo viaggiante è ammessa la sola installazione degli apparecchi indicati al comma 7.

 

Questi ultimi sono:

1)       apparecchi elettromeccanici privi di schermo (gru, ruspe e redemption), attraverso cui si esprime l’abilità del giocatore (lettera a), i quali:

-        sono attivabili soltanto con l’introduzione di una moneta;

-        hanno un costo per partita non superiore a 1 euro;

-        consentono, immediatamente e direttamente dopo la partita, vincite di piccoli oggetti, non convertibili in denaro, di valore complessivo non superiore a 20 volte la giocata;

2)       apparecchi basati sulla sola abilità fisica, mentale o strategica che non distribuiscono premi, per i quali il costo della singola partita può essere superiore a 50 centesimi (lettera c).

 

Il comma 542, in particolare, introducendo il nuovo comma 8-bis nell'articolo 110 del TULPS, fissa la sanzione amministrativa per i gestori che permettono l'uso di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da trattenimento o da giuoco di abilità, non di azzardo, come definiti dal comma 6 dell'articolo 110 del TULPS, ai minori di diciotto anni. Tale limite è imposto dal comma 8 dello stesso articolo 110.

La sanzione consiste nel pagamento di una somma da 500 a 3.000 euro e nella chiusura dell'esercizio per un massimo di quindici giorni. Si deve tenere presente che un'ammenda da 500 a 1.000 euro era altresì prevista dal successivo comma 9 dell’articolo 110 del TULPS, parimenti oggetto di modifica da parte del successivo comma 543.

Il presente comma, dunque, inasprisce la sanzione pecuniaria ma ne cambia la natura, da penale ad amministrativa.

Il comma 543, modificando il comma 9 dell’articolo 110 del TULPS, introduce nuove fattispecie sanzionabili e ne modifica altre già esistenti, cambiandone comunque la natura da penale ad amministrativa. Si deve comunque sottolineare che rimangono ferme le sanzioni previste dal codice penale per il giuoco d'azzardo.

Come sopra detto, la sanzione per chi consente ai minori di diciotto anni l'uso di macchine da giuoco non d’azzardo, già contenuta nel comma 9, è stata estrapolata, modificata e inserita nel nuovo comma 8-bis dalla novella introdotta con il precedente comma 542.

Le altre sanzioni, sempre di tipo amministrativo pecuniario, previste dal nuovo comma 9 si riferiscono alle tipologie di apparecchi di cui ai commi 6 e 7 dell'articolo 110 del TULPS (cfr. supra il commento al comma 541 per una breve descrizione di tali tipologie).

In particolare:

-        la produzione e l'importazione di apparecchi non rispondenti alle caratteristiche e alle prescrizioni stabilite dalle disposizioni vigenti sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio;

-        la produzione e l'importazione di apparecchi sprovvisti dei titoli autorizzatorî previsti dalle disposizioni vigenti sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio;

-        la distribuzione, l'installazione e comunque la messa in uso, in qualsiasi sede, di apparecchi non rispondenti alle caratteristiche e alle prescrizioni stabilite dalle disposizioni vigenti sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio; tale sanzione si applica anche a chi, pur gestendo apparecchi in regola, corrisponde, a fronte delle vincite, premi, in danaro o di altra specie, diversi da quelli ammessi;

-        la distribuzione, l'installazione e comunque la messa in uso, in qualsiasi sede, di apparecchi sprovvisti dei titoli autorizzatorî previsti dalle disposizioni vigenti sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio.

Nei casi di accertamento di una delle violazioni sopra elencate, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato non può rilasciare all’autore della violazione titoli autorizzatorî concernenti la distribuzione o l’installazione di apparecchi da intrattenimento, per un periodo di cinque anni.

La sanzione amministrativa da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio si applica quando i titoli autorizzatorî non sono apposti sugli apparecchi stessi.

 

Il comma 544 aggiunge tre commi dopo il comma 9 dell'articolo 110 del TULPS.

Il primo comma aggiunto (nuovo comma 9-bis) dispone la confisca e la distruzione degli apparecchi non rispondenti alle norme vigenti. Il procedimento è soggetto alla disciplina recata dall'articolo 20, comma 4, della legge 24 novembre 1981, n. 689 ("Modifiche al sistema penale") il quale stabilisce che la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, dev’essere comunque disposta, anche se non venga emessa l'ordinanza-ingiunzione di pagamento.

Il secondo (nuovo comma 9-ter) dispone che il rapporto relativo alle violazioni di cui al comma 8 dell'articolo 110 TULPS (divieto di uso di apparecchi da trattenimento o da gioco di abilità da parte dei minori di 18 anni) deve essere inviato al prefetto territorialmente competente in relazione al luogo della violazione; il rapporto relativo alle violazioni di cui al comma 9 dell'articolo 110 TULPS (novellato dal comma 360, al cui commento si rimanda) viene inviato all'ufficio regionale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato competente per territorio.

 

Tale disposizione si renderebbe opportuna, secondo la relazione, per demandare l'irrogazione della sanzione amministrativa all'organo tecnicamente più competente nel settore.

 

Il terzo (nuovo comma 9-quater) dispone che le somme riscosse per le pene pecuniarie sono ripartite secondo i criteri stabiliti dalla legge 7 febbraio 1951, n. 168 (“Ripartizione dei proventi delle sanzioni pecuniarie dovute per violazioni alle leggi tributarie”).

 

La legge n. 168 del 1951 stabilisce – in sommaria sintesi – che la ripartizione, detratto il 10 per cento per le spese inerenti alla riscossione, viene effettuata come segue:

a)       il 60 per cento all'Erario;

b)       il 20 per cento ai fondi di previdenza o assistenza delle Amministrazioni civili e dei Corpi di polizia cui appartengono gli accertatori;

c)       il 10 per cento da dividersi in eguale misura fra gli accertatori, fino all'assegnazione a ciascuno di essi di un massimo di lire 50.000 per ogni accertamento;

d)       il 10 per cento da devolversi a speciali fondi, costituiti presso le Amministrazioni civili e i Corpi di polizia cui appartengono i funzionari, ufficiali e agenti partecipanti all'accertamento, per la distribuzione di premi al personale delle Amministrazioni e dei Corpi medesimi che si sia distinto per particolari meriti.

Se gli accertatori sono militari della Guardia di finanza, parte delle quote è versata al Fondo massa della Guardia di finanza stessa.

 

Il comma 545 modifica il comma 10 dell'articolo 110 TULPS.

Esso dispone la sospensione della licenza o dell'autorizzazione per gli autori degli illeciti di cui al comma 9 dello stesso articolo 110 del TULPS (per una breve descrizione di tali illeciti cfr. supra il commento al comma 543) e la revoca delle stesse in caso di reiterazione dello stesso. Nel testo vigente il periodo massimo di sospensione è di sei mesi: con la modifica qui proposta lo stesso limite viene abbassato a trenta giorni e viene mantenuta la sanzione della revoca per la reiterazione.

La modifica, inoltre, specifica che le licenze a cui si applica la norma sono quelle previste dagli articoli 86 e 88 del TULPS (cfr. supra commento al comma 541), nonché quelle previste dall'articolo 3 della legge 25 agosto 1991, n. 287 ("Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi"), vale a dire le licenze per attività di somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione.

Non viene modificata la previsione secondo la quale il sindaco è l’autorità competente a revocare la licenza con provvedimento motivato e con le procedure previste dall'articolo 19 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.

 

A tale proposito, si ricorda che l'articolo 19 del D.P.R. n. 616 del 1977 (che ha dato attuazione alla delega prevista dall'articolo 1 della legge n. 382 del 1975, recante "Norme sull'ordinamento regionale e sulla organizzazione della pubblica amministrazione") attribuisce ai comuni la concessione della licenza per taluni esercizi, tra cui gli esercizi contemplati dall'articolo 86 del TULPS. Lo stesso articolo dispone che il diniego del provvedimento di concessione delle licenze è adottato previa comunicazione al prefetto. La sospensione, l'annullamento e la revoca della licenza devono essere adottati su motivata richiesta del prefetto stesso. Il diniego dei provvedimenti è efficace solo se il prefetto esprime parere conforme.

 

Il comma 546 introduce modifiche al comma 11 dell'articolo 110 del TULPS.

Il comma 11 citato attribuisce al questore la facoltà di sospendere la licenza in caso di illecito informando l'autorità competente al rilascio. La durata della sospensione è computata ai fini dell'esecuzione della sanzione accessoria. Tale sospensione, nel testo previgente, poteva avere una durata massima di tre mesi. Con la modifica apportata dal presente comma, tale durata massima è ridotta a quindici giorni e la facoltà del questore di sospendere la licenza è esercitabile solo quando sono riscontrate violazioni di rilevante gravità in relazione al numero degli apparecchi installati e alla reiterazione delle violazioni.

Sono comunque fatte salve, nel testo previgente come nel testo modificato, le norme recate dall'articolo 100 del TULPS, che attribuiscono al questore la facoltà di sospendere le licenze di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini.

Il comma 547 precisa che in caso di violazioni delle disposizioni del comma 9 dell'articolo 110 del TULPS antecedenti alla data di entrata in vigore della presente legge, si applicano le disposizioni vigenti al momento delle violazioni.

Il comma 548 modifica il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640 ("Imposta sugli spettacoli"), introducendo tre nuovi articoli dopo l'articolo 14-bis in materia di disciplina fiscale degli apparecchi e congegni da intrattenimento.

 

Giova ricordare che l'articolo 14-bis citato è stato aggiunto dall'articolo 9 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 60, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 dello stesso decreto, e poi sostituito dal comma 4 dell'art. 22 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, indi modificato dal D.L. 30 settembre 2003 n. 269.

In base al testo del citato articolo 14-bis, per gli apparecchi e congegni per il gioco lecito di cui al comma 7 del novellato articolo 110 del TULPS, il pagamento dell’imposta sugli intrattenimenti e dell’IVA viene determinato sulla base di un imponibile medio forfetario annuo e deve essere effettuato in unica soluzione, secondo le disposizioni in materia di versamento unitario e compensazione di cui all’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, entro il 16 marzo di ogni anno ovvero entro il giorno 16 del mese successivo a quello di prima installazione per gli apparecchi e congegni installati dopo il 1º marzo.

Con specifico riguardo agli apparecchi e congegni “automatici, semiautomatici e elettronici”, di cui al richiamato articolo 110, comma 7, del TULPS, installati prima del 1° gennaio 2003, l’articolo 14-bis, prevede l’obbligo di denuncia, entro il 15 febbraio 2003, all’Amministrazione dei monopoli la quale rilascia un apposito nulla osta per ciascun apparecchio, a condizione del contestuale pagamento delle imposte dovute.

Il pagamento entro la predetta data degli importi dovuti per il 2003 estingue le imposte per gli anni precedenti, sebbene non si faccia al luogo al rimborso delle somme già pagate a tale titolo.

In mancanza della denuncia e del pagamento delle imposte in parola, gli apparecchi sono confiscati, ovvero, se i proprietari o gestori sono concessionari dell’Amministrazione dei monopoli, la concessione è revocata.

Per quanto riguarda la misura degli imponibili forfetari, il comma 2 dell’articolo 14-bis, fino alla attivazione della rete per la gestione telematica, per gli apparecchi e congegni per il gioco lecito indicati all’articolo 110, comma 6, del TULPS, fissa, ai fini dell’imposta sugli intrattenimenti, un imponibile medio forfetario annuo di 10.000 euro per l’anno 2003.

Il comma 3 dell’articolo 14-bis determina la misura dell’imponibile medio forfetario degli apparecchi di cui al comma 7 dell’articolo 110, limitatamente al periodo 2001-2003.

A decorrere dal 2004, il successivo comma 3-bis fissa la misura dell’imponibile medio forfetario annuo per gli apparecchi e congegni di cui all’articolo 110, comma 7, del TULPS in:

a)       1.800 euro, per gli apparecchi indicati alla lettera a) del comma 7 dell’articolo 110 ( aumento di 300 euro rispetto agli anni precedenti);

b)       2.500 euro, per gli apparecchi indicati alla lettera b) del comma 7 dell’articolo 110 (diminuzione di 1.600 euro);

c)       1.800 euro, per gli apparecchi indicati alla lettera c) del comma 7 dell’articolo 110 (aumento di 1.000 euro).

Peraltro, il comma 5 dell'articolo 14-bis consente di stabilire, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 31 gennaio dell’anno cui gli stessi si riferiscono, variazioni degli imponibili medi forfetari sopra indicati e di definire forfetariamente la base imponibile per gli apparecchi meccanici, in relazione alle caratteristiche tecniche degli apparecchi medesimi. Per l’anno 2005 è stato emanato il decreto 28 gennaio 2005 (Gazzetta ufficiale n. 55 del 8 marzo 2005).

 

Secondo il nuovo articolo 14-ter introdotto dalla norma qui illustrata, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) esegue, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di scadenza dei termini di pagamento, il controllo automatizzato dei versamenti dovuti. In caso di versamenti carenti, omessi o intempestivi, viene data comunicazione al contribuente che può fornire chiarimenti entro trenta giorni da tale comunicazione. Le modalità con cui vengono effettuati tali controlli vengono stabilite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS.

Il nuovo articolo 14-quater stabilisce che le somme che risultino dovute in seguito all'attività di controllo sono iscritte direttamente nei ruoli, resi esecutivi definitivamente entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di scadenza per il pagamento. Trova applicazione il decreto del Ministro delle finanze 3 settembre 1999, n. 321, recante il regolamento sulle norme per la determinazione del contenuto del ruolo e dei tempi, procedure e modalità della sua formazione e consegna.

 

Si ricorda in sintesi che, ai sensi del citato decreto n. 321 del 1999, i ruoli sono formati direttamente dall'ente creditore e recano un numero identificativo univoco a livello nazionale. Essi sono costituiti ognuno da un prospetto conforme al modello da approvare con decreto dirigenziale, adottato dalle Amministrazioni delle finanze e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Il prospetto è redatto in conformità al modello di cui all'allegato 1 del decreto 11 novembre 1999. Il ruolo deve comunque necessariamente riportare:

a)       l'ente creditore;

b)       la specie del ruolo;

c)       il codice fiscale e i dati anagrafici dei debitori;

d)       il codice di ogni componente del credito, di seguito denominata articolo di ruolo;

e)       il codice dell'ambito;

f)         l'anno o il periodo di riferimento del credito;

g)       l'importo di ogni articolo di ruolo;

h)       il totale degli importi iscritti nel ruolo;

i)         il numero delle rate in cui il ruolo deve essere riscosso, l'importo di ciascuna di esse e la cadenza delle stesse;

l)         la data di consegna al concessionario.

 

L'articolo 14-quater stabilisce inoltre che le cartelle di pagamento devono essere notificate entro il 31 dicembre del quarto anno successivo alla scadenza del termine di pagamento.

 

A tale proposito, giova ricordare come la Corte costituzionale, con sentenza n. 280 del 2005, abbia dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 25 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 ("Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito"), nella parte in cui non prevede un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario deve notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ("Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi"). La mancata individuazione di un termine comprometterebbe «il diritto del contribuente all’effettiva conoscenza dell’iscrizione a ruolo, procrastinandola a tempo indeterminato e ledendo, in tal modo, il diritto di difesa del contribuente».

 

L'iscrizione a ruolo, ai sensi del comma 3, non viene eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente provvede a pagare quanto dovuto entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui sopra o della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione delle somme dovute in seguito ai chiarimenti del contribuente. In tal caso le sanzioni amministrative sono ridotte ad un terzo.

 

Tale norma applica l’istituto del cosiddetto "avviso bonario" alle fattispecie qui considerate.

In base alle disposizioni riguardanti la liquidazione delle dichiarazioni inserite dal D.Lgs n. 241 del 1997, come modificate dal D.Lgs n. 32 del 2001, la formazione del ruolo deve essere letta unitamente alle disposizioni previste dagli articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e il nuovo articolo 54-bis del D.P.R. n. 633 del 1972 nonché dell'articolo 2 del D.Lgs n. 462 del 1997. Gli articoli da ultimo citati prevedono, infatti, che entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo, l’amministrazione finanziaria procede alla liquidazione delle dichiarazioni. Il risultato della liquidazione, sia in senso positivo che negativo, è comunicato al contribuente attraverso una comunicazione inviata direttamente dall’amministrazione finanziaria prima di formare il ruolo: il c.d. "avviso bonario".

 

Il nuovo articolo 14-quinquies stabilisce che quanto previsto nei due articoli precedenti (14-ter e 14-quater) può essere applicato anche per il recupero dell'IVA connessa all'imposta sugli intrattenimenti. A tal fine l'AAMS comunica le risultanze dei controlli operati all'Agenzia delle entrate, alla quale sono attribuiti gli adempimenti legati al recupero dell'IVA.

 

Il comma 549 proroga fino al 31 dicembre 2007 la disciplina fiscale relativa al prelievo erariale e alla cauzione per i concessionari del gioco del Bingo, prevista fino al 31 dicembre 2005 dal comma 14 dell'articolo 8 del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147, modificato dalla legge di conversione 1° agosto 2003, n. 200.

 

Si ricorda che l'articolo 5 del regolamento sul gioco del Bingo, recato dal decreto del Ministero delle finanze del 31 gennaio 2000, n. 29, prevede un "prelievo erariale", in misura pari al 20% del prezzo di vendita delle cartelle, da versarsi a cura del concessionario all'affidatario del controllo centralizzato che provvede al successivo riversamento alla Tesoreria provinciale dello Stato.

L'articolo 8 del decreto-legge n. 147, come modificato dalla legge di conversione, introduce un'agevolazione per i concessionari del Bingo stabilendo che il prelievo erariale sulle cartelle dovuto da questi ultimi può essere effettuato entro novanta giorni dal ritiro delle stesse cartelle, a condizione che siano corrisposti gli interessi per i giorni di dilazione e previa maggiorazione del 3 per cento della cauzione prevista. L'omesso o il ritardato pagamento di quanto dovuto comporta la decadenza automatica del beneficio concesso agli operatori del Bingo che, in futuro, dovranno provvedere al pagamento anticipato del corrispondente prelievo erariale e compenso centralizzato del gioco. Chi non avesse adempiuto a tale obbligo inoltre si vedrà incamerare la cauzione prestata a garanzia del pagamento differito del prelievo erariale e dei relativi interessi.

 

Secondo la modifica proposta, tale disposizione non è tuttavia applicabile nei 365 giorni antecedenti la scadenza della convenzione di concessione.

 


Articolo 1, commi 550-551
(Disposizioni in materia di accisa sui tabacchi lavorati)

 


550. Il secondo comma dell’articolo 9 della legge 7 marzo 1985, n. 76, e successive modificazioni, in materia di imposizione fiscale sui tabacchi lavorati, è sostituito dal seguente:

«Per le sigarette, le tabelle di cui al primo comma sono stabilite con riferimento alle sigarette della classe di prezzo più richiesta, determinate ogni tre mesi, secondo i dati rilevati al primo giorno di ciascun trimestre solare».

551. Con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, tenuto anche conto dei provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati, eventualmente intervenuti ai sensi dell’articolo 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, e successive modificazioni, può essere aumentata l’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati, di cui all’articolo 28, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, al fine di assicurare il mantenimento del gettito per l’anno 2006 e per gli anni successivi.


 

 

Il comma 550 dell’articolo 1, sostituendo il secondo comma dell’articolo 9 della legge 7 marzo 1985, n. 76, stabilisce che la rilevazione delle sigarette della classe di prezzo più richiesta deve essere effettuata trimestralmente (il 1° gennaio, il 1° aprile, il 1° luglio e il 1° ottobre di ogni anno) anziché semestralmente[231](il 1° gennaio e il 1° luglio di ogni anno) come attualmente previsto. La rilevazione di tale classe di prezzo, che ha effetto sulla determinazione dell’imposta di consumo sulle sigarette, è contenuta nei decreti del Ministro delle finanze che fissano le tabelle di ripartizione dei prezzi di vendita delle sigarette al pubblico[232].

 

Si ricorda che il meccanismo di determinazione dell’imposta di consumo sulle sigarette è disciplinato dall’articolo 6 della citata legge n. 76 del 1985. A tal fine si individua innanzitutto il c.d. importo di base (secondo comma dell’articolo 6), che corrisponde all’imposta di consumo sulle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta ed è determinato dall’applicazione dell’aliquota di base, attualmente fissata al 58,50%[233], al prezzo di vendita al pubblico delle sigarette appartenenti alla suddetta classe di prezzo. L’imposta sulle altre sigarette è costituita dalla somma dei seguenti due elementi (terzo comma dell’articolo 6):

§       un importo specifico fisso corrispondente al 5% della somma di:

-        importo di base,

-        ammontare dell’IVA sulle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta;

§       un importo risultante dall’applicazione di un’aliquota proporzionale al prezzo di vendita al pubblico. Tale aliquota proporzionale corrisponde all’incidenza percentuale dell’importo di base, diminuito dell’importo specifico fisso, sul prezzo di vendita al pubblico delle sigarette della classe di prezzo più richiesta.

Con la modifica introdotta dal D.L. n. 24 del 2004[234], l’ammontare dell’imposta di consumo, dovuta per le sigarette vendute ad un prezzo inferiore a quello delle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta, è direttamente rapportato all’importo di base (come è già previsto per le sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta), mentre il sopra illustrato meccanismo di cui al terzo comma dell’articolo 6 della legge n. 76 del 1985 continua ad essere applicato solo alle sigarette vendute ad un prezzo superiore a quello delle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta.

Si segnala infine che, ai sensi del comma 2-bis del citato articolo 4 del D.L. n. 24 del 2004, l’importo di base non può comunque essere inferiore a 60 euro per 1.000 sigarette. A decorrere dal 1° luglio 2006, tale importo minimo è elevato a 64 euro.

 

Il successivo comma 551 prevede la possibilità di aumentare, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, l’aliquota di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati in misura tale da assicurare il mantenimento del gettito per l’anno 2006 e per gli anni successivi.

Nel determinare l' aumento dell'aliquota sarà necessario tenere conto anche dei provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati, eventualmente intervenuti ai sensi dell'articolo 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, recante norme in tema di regime di imposizione fiscale sui prodotti oggetto di monopolio di Stato.

 

Il citato articolo 2 della legge n. 825 del 1965 prevede che l’inserimento di ciascun prodotto soggetto a monopolio fiscale nelle tariffe, contenute nelle diverse tabelle allegate alla stessa legge n. 825 del 1965, è disposto con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. I prezzi di vendita al pubblico e le relative variazioni sono stabiliti in conformità a quelli richiesti dai fabbricanti e dagli importatori. Le richieste per l’inserimento in tariffa presentate dagli interessati devono essere corredate, in relazione ai volumi di vendita di ciascun prodotto, da una scheda rappresentativa degli effetti economico-finanziari conseguenti alla variazione proposta.

 

Si ricorda che attualmente, in virtù dell’articolo 28, comma 1, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427), e successive modifiche e integrazioni, le aliquote di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati sono stabilite nelle seguenti misure:

 

sigarette

58,50%;

sigari e sigaretti

23%;

tabacco da fumo

56%;

tabacco da masticare

24,78%;

tabacco da fiuto

24,78%.

 

Si segnala inoltre che l’articolo 21, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), aveva attribuito al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di disporre, con propri decreti, l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sole sigarette, prevista dalla lettera a) del citato articolo 28, comma 1, del D.L. n. 331 del 1993. Tale potere avrebbe dovuto essere esercitato entro il 30 aprile 2003 e, ai sensi del successivo comma 9 dello stesso articolo 21, avrebbe dovuto assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 435 milioni di euro a decorrere dall’anno 2003.

Successivamente l’articolo 39, comma 4, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha riaperto il termine per l’esercizio del suddetto potere, consentendo l’emanazione dei decreti entro il 31 dicembre 2003.

In materia è poi intervenuto l’articolo 1, commi 7 e 8, del D.L. 10 dicembre 2003, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 2004, n. 31, che ha sospeso il potere di disporre l’aumento dell’aliquota in oggetto per l’anno 2003 e ha nel contempo prorogato il potere stesso al 31 dicembre 2004. Lo stesso articolo ha inoltre stabilito che il potere di emanare i decreti con i quali è disposto l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sigarette rientra nell’attività gestionale di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (testo unico sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche)[235]. In tal modo è stato attribuito all’autorità amministrativa di settore, ovvero al direttore dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, il potere che in precedenza spettava al Ministro dell’economia e delle finanze.

Si ricorda inoltre che l’articolo 2, comma 62, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004), ha stabilito che i decreti con i quali può essere disposto l’aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sigarette, ai sensi dell’articolo 21, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modifiche e integrazioni, devono assicurare, a decorrere dal 2004, ulteriori maggiori entrate annue per 650 milioni di euro. In attuazione di questa norma è stato emanato il decreto direttoriale 15 ottobre 2004 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 262 dell’8 novembre 2004), con il quale è stata aumentata l’aliquota di base della tassazione delle sigarette dal 58 per cento al 58,50 per cento.

Infine, l’articolo 1, comma 485, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005) ha previsto che, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, avrebbe potuto essere aumentata l’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati, al fine di assicurare un maggior gettito complessivo pari a 500 milioni di euro per l’anno 2005 e a 1.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006. In attuazione di questa norma è stato emanato il decreto direttoriale 25 ottobre 2005 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 255 del 2 novembre 2005), con il quale è stata aumentata l’aliquota di base della tassazione del tabacco da fumo dal 54 per cento al 56 per cento.

 


Articolo 1, comma 552
(Contratti di collaborazione coordinata e continuativa presso enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole)

 

552. Per gli enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole e forestali, l’autorizzazione alla stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa di cui al comma 188 è estesa anche ad altre tipologie di contratti di lavoro autonomo, nel limite di autorizzazione alle spese delle medesime amministrazioni e nel rispetto dei vincoli statuiti dal citato comma 188.

 

 

Il comma 552 prevede che gli enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole e forestali, siano autorizzati, ai sensi del precedente comma 188 (e nel rispetto dei vincoli dallo stesso posti), non solamente alla stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, ma anche di altre tipologie di contratti di lavoro autonomo, nel limite di autorizzazione di spesa delle medesime amministrazioni.

Il vincolo di carattere finanziario sembra volto a prevedere che si possano stipulare contratti di lavoro autonomo solamente nei limiti degli stanziamenti di bilancio degli stessi enti.

 

Si ricorda che il comma 188 contiene una deroga al limite di utilizzo del personale a tempo determinato o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa stabilita dal precedente comma 187 (non oltre il 60% della spesa sostenuta nel 2003).

Più specificamente, si dispone che gli enti ed istituti espressamente indicati possano effettuare assunzioni di personale con contratto a tempo determinato e stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa, per l’attuazione di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica ovvero di progetti finalizzati al miglioramento dei servizi per gli studenti(cfr. supra).

 

Si può ritenere, dal combinato disposto dei commi 188 e 552, che gli enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole e forestali interessati dalla presente disposizione rientrino nella categoria degli enti di ricerca.

 

Si ricorda, in proposito, che tra gli enti vigilati del Ministero delle politiche agricole e forestali, rientrano i seguenti istituti ed enti di ricerca e sperimentazione, ai sensi della Tabella A) allegata al decreto ministeriale 25 luglio 2000[236].

1)      Ente nazionale sementi elette (ENSE);

2)      Istituto sperimentale agronomica (ISA);

3)      Istituto sperimentale agrumicoltura;

4)      Istituto sperimentale assestamento forestale e alpicoltura;

5)      Istituto nazionale di economia agraria (INEA);

6)      Istituto sperimentale cerealicoltura;

7)      Istituto sperimentale floricoltura;

8)      Istituto sperimentale lattiero caseario;

9)      Istituto sperimentale meccanizzazione agricola;

10)  Istituto sperimentale nutrizione delle piante;

11)  Istituto sperimentale per l'enologia;

12)  Istituto sperimentale per la selvicoltura;

13)  Istituto sperimentale colture foraggere;

14)  Istituto sperimentale colture industriali;

15)  Istituto sperimentale elaiotecnica;

16)  Istituto sperimentale olivicoltura;

17)  Istituto sperimentale orticoltura;

18)  Istituto sperimentale per il tabacco;

19)  Istituto sperimentale zoologia agraria[237];

20)  Istituto sperimentale zootecnica;

21)  Istituto di patologia vegetale;

22)  Istituto sperimentale per la valorizzazione tecnologica dei prodotti agricoli;

23)  Istituto sperimentale studio e difesa del suolo;

24)  Istituto sperimentale viticultura;

25)  Istituto sperimentale frutticoltura.

 

Si consideri, inoltre, che in data 18 novembre 2005 è pervenuto alla Camera dei deputati, da parte dell’Ufficio legislativo del Gabinetto del Ministro delle politiche agricole e forestali, il seguente elenco, contenente ulteriori enti vigilati:

•      Unione nazionale per l’incremento delle razze equine (UNIRE);

•      Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura;

•      Istituto nazionale di economia agraria (INEA);

•      Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (INRAN);

•      Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA);

•      Ente nazionale risi;

•      Centro per la formazione in economia e politica dello sviluppo rurale;

•      Ente nazionale delle sementi elette;

•      Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA);

•      Ente irriguo umbro-toscano;

•    Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia.

 


Articolo 1, comma 553
(Documento unico di regolarità contributiva delle imprese)

 

553. Per accedere ai benefìci ed alle sovvenzioni comunitarie per la realizzazione di investimenti, le imprese di tutti i settori sono tenute a presentare il documento unico di regolarità contributiva di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 266.

 

 

Ai sensi del comma 553 le imprese, per poter accedere ai benefici e alle sovvenzioni comunitarie per la realizzazione di investimenti, sono tenute a presentare il documento unico di regolarità contributiva di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legge n. 210/2002, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 266/2002.

 

Si ricorda che il decreto-legge n. 210/02 reca disposizioni che traspongono sostanzialmente sul piano normativo i contenuti dell’avviso comune tra le parti sociali siglato il 24 luglio 2002, con lo scopo di favorire l’emersione dell’economia sommersa, anche attraverso modifiche ed integrazioni alla normativa vigente in materia di emersione progressiva, dettata dal capo I della legge 18 ottobre 2001, n. 383.

L’articolo 2, comma 1, prevede che le imprese le quali risultino affidatarie di un appalto pubblico siano tenute a presentare alla stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva, a pena di revoca dell'affidamento. Il comma 1-bis aggiunge che la certificazione di regolarità deve essere presentata anche dalle imprese che gestiscono sevizi ed attività in convenzione o concessione con l’ente pubblico.

Il comma 2 del medesimo articolo 2 reca invece una misura di semplificazione procedurale, con la previsione della stipula di una convenzione da parte di INPS e INAIL ai fini del rilascio di un documento unico di regolarità contributiva (d.u.r.c.).

 

In sostanza il comma 553 intende introdurre l’onere di certificare la regolarità contributiva, per le imprese di tutti i settori, al fine di beneficiare delle sovvenzioni comunitarie per la realizzazione di investimenti.

 

Si ricorda che una disposizione simile è contenuta all’articolo 10, comma 7 del decreto-legge n. 203 del 2005, convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248. Tale disposizione tuttavia presenta una formulazione più ampia, richiedendo la presentazione del d.u.r.c. per “accedere ai benefici e alle sovvenzioni comunitarie”, mentre il comma 553 in oggetto limita l’onere di certificazione ai benefici e alle sovvenzioni comunitarie “per la realizzazione di investimenti”.

 

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 01, comma 16, del D.L. 10 gennaio 2006, n. 2[238], ha previsto la sospensione delle disposizioni contenute nel comma 7 dell'articolo 10 del richiamato D.L. 203/2005, nonché di quelle del comma 553 in esame, fino al 31 luglio 2006.

 

Si ricorda infine che l’art. 39-septies del D.L. 273/2005[239], convertito, con modificazioni, nella legge 23 febbraio 2006, n. 51[240], dispone una validità temporale pari a tre mesi del documento unico di regolarità contributiva di cui all’articolo 3, comma 8, del D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494[241].

 


Articolo 1, commi 554-555
(Fondo per spese sostenute dalle famiglie per le esigenze degli studenti universitari)

 


554. Nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito, in via sperimentale, un Fondo per le spese sostenute dalle famiglie per le esigenze abitative degli studenti universitari la cui dotazione, per l’anno 2006, è fissata nel limite di 25 milioni di euro.

555. Le risorse assegnate al Fondo di cui al comma 554 sono successivamente ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che ne fissa i criteri e le modalità.


 

 

Il comma 554 istituisce, in via sperimentale, un Fondo per le spese sostenute dalle famiglie per le esigenze abitative degli studenti universitari. Tale misura si inserisce, secondo quanto emerge dalla relazione tecnica allegata all’emendamento del governo, nel quadro della realizzazione di interventi volti al sostegno delle famiglie[242].

A tale scopo, per l’anno 2006 è destinata la somma di 25 milioni di euro nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 555 disciplina la procedura di ripartizione del Fondo tra le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, che viene demandata ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che ne fissa i criteri e le modalità, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni.

 

Con riferimento al diritto agli studi universitari, si segnalano i seguenti provvedimenti:

-          la legge 2 dicembre 1991, n. 390[243], ha istituito, all’articolo 16, comma 4 - ad integrazione delle disponibilità finanziarie destinate dalle regioni agli interventi per i prestiti agli studenti - per gli anni 1991 e 1992, presso il MIUR, un Fondo di intervento integrativo per la concessione dei prestiti d'onore, ripartito fra le regioni che abbiano attivato le procedure per la concessione dei prestiti, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro, sentita la Conferenza Stato-regioni. La legge 11 febbraio 1992, n. 147[244] ha poi prorogato gli interventi agli anni successivi[245];

-          la legge 14 novembre 2000, n. 338[246], all’articolo 1, comma 1, ha autorizzato la spesa di lire 60 miliardi (pari a circa 31 milioni di euro) per ciascuno degli anni 2000, 2001 e 2002 per contribuire alla realizzazione di diverse tipologie di interventi, riguardanti immobili adibiti o da adibire ad alloggi o residenze per gli studenti universitari, da parte delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché di altri enti operanti nel settore del diritto allo studio. E’ inoltre previsto che a decorrere dal 2003 l'ammontare della spesa sia determinato dalla legge finanziaria.

-          la legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004) ha previsto, all'articolo 4, commi da 99 a 103, che agli studenti capaci e meritevoli iscritti ai corsi universitari possono essere concessi prestiti fiduciari per il finanziamento degli studi (comma 99); che a tal fine viene istituito un fondo finalizzato alla costituzione di garanzie sul rimborso dei prestiti concessi dalle banche e dagli altri intermediari finanziari e che tale fondo può essere utilizzato anche per corrispondere contributi in conto interessi agli studenti privi di mezzi e agli studenti nelle stesse condizioni residenti nelle aree sottoutilizzate di cui all'art. 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289[247] (comma 100)[248];

 

Le disposizioni in commento presentano profili di problematicità alla luce della recente giurisprudenza costituzionale in tema di contributi statali a destinazione vincolata in materie e funzioni la cui disciplina spetti alla legge regionale per competenza esclusiva o concorrente ai sensi del terzo e quarto comma dell’articolo 117 della Costituzione (si fa riferimento in particolare alle sentenze nn. 320 e 423 del 2004 e n. 77 del 2005[249]).

 


Articolo 1, comma 556
(Istituzione Fondo nazionale per le comunità giovanili presso il Dipartimento politiche antidroga)

 


556. Al fine di prevenire fenomeni di disagio giovanile legato all’uso di sostanze stupefacenti, è istituito presso il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri, l’«Osservatorio per il disagio giovanile legato alle tossicodipendenze». Presso il Dipartimento di cui al presente comma è altresì istituito il «Fondo nazionale per le comunità giovanili» per favorire le attività dei giovani in materia di sensibilizzazione e prevenzione del fenomeno delle tossicodipendenze. La dotazione finanziaria del Fondo per l’anno 2006 è fissata in 5 milioni di euro che, nella misura del 5 per cento, è destinata ad attività di comunicazione, informazione e monitoraggio relativamente al rapporto tra giovani e tossicodipendenza con particolare riguardo a nuove forme di associazionismo giovanile, svolte dall’Osservatorio per il disagio giovanile legato alle tossicodipendenze; il restante 95 per cento del Fondo viene destinato alle comunità giovanili individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Con tale decreto, di natura non regolamentare, vengono determinati anche i criteri per l’accesso al Fondo e le modalità di presentazione delle istanze.


 

 

Il comma in esame istituisce, presso il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l'Osservatorio per il disagio giovanile legato alle tossicodipendenze” nonché il “Fondo nazionale per le politiche giovanili”.

Il Fondo, pari a 5 milioni di euro per il 2006, è destinato a favorire le attività dei giovani in materia di sensibilizzazione e prevenzione del fenomeno delle tossicodipendenze.

 

Un apposito decreto di natura non regolamentare, adottato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’economia, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, definirà i criteri e modalità per l’accesso al Fondo.

Le risorse del Fondo si ripartiscono: per il 5 per cento, all'Osservatorio predetto, per la conduzione di attività di comunicazione, informazione e monitoraggio circa il rapporto tra giovani e tossicodipendenze; per il 95 per cento, alle comunità giovanili, individuate con il decreto del Presidente del Consiglio.

 

Si ricorda che l’articolo 3, commi 83-86, della legge finanziaria 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004) ha istituito presso la Presidenza del Consiglio il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, con compiti di prevenzione, monitoraggio e contrasto della diffusione delle dipendenze da sostanze stupefacenti o psicotrope e da alcool, in collaborazione con le associazioni e le cooperative sociali (oggetto della disciplina della legge n. 381 del 1991) che operano nel settore. Ad esso sono trasferite le risorse (finanziarie, strumentali ed umane) relative alle competenze in materia esercitate in passato dal Dipartimento per le politiche sociali e previdenziali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali[250]. Il Dipartimento opera sulla base degli indirizzi del Comitato nazionale di coordinamento per l’azione antidroga[251].

Si ricorda inoltre che l’articolo 1, comma 106, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005) ha autorizzato l’ulteriore spesa di 6 milioni di euro annui dal 2005, per l’operatività del Dipartimento.

 


Articolo 1, comma 557
(Monitoraggio spese ambientali)

 


557. Per la raccolta ed elaborazione dei dati occorrenti al monitoraggio della spesa ambientale sul territorio nazionale fruibili anche per mantenere aggiornata e confrontabile l’informazione ambientale di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di recepimento della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, in conformità ai princìpi e criteri di cui all’articolo 1, comma 8, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, è disposta la prosecuzione delle attività già convenzionalmente assicurate dall’Associazione nazionale dei comuni italiani a favore del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per le proprie finalità istituzionali. Con regolamento del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, in conformità alla convenzione in essere, criteri e modalità di funzionamento per regolamentare la prosecuzione delle suddette attività. Per l’attuazione delle suddette finalità viene annualmente destinata, a valere sul capitolo 7090 «Fondo da ripartire per la difesa del suolo e tutela ambientale», una somma non inferiore all’1 per cento e non superiore al 2 per cento, calcolata sui fondi del predetto capitolo di spesa e determinata nel suo ammontare annuo con le modalità ed i criteri definiti con il predetto regolamento.


 

 

Il comma 557 prevede che venga disposta la prosecuzione delle attività già convenzionalmente assicurate dall'Associazione dei Comuni italiani (ANCI) a favore del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, ai fini del monitoraggio della spesa ambientale sul territorio nazionale.

Si ricorda, infatti, che lo svolgimento di tali attività è stato già disciplinato attraverso la sottoscrizione, in data 24 luglio 2003, di un accordo quadro triennale tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e l’ANCI, per la realizzazione di una forma permanente di cooperazione in tema di politica ambientale. La convenzione, che ha previsto rilevazioni sullo stato dell'ambiente a livello locale, interventi tecnici ed il monitoraggio della spesa ambientale, riguarda sostanzialmente dieci settori di intervento: inquinamento dell'aria; inquinamento delle acque; inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso; tutela della "risorsa territorio"; sviluppo sostenibile; ciclo integrato dei rifiuti, recupero energetico e riduzione della produzione alla fonte; energia da fonti rinnovabili; modalità di ristoro del danno ambientale; parchi ed aree protette; finanziamenti. Il monitoraggio della spesa ambientale è previsto specificatamente dall’art. 6 dell’accordo, che dispone che ”il Ministero e l'ANCI si impegnano a monitorare la spesa ambientale dei Comuni sostenuta e finanziata dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni stessi ai fini di verificare l'efficacia delle azioni e degli interventi in campo ambientale dei vari livelli istituzionali”. L’accordo quadro, ai sensi dell’art. 9 dello stesso, avrà una durata di tre anni a decorrere dalla data della sottoscrizione (24 luglio 2003). Sul piano finanziario, l'accordo prevede un contributo annuale da parte del Ministero e dell'Anci rispettivamente di euro 50.000 che andrà ad aggiungersi alla spesa sostenuta dai Comuni, dalle Regioni e dalle Province. L’accordo, nelle dichiarazioni rilasciate dal Ministro dell’ambiente quando venne siglato, rappresentava l’avvio di “una collaborazione fattiva tra Governo centrale e il sistema dei Comuni italiani in un settore prioritario quale è l'ambiente. E' la prima volta che si instaura un rapporto organico e continuativo tra Ministero e Comuni e questo potrà servire ad avvicinare sempre più il tema dell'ambiente ai cittadini”[252].

La norma in esame dispone, inoltre, che la raccolta e l’elaborazione dei dati necessari al monitoraggio sarà finalizzata a mantenere aggiornata e confrontabile l’informazione ambientale ai sensi delle recenti disposizioni contenute negli artt. 8 e 9 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, nonché in conformità ai principi indicati nell’art. 1, comma 8, della legge 15 dicembre 2004, n. 308.

Si ricorda, sinteticamente, che il decreto legislativo n. 195 del 2005, che ha recentemente recepito la direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, ha previsto, all’art. 8, una serie di obblighi a carico dell’autorità pubblica in materia di diffusione informazione ambientale, da adempiersi attraverso l’uso delle tecnologie di telecomunicazione in informatica e delle tecnologie elettroniche disponibili e in particolare attraverso la creazione di banche dati elettroniche ed il successivo art. 9 ha assegnato all’APAT il compito di garantire la qualità dell’informazione ambientale.

Si ricorda, poi, che l’art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004 ha previsto che i decreti delegati che il Governo dovrà emanare in attuazione della delega ambientale, dovranno conformarsi, nel rispetto dei principi e delle norme comunitarie e delle competenze per materia delle amministrazioni statali, delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali e del principio di sussidiarietà, ad una serie di princìpi e di criteri direttivi generali tra cui la previsione di misure che assicurino l'efficacia dei controlli e dei monitoraggi ambientali.

Il comma 557 prevede, da ultimo, che un successivo decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, da emanare ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, dovrà definire, in conformità alla convenzione già in essere, i criteri e le modalità per regolamentare la prosecuzione delle attività di raccolta ed elaborazioni dati necessari per il monitoraggio.

Inoltre, per l’attuazione di tali attività verrà destinata annualmente, a valere sul capitolo 7090 “Fondo da ripartire per la difesa del suolo e tutela ambientale”[253], una somma non inferiore all'un per cento e non superiore al due per cento di tale Fondo, il cui ammontare annuo dovrà essere determinato con il decreto previsto dal comma stesso.

Si fa presente che sul capitolo 7090, riportato nello stato di previsione del Ministero dell’Ambiente (Tab. n. 9) allegato al bilancio 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 267), e recante gli stanziamenti di parte capitale (U.P.B. 1.2.3.6), insistono circa 511,4 milioni di euro in termini di competenza e di cassa. Pertanto la somma da destinare alle finalità previste dalla disposizione in esame dovrebbe essere compresa tra 5,1 e 10,2 milioni di euro.

Si segnala, infine, che analoga disposizione relativa alle modalità di regolamentazione della convenzione tra ANCI e Ministero dell’ambiente è contenuta nell’art. 55 dello schema di decreto legislativo recante il testo unico in materia ambientale, in corso di emanazione ai sensi della legge n. 305 del 2005.

 


Articolo 1, comma 558
(Assunzioni effettuate da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste)

 


558. All’articolo 2 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

«1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche quando l’assunzione sia effettuata da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al 15 per cento dell’organico aziendale, riferito al 1º gennaio dell’anno cui le assunzioni si riferiscono. Le organizzazioni sindacali provinciali di categoria ricevono comunicazione delle richieste di assunzione da parte delle aziende di cui al presente comma».


 

 

Il comma 558 disciplina la possibilità di ricorrere a rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato nel settore dei servizi postali.

In sostanza, si estende a tale settore quanto previsto dall’attuale articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 368 del 2001 con riferimento al settore del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali.

 

Si ricorda che tale articolo consente di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato alle aziende del trasporto aereo o esercenti i servizi aeroportuali, ai fini dello svolgimento di servizi operativi di terra, di volo, di assistenza a bordo ai passeggeri e alle merci, per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al quindici per cento dell’organico aziendale. Si prevede che tale percentuale possa essere aumentata per gli aeroporti minori, previa autorizzazione della direzione provinciale del lavoro.

In ogni caso le organizzazioni sindacali provinciali di categoria ricevono comunicazione da parte delle aziende delle richieste di assunzione in questione.

 

Pertanto il comma in oggetto prevede che le imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste possano stipulare contratti di lavoro a tempo determinato per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al quindici per cento dell’organico aziendale.

 

Si ricorda che il decreto legislativo n. 368 del 2001 è stato predisposto ai sensi degli artt. 1 e 2 e del relativo allegato B della L. 29 dicembre 2000, n. 422 (legge comunitaria 2000), che delegano il Governo al recepimento della direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999. Quest'ultima, ha dato attuazione all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso tra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale CES, UNICE e CEEP.

In concreto, la disciplina proposta rende sotto molti aspetti più agevole il ricorso ai contratti a termine, al fine di rispondere alle esigenze di "flessibilità" nell'impiego della manodopera. In particolare l'articolo 1 definisce condizioni oggettive e requisiti di forma in presenza dei quali è consentita l'apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato. La stipulazione dei contratti a termine è ammessa per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. La norma, integrandosi con l'espressa individuazione dei casi in cui il ricorso al lavoro a termine è vietato (articolo 3) e con la nuova disciplina dei limiti quantitativi di utilizzo (articolo 10, commi 7 e 8), delinea un cambiamento di impostazione che inverte la logica posta a base della normativa vigente (che vieta i contratti a termine, salvo nei casi espressamente ammessi). In sostanza - come sottolinea anche la relazione governativa al testo originario della legge finanziaria - si trasforma in regola quella che è stata finora un'eccezione (peraltro, in progressivo ampliamento). Pertanto, viene soppresso anche il principio secondo cui il rapporto di lavoro "si reputa" a tempo indeterminato, dando, come indicato ancora dalla relazione, parità di status giuridico alle due forme contrattuali.

 


Articolo 1, comma 559
(Emittenti radiofoniche locali)

 

559. All’articolo 145, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dopo le parole: «servizi radiotelevisivi» sono inserite le seguenti: «nonché alle singole emittenti radiofoniche locali risultanti dalla graduatoria formata dal Ministero delle comunicazioni».

 

 

Il comma 559 modifica il comma 19 dell’articolo 145 della legge finanziaria per il 2001 (L. 388/2000), estendendo anche alle emittenti radiofoniche locali risultanti dalla graduatoria formata dal Ministero delle comunicazioni la previsione - attualmente disposta in favore delle emittenti televisive locali - della erogazione di un acconto sui contributi, in caso di ritardi procedurali.

 

I contributi per l’emittenza locale sono stati introdotti dall’art. 45, co. 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (provvedimento “collegato” alla manovra finanziaria 1999), che ha disposto uno stanziamento per il solo triennio 1999-2001 pari a 24 miliardi per ciascuno degli anni 1999 e 2000; 33 miliardi per l’anno 2001.

Successivamente, l’art. 27, co. 10, (sesto periodo) della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria per il 2000) ha reso permanente lo stanziamento, destinando a tale finalità 40 miliardi di lire annue a decorrere dal 2000.

L’art. 145, co. 18, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001) ha incrementato lo stanziamento da 40 a 82 miliardi annui a partire dal 2001.

Il comma 19 del medesimo articolo ha stabilito che l’erogazione delle somme alle emittenti locali avvenga entro il 30 settembre di ciascun anno e che - in caso di ritardi procedurali - alle singole emittenti risultanti dalla graduatoria formata dai comitati regionali per le comunicazioni, ovvero, se non ancora costituiti, dei comitati regionali per i servizi radiotelevisivi, venga erogato, entro il termine del 30 settembre, un acconto, salvo conguaglio, pari al 90 per cento del totale al quale avrebbero diritto, calcolato sul totale di competenza dell'anno di erogazione. Il medesimo comma ha stabilito altresì che il bando di concorso per la concessione alle emittenti televisive locali dei benefìci - previsto dall'articolo 1, comma 1, del regolamento adottato con D.M. 21 settembre 1999, n. 378, del Ministro delle comunicazioni [254] - sia emanato entro il 31 gennaio di ciascun anno

Con l’articolo 52, comma 18, della legge 448/2001 (legge finanziaria 2002) è stato incrementato lo stanziamento di 20 milioni di euro in ragione d’anno, a decorrere dal 2002. Si ricorda che l’articolo 52 citato ha ammesso a beneficiare del contributo previsto per le emittenti locali anche le emittenti radiofoniche locali legittimamente esercenti alla data di entrata in vigore della legge, prevedendo, peraltro, che lo stanziamento complessivo a favore della radiofonia locale non possa superare il 10% del totale.

Con DM 1° ottobre 2002, n. 225 sono state definite le modalità e i criteri di attribuzione del contributo previsto per le emittenti radiofoniche locali. In particolare l’articolo 1 del decreto ha ammesso al beneficio le emittenti radiofoniche locali legittimamente esercenti ossia in possesso dei requisiti prescritti che abbiano inoltrato al Ministero delle comunicazioni, nei termini previsti, la domanda di verifica del possesso dei requisiti alla data del 30 settembre 2001.

L'ammontare annuo dello stanziamento è attribuito per tre dodicesimi alle emittenti radiofoniche a carattere commerciale e per tre dodicesimi alle emittenti radiofoniche a carattere comunitario. I sei dodicesimi dello stanziamento annuo sono attribuiti sulla base di una graduatoria predisposta tenendo conto di una serie di condizioni e di elementi, in maniera proporzionale al punteggio ottenuto da ciascuna emittente. Quanto all’assegnazione dei contributi il decreto prevede che il Ministero delle comunicazioni li assegni su base nazionale nei limiti dello stanziamento annuo, in misura proporzionale al punteggio ottenuto. Il contributo deve essere erogato entro i sei mesi successivi alla presentazione della domanda per l'ottenimento dello stesso.

La domanda di richiesta dei contributi deve essere fatta dalle emittenti entro il 30 ottobre di ciascun anno a cui il contributo si riferisce.

 

L’articolo 80, comma 35 della legge 289/2002 ha incrementato il finanziamento annuale di ulteriori 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2003, prevedendo - limitatamente all’anno 2003 – che l’incremento fosse pari a 10 milioni di euro in luogo di cinque.

L'articolo 4, comma 5, della legge 350 del 2003 (legge finanziaria 2004) ha previsto l’ulteriore incremento di 27 milioni di euro a decorrere dall'anno 2004 del finanziamento annuale previsto dall'articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminato dall'articolo 80, comma 35, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Per il solo anno 2004 il predetto finanziamento è stato incrementato di ulteriori 10 milioni di euro.

Il successivo comma 190 ha disposto che le emittenti radiofoniche nazionali a carattere comunitario possano beneficiare in misura paritaria per una quota pari al 10% dei contributi per le emittenti locali già riservati alle emittenti radiofoniche (cui a loro volta era stato riservato il 10% del plafond complessivo dei contributi per l’emittenza locale); a tali emittenti è quindi destinato l’1% del totale dei contributi stanziati per l’emittenza locale. Le emittenti comunitarie dovevano presentare la domanda per la concessione del beneficio entro il 31 gennaio 2004.

Il comma 213 della legge finanziaria per il 2005 (L. 311/2004) ha previsto - allo scopo di promuovere il potenziamento e l'aggiornamento tecnologico nel settore della radiofonia - che a decorrere dall'anno 2005 la quota dell’1% dei contributi per l’emittenza locale, destinati dall'articolo 4, comma 190, della legge n. 350 del 2003 alle emittenti radiofoniche nazionali a carattere comunitario, non possa essere inferiore a 1 milione di euro all'anno. A tal fine è autorizzata la spesa di 1 milione di euro annui a decorrere dall’anno 2005.. Resta ferma la misura del 10% stabilita dal citato comma 190.

L'accesso ai contributi per le emittenti in questione è subordinato alla presentazione da parte dei soggetti interessati della relativa domanda entro il 31 gennaio di ciascun anno.

Il successivo comma 214 ha ulteriormente incrementato di 5 milioni di euro per il solo anno 2005 il finanziamento annuale a favore delle emittenti locali titolari di concessione.

 

 

Legge 388/2000, articolo 145, comma 19 testo previgente

Legge 388/2000, articolo 145, comma 19 (come modificato dal comma 559 dell’art. 1 della legge 266/2005)

19. L'erogazione delle somme di cui al comma 10, sesto periodo, dell'articolo 27 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, come modificato dal comma 18 del presente articolo, avviene entro il 30 settembre di ciascun anno. In caso di ritardi procedurali, alle singole emittenti risultanti dalla graduatoria formata dai comitati regionali per le comunicazioni, ovvero, se non ancora costituiti, dai comitati regionali per i servizi radio­televisivi, è erogato, entro il predetto termine del 30 settembre, un acconto, salvo conguaglio, pari al 90 per cento del totale al quale avrebbero diritto, calcolato sul totale di competenza dell'anno di erogazione. Il bando di concorso previsto dall'articolo 1, comma 1, del regolamento adottato con D.M. 21 settembre 1999, n. 378, del Ministro delle comunicazioni, per la concessione alle emittenti televisive locali dei benefìci previsti dall'articolo 45, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è emanato entro il 31 gennaio di ciascun anno. È abrogata la lettera a) del comma 1 dell'articolo 2 del citato regolamento adottato con D.M. n. 378 del 1999, del Ministro delle comunicazioni.

 

19. L'erogazione delle somme di cui al comma 10, sesto periodo, dell'articolo 27 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, come modificato dal comma 18 del presente articolo, avviene entro il 30 settembre di ciascun anno. In caso di ritardi procedurali, alle singole emittenti risultanti dalla graduatoria formata dai comitati regionali per le comunicazioni, ovvero, se non ancora costituiti, dai comitati regionali per i servizi radio­televisivi nonché alle singole emittenti radiofoniche locali risultanti dalla graduatoria formata dal Ministero delle comunicazioni è erogato, entro il predetto termine del 30 settembre, un acconto, salvo conguaglio, pari al 90 per cento del totale al quale avrebbero diritto, calcolato sul totale di competenza dell'anno di erogazione. Il bando di concorso previsto dall'articolo 1, comma 1, del regolamento adottato con D.M. 21 settembre 1999, n. 378, del Ministro delle comunicazioni, per la concessione alle emittenti televisive locali dei benefìci previsti dall'articolo 45, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è emanato entro il 31 gennaio di ciascun anno. È abrogata la lettera a) del comma 1 dell'articolo 2 del citato regolamento adottato con D.M. n. 378 del 1999, del Ministro delle comunicazioni.

 

 

 


Articolo 1, comma 560
(Rete di telecomunicazione GSM per sicurezza traffico ferroviario)

 


560. Il comma 3-bis dell’articolo 87 del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, è sostituito dal seguente:

«3-bis. Al fine di accelerare la realizzazione degli investimenti per il completamento della rete di telecomunicazione GSM-R dedicata esclusivamente alla sicurezza ed al controllo del traffico ferroviario, nonché al fine di contenere i costi di realizzazione della rete stessa, all’installazione sul sedime ferroviario ovvero in area immediatamente limitrofa dei relativi impianti ed apparati si procede con le modalità proprie degli impianti di sicurezza e segnalamento ferroviario, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione». Le disposizioni del comma 3-bis dell’articolo 87 del decreto legislativo n. 259 del 2003, come sostituito dal presente comma, si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, riguardanti sia le installazioni già realizzate, sia quelle in corso di realizzazione ovvero non ancora attivate, comunque avviati ai sensi della previgente normativa.


 

 

Il comma 560 modifica il comma 3-bis dell’articolo 87 del codice della comunicazioni elettroniche[255], prevedendo una semplificazione amministrativa della procedura di installazione della rete di telecomunicazioni su aree ferroviarie.

 

L'art. 87 del codice del comunicazioni elettroniche disciplina i procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici, subordinandone l'installazione e la modifica delle caratteristiche di emissione ad una autorizzazione che deve essere rilasciata dagli enti locali, previo accertamento, da parte dell'organismo competente ad effettuare i controlli della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, relativamente alle emissioni elettromagnetiche, stabiliti uniformemente a livello nazionale.

L’articolo 87 prevede, inoltre, una procedura abbreviata consistente in una semplice denuncia di inizio attività nel caso di installazione di impianti, con tecnologia UMTS o di altro genere, con potenza in singola antenna uguale o inferiore ai 20 watt.

Il comma 3-bis, nella formulazione previgente, subordinava l’installazione della rete di telecomunicazioni su aree ferroviarie alla procedura semplificata della denuncia di inizio attività sopra descritta, fermo restando - come già previsto in via generale dal codice stesso - il rispetto dei limiti di esposizione elettromagnetica, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità indicati. La rete di telecomunicazioni, finalizzata a garantire un maggiore livello di sicurezza e di affidabilità alla rete ferroviaria italiana, deve essere ad uso esclusivo interno della società RFI (Rete ferroviaria italiana Spa)[256], attualmente gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale[257].

 

La nuova formulazione del comma 3-bis prevede l’installazione degli impianti e degli apparati della rete di telecomunicazione GSM-R sul sedime ferroviario ovvero in area immediatamente limitrofa:

-        secondo le modalità proprie degli impianti di sicurezza e segnalamento ferroviario;

-        fermo restando il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità alle esposizioni elettromagnetiche stabiliti dalla legge 36/2001, già richiamato in via generale dall’articolo 87, comma 1, del codice della comunicazioni elettroniche.

Si ricorda che legge n. 36 del 22 febbraio 2001, Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, oltre a dettare una disciplina unitaria, applicabile a tutte le fonti di inquinamento elettrico e magnetico, si è proposta di fissare - attraverso rinvii a specifici DPCM - nuovi limiti di esposizione, valori di attenzione ed obiettivi di qualità[258], nonché le tecniche di misurazione e di rilevamento dell'inquinamento elettromagnetico (art. 4). A tale dettato normativo si è data recentemente attuazione attraverso l’emanazione del DPCM 8 luglio 2003 che ha provveduto a fissare i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz. In relazione alla fissazione dei limiti di esposizione, il DPCM fa quindi rinvio ai valori contenuti nella tabella 1 dell’allegato B dello stesso DPCM, per i valori di attenzione si rinvia alla tabella 2 dell’allegato B e, infine, per gli obiettivi di qualità il rinvio è alla tabella 3 dell’allegato B.

 

La disposizione illustrata risulta finalizzata ad “accelerare la realizzazione degli investimenti per il completamento della rete di comunicazione GSM-R dedicata esclusivamente alla sicurezza ed al controllo del traffico ferroviario, nonché [a] contenere i costi di realizzazione della rete”

 

Il comma in esame precisa inoltre che la procedura indicata si applica anche ai procedimenti già in corso alla data di entrata in vigore della disposizione e comunque avviati ai sensi della normativa attualmente vigente, riguardanti sia le installazioni già realizzate sia quelle in corso di realizzazione ovvero non ancora attivate.

 

Si ricorda che il tema del potenziamento della sicurezza in ambito ferroviario è da tempo all’attenzione della Unione europea, nonché della legislazione nazionale. In particolare si segnala che con il D.Lgs 188/2003 è stato recepito il “pacchetto ferroviario” costituito dalle direttive 2001/12/CE, 2001/13/CE, 2001/14/CE (cd. pacchetto “infrastruttura”), che ha ridefinito il quadro regolamentare del settore, sia al fine di una maggiore apertura del mercato alla concorrenza, sia al fine di garantire una maggiore sicurezza del trasporto ferroviario, secondo standard e criteri di controllo comuni in ambito europeo. Tra i numerosi contenuti, per quanto attiene al tema in esame, si ricordano in particolare la previsione della necessaria costituzione in ogni Stato membro di un organismo di regolazione (che può essere anche individuato nel Ministero, come è accaduto con il D.Lgs. di recepimento n. 188), con requisiti di indipendenza rispetto alle imprese ferroviarie, ai “richiedenti” ed al gestore dell’infrastruttura[259], la certificazione di sicurezza dell’impresa ferroviaria, che deve essere rilasciata da un organismo indipendente da enti o imprese che prestano servizi di trasporto ferroviario (con il D.Lgs. di recepimento n. 188, tale soggetto è stato individuato nel gestore dell’infrastruttura).

Il quadro regolamentare comunitario è peraltro ancora in evoluzione in considerazione dei successivi pacchetti ferroviari.

In particolare nel “secondo pacchetto ferroviario” figurano:

-        la direttiva (2004/49/CE) relativa alla sicurezza delle ferrovie comunitarie (il cui termine di recepimento da parte degli Stati membri è stato fissato al 30 aprile 2006);

-        Il regolamento n. 881/2004 relativo all’istituzione di un'Agenzia ferroviaria europea per la sicurezza.

Il terzo pacchetto ferroviario, volto a completare il quadro legislativo comunitario in materia, si richiama agli orientamenti fissati sul Libro bianco sulla politica dei trasporti e comprende:

-        una comunicazione (COM (2004) 140) che traccia il quadro delle nuove azioni proposte dalla Commissione in merito;

-        quattro proposte relative ad alcuni specifici settori di intervento[260]

 

D.Lgs. 259/2003 - Art. 87, co. 3-bis

(testo previgente)

D.Lgs. 259/2003 - Art. 87, co. 3-bis,

(come modificato dal comma 560 dell’articolo 1 della legge 266/2005)

3-bis. Ad uso esclusivo interno della Società Rete Ferroviaria Italiana (RFI) Spa ed al fine di garantire un maggiore livello di sicurezza e di affidabilità della rete ferro­viaria italiana, è sufficiente la denuncia di inizio attività di cui al comma 3 per l'istallazione, su aree ferroviarie, di una rete di telecomunicazioni, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di atten­zione e degli obiettivi di qualità indicati al comma 1

3-bis. Al fine di accelerare la realiz­zazione degli investimenti per il completamento della rete di teleco­municazione GSM-R dedicata esclusi­vamente alla sicurezza ed al controllo del traffico ferroviario, nonché al fine di contenere i costi di realizzazione della rete stessa, all'installazione sul sedime ferroviario ovvero in area immedia­tamente limitrofa dei relativi impianti ed apparati si procede con le modalità proprie degli impianti di sicurezza e segnalamento ferroviario, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di atten­zione e degli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provve­dimenti di attuazione

 


Articolo 1, comma 561
(Bonifica aree industriali)

 


561. All’articolo 1, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, e successive modificazioni, dopo la lettera p-quaterdecies), sono aggiunte le seguenti:

«p-quinquiesdecies) area industriale del comune di cui all’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 1994, n. 679;

p-sexiesdecies) aree di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 aprile 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 95 del 24 aprile 1995».


 

 

Il comma 561 inserisce tra i siti di interesse nazionale da bonificare che usufruiscono del finanziamento pubblico previsto dalla legge n. 426 del 1998 l’area industriale del comune di cui all’articolo 3 del D.P.R. 5 ottobre 1994, n. 679, cioè del comune di Milazzo e le aree di cui al D.P.C.M 14 aprile 1995, ovvero l'area del bacino idrografico del fiume Sarno, compresa nelle province di Avellino, Salerno e Napoli.

Si ricorda che l’articolo 17 del decreto legislativo n. 22 del 1997 ha previsto una disciplina molto articolata degli obblighi che gravano in capo ai soggetti che si rendano responsabili (anche senza colpa) dell’inquinamento di determinati siti. Uno degli obblighi previsti è relativo al finanziamento delle spese occorrenti a eliminare il danno prodotto

L’articolo 17 prevede peraltro che vi possa essere il concorso del finanziamento pubblico per quel che riguarda gli oneri connessi alle operazioni di bonifica.

In applicazione di tale disposto normativo la legge n. 426 del 1998 ha previsto lo stanziamento di somme in favore di interventi di bonifica riguardanti siti di interesse nazionale, rinviando a tal proposito all’elaborazione di un programma nazionale da adottare con apposito decreto, avente il compito di individuare tali siti. Tale programma è stato adottato con il decreto ministeriale 18 settembre 2001 n. 168.

Il comma 4 dell’articolo 1 della legge n. 426 del 1998 ha inoltre indicato una serie di aree da considerare di interesse nazionale e che beneficiano quindi di finanziamenti pubblici.

La disposizione in commento provvede quindi ad inserire tra i siti di interesse nazionale anche le aree sopra specificate.

Il comma 1 dell’articolo 1 della legge n. 426 del 1998 prevede che al fine di consentire il concorso pubblico nella realizzazione di interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, ivi compresi aree e specchi d'acqua marittimi, lacuali, fluviali e lagunari in concessione, anche in caso di loro dismissioni, nei limiti e con i presupposti di cui all'articolo 17, comma 6-bis, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, nonché per gli impegni attuativi del protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici di cui alla deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) del 3 dicembre 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 1998, del piano straordinario di completamento e razionalizzazione dei sistemi di collettamento e depurazione di cui all'articolo 6 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, e degli accordi e contratti di programma di cui all'articolo 25 del citato decreto legislativo n. 22 del 1997, sono autorizzati limiti di impegno ventennali di lire 27.000 milioni a decorrere dall'anno 1998, di lire 5.600 milioni a decorrere dall'anno 1999 e di lire 16.200 milioni a decorrere dall'anno 2000. Per le medesime finalità è altresì autorizzata la spesa di lire 130.000 milioni per l'anno 2000; per gli anni successivi, al finanziamento degli interventi si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni.

Il comma 2 dispone che alla realizzazione degli interventi di cui al comma 1 possono concorrere le ulteriori risorse destinate dal CIPE al finanziamento di progetti di risanamento ambientale, nonché quelle attribuite al Ministero dell'ambiente in sede di riprogrammazione dei fondi disponibili nell'àmbito del quadro comunitario di sostegno 1994-1999.

Il comma 3 prevede che per la realizzazione degli interventi di cui al comma 1 e per la utilizzazione delle relative risorse finanziarie il Ministero dell'ambiente adotta, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, che individua gli interventi di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi e le modalità di trasferimento delle relative risorse. Il programma tiene conto dei limiti di accettabilità, delle procedure di riferimento e dei criteri definiti dal decreto ministeriale di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni.

Con il Decreto Ministeriale del 18 settembre 2001, n. 468, si è provveduto ad emanare il previsto Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale, dopo aver acquisito l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ed i previsti pareri da parte delle Commissioni competenti presso i due rami del Parlamento, espressi, questi ultimi, nelle sedute del 14 marzo 2001 (Camera dei Deputati) e 21 marzo 2001 (Senato della Repubblica).

 

L'articolo 2 del Decreto n. 468 ha definito quindi i contenuti del Programma nazionale individuando gli ulteriori interventi di bonifica di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi, le modalità ed il trasferimento delle relative risorse, le modalità di monitoraggio e di controllo delle attività di realizzazione degli interventi previsti, i presupposti e le procedure di revoca dei finanziamenti con il relativo riutilizzo delle risorse resesi disponibili.

Nell'articolo 3 vengono infatti individuati come interventi di interesse nazionale, oltre quelli già previsti dalla legge n. 426 del 1998 (Allegati A e B) e dalla legge n. 388 del 2000 (Allegati C e D), ulteriori 23 nuovi interventi (Allegati E ed F), indicati tra quelli che le regioni ritengono prioritari e che possiedono requisiti tali da farli classificare come di interesse nazionale.

Ai sensi del successivo articolo 5, il contributo pubblico nella realizzazione degli interventi di bonifica ambientale, è ammesso sia nei confronti delle pubbliche amministrazioni che dei soggetti privati, ma escludendo comunque quei soggetti privati che risultino a qualsiasi titolo responsabili del danno ambientale.

Per quanto riguarda i criteri di finanziamento, l’articolo 6 dispone direttamente la ripartizione dei finanziamenti in fase di prima applicazione, attribuendo le risorse indicate nella tabella G alle varie regioni interessate.

L'individuazione dei soggetti beneficiari nonché le modalità, le condizioni e i termini per l'erogazione dei finanziamenti sono invece direttamente demandate alle regioni, nel rispetto di specifici criteri di erogazione.

Il monitoraggio ed il controllo sull’attuazione del programma nazionale e sulla conformità degli interventi stessi vengono affidati alle Regioni, con il contributo delle ARPA.

Infine sono previste disposizioni per la revoca dei finanziamenti e la loro riassegnazione.

 


Articolo 1, commi 562-565
(Vittime della criminalità e del terrorismo)

 


562. Al fine della progressiva estensione dei benefìci già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo a tutte le vittime del dovere individuate ai sensi dei commi 563 e 564, è autorizzata la spesa annua nel limite massimo di 10 milioni di euro a decorrere dal 2006.

563. Per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui all’articolo 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subìto un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi:

a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità;

b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;

c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;

d) in operazioni di soccorso;

e) in attività di tutela della pubblica incolumità;

f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego interna­zionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità.

564. Sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563 coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative.

565. Con regolamento da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono disciplinati i termini e le modalità per la corresponsione delle provvidenze, entro il limite massimo di spesa stabilito al comma 562, ai soggetti di cui ai commi 563 e 564 ovvero ai familiari superstiti.


 

 

I commi 562-565 disciplinano l’estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, anche alle vittime del dovere, comprendendo in questa definizione tutti i dipendenti pubblici.

 

A tal fine, il comma 562 reca l’autorizzazione alla spesa annua della cifra massima di 10 milioni di euro, a partire dal 2006, al fine appunto della “progressiva” estensione dei benefici di cui sopra a tutte le vittime del dovere, secondo alcune condizioni indicate nei commi seguenti.

 

Il comma 563 individua le categorie che devono essere considerate tra le vittime del dovere.

Innanzitutto, vengono indicati (attraverso il richiamo all’art. 3 della L. 466/1980[261]) i soggetti con i quali la normativa vigente normalmente identifica le vittime del dovere. Si tratta, infatti, di persone che per il loro tipo di attività lavorativa sono più esposti ai rischi nei confronti della propria incolumità: in primo luogo, dunque, le forze dell’ordine e i militari, ma anche i magistrati, i vigili del fuoco ecc.

Inoltre, il comma in esame ricomprende tra le vittime del dovere tutti gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito una invalidità permanente a due condizioni: che il fatto avvenga in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto e che la causa dell’evento sia compresa in una delle seguenti:

§      contrasto ad ogni tipo di criminalità (non solamente, dunque, di tipo organizzato e mafioso);

§      servizi di ordine pubblico;

§      vigilanza ad infrastrutture civili e militari;

§      operazioni di soccorso;

§      attività di tutela della pubblica incolumità;

§      azioni avvenute “in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità”.

Si tratta, come appare evidente, di attività tipiche delle categorie sopra richiamate (forze dell’ordine, militari), e non appare agevole individuare quali altri dipendenti pubblici potrebbero essere interessati (tra questi potrebbe individuarsi il personale della Protezione civile). Tanto più che è previsto espressamente che la speciale elargizione dovuta alle vittime del dovere sia concessa a qualsiasi persona (non necessariamente dipendente pubblico) che, legalmente richiesta, presti assistenza alle forze di polizia (L. 466/1980, art. 4).

Tuttavia, l’inclusione di tutti i dipendenti pubblici (e quindi non solo degli appartenenti a determinate categorie a rischio) costituisce indubbiamente una novità nella disciplina vigente in materia.

 

Si ricorda che ai sensi della legislazione vigente sono definite vittime del dovere gli appartenenti alle forze dell’ordine (Arma dei carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di finanza, Corpo degli agenti di custodia e Corpo forestale dello Stato) caduti in attività di servizio a causa di azioni terroristiche o criminose o in servizio di ordine pubblico, e più in generale in conseguenza di eventi connessi all’espletamento di funzioni di istituto e dipendenti da rischi specifici dovuti a operazioni di polizia preventiva, repressiva, o di soccorso (L. 629/1973, art. 1 e 3, co. 2). Assimilabili alle categorie sopra citate sono anche i magistrati, il personale civile dell’Amministrazione penitenziaria, i vigili del fuoco, i militari (in servizio di ordine pubblico o di soccorso) e i vigili urbani (L. 466/80, art. 3 e 4). Rientrano tra le vittime del dovere, come si è accennato, anche i privati cittadini che su richiesta prestano assistenza alle forze dell’ordine (L. 466/80, art. 4).


Il comma 564 reca una disposizione che equipara ai soggetti di cui al comma precedente anche le vittime di “missioni di qualunque natura”, sia in Italia che all’estero, che “per le particolari condizioni ambientali od operative”, non meglio specificate, siano riconosciute dipendenti da causa di servizio. Si tratta di una norma volta ad estendere i benefici per le vittime anche a personale presumibilmente non dipendente da pubbliche amministrazioni, dal momento che vengono definiti “equiparati” ad essi.

 

Il comma 565 fa rinvio, per quanto riguarda la definizione dei termini e delle modalità per la concessione dei benefici, ad un regolamento di esecuzione (ex art. 17, comma 1, della legge 400/1988[262]) da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento di esame (entro marzo 2006). Si tratta di un decreto del ministro dell’interno, adottato di concerto con il ministro della difesa e con il ministro dell’economia e delle finanze.

 

La legislazione in materia di provvidenze a favore delle vittime del dovere risulta oggi strettamente intrecciata con quella concernente le vittime del terrorismo e, più in generale, le vittime di azioni criminose.

Per un esame analitico della disciplina vigente si rinvia al paragrafo posto in calce alla scheda. In questa sede è opportuno rilevare le eventuali differenze di trattamento tra le due categorie che giustifichino l’intervento normativo in oggetto.

Effettivamente, l’ultimo atto normativo intervenuto in materia, la legge 206/2004, introduce alcune disposizioni dirette a beneficiare esclusivamente le vittime del terrorismo, come si evince dallo stesso titolo della legge: Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.

Innanzitutto, la legge 206 porta a 200.000 euro la speciale elargizione una tantum, definita da provvedimenti precedenti, che costituisce uno (e per molto tempo è stato l’unico) dei benefici per le vittime. Si tratta di una provvidenza, corrisposta in proporzione alla percentuale di invalidità, disciplinata da ultimo dall’articolo 1 della legge 302/1990, che la legge 206 ha modificato per quanto riguarda l’importo. Tale elargizione è dovuta oltre alle vittime del terrorismo, anche, ai sensi del citato art. 1 della legge 302 anche a chiunque subisca danni a causa di atti di eversione dell’ordine democratico e di delitti di mafia.

Una elargizione di pari importo, ma attribuita con differenti modalità, è prevista anche per le vittime del dovere ai sensi dell’art. 3 della legge 466/1980 (l’importo fissato a 100 milioni è stato elevato a 200.000 euro ad opera del DL 337/2003, art. 2).

Altre provvidenze, disciplinate dalla legge 206, non trovano riscontro tra i benefici per le vittime del dovere; tra le principali di esse si ricordano:

-       la concessione, in aggiunta della speciale elargizione, di un assegno vitalizio, pari a 1.033 euro rivalutati automaticamente (art. 5, comma 3)[263];

-       la maggiorazione dello stipendio finale ai fini pensionistici e di trattamento di fine rapporto (art. 2);

-       l’aumento figurativo di 10 anni di versamenti contributivi per chi ha subito una invalidità al di sotto dell’80% (art. 3);

-       l’equiparazione ai grandi invalidi di guerra e il diritto immediato alla pensione diretta per coloro che hanno subito una invalidità superiore all’80% (art. 4);

-       l’assistenza psicologica a carico dello Stato (art. 6, co. 2);

-       l’esenzione della partecipazione alla spesa per ogni tipo di prestazione sanitaria e farmaceutica (art. 9).

 

Nella tabella che segue sono confrontati alcuni tipi di provvidenze in favore delle vittime del terrorismo e del dovere secondo la legislazione vigente.

Tipo di beneficio

Vittime del terrorismo

Vittime del dovere

Elargizione una tantum per invalidità

€ 200.000 (L. 206/2004 art. 5, co. 1. L. 302/90 art. 1)

€ 200.000 (L. 466/80 art. 3, DL 337/2003 art. 2)

Elargizione una tantum ai superstiti

€ 200.000 (L. 206/2004 art. 5, co. 3)

€ 200.000 (L. 629/73 art. 3, DL 337/2003 art. 2)

Vitalizio

€ 1.033 mensili (L. 302/90 art. 5, co 3)

L 500.000 mensili (L. 407/98 art. 2. L. 388/2000, art. 82, co. 1)

Diritto al collocamento obbligatorio

Vittime e familiari (L. 407/98 art. 1, co. 2)

Familiari forze armate e polizia (L. 3/2003 art. 34)

 

Successivamente all’entrata in vigore della legge 206 si sono riscontrate diverse difficoltà interpretative di parte delle nuove disposizioni che hanno comportato alcuni problemi nella loro applicazione.

Le problematiche relative all’attuazione della legge 206 sono state oggetto di discussione parlamentare in occasione dell’esame di tre mozioni discusse alla Camera dei deputati e approvate all’unanimità il 24 gennaio 2006[264].

Alcune questioni di carattere previdenziale, pensionistico e di assistenza medica, psicologica e farmaceutica hanno trovato soluzione di recente con l’adozione di apposite istruzioni[265]. Su altre controversie interpretative della legge, il Ministero dell’interno sta predisponendo una richiesta di parere al Consiglio di Stato. Inoltre, sempre nell’ambito del Ministero dell’interno è stato costituito un tavolo di lavoro interdipartimentale con carattere permanente, per assicurare il coordinamento nell’attività interpretativa[266].

 

La legislazione vigente

Basata inizialmente su una disposizione del R.D.L. 261/1921[267], che riguardava il corpo di polizia e i carabinieri, la disciplina generale in materia ha subìto nel tempo numerose integrazioni e modifiche[268] dirette soprattutto a:

-       adeguare la misura dell’elargizione una tantum che, almeno inizialmente, costituiva la principale provvidenza;

-       estendere le categorie ammesse a fruire dei benefici previsti dalla legge;

-       diversificare i tipi di provvidenze, affiancando alla elargizione una tantum la concessione di pensioni privilegiate, l’attribuzione del diritto all’assunzione obbligatoria e l’esenzione dal pagamento dei ticket sanitari;

-       ampliare le condizioni per la concessione dei benefici, sia per ciò che riguarda gli eventi considerati (morte, invalidità permanente) sia per ciò che riguarda le circostanze in cui l’evento si verifica.

-       La vigente disciplina di ordine generale fa principalmente capo alle seguenti leggi:

-       Legge 13 agosto 1980, n. 466, Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche;

-       Legge 20 ottobre 1990, n. 302, Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata;

-       Legge 23 novembre 1998, n. 407, Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata;

-       Legge 23 dicembre 2000, n. 388, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001);

-       Legge 3 agosto 2004, n. 206, Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.

 

Le leggi 302/1990 e 407/1998 sono state da ultimo modificate in alcuni punti dal D.L. 13/2003[269].

Il regolamento approvato con D.P.R. 510/2000[270] ha disciplinato in modo unitario e coordinato le modalità di attuazione delle leggi testé citate.

 

La legge 13 agosto 1980, n. 466 ha mirato ad una riorganizzazione della materia, prevedendo:

§       l’estensione della già prevista elargizione una tantum (aumentata a 100 milioni di lire) a nuove categorie di soggetti, in caso di morte o di grave invalidità: la misura interessa, oltre agli appartenenti alle Forze di polizia, i vigili del fuoco, i militari delle Forze armate, i vigili urbani, i magistrati ordinari, qualsiasi persona legalmente richiesta di prestare assistenza alle Forze di polizia, nonché tutti i cittadini italiani quando la morte o la grave invalidità consegua ad azioni terroristiche;

§       il diritto all’assunzione obbligatoria, secondo le disposizioni sul collocamento, al coniuge superstite ed ai figli dei soggetti appartenenti alle categorie destinatarie delle provvidenze, con precedenza su ogni altra categoria prevista dalle leggi vigenti;

§       l’ulteriore precisazione della definizione di “vittime del dovere”, comprendendo nelle circostanze legittimanti la corresponsione dei benefici – indicate nell’art. 1 della L. 629/1973 – anche gli eventi connessi all’espletamento delle funzioni di istituto, proprie delle categorie considerate, e, più specificamente, all’attività di soccorso ed alle operazioni di polizia preventiva e repressiva.

 

La legge 3 giugno 1981, n. 308 ha introdotto norme in favore dei militari di leva e di carriera appartenenti alle Forze armate, feriti o caduti in servizio e dei loro superstiti.

Essa dispone la concessione della pensione privilegiata ordinaria nonché dei benefici, relativi anch’essi al trattamento pensionistico, previsti dagli articoli 15 e 16 della L. 9/1980[271], ai militari, di carriera o di leva, ed ai loro congiunti, che subiscano, per causa di servizio o durante il periodo di servizio, un evento dannoso che ne provochi la morte o che comporti una menomazione dell’integrità fisica ascrivibile ad una delle categorie di cui alla tabella A o alla tabella B, del testo unico sulle pensioni di guerra (L. 313/1968[272]).

Ai soggetti sopraindicati si applicano, inoltre, le norme sull’equo indennizzo, di cui alla L. 1094/1970[273].

Ai superstiti dei militari caduti nell’adempimento del dovere in servizio di ordine pubblico o di vigilanza ad infrastrutture civili e militari, ovvero in operazioni di soccorso, è corrisposta una speciale elargizione di 200.000 euro pari quella prevista per i superstiti delle vittime del dovere (tale importo è stato così fissato da ultimo con il D.L. 337/2003).

 

La legge 20 ottobre 1990, n. 302, recante norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, ha disposto:

§       l’elevazione fino a 150 milioni di lire delle elargizioni di cui alla L. 466/1980 citata;

§       un ampliamento delle categorie dei beneficiari, prevedendo la corresponsione di un’elargizione, anch’essa pari a 150 milioni, a chiunque[274] subisca un’invalidità permanente per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza di vari accadimenti e, in particolare:

-       di atti di terrorismo o eversione dell’ordine democratico;

-       di fatti delittuosi commessi per il perseguimento delle finalità delle associazioni mafiose;

-       di operazioni di prevenzione o repressione dei fatti delittuosi previsti dai punti precedenti;

-       di assistenza prestata ad ufficiali e agenti di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza, nel corso di operazioni di lotta al terrorismo ed alla criminalità organizzata;

§         la corresponsione della elargizione anche ai superstiti, compresi:

-       i componenti la famiglia della vittima;

-       i soggetti non parenti né affini, né legati da rapporto di coniugio, che risultino conviventi a carico della vittima negli ultimi tre anni precedenti l’evento;

-       i conviventi more uxorio;

§       l’introduzione della possibilità, per i beneficiari che abbiano riportato una invalidità pari ad almeno due terzi della capacità lavorativa e per i superstiti, di ottenere un assegno vitalizio, in luogo dell’elargizione in unica soluzione;

§       il diritto all’assunzione obbligatoria presso le pubbliche amministrazioni dei coniugi superstiti, figli e genitori dei soggetti deceduti o resi permanentemente invalidi in misura non inferiore all’80% della capacità lavorativa (tale disposizione è stata poi abrogata dall’art. 22 della L. 68/1999);

§       l’esenzione dal pagamento dei ticket sanitari per ogni tipo di prestazione conseguente agli eventi che legittimano la corresponsione dei benefici[275].

 

È quindi intervenuta la legge 23 novembre 1998, n. 407, che – nel testo modificato dal citato D.L. 13/2003 – apporta, tra le altre, le seguenti innovazioni:

§       diritto al collocamento obbligatorio ai soggetti di cui all’art. 1 della L. 302/1990 (si tratta di coloro che hanno subito un’invalidità permanente a causa di atti di terrorismo) e ai superstiti dei deceduti;

§       corresponsione di un vitalizio, oltre alla elargizione una tantum, di 500 mila lire mensili a chiunque subisca un’invalidità permanente non inferiore a un quarto della capacità lavorativa e ai superstiti delle vittime;

§       attribuzione di due annualità della pensione di reversibilità ai congiunti degli invalidi di cui all’art. 1 della L. 302/1990, in caso di decesso di questi ultimi;

§       istituzione di borse di studio riservate agli invalidi di cui sopra e agli orfani e ai figli delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata;

§       riliquidazione degli importi già corrisposti a titolo di speciale elargizione sulla base della rivalutazione operata dalla L. 302/1990, che, si ricorda, aveva elevato l’importo a 150 milioni di lire[276].

 

Un ulteriore assestamento di questa disciplina è stato operato dall’art. 82 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), che, tra l’altro:

§       riliquida gli importi già corrisposti a titolo di speciale elargizione di cui alla citata L. 466/1980 ai “superstiti di atti di terrorismo”, colpiti da grave invalidità permanente, tenendo conto dell’aumento (a 150 milioni) disposto dalla successiva L. 302/1990. Precisa inoltre a quali familiari delle vittime di atti di terrorismo – e in quale ordine – spettino le provvidenze ex L. 302/1990 in assenza dei familiari più prossimi in grado;

§       prevede che i benefìci previsti dalla L. 302/1990 e dalla L. 407/1998 si applichino a decorrere dal 1º gennaio 1967[277];

§       introduce un principio di ordine generale, in base al quale per la concessione di benefici alle vittime della criminalità organizzata si applicano le norme vigenti in materia per le vittime del terrorismo, qualora più favorevoli;

§       attraverso due modifiche alla L. 407/1998, tende ad equiparare, dal punto di vista dei benefici, le vittime della criminalità organizzata a quelle del terrorismo.

 

Ulteriori misure, specificamente rivolte ad ampliare la portata delle disposizioni vigenti in favore dei congiunti del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia, sono state introdotte ad opera degli artt. 34 e 37 della L. 16 gennaio 2003, n. 3[278]. In particolare, viene esteso ai familiari del personale delle forze armate e delle forze di polizia caduti o feriti in attività operative il diritto al collocamento obbligatorio, già disposto per le vittime del terrorismo ai sensi della L. 407/98.

 

Il D.L. 28 novembre 2003, n. 337[279]ha introdotto specifiche provvidenze per le famiglie delle vittime civili italiane decedute in conseguenza degli attentati terroristici a Nassiriya e Istanbul[280] avvenuti nel novembre 2003, estendendo loro i benefici previsti, per analoghi eventi verificatisi sul territorio nazionale, dalle leggi 302/1990 e 407/1998, ovvero una speciale elargizione e un assegno vitalizio mensile, e ha reso possibile l’applicazione ai militari delle Forze armate e alle Forze di polizia[281], caduti o feriti a causa di eventi accaduti anche all’estero, dei benefici disposti dalle due leggi citate. In assenza di quest’ultimo provvedimento, le provvidenze previste dalle leggi citate non sarebbero risultate applicabili agli eventi di Nassiriya e di Istanbul, in quanto espressamente riferite ad eventi criminosi verificatisi nel territorio dello Stato.

Il provvedimento dispone inoltre l’esenzione dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) dei benefici corrisposti ed eleva a 200.000 euro, per gli eventi successivi alla data del 1° gennaio 2003, le elargizioni dalle leggi 302/1990, 629/1973, 466/1980 e 308/1981.

 

In proposito è successivamente intervenuto il D.L. 20 gennaio 2004, n. 9, convertito dalla legge 12 marzo 2004, n. 68[282],il cui art. 1-bis estende ai familiari il diritto al collocamento obbligatorio e il beneficio delle borse di studio previsti dalla L. 407/1998.

 

La legge 3 agosto 2004, n. 206, infine, ha dettato norme in favore dei cittadini italiani vittime di atti di terrorismo e di stragi, compiute sul territorio nazionale o all’estero, e dei loro familiari superstiti. Tale legge si innesta sulla stratificata disciplina preesistente: l’art. 1 infatti prevede in via generale che, per quanto da legge stessa non espressamente previsto, si applicano le disposizioni contenute nelle leggi 302/1990 e 407/1998 e l’art. 82 della L. 388/2000. Le altre misure stabiliscono:

§       la ridefinizione a 200.000 euro dell’entità massima delle elargizioni, già disposte dalla normativa previgente, in favore di chiunque subisca una invalidità permanente (o dei familiari in caso di morte) a causa di atti di terrorismo;

§       la concessione, oltre all’elargizione, di uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili, soggetto alla perequazione automatica;

§       la rivalutazione delle percentuali di invalidità già riconosciute e indennizzate in base alla normativa preesistente, tenendo conto dell’eventuale intercorso aggravamento fisico e del riconoscimento del danno biologico e morale;

§       la prestazione, a carico dello Stato, dell’assistenza psicologica alle vittime e ai loro familiari;

§       alcuni benefici che incidono sui trattamenti pensionistici (aumento figurativo di 10 anni dei versamenti contributivi utili ad aumentare l’anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione e il trattamento di fine rapporto; equiparazione, per le vittime che hanno subìto danni più gravi, ai grandi invalidi di guerra e riconoscimento del diritto immediato alla pensione diretta; adeguamento costante, al trattamento in godimento dei lavoratori in attività, delle pensioni delle vittime);

§       il diritto al patrocinio legale gratuito, a carico dello Stato, nei procedimenti penali, civili, amministrativi e contabili per le vittime e i loro superstiti;

§       la garanzia di tempi certi per le procedure in sede amministrativa e giurisdizionale relative al riconoscimento e alla valutazione dell’invalidità e all’attribuzione di provvidenze alle vittime del terrorismo;

§       l’applicazione dei benefici della L. 206/2004 a decorrere dal 1° gennaio 1961, per gli eventi verificatisi in Italia, e dal 1° gennaio 2003, per quelli all’estero.

 


Articolo 1, comma 566
(Reti globali di monitoraggio climatico e ambientale)

 


566. Per assicurare la partecipazione alle reti globali di monitoraggio climatico e ambientale nell’ambito del programma promosso dall’Organizzazione delle Nazioni Unite «Atmospheric Brown Cloud» e «SHARE-Asia», anche ai fini delle ricadute sul sistema produttivo agricolo mondiale e del supporto ai progetti collegati per lo sviluppo sostenibile nelle regioni montane nel quadro del Partenariato internazionale delle Nazioni Unite, è assegnato al Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) un contributo annuo di 1,8 milioni di euro per l’anno 2006. Il Comitato di cui al decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1182, assicura il collegamento e lo scambio di informazioni tra il CNR e il Ministero delle politiche agricole e forestali per quanto riguarda l’attuazione del programma SHARE-Asia.


 

 

Il comma 566 assegna al Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) per il 2006 un contributo di 1,8 milioni di euro: il contributo è finalizzato alla partecipazione italiana alle reti globali di monitoraggio climatico e ambientale, e in particolare sia al Programma delle Nazioni Unite intitolato “Atmospheric Brown Cloud”, che al progetto SHARE-Asia. La partecipazione italiana avviene anche avendo riguardo alle ricadute dei progetti in questione sull’agricoltura mondiale e sullo sviluppo sostenibile nelle regioni montane del pianeta.

 

Il Consiglio nazionale delle ricerche è stato recentemente riordinato con D.Lgs 127/2003[283]; ai sensi di quest’ultimo Il C.N.R. ha personalità giuridica di diritto pubblico e gode di autonomia scientifica, finanziaria, organizzativa, patrimoniale e contabile.

Tra le finalità del CNR, per quanto qui interessa, oltre alla promozione della ricerca con obiettivi di eccellenza in ambito nazionale e internazionale - anche in collaborazione con università e soggetti pubblici o privati - figura la partecipazione a programmi internazionali di ricerca nell’ ambito del Piano triennale delle attività (previsto dall’art. 16 del D.Lgs.).

Con riguardo allo stanziamento disposto dal comma 384 in esame, si ricorda che tra le entrate del CNR (art. 17 del D.Lgs.), oltre ad una quota del fondo ordinario per il finanziamento degli enti pubblici di ricerca (di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204[284]) e ad eventuali risorse a carico dei fondi previsti dal Programma nazionale della ricerca, figuranocontributi delle pubbliche amministrazioni, dell'unione europea o di altri organismi internazionali per l’esecuzione o partecipazione a programmi e progetti specifici;

 

Per quanto concerne il solo programma SHARE-Asia, il Comitato nazionale italiano per il collegamento tra il Governo italiano e la FAO, istituito con il Decreto Legislativo 7 maggio 1948, n. 1182, cura la connessione e lo scambio di informazioni tra il CNR e il Ministero delle politiche agricole e forestali.

 

Con il D.Lgs. 1182/1948 è stato costituito (art. 1) il Comitato nazionale italiano per il collegamento tra il Governo italiano e la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura), ed eventualmente con altri analoghi Istituti internazionali.

Compito del Comitato – che ha sede presso il Ministero delle politiche agricole e forestali – è quello del coordinamento fra i vari dicasteri ed enti interessati, nelle loro relazioni con gli Istituti predetti, nonché quello di esprimere pareri preventivi su provvedimenti ad esso sottoposti, che riguardino i settori dell’agricoltura e dell'alimentazione. Inoltre, al Comitato vanno in ogni caso inviati i provvedimenti su tali materie, pur se non soggetti al parere di esso, a scopo informativo e di studio. Il Comitato può anche (art. 5) nominare – senza oneri per il bilancio dello Stato – sottocomitati e commissioni e chiedere il parere di esperti su questioni particolari: in base a tale previsione, il 20 Dicembre 2001 il Comitato ha dato mandato al Segretario Generale di provvedere alla costituzione delle seguenti sei Commissioni:

-        Agricoltura e povertà nei paesi in via di sviluppo del Mediterraneo – Ipotesi di progetti integrati di sviluppo agricolo e forestale;

-        Sicurezza alimentare e accesso al cibo – Educazione e solidarietà;

-        Polo alimentare ONU Roma - Logistica ed organizzazione;

-        Ricerca scientifica per l'agricoltura e l'alimentazione nei paesi in via di sviluppo;

-        Promozione e diffusione delle finalità della FAO;

-        Elaborazione di proposte per un Codice di condotta internazionale sul diritto all'alimentazione.

Il Comitato (art. 2) è presieduto dal Ministro per l'agricoltura e le foreste[285], che ne ha altresì la legale rappresentanza, ed è composto (art. 3) da rappresentanti del Ministero delle politiche agricole e forestali, del Ministeri degli affari esteri, del Ministero dell'interno, del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero delle attività produttive, del Ministero della sanità, dell'ICE, dell'ISTAT, dell'Istituto Nazionale di Economia Agraria e dell'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione.

 

 

Il programma «SHARE-Asia» (Stations at High Altitude for Research on the Environment) è un progetto integrato di monitoraggio climatico, ambientale e geofisico. Esso è diretto a creare una rete di stazioni di monitoraggio, nella catena montuosa dell'Himalaya-Karakorum, per la determinazione di parametri meteo-climatici e di misure sulla chimica dell'atmosfera, che consentano di migliorare le conoscenze nel campo ambientale e delle scienze della terra nella regione, nonché di valutare l'impatto dell'uomo sulle varie componenti che caratterizzano gli ecosistemi e di comprendere le loro interazioni, al fine di identificare le attività di intervento nazionale ed internazionale più idonee.

Il progetto SHARE Asia, recentemente avviato dal Comitato Ev-K²-CNR ("Everest - K2 - CNR), include anche il Pyramid Meteo Network (PMN), una rete di monitoraggio climatico fondata dal Comitato nel 1990 e costituita da sei stazioni installate nel territorio del Sagarmatha (Nepal), e una stazione in Pakistan sul ghiacciaio di Baltoro.

 

Il Progetto Atmospheric Brown Cloud (ABC), promosso dall’UNEP (United Nations Environment Programme) si propone di analizzare l’impatto degli inquinanti nella troposfera delle regioni asiatiche sul sistema fisico climatico regionale e globale, sull’agricoltura, sul ciclo dell’acqua e sulla salute umana.

 


Articolo 1, comma 567
(Lavoratori marittimi esposti all’amianto)

 


567. Per i lavoratori marittimi assicurati presso l’Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA), la sussistenza e la durata dell’esposizione all’amianto sono accertate e certificate dall’IPSEMA. Per i predetti lavoratori, restano valide le domande di certificazione già presentate all’INAIL, in ottemperanza al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 27 ottobre 2004, emanato in attuazione dell’articolo 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 295 del 17 dicembre 2004.


 

 

Il comma 567 detta una disciplina particolare per quanto riguarda le competenze alla certificazione dell’esposizione all’amianto per i lavoratori marittimi assicurati presso l’IPSEMA.

 

L'IPSEMA, istituito con il decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479, emanato in attuazione della delega conferita dall’articolo 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, per il riordino e la soppressione degli enti pubblici di previdenza e assistenza, ha unificato in un nuovo soggetto, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, le competenze in precedenza attribuite a tre distinte Casse: la Cassa marittima adriatica, la Cassa marittima tirrenica e la Cassa marittima meridionale.

L’IPSEMA è sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; svolge compiti in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali ed eroga prestazioni previdenziali di malattia e maternità nel campo marittimo.

Si ricorda, infatti, che l’INAIL ha competenza esclusiva per quanto riguarda la gestione della tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, salvo alcune eccezioni (articolo 127 del D.P.R. 1124/1965):

-        i dirigenti e gli impiegati tecnici ed amministrativi, di concetto e d’ordine, di aziende agricole e forestali, a cui provvede l’ENPAIA;

-        i giornalisti, per i quali l’istituto assicuratore è l’INPGI;

-        i detenuti addetti a lavori condotti direttamente dallo Stato;

-        gli addetti alla navigazione marittima, alla pesca marittima e i radiotelegrafisti di bordo, che sono iscritti obbligatoriamente all’istituto di previdenza per il settore marittimo, IPSEMA.

 

Si prevede quindi che, per i lavoratori marittimi, la sussistenza e la durata dell’esposizione all’amianto siano accertate e certificate dall’IPSEMA e non più, come prevede la normativa vigente[286], dall’INAIL.

 

Si prevede, inoltre, che restano valide le domande di certificazione già presentate all’INAIL, secondo quanto previsto dal decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia del 27 ottobre 2004, in attuazione dell’articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003.

 

Si osserva, dal punto di vista formale, che non si tratta di decreto interministeriale, ma di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Si ricorda che l’articolo 13, comma 8, della Legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, concede un beneficio previdenziale a determinate categoria di lavoratori (senza specificare se dipendenti pubblici o privati) che durante l’attività lavorativa siano stati esposti all’amianto. Il comma 8 prevedeva che l’intero periodo di esposizione all’amianto soggetto all’assicurazione presso l’INAIL, purché di durata superiore a 10 anni, fosse moltiplicato per un coefficiente pari a 1,5 ai fini della prestazione pensionistica.

L’articolo 47 del decreto legge 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla Legge 326 del 2003, ha modificato in pejus la disciplina concernente i benefici previdenziali, riducendo la misura del coefficiente di moltiplicazione dei periodi contributivi a favore dei lavoratori esposti all’amianto da 1,5 a 1,25, con decorrenza dal 1° ottobre 2003.

Peraltro, lo stesso articolo, superando la preclusione presente nella previgente disciplina, estende ai lavoratori non coperti da assicurazione gestita dall’INAIL il beneficio consistente nella rivalutazione a fini pensionistici del periodo di esposizione all’amianto.

Il nuovo coefficiente inoltre deve applicarsi, con la medesima decorrenza, soltanto per la determinazione della misura del trattamento previdenziale e non anche per la maturazione dei requisiti di accesso alla pensione (i cosiddetti requisiti minimi contributivi).

Era previsto che le nuove misure si applicassero anche ai lavoratori a cui fossero state rilasciate le certificazioni dall'INAIL relative all'esposizione all'amianto sulla base degli atti di indirizzo emanati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali prima dell'entrata in vigore del decreto legge 269, ovvero prima del 1° ottobre 2003[287].

Inoltre il beneficio viene riconosciuto solo in favore dei lavoratori che siano stati esposti (per un periodo superiore a 10 anni) all'amianto "in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno". Resta fermo che tali limiti non concernono i soggetti per i quali sia stata accertata una malattia professionale a causa dell’esposizione all’amianto, secondo quanto previsto dal testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al DPR 30 giugno 1965, n. 1124.

La sussistenza dell'esposizione all'amianto e la sua durata devono essere accertate e certificate dall'INAIL.

Successivamente, l’articolo 3, comma 132, della Legge 350/2003 (Legge finanziaria 2004), ha previsto una deroga alle disposizioni dell’art. 47 del D.L. 269/2003; conseguentemente le disposizioni previgenti al decreto legge 269 vengono ripristinate solo in favore dei lavoratori che, alla data del 2 ottobre 2003, alternativamente,:

-        abbiano già ottenuto il riconoscimento, in sede giudiziaria o amministrativa, del beneficio previdenziale in oggetto;

-        abbiano già presentato domanda all’INAIL per il rilascio del certificato attestante lo svolgimento di attività lavorative con esposizione ultradecennale all’amianto;

-        abbiano già maturato il diritto alla pensione anche con contributi riconosciuti per lavorazioni esposte all’amianto[288];

-        abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento;

-        siano percettori di trattamenti di mobilità.

In questi casi la misura del coefficiente di moltiplicazione per il periodo di esposizione all’amianto è ancora pari a 1,5 e vale sia per il raggiungimento del diritto sia per la determinazione della misura della pensione.

 

Le modalità di attuazione delle disposizioni recate dal decreto legge 269 sono state stabilite con il D.M. 27 ottobre 2004 che ha previsto una disciplina a doppio binario, distinguendo tra i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 sono stati esposti all’amianto per periodi lavorativi nonsoggetti all’assicurazione obbligatoria gestita dall’INAIL e quelli che, invece, sono stati esposti all’amianto per periodi lavorativi soggetti all’assicurazione INAIL e che hanno maturato, sempre alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali[289] (articolo 1).

Per i lavoratori non soggetti all’assicurazione INAIL si applica il disposto dell’art. 47 del citato D.L. n. 269/2003 e, pertanto, la maggiorazione di un anno di contribuzione si verifica ogni quattro anni di contribuzione anziché ogni due (coefficiente pari a 1,25 anziché 1,50: articolo 2).

Ai sensi dell’articolo 3, l’esistenza e la durata dell’esposizione devono essere accertate e certificate dall’INAIL. La domanda di certificazione di esposizione all’amianto doveva esser presentata all’INAIL entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto (quindi entro il 15 giugno 2005), a pena di decadenza dai benefici pensionistici[290].

Il decreto ministeriale precisa infine (articolo 4) che l’anzianità complessiva utile ai fini pensionistici, conseguita con l’attribuzione dei benefici previdenziali derivanti dall’esposizione all’amianto, non può comunque risultare superiore a 40 anni, ovvero al limite massimo stabilito dai regimi pensionistici di appartenenza (qualora sia inferiore a 40 anni).

 

Anche se la norma non lo dispone espressamente, è da ritenersi che anche per l’accertamento e la certificazione da parte dell’IPSEMA valgono le disposizioni procedurali di cui all’articolo 3 del su citato D.M. 27 ottobre 2004, ora riferite all’INAIL.

 

Si ricorda, in particolare, che l’articolo 3 di tale decreto prevede che l’avvio del procedimento di accertamento dell’INAIL è subordinato alla presentazione, da parte del lavoratore interessato, del curriculum lavorativo, rilasciato dal datore di lavoro, dal quale risulti l’adibizione, in modo diretto ed abituale, ad una delle attività lavorative comportanti l’esposizione all’amianto (comma 3).

Inoltre, ai fini dell’accertamento dell’esposizione all’amianto, il datore di lavoro è tenuto

A fornire all’INAIL tutte le notizie e i documenti utili richiesti dall’istituto.

Nel corso dell'accertamento, l'INAIL esegue i sopralluoghi ed effettua gli incontri tecnici che ritiene necessari per l'acquisizione di elementi di valutazione, ivi compresi quelli con i rappresentanti dell'azienda e con le organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi applicati nell'azienda stessa (comma 6).

Per lo svolgimento dei suoi compiti, l'INAIL si avvale dei dati delle indagini mirate di igiene industriale, di quelli della letteratura scientifica, delle informazioni tecniche, ricavabili da situazioni di lavoro con caratteristiche analoghe, nonché di ogni altra documentazione e conoscenza utile a formulare un giudizio sull'esposizione all'amianto fondato su criteri di ragionevole verosimiglianza (comma 7).

La certificazione della sussistenza e della durata dell'esposizione all'amianto deve essere rilasciata dall'INAIL entro un anno dalla conclusione dell'accertamento tecnico (comma 8).

 


Articolo 1, commi 568-571
(Attività negoziali della difesa e contributi pluriennali)

 


568. Ai fini del contenimento delle spese di ricerca, potenziamento, ammodernamento, manutenzione e supporto relative ai mezzi, sistemi, materiali e strutture in dotazione alle Forze armate, inclusa l’Arma dei carabinieri, il Ministero della difesa, anche in deroga alle norme sulla contabilità generale dello Stato e nel rispetto della legge 9 luglio 1990, n. 185, è autorizzato a stipulare convenzioni e contratti per la permuta di materiali o prestazioni con soggetti pubblici e privati.

569. Con decreto del Ministero della difesa, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sono disciplinate le condizioni e le modalità per la stipula degli atti e l’esecuzione delle prestazioni, nel rispetto della vigente disciplina in materia negoziale e del principio di economicità.

570. Al fine di consentire la prosecuzione dei principali programmi internazionali ed interforze, anche a valenza internazionale, e specialmente europea, idonei a promuovere qualificati livelli di partecipazione competitiva dell’industria nazionale, è autorizzata la spesa annua di 55 milioni di euro per quindici anni a decorrere dall’anno 2006 per l’erogazione di contributi pluriennali alle imprese nazionali di riferimento, ai sensi dell’articolo 4, comma 177, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni.

571. Lo stanziamento di cui al comma 570 è iscritto nell’ambito delle unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della difesa il quale con propri atti provvede all’individuazione sia delle procedure attuative per l’erogazione dei contributi sia delle imprese nazionali di riferimento cui corrispondere i contributi stessi.


 

 

I commi 569-571 dettano norme in materia di attività negoziale del Ministero della difesa e di contributi alle imprese nazionali.

I primi due commi conferiscono al Ministero della difesa la facoltà di derogare alle norme sulla contabilità generale dello Stato, non però a quelle poste dalla legge 9 luglio 1990, n. 185, recante "Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento", al fine di stipulare convenzioni o contratti per la permuta di materiali o prestazioni con altri soggetti pubblici o privati. Le condizioni per la stipula e per l'esecuzione delle prestazioni sono determinate dallo stesso Ministero, con decreto emanato di concerto con il Ministro dell'economia.

Il principio cui è subordinato tale conferimento in outsourcing è quello di economicità. La finalità espressa della previsione è, infatti, il contenimento delle spese di ricerca, potenziamento, ammodernamento, manutenzione e supporto relative ai mezzi, sistemi, materiale e strutture" delle quattro Forze armate.

I commi successivi riguardano i contributi alle imprese nazionali di riferimento, per la prosecuzione dei principali programmi internazionali ed interforze.

Il comma 570, in particolare, autorizza la spesa annua di 55 milioni di euro, a decorrere dal 2006 per quindici anni. Beneficiarie dei contributi, sono le imprese nazionali, impegnate in programmi, anche a valenza internazionale, specie europea, "idonei a promuovere qualificati livelli di partecipazione competitiva dell'industria nazionale". Le procedure attuative per l’erogazione della contribuzione e l’individuazione delle imprese sono definite dal Ministero della con propri atti, di cui non viene però specificata la natura giuridica.

La norma in esame autorizza, quindi, stanziamenti nella forma di contributi pluriennali, in conformità con quanto disposto in via generale dall’articolo 4, comma 177, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004).

Il citato comma 177 ha introdotto un’importante innovazione nella disciplina dei limiti di impegno, stabilendo che i limiti di impegno iscritti nel bilancio dello Stato sulla base di specifiche disposizioni legislative devono intendersi:

a)      quale contributo pluriennale dello Stato per la realizzazione di investimenti, di forniture di interesse nazionale e di azioni mirate a favorire il trasporto delle merci con modalità alternative, includendo nel costo degli stessi anche gli oneri derivanti dagli eventuali finanziamenti necessari;

b)      quale concorso dello Stato al pagamento di una quota degli oneri derivanti dai mutui o da altre operazioni finanziarie che i soggetti interessati sono autorizzati ad effettuare per la realizzazione di investimenti, nel caso in cui il soggetto beneficiario non sia compreso nel settore delle amministrazioni pubbliche, come definito sulla base delle regole comunitarie di contabilità nazionale.

Il concorso parziale al finanziamento degli oneri derivanti da mutui o prestiti, pertanto, si applica solo ai casi in cui il beneficiario del finanziamento sia un soggetto che non appartiene al settore delle amministrazioni pubbliche. La determinazione della quota di concorso è demandata ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare di concerto con il Ministro competente.

I limiti di impegno erano invece destinati ad attivare mutui.

 


Articolo 1, comma 572
(All-digital Sardegna e Valle d’Aosta)

 


572. Per l’anno 2006 nei confronti degli abbonati al servizio di radiodiffusione delle aree all digital Sardegna e Valle d’Aosta e di quattro ulteriori aree all digital da individuare con decreto del Ministro delle comunicazioni nonché degli abbonati che dimostrino di essere titolari di abitazione nelle medesime aree attraverso il pagamento dell’imposta comunale sugli immobili, in regola per l’anno in corso con il pagamento del relativo canone di abbonamento, che non abbiano beneficiato del contributo previsto dall’articolo 4, comma 1, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e dall’articolo 1, comma 211, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, che acquistino o noleggino un apparato idoneo a consentire la ricezione, in chiaro e senza alcun costo per l’utente e per il fornitore di contenuti, di segnali televisivi in tecnica digitale, è riconosciuto un contributo pari a 90 euro per i casi di acquisto o noleggio effettuati dal 1º al 31 dicembre 2005 e di 70 euro per quelli effettuati dal 1º gennaio 2006. Il contributo è riconosciuto a condizione che sia garantita la fruizione diretta e senza restrizione dei contenuti e servizi in chiaro e che siano fornite prestazioni di interattività, anche da remoto, attraverso interfacce di programmi (API) aperte e riconosciute tali, conformi alle norme pubblicate nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee ai sensi dell’articolo 18 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), nonché a condizione che il canale di interazione, attivato su linea telefonica analogica commutata, sia supportato da un modem abilitato a sostenere, per tale tipo di accesso, la classe di velocità V90/V92, fino a 56 Kbits ovvero una velocità almeno equivalente per le altre tecnologie trasmissive di collegamento alle reti pubbliche di telecomunicazioni. Ai titolari di alberghi, strutture ricettive, campeggi ed esercizi pubblici situati nelle aree all digital, il contributo è riconosciuto per ogni apparecchio televisivo messo a disposizione del pubblico. La concessione del contributo è disposta entro il limite di 10 milioni di euro.


 

 

Il comma in esame riconosce un contributo in caso di acquisto o noleggio di un apparato idoneo a consentire la ricezione, in chiaro e senza alcun costo per l’utente e per il fornitore di contenuti, di segnali televisivi in tecnica digitale.

 

Il contributo è previsto per l’anno 2006 nei confronti :

§      degli abbonati al servizio di radiodiffusione delle aree all digital Sardegna e Valle d'Aosta

Il 16 aprile 2005 sono stati sottoscritti. – al fine della definitiva transizione alla televisione digitale terrestre (switch-off) nel territorio delle regioni autonome Valle d'Aosta e Sardegna - protocolli d’intesa dal Ministero delle comunicazioni, dalle predette regioni e dall'Associazione DGTVi, con cui le parti si sono impegnate a mettere in atto tutte le attività necessarie per rendere possibile entro il 31 gennaio 2006 la transizione al digitale terrestre nelle aree principali delle due regioni.

§      degli abbonati al servizio di radiodiffusione di quattro ulteriori aree all digitalda individuare con decreto del Ministro delle comunicazioni;

§      degli abbonati che dimostrino di essere titolari di abitazione nelle aree suddette attraverso il pagamento dell'imposta comunale sugli immobili.

I soggetti sopra elencati devono :

§       essere in regola per l'anno in corso con il pagamento del relativo canone di abbonamento;

§      non aver beneficiato del contributo previsto dall'articolo 4, comma 1, legge 350/2003 (legge finanziaria 2004), e dall'articolo 1, comma 211, della legge 311/2004 (legge finanziaria 2005).

Il comma 1 dell’articolo 4 della legge 350/2003 prevede, per l’anno 2004, un contributo statale pari a 150 euro da corrispondere a ciascun utente del servizio radiodiffusione, in regola, per l’anno in corso, con il pagamento del relativo canone di abbonamento, che acquisti o noleggi un apparato idoneo a ricevere i segnali televisivi in tecnica digitale terrestre e la conseguente interattività. Il limite di spesa per tali incentivi è fissato in 110 milioni di euro[291]. La ricezione del segnale televisivo deve avvenire in chiaro e senza alcun costo per l’utente e per il fornitore dei contenuti, e lo standard per le trasmissioni digitali può essere anche quello via cavo (C-DVB), oltre a quello via terra (si intende, via etere). Per la determinazione dei criteri e delle modalità di attribuzione del contributo statale è poi intervenuto, sulla base del medesimo articolo 4 (comma 4), il D.M. 30 dicembre 2003[292]

Il comma 211 dell’articolo 1 della legge 311/2004 rifinanzia l’ intervento già previsto dalla legge finanziaria 2004 prevedendo, per l’anno 2005, un contributo statale pari a 70 euro da corrispondere a ciascun utente del servizio di radiodiffusione che acquisti o noleggi un apparato idoneo a ricevere i segnali televisivi in tecnica digitale terrestre e la conseguente interattività. Il contributo è corrisposto a condizione che l’utente sia in regola, per l’anno in corso, con il pagamento del relativo canone di abbonamento. La misura si applica ai contratti stipulati a decorrere dal 1° dicembre 2004. Per le procedure di assegnazione dei contributi la disposizione rinvia a quanto stabilito, relativamente all’anno 2004, dagli articoli 1, 2, 3 e 7 del decreto del Ministro delle comunicazioni 30 dicembre 2003, in quanto compatibili. Il limite di spesa per tali incentivi è fissato in 110 milioni di euro.

Il decreto ministeriale 1° settembre 2005 - al fine di favorire la definitiva transizione delle trasmissioni televisive su frequenze terrestri dalla tecnologia analogica a quella digitale entro il 31 gennaio 2006 nelle principali aree territoriali, omogenee dal punto di vista dei bacini, delle regioni autonome della Valle d'Aosta e della Sardegna – ha riservato una quota pari a 14 milioni di euro, ovvero alla minor somma residua rispetto allo stanziamento iniziale di cui all'art. 1, comma 211, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, in relazione alle erogazioni effettuate alla data del decreto, contributi per l'acquisto o noleggio, anche con possibilità finale di acquisto, di apparecchi idonei a consentire la ricezione in chiaro e senza alcun costo per l'utente e per il fornitore di contenuti dei segnali televisivi in tecnica digitale terrestre (T-DVB/C-DVB) e la conseguente interattività in favore di abbonati al servizio di radiodiffusione delle regioni Sardegna e Valle d'Aosta, in regola con il pagamento del canone di abbonamento per l'anno in corso.

Il decreto ministeriale 2 settembre 2005 ha poi riconosciuto agli abbonati al servizio di radiodiffusione televisiva, in regola con il pagamento del canone di abbonamento per l'anno in corso, delle regioni autonome della Sardegna e della Valle d'Aosta, un contributo di 20 euro per l'acquisto od il noleggio di un apparecchio idoneo a consentire la ricezione, in chiaro e senza alcun costo per l'utente e per il fornitore di contenuti, di segnali televisivi in tecnica digitale e una elevata interattività da remoto. Alla erogazione del contributo suddetto si provvede attingendo, entro il limite di 6 milioni di euro, alle disponibilità del Fondo - istituito con il comma 250 dell'art. 1 della legge finanziaria 2005, per l’anno 2005, nell’ambito dello stato di previsione del Ministero delle comunicazioni - per la promozione e la realizzazione di aree all digital e servizi di T-Government sulla piattaforma della televisione digitale terrestre, con una dotazione finanziaria pari a 10 milioni di euro.

 

L’ammontare del contributo è pari a:

§      90 euro per i casi di acquisto o noleggio effettuati dal 1° al 31 dicembre 2005;

§      70 euro per i casi di acquisto o noleggio effettuati dal 1° gennaio 2006.

 

Il contributo è riconosciuto a condizione che:

§      sia garantita la fruizione diretta e senza restrizione dei contenuti e servizi in chiaro;

§      siano fornite prestazioni di interattività, anche da remoto, attraverso interfacce di programmi (API) aperte e riconosciute tali, conformi alle norme pubblicate nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee ai sensi dell'articolo 18 della direttiva 2002/21/CE[293]

L’articolo 18 richiamato prevede che, al fine di assicurare il libero flusso di informazioni, il pluralismo dei mezzi d'informazione e la diversità culturale, gli Stati membri incoraggiano:

a)       i fornitori dei servizi di televisione digitale interattiva da rendere disponibile al pubblico nella Comunità su piattaforme di televisione digitale interattiva, a prescindere dalle modalità di trasmissione, a usare un'API aperta;

b)       i fornitori di tutte le apparecchiature digitali televisive avanzate destinate a ricevere i servizi di televisione digitale interattiva su piattaforme di televisione digitale interattiva, a rispettare l'API aperta in conformità con: requisiti minimi dei relativi standard o specifiche.

§      il canale di interazione, attivato su linea telefonica analogica commutata, sia supportato da un modem abilitato a sostenere, per tale tipo di accesso, la classe di velocità V90/V92, fino a 56 Kbits ovvero una velocità almeno equivalente per le altre tecnologie trasmissive di collegamento alle reti pubbliche di telecomunicazioni.

 

Per i titolari di alberghi, strutture ricettive, campeggi ed esercizi pubblici situati nelle aree all digital, il contributo è riconosciuto per ogni apparecchio televisivo messo a disposizione del pubblico.

La concessione del contributo è disposta entro il limite di 10 milioni di euro.

 

 

Relativamente alla conversione del sistema televisivo su frequenze terrestri dalla tecnica analogica alla tecnica digitalenell’intero territorio nazionale, siricorda che l’articolo 19 del D.L. n. 273/2005[294] - modificando il comma 5 dell’articolo 2-bis del D.L. 5/2001[295] che fissava al 31 dicembre 2006 (testualmente: “entro l’anno 2006”) il termine entro cui le trasmissioni televisive dei programmi e dei servizi multimediali su frequenze terrestri dovessero essere irradiate esclusivamente in tecnica digitaleha prorogato il citato termine al 31 dicembre 2008 (testualmente: “entro l’anno 2008”). Lo stesso articolo 19 ha previsto che, al fine della completa conversione del sistema televisivo su frequenze terrestri dalla tecnica analogica alla tecnica digitale, devono essere individuate aree all digital nelle quali si possa accelerare la completa conversione

 


Articolo 1, comma 573
(Interventi di protezione ambientale nel Gennargentu)

 


573. La concreta applicazione delle misure disposte ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 110 del 14 maggio 1998, avviene previa intesa tra lo Stato e la regione Sardegna nella quale si determina anche la ripartizione, tra i comuni interessati, delle risorse finanziarie già stanziate sulla base dell’estensione delle aree soggette a vincolo. I comuni ricadenti nell’area individuata potranno aderire all’intesa e far parte dell’area parco attraverso apposita deliberazione dei propri consigli.


 

 

Il comma in esame prevede la possibilità che si ridefiniscano i confini del Parco nazionale del Golfo di Orosei attraverso una procedura che prevede due passaggi

Il primo passaggio prevede la stipula di un’intesa per la concreta attuazione delle misure di salvaguardia previste dal decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 110 del 14 maggio 1998 tra lo Stato e la regione Sardegna nella quale si determina anche la ripartizione tra i comuni interessati delle risorse finanziarie già stanziate sulla base dell’estensione delle aree soggette a vincolo.

Il secondo passaggio prevede invece che i comuni ricadenti nell’area del parco, successivamente alla stipulazione dell’intesa in questione, potranno decidere con apposita deliberazione dei propri consigli se vogliono continuare a far parte dell’Ente parco

 

Si ricorda che il comma 2 dell’articolo 34 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (legge quadro sulle aree protette). ha previsto l’istituzione , d’intesa con la Regione Sardegna - ai sensi dell’articolo 2 comma 7 della legge n. 394 - del Parco nazionale del Golfo di Orosei e del Gennargentu.

Il parco nazionale del Golfo di Orosei e del Gennargentu è stato successivamente istituito e perimetrato dal D.P.R. 30 marzo 1998.

Il D.P.R 30 marzo 1998 prevede – a sua volta - al comma 6 dell’articolo 1 che nel territorio del parco, a decorrere dall’istituzione dell’organismo di gestione del parco nazionale e comunque dal centottantesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto e fino all’approvazione del piano del parco di cui all’articolo 12 della legge n. 394 del 1991, si applicano le misure di salvaguardia riportate nell’Allegato A del decreto stesso.

 

L’Allegato A al D.P.R 30 marzo 1998 provvede all’articolo 1 ad effettuare una zonizzazione provvisoria interna, dividendo il territorio del parco in tre zone. L’articolo 2 prevede la tutela e la promozione di una serie di attività, l’articolo 3 prevede una serie di divieti generali da osservare su tutto il territorio del Parco, mentre l’articolo 4 prevede divieti specifici relativi a due zone. Gli articoli da 5 a 9 recano disposizioni che prevedono la necessità di ottenere un’autorizzazione al fine di poter porre in essere determinate attività, mentre l’articolo 10 detta norme in materia di sorveglianza del parco.

L’entrata in vigore delle misure di salvaguardia è stata tuttavia più volte prorogata. L’ultima proroga è scaduta il 31 dicembre 2004.

Con le disposizioni in commento si opera quindi un’ulteriore sospensione dell’entrata in vigore delle misure di salvaguardia, lasciando all’intesa tra lo Stato e le Regioni il compito di definire in che misura esse verranno applicate

Si prevede inoltre la possibilità ai comuni rientranti nel Parco di uscire dalla perimetrazione del Parco.

 


Articolo 1, comma 574
(Contributo alle imprese editrici)

 


574. Nei casi di cui all’articolo 3, comma 11-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 250, qualora siano presentate più domande, tutte le imprese editrici interessate decadono dal diritto di accedere ai contributi. I costi ammissibili per il calcolo dei contributi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250, all’articolo 23, comma 3, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni, e all’articolo 7, comma 13, della legge 3 maggio 2004, n. 112, non possono aumentare su base annua di una percentuale superiore a quella del tasso programmato di inflazione per l’anno di riferimento dei contributi.


 

 

Il primo periodo del comma 574 modifica la disciplina della non cumulabilità dei contributi alle imprese editrici previsti dalla legge 7 agosto 1990, n. 250[296], stabilendo che qualora siano presentate più domande da parte di imprese tra loro collegate, tutte le imprese interessate decadano dal diritto di accedere ai contributi.

 

L’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, in parte sostituito dall'articolo 8 della legge n. 62 del 2001, disciplina i contributi diretti previsti per le testate edite da cooperative giornalistiche e di altre specifiche categorie di imprese editoriali (quali imprese editrici di quotidiani ove la maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro, o che editino giornali in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome della Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, o quotidiani italiani editi e diffusi all’estero nonché imprese editrici di quotidiani o periodici organi o giornali di forze politiche). Ai fini dell’accesso ai contributi la disposizione, in particolare, richiede, oltre a requisiti di trasparenza e diffusione, che i proventi pubblicitari non superino una certa percentuale dei costi. I contributi sono di due tipi: fissi e variabili. Per entrambi è stabilito un limite massimo definito in termini percentuali rispetto ai costi complessivi. Fermo restando questo elemento comune, i primi sono erogati a prescindere dalla tiratura; i secondi sono invece rapportati alla tiratura[297].

In particolare, per quanto qui interessa, il comma 11-ter ha previsto che i contributi siano concessi a condizione che non fruiscono dei medesimi contributi imprese collegate con l'impresa richiedente, o controllate da essa, o che la controllano, o che siano controllate dalle stesse imprese, o dagli stessi soggetti che la controllano.

 

Il secondo periodo del comma 574 prevede, inoltre, che i costi ammissibili per il calcolo del contributo previsto dalla citata legge n. 250 nonché dalle leggi 6 agosto 1990, n. 223 e 3 maggio 2004, n. 112[298]- riguardanti i programmi informativi trasmessi delle TV locali e via satellite - non possano aumentare su base annua di una percentuale superiore a quella del tasso programmato di inflazione per l’anno di riferimento dei contributi.

L’articolo 23, comma 3, della legge n. 223 del 1990 reca i contributi per i concessionari per la radiodiffusione televisiva in ambito locale, ovvero i soggetti autorizzati per la radiodiffusione televisiva locale, che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali;

L'art. 7, comma 13 della legge 3 maggio 2004, n. 112 prevede contributi per i canali tematici autorizzati alla diffusione via satellite, con esclusione di quelli ad accesso condizionato, come definiti dall'articolo 1, lettera c), del regolamento concernente la promozione della distribuzione e della produzione di opere europee, di cui alla Delibera dell'Autorità Garante delle comunicazioni n. 9/1999, che si impegnano a trasmettere programmi di informazione alle condizioni previste dall'articolo 7 del decreto-legge n. 323 del 1993(Provvedimenti urgenti in materia radiotelevisiva), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 422 del 1993[299].

 

Giova ricordare che anche i commi 454-465 dell’articolo unico della legge finanziaria in commento recano disposizioni che vanno ad incidere sulla normativa in materia di provvidenze all’editoria, prevalentemente mediante modifiche o integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 250.

Si segnala infine che il comma 466 dell’articolo unico della legge finanziaria in commento (per il quale si rinvia alla scheda di lettura)istituisce un’addizionale alle imposte sul reddito in presenza di redditi derivanti da produzione, distribuzione, vendita e rappresentazione di materiale pornografico e di incitamento alla violenza

 


Articolo 1, comma 575
(Finanziamento di interventi per la tutela dell’ambiente e dei beni culturali e soppressione del contributo per il Convegno internazionale interconfessionale)

 

575. Il comma 2 dell’articolo 11-quaterdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, è abrogato. Conseguentemente, all’articolo 11-bis, comma 1, del medesimo decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, dopo le parole: «222 milioni per l’anno 2005» sono inserite le seguenti: «e di euro 5 milioni per l’anno 2006».

 

 

Il comma 575 reca due modifiche al decreto-legge n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005 (provvedimento fiscale collegato alla legge finanziaria 2006).

 

In particolare il primo periodo abroga il comma 2 dell’articolo 11-quaterdecies del D.L. n. 203 del 2005, che autorizzava una spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2006 per l’organizzazione e l’adeguamento degli impianti necessari allo svolgimento del Convegno internazionale interconfessionale.

 

Il secondo periodo del comma 575 modifica il comma 1 dell’articolo 11-bis del D.L. n. 203/2005, disponendo una autorizzazione di spesa di 5 milioni di euro per il 2006 per la concessione di ulteriori contributi statali per il finanziamento di interventi rivolti a tutelare l’ambiente e i beni culturali e, in generale, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio, di cui all’articolo 1, comma 28, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005).

Tale autorizzazione si affianca ai 222 milioni di euro per il 2005 previsti dal richiamato articolo 11-bis del D.L. n. 203/2005.

 

Il citato articolo 1, comma 28, della legge finanziaria per il 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311) ha autorizzato la spesa di 201,5 milioni di euro per il 2005, di 176,5 milioni per il 2006 e di 170,5 milioni per il 2007 per la realizzazione di interventi volti a tutelare l’ambiente e i beni culturali e, in generale, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio.

Per effetto dei definanziamenti disposti dalla tabella E e delle rimodulazioni della tabella F della presente legge finanziaria, le autorizzazioni pluriennali di spesa relative al comma 28 della legge n. 311/2004, come esposti nella tabella F, risultano pari a 80 milioni per il 2006, a 100 milioni per il 2007 e a 96 milioni per il 2008.

 

Ulteriori finanziamenti per gli interventi sopra richiamati sono stati autorizzati dall’articolo 2-bis del D.L. n. 7/2005 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43/2005). In particolare, la disposizione ha autorizzato la spesa di 65 milioni per l'anno 2004, 10,230 milioni per l'anno 2005, di 23,755 milioni per l'anno 2006 e di 2,6 milioni per l'anno 2007 per la concessione di ulteriori contributi statali al finanziamento degli interventi di cui all'art. 1, comma 28, della legge n. 311/2004.

La tabella E della legge finanziaria 2006 ha previsto un definanziamento delle risorse autorizzate per il 2006 e il 2007 dall’articolo 2-bis del D.L. n. 7/2007. Pertanto, l’autorizzazione di spesa, come esposta nella tabella F della presente legge finanziaria, ammonta a 14,2 milioni per il 2006 e a 1,6 milioni per il 2007.

 

Va segnalato che i definanziamenti disposti dalla Tabella E della presente legge finanziaria, sia con riferimento all’art. 1, comma 28 della legge n. 311/2004 che all’art. 2-bis del D.L. n. 7/2005, sono stati soppressi dall’articolo 5-quater del D.L. n. 250/2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2006.

Conseguentemente le risorse relative al comma 28 della legge n. 311/2004 ammontano a 130 milioni per il 2006, a 120 milioni per il 2007 e a 96 milioni per il 2008; e le quelle relative al D.L. n. 7/2005 ammontano a 23,755 milioni per l'anno 2006 e 2,6 milioni per l'anno 2007.

 

Per quanto concerne l’erogazione dei contributi, il comma 29 della legge n. 311/2004 (come successivamente modificato dall’articolo 1-ter del D.L. n. 314/2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26/2005) prevede che l’individuazione degli interventi e degli enti destinatari dei contributi sia effettuata con decreto del Ministro dell’economia e finanze, in coerenza con apposito atto di indirizzo parlamentare.

All'attribuzione dei contributi provvede il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 3, comma 12, del D.L. 20 giugno 1996, n. 323 (legge n. 425/1996).

L’articolo 11-bis del D.L. n. 203/2005 ha previsto, in particolare, il parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia di bilancio, programmazione e lavori pubblici.

 

Relativamente ai 222 milioni di euro per il 2005 e ai 5 milioni per il 2006 autorizzati dall’articolo 11-bis del D.L. n. 203/2005 come novellato dal comma 575 in esame:

-        nella seduta del 22 dicembre 2005, le Commissioni riunite V e VIII della Camera hanno approvato la risoluzione 8-00149 Alberto Giorgetti (già risoluzione 7-00737), con la quale impegnano il Governo ad attenersi alle priorità ivi indicate per quanto concerne la ripartizione di un ammontare complessivo di risorse pari a 195,960 milioni per il 2005. Analoga risoluzione è stata approvata dalle Commissione riunite Bilancio e Lavori pubblici del Senato nella seduta del 23 dicembre 2005.

-        nella seduta del 9 febbraio 2006 le Commissioni riunite V e VIII della Camera, approvando la risoluzione 7-00737 Alberto Giorgetti, hanno individuato gli interventi e gli enti destinatari dei residuali 26,040 milioni di euro relativi all’anno 2005 e dei 5 milioni relativi all’anno 2006 autorizzati dalla disposizione in esame. Analoga risoluzione è stata approvata dalle competenti Commissioni del Senato.

 

Il 1° marzo 2006 è stato adottato il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze recante l’individuazione degli enti beneficiari dei 195,960 milioni di euro per l’anno 2005, autorizzati dall’articolo 11-bis del D.L. n. 203/2005, secondo le indicazioni dettate nelle risoluzioni parlamentari del 22 dicembre 2005[300].

 

Nella medesima data la Commissione bilancio della Camera ha, altresì, approvato la risoluzione 8-00148 Alberto Giorgetti (già risoluzione 7-00736), con la quale ha individuato ulteriori interventi a valere sui contributi precedentemente assegnati con i citati decreti del Ministro dell’economia del 18 marzo 2005 (27,305 milioni) e dell’8 luglio 2005 (11,815 milioni) e revocati, come indicati dalla comunicazione del 12 novembre 2005 del Ministero dell’economia-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato). Analoga risoluzione è stata approvata dalla Commissione bilancio del Senato nella seduta del 23 dicembre 2005.

 

Per quanto riguarda, infine, le modalità di attribuzione e di revoca dei contributi, il comma 29 della legge n. 311/2004 detta una disciplina di carattere generale.

In particolare, nel caso in cui gli assegnatari dei contributi siano enti pubblici, il comma 29 prevede che sealla data del 31 agosto di ciascunanno i contributi non risultano impegnati nel bilancio dell’ente, siano revocati per essere riassegnati ad altri interventi secondo la medesima procedura.

Per gli altri soggetti non di diritto pubblico è richiesta, ai fini della verifica dell’impegno dei contributi, la presentazione annuale della dichiarazione di assunzione di responsabilità in ordine al rispetto del vincolo di destinazione del finanziamento statale.

Per ottenere l'erogazione del finanziamento, l'ente beneficiario deve trasmettere entro il 30 settembre di ciascun anno apposita attestazione al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, secondo lo schema stabilito con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 marzo 2005, emanato in attuazione del comma 29 medesimo.

 

Per quanto concerne, in particolare, i contributi autorizzati dall’art. 11-bis del D.L. n. 203/2005, i termini per l’impegnabilità delle risorse erano stati fissati dallo stesso articolo 11-bis al 28 febbraio 2006 e i termini per la presentazione dell’attestazione al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato al 30 marzo 2006.

Tali termini sono stati, da ultimo, prorogati con il D.L. n. 273 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 51 del 2006.

In particolare, il comma 1 dell’articolo 39-sexiesdecies ha prorogato dal 28 febbraio 2006 al 30 giugno 2006 il termine entro il quale gli enti beneficiari devono provvedere all’impegno dei contributi assegnati ai sensi dell’art. 11-bis del D.L. n. 203/2005 e dal 30 marzo 2006 al 31 maggio 2006 il termine per la presentazione dell’attestazione al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato dell’impegno delle risorse attribuite ai fini dell’erogazione del finanziamento assegnato.

 

Si ricorda, inoltre, che il comma 1 dell’articolo 39-septiesdecies ha autorizzato anche la rideterminazione, in misura proporzionale, delle risorse attribuite per il 2006 e il 2007 ai sensi dei decreti del Ministro dell’economia e delle finanze del 18 marzo 2005 e dell’8 luglio 2005, agli enti beneficiari dei contributi statali volti alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali e, in generale, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio, di cui all’articolo 1, comma 28, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005) e dell’articolo 2-bis del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7 (legge n. 43/2005), in conseguenza della riduzione delle autorizzazioni di spesa delle citate leggi disposte dalla legge finanziaria per il 2006.

In realtà – a seguito della soppressione dei definanziamenti di Tabella E disposta dall’articolo 5-quater del D.L. n. 250/2005 - la disposizione sarà applicata soltanto ai contributi assegnati ai sensi dell’articolo 1, comma 28, della legge n. 311/2004, come individuati nell’elenco allegato al D.M. Economia 18 marzo 2005, in quanto soltanto la citata autorizzazione di spesa risulta modificata per effetto delle rimodulazioni operate dalla tabella F della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (finanziaria per il 2006), mentre i definanziamenti previsti dalla tabella E sono stati soppressi dall’articolo 5-quater del D.L. n. 250/2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2006.

 


Articolo 1, comma 576
(Esenzione tributaria per le operazioni dei comuni in favore di fondazioni o società di cartolarizzazione)

 

576. All’articolo 1, comma 275, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, dopo le parole: «società» sono inserite le seguenti: «di cartolarizzazione, associazioni riconosciute».

 

 

Il comma 576 modifica l’articolo 1, comma 275, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), disponendo che l’esenzione dalle imposte di registro, di bollo, ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, tributo o diritto, ivi prevista per le operazioni, gli atti, i contratti, i conferimenti e i trasferimenti di immobili di proprietà dei comuni aventi finalità di valorizzazione del patrimonio, comprese le operazioni di cartolarizzazione, riguarda le sole cessioni a fondazioni, a società di cartolarizzazione e ad associazioni riconosciute.

 

Il comma 275 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004, nel testo previgente, disponeva, per la valorizzazione del patrimonio immobiliare, che le operazioni, gli atti, i contratti, i conferimenti e i trasferimenti di immobili di proprietà dei comuni in favore di fondazioni o società fossero esenti dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o diritto.

La citata disposizione comprende espressamente fra gli atti cui si applica il predetto beneficio anche le operazioni di cartolarizzazione di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351[301], convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410.

A sua volta il citato decreto-legge n. 351 del 2001, all’articolo 2, comma 6, prevede l’esenzione dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o dirittoper i trasferimenti immobiliari effettuati dallo Stato e dagli altri enti pubblici in favore delle società costituite per la realizzazione delle operazioni di cartolarizzazione e le formalità ad essi connesse. L’articolo 4, comma 2-quinquies, dello stesso decreto-legge prevede altresì l’esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o dirittoper i conferimenti e i trasferimenti di immobili, ad uso diverso da quello residenziale, dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali, realizzati per la costituzione di fondi comuni di investimento immobiliare.

La disposizione qui illustrata determina la nozione di “società” aggiungendovi la specificazione: “di cartolarizzazione”, e inserisce altresì le parole: “associazioni riconosciute”.

La prima modifica limita l’applicabilità del beneficio, originariamente previsto genericamente in favore delle società in genere, alle cessioni in favore delle sole società di cartolarizzazione, ossia delle società alle quali sono ceduti i beni patrimoniali, per la loro successiva vendita, e che con la garanzia di tali beni emettono strumenti finanziari il cui collocamento fornisce la liquidità necessaria per il pagamento dei beni medesimi al soggetto cedente.

La seconda modificazione introduce, accanto alle fondazioni e alle società di cartolarizzazione, un’ulteriore categoria di soggetti beneficiari individuati nelle associazioni riconosciute. Anche in quest’ipotesi rimane ferma la prevista finalità di valorizzazione del patrimonio immobiliare.

 

Il riconoscimento delle associazioni e fondazioni è disciplinato dall’articolo 1 del regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto, emanato con D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361

Le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la personalità giuridica mediante il riconoscimento determinato dall'iscrizione nel registro delle persone giuridiche, istituito presso la prefettura nella cui provincia è stabilita la sede dell'ente.

Ai fini del riconoscimento è necessario che siano state soddisfatte le condizioni previste da norme di legge o di regolamento per la costituzione dell'ente, che lo scopo sia possibile e lecito e che il patrimonio risulti adeguato alla realizzazione dello scopo. In casi determinati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentito il Ministro dell'interno, il riconoscimento delle persone giuridiche operanti nelle materie di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali è subordinato al preventivo parere della stessa amministrazione.

 


Articolo 1, comma 577
(Dipendenti Agenzia del demanio)

 


577. I dipendenti dell’Agenzia del demanio di cui all’articolo 30, comma 2-bis, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, relativamente ai quali non sono esaurite, alla data del 31 dicembre 2005, le procedure di trasferimento conseguenti all’esercizio del diritto di opzione di cui al medesimo articolo, transitano nei ruoli delle amministrazioni dello Stato per le quali gli stessi hanno esercitato l’opzione. Con decreto dirigenziale del Dipartimento della funzione pubblica, su proposta dell’Agenzia del demanio, sentite le amministrazioni interessate, sono individuate le unità di personale destinate a ciascuna di tali amministrazioni nonché la data di decorrenza degli effetti giuridici ed economici del relativo transito.


 

 

Il comma 577 reca disposizioni concernenti i dipendenti dell’Agenzia del demanio.

 

Si ricorda che l’Agenzia del demanio è stata istituita nel corso dell’anno 2000, in attuazione della riforma del Ministero delle finanze prevista dal D.Lgs. 30 luglio 1999 n. 300, emanato ai sensi della delega contenuta nella legge 15 marzo 1997, n. 59.

Come le altre agenzie fiscali introdotte in attuazione del citato decreto legislativo n. 300 (Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane, Agenzia del territorio), l’Agenzia del demanio è dotata di personalità giuridica ed è caratterizzata da un accentuato grado di autonomia (regolamentare, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria) volto a garantire la managerialità della gestione ed il raggiungimento di precisi obiettivi.

In particolare, l’Agenzia ha il compito di gestire, in maniera produttiva, il patrimonio immobiliare dello Stato italiano con criteri imprenditoriali al fine di valorizzarne l’impiego, anche attraverso programmi di vendita, di acquisto e di manutenzione degli immobili stessi.

A livello periferico, l’Agenzia è presente in Italia con una rete di 34 filiali costituite in base alla dimensione del patrimonio immobiliare presente nel territorio e in base alla centralità socio economica delle diverse aree territoriali.

Si ricorda che con il D.Lgs. 173 del 2003 (“Riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze e delle agenzie fiscali, a norma dell'articolo 1 della L. 6 luglio 2002, n. 137”) è stato riconosciuto all'Agenzia del demanio il carattere di ente pubblico economico, modificando a tal fine l'articolo 61 del D.Lgs. 300 del 1999.

L’articolo 3, comma 4, del citato D.Lgs. 173 ha previsto che entro 60 giorni dalla data della sua entrata in vigore (ovvero entro il 28 settembre 2003) fosse emanato il nuovo statuto dell’Agenzia del demanio, ed entro i 60 giorni successivi venissero approvati i nuovi regolamenti di contabilità e di amministrazione dell’Agenzia da parte del Comitato di gestione. Alla data del 31 ottobre 2003, lo statuto non risulta ancora essere stato emanato.

Infine, il comma 5 del citato articolo 3 del D.Lgs. 173 ha stabilito che, entro tre mesi dalla data della sua entrata in vigore, il personale in servizio presso l'Agenzia del demanio possa optare per la permanenza nel comparto delle agenzie fiscali o per il passaggio ad altra pubblica amministrazione, previo parere delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

 

In particolare, si stabilisce che i dipendenti dell’Agenzia del demanio che abbiano esercitato il diritto d’opzione ai sensi dell’articolo 30, comma 2-bis,del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla L. 24 novembre 2003, n. 326[302] , con riferimento ai quali non sono ancora concluse, alla data del 31 dicembre 2005, le procedure di trasferimento, transitano nei ruoli delle amministrazioni dello Stato per le quali hanno esercitato l’opzione.

 

Il richiamato comma 2-bis dell’articolo 30 ha previsto, al fine di assicurare la continuità dell’azione svolta dall’Agenzia, anche nella fase di trasformazione in ente pubblico economico, e allo scopo di garantire la massima efficienza nello svolgimento dei compiti ad essa assegnati ai sensi degli articoli 27, 29 e 30 dello stesso decreto-legge, che il personale in servizio presso la predetta Agenzia possa optare per la permanenza nel comparto delle agenzie fiscali o per il passaggio ad altra amministrazione pubblica[303].

L’opzione deve essere esercitata – senza possibilità di revoca - entro due mesi dalla data di approvazione del nuovo statuto, e comunque non oltre il 31 gennaio 2004. Peraltro, qualora l’opzione sia già stata esercitata ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 173 del 2003, essa si intende confermata, a meno che entro il predetto termine (e cioè il 31 gennaio 2004) non sia revocata.

Il comma 2-bis, quindi, integra l’articolo 3 del citato D.Lgs. 173, aggiungendo un comma 5-bis al medesimo articolo. In tal senso, si prevede che i dipendenti in servizio all’atto della trasformazione in ente pubblico economico mantengano sia il regime pensionistico di provenienza sia il trattamento all’indennità di buonuscita[304] previsti per il personale delle pubbliche amministrazioni. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dello statuto dell’Agenzia, i medesimi dipendenti possono inoltre optare per il regime pensionistico cui è iscritto il personale assunto successivamente a tale data.

 

Occorre infine ricordare che il successivo articolo 5, comma 1-undecies, del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito dalla L. 31 marzo 2005, n. 43, ha recato un’interpretazione autentica del comma 93 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005)[305].

Tale comma prevede che i criteri e le modalità (non c’è più il riferimento ai limiti numerici) per la destinazione ad altra amministrazione del personale dell’Agenzia del demanio che ha optato in tal senso in base alle disposizioni non solo dell’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 173 del 2003 ma anche dell’articolo 30, comma 2-bis, del D.L. 269 del 2003, sono rimessi ad un decreto del Ministro della funzione pubblica, da emanarsi di concerto con il Ministro dell’economia, previa consultazione delle Confederazioni sindacali rappresentative.

 

L’ultimo periodo del comma in esame, infine, riproducendo anche quanto contenuto nell’articolo 5, comma 1-undecies, del D.L. 7 del 2005, in precedenza citato, stabilisce che le unità di personale destinate a ciascuna di tali amministrazioni, nonché la data di decorrenza degli effetti giuridici ed economici del relativo transito siano individuate con un decreto dirigenziale del Dipartimento della funzione pubblica, adottato su proposta dell’Agenzia del demanio, sentite le amministrazioni interessate.

 


Articolo 1, comma 578
(Finanziamento scuola)

 


578. Al fine di assicurare l’attuazione del piano programmatico di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 28 marzo 2003, n. 53, e garantire continuità alle iniziative di sviluppo tecnologico del Paese e per l’alta formazione tecnologica, favorendo così lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, è autorizzata la spesa di 44 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 e l’autorizzazione di spesa di cui al comma 10 dell’articolo 4 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è rideterminata in 80 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, e in 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2009. L’articolo 4, comma 10, primo periodo, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è soppresso.


 

 

Il comma 578 stanzia 44 milioni di euro per ciascuno degli esercizi finanziari 2006, 2007, 2008 da destinare all'attuazione del piano programmatico di interventi finanziari previsto dall’articolo 1, comma 3, della legge n. 53 del 2003 (cd. legge Moratti[306]), nonché alla prosecuzione delle iniziative di sviluppo ed all'alta formazione tecnologica del Paese.

 

Con riguardo al citato piano programmatico, si ricorda che l’art. 1, comma 3, della legge 53/2003 prescriveva che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca adottasse, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, un piano programmatico di interventi finanziari, da sottoporre all'approvazione del Consiglio dei Ministri, previa intesa con la Conferenza unificata, finalizzato al perseguimento di vari obiettivi[307].

L’art. 7, comma 6, stabiliva, inoltre, che all’attuazione del Piano si provvedesse attraverso finanziamentida iscrivere annualmente nelle leggi finanziarie, tenendo conto dei vincoli di finanza pubblica e delle indicazioni contenute nel Documento di programmazione economico finanziaria (DPEF).

Il Piano programmatico è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri in data 12 settembre 2003; su di esso non ha tuttavia espresso il prescritto parere la conferenza unificata Stato regioni autonomie locali[308]. Il Piano richiama e specifica gli obiettivi già individuati dalla legge e stima l’importo complessivo dei finanziamenti necessari per il quinquennio 2004-2008 in 8.320 milioni di euro. Secondo quanto affermato nel documento, oltre alle somme già iscritte in bilancio ed ammontanti per lo stesso periodo a 4.283 milioni di euro, dovrebbero essere destinati all’attuazione della legge ulteriori 4.037 milioni di euro.

L’art. 3, comma 92, della legge finanziaria 2004 (L. 350/2003) ha poi autorizzato la spesa complessiva di 90 milioni di euro a decorrere dall’anno 2004 per l'attuazione del citato piano programmatico[309]; un ulteriore finanziamento di 110 milioni di euro[310] a decorrere dal 2005 è autorizzato dall’art. 1, comma 130, della legge Finanziaria 2005 (legge 30 dicembre 2004 n. 311)[311].

Contestualmente il comma in esame ridetermina in 80 milioni annui per il triennio 2006-2008 e in 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2009 l'autorizzazione di spesa a favoredell’ "Istituto italiano di tecnologia (IIT), di cui all'art. 4, comma 10, D.L. 269/2003[312]. In conseguenza della rideterminazione dell’importo, la norma in commento abroga il primo periodo del comma 10 del citato art 4 del D.L. 269/2003.

 

L'autorizzazione di spesa a favore dell’istituto, stabilito dal DL citato in 50 milioni di euro per il 2004 e 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2005 al 2014, è stato rimodulata (utilizzando per i primi due anni risorse relative al 2005) in 124 milioni per il 2006, 125 milioni per il 2007 e 2008 e 575 milioni per il 2009 e successivi dalla tabella F allegata alla legge finanziaria.

Si ricorda che la tabella F non sconta le variazioni conseguenti a norme introdotte dall’articolato della stessa legge, variazioni che invece sono riportate sui corrispondenti capitoli di bilancio.

 

Si ricorda che l'articolo 4 del DL 269/2003 ha istituito e disciplinato la Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia, che ha la finalità di promuovere lo sviluppo tecnologico del Paese e di compiere alta formazione tecnologica in rapporto con organismi similari operanti in Italia e all’estero e con l’apparato produttivo nazionale ed internazionale[313].

L’articolo citato dispone in merito allo statuto ed al patrimonio dell’erigenda fondazione; provvede al suo finanziamento (vedi supra) nonché alla disciplina fiscale degli atti costitutivi ed autorizza la Cassa depositi e prestiti alla emissione di obbligazioni e alla contrazione di prestiti, per un controvalore massimo di 100 milioni di euro.

Per il periodo iniziale di attività della fondazione si è disposta la nomina di un commissario unico, di un comitato di indirizzo e di un collegio dei revisori dei conti. Recentemente con DPR 31 luglio 2005 (su proposta del Presidente del Consiglio, sentiti il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministro dell'economia e delle finanze) è stato emanato lo statuto della fondazione.


Articolo 1, comma 579
(Finanziamento delle piccole e medie imprese)

 


579. Per il sostegno e lo sviluppo delle piccole e medie imprese, anche attraverso l’incentivazione delle forme di raccolta di finanziamenti per le stesse necessarie al rilancio degli investimenti, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze adottato ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinate le caratteristiche dei titoli di debito che possono essere emessi dalle società per azioni a ristretta base azionaria, rappresentati da titoli a medio e lungo termine con un tasso di interesse prefissato secondo le ordinarie condizioni di mercato e non rimborsabili anticipatamente per tutta la durata del prestito. Con lo stesso decreto, nel rispetto del principio di invarianza del gettito fiscale complessivo, possono essere disciplinate anche particolari forme di incentivi fiscali per certificati di deposito emessi dagli istituti di credito a medio termine per il finanziamento di piccole e medie imprese.


 

 

Il comma 579 dell’articolo 1 reca disposizioni dichiaratamente volte a incentivare la raccolta del finanziamento per le piccole e medie imprese.

 

La definizione di piccola e media impresa (PMI) è contenuta a livello comunitario, nella raccomandazione 2003/361/CE. Quest’ultima ha sostituito, a decorrere dal 1º gennaio 2005, la raccomandazione 96/280/CE, ed è stata recepita nell’ordinamento italiano con il decreto del Ministro delle attività produttive 18 aprile 2005 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 12 ottobre 2005, n. 238), il quale fornisce le indicazioni per la determinazione della dimensione aziendale ai fini della concessione di aiuti alle attività produttive e si applica alle imprese operanti in tutti i settori produttivi.

La nuova raccomandazione comunitaria estende il concetto d’impresa ad ogni entità che svolga attività economica, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, incluse dunque le entità che svolgono attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che svolgono con regolarità un’attività economica.

La raccomandazione conferma i precedenti limiti dimensionali per quanto riguarda il numero dei dipendenti, provvedendo, invece, a modificare la soglia del fatturato e del totale di bilancio che, per la prima volta, viene indicata anche per le aziende più piccole.

Per essere riconosciuta come PMI, l'impresa deve rispettare i limiti massimi fissati dalla raccomandazione relativamente al numero di dipendenti e al fatturato o ai totali di bilancio (cfr. anche art. 2 del citato D.M. 18 aprile 2005):

-        media impresa: occupa meno di 250 persone, realizza un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 43 milioni di euro;

-        piccola impresa: occupa meno di 50 persone, realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 10 milioni di euro;

-        microimpresa: occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro

 

A quest’effetto, il presente comma rimette a decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la determinazione delle caratteristiche dei titoli di debito che possono essere emessi dalle società per azioni a ristretta base azionaria. Essi potranno essere rappresentati da titoli a medio e lungo termine con un tasso d’interesse prefissato secondo le ordinarie condizioni di mercato e non rimborsabili anticipatamente per tutta la durata del prestito.

 

L’articolo 2410 del codice civile consente, in via generale, alle società per azioni – salva diversa disposizione di legge o di statuto – di emettere obbligazioni su deliberazione degli amministratori risultante da verbale redatto da un notaio e iscritta nel registro delle imprese.

L’articolo 2411, al secondo comma, stabilisce che i tempi e l'entità del pagamento degli interessi delle obbligazioni possono variare in dipendenza di parametri oggettivi anche relativi all'andamento economico della società. A norma del terzo comma, la disciplina prevista per le obbligazioni si applica anche agli strumenti finanziari, comunque denominati, che condizionano i tempi e l'entità del rimborso del capitale all'andamento economico della società.

L’articolo 2412 determina infine i limiti cui è soggetta l’emissione di obbligazioni da parte delle società con azioni non quotate in mercati regolamentati. La società può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato.

Il predetto limite può essere superato se le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate alla sottoscrizione da parte di investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale. In caso di successiva circolazione delle obbligazioni, chi le trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali. Non è soggetta al limite l'emissione di obbligazioni garantite da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà della società, sino a due terzi del valore degli immobili medesimi. Al computo del predetto limite concorrono gli importi relativi a garanzie comunque prestate dalla società per obbligazioni emesse da altre società, anche estere.

Il limite all’emissione non si applica – come detto – all'emissione di obbligazioni effettuata da società con azioni quotate in mercati regolamentati, limitatamente alle obbligazioni destinate ad essere quotate negli stessi o in altri mercati regolamentati.

 

La facoltà di emettere titoli di debito (tra cui possono annoverarsi le obbligazioni) è stata estesa dalla recente riforma del diritto societario anche alle società a responsabilità limitata.

L’articolo 2483 del codice civile stabilisce a questo riguardo che, se l'atto costitutivo lo prevede, la società a responsabilità limitata può emettere titoli di debito. In tal caso l'atto costitutivo attribuisce la relativa competenza ai soci o agli amministratori determinando gli eventuali limiti, le modalità e le maggioranze necessarie per la decisione. La decisione di emissione dei titoli prevede le condizioni del prestito e le modalità del rimborso e dev’essere iscritta nel registro delle imprese; può altresì prevedere che, previo consenso della maggioranza dei possessori dei titoli, la società possa modificare tali condizioni e modalità. I titoli emessi da tali soggetti possono essere sottoscritti soltanto da investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale. In caso di loro successiva circolazione, chi li trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali ovvero soci della società medesima.

 

La presente disposizione introduce una disciplina speciale, derogatoria rispetto alla disciplina generale posta dal codice civile, relativamente all’emissione di titoli di debito da parte delle società per azioni a ristretta base azionaria.

La nozione di titolo di debito può desumersi dall’articolo 1, comma 2, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, il quale, alla lettera b), annovera tra gli «strumenti finanziari» le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali.

La nozione di ristretta base azionaria non sembra invece risultare da atti normativi esistenti.

Tali società potranno emettere titoli di debito alle seguenti condizioni:

a) che abbiano le caratteristiche determinate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze;

L’articolo 17 della legge n. 400 del 1988 prevede, al comma 3, che con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali e interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione. Il comma 4 dispone altresì che i suddetti regolamenti ministeriali e interministeriali debbono recare la denominazione di «regolamento», sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto e alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta ufficiale.

b) che siano comunque rappresentati da titoli a medio e lungo termine;

c) che il tasso d’interesse sia prefissato secondo le ordinarie condizioni di mercato;

d) che per tutta la durata del prestito sia escluso il rimborso anticipato.

 

Con il medesimo decreto ministeriale potranno anche essere definite speciali forme di incentivazione fiscale in favore dei certificati di deposito emessi da istituti di credito a medio termine per il finanziamento delle piccole e medie imprese.

 

L’articolo 26, comma 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), stabilisce che l'Ente poste italiane (ora società Poste italiane SpA) e le banche operano una ritenuta del 27 per cento, con obbligo di rivalsa, sugli interessi e gli altri proventi corrisposti ai titolari di conti correnti e di depositi, anche se rappresentati da certificati. La predetta ritenuta è operata dalle banche anche sui buoni fruttiferi da esse emessi.

La ritenuta è applicata a titolo di acconto nei confronti di:

a) imprenditori individuali, se i depositi e conti correnti sono relativi all'impresa ai sensi dell'articolo 77 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

b) società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate di cui all'articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi;

c) società ed enti di cui alle lettere a) e b) dell'articolo 87 del medesimo testo unico e stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società e degli enti di cui alla lettera d) del predetto articolo.

Essa è invece applicata a titolo d'imposta nei confronti dei soggetti esenti dall'imposta sul reddito delle persone giuridiche e in ogni altro caso.

 


Articolo 1, comma 580
(Comitato italiano Paralimpico – Promozione attività sportiva dei disabili)

 

580. Al Comitato Italiano Paralimpico (CIP), cui la legge 15 luglio 2003, n. 189, ha attribuito compiti relativi alla promozione dell’attività sportiva tra le persone disabili e di riconoscimento e coordinamento di tutte le organizzazioni sportive per disabili, è concesso un contributo di 500.000 euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, per la promozione della pratica sportiva di base e agonistica.

 

 

Il comma 580 assegna un contributo di 500 mila euro, per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, al Comitato italiano paralimpico[314] per la promozione della pratica sportiva di base e agonistica.

Tale finanziamento si pone in continuità con il contributo assegnato alla Federazione italiana sport disabiliper il triennio 2003-2005 (Legge 189/2003) dal momento che le due strutture sono attualmente unificate.

La legge n. 189 del 2003[315] ha promosso la pratica sportiva di base e agonistica dei disabili attraverso tre interventi:

·         la concessione un contributo straordinario di 500.000 euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005 alla Federazione italiana sport disabili (FISD) (art. 1 della legge);

·         l’individuazione -attraverso un decreto non regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali- delle attività della Federazione[316](FISD) quale Comitato italiano paralimpico (C.I.P), per l'organizzazione e la gestione delle attività sportive dei disabili in armonia, per l'attività paralimpica, con le deliberazioni e gli indirizzi emanati dal Comitato internazionale paralimpico (art. 2 );

·         l’attribuzione al C.O.N.I. (Comitato olimpico nazionale italiano) dei compiti di promozione della pratica sportiva dei disabili nonché della disciplina della partecipazione di atleti disabili a giochi paralimpici di concerto il Comitato italiano paralimpico[317] (art. 3 della legge[318]).

 

In attuazione dell’art. 2 della legge 189/2003 è stato poi emanato il DPCM 8 aprile 2004, recante "Attività svolte dalla Federazione italiana sport disabili, quale Comitato Italiano Paralimpico". Quest’ultimo ha indicato i compiti della FIDS “quale Comitato Italiano Paralimpico”, consistenti riassuntivamente nell’organizzazione e la preparazione atletica della rappresentanza nazionale ai giochi paralimpici (in armonia con gli indirizzi emanati dall'International Parolympic Committee) e nella promozione della pratica sportiva per disabili in ogni fascia di età e di popolazione, nel rispetto delle competenze delle regioni e degli enti locali.

Ai fini di cui sopra gli organi della FISD sono anche organi del CIP e le attività richiamate si svolgono sotto la vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali, acquisito il parere del CONI.

Il DPCM citato (art. 3 ) prescrive inoltre l’adeguamento dello statuto della FIDS (previo approvazione del ministero per i beni e le attività culturali) ai nuovi compiti assunti dal CIP.

Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto (adottato in data 15 dicembre 2004), in considerazione delle perplessità espresse dagli organismi interessati in ordine ai profili problematici derivanti dalla non chiara disciplina dei rapporti tra le due strutture (FISD e CIP) delineata dalla legge 189/2003, ha disposto la ridenominazione della Federazione in Comitato Italiano Paralimpico.

 

Con riguardo all’attività sportiva dei disabili, si segnala infine che la VII commissione della Camera ha avviato il 30 novembre 2005 l’esame della pdl A.C. 5696 “Disposizioni per l’incentivazione della pratica sportiva dei cittadini disabili e per la promozione degli sport paralimpici “.


Articolo 1, comma 581
(Ricerca nel settore oncologico)

 

581. Al fine di garantire un adeguato sostegno al potenziamento delle attività di ricerca e sviluppo industriali nel settore oncologico svolte da strutture di eccellenza specializzate nel settore, è destinato un importo pari a 50 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca di cui all’articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

 

 

Il comma in esame destina un importo pari a 50 milioni di euro al finanziamento delle attività di ricerca e sviluppo industriali nel settore oncologico, svolte da strutture di eccellenza specializzate nel settore.

Le risorse sono a valere sul Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca, di cui all'articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005 )e successive modificazioni.

Si ricorda che il citato comma 354 dell’articolo 1 dispone l’istituzione, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, di un apposito Fondo rotativo, denominato “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese“, finalizzato alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese in forma di anticipazione di capitali rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale.

La dotazione iniziale del Fondo è stabilita in 6 miliardi di euro, da finanziare con le risorse del risparmio postale. In seguito, la Cassa depositi e prestiti S.p.a può disporre variazioni a tale cifra, in ragione delle dinamiche di erogazione e di rimborso delle somme concesse, purché nel rispetto dei limiti di spesa annuale sul bilancio dello Stato stabiliti dalla legge.


Articolo 1, comma 582
(Autorizzazione all’utilizzazione di risorse all’ENAC)

 


582. L’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) è autorizzato ad utilizzare le risorse di parte corrente derivanti da trasferimenti statali relativi agli anni 2004 e 2005, disponibili nel proprio bilancio alla data di entrata in vigore della presente legge, ad esclusione delle somme destinate a spese obbligatorie, anche per fare fronte a spese di investimento per le infrastrutture aeroportuali. Entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’ENAC comunica l’ammontare delle disponibilità di cui al presente comma al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che individua, con proprio decreto, gli investimenti da finanziare a valere sulle medesime risorse.


 

 

Il comma 582 autorizza l’ENAC ad utilizzare risorse di parte corrente anche per spese di conto capitale.

In particolare, l’ente è autorizzato ad utilizzare le risorse di parte corrente derivanti da trasferimenti statali relativi agli anni 2004 e 2005, disponibili in bilancio alla data di entrata in vigore della legge, ad eccezione delle somme destinate a spese obbligatorie, anche per fare fronte a spese di investimento per le infrastrutture aeroportuali.

In capo all’ENAC è posto l’obbligo di comunicare, entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge, l’ammontare delle disponibilità suddette al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che, con decreto, individua gli investimenti da finanziare a valere sulle medesime risorse.

 

Si ricorda che l’ENAC, istituito con decreto legislativo n. 250 del 1997, sottoposto all'indirizzo, vigilanza e controllo del Ministro dei trasporti e della navigazione, è ente pubblico economico dotato di autonomia regolamentare, organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile e finanziaria.

L’articolo 7 del citato decreto legislativo prevede che le entrate dell'E.N.A.C. sono costituite da:

-       i trasferimenti da parte dello Stato connessi all'espletamento dei compiti previsti dal presente decreto ed all'attuazione del contratto di programma, nel limite delle somme iscritte nei capitoli dello stato di previsione del Ministero dei trasporti e della navigazione per il triennio 1997-1999, individuati con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con il Ministro del tesoro. A decorrere dall'anno 2000 si provvede mediante inserimento delle apposite voci nella tabella C della legge finanziaria annuale;

-       le tariffe per le prestazioni di servizi stabilite con apposito regolamento, deliberato dal consiglio di amministrazione ed approvato con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con il Ministro del tesoro;

-       i proventi previsti dall'articolo 7 della legge 22 agosto 1985, n. 449, come successivamente integrata e modificata;

-       i proventi derivanti da entrate diverse.

 

La tabella C della legge finanziaria per il 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311) prevede un’autorizzazione di spesa per l’ENAC pari a 68,1 milioni di euro per il 2005, a 65,9 milioni per il 2006 e a 65,2 milioni di euro per il 2007. I predetti importi sono stati ridotti di 1 milione di euro per il 2005, di 2,1 milioni di euro per il 2006 e di 1 milione di euro per il 2007 dal decreto-legge 17 giugno 2005, n. 106, recante disposizioni urgenti in materia di entrate.

 

Si segnala che sul capitolo 2161 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dove sono stanziate le risorse da destinare all’ENAC, sono attualmente presenti residui pari a 96.413.520,46 euro di cui 47.353.244,46 relativi allo stanziamento per l’anno 2004 e 49.060.276,00 euro relativi allo stanziamento di parte corrente dell’anno 2005.

Si segnala inoltre che la disposizione in esame consente di mantenere in bilancio, senza spostare in economia, i residui di parte corrente relativi all’esercizio 2004.

 

Si ricorda, poi, che l’articolo 11 del decreto legislativo n. 250 del 1997, che riconosce in capo al Ministro dei trasporti e della navigazione, funzioni di vigilanza, indirizzo e controllo sull'attività dell'E.N.A.C, affida al Ministro dei trasporti e della navigazione il compito, tra l’altro, di emanare le direttive generali per la programmazione dell'attività dell'Ente; di approvare le proposte di pianificazione e di sviluppo del sistema aeroportuale nazionale; di approvare i bilanci di esercizio.

L’articolo 5 dello statuto dell’ENAC, individuando le competenze del consiglio di amministrazione dell’ente, affida a tale organo il compito, tra l’altro, di determinare gli obiettivi e i programmi da attuare e di adottare le direttive generali per la gestione ordinaria e straordinaria dell’ente, verificandone altresì l’attuazione.


Articolo 1, commi 583-593
(Insediamenti turistici di qualità)

 


583. Al fine di promuovere lo sviluppo del turismo di qualità, i soggetti di cui al comma 586, di seguito denominati «promotori», possono presentare alla regione interessata proposte relative alla realizzazione di insediamenti turistici di qualità di interesse nazionale, anche tramite concessione di beni demaniali marittimi, esclusi quelli sui quali sussistono concessioni con finalità turistico-ricreative già operanti ai sensi dell’articolo 03, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, e anche mediante la riqualificazione di insediamenti e impianti preesistenti.

584. Ai canoni di concessione per gli insediamenti di cui al comma 583 non si applicano le disposizioni di cui al decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494. La misura del canone è determinata dall’atto di concessione. Una quota degli introiti dei canoni è attribuita nella misura del 20 per cento alla regione interessata e nella misura del 20 per cento al comune o ai comuni interessati, proporzionalmente al territorio compreso nell’insediamento. Per quanto non determinato dai commi da 583 a 593, si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 36 a 49 del codice della navigazione.

585. Gli insediamenti turistici di qualità di cui ai commi da 583 a 593 sono caratterizzati dalla compatibilità ambientale, dalla capacità di tutela e di valorizzazione culturale del tessuto circostante e dei beni presenti sul territorio, dall’elevato livello dei servizi erogati e dalla idoneità ad attrarre flussi turistici anche internazionali. In ogni caso gli insediamenti turistici di cui ai commi da 583 a 593 devono assicurare un ampliamento della base occupazionale mediante l’assunzione di un numero di addetti non inferiore a 250 unità. La realizzazione e la gestione degli insediamenti per il turismo di qualità sono effettuate secondo le procedure di cui ai commi da 586 a 593 e ferme restando le disposizioni di cui al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

586. Possono presentare le proposte di cui al comma 583 gli enti locali territorialmente competenti, anche associati, i soggetti di cui all’articolo 10 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, associati con gestori di servizi ed eventualmente consorziati e associati con enti finanziatori, nonché i soggetti dotati di idonei requisiti tecnici, organizzativi e finanziari, definiti da apposito regolamento da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio.

587. Le proposte devono comprendere lo studio di fattibilità ambientale, il piano finanziario degli investimenti, l’adeguamento del sistema complessivo dei servizi che interessano l’area, in particolare nel settore della mobilità, nonché la previsione di eventuali infrastrutture e opere pubbliche connesse, e sono redatte secondo modelli definiti dal regolamento di cui al comma 586. La realizzazione di infrastrutture e di servizi connessi può essere affidata allo stesso soggetto realizzatore dell’insediamento turistico. In tale caso si applicano le disposizioni stabilite dall’articolo 104, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

588. Le proposte sono valutate dalla regione sotto il profilo della fattibilità e della qualità costruttiva, urbanistica e ambientale, nonché della qualità progettuale, della funzionalità, del costo di gestione e di manutenzione, dei tempi di ultimazione dei lavori per la realizzazione degli impianti e delle infrastrutture e opere pubbliche connesse. Sono comunque valutate in via prioritaria le proposte che prevedono il recupero e la bonifica di aree compromesse sotto il profilo ambientale e di impianti industriali dismessi.

589. La regione, entro trenta giorni dalla presentazione, verifica l’assenza di elementi ostativi e, esaminate le proposte stesse, anche comparativamente, e sentiti i promotori che ne facciano richiesta, provvede, entro i successivi sessanta giorni, ad individuare quelle che ritiene di pubblico interesse e a trasmettere documentazione ai comuni e alle province competenti per territorio, al Ministero dell’economia e delle finanze, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministero delle attività produttive, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, al Ministero per i beni e le attività culturali e a tutte le altre amministrazioni competenti a rilasciare permessi e autorizzazioni di ogni genere e tipo.

590. Le amministrazioni interessate rimettono le proprie valutazioni alla regione entro il termine perentorio di trenta giorni dalla ricezione della documentazione relativa alla proposta, ovvero, in caso di procedura ad evidenza pubblica ai sensi del comma 592, entro trenta giorni dalla aggiudicazione. Entro lo stesso termine le amministrazioni interessate possono presentare motivate proposte di adeguamento o richieste di prescrizioni. La mancata presentazione, entro il termine previsto, di osservazioni o richieste di prescrizioni ha l’effetto di assenso alla proposta. La regione promuove, entro i successivi quarantacinque giorni, la stipula fra le amministrazioni interessate di un accordo di programma, ai sensi dell’articolo 34 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

591. La stipula dell’accordo di programma sostituisce ogni altra autorizzazione, approvazione e parere comunque denominato, consente la realizzazione e l’esercizio di tutte le opere, prestazioni e attività previste nella proposta approvata, e ha l’effetto di determinare le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e di sostituire le concessioni edilizie, nel rispetto delle condizioni di cui al citato articolo 34 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000. Restano comunque ferme le disposizioni di cui al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

592. Nel caso di più proposte relative alla stessa concessione di beni demaniali la regione, prima della stipula dell’accordo di programma, indice una gara da svolgere con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ponendo a base di gara la proposta presentata dal promotore, secondo le procedure di cui all’articolo 37-quater della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni.

593. Per promuovere la realizzazione degli insediamenti di cui ai commi da 583 a 592, i comuni interessati possono prevedere l’applicazione di regimi agevolati ai fini del contributo di cui all’articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nonché l’esenzione, ovvero l’applicazione di riduzioni o detrazioni, dall’imposta comunale sugli immobili di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.


 

 

Gli undici commi in commento vengono ripresi testualmente, con due sole modifiche, dall’art. 30 del cd “ddl competitività” (A.S. 3533, approvato dalla Camera nel luglio 2005 ma non pervenuto all’approvazione definitiva).

Le norme prevedono una procedura per l’esecuzione di progetti volti alla realizzazione di insediamenti turistici di qualità di interesse nazionale. Tali progetti possono prevedere anche la riqualificazione di insediamenti e impianti preesistenti e godono di una concessione di beni demaniali marittimi(comma 583). La norma introduce (rispetto all’art. 30 del “ddl competitività”) una esplicita esclusione dal proprio ambito di applicazione dei territori già dati in concessione ai sensi dell’art. 03, comma 1, del decreto legge n. 400 del 1993 (vedi infra). Tale esclusione era tuttavia implicitamente ricavabile anche dal testo originario dell’art. 30 del ddl competitività.

Infatti, il successivo comma 584 prevede che ai canoni di concessione per gli insediamenti di cui al comma583 non si applicano le disposizioni di cui al decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400. La misura del canone è infatti determinata dall'atto di concessione. Una quota degli introiti dei canoni è attribuita, nella misura del 20 per cento alla regione interessata e nella misura del 20 per cento al comune o ai comuni interessati, proporzionalmente al territorio compreso nell'insediamento. Lo stesso comma 584 prevede inoltre che per quanto non determinato dalla presente legge, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 36 a 49 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 (codice della navigazione).

 

Si ricorda che Il decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, ha articolato la misura dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime aventi finalità turistico-ricreative in relazione alla classificazione delle aree, che sono suddivise in tre categorie (A, B e C) in base alla diversa valenza turistica, e ha demandato alle regioni la loro collocazione all'interno di tali categorie.

Lo stesso decreto ha quindi fissato per ogni categoria la misura base del canone e ha stabilito, all’articolo 03, che i canoni annui sono determinati, a decorrere dal 1° gennaio 1994, con decreto del Ministro della marina mercantile, emanato sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto dei criteri direttivi fissati dal comma 1 del medesimo articolo 03. Il regolamento per la determinazione dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime per le finalità turistico-ricreative è stato quindi approvato con D.M. 5 agosto 1998, n. 342.

Con l’articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, inizia una lunga vicenda normativa – ancora in corso – relativa alla rivalutazione dei suddetti canoni. Infatti, il suddetto art. 32 del decreto, al comma 21, ha stabilito che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo, vengano rideterminati i canoni annui per concessioni con finalità turistico-ricreative di aree demaniali marittime, loro pertinenze e specchi acquei, disciplinati dall'articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494.

Il successivo comma 22 dello stesso articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 disponeva altresì che dal 1° gennaio 2004 i suddetti canoni per la concessione d'uso fossero rideterminati nella misura prevista dalle tabelle allegate al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 5 agosto 1998, n. 342, rivalutate del 300 per cento.

L'articolo 2, comma 53, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) ha sostituito il testé illustrato comma 22, stabilendo che con decreto interministeriale, da emanare entro il 30 giugno 2004, venissero assicurate maggiori entrate non inferiori a 140 milioni di euro, a decorrere dal 1° gennaio 2004; qualora il decreto non fosse stato adottato entro il predetto termine, i canoni per la concessione d'uso avrebbero dovuto essere rideterminati, con effetto dal 1° gennaio 2004, con la suddetta rivalutazione del 300 per cento.

Il termine del 30 giugno 2004 è stato differito, dapprima al 30 ottobre 2004 dall’articolo 5, comma 2-quinquies, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, al dichiarato fine di “consentire il completamento degli accertamenti tecnici in corso, d'intesa con le regioni interessate, relativamente alla rideterminazione dei canoni demaniali marittimi anche in relazione al numero, all'estensione, alle tipologie, alle caratteristiche economiche delle concessioni e delle attività economiche ivi esercitate, e all'abusivismo”, indi al 15 dicembre 2004 dall’articolo 16 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 306.

L’articolo 14-quinquies del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 agosto 2005, n. 168, introdotto nel corso dell’esame presso l’Assemblea del Senato, ha differito il medesimo termine al 31 ottobre 2005.

Da ultimo, l’articolo 3-ter del decreto legge n. 203 del 2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 248 del 2005, è intervenuto sull’articolo 14-quinquies del testé citato decreto-legge n. 115 del 2005, sostituendo la data del 31 ottobre 2005, ivi indicata, con il nuovo termine del 15 dicembre 2005.

 

Gli articoli 36 e seguenti del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 (codice della navigazione) contengono norme riguardanti l’uso del demanio marittimo.

 

Ai sensi del comma 585, gli insediamenti turistici di qualità sono caratterizzati dalla compatibilità ambientale, dalla capacità di tutela e di valorizzazione culturale del tessuto circostante, nonché dei beni presenti sul territorio, dall’elevato livello dei servizi erogati, dalla idoneità ad attrarre flussi turistici internazionali. E’ inoltre specificato che gli insediamenti turistici di cui all’articolo in commento devono assicurare un ampliamento della base occupazionale mediante l’assunzione di un numero di addetti non inferiore a 250 unità.

La realizzazione e la gestione degli insediamenti per il turismo di qualità è effettuata secondo la seguente procedura:

Presentazione della proposta e contenuto della stessa

Possono presentare proposte ai sensi i “promotori”, cioè gli enti locali territorialmente competenti, anche associati, nonché i soggetti di cui all’articolo 10 della legge n. 109 del 1994 associati con gestori di servizi ed eventualmente consorziati e associati con enti finanziatori, nonché i soggetti dotati di idonei requisiti tecnici, organizzativi, finanziari, definiti da apposito regolamento da emanarsi entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge dal Ministro delle attività produttive di concerto Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio

 

L’articolo 10 della legge n. 109 del 1994 prevede al comma 1 che sono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei lavori pubblici i seguenti soggetti:

a)    le imprese individuali, anche artigiane, le società commerciali, le società cooperative, secondo le disposizioni di cui agli articoli 8 e 9;

b)    i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422, e successive modificazioni, e i consorzi tra imprese artigiane di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443, sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 8 e 9 della stessa legge n. 109;

c)    i consorzi stabili costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile, tra imprese individuali, anche artigiane, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12 della presente legge;

d)    le associazioni temporanee di concorrenti, costituite dai soggetti di cui alle lettere a), b) e c), i quali, prima della presentazione dell'offerta, abbiano conferito mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, qualificato capogruppo, il quale esprime l'offerta in nome e per conto proprio e dei mandanti;

e)    i consorzi di concorrenti di cui all'articolo 2602 del codice civile, costituiti tra i soggetti di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma anche in forma di società ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile;

e-bis)           i soggetti che abbiano stipulato il contratto di gruppo europeo di interesse economico (GEIE) ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240;

Ai sensi del comma 1-bis non possono partecipare alla medesima gara imprese che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all'articolo 2359 del codice civile.

 

Con riferimento al comma 586 si osserva che sembrerebbe opportuno assegnare al regolamento il compito di individuare altresì le nozioni di “gestori di servizi” ed “enti finanziatori”.

 

Per quel che riguarda il contenuto delle proposte, le disposizioni in commento (comma 587) prevedono che le proposte siano redatte secondo modelli definiti da apposito regolamento di cui alcomma 586. Esse devono inoltre comprendere lo studio di fattibilità ambientale, il piano finanziario degli investimenti, l'adeguamento del sistema complessivo dei servizi che interessano l'area, in particolare nel settore della mobilità, nonché la previsione di eventuali infrastrutture ed opere pubbliche connesse.

 

Il comma 587 (secondo periodo) prevede inoltre che la realizzazione di infrastrutture e servizi connessi può essere affidata allo stesso soggetto realizzatore dell'insediamento turistico. In tal caso si applicano le disposizioni di cui all'articolo 104, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

 

L’articolo 104 comma 4 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, prevede che per le concessioni relative alla costruzione e all'esercizio di opere pubbliche sono ammesse in deduzione quote di ammortamento finanziario differenziate da calcolare sull'investimento complessivo realizzato. Le quote di ammortamento sono determinate nei singoli casi con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze in rapporto proporzionale alle quote previste nel piano economico-finanziario della concessione, includendo nel costo ammortizzabile gli interessi passivi anche in deroga alle disposizioni del comma 1 dell'articolo 110.

 

Ai sensi del comma 583 la proposta va presentata alla regione interessata.

Valutazione delle proposte

Come già accennato, le proposte non devono essere necessariamente collegate ad una domanda di concessione demaniale. Di conseguenza, sono previste due procedure di valutazione delle proposte: una, che possiamo definire ordinaria, si applica nel caso in cui non vi siano domande di concessione demaniale o nel caso in cui vi sia una sola domanda di concessione demaniale, l’altra – di natura competitiva - si applica nel caso in cui vi siano più domande di concessione demaniale.

La procedura prevede - come fase iniziale - che la regione, entro trenta giorni dalla presentazione delle proposte, verifichi l'assenza di elementi ostativi e, esaminate le proposte stesse anche comparativamente, sentiti i promotori che ne facciano richiesta, provveda, entro i successivi sessanta giorni, ad individuare quelle che ritiene di pubblico interesse e a trasmetterne documentazione ai comuni e alle province competenti per territorio, al Ministero dell'economia e delle finanze, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministero delle attività produttive, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, al Ministero per i beni e le attività culturali e a tutte le altre amministrazioni competenti a rilasciare permessi ed autorizzazioni di ogni genere e tipo (comma 387.71).

Il comma 588 prevede che le proposte siano valutate dalla regione sotto il profilo della fattibilità e della qualità costruttiva, urbanistica ed ambientale, nonché della qualità progettuale, della funzionalità, del costo di gestione e di manutenzione, dei tempi di ultimazione dei lavori per la realizzazione degli impianti e delle infrastrutture e opere pubbliche connesse E’ inoltre previsto che siano comunque valutate in via prioritaria le proposte che prevedono il recupero e la bonifica di aree compromesse sotto il profilo ambientale e di impianti industriali dismessi.

La fase successiva prevede che le amministrazioni interessate rimettano le proprie valutazioni, motivate proposte di adeguamento o richieste di prescrizione alla regione entro il termine perentorio di trenta giorni dalla ricezione della documentazione relativa alla proposta. La mancata presentazione, entro il termine previsto, di osservazioni o richieste di prescrizione ha l'effetto di assenso alla proposta. La proposta quindi acquista carattere di esecutività nel caso in cui non vi siano osservazioni o richieste di prescrizione.

Qualora invece vi siano proposte o richieste, esse sono acquisite dalla regione che promuove entro i successivi quarantacinque giorni la stipula fra le amministrazioni interessate di un accordo di programma, ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.(comma 590).

 

Si ricorda che l’articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 prevede che per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento. L'accordo può prevedere altresì procedimenti di arbitrato, nonché interventi surrogatori di eventuali inadempienze dei soggetti partecipanti. Per verificare la possibilità di concordare l'accordo di programma, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate. L'accordo, consistente nel consenso unanime del presidente della Regione, del presidente della provincia, dei sindaci e delle altre amministrazioni interessate, è approvato con atto formale del presidente della Regione o del presidente della provincia o del sindaco ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione. L'accordo, qualora adottato con decreto del presidente della Regione, produce gli effetti della intesa di cui all'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l'assenso del comune interessato. Allorché l'intervento o il programma di intervento comporti il concorso di due o più regioni finitime, la conclusione dell'accordo di programma è promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a cui spetta convocare la conferenza di cui al comma 3. Il collegio di vigilanza di cui al comma 7 è in tal caso presieduto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è composto dai rappresentanti di tutte le regioni che hanno partecipato all'accordo. La Presidenza del Consiglio dei Ministri esercita le funzioni attribuite dal comma 7 al commissario del Governo ed al prefetto.

 

Nel caso in cui, invece, vi siano più proposte relative a una stessa concessione demaniale, la regione, ai sensi del comma 592, indice una gara da svolgere con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ponendo a base di gara la proposta presentata dal promotore, secondo le procedure di cui all'articolo 37-quater della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (procedura del project financing).

 

Si ricorda che la disciplina del project financing, introdotta nel nostro ordinamento nel 1998 (legge n. 415/1998, cd “Merloni-ter” che ha introdotto gli artt. 37-bis–37-quater della legge n. 109/1994), ha lo scopo di favorire il ricorso alla particolare forma di realizzazione di lavori pubblici denominata concessione di costruzione e gestione di lavori pubblici quale strumento attraverso cui convogliare capitali privati nella realizzazione di opere pubbliche[319].

Le disposizioni sulla finanza di progetto, in particolare, intervengono sulla fase dell’iniziativa del procedimento (prima dell’innovazione normativa introdotta dalla legge n. 415 era infatti solo l’amministrazione aggiudicatrice che dava avvio alla procedura che si concludeva con il contratto di concessione di costruzione e gestione).

Le nuove regole sul project financing hanno attribuito al privato – che nello schema del contratto di concessione di costruzione e gestione copre i costi di realizzazione dell’opera - anche una funzione decisiva di individuazione e di proposta di opere pubbliche (o di pubblica utilità) realizzabili attraverso il ricorso alla concessione di costruzione e gestione. L’articolo 37-bis disciplina, infatti, la figura del “promotore”, quale soggetto privato che presenta alle amministrazioni aggiudicatrici proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità (che comunque devono essere stati previamente inseriti nella programmazione triennale delle opere effettuata dalla stessa amministrazione). Le proposte devono contenere uno studio di inquadramento territoriale e ambientale, uno studio di fattibilità, un progetto preliminare, una bozza di convenzione, un piano economico-finanziario asseverato da un istituto di credito. Tale presentazione non determina, in capo alle amministrazioni, alcun obbligo di esame e valutazione, né (ovviamente) di realizzazione dell’opera. Le amministrazioni – tuttavia - possono adottare, nell'ambito dei propri programmi, le proposte di intervento e gli studi ritenuti di pubblico interesse. Per le proposte valutate di pubblico interessel’amministrazione procede all’avvio di una procedura di aggiudicazione in concessione di costruzione e gestione mediante gara (art. 37-quater), con il solo obbligo (nei confronti del promotore) di porre la proposta dello stesso a base di gara.

 

Il comma 591 prevede che la stipula dell'accordo di programma, sostituisca ogni altra autorizzazione, approvazione e parere comunque denominato e consenta la realizzazione e l'esercizio di tutte le opere, prestazioni e attività previste nella proposta approvata ed abbia infine l’effetto di determinare le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e di sostituire le concessioni edilizie, nel rispetto delle condizioni di cui all’articolo 34 del decreto legislativo n. 267 del 2000. Vengono comunque fatte salve dal comma stesso le disposizioni di cui al codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

 

Il comma 593 prevede inoltre che, per promuovere la realizzazione degli insediamenti in questione, i comuni interessati possano disporre l’applicazione di regimi agevolati ai fini del contributo di cui all’articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al DPR 6 giugno 2001, n. 380, nonché l’esenzione, ovvero l’applicazione di riduzioni o detrazioni dall’imposta comunale sugli immobili di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.

 

L’articolo 16 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 prevede al comma 1 che il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, secondo le modalità indicate nel presente articolo. Il comma 2 prevede che la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell'interessato, può essere rateizzata. A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune. Il comma 3 prevede che la quota di contributo relativa al costo di costruzione, determinata all'atto del rilascio, è corrisposta in corso d'opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione della costruzione. Il comma 4 prevede che l'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base alle tabelle parametriche che la regione definisce per classi di comuni in relazione:

a) all'ampiezza ed all'andamento demografico dei comuni; b) alle caratteristiche geografiche dei comuni; c) alle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti; d) ai limiti e rapporti minimi inderogabili fissati in applicazione dall'articolo 41-quinquies, penultimo e ultimo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modifiche e integrazioni, nonché delle leggi regionali. Il comma 5 prevede che nel caso di mancata definizione delle tabelle parametriche da parte della regione e fino alla definizione delle tabelle stesse, i comuni provvedono, in via provvisoria, con deliberazione del consiglio comunale. Il comma 6 prevede che ogni cinque anni i comuni provvedono ad aggiornare gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, in conformità alle relative disposizioni regionali, in relazione ai riscontri e prevedibili costi delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale.

I commi 7, 7-bis e 8 stabiliscono quali sono gli oneri di urbanizzazione. Il comma 9 prevede che il costo di costruzione per i nuovi edifici è determinato periodicamente dalle regioni con riferimento ai costi massimi ammissibili per l'edilizia agevolata, definiti dalle stesse regioni a norma della lettera g) del primo comma dell'articolo 4 della legge 5 agosto 1978, n. 457. Con lo stesso provvedimento le regioni identificano classi di edifici con caratteristiche superiori a quelle considerate nelle vigenti disposizioni di legge per l'edilizia agevolata, per le quali sono determinate maggiorazioni del detto costo di costruzione in misura non superiore al 50 per cento. Nei periodi intercorrenti tra le determinazioni regionali, ovvero in eventuale assenza di tali determinazioni, il costo di costruzione è adeguato annualmente, ed autonomamente, in ragione dell'intervenuta variazione dei costi di costruzione accertata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Il contributo afferente al permesso di costruire comprende una quota di detto costo, variabile dal 5 per cento al 20 per cento, che viene determinata dalle regioni in funzione delle caratteristiche e delle tipologie delle costruzioni e della loro destinazione ed ubicazione. Il comma 10 prevede che nel caso di interventi su edifici esistenti il costo di costruzione è determinato in relazione al costo degli interventi stessi, così come individuati dal comune in base ai progetti presentati per ottenere il permesso di costruire. Al fine di incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente, per gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), i comuni hanno comunque la facoltà di deliberare che i costi di costruzione ad essi relativi non superino i valori determinati per le nuove costruzioni ai sensi del comma 6

 

L’articolo 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, che istituisce l’ICI, prevede che l'aliquota è stabilita dal comune, con deliberazione da adottare entro il 31 ottobre di ogni anno, con effetto per l'anno successivo. Se la delibera non è adottata entro tale termine, si applica l'aliquota del 4 per mille, ferma restando la disposizione di cui all'articolo 84 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, come modificato dal decreto legislativo 11 giugno 1996, n. 336. L'aliquota deve essere deliberata in misura non inferiore al 4 per mille, né superiore al 7 per mille e può essere diversificata entro tale limite, con riferimento ai casi di immobili diversi dalle abitazioni, o posseduti in aggiunta all'abitazione principale, o di alloggi non locati; l'aliquota può essere agevolata in rapporto alle diverse tipologie degli enti senza scopi di lucro . L'imposta è determinata applicando alla base imponibile l'aliquota vigente nel comune di cui all'articolo 4. Restano inoltre ferme le disposizioni dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 ottobre 1996, n. 556.

L’articolo 7 dello stesso decreto legislativo disciplina le ipotesi di esenzione dall’imposta. L’articolo 8 disciplina le riduzioni d’imposta e le detrazioni, prevedendo, per talune di esse, l’esercizio di un potere discrezionale da parte dei comuni.

 

La disposizione qui illustrata interviene sulla disciplina di diritti o tributi la cui regolazione è contenuta unitariamente in specifici atti normativi (testo unico delle disposizioni in materia edilizia e decreto legislativo n. 504 del 1992). Per mantenere l’unitarietà della materia, sarebbe opportuno collocare le norme pertinenti nei medesimi corpora normativi mediante apposite novelle.

 

Si osserva – infine – che non è stato riproposto, nella legge finanziaria, il contenuto del comma 12 dell’articolo 30 del “ddl competitività”, ove si prevedeva che - con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa intesa in sede di Conferenza unificata - fossero individuati tre siti di preminente interesse paesaggistico in cui fossero ubicati insediamenti industriali dimessi, nei quali effettuare un intervento integrato di recupero e bonifica ambientale e di realizzazione di un insediamento turistico di qualità, secondo le nuove modalità e si stanziavano – a tal fine – 10 milioni di euro per l’anno 2005.

 


Articolo 1, comma 594
(Indennizzi ai cittadini ex - Jugoslavia)

 

594. Il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro è autorizzato a rinnovare per l’anno 2006 gli accordi di cui all’articolo 3, comma 22, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, finalizzati ad accelerare le procedure di liquidazione degli indennizzi previsti dalla legge 29 marzo 2001, n. 137.

 

 

Il comma 594 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento del Tesoro a rinnovare per il 2006 apposite convenzioni con società direttamente controllate dallo Stato o con enti pubblici, al fine di affidar loro l'istruttoria delle domande di liquidazione degli indennizzi a cittadini e imprese operanti in territori della ex Jugoslavia già soggetti alla sovranità italiana, presentate ai sensi della legge 29 marzo 2001, n. 137, dietro pagamento dei costi documentati e di una commissione per la gestione.

 

Il fondamento normativo della previsione è recato dall’articolo 3, comma 22, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" (legge finanziaria per il 2004), il quale, al fine di accelerare le procedure di liquidazione degli indennizzi previsti dalla legge 29 marzo 2001, n. 137, ha autorizzato il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro a stipulare apposite convenzioni con società direttamente controllate dallo Stato o con enti pubblici, alle quali affidare l'istruttoria delle domande presentate ai sensi della citata legge n. 137 del 2001, dietro pagamento dei costi documentati e di una commissione per la gestione.

Il comma 23 della legge finanziaria 2004 ha stimato in 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005, l'onere derivante dall’applicazione del comma 22, sopra commentato e ha previsto che a tale onere si faccia fronte attingendo alle risorse, a ciò specificamente destinate, del Fondo, istituito presso l’INPS, dall'articolo 49, comma 2, della legge finanziaria 2003 (cfr. infra).

Si ricorda che la legge n. 137 del 2001 sopra richiamata, prevede il riconoscimento di un ulteriore indennizzo ai titolari di beni, diritti ed interessi abbandonati nei territori italiani ceduti alla ex Jugoslavia in base al trattato di pace del 10 febbraio 1947 ed all'accordo di Osimo del 10 novembre 1975, già indennizzati o da indennizzare ai sensi della legge 26 gennaio 1980, come modificata dalla legge 5 aprile 1985 n. 135 “Disposizioni sulla corresponsione di indennizzi a cittadini ed imprese italiane per beni perduti in territori già soggetti alla sovranità italiana e all'estero” [320] (art. 1). Si tratta dei “profughi istriani, dalmati e fiumani”, cioè coloro che hanno perduto beni (nel senso più ampio del termine) nelle ex province di Pola, Fiume e Zara, cedute in base al trattato di pace del 10 febbraio 1947, e nella zona B dell’ex territorio libero di Trieste.

L’indennizzo è definito secondo i parametri di rivalutazione stabiliti nella tabella A allegata alla legge n. 137, in cui sono definiti sei scaglioni di valore del bene, definito in base ai prezzi di mercato del 1938, per ciascuno dei quali è fissato un diverso coefficiente di rivalutazione: i coefficienti sono decrescenti all’aumentare del valore del bene definito in ciascuno scaglione.

La legge n. 137/2001 disciplina altresì la procedura di liquidazione[321], riconoscendo validità alle domande già presentate se confermate entro centottantagioni dalla data di entrata in vigore della legge, anche da uno solo degli aventi diritto. Tale termine è stato poi prorogato al 31 maggio 2002 dall’art. 7 del D. L 411 del 23 novembre 2001[322] (art. 2).

La legge n. 137 attribuisce agli uffici del Ministero del tesoro (ora dell’economia e finanze) il compito di provvedere alla liquidazione nei limiti delle risorse annualmente disponibili [323] (art. 3), autorizzando a tal fine la spesa di 140 miliardi per il 2001, 170 miliardi per il 2002, 90 miliardi per il 2003 e di 40 miliardi a decorrere dal 2004 fino ad esaurimento della liquidazione degli indennizzi (comma 5).

All’incremento della suddetta autorizzazione di spesa, l’articolo 49 della legge Finanziaria 2003, l. n. 289/2002, ha destinato le risorse di uno specifico Fondo (comma 2), istituito presso l'INPS, cui affluiscono le economie derivanti dall'accertamento, certificato da parte delle competenti autorità estere, sui redditi prodotti all'estero rilevanti per i requisiti reddituali da valutare ai fini dell'accesso alle prestazioni pensionistiche (comma 1).

Si ricorda inoltre che, in data 20 settembre 2005, è stata trasmessa al Parlamento la relazione sull’attività svolta per la liquidazione degli indennizzi in favore dei cittadini ed imprese italiane per beni perduti in territori già soggetti alla sovranità italiana all’estero, riferita al periodo dal 1° aprile 2004 al 31 marzo 2005. In quell’occasione, il Ministero dell’economia e finanze – Dipartimento del Tesoro- Direzione VI - Ufficio X e XI – ha osservato come, nel corso del periodo in esame, l’Ufficio X ha provveduto alla definizione di 1.324 fascicoli, ai sensi della L. 137/2001, che hanno comportato l’emissione di 4109 ordinativi di pagamento per un importo liquidato di euro 5.859.693, 36.


Articolo 1, comma 595
(Divieto di assunzioni per fondazioni lirico-sinfoniche)

 

595. Per gli anni 2006 e 2007 alle fondazioni lirico-sinfoniche è fatto divieto di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato. Fino al medesimo termine il personale a tempo determinato non può superare il 20 per cento dell’organico funzionale approvato.

 

 

Il comma 595 reca disposizioni in merito al personale delle fondazioni lirico-sinfoniche.

 

In particolare, il comma in esame pone il divieto, per i richiamati enti:

§      di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato per gli anni 2006 e 2007;

§      di avere, nel medesimo biennio, alle proprie dipendenze personale a tempo determinato in misura superiore al 20% dell’organico funzionale approvato.

 

Si ricorda che le fondazioni lirico sinfoniche, che sono attualmente 14[324], sono enti con personalità giuridica di diritto privato: l’art. 1 del D.L. 18 agosto 2000, n. 345, convertito dalla L. 26 gennaio 2001, n. 6, ha dato tale configurazione, a decorrere dal 23 maggio 1998, agli ex enti autonomi lirici e alle istituzioni concertistiche assimilate, già disciplinati dal titolo II della L. 14 agosto 1967, n. 800 .

La disciplina di tali enti è ancora oggi recata essenzialmente dal D.Lgs. 367 del 1996[325], che ne aveva prefigurato la graduale trasformazione da enti pubblici in enti di diritto privato per eliminare le rigidità organizzative connesse alla natura pubblica dei soggetti e per assicurare a questi ultimi risorse aggiuntive private[326]. Era intervenuto successivamente sulla materia il D.Lgs. 134/1998[327] allo scopo di rendere immediatamente applicabile la trasformazione degli enti lirici già disposta dal D.Lgs. 367/1996 ed all’epoca inattuata. In seguito ad una sentenza della Corte che dichiarava l’incostituzionalità del D.Lgs. 134/1998[328], è stato poi adottato intervenuto sulla materia il D.L. 345/2000[329] convertito con modificazioni dalla L. 6/2001, che ha riprodotto buona parte del D.Lgs. n. 134/1998 disponendo tra l’altro che i 13 enti lirici e istituzioni concertistiche assimilate fossero trasformati in fondazione ed acquisissero personalità giuridica di diritto privato a decorrere dal 23 maggio 1998.

Il richiamato D.Lgs. 367/1996, oltre a prescrivere (articoli 1 e 2) la citata trasformazione degli enti lirici in fondazioni di diritto privato (trasformazione poi disposta con il menzionato D.L. 345 del 2000):

-       individua le finalità (articolo 3) di tali fondazioni nel perseguimento, senza scopo di lucro, della diffusione dell'arte musicale, della formazione professionale dei quadri artistici e dell'educazione musicale della collettività;

-       stabilisce (nel medesimo articolo 3) che esse provvedano direttamente alla gestione dei teatri loro affidati, realizzino anche in sedi diverse (in Italia o all’estero) spettacoli lirici, di balletto e concerti, svolgendo eventualmente attività commerciali ed accessorie; ed operino secondo criteri di imprenditorialità ed efficienza nel rispetto del vincolo di bilancio;

-       detta (articolo 10) norme generali sul contenuto indispensabile degli statuti (scopo dell’ente, composizione, competenze, poteri degli organi) definendo tra l’altro il ruolo dei soggetti privati; in proposito stabilisce che l’apporto economico complessivo di questi ultimi al patrimonio dell’ente non possa superare, il quaranta per cento del patrimonio stesso, che la nomina di un rappresentante nel consiglio di amministrazione sia riservata ai soli fondatori privati i quali assicurino, anche in consorzio tra loro, un apporto annuo non inferiore all’otto per cento del totale dei finanziamenti pubblici e che la permanenza dei rappresentanti nel c.d.a. sia subordinata alla continuità dell’apporto;

-       indica (articoli 11-14) gli organi di gestione della fondazione e cioè: il presidente (il sindaco del comune che ospita la fondazione stessa) ; il consiglio di amministrazione (composto da 7 a 9 membri[330] tra i quali rappresentanti del Governo e della regione); il sovrintendente e il collegio dei revisori (costituito da tre membri e un supplente);

-       reca norme generali sul personale artistico e tecnico (articoli 22 e 23);

-       dispone in materia di erogazioni liberali, patrimonio e gestione; scritture contabili e bilancio, contributi statali (riconducibili al Fondo Unico per lo Spettacolo), disposizioni tributarie (articoli 15-18, 24 25);

-       assoggetta le fondazioni alla vigilanza (art. 19) dell’autorità di Governo (oggi ministero per i beni e le attività culturali) e conferma il controllo della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria (articolo 15);

-       disciplina l’amministrazione straordinaria (articoli. 20 e 21).

 

Successivamente, l’articolo 3-ter del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito dalla L. 31 marzo 2005, n. 43, ha modificato la disciplina vigente in materia di fondazioni lirico-sinfoniche attraverso vari interventi volti ad ottimizzare la gestione ed a favorire il contenimento dei costi per gli allestimenti e per il personale: a tal fine è stato disposto (commi 1 e 2) il coordinamento tra le fondazioni; sono state dettate norme sulla contrattazione nazionale e integrativa (commi 3-5, 8); sono state limitate le assunzioni per il triennio 2005-2007 (comma 6); infine, sono stati novellati alcuni articoli del richiamato D.Lgs. 367 del 1996 (comma 7).

 

Più specificamente, i commi 3, 4, e 5 hanno disciplinato in materia di contrattazione del personale delle fondazioni lirico-sinfoniche.

In particolare, il comma 3 reca una norma di principio in materia di contrattazione collettiva, prevedendo che nel contratto collettivo nazionale di lavoro del personale delle citate fondazioni debbano essere previste clausole atte a garantire l’utilizzazione ottimale dei dipendenti, in considerazione delle professionalità e delle esigenze produttive delle fondazioni stesse, con particolare riferimento ai dipendenti che fanno parte dei corpi artistici o a coloro che svolgono attività di lavoro autonomo o professionale.

Per quanto concerne i contratti integrativi aziendali, il comma 4 specifica che essi devono limitarsi a trattare materie stabilite dal contratto collettivo nazionale entro i limiti da questo posti, e non possono derogare dai vincoli di bilancio.

A tale riguardo, il comma 5 prevede che le risorse finanziarie destinate da ciascuna fondazione per il contatto integrativo aziendale non possano essere superiori al 20% dell’importo stabilito per il contratto collettivo nazionale.

Si osserva che l’articolo 2, comma 3-sexies, del D.L. 72 del 2004, convertito dalla L. 128 del 2004, recante interventi per contrastare la diffusione telematica abusiva di opere dell'ingegno, nonché a sostegno delle attività cinematografiche e dello spettacolo, ha stabilito che le risorse finanziarie necessarie per far fronte agli impegni economici derivanti dal rinnovo dei contratti integrativi aziendali delle fondazioni lirico-sinfoniche sono subordinate al loro effettivo reperimento, tenuto conto del principio del pareggio di bilancio della fondazione. I contributi versati dai fondatori sia pubblici sia privati non possono essere considerati ai fini delle risorse. Tale disposizione è stata abrogata dal comma 8 dell’articolo 3-ter in oggetto.

Inoltre, il rinnovo dei contratti integrativi aziendali in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, sarà consentito solo dopo la stipula del nuovo contratto collettivo nazionale e le clausole o istituti contrastanti con le previsioni del comma 4 o con le disposizioni del nuovo contratto collettivo non potranno essere applicati e dovranno essere di nuovo contrattati tra le parti.

Per quanto concerne i preaccordi o le intese che non possono prefigurarsi come contratto integrativo aziendale viene stabilito che:

-        quelle stipulate dopo il 1° gennaio 2004 sono considerate nulle e pertanto non applicabili;

-        quelle stipulate prima del 1° gennaio 2004 restano valide solo fino all’entrata in vigore del nuovo contratto collettivo nazionale.

Il comma 6 ha posto una disciplina restrittiva delle assunzioni, con riferimento all’anno 2005: è stato fatto, infatti, divieto alle fondazioni di assumere personale e tempo indeterminato per l’anno 2005; per il medesimo periodo il personale con contratto a tempo determinato non può superare il 15% dell’organico funzionale. Infine, è stato previsto che il divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato non si applichi alle fondazioni con bilancio verificato dell'anno precedente almeno in pareggio (ma dette assunzioni debbono avvenire nei limiti delle rispettive piante organiche e senza nuovi oneri o maggiori oneri per la finanza pubblica).

Il comma 8, infine, in relazione alla nuova disciplina della contrattazione integrativa recata dal comma 5, provvede, come già accennato in precedenza, all’abrogazione di una norma che pone un vincolo agli impegni economici derivanti dal rinnovo delle contrattazioni integrative aziendali (articolo 2, comma 3-sexies, del D.L. 72 del 2004).

 

Il comma in esame reca, dunque, una disciplina simile a quella contenuta nel comma 6 del richiamato articolo 3-ter del D.L. 7 del 2005, con le seguenti differenze:

§      il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato è disposto per un biennio, anziché per un solo anno;

§      il limite all’utilizzo di personale a tempo determinato è meno stringente: il personale infatti non può superare il 20% dell’organico funzionale approvato, e non il 15 %;

§      non è prevista alcuna deroga al divieto di assunzione di personale a tempo indeterminato.

 


Articolo 1, comma 596
(Contratti co.co.co. stipulati con il Ministero per i beni e le attività culturali)

 

596. Per l’anno 2006 i contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati nell’anno 2005 dal Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, sono trasformati in rapporto di lavoro a tempo determinato nel limite massimo di 95 unità.

 

 

Il comma 596 dispone, per l’anno 2006, la trasformazione in contratti di lavoro a tempo determinato, nel limite massimo di 95 unità, dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati nell’anno 2005 dal Ministero per i beni e le attività culturali ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 .

 

Si ricorda che il richiamato comma 2 dell’articolo 6 del D.Lgs. 81 del 2000 facoltizza le pp.aa. ad affidare a determinati soggetti (quelli impegnati in progetti di lavori socialmente utili e che abbiano effettivamente maturato dodici mesi di permanenza in tali attività nel periodo dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 1999), ove ne ricorrano condizioni ed esigenze, incarichi di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di attività connesse ai progetti di lavori socialmente utili da esse promossi.

 

Per ciò che concerne il lavoro a tempo determinato, e più in generale le forme flessibili di impiego del personale presso la p.a, il principale referente normativo è costituito dall’articolo 36 del D.Lgs. 165 del 2001 (cd. testo unico del pubblico impiego), a mente del quale le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale, si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. In particolare, è demandata ai contratti collettivi nazionali la disciplina della materia dei contratti a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo.

In base all’articolo 35 del D.Lgs. 165 del 2001, l'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro:

-    tramite procedure selettive volte all'accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno;

-    mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità.

Si elencano di seguito i principi cui devono ispirarsi, secondo l’articolo 35 citato, le procedure di reclutamento:

a)       adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione;

b)       adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;

c)       rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori;

d)       decentramento delle procedure di reclutamento;

e)       composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali.

 

Si consideri che l’articolo 1, comma 187, della legge in esame, detta disposizioni limitative dell’utilizzo di personale a tempo determinato da parte delle pubbliche amministrazioni (cfr. supra).

Si consideri, infine, che l’articolo 1, comma 237, della legge finanziaria in esame autorizza, tra gli altri, il Ministero per i beni e le attività culturali, ad avvalersi, fino al 31 dicembre 2006, del personale in servizio con contratti di lavoro a tempo determinato (cfr. supra).

 


Articolo 1, commi 597-600
(Semplificazione in materia di alienazione degli immobili degli IACP)

 


597. Ai fini della valorizzazione degli immobili costituenti il patrimonio degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono semplificate le norme in materia di alienazione degli immobili di proprietà degli Istituti medesimi. Il decreto, da emanare previo accordo tra Governo e regioni, è predisposto sulla base della proposta dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali, dell’economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti da presentare in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

598. I princìpi fissati dall’accordo tra Governo e regioni e regolati dal decreto di cui al comma 597 devono consentire che:

a) il prezzo di vendita delle unità immobiliari sia determinato in proporzione al canone dovuto e computato ai sensi delle vigenti leggi regionali, ovvero, laddove non ancora approvate, ai sensi della legge 8 agosto 1977, n. 513;

b) per le unità ad uso residenziale sia riconosciuto il diritto all’esercizio del diritto di opzione all’acquisto per l’assegnatario unitamente al proprio coniuge, qualora risulti in regime di comunione dei beni; che, in caso di rinunzia da parte dell’assegnatario, subentrino, con facoltà di rinunzia, nel diritto all’acquisto, nell’ordine: il coniuge in regime di separazione dei beni, il convivente more uxorio purché la convivenza duri da almeno cinque anni, i figli conviventi, i figli non conviventi;

c) i proventi delle alienazioni siano destinati alla realizzazione di nuovi alloggi, al contenimento degli oneri dei mutui sottoscritti da giovani coppie per l’acquisto della prima casa, a promuovere il recupero sociale dei quartieri degradati e per azioni in favore di famiglie in particolare stato di bisogno.

599. Agli immobili degli Istituti proprietari, che ne facciano richiesta attraverso le regioni, si applicano le disposizioni previste dal decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni.

600. Al fine di consentire la corretta e puntuale realizzazione dei programmi di dismissione immobiliare, gli enti e gli Istituti proprietari possono affidare a società di comprovata professionalità ed esperienza in materia immobiliare e con specifiche competenze nell’edilizia residenziale pubblica, la gestione delle attività necessarie al censimento, alla regolarizzazione ed alla vendita dei singoli beni immobili.


 

 

I commi da 597 a 600 recano disposizioni di semplificazione in materia di alienazioni di immobili di proprietà degli Istituti Autonomi Case Popolari. È altresì previsto che, al fine di consentire la corretta e puntuale realizzazione dei programmi di dismissione immobiliare, gli enti e gli Istituti proprietari possono affidare a società di comprovata professionalità ed esperienza in materia immobiliare e con specifiche competenze nell'edilizia residenziale pubblica, la gestione delle attività necessarie al censimento, alla regolarizzazione ed alla vendita dei singoli beni immobili.

Più in particolare, il comma 597 prevede che ai fini della valorizzazione degli immobili costituenti il patrimonio degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge, sono semplificate con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, le norme in materia di alienazione degli immobili di proprietà degli Istituti medesimi.

Si prevede quindi una modifica delle procedure di alienazione previste dalla legge attraverso un decreto

Il decreto, da emanare previo accordo tra Governo e Regioni, è predisposto sulla base della proposta dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali, dell’economia e delle finanze, delle infrastrutture e i trasporti. Tale proposta deve essere presentata in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Il comma 598 detta i seguenti principi per l’emanazione del decreto:

a)      il prezzo di vendita delle unità immobiliari deve essere determinato in proporzione al canone dovuto e computato ai sensi delle vigenti leggi regionali, ovvero laddove non ancora varate, ai sensi della legge n. 513 del 1977.

L’articolo 27 della legge n. 513 del 1977 dispone l’abrogazione delle disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 17 gennaio 1959, n. 2 e nella legge 14 febbraio 1963, n. 60 e successive modificazioni e integrazioni, nonché in altre leggi che comunque disciplinino il trasferimento in proprietà agli assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica già assegnati in locazione semplice. Le domande per le quali non sia stato stipulato il relativo contratto di cessione in proprietà, devono essere, a cura degli assegnatari, confermate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.. Alle domande confermate si applicano le norme stabilite dal successivo articolo 28. L’articolo 28 prevede che il prezzo di cessione degli alloggi di cui al precedente articolo 27 è dato dal valore venale degli alloggi stessi al momento dell'entrata in vigore della legge n. 513 del 1977, determinato dall'ufficio tecnico erariale, tenendo anche conto dello stato di conservazione dell'immobile e della sua ubicazione con la riduzione dell'1,5 per cento per ogni anno di effettiva occupazione da parte del richiedente dell'alloggio da cedersi, fino ad un limite massimo di venti anni e con l'ulteriore riduzione del 10 per cento da applicarsi nel caso in cui il richiedente fruisca di un reddito non superiore a quello determinato ai sensi dell’articolo 22 con la maggiorazione di cui alla lettera d) dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035. In sede di stipula del contratto di cessione in proprietà, gli istituti autonomi per le case popolari sono autorizzati a detrarre dal predetto valore le eventuali migliorie apportate dall'assegnatario Qualora l'assegnatario fruisca, secondo le risultanze dell'ultima dichiarazione dei redditi o dell'ultimo accertamento da parte dei competenti uffici fiscali, alla data della presentazione della domanda di conferma, di un reddito inferiore a quello di cui all'articolo 17, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035 , la cessione in proprietà, nel caso di pagamento in contanti, ha luogo con lo sconto del 30 per cento sul prezzo come sopra determinato; nel caso di pagamento rateale, per un periodo di 15 anni, è dovuta una quota in contanti del 15 per cento del prezzo stesso e sul residuo debito è corrisposto un interesse annuo del 5,50 per cento. Qualora invece l'assegnatario fruisca secondo le risultanze dell'ultima dichiarazione dei redditi o dell'ultimo accertamento da parte dei competenti uffici fiscali, di un reddito superiore a quello stabilito dall'articolo 17, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035, alla data della presentazione della domanda di conferma, la cessione in proprietà, nel caso di pagamento in contanti, avviene con lo sconto del 20 per cento sul prezzo come sopra determinato; nel caso di pagamento rateale, per un periodo di 10 anni, è dovuta una quota in contanti pari al 30 per cento del prezzo stesso e sul residuo debito è corrisposto un interesse annuo del 6 per cento .

L’articolo 22 prevede che il canone di locazione determinato ai sensi dei commi precedenti è, a richiesta dell'assegnatario, ridotto del 25 per cento qualora:

a)       il reddito annuo complessivo relativo all'anno precedente quello della richiesta dell'assegnatario derivante esclusivamente da lavoro dipendente o da pensione, determinato ai sensi dell'articolo 10, primo comma, del decreto-legge 13 agosto 1975, n. 376 convertito, con modificazioni, nella legge 16 ottobre 1975, n. 492, non sia superiore all'importo di due pensioni minime INPS per la generalità dei lavoratori per nuclei familiari costituiti da 1 a 2 componenti;

b)       il reddito annuo, come sopra determinato, non superi il limite di cui alla precedente lettera a) aumentato di un quarto per ogni componente oltre i primi due fini ad un massimo di 4 componenti.

Si osserva in proposito che la procedura appena commentata prende come riferimento per la determinazione del prezzo dell’immobile il valore venale dell’immobile riferito al momento dell’entrata in vigore della legge n. 513 del 1977. Sembra quindi opportuno specificare che il riferimento deve essere inteso nel senso di considerare il valore venale dell’immobile riferito al periodo attuale

b)     per le unità ad uso residenziale è riconosciuto il diritto all’esercizio del diritto di opzione all’acquisto per l’assegnatario unitamente al proprio coniuge, qualora quest’ultimo risulti essere in comunione dei beni con l’assegnatario.

c)      I proventi delle alienazioni devono essere destinati alla realizzazione di nuovi alloggi, al contenimento degli oneri dei mutui sottoscritti da giovani coppie per l’acquisto della prima casa, a promuovere il recupero sociale dei quartieri degradati e per azioni in favore di famiglie in particolare stato di bisogno

 

I commi 599 e 600 dettano invece direttamente norme che si applicheranno alle nuove procedure.

 

Il comma 599 prevede infatti che agli immobili degli Istituti proprietari che facciano richiesta attraverso le Regioni, si applicano le disposizioni previste dal decreto legge n. 351 del 25 novembre 2001, convertito con modificazioni dalla legge n. 410 del 23 novembre 2001 e successive modifiche e integrazioni.

Si ricorda che il decreto in questione prevede procedure per la dismissione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e per lo sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare.

In particolare, si da autorizzazione al Ministro dell'economia e delle finanze a costituire o a promuovere la costituzione, anche attraverso soggetti terzi, di più società a responsabilità limitata con capitale iniziale di 10.000 euro, aventi ad oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato e degli altri enti pubblici di cui all'articolo 1 dello stesso decreto. Le società possono essere costituite anche con atto unilaterale del Ministero dell'economia e delle finanze; non si applicano in tale caso le disposizioni previste dall'articolo 2497, secondo comma, del codice civile

Le società costituite effettuano le operazioni di cartolarizzazione, anche in più fasi, mediante l'emissione di titoli o l'assunzione di finanziamenti. Per ogni operazione sono individuati i beni immobili destinati al soddisfacimento dei diritti dei portatori dei titoli e dei concedenti i finanziamenti

 

Il comma 600 dispone invece che al fine di consentire la corretta e puntuale realizzazione dei programmi di dismissione immobiliare, gli enti e gli Istituti proprietari possono affidare a società di comprovata professionalità ed esperienza in materia immobiliare e con specifiche competenze nell’edilizia residenziale pubblica, la gestione delle attività necessarie al censimento, alla regolarizzazione ed alla vendita dei singoli immobili.

 

Si ricorda brevemente che le norme vigenti per l’alienazione degli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) sono quelle relative all’alienazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, contenute nella legge n. 560 del 1993..

Il comma 1 dell’articolo 1 della legge n. 560 del 1993 dispone che sono alloggi di edilizia residenziale pubblica quelli acquisiti, realizzati o recuperati, ivi compresi quelli di cui alla legge 6 marzo 1976, n. 52, a totale carico o con concorso o con contributo dello Stato, della regione o di enti pubblici territoriali, nonché con i fondi derivanti da contributi dei lavoratori ai sensi della legge 14 febbraio 1963, n. 60 e successive modificazioni, dallo Stato, da enti pubblici territoriali, nonché dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) e dai loro consorzi comunque denominati e disciplinati con legge regionale.

Talelegge prevede chele regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa formulano, su proposta degli enti proprietari, sentiti i comuni ove non proprietari, piani di vendita al fine di rendere alienabili determinati immobili nella misura massima del 75 per cento del patrimonio abitativo vendibile nel territorio di ciascuna provincia fermo restando che gli alloggi di cui al comma 2, lettera a), possono essere venduti nella loro globalità. Trascorso tale termine, gli enti proprietari, nel rispetto dei predetti limiti, procedono alle alienazioni in favore dei soggetti aventi titolo a norma di legge

Hanno titolo all'acquisto degli alloggi gli assegnatari o i loro familiari conviventi, i quali conducano un alloggio a titolo di locazione da oltre un quinquennio e non siano in mora con il pagamento dei canoni e delle spese all'atto della presentazione della domanda di acquisto. In caso di acquisto da parte dei familiari conviventi è fatto inoltre salvo il diritto di abitazione in favore dell'assegnatario.

Il prezzo degli alloggi è invece determinato dal valore che risulta applicando un moltiplicatore pari a 100 alle rendite catastali determinate dalla Direzione generale del catasto e dei servizi tecnici erariali del Ministero delle finanze a seguito della revisione generale disposta con decreto del Ministro delle finanze del 20 gennaio 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 7 febbraio 1990, e di cui all'articolo 7 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (12), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, e delle successive revisioni. Al prezzo così determinato si applica la riduzione dell'1 per cento per ogni anno di anzianità di costruzione dell'immobile, fino al limite massimo del 20 per cento. Il pagamento del prezzo viene infine effettuato entro quindici giorni dal perfezionamento del contratto di alienazione.

 


Articolo 1, comma 601
(Fondi speciali)

 


601. Gli importi da iscrivere nei fondi speciali di cui all’articolo 11-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, introdotto dall’articolo 6 della legge 23 agosto 1988, n. 362, per il finanziamento dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio 2006-2008, restano determinati, per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, nelle misure indicate nelle Tabelle A e B, allegate alla presente legge, rispettivamente per il Fondo speciale destinato alle spese correnti e per il Fondo speciale destinato alle spese in conto capitale.


 

 

Il comma 601 stabilisce l’entità dei fondi speciali. I fondi speciali sono lo strumento contabile mediante il quale si determinano le disponibilità per la copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale.

La disciplina di questo istituto è contenuta nell'articolo 11-bis della legge n. 468/1978. Il comma 1 dell'articolo 11-bis stabilisce che la legge finanziaria deve indicare distintamente per la parte corrente (Tabella A) e per quella in conto capitale (Tabella B) le somme destinate alla copertura dei progetti di legge, ripartiti per ministeri.

 

In sede di relazione illustrativa al disegno di legge finanziaria sono indicate le finalizzazioni, vale a dire i provvedimenti per i quali viene preordinata la copertura. Ulteriori finalizzazioni possono essere specificate nel corso dell’esame parlamentare, con riferimento ad emendamenti che incrementano la dotazione dei fondi speciali. In ogni caso le finalizzazioni non hanno efficacia giuridica vincolante.

Attraverso i fondi speciali viene quindi delineata la proiezione finanziaria triennale della futura legislazione di spesa che il Governo intende presentare al Parlamento.

 

L’articolo 11 bis, comma 2, della legge n. 468/1978 prevede anche la possibilità di inserire nelle tabelle A e B accantonamenti di segno negativo, relativi a provvedimenti di minore spesa o di maggiore entrate da approvare in corso d’anno. Gli accantonamenti negativi sono collegati (mediante lettere alfabetiche) agli accantonamenti positivi alla cui copertura sono preordinati.

La disciplina dei fondi speciali prevede, infine, che le quote relative a spese correnti non utilizzate entro l’anno cui si riferiscono costituiscono economie di bilancio. Gli accantonamenti relativi a spese in conto capitale possono essere utilizzati anche nell’anno successivo (“slittamento”) se il provvedimento in questione è stato approvato da almeno una delle due Camere.

Per particolari tipologie di spese (spese corrispondenti ad obblighi internazionali, obbligazioni contrattuali o provvedimenti relativi al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed al trattamento economico e normativo dei dipendenti di pubbliche amministrazioni non compresi nel regime contrattuale) lo slittamento è consentito purché il provvedimento risulti presentato alle Camere entro l’anno ed entri in vigore entro il termine di scadenza dell’anno successivo.

 

Nel disegno di legge finanziaria per il 2006 gli importi della Tabella A ammontavano, nel testo presentato dal Governo (A.S. 3613) complessivamente a 452,5 milioni per il 2006, a 489,5 milioni per il 2007 e a 505,4 milioni per il 2008.

A seguito delle modifiche apportate durante l’esame parlamentare, gli importi della Tabella A sono stati rideterminati in 160,470 milioni di euro per il 2006, in 105,871 milioni di euro per il 2007 e in 91,767 milioni di euro per il 2008.

 

Nel prospetto successivo sono riportati gli importi complessivi della Tabella A come indicati nel bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614), nel disegno di legge finanziaria per il 2006 presentato dal Governo (A.S. 3613), come modificati nel corso dell’iter parlamentare e come approvati definitivamente dalla legge n. 266/2005. Gli importi sono espressi in migliaia di euro.

 


Tabella A (migliaia di euro)

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

137.536

184.527

180.423

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

452.535

458.526

505.422

Testo 5a Commissione Senato (A.S. 3613-A)

452.535

489.526

475.422

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

526.535

463.526

449.422

Testo V Commissione Camera (A.C. 6177-A)

157.070

102.471

89.967

Testo approvato dalla Camera (A.S. 3613-B)

160.470

105.871

91.767

Legge n. 266/2005

160.470

105.871

91.767

 

 

Per quanto riguarda la Tabella B, il disegno di legge finanziaria per il 2006 prevedeva nel testo iniziale (A.S. 3613) accantonamenti pari a 474 milioni di euro per il 2006, a 385 milioni per il 2007 e a 356 milioni per il 2008.

A seguito delle modifiche apportate durante l’esame parlamentare, gli importi della Tabella B sono stati rideterminati in 467,1 milioni di euro per il 2006, in 407 milioni per il 2007 e in 251 milioni per il 2008.

 

Anche per la Tabella B vengono di seguito riportati gli importi complessivi come indicati nelle fasi dell’esame parlamentare. Gli importi sono espressi in migliaia di euro.

 

Tabella B (migliaia di euro)

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

423.959

385.044

356.044

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

473.959

385.044

356.044

Testo 5a Commissione Senato (A.S. 3613-A)

503.959

385.044

251.044

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

496.559

490.044

251.044

Testo V Commissione Camera (A.C. 6177-A)

467.059

407.044

251.044

Testo approvato dalla Camera (A.S. 3613-B)

467.059

407.044

251.044

Legge n. 266/2005

467.059

407.044

251.044

 

 

Nei seguenti progetti sono riportati, con riferimento a ciascun Ministero, gli importi degli accantonamenti di parte corrente, come determinati nel bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614), nel disegno di legge finanziaria presentato dal Governo (A.S. 3613) e, se variati, nelle successive fasi dell’esame parlamentare. Sono indicate, altresì, le finalizzazioni previste nel testo iniziale (A.S. 3613).

 

 

TABELLA A – FONDO SPECIALE DI PARTE CORRENTE

(migliaia di euro)

 

 

MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

3.437

6.847

3.247

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

13.437

36.847

53.247

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 3613-A)

13.437

36.847

23.247

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

3.437

26.847

13.247

Testo V Commissione bilancio (A.C. 6177-A)

-3.400

-2.353

-1.800

Legge n. 266/2005

-

1.047

-

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario per la disciplina del riscontro diagnostico sulle vittime della sindrome della morte improvvisa del lattante e di morte inaspettata del feto e per misure speciali di tutela e valorizzazione delle città italiane, inserite nella lista del patrimonio mondiale poste sotto la tutela dell’UNESCO.

 

 

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

9.570

31.950

31.950

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

9.570

31.950

31.950

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

109.570

31.950

31.950

Testo V Commissione bilancio (A.C. 6177-A)

60.597

12.750

197

Legge n. 266/2005

60.597

12.750

197

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è finalizzato agli incentivi all’occupazione, a contributi in favore dei minorati della vista, alla disciplina previdenziale per gli spedizionieri doganali, per l’abbandono del recupero delle prestazioni pensionistiche indebite, per i principi in materia di governo del territorio, per i portatori di handicap.

 

 

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

31.228

39.859

39.859

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

31.228

39.859

39.859

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

25.228

33.859

33.859

Legge n. 266/2005

25.228

33.859

33.859

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è preordinato per far fronte agli oneri derivanti dalla programmata ratifica ed applicazione di accordi internazionali, per il Comitato Atlantico.

 

 

MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

3.859

9.859

9.859

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

3.859

9.859

9.859

Legge n. 266/2005

3.859

9.859

9.859

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario per le disposizioni in materia di società e associazioni sportive dilettantistiche, per l’istituzione del profilo di docente presso la scuola di lingue estere dell’esercito e per un contributo all’Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili.

 

 

MINISTERO DELL'INTERNO

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

-

5.000

5.000

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

40.000

15.000

15.000

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

30.000

5.000

5.000

Testo V Commissione bilancio (A.C. 6177-A)

25.000

1.000

0

Legge n. 266/2005

25.000

1.000

0

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario per le modifiche alla legge n. 752/1985 in materia di coltivazione e commercio dei tartufi e per lo scrutinio elettronico.

 

 

MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

710

986

2.482

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

710

986

2.482

Legge n. 266/2005

710

986

2.482

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è preordinato alla ratifica ed esecuzione della convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici e pesticidi, all’istituzione del Parco Nazionale del subappennino Dauno.

 

 

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

-

-

-

Testo V Commissione bilancio (A.C. 6177-A)

500

500

500

Legge n. 266/2005

500

500

500

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è preordinato a interventi vari.

 

 


MINISTERO DELLA DIFESA

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

417

417

417

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

417

417

417

Legge n. 266/2005

417

417

417

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario per l’istituzione del profilo di docente della scuola di lingue estere dell’esercito nell’ambito delle dotazioni organiche del personale civile del Ministero della difesa, nonché per la revisione delle leggi penali militari di pace di guerra e per l’adeguamento dell’ordinamento giuridico.

 

 

MINISTERO PER LE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

10.568

11.600

9.600

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

10.568

11.600

9.600

Legge n. 266/2005

10.568

11.600

9.600

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario, per la valorizzazione dei territori montani, per la disciplina dell’apicoltura, per la promozione, la tutela e la valorizzazione dell’agriturismo e delle risorse culturali e naturali nei territori rurali collinosi e montani, per la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, per la concessione di contributi alle associazioni combattentistiche e per i principi in materia di governo del territorio.

 

 

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

783

45

45

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

783

45

45

Legge n. 266/2005

783

45

45

 

Finalizzazioni

L’Accantonamento è preordinato alla legge quadro sulla qualità architettonica, alle misure speciali di tutela e valorizzazione delle città italiane inserite nella lista del patrimonio mondiale, poste sotto la tutela dell’Unesco e ad interventi in materia di beni e attività culturali e di sport.

 

 


MINISTERO DELLA SALUTE

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

76.963

77.963

77.963

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

341.963

342.963

342.963

Testo V Commissione bilancio (A.C. 6177-A)

36.963

37.963

37.963

Legge n. 266/2005

36.963

37.963

37.963

 

Finalizzazioni

L’accantonamento si rende necessario per la nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione di emoderivati, per borse di studio per i medici specializzandi e per indennizzi a favore di soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie.

 

 

Analogamente a quanto esposto per gli accantonamenti di Tabella A, nei seguenti prospetti sono riportati, con riferimento a ciascun Ministero, gli importi degli accantonamenti di conto capitale, come determinati nel bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614), nel disegno di legge finanziaria presentato dal Governo (A.S. 3613) e, se variati, nelle successive fasi dell’esame parlamentare.

 

 

TABELLA B - FONDO SPECIALE DI CONTO CAPITALE

(migliaia di euro)

 

MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

409.059

377.144

348.144

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

459.059

377.144

348.144

Testo 5a Commissione Bilancio (A.S. 3613-A)

489.059

377.144

243.144

Testo approvato dal Senato (A.C. 6177)

481.659

482.144

243.144

Testo V Commissione bilancio (A.C. 6177-A)

452.159

399.144

243.144

Legge n. 266/2005

452.159

399.144

243.144

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è rivolto a consentire la partecipazione finanziaria dell’Italia alla ricostituzione delle risorse di Fondi internazionali, le misure speciali di tutela e valorizzazione delle città italiane inserite nella lista del patrimonio mondiale, poste sotto la tutela dell’UNESCO, la sicurezza della navigazione per favorire l’uso di navi a doppio scafo, per l’ammodernamento della flotta, nonché il piano di azione per lo sviluppo economico sociale e territoriale, interventi nel sistema fieristico nazionale, la realizzazione di un centro polifunzionale di alta specializzazione per l’integrazione sociale dei ciechi plurimenomati, la stabilizzazione dell’area balcanica e interventi vari.

 

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

7.000

-

-

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

7.000

-

-

Legge n. 266/2005

7.000

-

-

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è preordinato agli interventi in materia di programmazione dello sviluppo economico e sociale e per il finanziamento di interventi per opere pubbliche.

 

 

MINISTERO DEI BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

 

 

2006

2007

2008

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614)

7.900

7.900

7.900

Disegno di legge Governo (A.S. 3613)

7.900

7.900

7.900

Legge n. 266/2005

7.900

7.900

7.900

 

Finalizzazioni

L’accantonamento è preordinato alla legge quadro sulla qualità architettonica.

 


Articolo 1, comma 602
(Dotazioni di bilancio relative a leggi di spesa permanente)

 

602. Le dotazioni da iscrivere nei singoli stati di previsione del bilancio 2006 e triennio 2006-2008, in relazione a leggi di spesa permanente la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sono indicate nella Tabella C allegata alla presente legge.

 

 

L'articolo 11, comma 3, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 468 - nel testo sostituito dall'articolo 5 della legge 23 agosto 1988, n. 362 e da ultimo modificato dall’articolo 2, comma 15, della legge n. 208 del 1999 - prevede tra i contenuti propri della legge finanziaria la "determinazione", in apposita tabella, degli stanziamenti annui (per il triennio finanziario di riferimento) delle leggi di spesa permanente, di natura corrente e in conto capitale, la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria (Tabella C).

 

L’articolo 2, comma 18, della legge n. 208/1999 - che ha riformulato l’art. 11, comma 3, lett. d), della legge n. 468 nel senso sopra indicato - ha stabilito inoltre che, in sede di prima applicazione, fosse la stessa legge finanziaria per il 2000 ad indicare quali erano le leggi vigenti la cui quantificazione poteva essere effettuata dalla Tabella C, “intendendosi come soppresse quelle norme recanti autorizzazioni di spesa permanenti già contenenti il riferimento alla predetta lettera d) e non indicate nella legge finanziaria medesima”.

Tale disposizione era confermata dall’articolo 70, comma 7, della legge finanziaria 2000 (legge 23 dicembre 1999, n. 488), il quale precisava che “le leggi vigenti la cui quantificazione è effettuata dalla tabella di cui all’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, (…) sono indicate (…) dalla Tabella C (…)” della legge finanziaria medesima.

 

Rispetto alla finanziaria dello scorso anno, nella legge finanziaria per il 2006 la Tabella C prevede il finanziamento di ulteriori disposizioni di legge. In particolare:

§      Legge n. 448 del 2001, art. 14, co. 2: Restituzione e rimborsi di imposte ai territori del centro-nord per accise gas metano (nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze);

§      Legge n. 91 del 2005: Contributo al Fondo di cooperazione tecnica dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica – AIEA (nell’ambito del Ministero degli affari esteri).

 

Non è invece più previsto nella Tabella C il finanziamento relativo alle seguenti leggi del Ministero dell’economia e delle finanze:

§      Legge n. 195 del 1958: Consiglio superiore magistratura;

§      Legge n. 17 del 1973: Aumento assegnazione annua al CNEL;

§      Legge n. 20 del 1994, art. 4: Autonomia finanziaria Corte dei conti;

§      D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 70, co. 2, lett. b): Agenzia del territorio;

§      D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 70, co. 2, lett. c): Agenzia delle dogane;

§      D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 70, co. 2: Agenzia delle entrate;

§      Legge n. 205 del 2000, art. 20: Autonomia amministrativa del Consiglio di Stato e dei TAR.

 

La Tabella C del disegno di legge finanziaria per il 2006 prevedeva, nel testo presentato dal Governo (A.S. 3613), un ammontare pari a 16.786,3 milioni di euro per il 2006, 15.583 milioni di euro per il 2007 e di 15.576,6 milioni di euro per il 2008.

A seguito delle modifiche approvate nel corso dell’esame parlamentare, l’ammontare complessivo degli stanziamenti previsti dalla Tabella C della legge finanziaria 2006 è stato rideterminato in 16.793,9 milioni di euro per il 2006, 15.524,2 milioni per il 2007 e 15.584,7 milioni per il 2008.

 

Sulla determinazione, a seguito dell’esame parlamentare, degli stanziamenti di Tabella C hanno influito, oltre a variazioni relative a singole voci, anche riduzioni generalizzate disposte in misura percentuale (cosiddetti “tagli orizzontali”).

In particolare, si ricorda che il maxi emendamento del Governo presentato alla Camera, sul quale è stata posta la fiducia, ha determinato una riduzione del 2% delle voci di Tabella C per gli anni 2006, 2007 e 2008, per un importo complessivo di 91,7 milioni di euro per il 2006, 88,2 milioni per il 2007 e 87,9 milioni per il 2008.

Non sono stati sottoposti al taglio del 2% le seguenti autorizzazioni di spesa:

§      D.L. 142/1991, art. 6, co. 1: Reintegro Fondo protezione civile;

§      D.L. 142/1991, art. 6, co. 1: Provvedimenti per le popolazioni di Siracusa, Catania e Ragusa;

§      D.Lgs. 446/1997, art. 39, comma 3: Integrazione Fondo sanitario nazionale;

§      L. 451/1959: Istituzione del Fondo scorta personale Polizia di Stato;

§      L. 721/1954: Fondo scorta per le Capitanerie di porto;

§      R.D. 263/1928, art. 17, co. 1: Corpi dell'Esercito, Marina ed Aeronautica;

§      R.D. 263/1928, art. 17, co. 1: Corpo dell’Arma dei Carabinieri;

§      le autorizzazioni di spesa del Ministero dell’istruzione, università e ricerca.

 

Nella tabella che segue sono esposti gli stanziamenti delle singole voci di Tabella C, come risultanti nella legge finanziaria per il 2006.

Per ciascuna voce, sono indicati gli importi del bilancio a legislazione vigente per il 2006 (A.S. 3614), gli importi di Tabella C del disegno di legge iniziale (A.S. 3613) come determinati nel testo approvato dal Senato (A.C. 6177) e come approvati definitivamente.

Gli stanziamenti sono espressi in migliaia di euro.


BLV
2006

Ddl iniziale (AS 3613)

Testo Senato
(AC 6177)

Legge n. 266/2005

Ministero dell’economia e delle finanze

 

 

 

 

D.L. 95/1974: Disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari (CONSOB) (U.P.B. 3.1.2.11 – cap. 1560)

24.686

7.410

13.410

13.142

D.P.R. 701/1977: Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (U.P.B. 12.1.2.15 – cap. 5217)

9.526

15.000

15.000

14.700

L. 385/1978: Compensi per lavoro straordinario ai dipendenti dello Stato (U.P.B. 4.1.5.4 - cap. 3026)

43.940

43.500

43.500

42.630

L. 468/1978, art. 9-ter: Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente (U.P.B. 4.1.5.2 - cap. 3003)

500

94.400

400

392

L. 16/1980 e L. 137/2001: Indennizzi incentivi e agevolazioni per cittadini ed imprese italiane che abbiano perduto beni, diritti ed interessi in territori già soggetti alla sovranità italiana e all’estero (U.P.B. 3.2.3.29 – cap. 7256)

26.076

26.000

26.000

25.480

L. 146/1980, art. 36: Assegnazione all’Istituto nazionale di statistica (U.P.B. 3.1.2.27 – cap. 1680)

130.977

160.000

160.000

156.800

L. 67/1987: Editoria (U.P.B. 3.1.5.14 – cap. 2183; U.P.B. 3.2.10.2 – cap. 7442)

425.335

426.000

426.000

417.480

L. 440/1989: Utilizzazione del porto franco di Trieste (U.P.B. 3.1.2.8 – cap. 1539)

286

286

286

280

D.L. 142/1991, art. 6, co. 1: Reintegro Fondo protezione civile (U.P.B 3.2.10.3 – cap. 7446/p)

202.888

203.000

203.000

203.000

D.L. 142/1991, art. 6, co. 1: Provvedimenti per le popolazioni di Siracusa, Catania e Ragusa (U.P.B. 3.2.10.3 – cap. 7446/p)

80.405

80.405

80.405

80.405

L. 225/1992, art. 1: Istituzione del servizio della protezione civile (U.P.B. 3.1.5.15 – cap. 2184)

40.552

41.000

41.000

40.180

L. 225/1992, art. 3: Attività e compiti della protezione civile (U.P.B. 3.2.10.3 - cap. 7447)

550.325

550.000

550.000

546.580

D.Lgs. 39/1993, art. 4: Istituzione Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (U.P.B. 3.1.2.33 – cap. 1707/p)

16.384

17.000

17.000

16.660

L. 109/1994, art. 4: Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (U.P.B. 3.1.2.32 – cap. 1702)

18.019

5.700

7.500

7.350

L. 549/1995, art. 1 co. 43: Contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.17 – cap. 1613)

1.903

1.900

1.900

1.862

L. 94/1997, art. 7, co. 6: Contributo in favore dell’ISAE (U.P.B. 2.1.2.4 – cap. 1321)

8.691

10.000

10.000

9.800

L. 249/1997: Istituzione dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo (U.P.B. 3.1.2.14 – cap. 1575)

20.903

6.600

8.600

3.920

D.Lgs. 446/1997, art. 39, comma 3: Integrazione Fondo sanitario nazionale, minori entrate IRAP, ecc. (U.P.B. 4.1.2.1 - cap. 2701)

-

1.102.000

1.102.000

1.102.000

L. 128/1998, art. 23: Istituzione Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (U.P.B. 3.1.2.37 – cap. 1723)

3.920

3.920

3.920

3.842

L. 230/1998, art. 19: Nuove norme in materia di obiezione di coscienza (U.P.B. 3.1.5.16 – cap. 2185)

211.122

212.000

212.000

207.760

L. 144/1999, art. 51: Contributo dello Stato in favore della SVIMEZ (U.P.B. 3.2.3.38 – cap. 7330)

1.735

1.735

1.735

1.701

D.Lgs. 165/1999 e D.Lgs. 188/2000: Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) (U.P.B. 3.1.2.7 – cap. 1525)

215.381

216.000

216.000

211.680

D.Lgs. 285/1999: Riordino del FORMEZ (U.P.B. 12.1.2.12 – cap. 5200)

12.044

22.000

22.000

21.560

D.Lgs. 287/1999: Riordino della SSPA-Scuola superiore della pubblica amministrazione (U.P.B. 6.1.2.13 – cap. 3935)

15.101

15.100

15.100

14.798

D.Lgs. 300/1999, art. 70, co. 2: Finanziamento Agenzia del demanio (U.P.B. 6.1.2.9 - cap. 3901)

112.069

113.000

113.000

110.760

D.Lgs. 303/1999: Ordinamento Presidenza del Consiglio dei Ministri a norma dell’art. 11, della L. n. 59/1997 (U.P.B. 3.1.5.2 – cap. 2115)

308.455

315.000

280.400

275.792

L. 353/2000: Legge quadro in materia di incendi boschivi (U.P.B. 4.1.2.14 – cap. 2820)

8.891

9.000

9.000

8.820

L. 388/2000, art. 74 co. 1: Previdenza complementare (U.P.B. 3.1.5.9 – cap. 2156)

135.368

136.000

136.000

133.280

L. 38/2001, art. 16 co. 2: Tutela della minoranza linguistica slovena - contributo alla regione Friuli Venezia Giulia (U.P.B. 4.2.3.12 – cap. 7513/p)

4.950

4.950

4.950

4.851

D.Lgs 165/2001, art. 46: Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (U.P.B. 12.1.2.16 – cap. 5233)

3.497

3.500

3.500

3.430

L. 448/2001, art. 14, comma 1: Finanziaria 2002 – accise gas metano (U.P.B. 6.1.2.2 – cap. 3823)

-

100.000

100.000

98.000

D.Lgs. n. 196/2003: Codice in materia di protezione dei dati personali (U.P.B. 3.1.2.42 – cap. 1733)

8.621

20.000

20.000

19.600

Ministero delle attività produttive

 

 

 

 

L. 287/1990, art. 10, co. 7: Autorità garante della concorrenza e del mercato (U.P.B. 3.1.2.3 – cap. 2275)

21.293

22.000

22.000

21.560

L. 292/1990: Ente nazionale italiano per il turismo (U.P.B. 3.1.2.2 – cap. 2270)

21.656

21.700

21.700

21.266

L. 282/1991, D.L. 496/1993 e D.L. 26/1995: Riforma dell'ENEA (U.P.B. 4.2.3.4 – cap. 7630)

198.053

200.000

200.000

196.000

L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.4 cap. 2280)

28.331

28.400

28.400

27.342

L. 68/1997, art. 8, co. 1, lett. a): Spese di funzionamento ICE (U.P.B. 5.1.2.2 - cap. 5101)

97.801

98.000

98.000

96.040

L. 68/1997, art. 8, co. 1, lett. b): Attività promozionale delle esportazioni italiane (U.P.B. 5.1.2.2 - cap. 5102)

62.182

62.200

62.200

60.956

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

 

 

 

 

L. 335/1995, art. 13: Riforma del sistema pensionistico - Vigilanza sui fondi pensione (U.P.B. 11.1.2.2 – cap. 4332)

1.960

600

800

784

L. 448/1998, art. 80, co. 4: Formazione professionale – contributi a organismi vari (U.P.B. 10.1.2.1 – cap. 4161)

1.960

2.000

2.000

1.960

L. 328/2000: art. 20, co. 8: Fondo da ripartire per le politiche sociali (U.P.B. 7.1.5.2 - cap. 3671)

1.159.492

1.157.000

1.157.000

1.157.000

Ministero della giustizia

 

 

 

 

D.P.R. 309/1990, art. 135: Programmi di prevenzione e cura dell'AIDS, di recupero e reinserimento dei detenuti tossicodipendenti (U.P.B. 4.1.2.1 - cap. 1768)

4.990

5.000

5.000

4.900

L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 1.1.2.1 – cap. 1160)

120

120

120

118

Ministero degli esteri

 

 

 

 

L. 1612/1962, art. 12: Mezzi finanziari per il funzionamento dell’Istituto agronomico per l'Oltremare (U.P.B. 9.1.2.2 – cap. 2201)

2.752

2.800

2.800

2.744

L. 794/1966: Costituzione dell’istituto italo-latino-americano (U.P.B. 16.1.2.2 – cap. 4131)

2.508

2.500

2.500

2.450

DPR 200/1967: Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari (U.P.B. 11.1.2.3 - cap. 3105)

2.361

2.400

2.400

2.352

L. 883/1977: Accordo relativo a un programma internazionale per l'energia (U.P.B. 13.1.2.2 - cap. 3749)

944

1.000

1.000

980

L. 140/1980: Partecipazione italiana al Fondo europeo per la gioventù (U.P.B. 15.1.2.5 - cap. 4052)

273

280

280

274

L. 7/1981 e L. 49/1987: Stanziamenti aggiuntivi per l'aiuto pubblico a favore dei Paesi in via di sviluppo (U.P.B. 9.1.1.0 e 9.1.2.2 - capitoli vari)

552.631

400.000

400.000

392.001

L. 960/1982: Rifinanziamento legge di ratifica degli accordi di Osimo tra Italia e Jugoslavia (U.P.B. 15.1.2.2 – capp. 4061 e 4063)

2.733

2.800

2.800

2.744

L. 549/1995, art. 1, co 43: Contributi ad enti, istituti, associazioni ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2.2 – cap. 1163)

6.217

6.200

6.200

6.076

L. 299/1998: Finanziamento italiano della PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune dell'UE) (U.P.B. 20.1.2.1 – cap. 4534)

4.968

5.000

5.000

4.900

L. 58/2001: Istituzione del fondo per lo sminamento umanitario (Paesi in via di sviluppo) (U.P.B. 9.1.2.2 – cap. 2210)

2.269

2.300

2.300

2.254

L. 91/2005, art. 1, co. 1: Contributo volontario al Fondo di cooperazione tecnica dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica-AIEA (U.P.B. 12.1.2.2 – cap. 3421)

-

-

-

-

Ministero dell’istruzione

 

 

 

 

L. 407/1974: Programma europeo di cooperazione scientifica e tecnologica (U.P.B. 4.2.3.7 - cap. 7291)

4.694

4.700

4.700

4.700

L. 394/1977: Potenziamento dell'attività sportiva universitaria (U.P.B. 4.1.2.14 - cap. 1709)

7.928

8.000

8.000

8.000

L. 181/1990: Funzionamento della scuola europea di Ispra (U.P.B. 7.1.2.3 - cap. 2193)

370

370

370

370

L. 245/1990: Piano triennale di sviluppo dell'Università e attuazione Piano quadriennale 1986-1990 (U.P.B. 4.1.2.9 - cap. 1690)

121.669

122.000

122.000

122.000

L. 243/1991: Università non statali legalmente riconosciute (U.P.B. 4.1.2.10 - cap. 1692)

132.167

133.000

133.000

133.000

L. 147/1992: Norme sul diritto agli studi universitari (U.P.B. 4.1.2.12 - cap. 1695)

146.025

147.000

147.000

177.000

L. 537/1993, art. 5, comma 1, lett. a): Spese finanziamento ordinario delle università statali (U.P.B. 4.1.2.11 - cap. 1694)

6.919.291

6.920.500

6.920.500

6.920.500

L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti e altri organismi (U.P.B. 4.1.2.7 - cap. 1679)

18.494

18.500

18.500

18.500

L. 440/1997 e L. 144/1999, art. 68, co. 4, lett. b): Fondo per l’ampliamento dell’offerta formativa (U.P.B. 2.1.5.2 - cap. 1270/p)

180.425

181.000

181.000

181.000

D.Lgs. 204/1998: Programmazione e valutazione della politica nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica (U.P.B. 4.2.3.4 - cap. 7236)

1.626.104

1.630.000

1.630.000

1.630.000

Legge 338/2000, art. 1 co. 1: Alloggi e residenze per studenti universitari (U.P.B. 4.2.3.6 - cap. 7273/p)

31.291

32.000

32.000

32.000

Ministero dell’interno

 

 

 

 

L. 451/1959: Istituzione del Fondo scorta personale Polizia di Stato (U.P.B. 5.1.1.1 - cap. 2674)

22.554

22.600

30.600

30.600

L. 968/1969 e D.L. 361/1995, art. 4: Fondo scorta Corpo nazionale Vigili del Fuoco (U.P.B. 3.1.1.1 - cap. 1916)

18.042

18.100

18.100

17.738

D.P.R. 309/1990, art. 101: Prevenzione e repressione traffico illecito sostanze stupefacenti (U.P.B. 5.1.1.1 – cap. 2668; U.P.B. 5.1.1.4 – cap. 2815)

2.967

3.000

3.000

2.940

Legge 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi a enti ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2.1 – cap. 1286)

107

110

110

108

Ministero dell’ambiente

 

 

 

 

L. 979/1982, art. 7: Difesa del mare (U.P.B. 2.1.2.5 - capp. 1644,1646/p)

41.406

41.500

41.500

40.670

D.L. n. 2/1993: Commercio e detenzione di esemplari di fauna e flora minacciati di estinzione (U.P.B. 2.1.1.0 – capp. 1388, 1389)

218

220

220

215

L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2.3 - cap. 1551)

50.685

51.000

51.000

49.980

D.Lgs. 300/1999, art. 38: Agenzia protezione ambiente e servizi tecnici (U.P.B. 7.1.2.1 – cap. 3621 – U.P.B. 7.2.3.2 – cap. 8831)

84.323

85.000

85.000

83.300

Ministero delle infrastrutture e trasporti

 

 

 

 

L. 721/1954: Fondo scorta per le Capitanerie di porto (U.P.B. 6.1.1.1 - cap. 2661)

4.510

4.510

4.510

4.510


L. 267/1991, art. 1, co. 1 : Piano nazionale della pesca – Mezzi operativi e strumentali (U.P.B. 6.1.1.5 – cap. 2719)

802

800

800

784


L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 4.1.2.18 – cap. 2032)

348

350

350

343

D.L. 535/1996: Contributo al centro internazionale radio medico CIRM (U.P.B. 4.1.2.7 - cap. 2098)

639

640

640

627


D.Lgs. 250/1997, art. 7: Istituzione dell'ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) (U.P.B. 4.1.2.13 – cap. 2161)

63.836

64.000

64.000

62.720

L. 431/1998, art. 11, co. 1: Disciplina delle locazioni e rilascio degli immobili ad uso abitativo (U.P.B. 3.1.2.1 – cap. 1690)

216.194

217.000

317.000

310.660

Ministero della difesa

 

 

 

 

R.D. 263/1928, art. 17, co. 1: Amministrazione e contabilità dei Corpi dell'Esercito, Marina ed Aeronautica (U.P.B. 3.1.1.1 - cap. 1253)

41.272

42.000

42.000

42.000

R.D. 263/1928, art. 17, co. 1: Amministrazione e contabilità del Corpo dell’Arma dei Carabinieri (U.P.B. 7.1.1.1 – cap. 4840)

14.660

25.000

25.000

25.000

L. 549/1995, art. 1, comma 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.4 – cap. 1352)

779

800

800

784

D.Lgs. 300/1999, art. 22, co. 1: Finanziamento Agenzia industrie difesa (U.P.B. 3.1.2.8 - cap. 1360; U.P.B. 3.2.3.6 - cap. 7145)

13.284

13.300

13.300

13.034

L. 267/2002, art. 1, co. 2: Contributi dello Stato all'INSEAN (U.P.B. 3.1.2.4 - cap. 1354)

3.879

4.000

4.000

3.920

L. 267/2002, art. 1, co. 3: Contributi dello Stato in favore dell'IHO (U.P.B. 3.1.2.2 - cap. 1345)

68

70

70

69

Ministero delle politiche agricole e forestali

 

 

 

 

L. 267/1991, art. 1, co. 1: Attuazione del piano nazionale per la pesca marittima (U.P.B. 2.1.1.0 e 2.1.2.7 – capitoli vari)

16.902

17.000

17.000

16.660

L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.8 – cap. 2200)

5.442

5.450

5.450

5.341

D.Lgs. 454/1999: Riorganizzazione del settore della ricerca in agricoltura (U.P.B. 3.1.2.10 – cap. 2083)

92.853

93.000

93.000

91.140

Ministero per i beni e le attività culturali

 

 

 

 

L. 190/1975: Biblioteca nazionale centrale "Vittorio Emanuele II" di Roma (U.P.B. 3.1.1.0 – cap. 1941)

2.401

2.400

2.400

2.352

D.P.R. 805/1975: Assegnazioni per il funzionamento degli istituti centrali del Ministero (U.P.B. 2.1.1.0 - capp. 1261, 1262, 1263; U.P.B. 3.1.1.0 – capp. 1942)

5.323

5.400

5.400

5.292

L. 163/1985: Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo (U.P.B. 5.1.2.2 e 5.2.3.9 – capitoli vari)

442.183

300.000

385.000

377.301

L. 118/1987: Norme relative alla Scuola archeologica italiana in Atene (U.P.B. 4.1.2.1 – cap. 2363)

850

850

850

833

L. 466/1988: Contributo Accademia nazionale dei Lincei (U.P.B. 3.1.2.1 – cap. 2052)

2.741

2.750

2.750

2.695

L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.3 - cap. 2100)

30.653

30.700

30.700

30.086

Ministero della salute

 

 

 

 

D.L.C.P.S. 1068/1947: Contributo all’organizzazione mondiale della sanità (U.P.B. 4.1.2.10 – cap. 4320)

20.024

20.050

20.050

19.649

DPR 613/1980: Contributo alla Croce Rossa Italiana (U.P.B. 3.1.2.20 - cap. 3453)

30.895

31.000

31.000

30.380

D.Lgs. 502/1992, art. 12: Fondo sanitario nazionale - Fondo da destinare ad attività di ricerca e sperimentazione (U.P.B. 3.1.2.10 - cap. 3392)

185.379

285.000

285.000

279.300

D.Lgs. 267/1993: Riordinamento Istituto superiore di sanità (U.P.B. 3.1.2.16 - cap. 3443)

84.531

90.000

90.000

88.200

D.Lgs. 268/1993: Riordinamento dell’Istituto superiore di prevenzione e sicurezza del lavoro (U.P.B. 3.1.2.17 - cap. 3447)

65.445

66.000

66.000

64.680

L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.11 - cap. 3412)

5.686

5.700

5.700

5.586

L. 434/1998: Finanziamento interventi prevenzione del randagismo (U.P.B. 4.1.2.9 - cap. 4340)

4.073

4.100

4.100

4.018

D.L. 17/2001, art. 2, co. 4: Agenzia servizi sanitari regionali (U.P.B. 3.1.2.21 - cap. 3457)

5.019

5.100

5.100

4.998

D.L. 269/2003, art. 48, co. 9: Agenzia Italiana del Farmaco (U.P.B. 3.1.2.22 - capp. 3458, 3459; U.P.B. 3.2.3.5 - cap. 7230)

45.759

46.000

46.000

45.080

 


Articolo 1, comma 603
(Rifinanziamento di spese di conto capitale)

 

603. Ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, gli stanziamenti di spesa per il rifinanziamento di norme che prevedono interventi di sostegno dell’economia classificati fra le spese di conto capitale restano determinati, per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, nelle misure indicate nella Tabella D allegata alla presente legge.

 

 

Il comma 603 approva l’entità degli stanziamenti di cui alla Tabella D, nella quale vengono rifinanziate alcune leggi di spesa di conto capitale recanti interventi di sostegno dell’economia.

 

L’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge n. 468 del 1978 (come modificato dall’articolo 2, comma 16, della legge n. 208 del 1999) prevede che la Tabella D della legge finanziaria disponga:

-        il rifinanziamento per un solo anno di interventi di conto capitale per i quali nell’ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza;

-        il rifinanziamento per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti (indipendentemente dal fatto che abbiano una dotazione finanziaria) che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale.

Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale.

 

In sede di prima applicazione, il comma 18 dell’articolo 2 della legge n. 208/1999 ha previsto che fosse la legge finanziaria per il 2000 a indicare l’elenco delle leggi vigenti recanti interventi di parte capitale, che potevano essere incluse nella Tabella D e rifinanziate per un periodo pluriennale. L’elenco è riportato nell’Allegato 1 alla legge finanziaria per il 2000 (legge n. 488/1999).

Ai sensi dell’articolo 70, comma 7, di detta legge, infatti, è stato precisato che “(…) le leggi vigenti rifinanziabili per un periodo pluriennale ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della medesima legge, sono indicate (…) dall’allegato 1” della legge finanziaria medesima.

 

In base a tale normativa, le leggi vigenti possono, dunque, essere rifinanziate pluriennalmente in Tabella D soltanto se sono state incluse nell’allegato 1 della legge finanziaria 2000 o, nel caso di leggi entrate in vigore successivamente alla legge finanziaria per il 2000, se la norma sostanziale ne prevede l’inserimento in Tabella D.

 

Il totale dei rifinanziamenti previsti in Tabella D dal disegno di legge finanziaria nel testo presentato dal Governo (A.S. 3613) ammontava a 4.757,1 milioni euro per il 2006, a 1.220 milioni per il 2007 e a 9.480 milioni per il 2008.

 

A seguito degli emendamenti approvati nel corso dell’esame parlamentare, gli stanziamenti di Tabella D risultano pari a 4.886,1 milioni di euro per l’anno 2006, a 1.260 per il 2007 e a 9.480 per il 2008

 

In particolare, la Tabella D della legge finanziaria per il 2006 dispone i seguenti rifinanziamenti:

 

Ministero dell’economia e delle finanze

§      6 milioni nel 2006 del Fondo per Trieste (legge n. 26 del 1986, art. 6) (Tab. F – Settore 6);

§      3.767 milioni nel 2006 del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (legge n. 183 del 1987, art. 5) (Tab. F - Settore 27);

§      160 milioni nel 2006, quale contributo alla Regione Calabria per le opere di forestazione (legge n. 236 del 1993, art. 3, co. 9) (Tab. F – Settore 19);

§      850 milioni nel 2007 e nel 2008quale apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato S.p.A. (legge n. 662 del 1996, art. 2, co. 14) (Tab. F - Settore 11);

§      100 milioni nel 2006, 100 milioni nel 2007 e 8.300 milioni nel 2008quali risorse aggiuntive destinate al Fondo per le aree sottoutilizzate (legge n. 289 del 2002, art. 61) (Tab. F - Settore 4).

 

Ministero delle attività produttive

§      4 milioni nel 2006 del Fondo per Gorizia (legge n. 26 del 1986, art. 6) (Tab. F – Settore 6);

§      4 milioni nel 2006 delle risorse da trasferirealle regioni Basilicata e Campania per opere infrastrutturali (legge n. 350 del 2003, art. 4, co. 86) (Tab. F – Settore 4).

 

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

§      500 milioni nel 2006a favore del Fondo per l’occupazione (D.L. n. 148 del 1993, art. 1, co. 7) (Tab. F - Settore 27).

 

Ministero della giustizia

§      20 milioni nel 2006, 20 milioni nel 2007 e 30 milioni nel 2008 a favore del Fondo investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria(Legge n. 448 del 2001, art. 46, co. 4) (Tab. F – Settore 27).

 

Ministero dell’istruzione, università e ricerca

§      40 milioninel 2007 per l’edilizia universitaria(legge n. 910 del 1986, art. 7, co. 8) (Tab. F - Settore 23);

§      85 milioni nel 2006 per la ricerca di base (legge n. 388 del 2000, art. 104, co. 4) (Tab. F - Settore 13);

§      10 milioni nel 2006, 50 milioni nel 2007 e 100 milioni nel 2008 destinati al Fondo per le aree sottoutilizzate - settore ricerca applicata (legge n. 289 del 2002, art. 61 comma 1 (Tab. F - Settore 4).

 

Ministero dell’interno

§      100 milioni sia per il 2006 quali contributi per spese pubbliche nei comuni di Napoli e Palermo (legge n. 67 del 1997, art. 3) (Tab. F - Settore 27).

 

Ministero delle politiche agricole e forestali

§      130 milioni nel 2006, 200 milioni nel 2007 e 200 milioni nel 2008per il rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionaleincentivi assicurativi (D.Lgs. n. 102 del 2004, art. 15, co. 2) (Tab. F –Settore 21).

 

Tutte le autorizzazioni legislative che vengono rifinanziate, annualmente o pluriennalmente, in Tabella D sono esposte nella Tabella F, nei settori sopra segnalati, con l’indicazione delle effettive disponibilità finanziarie per gli anni 2006, 2007, 2008 e per l’anno 2009 e successivi.

 

Per una analisi delle disponibilità finanziarie di ciascuna autorizzazione di spesa di cui al precedente elenco (come previste a legislazione vigente e come modificate dal disegno di legge finanziaria per effetto di eventuali rifinanziamenti o definanziamenti disposti dalle Tabella D o E e di eventuali rimodulazioni disposte dalla Tabella F), si rinvia, pertanto, alla scheda di lettura relativa alla Tabella F (comma 605).

 


Articolo 1, comma 604
(Riduzione di autorizzazioni legislative di spesa)

 

604. Ai termini dell’articolo 11, comma 3, lettera e), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le autorizzazioni di spesa recate dalle leggi indicate nella Tabella E allegata alla presente legge sono ridotte degli importi determinati nella medesima Tabella.

 

 

Il comma 604 dispone, in attuazione dell’articolo 11, commi 3, lettera e), della legge n. 468/1978 (come sostituito dall'articolo 5 della legge n. 362/1988), in ordine alla riduzione di autorizzazioni legislative di spesa (definanziamenti) per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale (Tabella E).

 

La riduzione delle spese mediante definanziamento permette tra l’altro di reperire risorse ai fini della copertura dei maggiori oneri recati dalla finanziaria stessa.

Gli effetti riduttivi della Tabella E sono computati negli importi esposti nella Tabella F del disegno di legge finanziaria.

Il codice 1 indicato nell’ultima colonna della tabella (la colonna “definanziamento”) significa che la riduzione viene disposta in via permanente, sino all’anno di scadenza dell’autorizzazione di spesa.

 

Il totale dei definanziamenti previsti in Tabella E dal disegno di legge finanziaria nel testo presentato dal Governo (A.S. 3613) ammontava a 2.209,1 milioni euro per il 2006, a 1.040,5 milioni per il 2007 e a 646,3 milioni per il 2008.

 

A seguito degli emendamenti approvati nel corso dell’esame parlamentare, i definanziamenti di Tabella E risultano pari a 3.824,1 milioni di euro per il 2006,a 2.420,5 milioni per il 2007 e a 1.901,3 milioni per il 2008.

 

In particolare, le riduzioni delle autorizzazioni di spesa interessate dalla Tabella E sono:

Ministero dell’economia e delle finanze

§      riduzione di 20 milioni nel 2006 del Fondo rotativo per il finanziamento delle imprese (D.L. n. 251 del 1981) (Tab. F - Settore 9);

§      riduzione di 8 milioni nel 2006 e di 8 milioni nel 2007 del Fondo per il concorso statale nel pagamento degli interessi (legge n. 67 del 1988, art. 15, co. 3) (Tab. F - Settore 10);

§      riduzione di 40 milioni nel 2006 del Fondo di protezione civile (D.L. n. 142 del 1991, art. 6, co. 1) (Tab. F - Settore 3);

§      riduzione permanente di 1,2 miliardi dell’apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato S.p.A. (legge n. 662 del 1996, art. 2, co. 14) (Tab. F - Settore 11);

§      riduzione di 15,4 milioni nel 2006 e nel 2007 dei contributi per l’acquisto di macchine utensili(legge n. 266 del 1997, art. 12, co. 1) (Tab. F - Settore 9);

§      riduzione di 10,3 milioni per ogni annualità del triennio 2006-2008 del finanziamento di esportazioni a pagamento differito (legge n. 266 del 1997, art. 12, co. 2) (Tab. F - Settore 9);

§      riduzione di 22,7 milioni nel 2006 e nel 2007 del piano triennale di soppressione dei passaggi a livello (legge n. 354 del 1998, art. 1, co. 3) (Tab. F - Settore 11);

§      riduzione di 51,6 milioni nel 2006 e di 91,6 milioni nel 2007 relativa all’ammodernamento degli itinerari ferroviari(legge n. 354 del 1998, art. 1, co. 3) (Tab. F - Settore 11);

§      riduzione di 256 milioni per ciascun anno del triennio delle risorse per l’edilizia sanitaria pubblica(legge n. 488 del 1998, art. 50, co. 1) (Tab. F - Settore 17);

§      riduzione di 2 milioni per ciascun anno del triennio del finanziamento per la metanizzazione dei comuni montani del Centro-Nord(legge n. 144 del 1999, art. 28) (Tab. F - Settore 27);

§      riduzione di 400 milioni nel 2006 dell’apporto al capitale sociale di ANAS Spa(legge n. 138 del 2002, art. 7) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 75 milioni nel 2006 dei rimborsi IVA per trasporti pubblici locali (legge n. 350 del 2003, art. 3, co. 25);

§      riduzione di 24 milioni nel 2006 e di 6 milioni nel 2007 per il risanamento Policlinico Umberto I di Roma(legge n. 350 del 2003, art. 3, co. 144) (Tab. F – Settore 17);

§      riduzione di 50 milioni nel 2006 del finanziamento del Fondo di solidarietà nazionaleincentivi assicurativi (D.Lgs. n. 102 del 2004, art. 15, co. 2) (Tab. F – Settore 21);

§      riduzione di 50 milioni nel 2006 e di 20 milioni nel 2007 per interventi di tutela ambientale e dei beni culturali degli enti locali(legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 28) (Tab. F – Settore 19).

Si segnala che l’articolo 5-quater del D.L. n. 250/2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2006, ha soppresso il definanziamento.

§      riduzione di 9,5 milioni nel 2006 e di 1 milione nel 2007 per interventi di tutela ambientale e dei beni culturali degli enti locali(D.L. n. 7 del 2005, art. 2-bis, co. 1) (Tab. F – Settore 19).

Si segnala che l’articolo 5-quater del D.L. n. 250/2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2006, ha soppresso il definanziamento.

§      riduzione di 8 milioni nel 2006 edi 0,45 milioni nel 2007 del Fondo per il sistema d’informazione visti (D.L. n. 35 del 2005, art. 1, co. 5) (Tab. F – Settore 27);

§      riduzione di 4 milioni nel 2006, e di 12 milioni nel 2007 dei contributial TOROC (Olimpiadi invernali Torino 2006) (D.L. n. 35 del 2005, art. 8-bis, co. 1) (Tab. F – Settore 24).

 

Ministero delle attività produttive

§      riduzione di 20 milioni nel 2006delFondo Incentivi alle attività produttive (legge 488/1992)(D.L. n. 415 del 1992, art. 1, co. 2) (Tab. F - Settore 4);

§      riduzione di 560 milioni nel 2006per la prosecuzione degli interventi nelle aree depresse (legge 488/1992 e programmazione negoziata) (legge n. 208 del 1998, art. 1, co. 1) (Tab. F - Settore 4);

§      riduzione di 40 milioni nel 2006del Fondo unico incentivi alle imprese (legge n. 448 del 1998, art. 52) (Tab. F - Settore 2);

§      riduzione di 2 milioni nel 2006per gli interventi di Risparmio energetico (legge n. 239 del 2004, art. 1, co. 119) (Tab. F - Settore 27);

§      riduzione di 2 milioni nel 2006per gli Accordi di cooperazione per tecnologie pulite del carbone(legge n. 239/2004, art. 1, co. 119) (Tab. F - Settore 27);

§      riduzione di 12 milioni nel 2006 e nel 2007per il settore aeronautico (legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 251) (Tab. F - Settore 2);

§      riduzione di 20,8 milioni nel 2006 e nel 2007per la reindustrializzazione area Fiat- Alfa Romeo (legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 268) (Tab. F - Settore 2);

§      riduzione di 100 milioni nel 2006 e di 275 milioni nel 2007per lo sviluppo dell’industria della difesa (D.L. n. 35 del 2005, art. 6-bis, co. 1) (Tab. F - Settore 2);

§      riduzione di 20 milioni nel 2006, di 34 milioni nel 2007 e di 26 milioni nel 2008 per gli interventi di reindustrializzazione e promozione industriale (D.L. n. 35 del 2005, art. 11, co. 9) (Tab. F - Settore 2).

 

 

 

Ministero della giustizia

§      riduzione di 46,6 milioni per ciascun anno del triennio del Fondo unico investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria(Regio decreto n. 787 del 1931);

§      riduzione di 8,2 milioni nel 2006 del Fondo unico investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria(D.L. n. 201 del 2002, art. 9).

 

Ministero dell’istruzione, università e ricerca

§      riduzione di 50 milioninel 2006 per l’edilizia universitaria(legge n. 910 del 1986, art. 7, co. 8) (Tab. F - Settore 23);

§      riduzione di 40 milioninel 2006 del Fondo per le aree sottoutilizzate - settore ricerca applicata (legge n. 289 del 2002, art. 61 comma 1 (Tab. F - Settore 4).

 

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio

§      riduzione di 80 milioninel 2006 del Fondo investimenti per la difesa del suolo (legge n. 183 del 1989) (Tab. F - Settore 19);

§      riduzione di 20 milioninel 2006 delle misure di prevenzione delle aree a rischio idrogeologico (legge n. 180/1998 , art. 1, co. 2) (Tab. F - Settore 3);

§      riduzione di 5,7 milioninel 2006 per la bonifica dei siti inquinati (legge n. 426 del 1998 , art. 1, co. 1) (Tab. F - Settore 19);

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

§      riduzione di 20 milioninel 2006 per completamento opere per l’edilizia penitenziaria (legge n. 910 del 1986, art. 7, co. 6) (Tab. F - Settore 17);

§      riduzione di 4 milioni per ciascun anno del triennio per il raddoppio autostrada Torino – Savona(legge n. 662 del 1996, art. 2, co. 86) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 4 milioni per ciascun anno del triennio per la Variante di valico Firenze-Bologna(legge n. 662 del 1996, art. 2, co. 87) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 15,4 milioni per ciascun anno del triennio per il potenziamento autostrade (legge n. 67 del 1997, art. 19, co. 1) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 40,2 milioni per ciascun anno del triennio per l’acquisto di autobus(legge n. 194 del 1998, art. 2, co. 5) (Tab. F - Settore 11);

§      riduzione di 10,3 milioni nel 2006, di 10,3 milioni nel 2007 e di 7,2 milioni nel 2008 per i Passanti ferroviari di Milano e Torino (legge n. 194 del 1998, art. 3, co. 1) (Tab. F - Settore 11);

§      riduzione di 0,8 milioni nel 2006 e nel 2007 per la campagna di sicurezza stradale (legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 280) (Tab. F - Settore 27);

§      riduzione di 2 milioni per ciascun anno del triennio per interventi viabilità Italia-Francia (legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 452) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 2 milioni nel 2006 per il Fondo per la viabilità(legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 455) (Tab. F - Settore 16);

§      riduzione di 4 milioni nel 2006 e nel 2007 per la realizzazione di infrastrutture ad elevata automazione (legge n. 311 del 2004, art. 1, co. 456) (Tab. F - Settore 16).

 

Ministero delle comunicazioni

§      riduzione di 13,9 milioni nel 2006, di 20 milioni nel 2007 e di 20 milioni nel 2008per la prosecuzione degli interventi nelle aree depresse - Reti di comunicazione(legge n. 208 del 1998, art. 1, co. 1) (Tab. F - Settore 4).

 

Ministero della difesa

§      riduzione di 46 milioni per ciascun anno del triennio del Fondo unico investimenti della difesa(D.Lgs. n. 264 del 1997, art. 1, co. 1);

§      riduzione di 41,3 milioni per ciascun anno del triennio del Programma interforze ad alto contenuto tecnologico – componente aerea Forze armate (legge n. 388 del 2000, art. 145, co. 4) (Tab. F - Settore 27);

§      riduzione permanente di 55 milioni del Programma interforze ad alto contenuto tecnologico – componente aerea, terrestre e navale Forze armate (legge n. 388 del 2000, art. 145, co. 4) (Tab. F - Settore 27).

Ministero delle politiche agricole e forestali

§      riduzione di 82,1 milioni nel 2006 e di 10,4 milioni nel 2007del Fondo unico investimenti in agricoltura(legge n. 448 del 2001, art. 46, co. 4) (Tab. F –Settore 27);

§      riduzione di 20 milioni nel 2006del Fondo di solidarietà nazionaleincentivi assicurativi (D.Lgs. n. 102 del 2004, art. 15, co. 2) (Tab. F – Settore 21).

Ministero per i beni e le attività culturali

§      riduzione di 30,9 milioni per ciascun anno del triennio della quota dei proventi del gioco del lotto che sono devoluti ai beni culturali (legge n. 662 del 1996, art. 3, co. 83);

§      riduzione di 2 milioni per ciascun anno del triennio del Piano per l’arte contemporanea(legge n. 29 del 2001, art. 3, co. 1);

§      riduzione di 92,2 milioni per ciascun anno del triennio del Fondo unico investimenti per il patrimonio culturale(legge n. 448 del 2001, art. 46, co. 1);

§      riduzione di 0,2 milioni per ciascun anno del triennio del finanziamento al CNR(D.Lgs. n. 127 del 2003).

 

Ministero della salute

§      riduzione di 64 milioni per il 2006del finanziamento degli interventi sanitari nei grandi centri urbani(legge n. 448 del 1998, art. 71, co. 1)(Tab. F –Settore 25).

 

Le autorizzazioni legislative definanziate dalla Tabella E sono esposte nella Tabella F, ai settori indicati, con l’indicazione delle effettive disponibilità finanziarie per gli anni 2006, 20067 2008 e per l’anno 2009 e successivi.

Anche per una analisi delle disponibilità finanziarie delle autorizzazione di spesa definanziate dalla Tabella E (come previste a legislazione vigente e come modificate dal disegni di legge finanziaria), si rinvia, pertanto, alla scheda di lettura relativa alla Tabella F (comma 605).

 


Articolo 1, comma 605
(Modulazione delle leggi pluriennali di spesa)

 

605. Gli importi da iscrivere in bilancio in relazione alle autorizzazioni di spesa recate da leggi a carattere pluriennale restano determinati, per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, nelle misure indicate nella Tabella F allegata alla presente legge.

 

 

Il comma 605 dispone in ordine agli stanziamenti iscritti nella Tabella F. La Tabella F rimodula le quote per il triennio finanziario di riferimento delle leggi di spesa in conto capitale pluriennali, senza tuttavia poter variare lo stanziamento complessivo di ciascuna legge (art. 11, comma 3, lettera e) e art. 11-quater, comma 1,della legge n. 468 del 1978 e successive modificazioni).

Il disegno di legge finanziaria deve inoltre indicare in apposito allegato per ciascuna legge di spesa pluriennale i residui di stanziamento e le giacenze di tesoreria eventualmente in essere al 30 giugno dell'anno in corso.

Quest'ultima prescrizione ha fini meramente conoscitivi; essa consente peraltro di avere indicazioni sulla capacità di spesa delle pubbliche amministrazioni: i residui di stanziamento si formano infatti allorché, rispetto agli stanziamenti di competenza, non siano stati assunti impegni di spesa; le giacenze di tesoreria si formano invece alla fine della procedura di spesa del bilancio (qualora le somme relative debbano transitare in conti correnti o contabilità speciali di tesoreria) in relazione al loro mancato utilizzo da parte dei soggetti destinatari.

In attuazione di quanto disposto dall'articolo 11-quater, lettera d) della legge n. 468 del 1978, l'allegato 6 al disegno di legge finanziaria (A.C. 5310) indica i residui di stanziamento in essere al 30 giugno dell'anno in corso e le giacenze in essere alla medesima data.

 

La Tabella F ha la funzione di rimodulare le quote annue dello stanziamento complessivo di ciascuna legge. Tale stanziamento, peraltro, può essere modificato mediante rifinanziamenti disposti nella Tabella D o definanziamenti disposti nella Tabella E. Qualora le leggi interessate siano esposte in Tabella F, l’importo indicato tiene conto anche di dette variazioni.

La Tabella F sconta, quindi, anche i rifinanziamenti esposti nella Tabella D e i definanziamenti previsti dalla Tabella E.

 

Nel testo del disegno di legge finanziaria 2006 (A.S. 3613) gli importi iscritti in Tabella F ammontavano complessivamente a 15.997 milioni per il 2006, 10.641,9 milioni per il 2007, a 9.931,2 milioni per il 2008 e a 50.536,2 milioni per il 2009 e gli anni successivi.

Tali importi scontavano già i nuovi rifinanziamenti disposti dalla Tabella D e i definanziamenti di Tabella E.

 

Rispetto al bilancio a legislazione vigente (A.S. 3614), le rimodulazioni proposte dalla Tabella F della legge finanziaria 2006 determinano una riduzione delle autorizzazioni di spesa di 9.396,2 milioni per il 2006, di 7.167,8 milioni di euro per il 2007, di 30.343,9 milioni per il 2008, con incrementi compensativi delle autorizzazioni di spesa per 46.908 milioni nel 2009 e negli anni successivi.

 

A seguito delle modifiche approvate nel corso dell’esame parlamentare alle Tabelle D e E, l’ammontare complessivo delle autorizzazioni pluriennali di spesa riportato in Tabella F è pari a 14.387,5 milioni per il 2006, a 9.282,9 milioni per il 2007, a 8.447,2 milioni per il 2008 e a 49.281,2 milioni per il 2009 e anni successivi.

 

Le variazioni determinate direttamente dalla Tabella F attraverso lo spostamento negli anni delle risorse già disponibili hanno interessato le seguenti autorizzazioni di spesa:

§      L. 448/1998, art. 52 – Fondo unico per le imprese: slittamento di 30 milioni dal 2006 al 2007;

§      DL 142/1991, art. 6, co. 1 - Fondo protezione civile: slittamento di 30 milioni dal 2006 al 2007;

§      L. 289/2002, art. 61 comma 1: Fondo per le aree sottoutilizzate: riduzioni di 1.532,9 milioni nel 2006, di 63 milioni nel 2007 e di 9.035 milioni nel 2008, che slittano al 2009 (10.630,9 milioni);

§      L. 662/1996, art. 2, comma 14: Apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato Spa: riduzioni di 1.757,6 milioni nel 2006, di 2.950 milioni nel 2007 e di 14.050 milioni nel 2008, che slittano al 2009 (18.757,6 milioni);

§      L. 448/1998, art. 50, co 1, p. c) – Edilizia sanitaria pubblica: riduzioni di 60 milioni nel 2007 e di 2.460 milioni nel 2008, che slittano al 2009 (2.520 milioni);

§      L. 311/2004, art. 1, co. 28 – contributi agli enti locali (c.d. milleopere 1): riduzioni di 46,2 milioni nel 2006 e di 49,85 nel 2007, che slittano al 2008 (96.05 milioni);

§      L. 183/1987 art. 5: Fondo di rotazione per le politiche comunitarie: riduzioni di 5.999,5 milioni nel 2006, di 4.000 milioni nel 2007 e di 5.000 milioni nel 2008, che slittano al 2009 (14.999,5 milioni).

Si analizzano, di seguito, le autorizzazioni pluriennali di spesa esposte nella Tabella F che hanno subito variazioni, rispetto al bilancio a legislazione vigente (BLV), per effetto:

-        di rifinanziamenti di Tabella D;

-        di definanziamenti di Tabella E;

-        di rimodulazioni di Tabella F.

 

Nelle tabelle che seguono, ripartite per settore, sono indicate, per ciascuna legge pluriennale di spesa, le disponibilità finanziarie previste a legislazione vigente e le variazioni determinate dalla legge finanziaria (eventuali rifinanziamenti di Tabella D, definanziamenti di Tabella E, rimodulazioni di Tabella F, eventuali variazioni determinate da disposizioni contenute nell’articolato).

L’ultima riga di ciascuna tabella indica l’importo esposto nella Tabella F che rappresenta l’effettiva entità delle risorse disponibili per il triennio 2006-2008 e negli anni 2009 e successivi di ciascuna autorizzazione di spesa.

 

Gli stanziamenti sono espressi in migliaia di euro.

 

Settore 2 - Interventi a favore delle imprese

Ministero attività produttive

L. n. 448/1998, art. 52, co. 1 – Fondo unico per gli incentivi alle imprese (U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7420/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

100.000

 

-

-

Tabella E

-40.000

 

 

 

Tabella F

-30.000

+30.000

-

-

Disponibilità *

30.000

30.000

-

-

*     La dotazione del Fondo unico per gli incentivi alle imprese nel bilancio per il 2006 ammonta a 1.438 milioni, in quanto in esso sono ricomprese le risorse destinate al settore commerciale, all’industria aeronautica, all’innovazione tecnologica, all’imprenditorialità femminile, agli interventi nelle aree sottoutilizzate di competenza del Ministero delle attività produttive (cfr. anche le tabelle seguenti).

 

L. n. 311/2004, art. 1, co. 251 – Interventi agevolativi nel settore aeronautico (U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7421)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

30.000

30.000

-

-

Tabella E

-12.000

-12.000

-

-

Disponibilità

18.000

18.000

-

-

 

L. n. 311/2004, art. 1, co. 265 – Deindustrializzazione dell’area Fiat-Alfa Romeo (U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7420/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

52.000

72.000

-

-

Tabella E

-20.800

-28.800

-

-

Disponibilità

31.200

43.200

-

-

 

 

DL. n. 35/2005, art. 6-bis, co. 1 – Industrie della difesa (U.P.B. 3.2.3.16 - cap. 7485)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

100.000

275.000

-

-

Tabella E

-100.000

-275.000

-

-

Disponibilità

-

-

-

-

 

 

DL. n. 35/2005, art. 11, co. 9 – Interventi di deindustrializzazione e promozione industriale (U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7420/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

85.000

65.000

-

Tabella E

-20.000

-34.000

-26.000

-

Disponibilità

30.000

51.000

39.000

-

 

 

Settore 3 - Interventi per calamità naturali

Ministero economia e finanze

D.L. n. 142/1991, art. 6, co. 1 – Fondo protezione civile (U.P.B. 3.2.10.3 - cap. 7446/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

100.000

-

-

-

Tabella E

-40.000

-

-

-

Tabella F

-30.000

+30.000

-

-

Disponibilità *

30.000

30.000

-

-

*     Nella legge di bilancio per il 2006 la dotazione del capitolo 7446 è pari a 313,4 milioni di euro.


Ministero ambiente e territorio

D.L. n. 180/1998, art. 1, co. 2 - Rischio idrogeologico nella Regione Campania, misure di prevenzione per le aree a rischio (U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7090/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

 

-

-

Tabella E

-20.000

 

-

-

Disponibilità *

30.000

 

-

-

*     Nella legge di bilancio per il 2006 la dotazione del capitolo 7090 (Fondo unico investimenti) è pari a 511,4 milioni di euro, poiché su tale fondo confluiscono le risorse relative a diverse autorizzazioni legislative di spesa (cfr. scheda di lettura relativa al comma 608).

 

 

Settore 4 - Interventi nelle aree sottoutilizzate

Ministero economia e finanze

L. 289/2002, art. 61, co. 1: Fondo aree sottoutilizzate (U.P.B. 4.2.3.27 - cap. 7576/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

7.207.900

6.778.000

6.800.000

-

Tagli ex D.L. 35/05

-75.000

-115.000

-65.000

-

Trasferimento risorse per progetti finalizzati Ministero Interno

-98.000

-4.000

-

-

Tabella D

+100.000

+100.000

+8.300.000

-

Tabella F

-1.532.900

-63.000

-9.035.000

+10.630.900

Esposto in Tab. F

5.702.000

6.796.000

6.000.000

10.630.900

Articolato:

 

 

 

 

Co. 114: finanziamento del con­tributo solidarietà na­zio­nale regione Sicilia

-282.000

-

-

-

Co. 341:
finanziamento Fonda­zione per la ricerca avanzata nel campo delle biotecnologie

-30.000

-60.000

-60.000

-180.000

Co. 430:
finanziamento misure in favore dei lavoratori impegnati in ASU

-150.000

-

-

-

Bilancio 2006

5.240.000*

6.736.000

5.940.000

10.450.900

*     Nella dotazione del Fondo non sono considerate le risorse della legge n. 64/1986, sull’intervento straordinario nel Mezzogiorno, pari a 300 milioni di euro per il 2006.

 

La dotazione del Fondo per le aree sottoutilizzate, come determinata dalla legge finanziaria per il 2006, risulta peraltro oggetto di riduzioni previste a copertura delle disposizioni introdotte dai seguenti decreti-legge:

Decreti-legge

 

2006

2007

2008

2009

D.L. n. 1/2006, Art. 2, co. 7
(L. n. 22/2006)

Copertura oneri per rilevazione informatizzata dello scrutinio delle elezioni politiche 2006

-24.261

 

 

 

D.L. n. 4/2006, Art. 20, co. 10
(L. n. 80/2006)

Copertura oneri realizzazione in­terventi ex D.L. n. 149/1993 (In­ter­venti urgenti per l’economia)

-30.000

-30.000

 

 

D.L. n. 2/2005, art. 01, co. 13
(L. n. 81/2006)

Copertura agevolazioni in materia di previdenza agricola

-262.000

-288.000

-315.000

-113.000

D.L. n. 2/2005, art. 01, co. 13, lett. b), ult. per.
(L. n. 81/2006)

Compensazione effetti finanziari sul fabbisogno e indebitamento netto della copertura dell’art. 01 del D.L. n. 2/2006

 

-200.000

 

 

D.L. n. 2/2005, art. 1-ter
(L. n. 81/2006)

Copertura finanziaria della riduzione contributi previdenziali imprese ubicate nelle province di Catania, Siracusa e Ragusa

-52.000

 

 

 

D.L. n. 2/2005, art. 2, co. 4-bis
(L. n. 81/2006)

Copertura del finanziamento del Fondo istituito presso l’AGEA per la produzione bieticolo-saccarifera

-65.800

 

 

 

Ministero attività produttive

DL 415/1992, art. 1, co. 2 – Agevolazioni alle attività produttive (U.P.B. 3.2.3.8 – cap. 7420/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

-

-

-

Tabella E

-20.000

-

-

-

Disponibilità

30.000

-

-

-

 

L 208/1998, art. 1, co. 1 – Agevolazioni alle attività produttive (U.P.B. 3.2.3.8 – cap. 7420/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

1.400.000

-

-

-

Tabella E

-560.000

-

-

-

Disponibilità

840.000

-

-

-

 


 

L. 350/2003, art. 4, co. 86 – Trasferimento di opere infrastrutturali alle regioni Basilicata e Campania (U.P.B. 3.2.3.15– cap. 7382)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

3.500

-

-

-

Tabella D

4.000

-

-

-

Disponibilità

7.500

-

-

-

Ministero istruzione, università e ricerca

L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Fondo per le aree sottoutilizzate e interventi nelle medesime (U.P.B. 4.2.3.5 – cap. 7254/p e U.P.B. 4.2.3.11 - cap. 7308/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

100.000

-

-

-

Tabella D

+10.000

+50.000

+100.000

-

Tabella E

-40.000

-

-

-

Disponibilità

70.000

50.000

100.000-

-

Ministero comunicazioni

L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Fondo per le aree sottoutilizzate e interventi nelle medesime: Reti di comunicazione (U.P.B. 2.2.3.4 - cap. 7230)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

34.780

50.000

50.000

 

Tabella E

-13.900

-20.000

-20.000

 

Disponibilità

20.880

30.000

30.000

 

 

 

Settore 6 – Interventi per il Friuli Venezia Giulia e Venezia

Ministero economia e finanze

L. 26/1986, art. 6 - Fondo per Trieste (U.P.B. 4.2.3.7– cap. 7490)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

-

-

-

-

Tabella D

6.000

-

-

-

Disponibilità

6.000

-

-

-

 

Ministero attività produttive

L. 26/1986, art. 6 - Fondo per Gorizia (U.P.B. 3.2.3.15 – cap. 7380)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

-

-

-

-

Tabella D

4.000

-

-

-

Disponibilità

4.000

-

-

-

Settore 9 - Mediocredito Centrale

Ministero economia e finanze

D.L. 251/1981, art. 2 - Fondo rotativo finanziamento imprese esportatrici (U.P.B. 3.2.3.33 – cap. 7301)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

-

-

-

Tabella E

-20.000

-

-

-

Disponibilità

30.000

-

-

-

 

L. 266/1997 art. 12, co. 1: Contributi per l’acquisto di nuove macchine utensili (U.P.B. 3.2.3.33 – cap. 7299)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

38.734

38.734

-

-

Tabella E

-15.400

-15.400

-

-

Disponibilità

23.334

23.334

-

-

 

L. 266/1997 art. 128, co. 2: Fondo per il finanziamento di esportazioni a pagamento differito (U.P.B. 1.2.3.4 – cap. 7005/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

25.823

25.823

25.823

154.936

Tabella E

-10.300

-10.300

-10.300

-

Disponibilità *

15.523

15.523

15.523

154.936

*     Nella legge di bilancio per il 2006 la dotazione del capitolo 7005 (Fondo unico investimenti per incentivi alle imprese) è pari a 18,5 milioni di euro, poiché su tale fondo confluiscono anche le risorse relative alla legge n. 730 del 1983, art. 18 (3 milioni per il 2006 e il 2007) (cfr. scheda di lettura relativa al comma 608).

 

 

Settore 10 - Artigiancassa

Ministero economia e finanze

L. 67/1988, art. 15, co. 43: Artigiancassa (U.P.B. 3.2.3.19 - cap. 7165)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

20.000

10.000

-

-

Tabella E

-8.000

-8.000

-

-

Disponibilità

12.000

2.000

-

-

 

 


Settore 11 - Interventi nel settore dei trasporti

Ministero economia e finanze

L. 662/1996, art. 2, co. 14: Apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato S.p.A. (U.P.B. 3.2.3.15. – cap. 7122)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

3.257.596

3.600.000

14.700.000

 

DL 203/2005, art. 12

-124.000

-124.000

-124.000

 

Tabella D

-

+850.000

+850.000

 

Tabella E

-1.200.000

-1.200.000

-1.200.000

-1.200.000

Tabella F

-1.757.596

-2.950.000

-14.050.000

+18.757.596

Esposto in Tab. F

176.000

176.000

176.000

17.557.596

Articolato, co. 84

100.000

200.000

200.000

+2.500.000

Bilancio 2006

276.000

376.000

376.000

21.257.596

 

L. 354/1998, art. 1, co. 3: Soppressione passaggi a livello (U.P.B. 3.2.3.15 - cap. 7123/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

56.810

56.810

-

-

Tabella E

-22.700

-22.700

-

-

Disponibilità

34.110

34.110

-

-

 

L. 354/1998, art. 3: Potenziamento itinerari ferroviari (U.P.B. 3.2.3.15 - cap. 7123/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

129.114

229.114

-

-

Tabella E

-51.600

-91.600

-

-

Disponibilità

77.514

137.514

-

-

Ministero infrastrutture e trasporti

L. 194/1998, art. 2 , co. 5: Acquisto autobus ( U.P.B. 5.2.3.8 - cap. 8151/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

100.709

100.709

100.709

302.128

Tabella E

-40.200

-40.200

-40.200

 

Disponibilità *

60.509

60.509

60.509

302.128

*     Nella legge di bilancio per il 2006 la dotazione del capitolo 8151 è pari a 239 milioni di euro, poiché su tale fondo confluiscono le risorse relative a diverse autorizzazioni legislative di spesa.


 

L. 194/1998, art. 3, co. 1: Passanti ferroviari di Milano e Torino (U.P.B. 5.2.3.9 - cap. 8164)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

25.823

25.823

18.076

18.076

Tabella E

-10.300

-10.300

-7.200

-

Disponibilità

15.523

15.523

10.876

18.076

 

 

Settore 13 – Interventi nel settore della ricerca

Ministero istruzione, università e ricerca

L. 388/2000, art. 104, co. 4: Ricerca di base (U.P.B. 4.2.3.8 - cap. 7302/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

-

-

-

-

Tabella D

85.000

-

-

-

Disponibilità

85.000

-

-

-

*     Nella legge di bilancio per il 2006 la dotazione del capitolo 7302 (Fondo unico investimenti Università e ricerca) è pari a 179,2 milioni di euro, poiché su tale fondo confluiscono le risorse relative a diverse autorizzazioni legislative di spesa (cfr. scheda di lettura relativa al comma 608).

 

 

Settore 16 - Interventi per la viabilità ordinaria, speciale e di grande comunicazione

Ministero economia e finanze

D.L. 138/2002, art. 7: Apporto al capitale sociale di ANAS Spa (U.P.B. 3.2.3.48– cap. 7372)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

500.000

-

-

-

Tabella E

-400.000

-

-

-

Disponibilità

100.000

-

-

-

Ministero infrastrutture e trasporti

L. 662/1996, art. 2, co. 86: Raddoppio autostrada A6 Torino-Savona ( U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7142)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

10.329

10.329

10.329

82.634

Tabella E

-4.000

-4.000

-4.000

-

Disponibilità

6.329

6.329

6.329

82.634

 

L. 662/1996, art. 2, co. 87: Variante di valico Firenze-Bologna ( U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7143)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

10.329

10.329

10.329

82.634

Tabella E

-4.000

-4.000

-4.000

-

Disponibilità

6.329

6.329

6.329

82.634

 

DL. 67/1997, art. 19, co. 1: Realizzazione di tratte autostradali ( U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7144)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

38.734

38.734

38.734

413.168

Tabella E

-15.400

-15.400

-15.400

-

Disponibilità

23.334

23.334

23.334

413.168

 

L. 311/2005, art. 1, co. 452: Viabilità Italia Francia ( U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7481)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

5.000

5.000

5.000

40.000

Tabella E

-2.000

-2.000

-2.000

-

Disponibilità

3.000

3.000

3.000

40.000

 

L. 311/2005, art. 1, co. 455: Interventi tutela ambientale ( U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7482)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

5.000

-

-

-

Tabella E

-2.000

-

-

-

Disponibilità

3.000

-

-

-

 

L. 311/2005, art.1, co. 456: Realizzazione infrastrutture a elevata automazione e a ridotto impatto ambientale ( U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7514)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

10.000

10.000

-

-

Tabella E

-4.000

-4.000

-

-

Disponibilità

6.000

6.000

-

-

 

 


Settore 17 - Edilizia penitenziaria, giudiziaria, sanitaria, di servizio

Ministero economia e finanze

L. 448/1998, art. 50, co. 1, lett. c) – Edilizia sanitaria pubblica (U.P.B. 4.2.3.3 – cap. 7464)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

640.000

700.000

3.100.000

-

Tabella E

-256.000

-256.000

-256.000

 

Tabella F

-

-60.000

-2.460.000

+2.520.000

Esposto in Tab. F

384.000

384.000

384.000

2.520.000

Articolato, co. 316

-100.000

-

-

-

Bilancio 2006

284.000

384.000

384.000

2.520.000

 

L. 350/2003, art. 3 , co. 144 – Risanamento Policlinico Umberto I di Roma (U.P.B. 4.2.3.21 – cap. 7560)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

60.000

15.000

-

-

Tabella E

-24.000

-6.000

-

-

Disponibilità

36.000

9.000

-

-

Ministero infrastrutture e trasporti

L. 910/1986, art. 7, co. 6 - Completamento delle opere per immobili da destinare agli istituti di prevenzione e pena (U.P.B. 3.2.3.7 – cap. 7473)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

-

-

-

Tabella E

-20.000

-

-

-

Disponibilità

30.000

-

-

-

 

 

Settore 19 - Difesa del suolo e tutela ambientale

Ministero economia e finanze

L. 236/1993, mart. 3, co. 9: Contributo alla regione Calabria per le opere di forestazione (U.P.B. 4.2.3.10 - cap. 7499)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

-

-

-

-

Tabella D

160.102

-

-

-

Disponibilità

160.102

-

-

-

 


 

L. 311/2004, art. 1, co. 28: Contributi agli enti locali per interventi vari (U.P.B. 4.2.3.17- cap. 7536/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

176.200

169.850

-

-

Tabella E (*)

-50.000

-20.000

-

 

Tabella F

-46.200

-49.850

+96.050

-

Disponibilità (*)

80.000

100.000

96.050

-

(*)  Si segnala che l’articolo 5-quater del D.L. n. 250/2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2006, ha soppresso il definanziamento disposto dalla Tabella E. Pertanto, le disponibilità finanziarie dell’autorizzazione legislativa in oggetto sono pari a 130 milioni di euro per il 2006, a 120 milioni per il 2007 e a 96 milioni per il 2008.

 

DL. 7/2005, art. 2bis, co. 1: Contributi agli enti locali per interventi vari (U.P.B. 4.2.3.17- cap. 7536/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

23.755

2.600

-

-

Tabella E (*)

-9.500

-1.000

-

-

Disponibilità (*)

14.255

1.600

-

-

(*)  Si segnala che l’articolo 5-quater del D.L. n. 250/2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2006, ha soppresso il definanziamento disposto dalla Tabella E. Pertanto, le disponibilità finanziarie dell’autorizzazione legislativa in oggetto sono pari a 23,7 milioni di euro per il 2006 e a 2,6 milioni per il 2007, come previsto a legislazione vigente.

Ministero Ambiente

L. 183/1989: Difesa del suolo (U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7090/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

200.000

-

-

-

Tabella E

-80.000

-

-

-

Disponibilità *

120.000

-

-

-

*     Nella legge di bilancio per il 2006 la dotazione del capitolo 7090 (Fondo unico investimenti) è pari a 511,4 milioni di euro, poiché su tale fondo confluiscono le risorse relative a diverse autorizzazioni legislative di spesa (cfr. scheda di lettura relativa al comma 608).

 

L. 426/1998, art. 1, co. 1: Interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati (U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7090/p)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

14.307

-

-

-

Tabella E

-5.700

-

-

-

Disponibilità *

8.607

-

-

-

*     Nella legge di bilancio per il 2006 la dotazione del capitolo 7090 (Fondo unico investimenti) è pari a 511,4 milioni di euro, poiché su tale fondo confluiscono le risorse relative a diverse autorizzazioni legislative di spesa (cfr. scheda di lettura relativa al comma 608).

 

Settore 21 – Interventi in agricoltura

Ministero economia e finanze

D.Lgs. 102/2004, art. 15 co. 2, p. 2: Fondo di solidarietà interventi indennizzatori (U.P.B. 3.2.4.3 - cap. 7411)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

-

-

-

Tabella E

-50.000

-

-

-

Disponibilità

-

-

-

-

Ministero politiche agricole

D.Lgs. 102/2004, art. 15 co. 2, p. 1: Fondo di solidarietà incentivi assicurativi (U.P.B. 3.2.3.3 - cap. 7439)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

50.000

-

-

-

Tabella D

130.000

200.000

2000.

 

Tabella E

-20.000

-

-

-

Disponibilità

160.000

200.000

200.000

-

 

 

Settore 23 – Università

Ministero Istruzione, università e ricerca

L. 910/1986, art. 7, co. 8: Edilizia universitaria (U.P.B. 4.2.3.9 - cap. 7304)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

150.000

-

-

-

Tabella D

-

40.000

 

 

Tabella E

-50.000

-

-

-

Disponibilità

100.000

40.000

-

-

 

 

Settore 24 – Impiantistica sportiva

Ministero economia e finanze

DL. 35/2005, art. 8 bis, co. 1: Olimpiadi Torino 2006 (U.P.B. 3.2.3.44- cap. 7364)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

10.000

30.000

-

-

Tabella E

-4.000

-12.000

-

-

Disponibilità

6.000

18.000

-

-

 

 

Settore 25 – Sistemazione aree urbane

Ministero salute

L. 448/1998, art. 71, co. 1: Interventi sanitari nei grandi centri urbani (U.P.B. 2.2.3.3 - cap. 7111)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

160.000

-

-

-

Tabella E

-64.000

-

-

-

Disponibilità

96.000

-

-

-

 

 

Settore 27 - Interventi diversi

Ministero economia e finanze

L. n. 183/1987 art. 5: Coordinamento politiche comunitarie - Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (U.P.B. 4.2.3.8 – cap. 7493/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

4.232.500

4.204.000

5.600.000

 

Tabella D

+3.767.000

-

-

 

Tabella F

-5.999.500

-4.000.000

-5.000.000

+14.999.500

Disponibilità *

2.000.000

204.000

600.000

14.999.500

*     Nella legge di bilancio per il 2006 la dotazione del capitolo 7493 è pari a 2.050 milioni di euro, poiché su tale capitolo confluiscono anche le risorse finanziarie relative alla legge n. 86 del 1989 (50 milioni di euro).

 

L..n. 144/1999, art. 28: Metanizzazione comuni montani del Centro-Nord (U.P.B. 3.2.3.17 - cap. 7151)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

5.165

5.165

5.165

5.165

Tabella E

-2.000

-2.000

-2.000

-

Disponibilità *

3.165

3.165

3.165

5.165

*     Nella legge di bilancio per il 2006 la dotazione del capitolo 7151 è pari a 10,5 milioni di euro, poiché su tale capitolo confluiscono anche le risorse finanziarie relative al D.L. n. 8 del 1993, che autorizzava mutui ventennali per la metanizzazione dei comuni montani del Centro-Nord.

 

DL. 35/2005, art. 1, co. 5: Istituzione del sistema di informazione visti (U.P.B. 4.2.3.35 - cap. 7589)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

20.498

1.130

-

-

Tabella E

-8.000

-450

-

-

Disponibilità

12.498

680

-

-


Ministero Attività produttive

L. 239/2004, art. 1, co. 119, p. 2: Risparmio e contenimento consumi energetici (U.P.B. 4.2.3.3 - cap. 7621)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

5.000

-

-

-

Tabella E

-2.000

-

-

-

Disponibilità

3.000

-

-

-

 

L. 239/2004, art. 1, co. 119, p. 4: Accordi di cooperazione sul carbone (U.P.B. 4.2.3.3 - cap. 7622)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

5.000

-

-

-

Tabella E

-2.000

-

-

-

Disponibilità

3.000

-

-

-

Ministero lavoro e politiche sociali

D.L. 148/1993, art. 1, comma 7: Interventi a sostegno dell'occupazione - Fondo per l’occupazione (U.P.B. 3.2.3.1 - cap. 7202)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

110.000

-

-

-

Tabella D

+500.000

-

-

-

Disponibilità

610.000*

-

-

-

*     Si fa presente che la dotazione del Fondo per l’occupazione nella legge di bilancio per il 2006 ammonta a 1.147 milioni, in quanto in esso, oltre alle risorse riferite al D.L. n. 148/1993, confluiscono anche le risorse derivanti da altri provvedimenti legislativi.

Ministero Giustizia

L. 448/2001, art. 46, comma 4: Fondo unico investimenti edilizia penitenziaria (U.P.B. 1.2.3.3 - cap. 7020)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

-

-

-

-

Tabella D

+20.000

+20.000

+30.000

-

Disponibilità

20.000

20.000-

30.000

-

*     Nella legge di bilancio per il 2006 la dotazione del capitolo 7020 (Fondo unico investimenti) è pari a 102,6 milioni di euro, poiché su tale fondo confluiscono le risorse relative a diverse autorizzazioni legislative di spesa (cfr. scheda di lettura relativa al comma 608).


Ministero dell’interno

D.L. 67/1997, art. 3: Contribuiti ai comuni di Napoli e Palermo (U.P.B. 2.2.3.6 - cap. 7239)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

-

-

-

-

Tabella D

+100.000

-

-

-

Disponibilità

100.000

-

-

-

Ministero infrastrutture e trasporti

L. n. 311/2004, art. 1, co. 280: Campagna di sicurezza stradale (U.P.B. 5.2.3.14 – cap. 8223)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

2.000

2.000

-

-

Tabella E

-800

-800

-

-

Disponibilità

1.200

1.200

-

-

Ministero Difesa

L. n. 388/2000, art. 145, co. 4: Programmi interforze ad alto contenuto tecnologico (U.P.B. 3.2.3.4 – cap. 7130, 7132/p, 7140)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

103.292

103.292

103.292

103.292

Tabella E
(
cap. 7132 - componente aerea Forze armate)

-41.300

-41.300

-41.300

-

Tabella E
(cap. 7130, 7132, 7140 -
componente aerea, terrestre e navale Forze armate)

-55.000

-55.000

-55.000

-55.000

Disponibilità

6.992

6.992

6.992

48.291

Ministero politiche agricole

L. 448/2001, art. 46, comma 4: Fondo unico investimenti (U.P.B. 1.2.10.2 - cap. 7003/P)

 

2006

2007

2008

2009 e succ.

BLV

205.308

26.000

-

-

Tabella E

-82.100

-10.400

-

-

Disponibilità

123.208

15.600

-

-

*     Nella legge di bilancio per il 2006 la dotazione del capitolo 7003 (Fondo unico investimenti) è pari a 133,3 milioni di euro, poiché su tale fondo confluiscono le risorse relative a diverse autorizzazioni legislative di spesa (cfr. scheda di lettura relativa al comma 608).


Articolo 1, comma 606
(Limiti all’assunzione degli impegni a valere sulle leggi di spesa)

 


606. A valere sulle autorizzazioni di spesa in conto capitale recate da leggi a carattere pluriennale, riportate nella Tabella F, le amministrazioni e gli enti pubblici possono assumere impegni nell’anno 2006, a carico di esercizi futuri nei limiti massimi di impegnabilità indicati per ciascuna disposizione legislativa in apposita colonna della stessa Tabella, ivi compresi gli impegni già assunti nei precedenti esercizi a valere sulle autorizzazioni medesime.


 

Ai sensi dell'articolo 11-quater, comma 2, della legge n. 468 del 1978, e successive modificazioni, le amministrazioni e gli enti pubblici possono stipulare contratti o comunque assumere impegni nei limiti dell'intera somma stanziata con leggi pluriennali di spesa in conto capitale.

La disposizione demanda tuttavia alla legge finanziaria la possibilità di indicare limiti di impegnabilità più ristretti, tenuto conto dello stato di attuazione delle procedure di spesa.

In ogni caso, i pagamenti devono essere contenuti entro i limiti delle autorizzazioni annuali di bilancio.

 

Come già le leggi finanziarie precedenti, la legge finanziaria per il 2006 si avvale della predetta facoltà di limitare l’impegnabilità dei fondi stanziati con le leggi pluriennali, esposte in Tabella F, contrassegnando le disposizioni legislative esposte nella tabella con i numeri 1, 2 o 3 che stanno ad indicare:

§      n. 1, che le quote degli anni 2007 ed esercizi successivi non sono impegnabili;

§      n. 2, che le quote degli anni 2007 e successivi sono impegnabili al 50%;

§      n. 3, che le quote degli anni 2007 e successivi sono interamente impegnabili già nell’esercizio 2006.

 

Sono comunque fatti salvi gli impegni assunti entro il 31 dicembre 2005 e quelli derivanti da spese in annualità.

 

Analogamente alle precedenti leggi finanziarie, nella tabella F della legge finanziaria per il 2006 si prospetta una pressoché generalizzata facoltà ad impegnare già nell’esercizio 2006 le risorse relative agli anni successivi, con due sole eccezioni, per le quali le quote relative agli anni 2007 e successivi non sono impegnabili:

§      legge n. 354/1998, articolo 3, relativa al potenziamento degli itinerari ferroviari (settore 11);

§      legge n. 398/1998, recante disposizioni finanziarie a favore dell’Ente autonomo acquedotto pugliese (settore 27).


Articolo 1, comma 607
(Eccedenze di spesa)

 

607. In applicazione dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le misure correttive degli effetti finanziari di leggi di spesa sono indicate nell’allegato 1 alla presente legge.

 

 

Analogamente a quanto previsto a decorrere dalla legge finanziaria per il 2004, il comma 607 dispone l’approvazione dell’allegato 1, nel quale sono stabiliti gli stanziamenti necessari per far fronte ai maggiori oneri, rispetto alle previsioni, che si sono determinati in relazione a specifiche voci di bilancio (cd. eccedenze di spesa).

 

Il finanziamento di tali oneri viene disposto in attuazione dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge n. 468/1978, introdotto dal decreto-legge n. 194/2002 (c.d. decreto-legge “tagliaspese”), ai sensi del quale nella legge finanziaria possono essere inserite misure correttive degli effetti finanziari di leggi in relazione alle quali, in fase di attuazione, si sono verificati scostamenti rispetto alle previsioni.

La formulazione della legge n. 468/1978 fa peraltro riferimento a “misure correttive”, che potrebbero anche configurarsi come interventi di revisione delle disposizioni che hanno dato luogo a maggiori oneri, in modo da evitare l’emersione di ulteriori scostamenti, piuttosto che come la semplice attribuzione di finanziamenti aggiuntivi.

 

Il decreto legge 6 settembre 2002 n. 194, "Misure urgenti per il controllo, la trasparenza ed il contenimento della spesa pubblica", (cosiddetto decreto "tagliaspese"), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 ottobre 2002, n. 246, ha previsto che ciascuna legge che comporti nuove o maggiori spese indichi espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime (articolo 1, comma 1, lett. a), che novella l’articolo 11-ter, comma 1, della legge n. 468/1978).

Nel caso in cui, in fase di attuazione, si determinino oneri superiori ai limiti della spesa espressamente autorizzata, il D.L. n. 194/2002 ha introdotto una specifica procedura che determina la cessazione dell’efficacia delle disposizioni onerose (lett. b) dell’articolo 1, comma 1 del D.L. n. 194/2002).

In ogni caso, qualora dall’attuazione di disposizioni di legge si determinino, sotto il profilo finanziario, scostamenti rispetto agli oneri previsti, il Ministro dell’economia e delle finanze è tenuto a riferire al Parlamento e ad assumere le conseguenti iniziative legislative (art. 1, comma 2, del D.L. n. 194/2002, che novella l’art. 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978).

Il D.L. n. 194/2002 ha, tuttavia, stabilito che misure correttive degli effetti finanziari di disposizioni, dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori a quelli previsti, possano essere inserite anche nella legge finanziaria (articolo 11, comma 3, lett. i-quater, della legge n. 468/1978, inserita dall’articolo 1, comma 01, lett. a) del decreto legge n. 194).

Ha inoltre disposto che in allegato alla relazione al disegno di legge finanziaria siano indicati i provvedimenti legislativi adottati ai sensi dell’art. 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978, per correggere gli effetti finanziari peggiorativi rispetto alle previsioni, e le misure correttive inserite nella legge finanziaria medesima (articolo 11, comma 6-bis, della legge n. 468/1978, inserito dall’articolo 1, comma 01, lett. b) del decreto legge).

 

Le eccedenze di spesa di cui l’allegato 1 dispone il finanziamento ammontano a 2.711,6 milioni di euro per il 2006, a 696,1 milioni di euro per il 2007 e a 756,1 milioni di euro per il 2008.

Peraltro, negli stanziamenti riferiti al 2006 è compreso anche il finanziamento di oneri riferite ad esigenze degli anni pregressi, per un importo complessivo di 2.016 milioni di euro.

La copertura di una quota di tali oneri pregressi, pari a 403 milioni di euro riferiti a spese di giustizia, viene effettuata nella forma di regolazioni debitorie.

 

Si segnala, altresì, sotto il profilo degli effetti finanziari, che l’incidenza sull’indebitamento netto delle eccedenze di spesa risulta notevolmente inferiore all’ammontare dei finanziamenti aggiuntivi iscritti nel bilancio dello Stato.

In particolare, per il 2006, a fronte di nuovi finanziamenti iscritti nel bilancio dello Stato per complessivi 2.712 milioni di euro, viene computato un incremento delle spese rilevanti ai fini della determinazione dell’indebitamento netto per 589 milioni di euro.

 

Le disposizioni di legge per le quali l’allegato 1 prevede il finanziamento dei maggiori oneri, sono riconducibili a tipologie di autorizzazioni di spesa assai differenziate.

 

Di seguito sono elencate le singoli voci per le quali si sono registrate eccedenze di spesa di cui l’allegato 1 della legge finanziaria per il 2006 dispone il finanziamento.

Vengono specificamente indicate le quote dei finanziamenti per il 2006 che sono contabilizzate come regolazioni debitorie e le voci per le quali già la legge finanziaria dello scorso anno evidenziava eccedenze di spesa, di cui disponeva il ripiano.

Le indicazioni relative alle singole voci sono tratte dalle schede contenute nella relazione tecnica.

 

Gli importi sono espressi in migliaia di euro.

 

 

Ministero dell’Economia e delle finanze

 

Legge 157/1999 e Legge 156/2002 – Fondo spese elettorali partiti politici (UPB 3.1.2.23- cap. 1638)

2006

2007

2008

Anno terminale

40.000

40.000

40.000

P

 

Ai sensi delle leggi n. 157/1999 e n. 156/2002, l'onere complessivo annuo per i rimborsi delle spese elettorali sostenute da movimenti o partiti politici per le campagne per il rinnovo del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei consigli regionali, è fissato nella somma 160,8 milioni di euro.

Il rimborso delle predette spese avviene ripartendo annualmente, tra i movimenti o partiti politici aventi diritto, i quattro fondi per il rinnovo di ciascuno degli organi sopracitati.

L'ammontare di ciascuno dei fondi viene fissato, per ciascun anno di legislatura degli organi stessi, in base all'ammontare risultante dalla moltiplicazione dell'importo di euro 1,00 per il numero dei cittadini iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera. Pertanto, l'ammontare annuo del suddetto onere complessivo è variabile, dipendendo dal numero degli elettori iscritti nelle liste elettorali. In tale situazione, il presumibile onere effettivo a regime, stimando in 50 milioni il numero degli elettori iscritti nelle liste elettorali per ciascun fondo, senza considerare eventuali elezioni anticipate, referendum, ed elezioni suppletive, si attesta a circa 200 milioni di euro annui a decorrere dal 2005.

Già nel corso del 2005, mediante prelevamento dal fondo spese obbligatorie, si è provveduto ad una integrazione del fondo per l'importo di 39 milioni, per sostenere la maggiore spesa a decorrere dal 2005 derivante dal rinnovo dei consigli regionali.

Tenuto conto che la richiamata eccedenza di spesa, quantificabile a regime in circa 40 milioni di euro, presenta carattere di continuità nel tempo, è stata ritenuta necessaria l'inclusione della stessa, a decorrere dall'anno 2006, tra le eccedenze di spesa.

 

D.P.R. n. 915/1978 – Pensioni di guerra (UPB 2.1.2.3 – cap. 1316)

2006

2007

2008

Anno terminale

65.000

65.000

65.000

P

 


Legge n. 335/1995, art. 2 – Assegni e medaglie al valor militare (UPB 3.1.6.1 – cap. 2198)

2006

2007

2008

Anno terminale

120.000

120.000

120.000

P

 

Legge n. 515/1993 – Agevolazioni tariffarie elettorali Poste (3.1.2.4 – cap. 1496)

2006

2007

2008

Anno terminale

22.500

-

-

2006

La voce si riferisce al rimborso delle agevolazioni elettorali concesse nell’anno 2004.

La legge finanziaria per il 2005 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 39,5 milioni di euro per il 2005.

 

Legge n. 416/1981 – Telecom agevolazioni editoria anni ’97-’99 (3.1.2.4 – cap. 1501)

2006

2007

2008

Anno terminale

18.069

-

-

2006

La voce si riferisce al complesso delle riduzioni tariffarie applicate e consuntivate negli anni precedenti dai gestori telefonici. In merito, il Dipartimento del Tesoro ha segnalato che negli anni ’97-‘99 i gestori hanno sostenuto per le predette agevolazioni un maggior onere, rispetto ai corrispondenti rimborsi statali, per complessivi 18 milioni. Tali maggiori esigenze, alle quali corrispondono i crediti vantati dai gestori telefonici verso lo Stato (in prevalenza da parte del gruppo Telecom) ed iscritti nei bilanci delle rispettive società, sono da considerarsi quali eccedenza di spesa rispetto ai fondi stanziati in bilancio.

 

D.L. n. 487/1993, art. 6, comma 5 – IPOST (3.1.2.19 – cap. 1620)

2006

2007

2008

Anno terminale

10.000

-

60.000

P

Per la gestione relativa al trattamento di quiescenza dei dipendenti di Poste italiane andati in pensione a decorrere dal 1994 (il cui onere è in parte a carico dell’IPOST e in parte a carico dello Stato), in aggiunta alle risorse stanziate in bilancio sono state successivamente destinate nel corso degli anni, ai sensi dell'art. 11, comma 3, lett. i-quater, della legge 468/1978, ulteriori risorse, tenuto conto dell'andamento crescente della spesa, che hanno portato lo stanziamento di bilancio a 690 milioni per l’anno 2005, 750 milioni per il 2006 e 810 milioni per il 2007.

Tenuto conto dell’ulteriore maggior fabbisogno comunicato dal Commissario liquidatore dell'IPOST per l'anno 2005, pari a 700 milioni di euro complessivi, e dell'ulteriore crescita dell'onere a regime, fissato in 870 milioni a decorrere dal 2008, si è ritenuto di dover includere le relative eccedenze rispetto ai predetti stanziamenti di bilancio nell'ambito delle misure correttive previste dalla legge finanziaria per il 2006.

L’importo iscritto nel 2006 si riferisce pertanto alle eccedenze dell’anno 2005, mentre a decorrere dall’anno 2008 è prevista l’iscrizione a bilancio di 60 milioni di euro, da aggiungersi agli stanziamenti iscritti nel bilancio pluriennale a legislazione vigente.

 

Legge n. 81/1986 – Accordo Lomè (3.1.2.24 – cap. 1647)

2006

2007

2008

Anno terminale

112.000

-

-

2006

Le risorse destinate ad assicurare la partecipazione italiana alla ricostituzione del Fondo Europeo di Sviluppo risultano in bilancio pari a 350 milioni di euro annui, e concernono la concessione di contributi a fondo perduto a sostegno di programmi di sviluppo del Paesi ACP (Africa, Carabi, Pacifico).

In relazione alla maggiore capacità di assorbimento dei Paesi beneficiari e della prevista attivazione di molti progetti, il Governo stima un fabbisogno complessivo per il 2006 pari a 450 milioni di euro; le eccedenze rispetto allo stanziamento di bilancio per l’anno 2006 sono pertanto valutate in 100 milioni, cui si aggiungono 12 milioni per il 2005.

 

Legge n. 67/1988 – Fondo editoria – agevolazioni tariffarie postali(3.1.2.43 – cap. 1850)

2006

2007

2008

Anno terminale

10.700

-

-

2006

La voce si riferisce al rimborso delle spese sostenute da Poste italiane Spa in relazione alle agevolazioni concesse in favore delle imprese editrici e delle organizzazioni non profit, negli anni antecedenti il 2004.

La legge finanziaria per il 2005 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 80,5 milioni di euro per il 2005 e di 46 milioni di euro a decorrere dal 2006. Tale incremento disposto a decorrere dal 2006 è stato rideterminato da 46 in 32,4 milioni, dall’elenco 3 della legge finanziaria per il 2006 (cfr. comma 15).

 

Decreto legislativo n. 56/2000 – Federalismo fiscale – Compartecipazione IVA(4.1.2.18 – cap. 2862)

2006

2007

2008

Anno terminale

767.829

-

-

2006

Il finanziamento si riferisce all’adeguamento della compartecipazione regionale calcolata sulla base del gettito IVA 2003, già determinata in via presuntiva in sede di quantificazione delle previsioni iniziali per l’anno 2006, a seguito di quanto deliberato dal CIPE in sede di riparto del fabbisogno sanitario 2005.

La legge finanziaria per il 2005 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 740 milioni di euro per il 2005.


Legge n. 59/1997 – Federalismo amministrativo(4.1.2.17 – cap. 2856)

2006

2007

2008

Anno terminale

116.611

100.000

100.000

2008

Il finanziamento iscritto in bilancio per il 2006 si riferisce al maggior fabbisogno che si è verificato nel 2005, relativamente alle risorse da trasferire alle regioni in materia di salute umana, per oneri certificati dalle regioni stesse per l’anno 2003. Per gli anni 2007 e 2008 il maggior fabbisogno è valutato in 100 milioni di euro annui.

La legge finanziaria per il 2005 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 77 milioni di euro per il 2005.

 

 

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

 

Per quanto riguarda i trasferimenti dal bilancio dello Stato all'INPS, sono state individuate alcune autorizzazioni di spesa per le quali, sulla base del rendiconto dell’INPS per l'anno 2003, risulta necessario, limitatamente alle agevolazioni contributive e alle prestazioni erogate nel 2003, integrare lo stanziamento.

Come precisato nella relazione tecnica, la disposizione costituisce di fatto una regolazione di effetti contabili, riferita ai risultati del bilancio consuntivo INPS per il 2003; pertanto, riferendosi a agevolazioni e prestazioni già erogate nel 2003, essa non ha alcun effetto sul conto delle pubbliche amministrazioni, in quanto tutte le eccedenze di spesa interessate sono già state considerate nel medesimo conto secondo il loro effettivo ammontare.

Si tratta delle seguenti autorizzazioni di spesa:

 

Legge n. 53/2000, artt. 19 e 20, e legge n. 104/1992, art. 33 – Agevolazioni a familiari di persone con handicap(7.1.2.3 – cap. 3525)

2006

2007

2008

Anno terminale

37.829

-

-

2006

 

D.L. n. 546/1996, art. 1, e legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 43, comma 1 – Oneri per pensionamenti anticipati (11.1.2.7 – cap. 4354)

2006

2007

2008

Anno terminale

9.004

-

-

2006

 

D.L. n. 267/1972, art. 23-bis - Rivalutazione delle pensioni riguardanti i cittadini italiani rimpatriati dalla Libia(11.1.2.7 – cap. 4356)

2006

2007

2008

Anno terminale

2.090

-

-

2006


Legge n. 88/1989, art. 37 – Sgravi contributivi (11.1.2.9 – cap. 4363)

2006

2007

2008

Anno terminale

266.032

-

-

2006

 

D.L. n. 103/1991, art. 4 – Ricostituzione dell’assicurazione generale obbligatoria dei periodi di lavoro effettuati in Libia (11.1.2.10 – cap. 4367)

2006

2007

2008

Anno terminale

3.355

-

-

2006

 

Legge n. 449/1997, art. 4, commi 17 e 21, e legge n. 448/1998, art. 3, comma 5 – Oneri per contributi sotto forma capitaria per imprese operanti in particolari territori (11.2.3.1 – cap. 7762)

2006

2007

2008

Anno terminale

19.590

-

-

2006

 

 

Ministero della Giustizia

 

D.P.R. n. 115/2002, art. 64 – Spese di giustizia(2.1.2.1 – capp. 1360 e 1364 n.i.)

2006

2007

2008

Anno terminale

603.000

200.000

200.000

2008

Il finanziamento per il 2006 si riferisce per la gran parte (403 milioni di euro) ad eccedenze di spesa che si sono registrate rispetto allo stanziamento iscritto nel bilancio per il 2005 (regolazioni debitorie), dei quali 203 milioni destinati a sanare il debito emerso sulla base dei dati comunicati dai funzionari delegati alla gestione delle spese di giustizia e relativi sia al rimborso delle anticipazioni effettuate da Poste Italiane S.p.a. sia alle ritenute ed alle imposte da versare[331]. Viene inoltre previsto, già a decorrere dal 2005, un aumento delle risorse finanziarie riguardanti le spese di giustizia, pari a 200 milioni di euro.

La legge finanziaria per il 2004 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 310 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006. La legge finanziaria per il 2005 stanziava per il 2005 ulteriori 373,5 milioni di euro .

 

 

Ministero dell'Interno

 

Legge n. 388/2000, art. 64 – Fondo ordinario enti locali (ristoro minori entrate ICl)(2.1.2.6 – cap. 1316)

2006

2007

2008

Anno terminale

377.808

90.939

90.939

P

La voce si riferisce alla previsione che il minor gettito ICI derivante dall’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D (si tratta di edifici a destinazione speciali, quali opifici, alberghi, pensioni, teatri, case di cura, banche, residence, ecc.)sia compensato con un corrispondente aumento dei trasferimenti erariali (articolo 64 della legge n. 388/2000).

L’importo di 377,8 milioni di euro per il 2006 si riferisce per 286,9 milioni di euro al ristoro, a titolo di regolazione debitoria, relativo agli anni 2005 e precedenti, e per 90,9 milioni di euro alla compensazione relativa all’anno 2006.

La legge finanziaria per il 2004 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 97,9 milioni di euro per il 2004 (riferito per 71,1 milioni di euro al triennio 2001-2003 e per 26,1 milioni di euro al 2004) e di 26,1 milioni di euro a decorrere dal 2005.

 

 

Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio

 

Legge n. 488/1988 – Convenzione sulla sorveglianza continua e la valutazione del trasporto a lunga distanza di inquinanti atmosferici in Europa (EMEP)(4.1.2.2 – cap. 2225)

2006

2007

2008

Anno terminale

294

147

147

P

La voce si riferisce al finanziamento dei maggiori oneri, per 147.000 euro annui a decorrere dal 2005, derivanti dall’incremento della quota associativa pagata da ciascuno Stato al Segretario della Convenzione sulla sorveglianza continua e di valutazione del trasporto a lunga distanza di inquinanti atmosferici in Europa.

 


Legge n. 743/1980 – Accordo italo-franco–monegasco RA.MO.GE (4.1.2.2 – cap. 2226)

2006

2007

2008

Anno terminale

33

15

15

P

La voce si riferisce all’incremento del contributo obbligatorio dovuto al Segretariato Generale della Commissione dell'accordo italo franco monegasco in materia di protezione delle acque del litorale mediterraneo. Il fabbisogno finanziario per la corresponsione del contributo è aumentato dall’anno 2005 per un importo pari a 18.000 euro per il 2005 e a 15.000 euro a decorrere dal 2006.

 

 

Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti

 

Legge n. 169/1975, art. 2 – Sovvenzioni società di navigazione (4.1.2.2 – cap. 2041)

2006

2007

2008

Anno terminale

29.900

-

-

2006

L’importo corrisponde al maggior fabbisogno per l'anno 2005 evidenziato dalle Società del Gruppo Tirrenia, da ascrivere all'aumento del costo del combustibile, al deprezza­mento dell'euro rispetto al dollaro (valuta di riferimento nelle quotazioni dei combustibili) e all'andamento negativo del traffico. L'incremento di spesa è calcolato pertanto per il solo anno 2005.

La legge finanziaria per il 2005 già disponeva a copertura delle eccedenze di spesa relative alla medesima voce l’importo di 80,7 milioni di euro per il 2005 e di 26,9 milioni di euro a decorrere dal 2006. Tale incremento disposto a decorrere dal 2006 è stato rideterminato da 26,9 in 19 milioni, dall’elenco 3 della legge finanziaria per il 2006 (cfr. comma 15).

Il comma 15, infatti, ha rideterminato lo stanziamento di cui alla legge n. 169/1975, art. 2, in questione in 109,3 milioni di euro a decorrere dal 2006, cui si aggiungono 19 milioni di euro, quale eccedenza di spesa autorizzata dalla legge finanziaria dello scorso anno. Tale stanziamento complessivo (128,239 milioni) è confluito nel Fondo unico per i trasferimenti correnti alle imprese (U.P.B. 2.1.2.10/Infrastrutture, cap. 1360).

 

 


Ministero della salute

 

Legge n. 210/1992 – Indennizzo vittime trasfusioni e somministrazione emoderivati (2.1.2.12 – cap. 2400)

2006

2007

2008

Anno terminale

80.000

80.000

80.000

P

La voce si riferisce alla necessità di integrare a decorrere dal 2006 lo stanziamento di bilancio (27,2 milioni di euro) relativo alla concessione di indennizzi e risarcimenti da parte dello Stato a soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati.


Articolo 1, comma 608
(Fondi unici per gli investimenti)

 

608. In applicazione dell’articolo 46, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, le autorizzazioni di spesa e i relativi stanziamenti confluiti nei fondi per gli investimenti dello stato di previsione di ciascun Ministero interessato sono indicati nell’allegato 2 alla presente legge.

 

 

Con il comma 608 viene approvato l’allegato 2 alla legge finanziaria, nel quale sono esposte le autorizzazioni di spesa che confluiscono nei fondi unici per gli investimenti istituiti nei singoli stati di previsione della spesa, in applicazione dell’articolo 46, comma 4, della legge finanziaria per il 2002 (legge n. 448/2001).

 

L’articolo 46 della legge finanziaria 2002 (legge n. 448/2001) ha disposto l’istituzione, nello stato di previsione della spesa di ciascun Ministero, di un fondo per gli investimenti per ogni comparto omogeneo di spesa. Nel fondo confluiscono le risorse relative ad autorizzazioni di spesa per nuovi investimenti, nonché gli stanziamenti disposti in bilancio relativamente ad investimenti già autorizzati.

Le nuove autorizzazioni di spesa per investimenti, che confluiscono nei Fondi unici per gli investimenti istituiti nei singoli stati di previsione di ciascun Ministero, devono mantenere una autonoma evidenziazione contabile in allegato delle corrispondenti autorizzazioni legislative.

A decorrere dal 2003, i fondi per gli investimenti possono essere rifinanziati nella Tabella D della legge finanziaria per i tre anni del bilancio pluriennale.

Il comma 4 dell’articolo 46 ha, inoltre, stabilito che in apposito allegato al disegno di legge finanziaria siano analiticamente evidenziate le autorizzazioni di spesa e gli stanziamenti che confluiscono in ciascuno dei fondi per gli investimenti da istituire nei singoli stati di previsione.

I fondi per gli investimenti costituiti nei singoli stati di previsione sono stati esposti, per la prima volta, nell’allegato 2 della legge finanziaria 2003, con l’indicazione delle singole autorizzazioni legislative (e di relativi importi) che sono in essi confluite, per ciascun comparto omogeneo di spesa.

Ai sensi dell’articolo 1-quater, comma 4, del D.L. n. 50/2003 (legge n. 116/2003), è stato soppresso il Fondo unico investimenti, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno, che risultava costituito interamente dagli stanziamenti relativi a trasferimenti erariali di conto capitale in favore degli enti locali. La disposizione citata ha previsto, infatti, che la disciplina relativa ai fondi unici per gli investimenti non si applicasse ai trasferimenti suddetti.

 

L’allegato 2 reca l’indicazione dei fondi per gli investimenti costituiti nei singoli stati di previsione, con riferimento a ciascun comparto omogeneo della spesa, nonché l’indicazione delle autorizzazioni legislative (e dei relativi importi) che confluiscono in detti fondi.

Nell’allegato 2 viene esposta la proiezione triennale delle dotazioni dei Fondi e delle singole autorizzazioni di spesa che li compongono.

 

Si segnala che gli importi indicati nell’Allegato 2 della legge finanziaria non coincidono con quelli del bilancio per l’anno 2006.

Ciò in quanto gli importi dell’allegato 2 (che nel disegno di legge finanziaria iniziale coincidono con quelli del disegno di legge di bilancio a legislazione vigente) non scontano gli effetti determinati dalla stessa legge finanziaria.

 

Nel disegno di legge di bilancio a legislazione per il 2006 (A.S. 3614), gli stanziamenti iscritti nelle U.P.B. relative ai singoli Fondi unici per gli investimenti risultavano per il 2006 i seguenti:

 

Ministero

UPB

Settore

BLV 2006

Economia

1.2.3.4

Incentivi alle imprese

28.822.845

Giustizia

1.2.3.3

Edilizia penitenziaria e giudiziaria

137.366.931

Istruzione

4.2.3.8

Università e ricerca

94.175.915

4.2.3.9

Edilizia universitaria

150.000.000

Ambiente

1.2.3.6

Difesa del suolo e tutela ambientale

377.138.772

Difesa

1.2.3.1

Ricerca scientifica

115.000.000

Pol. Agricole

1.2.10.2

Agricoltura, foreste e pesca

218.410.994

Beni culturali

2.2.10.3

Patrimonio culturale

314.042.376

 

 

TOTALE STANZIAMENTI

1.434.957.833

 

Rispetto alle disponibilità a legislazione vigente, nel corso dell’esame parlamentare, la dotazione finanziaria di alcuni dei Fondi unici per gli investimenti è stata modificata per effetto di quanto disposto dalle tabelle D (rifinanziamenti), E (definanziamenti), nonché dalle disposizioni dell’articolato. In particolare:

 

Ministero dell’economia e delle finanze:

§      Il Fondo investimenti incentivi alle imprese è stato ridotto di 10,3 milioni per ciascuna annualità del triennio, per effetto del definanziamento, in Tabella E, della legge n. 266/1997, art. 12, co. 2 (Fondo per il finanziamento di esportazioni a pagamento differito).

 

Ministero della giustizia:

§      Il Fondo investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria è stato ridotto di complessivi 34,8 milioni. La variazione è determinata dai definanziamenti disposti in Tabella E, della legge n. 787/1931 (Istituti di previdenza e di pena) di 46,6 milioni, per ciascuna annualità del triennio, e del D.L. n. 201/2002 (Strutture amministrazione penitenziaria) di 8,2 milioni per il 2006, in parte compensati dal rifinanziamento disposto in Tabella D del Fondo per 20 milioni nel 2006, 20 milioni nel 2007 e 30 milioni nel 2008.

 

Ministero dell’istruzione, università e ricerca:

§      Il Fondo investimenti università e ricerca è stato incrementato di 85 milioni di euro per il 2006, per effetto del rifinanziamento, in Tabella D, di della legge n. 388/2000, art. 104, co. 4 (ricerca di base);

§      Il Fondo investimenti edilizia universitaria è stato ridotto di 50 milioni di euro per il 2006, quale definanziamento, in Tabella E, dell’unica autorizzazione legislativa di spesa indicata nel Fondo (legge n. 910/1986, art. 7, co. 8).

 

Ministero dell’ambiente:

§      Il Fondo investimenti difesa del suolo e tutela ambientale è stato incrementato di complessivi 134,3 milioni per il 2006.La variazione è determinata dai definanziamenti, in Tabella E,di 80 milioni della legge n. 183/1989 (Difesa del suolo), di 20 milioni del D.L. n. 180/1998, art. 1, co. 2 (Rischio idrogeologico nella Regione Campania e misure di prevenzione per le aree a rischio), e di 5,7 milioni della legge n. 426/1998, art. 1, co. 1 (Interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati). Sul Fondo sono altresì confluite le seguenti risorse: 140 milioni di euro, ai sensi del comma 305 del disegno di legge finanziaria, quale trasferimento delle risorse provenienti dal Fondo per le esigenze di tutela ambientale, che è stato inglobato nel Fondo unico, e ulteriori 100 milioni ai sensi del comma 306 del disegno di legge finanziaria, quale finanziamento per il 2006 delle misure previste per l’attuazione del Protocollo di Kyoto.

 

Ministero della difesa:

§         Il Fondo per la ricerca scientifica, la cui dotazione a legislazione vigente era pari a 115 milioni, è stato ridotto a 69 milioni di euro, ai sensi dell’elenco 2 allegato al comma 13 della legge finanziaria, che reca la rideterminazione della dotazione delle UPB del bilancio dello Stato relative agli investimenti fissi lordi. Tale rideterminazione è comprensiva del definanziamento in Tabella E di 46 milioni di euro per ciascuna annualità del triennio del D.Lgs. n. 264/1997 (Riorganizzazione dell’area centrale del Ministero della difesa);

 

Ministero delle politiche agricole:

§      Il Fondo investimenti agricoltura, foreste e pesca è stato ridotto di complessivi 85,1 milioni di euro. La riduzione è determinata dal definanziamento del Fondo di 82,1 milioni di euro per il 2006 e di 10,4 milioni per il 2007, disposto in Tabella E, e dalla riduzione di ulteriori 3 milioni di euro per il 2006 utilizzati, ai sensi del comma 426 della legge finanziaria, a copertura del finanziamento di pari importo degli interventi a sostegno della promozione, dello sviluppo e della diffusione della cultura gastronomica e della tutela delle produzioni tipiche e della ricerca nel campo agroalimentare.

 

Ministero per i beni culturali:

§      Il Fondo investimenti relativo al patrimonio culturale è stato ridotto di 125,3 milioni di euro per ciascuna annualità del triennio a seguito dei definanziamenti disposti in Tabella E di 30,9 milioni di euro della legge n. 662/1996, art. 1, co. 83 (Devoluzione degli utili del lotto ai beni culturali), di 2 milioni di euro della legge n. 29/2001, art. 3, co. 1 (Piano per l’arte contemporanea); 0,2 milioni di euro del D.Lgs. n. 127/2003 (Riordino del CNR) e di 92,2 milioni del Fondo stesso.

 

Come emerge dalle indicazioni sopra riportate, nella maggior parte dei casi i rifinanziamenti disposti dalla Tabella D (nonché i definanziamenti di Tabella E non si riferiscono ai Fondi unici, come sembrerebbe richiedere la disciplina dettata dall’articolo 46 della legge n. 448/2002, ma continuano ad essere operate con riferimento alle distinte autorizzazioni di spesa comprese in ciascun Fondo.

 

Conseguentemente, la dotazione dei Fondi unici per gli investimenti nel 2006 per effetto delle modifiche apportate dalla legge finanziaria sopra richiamate, risulta nel bilancio per l’anno 2006 così rideterminata:

 

Ministero

UPB

Settore

Bilancio 2006

Economia

1.2.3.4

Incentivi alle imprese

18.522.845

Giustizia

1.2.3.3

Edilizia penitenziaria e giudiziaria

102.566.931

Istruzione

4.2.3.8

Università e ricerca

179.175.915

4.2.3.9

Edilizia universitaria

100.000.000

Ambiente

1.2.3.6

Difesa del suolo e tutela ambientale

511.438.772

Difesa

1.2.3.1

Ricerca scientifica

69.000.000

Pol. Agricole

1.2.10.2

Agricoltura, foreste e pesca

133.310.995

Beni culturali

2.2.10.3

Patrimonio culturale

188.742.376

 

 

TOTALE STANZIAMENTI

1.302.757.834

 

 

Per quanto concerne la procedura di ripartizione dei Fondi per gli investimenti, l'articolo 46, comma 5, della legge n. 448/2001 ha disposto che i Ministri competenti presentino annualmente al Parlamento, per l’acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni, una relazione nella quale siano individuate le destinazioni delle disponibilità di ciascun fondo.

In assenza di una specifica disposizione di legge si applica il termine di 20 giorni dalla data dell’assegnazione, fissato in generale per l’espressione del parere sugli atti del Governo, dall’articolo 143, comma 4, del Regolamento della Camera dei Deputati.

 

Successivamente all'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari, gli stanziamenti iscritti nei fondi unici sono trasferiti ai capitoli di spesa relativi ai singoli interventi.

Nell’ambito della legge di bilancio, infatti, gli stanziamenti relativi ai fondi unici per gli investimenti sono allocati in un’unica unità previsionale di base e, all’interno di essa, in un unico capitolo.

Nella legge di bilancio sono comunque mantenuti i capitoli corrispondenti alle singole autorizzazioni di spesa confluite nei fondi. Relativamente a tali capitoli, nella voce di competenza è riportata l’indicazione “per memoria”; per la cassa, invece, si trova iscritta una autorizzazioni di spesa, che è correlata alla presenza di residui.

Con la ripartizione delle disponibilità di ciascun fondo per gli investimenti, i capitoli relativi ai singoli interventi saranno dotati, in conto competenza, delle risorse indicate nella relazione concernente la ripartizione del fondo, come eventualmente modificata a seguito delle indicazioni delle competenti Commissioni parlamentari; conseguentemente saranno adeguate anche le autorizzazioni di cassa.

 


Articolo 1, comma 609
(Copertura finanziaria)

 

609. La copertura della presente legge per le nuove o maggiori spese correnti, per le riduzioni di entrata e per le nuove finalizzazioni nette da iscrivere nel Fondo speciale di parte corrente viene assicurata, ai sensi dell’articolo 11, comma 5, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, secondo il prospetto allegato.

 

 

Il comma 609 dispone, ai fini del rispetto delle regole di copertura della legge finanziaria, di cui all’articolo 11, comma 5, della legge n. 468/1978 e successive modificazioni, l’approvazione del prospetto di copertura degli oneri di natura corrente.

L’articolo 11, comma 5 della legge n. 468/1978, e successive modificazioni, prevede che la legge finanziaria possa disporre, per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, nuove o maggiori spese correnti, riduzioni di entrata e nuove finalizzazioni nette da iscrivere, ai sensi del successivo articolo 11-bis, nel fondo speciale di parte corrente di cui alla Tabella A, nei limiti delle nuove o maggiori entrate tributarie, extratributarie e contributive e delle riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente.

 

La disposizione comporta che le nuove o maggiori spese correnti previste nella legge finanziaria per il 2006 (compresi gli accantonamenti di tabella A), nonché le riduzioni di entrata, debbano trovare copertura in nuove o maggiori entrate di parte corrente, vale a dire entrate da iscriversi nei titoli I e II (rispettivamente entrate tributarie ed entrate extratributarie) e in riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente.

Ne consegue il divieto di ricorrere, per la copertura finanziaria di oneri correnti, a risorse (maggiori entrate o riduzioni di spesa) di conto capitale.

 

Nell’ambito di una lettura sistematica delle disposizioni dell’articolo 11, comma 5, della legge n. 468/1978, formulata nelle risoluzioni di approvazione del DPEF 1990-92 di Camera e Senato, è stata ammessa l’interpretazione secondo la quale gli oneri correnti introdotti dalla legge finanziaria possono essere coperti anche ricorrendo all’eventuale miglioramento del risparmio pubblico[332] risultante dal progetto di bilancio a legislazione vigente rispetto all’analogo saldo come determinato nell’assestamento di bilancio relativo all’esercizio in corso.

In conformità all’interpretazione richiamata, pertanto, il vincolo di copertura degli oneri correnti derivanti dalla legge finanziaria va inteso nel senso che la legge finanziaria non può determinare un peggioramento del risparmio pubblico rispetto alla più recente previsione assestata (o al disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, nell’ipotesi in cui quest’ultimo evidenzi un saldo peggiore di quello dell’assestamento relativo all’anno precedente).

 

Il prospetto di copertura della legge finanziaria per il 2006 evidenzia oneri di natura corrente pari a 11.627 milioni di euro per il 2006, 7.637 milioni di euro per il 2007 e 7.268 milioni di euro per il 2008.

Gli oneri indicati nel prospetto sono riconducibili principalmente a:

-        nuove o maggiori spese correnti determinate dall’articolato (10.548 milioni di euro per il 2006, 6.895 milioni di euro per il 2007 e 6.809 milioni di euro per il 2008);

-        minori entrate correnti determinate dall’articolato per sgravi fiscali (977 milioni di euro per il 2006, 742 milioni di euro per il 2007 e 459 milioni di euro per il 2008).

 

A fronte degli oneri correnti sopra indicati, il prospetto evidenzia mezzi di copertura per 18.771 milioni di euro per il 2006, 16.773 milioni di euro per il 2007 e 16.312 milioni di euro per il 2008.

Rispetto all’ammontare complessivo degli oneri da coprire risulta disponibile un ulteriore margine di copertura per 7.144 milioni di euro per il 2006, 9.135 milioni di euro per il 2007 e 9.043 milioni di euro per il 2008.

Non risulta, pertanto, utilizzato nel prospetto di copertura della legge finanziaria per il 2006, il miglioramento del risparmio pubblico risultante dal bilancio a legislazione vigente del 2006 rispetto all’assestamento per il 2005 (pari a 4.281 milioni di euro per il 2006, a 10.839 milioni di euro per il 2007 e a 20.474 milioni di euro per il 2008).

Come emerge dal prospetto, gli oneri di parte corrente derivanti dalle disposizioni contenute nella legge finanziaria sono in gran parte coperti a valere sulle maggiori entrate nette derivanti dal D.L. n. 203/2005, “Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”.

Le maggiori entrate nette derivanti dal D.L. n. 203/2005 vengono, infatti, utilizzate a copertura degli oneri della legge finanziaria per il 2006 nell’importo di 7.453 milioni di euro per il 2006 (su un totale dei mezzi di copertura pari a 18.771 milioni), di 7.830 milioni per il 2007 e di 8.018 milioni per il 2008 (su un totale dei mezzi di copertura pari, rispettivamente, a 16.773 e 16.312 milioni).

 


PROSPETTO DI COPERTURA

(Articolo 1, comma 396)

copertura legge finanziaria

2006

2007

2008

 

 

(importi in milioni di euro)

 

1)            ONERI DI NATURA CORRENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nuove o maggiori spese correnti

 

 

 

 

Articolato:

10.548

6.895

6.809

 

Pubblico impiego

1.306

1.543

1.544

 

Eccedenze di spesa

2.289

696

756

 

Missioni di pace

1.000

0

0

 

Spesa sociale

1.673

1.018

1.030

 

Riduzione costo lavoro

1.996

2.429

2.518

 

Bonus figli

696

0

0

 

Fondo utilizzo giacenze di tesoreria

320

0

0

 

LSU Scuola

370

370

370

 

Altri interventi

896

837

589

 

Effetti indotti

2

2

2

 

Tabella “A”

23

0

0

 

Tabella “C”

80

0

0

 

Minori entrate correnti

 

 

 

 

Articolato:

977

742

459

 

Sgravi fiscali

977

742

459

 

Totale oneri da coprire

11.627

7.637

7.268

 

 

 

 

 

 

2)            MEZZI DI COPERTURA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nuove o maggiori entrate

 

 

 

 

Articolato:

7.975

5.101

4.623

 

Interventi vari

3.763

1.779

1.469

 

Rivalutazioni

912

34

37

 

Ammortamenti energia

790

877

877

 

Cessioni fabbricati

500

468

482

 

Programmazione fiscale e adeguamento

1.930

990

990

 

Effetti indotti

79

953

769

 

Riduzione spese correnti

 

 

 

 

Articolato:

3.344

3.591

3.404

 

Pubblico impiego

7

7

7

 

Spese PA

1.644

1.693

1.579

 

Disposizioni per enti locali

70

55

55

 

Trasferimenti imprese

960

1.121

1.121

 

Altri interventi

511

560

487

 

Effetti indotti (effetto netto)

153

155

155

 

Tabella “A”

0

79

89

 

Tabella “C”

0

252

266

 

Decreto-legge 203/2005

7.453

7.830

8.018

 

Quota D.L. 203/2005 utilizzata a copertura spesa c/capitale

47

277

402

 

Totale mezzi di copertura

18.771

16.773

16.312

 

 

Differenza

7.144

9.135

9.043

 

Miglioramento risparmio pubblico a L V

4.281

10.839

20.474

Margine

11.425

19.974

29.517

 


Articolo 1, commi 610-611
(Applicazione nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome e coordinamento della finanza pubblica)

 

610. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.

611. Le disposizioni della presente legge costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.

 

 

Il comma 610 introduce nella legge finanziaria per il 2006 – con riferimento a tutte le sue disposizioni - la clausola di “compatibilità” conl’ordinamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.

Le disposizioni della legge finanziaria non modificano, in effetti, il quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti. L’esplicitazione di questo principio – che discende peraltro dall’ordinario rapporto tra le due fonti – è stata introdotta per evitare che regioni e province autonome, nel dubbio sull’effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di loro competenza, ritenessero necessario chiedere una pronuncia alla Corte costituzionale.

 

Il comma 611 stabilisce che le disposizioni della legge finanziaria per il 2006 costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.

 

Tale previsione sembra rivolta a giustificare la competenza legislativa dello Stato, con specifico riferimento alle disposizioni che interessano le regioni e gli enti locali.

Ai sensi dell’articolo 117, comma terzo, della Costituzione, il coordinamento della finanza pubblica è materia di legislazione concorrente. Anche l’articolo 119, comma secondo, della Costituzione prevede che le regioni e gli enti locali stabiliscano e applichino tributi ed entrate propri “secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”.

Dal momento che si tratta di materia di legislazione concorrente, è riservata alla legislazione dello Stato la determinazione dei principi fondamentali.

 

Si rileva che alcuni commi della legge finanziaria qualificano specificamente determinate disposizioni quali principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.

In particolare:

-       il comma 138 qualifica i commi da 139 a 150, relativi al patto di stabilità interno, quali principi fondamentali della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione;

-       il comma 157 dispone che i commi 158, 159 e 160, relativi all’acquisto di beni e servizi da parte degli enti locali, stabiliscono disposizioni per assicurare il coordinamento della finanza pubblica;

-       il comma 206, qualifica i commi da 198 a 205, relativi al contenimento delle spese per il personale degli territoriali, quali principi fondamentali della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.

Ulteriori disposizioni concernenti gli enti territoriali sono inoltre finalizzate ad esigenze di coordinamento della finanza pubblica (in particolare: il comma 24, che prevede limiti all’acquisizione di immobili da parte degli enti territoriali, il comma 54, che dispone la riduzione delle indennità degli amministratori locali, ed il comma 166, relativo al controllo della Corte dei conti sugli enti locali).

 


Articolo 1, comma 612
(Entrata in vigore)

 

612. La presente legge entra in vigore il 1º gennaio 2006.

 

 

Il comma 612 fissa al 1° gennaio 2006 l’entrata in vigore della legge finanziaria, in coincidenza con l’inizio dell’esercizio di bilancio.


 



[1]    Il citato decreto ministeriale ha sostituito la tariffa allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, recante la disciplina delle tasse sulle concessioni governative.

[2]    Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001).

[3]    Regolamento recante criteri e modalità per la costituzione di fondazioni universitarie di diritto privato, a norma dell'articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

[4]    Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale.

[5]    I soggetti all’imposta sul reddito delle società - IRES sono individuati dall’articolo 73 del TUIR.

[6]     L’articolo 38-quater del DPR n. 633/1972 è stato emanato in recepimento dell’articolo 15 della Direttiva CEE n. 388 del 1977 (c.d. sesta direttiva). Ai sensi del richiamato articolo 15, concernente l’applicabilità dell'esenzione IVA alle operazioni di esportazione ed assimilate, ha previsto che, relativamente alle cessioni di beni destinati ad essere trasportati nel bagaglio personale dei viaggiatori, il beneficio può essere concesso in presenza, oltre che dei requisiti soggettivi ed oggettivi, della fattura o di un documento sostitutivo su cui sia apposto il visto dell’ufficio doganale di uscita dalla Comunità. Ciò in quanto, da un lato si vogliono introdurre agevolazioni in favore dei turisti stranieri e, dall’altro lato, si intende fornire adeguate garanzie affinché i beni in questione realmente lascino il territorio comunitario e non vengano commercializzati.

[7]     Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 6 settembre 2002, n. 194, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

[8]     Cfr. audizione del ministro sul piano italiano per la crescita e lo sviluppo (PICO), svolta il 13 ottobre 2005 davanti alla XIV Commissione Politiche dell’Unione europea della Camera dei deputati.

[9]     Con tale ordinanza il Ministro per il coordinamento della protezione civile aveva appunto provveduto a sospendere alcuni termini relativi a tributi e contributi dovuti dai cittadini colpiti dal sisma e residenti nei comuni delle province di Siracusa, Catania e Ragusa. In particolare L’ordinanza 21 dicembre 1990, n. 2057 stabiliva che potevano beneficiare delle sospensioni e delle agevolazioni previste dall’ordinanza stessa i soggetti residenti, da data anteriore al 13 dicembre 1990, nei comuni individuati mediante l’emanazione di un successivo D.P.C.M. Avrebbero altresì potuto beneficiare delle disposizioni previste i soggetti che svolgevano, nell'area dei comuni individuati nel richiamato D.P.C.M., la loro attività industriale, commerciale, artigiana ed agricola, ancorché residenti altrove, limitatamente alle obbligazioni nascenti dalle attività stesse.

[10]    Si tratta: per la provincia di Siracusa dei comuni di Augusta, Avola, Buccheri, Carlentini, Cassaro, Ferla, Floridia, Francofonte, Lentini, Melilli, Noto, Pachino, Palazzolo Acreide, Priolo Gargallo, Rosolini, Siracusa, Solarino, Sortino; per la provincia di Catania dei comuni di Aci Catena, Caltagirone, Catania, Grammichele, Licodia Eubea, Militello in Val di Catania, Mineo, Motta Sant'Anastasia, Palagonia, Ramacca, Scordia, San Giovanni La Punta, Tremestieri Etneo, Valverde, Vizzini; per la provincia di Ragusa dei comuni di Chiaramonte Gulfi, Giarratana, Ispica, Modica, Pozzallo, Ragusa, Scicli, Vittoria.

[11]   I richiamati soggetti, secondo quanto disposto dall'articolo 138, comma 1, della legge n. 388/2000, avevano già beneficiato della possibilità di regolarizzare la propria posizione relativa agli anni 1990, 1991 e 1992, versando l'ammontare dovuto per ciascun tributo a titolo di capitale – al netto dei versamenti già effettuati a titolo di capitale ed interessi – in unica soluzione entro il 30 giugno 2002, ovvero fino ad un massimo di dodici rate.

[12]   Termine prorogato al 17 maggio 2003 dall'art. 1, Decr. 7 aprile 2003, emanato in attuazione del D.L. 7 aprile 2003, n. 59, non convertito in legge e al 17 ottobre 2003 dall'art. 1, Decr. 3 settembre 2003, emanato in attuazione dell'art. 1, comma 2, D.L. 24 giugno 2003, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla L. 1° agosto 2003, n. 212.

      Il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, emanato ai sensi dell’art. 1, co. 2, del D.L. n. 143/2003 ha fissato al 17 ottobre 2003 la data di decorrenza degli interessi, come aveva già fatto il D.M. 7 aprile 2003 (emanato ai sensi del D.L. n. 59/2003, non convertito), il quale aveva differito tale termine dal 17 aprile al 17 maggio 2003. La data originaria di decorrenza degli interessi (legge n. 289/2002) era il 17 marzo 2003.

[13]    Cfr. anche la risposta all'interrogazione parlamentare n. 5-01986 del 15 maggio 2003.

[14]    Recante “Interventi urgenti per i settori dell' agricoltura, dell' agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d' impresa”. Approvato definitivamente dal Senato il 1° marzo 2006, ma rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica. Alla data di redazione del presente dossier all’esame della Camera (C. 6352-B).

[15]    Le 4 gestioni sono:

a)   industria, per le attività: manifatturiere, estrattive, impiantistiche; di produzione e distribuzione dell'energia, gas ed acqua; dell'edilizia; dei trasporti e comunicazioni; della pesca; dello spettacolo; per le relative attività ausiliarie;

b)   artigianato, per le attività di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443;

c)   terziario, per le attività: commerciali, ivi comprese quelle turistiche; di produzione, intermediazione e prestazione dei servizi anche finanziari; per le attività professionali ed artistiche: per le relative attività ausiliarie;

d)   altre attività, per le attività non rientranti fra quelle di cui alle lettere a), b) e c), fra le quali quelle svolte dagli enti pubblici, compresi lo Stato e gli enti locali, e quelle di cui all'articolo 49, comma 1, lettera e), della legge 9 marzo 1989, n. 88.

[16]    Il principio di sussidiarietà orizzontale attiene alla regolazione dell'esercizio delle competenze fra singoli e formazioni sociali intermedie, da un lato, e poteri pubblici dall'altro. La sussidiarietà verticale viene invece in considerazione quale criterio di riparto delle competenze: "verso il basso", fra lo Stato e le sue articolazioni territoriali; "verso l'alto", fra lo Stato e l'Unione europea. Il principio di sussidiarietà trova oggi come è noto espressa menzione nella Costituzione, che all'articolo 118, quarto comma, come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, prevede che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. La nozione era già richiamata dall’articolo 4, comma 3, lettera a) della legge n. 15 marzo 1997, n. 59 (prima “legge Bassanini”), secondo il quale il conferimento di funzioni agli enti territoriali deve osservare, tra gli altri, “il principio di sussidiarietà, con l'attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime, attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati”.

      Si ricorda infine che, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), “I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della Regione, secondo il principio di sussidiarietà. I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali”.

[17]    La disciplina applicativa dell’istituto è stata emanata con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 9 giugno 2004 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 138 del 15 giugno 2004), recante disposizioni applicative del regime di tassazione del consolidato nazionale.

[18]    L’Agenzia delle entrate, con Circ. n. 53/E del 20 dicembre 2004, par. 4.2.5, rilevato che la disposizione citata non fissa alcun limite quantitativo entro il quale debba applicarsi la prevista esclusione, ha ritenuto “che l'irrilevanza reddituale debba riferirsi alle somme corrisposte o ricevute in contropartita nel limite massimo dell'imposta teorica cui le stesse somme siano commisurate (calcolata, ad esempio, sugli imponibili negativi o positivi trasferiti risultanti dalla dichiarazione di ciascuna società partecipante)”; in altri termini, poiché le posizioni di vantaggio e di mancato beneficio che danno origine al trasferimento delle somme in esame tra le società partecipanti al consolidato sono misurabili economicamente in termini commisurati all'imposta teorica riferibile al predetto vantaggio o mancato beneficio, “ne consegue che la norma in commento trova applicazione nel limite massimo delle somme pattuite con riguardo all'imposta teorica calcolata sul vantaggio/mancato beneficio trasferito”.

[19]    Il testo del nuovo accordo di Basilea può rinvenirsi, anche in traduzione italiana, nel sito internet della Banca dei regolamenti internazionali, all’indirizzo: http://www.bis.org/publ/bcbs107ita.htm.

[20]    Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria è un comitato di autorità di vigilanza bancaria istituito nel 1975 dai Governatori delle banche centrali dei paesi del Gruppo dei dieci. Esso è formato da alti funzionari delle autorità di vigilanza bancaria e delle banche centrali di Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Svizzera. Il Comitato si riunisce solitamente presso la Banca dei regolamenti internazionali in Basilea, dove ha sede il suo Segretariato permanente.

[21]    Il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57) all'articolo 13 reca la definizione dei "distretti rurali e agroalimentari di qualità", affidandone peraltro la concreta individuazione alle regioni. I primi sono i sistemi produttivi locali di cui all'articolo 36, comma 1, della legge 5 ottobre 1991, n. 317 caratterizzati dalla sussistenza di un'identità storica e territoriale omogenea derivante dall'integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali. I distretti agroalimentari di qualità sono invece i sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche.

[22]    Sistemi produttivi locali, distretti industriali e consorzi di sviluppo industriale trovano la loro definizione e la relativa disciplina nell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317. Ai sensi delle disposizioni in esso contenute, si definiscono: sistemi produttivi locali i contesti produttivi omogenei, caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, e da una peculiare organizzazione interna; distretti industriali quelli fra i sistemi produttivi locali testé menzionati caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese industriali nonché dalla specializzazione produttiva di sistemi di imprese; consorzi di sviluppo industriale, quelle strutture consortili, alle quali è riconosciuto il carattere di enti pubblici economici, costituiti ai sensi della vigente legislazione nazionale e regionale, aventi finalità promozionali orientate alla creazione e sviluppo nell'ambito degli agglomerati industriali attrezzati dai consorzi medesimi di attività produttive nei settori dell'industria e dei servizi (finalità perseguite attraverso la realizzazione e gestione, in collaborazione con le associazioni imprenditoriali e con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di infrastrutture per l'industria, rustici industriali, servizi reali alle imprese, iniziative per l'orientamento e la formazione professionale dei lavoratori, dei quadri direttivi e intermedi e dei giovani imprenditori, e ogni altro servizio sociale connesso alla produzione industriale.

[23]    Interventi di sostegno per i consorzi tra piccole e medie imprese industriali, commerciali ed artigiane. A tale proposito, si ricorda che il sostegno ai consorzi all'esportazione, introdotto dapprima dalla legge 21 maggio 1981, n. 240 ("Provvidenze a favore dei consorzi e delle società consortili tra piccole e medie imprese nonché delle società consortili miste") è stato successivamente disciplinato dalla legge 21 febbraio 1989, n. 83 ("Interventi di sostegno per i consorzi tra piccole e medie imprese industriali, commerciali ed artigiane"), che ha definito in modo più puntuale i requisiti necessari all'ammissione dei benefici per i consorzi e società consorziate per il commercio estero. La legge concede contributi finanziari annuali a favore dei consorzi e società consortili che abbiano come scopi sociali esclusivi l'esportazione dei prodotti delle imprese consorziate e l’attività promozionale necessaria per realizzarla. A tali scopo si può aggiungere l'importazione di materie prime da utilizzarsi da parte delle imprese stesse. La legge ribadisce il principio che tali contributi non sono volti a sostenere le esportazioni, bensì al supporto finanziario delle strutture collettive, dotate di servizi e di personale, che caratterizzano queste associazioni tra esportatori.

[24]   La legge di conversione è stata pubblicata sul S.O. n. 58 della GU n. 59 dell’11 marzo 2006.

[25]    Si ricorda brevemente che i consorzi di sviluppo industriale sono stati previsti in origine dall'art. 21 della L. 634/1957, recante interventi per il Mezzogiorno. In seguito, tutte le competenze esercitate dallo Stato nei confronti dei consorzi sono state trasferite alle regioni, ai sensi dell'articolo 65 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. Essi sono stati poi ridefiniti dall’art. 36, comma 4, della legge n. 317/1991.

[26]    Recante “Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica”, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290; la disposizione è stata poi novellata dall’art. 1 co. 24, lett. b) della legge n. 239/04 recante riordino del settore energetico.

[27]    Si ricorda come attualmente ENI SpA risulta titolare di n. 978.843.070 azioni di Snam Rete Gas SpA, pari a circa il 50,07% del capitale sociale, mentre il residuo 49,93% costituisce flottante di borsa a seguito dell’offerta globale di azioni realizzata il 6 dicembre 2001; le azioni di Snam Rete Gas sono quotate sul Mercato Telematico Azionario di Milano della Borsa Italiana SpA.

A sua vota, il Ministero dell’economia e delle finanze detiene direttamente n. 813.443.277 azioni di Eni SpA, corrispondenti a circa il 20,32% del capitale sociale e, indirettamente, tramite la Cassa Depositi e Prestiti SpA, n. 400.288.388 azioni di ENI SpA, pari al 10% del capitale sociale.

[28]    Recante “Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144”.

[29]    Recante “Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica”, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290; la disposizione è stata poi novellata dall’art. 1 co. 24, lett. b) della legge n. 239/04 recante riordino del settore energetico.

[30]    Si veda il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2004 -adottato ai sensi dell’art. 1-ter, c. 1, del citato decreto legge n. 239 - recante “Criteri, modalità e condizioni per l’unificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica nazionale di trasmissione”, in base al quale è in seguito avvenuta la quotazione delle azioni mediante offerta pubblica di vendita della società Terna Spa - che detiene la proprietà di circa il 94 per cento della rete di trasmissione nazionale - approdata in Borsa il 23 giugno 2004.

[31]   D.L. 30 settembre 2003, n. 269 Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[32]    DPR 14 dicembre 1999, n. 558 "Regolamento recante norme per la semplificazione della disciplina in materia di registro delle imprese, nonché per la semplificazione dei procedimenti relativi alla denuncia di inizio di attività e per la domanda di iscrizione all'albo delle imprese artigiane o al registro delle imprese per particolari categorie di attività soggette alla verifica di determinati requisiti tecnici”.

[33]    In particolare il citato DPR 558, all'art. 2, ha disposto l'iscrizione delle categorie imprenditoriali e delle società comprese nelle quattro sezioni speciali, in un'unica sezione speciale e ha abrogato (art. 14) le norme legislative e regolamentari che prevedono le quattro sezioni speciali (art. 4, co. 8, L. 580/9 e art. 7, commi 3, 4 e 6 del DPR 581/95).Tra i punti qualificanti del DPR di semplificazione si segnala anche la previsione di collegamenti telematici tra le camere di commercio e le pubbliche amministrazioni a partire dal 2000, per permetterne l'accesso agli atti iscritti o depositati e consentire lo scambio di informazioni (art. 5).

[34]   Sul documento è stato svolto un ampio processo pubblico di consultazione e audizioni aperto alle associazioni dei consumatori e ambientaliste, alle imprese che dovranno applicare il nuovo metodo, ai sindacati dei lavoratori e delle imprese e agli altri soggetti istituzionali coinvolti.

[35]    Cfr. il prospetto informativo depositato presso la CONSOB il 27 giugno 2005, consultabile sul sito Internet www.comitatopromotorebancadelsud.it.

[36]   Seconda direttiva del Consiglio intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all'articolo 58, secondo comma, del trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa.

[37]   È così chiamata la tecnica di difesa di una società oggetto di scalata ostile – mediante offerta pubblica di acquisto (OPA) – per mezzo della quale la società rende il proprio capitale meno attraente per l'attaccante, magari mediante l'emissione di titoli che offrano rendimenti elevati nel caso di insuccesso dell'offerta di acquisto.

[38]   In tema v. E. BOSCOLO, Le golden shares di fronte al giudice comunitario, in Foro it., 2002, IV, 480 ss.; L. SALERNO, Golden shares, interessi pubblici e modelli societari tra diritto interno e disciplina comunitaria, in Dir. comm. int., 2002, 671 ss.; E. SCHIANO, Golden shares: Francia e Portogallo violano il Trattato CE, valida la normativa belga, in Dir. pubbl. comp. eur., 2002, 1782 ss.; E. FRENI, Golden share e principio di proporzionalità: quando il fine non giustifica i mezzi, in Giorn. dir. amm., 2002, 1049 ss.; G. COLANGELO, Golden shares e privatizzazioni incompiute. La lunga vecchiaia dello Stato imprenditore, in Enti pubblici, 2003, 6, 328 ss.

[39]   L’articolo 56 del Trattato dispone che "sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri". Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia europea, ogni provvedimento che renda più gravoso o meno attraente il trasferimento transfrontaliero di capitali e sia pertanto tale da distogliere da questo l’investitore costituisce una restrizione della libera circolazione dei capitali (cfr. sentenza del 16/03/1999, causa C-222/97).

[40]   Causa C-170/04, Commissione contro Repubblica italiana.

[41]   L’articolo 67, sostituito dal comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, non è stato modificato dal decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, con cui è stata operata la riforma della disciplina delle procedure concorsuali, a norma dell'articolo 1, comma 5, della stessa legge n. 80 del 2005.

[42]    D.L. 14 marzo 2005 n. 35, recante Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 14 maggio 2005, n. 80. Su tali commi è intervenuto l’articolo 13 della legge 28 novembre 2005, n. 246 (legge di semplificazione per l’anno 2005)

[43]    D.P.R. 19 settembre 2000, n. 358 recante Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, emanato in attuazione della legge di semplificazione 8 marzo 1999, n. 50, allegato 1, punto 29.

[44]    Il logo è stato definito con decreto del Ministero dei Trasporti e della Navigazione del 21 febbraio 2001.

[45]   Decreto del presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358 Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi (n. 29, allegato 1, della L. 8 marzo 1999, n. 50).

[46]    Decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[47]    Si segnala che il termine di “ due anni” è stato introdotto dall’articolo 3, comma 3, del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273 recante Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all’esercizio di deleghe legislative, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51. Originariamente, la legge finanziaria in commento aveva previsto un termine di “un anno”.

[48]    Circa il termine del periodo transitorio, si veda il comma 394.

[49]    Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. L’articolo 113, comma 5, sopra richiamato è stato modificato dall’articolo 14, comma, 5, lettera e) del DL 269/2003 recante Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e la correzione dell’andamento dei conti pubblici.

[50]    Il comma sopra riportato è stato introdotto dall’articolo 1, comma 48, della legge 15 dicembre 2004 n. 308 recante Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione.

[51]   Decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[52]   Termine di cui già la normativa vigente, successiva al D.Lgs. 422, ha previsto la prorogabilità per un biennio (v. infra).

[53]   Recante "Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità" .

[54]    Disposizioni in materia di commercio con l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lett. c), e dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[55]    L'articolo 1, commi da 40 a 44, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, collegata alla manovra di finanza pubblica per il 1996, ha ridisciplinato il sistema di assegnazione e riparto, da parte dei singoli ministeri, dei contributi a favore di enti ed organismi vari, indicati nell'allegato A alla legge medesima.

      Il comma 40 dell'art. 1 della legge n. 549 del 1995, in particolare, dispone che i contributi siano iscritti in un unico capitolo nello stato di previsione di ciascun Ministero interessato. Entro trenta giorni dall'approvazione della legge di bilancio, i ministri competenti, di concerto con il Ministro del tesoro, provvedono con propri decreti a ripartire l'importo complessivo loro assegnato tra le varie finalità. Le autorizzazioni di spesa recate dalle leggi sostanziali si intendono pertanto rideterminate in corrispondente ammontare.

[56]    Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane.

[57]   In base all’art. 1, comma 1, lettera a), del D.L. n. 429/1996, convertito nella legge n. 532 del 1996, il Ministero della salute, qualora non sia possibile provvedere con dipendenti di ruolo, utilizza veterinari, farmacisti e chimici con incarichi individuali a tempo determinato e revocabili, secondo la normativa vigente.

[58]   Come previsto dall’articolo 1, comma 4, del D.L. n. 202/2005 sulle misure urgenti per la prevenzione dell'influenza aviaria, per garantire lo svolgimento dei compiti connessi alla prevenzione e alla lotta contro l'influenza aviaria, le malattie degli animali e le relative emergenze, il Ministero della salute è autorizzato a indire, concorsi pubblici mediante quiz preselettivi e successivi colloqui per il reclutamento, con contratti a tempo determinato di durata triennale, di sessanta dirigenti veterinari di I livello e di cinquanta operatori del settore della prevenzione, dell'assistenza e del controllo sanitario (sulle misure previste dal D.L. 202/2005, vedi più diffusamente il dossier decreti legge n. 201 del Servizio Studi).

[59]   I Posti di Ispezione Frontaliera (P.I.F.) sono Uffici veterinari periferici del Ministero della Salute riconosciuti ed abilitati, secondo procedure comunitarie, ad effettuare i controlli veterinari su animali vivi e prodotti di origine animale provenienti da Paesi terzi e destinati al mercato comunitario o in transito verso altri Paesi terzi con le modalità di cui alle direttive n. 97/78/CE e n. 91/496/CEE, recepite rispettivamente con decreto legislativo 25 febbraio 2000, n°80 e decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 93. Complessivamente l'attività dei P.I.F. viene svolta, in relazione alle esigenze geografiche e commerciali, presso i principali confini stradali, ferroviari, aeroportuali e portuali. Alcuni Uffici veterinari periferici risultano essere contemporaneamente posti di ispezione frontalieri portuale e aeroportuale oppure stradale e ferroviario.

[60]   Gli Uffici Veterinari per gli Adempimenti degli obblighi Comunitari (U.V.A.C.) sono uffici periferici del Ministero della Salute istituiti con il decreto legislativo 30 dicembre 1993, n. 27, recante attuazione della direttiva 89/608/CEE relativa alla mutua assistenza tra autorità amministrative per assicurare la corretta applicazione della legislazione veterinaria e zootecnica. Nati a seguito dell'abolizione dei controlli alle frontiere fra i Paesi membri della Comunità Europea, conseguente all'attuazione del Mercato Unico, essi mantengono al livello statale la responsabilità dei controlli a destino sulle merci di provenienza comunitaria.

Le funzioni ed i compiti degli U.V.A.C. sono stati determinati con decreto del Ministro della Salute 18 febbraio 1993. Ciascuno dei 17 U.V.A.C. operanti ha una competenza territoriale che copre generalmente il territorio di una Regione e, in taluni casi, di due Regioni.

[61]   Cfr. il citato D.L. n. 429/1996.

[62]   Cfr. le schede di cui all’art. 1, commi da 198 a 206.

[63]   Cfr. la scheda relativa all’art. 1, comma 278.

[64]    L’intesa con le regioni, e la possibilità per le stesse di contribuire alle spese dell’ente è stata disposta con l’art. 6, co. 2 del D.Lgs. n. 419/1999 di Riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali, a norma degli articoli 11 e 14 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[65]    D.L. 21 dicembre 1990, n. 391, recante “Trasferimento all'AIMA della gestione delle risorse proprie della CEE e degli aiuti nazionali nel settore dello zucchero, nonché modifica delle norme per la ristrutturazione del settore bieticolo-saccarifero”.

[66]    Per quanto concerne struttura e funzioni dell’Ispettorato centrale repressione frodi si rinvia alla scheda di commento relativa al comma 131 nel presente dossier.

[67]    Legge 7 marzo 2003, n. 38 “Disposizioni in materia di agricoltura” (c.d. “collegato agricolo”).

[68]   Cfr. articolo 48, comma 5, del decreto legge n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003.

[69]   Convertito nella legge n. 202 del 2004.

[70]   La percentuale spettante al produttore sul prezzo dei farmaci è stata ridotta dal 66,6% al 58,8% (-6,8%), pari al 4,12 del prezzo al pubblico. Tale riduzione è stata applicata a tutti i farmaci comunque rimborsabili dal SSN con eccezione dei prodotti dispensati in ospedale, degli emoderivati e dei c.d. medicinali di riferimento nelle liste di trasparenza. Le altre quote di spettanza dei grossisti (6,65%) e farmacisti (di norma il 26,7%) sono rimaste invariate.

[71]    Cfr. il comma 1 dell’art. 57 della legge 2002 n. 289 (legge finanziaria 2003), in cui la Commissione unica sui dispositivi medici definisce e aggiorna il repertorio dei dispositivi medici e classifica tutti i prodotti in classi e sottoclassi specifiche con l'indicazione del prezzo di riferimento.

[72]    Cfr. il comma 5 dell’articolo 57 della citata legge n. 289 del 2002 in cui le aziende sanitarie devono esporre on line via Internet i costi unitari dei dispositivi medici acquistati semestralmente, specificando aziende produttrici e modelli. Tali informazioni devono essere disponibili entro il 31 marzo 2003 e devono essere aggiornate almeno ogni sei mesi.

[73]    In caso di omesso inoltro al Ministero della salute di tali informazioni, la norma in esame prevede l’adozione da parte delle regioni dei medesimi provvedimenti previsti per i direttori generali in caso di inadempimento degli obblighi informativi sul monitoraggio della spesa sanitaria.

[74]    La fissazione di tale data non riguarda l’assistenza protesica, che prevede al comma 292, lettera b) dell’articolo in esame, l’inserimento nel livello essenziale di assistenza integrativa della fornitura di prodotti monouso per stomizzati e incontinenti e per la prevenzione e cura delle lesioni da decubito e l’istituzione del repertorio dei presìdi protesici ed ortesici erogabili a carico del Servizio sanitario nazionale.

[75]    Alla direzione generale dei farmaci e dispositivi medici.

[76]    Tali indicazioni sono contenute nello schema individuato dal decreto del Ministro della salute 23 aprile 2004 che le aziende farmaceutiche devono compilare entro il 30 aprile di ogni anno per l'autocertificazione all’Agenzia italiana del farmaco delle spese di rappresentanza sostenute, ai sensi dell'art. 48, comma 17 del D.L. n. 269 del 2003 recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, della legge n. 326 del 2003.

[77]    Tale previsione è applicata anche per le Aziende farmaceutiche che versano il 5 per cento previsto su apposito fondo istituito presso l'Agenzia , Comma così modificato dal comma 298 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266.

[78]    L’entità della sanzione amministrativa è quella prevista al comma 4 dell’art. 23 del D.Lgs. n. 46 del 1997, di attuazione della direttiva 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici.

[79]    Di cui al comma 3-bis dell’art. 13 del D.Lgs. n. 46 del 1997, che obbliga chi immette in commercio dispositivi a nome proprio delle classi III, II-b e II-a ad informare il Ministero della sanità di tutti i dati atti ad identificare tali dispositivi, unitamente alle etichette e alle istruzioni per l'uso, quando tali dispositivi sono messi in servizio in Italia.

[80]    La riforma degli ammortizzatori era prevista – con il ricorso allo strumento della delega – dall’articolo 2 del disegno di legge A. S. 848-bis, recante delega al Governo in materia di incentivi all'occupazione, di ammortizzatori sociali, di misure sperimentali a sostegno dell'occupazione regolare e delle assunzioni a tempo indeterminato, nonché di arbitrato nelle controversie individuali di lavoro. La Commissione Lavoro del Senato non ha concluso l’esame del provvedimento nel corso della legislatura.

[81]    Si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, comma 8, del suddetto D.L. n. 148 del 1993, le somme del Fondo per l'occupazione non impegnate in ciascun esercizio finanziario possono esserlo in quello successivo.

[82]   Si ricorda che l’articolo 7-duodecies del decreto legge n. 7/2005, aveva sostituito, all’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della L. 24 dicembre 2003, n. 350, il termine del “30 aprile 2005” con quello del “31 dicembre 2005”.

[83]    La legge finanziaria è entrata in vigore il 1° gennaio 2006.

[84]    Con il termine aree sottoutilizzate viene indicato un ambito territoriale coincidente con quello delle aree depresse. Più precisamente sono comprese nelle aree sottoutilizzate:

1)       le aree ammissibili agli interventi degli obiettivi 1 e 2 dei fondi strutturali;

2)       le aree ammesse al sostegno transitorio per gli obiettivi 1 e 2;

3)       le aree rientranti nelle fattispecie dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE, vale a dire le aree ammesse al regime di deroga per gli aiuti di Stato a finalità regionale.

[85]    La legge finanziaria 2006 è entrata in vigore il 1° gennaio 2006 (art. 1, comma 612).

[86]    Il Fondo per le aree sottoutilizzate (articolo 60, comma 3, legge n. 289/2002) di competenza del Ministero delle attività produttive (c.d. Fondo MAP), è costituito dalle risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate alle aree sottoutilizzate, relative:

-        alle legge n. 488/1992, recante interventi di agevolazione alle attività produttive;

-        agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area), finanziati a valere sulle risorse della legge n. 208/1998 (ex Fondo aree depresse).

[87]    Da ultimo, con la delibera n. 34 del 27 maggio 2005 il CIPE ha stabilito il riparto per il periodo 2005-2008 delle risorse aggiuntive del Fondo per le aree sottoutilizzate come determinate dalla legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004).

[88]    Anche negli Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo (2000/C28/02) si rimanda al documento approvato in generale dalla Commissione sul salvataggio e ristrutturazione delle imprese in difficoltà (cfr. sez. 20).

[89]    Sono esclusi i settori del carbone e dell’acciaio, nonché quello dell’aviazione in quanto oggetto di norme specifiche.

[90]    Modificato, da ultimo, dal comma 521 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

[91]    Decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128 Attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell’uso di biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti.

[92]    Il successivo comma 3 dello stesso art. 32 dispone che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, è stabilito, per ciascuna specie animale, il numero dei capi che rientra nei limiti di cui alla lett. b) del comma 2, tenuto conto della potenzialità produttiva dei terreni e delle unità foraggiere occorrenti a seconda della specie allevata.

[93]    I beni prodotti e le attività agricole di cui alla lettera c) sono individuati ogni due anni con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali.

[94]   Per la descrizione della natura e delle funzioni dell’UNIRE si veda la scheda relativa al precedente comma 424.

[95]    La Agecontrol s.p.a., creata nel 1985 sotto forma di società per azioni avente personalità giuridica pubblica, attualmente esercita pubbliche funzioni di controllo con strumenti gestionali di tipo privatistico. La sua organizzazione e la sua gestione sono sottoposti alla vigilanza del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e della Commissione Europea, e conseguentemente la copertura delle spese è garantita per metà dallo Stato italiano e per metà dall’Unione Europea. Soggetti similari sono stati costituiti in ciascuno degli Stati membri dell’Unione.

[96]    Occorre ricordare, in merito alla responsabilità sociale delle imprese, che alcuni provvedimenti comunitari hanno trattato il problema “indirettamente”: pur trattando argomenti diversi, infatti, tali provvedimenti hanno toccato tematiche “adiacenti” alla CSR. In particolare, si possono citare la direttiva n. 94/45 sui Comitati Aziendali Europei, il regolamento n. 2157/2001 e la direttiva n. 2001/86, sullo statuto di società europea, e la direttiva n. 2002/14, sull’informazione e consultazione dei lavoratori nella Comunità europea.

[97]    Recante “Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative”, convertito con modificazioni nella legge n. 51/06 del 23 Febbraio 2006 (GU n. 49 del 28 Febbraio 2006).

[98]    Inserita dal citato art. 39-vicies ter del decreto legge n. 273/2005.

[99]    Gazz. Uff. 15 giugno 2005, n. 24 - Prima Serie speciale.

[100]  Il citato comma 3 prevede che gli enti interessati possano, per l'affidamento a terzi dello svolgimento di attività uguali, analoghe o connesse a quelle già oggetto di progetti di lavori socialmente utili da essi promossi e nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti, stipulare convenzioni di durata non superiore a 60 mesi con società di capitale, cooperative di produzione e lavoro, consorzi di artigiani, a condizione che la forza lavoro in esse occupata sia costituita nella misura non inferiore al 40% da lavoratori già impegnati nei progetti stessi, ovvero in progetti di contenuti analoghi ancorché promossi da altri enti e nella misura non superiore al 30% da soggetti aventi titolo ad esservi impegnati, in qualità di dipendenti a tempo indeterminato, o di soci lavoratori, o di partecipanti al consorzio.

[101]  Recante la revisione della disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 22 della L. 24 giugno 1997, n. 196,

[102]  Il termine è stato così prorogato dall'art. 52, comma 71, della L. 28 dicembre 2001, n. 448.

[103]  Termine del 30 giugno 2001. Si consideri che il citato art. 78, comma 2, della legge n. 388/2000 aveva a sua volta prorogato il termine del 30 aprile 2001, originariamente previsto dall’art. 8, comma 3, del D.Lgs. 81/2000.

[104]  L'articolo 2, comma 1, in particolare, fa riferimento ai soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili e che abbiano effettivamente maturato dodici mesi di permanenza in tali attività nel periodo dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 1999.

[105]  L’art. 8, comma 3, del D.Lgs. 81 del 2000 aveva previsto che la risorse del Fondo per l’occupazione, qualora impegnate per attività socialmente utili, fossero destinate al pagamento del 50% degli assegni e dei sussidi ai soggetti impegnati in attività (socialmente utili) progettuali locali e interregionali di competenza regionale, per il periodo dal 1° novembre 2000 al 30 aprile 2001.

[106]  Ai sensi del richiamato decreto sono rientrati nella graduatoria, ai fini della stipulazione delle convenzioni, i seguenti comuni: Caltabellotta (provincia di Agrigento); Capranica (provincia di Viterbo); Cianciana (provincia di Agrigento); Cigognola (provincia di Pavia); Cipriano Po (provincia di Pavia); Fragneto Monforte (provincia di Benevento); Latronico (provincia di Potenza); Lirio (provincia di Pavia); Melilli (provincia di Siracusa); Orta di Atella (provincia di Caserta); Ostra (provincia di Ancona); Pesco Sannita (provincia di Benevento); Porto Torres (provincia di Sassari); Samo (provincia di Reggio Calabria); Sant’Arsenio (provincia di Salerno); Sciacca (provincia di Agrigento); Scilla (provincia di Reggio Calabria); Termoli (provincia di Campobasso). Si ricorda, inoltre, che i criteri e le modalità per la definizione delle graduatorie e l'assegnazione delle risorse sono stati stabiliti dal decreto direttoriale del 31 marzo 2004.

[107]  Si tratta dei seguenti interventi: credito di imposta per investimenti in campagne pubblicitarie localizzate (Legge n. 289/2002, art. 61, comma 13); contratti di filiera agroalimentare. (Legge n. 289/2002, art. 66, comma 1); programma di accelerazione della spesa in conto capitale attraverso APQ nel Mezzogiorno (Legge n. 350/2003, art. 4, comma 130); azione di attrazione degli investimenti dall’estero nelle aree sottoutilizzate (Legge n. 311/2004, art. 1, commi 215-218); costituzione di fondi comuni di investimento attraverso capitale pubblico per favorire l’investimento in capitale di rischio nelle piccole e medie imprese innovative (Legge n. 311/2004, art. 1, commi 222-223); copertura degli interessi originati dall’attivazione del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, per il finanziamento degli strumenti destinati alle aree sottoutilizzate (Legge n. 311/2004, art. 1, commi 354-366); copertura finanziaria per la sospensione fino al 31.12.2005 del versamento dei contributi previdenziali e assistenziali da parte di imprese agricole (D.L. n. 22 del 2005 - convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 71/2005 - art. 1, comma 1 bis); intensificazione dei benefici IRAP per nuove assunzioni disposte nelle aree sottoutilizzate. (D.L. n. 35 del 2005 – convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 80 del 2005 - art. 11 ter, commi 1 e 2); interventi di ristrutturazione delle imprese della filiera agroalimentare (Legge n. 266/2005, art. 1, comma 417).

[108]  La diversa allocazione delle risorse tra i due fondi è deliberata dal CIPE in relazione allo stato di attuazione degli interventi finanziari e alle esigenze espresse dal mercato in merito alle singole misure di incentivazione. L’articolo 4, comma 130, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003) prevede, inoltre, che la diversa allocazione delle risorse effettuata dal CIPE tenga conto anche della finalità di accelerazione della spesa in conto capitale.

[109]Legge 14 agosto 1967, n. 800, recante Nuovo ordinamento degli enti lirici e delle attività musicali.

[110]Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo.

[111]  Il provvedimento abrogava contestualmente il DM 470/1999 recante modalità di assegnazione dei contributi alle attività teatrali; quest’ultimo, di natura regolamentare, era stato oggetto di modifiche da parte del Ministero per i beni e le attività culturali ma il nuovo schema di regolamento aveva ricevuto un parere sfavorevole dal Consiglio di Stato (20 dicembre 2002) anche in relazione l’insussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’attività regolamentare su materia di legislazione concorrente (quale ad avviso del giudice amministrativo si configurava lo spettacolo ai sensi del nuovo art. 117 della Costituzione). Il D.L. citato sembra pertanto riconducibile ai rilievi formulati dal Consiglio di Stato ed ai ricorsi per conflitto di attribuzione proposti dalla Regione Toscana avverso i regolamenti ministeriali 47/2002 e 188/2002.

[112]Proroga di termini, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 marzo 2005, n. 26

[113]In particolare, la Corte ha affermato che «almeno per i profili per i quali occorra necessariamente una considerazione complessiva a livello nazionale dei fenomeni e delle iniziative … dovranno essere elaborate procedure che continuino a svilupparsi a livello nazionale, con l’attribuzione sostanziale di poteri deliberativi alle Regioni od eventualmente riservandole allo stesso Stato, seppur attraverso modalità caratterizzate dalla leale collaborazione con le Regioni».

[114]In tale ottica, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune norme del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 28, recante Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137, nella parte in cui non prevedono l’intesa o il parere della Conferenza Stato- regioni per l’adozione dei decreti e degli atti in essi previsti dal d.lgs. stesso.

[115]  Nella medesima direzione muove anche la sentenza n. 160 del 2005.

[116]Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 18 novembre 1997, n. 426, concernenti i compiti e l'organizzazione della Fondazione «Centro sperimentale di cinematografia».

[117]Tali informazioni sono tratte dal sito www.snc.it/fondazione/storia.asp

[118]Ministero per i beni e le attività culturali, Relazione sulla utilizzazione del Fondo Unico per lo Spettacolo e sull’andamento complessivo dello spettacolo, relativa all’anno 2004 (Doc. LVI, n. 5). Annunciato all’Assemblea della Camera il 26 settembre 2005.

[119]  Il decreto legge n. 180 del 1998, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 1998, n. 367, recante “Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania”, ha previsto una serie di misure volte non solo all’adozione di piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e misure di prevenzione per le aree a rischio, ma anche misure per il potenziamento delle strutture tecniche per la difesa del suolo e la protezione dell'ambiente, nonché disposizioni specifiche a favore di alcuni comuni della regione Campania colpiti dai disastri franosi del 5 e 6 maggio 1998.

[120]  Si tratta dei gas seguenti: anidride carbonica (CO2), metano (CH4), ossido di azoto (N2O), esafluoruro di zolfo (SF6), idrofluorocarburi (HFCs) e perfluorocarburi (PFCs).

[121]  G.U. n. 68 del 22 marzo 2003.

[122]  Insieme all’emission trading, rappresentano gli strumenti previsti dal Protocollo per garantire un’attuazione flessibile del protocollo stesso riducendo i costi gravanti complessivamente sui sistemi economici dei paesi soggetti al vincolo. La joint implementation è volta ad una ridistribuzione degli obblighi rispetto a quanto sancito dal Protocollo, mentre i clean development mechanisms, sono finalizzati all’ottenimento di crediti di emissione in cambio dell’assistenza fornita alle Parti non obbligate dal Protocollo (i Paesi in via di sviluppo) negli sforzi per la riduzione delle emissioni.

[123]  Previsto dall’art. 14 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004) che ha delegato il Governo al recepimento della direttiva 2003/87 nella legislazione nazionale entro il termine di diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge (vale a dire entro il 12 novembre 2006).

[124]  Delineata dalla legge n. 426 del 1998 e dal DM Ambiente e tutela del territorio 18 settembre 2001, n. 468 Regolamento recante “programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale”.

[125]Si ricorda, tuttavia, che dell’art. 18 citato è prevista l’abrogazione da parte dello schema di decreto legislativo attuativo della delega di riordino della materia ambientale, disposta dalla legge n. 308 del 2004.

[126]  La direttiva definisce le “azioni di riparazione” (art. 6) e le determina (art. 7), prescrivendone la conformità ad uno specifico allegato (allegato II della direttiva).

[127]  Si osserva che la stessa definizione è recata anche dall’art. 313, comma 3, dello schema di decreto legislativo (AC 572).

[128]  Il decreto legislativo n. 112 del 1999 ha riordinato il servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337.

[129]  Tali disposizione furono Inserite dall’art. 114 della legge n. 388 del 2000.

[130]  L’articolo 52, comma 59 della legge finanziaria per il 2002 (L 448/2001) ha autorizzato la spesa di 5 milioni di euro per il 2002 - a valere sui fondi della legge n. 426 del 1998 Nuovi interventi in campo ambientale - per la realizzazione di un piano di risanamento ambientale delle aree portuali del Basso Adriatico. Tale piano avrebbe dovuto essere definito d’intesa con le Regioni interessate, individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, da adottare entro venti giorni dall’entrata in vigore della legge. Tale decreto ministeriale, tuttavia, non è stato emanato.

[131]  Si ricorda che la legge 28 gennaio 1994 n. 84 che ha provveduto al riordino della legislazione in materia portuale, ha previsto l'istituzione dell'autorità portuale negli scali già sede di ente o consorzio portuale (Bari, Brindisi, Civitavecchia, Genova, Napoli, Palermo, Savona, Trieste e Venezia), nonché nei porti di Ancona, Cagliari, Catania, La Spezia, Livorno, Marina di Carrara, Messina, Ravenna e Taranto.: E' prevista inoltre la possibilità di istituire nuove Autorità in porti con un significativo traffico di merci, nonché nei porti di Olbia, Piombino e Salerno (a decorrere dal 1° gennaio 1995). Successivamente sono state istituite altre autorità portuali: con DPR 20 marzo 1996 quella di Piombino, con D.P.R. 18 luglio 1998 quella di Gioia Tauro, con DPR 23 giugno 2000 quella di Salerno, con D.P.R. 29 dicembre 2000 quella di Olbia e Golfo Aranci, con D.P.R. 12 aprile 2001 l’autorità portuale di Augusta e con D.P.R. 2 aprile 2003 di Trapani.

[132]  Pubblicata nella GU n. 15 del 20 gennaio 1992 e disponibile anche sul sito internet del Comitato all’indirizzo www.cipecomitato.it/delibere/E910098.doc.

[133]Secondo quanto affermato dal Governo in sede di relazione illustrativa al d.d.l. finanziaria (AS 3613), le disposizioni in commento (originariamente costituenti l’art. 63 del ddl) disciplinano in maniera più rigorosa l’erogazione dei contributi diretti all’editoria nonché e rifinanziano quei contributi indiretti (come il credito agevolato e il credito d’imposta) che hanno dimostrato di avere una particolare efficacia, riuscendo a sostenere il mercato senza alterarne le condizioni di base.

La relazione tecnica al d.d.l. valutava in 36 milioni di euro all’anno i risparmi di spesa, mentre quantificava l’onere derivante dall’articolo in 40,5 milioni di euro per il 2006, a 10,5 milioni di euro per il 2007 ed a 5 milioni di euro per il 2008.

[134]  Provvidenze per l'editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all'articolo 9, comma 2, della legge 25 febbraio 1987, n. 67

[135]  Legge 6 agosto 1990, n. 223, recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato" e legge 3 maggio 2004, n. 112 (c.d. Legge Gasparri), contenente "Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione"

[136]  Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416

[137]  Alla legge n. 250 del 1990 è stata data attuazione con il D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 525 “Regolamento recante norme per la concessione dei contributi e delle provvidenze all'editoria, in attuazione della L. 7 agosto 1990, n. 250 , e successive modificazioni” (modificato dal DPR n. 460 del 1997).

[138]  Gli altri requisiti prevedono che le imprese editrici:

a)       editino la testata stessa da almeno tre anni;

b)       abbiano acquisito, nell'anno precedente a quello di riferimento dei contributi, entrate pubblicitarie che non superino il 30 per cento dei costi complessivi dell'impresa risultanti dal bilancio dell'anno medesimo;

c)       abbiano adottato con norma statutaria il divieto di distribuzione degli utili nell'esercizio di riscossione dei contributi e nei dieci esercizi successivi;

d)       la testata edita abbia diffusione formalmente certificata pari ad almeno il 25 per cento della tiratura complessiva per le testate nazionali e ad almeno il 40 per cento per quelle locali[138];

e)       le testate nazionali che usufruiscono di contributi di cui al presente articolo non siano poste in vendita congiuntamente con altre testate;

f)         abbiano sottoposto l'intero bilancio di esercizio cui si riferiscono i contributi alla certificazione di una società di revisione scelta tra quelle di cui all'elenco apposito previsto dalla CONSOB;

g)       la testata edita sia posta in vendita a un prezzo non inferiore alla media dal prezzo base degli altri quotidiani, senza inserti e supplementi, di cui viene accertata la tiratura, prendendo a riferimento il primo giorno di pubblicazione dall'anno di riferimento dei contributi.

[139]  Per i giornali diffusi all’estero, non è richiesto il requisito di cui alla lettera f) del comma 2, vale a dire che essi non siano posti in vendita con altre testate.

[140]  Tra le cooperative giornalistiche sono comprese anche quelle di cui all'art. 52 della legge 5 agosto 1981, n. 416. L'art. 52 definisce cooperative giornalistiche anche quelle che entro il 31 dicembre 1980 risultano già costituite tra giornalisti e poligrafici nonché le cooperative femminili aderenti alle associazioni nazionali di rappresentanza del movimento cooperativo anche se costituite da non giornalisti professionisti, editrici di giornali regolarmente registrati presso la cancelleria del tribunale entro la stessa data.

[141]  In particolare si tratta di lire 500 milioni all'anno da 10.000 a 30.000 copie di tiratura media giornaliera e lire 300 milioni all'anno, ogni 10.000 copie di tiratura media giornaliera, dalle 30.000 alle 150.000 copie; lire 200 milioni all'anno, ogni 10.000 copie di tiratura media giornaliera, oltre le 150.000 copie e fino alle 250.000 copie; lire 100 milioni all'anno, ogni 10.000 copie di tiratura media giornaliera, oltre le 250.000 copie.

[142]Introdotta dal maxiemendamento del Governo approvato al Senato.

[143]  Si segnala che nel corso della seduta del 26 luglio 2005 il Sottosegretario all’Editoria aveva preannunciato il trasferimento di alcune norme del ddl 4163 nella legge finanziaria.

[144]La lettera c) sopra sintetizzata è stata introdotta al Senato dal maxiemendamento del Governo.

[145]  Legge 6 agosto 1990, n. 223, recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato" e legge 3 maggio 2004, n. 112 (c.d. Legge Gasparri), contenente "Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione"

[146]  Ovvero che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali.

      Si segnala che la Deliberazione dell'Autorità Garante 16 marzo 1999, n. 9, recante "Approvazione del regolamento concernente la promozione della distribuzione e della produzione di opere europee", definisce "canale tematico", il canale che dedica almeno il 70% della programmazione ad un tema specifico. Si ricorda, inoltre che il D. Lgs. 15 novembre 2000, n. 373, recante "Attuazione della direttiva 98/84/CE sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato" definisce accesso condizionato, "ogni misura e sistema tecnico in base ai quali l'accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva ed individuale autorizzazione da parte del fornitore del servizio". L'art. 2 della legge n. 122 riprende testualmente tale definizione.

[147]  Regolamento recante norme per la concessione dei contributi e delle provvidenze all'editoria, in attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni

[148]  D.L. 23 ottobre 1996, n. 542, recante " Differimento di termini previsti da disposizioni legislative in materia di interventi in campo economico e sociale", convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 649

[149]  Si ricorda, a proposito dell'editoria speciale per i non vedenti, che l'art. 1, comma 1, della legge 16 ottobre 2003, n. 291, ha istituito, presso il Ministero per i beni e le attività culturali, il fondo di euro 1.500.000,00 annui, per il triennio 2003-2005, finalizzato alla concessione di contributi in favore dell'editoria per ipovedenti e non vedenti. Detti contributi sono volti all'adeguamento delle strutture delle case editrici che svolgono in particolare attività di stampa di testi in caratteri idonei alla lettura degli ipovedenti e per lo sviluppo di pubblicazioni a stampa integrate con altre tecnologie idonee per non vedenti e ipovedenti.

[150]  Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416.

[151]  Legge 5 agosto 1981, n. 416, “Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l’editoria”. La legge ha dato per la prima volta carattere organico agli interventi a sostegno dell’editoria, e costituisce tuttora il principale provvedimento legislativo in materia. Essa è stata peraltro modificata ed integrata da numerosi interventi successivi, che hanno dato luogo a un sistema normativo frammentario ed assai poco organico. I principali tra questi sono la legge 25 febbraio 1987, n. 67, “Rinnovo della legge 5 agosto 1981, n. 416, recante disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l’editoria”, e la legge 7 agosto 1990, n. 250, “Provvidenze per l’editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all’articolo 9, comma 2, della legge 25 febbraio 1987, n. 67, per l’accesso ai benefici di cui all’articolo 11 della legge stessa”, anch’esse più volte modificate e integrate.

[152]Sulle relazioni tra la presente disposizione di carattere tributario e le fattispecie criminose che possono venire in rilievo nella produzione o nella diffusione di materiale osceno o incitante alla violenza si veda di I. Caraccioli, Addizionale sul materiale pornografico e di incitamento alla violenza. Aspetti penali, in "Il fisco", 20 febbraio 2006, n. 8, pp. 1226-1228.

[153]  Al personale in questione sembrerebbe doversi applicare (per la concessione delle suddette garanzie) anche la limitazione stabilita dal comma 16, secondo cui la posizione giuridica, economica e previdenziale viene fatta salva, a condizione che il personale fosse in servizio alla data del 31 dicembre 2004 con contratto a tempo indeterminato e sia ancora in servizio alla data del 01.10.2006.

[154]  Le riserve in sospensione d’imposta costituiscono fiscalmente delle poste per le quali la tassazione è rinviata al momento del loro utilizzo.

[155]  L’articolo 2365 del codice civile prevede che l'assemblea straordinaria delibera, tra l’altro, sulle modificazioni dello statuto. In base all’articolo 2445, primo comma, la riduzione del capitale, quando questo risulta esuberante per il conseguimento dell'oggetto sociale, può aver luogo sia mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci. Il secondo comma del medesimo articolo stabilisce che l'avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione, la quale deve comunque effettuarsi con modalità tali che le azioni proprie eventualmente possedute dopo la riduzione non eccedano la decima parte del capitale sociale.

[156]  Recante "Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765".

[157]  La disciplina del patto di stabilità interno per il triennio 2006-2008, recata dalla presente legge (articolo 1, comma 138 e seguenti), interessa i seguenti enti:

a)   le regioni a statuto ordinario;

b)   le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano;

c)   le province, i comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti e le comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti.

[158]  Il citato articolo 18 si applica ai concessionari del servizio nazionale della riscossione, ai soli fini della riscossione mediante ruolo.

[159]  Il regolamento dovrà essere emanato, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro della giustizia, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

[160]  Il presente comma, per l’individuazione delle attività istituzionali dell’Agenzia del demanio, cita l’articolo 65 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300. Ai sensi di tale articolo, all'Agenzia del demanio è attribuita l'amministrazione dei beni immobili dello Stato, con il compito di razionalizzarne e valorizzarne l'impiego, di sviluppare il sistema informativo sui beni del demanio e del patrimonio, utilizzando in ogni caso, nella valutazione dei beni a fini conoscitivi e operativi, criteri di mercato, di gestire con criteri imprenditoriali i programmi di vendita, di provvista, anche mediante l'acquisizione sul mercato, di utilizzo e di manutenzione ordinaria e straordinaria di tali immobili. All'Agenzia è altresì attribuita la gestione dei beni confiscati.

[161]  In attuazione di tale disposizione è stato emanato il decreto ministeriale 24 marzo 2005 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 22 luglio 2005, n. 169).

[162]  La legge 23 dicembre 1997, n. 449, collegata alla manovra finanziaria per il 1998, all'articolo 17, comma 36, ha introdotto una norma interpretativa del citato comma 112 dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996, secondo la quale sono fatti salvi gli effetti delle procedure negoziali che erano in corso tra il Ministero della difesa ed altre pubbliche amministrazioni, alla data di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dallo stesso comma 112 (emanato in data 11 agosto 1997) e finalizzate al trasferimento di beni immobili già destinati ad uso pubblico dai piani regolatori generali.

[163]  In applicazione di tale disposizione è stato adottato il D.P.C.M 11 agosto 1997, recante "Individuazione di beni immobili nella disponibilità del Ministero della difesa da inserire nel programma di dismissioni previsto dall'articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662". Il decreto contiene un elenco di 302 beni immobili potenzialmente dismissibili, divisi a seconda della regione in cui essi sono collocati. In nota a ciascun immobile, è riportata l’indicazione dell’attuale uso del bene stesso. In data 12 settembre 2000, è stato poi emanato un nuovo D.P.C.M., contenente un ulteriore elenco di nuovi beni immobili nella disponibilità del Ministero della difesa da dismettere. Successivamente è stato emanato il D.P.C.M. 21 gennaio 2002 che ha provveduto ad espungere dall’elenco degli immobili già individuati 10 di essi, in relazione ad “una aggiornata valutazione delle esigenze strutturali ed infrastrutturali delle Forze armate”. Quindi, con D.P.C.M. 20 ottobre 2003, è stato espunto l'immobile militare denominato Caserma «Palmanova» (aliquota) di Viterbo. Poi, con il D.P.C.M. 20 novembre 2003, è stata espunta la caserma «De Amicis», e concessa in comodato, senza oneri per la finanza pubblica, alla Curia provinciale dei Frati minori d'Abruzzo «San Bernardino da Siena» in L'Aquila. Infine, con D.P.C.M. 27 febbraio 2004, è stato espunto un ulteriore immobile, denominato caserma “Papa”.

[164]  La legge n. 142/1990 è stata abrogata dall’articolo 274 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Si veda ora, per gli accordi di programma, l'articolo 34 di tale decreto. Riguardo agli accordi di programma relativi alla dismissione dei beni immobili dell'amministrazione della difesa, l’articolo 16, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266, c.d. “collegato ordinamentale”, ha disposto che, nell’ambito dei predetti accordi, possa essere previsto il riconoscimento in favore degli enti locali di una quota non superiore al 20 per cento del maggior valore degli immobili determinato per effetto delle valorizzazioni assentite, utilizzabile a “scomputo” del prezzo di acquisto di altri immobili inclusi negli accordi stessi, ovvero per finalità di manutenzione e riqualificazione urbana.

[165]  L’estensione dell'ambito di applicazione della procedura per la determinazione del valore dei beni sia alle vendite che alle permute è stata fatta dall’articolo 43, comma 11, della legge n. 388/2000, che viene diffusamente commentata più avanti.

[166]  Il relativo bando di gara è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 15 settembre 1997. In seguito allo svolgimento delle procedure di gara è risultata affidataria la società CONSAP.

[167]  E’ inoltre stabilito che con i decreti di cui al comma 1 dello stesso articolo 3 (i quali definiscono le modalità dell’operazione di cartolarizzazione) sono stabiliti i criteri per l'assegnazione, agli enti territoriali interessati dal procedimento, di una quota (compresa tra il 5% e il 15%) del ricavato attribuibile alla rivendita degli immobili valorizzati.

[168]  A tal fine, entro il 30 aprile di ciascun anno gli enti territoriali devono fare richiesta di detti beni all’Agenzia del demanio, la quale, su conforme parere del Ministero dell’economia, anche in ordine alle modalità e alle condizioni della cessione, comunica la propria eventuale disponibilità entro il 31 agosto dello stesso anno.

[169]  Il comma è stato modificato dall'articolo 11-quinquies del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

[170]  Il comma è stato così modificato dall'articolo 3 del D.L. 17 giugno 2005, n. 106, come modificato dalla relativa legge di conversione.

[171]  Anche questo comma è stato modificato dall'articolo 3 del D.L. n. 106/2005, come modificato dalla relativa legge di conversione.

[172]  L’articolo 7 del D.L. n. 282 del 2002, secondo le cui modalità dovranno essere eseguite le vendite disposte dal comma 1 in esame, autorizza l’Agenzia del demanio a vendere a trattativa privata, anche in blocco, alcuni beni immobili appartenenti al patrimonio dello Stato, espressamente elencati dallo stesso decreto-legge.

[173]  Si ricorda che, secondo la disciplina originariamente recata dall’articolo 12 del citato decreto legislativo n. 79 del 1999, ante novella, almeno cinque anni prima della scadenza, qualunque operatore poteva chiedere il rilascio di una nuova concessione presentando un programma di aumento della produzione di energia e di risanamento ambientale. Individuato il miglior progetto, l’amministrazione competente – lo Stato o le Province Autonome per le derivazioni sul loro territorio - provvedeva a notificarne il contenuto concessionario titolare, il quale poteva comunicare all’amministrazione il proprio impegno alla realizzazione di un programma avente contenuto identico o migliorativo rispetto a quelli giudicati idonei e così garantirsi il rinnovo della concessione. Nel territorio del Trentino-Alto Adige, la facoltà spettante al concessionario uscente interessa anche le imprese degli enti locali e gli enti costituiti dalle Province Autonome ai sensi dell’art. 10 del DPR n. 235/77; analogo meccanismo è previsto per ciò che attiene al territorio della Valle d’Aosta. La Commissione europea ha così avviato, nei confronti dell'Italia, due procedure d’infrazione aventi ad oggetto il sopra citato assetto normativo statale e provinciale (lett. nn. 1999/4902 e 2002/82) riguardanti sia il diritto di preferenza accordato al concessionario uscente, sia quello riconosciuto, in Trentino Alto Adige, alle aziende elettriche delle Province e degli altri enti locali.

[174]  In particolare, come risulta dal comunicato stampa del 13 luglio 2005 (IP/05/920), la Commissione ha deciso di deferire alla Corte di Giustizia Francia ed Italia per la disciplina contenuta nei rispettivi ordinamenti relativamente alle concessioni idroelettriche, dichiarando contestualmente di sospendere tale decisione quanto all’Italia per un periodo di quattro mesi in ragione dell’elaborazione a livello nazionale di norme modificative della disciplina. Si ricorda, infatti, che la legge comunitaria 2004, L. 18 aprile 2005, n. 62 contiene, all’art. 15 una delega al Governo per l’attuazione della seconda direttiva comunitaria relative al mercato interno dell'energia elettrica (n. 2003/54/CE ) ed, in particolare, tra i criteri direttivi, alla lett. g) è indicata la definizione della durata delle concessioni per le grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico, in relazione all'eliminazione di clausole di preferenza nel rinnovo delle concessioni, anche allo scopo di porre le imprese nazionali in linea con la media europea, e alla realizzazione da parte delle stesse imprese di adeguati interventi di ammodernamento degli impianti.

[175]  In particolare, come risulta dal comunicato stampa dell’8 gennaio 2004 (IP/04/2004), la Commissione ha criticato la proroga automatica delle concessioni in corso al momento dell’entrata in vigore del cd. decreto Bersani per periodi fino a trent’anni (in particolare nel caso delle concessioni il cui titolare è la società ENEL). Cfr. in proposito art. 12, comma 6, del D.Lgs. n. 79/99, su cui interviene il comma 485.

[176]  Legge n. 183 del 18 maggio 1989 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo”.

[177]  Legge 5 gennaio 1994, n. 36 “Disposizioni in materia di risorse idriche”.

[178]  R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775 “Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici”.

[179]  In mancanza di accordo la controversia è deferita ad un collegio arbitrale costituito di tre membri, di cui uno nominato dal Ministro dei lavori pubblici, uno dall'interessato, il terzo d'accordo tra le parti, o in mancanza di accordo, dal presidente del Tribunale delle acque.

[180]Vedasi la delibera n. 71/2002, avente come oggetto la rideterminazione degli oneri conseguenti allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse, alla chiusura del ciclo del combustibile e alle attività connesse e conseguenti per il triennio 2002-2004.

[181]  I decreti legislativi emanati in attuazione della delega contenuta nella legge 59/1997 sono i seguenti: D.Lgs. 143/1997 in materia di agricoltura; D.Lgs. 422/1997 in materia di trasporto pubblico locale, D.Lgs. 469/1997 in materia di mercato del lavoro e 112/1998 di conferimento generale di funzioni e compiti amministrativi a regioni ed enti locali.

[182]  In particolare, le leggi costituzionali recanti gli statuti speciali prevedono che le disposizioni di attuazione degli statuti stessi siano adottate con decreti legislativi su "proposta" (come previsto dallo Statuto della regione Sardegna), su "elaborazione" (Statuto della regione Valle d'Aosta) o su "determinazione" (Statuto della regione Sicilia) dei relativi schemi normativi da parte di apposite Commissioni paritetiche, ovvero sono adottate "sentite" tali Commissioni (Statuti della regione Trentino Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia). Raggiunto l'accordo su una proposta, la Commissione paritetica ne invia il testo ai Ministeri, per l'espressione di un parere. Raggiunta l'intesa con le amministrazioni interessate sul testo predisposto dalle Commissioni paritetiche, queste deliberano la proposta di decreto legislativo e lo trasmettono al Consiglio dei Ministri per l'approvazione e la successiva emanazione da parte del Presidente della Repubblica. Gli Statuti delle regioni Sardegna e Valle d'Aosta prevedono che sul testo predisposto dalla Commissione debba essere acquisito il parere del Consiglio regionale prima della trasmissione al Consiglio dei Ministri.

[183]  Si veda infra la scheda relativa ai commi 319-324, concernenti le modificazioni alla disciplina recata dal decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56.

[184]  I comuni compresi nei territori delle province confinanti con quelle di Trento e Bolzano sono 572: 78 in provincia di Sondrio, 206 in provincia di Brescia, 98 in provincia di Verona, 121 in provincia di Vicenza e 69 in provincia di Belluno.

[185]  Interrogazione a risposta immediata n. 5-05148 Pagliarini e Sergio Rossi: Limiti all'acquisto di immobili da parte degli enti locali e territoriali da terzi – V Commissione 2/2/2006 Risposta del sottosegretario Daniele Molgora.

[186]  Nella risposta del Governo all’interrogazione viene inoltre evidenziato che l'attuale formulazione della prima parte della disposizione - in particolare l’espressione “a carico del bilancio dello Stato” potrebbe far venir meno anche i trasferimenti assicurati alle regioni a statuto ordinario per le funzioni amministrative trasferite in applicazione della legge n. 59/1997”. Viene perciò auspicata la soppressione della dicitura “a carico del bilancio dello Stato”.

[187]  Si ricorda, peraltro, che l’articolo 3, comma 48, della legge n. 662/1996 (collegato alla finanziaria 1997) ha disposto, fino all’entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo, la rivalutazione del 5% delle rendite catastali urbane ai fini dell’applicazione dell’ICI e di ogni altra imposta.

[188]  Anche la pianificazione fiscale concordata prevedeva, infatti, l'inibizione dei poteri di accertamento dell'amministrazione finanziaria in relazione al reddito caratteristico d'impresa e di lavoro autonomo, nonché la riduzione di 4 punti delle aliquote fiscali applicabili (esclusa quella del 23%) e l'esclusione dei contributi per la parte di reddito dichiarato eccedente quello pianificato. Un elemento di differenziazione consiste nel fatto che, se il reddito conseguito è maggiore di quello dichiarato, vengono garantiti comunque la copertura dagli accertamenti analitico-induttivi e i benefìci di carattere economico qualora il reddito conseguito non ecceda di oltre il 10 per cento quello dichiarato (si veda il successivo comma 507).

[189]  Con il concordato preventivo biennale il contribuente si impegnava a dichiarare, per il 2003, un ammontare di ricavi-compensi pari almeno a quelli del 2001 incrementati dell'8 per cento e un reddito pari a quello del 2001 aumentato del 7 per cento; per il 2004 ricavi-compensi pari almeno a quelli concordati per il 2003 incrementati del 5 per cento e un reddito pari almeno a quello concordato per il 2003 aumentato del 3,5 per cento. L'adesione consentiva al contribuente di fruire di alcuni benefìci quali: la sospensione di particolari obblighi documentali; la tassazione agevolata, per i periodi d'imposta concordati, sul reddito eccedente quello del 2001; la copertura dagli accertamenti analitico-induttivi e induttivi puri.

[190]  Gli studi di settore, introdotti dall’articolo 62-bis del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono strumenti diretti a facilitare la ricostruzione induttiva dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo.

      Ciascuno studio di settore risulta, in particolare, costituito da tante funzioni di ricavo e di compenso quanti sono i gruppi omogenei di contribuenti nei quali sono stati suddivisi tutti coloro che operano nello stesso settore di attività. La derivazione della funzione di ricavo prende le mosse dall’elaborazione di un’ampia struttura informativa attinente ai dati contabili ed extracontabili dei contribuenti, pervenendo alla determinazione di indici statistici specifici per ogni categoria economica, ai quali è possibile ragguagliare la situazione del singolo contribuente.

      Gli studi di settore sono approvati con decreti ministeriali e sono soggetti a revisione periodica.

[191]  Ai sensi dell’articolo 3, commi 181-189, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (legge finanziaria per il 1996), il Ministero delle finanze elabora parametri in base ai quali determinare i ricavi, i compensi e il volume d'affari fondatamente attribuibili al contribuente in base alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio dell’attività svolta. Tali parametri sono applicabili ai contribuenti per i quali non risultino approvati gli studi di settore. I parametri sono stati elaborati con il D.P.C.M. 29 gennaio 1996 e successive modificazioni.

[192]  Si ricorda inoltre che la circolare n. 110/E del 21 maggio 1999 ha individuato le seguenti cause di esclusione dall’applicazione degli studi di settore:

-        periodo d’imposta di durata superiore o inferiore a dodici mesi;

-        determinazione del reddito con criteri di tipo forfetario;

-        incaricati alle vendite a domicilio;

-        regime fiscale sostitutivo previsto dal D.L. 10 giugno 1994, n. 357, convertito con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489;

-        svolgimento dell’attività mediante l'utilizzo di più punti di produzione o di vendita in locali non contigui a quelli di produzione, di più punti di produzione ovvero di più punti di vendita;

-        nel caso di esercizio di due o più attività d'impresa, non rientranti nel medesimo studio di settore, se l'importo complessivo dei ricavi dichiarati relativi alle attività non prevalenti supera il 20 per cento dell'ammontare totale dei ricavi dichiarati;

-        società cooperative, società consortili e consorzi che operano esclusivamente a favore delle imprese socie o associate;

-        società cooperative costituite da utenti non imprenditori che operano esclusivamente a favore degli utenti stessi.

[193]  Gli accertamenti in base ai parametri non possono essere effettuati nei confronti delle seguenti categorie di contribuenti:

-        soggetti per i quali sono stati approvati i relativi studi di settore;

-        soggetti che hanno dichiarato ricavi o compensi superiori a 5.164.568,99 euro;

-        enti non commerciali;

-        imprese individuali, società di persone e di capitali e assimilate ed esercenti arti e professioni in contabilità ordinaria (anche per opzione) quando questa è risultata inattendibile in base ad un verbale di ispezione;

-        soggetti il cui reddito è determinato con criteri forfetari;

-        soggetti appartenenti a settori per i quali non sono elaborati i parametri;

-        imprese in liquidazione o interessate da procedure concorsuali;

-        imprese individuali o società che hanno affittato o concesso in usufrutto l’unica azienda;

-        contribuenti che non hanno presentato la dichiarazione dei redditi o che l’hanno presentata senza indicare il reddito d’impresa o professionale.

[194]  In materia sono stati emanati il decreto dirigenziale 18 febbraio 1999 e i decreti ministeriali 12 luglio 2000, 21 dicembre 2000 e 19 aprile 2001.

[195]  Si considerano appartenenti ad un gruppo l'ente o la società controllante e le società da questo controllate, come definite dall'articolo 43-ter, quarto comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, il quale stabilisce che si considerano controllate le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata le cui azioni o quote sono possedute dall'ente o società controllante o tramite altra società controllata da questo per una percentuale superiore al 50 per cento del capitale.

[196]  Il titolo V del D.P.R. n. 597 del 1973 disciplina la determinazione del reddito d’impresa. Il citato D.P.R. è confluito nel testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

[197]  Tale effetto non conseguiva all’adesione alla pianificazione fiscale di cui alla legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005).

[198]  Si ricorda che la prima rata di acconto delle imposte sui redditi e dell’IRAP dev’essere versata entro il 20 giugno (o entro il 20 luglio, con una maggiorazione a titolo di interesse corrispettivo), mentre il versamento della seconda rata, o dell’acconto in unica soluzione, dev’essere effettuato entro il 30 novembre. L’acconto annuale IVA dev’essere versato entro il 27 dicembre.

[199]  I citati articoli del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, riguardano l'opzione per la trasparenza fiscale (articolo 115) e l'opzione per la trasparenza fiscale delle società a ristretta base proprietaria (articolo 116).

      L’opzione per la trasparenza fiscale introduce, per le società di capitali, un meccanismo di tassazione analogo a quello previsto per le società di persone. Il reddito imponibile viene infatti imputato ai soci in proporzione alle percentuali di partecipazione agli utili e direttamente tassato in capo ad essi, con applicazione delle aliquote vigenti per i diversi scaglioni dell’imposta sui reddito delle persone fisiche. La tassazione del reddito prodotto dalla società avviene pertanto direttamente in capo ai soci, con la conseguenza che tutti i dividendi successivamente distribuiti non saranno più oggetto di tassazione.

[200]  Si osserva che, per importi di reddito non superiori a 154.937,16 euro, l’azione accertatrice dell’amministrazione finanziaria resta integralmente preclusa.

[201]  La misura del saggio degli interessi legali, di cui all'articolo 1284 del codice civile, è attualmente fissata al 2,5 per cento in ragione d'anno, ai sensi del D.M. 1° dicembre 2003 (G.U. 10 dicembre 2003, n. 286).

[202]Il termine è stabilito in armonia con quanto disposto in via generale dall’articolo 25, comma 1, lettera c), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), secondo cui la cartella di pagamento, per le somme dovute in base agli accertamenti dell'ufficio, è notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo. La disposizione è stata modificata, da ultimo, dal D.L. 17 giugno 2005, n. 106, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 156, a seguito della sentenza con cui la Corte costituzionale (sent. n. 280 del 7-15 luglio 2005) aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del medesimo articolo nella parte in cui non prevedeva un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario dovesse notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate.

[203]In linea generale, infatti, è soggetto alla procedura di ammortamento il costo sostenuto per l’acquisto o la produzione del bene, eventualmente incrementato degli oneri accessori.

[204]Il decreto legislativo n. 38 del 2005 reca disposizioni riguardanti l’esercizio delle opzioni previste dall’articolo 5 del Regolamento CE n. 1606/2002 in materia di princìpi contabili internazionali (IAS) ed è stato emanato in attuazione della delega contenuta nell’articolo 25 della legge n. 306 del 2003.

[205]Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari, 18 gennaio 2006, pp. 95-96.

[206]  Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144.

[207]  Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali.

[208]  Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica.

[209]  Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dalla appartenenza dell'Italia alle Comunità europee (Legge comunitaria 1995-1997).

[210]  Il comma 6 dell’articolo 110 del TULPS è stato modificato, da ultimo, dall’articolo 39, comma 6, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[211]  Anche il citato articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972 è stato modificato dall’articolo 39 del D.L. n. 269 del 2003.

[212]  La relazione illustrativa citata nel testo individua questi apparecchi come appartenenti alla categoria AWP (Amusement With Price).

[213]  Gli strumenti di pagamento elettronico con i quali si possono attivare gli apparecchi in oggetto dovranno essere definiti con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. La predisposizione di questi strumenti, secondo quanto riportato nella citata relazione illustrativa, è in corso da parte dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, in quanto essi sono già previsti, seppure per diverse finalità (partecipazione al gioco a distanza), dall’articolo 1, commi 290 e 291, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

[214]  Non è più prevista l’erogazione della vincita subito dopo la conclusione della partita. In tal modo il giocatore può scegliere se ricevere immediatamente la vincita dall’apparecchio o rigiuocarla.

[215]  Il regolamento dovrà essere adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, ovvero con decreto interministeriale. Il regolamento non potrà dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo e dovrà essere comunicato al Presidente del Consiglio dei ministri prima della sua emanazione.

[216]  Anche questo regolamento, come quello di cui al precedente comma dell’articolo in esame, dovrà essere adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

[217]  In attuazione di tale disposizione sono stati emanati i decreti Direttoriali 8 aprile 2004 e 14 luglio 2004.

[218]  Si ricorda che i citati commi 3 e 4 dell’articolo 38 sono stati modificati, da ultimo, dall’articolo 1, comma 500, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

[219]  Gli apparecchi di cui al comma 7 dell’articolo 110 del TULPS possono essere di due tipi:

-          apparecchi elettromeccanici, privi di monitor, attraverso i quali il giocatore esprime la sua abilità fisica, mentale o strategica e che distribuiscono premi consistenti in piccola oggettistica, di valore non superiore a venti volte il costo della partita;

-          apparecchi basati sulla abilità fisica, mentale o strategica che non distribuiscono premi.

[220]  Il riferimento al quinto comma dell’articolo 110 deve intendersi superato in quanto attualmente (l’articolo 110 essendo stato integralmente sostituito dall’articolo 22 della legge n. 289 del 2002) tale comma si riferisce agli apparecchi per il giuoco d’azzardo, che sono vietati.

[221]  Esercizi pubblici e commerciali e punti di raccolta di altri giuochi autorizzati.

[222]  La misura attualmente vigente del canone di concessione è prevista dall’articolo 8 dello schema di convenzione di concessione per l'affidamento dell'attivazione e della conduzione operativa della rete per la gestione telematica del giuoco lecito mediante apparecchi da intrattenimento predisposto dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

[223]  Il citato numero 6) dell’articolo 10, primo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, prevede che sono esenti da IVA le operazioni relative all'esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato e agli enti indicati nel D.Lgs. n. 496 del 1948, nonché quelle relative all'esercizio dei totalizzatori e delle scommesse di cui al regolamento approvato con D.M. 16 novembre 1955 e alla legge 24 marzo 1942, n. 315, ivi comprese le operazioni relative alla raccolta delle giocate.

[224]  Il terzo comma dell’articolo 86 del TULPS è stato introdotto dall’articolo 37, comma 2, della legge n. 388 del 2000.

[225]  Il primo comma dell’articolo 86 del TULPS stabilisce la necessità della licenza per l’esercizio di alberghi, compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori od altre bevande anche non alcoliche, di sale pubbliche per bigliardi o per altri giuochi leciti e di stabilimenti di bagni, ovvero di locali di stallaggio e simili.

      Il secondo comma dello stesso articolo 86 riguarda la licenza per lo spaccio al minuto o il consumo di vino, di birra o di qualsiasi bevanda alcolica presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai soli soci.

[226]  L’articolo 88 del TULPS disciplina la licenza per l’esercizio delle scommesse.

[227]  Approvazione del regolamento relativo alla radiodiffusione terrestre in tecnica digitale.

[228]  D.Lgs. 1° agosto 2003, n. 259, che ha provveduto a dare attuazione a un complesso di direttive comunitarie in materia di comunicazione elettronica (con riguardo al settore delle telecomunicazioni).

[229]  D.P.R. 7 settembre 2001, n. 398, Regolamento recante l'organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale generale del Ministero dell'interno.

[230]  Legge 1 aprile 1981, n. 121, Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza.

[231]  La periodicità semestrale nella rilevazione della classe di prezzo più richiesta delle sigarette è stata introdotta dall’articolo 2, comma 6, del D.L. 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191. In precedenza tale rilevazione veniva effettuata annualmente, il 1° gennaio di ogni anno.

[232]  Tali tabelle indicano, per ciascuna fascia di prezzo di vendita al pubblico delle sigarette, l’importo richiesto dal fornitore, l’aggio spettante al rivenditore, l’importo dell’IVA e dell’imposta di consumo.

[233]  La misura del 58,50% per l’aliquota di base sulle sigarette è stata determinata dal decreto direttoriale 15 ottobre 2004 (pubblicato sulla G.U. n. 262 dell’8 novembre 2004).

[234]  L’articolo 4, comma 1, del D.L. 30 gennaio 2004, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2004, n. 87, ricollega il proprio intervento alla finalità di dare urgente attuazione della direttiva 2002/10/CE del 12 febbraio 2002, recante disposizioni concernenti la struttura e le aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati.

      In particolare, per quanto riguarda le sigarette vendute ad un prezzo inferiore a quello delle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta, il punto 2 dell’articolo 3 della citata direttiva (che sostituisce il paragrafo 5 dell’articolo 16 della direttiva 95/59/CE) prevede che gli Stati membri possano applicare un’accisa minima alle sigarette vendute ad un prezzo inferiore a quello delle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta, a condizione che tale accisa non superi l’importo dell’accisa gravante sulle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta.

[235]  Il citato articolo 4 del D.Lgs. n. 165 del 2001 distingue infatti le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, attribuite agli organi di governo, dalla gestione finanziaria, tecnica e amministrativa e dall’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, che spettano ai dirigenti.

[236]Trasferimento dei contributi a favore dell’ARAN, ai sensi dell’art. 50, comma 8, del decreto legislativo n. 29/1993, per gli “Istituti ed enti di ricerca e sperimentazione”, vigilati dal Ministero delle politiche agricole e forestali.

[237]  Di questo ente non c’è riscontro nell’elenco inviato dal Ministero delle politiche agricole e forestali alla Camera dei deputati in data 20 febbraio 2002.

[238]  Recante "Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d'impresa", convertito dalla L. 11 marzo 2006, n. 81.

[239]  Recante “Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative”.

[240]  Pubblicata sulla G.U. del 28 febbraio 2006.

[241]  “Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili”. Si ricorda che il decreto legislativo n. 494 del 1996 è stato successivamente modificato dal D.Lgs. 19 novembre 1999, n. 528.

[242]Le disposizioni recate dal comma in esame e dal successivo sono state introdotte dall’emendamento del Governo approvato dal Senato.

[243]  Norme sul diritto agli studi universitari.

[244]  Modifiche ed integrazioni alla legge 2 dicembre 1991, n. 390, recante norme sul diritto agli studi universitari.

[245]  Si segnala in proposito che, da ultimo, il DPCM 15 febbraio 2005 ha provveduto a ripartire il Fondo per l’anno 2004.

[246]  Disposizioni in materia di alloggi e residenze per studenti universitari.

[247]  Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003); l'articolo 61 riguarda il Fondo per le aree sottoutilizzate e gli interventi nelle medesime aree.

[248]  Il fondo è gestito da Sviluppo Italia S.p.a., sulla base di criteri e indirizzi stabiliti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR), di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente Stato-Regioni (comma 101); che la dotazione del fondo è pari a 10 milioni di euro per l'anno 2004 (comma 102); che sono abrogati i commi 1, 2 e 3 dell'art. 16 della legge 2 dicembre 1991, n. 390, riguardanti il prestito d'onore (comma 103). La Corte costituzionale, con sentenza 13 ottobre 2004, n. 308, ha dichiarato l'illegittimità del comma 101, in considerazione del fatto che la procedura di ripartizione delle risorse ivi prevista non coinvolge le regioni, nonché del comma 103, nella parte in cui non prevede che l'abrogazione delle norme ivi indicate decorra dalla data di entrata in vigore della disciplina attuativa del prestito fiduciario. Conseguentemente, il comma 7 dell’articolo 6 del DL 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, ha ridisciplinato la procedura di ripartizione del fondo prevedendo che esso sia ripartito tra le regioni e le province autonome con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sulla base di criteri e di indirizzi definiti d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il decreto è stato emanato il 3 novembre 2005.

[249]  Nella medesima direzione muove anche la recente sentenza n. 160 del 2005.

[250]  Cfr. in materia, l'art. 10, comma 4, del D.Lgs. n. 303 del 1999, ai sensi del quale erano stati trasferiti al Ministero del lavoro i compiti precedentemente esercitati dal Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio.

[251]  Il Comitato nazionale di coordinamento per l’azione antidroga ha il compito di promuovere la politica generale di intervento contro la illecita diffusione e produzione di sostanze stupefacenti. Il Comitato è composto dal Presidente del Consiglio dei ministri, dai ministri degli affari esteri, dell’interno, della giustizia, dell’economia, della difesa dell’istruzione, dell’università e della ricerca, della salute, del lavoro e delle politiche sociali (DPCM 5 aprile 2002).

[252]  Comunicato stampa tratto dal sito del Ministero dell’ambiente http://www.minambiente.it/Sito/ai/02/news.htm.

[253]  Tale Fondo, istituito ai sensi dell’art. 46 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002), raccoglie tutte le risorse attribuite annualmente al Ministero per spese di investimento, che vengono poi ripartite in base alle reali esigenze che si manifestano nel corso dell’esercizio e in base alla programmazione degli investimenti dei singoli centri di responsabilità. In tale fondo, quindi, confluiscono annualmente risorse per investimenti della più disparata finalizzazione, derivanti da oltre venti diverse leggi di spesa.

[254]  Vedi ora DM 5 novembre 2004, n. 292.

[255]D.Lgs. 1° agosto 2003 n. 259, recante Codice delle comunicazioni elettroniche.Il comma 3-bis è stato introdotto dall’articolo 4 del DL 14 novembre 2003 n. 315, recante Disposizioni urgenti in tema di composizione delle commissioni per la valutazione di impatto ambientale e di procedimenti autorizzatori per le infrastrutture di comunicazione elettronica, come integrato dalla legge di conversione (L. 16 gennaio 2004, n. 5).

[256]Si ricorda che per motivare l’inserimento di tale disposizione, nel corso del dibattito parlamentare - presso il Senato – del codice delle comunicazioni elettroniche , è stato precisato che “l’installazione della rete di telecomunicazione in tecnica di GSM-R è già oggetto di concessione, ma la rete ferroviaria italiana deve chiedere agli enti locali le necessarie autorizzazioni per la localizzazione di siffatta rete sul territorio. Tuttavia, a fronte di oltre 400 richieste, soltanto pochi comuni hanno fornito una risposta; pertanto, occorre semplificare il quadro procedimentale necessario per avviare in tempi rapidi l’installazione della predetta rete” (cfr. seduta delle Commissioni 8a e 13a riunite del Senato del 9 dicembre 2003)

Riguardo alla rete di telecomunicazioni su aree ferroviarie, si ricorda che dal 25 ottobre 2004 RFI, la società dell’infrastruttura del Gruppo Ferrovie dello Stato (vedi infra),ha attivato la rete di telefonia cellulare GSM-R, un sistema radiomobile proprietario dedicato alle attività ferroviarie.

Con la rete GSM-R, RFI dota l’infrastruttura ferroviaria, ed il suo personale, di un sistema di radiocomunicazione mobile in grado di soddisfare su scala nazionale, tutte le esigenze di comunicazione voce e di trasmissione dati connesse con l'esercizio ferroviario, compreso il controllo, in sicurezza, della marcia dei treni.

Il GSM-R trasmette su una banda di frequenze in gamma 900 MHz riservata in Europa per le attività ferroviarie. Il sistema risulta interconnesso con le reti GSM degli operatori pubblici per disporre di risorse alternative di comunicazione sulle aree non coperte dal sistema GSM-R.

[257]Si ricorda che a seguito di un processo, dapprima, di divisionalizzazione e, quindi, di separazione societaria, dal 2001 è stata costituita la società RFI, gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale, controllata del gruppo FS Spa, totalmente partecipato dal Tesoro. Nell’ambito del medesimo processo, dal 2000 opera la società Trenitalia, che svolge i servizi di trasporto ferroviario precedentemente svolti da FS. Si ricorda inoltre che la società RFI opera sulla base dell’ ultimo atto di concessione (D.M 138/T del 31 ottobre 2000, ancora formalmente intestato ad FS Spa, della durata di sessanta anni) e del contratto di programma 2001-2005 (integrato da quattro addendum), stipulato tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed il Gestore dell’infrastruttura ferroviaria.

[258]  Si richiamano alcune delle definizioni recate dall’art. 3 della legge n. 36 del 2001:

a)   esposizione: è la condizione di una persona soggetta a campi elettrici, magnetici, elettromagnetici, o a correnti di contatto, di origine artificiale;

b)   limite di esposizione: è il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, definito ai fini della tutela della salute da effetti acuti, che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione della popolazione e dei lavoratori ;

c)   valore di attenzione: è il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, che non deve essere, superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate. Esso costituisce misura di cautela ai fini della protezione da possibili effetti a lungo termine e deve essere raggiunto nei tempi e nei modi previsti dalla legge;

d)   obiettivi di qualità sono:

1)   i criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le prescrizioni e le incentivazioni per l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, indicati dalle leggi regionali;

2)   i valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, definiti dallo Stato, ai fini della progressiva miticizzazione dell'esposizione ai campi medesimi.

[259]Comunque, all’organismo preposto alla definizione dei canoni di accesso e all’assegnazione della capacità.

[260]  Si tratta in particolare della proposta di direttiva COM(2004)139) che modifica la direttiva 91/4440/CE relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie; la proposta di direttiva COM (2204)142 relativa alla certificazione del personale viaggiante addetto alla guida delle locomotive e dei treni sulla rete ferroviaria della Comunità; una proposta di regolamento COM (2004)143 relativa ai diritti e agli obblighi dei passeggeri del trasporto ferroviario internazionale; una proposta di regolamento COM(2004)144 relativo alle compensazioni in caso di mancato rispetto dei requisiti di qualità contrattuale applicabili servizi di trasporto merci per ferrovia.

[261]  L. 13 agosto 1980, n. 466, Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche.

[262]  L. 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[263]  Alle forze dell’ordine e alle altre categorie equiparate (magistrati, vigili del fuoco ecc.) feriti (e in caso di decesso ai familiari) a causa di azioni criminose spetta il vitalizio di 500.000 lire aggiuntivo alla elargizione una tantum. Si tratta di un beneficio introdotto dalla L. 407/98 in favore delle vittime del terrorismo e poi esteso anche alle vittime del dovere ad opera dell’art. 32 della legge 388/2000.

[264]  Camera dei deputati, Discussione delle mozioni Bielli ed altri n. 1-464, Violante ed altri 1-481 e Biondi e Antonio Leone n. 1-496 sulle questioni applicative concernenti la normativa in favore delle vittime del terrorismo (sedute dell’ 14 novembre 2005 e 14 gennaio 2006).

[265]  INPS, Circolare 19 ottobre 2005, n. 113; Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Circolare 24 ottobre 2005; INPDAP, Circolare 19 ottobre 2005 (che integra la precedente circolare del 21 dicembre 2004).

[266]  Si veda in proposito l’intervento del rappresentante del Governo il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ventucci in occasione delle mozioni di cui sopra l’11 novembre 2005.

[267]  Il R.D.L. 13 marzo 1921, n. 261, Contenente provvedimenti a favore del corpo degli agenti di investigazione (istituito col R.D. 14 agosto 1919, n. 1422), prevedeva (art. 14) l’istituzione di “un fondo di lire 500.000 nel bilancio del Ministero dell’interno per elargizioni non inferiori alle lire ottomila alle famiglie dei funzionari di pubblica sicurezza, ufficiali della Regia guardia e Reali carabinieri vittime del dovere”.

[268]  Tra le misure meno recenti si ricordano:

-       la L. 22 gennaio 1942, n. 181, il D.Lgs. 22 luglio 1947, n. 836 e la L. 22 febbraio 1968, n. 101, in esito alle quali l’elargizione fu incrementata ed estesa alle famiglie degli altri agenti di pubblica sicurezza (un ulteriore incremento fu disposto con la L. 28 novembre 1975, n. 624);

-       la L. 27 ottobre 1973, n. 629, che precisò la definizione di “vittime del dovere”, facendo esplicito riferimento alle circostanze (“azioni terroristiche o criminose o in servizio di ordine pubblico”) che legittimano la corresponsione dei benefici, e stabilì che le pensioni privilegiate ordinarie spettanti alla vedova ed agli orfani fossero corrisposte in misura pari al trattamento complessivo di attività, percepito dal congiunto al momento del decesso;

-       l’art. 12 della L. 27 maggio 1977, n. 284, che estese le provvidenze di cui alla L. 629/1973 alle famiglie degli appartenenti al personale civile dell’Amministrazione degli istituti di prevenzione e pena;

-       la L. 1 agosto 1978, n. 437, che attribuì analoghe provvidenze ai familiari dei magistrati ordinari (nonché dei vice pretori onorari e dei giudici popolari) deceduti nel corso di azioni terroristiche o criminose comunque connesse con le funzioni esercitate (sulla materia è intervenuta altresì la L. 12 agosto 1982, n. 570);

-       la L. 21 dicembre 1978, n. 862, che attribuì una indennità una tantum ai dipendenti dell’Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni e dell’Azienda di Stato per i servizi telefonici in caso di decesso o grave invalidità conseguente ad azioni criminose perpetrate contro uffici, mezzi di trasporto ed impianti delle suddette aziende.

[269]  Decreto-legge 4 febbraio 2003, n. 13, Disposizioni urgenti in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, convertito, con modificazioni, in legge 2 aprile 2003, n. 56.

[270]  D.P.R. 28 luglio 1999, n. 510, Regolamento recante nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[271]  Legge 26 gennaio 1980 n. 9, Adeguamento delle pensioni dei mutilati ed invalidi per servizio alla nuova normativa prevista per le pensioni di guerra dalla L. 29 novembre 1977, numero 875, e dal D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915.

[272]  Legge 18 marzo 1968, n. 313, Riordinamento della legislazione pensionistica di guerra.

[273]  Legge 23 dicembre 1970, n. 1094, Estensione dell'equo indennizzo al personale militare.

[274]La legge 302/1990 pone come condizioni che il soggetto leso sia totalmente estraneo rispetto all’azione criminosa lesiva e che i fatti si siano svolti nel territorio italiano.

[275]  Sul modello della normativa introdotta con la legge 302/1990, sono stati approvati in seguito provvedimenti in favore delle vittime di specifici atti criminosi, quali:

-       la L. 9 novembre 1994, n. 628, recante disposizioni urgenti in favore delle famiglie dei marittimi italiani vittime dell’eccidio in Algeria del 7 luglio 1994;

-       la L. 8 agosto 1995, n. 340, che ha disposto l’estensione dei benefici previsti dalla citata L. 302/1990 ai componenti delle famiglie di coloro che hanno perso la vita nel disastro aereo di Ustica del 27 giugno 1980;

-       la L. 31 marzo 1998, n. 70, che prevede l’estensione delle disposizioni di cui alla L. 302/90 alle vittime della cosiddetta banda della “Uno bianca”.

[276]  L’art. 12-sexies del D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356), al co. 4-ter (introdotto dalla L. 13 febbraio 2001, n. 45), destina alle elargizioni di cui alla L. 302/1990 una quota dei beni confiscati nell’ambito di procedimenti contro la criminalità organizzata.

[277]  Il comma 1 dell’art. 5 della legge 407/1998 prevedeva in precedenza come data di riferimento quella del 1 gennaio 1969.

[278]  Legge 16 gennaio 2003, n. 3, Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione.

[279]  D.L. 28 novembre 2003, n. 337, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 369, Disposizioni urgenti in favore delle vittime militari e civili di attentati terroristici all’estero

[280]  L’art. 10 della legge 30 luglio 2004, n. 208, Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali, ha in seguito disposto che, fino all’entrata in vigore di una nuova disciplina in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi, le disposizioni illustrate (previste dal D.L. 337/2003 per le sole vittime di Nassiriya e Istanbul) si applicano in via generale alle famiglie delle vittime civili italiane, decedute a causa di attentati terroristici verificatisi all’estero.

[281]  Occorre precisare che la platea dei beneficiari è più ampia. L’art. 3 del decreto-legge fa riferimento al personale (e ai superstiti dello stesso personale) di cui all’art. 3 della legge 466/1980, cioè: gli appartenenti alle Forze di polizia, i vigili del fuoco, i militari delle Forze armate, i vigili urbani, i magistrati ordinari, qualsiasi persona legalmente richiesta di prestare assistenza alle Forze di polizia, nonché tutti i cittadini italiani quando la morte o la grave invalidità consegua ad azioni terroristiche. Con una novella introdotta dal D.L. 20 gennaio 2004, n. 9 (conv. legge 12 marzo 2004, n. 68), è stato incluso tra i destinatari di tale disposizione anche il personale appartenente agli organismi di informazione e sicurezza.

[282]  Legge 12 marzo 2004, n. 68, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 gennaio 2004, n. 9, recante proroga della partecipazione italiana a operazioni internazionali. Disposizioni in favore delle vittime militari e civili di attentati terroristici all’estero.

[283]  D.Lgs. 4 giugno 2003, n. 127 "Riordino del Consiglio nazionale delle ricerche (C.N.R.)".

[284]  Il decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204 (recante disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale della ricerca scientifica e tecnologica) ha unificato (art. 7) in un unico fondo (denominato Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca finanziati dal MURST, ora MIUR) gli stanziamenti a favore di singoli enti – quali il Consiglio nazionale delle ricerche (C.N.R.), l’Agenzia spaziale italiana (A.S.I.), l’Osservatorio geofisico sperimentale di Trieste ; l’Istituto nazionale per la fisica della materia (I.N.F.M.) – disposti in tempi diversi da numerose leggi, oltre a quelli (relativi ad enti di ricerca di minori dimensioni) che erano stati già accorpati in unico capitolo in virtù delle disposizioni di cui all’art. 1, co. 40-44, della L. 549/1995 . Analogamente a quanto già previsto da quest’ultima norma, l’ammontare del Fondo è determinato in tabella C della legge finanziaria e ripartito tra gli enti interessati con decreto ministeriale, emanato previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

[285]  Attualmente, Ministro delle politiche agricole e forestali.

[286]  Articolo 3 del D.M. 27 ottobre 2004.

[287]  Il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, è stato pubblicato nella G.U. del 2 ottobre 2003.

[288]  In questo caso la data di presentazione della domanda di pensione e la relativa decorrenza può risultare anche successiva al 2 ottobre 2003.

[289]  Il decreto precisa anche che per “periodo di esposizione all’amianto” si intende il periodo di attività effettivamente svolta ed indica anche tutte le attività lavorative che comportano esposizione all’amianto.

[290]  Circolare INAIL n. 90/2004.

[291]Si segnala che la Corte costituzionale, con sentenza 151/2005, si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale della previsione di cui all’articolo 4, comma 1, sopra riportato con riferimento alla ripartizione delle competenze legislative secondo il nuovo Titolo V. Sul punto, la Corte ha precisato che la finalità della norma impugnata è, con ogni evidenza, “quella di favorire la diffusione della tecnica digitale terrestre di trasmissione televisiva, quale strumento di attuazione del principio del pluralismo informativo esterno, che rappresenta uno degli imperativi ineludibili emergenti dalla giurisprudenza costituzionale in materia di emittenza televisiva (sentenza n. 466 del 2002), esprimendo l'informazione una condizione preliminare per l'attuazione dei principi propri dello Stato democratico (così le sentenze n. 312 del 2003 e n. 29 del 1996)”. Ne deriva, pertanto, che le disposizioni impugnate attingono sicuramente pluralità di materie e di interessi (tutela della concorrenza, sviluppo tecnologico, tutela del pluralismo di informazione), appartenenti alla competenza legislativa esclusiva o concorrente dello Stato, senza che alcuna tra esse possa dirsi prevalente così da attrarre l'intera disciplina. Ciò posto, la Corte chiarisce che, “avuto anche riguardo all'eccezionalità della situazione caratterizzata dal passaggio alla tecnica digitale terrestre, l'assunzione diretta di una funzione amministrativa da parte dello Stato, nella forma dell'erogazione di un contributo economico in favore degli utenti, previa adozione di un regolamento che stabilisca criteri e modalità di attribuzione di tale contributo, appare nella specie giustificata – alla stregua del principio di sussidiarietà sancito dall'art. 118, primo comma, della Costituzione – da una evidente esigenza di esercizio unitario della funzione stessa, non potendo un siffatto intervento a sostegno del pluralismo informativo non essere uniforme sull'intero territorio nazionale”.

[292]  Il citato DM ha stabilito, al comma 1, le procedure per l'assegnazione dei contributi per i ricevitori per la televisione digitale terrestre e la conseguente interattività, disponendo che il contributo fosse dato alle condizioni disposte dalla legge, per i contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2004, a condizione che la consegna dell'apparecchio avvenga contestualmente alla vendita ovvero al noleggio. Per ciascun cliente non può essere corrisposto più di un contributo. Ai fini dell'ammissibilità al contributo, l'apparecchio deve consentire una prestazione di piena interattività in chiaro anche da remoto. Le tipologie di apparecchi immessi sul mercato dai produttori ai fini della corresponsione del contributo devono essere comunicati al Ministero delle comunicazioni, che provvede a fornire un codice informatico identificativo per ciascuna tipologia di apparecchio, nonché a rendere nota e aggiornata la lista dei codici degli apparecchi tramite il proprio sito Internet. Il contributo è costituito da una riduzione di importo pari a 150 euro (così come stabilito dalla legge finanziaria per il 2004) del prezzo complessivo di acquisto o di noleggio, IVA inclusa, al netto di ogni eventuale sconto commerciale. Il contributo non può in alcun caso superare il prezzo di vendita o di noleggio. Lo sconto sui canoni di noleggio è riconosciuto imputandolo a partire dalla prima bolletta.

L’articolo 2 del DM stabilisce gli adempimenti a carico del distributore al fine del rimborso dello sconto effettuato sull’apparecchio. L’articolo 3 prevede che il Ministero si avvalga, previa stipula di apposita convenzione, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze, della collaborazione a titolo oneroso di Poste italiane S.p.a., di un «centro di contatto » per alcune operazioni connesse al rilascio del contributo. In capo al Ministero è posto inoltre l’obbligo di assicurare la massima conoscenza dell'iniziativa e di effettuare il controllo sistematico ed il monitoraggio dell'andamento dell'erogazione dei contributi.

L’articolo 7 stabilisce i casi di revoca del contributo, in relazione a dichiarazioni mendaci o a false attestazioni.

[293]  Dir. 7-3-2002 n. 2002/21/CE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro).

[294]D.L. 30 dicembre 2005, n. 273 recante Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all’esercizio di deleghe legislative, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51

[295]Decreto legge 23 gennaio 2001, n. 5 recante Disposizioni urgenti per il differimento di termini in materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali, nonché per il risanamento di impianti radiotelevisivi, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66

[296]  Provvidenze per l'editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all'articolo 9, comma 2, della legge 25 febbraio 1987, n. 67.

[297]  Alla legge n. 250 del 1990 è stata data attuazione con il D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 525 “Regolamento recante norme per la concessione dei contributi e delle provvidenze all'editoria, in attuazione della L. 7 agosto 1990, n. 250 , e successive modificazioni” (modificato dal DPR n. 460 del 1997). Per un commento più dettagliato alle norme della legge n. 250 vedi le schede relative ai commi 320-321.

[298]  Legge 6 agosto 1990, n. 223, recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato" e legge 3 maggio 2004, n. 112 (c.d. Legge Gasparri), contenente "Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione"

[299]  Ovvero che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali.

      Si segnala che la Deliberazione dell'Autorità Garante 16 marzo 1999, n. 9, recante "Approvazione del regolamento concernente la promozione della distribuzione e della produzione di opere europee", definisce "canale tematico", il canale che dedica almeno il 70% della programmazione ad un tema specifico. Si ricorda, inoltre che il D.Lgs. 15 novembre 2000, n. 373, recante "Attuazione della direttiva 98/84/CE sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato" definisce accesso condizionato, "ogni misura e sistema tecnico in base ai quali l'accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva ed individuale autorizzazione da parte del fornitore del servizio". L'art. 2 della legge n. 122 riprende testualmente tale definizione.

[300]Per quanto concerne le risorse autorizzate ai sensi del comma 28 dell’art. 1 della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004), in attuazione della citata procedura, le Commissioni bilancio della Camera e del Senato hanno approvato due risoluzioni (risoluzione 7-00543 Giudice ed altri, approvata dalla Commissione bilancio della Camera il 18 gennaio 2005, e risoluzione 7-00034 Tarolli, approvata dalla Commissione bilancio del Senato nella seduta del 19 gennaio 2005), con le quali il Governo è stato impegnato ad attenersi alle priorità ivi indicate, ai fini dell’adozione del decreto di individuazione degli interventi e degli enti destinatari dei contributi.

Il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze con l’indicazione degli enti beneficiari dei contributi autorizzati dalla legge finanziaria per il 2005 è stato emanato il 18 marzo 2005.

Per quanto concerne le risorse autorizzate ai sensi dall’articolo 2-bis del D.L. n. 7 del 2005, la Commissione bilancio della Camera e la Commissione istruzione e beni culturali del Senato, nelle sedute del 31 maggio 2005, hanno approvato due identiche risoluzioni (Risoluzione 7-00640 Alberto Giorgetti ed altri, approvata dalla Commissione bilancio della Camera e risoluzione 7-00043 Asciutti, approvata dalla Commissione istruzione del Senato) che hanno impegnato il Governo ad attenersi, ai fini dell’adozione del decreto per l’individuazione degli interventi e degli enti destinatari dei contributi, alle priorità indicate nelle risoluzioni medesime.

Il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze è stato emanato l’8 luglio 2005.

[301]D.L n. 351/2001, “Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare”.

[302]  Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici

[303]  L’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 chiarisce che per amministrazioni pubbliche debbono intendersi tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.

[304]Per quanto concerne l’indennità di buonuscita, ai sensi dell’articolo 3 del DPR 1032 del 1973, l'iscritto al Fondo di previdenza per il personale civile e militare dello Stato, gestito dall'Ente nazionale previdenza e assistenza per i dipendenti statali (ora INPDAP), che cessi dal servizio per qualunque causa, consegue il diritto a tale indennità dopo almeno un anno di iscrizione al Fondo. L’ammontare dell’indennità è pari a tanti dodicesimi della base contributiva, di cui all'art. 38 del medesimo decreto, quanti sono gli anni di servizio computabili ai sensi delle disposizioni contenute nel successivo capo III. In particolare per la determinazione della base contributiva si considera l'ultimo stipendio o l'ultima paga o retribuzione integralmente percepiti; la stessa norma vale per gli assegni che concorrono a costituire la base contributiva.

L’articolo 38 del DPR 1032 del 1973 dispone a sua volta che la base contributiva è costituita dall'80% dello stipendio, paga o retribuzione annui, considerati al lordo, di cui alle leggi concernenti il trattamento economico del personale iscritto al Fondo, nonché ad una serie di assegni elencati.

Il medesimo articolo 38, comma 2, stabilisce quindi che concorrono altresì a costituire la base contributiva gli assegni e le indennità previsti dalla legge come utili ai fini del trattamento previdenziale.

Si ricorda peraltro che il DPCM 20 dicembre 1999, come modificato dal DPCM 2 marzo 2001, ha esteso ai dipendenti pubblici il trattamento di fine rapporto (TFR) e la possibilità di costituire fondi di previdenza complementare.

Il TFR, che sostituisce l’indennità di buonuscita, è destinato a tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche assunti a tempo indeterminato dopo il 31 dicembre 2000, nonché ai dipendenti assunti con contratto a tempo determinato dopo il 30 maggio 2000, mentre i dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato prima del 31 dicembre 2000 possono optare per il TFR aderendo, contestualmente, ad un fondo di previdenza complementare.

      Da ultimo, con il D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, recante la disciplina delle forme pensionistiche complementari, nel disciplinare le forme di previdenza per l'erogazione di trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio, ivi compresi quelli gestiti dagli enti di diritto privato di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, e al D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103, al fine di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale, è stato stabilito che a tali forme pensionistiche complementari possano aderire, in modo individuale o collettivo, tra gli altri (articolo 2, comma 1, lettera a)), i lavoratori dipendenti, sia privati sia pubblici, anche secondo il criterio di appartenenza alla medesima impresa, ente, gruppo di imprese, categoria, comparto o raggruppamento, anche territorialmente delimitato, o diversa organizzazione di lavoro e produttiva, ivi compresi i lavoratori assunti in base alle tipologie contrattuali previste dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Inoltre, il successivo articolo 3, comma 2, ha disposto che per il personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le forme pensionistiche complementari possono essere istituite mediante i contratti collettivi di cui al titolo III del medesimo decreto legislativo. Per il personale dipendente di cui all'articolo 3, comma 1, del medesimo decreto legislativo, le forme pensionistiche complementari possono essere istituite secondo le norme dei rispettivi ordinamenti ovvero, in mancanza, mediante accordi tra i dipendenti stessi promossi da loro associazioni.

[305]Si ricorda che l’articolo 1, comma 93, della legge finanziaria per il 2005 reca disposizioni in materia di riduzione del personale delle pubbliche amministrazioni, stabilendo la rideterminazione dell’organico della P.A., in modo tale che ne consegua una riduzione non inferiore al 5% della spesa complessiva.

In sostanza, la norma fa salve una serie previsioni, fra le quali l’art. 3, comma 71, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003) che prevede, all’ultimo periodo, che il personale in servizio presso l'Agenzia del demanio che ha esercitato l'opzione per il passaggio ad altra pubblica amministrazione, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 3 luglio 2003, n. 173, può essere destinato ad altre amministrazioni con modalità, criteri e limiti numerici definiti con decreto del Ministro per la funzione pubblica.

[306]  Legge 28 marzo 2003, n. 53 "Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale".

[307]Il piano è volto al sostegno:

-          della riforma degli ordinamenti e degli interventi connessi con la loro attuazione e con lo sviluppo dell’autonomia;

-          dell’istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema scolastico;

-          dello sviluppo delle tecnologie multimediali e della alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche;

-          della valorizzazione professionale del personale docente;

-          delle iniziative di formazione iniziale e continua del personale;

-          del rimborso delle spese di autoaggiornamento sostenute dai docenti;

-          della valorizzazione professionale del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (A.T.A.);

-          degli interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto-dovere di istruzione e formazione;

-          degli interventi per lo sviluppo dell’istruzione e formazione tecnica superiore e per l’educazione degli adulti;

-          degli interventi di adeguamento delle strutture di edilizia scolastica.

[308]La mancata intesa con le autonomie locali è stata più volte lamentata da parte di queste ultime ed addotta tra le ragioni del mancato raggiungimento di un’intesa sullo schema di D.Lgs relativo all’alternanza scuola-lavoro (Documento della conferenza unificata 14 ottobre 2004).

[309]La somma è destinata ai seguenti interventi:

-       sviluppo delle tecnologie multimediali;

-       interventi contro la dispersione scolastica e per assicurare il diritto-dovere di istruzione e formazione;

-       sviluppo dell'istruzione e della formazione tecnica superiore e per l'educazione degli adulti;

-        istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema di istruzione.

      La disposizione della legge finanziaria 2004 è stata oggetto di ricorso alla Corte Costituzionale da parte della Regione Emilia Romagna (ricorso per legittimità costituzionale n 33 del 4 marzo 2004) in quanto il finanziamento avrebbe riguardato interventi in parte attribuiti dal nuovo articolo 117 Cost. alla competenza legislativa concorrente e sarebbe lesivo dell’autonomia finanziaria prevista dall’art. 119 Cost. Con sentenza 160 del giugno 2005 la Corte ha tuttavia dichiarato l’infondatezza della questione.

[310]Tale somma è finalizzata all’attuazione di tre obiettivi specifici: anticipo delle iscrizioni e generalizzazione della scuola dell’infanzia; formazione iniziale e continua del personale; orientamento contro la dispersione scolastica e diritto-dovere di istruzione e formazione.

[311]A valere su tali fondi, l’articolo 2-octies del D.L. 26 aprile 2005 n. 63, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo e la coesione territoriale, nonché per la tutela del diritto d'autore, e altre misure urgenti, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2005, n. 109, ha poi destinato 7 milioni di euro annui, a decorrere dal 2005, all'incentivazione della produttività del personale già appartenente al soppresso Ministero della pubblica istruzione.

      Per completare il quadro dei finanziamenti si ricorda che le Direttive ministeriali di riparto del Fondo per l’offerta formativa (istituito dalla legge 440/1997) per gli anni 2003, 2004 e 2005 (rispettivamente n. 48/2003, 60/2004 e 56/2005) hanno indicato, tra gli obiettivi prioritari l’attuazione della riforma degli ordinamenti scolastici (nonché la formazione dei docenti e l’ espansione dell’offerta formativa); a tali finalità sono stati riservati 136,16 milioni di euro per il 2003, 126 milioni di euro per il 2004 e 135,7 milioni di euro per il 2005 (punto 1, lettere da a) ad e) delle tre direttive).Tra gli obiettivi prioritari per il 2004 (direttiva 60/2004 -punto1 lettera h)) figurano inoltre interventi in collaborazione con le Regioni e gli Enti locali negli ambiti dell’alternanza scuola-lavoro e dell’offerta sperimentale di istruzione e formazione professionale secondo quanto stabilito dall’Accordo quadro del 19 giugno 2003 (punto 1 lettera h); a tali finalità sono destinati rispettivamente 10 milioni di euro e 22,7 milioni di euro. Analogamente nella direttiva n. 56/2005 (punto 1 lettera h)) la realizzazione dell’alternanza scuola lavoro, anche nell’ottica della riforma degli ordinamenti scolastici, figura tra gli obiettivi prioritari e viene finanziata con 10 milioni di euro.

[312]D.L. 30 settembre 2003 n. 269, Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, convertito con modificazioni dalla legge24 novembre 2003, n. 326.

[313]A quanto risulta dal sito internet dell’istituto (htpp://www.iit.it/), i settori di ricerca sono in particolare le Neuroscienze, le Nanobiotecnologie ,la Robotica.

[314]L'articolo 2 della legge 15 luglio 2003, n. 189, ha previsto che la Federazione italiana sport disabili (FISD) si costituisca quale Comitato italiano paralimpico, per l'organizzazione e la gestione delle attività sportive praticate dalle persone disabili in armonia, per l'attività paralimpica, con le deliberazioni e gli indirizzi emanati dal Comitato internazionale paralimpico. Alla determinazione delle competenze si è provveduto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 aprile 2004 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 4 maggio 2004, n. 103). Tuttavia, il Comitato, nello Statuto deliberato dall'assemblea straordinaria del 10-11 luglio 2004 e approvato con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali 15 dicembre 2004, ha assunto la denominazione di Comitato italiano paralimpico, ivi dichiarata equivalente alla denominazione "paralimpico" contenuta nella legge.

[315]  Norme per la promozione della pratica dello sport da parte delle persone disabili.

[316]La Federazione Italiana Sport Disabili, costituita nel 1990 dall’unificazione delle tre federazioni sportive competenti in materia di handicap: la Fisha (Federazione Italiana Sport Handicappati), la Fics (Federazione Italiana Ciechi Sportivi) e la Fssi (Federazione Italiana Silenziosi d’Italia)

[317]In particolare si impegna il CONI a far sì che alle Paralimpiadi sia riconosciuto agli atleti disabili lo stesso trattamento premiale ed economico degli atleti normodotati alle Olimpiadi; che sia riconosciuto agli atleti guida di atleti disabili il diritto di accompagnarli sul podio in occasione delle premiazioni.

[318]L’art. 3 della legge 189/2003 ha novellato per tale profilo il D.Lgs.242/1999( recante Riordino del Comitato olimpico nazionale italiano – poi modificato e integrato dal D.Lgs n. 15/2004) modificando l’art. 2 (Statuti) ed introducendo l’art. 12-bis (Promozione dello sport dei disabili).

[319]La normativa sul project financing è stata, successivamente, modificata dall’articolo 7 della legge n. 166 del 2002.

[320]La legge 29 gennaio 1994, n. 98 ha inoltre provveduto a recare interpretazioni autentiche e norme procedurali relative alla legge 5 aprile 1985, n. 135. Prima della legge del 1980, il tema degli indennizzi era stato affrontato con approccio diverso, ossia con provvedimenti specifici, 'settoriali'. Le problematiche relative alla indennizzabilità per i beni, diritti ed interessi italiani esistenti all’estero e perduti per effetto della esecuzione del Trattato di pace, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, sono state affrontate con la legge 29 ottobre 1954, n. 1050, le cui norme sono state rese operative con l’emanazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 946/1955, relativo alla concessione di indennizzi per i beni perduti all’estero, in relazione con le particolari situazioni degli Stati nel territorio dei quali si trovavano i beni da indennizzare, sulla base degli accordi stipulati tra l’Italia e gli Stati stessi.

      Per i beni abbandonati nei territori ceduti alla ex Jugoslavia e nella Zona B dell’ex territorio libero di Trieste, la normativa risale alla legge 5 dicembre 1949, n. 1064, relativa alla “Denuncia dei beni, diritti ed interessi italiani situati nel territorio del repubblica popolare federale jugoslava”, e alla successiva legge 8 novembre 1956, n. 1325, recante “Corresponsione degli indennizzi ai titolari di beni, diritti ed interessi italiani situati nei territori assegnati alla Jugoslavia”. Per la Zona B, la legge 18 marzo 1958, n. 269, recava “Concessione di indennizzi per beni, diritti ed interessi situati nella Zona B dell’ex Territorio libero di Trieste”. La disciplina degli indennizzi dei beni abbandonati nei territori assegnati alla ex Jugoslavia e nella Zona B dell’ex Territorio libero di Trieste è stata poi unificata con la legge 6 marzo 1968, n. 193.

[321]Con la legge 29 febbraio 1994, n. 98, come già accennato, è stato rivisto il procedimento di richiesta e di erogazione degli indennizzi, prevedendo, tra l’altro, una relazione annuale al Parlamento sulla materia. A tale proposito si ricorda che, in data 20 settembre 2005, è stata trasmessa al Parlamento la relazione sull’attività svolta per la liquidazione degli indennizzi in favore dei cittadini ed imprese italiane per beni perduti in territori già soggetti alla sovranità italiana all’estero, riferita al periodo dal 1° aprile 2004 al 31 marzo 2005 (cfr. supra).

[322]D.L. 411/2001 recante “Proroghe e differimenti di termini”, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 31 dicembre 2001, n. 463, pubblicato nella Gazz. Uff. 26 novembre 2001, n. 275.

[323]L’applicazione della legge n. 137 del 2001 ("Disposizioni in materia di indennizzi ai cittadini operanti in territori della ex - Jugoslavia, già soggetti alla sovranità italiana) ha evidenziato non lievi difficoltà, specie perché i richiedenti sono sovente discendenti di terza o quarta generazione rispetto agli aventi causa. Di qui la necessità di una ricostruzione dei diversi passaggi genealogici, di non agevole diretta effettuazione da parte dell'amministrazione.

[324]  Si tratta degli enti lirici e istituzioni concertistiche assimilate originariamente indicati dall’art. 6 della legge 14 agosto 1967, n. 800, di cui il D.Lgs. 29 giugno 1996, n. 367 ha disposto la graduale trasformazione in fondazioni di diritto privato (Teatro comunale di Bologna, il Teatro Maggio musicale fiorentino, il Teatro “Carlo Felice” di Genova, Teatro alla Scala di Milano, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Massimo di Palermo, il Teatro dell'Opera di Roma, il Teatro Regio di Torino, il Teatro lirico G. Verdi di Trieste, il Teatro La Fenice di Venezia, Arena di Verona; Accademia nazionale di Santa Cecilia di Roma, teatro lirico G.B. da Palestrina di Cagliari); a questi si è aggiunta, a seguito della legge 11 novembre 2003, n. 310 , la Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari. Tale fondazione, ai sensi dell’art. 2 comma 3 del DL 72/2004, convertito con modificazioni dalla legge 128/2004, è finanziata a valere sui fondi del gioco del lotto per il periodo 2004-2007, rientrerà successivamente nel riparto della quota del Fondo unico per lo spettacolo riservata agli enti lirici.

[325]D.Lgs. 29 giugno-1996, n. 367 Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato.

[326]Tali risorse sarebbero state aggiuntive rispetto ai finanziamenti statali, costituiti principalmente dal Fondo unico per lo spettacolo di cui alla L. 163 del 1985.

[327]D.Lgs. 23 aprile 1998, n. 134 Trasformazione in fondazione degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate, a norma dell'articolo 11, comma 1, lettera b), della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[328]La Corte costituzionale (sentenza n. 503 del 2000), chiamata pronunciarsi su una questione di merito, ha infatti dichiarato l’incostituzionalità del D.Lgs 134/1998 per “eccesso di delega” (violazione dell’art. 76 della Costituzione)

[329]D.L. 24 novembre 2000, n. 345, Disposizioni urgenti in tema di fondazioni lirico-sinfoniche, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 26 gennaio 2001, n. 6.

[330]L’art. 39-vicies sexies del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2005, n. 51, ha recentemente modificato l'articolo 12 del D.Lgs. 367/1996 prevedendo che il CDA degli enti lirici sia composto da un numero di membri variabile dai sette ai nove (in precedenza i componenti erano 7).

[331]Secondo la relazione tecnica, dai dati comunicati dai funzionari delegati alla gestione delle spese di giustizia, è emerso un debito pari a 203 milioni di euro così costituito:

-       162 milioni di euro per consentire l’estinzione delle anticipazioni effettuate per spese di giustizia da Poste Italiane Spa e il versamento delle ritenute ed imposte dell'esercizio 2004;

-       17 milioni di euro per consentire l’estinzione delle anticipazioni effettuate per compensi alla magistratura onoraria e il versamento delle ritenute ed imposte dell'esercizio 2004;

-       24 milioni di euro quali maggiori esigenze connesse alle anticipazioni effettuate per spese di giustizia da Poste Italiane Spa nonché per imposte relative all'esercizio 2003.

[332]  Il risparmio pubblico indica il saldo corrispondente alla differenza tra il totale delle entrate iscritte nei primi due titoli (entrate tributarie e entrate extratributarie, che costituiscono il complesso delle entrate correnti) e il totale delle spese correnti.