XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario - A.C. 4636 - Parte I - Schede di lettura
Serie: Progetti di legge    Numero: 535
Data: 29/01/04
Abstract:    Scheda per l'istruttoria legislativa; schede di lettura; progetti di legge.
Descrittori:
GIUDICI E GIURISDIZIONE   MAGISTRATURA
ORDINAMENTO GIUDIZIARIO   RIFORME
Organi della Camera: II-Giustizia
Riferimenti:
AS n.1296/14   AC n.4636/14

Servizio studi

 

progetti di legge

Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario

A.C. n. 4636

Schede di lettura

n. 535

Parte I

 

 

xiv legislatura

29 gennaio 2004

 

 

 


Camera dei deputati


La documentazione predisposta in occasione dell'esame del disegno di legge recante la delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario (A.C. 4636-B e abb.) si articola nei seguenti volumi:

 

-          dossier n. 535: contiene la scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa, le schede di lettura ed il disegno di legge C. 4636 (parte I); contiene la normativa di riferimento (parte II);

-          dossier n. 535/1: contiene i lavori parlamentari alla Camera e al Senato (suddiviso in otto parti)

-          Prima lettura al Senato (AS 1296 e abb.)

-       Parte I: testo dei disegni di legge;

-       Parte II: esame in commissione;

-       Parte III: esame in Assemblea.

-          Prima lettura alla Camera (AC 4636 e abb.)

-     Parte IV: testo dei disegni di legge;

-     Parte V: esame in Commissione e in Assemblea

-          Seconda lettura al Senato (AS 1296-B e abb.)

-     Parte VI: testo dei disegni di legge e esame in Commissione

-     Parte VII: esame in Assemblea: sedute dal 20 settembre al 2 novembre 2004

-     Parte VIII: esame in Assemblea: sedute dal 3 al 10 novembre 2004).

-          dossier n. 535/2: contiene la scheda di lettura, la normativa di riferimento  e l’A.C.  4636-bis-B .

 

Dipartimento Giustizia

SIWEB

 

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File: gi0284s1.doc

 


INDICE

 

Parte I

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  6

Elementi per l’istruttoria legislativa  7

§      Necessità dell’intervento con legge  7

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  7

§      Rispetto degli altri princìpi costituzionali7

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  8

§      Impatto sui destinatari delle norme  9

§      Formulazione del testo  9

Schede di lettura

Contenuto del disegno di legge  13

Il progetto di legge in esame  14

§      Art. 1. (Contenuto della delega)14

§      Art. 2. (Concorsi per uditore giudiziario. Disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati. Competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari).17

§      Art. 3. (Scuola superiore della magistratura. Tirocinio e formazione degli uditori giudiziari ed aggiornamento professionale e forma zione dei magistrati).46

§      Art. 4. (Riforma dei consigli giudiziari ed istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione).52

§      Art. 5. (Riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero).65

§      Art. 6. (Modifiche all'organico della Corte di cassazione e alla disciplina relativa ai magistrati applicati presso la stessa).77

§      Art. 7. (Norme in materia disciplinare nonché in tema di situazioni di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d'ufficio).81

§      Art. 8. (Norme in materia di procedura per l'applicazione delle sanzioni disciplinari).92

§      Art. 9. (Istituzione in via sperimentale dell'ufficio del giudice).106

§      Art. 10. (Disciplina transitoria).110

§      Art. 11. (Delega al Governo per il decentramento del Ministero della giustizia).115

§      Art. 12. (Modifica della disciplina per l'accesso alle funzioni presso organi di giurisdizione superiore amministrativa).121

§      Art. 13. (Modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa).123

§      Art. 14. (Testo unico).127

§      Art. 15. (Trasferimento a domanda).129

§      Art. 16. (Proroga in via transitoria dell'esercizio delle funzioni  di Procuratore nazionale antimafia).131

§      Art. 17. (Copertura finanziaria  133

Disegno di legge A.C. 4636

§      A.C. 4636 (Governo). Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina per l'accesso alle funzioni presso organi di giurisdizione superiore amministrativa, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico  137

 

Parte II

Normativa di riferimento

§      Costituzione della Repubblica (artt. 49, 98, 101, 104, 106, 107, 109 e 112)211

§      Codice di procedura penale (artt. 11, 51, 53, 55, 56, 57, 58, 59, 412, 413, 421-bis, 444 e 530)220

§      R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578. Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore (convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 22 gennaio 1934, n. 36) (art. 33)228

§      R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.  Ordinamento giudiziario.230

§      L. 24 aprile 1941, n. 392. Trasferimento ai Comuni del servizio dei locali e dei mobili degli Uffici giudiziari.329

§      R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511. Guarentigie della magistratura.332

§      D.Lgs.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 264. Norme per le elezioni dei Consigli giudiziari del Consiglio superiore della magistratura e della Corte disciplinare.345

§      L. 24 maggio 1951, n. 392.  Distinzione dei magistrati secondo le funzioni. Trattamento economico della magistratura nonché dei magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, della Giustizia militare e degli avvocati e procuratori dello Stato.352

§      L. 24 marzo 1958, n. 195 Norme sulla Costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura.360

§      D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916. Disposizioni di attuazione e di coordinamento della L. 24 marzo 1958, n. 195, concernente la costituzione e il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura e disposizioni transitorie.381

§      L. 30 maggio 1965, n. 579.  Riduzione del periodo di tirocinio degli uditori giudiziari.407

§      L. 25 luglio 1966, n. 570. Disposizioni sulla nomina a magistrato di Corte di appello.408

§      L. 20 dicembre 1973, n. 831.  Modifiche dell'ordinamento giudiziario per la nomina a magistrato di Cassazione e per il conferimento degli uffici direttivi superiori.414

§      L. 26 luglio 1975, n. 354. Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà (Tabella A)421

§      L. 5 agosto 1978, n. 468. Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio (artt. 7 e 11-ter)423

§      L. 2 aprile 1979, n. 97. Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari e amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato.427

§      L. 19 febbraio 1981, n. 27.  Provvidenze per il personale di magistratura.435

§      D.P.R. 10 marzo 1982, n. 162. Riordinamento delle scuole dirette a fini speciali, delle scuole di specializzazione e dei corsi di perfezionamento.439

§      L. 27 aprile 1982, n. 186. Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali (artt. 7, 9, 12, 19, 20 e 21)449

§      L. 6 agosto 1984, n. 425. Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati.454

§      L. 10 marzo 1987, n. 100. Norme relative al trattamento economico di trasferimento del personale militare (art. 1)460

§      L. 13 aprile 1988, n. 117. Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati (artt. 9, 10 e 11)461

§      L. 23 agosto 1988, n. 400. Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 17)464

§      L. 8 agosto 1991, n. 265. Disposizioni in materia di trattamento economico e di quiescenza del personale di magistratura ed equiparato.466

§      D.L. 20 novembre 1991, n. 367. Coordinamento delle indagini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata (convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 20 gennaio 1992, n. 8)469

§      L. 21 novembre 1991, n. 374. Istituzione del giudice di pace (artt. 7 e 9)478

§      D.L. 8 giugno 1992 n. 306. Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa  (convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 1992, n. 356) (art. 21-sexies)480

§      D.L. 28 agosto 1995 n. 361. Differimento di termini previsti da disposizioni legislative in materia di interventi concernenti la pubblica amministrazione (convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 27 ottobre 1995, n. 437)481

§      L. 27 ottobre 1995, n. 437. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 agosto 1995, n. 361, recante differimento di termini previsti da disposizioni legislative in materia di interventi concernenti la pubblica amministrazione.484

§      L. 15 marzo 1997, n. 59.  Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa (art. 11)485

§      D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. Modifica alla disciplina del concorso per uditore giudiziario e norme sulle scuole di specializzazione per le professioni legali, a norma dell'articolo 17, commi 113 e 114, della L. 15 maggio 1997, n. 127 (artt. 16)490

§      D.P.R. 17 luglio 1998. Regolamento per il tirocinio degli uditori giudiziari.492

§      L. 5 agosto 1998, n. 303. Nomina di professori universitari e di avvocati all'ufficio di consigliere di cassazione, in attuazione dell'articolo 106, terzo comma, della Costituzione.503

§      Consiglio Superiore della Magistratura (III Commissione), Circolare per la disciplina delle modalità e del procedimento per la nomina di professori universitari ed avvocati all'ufficio di consigliere della Corte di Cassazione, ai sensi della Legge 5 agosto 1998, n. 303 (Delibera del 18 febbraio 1999)506

§      D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300. Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59 (artt. 1-7, 16-19)508

§      L. 28 luglio 1999, n. 266 . Delega al Governo per il riordino delle carriere diplomatica e prefettizia, nonché disposizioni per il restante personale del Ministero degli affari esteri, per il personale militare del Ministero della difesa, per il personale dell'Amministrazione penitenziaria e per il personale del Consiglio superiore della magistratura (art. 17)515

§      D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303. Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.516

§      D.M. 3 novembre 1999, n. 509. Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei.533

§      D.Lgs. 3 dicembre 1999, n. 491. Istituzione di nuovi tribunali e revisione dei circondari di Milano, Roma, Napoli, Palermo e Torino, a norma dell'articolo 1 della L. 5 maggio 1999, n. 155.543

§      L. 21 luglio 2000, n. 205. Disposizioni in materia di giustizia amministrativa (art. 18)549

§      D.P.R. 6 marzo 2001, n. 55  Regolamento di organizzazione del Ministero della giustizia.550

§      D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (artt. 1, 14 e 55)558

Giurisprudenza costituzionale

§      Sentenza 9 marzo 1976, n. 52  565

§      Sentenza 7 maggio 1982, n. 86  567

§      Sentenza 9-27 luglio 1992, n. 379  580

Documentazione

§      X Legislatura - Camera dei Deputati - Messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica (DOC I, n. 4, 26 luglio 1990)599

 

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

4636

Titolo

Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina per l'accesso alle funzioni presso organi di giurisdizione superiore amministrativa, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico

Iniziativa

Governo

Settore d’intervento

Ordinamento giudiziario; Ministeri; Giustizia amministrativa; Magistratura

Iter al Senato

Numero di articoli

17

Date

 

§       trasmissione alla Camera

24 gennaio 2004

§       annuncio

26 gennaio 2004

§       assegnazione

27 gennaio 2004

Commissione competente

II Commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali); V Commissione (Bilancio); VI Commissione (Finanze) (ex articolo 73, comma 1-bis del regolamento per gli aspetti attinenti alla materia tributaria); VII Commissione (Cultura); XI Commissione (Lavoro)

 


Struttura e oggetto

Contenuto

Il disegno di legge-delega del Governo A.C 4636, esaminato in prima lettura dal Senato, si compone di 13 articoli con i quali si indicano i princìpi e criteri direttivi cui dovrà attenersi il legislatore delegato nel porre in essere una significativa riforma dell'ordinamento giudiziario.

Va ricordato, infatti, che già la VI disposizione transitoria e finale della Costituzione repubblicana contemplava l'emanazione di una nuova legge sull'ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione, pur consentendo l'osservanza delle disposizioni vigenti fino a quando non si fosse  perfezionata tale normativa.

Nel corso degli anni il legislatore è intervenuto a modificare ed integrare in vari aspetti, con specifici e settoriali interventi, l'Ordinamento giudiziario di cui al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, senza tuttavia giungere a perfezionare una riforma complessiva del settore; ipotesi di riforma erano state prospettate nelle diverse legislature, concretandosi nella presentazione di disegni o proposte di legge sui quali, non si è potuto completare l'iter parlamentare di esame.

Il provvedimento in esame interviene su diversi aspetti del vigente ordinamento giudiziario, dettando modifiche profonde in relazione all'accesso in magistratura, all'articolazione e distinzione delle relative funzioni in requirenti e giudicanti, al tirocinio e alla formazione dei magistrati, alle sanzioni disciplinari e alla cause di incompatibilità, alla riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, nonché all'accesso presso gli organi superiori di giurisdizione amministrativa.

L'articolo 1 individua l'oggetto dei decreti legislativi che il Governo è delegato ad adottare nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui agli artt. 2, 3, 4, 5, 6 e 7 8, 9 e 10 .

L'articolo 2 enuncia e specifica una serie di criteri e principi direttivi relativi agli aspetti del concorso per uditore giudiziario, della progressione economica e delle funzioni dei magistrati, e delle competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari.

Le lettere a), b) e c) disciplinano l'accesso in magistratura, specificando le caratteristiche del bando di concorso, i requisiti di ammissione allo stesso, alcune modalità del suo svolgimento.

Le lettere da d) ad o) distinguono e disciplinano le diverse funzioni che possono essere svolte dai magistrati e le modalità di passaggio dall'una all'altra funzione.

La lettera p) disciplina la progressione economica dei magistrati, prevedendo che essa si articoli automaticamente secondo predefinite classi di anzianità .

La lettera q) quantifica a dieci anni il periodo massimo di permanenza in servizio del magistrato presso lo stesso ufficio, nello svolgimento del medesimo incarico. Tale termine può essere prorogato per non oltre due anni, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell'ufficio.

La lettera r)  detta alcuni principi relativi all'organizzazione interna degli uffici.

L’articolo 3 contiene disposizioni volte ad istituire e disciplinare la Scuola superiore della magistratura e a modificare, di conseguenza, le modalità di svolgimento del tirocinio degli uditori giudiziari e di aggiornamento professionale dei magistrati.

L’articolo 4, in attuazione delle previsioni dell’art.1, comma1, lett. c), detta principi e criteri direttivi per la riforma della disciplina relativa ai Consigli giudiziari presso le corti d’appello e per l’istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione.

L’articolo 5 individua principi e criteri direttivi cui il legislatore delegato dovrà attenersi per la riorganizzazione dell’ufficio del pubblico ministero.

L’articolo 6 detta disposizioni in tema di organico della Corte di Cassazione.

L’articolo 7 detta i princìpi e i criteri direttivi ai quali il Governo si deve attenere nel ridefinire gli illeciti disciplinari dei magistrati e le relative sanzioni.

L'articolo 8, disciplina la procedura per l'applicazione delle sanzioni disciplinari ai magistrati.

L’articolo 9 detta disposizioni per l’istituzione in via sperimentale, come previsto dall’articolo 2-bis, la figura dell’ausiliario del giudice.

L’articolo 10 contiene una serie di norme che, in parziale deroga ad alcune disposizioni del testo in esame, disciplinano situazioni transitorie che possono verificarsi anteriormente all’entrata a pieno regime della riforma.

L’articolo 11 delega il Governo ad adottare - entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge - decreti legislativi volti ad attuare un decentramento su base regionale del Ministero della giustizia.

L’articolo 12 delega il Governo ad adottare un decreto legislativo diretto a modificare le modalità di copertura dei posti vacanti nella qualifica a consigliere di Stato.

L’articolo 13 delega il Governo ad emanare, entro un anno dall’entrata in vigore della legge, un decreto legislativo di modifica dell’articolo 10 della legge n. 117 del 1988, relativo alla composizione del Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti,  e dell’articolo 9 della legge n. 186 del 1982 – relativo alle modalità di elezione del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa.

L'articolo 14 delega il Governo ad adottare due testi unici, uno avente natura normativa, l'altro regolamentare: ad essi è demandato il compito di riunire e coordinare tutte le disposizioni aventi rispettivamente valore normativo, e regolamentare, in materia di ordinamento giudiziario.

L'articolo 15 è diretto a consentire anche ai magistrati ordinari di ottenere il trasferimento ad altra sede, con conservazione delle funzioni già svolte, per poter così seguire il coniuge – appartenente ad una delle categorie di pubblici dipendenti identificate dalla legge – che vengatrasferito d’ufficio.

L'articolo 16 prevede una deroga all’attuale disciplina relativa alla durata della carica del Procuratore nazionale antimafia, volta a consentire all’attuale Procuratore di restare in carica per due ulteriori annidopo lo spirare del termine massimo previsto dalla legge (8 anni).

L'articolo 17 provvede alla quantificazione degli oneri derivanti dalle disposizioni contenute nella legge delega e alla individuazione delle relative modalità di copertura.

Relazioni allegate

Oltre alla relazione illustrativa il disegno di legge è corredato dell'analisi tecnico-normativa, della valutazione dell'impatto amministrativo e della relazione tecnica.

 


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Si tratta di norme di delegazione legislativa che intervengono in differenti settori dell'ordinamento giudiziario già disciplinati da norme di rango ordinario. Appare pertanto necessario il ricorso allo strumento della legge-delega e dei relativi decreti-legislativi.

Si segnala tuttavia che il legislatore delegante ha ritenuto opportuno disciplinare in dettaglio anche aspetti di carattere eminentemente tecnico normalmente devoluti a fonti di rango secondario o ad atti amministrativi (V. ad es. art. 2 lettera i) n. 17 e lettera l) nn. 1 e 2 .).

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Tutte le disposizioni contenute nel disegno di legge incidono sull'ordinamento giudiziario, materia che, ai sensi dell' art 117, comma 2, lettere g) – ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici – ed l) – giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa – è di competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

L'articolo 7 prevede, tra i comportamenti del magistrato sanzionabili in sede disciplinare "l'iscrizione, l'adesione o la partecipazione, sotto qualsiasi forma, a partiti o movimenti politici" (lettera d), numero 7).

La norma si pone come un'attuazione dell'articolo 98 della Costituzione che, al terzo comma, consente alla legge ordinaria di stabilire limitazionial diritto d'iscriversi ai partiti politici per alcune categorie, tra le quali, tra l'altro, i magistrati.

Occorre tuttavia valutare le possibili connessioni della disposizione di cui all'articolo 7 del disegno di legge con la tutela costituzionale garantita a tutti - sia pure nell'ambito definito dagli articoli 17, 18 e 21 della Costituzione -  delle libertà di riunione, di associazione e di manifestazione del pensiero, per le quali non è prevista la possibilità per il legislatore ordinario di stabilire limitazioni per alcune categorie di soggetti.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

Gli articoli da 2 a 8 contengono una delega al Governo finalizzata all'adozione di uno o più decreti legislativi da adottarsi entro un anno dall'entrata in vigore della legge-delega nelle materie di cui agli artt. da 2 ad 8.

L'articolo 9 delega il Governo all'adozione, entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge-delega, di un decreto legislativo diretto ad introdurre, in via sperimentale, l'ufficio dell'ausiliario del giudice.

L'articolo 10 contiene una delega per l'adozione, entro un anno e quattro mesi dall'entrata in vigore della legge-delega, di un D.Lgs. contenente le norme necessarie al coordinamento tra le nuove disposizioni introdotte dal legislatore delegato e quelle ancora vigenti, nonché la disciplina di carattere transitorio.

Gli articoli 11, 12, 13, contengono tre differenti deleghe per l'adozione, sempre entro un anno dall'entrata in vigore della legge-delega, di altrettanti decreti legislativi finalizzati al decentramento del Ministero della giustizia, alla modifica della disciplina dell'accesso alle magistrature amministrative, alla modifica della disciplina del consiglio di presidenza della Corte dei conti e della giustizia amministrativa.

L'articolo 14, infine, contiene due distinte deleghe: una di attribuzione di poteri normativi (ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione), l'altra di poteri regolamentari (ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.400). Infatti il Governo è delegato ad adottare due distinti testi unici ricognitivi di tutte le norme in materia di ordinamento giudiziario (uno di natura normativa, da emanarsi entro quattro anni dalla data di acquisto dell'ultimo dei decreti legislativi adottati ai sensi degli artt. 2-8, l'altro di natura regolamentare, da emanarsi entro un anno dall'entrata in vigore del precedente).

Si fa presente che alla luce dell'orientamento della giurisprudenza costituzionale, in base al quale tra norma delegante e norma delegata intercorre un "naturale rapporto di riempimento", tale che il compito del legislatore delegato non possa limitarsi ad una mera "scansione linguistica" delle disposizioni dettate dal delegante (cfr.sent.n.4/1992)[1], potrebbe ritenersi che alcune disposizioni di delega contengono norme molto dettagliate (si pensi agli articoli 2 e 7).

Coordinamento con la normativa vigente

Trattandosi di legge delega, il coordinamento tra la normativa vigente e la normativa introdotta dai successivi decreti legislativi, è demandato a questi ultimi.

Si ricordano in proposito le disposizioni contenute agli articoli 1, comma 4, e 14: in base ad esse il Governo è delegato ad adottare, nei termini e con le modalità precedentemente ricordate, sia le norme di coordinamento con le altre leggi dello Stato (finalizzate, tra l'altro, alla abrogazione delle norme vigenti incompatibili con quelle di nuova introduzione), che i testi unici ricognitivi di tutte le disposizioni (di rango normativo e regolamentare) in materia di ordinamento giudiziario

Impatto sui destinatari delle norme

Il disegno di legge è corredato della valutazione sull'impatto amministrativo.

Il Governo ritiene che nel suo complesso tale impatto sia di portata modesta,  tollerabile dal sistema e comunque pienamente giustificato in ragione delle finalità perseguite.

Mancano l'analisi dei costi e dei benefici per i cittadini e le imprese e la valutazione della congruità dei tempi e dei termini previsti per l'attuazione delle nuove norme.

Formulazione del testo

Considerata l'ampia portata dell'intervento normativo, si fa rinvio, per l'esame delle osservazioni alla formulazione del testo al contenuto delle schede di lettura.

 

 

 


Schede di lettura

 


Contenuto del disegno di legge

 

 

Il disegno di legge-delega del Governo A.C 4636 esaminato in prima lettura dal Senato, si compone di 17 articoli con i quali si indicano i princìpi e criteri direttivi cui dovrà attenersi il legislatore delegato nel porre in essere una significativa riforma dell'ordinamento giudiziario.

Va ricordato, infatti, che già la VI disposizione transitoria e finale della Costituzione repubblicana contemplava l'emanazione di una nuova legge sull'ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione, pur consentendo l'osservanza delle disposizioni vigenti fino a quando non si fosse  perfezionata tale normativa.

Nel corso degli anni il legislatore è intervenuto a modificare ed integrare in vari aspetti, con specifici e settoriali interventi, l'Ordinamento giudiziario di cui al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, senza tuttavia giungere a perfezionare una riforma complessiva del settore; ipotesi di riforma erano state prospettate nelle diverse legislature, concretandosi nella presentazione di disegni o proposte di legge sui quali, non si è potuto completare l'iter parlamentare di esame.

Il provvedimento in esame interviene su diversi aspetti del vigente ordinamento giudiziario, dettando modifiche profonde in relazione all'accesso in magistratura, all'articolazione e distinzione delle relative funzioni in requirenti e giudicanti, al tirocinio e alla formazione dei magistrati, alle sanzioni disciplinari e alla cause di incompatibilità, alla riorganizzazione dell'ufficio del pubblico Ministero, nonché all'accesso presso gli organi superiori di giurisdizione amministrativa.

Di seguito si procederà all'illustrazione del contenuto dei singoli articoli delineando sinteticamente, per ciascun istituto interessato dalla riforma, la disciplina applicabile sulla base delle disposizioni vigenti.

 

 

 


Il progetto di legge in esame

 

CAPO I

DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA DELL'ORDINAMENTO GIUDIZIARIO

Art. 1.
(Contenuto della delega)

 

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l'osservanza dei principi e dei criteri direttivi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, uno o più decreti legislativi diretti a:

 

a) modificare la disciplina per l'accesso in magistratura, nonché la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati, e individuare le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari;

 

b) istituire la Scuola superiore della magistratura, razionalizzare la normativa in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, nonché in tema di aggiornamento professionale e formazione dei magistrati;

 

c) disciplinare la composizione, le competenze e la durata in carica dei consigli giudiziari, nonché istituire il Consiglio direttivo della Corte di cassazione;

 

d) riorganizzare l'ufficio del pubblico ministero;

 

e) modificare l'organico della Corte di cassazione e la disciplina relativa ai magistrati applicati presso la medesima;

 

f) individuare le fattispecie tipiche di illecito disciplinare dei magistrati, le relative sanzioni e la procedura per la loro applicazione, nonché modificare la disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d'ufficio.

 

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto a prevedere, in via sperimentale e per un periodo di quattro anni, l'istituzione dell'ufficio del giudice, introducendo la figura dell'ausiliario dello stesso, con l'osservanza dei principi e dei criteri direttivi di cui all'articolo 9.

 

3. Le disposizioni contenute nei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 divengono efficaci dal centottantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

4. Il Governo è delegato ad adottare, entro i centoventi giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1, le norme necessarie al coordinamento delle disposizioni dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al medesimo comma con le altre leggi dello Stato e, con l'osservanza dei principi e dei criteri direttivi di cui all'articolo 10, la necessaria disciplina transitoria, prevedendo inoltre l'abrogazione delle disposizioni con essi incompatibili. Le disposizioni dei decreti previsti dal presente comma divengono efficaci a decorrere dalla data indicata nel comma 3.

 

5. Gli schemi dei decreti legislativi adottati nell'esercizio delle deleghe di cui ai commi 1 e 2 sono trasmessi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, perché sia espresso dalle competenti Commissioni permanenti un parere entro il termine di sessanta giorni dalla data della trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.

 

6. Le disposizioni previste dal comma 5 si applicano anche per l'esercizio della delega di cui al comma 4, ma in tal caso il termine per l'espressione del parere è ridotto alla metà.

 

7. Il Governo, con la procedura di cui al comma 5, entro due anni dalla data di acquisto di efficacia di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 ovvero dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 2, può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9.


 

 

 

La definizione del contenuto della delega è esplicitata all'articolo 1, che in 7 commi individua l'oggetto dei decreti legislativi che il Governo è delegato ad adottare, con l'osservanza dei princìpi e criteri direttivi di cui agli artt. 2, 3, 4, 5, 6,  7, 8, 9 e 10, negli interventi diretti a:

·         modificare la disciplina per l'accesso in magistratura, nonché quella della progressione economica e delle funzioni dei magistrati, nonché individuare le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari (cfr. ultra art. 2);

·         istituire la Scuola superiore della magistratura, razionalizzare la normativa in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, nonché in tema di aggiornamento professionale e formazione dei magistrati (art. 3);

·         disciplinare la composizione, le competenze e la durata in carica dei consigli giudiziari, nonché istituireil Consiglio direttivo della Corte di cassazione (art. 4);

·           riorganizzare l'ufficio del pubblico Ministero (art. 5);

·           modificare l'organico della Corte di cassazione e la disciplina relativa ai magistrati applicati presso la medesima (art. 6);

·           individuare le fattispecie tipiche di illecito disciplinare dei magistrati, le relative sanzioni e la procedura per la loro applicazione (artt. 7 e 8);

·           prevedere, per un periodo sperimentale di quattro anni, con un decreto legislativo da adottare entro due anni dall'entrata in vigore della legge, l'istituzione dell'ufficio del giudice, introducendo la figura dell'ausiliario dello stesso (art. 9);

L'efficacia dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 è fissata al centottantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta ufficiale (comma 3).

Entro i centoventi giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1 (un anno dall'entrata in vigore della legge), dovranno inoltre essere emanate le norme delegate al coordinamento tra le disposizioni legislative di cui al comma 1 con le altre leggi dello Stato, alla previsione della necessaria disciplina transitoria e all'abrogazione delle disposizioni incompatibili, norme che diventeranno anch'esse efficaci dal centottantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

Viene poi delineato l'iter parlamentare dei decreti legislativi prevedendosi che, per quelli emanati ai sensi dei commi 1 e 2 i relativi schemi siano trasmessi alla Camera ed al Senato in modo che le competenti commissioni permanenti possano esprimere un parere motivato nel termine di quarantacinque giorni dalla trasmissione (comma 5); decorso inutilmente tale termine i decreti verranno emanati anche in assenza del parere.

In relazione ai decreti legislativi deputati a dettare norme transitorie e di coordinamento il termine per l'espressione del parere da parte delle commissioni permanenti competenti è ridotto alla metà (comma 6).

In ogni caso, con l'osservanza delle medesime procedure e dei criteri e principi direttivi sopra enunciati, viene consentito al Governo di emanare disposizioni correttive dei decreti legislativi entro il termine di due anni dalla data di efficacia di ciascuno dei decreti legislativi.

 



Art. 2.
(Concorsi per uditore giudiziario. Disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati. Competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari).

 

 


1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) prevedere per l'ingresso in magistratura:

 

1) che sia bandito un concorso per l'accesso a posti distinti nella magistratura giudicante e in quella requirente, precisando che il candidato, all'atto della domanda, dovrà scegliere a quale funzione intende accedere;

 

2) che il concorso sia articolato in distinte prove di esame, scritte ed orali, con materie in parte comuni e in parte diverse, in relazione alla specificità della funzione prescelta;

 

3) che le commissioni di concorso siano distinte, con unico presidente e un vice presidente per ciascuna di esse, disciplinandone la composizione e le modalità di nomina dei componenti e stabilendo, in particolare, a tale fine che esse siano nominate con un unico decreto del Ministro della giustizia previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, che siano composte ciascuna da magistrati, aventi almeno cinque anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, in un numero variabile fra un minimo di undici e un massimo di sedici, e da docenti universitari in materie giuridiche in un numero variabile fra un minimo di quattro e un massimo di sei, che la funzione di presidente e quelle di vicepresidente siano svolte da magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni direttive di legittimità indicate dalla lettera h), che il numero dei componenti di ciascuna commissione sia determinato tenendo conto del presumibile numero dei candidati e dell'esigenza di rispettare le scadenze indicate nel numero 2) della lettera c), e, infine, che il numero dei componenti docenti universitari sia tendenzialmente proporzionato a quello dei componenti magistrati;

 

4) che i componenti magistrati della commissione di concorso per i posti nella magistratura giudicante siano in prevalenza magistrati che esercitano funzioni giudicanti e che i componenti magistrati della commissione di concorso per i posti nella magistratura requirente siano in prevalenza magistrati che esercitano funzioni requirenti;

 

b) prevedere che siano ammessi ai concorsi per magistrati giudicanti e ai concorsi per magistrati requirenti coloro che:

 

1) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, stabilendo inoltre che il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali sia determinato, fermo quanto previsto nel comma 5 dell'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per uditore giudiziario;

 

2) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche;

 

3) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense;

 

4) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni;

 

5) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno superato il concorso per la professione di notaio;

 

6) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno quattro anni senza demerito;

 

7) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n.162;

 

c) prevedere che:

 

1) le commissioni di cui al numero 3) della lettera a) abbiano facoltà di circoscrivere le prove scritte a due delle materie indicate dall'articolo 123-ter, comma 1, dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, mediante sorteggio effettuato nelle ventiquattro ore antecedenti l'inizio della prima prova, quando il numero dei candidati sia superiore a millecinquecento; prevedere che in tale caso particolare attenzione sia dedicata in sede di prova orale alla materia che il sorteggio ha escluso;

 

2) le prove scritte avvengano tendenzialmente a data fissa, e cioè nei giorni immediatamente prossimi al 15 settembre di ogni anno; che la correzione degli elaborati scritti e le prove orali si svolgano inderogabilmente in un tempo non superiore a nove mesi; che l'intera procedura concorsuale sia espletata in modo da consentire l'inizio del tirocinio il 15 settembre dell'anno successivo;

 

3) il concorso possa essere sostenuto per non più di tre volte con esito sfavorevole;

 

d) prevedere che, dopo il compimento del periodo di uditorato, le funzioni dei magistrati si distinguano in funzioni di merito e di legittimità e siano le seguenti:

 

1) funzioni giudicanti di primo grado;

 

2) funzioni requirenti di primo grado;

 

3) funzioni giudicanti di secondo grado;

 

4) funzioni requirenti di secondo grado;

 

5) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado;

 

6) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado;

 

7) funzioni direttive di primo grado;

 

8) funzioni direttive di secondo grado;

 

9) funzioni giudicanti di legittimità;

 

10) funzioni requirenti di legittimità;

 

11) funzioni direttive di legittimità;

 

12) funzioni direttive superiori di legittimità;

 

e) prevedere:

 

1) che, fino al compimento dell'ottavo anno dall'ingresso in magistratura, possano essere svolte funzioni requirenti o giudicanti di primo grado; che, dopo gli otto anni, previo concorso per titoli ed esami, possano essere svolte funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado; che, dopo i quindici anni, previo concorso per titoli ed esami, possano essere svolte funzioni di legittimità;

 

2) che il Consiglio superiore della magistratura attribuisca le funzioni di secondo grado e di legittimità previo concorso per titoli ed esami e attribuisca tutte quelle direttive, nonché le semidirettive, previo concorso per titoli;

 

3) le modalità del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, nonché i criteri di valutazione, stabilendo, in particolare, che le prove d'esame consistano nella redazione, anche con l'impiego di prospettazioni e di materiali forniti dalla commissione, di uno o più provvedimenti relativi alle funzioni richieste e in una discussione orale sui temi attinenti alle stesse, fatto salvo quanto diversamente previsto dalla lettera l) per il conferimento delle funzioni direttive e semidirettive;

 

4) che i magistrati che in precedenza abbiano subito una sanzione disciplinare superiore all'ammonimento siano ammessi ai concorsi di cui ai numeri 1) e 2) dopo un maggiore numero di anni non inferiore a due e non superiore a quattro rispetto a quanto previsto dal numero 1) e dalle lettere g) ed h);

 

f) prevedere che:

 

1) decorsi almeno cinque anni nell'esercizio delle funzioni giudicanti, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli ed esami, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l'assegnazione di posti vacanti nella funzione requirente, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui all'articolo 3;

 

2) siano disciplinate le modalità e le prove, scritte ed orali, del concorso di cui al numero 1), stabilendo, in particolare, che le prove d'esame consistano nella redazione, anche con l'impiego di prospettazioni e materiali forniti dalla commissione, di uno o più provvedimenti relativi alle funzioni richieste e in una discussione orale sui temi attinenti alle stesse;

 

3) la commissione esaminatrice sia quella indicata alla lettera i), numero 6), e che tra le prove vi siano quelle inerenti la specifica funzione per cui si concorre;

 

4) decorsi almeno cinque anni nell'esercizio delle funzioni requirenti, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli ed esami, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l'assegnazione di posti vacanti nella funzione giudicante, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui all'articolo 3;

 

5) siano disciplinate le modalità e le prove, scritte ed orali, del concorso di cui al numero 4), stabilendo, in particolare, che le prove d'esame consistano nella redazione, anche con l'impiego di prospettazioni e materiali forniti dalla commissione, di uno o più provvedimenti relativi alle funzioni richieste e in una discussione orale sui temi attinenti alle stesse;

 

6) la commissione esaminatrice sia quella indicata dalla lettera i), numero 5), e che tra le prove vi siano quelle inerenti la specifica funzione per cui si concorre;

 

7) i corsi di cui ai numeri 1) e 4) debbano essere espletati esclusivamente in occasione del primo passaggio a funzioni diverse;

 

8) il mutamento delle funzioni nello stesso grado da giudicanti a requirenti, e viceversa, debba essere richiesto per posti disponibili in ufficio giudiziario avente sede in diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell'interessato;

 

g) prevedere che:

 

1) funzioni giudicanti di primo grado siano quelle di giudice di tribunale, di giudice del tribunale per i minorenni e di magistrato di sorveglianza;

 

2) funzioni requirenti di primo grado siano quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;

 

3) funzioni giudicanti di secondo grado siano quelle di consigliere di corte di appello;

 

4) funzioni requirenti di secondo grado siano quelle di sostituto procuratore generale presso la corte di appello nonché quelle di sostituto addetto alla Direzione nazionale antimafia;

 

5) funzioni giudicanti di legittimità siano quelle di consigliere della Corte di cassazione;

 

6) funzioni requirenti di legittimità siano quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione;

 

7) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di sezione di tribunale, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di tre anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

 

8) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di sezione di corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di otto anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

 

9) funzioni direttive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di tribunale, di presidente del tribunale di sorveglianza e di presidente del tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di cinque anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

 

10) funzioni direttive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di cinque anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;

 

11) funzioni direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di tribunale e di presidente della sezione per le indagini preliminari dei tribunali di cui alla tabella L) allegata all'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, di presidente dei tribunali di sorveglianza di cui alla tabella A) allegata alla legge 26 luglio 1975, n.354, e successive modificazioni, nonché quelle di presidente della corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno dieci anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

 

12) funzioni requirenti direttive di secondo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso i tribunali di cui alla tabella L) allegata all'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, nonché quelle di procuratore generale presso la corte di appello e di procuratore nazionale antimafia, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno dieci anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;

 

h) prevedere che:

 

1) le funzioni direttive giudicanti di legittimità siano quelle di presidente di sezione della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno quattro anni;

 

2) le funzioni direttive requirenti di legittimità siano quelle di avvocato generale della Procura generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno quattro anni;

 

3) le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità siano quelle di presidente aggiunto della Corte di cassazione e quella di presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno dieci anni;

 

4) le funzioni direttive superiori requirenti di legittimità siano quelle di Procuratore generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno dieci anni;

 

5) le funzioni direttive superiori apicali di legittimità siano quelle di primo Presidente della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno dieci anni;

 

i) prevedere che:

 

1) annualmente il 75 per cento dei posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura acquisito il parere motivato del consiglio giudiziario, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti;

 

2) per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni requirenti;

 

3) annualmente il 75 per cento dei posti vacanti nella funzione requirente di primo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura acquisito il parere motivato del consiglio giudiziario, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti;

 

4) per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione requirente di primo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni giudicanti;

 

5) ai fini di cui al numero 2), sia istituita una commissione di concorso per l'assegnazione alle funzioni giudicanti, costituita da tre magistrati giudicanti, che esercitino funzioni di secondo grado, e da due magistrati requirenti, che esercitino funzioni di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

 

6) ai fini di cui al numero 4), sia istituita una commissione di concorso per l'assegnazione alle funzioni requirenti, costituita da tre magistrati requirenti, che esercitino funzioni di secondo grado, e da due magistrati giudicanti, che esercitino funzioni di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

 

7) annualmente il 25 per cento dei posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura acquisito il parere motivato del consiglio giudiziario, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado;

 

8) per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, e che tali posti siano assegnati:

 

8.1) per il 25 per cento a magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni requirenti di secondo grado;

 

8.2) per il 75 per cento a magistrati con otto anni di anzianità, di cui gli ultimi tre nelle funzioni giudicanti, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l'apposito corso di formazione alle funzioni di appello presso la Scuola superiore della magistratura di cui all'articolo 3;            

 

9) annualmente il 25 per cento dei posti vacanti nella funzione requirente di secondo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura acquisito il parere motivato del consiglio giudiziario, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado;

 

10) per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione requirente di secondo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, e che tali posti siano assegnati:

 

10.1) per il 25 per cento a magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni giudicanti di secondo grado;

 

10.2) per il 75 per cento a magistrati con otto anni di anzianità, di cui gli ultimi tre nelle funzioni requirenti, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l'apposito corso di formazione alle funzioni di appello presso la Scuola superiore della magistratura di cui all'articolo 3;

 

11) ai fini di cui al numero 8), sia istituita una commissione, composta da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

 

12) ai fini di cui al numero 10), sia istituita una commissione, composta da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

 

13) annualmente per la copertura del 75 per cento dei posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno sette anni le funzioni di secondo grado oppure con una anzianità di almeno quindici anni, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l'apposito corso di formazione alle funzioni di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui all'articolo 3;

 

14) annualmente i restanti posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità, a domanda, vengano assegnati, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura su parere motivato del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, a magistrati che esercitino da almeno cinque anni, diverse funzioni di legittimità. È fatto salvo quanto previsto dalla legge 5 agosto 1998, n. 303;

 

15) sia istituita una commissione di concorso alle funzioni di legittimità composta da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

 

16) i posti di cui ai numeri precedenti, messi a concorso e non coperti, vengano riassegnati nella rispettiva quota dei posti da attribuire previa valutazione da parte del Consiglio superiore della magistratura; i posti da attribuire previa valutazione da parte del Consiglio superiore della magistratura di cui ai numeri precedenti, e non coperti, vengano riassegnati nella rispettiva quota destinata a concorso;

 

17) nella individuazione e valutazione dei titoli ai fini dei concorsi previsti dalla presente lettera si tenga conto prevalentemente dell'attività prestata dal magistrato nell'ambito delle sue funzioni, anche mediante esame a campione dei provvedimenti dallo stesso adottati, nonché delle risultanze statistiche relative all'entità del lavoro svolto e, in particolare, l'esame dei titoli sia incentrato, oltre che sulle eventuali pubblicazioni di carattere scientifico, su tutti i provvedimenti giudiziari depositati in cancelleria dal magistrato concorrente nel corso dei quattro trimestri dei precedenti cinque anni indicati dalla commissione a seguito di sorteggio;

 

l) prevedere che:

 

1) i concorsi per gli incarichi direttivi consistano nella valutazione, da parte della commissione di cui al numero 6), dei titoli, consistenti in lavori giudiziari e scientifici, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; la commissione comunichi gli esiti del concorso al Consiglio superiore della magistratura che, acquisiti ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini della verifica dell'attitudine allo svolgimento delle funzioni direttive con specifico riferimento alla pregressa esperienza del magistrato ed anche mediante il parere motivato dei consigli giudiziari, forma la graduatoria e propone le nomine al Ministro della giustizia per il concerto; sia effettuato il coordinamento della presente disposizione con quanto previsto dall'articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni;

 

2) i concorsi per gli incarichi semidirettivi consistano nella valutazione, da parte della commissione di cui al numero 6), dei titoli, consistenti in lavori giudiziari e scientifici, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; la commissione comunichi l'esito delle valutazioni dei candidati al Consiglio superiore della magistratura che, acquisiti ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini della verifica dell'attitudine allo svolgimento delle funzioni semidirettive con specifico riferimento alla pregressa esperienza del magistrato ed anche mediante il parere motivato dei consigli giudiziari, sceglie tra quelli valutati positivamente;

 

3) gli incarichi direttivi, ad esclusione di quelli indicati nella lettera h), abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di quattro anni, rinnovabili a domanda, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, per un periodo ulteriore di due anni;

 

4) il magistrato, allo scadere del termine di cui al numero 3), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi di uguale grado in sedi poste fuori dal circondario di provenienza e per incarichi direttivi di grado superiore per sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell'interessato;

 

5) alla scadenza del termine di cui al numero 3), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alla sede ed alle funzioni non direttive da ultimo esercitate, eventualmente in soprannumero, con riassorbimento del posto alle successive vacanze;

 

6) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive e alle funzioni semidirettive, composta da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti direttive di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti direttive di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti direttive di secondo grado e da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti direttive di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

 

7) ai fini di cui ai numeri 1) e 2) i titoli vengano individuati con riferimento alla loro specifica rilevanza ai fini della verifica delle attitudini allo svolgimento di funzioni direttive o semidirettive;

 

m) prevedere, che le disposizioni dei numeri 1), 3), 5) e 6) della lettera l) si applichino anche per il conferimento dell'incarico di Procuratore nazionale antimafia e che, alla scadenza del termine di cui al citato numero 3), il magistrato che abbia esercitato le funzioni di procuratore nazionale antimafia possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi, in qualsiasi distretto, escluso quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell'interessato;

 

n) prevedere che, ai fini dell'applicazione delle disposizioni della presente legge, il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura sia equiparato all'esercizio delle ultime funzioni giurisdizionali svolte e il ricollocamento in ruolo avvenga nella medesima sede e nelle medesime funzioni, anche in soprannumero ovvero, nel caso di cessato esercizio di una funzione elettiva extragiudiziaria, in una sede diversa vacante. In ogni caso i magistrati collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura ovvero per mandato parlamentare non possono partecipare ai concorsi previsti dalla presente legge. Resta fermo quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 30 del decreto del Presidentedella Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;

 

o) prevedere che:

 

1) le commissioni di cui alle lettere i) e l) siano nominate per tre anni e siano automaticamente prorogate sino all'esaurimento delle procedure concorsuali in via di espletamento;

 

2) i componenti delle predette commissioni non siano immediatamente confermabili;

 

p) prevedere che:

 

1) la progressione economica dei magistrati si articoli automaticamente secondo le seguenti classi di anzianità, salvo quanto previsto dai numeri 2) e 3) e fermo restando il migliore trattamento economico eventualmente conseguito:

 

I. prima classe: dalla data del decreto di nomina a sei mesi;

 

II. seconda classe: da sei mesi a due anni;

 

III. terza classe: da due a cinque anni;

 

IV. quarta classe: da cinque a tredici anni;

 

V. quinta classe: da tredici a venti anni;

 

VI. sesta classe: da venti a ventotto anni;

 

VII. settima classe: da ventotto anni in poi;

 

2) i magistrati che conseguono le funzioni di secondo grado a seguito del concorso di cui alla lettera i), numeri 8.2) e 10.2), conseguano la quinta classe di anzianità;

 

3) i magistrati che conseguono le funzioni di legittimità a seguito del concorso di cui alla lettera i), numero 13), conseguano la sesta classe di anzianità;

 

q) prevedere che il magistrato possa rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo il medesimo incarico per un periodo massimo di dieci anni, con facoltà di proroga del predetto termine per non oltre due anni, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell'ufficio e comunque con possibilità di condurre a conclusione eventuali processi di particolare complessità nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine;

 

r) prevedere che:

 

1) siano attribuite al magistrato capo dell'ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell'ufficio nel suo complesso, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l'organizzazione dell'attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico;

 

2) siano indicati i criteri per l'assegnazione al dirigente dell'ufficio di cancelleria o di segreteria delle risorse finanziarie e strumentali necessarie per l'espletamento del suo mandato, riconoscendogli la competenza ad adottare atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, anche nel caso in cui comportino oneri di spesa, definendone i limiti;

 

3) sia assegnata al dirigente dell'ufficio di cancelleria o di segreteria la gestione delle risorse di personale amministrativo e gli sia attribuito l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 55, comma 4, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

 

4) entro trenta giorni dall'emanazione della direttiva del Ministro della giustizia di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e comunque non oltre il 15 febbraio di ciascun anno, il magistrato capo dell'ufficio giudiziario ed il dirigente dell'ufficio di cancelleria o segreteria predispongano, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il programma delle attività da svolgersi nel corso dell'anno; il magistrato capo dell'ufficio giudiziario ed il dirigente dell'ufficio di cancelleria o segreteria possano apportare eventuali modifiche al programma nel corso dell'anno; nell'ipotesi di mancata predisposizione o esecuzione del programma, oppure di mancata adozione di modifiche divenute indispensabili per la funzionalità dell'ufficio giudiziario, siano attribuiti al Ministro della giustizia, specificandone condizioni e modalità di esercizio, poteri di intervento in conformità a quanto previsto dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché poteri decisionali circa le rispettive competenze.


 

 

L'articolo 2 enuncia e specifica una serie di criteri e principi direttivi relativi agli aspetti del concorso per uditore giudiziario, della progressione economica e delle funzioni dei magistrati, e delle competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari.

 

Le lettere a), b) e c) disciplinano l'accesso in magistratura, specificando le caratteristiche del bando di concorso, i requisiti di ammissione allo stesso, alcune modalità del suo svolgimento.

 

In particolare, la lettera a) (nn. 1, 2 e 3 e 4) prevede che sia bandito un concorso per l'accesso a posti distinti nella magistratura giudicante e in quella requirente, con l'indicazione da parte del candidato, nella domanda, della funzione prescelta. In relazione a tale distinzione di funzioni viene poi previsto che il concorso, articolato in prove di esame scritte ed orali, preveda materie in parte comuni e in parte diverse, e che anche le relative commissioni di concorso, con il medesimo presidente, e un vicepresidente per ciascuna di esse, siano distinte quanto a composizione e modalità di nomina dei componenti.

Nel corso dell'esame del provvedimento presso il Senato sono state inserite alcune previsioni aggiuntive riguardanti la nomina e la composizione delle commissioni di concorso. In sintesi viene disposto che:

·         la nomina delle stesse avvenga con un unico decreto del Ministro della giustizia previa delibera del Consiglio superiore della magistratura;

·         fermo restando la spettanza delle funzioni di presidenza e vicepresidenza delle commissioni a magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni direttive di legittimità di cui alla lettera h ) (cfr. ultra), i componenti delle commissioni siano:

-       magistrati con almeno cinque anni di esercizio delle funzioni di secondo grado (cfr. ultra), in un numero variabile da un minimo di undici ed un massimo di sedici;

-       docenti universitari in materie giuridiche, in un numero variabile da un minimo di quattro ad un massimo di sei, sempre proporzionato, comunque, al numero dei componenti magistrati;

·         il numero preciso dei componenti di ciascuna commissione venga stabilito tenendo conto del presumibile numero dei candidati e dell'esigenza di rispettare le scadenze - di cui alla successiva lettera c), n. 2), cfr. ultra - relative allo scansione delle diverse fasi della procedura concorsuale.

Al numero 4, anch'esso inserito nel corso dell'esame del disegno di legge presso il Senato, viene poi stabilito, quale ulteriore requisito dei componenti le commissioni di concorso che si tratti, in prevalenza, di magistrati che esercitano funzioni giudicanti per i posti nella magistratura giudicante e di magistrati che esercitano funzioni requirenti per i posti nella magistratura requirente.

 

La lettera b) stabilisce i requisiti di ammissione al concorso, determinando, in 7 punti (nn. 1-7), le categorie dei soggetti ammessi a sostenere quest'ultimo, tanto per l'espletamento di funzioni giudicanti che requirenti.

Oltre al requisito del conseguimento della laurea in giurisprudenza a seguito di corso non inferiore a quattro anni, comune a tutti i casi considerati, vengono richiesti ulteriori titoli, equivalenti l'uno all'altro, ai fini dell'ammissione al concorso. Oltre alla laurea, pertanto, il soggetto dovrà essere in possesso di uno dei titoli elencati:

·         diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali (art. 16 Dlgs. 17 novembre 1997, n. 398); viene stabilito un limite massimo degli ammessi alle scuole - al di là delle previsioni specifiche in tal senso di cui al comma 5 dell'articolo 16 del Dlgs. 398/97 (cfr. ultra) - , che non può essere superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per uditore giudiziario;

·         dottorato di ricerca in materie giuridiche;

·         abilitazione all'esercizio della professione forense;

·         svolgimento, per almeno tre anni, di funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni;

·         superamento del concorso per la professione di notaio;

·         svolgimento per almeno quattro anni, senza demerito, delle funzioni di magistrato onorario;

·         diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al D.P.R. 10 marzo 1982, n. 162[2].

 

La lettera c) (nn. 1-3)attiene, più specificamente, allo svolgimento delle prove d'esame, e prevede (n.1) che la commissione esaminatrice di cui al n.3) della lettera a) (cfr. supra), quando il numero dei candidati sia superiore a millecinquecento, abbia facoltà di circoscrivere le prove scritte - attualmente attinenti, ai sensi dell'articolo 123 ter, comma 1, Ord. giud., al diritto civile, diritto penale e diritto amministrativo -, a due delle materie previste, mediante sorteggio effettuato nelle ventiquattro ore antecedenti l'inizio della prima prova; in tal caso particolare attenzione, in sede di prova orale, sarà dedicata alla materia che il sorteggio ha escluso.

Viene poi stabilito che le prove scritte avvengano, tendenzialmente a data fissa, nei giorni prossimi al 15 settembre di ogni anno, che la correzione degli scritti e lo svolgimento delle prove orali si svolgano in un arco di tempo non superiore a nove mesi e che in ogni caso, l'intera procedura concorsuale, sia espletata in modo da consentire l'inizio del tirocinio il 15 settembre dell'anno successivo.

Analogamente, infine, a quanto attualmente disposto dall'articolo 126 Ord. giud., viene previsto che il concorso non possa essere sostenuto per più di tre volte, con esito sfavorevole. 

 

Va ricordato che attualmente la progressione nelle carriere è unica per i magistrati della giudicante e della requirente[3].

Per trasmutare dall'una all'altra funzione è solo necessaria una valutazione di attitudini.

L'accesso alla magistratura professionale avviene per concorso pubblico, come sancito dall'art.106 comma I della Costituzione. La disciplina dell'accesso alla magistratura professionale ha costituito oggetto, negli ultimi anni, di diversi interventi legislativi, volti da un lato a semplificare le procedure concorsuali per un più rapido espletamento delle stesse, e dall'altro a promuovere la formazione di una base culturale comune tra i soggetti del mondo giuridico che interagiscono nelle attività connesse all'esercizio della funzione giurisdizionale, magistrati, notai, avvocati. Il legislatore ha così istituito, presso le Università, Scuole di specializzazione post lauream per il completamento della formazione di coloro che, avendo conseguito la laurea in giurisprudenza, intendano accedere alle professioni legali (d.lgs 17 novembre 1997, n. 398). L'istituzione effettiva delle Scuole è prevista a partire dall'anno accademico 2001‑2002[4].

Al fine di “razionalizzare” ed “accelerare” la procedura concorsuale, ed al fine di renderla in grado di “far fronte, in tempi ragionevoli e con la necessaria accuratezza, alla valutazione dei candidati”, con il richiamato d. lgs. n. 398/97, riformulandosi l'art. 123 ord. giud, (R.D. 30 gennaio 1941, n. 12) si è riscritto il contenuto del concorso per uditore giudiziario, affiancando alla prova scritta ed a quella orale, già in precedenza previste, una prova preliminare ‑ sulle materie oggetto della prova scritta realizzata con l'uso di sistemi automatizzati.

La prova preliminare informatica è stata, successivamente, eliminata nel nuovo assetto del concorso disegnato dalla L. 13 febbraio 2001, n. 48 (Aumento del ruolo organico e disciplina dell'accesso in magistratura), con la quale, invece, per accelerare le procedure di correzione degli elaborati, è stata istituita la figura del "correttore esterno"[5].. La prevista soppressione della prova preselettiva informatica diventerà effettiva a seguito dell'adozione del regolamento attuativo della disciplina dei correttori esterni

Fino all'approvazione della L. 13 febbraio 2001 n. 48, recante "Aumento del ruolo organico e disciplina dell'accesso in magistratura", l'accesso alla magistratura poteva avvenire esclusivamente attraverso il concorso nazionale per uditore giudiziario. Per essere ammessi al concorso occorreva, e tutt'ora occorre, aver conseguito la laurea in giurisprudenza. Quando saranno divenute operative le Scuole di specializzazione per l'accesso alle professioni legali, i candidati dovranno aver conseguito oltre al diploma di laurea anche quello di specializzazione.

Con la legge 48/2001 accanto al concorso per uditore giudiziario, che permane e costituisce comunque la principale modalità di accesso alla magistratura professionale, in quanto destinato a garantire la copertura del 90% dei posti che si rendano vacanti in organico, è stato introdotto il concorso per magistrato di tribunale, riservato agli avvocati di età inferiore ai 45 anni che abbiano cinque anni di effettivo esercizio della professione, o che abbiano esercitato funzioni giudiziarie onorarie per almeno un quinquennio, purché nei loro confronti non siano stati adottati provvedimenti di revoca.

Sia il concorso per uditore giudiziario che quello per magistrato di tribunale sono articolati in tre prove scritte ( tuttavia con alcune differenze in merito alle materie: nel primo caso diritto civile, diritto penale e diritto amministrativo, nel secondo caso. diritto civile e diritto processuale civile, diritto penale e diritto processuale penal, diritto amministrativo) e prove orali riguardanti le principali materie giuridiche (cfr. art. 123 ter ord. giud.).

La riforma dettata dalla L. 48/2001 si interseca dunque con le novità già introdotte dal decreto legislativo n. 398 del 17 novembre 1997.

Il concorso, sia per uditore giudiziario che per magistrato di tribunale, è bandito dal Ministro della Giustizia, su deliberazione del C.S.M. che determina il numero dei posti. All'esito dell'espletamento del concorso, qualora gli idonei siano in numero superiore rispetto ai posti a concorso, il Consiglio Superiore richiede al Ministero l'assegnazione di ulteriori posti disponibili o che si rendano disponibili entro sei mesi dall'approvazione della graduatoria.

In tal modo pare consentita un'adeguata programmazione dei concorsi e della dimensione quantitativa degli stessi, evitando l'attuale inconveniente rappresentato dalla sostanziale impossibilità di far fronte, con l'ingresso degli uditori giudiziari, alle nuove ‑ e pur prevedibili scoperture negli organici verificatesi nelle more dell'espletamento del concorso.

La commissione esaminatrice, nominata dal C.S.M., è presieduta da un magistrato di cassazione dichiarato idoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina alle funzioni direttive superiori, con funzioni di legittimità, ed è composta da un magistrato di qualifica non inferiore a quella di dichiarato idoneo a essere valutato ai fini della nomina a magistrato di cassazione, con funzioni di vicepresidente, da ventidue magistrati con qualifica non inferiore a quella di magistrato di appello nonché da otto docenti universitari in materie giuridiche.

La graduatoria formata dalla commissione, in relazione alla somma complessiva dei voti attribuiti in ogni singola prova a ciascun candidato, è approvata dal C.S.M.

I vincitori del concorso per uditore giudiziario sono nominati uditori giudiziari e assegnati ad un ufficio giudiziario di primo grado, sede di Corte di appello, per svolgere il tirocinio (la relativa disciplina è stata di recente modificata con D.P.R. 17 luglio 1998).

La durata del tirocinio, determinata dal C.S.M., non può essere inferiore a dodici mesi.

Il tirocinio consiste nell'assistere e collaborare all'attività giudiziaria svolta da altri magistrati nei settori civile e penale, come giudici monocratici o collegiali ovvero quali pubblici ministeri.

Il tirocinio, diretto, organizzato, coordinato e controllato dal C.S.M., avvalendosi di organi collegiali periferici (consigli giudiziari e commissioni distrettuali) e di magistrati disponibili e particolarmente attrezzati culturalmente (collaboratori e affidatari), mira ad assicurare la formazione professionale degli uditori giudiziari e a verificare la loro idoneità all'esercizio delle funzioni giudiziarie.

Con specifico riguardo alla formazione, va rimarcata l'attività del C.S.M. nella organizzazione anche in sede decentrata, con il coinvolgimento dei consigli giudiziari e dei referenti distrettuali per la formazione decentrata, di incontri di studio riservati agli uditori.

La L.48/2001 ha infine fissato un rilevante aumento del ruolo organico della magistratura (mille unità) da coprire mediante tre concorsi straordinari banditi con un unico decreto.

La Costituzione prevede, quale eccezione al reclutamento per concorso, la nomina diretta “per meriti insigni” a consigliere di cassazione di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori (art. 106 Cost.).

Alla disposizione è stata data di recente attuazione con legge. 5 agosto 1998, n. 303, ed in merito è intervenuta la circolare del C.S.M.  P.‑99‑03499 del 18.2.1999.

 

Le lettere da d) ad o) distinguono e disciplinano le diverse funzioni che possono essere svolte dai magistrati e le modalità di passaggio dall'una all'altra funzione.

 

Più in particolare, la lettera d) dispone che dopo il compimento del periodo di uditorato, le funzioni dei magistrati si distinguano in funzioni di merito e funzioni di legittimità, a loro volta ulteriormente distinte in:

 

·         funzioni giudicanti di primo grado;

a tale , proposito la successiva lettera g), al n.1, prevede che tali funzioni siano quelle di giudice di tribunale, di giudice del tribunale per i minorenni e di magistrato di sorveglianza.

·         funzioni requirenti di primo grado;

si tratta delle funzioni di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e presso il tribunale per i minorenni (lettera g, n. 2);

·         funzioni giudicanti di secondo grado, identificate con quelle di consigliere di corte di appello (lettera g, n. 3);

·         funzioni requirenti di secondo grado, identificate con quelle di sostituto procuratore generale presso la corte di appello nonché di sostituto addetto alla Direzione nazionale antimafia (lettera g, n. 4);

·         funzioni semi direttive giudicanti di primo grado;

si tratta delle funzioni di presidente di sezione di tribunale, cui possono accedere magistrati in possesso di alcuni requisiti specificamente indicati (lettera g, n. 7);

·         funzioni semi direttive giudicanti di secondo grado, identificate con quelle di presidente di sezione di corte di appello cui possono accedere, anche in tal caso, magistrati in possesso di alcuni requisiti specificamente indicati (lettera g, n. 8);

·         funzioni direttive di primo grado, suddivise, a loro volta (lettera g nn. 9 e 10) in giudicanti (presidente di tribunale, presidente del tribunale di sorveglianza, presidente del tribunale per i minorenni) e requirenti (procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e presso il tribunale per i minorenni), entrambe riservate ai magistrati in possesso di certi requisiti;

·         funzioni direttive di secondo grado distinte, analogamente a quelle di cui supra (lettera g nn.11 e 12), in giudicanti(Presidente di tribunale e Presidente della sezione per le indagini preliminari dei tribunali di cui alla tabella L allegata all'ordinamento giudiziario - R.D. n. 12/1941 -, di Presidente dei tribunali di sorveglianza di cui alla tabella A allegata alla legge 354/75 e Presidente di Corte d'appello) e requirenti (procuratore della Repubblica presso i tribunali di cui alla Tabella L del R.D. n.12/1941, procuratore generale presso la corte di appello, procuratore nazionale antimafia), anch'esse riservate ai magistrati in possesso di certi requisiti;

·         funzioni giudicanti di legittimità, vale a dire quelle di consigliere della Corte di cassazione (lettera g, n. 5);

·         funzioni requirenti di legittimità, vale a dire quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione (lettera g, n. 6);

·         funzioni direttive di legittimità;

a tale proposito, la lettera h), nn. 1 e 2, le distingue in giudicanti (presidente di sezione della Corte di cassazione) e requirenti (avvocato generale della procura generale presso la Corte di cassazione);  

·         funzioni direttive superiori di legittimità, anch'esse distinte (lettera h, nn. 3 e 4) in giudicanti (presidente aggiunto della Corte di cassazione, presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche) e requirenti (procuratore generale presso la Corte di cassazione).

 

Va inoltre ricordato che la citata lettera h), al n. 5), stabilisce che le funzioni direttive superiori apicali di legittimità siano quelle di primo presidente della Corte di cassazione, cui possono accedere, tramite concorso, magistrati in possesso di alcuni requisiti. 

 

La lettera e) disciplina il percorso tipico di progressione in carriera dei magistrati, prevedendo che fino al compimento dell'ottavo anno dall'ingresso in carriera gli stessi svolgano funzioni requirenti o giudicanti di primo grado, dopo tale periodo possano essere svolte funzioni di secondo grado, e dopo quindici anni possano essere svolte funzioni di legittimità:: negli ultimi due casi, tuttavia, occorrerà aver superato un apposito concorso per titoli ed esami. Viene poi stabilito, come criterio generale, che le funzioni di secondo grado e quelle di legittimità, siano attribuite dal CSM previo concorso per titoli ed esami, mentre quelle direttive e semidirettive giudicanti siano attribuite dal medesimo organo previo concorso per titoli.

Il n. 3) della lettera e) in esame (integrato nelle sue disposizioni nel corso dell'esame presso il Senato), rimettendo al Governo la definizione delle modalità e dei criteri di valutazione dei concorsi per titoli ed esami sopracitati, dispone, in ogni caso, che, fatto salvo quanto previsto dalla lettera l) per il conferimento delle funzioni direttive (cfr. ultra), le prove d'esame consistano nella redazione, anche con l'impiego di prospettazioni e di materiali forniti dalla commissione, di uno o più provvedimenti attinenti alle funzioni da svolgere e in una discussione orale sugli stessi temi.

In relazione, infine, ai requisiti per l'ammissione ai concorsi ed alle valutazioni sopracitati, il n. 4 della lettera e), inserito nel corso dell'esame del provvedimento presso l'altro ramo del Parlamento, stabilisce che la circostanza che il magistrato abbia in precedenza subito una sanzione disciplinare superiore all'ammonimento, determina un aumento (in misura non inferiore a due anni e non superiore a quattro) del periodo temporale richiesto al n. 1) della lettera in esame ed alle successive lettere g) ed h) (cfr. ultra) per il passaggio allo svolgimento di funzioni superiori.

 

La lettera f) stabilisce i criteri fondamentali per il passaggio dei magistrati dall'esercizio di funzioni giudicanti all'esercizio di funzioni requirenti e viceversa, prevedendo, quali requisiti fondamentali (nn. 1 e 4):

·         il decorso di un certo periodo di tempo, pari a cinque anni, nell'esercizio delle rispettive funzioni;

·         il superamento di un apposito concorso per titoli ed esami, bandito dal Consiglio superiore della magistratura, previa verifica, da parte di quest'ultimo, della sussistenza di posti vacanti nell'ambito delle rispettive funzioni; in relazione alle modalità di svolgimento del concorso, analogamente a quanto previsto per il passaggio allo svolgimento delle funzioni superiori ai sensi della sopra illustrata lettera e), viene rimessa al Governo la definizione delle modalità e delle prove scritte ed orali dei relativi concorsi, stabilendo, in ogni caso, che le prove d'esame consistano nella redazione, anche con l'impiego di prospettazioni e di materiali forniti dalla commissione, di uno o più provvedimenti attinenti alle funzioni da svolgere e in una discussione orale sugli stessi temi;

·         l'avvenuta frequentazione, con favorevole giudizio finale, di un corso di formazione tenuto dalla Scuola superiore della magistratura, di cui al successivo articolo 3 del disegno di legge.

 

Come sopra ricordato attualmente la progressione nelle carriere è unica per i magistrati della giudicante e della requirente.

Per trasmutare dall'una all'altra funzione è solo necessaria una valutazione di attitudini.

Gli uditori giudiziari, dopo la fase di formazione, possono essere destinati a posti della giurisdizione di primo grado.

Il C.S.M. predispone una lista di sedi vacanti, convoca gli uditori che indicano le loro preferenze secondo l'ordine della graduatoria del concorso e secondo gli eventuali titoli preferenziali posseduti.

Quanto alla progressione in carriera, va ricordato che l'ordinamento giudiziario del 1941 prevedeva che alle funzioni “superiori” (appello e cassazione) potesse accedersi solo attraverso concorsi e scrutini.

L'entrata in vigore della Costituzione e in particolare dell' art. 107, comma 3, secondo il quale “i magistrati si distinguono tra loro soltanto per diversità di funzioni” ha importato una sostanziale revisione della materia.

Con una serie di leggi successive (L. 25 luglio 1966, n. 570, sulla nomina a magistrato di corte di appello; 1. 20 dicembre 1973, n. 831, sulla nomina a magistrato di cassazione), infatti, è stata abolita la progressione in carriera per concorsi e scrutini e introdotta una progressione automatica, per anzianità, salvo demerito.

Il sistema è pertanto così strutturato: l'anzianità necessaria per la nomina alla qualifica di magistrato di tribunale è di due anni a decorrere da quella di uditore con funzioni (cfr. L. 2 aprile 1979, n. 97); dopo undici anni di funzioni, i magistrati di tribunale possono essere nominati alla qualifica di magistrato di corte d'appello (L. 25 luglio 1966, n. 570); l'anzianità richiesta per la dichiarazione di idoneità alla nomina a magistrato di cassazione è di sette anni a decorrere dalla nomina a magistrato di corte d'appello; decorsi ulteriori otto anni i magistrati possono essere dichiarati idonei per la nomina alle funzioni direttive superiori (L. 20 dicembre 1973, n. 831).

L'avanzamento, dopo avere conseguito la necessaria anzianità, è deciso dal C.S.M., su parere del consiglio giudiziario competente.

Nel caso di dichiarazione non favorevole, il magistrato viene sottoposto a nuova valutazione decorso un determinato lasso di tempo.

Il sistema così come attualmente vigente è fondato sulla dissociazione delle qualifiche e delle funzioni, nel senso che l'avanzamento nelle qualifiche è indipendente dall'effettiva attribuzione di un posto corrispondente alla qualifica ottenuta. Per esempio, per essere effettivamente assegnato ad una funzione di appello (quale quella di consigliere della corte d'appello) il magistrato deve avere ottenuto effettivamente la nomina alla qualifica d'appello; per converso, un magistrato di appello o un magistrato che abbia ottenuto la dichiarazione di idoneità per la nomina a magistrato di cassazione può continuare a restare nel posto che occupa ‑ anche se corrispondente ad una qualifica inferiore ‑ senza limitazioni di tempo. Di recente, anzi, è stata introdotta la possibilità della reversibilità delle funzioni, consentendo ai magistrati che ricoprono un ufficio con funzioni di legittimità o con funzioni di appello di essere destinati, a domanda, rispettivamente, ad un ufficio con funzioni di merito o a qualunque altro ufficio con funzioni di merito anche se corrispondente alla qualifica di magistrato di tribunale (art. 21‑sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv. in 1. 7 agosto 1992, n. 356).

La sola conseguenza immediata della progressione in carriera è il diverso e corrispondente trattamento economico.

 

La lettera i) disciplina le modalità di copertura dei posti vacanti sia nella funzione giudicante che in quella requirente di primo, secondo grado e legittimità, garantendo che tale copertura avvenga sia attraverso il ricorso a magistrati che esercitano la stessa funzione nell'ambito del medesimo grado e del grado inferiore, che a magistrati che esercitano la differente funzione (in tal caso però esclusivamente nell'ambito del medesimo grado).

A seconda della provenienza del magistrato candidato alla copertura del posto vacante, sono previste modalità di accesso differenti.

La disciplina introdotta innova radicalmente, tra l'altro, il sistema di progressione in carriera introdotto dalle citate leggi n. 570/1966 .831/1973 ( cfr. supra).

In particolare rilevano due profili:

·       nella normativa vigente, come sopra ricordato, il passaggio da una qualifica ad una di grado più elevato non si limita ad un numero definito di avanzamenti e prescinde dalle effettive carenze di organico che possano verificarsi. Ciò causa il fenomeno, assai contestato, per cui tutti i magistrati che conseguono la valutazione di idoneità alla qualifica superiore ottengono i vantaggi giuridici ed economici ad essa connessi anche se, come assai di sovente accade, rimangono ad esercitare (per difetto di vacanze) le funzioni del grado inferiore. Le novità introdotte dalla proposta in esame sono finalizzate al superamento di tale fenomeno, giacché le progressioni in carriera sono connesse alle effettive carenze di organico che annualmente si possono verificare e al numero dei posti "superiori" effettivamente disponibili;

·       come già illustrato, la normativa in vigore prevede che il passaggio da un grado a quello superiore sia subordinato ad una valutazione del C.S.M., effettuata previo esame di un parere emanato dai consigli giudiziari (previsione assente nella legge n. 831/1973 che, prima dell'intervento della Corte costituzionale, consentiva la nomina a magistrato di cassazione per sola anzianità) Nella sua applicazione pratica tale norma è stata completamente svuotata di contenuto, giacché le promozioni vengono operate, quasi esclusivamente, in base al criterio della anzianità.

L'intervento riformatore, conformandosi ad un principio già enunciato dalla Corte costituzionale in relazione all'accesso alle funzioni di legittimità (cfr. sent. n. 86/1982), tende a valorizzare i requisiti di professionalità e preparazione dei magistrati: a tal fine si introduce il sistema dei concorsi per titoli ed esami e dei corsi di formazione presso la istituenda Scuola superiore della magistratura.

I numeri da 1 a 6 della lettera in esamesi riferiscono alle funzioni giudicanti e requirenti di primo grado.

Il meccanismo predisposto dal legislatore per la copertura dei posti che in tale ambito si rendano vacanti è il seguente: il settantacinque per cento del totale dei posti scoperti ogni anno viene assegnato a magistrati che esercitino da almeno tre anni le medesime funzioni nel medesimo grado: è sufficiente, in tal caso, la domanda dell'interessato e una valutazione di idoneità del C.S.M., basata su un parere motivato del consiglio giudiziario.

La restante quota (venticinque per cento) viene coperta attraverso un concorso per titoli ed esami (scritti e orali), cui possono partecipare i magistrati che esercitino da almeno cinque anni, nell'ambito del primo grado, le differenti funzioni (al concorso per la copertura dei posti vacanti nella funzione requirente possono partecipare i magistrati titolari della funzione giudicante e viceversa).

La commissione di concorso è composta da tre magistrati requirenti e da due magistrati giudicanti di secondo grado (o viceversa a seconda che il concorso sia per l'assegnazione di posti relativi alla funzione requirente ovvero giudicante).

I numeri da 7 a 12 si riferiscono invece alle funzioni giudicanti e requirenti di secondo grado.

Le modalità di copertura dei posti vacanti, in tal caso, si differenziano a seconda che ad essi aspirino magistrati appartenenti al medesimo grado e funzione, ovvero al medesimo grado ma ad altra funzione, ovvero ancora al grado inferiore ma alla medesima funzione (non è prevista la possibilità, invece, di poter accedere dal grado inferiore alle diverse funzioni del grado superiore: così, ad esempio, il magistrato che esercita funzioni requirenti in primo grado non può accedere direttamente alle funzioni giudicanti di appello).

Il venticinque per cento del totale dei posti vacanti è assegnato, su domanda e previa valutazione del C.S.M. su parere motivato del consiglio giudiziario, a magistrati che esercitino da almeno tre anni le medesime funzioni in secondo grado.

Il restante settantacinque per cento è assegnato, tramite concorso per titoli ed esami: per una quota (pari al venticinque per cento) a magistrati che esercitino da almeno cinque anni le differenti funzioni in secondo grado; per la residua parte a magistrati che esercitino le medesime funzioni, ma in primo grado. In tale ultimo caso, oltre al requisito della anzianità complessiva pari ad otto anni, è necessario il superamento di un apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura.

La commissione di concorso è composta da due magistrati giudicanti e da uno requirente di cassazione e di appello (o viceversa, a seconda che debbano essere coperti posti di appello di funzione giudicante o requirente) e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal C.S.M.

I numeri da 13 a 15 riguardano, infine, le modalità di copertura dei posti vacanti nelle funzioni giudicante e requirente di legittimità.

Il settantacinque per cento del totale dei posti che annualmente si rendano disponibili, viene coperto attraverso concorso per titoli ed esami, cui possono partecipare i magistrati di appello con sette anni di anzianità ovvero i magistrati anche di primo grado con una anzianità di quindici anni, che abbiano frequentato con esito positivo l'apposito corso di formazione presso la Scuola superiore.

La commissione di concorso è composta da tre magistrati  giudicanti e da due requirenti di cassazione e da tre professori universitari nominati dal C.S.M.

Il restante venticinque per cento dei posti vacanti, sia nella funzione giudicante, che in quella requirente, è assegnato a magistrati di cassazione che esercitino, da almeno cinque anni, le diverse funzioni, rendendosi necessaria, in tal caso, una valutazione del C.S.M. effettuata su parere motivato del Consiglio direttivo della Corte di cassazione.

Resta fermo quanto stabilito, in attuazione dell'art.106, terzo comma, della Costituzione, dalla legge n. 303/1998, in relazione alla nomina di professori universitari e di avvocati all'ufficio di consigliere di cassazione.

Il numero 17, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato,individua le modalità di valutazione dei titoli valide per tutte le ipotesi di concorso prima esaminate: si dovrà prevalentemente tenere conto della attività prestata dal magistrato (mediante esame a campione dei provvedimenti adottati) e delle risultanze statistiche relative all'entità del lavoro svolto. In particolare, oltre alla valutazione delle pubblicazioni a carattere scientifico, la commissione dovrà tenere conto di tutti i provvedimenti giudiziari depositati in cancelleria nel corso dei cinque anni precedenti ad un anno individuato tramite sorteggio.

Il numero 16 detta disposizioni volte a garantire, in ogni caso, la copertura dei posti vacanti in ogni grado e funzione: così i posti messi a concorso e non coperti, vengono riassegnati nella quota dei posti da attribuire in base a valutazione del C.S.M. e viceversa.

 

Alla lettera l) è contenuta la disciplina per il conferimento degli incarichi direttivi e semi direttivi. Due sono i principi ispiratori dell'intervento riformatore:

 

·         la temporaneità degli incarichi direttivi, che appare finalizzata ad evitare "l'appassimento" della funzione o la formazione di centri permanenti di potere;

 

Due sono i precedenti normativi relativi alla temporaneità degli incarichi direttivi: il D.L.n.367/1991, convertito dalla legge n.356/1992, che ,istituendo l'ufficio di Procuratore nazionale antimafia, ne stabilisce la durata quadriennale delle funzioni e il D.L.n.306/1992, convertito dalla legge n.356/1992 che, all'art.21-sexies, enuncia il principio della reversibilità delle funzioni, rimuovendo così il principale ostacolo alla introduzione della temporaneità.

 

·         il superamento dei tradizionali criteri dell'anzianità e del merito giudiziario come parametri esclusivi per la nomina dei dirigenti : si introduce, nel testo in esame, il meccanismo del concorso e si fa espresso riferimento a specifiche attitudini quali le capacità organizzative o la pregressa esperienza del magistrato.

 

Gli incarichi direttivi, ad esclusione di quelli relativi al grado di legittimità previsti alla lettera h), sono attribuiti, pertanto, per un periodo di quattro anni, suscettibile di una proroga di ulteriori due anni, su domanda del magistrato e previa valutazione positiva del C.S.M.

Scaduto tale termine, il magistrato può concorrere per il conferimento di altri incarichi di eguale grado (purché al di fuori del circondario di provenienza), ovvero per incarichi di grado superiore (purché al di fuori del distretto di provenienza). In assenza di domanda per il conferimento di altro incarico direttivo (ovvero nella ipotesi di reiezione della stessa), il magistrato è assegnato alla sede ed alle funzioni non direttive da ultimo esercitate, anche in soprannumero rispetto alla pianta organica.

Gli incarichi direttivi sono conferiti mediante concorso, consistente nella valutazione dei titoli (tra i lavori, sia giudiziari che scientifici, sono esaminati quelli rilevanti ai fini della verifica delle attitudini allo svolgimento delle funzioni direttive, n.7), della laboriosità del magistrato, della sua capacità organizzativa.

La commissione di concorso è formata da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti direttive di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti direttive di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti direttive di appello, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti direttive di appello, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal C.S.M.

Il procedimento, finalizzato al conferimento degli incarichi, è il seguente: la commissione comunica gli esiti del concorso al C.S.M. che, acquisiti ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini della verifica dell'attitudine del magistrato allo svolgimento delle funzioni direttive (si fa riferimento in particolare alla pregressa esperienza del magistrato), forma la graduatoria e propone le nomine al Ministro della giustizia per il concerto: tale disposizione deve essere coordinata con quella contenuta all'art.11 della legge 24 marzo 1958, n.195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura) e successive modificazioni (in particolare legge 3 gennaio 1981, n.1), in base alla quale "sul conferimento degli uffici direttivi (...) il Consiglio delibera su proposta, formulata di concerto col Ministro per la grazia e giustizia, di una commissione formata da sei dei suoi componenti, di cui quattro eletti dai magistrati e due eletti dal Parlamento"

 

Il concerto con il Ministro, per il conferimento degli incarichi direttivi, costituisce, secondo la Corte costituzionale, un elemento essenziale del procedimento (cfr.sent. n. 379/1992). Premesso che il conferimento degli uffici direttivi riguarda sia l'assegnazione delle funzioni e il trasferimento dei magistrati (attribuzioni spettanti in via esclusiva al C.S.M. in base all'art.105 della Costituzione), che l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia (competenza, invece, in base all'art.110 della Costituzione, del Ministro della giustizia), la Corte ha individuato nel concerto il necessario "punto di equilibrio" tra le due citate disposizioni costituzionali.

 

In relazione, invece, al conferimento degli incarichi semi direttivi (per i quali, a differenza di quelli direttivi, non è prevista la temporaneità della durata), si dispone che essi siano conferiti dal C.S.M., a magistrati scelti tra coloro che siano già stati ritenuti idonei (a seguito di una valutazione dei loro lavori giudiziari e scientifici, in base ai criteri di cui al n. 7) dalla commissione precedentemente esaminata. Il Consiglio superiore effettua la selezione, dopo aver acquisito elementi di valutazione rilevanti ai fini della verifica dell'attitudine allo svolgimento delle funzioni semi direttive, tenendo conto della laboriosità e delle capacità organizzative dei magistrati.

 

La lettera m) detta norme relative ai magistrati cui sia conferito l'incarico di Procuratore nazionale antimafia e che siano assegnati alla Direzione nazionale antimafia.

In particolare essa estende al Procuratore nazionale antimafia le norme sopra esaminate e relative ai concorsi per il conferimento di incarichi direttivi (modalità, commissione di concorso), quelle relative alla durata temporanea (quadriennale) dell'incarico, quelle relative al ricollocamento del magistrato che, allo scadere del termine, non faccia domanda per altro incarico direttivo.

 

La lettera o) individua le modalità di funzionamento delle commissioni di concorso per il passaggio da un grado a quello superiore, da una funzione all'altra nell'ambito del medesimo grado, per il conferimento di incarichi direttivi e semi direttivi (previste alle lettere i) ed l). Esse durano in carica per tre anni, salvo proroghe necessarie alla conclusione delle operazioni concorsuali e i componenti non sono immediatamente confermabili.

 

Alla lettera n) si stabilisce che, fermo restando quanto disposto dal D.P.R. 16 settembre 1958, n.916 in relazione al collocamento fuori ruolo dei magistrati componenti del C.S.M.:

1) il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico sia equiparato, ai fini della anzianità necessaria per concorrere alla copertura dei posti vacanti nelle funzioni giudicante e requirente di primo, secondo grado e legittimità, all'esercizio delle ultime funzioni giurisdizionali svolte;

2) il ricollocamento in ruolo avvenga nella medesima sede e nelle medesime funzioni, anche in soprannumero (come già previsto dal cit. D.P.R. 916/1958 per i magistrati componenti del C.S.M.), ovvero, nel caso di cessato esercizio di una funzione elettiva extra-giudiziaria (deputato, consigliere regionale, provinciale, comunale, ecc.) in una sede diversa vacante;

3) i magistrati eletti a far parte del Consiglio superiore della magistratura o di una delle camere del Parlamento, non possano partecipare ai concorsi previsti dalla legge-delega.

 

La lettera p) disciplina la progressione economica dei magistrati, prevedendo che essa si articoli automaticamente secondo predefinite classi di anzianità fatte salve le previsioni di cui ai successivi nn. 2) e 3).

 

In relazione alla carriera economica dei magistrati, va ricordato che in base alla legge 24 maggio 1951 n. 392 (Distinzione dei magistrati secondo le funzioni. Trattamento economico della magistratura nonché dei magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, della Giustizia militare e degli avvocati e procuratori dello Stato), il trattamento economico del magistrato era collegato alle funzioni dallo stesso ricoperte.

Secondo tale principio, il raggiungimento di un certo grado attraverso il conferimento delle corrispondenti “funzioni” (giudice di tribunale, consigliere di Corte d’Appello, Consigliere della Corte di cassazione), comportava l’attribuzione del corrispondente stipendio e, fino al raggiungimento del grado successivo, la progressione economica avveniva nell’ambito del livello stipendiale raggiunto sulla base degli aumenti previsti per gli scatti biennali di anzianità. Ai magistrati che non conseguivano il conferimento delle funzioni “superiori” non spettava lo stipendio superiore.

L’attuale trattamento economico della magistratura è, invece, basato su principi del tutto diversi, cioè su passaggi di grado retributivo svincolati dal conferimento di funzioni “superiori”.

Nell’ambito del sistema costituito dalle leggi “Breganze” e “Breganzone[6] , la legge 6 agosto 1984 n. 425 “Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati” prevede che la progressione economica del personale di magistratura si sviluppi all’interno di ognuna delle qualifiche e si articoli in otto classi biennali del 6 per cento, da determinare sullo stipendio iniziale di qualifica o livello retributivo, ed in successivi aumenti biennali del 2,50 per cento, da calcolare sull’ultima classe di stipendio” (art. 3).

Gli  aumenti  periodici  biennali  per nascita di figli o per altre situazioni  previste  dalle  vigenti norme sono attribuiti in ragione del  2,50  per  cento,  da  calcolare  sulla  classe  stipendiale  di appartenenza.  Essi sono riassorbibili con la successiva progressione economica, e quindi sono di scarso rilievo.

Tale sistema dà luogo ad una vera e propria carriera economica del magistrato, legata non più al raggiungimento delle singole qualifiche di carriera, ma al raggiungimento delle classi biennali di stipendio e, successivamente, degli aumenti al 2,50 per cento. Sul piano del trattamento economico lo stipendio iniziale della qualifica assume ora rilevanza quale “livello retributivo”, ai fini, cioè, di determinare la base di calcolo delle classi e degli aumenti biennali.

La retribuzione del magistrato in godimento in un certo momento è costituita dal conglobamento di classi ed aumenti, in quanto per accedere ad essa lo stesso magistrato deve aver necessariamente percorso le classi stipendiale che costituiscono il “maturato economico” delle precedenti qualifiche.

Consegue che lo stipendio del magistrato non è giuridicamente frazionabile in elementi retribuitivi (stipendio iniziale di qualifica, classi, aumenti biennali) autonomamente determinabili, ma costituisce un unicum, in cui le singole componenti assumono rilievo autonomo a fini meramente contabili.

La legge 425/1984 prevede, inoltre, che ai magistrati promossi alla qualifica o pervenuti al livello retributivo superiore compete “lo stipendio iniziale previsto per la nuova posizione, maggiorato dell’importo corrispondente alle classi o aumenti biennali maturati nella posizione di provenienza” (art. 5). Con la legge 8 agosto 1991 n. 265[7], è stato stabilito che la maggiorazione va riferita esclusivamente “alle anzianità minime richieste dall’ordinamento di appartenenza o, laddove non previste, alle effettività di servizio” (art. 1, 5° comma).

Pertanto, in base all’art. 5 della legge 425/1984 il consigliere d’appello di prima nomina riceve lo stipendio iniziale del suo grado più cinque scatti biennali al 6% (gliene restano solo tre al 6%, i successivi saranno al 2,5%), il consigliere di cassazione riceve tre scatti al 6%, il grado terzo 4 scatti al 6%

L’agganciamento delle retribuzioni dei magistrati alla dinamica retributiva del pubblico impiego è avvenuto con la legge 19 febbraio 1981, n. 27 “Provvidenze per il personale di magistratura”; esso è stato qualche volta “congelato” per esigenze di bilancio ed è stato  “copiato” per le altre categorie “non contrattualizzate” il cui rapporto non è cioè regolato dal contratto collettivo.

L’adeguamento viene calcolato ogni tre anni.

Per evitare un ritardo troppo lungo e sbalzi troppo forti nelle retribuzioni il primo ed il secondo anno di ogni triennio viene corrisposto un acconto pari al 30% dell’adeguamento del precedente triennio. Il terzo anno si procede al “conguaglio” , che è quasi sempre positivo in quanto è difficile che il 60% degli aumenti di un triennio sia superiore al 100% degli aumenti del triennio successivo.

Con il quarto comma dell’art. 24 della legge 23 dicembre 1998, n.  448 (Collegato alla Finanziaria 1999) si è avuta una integrazione di questo criterio con la affermazione che esso si applica  “ tenendo conto degli incrementi medi pro capite del trattamento economico complessivo, comprensivo di quello  accessorio  e  variabile,  delle altre categorie del pubblico impiego”. E’ evidente la modifica rispetto al testo precedente che faceva invece riferimento alle “voci retributive calcolate dall'Istituto centrale di statistica ai fini della elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali”. La modifica appare importante poiché l’attuale indirizzo di “privatizzazione” del pubblico impiego determina una esaltazione delle voci retributive individuali determinate con criteri asseritamente “meritocratici”.

Tuttavia la  Ragioneria Generale dello Stato con nota 30 dicembre 1999  aveva espresso l’opinione secondo cui il calcolo previsto dalla legge 448/1998 andrebbe fatto considerando solo “le componenti retributive aventi carattere di generalità e continuità”  cioè risultanti dal così detto “primo livello” della contrattazione, con esclusione del “secondo livello” di contrattazione “demandato alle singole amministrazioni”.

Pertanto, nel contenuto del D.P.C.M. 13 giugno 2000, con cui sono stati fissati gli aumenti stipendiali per il triennio 2000-2002 è stata inserita una frase secondo cui si da’ atto che “sono in corso le iniziative di progettazione e sviluppo di un modello idoneo a valutare tutti gli incrementi del trattamento economico delle categorie di riferimento, comprensivo di quello accessorio e variabile, ai sensi dell’art. 24 della legge  448/1998”; nel frattempo si procede al calcolo degli aumenti sulla base della nota dell’Istituto Nazionale di Statica 30 marzo 2000 n. SP/502.00 (che, tuttavia, non ha tenuto conto degli incrementi del trattamento economico “accessorio e variabile”)..

 

Vengono pertanto definite le classi di anzianità, così suddivise:

·         prima classe: dalla data del decreto di nomina a sei mesi;

·         seconda classe: da sei mesi a due anni,

·         terza classe: da due a cinque anni;

·         quarta classe: da cinque a tredici anni;

·         quinta classe: da tredici a venti anni;

·         sesta classe: da venti a ventotto anni;

·         settima classe: da ventotto anni in poi.

 

Viene poi stabilito che i magistrati che conseguono le funzioni di secondo grado o quelle di legittimità a seguito dei concorsi di cui alla lettera i) nn. 8.2, 10.2 e 13 (cfr. supra) siano inquadrabili, rispettivamente, nell'ambito della quinta e della sesta classe di anzianità.

 

La lettera q) quantifica a dieci anni il periodo massimo di permanenza in servizio del magistrato presso lo stesso ufficio, nello svolgimento del medesimo incarico. Tale termine può essere prorogato per non oltre due anni, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell'ufficio.

 

La lettera q)  detta alcuni principi relativi all'organizzazione interna degli uffici

In particolare al n. 1) vengono riconosciute al magistrato capo dell'ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell'ufficio nei rapporti con gli enti e con i rappresentanti degli altri uffici, nonché la competenzaall'adozione dei provvedimenti relativi all'organizzazione dell'attività giudiziaria ed alla gestione e allo stato giuridico del personale di magistratura.

Viene poi prevista (n. 2) l'indicazione dei criteri relativi all'assegnazione al dirigente dell'ufficio di cancelleria o segreteria delle risorse (finanziarie o strumentali) necessarie per l'espletamento del suo mandato, salva in ogni caso il riconoscimento allo stesso della competenza - da definire nei suoi limiti esatti - ad adottare atti che impegnino l'amministrazione verso l'esterno .

Al medesimo dirigente il n. 3) dell'articolo in esame attribuisce la gestione delle risorse di personale amministrativo, nonché il potere di irrogare direttamente le sanzioni del rimprovero verbale e della censura, ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 55, comma 4[8], terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

Il n. 4), infine, stabilisce che entro trenta giorni dall'emanazione della direttiva del Ministro della giustizia relativa all'indirizzo politico amministrativo, di cui all'articolo 14 del citato Decreto legislativo n. 165/2001, e comunque non oltre il 15 febbraio di ciascun anno, il magistrato capo dell'ufficio giudiziario ed il dirigente dell'ufficio di cancelleria o segreteria predispongano il programma delle attività da svolgersi nel corso dell'anno, indicando le priorità e tenendo conto delle risorse disponibili; tale programma potrà essere modificato, se necessario, ad opera degli stessi soggetti, nel corso dell'anno.

Nel caso di mancata predisposizione o esecuzione del programma, o di adozione di modifiche divenute indispensabili per la funzionalità dell'ufficio giudiziario, vengono attribuiti al Ministro della giustizia poteri di intervento - da specificare esattamente quanto alle condizioni e modalità di esercizio -, ai sensi dell'articolo 14 del Decreto legislativo n. 165/2001, nonché poteri decisionali circa le rispettive competenze.

 

 



 

Art. 3.
(Scuola superiore della magistratura. Tirocinio e formazione degli uditori giudiziari ed aggiornamento professionale e forma zione dei magistrati).

 

 

 


1. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) prevedere l'istituzione come ente autonomo della Scuola superiore della magistratura quale struttura didattica stabilmente preposta:

 

1) all'organizzazione e alla gestione del tirocinio e della formazione degli uditori giudiziari, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;

 

2) all'organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;

 

3) alla promozione di iniziative e scambi culturali, incontri di studio e ricerca;

 

4) all'offerta di formazione di magistrati stranieri, o aspiranti tali, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria;

 

b) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia fornita di autonomia contabile, giuridica, organizzativa e funzionale ed utilizzi personale dell'organico del Ministero della giustizia, ovvero comandato da altre amministrazioni, con risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero;

 

c) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia articolata in due sezioni, l'una destinata al tirocinio degli uditori giudiziari, l'altra all'aggiornamento professionale e alla formazione dei magistrati;

 

d) prevedere che il tirocinio abbia la durata di diciotto mesi e che sia articolato in sessioni tendenzialmente di uguale durata presso la Scuola superiore della magistratura e presso gli uffici giudiziari;

 

e) prevedere modalità differenti di svolgimento del tirocinio che tengano conto della diversità delle funzioni, giudicanti e requirenti, che gli uditori saranno chiamati a svolgere;

 

f) prevedere che nelle sessioni presso gli uffici giudiziari gli uditori possano effettuare adeguati periodi di formazione presso studi di avvocato, settori qualificati della pubblica amministrazione, istituti penitenziari, istituti bancari ed altre sedi formative, secondo quanto previsto dal regolamento per il tirocinio degli uditori giudiziari di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 luglio 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 24 luglio 1998;

 

g) prevedere che nelle sessioni presso la Scuola superiore della magistratura gli uditori giudiziari ricevano insegnamento da docenti di elevata competenza e autorevolezza, scelti secondo principi di ampio pluralismo culturale, e siano seguiti assiduamente da tutori scelti tra i docenti della scuola;

 

h) prevedere che per ogni sessione sia compilata una scheda valutativa dell'uditore giudiziario;

 

i) prevedere che, in esito al tirocinio, sia formulata da parte della Scuola, tenendo conto di tutti i giudizi espressi sull'uditore nel corso dello stesso, una valutazione di idoneità all'assunzione delle funzioni giudiziarie sulla cui base il Consiglio superiore della magistratura delibera in via finale;

 

l) prevedere che, in caso di valutazione finale negativa, l'uditore possa essere ammesso ad un ulteriore periodo di tirocinio, di durata non superiore a un anno, e che da un'ulteriore valutazione negativa derivi la cessazione del rapporto di impiego;

 

m) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia diretta da un comitato che dura in carica quattro anni, composto dal primo presidente della Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, dal procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, da due magistrati ordinari nominati dal Consiglio superiore della magistratura, da un avvocato con almeno quindici anni di esercizio della professione nominato dal Consiglio nazionale forense, da un componente professore universitario ordinario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale e da un membro nominato dal Ministro della giustizia; prevedere che, nell'ambito del comitato, i componenti eleggano il presidente; prevedere che i componenti del comitato, diversi dal primo presidente della Corte di cassazione, dal procuratore generale presso la stessa e dai loro eventuali delegati, non siano immediatamente rinnovabili e non possano far parte delle commissioni di concorso per uditore giudiziario;

 

n) prevedere un comitato di gestione per ciascuna sezione, chiamato a dare attuazione alla programmazione annuale per il proprio ambito di competenza, a definire il contenuto analitico di ciascuna sessione e ad individuare i docenti, a fissare i criteri di ammissione alle sessioni di formazione, ad offrire ogni utile sussidio didattico e a sperimentare formule didattiche, a seguire lo svolgimento delle sessioni ed a presentare relazioni consuntive all'esito di ciascuna, a curare il tirocinio nelle fasi effettuate presso la Scuola selezionando i tutori nonché i docenti stabili e quelli occasionali; prevedere che, in ciascuna sezione, il comitato di gestione sia formato da un congruo numero di componenti, nominati dal comitato direttivo di cui alla lettera m);

 

o) prevedere che, nella programmazione dell'attività didattica, il comitato direttivo di cui alla lettera m) possa avvalersi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura, del Ministro della giustizia, del Consiglio nazionale forense, dei consigli giudiziari, del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché delle proposte dei componenti del Consiglio universitario nazionale esperti in materie giuridiche;

 

p) prevedere il diritto del magistrato a partecipare, a sua richiesta e se non vi ostano comprovate e motivate esigenze organizzative e funzionali degli uffici giudiziari di appartenenza, ai corsi di aggiornamento professionale e a quelli di formazione con conseguente riconoscimento di un corrispondente periodo di congedo retribuito; in ogni caso assicurare il diritto del magistrato a partecipare ai corsi di formazione funzionali al passaggio a funzioni superiori con facoltà del capo dell'ufficio di rinviare soltanto la partecipazione al corso per un periodo non superiore a sei mesi;

q) stabilire che, al termine del corso di aggiornamento professionale, sia formulata una valutazione che contenga elementi di verifica attitudinale, modulata secondo la tipologia del corso, da inserire nel fascicolo personale del magistrato, al fine di costituire elemento per le valutazioni operate dal Consiglio superiore della magistratura;

 

r) prevedere che il magistrato, il quale abbia partecipato ai corsi di aggiornamento professionale organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, possa nuovamente parteciparvi trascorso almeno un anno;

 

s) prevedere che la valutazione di cui alla lettera q) abbia validità per un periodo non superiore a sei anni;

 

t) prevedere che vengano istituite sino a tre sedi della Scuola superiore della magistratura a competenza interregionale;

 

u) prevedere che i magistrati, i quali non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità, siano sottoposti da parte del Consiglio superiore della magistratura a valutazioni periodiche di professionalità, desunte dall'attività giudiziaria e scientifica, dalla produttività, dalla laboriosità, dalla capacità tecnica, dall'equilibrio, dalla disponibilità alle esigenze del servizio, dal tratto con tutti i soggetti processuali, dalla deontologia, nonché dalle valutazioni di cui alla lettera q); prevedere che le valutazioni di cui alla presente lettera debbano avvenire al compimento del tredicesimo, ventesimo e ventottesimo anno dall'ingresso in magistratura; prevedere che, in caso di esito negativo, la valutazione debba essere ripetuta per non più di due volte, con l'intervallo di un biennio tra una valutazione e l'altra; prevedere che, in caso di esito negativo di tre valutazioni consecutive, si applichi l'articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, come modificato ai sensi dell'articolo 7, comma 1, lettera o), della presente legge;

 

v) prevedere che, per i magistrati che hanno sostenuto i concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità e non abbiano ottenuto i relativi posti, la commissione di concorso comunichi al Consiglio superiore della magistratura l'elenco di coloro i quali, per inidoneità, non devono essere esentati dalle valutazioni periodiche di professionalità.


 

 

 

L’articolo 3 contiene disposizioni volte ad istituire e disciplinare la Scuola superiore della magistratura e a modificare, di conseguenza, le modalità di svolgimento del tirocinio degli uditori giudiziari e di aggiornamento professionale dei magistrati.

La Scuola superiore della magistratura viene definito ente autonomo, dotato pertanto di autonomia giuridica, contabile, organizzativa e funzionale (lettera b); se ne prevede l’articolazione in due sezioni,  preposte l’una alla formazione iniziale degli uditori, l’altra a quella  continua dei magistrati, alla promozione di iniziative e scambi culturali ed incontri di studio e ricerca, alla formazione di magistrati stranieri (lettera a), numeri 1 e 2, 3, e 4 e lettera c) e, a livello territoriale, la suddivisione in tre sedi con competenza interregionale (lettera t).

Nel corso dell'esame presso il Senato è stato aggiunto il numero 4 alla lettera a), che prevede che la Scuola superiore curi "l'offerta di formazione di magistrati stranieri o aspiranti tali".

 

Tale ultimo inciso può far sorgere alcune difficoltà interpretative:

- in primo luogo appare dubbio il significato dell'espressione "aspiranti magistrati": qualora poi per "aspiranti magistrati" ci si riferisse ai laureati in materie giuridiche dediti alla preparazione del concorso, la norma andrebbe coordinata con quella che, nell'istituire le Scuole di specializzazione nelle professioni legali, assegna ad esse il compito di formare gli aspiranti magistrati italiani;

- in secondo luogo, qualora si volesse garantire ai cittadini stranieri aspiranti magistrati la formazione presso la istituenda Scuola superiore, occorrerebbe specificare da quale delle due sezioni della scuola , tale formazione dovrebbe essere erogata. Infatti la lettera c) dell'art.3 si limita a disporre che la Scuola superiore si divide "in due sezioni, l'una destinata al tirocinio degli uditori giudiziari, l'altra all'aggiornamento professionale e alla formazione dei magistrati"

 

Per il suo funzionamento si dispone che essa utilizzi personale amministrativo del Ministero di grazia e giustizia o di altre amministrazioni e risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero.

Organi direttivi della Scuola sono un comitato (lettera m), che predispone la programmazione annuale della attività didattica avvalendosi delle  proposte del C.S.M., del Ministro della giustizia e di altri soggetti previsti alla lettera o), il suo presidente e due comitati di gestione (uno per ciascuna delle sezioni nelle quali si articola la Scuola, lettera n): ad essi spetta il compito di dare attuazione alla programmazione annuale, definire il contenuto analitico di ciascuna sessione del tirocinio, individuare i docenti, fissare i criteri di ammissione alle sessioni di formazione, seguirne lo svolgimento, presentare relazioni consuntive.

Il comitato direttivo, per il quale è prevista una durata di quattro anni, deve essere composto dal primo presidente e dal procuratore generale della Corte di cassazione (o da magistrati da questi delegati), da due magistrati ordinari nominati dal Consiglio superiore della magistratura, da un avvocato con almeno quindici anni di esercizio della professione nominato dal Consiglio nazionale forense, da un professore universitario ordinario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale, da un membro nominato dal Ministro della giustizia. Essi (salvo il primo presidente e il procuratore generale della cassazione) non sono immediatamente rinnovabili e non possono far parte delle commissioni di concorso per uditore (lettera m). I membri dei comitati di gestione sono invece nominati dal comitato direttivo (lettera n).

 

Alle lettere d), e) f) e g) si prevede che il tirocinio degli uditori abbia una durata di diciotto mesi (anche attualmente essa è pari a un anno e mezzo ma viene spesso ridotta a causa delle esigenze degli uffici giudiziari di destinazione dei vincitori il concorso), si svolga con modalità differenziate che tengano conto delle differenti funzioni (giudicanti o requirenti) che gli uditori svolgeranno e che si articoli in sessioni di eguale durata presso la Scuola superiore e presso gli uffici giudiziari. Quanto alle sessioni presso la Scuola si dispone che gli uditori siano seguiti da docenti di elevata competenza e autorevolezza scelti secondo princìpi di ampio pluralismo culturale e da tutori scelti tra i docenti. In relazione invece alle sessioni da svolgersi presso gli uffici giudiziari è previsto che gli uditori trascorrano periodi di formazione anche in realtà a contatto con le quali successivamente dovranno concretamente operare: studi legali, pubbliche amministrazioni, istituti penitenziari, istituti bancari.

Al termine di ogni sessione deve essere formulata, per ciascun uditore, una scheda valutativa (lettera h), mentre al termine dell’intero periodo deve essere formulata una complessiva valutazione di idoneità allo svolgimento delle funzioni giudiziarie che si basi su tutti i giudizi espressi sull'uditore nel corso del tirocinio e sulla quale si pronuncia in via definitiva il C.S.M.(lettera i). Nel caso in cui tale valutazione finale sia negativa l’uditore svolge un ulteriore periodo di tirocinio della durata massima di un anno; se anche tale periodo si conclude con una valutazione negativa è previsto per l’uditore la cessazione del rapporto d'impiego (lettera l).

 

La partecipazione dei magistrati ai corsi  di aggiornamento professionale, organizzati dalla Scuola nell’ambito della formazione permanente, viene qualificata come un diritto (lettera p), con conseguente riconoscimento di un corrispondente periodo di congedo retribuito. Tale diritto trova tuttavia un limite in comprovate e motivate esigenze organizzative degli uffici di appartenenza, salvo che la partecipazione ai corsi sia finalizzata al passaggio a funzioni superiori: in tal caso essa non può essere procrastinata che per un massimo di sei mesi.

Alla lettera q) si prevede che al termine dei corsi di aggiornamento debba essere formulata una valutazione, con una validità massima di sei anni (lettera s), che contenga elementi di verifica attitudinale e che entri a far parte del fascicolo personale del magistrato.

La lettera u), infine, dispone che i magistrati che non abbiano sostenuto i concorsi per il passaggio alle funzioni di secondo grado o di legittimità (disciplinati dalla lettera i) dell’articolo 2), ovvero che, pur avendoli sostenuti, siano risultati non idonei (lettera v), vengano sottoposti, al compimento del tredicesimo, del ventesimo e del ventottesimo anno di anzianità, a valutazioni di professionalità. Esse, effettuate dal Consiglio superiore della magistratura, devono basarsi sulla attività giudiziaria e scientifica, sulla produttività, sulla laboriosità, sulla capacità tecnica, sull’equilibrio, sulla disponibilità alle esigenze di servizio, sul rapporto con i soggetti processuali, sul rispetto delle regole deontologiche, sulle valutazioni effettuate al termine dei corsi di aggiornamento professionale. Nel caso di tre valutazioni negative consecutive si prevede che il magistrato sia dispensato dal servizio e transiti nella pubblica amministrazione.

Tale conseguenza era prevista nel testo originario del disegno di legge presentato al Senato anche per gli uditori giudiziari che avessero concluso il tirocinio conseguendo una valutazione negativa; tuttavia, nel corso dell'esame del provvedimento in Assemblea tale disposizione è stata modificata nel senso di prevedere per gli uditori la immediata cessazione del rapporto d'impiego.   

 

Attualmente la disciplina della formazione professionale dei magistrati è contenuta nel D.P.R. 17 luglio 1998 (Regolamento per il tirocinio degli uditori giudiziari)[9], nel D.Lgs 17 novembre 1997, n.398, nella legge 30 maggio 1965, n.579. Tali norme riguardano soltanto il tirocinio degli uditori e non anche l’aggiornamento professionale dei magistrati già in servizio. Esse nel prevedere che il tirocinio si svolga presso gli uffici giudiziari di primo grado, dispongono che il Consiglio superiore della magistratura possa organizzare incontri di studio ed altre iniziative formative. Per quanto riguarda invece la c.d. formazione continua, a parte la disposizione dell’articolo 5 del D.Lgs. 28 luglio 1989, n.272 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del D.P.R. 22 settembre 1988, n.488, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni) in cui si prevede la possibilità per i magistrati minorili di partecipare ad appositi corsi di formazione, nulla dispone la legge; essa è affidata in via di fatto al Consiglio superiore della magistratura. Non esiste nemmeno nell’ordinamento vigente un organismo specificamente finalizzato alla formazione iniziale e permanente dei magistrati. Nel corso delle precedenti legislature sono state presentate proposte di legge volte alla istituzione di una Scuola nazionale della magistratura: in particolare si vedano per la XIII legislatura i progetti AC 1208 e AC 2500 e per la XIV legislatura i progetti AC 632 e AC 2827: essi, assegnati per l’esame in sede referente alla II Commissione (Giustizia), non sono mai stati esaminati.

 



 


Art. 4.
(Riforma dei consigli giudiziari ed istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione).

 

 

 


1. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

a) prevedere l'istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, composto, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera c), per due terzi da magistrati con effettive funzioni di legittimità in servizio presso la medesima Corte e la relativa Procura generale, e per un terzo da componenti nominati tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e tra gli avvocati dopo venti anni di esercizio della professione che siano iscritti da almeno cinque anni nell'albo speciale per le giurisdizioni superiori di cui all'articolo 33 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36;

 

b) prevedere che i componenti  non togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano designati, rispettivamente, dal Consiglio universitario nazionale e dal Consiglio nazionale forense;

 

c) prevedere che membri di diritto del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano il primo Presidente ed il Procuratore generale della medesima Corte;

 

d) prevedere che il Consiglio direttivo della Corte di cassazione sia presieduto dal primo Presidente ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;

 

e) prevedere che al Consiglio direttivo della Corte di cassazione si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni dettate alle lettere o), p), s), u) e z) per i consigli giudiziari presso le corti d'appello;

 

f) prevedere che i consigli giudiziari presso le corti d'appello nei distretti nei quali prestino servizio fino a trecentocinquanta magistrati ordinari sano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera m), da tre magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, di cui uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno tra gli avvocati che abbiano almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al consiglio medesimo, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;

 

g) prevedere che nei distretti nei quali prestano servizio oltre trecentocinquanta magistrati ordinari, i consigli giudiziari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera m), da cinque magistrati in servizio presso uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, del quali uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno nominato tra gli avvocati con almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due nominati dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al medesimo consiglio, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;

 

h) prevedere che i componenti supplenti del consiglio giudiziario siano cinque, due dei quali magistrati che esercitano, rispettivamente, funzioni requirenti e giudicanti nel distretto e tre componenti non togati nominati con lo stesso criterio di cui alle lettere f) e g), riservandosi un posto per ciascuna delle tre categorie non togate indicate nelle medesime lettere f) e g);

 

i) prevedere che i componenti avvocati e professori universitari siano nominati, rispettivamente, dal Consiglio nazionale forense ovvero dal Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei consigli dell'ordine degli avvocati del distretto e dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione;

 

l) prevedere che i componenti nominati dal consiglio regionale non possano svolgere, o aver svolto nei cinque anni precedenti, la professione di avvocato nell'ambito del distretto;

 

m) prevedere che membri di diritto del consiglio giudiziario siano il presidente ed il procuratore generale della corte d'appello;

 

n) prevedere che il consiglio giudiziario sia presieduto dal presidente della corte d'appello ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;

 

o) prevedere che il consiglio giudiziario duri in carica quattro anni e che i componenti non possano essere immediatamente confermati;

 

p) prevedere che l'elezione dei componenti togati del consiglio giudiziario avvenga in un collegio unico distrettuale con il medesimo sistema vigente per l'elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura, in quanto compatibile, così da attribuire due seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti ed un seggio ad un magistrato che esercita funzioni requirenti nei distretti che comprendono fino a trecentocinquanta magistrati e tre seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e due a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono oltre trecentocinquanta magistrati;

 

q) prevedere che dei componenti togati del consiglio giudiziario che esercitano funzioni giudicanti uno abbia maturato un'anzianità di carriera non inferiore a venti anni;

 

r) prevedere che la nomina dei componenti supplenti del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari presso le corti d'appello avvenga secondo i medesimi criteri indicati per la nomina dei titolari;

 

s) prevedere che al consiglio giudiziario vengano attribuite le seguenti competenze:

 

1) approvazione delle tabelle su proposta dei titolari degli uffici, nel rispetto dei criteri generali indicati dalla legge;

 

2) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, sull'attività dei magistrati sotto il profilo della preparazione, della capacità tecnico-professionale, della laboriosità, della diligenza, dell'equilibrio nell'esercizio delle funzioni, e comunque nelle ipotesi previste dall'articolo 2 e nei periodi intermedi di permanenza nella qualifica;

 

3) vigilanza sul comportamento dei magistrati con obbligo di segnalare i fatti disciplinarmente rilevanti ai titolari dell'azione disciplinare;

 

4) vigilanza sull'andamento degli uffici giudiziari nel distretto, con segnalazione delle eventuali disfunzioni rilevate al Ministro della giustizia;

 

5) formulazione di pareri e proposte sull'organizzazione ed il funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto;

 

6) adozione di provvedimenti relativi allo stato dei magistrati, con particolare riferimento a quelli relativi ad aspettative e congedi, dipendenza di infermità da cause di servizio, equo indennizzo, pensioni privilegiate, concessione di sussidi;

 

7) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, in ordine all'adozione da parte del medesimo Consiglio di provvedimenti inerenti collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze dall'impiego, concessioni di titoli onorifici, riammissioni in magistratura;

 

t) coordinare con quanto previsto dalla presente legge le disposizioni vigenti che prevedono ulteriori competenze dei consigli giudiziari;

 

u) prevedere la reclamabilità innanzi al Consiglio superiore della magistratura delle delibere adottate dal consiglio giudiziario nelle materie di cui alla lettera s), numero 1);

v) prevedere che i componenti designati dal consiglio regionale prendano parte esclusivamente alle riunioni, alle discussioni ed alle deliberazioni inerenti le materie di cui alla lettera s), numeri 4) e 5);

 

z) prevedere che gli avvocati, i professori ed il rappresentante dei giudici di pace che compongono il consiglio giudiziario possano prendere parte solo alle discussioni e deliberazioni concernenti le materie di cui alla lettera s), numeri 1), 4) e 5). Il rappresentante dei giudici di pace, inoltre, partecipa alle discussioni e deliberazioni di cui agli articoli 7, comma 2-bis, e 9, comma 4, della legge 21 novembre 1991, n. 374.

 


 

 

 

 

L’articolo 4, in attuazione delle previsioni dell’art. 1, comma1, lett. c), detta principi e criteri direttivi per la riforma della disciplina relativa ai Consigli giudiziari presso le corti d’appello e per l’istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione.

 

I Consigli giudiziari sono organismi collegiali ausiliari del C.S.M., costituiti presso ogni distretto di corte di appello, ed aventi natura essenzialmente consultiva.

L’attuale composizione è delineata dall’art. 6 del R.D. Lgs. 31 maggio 1946 n. 511 “Guarentigie della magistratura” che precisa che del Consiglio fanno parte come membri di diritto il Presidente della corte d’appello (che lo presiede) e il Procuratore generale presso di essa, nonchè 5 membri effettivi più 3 supplenti, eletti ogni due anni da tutti i magistrati degli uffici giudiziari del distretto, con voto personale e segreto. A garanzia della rappresentatività di tutti i magistrati nel Consiglio giudiziario - degli 8 componenti elettivi - 2 devono ricoprire l’ufficio di magistrato di cassazione (1 effettivo e 1 supplente), 3 di magistrato di appello (2 effettivi e 1 supplente) e 3 di magistrato di tribunale (2 effettivi e 1 supplente)[10].

Il Consiglio giudiziario (composto, quindi, in via ordinaria da 7 membri, 2 di diritto + 5 elettivi) è competente anche per i magistrati che appartengono alla circoscrizione relativa alla sezione distaccata di corte d’appello.

Il sistema elettorale dei Consigli giudiziari è tuttora delineato dal D.Lgs. C.P.S. 13 settembre 1946, n. 264[11] attuativo della citata legge sulle guarentigie n. 511/1946.

Nella sostanza si tratta di un  sistema elettorale definibile come maggioritario puro, in quanto risultano eletti i magistrati che hanno conseguito il maggior numero di voti in ciascuna categoria (cassazione, appello, tribunale) e non sono previste liste concorrenti[12].

Oltre che in composizione ordinaria, ovvero con soli magistrati, il Consiglio giudiziario può operare anche in composizione integrata, ovvero con la partecipazione di avvocati del distretto e rappresentanti dei giudici di pace, quando deve provvedere in materia di status e di disciplina dei magistrati onorari e dei giudici di pace. I membri aggiuntivi sono 6, un rappresentante dei giudici di pace del distretto stesso più cinque, designati dai consigli dell'ordine degli avvocati del distretto;

Quanto alle funzioni, i Consigli giudiziari rivestono per lo più funzioni consultive, agendo da raccordo tra il C.S.M., organo di autoGoverno, gli uffici giudiziari e i magistrati. Il Consiglio, in quanto organo a diretto contatto con la realtà territoriale di riferimento, dovrebbe fornire al C.S.M. gli elementi conoscitivi propedeutici all'assunzione delle determinazioni sulla organizzazione degli uffici e sullo status in senso lato dei magistrati. Sul piano formale la grande maggioranza dei pareri del Consiglio giudiziario rientrano nello schema dei pareri obbligatori e non vincolanti.

Pur dotato quasi esclusivamente di poteri consultivi, il Consiglio rappresenta quindi un punto di riferimento insostituibile per consentire al C.S.M. di focalizzare la reale situazione di fatto sulla quale vengono a incidere le sue determinazioni. Lo stesso Consiglio superiore, nella nota risoluzione del 20 ottobre 1999 (cfr.ultra) su "Decentramento e consigli giudiziari", riferendosi alla materia delle valutazioni ai fini della progressione in carriera, ha riconosciuto di svolgere "più che una funzione decisionale in senso assoluto ed esclusivo, un ruolo di controllo critico e di meditata ratifica di valutazioni del Consiglio giudiziario, ratifica cui il C.S.M. si può sottrarre solo ove disponga di altre fonti di informazioni credibili e degne di fede contrastanti con l’opinione dell’organismo decentrato"[13].

Quanto all’area di intervento dei Consigli giudiziari, di rilievo appare la circolare del C.S.M 22 maggio 1985, n. 1275, recentemente modificata dalla circolare del 30 luglio 2003, n. 16103, che disciplina i casi in cui l'organo consultivo locale è chiamato ad esprimere il proprio parere e le modalità con cui questo deve essere redatto. Si tratta di pareri previsti da disposizioni di legge, da disposizioni generali del C.S.M. ovvero richiesti dallo stesso Consiglio Superiore su specifiche questioni.

 

Le aree di competenza dei Consigli giudiziari sono le seguenti:

·       anzitutto, quella della prima formazione professionale dei magistrati, essendo il Consiglio chiamato ad organizzare e gestire il tirocinio degli uditori giudiziari (artt. 129, 129-bis, RD 12/1941;art. 48, DPR 916/1958; art. 8, DPR 17 luglio 1998).

L’art. 8del D.P.R. 17 luglio 1998 stabilisce che il Consigliogiudiziario organizza e coordina il tirocinio attuando le direttive del Consiglio superiore della magistratura; nomina i magistrati collaboratori (soggetta all’approvazione del CSM); approva il piano di tirocinio stabilito per ciascun uditore ed il programma generale per le attività di formazione da svolgersi in sede locale e li invia al Consiglio superiore della magistratura per la ratifica; forma per ciascun uditore il fascicolo del tirocinio; redige le relazioni sull'idoneità al conferimento delle funzioni giudiziarie, formulando i relativi pareri; propone l'eventuale proroga del tirocinio, provvede, attraverso la Commissione distrettuale per gli uditori giudiziari, all'attuazione di quanto occorra per il più efficace svolgimento del tirocinio ed in particolare all'attuazione dei corsi a livello locale; formula proposte e pareri sulla modificazione della sede del tirocinio.

 

·           L’area della valutazione professionale dei magistrati e del giudizio motivato, relativa a tutta una serie di informazioni sulla vita professionale dei magistrati ovvero sulla loro competenza e capacità, sulle attitudini e i meriti; si ricordano, ad es., i pareri per la nomina a magistrato di tribunale (art. 1, legge 97/1979), per il conferimento della qualifica di consigliere di cassazione (art. 1, legge 831/1973); per il passaggio da funzioni requirenti a giudicanti e viceversa (art. 190, RD 12/1941). Insieme a questi pareri, previsti da disposizioni legislative, se ne collocano di ulteriori, aventi carattere facoltativo o resi su richiesta del Consiglio superiore della magistratura.

 

·           Un’ulteriore ambito di intervento dei Consigli giudiziari è costituito dai pareri sulle tabelle di composizione degli uffici giudiziari, sui criteri di assegnazione degli affari (art. 7-bis, RD 12/1941) nonchè sulla formazione delle tabelle infradistrettuali degli uffici requirenti e giudicanti (art. 6, legge 133/1998).

 

·           Il ruolo consultivo/propositivo che il Consiglio giudiziario svolge nei provvedimenti che riguardano i magistrati professionali è ulteriormente accentuato con riguardo a quelli, già accennati, concernenti la magistratura onoraria. La disciplina di settore (vedi, essenzialmente, l’art. 4-bis, legge 21 novembre 1991 n. 374, art. 3, legge 22 luglio 1997 n. 276, 19 novembre 1998 n. 399, il d.lgs. 19 febbraio 1998 n. 51, il DM 7 luglio 1999) riconosce al Consiglio giudiziario, per la nomina dei giudici di pace, dei giudici onorari aggregati (G.O.A.) , dei giudici onorari e dei vice procuratori di tribunale, un ruolo non meramente consultivo, bensì di amministrazione attiva, propulsivo, essendo chiamato a formulare, all'esito di una articolata istruttoria, una "proposta" di nomina. Come per quelli professionali, notevoli anche le competenze del Consiglio giudiziario sulla formazione dei giudici onorari (ad es., per i giudici di pace, la disciplina del tirocinio e della formazione di cui agli artt. 4 bis e segg. della legge 21 novembre 1991 n. 374) e quelle sulla sorveglianza, ai fini dell'eventuale applicazione dei provvedimenti lato sensu sanzionatori (cfr., a titolo esemplificativo, quanto ai giudici di pace, l'art. 9 della legge 21 novembre 1991 n. 374; e, quanto ai giudici onorari aggregati, l'art. 7 della legge 22 luglio 1997 n. 276).

 

·           C’è, infine, un consistente settore “residuale” di competenze dei Consigli giudiziari che riguarda pareri, richiesti dal CSM, sugli incarichi extragiudiziari, sulle incompatibilità ambientali, sulle dispense dal servizio.

 

Va, poi, ricordato come la legge di riforma del sistema elettorale del CSM (L: 44 del 2002, art. 25) preveda la competenza dei Consigli giudiziari alla costituzione di un seggio elettorale presso ciascun tribunale del distretto[14].

Deve, infine, ricordarsi come lo stesso C.S.M. abbia auspicato un rafforzamento del ruolo dei Consigli giudiziari per perseguire il miglior decentramento nell'amministrazione della giurisdizione. Nella citata risoluzione del 20 ottobre 1999, dedicata appunto al decentramento dei Consigli giudiziari, si legge che, dopo un'attenta opera di "monitoraggio" sulle diverse realtà locali, si è giunti alla conclusione che "il modello di autoGoverno della magistratura sin qui sperimentato, imperniato su di un centro unico ed assolutamente preminente - il C.S.M.- non è più sufficiente, da solo, a soddisfare le molteplici esigenze di una moderna ed efficiente amministrazione della giurisdizione".

 

L'articolo in esame interviene incisivamente sulla normativa in materia di Consigli giudiziari.

La finalità perseguita appare essere quella di un rafforzamento del ruolo dei Consigli giudiziari; per questi ultimi è ampliata la composizione (con l’ingresso di estranei alla magistratura) e la competenza (ora anche deliberativa), è raddoppiata la permanenza in carica ed è uniformato il sistema elettorale della componente togata a quello del Consiglio superiore della magistratura, recentemente riformato in senso maggioritario.

Di seguito viene sinteticamente dato conto dei principi di delega introdotti in relazione ai diversi profili:

·         composizione I consigli giudiziari sono formati da un numero diverso di membri effettivi in ragione del numero dei magistrati in servizio presso il distretto di corte d’appello:

-         10 membri, nei distretti dove vi siano fino a 350 magistrati in servizio (oltre ai 2 membri di diritto, Presidente e Procuratore generale della corte, compongono il Consiglio giudiziario altri 8 membri: 3 magistrati del distretto (2 giudicanti, di cui uno con anzianità almeno ventennale, e 1 requirente), 4 membri laici, 1 rappresentante dei giudici di pace);

-         12 membri, nei distretti dove vi siano oltre 350 magistrati in servizio (oltre ai 2 membri di diritto, Presidente e Procuratore generale della corte, compongono il Consiglio giudiziario altri 10 membri: 5 magistrati del distretto (3 giudicanti, di cui uno con anzianità almeno ventennale, e 2 requirenti), 4 membri laici, 1 rappresentante dei giudici di pace);

Dei 4 membri non togati, sia nel primo che nel secondo caso, uno dovrà essere un professore universitario in materie giuridiche (nominato dal Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei presidi di giurisprudenza delle università della regione); un secondo un avvocato con almeno 15 anni di esercizio (nominato dal Consiglio nazionale forense, su indicazione dei Consigli dell’ordine degli avvocati del distretto); gli ultimi due componenti sono eletti dal consiglio regionale di competenza[15], con maggioranza qualificata tra persone estranee al consiglio stesso.

Per i membri non togati, a differenza dei componenti magistrati del Consiglio giudiziario, viene dettata una precisa limitazione delle funzioni in rapporto alle materie oggetto di dibattito e decisione. Per i 2 membri di nomina regionale - oltre che una incompatibilità con l’esercizio della professione forense, sia pregressa (nei 5 anni precedenti la nomina) che successiva alla nomina (ovviamente, fino alla permanenza in carica) - è prevista solo la partecipazione a dibattiti e deliberazioni in tema di vigilanza sull’andamento degli uffici giudiziari del distretto nonché di formulazione di pareri e proposte sugli uffici del giudice di pace. Per gli altri membri laici ed il rappresentante dei giudici di pace, le decisioni“ accessibili” oltre a quelle appena citate, saranno quelle sull’approvazione delle tabelle. Il riferimento alle ulteriori competenze del rappresentante dei giudici di pace (decisioni sulla conferma in carica al termine del quadriennio e su decadenza, dispensa, e sanzioni disciplinari) non costituisce novità ma appare avere natura di coordinamento con le citate previsioni della legge 374/1991.

 

I membri supplenti dei Consigli sono 5, di cui 2 magistrati (1 giudice e un PM) e 3 laici, nominati con i criteri indicati per i membri effettivi (1 professore universitario, 1 avvocato, 1 membro di nomina regionale).

I componenti dei Consigli giudiziari non possono essere confermati per un ulteriore consecutivo mandato.

 

·         durata in carica: come sopra accennato, è raddoppiato il periodo di permanenza in carica del Consiglio giudiziario, chepassa da 2 a 4 anni.

 

·         sistema elettorale: l’elezione dei membri togati dei Consigli giudiziari dovrà avvenire con il sistema elettorale adottato dal C.S.M., recentemente riformato dalla legge 28 marzo 2002, n. 44

 

La legge 44/2002, riducendo da 30 a 24 il numero della componente elettiva (i togati scendono da 20 a 16; i laici da 10 a 8), ha previsto per l’elezione dei magistrati del CSM - fino ad allora caratterizzato dalla presentazione di liste contrapposte, espressione delle diverse associazioni della magistratura - il ritorno al sistema elettorale maggioritario (dopo che 6 Consigli erano stati eletti con il proporzionale).

A tal fine:

-        viene introdotto il principio del voto separato per la magistratura giudicante e per quella inquirente; i PM e i giudici di merito sono votati in collegi diversi;

-        vengono conseguentemente istituiti tre collegi unici nazionali ai quali sono candidabili, rispettivamente, magistrati di cassazione, pubblici ministeri e giudici di merito.

-        è’ previsto il c.d. voto unico, per cui ogni elettore vota per un solo candidato in ciascun collegio plurinominale e vengono eletti i candidati che hanno raggiunto il maggior numero di voti

-        è prevista la facoltà di candidatura da parte di qualsiasi giudice, anche al di fuori di una lista (fermo restando un numero minimo di 25 magistrati presentatori); la finalità è quella di permettere la presentazione indipendentemente dal sostegno e dalla sponsorizzazione da parte di una determinata “corrente” organizzata della magistratura. Le schede per l'elezione del Consiglio superiore sono infatti in bianco e gli elettori debbono solo scrivere il nome del candidato di proprio pugno.

 

·         competenze: ai nuovi Consigli giudiziari il legislatore delegante affida numerosi compiti: alcuni, come gli attuali, di natura consultiva, altri di tipo deliberante, altri ancora di vigilanza e propositivi, attribuendo così a tali organi un ruolo ben più rilevante nell’amministrazione della giurisdizione del distretto rispetto all’attuale.

In particolare, oltre a quelle già previste dalla disciplina in vigore (cfr. ante), il disegno di legge delega attribuisce ai Consigli giudiziari le seguenti competenze:

-          approvazione delle tabelle biennalidegli uffici giudiziari, su proposta dei rispettivi titolari (ora di competenza del CSM), subordinata al rispetto dei criteri generali indicati dalla legge; la relativa delibera del Consiglio giudiziario è reclamabile davanti al CSM.

-          adozione di provvedimenti incidenti sullo stato del magistrato(anch’essi decentrati dal CSM) aspettative, congedi, infermità per causa di servizio, pensioni privilegiate, equo indennizzo;

-          formulazione di pareri, di propria iniziativa o su richiesta del CSM: sulle capacità professionali dei magistrati del distretto in relazione alle progressioni di carriera; su rilevanti provvedimenti (che rimangono nella competenza del CSM) relativi al loro status giuridico, come collocamenti a riposo, dimissioni, decadenza dall’impiego, concessione di titoli onorifici, riammissioni in magistratura;

-          formulazione di pareri e proposte sul funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto;

-          vigilanza e segnalazione di comportamenti dei magistrati rilevanti sul piano disciplinare;

-          vigilanza sull’andamento degli uffici giudiziari del distrettocon segnalazione al Ministro della giustizia di eventuali disfunzioni.

In ogni caso, con disposizione residuale (lettera t, inserita nel corso dell'esame presso il Senato), il Governo viene delegato ad emanare disposizioni residuali di coordinamento con quelle in vigore che prevedano ulteriori competenze dei consigli giudiziari.

La novità di maggior rilievo sembra costituita dall’approvazione delle tabelle, con cui il Governo opta per il decentramento di questa funzione.

Sulle tabelle, in base alla normativa vigente, il Consiglio giudiziario esprime attualmente soltanto un parere motivato. La tabella dell’ufficio giudiziario è formata e diviene efficace con l’adozione della delibera del CSM e del decreto ministeriale che la recepisce.

L’art. 7-bis dell’ordinamento giudiziario (RD n. 12/1941) prevede che la ripartizione degli uffici giudiziari in sezioni, la destinazione dei singoli magistrati alle sezioni e alle corti di assise, l'assegnazione alle sezioni dei presidenti, la designazione dei magistrati dirigenti e presidenti di sezioni, il conferimento delle specifiche attribuzioni processuali individuate dalla legge e la formazione dei collegi giudicanti sono stabiliti ogni biennio con decreto del Ministro della giustizia in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura assunte sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. Decorso il biennio, l'efficacia del decreto è prorogata fino a che non sopravvenga un altro decreto. Le deliberazioni sulle tabelle sono adottate dal CSM, valutate le eventuali osservazioni formulate dal Ministro della giustizia e possono essere variate nel corso del biennio per sopravvenute esigenze degli uffici giudiziari, sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. I provvedimenti urgenti, concernenti le tabelle, adottati dai dirigenti degli uffici sulla assegnazione dei magistrati, sono immediatamente esecutivi, salva la deliberazione del CSM per la relativa variazione tabellare. Contestualmente alle tabelle, sono approvati i criteri “obiettivi e predeterminati”, indicati in via generale dal CSM, cui dovranno attenersi i dirigenti degli uffici giudiziari per l’assegnazione degli affari giudiziari alle singole sezioni e ai singoli collegi e giudici (art. 7-ter, RD 12/1941).

Va segnalato che, ad oggi, i criteri generali per la predisposizione delle tabelle biennali degli uffici giudiziari sono dettati dal CSM in via amministrativa (vedi, da ultimo, per il 2002-2003, la Circ. n. P-24710/2001 del 21 dicembre 2001 - Deliberazioni del 12 e del 20 dicembre 2001); inoltre, va sottolineato che il Consiglio superiore, ai sensi dell’art. 105 Cost., risulta l’unico organo competente in materia di “assegnazioni” dei magistrati, specifico oggetto del procedimento tabellare.

 

Si rileva, poi, come l’attribuzione ai Consigli giudiziari delle indicate funzioni consultive sembra avere per lo più valore di riconoscimento con norme di rango primario di compiti che - in gran parte con normazione secondaria (circolari del CSM) -sono già di competenza dei Consigli giudiziari.

A fini di coordinamento, va in particolare segnalata l’opportunità di precisare il rapporto  intercorrente tra i pareri dei Consigli giudiziari sulla professionalità dei magistrati (art. 4, comma 1, lett. s), n. 2,) e le valutazioni rilasciate al termine del corso di aggiornamento professionale rilasciate dalla Scuola superiore della magistratura (art. 3, comma 1, lett, q) , utilizzate dal CSM per le valutazioni dei magistrati.

 

Le lettere a, b, c d ed e del comma 1 dell’art. 4 prevedono l’introduzione nell’ordinamento giudiziario di un organo interno alla Suprema Corte, il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, corrispondente dal punto di vista funzionale ai Consigli giudiziari presso le corti d’appello.

Va rilevato che con l’istituzione del Consiglio direttivo si provvede con legge a formalizzare quanto la cassazione ha già attuato, in sede di auto-organizzazione mediante la costituzione, presso la Prima Presidenza, del Gruppo consultivo, in esecuzione della proposta della Assemblea della Corte tenutasi il 23 aprile 1999. L’istituzione di tale organo rimedia, in effetti, ad una anomalia del sistema derivante dalla competenza che il Consiglio giudiziario presso la corte d’appello di Roma esercita sui magistrati della Suprema Corte.

 

Si osserva, anzitutto, che la norma di delega (comma 1, lett. a) non indica il numero complessivo dei componenti dell’organo lasciando, quindi, tale scelta al Governo.

La composizione del Consiglio direttivo presso la Corte di cassazione è modellata su quella del C.S.M., del quale riproduce la proporzione tra membri togati e membri laici (2/3 magistrati, 1/3 laici).

Come per il CSM (art. 104, co. 3, Cost.), ne saranno membri di diritto il Primo Presidente ed il Procuratore generale presso la Corte di cassazione (comma1, lett. c); l’organo sarà poi composto, per la parte togata, da magistrati con funzioni effettive di legittimità in servizio presso la cassazione o la relativa procura; i membri laici dovranno, invece, essere professori universitari in materie giuridiche ovvero avvocati con almeno 20 anni di esercizio della professione forense iscritti da almeno 5 anni all’albo speciale per i cassazionisti e le altre giurisdizioni superiori (comma 1, lett. a).

La precisazione relativa all’effettivo svolgimento di funzioni di legittimità deriva dalla attuale struttura della carriera in magistratura. Tale carriera è attualmente pressoché automatica ed ha luogo a ruoli aperti fino al grado di consigliere di Cassazione idoneo all’esercizio delle funzioni direttive, essendo del tutto svincolata dalle funzioni concretamente esercitate.

Si osserva poi come i requisiti necessari alla sola componente forense risultino di maggior spessore professionale rispetto a quanto previsto per il CSM (avvocati dopo 15 anni di esercizio), mentre rimangono identici per i professori universitari.

A presiedere il Consiglio è chiamato il Primo Presidente della cassazione mentre sia il vice-presidente che il segretario sono eletti a scrutinio segreto tra i membri non togati (comma 1, lett. d)

Le designazioni dei membri laici, professori e avvocati, del Consiglio direttivo della Corte di cassazione è riservata rispettivamente al Consiglio universitario nazionale e al Consiglio nazionale forense (comma 1, lett. b).

Le attribuzioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione sono poi individuate mediante un richiamo alle disposizioni previste per i Consigli giudiziari dalle lettere o), p), s) u e z) “in quanto compatibili”.

Tale previsione comporta:

·         in forza del richiamo alla lett. o), la permanenza in carica per 4 anni del Consiglio direttivo della cassazione nonché la non riconfermabilità immediata dei suoi membri per un ulteriore mandato;

·         per il richiamo alla lett. p) relativo all’elezione della componente togata dei Consigli giudiziari, l’adozione del sistema maggioritario in vigore per l’elezione dei membri togati del C.S.M. (cfr ante, Consigli giudiziari).

·         per il richiamo alla lett. s), la competenza del Consiglio direttivo della Corte di cassazione si esplica nelle stesse materie su cui è competente il Consiglio giudiziario, con l’ovvia eccezione di quelle sugli uffici del giudice di pace: formazione delle tabelle, pareri sulla valutazione professionale dei magistrati, vigilanza sul

·         per il richiamo alla lett. u), la reclamabilità davanti al CSM delle decisioni del Consiglio direttivo in materia tabellare.

 

Va ricordato inoltre che, nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, è stata inserita la letteraz diretta a prevedere che gli avvocati, i professori ed il rappresentante dei giudici di pace che compongono il consiglio giudiziario possano prendere parte solo alle discussioni e deliberazioni concernenti le materie di cui alla lettera s), numeri 1), 4) e 5), e che il rappresentante dei giudici di pace, inoltre, partecipa alle discussioni e deliberazioni di cui agli articoli 7, comma 2-bis, e 9, comma 4, della legge 21 novembre 1991, n. 374.

 


 


Art. 5.
(Riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero).

 

 

 


1. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera d), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) prevedere che il procuratore della Repubblica sia il titolare esclusivo dell'azione penale e che la eserciti sotto la sua responsabilità nei modi e nei termini stabiliti dalla legge, assicurando il corretto ed uniforme esercizio della stessa e delle norme sul giusto processo;

 

b) prevedere che il procuratore della Repubblica possa delegare un magistrato del proprio ufficio alla funzione del vicario, nonché uno o più magistrati del proprio ufficio perché lo coaudiuvino nella gestione per il compimento di singoli atti, per la trattazione di uno o più procedimenti o nella gestione dell'attività di un settore di affari;

 

c) prevedere che il procuratore della Repubblica possa determinare i criteri cui i magistrati delegati ai sensi della lettera b) devono attenersi nell'adempimento della delega, con facoltà di revoca in caso di divergenza o di inosservanza dei criteri;

 

d) prevedere che gli atti di ufficio, che incidano o richiedano di incidere su diritti reali o sulla libertà personale, siano assunti previo assenso del procuratore della Repubblica ovvero di magistrato eventualmente delegato ai sensi della lettera b); prevedere tuttavia che le disposizioni della presente lettera non si applichino nelle ipotesi in cui la misura cautelare personale o reale è richiesta in sede di convalida del fermo o dell'arresto;

 

e) prevedere che il procuratore della Repubblica tenga personalmente, o tramite magistrato appositamente delegato, i rapporti con gli organi di informazione e che tutte le informazioni sulle attività dell'ufficio vengano attribuite impersonalmente allo stesso;

 

f) prevedere che il procuratore generale presso la corte di appello, al fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell'azione penale, nonché il rispetto dell'adempimento degli obblighi di cui alla lettera a), acquisisca dalle procure del distretto dati e notizie, relazionando annualmente, oltre che quando lo ritenga necessario, al procuratore generale presso la Corte di cassazione;

 

g) prevedere l'attribuzione al procuratore generale presso la corte di appello di poteri sostitutivi e di avocazione:

 

1) nei casi di accertata violazione dei termini di durata delle indagini preliminari, fermo altresì quanto previsto dagli articoli 412, comma 2, 413 e 421-bis del codice di procedura penale;

 

2) nei casi di accertata e grave violazione di norme processuali, anche non tutelate da sanzioni processuali;

 

3) nel caso di accertata e grave violazione delle disposizioni, delle procedure e dei provvedimenti in materia di coordinamento nell'ipotesi di indagini collegate o particolarmente complesse e che investano più circondari;

 

h) prevedere, relativamente ai procedimenti riguardanti i reati indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, che sia fatto salvo quanto previsto dall'articolo 70-bis dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni;

 

i) prevedere che, nei casi di avocazione, continuino ad applicarsi le disposizioni di cui ai commi 6 e 6-bis dell'articolo 70 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni.

 


 

 

 

L’articolo 5 individua principi e criteri direttivi cui il legislatore delegato dovrà attenersi per la riorganizzazione dell’ufficio del pubblico Ministero.

 

La natura dell’azione penale, configurata come obbligatoria dall’art. 112 Cost, e il valore della libertà personale messo a rischio dal suo esercizio, esigono che la funzione dell’accusa nel processo sia affidata ad un organo pubblico, statuale, che agisca nell’interesse della collettività. A garanzia di tale interesse, la Costituzione affida la funzione di pubblico Ministero a magistrati nominati per concorso pubblico (art. 106).

Per quel che concerne le funzioni del pubblico Ministero va ricordato anzitutto come, nel nostro sistema processuale, informato ai canoni del rito accusatorio, il PM sia figura indefettibile di ogni procedimento penale, essendo prima, soggetto necessario della fase investigativa e, successivamente, parte essenziale nel processo, in posizione dialettica con la difesa.

Dette funzioni sono esercitate nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado dai magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale e nei giudizi di impugnazione da magistrati della procura generale presso la corte d’appello (art. 53 c.p.p.).

In relazione ai diversi momenti della sua azione, il PM assume funzioni inquirenti, di incriminazione e requirenti.

In particolare, nella fase antecedente al processo il pubblico Ministero è il dominus delle indagini preliminari (propedeutiche all’eventuale azione penale), nel corso delle quali si avvale della collaborazione della polizia giudiziaria (articolo 109 Cost.). E’ quindi l’organo propulsore e di direzione delle indagini e degli organi che le esplicano.

In tale fase, il PM riveste in posizione di preminenza una funzione inquirente: acquisita la notizia di reato compie atti investigativi di diversa natura ai fini della ricostruzione dell’esatta dinamica dei fatti e dell’individuazione dell’autore del reato (assunzione di informazioni, accertamenti tecnici, interrogatori, perquisizioni, sequestri, intercettazioni). Il PM non è però dotato di poteri coercitivi diretti nei confronti di persone sottoposte alle indagini e del loro patrimonio: l’adozione di misure incidenti sulla libertà personale e sul patrimonio dell’indagato (salvi i casi di urgenza, se del caso, confermati dal giudice) dovranno essere infatti richieste al giudice delle indagini preliminari (GIP), organo terzo, con funzioni giurisdizionali di garanzia e controllo del regolare operato del pubblico Ministero.

Scopo delle indagini preliminari è l’acquisizione di tutte le informazioni necessarie per valutare l’opportunità di richiedere al giudice il rinvio a giudizio dell’indagato; l’atto di incriminazione segna la fine della fase investigativa e ne rappresenta lo sbocco ineluttabile, in alternativa alla richiesta di archiviazione.

Una volta promossa l’azione penale, il PM diviene parte nel processo davanti al giudice assumendo una posizione di parità con la difesa; in tale fase egli svolge funzioni requirenti richiedendo al giudice lo svolgimento di tutte quelle attività (sia procedurali che di merito) finalizzate alla realizzazione di una corretta pretesa punitiva, eventualmente anche tramite l’impugnazione dei provvedimenti del giudice.

Ulteriori funzioni sono riservate al PM nella fase successiva all’emanazione della sentenza irrevocabile, ovvero nella fase dell’esecuzione. Qui, al PM, promotore dell’esecuzione, spetta di emettere l’ordine di carcerazione e scarcerazione, così esercitando poteri incidenti sull’attività personale. Peraltro, tali poteri non presentano margini discrezionali, trattandosi di mera attuazione di un titolo esecutivo proveniente dal giudice. L’attività del PM è comunque assoggettabile a controllo in sede giurisdizionale potendo essere promosso l’incidente di esecuzione su iniziativa del condannato, dal suo difensore o dallo stesso PM.

 

Le guarentigie che connotano il pubblico Ministero, sia organo dello Stato che soggetto processuale, pur simili a quelle che caratterizzano il giudice – soprattutto la sua appartenenza alla magistratura (art. 104, comma 1, Cost.) – ne evidenziano una diversificazione del grado di “copertura” costituzionale. Infatti, per i magistrati del PM, pur autonomi e indipendenti al pari dei colleghi giudicanti ai sensi del citato art. 104, comma 1, non è posta una regola analoga a quella fissata per questi ultimi, secondo la quale i giudici sono soggetti soltanto alla legge (art. 101, comma 2, Cost.). Se ciò esclude rapporti di subordinazione gerarchica tra “giudici”, non esclude che i pubblici ministeri, (pur in assenza, dopo la riforma del codice del 1988, di veri e propri poteri di dipendenza gerarchica) subiscano all’interno dell’ufficio determinati vincoli di soggezione rispetto ai capi delle procure.

Per quel che concerne l’organizzazione dell’ufficio, parallela a quella della giudicante, i diversi uffici del PM sono strutturati “verticalmente” su diversi livelli, comprendenti la procura generale presso la Corte di cassazione, le procure generali presso le corti d’appello, le procure della repubblica presso i tribunali ordinari e dei minorenni (art. 70, comma 1, RD 12/1941).

Negli uffici delle procure della Repubblica presso i tribunali ordinari possono essere istituiti posti di procuratore aggiunto in numero non superiore a quello risultante dalla proporzione di un procuratore aggiunto per ogni dieci sostituti addetti all'ufficio. Negli uffici delle procure della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto può essere comunque istituito un posto di procuratore aggiunto per specifiche ragioni riguardanti lo svolgimento dei compiti della direzione distrettuale antimafia. La nomina dei procuratori aggiunti è ovviamente di competenza del Consiglio superiore della magistratura.

 Attualmente vi sono, in primo grado, 164 procure della Repubblica presso i tribunali ordinari, 29 procure presso i tribunali per i minorenni (26 +3); in appello, 26 procure generali presso le corti di appello (+ 3 sezioni distaccate di procura generale); in sede di legittimità, la sola procura generale presso la Corte di cassazione. Davanti al tribunale monocratico, per delega nominativa del procuratore capo, possono esercitare funzioni di PM anche i vice procuratori onorari, ufficiali di P.G., uditori giudiziari in tirocinio. Analoga minor qualificazione professionale del PM è prevista presso il giudice di pace in sede penale.

Se ogni ufficio di procura gode di autonomia “esterna” verso gli altri uffici, l’art. 30 della legge 449 del 1988, novellando l’art. 16 della legge sulle guarentigie (legge 511 del 1946), ha previsto un generale ma indefinito potere di sorveglianza tra PM, sia in senso “verticale” (procura generale cassazione, procura generale corte d’appello, procura tribunale) che orizzontale all’interno degli stessi uffici, attribuendo tale potere ai rispettivi capi. Mentre ciascun Procuratore Capo esercita quindi un potere di sorveglianza sull’operato dei suoi sostituti, per tutti gli uffici di procura c’è poi un generale potere di vigilanza in capo al Ministro della giustizia (art. 69, RD 12/1941).

Se l’unità e impersonalità dell’ufficio si risolvono nel fatto che tutti i magistrati appartenenti ad un certo ufficio di procura costituiscono un ufficio unico e possono, quindi, essere investiti delle stesse attribuzioni in relazione a ciascun affare penale, l’autonomia e l’indipendenza del pubblico Ministero- persona fisica presentano caratteri peculiari con riguardo ai rapporti «interni» all’ufficio, dovendosi considerare il carattere unitario di questo e il potere di sovraordinazione che va riconosciuto al capo dell’ufficio nei confronti dei suoi PM.

I Procuratori titolari - oltre a dirigere gli uffici di procura ed a organizzarne l'attività – possono esercitare personalmente le funzioni attribuite al PM dal codice di procedura penale e dalle altre leggi, così come possono designare altri magistrati addetti all'ufficio (cfr. art. 70 RD 12/1941). Ai sensi dell’art. 3 delle disposizioni di attuazione al c.p.p., i titolari degli uffici del pubblico Ministero curano comunque che, ove possibile, siano gli stessi magistrati originariamente designati a trattare uno stesso procedimento per tutte le fasi del relativo grado.

Va precisato che in udienza[16], sia preliminare che dibattimentale, il PM gode di piena autonomia, non essendo sostituibile d’autorità dal capo della procura; si verifica, in tal caso, in favore del magistrato la cd. personalizzazione della funzione d’accusa ed il PM non sarà quindi sostituibile se non nei casi previsti dall’art. 53 c.p.p., quindi - oltre che nel caso di consenso - per grave impedimento, grave incompatibilità o rilevanti esigenze di servizio. L’insindacabilità delle scelte operate in udienza dal sostituto è comunque compensata dalla possibilità di impugnazione del Procuratore Capo della repubblica qualunque siano state le conclusioni del rappresentante del pubblico Ministero (art. 570 c.p.p.).

Come sottolineato dal C.S.M.[17], alla regola della piena autonomia del PM designato per l’udienza non corrisponde però una sua autonomia ridotta durante le indagini preliminari. Infatti, “…le eventuali divergenze tra PM e procuratore capo dell’ufficio non autorizzano il potere di avvicendamento nella designazione con l’affidamento dell’incarico ad altro sostituto……Il PM designato per le indagini preliminari è avvicendabile con altro sostituto solo in caso di sopravvenienza di situazioni che giustifichino, in funzione del soddisfacimento di imprescindibili oggettive esigenze, un siffatto provvedimento e quindi in presenza di un quadro fattuale sostanzialmente non diverso da quello descritto dall’art. 53 c.p.p.”. Accanto alla possibilità di “sostituire” il sostituto con altro magistrato, resta ferma la possibilità per il capo della Procura di esercitare in prima persona le funzioni di PM in ogni momento delle indagini preliminari anche quando abbia già designato un suo sostituto per la trattazione dell’affare. In ogni caso la revoca della designazione non potrà avvenire senza un provvedimento adeguatamente motivato, particolarmente perché trattandosi di contrarius actus devono essere conosciute le ragioni che hanno indotta all’assunzione della decisione[18]. Il magistrato spogliato del procedimento potrà comunque invocare l’intervento del CSM a tutela della sua indipendenza e della buona amministrazione della giustizia.

Va osservato che, in ogni caso, il comportamento del sostituto nei confronti del capo dell’ufficio può essere sempre oggetto di rilievo in sede disciplinare. Nulla vieta ad esempio al Procuratore capo di predeterminare, sentiti i componenti dell’ufficio, criteri uniformi nella conduzione delle indagini. Nel principio di diritto enunciato da Cass. Sezioni Unite penali 28 ottobre 1992, si legge che il Procuratore della Repubblica, nell’esplicazione dei suoi poteri di sorveglianza, di coordinamento dell’attività dell’ufficio o di impulso unitario alla conduzione dei processi, ha il diritto – ove lo ritenga opportuno - di chiedere al suo sostituto di essere tenuto al corrente sugli sviluppi del procedimento e di tenerlo informato sui provvedimenti da adottare in relazione ad esso. Ne deriva che il comportamento del sostituto che si sottragga a queste direttive può costituite fonte di responsabilità disciplinare.

Ciononostante, nel nostro ordinamento, secondo una nota decisione della Suprema Corte (Cass., I^ sez., ordinanza 5 luglio 1979, n. 2188 ), ciascun pubblico Ministero viene considerato autonomo e indipendente dal capo dell'ufficio perché non è possibile ritenere che i singoli magistrati del pubblico Ministero ripetano i loro poteri dal capo dell'ufficio. Il punto di riferimento per essi, quali magistrati, sarebbe sempre e soltanto la legge come proverebbe il principio della obbligatorietà dell'azione penale, onde è che le esigenze di coordinamento organizzativo dell'ufficio debbono considerarsi di carattere interno e non possono incidere sulla regolarità dell'iniziativa del singolo magistrato del pubblico Ministero, provocandone l’invalidazione.

Va, comunque, ricordato come la Corte costituzionale (sentenza 16 marzo 1976, n. 52) avesse in precedenza ritenuto non fondata -in riferimento agli artt. 101 comma 2 e 107 commi 3 e 4, Cost. - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 70 O.G. in quanto istitutiva, all'interno degli uffici del pubblico Ministero, di rapporti di dipendenza gerarchica. Secondo la Consulta, le garanzie di indipendenza del PM sancite a livello costituzionale dall'art. 107 Cost. vengono rimesse per la determinazione del loro contenuto alla legge ordinaria sull'ordinamento giudiziario, le cui disposizioni non possono essere ritenute illegittime se, per alcuni momenti processuali in cui è pronunciato il carattere impersonale della funzione, atteggiano a criteri gerarchici l'attività dell'organo. Va tenuto presente, infatti, che a differenza delle garanzie di indipendenza previste dall'art. 101 Cost. a presidio del singolo giudice, quelle che riguardano il pubblico Ministero si riferiscono all'ufficio unitariamente inteso e non ai singoli componenti di esso. In sostanza, una cosa è il PM in udienza - ove possono mutare i presupposti dell'accusa - e dunque è libero di determinarsi secondo legge e coscienza; altra cosa è la fase preprocessuale contraddistinta dalla impersonalità dell'ufficio.

La citata risoluzione C.S.M. del 25 marzo 1993 ricapitola in una serie di punti i limiti del potere di sovraordinazione del capo della procura nei confronti dei suoi PM, segnando i confini dell’autonomia di questi ultimi. Secondo il Consiglio superiore:

a) il potere del capo sul sostituto è unicamente conseguenza del potere di organizzazione e direzione dell’ufficio;

b) la potestà direttiva e organizzativa (possibilmente concordata ed elaborata collegialmente) si esprime per linee generali e non per intervento sul caso specifico;

c) il sostituto è titolare di un’autonomia (normalmente) piena in udienza, e di un’autonomia attenuata nei momenti diversi dall’udienza: ciò significa che vi è in lui un qualche potere di resistenza, non essendo concepibile un’autonomia (sia pur limitata) se il disaccordo con una diversa potestà significa sempre subalternità alla medesima;

d) questa autonomia, sia pure non piena, nelle fasi diverse dall’udienza trova conferma nel concetto di “designazione”. Se la “delega” (ora scomparsa) stava a significare che il delegante conserva un’ingerenza nell’attività del delegato (sotto forma di potere di direttiva, di sorveglianza e di avocazione), la diversa locuzione significa che queste caratteristiche non si presentano invariate nel nuovo modello di ufficio. La revoca della designazione rimane possibile, e continua a soggiacere all’obbligo della motivazione ma non ogni motivo rende legittima la revoca.

e) la nozione di “udienza”, intenzionalmente più ampia di quella di “dibattimento”, comporta che la “piena autonomia”, che ad essa si collega, faccia ingresso anche nella fase delle indagini preliminari.

f) il fatto che il magistrato del pubblico Ministero sia pienamente autonomo in queste situazioni è coerente con l’esistenza di una potestà direttiva in capo al titolare dell’ufficio. In particolare, non può essere escluso che il dirigente - anche per quel che concerne l’assegnazione degli affari - enunci preventivamente, sentiti i componenti dell’ufficio, le linee di indirizzo e di comportamento, sul piano organizzativo, alle quali ogni magistrato dovrà in linea di massima attenersi nelle varie materie e situazioni, specificando anticipatamente che l’inosservanza dei criteri enunciati potrà eventualmente comportare la revoca dell’assegnazione.

In tal modo - specie se l’individuazione dei criteri sarà stata frutto di consultazioni e di concertazioni collettive - le situazioni di possibile revoca saranno in parte notevole ricollegate a situazioni predeterminate e tipizzate e l’autonomia del magistrato, che per ipotesi non condividesse i criteri, sarà fatta salva dalla sua potestà di chiedere di essere sollevato dalla trattazione del singolo procedimento al quale detti criteri non condivisi dovrebbero applicarsi. E più saranno diffuse ed abituali le consultazioni sulle linee di comportamento dell’ufficio, più si ridurrà l’area dell’incerto e quindi del possibile contenzioso tra dirigente e sostituto.

Ne deriva, a giudizio del CSM, che la potestà direttiva si esprime, appunto, nell’indicazione di linee di indirizzo a carattere generale, non nelle situazioni (come l’udienza) nelle quali prevale la specificità del singolo processo. Dunque, se il sostituto gode di piena autonomia nell’udienza, anche nella fase delle indagini preliminari, non è concepibile una direttiva afferente il singolo processo ; ciò anche perchè in questa fase sarebbe contraddittorio ipotizzare un vincolo a chiedere od a comportarsi in un dato modo davanti al giudice, quando poi nell’udienza il sostituto abbia a recuperare la piena possibilità di atteggiarsi liberamente.

g) anche nelle situazioni nelle quali è assicurata la piena autonomia rimane, in capo al titolare dell’ufficio, una potestà di sostituzione, e quindi di revoca della designazione, in presenza di “rilevanti esigenze di servizio” (art. 53 comma 2 c.p.p., e, per rimando, art.70 comma 4 ord. giud.). Ne discende che queste esigenze di servizio rendono di per giustificata la revoca quando attengono, appunto, all’organizzazione del servizio, e cioè quando sono intese al miglior funzionamento dell’ufficio. Ma tali esigenze debbono essere riconosciute anche quando sia in gioco il merito della singola vicenda giudiziaria, peraltro nella circoscritta ipotesi in cui il magistrato designato abbia formulato, o intenda formulare, richieste oggettivamente insostenibili sul piano tecnico, esulanti dal campo dell’opinabilità e manifestamente ingiustificabili, ovvero ancora allorquando il magistrato si discosti, senza alcuna giustificazione, da quelle direttive di indole generale, previamente emanate, nelle quali si sostanzia la potestà direttiva del titolare dell’ufficio.

Solo in questo àmbito, chiaramente più ristretto della mera divergenza di opinioni sulla conduzione dell’indagine o sull’esercizio dell’azione penale, appare giustificata la revoca della designazione. Opinare diversamente, secondo il CSM, equivarrebbe ad assegnare al solo titolare dell’ufficio la gestione dell’azione penale nel singolo caso, con una sorta di personalizzazione concentrata nella sua figura.

h) il ruolo del C.S.M., qualora il suo intervento sia richiesto, non può non essere attivo: lo esige il ricordato art. 5 del d.lgs 273/1989 che, nel prevedere una facoltà di sollecitazione immediata in capo al singolo magistrato od alle parti, evidentemente si propone di assicurare uno sbocco immediato e diverso dalla semplice “presa d’atto”.

D’altra parte, occorre considerare che una sanzione di natura direttamente processuale (e cioè l’annullamento della sostituzione, con conseguente riassegnazione del procedimento al magistrato sostituito) non è agevolmente configurabile, sia perche è discussa la possibilità di configurare in capo al C.S.M. un rapporto propriamente gerarchico nei confronti dei capi degli uffici, sia per l’esigenza di stabilità della quale devono godere gli atti del procedimento eventualmente compiuti medio tempore dal diverso assegnatario del procedimento, sia infine perché il C.S.M. non può gestire neppure indirettamente la giurisdizione.

Il punto d’incontro tra queste opposte esigenze sembra doversi collocare in un potere-dovere del C.S.M. di vagliare la legittimità del provvedimento del titolare dell’ufficio alla stregua dei parametri sopra illustrati; di raccoglierne le eventuali controdeduzioni; di comunicare al predetto le proprie conclusioni.

Ove si accerti l’illegittimità della revoca della designazione, il Consiglio valuterà caso per caso l’opportunità di informare i titolari dell’azione disciplinare, ovvero se sussista un fatto rilevante ai fini dell’apertura di una procedura di trasferimento d’ufficio, ai sensi dell’art. 2 della legge sulle guarentigie.

 

Come tra capo dell’ufficio e sostituti, anche tra i diversi uffici del pubblico Ministero di diverso grado (Tribunale, Corte d’appello, Cassazione) non sussiste rapporto di dipendenza gerarchica ma una semplice relazione di mera sovraordinazione collegata alla progressione del processo al grado successivo di giudizio.

In ogni grado di giudizio, le funzioni di pubblico Ministero sono esercitabili unicamente dall’ufficio costituito presso il giudice corrispondente; durante le indagini preliminari, il procuratore generale presso la corte d’appello, salvo le ipotesi eccezionali di avocazione (v. ultra), non ha poteri investigativi (non dispone della polizia giudiziaria) né di esercizio dell’azione penale.

L’esplicazione di funzioni sovraordinate trova il suo culmine nell’avocazione ovvero nella possibilità riconosciuta al PM di grado superiore di far proprie le attribuzioni normalmente demandate al PM dell’ufficio di grado inferiore per il compimento di una determinata attività. Il codice delinea, in particolare, l’assunzione da parte del procuratore generale presso la corte d’appello, in ipotesi eccezionali, della funzione di indagine e di promuovimento dell’azione penale in luogo del procuratore della repubblica presso il tribunale.

Come detto, l’avocazione è istituto eccezionale che trova fondamento in situazioni di inerzia o di incompatibilità dei PM di primo grado: il PG, quando ne ravvisi i presupposti, ha il potere-dovere di sostituirsi al PM interessato. L’avocazione del PG presso la corte d’appello può essere obbligatoria o facoltativa.

La prima conosce due ipotesi: avocazione per scadenza dei termini (art. 412, comma 1, c.p.p.) per mancata richiesta di archiviazione o rinvio a giudizio entro il termine di durata massima delle indagini preliminari; avocazione per mancata sostituzione del PM (artt. 53 e 372 c.p.p.) per impossibilità del procuratore capo dell’ufficio di sostituire il PM astenutosi o incompatibile ovvero per inerzia nel sostituirlo.

L’avocazione facoltativa rimanda invece a valutazioni discrezionali del PG e si verifica in due casi, entrambi susseguenti a comunicazioni del giudice del merito: la prima è la comunicazione del GIP in ordine al mancato accoglimento della proposta di archiviazione da parte del PM; il PG può ritenere di avocare a sé le indagini, ritenendo insufficiente l’operato del PM (artt. 409, comma 3, 412, comma 2, c.p.p.) potendo, in tal caso, disporre, a fini investigativi, della polizia giudiziaria; la seconda è susseguente alla comunicazione del GUP durante l’udienza preliminare circa l’incompletezza delle indagini e l’esigenza di integrazione entro un determinato termine, compatibile con la decisione sulla richiesta di rinvio a giudizio presentata dal PM (art. 421-bis, comma 2, c.p.p.).

Entro dieci giorni dalla ricezione del provvedimento di avocazione (decreto motivato), il procuratore della Repubblica interessato può proporre reclamo al procuratore generale presso la Corte di cassazione. Questi, se accoglie il reclamo, revoca il decreto di avocazione, disponendo la restituzione degli atti

Una nuova ipotesi di avocazione è prevista dall’art. 371-bis c.p.p. in seguito all’istituzione delle direzioni distrettuali antimafia: il Procuratore nazionale antimafia può avocare a sé le indagini preliminari in caso di mancato esito delle riunioni disposte per rendere effettivo il coordinamento nell’attività d’indagine e questo non è stato possibile per inerzia perdurante e ingiustificata dell’attività d’indagine, per reiterata e ingiustificata violazione dei doveri di coordinamento tra uffici del PM che procedono a indagini collegate. Anche il decreto di avocazione del Procuratore nazionale antimafia è reclamabile per cassazione

 

In linea generale, la norma di delega propone un modello organizzativo che, superando il citato criterio della sovraordinazione, sembra caratterizzarsi per il passaggio ad una maggiore gerarchizzazionedegli uffici di procura, ottenuta mediante un notevole rafforzamento dei poteri del capo dell’ufficio. Tale impostazione è assunta non solo a livello di circondario, cioè di tribunale, ma anche “verticalmente”, a livello distrettuale e nazionale.

I principi enucleati sono infatti i seguenti

·           concentrazione dei poteri di indagine in capo al procuratore della Repubblica presso il tribunale cui è assegnata l’esclusiva titolarità dell’azione penale, da esercitare in piena responsabilità, assicurando la corretta e uniforme applicazione della legge e delle norme sul giusto processo (lettera a);

·           possibile delega ad un magistrato del proprio ufficio della funzione di vicario, e ad uno o più magistrati dell'ufficio medesimoperché lo coadiuvinonella gestione per la trattazione di uno o più procedimenti (o singoli atti) o dell'attività di un settore di affari (lettera b);

·           facoltà del procuratore della Repubblica di determinare i criteri cui i magistrati delegati  devono attenersi;

·           in caso di inosservanza dei criteri o di divergenza con il suo sostituto, il capo dell’ufficio potrà revocare l’assegnazione del procedimento (lettera c);.

Come sopra ricordato, la circolare CSM del 25 marzo 1993 ammette la possibilità, che il capo della procura, nell’esercizio della sua potestà direttiva e sentiti i componenti dell’ufficio, stabilisca preventivamente le linee di indirizzo e comportamentali sul piano organizzativo, alle quali ogni sostituto procuratore dovrà in linea di massima attenersi nelle varie materie e situazioni, specificando anticipatamente che l’inosservanza dei criteri enunciati potrà eventualmente comportare la revoca dell’assegnazione.

 

·           assenso preventivo del procuratore capo della Repubblica, o di magistrato eventualmente delegato, per l’assunzione di provvedimenti incidenti su diritti reali e sulla libertà personale;viene previsto, tuttavia, che le tali norme non si applichino nelle ipotesi in cui la misura cautelare personale o reale è richiesta in sede di convalida del fermo o dell’arresto (lettera d);

In base a tale disposizioni non sarebbe più possibile, ad esempio, ad un PM richiedere al GIP l’emissione di un decreto di sequestro preventivo o di una ordinanza di custodia cautelare senza il consenso del capo dell’ufficio di procura.

 

·           rapporti con gli organi di informazione tenuti esclusivamente dal capo dell’ufficio di procura o di un magistrato all’uopo delegato ed attribuzione impersonale all’ufficio di ogni informazione sull’attività della procura; è quindi fatti divieto al singolo magistrato dell’ufficio tenere rapporti con i mass media (lettera e);

Si ricorda come più volte il C.S.M. si sia pronunciato in tema di dichiarazione dei magistrati alla stampa (Risoluzioni 18 aprile 1990, 19 maggio 1993 e 4 dicembre 1994) cercando di contemperare il diritto costituzionalmente garantito di libera manifestazione del pensiero con le doverose esigenze di prudenza, riservatezza ed equilibrio imposte da delicato ruolo svolto. In particolare, il Consiglio, pur ammettendo in determinati casi la possibilità per i magistrati di comunicare con l’opinione pubblica, ha affermato l’opportunità, in ogni caso, di evitare - da parte dei magistrati - dichiarazioni alla stampa su processi che stanno trattando o nei quali sono o saranno chiamati a qualunque titolo a svolgere la propria funzione. Per il CSM – fermi restando i limiti imposti dal codice di rito (artt. 114 “Divieto di pubblicazione di atti e di immagini” e 329 “Obbligo del segreto”)  - è altresì opportuno evitare dichiarazioni anche in relazione a procedimenti pendenti di cui una qualsiasi fase sia stata già definita con la partecipazione del magistrato stesso. Qualora ragioni di pubblico interesse richiedano chiarezza e trasparenza, anche per rassicurare l’opinione pubblica, su un procedimento in corso, è consigliabile che il magistrato riferisca al capo dell’ufficio, il quale potrà valutare l’opportunità di una sua dichiarazione ufficiale o di un comunicato stampa, rispettati - ovviamente - i limiti del segreto d’ufficio.

Il Consiglio ha, in via generale, richiamato i magistrati all’esigenza di una scrupolosa osservanza del canone di riservatezza che i magistrati stessi si sono dati con l’articolo 6 del loro Codice etico (approvato il 7 maggio 1994 dal direttivo dell’Associazione Nazionale magistrati), riservatezza la cui violazione può essere sempre oggetto di valutazione in sede disciplinare ai sensi dell’art. 18 della legge sulle guarentigie (R.D.Lvo 511/1946).

In base a tale disposizione, “nei contatti con la stampa e con gli altri mezzi di comunicazione il magistrato non sollecita la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio. Quando non è tenuto al segreto o alla riservatezza su informazioni conosciute per ragioni del suo ufficio e ritiene di dover fornire notizie sull’attività giudiziaria, al fine di garantire la corretta informazione dei cittadini e l’esercizio del diritto di cronaca, ovvero di tutelare l’onore e la reputazione dei cittadini, evita la costituzione o l’utilizzazione di canali informativi riservati o privilegiati. Fermo il principio di piena libertà di manifestazione del pensiero, il magistrato si ispira a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare dichiarazioni ed interviste ai giornali e agli altri mezzi di comunicazione di massa”.

 

·           controllo del procuratore generale presso la corte d’appello del corretto esercizio dell’azione penale (acquisizione di dati e notizie) da parte dei capi degli uffici di procura dei tribunali del distretto ed obbligo di relativa relazione annuale al PG della Corte di cassazione (lettera f).

Si osserva, sul punto, come la norma di delega non precisa l’ambito di eventuale intervento del procuratore generale della cassazione in caso di riscontrate anomalie.

 

·           attribuzione al procuratore generale distrettuale  di poteri sostitutivi e di avocazione in caso di violazione dei termini di durata delle indagini preliminari - fermo quanto già previsto dal codice (artt. 412, comma 2, 413 e 421-bis c.p.p.)[19] - di “accertata e grave” violazione di disposizioni processuali (anche non tulelate da sanzioni processuali) nonchè di norme, procedure e provvedimenti in tema di coordinamento tra procure in caso di indagini collegate o di particolare complessità che interessino più circondari di tribunale (lettera g);.

·           viene tuttavia fatta salva la previsione che, nei casi di avocazione continuino ad applicarsi le disposizioni di cui ai commi 6 e 6-bis dell’articolo 70 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni (lettera i).

 

I commi sopracitati dell'articolo 70 prevedono che, quando il procuratore nazionale antimafia o il procuratore generale presso la corte di appello dispone l'avocazione delle indagini preliminari nei casi previsti dalla legge, trasmette copia del relativo decreto motivato al Consiglio superiore della magistratura e ai procuratori della repubblica interessati.

Entro dieci giorni dalla ricezione del provvedimento di avocazione, il procuratore della repubblica interessato può proporre reclamo al procuratore generale presso la Corte dsi cassazione. Questi, se accoglie il reclamo, revoca il decreto di avocazione, disponendo la restituzione degli atti. 

 

·           previsione, per i procedimenti riguardanti i reati indicati nell’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, che siano fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 70-bis dell’ordinamento giudiziario relative alla costituzione e al funzionamento della direzione distrettuale antimafia; (lettera h) ;

 

L’articolo 70-bis dell’Ordinamento Giudiziario (R.D. n. 12 del 1941) istituisce le Direzioni distrettuali antimafia (DDA), con l’obiettivo di concentrare in poche mani le indagini preliminari relative ai reati di criminalità organizzata, individuati dall’articolo 51, comma 3-bis, del codice di rito.

Le Direzioni distrettuali sono articolazioni della Procura della Repubblica presso il Tribunale di ciascun capoluogo di Distretto di Corte d’appello. Il procuratore distrettuale è preposto all'attività della direzione e cura, in particolare, che i magistrati addetti ottemperino all'obbligo di assicurare la completezza e la tempestività della reciproca informazione sull'andamento delle indagini ed eseguano le direttive impartite per il coordinamento delle investigazioni e l'impiego della polizia giudiziaria (art. 70-bis, comma 2).

Il collegamento ed il coordinamento di tutte le direzioni distrettuali antimafia è affidato ad una Direzione nazionale (sulla DNA si veda infra il commento all’art. 11-ter)

 

 


 

Art. 6.
(Modifiche all'organico della Corte di cassazione e alla disciplina relativa ai magistrati applicati presso la stessa).

 

 

 


1. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera e), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d'appello previsti in organico presso la Corte di cassazione nonché di tutti i posti di magistrato d'appello destinato alla Procura generale presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di cassazione, presso i rispettivi uffici;

 

b) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d'appello previsti in organico presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di tribunale;

 

c) prevedere che della pianta organica della Corte di cassazione facciano parte trentasette magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale con non meno di cinque anni di esercizio delle funzioni di merito destinati a prestare servizio presso l'ufficio del massimario e del ruolo;

 

d) prevedere che i magistrati di cui alla lettera c), dopo almeno otto anni di servizio presso l'ufficio del massimario e del ruolo, possano essere nominati a posti vacanti nelle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità, in deroga a quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera i), numero 13), in seguito a valutazione favorevole del Consiglio superiore della magistratura espressa previa acquisizione del parere motivato del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, e sempre che tali magistrati abbiano un'anzianità non inferiore a quindici anni;

 

e) prevedere l'abrogazione dell'articolo 116 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, e prevedere che all'articolo 117 e alla relativa rubrica del citato ordinamento giudiziario di cui al regio decreto n.12 del 1941 siano soppresse le parole: « di appello e ».

 


 

 

 

L’articolo 6 della proposta di legge delega detta principi e criteri direttivi in tema di organico della Corte di cassazione.

 

Attualmente, ai sensi dell’articolo 66 del R.D. n. 12 del 1941, la Corte di cassazione è costituita in sezioni, e composta da:

-          il Primo Presidente, che presiede le udienze a sezioni unite e le adunanze solenni e può presiedere le udienze delle singole sezioni;

-          il Presidente aggiunto della Corte di cassazione, figura istituita dalla legge n. 1 del 1963;

-          i Presidenti di sezione;

-          i consiglieri.

Peraltro, recentemente, l’articolo 2 della legge n. 48 del 2001, ha modificato alcune disposizioni del Regio Decreto sull’ordinamento giudiziario inserendo nella pianta organica della Corte di cassazione anche i magistrati di appello e di tribunale attualmente “applicati”, per un numero complessivo di 74, presso la Corte di cassazione e la Procura generale presso la stessa Corte.

In particolare, l’articolo 115 dell’ordinamento giudiziario dispone che della pianta organica della Corte di cassazione facciano parte 30 magistrati di merito con qualifica non inferiore a magistrato di appello e 22 magistrati di merito con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale, destinati a prestare servizio presso l'ufficio del massimario e del ruolo[20]. Peraltro, con decreto del primo presidente della Corte di cassazione i magistrati di appello possono anche essere autorizzati, per esigenze di servizio, ad esercitare le funzioni di consigliere della Corte di cassazione.

Il successivo articolo 116 dispone che della pianta organica della Procura generale presso la Corte di cassazione facciano parte 22 magistrati di merito con qualifica non inferiore a magistrato di appello. Con decreto del Procuratore generale i magistrati possono essere autorizzati, per esigenze di servizio, ad esercitare le funzioni di sostituto procuratore generale della Corte di cassazione.

 

Conseguentemente, l’organico presso la Corte di cassazione risulta così composto:

 

Funzione

Organico

Vacanti

Coperti

Primo Presidente della Corte di cassazione

1

0

1

Presidente Aggiunto della Corte di cassazione

1

1

0

Presidente Sezione di Corte di cassazione

54

9

45

Consigliere di Corte di cassazione

288

28

260

Magistrato di appello destinato alla Corte di cassazione

30

8

22

Magistrato di tribunale destinato alla Corte di cassazione

22

1

21

Fonte: CSM (www.csm.it)

 

 

L’organico della Procura generale presso la Corte di cassazione risulta invece così composto:

 

Funzione

Organico

Vacanti

Coperti

Procuratore Generale presso la Corte di cassazione

1

0

1

Avvocato Generale di Corte di cassazione

6

1

5

Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di cassazione

43

5

38

Magistrato di appello destinato alla Procura generale presso la Corte di cassazione

22

1

21

Fonte: CSM (www.csm.it)

 

 

La lettera a) delega il Governo a dimezzare il numero di magistrati d’appello previsti nell’organico della Suprema Corte (eliminando 15 degli attuali 30 posti) ed a sopprimere tutti i posti di magistrato d’appello presso la Procura generale. In luogo dei magistrati d’appello, in entrambi gli uffici giudiziari il legislatore delegato dovrà prevedere altrettanti magistrati di cassazione.

 

La lettera b) delega il Governo a completare l'eliminazione dall’organico della Cassazione dei magistrati d’appello. In particolare, i residui (rispetto all’intervento previsto dalla lettera precedente) 15 posti di magistrato d’appello dovranno essere sostituiti con altrettanti posti di magistrato di tribunale, che andranno così ad aggiungersi agli attuali 22 posti (15+22=37).

 

La lettera c) precisa che la pianta organica della Cassazione non dovrà prevedere più di 37 magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale; inoltre, la proposta stabilisce:

-          che tali magistrati, prima di accedere alla Suprema Corte, dovranno aver esercitato per almeno 5 anni le funzioni di merito;

-          che tali magistrati saranno destinati al servizio presso l’ufficio del massimario e del ruolo.

 

L’articolo 68 dell’Ordinamento giudiziario costituisce presso la Corte di cassazione un ufficio del massimario e del ruolo, diretto da un magistrato della corte medesima, designato dal primo presidente. Attualmente all'ufficio sono addetti 9 magistrati, di grado non superiore a consigliere di corte d'appello o parificato. Le attribuzioni dell'ufficio del massimario e del ruolo sono stabilite dal primo presidente della corte suprema di cassazione, sentito il procuratore generale della Repubblica.

 

Ai sensi della successiva lettera d), tali magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale potranno essere nominati a posti vacanti nelle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità, in presenza dei seguenti presupposti:

-          anzianità non inferiore a 15 anni;

-          servizio per almeno 8 anni presso l’Ufficio del massimario e del ruolo;

-          favorevole valutazione del CSM;

-          parere motivato del Consiglio direttivo della Corte di cassazione.

 

Infine, con disposizione di coordinamento, la lettera e) prevede l’abrogazione dell’articolo 116 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (disposizione che individua in 22 il numero di magistrati di merito con qualifica non inferiore a magistrato di appello previsti nell’organico della Cassazione) e la soppressione di ogni riferimento ai magistrati d’appello nel successivo articolo 117.

 

 



 


Art. 7.
(Norme in materia disciplinare nonché in tema di situazioni di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d'ufficio).

 


1. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) provvedere alla tipizzazione delle ipotesi di illecito disciplinare dei magistrati, sia inerenti l'esercizio della funzione sia estranee alla stessa, garantendo comunque la necessaria completezza della disciplina con adeguate norme di chiusura, nonché all'individuazione delle relative sanzioni;

 

b) prevedere:

1) che il magistrato debba esercitare le funzioni attribuitegli con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo e equilibrio;

2) che in ogni atto di esercizio delle funzioni il magistrato debba rispettare la dignità della persona;

3) che anche fuori dall'esercizio delle sue funzioni il magistrato non debba tenere comportamenti, ancorché legittimi, che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio, dell'istituzione;

4) che la violazione dei predetti doveri costituisca illecito disciplinare perseguibile nelle ipotesi previste dalle lettere c), d) ed e);

 

c) salvo quanto stabilito dal numero 10), prevedere che costituiscano illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni:

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano illegittimo danno o vantaggio ad una delle parti; l'omissione della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p); la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge; ogni altra violazione del dovere di imparzialità;

 

2) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con l'ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori; l'ingiustificata interferenza nell'attività giudiziaria di altro magistrato, attuata mediante l'esercizio delle funzioni; ogni altra rilevante violazione del dovere di correttezza;

 

3) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile; il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile; il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia; l'emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge; l'adozione di provvedimenti non consentiti dalla legge che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali; la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi competenti; l'indebito affidamento ad altri del proprio lavoro; l'inosservanza dell'obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l'ufficio, se manca l'autorizzazione prevista dalle norme vigenti e ne sia derivato concreto pregiudizio all'adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità; ogni altra rilevante violazione del dovere di diligenza;

 

4) il reiterato, grave o ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni; il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato al lavoro giudiziario, compresa l'assegnazione a se medesimo e la redazione dei provvedimenti, da parte del dirigente l'ufficio o del presidente di una sezione o del presidente di un collegio; l'inosservanza dell'obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione dell'organo competente; ogni altra rilevante violazione del dovere di laboriosità;

 

5) i comportamenti che determinano la divulgazione di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonché la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere diritti altrui;

 

6) il tenere rapporti con gli organi di informazione al di fuori delle modalità previste dall'articolo 5, comma 1, lettera e);

 

7) l'adozione intenzionale di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione, tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo;

 

8) l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell'ufficio, della sezione o del collegio; l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p), ovvero delle situazioni che possono dar luogo all'adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificati ai sensi delle lettere n) e o);

 

9) l'adozione di atti e provvedimenti il cui contenuto palesemente e inequivocabilmente sia contro la lettera e la volontà della legge o costituisca esercizio di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi o amministrativi ovvero riservata ad altri organi costituzionali;

 

10) fermo quanto previsto dai numeri 3), 7) e 9), non può dar luogo a responsabilità disciplinare l'attività di interpretazione di norme di diritto in conformità all'articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale né quella di valutazione del fatto e delle prove;

 

d) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari al di fuori dell'esercizio delle funzioni:

 

1) l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sé o per altri;

2) il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione comunque trattato dal magistrato, o persona che a questi consta essere stata dichiarata delinquente abituale professionale o per tendenza o aver subito condanna per delitti non colposi alla pena della reclusione superiore a tre anni o una misura di prevenzione, salvo che sia intervenuta la riabilitazione, ovvero l'intrattenere rapporti di affari con una di tali persone;

 

3) l'assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione dell'organo competente;

 

4) lo svolgimento di attività incompatibili con la funzione giudiziaria o tali da recare concreto pregiudizio all'assolvimento dei doveri indicati nella lettera b), numeri 1), 2) e 3);

 

5) la pubblica manifestazione di consenso o dissenso in ordine ad un procedimento in corso quando, per la posizione del magistrato o per le modalità con cui il giudizio è espresso, sia idonea a condizionare la libertà di decisione nell'esercizio delle funzioni giudiziarie;

 

6) la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli sono oggettivamente incompatibili con l'esercizio delle funzioni giudiziarie;

 

7) l'iscrizione, l'adesione o la partecipazione, sotto qualsiasi forma, a partiti o movimenti politici;

 

8) ogni altro comportamento tale da compromettere l'indipendenza, la terzietà e l'imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell'apparenza;

9) l'uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, è idoneo a turbare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste;

e) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari conseguenti al reato:

 

1) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto doloso o preterintenzionale, quando la legge stabilisce la pena detentiva sola o congiunta alla pena pecuniaria;

 

2) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto colposo, alla pena della reclusione, sempre che presentino, per modalità e conseguenze, carattere di particolare gravità;

 

3) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, alla pena dell'arresto, sempre che presentino, per le modalità di esecuzione, carattere di particolare gravità;

 

4) altri fatti costituenti reato idonei a compromettere la credibilità del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l'azione penale non può essere iniziata o proseguita;

 

f) prevedere come sanzioni disciplinari:

 

1) l'ammonimento;

 

2) la censura;

3) la perdita dell'anzianità;

 

4) l'incapacità temporanea ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo;

 

5) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;

 

6) la rimozione;

 

g) stabilire che:

 

1) l'ammonimento consista nel richiamo, espresso nel dispositivo della decisione, all'osservanza da parte del magistrato dei suoi doveri, in rapporto all'illecito commesso;

 

2) la censura consista in un biasimo formale espresso nel dispositivo della decisione;

 

3) la sanzione della perdita dell'anzianità sia inflitta per un periodo compreso tra due mesi e due anni;

 

4) la sanzione della temporanea incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo sia inflitta per un periodo compreso tra sei mesi e due anni. Se il magistrato svolge funzioni direttive o semidirettive, debbono essergli conferite di ufficio altre funzioni non direttive o semidirettive, corrispondenti alla sua qualifica. Scontata la sanzione, il magistrato non può riprendere l'esercizio delle funzioni direttive o semidirettive presso l'ufficio dove le svolgeva anteriormente alla condanna;

 

 

5) la sospensione dalle funzioni comporti altresì la sospensione dallo stipendio ed il collocamento del magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura. Al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare pari ai due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo, se il magistrato sta percependo il trattamento economico riservato alla prima o seconda o terza classe stipendiale; alla metà, se alla quarta o quinta classe; ad un terzo, se alla sesta o settima classe;

 

6) la rimozione determini la cessazione del rapporto di servizio;

 

7) quando, per il concorso di più illeciti disciplinari, si dovrebbero irrogare più sanzioni meno gravi, si applichi altra sanzione di maggiore gravità, sola o congiunta con quella meno grave se compatibile;

 

8) la sanzione di cui al numero 6) sia eseguita mediante decreto del Presidente della Repubblica;

 

h) prevedere che siano puniti con la sanzione non inferiore alla censura:

 

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano illegittimo danno o vantaggio ad una delle parti;

 

2) la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

 

3) l'omissione, da parte dell'interessato, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificati ai sensi della lettera p);

 

4) ogni altra violazione del dovere di imparzialità;

 

 5) i comportamenti previsti dal numero 2), primo periodo, della lettera c);

 

6) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;

 

7) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni;

 

8) la scarsa laboriosità, se abituale;

 

9) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;

 

10) l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale o grave;

 

11) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera d);

 

i) prevedere che siano puniti con una sanzione non inferiore alla perdita dell'anzianità:

 

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano illegittimo danno o vantaggio ad una delle parti, se gravi;

 

2) l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave;

 

l) stabilire che:

 

1) sia punita con la sanzione della incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo l'interferenza nell'attività di altro magistrato da parte del dirigente dell'ufficio o del presidente della sezione, se ripetuta o grave;

 

2) sia punita con una sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni l'accettazione di incarichi ed uffici vietati dalla legge o non autorizzati;

 

3) sia rimosso il magistrato che incorre nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale o che incorre in una condanna a pena detentiva per delitto non colposo non inferiore ad un anno la cui esecuzione non sia stata sospesa ai sensi degli articoli 163 e 164 del codice penale o per la quale sia intervenuto provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell'articolo 168 dello stesso codice;

 

m) stabilire che, nell'infliggere una sanzione diversa dall'ammonimento e dalla rimozione, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura possa disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell'amministrazione della giustizia. Il trasferimento è sempre disposto quando ricorre una delle violazioni previste dal numero 1) della lettera c), ad eccezione dell'inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge e dell'inosservanza dell'obbligo della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, dal numero 1) della lettera d), ovvero se è inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni;

 

n) integrare il secondo comma dell'articolo 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, stabilendo che il trasferimento ad altra sede, o la destinazione ad altre funzioni, ivi previsti, avvengano secondo le norme procedurali che regolano il procedimento disciplinare di cui agli articoli 28 e seguenti dello stesso regio decreto legislativo, in quanto compatibili; prevedere altresì che, in caso di particolare urgenza, il trasferimento possa essere disposto anche in via cautelare e provvisoria; prevedere infine che la causa, anche incolpevole, legittimante l'intervento sia tale da impedire al magistrato di svolgere le sue funzioni, nella sede occupata, con piena indipendenza e imparzialità;

 

o) prevedere la modifica dell'articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, consentendo anche di far transitare nella pubblica amministrazione, con funzioni amministrative, i magistrati dispensati dal servizio;

 

p) ridisciplinare le ipotesi di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, in maniera più puntuale e rigorosa prevedendo, salvo eccezioni specificatamente disciplinate con riferimento all'entità dell'organico nonché alla diversità di incarico, l'incompatibilità per il magistrato a svolgere l'attività presso il medesimo ufficio in cui parenti sino al secondo grado, affini in primo grado, il coniuge o il convivente esercitano la professione di magistrato o di avvocato.

 


 

 

L’articolo 7 detta i princìpi e i criteri direttivi ai quali il Governo si deve attenere nel ridefinire gli illeciti disciplinari dei magistrati e le relative sanzioni. Scopo principale della norma è quello di superare la genericità,  l’ampiezza e quindi la mancanza di tassatività delle disposizioni vigenti, contenute nel R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n.511 (Guarentigie della magistratura), che hanno generato più di un dubbio di compatibilità costituzionale;

 

Si ricorda che l’esigenza di tipizzazione degli illeciti disciplinari era stata prospettata nel messaggio alle Camere del 26 luglio 1990 dal Presidente della Repubblica.

 

Il comma 1, alla lettera b), individua una serie di doveri cui il comportamento del magistrato si deve conformare, sia nell’esercizio delle sue funzioni che al di fuori di esso: si fa riferimento ai doveri di imparzialità, correttezza, laboriosità, diligenza, riserbo ed equilibrio (numero 1), di rispetto della dignità della persona (numero 2), nonché a quello di astensione da comportamenti che compromettano la credibilità, il prestigio, il decoro del magistrato stesso o della magistratura (numero 3).

 

La lettera c) disciplina analiticamente gli illeciti disciplinari che possono essere commessi nell’esercizio delle funzioni: si fa in primo luogo riferimento (numero 1) al mancato rispetto dei doveri di cui alla lettera b), specificando che una  violazione degli stessi costituisce illecito soltanto nel caso in cui ricorra un ulteriore requisito: l’illegittimo danno o il vantaggio che dal comportamento del magistrato possa derivare ad una delle parti.

 

Si fa notare che nei successivi numeri della lettera c) (2, 3, 4, 5), che pur costituiscono una specificazione dei doveri di correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo, non è richiamato il requisito del danno o del vantaggio di una delle parti: non appare chiaro pertanto se in queste ipotesi la presenza di tale requisito debba o meno considerarsi necessaria ai fini della configurazione dell’illecito disciplinare.

 

Sempre al numero 1 si prevede che costituiscono illecito anche la mancata comunicazione al C.S.M. di una delle situazioni di incompatibilità previste dalla legge e l’inosservanza dell’obbligo di astensione.

Al numero 2 della medesima lettera c) si individuano quei comportamenti del magistrato che integrano una violazione del dovere di correttezza: l’ingiustificata interferenza nella attività di altro magistrato, le gravi ed abituali scorrettezze nei confronti delle parti, dei difensori, dei testimoni ecc.

Il numero 3 specifica che costituiscono violazioni del dovere di diligenza: la violazione di legge o il travisamento dei fatti determinati da negligenza inescusabile, l’emissione di provvedimenti privi di motivazione nel caso in cui essa sia necessaria per legge, l’adozione di provvedimenti non consentiti dalla legge lesivi di diritti personali o, in maniera rilevante, di diritti patrimoniali, la reiterata e grave inosservanza delle norme sul servizio giudiziario, l’affidamento ad altri del proprio lavoro, l’inosservanza dell’obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l’ufficio.

Anche violazioni del dovere di laboriosità possono dar luogo ad illecito disciplinare nei seguenti casi elencati nel numero 4: il reiterato, grave o ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni, il sottrarsi dal lavoro (per il quale rilevano la mancata assegnazione a sé e la mancata redazione di provvedimenti), l’inosservanza dell’obbligo di reperibilità.

I numeri 5 e 6 disciplinano i comportamenti, come la divulgazione di atti del procedimento coperti da segreto o l’intrattenere rapporti con gli organi di informazione al di fuori dei casi consentiti dalla legge, che danno luogo a violazione del dovere di riserbo.

Costituiscono altresì illecito, ai sensi dei numeri 7, 8 e 9: l’adozione intenzionale di provvedimenti irragionevoli, affetti cioè da contraddittorietà tra dispositivo e motivazione; l’omissione, da parte del magistrato dirigente, della comunicazione, agli organi competenti, di illeciti commessi da altri magistrati dell’ufficio o della comunicazione al C.S.M. della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dalla legge; l'adozione di provvedimenti che siano palesemente ed inequivocabilmente in contrasto con la lettera della norma e la volontà del legislatore o che confliggano con le attribuzioni di organi legislativi o di altri organi costituzionali, ovvero di organi amministrativi. Non può dar luogo, invece, a procedimento disciplinare né l’attività di  interpretazione normativa effettuata in conformità di quanto disposto dall'art.12 delle disposizioni sulla legge in generale del Codice civile, né la valutazione del fatto o delle prove, salvo quanto previsto ai numeri 3)  7) e 9) (numero 10).

 

Alla lettera d) sono invece individuati quei fatti che, pur commessi dal magistrato al di fuori dell’esercizio delle sue funzioni, costituiscono comunque illecito. Si fa riferimento: all’uso della qualità di magistrato tale da turbare l’esercizio delle funzioni costituzionali o finalizzato al conseguimento di vantaggi per sé od altri; alle frequentazioni o ai rapporti di affari con persone sottoposte a procedimento penale trattato dal magistrato, condannate (alla pena della reclusione superiore ai tre anni) per delitti non colposi o dichiarate delinquenti abituali, professionali o per tendenza; all’assunzione di incarichi senza autorizzazione; allo svolgimento di attività incompatibili con il rispetto dei doveri indicati alla lettera b), numeri 1, 2, 3; alla manifestazione in pubblico dei propri convincimenti circa un procedimento in corso tale da condizionarne l’esito; alla partecipazione ad associazioni segrete; alla adesione o alla partecipazione, sotto qualsiasi forma, a partiti o movimenti politici (numeri da 1 a 7).

 

La norma da ultimo illustrata si pone come un'attuazione dell'articolo 98 della Costituzione che, al terzo comma, consente alla legge ordinaria di stabilire limitazionial diritto d'iscriversi ai partiti politici per alcune categorie, tra le quali, tra l'altro, i magistrati.

Occorre tuttavia valutare le possibili connessioni della disposizione di cui all'articolo 7 del disegno di legge con la tutela costituzionale garantita a tutti - sia pure nell'ambito definito dagli articoli 17, 18 e 21 della Costituzione -  delle libertà di riunione, di associazione e di manifestazione del pensiero, per le quali non è prevista la possibilità per il legislatore ordinario di stabilire limitazioni per alcune categorie di soggetti.

 

 

Il numero 8 contempla anche una disposizione di chiusura sanzionando in via generale le condotte che, pur non previste né prevedibili, possano comunque compromettere in modo grave l'indipendenza, la terzietà, e l'imparzialità (garantite dalla Costituzione) del magistrato.

 

A tale proposito si fa presente che la formulazione letterale della disposizione sopra illustrata, prevede, in riferimento ai comportamenti sanzionabili, la rilevanza anche del semplice "profilo dell'apparenza": andrebbe pertanto meglio precisato il significato di tale espressione.

Inoltre le norme sopra ricordate potrebbero apparire in contrasto con il principio di tassatività che, sia nell'ambito del diritto penale che in quello del diritto amministrativo, richiede l'esatta determinazione della condotta da sanzionare.

Tali norme sembrerebbero inoltre porsi in contraddizione con lo ratio dell'articolo in esame, vale a dire con l'esigenza di tipizzare gli illeciti disciplinari.

 

La lettera e) poi individua gli illeciti disciplinari conseguenti alla commissione di reato. Danno luogo pertanto ad illecito i fatti che, accertati con sentenza penale di condanna irrevocabile o con sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, costituiscono delitto doloso o preterintenzionale ovvero delitto colposo ( in tal caso però devono essere di particolare gravità e ne deve discendere la pena della reclusione o dell’arresto) ( numeri 1, 2, 3). Sono altresì richiamati, al numero 4), gli altri fatti costituenti reato ed idonei a compromettere la credibilità del magistrato.

 

Le lettere f), g), h), i) ed l) provvedono a ridisegnare l’impianto sanzionatorio  introdotto dall’articolo 18 del R.D.Lgs. n. 511/1946, aggiungendo alle sanzioni già esistenti quelle dell’incapacità perpetua o temporanea ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo e della sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni; eliminando la sanzione della destituzione (che si differenziava dalla rimozione per la perdita totale o parziale del trattamento di quiescenza); disciplinando le ipotesi di concorso di più illeciti e soprattutto introducendo il principio della predeterminazione della sanzione in correlazione agli illeciti disciplinari contemplati alle lettere c), d) ed e).

L’ammonimento rimane la sanzione di minor gravità, consiste nel richiamo all’osservanza dei propri doveri ed ha una funzione residuale, applicandosi ai casi non specificamente previsti.

La censura, consistente in un biasimo formale, si applica:

-       ai comportamenti violativi dei doveri di cui alla lettera b)

-       alla consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione

-       alla omissione della comunicazione al C.S.M. della sussistenza di una delle cause di incompatibilità previste dalla legge

-       ai comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei testimoni, dei difensori, dei colleghi

-       al perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia

-       al reiterato o grave ritardo nel compimento di atti relativi all’esercizio delle funzioni

-       alla abituale scarsa laboriosità

-       alla abituale o grave violazione del dovere di riservatezza

-       all’uso della qualità di magistrato per il conseguimento di vantaggi ingiusti, se grave o abituale

-       alla frequentazione o all’intrattenimento di rapporti di affari con persone sottoposte a procedimento penale trattato dal magistrato, condannate per gravi delitti non colposi o dichiarate delinquenti abituali.

La perdita della anzianità per un periodo minimo di due mesi e massimo di due anni è sanzione che deve essere irrogata nei casi di:

-    grave violazione dei doveri di cui alla lettera b)

-    uso della qualità di magistrato per il conseguimento di vantaggi ingiusti, quando esso sia tanto grave quanto abituale.

La incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo può essere inflitta per un periodo compreso tra sei mesi e due anni e si applica nell’ipotesi in cui il magistrato dirigente interferisca in maniera grave o abituale nella attività di altro magistrato.

La sospensione dalle funzioni è volta invece a punire l’accettazione di incarichi extragiudiziali vietati o non autorizzati e comporta l’automatica sospensione dallo stipendio ed il collocamento del magistrato fuori ruolo: in tal caso è corrisposto al soggetto sanzionato un assegno alimentare variabile in base alla classe stipendiale di appartenenza. La rimozione, da irrogarsi con decreto del Presidente della Repubblica, determina la cessazione del rapporto di servizio di colui il quale sia stato interdetto in via perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale ovvero sia stato condannato a pena detentiva non sospesa non inferiore ad un anno. Ad essa può anche conseguire il passaggio del magistrato nella pubblica amministrazione con funzioni amministrative (lettera o) che modifica l’articolo 3 del R.D.Lgs. 511/1946).

 

La possibilità per il magistrato di transitare nei ruoli di altra pubblica amministrazione, era prevista nel testo licenziato dalla Commissione Giustizia del Senato, anche per gli uditori giudiziari che non superassero il periodo di tirocinio. Nel corso dell'esame in Aula tale previsione ,relativamente agli uditori, è stata soppressa, mentre è rimasta, sia per i magistrati che non superino per tre volte consecutive le valutazioni di professionalità (previste alla lettera t) dell'articolo 3), sia per coloro cui sia stata irrogata la sanzione disciplinare della rimozione.

 

Al numero 7 della lettera g) si risolve il problema del concorso di più illeciti: nella eventualità in cui l’incolpato fosse ritenuto responsabile di più infrazioni punite tutte con le sanzioni meno gravi, viene disposto che si applichi altra sanzione più grave anche congiunta con quella meno grave se compatibile.

La lettera m) stabilisce che, nel caso in cui l’incolpato sia condannato con una sanzione più grave dell’ammonimento (ad eccezione evidentemente della rimozione), la sezione disciplinare del C.S.M. ne possa disporre il trasferimento; tale sanzione accessoria poi deve essere in ogni caso applicata quando il magistrato abbia violato i doveri di cui alla lettera b) arrecando un danno o un vantaggio ad una delle parti, non abbia ottemperato al dovere di imparzialità, abbia fatto uso della sua qualità con lo scopo di ottenere vantaggi per sé o altri, sia stato condannato alla sospensione dalle funzioni.

A modifica dell’art.2 del R.D.Lgs. 511/1946, la lettera n) dispone che le norme procedurali che regolano il procedimento disciplinare si applichino anche quando, a causa della impossibilità per il magistrato di svolgere le sue funzioni con piena indipendenza ed imparzialità, egli debba essere trasferito ad altra sede o destinato ad altre funzioni; è fatta tuttavia salva la possibilità di procedere in via cautelare e provvisoria in casi di particolare urgenza.

La lettera p), infine, contiene disposizioni in materia di incompatibilità: a modifica delle vigenti norme dell’ordinamento giudiziario e salvo eccezioni da prevedere specificamente, si stabilisce che il magistrato non possa esercitare le sue funzioni nel medesimo ufficio in cui parenti fino al secondo grado, affini in primo grado, il coniuge o il convivente esercitino la professione di magistrato o di avvocato.

 

Il testo normativo di riferimento, nel sistema attualmente vigente, in materia di illeciti disciplinari, sanzioni e procedimento, è costituito dal R.D. Lgs. 511/1946.

La legge delle guarentigie della magistratura è stata profondamente innovata dalla Costituzione repubblicana, dalla legge istitutiva del C.S.M. (Legge 24 marzo 1958, n. 195) e dal relativo decreto di attuazione (D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916 e succ. mod.)

Il procedimento disciplinare, quindi, è attualmente governato da molteplici fonti normative che rendono sovente non agevole la ricostruzione della regolamentazione della materia che, di conseguenza, non presenta un impianto coerente e razionale.

E’ disciplinarmente sanzionabile il magistrato che manchi ai suoi doveri o tenga, in ufficio o fuori, una condotta tale che lo renda immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere, ovvero che comprometta il prestigio dell’ordine giudiziario. La genericità della norma precettiva attribuisce al giudice disciplinare un’ampia potestà nella concreta individuazione dei fatti riconducibili nell’ambito disciplinarmente rilevante. Di conseguenza al giudice è lasciata anche ampia discrezionalità nella scelta della sanzione tra quelle previste dalla legge: esse sono, in ordine crescente di gravità, l’ammonimento, la censura, la perdita di anzianità da due mesi a due anni, la rimozione, la destituzione nonché la sanzione accessoria del trasferimento d’ufficio che il giudice disciplinare può infliggere quando applica una sanzione più grave dell’ammonimento.

La competenza a conoscere degli illeciti disciplinari dei magistrati è della Sezione disciplinare del C.S.M., mentre la titolarità dell’azione disciplinare (facoltativa) spetta al Ministro della Giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di cassazione nella sua qualità di pubblico Ministero presso la Sezione disciplinare del Consiglio Superiore.

La disciplina delle incompatibilità è contenuta negli articoli 16, 18 e 19 del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario). Si può affermare che, dal punto di vista sostanziale, le singole cause di incompatibilità possono essere distinte tra incompatibilità di funzioni (quelle previste dall’art. 16 e relative ad altri impieghi od uffici pubblici e privti, industrie, commerci, libere professioni), incompatibilità di sede per vincoli di parentela o affinità con magistrati della stessa sede (art. 19).

Per quanto riguarda gli incarichi extragiudiziari l’art. 16 si limita a disporre che i magistrati non possono accettarne senza autorizzazione del C.S.M.. Si ricorda che nel corso della XII legislatura è stata introdotta dall’art. 1 della L. 27 ottobre 1995, n. 437 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 agosto 1995, n. 361, recante differimento di termini previsti da disposizioni legislative in materia di interventi concernenti la pubblica amministrazione) una norma concernente la individuazione delle attività extragiudiziarie non istituzionali dei magistrati: tale individuazione avrebbe dovuto essere effettuata con regolamento governativo che tuttavia no è mai stato emanato.

 

 



 

Art. 8.
(Norme in materia di procedura per l'applicazione delle sanzioni disciplinari).

 

 

 


1. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene, per quel che riguarda la procedura per l'applicazione delle sanzioni disciplinari, ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) prevedere che le funzioni di pubblico ministero nel procedimento disciplinare siano esercitate dal procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto, e che all'attività di indagine relativa al procedimento disciplinare proceda il pubblico ministero;

 

b) stabilire che:

 

1) l'azione disciplinare sia promossa entro un anno dalla notizia del fatto, acquisita a seguito di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata;

 

2) entro un anno dall'inizio del procedimento debba essere richiesta l'emissione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare; entro un anno dalla richiesta debba pronunciarsi la sezione disciplinare. Se la sentenza è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia nel giudizio di rinvio è di sei mesi e decorre dalla data in cui vengono restituiti dalla Corte di cassazione gli atti del procedimento. Se i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre che l'incolpato vi consenta;

3) il corso dei termini sia sospeso:

 

3 .1) se per il medesimo fatto è iniziato il procedimento penale, riprendendo a decorrere dalla data in cui non è più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna;

 

3.2) se durante il procedimento disciplinare viene sollevata questione di legittimità costituzionale, riprendendo a decorrere dal giorno in cui è pubblicata la decisione della Corte costituzionale;

 

3.3) se l'incolpato è sottoposto a perizia o ad accertamenti specialistici, e per tutto il tempo necessario;

 

3.4) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell'incolpato o del suo difensore o per impedimento dell'incolpato o del suo difensore;

 

c) prevedere che:

 

1) il Ministro della giustizia abbia facoltà di promuovere l'azione disciplinare mediante richiesta di indagini al procuratore generale presso la Corte di cassazione. Dell'iniziativa il Ministro dà comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede;

 

2) l'azione disciplinare possa essere promossa anche dal procuratore generale presso la Corte di cassazione il quale ne dà comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. Il Ministro della giustizia, se ritiene che l'azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta al procuratore generale, ed analoga richiesta può fare nel corso delle indagini;

 

3) il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici debbano comunicare al Ministro della giustizia e al procuratore generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di collegio debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l'attività dei magistrati della sezione o del collegio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare;

 

4) la richiesta di indagini rivolta dal Ministro della giustizia al procuratore generale o la comunicazione da quest'ultimo data al Consiglio superiore della magistratura ai sensi del numero 2) determinino a tutti gli effetti l'inizio del procedimento;

 

5) il procuratore generale presso la Corte di cassazione possa contestare fatti nuovi nel corso delle indagini, anche se l'azione è stata promossa dal Ministro della giustizia, salva la facoltà del Ministro di cui al numero 2), ultimo periodo;.

 

d) stabilire che:

 

1) dell'inizio del procedimento debba essere data comunicazione entro trenta giorni all'incolpato con l'indicazione del fatto che gli viene addebitato; analoga comunicazione debba essere data per le ulteriori contestazioni di cui al numero 5) della lettera c). L'incolpato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato, designati in qualunque momento dopo la comunicazione dell'addebito, nonché, se del caso, da un consulente tecnico;

 

2) gli atti di indagine non preceduti dalla comunicazione all'incolpato o dall'avviso al difensore, se già designato, siano nulli, ma la nullità non possa essere più rilevata quando non è dedotta con dichiarazione scritta e motivata nel termine di dieci giorni dalla data in cui l'interessato ha avuto conoscenza del contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare;

 

3) per l'attività di indagine si osservino, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale, eccezione fatta per quelle che comportano l'esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell'imputato, delle persone informate sui fatti, dei periti e degli interpreti. Alle persone informate sui fatti, ai periti e interpreti si  applicano le disposizioni degli articoli 366, 371-bis, 371-ter, 373, 376, 377 e 384 del codice penale;

 

4) per gli atti da compiersi fuori dal suo ufficio, il pubblico ministero possa richiedere altro magistrato in servizio presso la procura generale della corte d'appello nel cui distretto l'atto deve essere compiuto;

 

5) al termine delle indagini, il procuratore generale con le richieste conclusive di cui alla lettera e) invii alla sezione disciplinare il fascicolo del procedimento e ne dia comunicazione all'incolpato; il fascicolo sia depositato nella segreteria della sezione a disposizione dell'incolpato, con facoltà di prenderne visione e di estrarre copia degli atti;

 

e) prevedere che:

 

1) il procuratore generale presso la Corte di cassazione, al termine delle indagini, se non ritiene di dover chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formuli l'incolpazione e chieda al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, con invio di copia dell'atto;

 

2) il Ministro della giustizia, entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione, possa chiedere l'integrazione e, nel caso di azione disciplinare da lui promossa, la modificazione della contestazione, cui provvede il procuratore generale presso la Corte di cassazione;

 

3) il presidente della sezione disciplinare fissi, con suo decreto, il giorno della discussione orale, con avviso ai testimoni e ai periti;

 

4) il decreto di cui al numero 3) sia comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata per la discussione orale, al pubblico ministero e all'incolpato nonché al difensore di quest'ultimo se già designato;

 

5) nel caso in cui il procuratore generale ritenga che si debba escludere l'addebito, faccia richiesta motivata alla sezione disciplinare per la declaratoria di non luogo a procedere. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, con invio di copia dell'atto;

 

6) il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 5), possa richiedere copia degli atti del procedimento e, nei venti giorni successivi alla ricezione degli stessi, possa richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale, formulando l'incolpazione;

7) decorsi i termini di cui al numero 6), sulla richiesta di non luogo a procedere la sezione disciplinare decida in camera di consiglio. Se rigetta la richiesta, provvede nei modi previsti dai numeri 3) e 4). Sulla richiesta del Ministro della giustizia di fissazione della discussione orale, si provvede nei modi previsti nei numeri 3) e 4) e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate dal procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto;

 

f) prevedere che:

 

1) nella discussione orale un componente della sezione disciplinare nominato dal presidente svolga la relazione;

 

2) l'udienza sia pubblica; tuttavia la sezione disciplinare, su richiesta di una delle parti, possa comunque disporre che la discussione non sia pubblica se ricorrono esigenze di tutela della credibilità della funzione giudiziaria, con riferimento ai fatti contestati ed all'ufficio che l'incolpato occupa, ovvero esigenze di tutela del diritto dei terzi;

 

3) la sezione disciplinare possa assumere anche d'ufficio tutte le prove che ritiene utili, possa disporre o consentire la lettura di rapporti dell'Ispettorato generale del Ministero della giustizia, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici, la lettura di atti dei fascicoli personali nonché delle prove acquisite nel corso delle indagini; possa consentire l'esibizione di documenti da parte del pubblico ministero e dell'incolpato. Si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale sul dibattimento, eccezione fatta per quelle che comportano l'esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell'imputato, dei testimoni, dei periti e degli interpreti. Ai testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni di cui agli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale;

 

4) la sezione disciplinare deliberi immediatamente dopo l'assunzione delle prove, le conclusioni del pubblico ministero e la difesa dell'incolpato; questi debba essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio;

 

5) se non è raggiunta prova sufficiente dell'addebito, la sezione disciplinare ne dichiari esclusa la sussistenza;

 

6) i motivi della sentenza siano depositati nella segreteria della sezione disciplinare entro trenta giorni dalla deliberazione;

 

7) dei provvedimenti adottati dalla sezione disciplinare sia data comunicazione al Ministro della giustizia con invio di copia integrale, anche ai fini della decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione. Il Ministro può richiedere copia degli atti del procedimento;

 

g) stabilire che:

1) l'azione disciplinare sia promossa indipendentemente dall'azione civile di risarcimento del danno o dall'azione penale relativa allo stesso fatto, fermo restando quanto previsto dal numero 3) della lettera b);

 

2) abbiano autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare la sentenza penale irrevocabile di condanna, quella prevista dall'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, che è equiparata alla sentenza di condanna, e quella irrevocabile di assoluzione pronunciata perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso;

 

h) prevedere che:

 

1) a richiesta del Ministro della giustizia o del procuratore generale presso la Corte di cassazione, la sezione disciplinare sospenda dalle funzioni e dallo stipendio e collochi fuori dal ruolo organico della magistratura il magistrato, sottoposto a procedimento penale, nei cui confronti sia stata adottata una misura cautelare personale;

 

2) la sospensione permanga sino alla sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione o alla sentenza irrevocabile di proscioglimento; la sospensione debba essere revocata, anche d'ufficio, dalla sezione disciplinare, allorché la misura cautelare è revocata per carenza di gravi indizi di colpevolezza; la sospensione possa essere revocata, anche d'ufficio, negli altri casi di revoca o di cessazione degli effetti della misura cautelare;

 

3) al magistrato sospeso sia corrisposto un assegno alimentare nella misura indicata nel secondo periodo del numero 5) della lettera g) del comma 1 dell'articolo 7;

 

4) il magistrato riacquisti il diritto agli stipendi e alle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, se è prosciolto con sentenza irrevocabile ai sensi dell'articolo 530 del codice di procedura penale. Tale disposizione si applica anche se è pronunciata nei suoi confronti sentenza di proscioglimento per ragioni diverse o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione, qualora, essendo stato il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare, lo stesso si sia concluso con la pronuncia indicata nel numero 3) della lettera m);

 

i) prevedere che:

1) quando il magistrato è sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva, o quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare che, per la loro gravità, siano incompatibili con l'esercizio delle funzioni, il Ministro della giustizia o il procuratore generale presso la Corte di cassazione possano chiedere la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio, e il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura, anche prima dell'inizio del procedimento disciplinare;

 

2) la sezione disciplinare convochi il magistrato con un preavviso di almeno tre giorni e provveda dopo aver sentito l'interessato o dopo aver constatato la sua mancata presentazione. Il magistrato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato anche nel corso del procedimento di sospensione cautelare;

 

3) la sospensione possa essere revocata dalla sezione disciplinare in qualsiasi momento, anche d'ufficio;

 

4) si applichino le disposizioni di cui alla lettera h), numeri 3) e 4).

 

l) prevedere che:

 

1) contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) e contro le sentenze della sezione disciplinare, l'incolpato, il Ministro della giustizia e il procuratore generale presso la Corte di cassazione possano proporre ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale. Nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato;

 

2) la Corte di cassazione decida a sezioni unite penali, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso;

 

m) prevedere che:

 

1) il magistrato sottoposto a procedimento penale e cautelarmente sospeso abbia diritto ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore qualora sia prosciolto con sentenza irrevocabile ovvero sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione. Se il posto prima occupato non è vacante, ha diritto di scelta fra quelli disponibili, ed entro un anno può chiedere l'assegnazione ad ufficio analogo a quello originariamente ricoperto, con precedenza rispetto ad altri eventuali concorrenti;

 

2) la sospensione cautelare cessi di diritto quando diviene definitiva la pronuncia della sezione disciplinare che conclude il procedimento;

 

3) se è pronunciata sentenza di non luogo a procedere o se l'incolpato è assolto o condannato ad una sanzione diversa dalla rimozione o dalla sospensione dalle funzioni per un tempo pari o superiore alla durata della sospensione cautelare eventualmente disposta, siano corrisposti gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme già riscosse per assegno alimentare;

 

n) prevedere che:

 

1) in ogni tempo sia ammessa la revisione delle sentenze divenute irrevocabili, con le quali è stata applicata una sanzione disciplinare, quando:

 

1.1) i fatti posti a fondamento della sentenza risultano incompatibili con quelli accertati in una sentenza penale irrevocabile ovvero in una sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione;

 

1.2) sono sopravvenuti o si scoprono, dopo la decisione, nuovi elementi di prova, che, soli o uniti a quelli già esaminati nel procedimento disciplinare, dimostrano l'insussistenza dell'illecito;

 

1.3) il giudizio di responsabilità e l'applicazione della relativa sanzione sono stati determinati da falsità ovvero da altro reato accertato con sentenza irrevocabile;

 

2) gli elementi in base ai quali si chiede la revisione debbano, a pena di inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare che, se accertati, debba essere escluso l'addebito o debba essere applicata una sanzione diversa da quella inflitta se trattasi della rimozione, ovvero se dalla sanzione applicata è conseguito il trasferimento d'ufficio;

3) la revisione possa essere chiesta dal magistrato al quale è stata applicata la sanzione disciplinare o, in caso di morte o di sopravvenuta incapacità di questi, da un suo prossimo congiunto che vi abbia interesse anche soltanto morale;

 

4) l'istanza di revisione sia proposta personalmente o per mezzo di procuratore speciale. Essa deve contenere, a pena di inammissibilità, l'indicazione specifica delle ragioni e dei mezzi di prova che la giustificano e deve essere presentata, unitamente ad eventuali atti e documenti, alla segreteria della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura;

 

5) nei casi previsti dai numeri 1.1) e 1.3), all'istanza debba essere unita copia autentica della sentenza penale;

 

6) la revisione possa essere chiesta anche dal Ministro della giustizia e dal procuratore generale presso la Corte di cassazione, alle condizioni di cui ai numeri 1) e 2) e con le modalità di cui ai numeri 4) e 5);

 

7) la sezione disciplinare acquisisca gli atti del procedimento disciplinare e, sentiti il Ministro della giustizia, il procuratore generale presso la Corte di cassazione, l'istante ed il suo difensore, dichiari inammissibile l'istanza di revisione se proposta fuori dai casi di cui al numero 2), o senza l'osservanza delle disposizioni di cui al numero 4) ovvero se risulta manifestamente infondata; altrimenti, disponga il procedersi al giudizio di revisione, al quale si applicano le norme stabilite per il procedimento disciplinare;

 

8) contro la decisione che dichiara inammissibile l'istanza di revisione sia ammesso ricorso alle sezioni unite penali della Corte di cassazione;

 

9) in caso di accoglimento dell'istanza di revisione la sezione disciplinare revochi la precedente decisione;

 

10) il magistrato assolto con decisione irrevocabile a seguito di giudizio di revisione abbia diritto alla integrale ricostruzione della carriera nonché a percepire gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, rivalutati in base alla variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati;

 

o) prevedere che il procuratore generale presso la Corte di cassazione debba promuovere l'azione disciplinare:

 

1) nei casi previsti dall'articolo 7, comma 1, lettera c), numero 1), ad esclusione dell'ultimo periodo, numero 2), ad esclusione dell'ultimo periodo, numero 3), ad esclusione dell'ultimo periodo, numero 4), ad esclusione dell'ultimo periodo, nonché numeri 5), 6), 7) e 8);

2) nei casi previsti dall'articolo 7, comma 1, lettera d), numero 3), e numero 6) limitatamente all'ipotesi della partecipazione ad associazioni segrete;

 

3) nei casi previsti dall'articolo 7, comma 1, lettera e), numero 1);

 

4) nei casi previsti dall'articolo 9 della legge 23 aprile 1988, n. 117, per quanto non stabilito nei precedenti numeri 1), 2) e 3).

 


 


 

 

 

Nel corso dell'esame del disegno di legge presso l'assemblea del Senato, a seguito dell'approvazione di un emendamento del relatore, è stato inserito nel provvedimento l'articolo 8, disciplinante la procedura per l'applicazione delle sanzioni disciplinari ai magistrati.

 

Attualmente, ai sensi degli articoli 27 e seguenti del R.D. n. 511 del 1946, il procedimento disciplinare nei confronti del magistrato è promosso ad iniziativa del Ministro della giustizia, mediante richiesta al Procuratore generale della Corte di cassazione. Il Ministro, in tal modo, esercita la «facoltà» che l’art. 107 della Costituzione gli attribuisce.

L’azione disciplinare può essere promossa, peraltro, autonomamente, dal Procuratore generale della cassazione, nella sua qualità di pubblico Ministero presso la sezione disciplinare.

È in ogni caso il Procuratore generale che prosegue l’azione, richiedendo alla Sezione disciplinare del C.S.M. l’istruzione formale o comunicando alla stessa Sezione che procede con istruzione sommaria. L’istruttoria, pertanto, può essere svolta dal Procuratore generale della cassazione, quando procede con il rito sommario, ovvero da un componente della Sezione disciplinare, quando si procede con il rito formale.

Nella fase predisciplinare, di fondamentale rilievo è il ruolo che può assumere l’Ispettorato generale presso il Ministero della giustizia (cfr. l. 12 agosto 1962, n. 1311), cui il Ministro può delegare l’acquisizione delle informazioni necessarie ai fini di una consapevole determinazione sull’azione disciplinare.

Il procedimento disciplinare assume carattere giurisdizionale ed è regolato, sino alla pronuncia del giudice disciplinare, dalle norme del codice di procedura penale del 1930, integrate dalle specifiche disposizioni del procedimento disciplinare.

Il procedimento disciplinare, a garanzia dell’interessato, deve essere comunque iniziato entro e non oltre un anno dal giorno in cui i titolari dell’azione disciplinare hanno avuto notizia del fatto che forma oggetto dell’addebito.

Giudice disciplinare è un organo collegiale, la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura (cfr. art. 4 l. 24 marzo 1958, n. 195), composta da sei membri:

-          il Vice Presidente, che è componente di diritto e la presiede;

-          cinque componenti eletti dal C.S.M. tra i propri membri, dei quali un componente laico, un magistrato di cassazione con effettive funzioni di legittimità, due magistrati con funzioni giudicanti, un magistrato con funzioni requirenti.

Il Capo dello Stato, quale Presidente del C.S.M., può avvalersi della facoltà di presiedere la Sezione disciplinare e, in tal caso, il Vice Presidente resta escluso dal collegio.

Nel procedimento disciplinare è riconosciuto al magistrato incolpato il diritto all’autodifesa. Nell’originario assetto normativo l’incolpato poteva comunque farsi difendere anche da altro magistrato con qualifica non inferiore a magistrato d’appello; era invece esclusa la difesa a mezzo di difensori del libero foro (art. 34 r.d.lgs. n. 511/46). Sul punto è intervenuta la Corte costituzionale eliminando tale limite nella facoltà di scelta del difensore (Corte cost., sent. 13 novembre 2000, n. 497).

Durante l’istruttoria o il giudizio, su richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale, la Sezione disciplinare può sospendere il magistrato incolpato dalle funzioni e dallo stipendio. La sospensione è obbligatoria nel caso in cui il magistrato sia stato arrestato (cfr. artt. 30 ss. r.d.lgs. n. 511/46).

Avverso le decisioni della Sezione disciplinare è ammesso ricorso alle Sezioni unite civili della Corte di cassazione, da parte del Ministro della giustizia, del Procuratore generale della Corte di cassazione e del magistrato condannato.

 

La disposizione introdotta dal Senato, nei 13 punti (lettere a-o) in cui si articola, detta principi e criteri relativi a diversi aspetti del procedimento disciplinare a carico del magistrato, e dei rapporti dello stesso con il procedimento penale nel quale quest'ultimo fosse eventualmente coinvolto.

Si procederà pertanto ad un'esposizione sintetica delle principali linee di tale intervento:

 

·           le funzioni di pubblico Ministero nel procedimento disciplinare dovranno essere esercitate dal procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un sostituto, salvo i casi di decisione in camera di consiglio sulla richiesta di non luogo a procedere (cfr. ultra n. 7 lettera e); spetterà a tale pubblico Ministero svolgere le attività di indagine (lettera a);

 

·           il procedimento dovrà rispettare i seguenti termini, pena l’estinzione del procedimento stesso (lettera b):

-     l’azione deve essere promossa entro un anno dalla notizia del fatto;

-     la richiesta del decreto di fissazione della discussione orale davanti alla sezione disciplinare deve essere presentata entro un anno dall’inizio del procedimento;

-     la sezione disciplinare si deve pronunciare entro un anno dalla richiesta;

-     il giudice di rinvio deve pronunciarsi entro sei mesi dalla trasmissione degli atti dalla Cassazione, in caso di sentenza annullata con rinvio.

Viene anche prevista una sospensione del corso dei termini sopracitati in una serie di ipotesi espressamente stabilite (inizio di un procedimento penale per gli stessi fatti; questione di legittimità costituzionale sollevata nel corso del procedimento; sottoposizione dell'incolpato a perizia od accertamenti; rinvio del procedimento disciplinare su richiesta o per impedimento dell'incolpato o del suo difensore) con la definizione anche della ripresa della loro decorrenza.

 

·       Il potere di promuovere l'azione (lettera c) è attribuito:

-       al Ministro della giustizia, mediante richiesta di indagini al procuratore generale presso la Corte di cassazione, momento da cui decorre l'inizio del procedimento, salvo comunicazione al CSM; spetta in ogni caso al procuratore generale la facoltà di contestare fatti nuovi nel corso dell'indagine.

-       al procuratore generale presso la Corte di cassazione che ne dà comunicazione al CSM, momento da cui decorre, in questo caso, l'inizio del procedimento, e al Ministro; quest'ultimo, anche nel corso delle indagini, potrà richiedere al P.G. di estendere a fatti ulteriori l'azione disciplinare;

Funzionali alla promozione dell'azione disciplinare risultano poi essere gli obblighi di comunicazione di fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare al Ministro della giustizia e al procuratore generale presso la Corte di cassazione da parte del CSM, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici, nonché quelli di comunicazione dei medesimi fatti ai dirigenti degli uffici da parte dei presidenti di sezione e di collegio.

 

·       In base alla lettera d) il legislatore delegato dovrà disciplinare i seguenti adempimenti attinenti alla fase delle indagini preliminari:

-          la comunicazione circa l'inizio del procedimento all'incolpato - e al procuratore generale presso la Corte di cassazione per le eventuali contestazioni di fatti nuovi - o ai suoi difensori, dovrà essere data entro trenta giorni; conseguente a tale disposizione è la sanzione della nullità degli atti di indagine che non siano stati eventualmente preceduti dalla comunicazione, salva la previsione di particolari limiti temporali e procedurali per la deduzione della nullità medesima;

-          dovrà prevedere l'osservanza, in quanto compatibili, delle norme del codice di procedura penale, salve alcune eccezioni espressamente stabilite (n. 3);

-          l'invio da parte del p.g., al termine delle indagini, del fascicolo del procedimento con le richieste conclusive alla sezione disciplinare. Di tale invio dovrà essere data comunicazione all'incolpato, al quale sarà comunque garantita la possibilità di prendere visione del fascicolo ed estrarne copia.

 

·       La lettera e) detta principi relativi agli adempimenti da osservarsi in relazione alla fase della formulazione dell'incolpazione e a quella immediatamente successiva:

-          nel caso di formulazione dell'incolpazione da parte del procuratore generale - se egli non ritiene di dover chiedere la declaratoria di non luogo a procedere – la richiesta di fissazione dell'udienza di discussione dovrà essere presentata al presidente della sezione disciplinare e comunicata anche al Ministro;

-          il Ministro potrà chiedere, entro venti giorni, l'integrazione o la modifica della contestazione;

-          il giorno della discussione orale sarà fissato con decreto del presidente della sezione disciplinare, comunicato all'incolpato, al suo difensore e al PM;

-          nel caso in cui il procuratore generale ritenga di escludere l’addebito, dovrà richiedere alla sezione disciplinare la declaratoria di non luogo che sarà, al pari dell’eventuale richiesta di fissazione dell’udienza, comunicata al Ministro;

-          il Ministro potrà chiedere, previo esame degli atti, entro un dato termine, al presidente della sezione la fissazione dell'udienza di discussione formulando l'incolpazione; la sezione disciplinare deciderà il ricorso in camera di consiglio.

 

·       La lettera f) detta invece principi relativi alla disciplina dell'udienza e alla deliberazione della sentenza da parte della sezione disciplinare, con i connessi principi della pubblicità dell'udienza (salvo che ricorrano particolari esigenze di segretezza), dell'assunzione anche d'ufficio da parte della sezione di tutti i mezzi di prova ritenuti utili, con l'osservanza, in quanto compatibili, e salvo eccezioni predeterminate (cfr. n. 3) delle norme del codice di procedura penale, della deliberazione immediata della sentenza in camera di consiglio, del deposito dei motivi della stessa nella segreteria della sezione, della comunicazione al Ministro della sentenza medesima.

 

·       L'autonomia dell'azione disciplinare sia dall'azione civile di risarcimento del danno che da quella penale, nonché l'autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare della sentenza penale irrevocabile di condanna - anche a seguito di patteggiamento - o di assoluzione sono i principi affermati dalla successiva lettera g).

 

·       La lettera h) detta principi e criteri direttivi relativi all’eventuale sospensione del magistrato sottoposto a procedimento penale, al quale sia stata applicata una misura cautelare. In particolare:

-          se nei confronti del magistrato è stata adottata una misura cautelare, dietro richiesta del Ministro o del procuratore generale, la sezione disciplinare può disporre la sospensione dalle funzioni e dallo stipendio, e la collocazione fuori ruolo; al magistrato sarà corrisposto solo un assegno alimentare (v. sopra, art. 7, lett. g), n. 5);

-          la sospensione verrà revocata in caso di sentenza di non luogo a procedere non più impugnabile; sentenza irrevocabile di proscioglimento; revoca o cessazione degli effetti della misura cautelare (se la misura cautelare è revocata per mancanza di gravi indizi di colpevolezza, deve essere revocata anche la sospensione; in tutti gli altri casi la sospensione può essere revocata dalla sezione disciplinare);

-          in caso di sentenza irrevocabile di proscioglimento del magistrato, pronunciata  ai sensi dell’articolo 530 c.p.p. (perché il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile), egli riacquista il diritto agli stipendi e alle competenze non percepite. Lo stesso esito si avrà in caso di provvedimento di proscioglimento o di non luogo a prevede per altre ragioni, se il procedimento disciplinare si è concluso con analoga sentenza di non luogo a procedere, di assoluzione o anche con una condanna a sanzione diversa dalla rimozione o dalla sospensione delle funzioni per un periodo pari o superiore alla durata della sospensione cautelare.
La lettera m) aggiunge che all’atto della reintegrazione del magistrato, se il posto prima occupato non è più disponibile, egli potrà scegliere fra i posti vacanti e, entro un anno, potrà chiedere l’assegnazione ad un ufficio analogo a quello ricoperto originariamente, con precedenza rispetto agli altri concorrenti.

 

·       Anche in assenza di misura cautelare, il Ministro e il procuratore generale possono chiedere la sospensione dalle funzioni del magistrato sottoposto a procedimento penale per un delitto non colposo punibile, anche in via alternativa con pena detentiva (lettera i). Il magistrato sarà conseguentemente convocato dalla sezione disciplinare e potrà farsi assistere da un avvocato o da un altro magistrato. La misura della sospensione – eventualmente disposta[21] – potrà essere revocata dalla sezione disciplinare in qualsiasi momento e anche d’ufficio. La misura sarà inoltre revocata nelle stesse ipotesi previste dalla lettera prevedente.

 

·       La lettera l) detta principi e criteri direttivi in tema di impugnazione dei provvedimenti emessi dalla sezione disciplinare e dispone che l’incolpato, il Ministro e il procuratore generale possano proporre ricorso per Cassazione nelle forme previste dal codice di procedura penale. Si dovranno pronunciare le Sezioni unite penali (oggi la competenza è della Cassazione civile) entro 6 mesi dal ricorso.

 

·       Se la lettera m) disciplina le conseguenze della cessazione della misura di sospensione del magistrato dall’ufficio (v. sopra), la successiva lettera n) consente in ogni tempo la revisione delle sentenze che hanno disposto una sanzione disciplinare, purché:

-          a) risultino incompatibili i fatti posti a fondamento della sentenza disciplinare con i fatti accertati in una sentenza penale irrevocabile, o in una sentenza di non luogo a procedere non impugnabile;

-          b) emergano nuovi elementi di prova;

-          c) il giudizio disciplinare sia stato determinato da falsità o da altro reato accertato.

In tutti questi casi – se gli elementi presentati sono idonei a dimostrare l’esclusione dell’addebito ovvero la possibilità di applicare una sanzione disciplinare diversa – l’istanza di revisione deve essere presentata dal magistrato (o, in caso di morte o di sopraggiunta incapacità, da un prossimo congiunto “che vi abbia interesse anche soltanto morale”), personalmente o attraverso un procuratore speciale, alla segreteria della Sezione disciplinare del C.S.M. Possono inoltre presentare l’istanza anche il Ministro e il procuratore generale presso la Corte di cassazione.

Al giudizio di revisione si applicano le norme dettate per il giudizio disciplinare e contro la decisione che dichiara inammissibile l’istanza di revisione è ammesso ricorso alle Sezioni unite. Se l’istanza di revisione viene accolta il magistrato ha diritto alla ricostruzione della carriera, e a tutte le competenze non percepite.

 

·       La lettera o) definisce tutte le ipotesi in cui il procuratore generale della Cassazione deve promuovere l’azione disciplinare. Si tratta di perseguire i seguenti illeciti disciplinari:

 

-          fattispecie tipizzate previste dall’articolo 7, comma 1, lettera c), nn. da 1 a 8, commesse nell’esercizio delle funzioni;

 

Si tratta dei comportamenti che arrecano illegittimo danno o vantaggio ad una delle parti; l’omissione della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell’Ordinamento giudiziario; la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge; i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con l’ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori; l’ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altro magistrato, attuata mediante l’esercizio delle funzioni; la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile; il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile; il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia; l’emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge; l’adozione di provvedimenti non consentiti dalla legge che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali; la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi competenti; l’indebito affidamento ad altri del proprio lavoro; l’inosservanza dell’obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l’ufficio, se manca l’autorizzazione prevista dalle norme vigenti, e ne sia derivato concreto pregiudizio all’adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità; il reiterato, grave o ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni; il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato al lavoro giudiziario, compresa l’assegnazione a sé medesimo e la redazione dei provvedimenti, da parte del dirigente l’ufficio o del presidente di una sezione o del presidente di un collegio; l’inosservanza dell’obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione dell’organo competente; i comportamenti che determinano la divulgazione di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonché la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere diritti altrui; il tenere rapporti con gli organi di informazione al di fuori delle modalità previste dall’articolo 5, comma 1, lettera e); l’adozione intenzionale di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo; l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell’ufficio, della sezione o del collegio; l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell’Ordinamento giudiziario, ovvero delle situazioni che possono dar luogo all’adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificati ai sensi delle lettere n) e o);

 

-          fattispecie tipizzate previste dall’articolo 7, comma 1, lettera d), nn. 3 e 5, commesse al di fuori dell’esercizio delle funzioni;

 

Si tratta dell’assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione dell’organo competente e della partecipazione ad associazioni segrete;

 

-          fattispecie tipizzate previste dall’articolo 7, comma 1, lettera e), n. 1;

 

Si tratta dei fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, c.p.p., per delitto doloso o preterintenzionale, quando la legge stabilisce la pena detentiva sola o congiunta alla pena pecuniaria;

 

-          fattispecie previste dall’articolo 9 della legge n. 117 del 1988, e dunque comportamenti che abbiano dato causa all’azione di risarcimento prevista dalla disciplina sul risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati.

 

 


 


 


Art. 9.
(Istituzione in via sperimentale dell'ufficio del giudice).

 

 

 


1. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 2, il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) prevedere che l'ausiliario del giudice, sotto la diretta responsabilità del magistrato cui è assegnato e in rapporto fiduciario con il medesimo:

 

1) svolga attività di ricerca della dottrina e dei precedenti giurisprudenziali, anche di merito;

 

2) presti assistenza al magistrato nell'organizzarne l'attività in vista dell'udienza e nel coordinamento degli adempimenti istruttori;

 

3) abbia la facoltà di presenziare all'udienza e di esaminare gli atti;

 

4) collabori all'espletamento degli adempimenti che  incombono al giudice, successivi alla pronuncia della sentenza;

 

5) collabori con il giudice, svolgendo le attività da questi richieste, al fine di procurare, in via generale, che egli sia alleviato da tutti gli incombenti che non riguardino lo stretto esercizio della funzione giurisdizionale;

 

b) fermo restando quanto previsto alla lettera a), escludere che l'attività dell'ausiliario possa includere compiti che rientrino nelle attribuzioni di altri uffici;

 

c) prevedere che l'organico degli ausiliari del giudice sia stabilito in 2.250 unità;

 

d) prevedere che l'assegnazione degli ausiliari sia distribuita fra gli uffici giudiziari in proporzione all'organico dei magistrati di ciascun distretto di corte d'appello e che l'assegnazione dei medesimi fra i magistrati del distretto avvenga sulla base delle determinazioni del presidente della corte d'appello, sentito il consiglio giudiziario;

 

e) prevedere che l'ausiliario sia assegnato, a cura dei soggetti di cui alla lettera d), sulla base dei carichi di lavoro e delle altre oggettive esigenze dell'ufficio, ai soli magistrati che ne fanno espressa richiesta;

 

f) prevedere che l'incarico di ausiliario del giudice abbia durata biennale e sia rinnovabile per una sola volta;

 

g) prevedere che la stipulazione dei contratti per l'assunzione e la gestione amministrativa degli ausiliari del giudice sia svolta dai presidenti di corte d'appello di ciascun distretto; stabilire inoltre che i presidenti di corte d'appello possano, agli stessi effetti, delegare un altro magistrato componente del consiglio giudiziario;

 

h) prevedere che gli ausiliari del giudice siano scelti fra coloro che hanno conseguito, con una votazione non inferiore a 108/110, la laurea specialistica per la classe delle scienze giuridiche sulla base degli ordinamenti didattici adottati in esecuzione del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509;

 

i) prevedere che i presidenti delle corti d'appello provvedano, mediante affissione nell'albo pretorio ed ogni altra forma di pubblicità ritenuta idonea, anche avvalendosi della collaborazione delle facoltà di giurisprudenza delle università e delle altre strutture di formazione giuridica, a dare avviso agli interessati della possibilità di presentare domanda per l'assunzione come ausiliari del giudice; le domande devono pervenire entro sessanta giorni dalla pubblicazione dell'avviso; i presidenti delle corti d'appello deliberano quindi le assunzioni e stipulano i relativi contratti, valutando a tal fine come titoli preferenziali:

 

1) la votazione con cui è stata conseguita la laurea e la media dei voti ottenuti negli esami universitari;

 

2) il conseguimento di lauree in altre discipline;

 

3) le pubblicazioni prodotte dall'interessato al momento della presentazione della domanda;

 

4) la compiuta conoscenza di una o più lingue straniere;

 

5) la conoscenza delle tecnologie informatiche e delle modalità di funzionamento di strumenti informatici e telematici;

 

6) l'aver eventualmente svolto la pratica forense o conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni;

7) l'aver conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162;

 

l) prevedere che lo svolgimento delle funzioni di ausiliario del giudice sia equiparato, ad ogni effetto di legge, allo svolgimento della pratica forense e al conseguimento del diploma rilasciato dalle scuole di specializzazione di cui alla lettera i), numero 6), nonché costituisca titolo preferenziale per l'accesso alle funzioni giudiziarie onorarie;

 

m) prevedere le caratteristiche di atipicità dei contratti di cui alla lettera g), anche in relazione alla loro durata massima, alla loro non rinnovabilità oltre la prima volta, all'orario di lavoro, alla trasferibilità da un ufficio all'altro con attribuzione della relativa facoltà ai soggetti di cui alla medesima lettera g), al vincolo di segretezza in relazione agli atti conosciuti e alle notizie apprese nel corso dello svolgimento dell'attività, alle condizioni di risoluzione o di recesso dai contratti stessi;

 

n) prevedere, anche mediante attribuzione al Ministro della giustizia dell'obbligo di provvedervi con proprio decreto, che i criteri di valutazione dei titoli preferenziali, a parità dei quali vigerà il principio della priorità della domanda, siano definiti preventivamente in via generale;

 

o) prevedere che i contratti di cui alla lettera g) contemplino la previsione di una retribuzione annua articolata su tredici mensilità ciascuna di importo pari a euro 1.032, al netto delle imposte e degli oneri previdenziali, e che la stessa non sia soggetta a scatti in relazione all'anzianità per l'intera durata dei contratti stessi, ma solo a rivalutazione su base annua in misura pari alla variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati; prevedere che gli stessi contratti contemplino altresì la corresponsione di un trattamento di fine rapporto.

2. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede mediante l'istituzione di una imposta pari al 3 per cento della massa attiva risultante dalle procedure concorsuali chiuse nell'anno.

3. La somma derivante dal gettito dell'imposta di cui al comma 2, versata all'entrata del bilancio dello Stato, è riassegnata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia.

4. Le disposizioni dei commi 2 e 3 acquistano efficacia contestualmente al decreto legislativo di cui al comma 2 dell'articolo 1 e cessano di avere efficacia allo scadere del periodo sperimentale ivi previsto.


 

 

 

L’articolo 9 detta i principi e i criteri direttivi ai quali il Governo deve attenersi nell’istituire in via sperimentale, come previsto dall’articolo 2-bis, la figura dell’ausiliario del giudice.

La previsione normativa tocca più aspetti, in particolare quelli relativi alle funzioni e ai compiti dell’ausiliario, alle sue modalità di reclutamento e di assegnazione agli uffici giudiziari, alla disciplina del rapporto lavorativo.

 

All’ausiliario sono riservati specifici compiti (lettera a) che egli svolge sotto la diretta responsabilità del magistrato cui è assegnato. Essi sono individuati al fine di alleviare il magistrato da tutte quelle incombenze che non riguardino lo stretto esercizio della funzione giurisdizionale e quindi con lo scopo, più ampio, di garantire l’effettività del principio costituzionale della ragionevole durata dei processi (art.111 Cost.). Si fa pertanto riferimento, sia alla attività propedeutica allo svolgimento dell’udienza (ricerche di dottrina e giurisprudenza), che a quella successiva (adempimenti posteriori rispetto alla pronuncia della sentenza).

 

Gli ausiliari, che non possono superare complessivamente le 2.250 unità (lettera c), sono reclutati tra coloro che, avendo conseguito una laurea specialistica per la classe delle scienze giuridiche, non abbiano riportato un punteggio inferiore a 108/110 (lettera h).

Gli avvisi per la presentazione delle domande sono resi noti mediante affissione all’albo pretorio e attraverso ogni altra forma di pubblicità che il primo presidente della Corte di cassazione e i presidenti delle corti d’appello ritengano utile (lettera i).

La selezione avviene sulla base dei titoli posseduti da ciascun candidato, valutati in base a criteri generali definiti preventivamente con decreto del Ministro della Giustizia (lettera n). In particolare costituiscono titolo preferenziale: il punteggio di laurea e la media dei voti dei singoli esami, eventuali altre lauree, le pubblicazioni scientifiche, la conoscenza di una o più lingue straniere, la capacità di utilizzo delle tecnologie informatiche, l’aver svolto la pratica forense o conseguito diploma presso una delle scuole di specializzazione nelle professioni legali di cui all'art. 16 del D.Lgs. del 17 novembre 1997, n.398, ovvero presso le scuole di specializzazione previste al D.P.R. 10 marzo 1982, n.162 (lettera i).

 

Una volta assunti, gli ausiliari sono assegnati, alla Corte di cassazione, in ragione di una unità per ogni presidente di sezione e di una unità ogni due consiglieri e, agli altri uffici giudiziari, in proporzione all’organico dei magistrati di ciascun distretto di corte di appello. Le assegnazioni sono effettuate dai presidenti di sezione della Corte di cassazione e dai presidenti di corte di appello, sulla base dei carichi di lavoro e delle oggettive esigenze dell’ufficio, ai soli magistrati che ne facciano richiesta (lettere d) ed e).

 

Il rapporto di lavoro dell’ausiliario è disciplinato da un contratto a tempo determinato, dalla durata biennale e rinnovabile una sola volta, stipulato, per la Corte di cassazione, dal primo presidente e, per gli altri uffici giudiziari, dai presidenti di corte d’appello (lettere f) e g). Nel suddetto contratto sono disciplinati: l’orario di lavoro, la trasferibilità da un ufficio ad un altro, il vincolo di segretezza in relazione agli atti conosciuti e alle notizie apprese, le condizioni di risoluzione e di recesso, il trattamento di fine rapporto, gli aspetti retributivi (lettere m) ed o). In particolare, con riferimento a questi ultimi, alla lettera o) si stabilisce che agli ausiliari spetti una retribuzione pari a 1032 euro netti, non soggetta a scatti di anzianità ma alla sola rivalutazione annua in misura pari alla variazione dei prezzi al consumo.

Lo svolgimento delle funzioni di ausiliario deve essere equiparato, in base al disposto della lettera l), allo svolgimento della pratica forense e al conseguimento del diploma di specializzazione nelle professioni legali e deve costituire titolo preferenziale per l’accesso alle funzioni giudiziarie onorarie.

 

I commi 2 e 3 contengono disposizioni relative alla copertura finanziariadegli oneri derivanti dalla istituzione dell’ausiliario: ad essi si deve far fronte mediante l’istituzione di un imposta pari al 3 per cento della massa attiva risultante dalle procedure concorsuali, il cui gettito è assegnato, con decreto del Ministro dell’economia, ad un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia.

Il comma 4, infine, stabilisce che le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 entrano in vigore contestualmente al decreto legislativo emanato dal Governo in attuazione della delega e cessano di avere efficacia dopo quattro anni, al termine cioè del periodo sperimentale.


Art. 10.
(Disciplina transitoria).

 

 

 


1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 4, il Governo definisce la disciplina transitoria attenendosi ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) prevedere che, ai concorsi di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 2 indetti fino al quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 dell'articolo 1, siano ammessi anche coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all'anno accademico 199811999;

 

b) prevedere che il requisito della partecipazione al corso, previsto dalla lettera f) e dai numeri 8.2), 10.2) e 13) della lettera i) del comma 1 dell'articolo 2, possa essere richiesto solo dopo l'entrata in funzione della Scuola superiore della magistratura, di cui all'articolo 3;

 

c) prevedere che i magistrati, in servizio alla data di acquisto di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 dell'articolo 1, possano richiedere entro un anno dalla predetta data, nei limiti dei posti vacanti, il mutamento delle funzioni nello stesso grado da giudicanti a requirenti e viceversa, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura;

 

d) prevedere che i magistrati di cui alla lettera c) possano partecipare al concorso di cui ai numeri 2) e 4) della lettera i) del comma 1 dell'articolo 2, anche in assenza del requisito di esercizio per almeno cinque anni delle diverse funzioni;

 

e) prevedere che le norme di cui ai numeri 8.2) e 10.2) della lettera i) del comma 1 dell'articolo 2 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 dell'articolo 1, abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, tredici anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;

 

f) prevedere che le norme di cui al numero 13) della lettera i) del comma 1 dell'articolo 2 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 dell'articolo 1, abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, venti anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;

 

g) prevedere che ai magistrati di cui alle lettere e) e f) continuino ad applicarsi le norme in vigore anteriormente alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dell'articolo 2 per il conferimento delle funzioni di appello e di quelle di legittimità, nonché per il conferimento degli uffici semidirettivi e direttivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera g), numeri 7), 8), 9), 10), 11) e 12). Le assegnazioni sono disposte nell'ambito delle quote previste dall'articolo 2, comma 1, lettera i), numeri 7), 9) e 14). È fatta salva la facoltà per i magistrati di partecipare ai concorsi;

 

h) prevedere che, anche in deroga a quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera i), numero 13), ai sostituti procuratori generali in servizio presso .la Direzione nazionale antimafia alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dello stesso articolo 2, possano, a domanda, essere conferite le funzioni requirenti di legittimità secondo le modalità previste dal numero 14) della lettera i) del comma 1 del medesimo articolo;

 

i) prevedere, senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato, che i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 dell'articolo 1, esercitano funzioni direttive mantengano le loro funzioni sino al compimento del termine di cui all'articolo 2, comma 1, lettera l), numero 3), e, nel caso abbiano raggiunto il detto termine, per l'ulteriore periodo di due anni decorso il quale, senza che abbiano ottenuto l'assegnazione ad altro analogo incarico, cessano dalle funzioni restando assegnati allo stesso ufficio, anche in soprannumero;

 

l) prevedere, senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato, che i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 dell'articolo 1, esercitano funzioni semidirettive requirenti mantengano le loro funzioni per due anni dalla predetta data, decorsi i quali, senza che abbiano ottenuto l'assegnazione ad altro analogo incarico, cessano dalle funzioni restando assegnati allo stesso ufficio, anche in soprannumero;

m) prevedere che, in deroga a quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera q), i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 dell'articolo 1, abbiano compiuto il periodo di dieci anni di permanenza nell'incarico nello stesso ufficio, possano permanervi per un ulteriore biennio; prevedere che coloro i quali, alla medesima data, non abbiano compiuto il periodo di dieci anni lo completino e possano permanere nell'incarico per un ulteriore biennio;

 

n) prevedere che ai posti soppressi ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettere a) e b), siano trattenuti i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dell'articolo 6 e che ad essi possano essere conferite dal Consiglio superiore della magistratura le funzioni di legittimità nei limiti dei posti disponibili ed in ordine di anzianità di servizio se in possesso dei seguenti requisiti:

 

1) necessaria idoneità precedentemente conseguita;

 

2) svolgimento nei sei mesi antecedenti la predetta data delle funzioni di legittimità per aver concorso a formare i collegi nelle sezioni ovvero per aver svolto le funzioni di pubblico ministero in udienza;

 

o) prevedere che ai posti soppressi ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera b), siano trattenuti, in via transitoria, i magistrati di appello in servizio alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dell'articolo 6 per i quali non sia stato possibile il conferimento delle funzioni di legittimità ai sensi della lettera n) del presente articolo.


 

L’articolo 10 contiene una serie di norme che, in parziale deroga ad alcune disposizioni del testo in esame, disciplinano situazioni transitorie che possono verificarsi anteriormente all’entrata a pieno regime della riforma.

 

In primo luogo, alla lettera a), si stabilisce che ai concorsi per l’accesso alla magistratura indetti nei cinque anni successivi all’entrata in vigore dei decreti legislativi che ne modificano la disciplina, possano partecipare anche coloro che pur non in possesso dei requisiti previsti dall’art.1(dottorato, specializzazione, ecc.), abbiano conseguito la laurea in giurisprudenza essendosi immatricolati anteriormente all’anno accademico 1998/1999.

 

Alla lettera b) si prevede che la frequenza del corso presso la Scuola superiore della magistratura, necessario per il passaggio alle funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado da quelle di primo grado, ovvero a quelle di legittimità da quelle di secondo grado, non sia richiesta ai magistrati interessati finché, evidentemente, non venga istituita la Scuola stessa.

 

In relazione al passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa (nell’ambito, ovviamente, dello stesso grado), la lettera c) prevede che esso possa avvenire, per un periodo transitorio di un anno dall’entrata in vigore dei decreti delegati, su domanda dei magistrati già in servizio interessati e previa valutazione positiva del C.S.M., senza, pertanto, la necessità di sostenere il relativo concorso.

Si prescinde anche, per i medesimi magistrati già in servizio, dal possesso dell’ulteriore requisito dell’anzianità di servizio nella rispettiva funzione: così i magistrati che esercitino la funzione requirente di primo grado possono passare a quella giudicante (e viceversa) anche se non in possesso del requisito dei cinque anni di esercizio della propria funzione (previsto invece dai numeri 2 e 4 della lettera i) dell’art.2).

 

Alla lettere e) ed f) si individuano delle deroghe alle norme di cui ai numeri 8.2), 10.2) e 13) della lettera i) dell’art.2. Esse individuano i requisiti richiesti, per l’accesso alle funzioni giudicanti e requirenti di secondo grado e di legittimità, ai magistrati che esercitino le medesime funzioni rispettivamente di primo e di secondo grado: oltre ad una certa anzianità nella propria funzione o complessiva, le norme, come si è già detto, fanno riferimento al superamento di un concorso per titoli ed esami ed alla frequenza di un apposito corso presso la Scuola superiore. In via transitoria si stabilisce che tali disposizioni non si applichino ai magistrati che, all’entrata in vigore dei decreti delegati, siano già in servizio ed abbiano tredici o venti anni di anzianità complessiva (a seconda che aspirino ad accedere alle funzioni di secondo grado o di legittimità). Pertanto ad essi, fatta salva la facoltà di partecipare comunque ai concorsi, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti in materia di conferimento sia delle funzioni di appello e di legittimità, che di incarichi direttivi e semidirettivi (lettera g).

 

La lettera h) detta disposizioni transitorie relative ai sostituti procuratori in servizio presso la D.N.A. Ad essi, alla data di acquisto di efficacia dei decreti delegati, possono essere conferite le funzioni requirenti di legittimità con particolari modalità: in deroga a quanto previsto al numero 13 della lettera i) dell'articolo 2 (anzianità, superamento di un concorso per titoli ed esami, frequenza di un corso presso la Scuola superiore), si dispone che possa, in via transitoria, applicarsi quanto disposto al successivo numero 14: sarà sufficiente una valutazione del C.S.M. effettuata su parere motivato del Consiglio direttivo della Corte di cassazione (modalità normalmente previste per la assegnazione dei posti vacanti nelle funzioni di legittimità ai magistrati che già esercitino queste funzioni)

 

In materia di temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi le lettere i) ed l) stabiliscono che il termine quadriennale (individuato dal numero 3 della lettera l) dell’art.2) si applichi anche agli incarichi conferiti prima dell’entrata in vigore dei decreti legislativi delegati. Nel caso in cui a quella data tale termine fosse già scaduto, è consentito al magistrato, senza che ciò comporti però nuovi o maggiori oneri per lo Stato, di mantenere l’incarico per un ulteriore biennio decorso il quale, senza che si sia ottenuta l’assegnazione ad altro incarico direttivo, si cessa dalle funzioni e si viene assegnati, anche in soprannumero, al medesimo ufficio.

 

Analogamente si dispone alla lettera m) in relazione al termine decennale (prorogabile di un biennio) di permanenza del magistrato presso lo stesso ufficio con il medesimo incarico (previsto alla lettera q) dell’art.2): così il magistrato che all’entrata in vigore dei decreti abbia già compiuto tale periodo ha facoltà di permanere per altri due anni nel medesimo ufficio, mentre quello che tale periodo massimo non abbia ultimato lo può completare, fatta comunque salva la proroga biennale.

 

Si è visto che l’articolo 6), alle lettere a) e b), dispone la soppressione di complessivi trenta posti di magistrato d’appello in organico presso la Corte di cassazione, nonché di tutti i posti di magistrato d’appello presso la Procura generale e la loro sostituzione con posti di magistrato di cassazione e di magistrato di tribunale. In via transitoria si dispone che ai magistrati già in servizio presso quei posti alla data di entrata in vigore dei decreti delegati, possano essere conferite dal C.S.M. le funzioni di legittimità, in deroga a quanto previsto dal testo in esame (concorso e corso presso la Scuola superiore), qualora possiedano i seguenti requisiti: idoneità precedentemente conseguita; effettivo svolgimento, nei sei mesi precedenti, di funzioni di legittimità, consistente nella partecipazione a collegi o nell’esercizio delle funzioni di pubblico Ministero in udienza (lettera n). Solo in relazione ai quindici posti di magistrato d’appello da sostituire con posti di magistrato di tribunale, si stabilisce che possano continuare ad essere occupati dai magistrati d’appello, già in servizio alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi, ai quali non possano essere conferite, per mancanza dei requisiti suddetti, le funzioni di legittimità (lettera o).

 



CAPO II

DELEGA AL GOVERNO PER IL DECENTRAMENTO DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA E PER ALCUNE MODIFICHE ALL'ORDINAMENTO DELLE MAGISTRATURE AMMINISTRATIVA E CONTABILE

 

Art. 11.
(Delega al Governo per il decentramento del Ministero della giustizia).

 

 

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti ad attuare su base regionale il decentramento del Ministero della giustizia.

2. Nell'attuazione della delega il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) istituzione di direzioni generali regionali o interregionali dell'organizzazione giudiziaria;

 

b) competenza delle direzioni regionali o interregionali per le aree funzionali riguardanti il personale e la formazione, i sistemi informativi automatizzati, le risorse materiali, i beni e i servizi, le statistiche;

 

c) riserva all'amministrazione centrale:

 

1) del servizio del casellario giudiziario centrale;

 

2) dell'emanazione di circolari generali e della risoluzione di quesiti in materia di servizi giudiziari;

 

3) della determinazione del contingente di personale amministrativo da destinare alle singole regioni, nel quadro delle dotazioni organiche esistenti;

 

4) dei bandi di concorso da espletarsi a livello nazionale;

 

5) dei provvedimenti di nomina e di prima assegnazione, salvo che per i concorsi regionali;

 

6) del trasferimento del personale amministrativo tra le diverse regioni e dei trasferimenti da e per altre amministrazioni;

 

7) dei passaggi di profili professionali, delle risoluzioni del rapporto di impiego e delle riammissioni;

 

8) dei provvedimenti in materia retributiva e pensionistica;

 

9) dei provvedimenti disciplinari superiori al rimprovero verbale e alla censura;

 

10) dei compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo degli uffici periferici.

 

3. Per gli oneri relativi alla locazione degli immobili, all'acquisizione in locazione finanziaria di attrezzature e impiantistica e alle spese di gestione, è autorizzata la spesa annua massima di 5.610.000 euro a decorrere dall'anno 2004 cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 20042006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente « Fondo speciale » dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

4. Per gli oneri relativi al personale valutati in 7.387.452 euro annui a decorrere dall'anno 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 20042006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente « Fondo speciale » dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell'attuazione del presente comma, anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge n. 468 del 1978.

5. Ai fini dell'esercizio della delega di cui al comma 1 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 7 dell'articolo 1.


 

 

 

L’articolo 11, inserito nel corso dell'esame presso il Senato, delega il Governo ad adottare - entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge - decreti legislativi volti ad attuare un decentramento su base regionale del Ministero della giustizia.

 

Nell’ambito della riforma dell’organizzazione del Governo (D. Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, di attuazione della prima legge Bassanini n. 59/1997) il Ministero della giustizia - al pari di altre amministrazioni centrali - è stato oggetto di una profonda trasformazione, diretta ad esigenze di razionalizzazione ed ottimale impiego delle risorse.

Il D.Lgs n. 300/99 ha stabilito la competenza del Ministero in materia di giustizia, attività giudiziaria ed esecuzione delle pene, di rapporti con il Consiglio superiore della magistratura, di attribuzioni concernenti i magistrati ordinari, di vigilanza sugli ordini professionali, di archivi notarili, di cooperazione internazionale in materia civile e penale.

La nuova struttura del Ministero si articola - oltre che negli Uffici di diretta collaborazione del Ministro - in quattro Dipartimenti.

La competenza del Ministero è infatti esercitata nell’ambito di quattro aree funzionali cui il regolamento di organizzazione, il DPR 6 marzo 2001, n. 55 (cfr. ultra), fa corrispondere pari numero di dipartimenti:

a) Servizi relativi alla attività giudiziaria (Dip.to per gli affari di giustizia): riguardano la gestione amministrativa della attività giudiziaria in ambito civile e penale; l’attività preliminare all'esercizio da parte del Ministro delle sue competenze in materia processuale; il casellario giudiziale; la cooperazione internazionale in materia civile e penale; lo studio e proposta di interventi normativi nel settore di competenza;

b) Organizzazione e servizi della giustizia (Dip.to dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi): organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia; gestione amministrativa del personale amministrativo e dei mezzi e strumenti anche informatici necessari; attività relative alle competenze del Ministro in ordine ai magistrati; studio e proposta di interventi normativi nel settore di competenza;

c) Servizi dell'amministrazione penitenziaria (Dip.to dell’amministrazione penitenziaria): gestione amministrativa del personale e dei beni della amministrazione penitenziaria; svolgimento dei compiti relativi alla esecuzione delle misure cautelari, delle pene e delle misure di sicurezza detentive; svolgimento dei compiti previsti dalle leggi per il trattamento dei detenuti e degli internati;

d) Servizi relativi alla giustizia minorile (Dip.to per la giustizia minorile): svolgimento dei compiti assegnati dalla legge al Ministero della giustizia in materia di minori e gestione amministrativa del personale e dei beni ad essi relativi.

 

Il DPR 6 marzo 2001, n. 55 “Regolamento di organizzazione del Ministero della giustizia” ha quindi provveduto ad adeguare la struttura amministrativa del Ministero alle direttive della riforma; un successivo regolamento (DPR 25 luglio 2001, n. 315) ha riguardato l’organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro[22].

Il DPR 55/2001 disciplina organizzazione e competenze dei quattro uffici di gestione amministrativa ovvero i dipartimenti relativi alle aree funzionali sopracitate.

Ad ogni dipartimento è preposto un Capo del Dipartimento, coadiuvato nell’esercizio delle sue funzioni da Vice Capi in numero non superiore a due.

Il Capo Dipartimento si avvale di un apposito Ufficio per l’espletamento delle sue funzioni di istituto, per la contrattazione collettiva di lavoro e per la direzione dell’ufficio per le relazioni con il pubblico, per la progettazione del controllo di gestione, per attività di studio, ricerche e consulenza.

Nell’ambito di ogni dipartimento sono istituiti uffici dirigenziali generali (Direzioni).

Il Dipartimento per gli affari di giustizia che esercita le funzioni e i compiti inerenti i servizi relativi alla attività giudiziaria si compone di tre direzioni generali:

-          la Direzione generale della giustizia civile;

-          la Direzione generale della giustizia penale;

-          la Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani.

Il DPR precisa in maniera dettagliata le numerose competenze spettanti a ciascuna Direzione stabilendo che il Capo del Dipartimento provveda altresì agli adempimenti connessi alla formazione degli strumenti di bilancio, alla direzione della Biblioteca centrale giuridica, della Biblioteca del Ministero e alla vigilanza sull’Amministrazione degli archivi notarili.

Il Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi che esercita le funzioni ed i compiti inerenti l’organizzazione e i servizi della giustizia si compone di cinque Direzioni generali:

-          la Direzione generale del personale e della formazione (competente per l’assunzione, gestione disciplina e formazione del rispettivo personale);

-          la Direzione generale delle risorse materiali, dei beni e dei servizi (competente per l’acquisizione e gestione dei beni mobili ed immobili e dei servizi);

-          la Direzione generale del bilancio e della contabilità (competente per gli adempimenti connessi alla formazione degli strumenti di bilancio);

-          la Direzione generale magistrati (competente per le attività connesse all’esercizio dell’azione disciplinare e ad altri compiti del Ministro in ordine ai magistrati professionali ed onorari;

-          la Direzione generale di statistica (che svolge i compiti attribuiti all’Ufficio di statistica del Ministero dal Decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 (Norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica, ai sensi dell'art. 24 della legge 23 agosto 1988, n. 400).

Al Capo del Dipartimento sono inoltre attribuiti i compiti connessi alla programmazione e gestione degli interventi sulle circoscrizioni giudiziarie e sulle piante organiche degli uffici giudiziari e dell’amministrazione centrale.

Con una disposizione di carattere transitorio, viene stabilito che, sino all’entrata in vigore della legge di riforma sul decentramento del Ministero, l’Ufficio speciale per la gestione e la manutenzione del nuovo complesso giudiziario della città di Napoli e degli edifici e locali ospitanti uffici giudiziari nella stessa città, disciplinato dal decreto-legge 16 dicembre 1993, n. 522 (Istituzione di un ufficio speciale presso il Ministero di grazia e giustizia per la gestione e la manutenzione degli uffici giudiziari della città di Napoli), costituisce ufficio dirigenziale generale del dipartimento.

Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria svolge i compiti relativi ai servizi dell'amministrazione penitenziaria.

Esso si compone di cinque direzioni generali:

-          Direzione generale del personale e della formazione,

-          Direzione generale delle risorse materiali, dei beni e dei servizi,

-          Direzione generale per il bilancio e della contabilità, tutte e tre con funzioni analoghe a quelle delle omologhe direzioni del Dipartimento in precedenza descritto, riferite, naturalmente al diverso settore di competenza.

-          Direzione generale dei detenuti e del trattamento, competente per l’espletamento dell’attività tipica del Dipartimento (gestione dei detenuti).

-          Direzione generale dell’esecuzione penale esterna.

Al Capo del Dipartimento è inoltre attribuito l’espletamento dell’attività ispettiva ed il contenzioso di lavoro.

Come organi decentrati del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria operano i provveditorati regionali, istituiti dalla legge 395 del 1990[23]. Attualmente in numero di 16, i provveditorati operano nel settore degli istituti e servizi per adulti sulla base di programmi, indirizzi e direttive disposti dal Dipartimento stesso, in materia di personale, organizzazione dei servizi e degli istituti, detenuti ed internati, e nei rapporti con gli enti locali, le regioni ed il Servizio sanitario nazionale, nell'ambito delle rispettive circoscrizioni regionali.

Il Dipartimento per la Giustizia minorile esercita i servizi relativi alla giustizia minorile e si compone di tre direzioni generali:

-          Direzione generale del personale e della formazione,

-          Direzione generale delle risorse materiali, dei beni e dei servizi, tutte e due con funzioni analoghe a quelle delle omologhe direzioni dei Dipartimenti in precedenza descritti, riferite, naturalmente al diverso settore di competenza.

-          Direzione generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari, competente per l’espletamento dell’attività tipica del dipartimento (esecuzione dei provvedimenti del giudice minorile e partecipazione agli interventi di prevenzione della devianza minorile).

Al Capo del Dipartimento sono attribuiti i compiti inerenti la formazione degli strumenti di bilancio, quelli inerenti gli altri adempimenti contabili, l’attività ispettiva e le funzioni di autorità centrali convenzionali stabilite dalle leggi, i rapporti con le Autorità giudiziarie italiane ed estere, le attività inerenti la nomina dei componenti esperti dei tribunali per i minorenni, il contenzioso relativo ai rapporti di lavoro ed alle altre materie di competenza del dipartimento. Come i provveditorati regionali del D.A.P., organi di decentramento amministrativo sono i Centri per la Giustizia Minorile che possono avere competenza sul territorio di più regioni e in questi casi fanno riferimento a più Corti d'appello. Esercitano funzioni di programmazione tecnica ed economica, controllo e verifica nei confronti dei Servizi minorili da essi dipendenti quali gli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni, gli Istituti penali per i minorenni, i Centri di Prima Accoglienza, le Comunità.

Non inquadrata in alcun dipartimento vi è poi la Direzione generale dei sistemi informativi automatizzati competente per la programmazione, lo sviluppo e la gestione dei sistemi informativi di tutti gli uffici del Ministero, degli uffici decentrati e di quelli giudiziari.

 

I principi di delega contenuti nell’art. 11, comma 2, prevedono:

·       l’istituzione nell’ambito del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria di direzioni generali regionali o interregionali competenti per le seguenti aree funzionali: personale e formazione, sistemi informativi automatizzati, risorse materiali, beni e servizi e statistiche;

·       di riservare all’amministrazione centrale l’emanazione di circolari generali; la risoluzione di quesiti in materia di servizi giudiziari; la determinazione, nell’ambito delle dotazioni organiche, dei contingenti di personale amministrativo da assegnare agli uffici regionali; i bandi di concorso e i provvedimenti di nomina e prima assegnazione (salvo che per i concorsi regionali); provvedimenti in materia di rapporto di lavoro (trasferimento di personale tra regioni diverse e da e per altre amministrazioni, passaggi di qualifica, risoluzione del rapporto di lavoro e riammissione, provvedimenti in materia retributiva e pensionistica e provvedimenti disciplinari superiori al rimprovero verbale e alla censura); compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo degli uffici periferici.

 

I commi 3 e 4 dell’articolo in esame provvedono alla copertura finanziaria delle spese relative agli immobili ed al personale necessari al funzionamento degli uffici decentrati, rispettivamente quantificate nel massimo in 5.610.000 e 7.387.452 euro annui a decorrere dal 2004.

 

L’ultimo comma prevede l’eventuale applicabilità (in quanto compatibili) dei principi di delega di cui all’art. 1, commi 3, 4, 5 e 6 del d.d.l (cfr. supra).

 

 



 


 

Art. 12.
(Modifica della disciplina per l'accesso alle funzioni presso organi di giurisdizione superiore amministrativa).

 

 

 

 

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto a modificare i numeri 1) e 3) del primo comma dell'articolo 19 della legge 27 aprile 1982, n. 186, stabilendo che i posti che si rendono vacanti nella qualifica di consigliere di Stato siano conferiti:

 

a) in ragione di un quarto, ai consiglieri di tribunale amministrativo regionale che ne facciano domanda e che abbiano almeno quattro anni di effettivo servizio nella qualifica. La nomina ha luogo previo giudizio favorevole espresso dal consiglio di presidenza a maggioranza dei suoi componenti, fermo restando il disposto di cui all'articolo 12, primo comma, della citata legge n. 186 del 1982, previo parere di una commissione presieduta dal presidente dello stesso consiglio di presidenza e formata dai componenti di cui alla lettera d) del comma 1 dell'articolo 7 della medesima legge, nonché dai due presidenti di sezione del Consiglio di Stato e dai due presidenti di tribunale amministrativo regionale più anziani nelle rispettive qualifiche; il parere è reso in base alla valutazione dell'attività giurisdizionale svolta e dei titoli, anche di carattere scientifico, presentati, nonché dell'anzianità di servizio. I magistrati dichiarati idonei sono nominati consiglieri di Stato, conservando, agli effetti del quarto comma dell'articolo 21 della legge n. 186 del 1982, l'anzianità maturata nella qualifica di consigliere di tribunale amministrativo regionale;

b) in ragione della metà, mediante concorso pubblico per titoli ed esami teorico-pratici, al quale possono partecipare i magistrati dei tribunali amministrativi regionali con almeno un anno di anzianità, i magistrati ordinari e militari con almeno quattro anni di anzianità, i magistrati della Corte dei conti, nonché gli avvocati dello Stato con almeno un anno di anzianità, i funzionari della carriera direttiva del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati con almeno quattro anni di anzianità, nonché i dirigenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, appartenenti a carriere per l'accesso alle quali sia richiesta la laurea in  giurisprudenza. Il concorso è indetto dal presidente del Consiglio di Stato nei primi quindici giorni del mese di gennaio. I vincitori conseguono la nomina con decorrenza dal 31 dicembre dell'anno precedente a quello in cui è indetto il concorso stesso. La metà dei posti disponibili annualmente messi a concorso è riservata ai magistrati dei tribunali amministrativi regionali con la qualifica di consigliere; in tale quota riservata non possono essere nominati altri candidati, salva l'applicazione dell'articolo 20 della citata legge n. 186 del 1982 per i posti eventualmente rimasti vacanti.

2. Ai fini dell'esercizio della delega di cui al comma 1 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 7 dell'articolo 1.


 

 

L’articolo 12 delega il Governo ad adottare, sulla base dei princìpi e criteri direttivi contenuti nei commi 1 e 2, un decreto legislativo diretto a modificare le modalità di copertura dei posti vacanti nella qualifica a consigliere di Stato.

Il comma 1, alla lettera a), riduce da metà ad un quarto i posti vacanti nella qualifica di consigliere di Stato conferiti tramite nomina di magistrati di T.A.R. con quattro anni di effettivo servizio nella qualifica; prevede inoltre che tali nomine siano precedute da un parere emanato da una commissione composta dal presidente del consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, dai membri dello stesso consiglio eletti dai due rami del Parlamento ( e non più, come nella vigente disciplina, da quelli eletti da tutti i magistrati amministrativi), da due presidenti di sezione del consiglio di Stato e dai due presidenti di T.A.R. più anziani nella rispettiva qualifica.

Conseguentemente la lettera b) amplia sensibilmente, da un quarto a metà, la quota dei posti vacanti da conferire mediante concorso pubblico di secondo grado per titoli ed esami; si prevede tuttavia che la metà dei posti messi a concorso sia riservata a consiglieri di T.A.R. e che in tale quota non possano essere nominati altri candidati, salvo differente deliberazione del consiglio di presidenza.

Nulla è innovato relativamente alla quota di posti vacanti da coprire attraverso la nomina di professori ordinari universitari o avvocati con quindici anni di servizio professionale.

 

Attualmente la nomina a consigliere di Stato è disciplinata dall’ art.19 della legge 27 aprile 1982, n.186 (Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali). Essa prevede che i posti che si rendano vacanti nell’organico della magistratura siano conferiti: per metà a consiglieri di T.A.R. con quattro anni di effettivo servizio nella qualifica, sulla base di una proposta di una commissione formata dai soli componenti del consiglio di presidenza eletti da tutti i magistrati amministrativi; per un quarto a professori ordinari di materie giuridiche o ad avvocati con quindici anni di esercizio professionale; per il restante quarto mediante concorso pubblico di secondo grado per titoli ed esami teorico-pratici.

 

 




Art. 13.
(Modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa).

 

 

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la modifica della disciplina dell'articolo 10, della legge 13 aprile 1988, n. 117, e dell'articolo 9 della legge 27 aprile 1982, n. 186, con l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) prevedere che i componenti elettivi del Consiglio di presidenza della Corte dei conti durino in carica quattro anni;

 

b) prevedere che i componenti elettivi di cui alla lettera a) non siano eleggibili per i successivi otto anni;

 

c) prevedere che per l'elezione dei magistrati componenti elettivi del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore abbia la facoltà di votare per un solo componente titolare e un solo componente supplente.

 

2. Ai fini dell'esercizio della delega di cui al comma 1 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 7 dell'articolo 1.


 

 

 

L’articolo in commento delega il Governo ad emanare, entro un anno dall’entrata in vigore della legge, un decreto legislativo di modifica dell’articolo 10 della legge n. 117 del 1988 – relativo alla composizione del Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti – e dell’articolo 9 della legge n. 186 del 1982 – relativo alle modalità di elezione del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa.

Infatti, nonostante la rubrica dell’articolo faccia riferimento al solo organo di autoGoverno della magistratura contabile, i criteri di delega prevedono la modifica anche di parte della disciplina prevista per il parallelo organo di autoGoverno della magistratura amministrativa.

Peraltro, il legame tra la disciplina dei due organi è da sempre stretto, e anche la recente legge n. 205 del 2000[24], pur disciplinando in modo specifico il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, ha confermato il carattere speculare dei due collegi, prevedendo che alcune disposizioni dovessero applicarsi anche al parallelo organo di autoGoverno della magistratura contabile[25].

 

In particolare, il Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti è stato istituito con l’art. 10 della legge 13 aprile 1988, n. 117 e recentemente modificato dall’art. 18, commi 1 e 2, della legge 21 luglio 2000, n. 205. Il Consiglio è composto:

-        dal Presidente della Corte dei conti, che lo presiede;

-        dal Procuratore Generale della Corte dei conti;

-        dal Presidente di sezione più anziano;

-        da quattro cittadini eletti, due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, tra i professori ordinari in materie giuridiche o gli avvocati con venti anni di esercizio professionale;

-        da dieci magistrati ripartiti tra le diverse qualifiche in proporzione alla rispettiva effettiva consistenza numerica quale risulta dal ruolo alla data del 1° gennaio dell’anno di costituzione dell’organo.

I componenti elettivi durano in carica 4 anni e non sono immediatamente rieleggibili. Tale previsione, originariamente non contenuta nella legge del 1988, è stata introdotta, tanto per l’organo di autoGoverno della giustizia contabile, quanto per quello della giustizia amministrativa, dall’art. 18, comma 1, della legge n. 205 del 2000.

Entro un mese dal suo insediamento, il Consiglio provvede alla costituzione delle Commissioni permanenti che hanno compiti istruttori e che riferiscono sulle materie di competenza del Consiglio. Possono, inoltre, essere istituite Commissioni temporanee su specifiche materie.

Il Consiglio è competente in tutte le materie attinenti all’espletamento delle funzioni dei magistrati della Corte dei conti, sui procedimenti per l’accesso in carriera, per l’assegnazione di sede e i trasferimenti, le promozioni, nonché sui procedimenti disciplinari.

 

Il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa è stato invece istituito dall’articolo 7 della legge 27 aprile 1982, n. 186 e, anch’esso, recentemente modificato dalla legge n. 205/2000, art. 18. Risulta così composto:

a) dal presidente del Consiglio di Stato, che lo presiede;

b) da quattro magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato;

c) da sei magistrati in servizio presso i tribunali amministrativi regionali;

d) da quattro cittadini eletti, due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, tra i professori ordinari di università in materie giuridiche o gli avvocati con venti anni di esercizio professionale;

e) da due magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato con funzioni di supplenti dei componenti di cui alla lettera b);

f) da due magistrati in servizio presso i tribunali amministrativi regionali, con funzioni di supplenti dei componenti di cui alla lettera c).

La disposizione dell’articolo 7 aggiunge che:

-        all'elezione dei componenti di cui alle lettere b) ed e) del comma 1, nonché di quelli di cui alle lettere c) e f) del medesimo comma, partecipano, rispettivamente, i magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato e presso i tribunali amministrativi regionali, senza distinzione di categoria, con voto personale, segreto e diretto;

-        i componenti elettivi durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili;

-        i membri eletti che nel corso del quadriennio perdono i requisiti di eleggibilità o si dimettono, o cessano per qualsiasi causa dal servizio oppure passano dal Consiglio di Stato ai tribunali amministrativi regionali o viceversa, sono sostituiti, per il restante periodo, dai magistrati appartenenti al corrispondente gruppo elettorale che seguono gli eletti per il numero dei suffragi ottenuti.

Quanto alle modalità di voto dei componenti elettivi del Consiglio, l’articolo 9 della legge del 1982 precisa che “ciascun elettore può votare per un numero di componenti non superiore a quello da eleggere meno uno, oltre ai componenti supplenti”.

 

Nell’esercizio della delega il Governo dovrà attenersi ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) prevedere che i componenti elettivi del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti durino in carica quattro anni;

In merito si osserva che, pur in assenza di una disposizione esplicita all’interno della legge istitutiva del Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti (legge 13 aprile 1988, n. 117), già attualmente è previsto che i componenti elettivi restino in carica 4 anni.

Ciò accade in forza dell’articolo 18, comma 3, della legge n. 205 del 2000, che prevede l’applicazione all’organo di autoGoverno della magistratura contabile (in quanto compatibili) delle disposizioni dettate dall’articolo 18, comma 1, per il parallelo Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa.

In particolare, il comma 1 dell’articolo 18 ha sostituito l'articolo 7 della legge n. 186/1982 stabilendo, fra le altre cose, la durata quadriennale, senza possibilità di immediata rielezione per i componenti elettivi.

 

b) prevedere che i componenti elettivi del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, una volta cessati dal mandato, non siano eleggibili per i successivi otto anni;

Se dunque attualmente tali componenti non sono immediatamente rieleggibili, e devono aspettare almeno una consiliatura (4 anni) per potersi nuovamente candidare, con questo criterio di delega si chiede al Governo di allungare ad almeno due consiliature (8 anni) la previsione d’ineleggibilità.

 

c) prevedere che, per l’elezione dei magistrati del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa, ciascun elettore possa votare per un solo componente titolare ed un solo componente supplente.

Si ricorda, infatti, che attualmente in base all’art. 9, comma 3 della legge 27 aprile 1982, n. 186, ciascun elettore può votare per un numero di componenti pari al numero dei componenti da eleggere meno uno.

 

Il comma 2 dell’articolo in commento aggiunge che nell’esercizio della delega il Governo dovrà inoltre ed in quanto compatibili, attenersi ai principi contenuti nei commi da 3 a 6 dell’articolo 1 (cfr. supra).

 

 




CAPO III

DELEGA AL GOVERNO PER L'ADOZIONE DI UN TESTO UNICO ED ALTRE DISPOSIZIONI

 

Art. 14.
(Testo unico).

 

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro anni dalla data di acquisto di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 dell'articolo 1, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento giudiziario nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni legislative vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie.

2. Per l'emanazione del decreto legislativo di cui al comma 1 si applicano le disposizioni del comma 5 dell'articolo 1.

3. Il Governo provvede ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento giudiziario.


 

 

 

L'articolo 14 delega il Governo ad adottare due testi unici, uno avente natura normativa, l'altro regolamentare: ad essi è demandato il compito di riunire e coordinare tutte le disposizioni aventi rispettivamente valore normativo (e tra queste sia quelle contenute nei decreti legislativi previsti nel testo in esame, che quelle già vigenti e non abrogate da questi ultimi), e regolamentare, in materia di ordinamento giudiziario.

Il testo unico di rango normativo deve essere emanato entro quattro anni dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti delegati e sul relativo schema deve essere espresso parere dalle competenti Commissioni parlamentari.

L'emanazione di un testo unico legislativo, ricognitivo di tutte le norme relative all'ordinamento giudiziario, appare conforme al dettato della VII disposizione transitoria della Costituzione che prevede l'emanazione, ancora non avvenuta, di una legge organica in materia.

 

Il testo unico di rango inferiore, invece, deve essere adottato, entro un anno dall'entrata in vigore del precedente, con D.P.R., previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su parere del Consiglio di Stato




Art. 15.
(Trasferimento a domanda).

 

 

 


1. Il trasferimento a domanda di cui all'articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, e successive modificazioni, e di cui al comma 5 dell'articolo 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100, e successive modificazioni, si applica anche ai magistrati ordinari con trasferimento degli stessi nella sede di servizio dell'appartenente alle categorie di cui al citato articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n.266, o, in mancanza, nella sede più vicina e assegnazione a funzioni identiche a quelle da ultimo svolte nella sede di provenienza.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 continuano ad applicarsi anche successivamente alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dell'articolo 2.

3. Dalle disposizioni di cui al presente articolo non possono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.


 

 

 

L’articolo in commento, che non prevede alcuna delega al Governo, non fa parte dell’originario disegno di legge, ma è stato inserito dal Senato nel corso dell’esame in Assemblea[26].

Obiettivo della disposizione è consentire anche ai magistrati ordinari di ottenere il trasferimento ad altra sede, con conservazione delle funzioni già svolte, per poter così seguire il coniuge – appartenente ad una delle categorie di pubblici dipendenti identificate dalla legge – che venga trasferito d’ufficio.

 

In particolare, il comma 1, richiamando alcune previsioni legislative, estende anche ai magistrati ordinari la possibilità di presentare domanda di trasferimento laddove il coniuge appartenga alle forze armate o alle forze di polizia e venga trasferito d’ufficio ad altra sede.

Vengono quindi richiamate due disposizioni legislative, attraverso le quali è possibile circoscrivere le categorie cui deve appartenere il coniuge del magistrato ordinario, per consentire il trasferimento:

·       legge n. 100 del 1987[27], art. 5, ai sensi della quale l’impiegato di ruolo in una amministrazione statale coniugato e convivente con un appartenente alle forze armate e alle forze di polizia[28], ha diritto all’atto del trasferimento del coniuge ad essere impiegato, in ruolo normale, in soprannumero e per comando, presso le rispettive amministrazioni site nella sede di servizio del coniuge, o, in mancanza, nella sede più vicina;

·       legge n. 266 del 1999[29], art. 17, ai sensi della quale il pubblico impiegato coniugato e convivente con un appartenente al personale in servizio permanente delle Forze armate e delle Forze di polizia[30], che venga trasferito d'autorità da una ad altra sede di servizio, ha diritto ad essere impiegato presso l'amministrazione di appartenenza o, per comando o distacco, presso altre amministrazioni nella sede di servizio del coniuge o, in mancanza, nella sede più vicina.

Il trasferimento presuppone una domanda presentata dal magistrato ordinario, che espressamente chieda di potersi avvalere della disposizione; le funzioni che il magistrato andrà a svolgere dovranno essere identiche a quelle che egli già svolgeva nella sede di provenienza e la sede stessa dovrà essere individuata in via prioritaria nella sede di servizio del coniuge ovvero nella sede a quella più vicina.

 

Il comma 2 precisa che quanto disposto non potrà essere oggetto di modifica da parte del legislatore delegato in sede di esercizio della delega di cui all’articolo 2 della proposta di legge in commento (cfr. supra).

 

Infine, il comma 3 aggiunge che dalla disposizione che prevede il trasferimento del magistrato ordinario, che può così seguire il coniuge in altra sede, non possono derivare oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

 




Art. 16.
(Proroga in via transitoria dell'esercizio delle funzioni  di Procuratore nazionale antimafia).

 

 

 


1. In deroga a quanto previsto dal comma 1, lettera i), dell'articolo 10 della presente legge e dal comma 3 dell'articolo 76-bis dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 3 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, il magistrato preposto alla Direzione nazionale antimafia, alla data di entrata in vigore della presente legge, è prorogato nell'esercizio delle funzioni ad esso attribuite per un ulteriore periodo di due anni dopo la scadenza del termine massimo indicato nel comma 3 del citato articolo 76-bis.


 

 

 

L’articolo in commento, inserito dal Senato nel corso dell’esame in Assemblea[31], prevede una deroga all’attuale disciplina relativa alla durata della carica del Procuratore nazionale antimafia, volta a consentire all’attuale Procuratore di restare in carica per due ulteriori anni dopo lo spirare del termine massimo previsto dalla legge (8 anni).

 

La Direzione Nazionale Antimafia (DNA) è stata istituita con legge 20 gennaio 1992 n. 8, nell'ambito della Procura generale presso la Corte di cassazione con il compito di coordinare, in ambito nazionale, le indagini relative alla criminalità organizzata.

Attraverso l’inserimento nell’Ordinamento Giudiziario (R.. n. 12 del 1941) dell’articolo 76-bis, alla Direzione è stato preposto il Procuratore nazionale antimafia, nominato direttamente dal Consiglio superiore della magistratura[32], per quattro anni. L’incarico può essere rinnovato una sola volta.

Ai sensi dell’articolo 371-bis del codice di procedura penale, il Procuratore – che si avvale per le indagini delle strutture della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) - collabora con i magistrati addetti alle indagini antimafia; risolve eventuali conflitti riguardanti lo svolgimento delle indagini; assume le indagini preliminari svolte dai procuratori distrettuali, se non sono state osservate le direttive impartite o non si è efficacemente realizzato il coordinamento[33].

In particolare, il Procuratore dispone l’avocazione delle indagini preliminari quando non hanno dato esito le riunioni disposte al fine di promuovere o rendere effettivo il coordinamento e questo non è stato possibile a causa della perdurante e ingiustificata inerzia nella attività di indagine, ovvero dell’ingiustificata e reiterata violazione dei doveri previsti dall'articolo 371 c.p.p., ai fini del coordinamento. L’avocazione è disposta con decreto motivato, reclamabile al procuratore generale presso la Corte di cassazione.

Il Procuratore nazionale antimafia è infatti sottoposto alla vigilanza del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, che riferisce al Consiglio superiore della magistratura circa l'attività svolta e i risultati conseguiti dalla Direzione Nazionale Antimafia e dalle Direzioni distrettuali antimafia istituite presso la Procura della Repubblica del tribunale dei capoluoghi di distretto di Corte d'appello.

 

L’articolo in commento - derogando a quanto previsto dall’articolo 76-bis del R.D. n. 12 del 1941 ed anche alla disciplina transitoria contenuta nell’articolo 9 della proposta di legge (v. sopra, comma 1, lettera h) – prevede la proroga dell’esercizio delle funzioni per il Procuratore nazionale antimafia in carica alla data di entrata in vigore della legge. Rispetto al termine massimo attuale, pari ad 8 anni (posto che la durata della carica è fissata in 4 anni e che l’incarico può essere rinnovato una sola volta), la disposizione aggiunge altri due anni.

 

 




Art. 17.
(Copertura finanziaria
).

 

 

 


1. Per le finalità di cui all'articolo 2, comma 1, lettera p), numeri 2) e 3), la spesa prevista è determinata in 2.462.899 euro a decorrere dall'anno 2004; per l'istituzione e il funzionamento delle commissioni di concorso di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), numeri 5), 6), 11), 12) e 15), nonché lettera l), numero 6), è autorizzata la spesa massima di 594.589 euro a decorrere dall'anno 2004.

2. Per l'istituzione e il funzionamento della Scuola superiore della magistratura, di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), è autorizzata la spesa massima di 13.353.900 euro a decorrere dall'anno 2004, di cui 1.716.000 euro a decorrere dall'anno 2004 per i beni da acquisire in locazione finanziaria, 3.733.500 euro a decorrere dall'anno 2004 per le spese di funzionamento, 2.800.000 euro a decorrere dall'anno 2004 per il trattamento economico del personale docente, 4.860.000 euro a decorrere dall'anno 2004 per le spese dei partecipanti ai corsi di aggiornamento professionale, 112.400 euro a decorrere dall'anno 2004 per gli oneri connessi al funzionamento del comitato direttivo di cui all'articolo 3, comma 1, lettera m), e 132.000 euro a decorrere dall'anno 2004 per gli oneri connessi al funzionamento dei comitati di gestione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera n).

3. Per le finalità di cui all'articolo 4, la spesa prevista è determinata in 489.700 euro a decorrere dall'anno 2004, di cui 17.044 euro a decorrere dall'anno 2004 per gli oneri connessi al comma 1, lettera a), e 472.656 euro a decorrere dall'anno 2004 per gli oneri connessi al comma 1, lettere f) e g).

4. Per le finalità di cui all'articolo 6, la spesa prevista è determinata in 1.404.141 euro a decorrere dall'anno 2004.

5. Agli oneri indicati nel presente articolo, pari a 18.305.229 euro a decorrere dall'anno 2004, si provvede:

 

a) quanto a 17.519.019 euro, a decorrere dall'anno 2004, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 20042006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia;

 

b) quanto a 786.210 euro, a decorrere dall'anno 2004, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n.303, come rideterminata annualmente dalla tabella C allegata alla legge finanziaria.

 

6. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell'attuazione dei predetti articoli 2, 3, 4 e 6, anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, n. 2, della legge n. 468 del 1978.

7. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

L'articolo 17 provvede alla quantificazione degli oneri derivanti dalle disposizioni contenute nella legge delega e alla individuazione delle relative modalità di copertura.

Al comma 1 si quantifica la spesa derivante dalla attribuzione, ai magistrati che conseguono, tramite concorso, le funzioni di secondo grado e di legittimità, rispettivamente della quinta e della sesta classe di anzianità: essa è determinata, a decorrere dal 2004, in 2.462.899 euro.

Viene altresì autorizzata la spesa necessaria alla istituzione e al funzionamento delle commissioni di concorso previste dal testo in esame, pari, a decorrere dal 2004, a 594.589 euro.

Al comma 2 siautorizza, per l'istituzione e il funzionamento della Scuolasuperiore della magistratura, a decorrere dal 2004, la spesa complessiva di 13.353.900 euro, di cui si prevede la suddivisione per singole voci (beni da acquistare in leasing, trattamento economico del personale docente, funzionamento del Comitato direttivo, ecc.)

Al comma 3 si autorizza, a decorrere dal 2004, per la riforma dei consigli giudiziari e per l'istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, la spesa di 489.700 euro.

Al comma 4 si quantifica in 1.404.141 euro la spesa conseguente alle modifiche apportate all'organico della cassazione dall'articolo 6 del testo in esame.

Circa le modalità di copertura degli oneri così quantificati si provvede:

·       Quanto a euro 17.519.019, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'u.p.b. di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della Giustizia.

·       Quanto a euro 786.210, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui al D.Lgs. n.303/1999, come rideterminata dalla tabella C allegata alla legge finanziaria.

In relazione all'andamento delle spese suddette si prevede un monitoraggio costante da parte del Ministro dell'economia con la possibilità (prevista dal comma 7 dell'art. 11-ter della legge 5 agosto 1978, n.468) che, in caso di scostamenti dalle previsioni di spesa, il Ministro riferisca al Parlamento con relazione, assuma le conseguenti iniziative legislative e adotti (ai sensi dell'art.7, secondo comma, numero 2 della medesima legge n.468) eventuali decreti per aumentare gli stanziamenti; tali provvedimenti devono essere trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni.

 


Disegno di legge A.C. 4636

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 4636

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DISEGNO DI LEGGE

 

APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA

il 21 gennaio 2004 (v. stampato Senato n. 1296)

PRESENTATO DAL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

(CASTELLI)

DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE

(TREMONTI)

Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina per l'accesso alle funzioni presso organi di giurisdizione superiore amministrativa, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico

Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica il 24 gennaio 2004

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DISEGNO DI LEGGE

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CAPO I

 

DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA DELL'ORDINAMENTO  GIUDIZIARIO

 

ART. 1.

(Contenuto della delega).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l'osservanza dei principi e dei criteri direttivi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, uno o più decreti legislativi diretti a:

 

a) modificare la disciplina per l'accesso in magistratura, nonché la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati, e individuare le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari;

 

b) istituire la Scuola superiore della magistratura, razionalizzare la normativa in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, nonché in tema di aggiornamento professionale e formazione dei magistrati;

 

c) disciplinare la composizione, le competenze e la durata in carica dei consigli giudiziari, nonché istituire il Consiglio direttivo della Corte di cassazione;

 

d) riorganizzare l'ufficio del pubblico ministero;

 

e) modificare l'organico della Corte di cassazione e la disciplina relativa ai magistrati applicati presso la medesima;

 

f) individuare le fattispecie tipiche di illecito disciplinare dei magistrati, le relative sanzioni e la procedura per la loro applicazione, nonché modificare la disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d'ufficio.

 

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto a prevedere, in via sperimentale e per un periodo di quattro anni, l'istituzione dell'ufficio del giudice, introducendo la figura dell'ausiliario dello stesso, con l'osservanza dei principi e dei criteri direttivi di cui all'articolo 9.

3. Le disposizioni contenute nei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 divengono efficaci dal centottantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

4. Il Governo è delegato ad adottare, entro i centoventi giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1, le norme necessarie al coordinamento delle disposizioni dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al medesimo comma con le altre leggi dello Stato e, con l'osservanza dei principi e dei criteri direttivi di cui all'articolo 10, la necessaria disciplina transitoria, prevedendo inoltre l'abrogazione delle disposizioni con essi incompatibili. Le disposizioni dei decreti previsti dal presente comma divengono efficaci a decorrere dalla data indicata nel comma 3.

5. Gli schemi dei decreti legislativi adottati nell'esercizio delle deleghe di cui ai commi 1 e 2 sono trasmessi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, perché sia espresso dalle competenti Commissioni permanenti un parere entro il termine di sessanta giorni dalla data della trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.

6. Le disposizioni previste dal comma 5 si applicano anche per l'esercizio della delega di cui al comma 4, ma in tal caso il termine per l'espressione del parere è ridotto alla metà.

7. Il Governo, con la procedura di cui al comma 5, entro due anni dalla data di acquisto di efficacia di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 ovvero dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 2, può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi di cui agli articoli 2, 3, 4,5,6,7,8 e9.

 

ART. 2.

 

(Concorsi per uditore giudiziario. Disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati. Competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari).

 

1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) prevedere per l'ingresso in magistratura:

 

1) che sia bandito un concorso per l'accesso a posti distinti nella magistratura giudicante e in quella requirente, precisando che il candidato, all'atto della domanda, dovrà scegliere a quale funzione intende accedere;

 

2) che il concorso sia articolato in distinte prove di esame, scritte ed orali, con materie in parte comuni e in parte diverse, in relazione alla specificità della funzione prescelta;

 

3) che le commissioni di concorso siano distinte, con unico presidente e un vice presidente per ciascuna di esse, disciplinandone la composizione e le modalità di nomina dei componenti e stabilendo, in particolare, a tale fine che esse siano nominate con un unico decreto del Ministro della giustizia previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, che siano composte ciascuna da magistrati, aventi almeno cinque anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, in un numero variabile fra un minimo di undici e un massimo di sedici, e da docenti universitari in materie giuridiche in un numero variabile fra un minimo di quattro e un massimo di sei, che la funzione di presidente e quelle di vicepresidente siano svolte da magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni direttive di legittimità indicate dalla lettera h), che il numero dei componenti di ciascuna commissione sia determinato tenendo conto del presumibile numero dei candidati e dell'esigenza di rispettare le scadenze indicate nel numero 2) della lettera c), e, infine, che il numero dei componenti docenti universitari sia tendenzialmente proporzionato a quello dei componenti magistrati;

 

4) che i componenti magistrati della commissione di concorso per i posti nella magistratura giudicante siano in prevalenza magistrati che esercitano funzioni giudicanti e che i componenti magistrati della commissione di concorso per i posti nella magistratura requirente siano in prevalenza magistrati che esercitano funzioni requirenti;

 

b) prevedere che siano ammessi ai concorsi per magistrati giudicanti e ai concorsi per magistrati requirenti coloro che:

 

1) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, stabilendo inoltre che il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali sia determinato, fermo quanto previsto nel comma 5 dell'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per uditore giudiziario;

 

2) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche;

 

3) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense;

 

4) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni;

 

5) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno superato il concorso per la professione di notaio;

 

6) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno quattro anni senza demerito;

 

7) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n.162;

 

c) prevedere che:

 

1) le commissioni di cui al numero 3) della lettera a) abbiano facoltà di circoscrivere le prove scritte a due delle materie indicate dall'articolo 123-ter, comma 1, dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, mediante sorteggio effettuato nelle ventiquattro ore antecedenti l'inizio della prima prova, quando il numero dei candidati sia superiore a millecinquecento; prevedere che in tale caso particolare attenzione sia dedicata in sede di prova orale alla materia che il sorteggio ha escluso;

 

2) le prove scritte avvengano tendenzialmente a data fissa, e cioè nei giorni immediatamente prossimi al 15 settembre di ogni anno; che la correzione degli elaborati scritti e le prove orali si svolgano inderogabilmente in un tempo non superiore a nove mesi; che l'intera procedura concorsuale sia espletata in modo da consentire l'inizio del tirocinio il 15 settembre dell'anno successivo;

 

3) il concorso possa essere sostenuto per non più di tre volte con esito sfavorevole;

 

d) prevedere che, dopo il compimento del periodo di uditorato, le funzioni dei magistrati si distinguano in funzioni di merito e di legittimità e siano le seguenti:

 

1) funzioni giudicanti di primo grado;

 

2) funzioni requirenti di primo grado;

 

3) funzioni giudicanti di secondo grado;

 

4) funzioni requirenti di secondo grado;

 

5) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado;

 

6) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado;

 

7) funzioni direttive di primo grado;

 

8) funzioni direttive di secondo grado;

 

9) funzioni giudicanti di legittimità;

 

10) funzioni requirenti di legittimità;

 

11) funzioni direttive di legittimità;

 

12) funzioni direttive superiori di legittimità;

 

e) prevedere:

 

1) che, fino al compimento dell'ottavo anno dall'ingresso in magistratura, possano essere svolte funzioni requirenti o giudicanti di primo grado; che, dopo gli otto anni, previo concorso per titoli ed esami, possano essere svolte funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado; che, dopo i quindici anni, previo concorso per titoli ed esami, possano essere svolte funzioni di legittimità;

 

2) che il Consiglio superiore della magistratura attribuisca le funzioni di secondo grado e di legittimità previo concorso per titoli ed esami e attribuisca tutte quelle direttive, nonché le semidirettive, previo concorso per titoli;

 

3) le modalità del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, nonché i criteri di valutazione, stabilendo, in particolare, che le prove d'esame consistano nella redazione, anche con l'impiego di prospettazioni e di materiali forniti dalla commissione, di uno o più provvedimenti relativi alle funzioni richieste e in una discussione orale sui temi attinenti alle stesse, fatto salvo quanto diversamente previsto dalla lettera l) per il conferimento delle funzioni direttive e semidirettive;

 

4) che i magistrati che in precedenza abbiano subito una sanzione disciplinare superiore all'ammonimento siano ammessi ai concorsi di cui ai numeri 1) e 2) dopo un maggiore numero di anni non inferiore a due e non superiore a quattro rispetto a quanto previsto dal numero 1) e dalle lettere g) ed h);

 

f) prevedere che:

 

1) decorsi almeno cinque anni nell'esercizio delle funzioni giudicanti, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli ed esami, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l'assegnazione di posti vacanti nella funzione requirente, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui all'articolo 3;

 

2) siano disciplinate le modalità e le prove, scritte ed orali, del concorso di cui al numero 1), stabilendo, in particolare, che le prove d'esame consistano nella redazione, anche con l'impiego di prospettazioni e materiali forniti dalla commissione, di uno o più provvedimenti relativi alle funzioni richieste e in una discussione orale sui temi attinenti alle stesse;

 

3) la commissione esaminatrice sia quella indicata alla lettera i), numero 6), e che tra le prove vi siano quelle inerenti la specifica funzione per cui si concorre;

 

4) decorsi almeno cinque anni nell'esercizio delle funzioni requirenti, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli ed esami, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l'assegnazione di posti vacanti nella funzione giudicante, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui all'articolo 3;

 

5) siano disciplinate le modalità e le prove, scritte ed orali, del concorso di cui al numero 4), stabilendo, in particolare, che le prove d'esame consistano nella redazione, anche con l'impiego di prospettazioni e materiali forniti dalla commissione, di uno o più provvedimenti relativi alle funzioni richieste e in una discussione orale sui temi attinenti alle stesse;

 

6) la commissione esaminatrice sia quella indicata dalla lettera i), numero 5), e che tra le prove vi siano quelle inerenti la specifica funzione per cui si concorre;

 

7) i corsi di cui ai numeri 1) e 4) debbano essere espletati esclusivamente in occasione del primo passaggio a funzioni diverse;

 

8) il mutamento delle funzioni nello stesso grado da giudicanti a requirenti, e viceversa, debba essere richiesto per posti disponibili in ufficio giudiziario avente sede in diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell'interessato;

 

g) prevedere che:

 

1) funzioni giudicanti di primo grado siano quelle di giudice di tribunale, di giudice del tribunale per i minorenni e di magistrato di sorveglianza;

 

2) funzioni requirenti di primo grado siano quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;

 

3) funzioni giudicanti di secondo grado siano quelle di consigliere di corte di appello;

 

4) funzioni requirenti di secondo grado siano quelle di sostituto procuratore generale presso la corte di appello nonché quelle di sostituto addetto alla Direzione nazionale antimafia;

 

5) funzioni giudicanti di legittimità siano quelle di consigliere della Corte di cassazione;

 

6) funzioni requirenti di legittimità siano quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione;

 

7) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di sezione di tribunale, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di tre anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

 

8) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di sezione di corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di otto anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

 

9) funzioni direttive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di tribunale, di presidente del tribunale di sorveglianza e di presidente del tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di cinque anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

 

10) funzioni direttive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato almeno uno dei concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità da non meno di cinque anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;

 

11) funzioni direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di tribunale e di presidente della sezione per le indagini preliminari dei tribunali di cui alla tabella L) allegata all'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, di presidente dei tribunali di sorveglianza di cui alla tabella A) allegata alla legge 26 luglio 1975, n.354, e successive modificazioni, nonché quelle di presidente della corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno dieci anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni giudicanti negli ultimi tre anni;

 

12) funzioni requirenti direttive di secondo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso i tribunali di cui alla tabella L) allegata all'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, nonché quelle di procuratore generale presso la corte di appello e di procuratore nazionale antimafia, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno dieci anni e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;

 

h) prevedere che:

 

1) le funzioni direttive giudicanti di legittimità siano quelle di presidente di sezione della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno quattro anni;

 

2) le funzioni direttive requirenti di legittimità siano quelle di avvocato generale della Procura generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno quattro anni;

 

3) le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità siano quelle di presidente aggiunto della Corte di cassazione e quella di presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno dieci anni;

 

4) le funzioni direttive superiori requirenti di legittimità siano quelle di Procuratore generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno dieci anni;

 

5) le funzioni direttive superiori apicali di legittimità siano quelle di primo Presidente della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno dieci anni;

 

i) prevedere che:

 

1) annualmente il 75 per cento dei posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura acquisito il parere motivato del consiglio giudiziario, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti;

 

2) per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni requirenti;

 

3) annualmente il 75 per cento dei posti vacanti nella funzione requirente di primo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura acquisito il parere motivato del consiglio giudiziario, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti;

 

4) per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione requirente di primo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni giudicanti;

 

5) ai fini di cui al numero 2), sia istituita una commissione di concorso per l'assegnazione alle funzioni giudicanti, costituita da tre magistrati giudicanti, che esercitino funzioni di secondo grado, e da due magistrati requirenti, che esercitino funzioni di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

 

6) ai fini di cui al numero 4), sia istituita una commissione di concorso per l'assegnazione alle funzioni requirenti, costituita da tre magistrati requirenti, che esercitino funzioni di secondo grado, e da due magistrati giudicanti, che esercitino funzioni di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

 

7) annualmente il 25 per cento dei posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura acquisito il parere motivato del consiglio giudiziario, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado;

 

8) per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, e che tali posti siano assegnati:

 

8.1) per il 25 per cento a magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni requirenti di secondo grado;

 

8.2) per il 75 per cento a magistrati con otto anni di anzianità, di cui gli ultimi tre nelle funzioni giudicanti, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l'apposito corso di formazione alle funzioni di appello presso la Scuola superiore della magistratura di cui all'articolo 3;       

 

9) annualmente il 25 per cento dei posti vacanti nella funzione requirente di secondo grado, a domanda, venga assegnato, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura acquisito il parere motivato del consiglio giudiziario, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado;

 

10) per la copertura dei restanti posti vacanti nella funzione requirente di secondo grado venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, e che tali posti siano assegnati:

 

10.1) per il 25 per cento a magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni giudicanti di secondo grado;

 

10.2) per il 75 per cento a magistrati con otto anni di anzianità, di cui gli ultimi tre nelle funzioni requirenti, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l'apposito corso di formazione alle funzioni di appello presso la Scuola superiore della magistratura di cui all'articolo 3;

 

11) ai fini di cui al numero 8), sia istituita una commissione, composta da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

 

12) ai fini di cui al numero 10), sia istituita una commissione, composta da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

 

13) annualmente per la copertura del 75 per cento dei posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità venga bandito un concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, cui abbiano accesso magistrati che esercitino da almeno sette anni le funzioni di secondo grado oppure con una anzianità di almeno quindici anni, e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l'apposito corso di formazione alle funzioni di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui all'articolo 3;

 

14) annualmente i restanti posti vacanti nelle funzioni giudicanti e requirenti di legittimità, a domanda, vengano assegnati, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura su parere motivato del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, a magistrati che esercitino da almeno cinque anni, diverse funzioni di legittimità. È fatto salvo quanto previsto dalla legge 5 agosto 1998, n. 303;

 

15) sia istituita una commissione di concorso alle funzioni di legittimità composta da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

 

16) i posti di cui ai numeri precedenti, messi a concorso e non coperti, vengano riassegnati nella rispettiva quota dei posti da attribuire previa valutazione da parte del Consiglio superiore della magistratura; i posti da attribuire previa valutazione da parte del Consiglio superiore della magistratura di cui ai numeri precedenti, e non coperti, vengano riassegnati nella rispettiva quota destinata a concorso;

 

17) nella individuazione e valutazione dei titoli ai fini dei concorsi previsti dalla presente lettera si tenga conto prevalentemente dell'attività prestata dal magistrato nell'ambito delle sue funzioni, anche mediante esame a campione dei provvedimenti dallo stesso adottati, nonché delle risultanze statistiche relative all'entità del lavoro svolto e, in particolare, l'esame dei titoli sia incentrato, oltre che sulle eventuali pubblicazioni di carattere scientifico, su tutti i provvedimenti giudiziari depositati in cancelleria dal magistrato concorrente nel corso dei quattro trimestri dei precedenti cinque anni indicati dalla commissione a seguito di sorteggio;

 

l) prevedere che:

 

1) i concorsi per gli incarichi direttivi consistano nella valutazione, da parte della commissione di cui al numero 6), dei titoli, consistenti in lavori giudiziari e scientifici, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; la commissione comunichi gli esiti del concorso al Consiglio superiore della magistratura che, acquisiti ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini della verifica dell'attitudine allo svolgimento delle funzioni direttive con specifico riferimento alla pregressa esperienza del magistrato ed anche mediante il parere motivato dei consigli giudiziari, forma la graduatoria e propone le nomine al Ministro della giustizia per il concerto; sia effettuato il coordinamento della presente disposizione con quanto previsto dall'articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni;

 

2) i concorsi per gli incarichi semidirettivi consistano nella valutazione, da parte della commissione di cui al numero 6), dei titoli, consistenti in lavori giudiziari e scientifici, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; la commissione comunichi l'esito delle valutazioni dei candidati al Consiglio superiore della magistratura che, acquisiti ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini della verifica dell'attitudine allo svolgimento delle funzioni semidirettive con specifico riferimento alla pregressa esperienza del magistrato ed anche mediante il parere motivato dei consigli giudiziari, sceglie tra quelli valutati positivamente;

 

3) gli incarichi direttivi, ad esclusione di quelli indicati nella lettera h), abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di quattro anni, rinnovabili a domanda, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, per un periodo ulteriore di due anni;

 

4) il magistrato, allo scadere del termine di cui al numero 3), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi di uguale grado in sedi poste fuori dal circondario di provenienza e per incarichi direttivi di grado superiore per sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell'interessato;

 

5) alla scadenza del termine di cui al numero 3), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alla sede ed alle funzioni non direttive da ultimo esercitate, eventualmente in soprannumero, con riassorbimento del posto alle successive vacanze;

 

6) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive e alle funzioni semidirettive, composta da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti direttive di legittimità, da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti direttive di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti direttive di secondo grado e da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti direttive di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;

 

7) ai fini di cui ai numeri 1) e 2) i titoli vengano individuati con riferimento alla loro specifica rilevanza ai fini della verifica delle attitudini allo svolgimento di funzioni direttive o semidirettive;

 

m) prevedere, che le disposizioni dei numeri 1), 3), 5) e 6) della lettera l) si applichino anche per il conferimento dell'incarico di Procuratore nazionale antimafia e che, alla scadenza del termine di cui al citato numero 3), il magistrato che abbia esercitato le funzioni di procuratore nazionale antimafia possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi, in qualsiasi distretto, escluso quello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale in caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell'interessato;

 

n) prevedere che, ai fini dell'applicazione delle disposizioni della presente legge, il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura sia equiparato all'esercizio delle ultime funzioni giurisdizionali svolte e il ricollocamento in ruolo avvenga nella medesima sede e nelle medesime funzioni, anche in soprannumero ovvero, nel caso di cessato esercizio di una funzione elettiva extragiudiziaria, in una sede diversa vacante. In ogni caso i magistrati collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura ovvero per mandato parlamentare non possono partecipare ai concorsi previsti dalla presente legge. Resta fermo quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 30 del decreto del Presidentedella Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;

 

o) prevedere che:

 

1) le commissioni di cui alle lettere i) e l) siano nominate per tre anni e siano automaticamente prorogate sino all'esaurimento delle procedure concorsuali in via di espletamento;

 

2) i componenti delle predette commissioni non siano immediatamente confermabili;

 

p) prevedere che:

 

1) la progressione economica dei magistrati si articoli automaticamente secondo le seguenti classi di anzianità, salvo quanto previsto dai numeri 2) e 3) e fermo restando il migliore trattamento economico eventualmente conseguito:

 

I. prima classe: dalla data del decreto di nomina a sei mesi;

 

II. seconda classe: da sei mesi a due anni;

 

III. terza classe: da due a cinque anni;

 

IV. quarta classe: da cinque a tredici anni;

 

V. quinta classe: da tredici a venti anni;

 

VI. sesta classe: da venti a ventotto anni;

 

VII. settima classe: da ventotto anni in poi;

 

2) i magistrati che conseguono le funzioni di secondo grado a seguito del concorso di cui alla lettera i), numeri 8.2) e 10.2), conseguano la quinta classe di anzianità;

 

3) i magistrati che conseguono le funzioni di legittimità a seguito del concorso di cui alla lettera i), numero 13), conseguano la sesta classe di anzianità;

 

q) prevedere che il magistrato possa rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo il medesimo incarico per un periodo massimo di dieci anni, con facoltà di proroga del predetto termine per non oltre due anni, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell'ufficio e comunque con possibilità di condurre a conclusione eventuali processi di particolare complessità nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine;

 

 

r) prevedere che:

 

1) siano attribuite al magistrato capo dell'ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell'ufficio nel suo complesso, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l'organizzazione dell'attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico;

 

2) siano indicati i criteri per l'assegnazione al dirigente dell'ufficio di cancelleria o di segreteria delle risorse finanziarie e strumentali necessarie per l'espletamento del suo mandato, riconoscendogli la competenza ad adottare atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, anche nel caso in cui comportino oneri di spesa, definendone i limiti;

 

3) sia assegnata al dirigente dell'ufficio di cancelleria o di segreteria la gestione delle risorse di personale amministrativo e gli sia attribuito l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 55, comma 4, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

 

4) entro trenta giorni dall'emanazione della direttiva del Ministro della giustizia di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e comunque non oltre il 15 febbraio di ciascun anno, il magistrato capo dell'ufficio giudiziario ed il dirigente dell'ufficio di cancelleria o segreteria predispongano, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il programma delle attività da svolgersi nel corso dell'anno; il magistrato capo dell'ufficio giudiziario ed il dirigente dell'ufficio di cancelleria o segreteria possano apportare eventuali modifiche al programma nel corso dell'anno; nell'ipotesi di mancata predisposizione o esecuzione del programma, oppure di mancata adozione di modifiche divenute indispensabili per la funzionalità dell'ufficio giudiziario, siano attribuiti al Ministro della giustizia, specificandone condizioni e modalità di esercizio, poteri di intervento in conformità a quanto previsto dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché poteri decisionali circa le rispettive competenze.

 

ART. 3.

 

(Scuola superiore della magistratura. Tiro

cinio e formazione degli uditori giudiziari

ed aggiornamento professionale e forma

zione dei magistrati).

 

1. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) prevedere l'istituzione come ente autonomo della Scuola superiore della magistratura quale struttura didattica stabilmente preposta:

 

1) all'organizzazione e alla gestione del tirocinio e della formazione degli uditori giudiziari, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;

 

2) all'organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;

 

3) alla promozione di iniziative e scambi culturali, incontri di studio e ricerca;

 

4) all'offerta di formazione di magistrati stranieri, o aspiranti tali, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria;

 

b) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia fornita di autonomia contabile, giuridica, organizzativa e funzionale ed utilizzi personale dell'organico del Ministero della giustizia, ovvero comandato da altre amministrazioni, con risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero;

 

c) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia articolata in due sezioni, l'una destinata al tirocinio degli uditori giudiziari, l'altra all'aggiornamento professionale e alla formazione dei magistrati;

 

d) prevedere che il tirocinio abbia la durata di diciotto mesi e che sia articolato in sessioni tendenzialmente di uguale durata presso la Scuola superiore della magistratura e presso gli uffici giudiziari;

 

e) prevedere modalità differenti di svolgimento del tirocinio che tengano conto della diversità delle funzioni, giudicanti e requirenti, che gli uditori saranno chiamati a svolgere;

 

f) prevedere che nelle sessioni presso gli uffici giudiziari gli uditori possano effettuare adeguati periodi di formazione presso studi di avvocato, settori qualificati della pubblica amministrazione, istituti penitenziari, istituti bancari ed altre sedi formative, secondo quanto previsto dal regolamento per il tirocinio degli uditori giudiziari di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 luglio 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 24 luglio 1998;

 

g) prevedere che nelle sessioni presso la Scuola superiore della magistratura gli uditori giudiziari ricevano insegnamento da docenti di elevata competenza e autorevolezza, scelti secondo principi di ampio pluralismo culturale, e siano seguiti assiduamente da tutori scelti tra i docenti della scuola;

 

h) prevedere che per ogni sessione sia compilata una scheda valutativa dell'uditore giudiziario;

 

i) prevedere che, in esito al tirocinio, sia formulata da parte della Scuola, tenendo conto di tutti i giudizi espressi sull'uditore nel corso dello stesso, una valutazione di idoneità all'assunzione delle funzioni giudiziarie sulla cui base il Consiglio superiore della magistratura delibera in via finale;

 

l) prevedere che, in caso di valutazione finale negativa, l'uditore possa essere ammesso ad un ulteriore periodo di tirocinio, di durata non superiore a un anno, e che da un'ulteriore valutazione negativa derivi la cessazione del rapporto di impiego;

 

m) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia diretta da un comitato che dura in carica quattro anni, composto dal primo presidente della Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, dal procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, da due magistrati ordinari nominati dal Consiglio superiore della magistratura, da un avvocato con almeno quindici anni di esercizio della professione nominato dal Consiglio nazionale forense, da un componente professore universitario ordinario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale e da un membro nominato dal Ministro della giustizia; prevedere che, nell'ambito del comitato, i componenti eleggano il presidente; prevedere che i componenti del comitato, diversi dal primo presidente della Corte di cassazione, dal procuratore generale presso la stessa e dai loro eventuali delegati, non siano immediatamente rinnovabili e non possano far parte delle commissioni di concorso per uditore giudiziario;

 

n) prevedere un comitato di gestione per ciascuna sezione, chiamato a dare attuazione alla programmazione annuale per il proprio ambito di competenza, a definire il contenuto analitico di ciascuna sessione e ad individuare i docenti, a fissare i criteri di ammissione alle sessioni di formazione, ad offrire ogni utile sussidio didattico e a sperimentare formule didattiche, a seguire lo svolgimento delle sessioni ed a presentare relazioni consuntive all'esito di ciascuna, a curare il tirocinio nelle fasi effettuate presso la Scuola selezionando i tutori nonché i docenti stabili e quelli occasionali; prevedere che, in ciascuna sezione, il comitato di gestione sia formato da un congruo numero di componenti, nominati dal comitato direttivo di cui alla lettera m);

 

o) prevedere che, nella programmazione dell'attività didattica, il comitato direttivo di cui alla lettera m) possa avvalersi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura, del Ministro della giustizia, del Consiglio nazionale forense, dei consigli giudiziari, del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché delle proposte dei componenti del Consiglio universitario nazionale esperti in materie giuridiche;

 

p) prevedere il diritto del magistrato a partecipare, a sua richiesta e se non vi ostano comprovate e motivate esigenze organizzative e funzionali degli uffici giudiziari di appartenenza, ai corsi di aggiornamento professionale e a quelli di formazione con conseguente riconoscimento di un corrispondente periodo di congedo retribuito; in ogni caso assicurare il diritto del magistrato a partecipare ai corsi di formazione funzionali al passaggio a funzioni superiori con facoltà del capo dell'ufficio di rinviare soltanto la partecipazione al corso per un periodo non superiore a sei mesi;

 

q) stabilire che, al termine del corso di aggiornamento professionale, sia formulata una valutazione che contenga elementi di verifica attitudinale, modulata secondo la tipologia del corso, da inserire nel fascicolo personale del magistrato, al fine di costituire elemento per le valutazioni operate dal Consiglio superiore della magistratura;

 

r) prevedere che il magistrato, il quale abbia partecipato ai corsi di aggiornamento professionale organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, possa nuovamente parteciparvi trascorso almeno un anno;

 

s) prevedere che la valutazione di cui alla lettera q) abbia validità per un periodo non superiore a sei anni;

 

t) prevedere che vengano istituite sino a tre sedi della Scuola superiore della magistratura a competenza interregionale;

 

u) prevedere che i magistrati, i quali non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità, siano sottoposti da parte del Consiglio superiore della magistratura a valutazioni periodiche di professionalità, desunte dall'attività giudiziaria e scientifica, dalla produttività, dalla laboriosità, dalla capacità tecnica, dall'equilibrio, dalla disponibilità alle esigenze del servizio, dal tratto con tutti i soggetti processuali, dalla deontologia, nonché dalle valutazioni di cui alla lettera q); prevedere che le valutazioni di cui alla presente lettera debbano avvenire al compimento del tredicesimo, ventesimo e ventottesimo anno dall'ingresso in magistratura; prevedere che, in caso di esito negativo, la valutazione debba essere ripetuta per non più di due volte, con l'intervallo di un biennio tra una valutazione e l'altra; prevedere che, in caso di esito negativo di tre valutazioni consecutive, si applichi l'articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, come modificato ai sensi dell'articolo 7, comma 1, lettera o), della presente legge;

 

v) prevedere che, per i magistrati che hanno sostenuto i concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità e non abbiano ottenuto i relativi posti, la commissione di concorso comunichi al Consiglio superiore della magistratura l'elenco di coloro i quali, per inidoneità, non devono essere esentati dalle valutazioni periodiche di professionalità.

 

 

ART. 4.

 

(Riforma dei consigli giudiziari ed istitu

zione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione).

 

1. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

a) prevedere l'istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, composto, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera c), per due terzi da magistrati con effettive funzioni di legittimità in servizio presso la medesima Corte e la relativa Procura generale, e per un terzo da componenti nominati tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e tra gli avvocati dopo venti anni di esercizio della professione che siano iscritti da almeno cinque anni nell'albo speciale per le giurisdizioni superiori di cui all'articolo 33 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36;

 

b) prevedere che i componenti  non togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano designati, rispettivamente, dal Consiglio universitario nazionale e dal Consiglio nazionale forense;

 

c) prevedere che membri di diritto del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano il primo Presidente ed il Procuratore generale della medesima Corte;

 

d) prevedere che il Consiglio direttivo della Corte di cassazione sia presieduto dal primo Presidente ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;

 

e) prevedere che al Consiglio direttivo della Corte di cassazione si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni dettate alle lettere o), p), s), u) e z) per i consigli giudiziari presso le corti d'appello;

 

f) prevedere che i consigli giudiziari presso le corti d'appello nei distretti nei quali prestino servizio fino a trecentocinquanta magistrati ordinari sano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera m), da tre magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, di cui uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno tra gli avvocati che abbiano almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al consiglio medesimo, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;

 

g) prevedere che nei distretti nei quali prestano servizio oltre trecentocinquanta magistrati ordinari, i consigli giudiziari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera m), da cinque magistrati in servizio presso uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, del quali uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno nominato tra gli avvocati con almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due nominati dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al medesimo consiglio, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;

 

h) prevedere che i componenti supplenti del consiglio giudiziario siano cinque, due dei quali magistrati che esercitano, rispettivamente, funzioni requirenti e giudicanti nel distretto e tre componenti non togati nominati con lo stesso criterio di cui alle lettere f) e g), riservandosi un posto per ciascuna delle tre categorie non togate indicate nelle medesime lettere f) e g);

 

i) prevedere che i componenti avvocati e professori universitari siano nominati, rispettivamente, dal Consiglio nazionale forense ovvero dal Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei consigli dell'ordine degli avvocati del distretto e dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione;

 

l) prevedere che i componenti nominati dal consiglio regionale non possano svolgere, o aver svolto nei cinque anni precedenti, la professione di avvocato nell'ambito del distretto;

 

m) prevedere che membri di diritto del consiglio giudiziario siano il presidente ed il procuratore generale della corte d'appello;

 

n) prevedere che il consiglio giudiziario sia presieduto dal presidente della corte d'appello ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;

 

o) prevedere che il consiglio giudiziario duri in carica quattro anni e che i componenti non possano essere immediatamente confermati;

 

p) prevedere che l'elezione dei componenti togati del consiglio giudiziario avvenga in un collegio unico distrettuale con il medesimo sistema vigente per l'elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura, in quanto compatibile, così da attribuire due seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti ed un seggio ad un magistrato che esercita funzioni requirenti nei distretti che comprendono fino a trecentocinquanta magistrati e tre seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e due a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono oltre trecentocinquanta magistrati;

 

q) prevedere che dei componenti togati del consiglio giudiziario che esercitano funzioni giudicanti uno abbia maturato un'anzianità di carriera non inferiore a venti anni;

 

r) prevedere che la nomina dei componenti supplenti del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari presso le corti d'appello avvenga secondo i medesimi criteri indicati per la nomina dei titolari;

 

s) prevedere che al consiglio giudiziario vengano attribuite le seguenti competenze:

 

1) approvazione delle tabelle su proposta dei titolari degli uffici, nel rispetto dei criteri generali indicati dalla legge;

 

2) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, sull'attività dei magistrati sotto il profilo della preparazione, della capacità tecnicoprofessionale, della laboriosità, della diligenza, dell'equilibrio nell'esercizio delle funzioni, e comunque nelle ipotesi previste dall'articolo 2 e nei periodi intermedi di permanenza nella qualifica;

 

3) vigilanza sul comportamento dei magistrati con obbligo di segnalare i fatti disciplinarmente rilevanti ai titolari dell'azione disciplinare;

 

4) vigilanza sull'andamento degli uffici giudiziari nel distretto, con segnalazione delle eventuali disfunzioni rilevate al Ministro della giustizia;

 

5) formulazione di pareri e proposte sull'organizzazione ed il funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto;

 

6) adozione di provvedimenti relativi allo stato dei magistrati, con particolare riferimento a quelli relativi ad aspettative e congedi, dipendenza di infermità da cause di servizio, equo indennizzo, pensioni privilegiate, concessione di sussidi;

 

7) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, in ordine all'adozione da parte del medesimo Consiglio di provvedimenti inerenti collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze dall'impiego, concessioni di titoli onorifici, riammissioni in magistratura;

 

t) coordinare con quanto previsto dalla presente legge le disposizioni vigenti che prevedono ulteriori competenze dei consigli giudiziari;

 

u) prevedere la reclamabilità innanzi al Consiglio superiore della magistratura delle delibere adottate dal consiglio giudiziario nelle materie di cui alla lettera s), numero 1);

v) prevedere che i componenti designati dal consiglio regionale prendano parte esclusivamente alle riunioni, alle discussioni ed alle deliberazioni inerenti le materie di cui alla lettera s), numeri 4) e 5);

 

z) prevedere che gli avvocati, i professori ed il rappresentante dei giudici di pace che compongono il consiglio giudiziario possano prendere parte solo alle discussioni e deliberazioni concernenti le materie di cui alla lettera s), numeri 1), 4) e 5). Il rappresentante dei giudici di pace, inoltre, partecipa alle discussioni e deliberazioni di cui agli articoli 7, comma 2-bis, e 9, comma 4, della legge 21 novembre 1991, n.374.

 

ART. 5.

 

(Riorganizzazione dell'ufficio

del pubblico ministero).

 

1. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera d), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) prevedere che il procuratore della Repubblica sia il titolare esclusivo dell'azione penale e che la eserciti sotto la sua responsabilità nei modi e nei termini stabiliti dalla legge, assicurando il corretto ed uniforme esercizio della stessa e delle norme sul giusto processo;

 

b) prevedere che il procuratore della Repubblica possa delegare un magistrato del proprio ufficio alla funzione del vicario, nonché uno o più magistrati del proprio ufficio perché lo coaudiuvino nella gestione per il compimento di singoli atti, per la trattazione di uno o più procedimenti o nella gestione dell'attività di un settore di affari;

 

c) prevedere che il procuratore della Repubblica possa determinare i criteri cui i magistrati delegati ai sensi della lettera b) devono attenersi nell'adempimento della delega, con facoltà di revoca in caso di divergenza o di inosservanza dei criteri;

d) prevedere che gli atti di ufficio, che incidano o richiedano di incidere su diritti reali o sulla libertà personale, siano assunti previo assenso del procuratore della Repubblica ovvero di magistrato eventualmente delegato ai sensi della lettera b); prevedere tuttavia che le disposizioni della presente lettera non si applichino nelle ipotesi in cui la misura cautelare personale o reale è richiesta in sede di convalida del fermo o dell'arresto;

 

e) prevedere che il procuratore della Repubblica tenga personalmente, o tramite magistrato appositamente delegato, i rapporti con gli organi di informazione e che tutte le informazioni sulle attività dell'ufficio vengano attribuite impersonalmente allo stesso;

 

f) prevedere che il procuratore generale presso la corte di appello, al fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell'azione penale, nonché il rispetto dell'adempimento degli obblighi di cui alla lettera a), acquisisca dalle procure del distretto dati e notizie, relazionando annualmente, oltre che quando lo ritenga necessario, al procuratore generale presso la Corte di cassazione;

 

g) prevedere l'attribuzione al procuratore generale presso la corte di appello di poteri sostitutivi e di avocazione:

1) nei casi di accertata violazione dei termini di durata delle indagini preliminari, fermo altresi quanto previsto dagli articoli 412, comma 2, 413 e 421-bis del codice di procedura penale;

 

2) nei casi di accertata e grave violazione di norme processuali, anche non tutelate da sanzioni processuali;

 

3) nel caso di accertata e grave violazione delle disposizioni, delle procedure e dei provvedimenti in materia di coordinamento nell'ipotesi di indagini collegate o particolarmente complesse e che investano più circondari;

 

h) prevedere, relativamente ai procedimenti riguardanti i reati indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, che sia fatto salvo quanto previsto dall'articolo 70-bis dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni;

 

i) prevedere che, nei casi di avocazione, continuino ad applicarsi le disposizioni di cui ai commi 6 e 6-bis dell'articolo 70 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni.

 

ART. 6.

 

(Modifiche all'organico della Corte di cas

sazione e alla disciplina relativa ai magi

strati applicati presso la stessa).

 

1. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera e), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d'appello previsti in organico presso la Corte di cassazione nonché di tutti i posti di magistrato d'appello destinato alla Procura generale presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di cassazione, presso i rispettivi uffici;

 

b) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d'appello previsti in organico presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di tribunale;

 

c) prevedere che della pianta organica della Corte di cassazione facciano parte trentasette magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale con non meno di cinque anni di esercizio delle funzioni di merito destinati a prestare servizio presso l'ufficio del massimario e del ruolo;

 

d) prevedere che i magistrati di cui alla lettera c), dopo almeno otto anni di servizio presso l'ufficio del massimario e del ruolo, possano essere nominati a posti vacanti nelle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità, in deroga a quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera i), numero 13), in seguito a valutazione favorevole del Consiglio superiore della magistratura espressa previa acquisizione del parere motivato del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, e sempre che tali magistrati abbiano un'anzianità non inferiore a quindici anni;

 

e) prevedere l'abrogazione dell'articolo 116 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, e prevedere che all'articolo 117 e alla relativa rubrica del citato ordinamento giudiziario di cui al regio decreto n.12 del 1941 siano soppresse le parole: « di appello e ».

 

ART. 7.

 

(Norme in materia disciplinare nonché in tema di situazioni di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d'ufficio).

 

1. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) provvedere alla tipizzazione delle ipotesi di illecito disciplinare dei magistrati, sia inerenti l'esercizio della funzione sia estranee alla stessa, garantendo comunque la necessaria completezza della disciplina con adeguate norme di chiusura, nonché all'individuazione delle relative sanzioni;

 

b) prevedere:

 

1) che il magistrato debba esercitare le funzioni attribuitegli con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo e equilibrio;

 

2) che in ogni atto di esercizio delle funzioni il magistrato debba rispettare la dignità della persona;

 

3) che anche fuori dall'esercizio delle sue funzioni il magistrato non debba tenere comportamenti, ancorché legittimi, che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio, dell'istituzione;

 

4) che la violazione dei predetti doveri costituisca illecito disciplinare perseguibile nelle ipotesi previste dalle lettere c), d) ed e);

 

c) salvo quanto stabilito dal numero 10), prevedere che costituiscano illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni:

 

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano illegittimo danno o vantaggio ad una delle parti; l'omissione della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p); la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge; ogni altra violazione del dovere di imparzialità;

 

2) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con l'ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori; l'ingiustificata interferenza nell'attività giudiziaria di altro magistrato, attuata mediante l'esercizio delle funzioni; ogni altra rilevante violazione del dovere di correttezza;

 

3) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile; il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile; il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia; l'emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge; l'adozione di provvedimenti non consentiti dalla legge che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali; la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi competenti; l'indebito affidamento ad altri del proprio lavoro; l'inosservanza dell'obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l'ufficio, se manca l'autorizzazione prevista dalle norme vigenti e ne sia derivato concreto pregiudizio all'adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità; ogni altra rilevante violazione del dovere di diligenza;

 

4) il reiterato, grave o ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni; il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato al lavoro giudiziario, compresa l'assegnazione a se medesimo e la redazione dei provvedimenti, da parte del dirigente l'ufficio o del presidente di una sezione o del presidente di un collegio; l'inosservanza dell'obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione dell'organo competente; ogni altra rilevante violazione del dovere di laboriosità;

 

5) i comportamenti che determinano la divulgazione di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonché la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere diritti altrui;

 

6) il tenere rapporti con gli organi di informazione al di fuori delle modalità previste dall'articolo 5, comma 1, lettera e);

 

7) l'adozione intenzionale di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione, tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo;

 

8) l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti che possono costituire illeciti disciplinari com           piuti da magistrati dell'ufficio, della sezione o del collegio; l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p), ovvero delle situazioni che possono dar luogo all'adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificati ai sensi delle lettere n) e o);

 

9) l'adozione di atti e provvedimenti il cui contenuto palesemente e inequivocabilmente sia contro la lettera e la volontà della legge o costituisca esercizio di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi o amministrativi ovvero riservata ad altri organi costituzionali;

 

10) fermo quanto previsto dai numeri 3), 7) e 9), non può dar luogo a responsabilità disciplinare l'attività di interpretazione di norme di diritto in conformità all'articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale né quella di valutazione del fatto e delle prove;

 

d) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari al di fuori dell'esercizio delle funzioni:

 

1) l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sé o per altri;

 

2) il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione comunque trattato dal magistrato, o persona che a questi consta essere stata dichiarata delinquente abituale professionale o per tendenza o aver subito condanna per delitti non colposi alla pena della reclusione superiore a tre anni o una misura di prevenzione, salvo che sia intervenuta la riabilitazione, ovvero l'intrattenere rapporti di affari con una di tali persone;

 

3) l'assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione dell'organo competente;

 

4) lo svolgimento di attività incompatibili con la funzione giudiziaria o tali da recare concreto pregiudizio all'assolvimento dei doveri indicati nella lettera b), numeri 1), 2) e 3);

 

5) la pubblica manifestazione di consenso o dissenso in ordine ad un procedimento in corso quando, per la posizione del magistrato o per le modalità con cui il giudizio è espresso, sia idonea a condizionare la libertà di decisione nell'esercizio delle funzioni giudiziarie;

 

6) la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli sono oggettivamente incompatibili con l'esercizio delle funzioni giudiziarie;

 

7) l'iscrizione, l'adesione o la partecipazione, sotto qualsiasi forma, a partiti o movimenti politici;

 

8) ogni altro comportamento tale da compromettere l'indipendenza, la terzietà e l'imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell'apparenza;

 

9) l'uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, è idoneo a turbare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste;

 

e) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari conseguenti al reato:

 

1) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto doloso o preterintenzionale, quando la legge stabilisce la pena detentiva sola o congiunta alla pena pecuniaria;

 

2) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto colposo, alla pena della reclusione, sempre che presentino, per modalità e conseguenze, carattere di particolare gravità;

 

3) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, alla pena dell'arresto, sempre che presentino, per le modalità di esecuzione, carattere di particolare gravità;

 

4) altri fatti costituenti reato idonei a compromettere la credibilità del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l'azione penale non può essere iniziata o proseguita;

 

f) prevedere come sanzioni disciplinari:

 

1) l'ammonimento;

 

2) la censura;

 

3) la perdita dell'anzianità;

 

4) l'incapacità temporanea ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo;

 

5) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;

 

6) la rimozione;

 

g) stabilire che:

 

1) l'ammonimento consista nel richiamo, espresso nel dispositivo della decisione, all'osservanza da parte del magistrato dei suoi doveri, in rapporto all'illecito commesso;

 

2) la censura consista in un biasimo formale espresso nel dispositivo della decisione;

 

3) la sanzione della perdita dell'anzianità sia inflitta per un periodo compreso tra due mesi e due anni;

 

4) la sanzione della temporanea incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo sia inflitta per un periodo compreso tra sei mesi e due anni. Se il magistrato svolge funzioni direttive o semidirettive, debbono essergli conferite di ufficio altre funzioni non direttive o semidirettive, corrispondenti alla sua qualifica. Scontata la sanzione, il magistrato non può riprendere l'esercizio delle funzioni direttive o semidirettive presso l'ufficio dove le svolgeva anteriormente alla condanna;

 

 

5) la sospensione dalle funzioni comporti altresì la sospensione dallo stipendio ed il collocamento del magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura. Al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare pari ai due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo, se il magistrato sta percependo il trattamento economico riservato alla prima o seconda o terza classe stipendiale; alla metà, se alla quarta o quinta classe; ad un terzo, se alla sesta o settima classe;

 

6) la rimozione determini la cessazione del rapporto di servizio;

 

7) quando, per il concorso di più illeciti disciplinari, si dovrebbero irrogare più sanzioni meno gravi, si applichi altra sanzione di maggiore gravità, sola o congiunta con quella meno grave se compatibile;

 

8) la sanzione di cui al numero 6) sia eseguita mediante decreto del Presidente della Repubblica;

 

h) prevedere che siano puniti con la sanzione non inferiore alla censura:

 

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano illegittimo danno o vantaggio ad una delle parti;

 

2) la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

 

3) l'omissione, da parte dell'interessato, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificati ai sensi della lettera p);

 

4) ogni altra violazione del dovere di imparzialità;

 

 5) i comportamenti previsti dal numero 2), primo periodo, della lettera c);

 

6) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;

 

7) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni;

 

8) la scarsa laboriosità, se abituale;

 

9) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;

 

10) l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale o grave;

 

11) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera d);

 

i) prevedere che siano puniti con una sanzione non inferiore alla perdita dell'anzianità:

 

1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano illegittimo danno o vantaggio ad una delle parti, se gravi;

 

2) l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave;

 

l) stabilire che:

 

1) sia punita con la sanzione della incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo l'interferenza nell'attività di altro magistrato da parte del dirigente dell'ufficio o del presidente della sezione, se ripetuta o grave;

 

2) sia punita con una sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni l'accettazione di incarichi ed uffici vietati dalla legge o non autorizzati;

 

3) sia rimosso il magistrato che incorre nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale o che incorre in una condanna a pena detentiva per delitto non colposo non inferiore ad un anno la cui esecuzione non sia stata sospesa ai sensi degli articoli 163 e 164 del codice penale o per la quale sia intervenuto provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell'articolo 168 dello stesso codice;

 

m) stabilire che, nell'infliggere una sanzione diversa dall'ammonimento e dalla rimozione, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura possa disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell'amministrazione della giustizia. Il trasferimento è sempre disposto quando ricorre una delle violazioni previste dal numero 1) della lettera c), ad eccezione dell'inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge e dell'inosservanza dell'obbligo della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, dal numero 1) della lettera d), ovvero se è inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni;

 

n) integrare il secondo comma dell'articolo 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, stabilendo che il trasferimento ad altra sede, o la destinazione ad altre funzioni, ivi previsti, avvengano secondo le norme procedurali che regolano il procedimento disciplinare di cui agli articoli 28 e seguenti dello stesso regio decreto legislativo, in quanto compatibili; prevedere altresì che, in caso di particolare urgenza, il trasferimento possa essere disposto anche in via cautelare e provvisoria; prevedere infine che la causa, anche incolpevole, legittimante l'intervento sia tale da impedire al magistrato di svolgere le sue funzioni, nella sede occupata, con piena indipendenza e imparzialità;

 

o) prevedere la modifica dell'articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, consentendo anche di far transitare nella pubblica amministrazione, con funzioni amministrative, i magistrati dispensati dal servizio;

 

p) ridisciplinare le ipotesi di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, in maniera più puntuale e rigorosa prevedendo, salvo eccezioni specificatamente disciplinate con riferimento all'entità dell'organico nonché alla diversità di incarico, l'incompatibilità per il magistrato a svolgere l'attività presso il medesimo ufficio in cui parenti sino al secondo grado, affini in primo grado, il coniuge o il convivente esercitano la professione di magistrato o di avvocato.

 

ART. 8.

 

(Norme in materia di procedura per l'ap

plicazione delle sanzioni disciplinari).

 

1. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene, per quel che riguarda la procedura per l'applicazione delle sanzioni disciplinari, ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) prevedere che le funzioni di pubblico ministero nel procedimento disciplinare siano esercitate dal procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto, e che all'attività di indagine relativa al procedimento disciplinare proceda il pubblico ministero;

 

b) stabilire che:

 

1) l'azione disciplinare sia promossa entro un anno dalla notizia del fatto, acquisita a seguito di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata;

 

2) entro un anno dall'inizio del procedimento debba essere richiesta l'emissione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare; entro un anno dalla richiesta debba pronunciarsi la sezione disciplinare. Se la sentenza è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia nel giudizio di rinvio è di sei mesi e decorre dalla data in cui vengono restituiti dalla Corte di cassazione gli atti del procedimento. Se i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre che l'incolpato vi consenta;

3) il corso dei termini sia sospeso:

 

3 .1) se per il medesimo fatto è iniziato il procedimento penale, riprendendo a decorrere dalla data in cui non è più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna;

 

3.2) se durante il procedimento disciplinare viene sollevata questione di legittimità costituzionale, riprendendo a decorrere dal giorno in cui è pubblicata la decisione della Corte costituzionale;

 

3.3) se l'incolpato è sottoposto a perizia o ad accertamenti specialistici, e per tutto il tempo necessario;

 

3.4) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell'incolpato o del suo difensore o per impedimento dell'incolpato o del suo difensore;

 

c) prevedere che:

 

1) il Ministro della giustizia abbia facoltà di promuovere l'azione disciplinare mediante richiesta di indagini al procuratore generale presso la Corte di cassazione. Dell'iniziativa il Ministro dà comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede;

 

2) l'azione disciplinare possa essere promossa anche dal procuratore generale presso la Corte di cassazione il quale ne dà comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. Il Ministro della giustizia, se ritiene che l'azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta al procuratore generale, ed analoga richiesta può fare nel corso delle indagini;

 

3) il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici debbano comunicare al Ministro della giustizia e al procuratore generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di collegio debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l'attività dei magistrati della sezione o del collegio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare;

 

4) la richiesta di indagini rivolta dal Ministro della giustizia al procuratore generale o la comunicazione da quest'ultimo data al Consiglio superiore della magistratura ai sensi del numero 2) determinino a tutti gli effetti l'inizio del procedimento;

 

5) il procuratore generale presso la Corte di cassazione possa contestare fatti nuovi nel corso delle indagini, anche se l'azione è stata promossa dal Ministro della giustizia, salva la facoltà del Ministro di cui al numero 2), ultimo periodo;.

 

d) stabilire che:

 

1) dell'inizio del procedimento debba essere data comunicazione entro trenta giorni all'incolpato con l'indicazione del fatto che gli viene addebitato; analoga comunicazione debba essere data per le ulteriori contestazioni di cui al numero 5) della lettera c). L'incolpato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato, designati in qualunque momento dopo la comunicazione dell'addebito, nonché, se del caso, da un consulente tecnico;

 

2) gli atti di indagine non preceduti dalla comunicazione all'incolpato o dall'avviso al difensore, se già designato, siano nulli, ma la nullità non possa essere più rilevata quando non è dedotta con dichiarazione scritta e motivata nel termine di dieci giorni dalla data in cui l'interessato ha avuto conoscenza del contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare;

 

3) per l'attività di indagine si osservino, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale, eccezione fatta per quelle che comportano l'esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell'imputato, delle persone informate sui fatti, dei periti e degli interpreti. Alle persone informate sui fatti, ai periti e interpreti si  applicano le disposizioni degli articoli 366, 371-bis, 371-ter, 373, 376, 377 e 384 del codice penale;

 

4) per gli atti da compiersi fuori dal suo ufficio, il pubblico ministero possa richiedere altro magistrato in servizio presso la procura generale della corte d'appello nel cui distretto l'atto deve essere compiuto;

 

5) al termine delle indagini, il procuratore generale con le richieste conclusive di cui alla lettera e) invii alla sezione disciplinare il fascicolo del procedimento e ne dia comunicazione all'incolpato; il fascicolo sia depositato nella segreteria della sezione a disposizione dell'incolpato, con facoltà di prenderne visione e di estrarre copia degli atti;

 

e) prevedere che:

 

1) il procuratore generale presso la Corte di cassazione, al termine delle indagini, se non ritiene di dover chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formuli l'incolpazione e chieda al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, con invio di copia dell'atto;

 

2) il Ministro della giustizia, entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione, possa chiedere l'integrazione e, nel caso di azione disciplinare da lui promossa, la modificazione della contestazione, cui provvede il procuratore generale presso la Corte di cassazione;

 

3) il presidente della sezione disciplinare fissi, con suo decreto, il giorno della discussione orale, con avviso ai testimoni e ai periti;

 

4) il decreto di cui al numero 3) sia comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata per la discussione orale, al pubblico ministero e all'incolpato nonché al difensore di quest'ultimo se già designato;

 

5) nel caso in cui il procuratore generale ritenga che si debba escludere l'addebito, faccia richiesta motivata alla sezione disciplinare per la declaratoria di non luogo a procedere. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, con invio di copia dell'atto;

 

6) il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 5), possa richiedere copia degli atti del procedimento e, nei venti giorni successivi alla ricezione degli stessi, possa richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale, formulando l'incolpazione;

 

7) decorsi i termini di cui al numero 6), sulla richiesta di non luogo a procedere la sezione disciplinare decida in camera di consiglio. Se rigetta la richiesta, provvede nei modi previsti dai numeri 3) e 4). Sulla richiesta del Ministro della giustizia di fissazione della discussione orale, si provvede nei modi previsti nei numeri 3) e 4) e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate dal procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto;

 

f) prevedere che:

 

1) nella discussione orale un componente della sezione disciplinare nominato dal presidente svolga la relazione;

 

2) l'udienza sia pubblica; tuttavia la sezione disciplinare, su richiesta di una delle parti, possa comunque disporre che la discussione non sia pubblica se ricorrono esigenze di tutela della credibilità della funzione giudiziaria, con riferimento ai fatti contestati ed all'ufficio che l'incolpato occupa, ovvero esigenze di tutela del diritto dei terzi;

 

3) la sezione disciplinare possa assumere anche d'ufficio tutte le prove che ritiene utili, possa disporre o consentire la lettura di rapporti dell'Ispettorato generale del Ministero della giustizia, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici, la lettura di atti dei fascicoli personali nonché delle prove acquisite nel corso delle indagini; possa consentire l'esibizione di documenti da parte del pubblico ministero e dell'incolpato. Si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale sul dibattimento, eccezione fatta per quelle che comportano l'esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell'imputato, dei testimoni, dei periti e degli interpreti. Ai testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni di cui agli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale;

 

4) la sezione disciplinare deliberi immediatamente dopo l'assunzione delle prove, le conclusioni del pubblico ministero e la difesa dell'incolpato; questi debba essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio;

 

5) se non è raggiunta prova sufficiente dell'addebito, la sezione disciplinare ne dichiari esclusa la sussistenza;

 

6) i motivi della sentenza siano depositati nella segreteria della sezione disciplinare entro trenta giorni dalla deliberazione;

 

7) dei provvedimenti adottati dalla sezione disciplinare sia data comunicazione al Ministro della giustizia con invio di copia integrale, anche ai fini della decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione. Il Ministro può richiedere copia degli atti del procedimento;

 

g) stabilire che:

1) l'azione disciplinare sia promossa indipendentemente dall'azione civile di risarcimento del danno o dall'azione penale relativa allo stesso fatto, fermo restando quanto previsto dal numero 3) della lettera b);

 

2) abbiano autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare la sentenza penale irrevocabile di condanna, quella prevista dall'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, che è equiparata alla sentenza di condanna, e quella irrevocabile di assoluzione pronunciata perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso;

 

h) prevedere che:

 

1) a richiesta del Ministro della giustizia o del procuratore generale presso la Corte di cassazione, la sezione disciplinare sospenda dalle funzioni e dallo stipendio e collochi fuori dal ruolo organico della magistratura il magistrato, sottoposto a procedimento penale, nei cui confronti sia stata adottata una misura cautelare personale;

 

2) la sospensione permanga sino alla sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione o alla sentenza irrevocabile di proscioglimento; la sospensione debba essere revocata, anche d'ufficio, dalla sezione disciplinare, allorché la misura cautelare è revocata per carenza di gravi indizi di colpevolezza; la sospensione possa essere revocata, anche d'ufficio, negli altri casi di revoca o di cessazione degli effetti della misura cautelare;

 

3) al magistrato sospeso sia corrisposto un assegno alimentare nella misura indicata nel secondo periodo del numero 5) della lettera g) del comma 1 dell'articolo 7;

 

4) il magistrato riacquisti il diritto agli stipendi e alle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, se è prosciolto con sentenza irrevocabile ai sensi dell'articolo 530 del codice di procedura penale. Tale disposizione si applica anche se è pronunciata nei suoi confronti sentenza di proscioglimento per ragioni diverse o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione, qualora, essendo stato il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare, lo stesso si sia concluso con la pronuncia indicata nel numero 3) della lettera m);

 

i) prevedere che:

 

1) quando il magistrato è sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva, o quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare che, per la loro gravità, siano incompatibili con l'esercizio delle funzioni, il Ministro della giustizia o il procuratore generale presso la Corte di cassazione possano chiedere la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio, e il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura, anche prima dell'inizio del procedimento disciplinare;

 

2) la sezione disciplinare convochi il magistrato con un preavviso di almeno tre giorni e provveda dopo aver sentito l'interessato o dopo aver constatato la sua mancata presentazione. Il magistrato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato anche nel corso del procedimento di sospensione cautelare;

 

3) la sospensione possa essere revocata dalla sezione disciplinare in qualsiasi momento, anche d'ufficio;

 

4) si applichino le disposizioni di cui alla lettera h), numeri 3) e 4).

 

l) prevedere che:

 

1) contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) e contro le sentenze della sezione disciplinare, l'incolpato, il Ministro della giustizia e il procuratore generale presso la Corte di cassazione possano proporre ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale. Nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato;

 

2) la Corte di cassazione decida a sezioni unite penali, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso;

 

m) prevedere che:

 

1) il magistrato sottoposto a procedimento penale e cautelarmente sospeso abbia diritto ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore qualora sia prosciolto con sentenza irrevocabile ovvero sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione. Se il posto prima occupato non è vacante, ha diritto di scelta fra quelli disponibili, ed entro un anno può chiedere l'assegnazione ad ufficio analogo a quello originariamente ricoperto, con precedenza rispetto ad altri eventuali concorrenti;

 

2) la sospensione cautelare cessi di diritto quando diviene definitiva la pronuncia della sezione disciplinare che conclude il procedimento;

 

3) se è pronunciata sentenza di non luogo a procedere o se l'incolpato è assolto o condannato ad una sanzione diversa dalla rimozione o dalla sospensione dalle funzioni per un tempo pari o superiore alla durata della sospensione cautelare eventualmente disposta, siano corrisposti gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme già riscosse per assegno alimentare;

 

n) prevedere che:

 

1) in ogni tempo sia ammessa la revisione delle sentenze divenute irrevocabili, con le quali è stata applicata una sanzione disciplinare, quando:

 

1.1) i fatti posti a fondamento della sentenza risultano incompatibili con quelli accertati in una sentenza penale irrevocabile ovvero in una sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione;

 

1.2) sono sopravvenuti o si scoprono, dopo la decisione, nuovi elementi di prova, che, soli o uniti a quelli già esaminati nel procedimento disciplinare, dimostrano l'insussistenza dell'illecito;

 

1.3) il giudizio di responsabilità e l'applicazione della relativa sanzione sono stati determinati da falsità ovvero da altro reato accertato con sentenza irrevocabile;

 

2) gli elementi in base ai quali si chiede la revisione debbano, a pena di inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare che, se accertati, debba essere escluso l'addebito o debba essere applicata una sanzione diversa da quella inflitta se trattasi della rimozione, ovvero se dalla sanzione applicata è conseguito il trasferimento d'ufficio;

3) la revisione possa essere chiesta dal magistrato al quale è stata applicata la sanzione disciplinare o, in caso di morte o di sopravvenuta incapacità di questi, da un suo prossimo congiunto che vi abbia interesse anche soltanto morale;

 

4) l'istanza di revisione sia proposta personalmente o per mezzo di procuratore speciale. Essa deve contenere, a pena di inammissibilità, l'indicazione specifica delle ragioni e dei mezzi di prova che la giustificano e deve essere presentata, unitamente ad eventuali atti e documenti, alla segreteria della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura;

 

5) nei casi previsti dai numeri 1.1) e 1.3), all'istanza debba essere unita copia autentica della sentenza penale;

 

6) la revisione possa essere chiesta anche dal Ministro della giustizia e dal procuratore generale presso la Corte di cassazione, alle condizioni di cui ai numeri 1) e 2) e con le modalità di cui ai numeri 4) e 5);

 

7) la sezione disciplinare acquisisca gli atti del procedimento disciplinare e, sentiti il Ministro della giustizia, il procuratore generale presso la Corte di cassazione, l'istante ed il suo difensore, dichiari inammissibile l'istanza di revisione se proposta fuori dai casi di cui al numero 2), o senza l'osservanza delle disposizioni di cui al numero 4) ovvero se risulta manifestamente infondata; altrimenti, disponga il procedersi al giudizio di revisione, al quale si applicano le norme stabilite per il procedimento disciplinare;

 

8) contro la decisione che dichiara inammissibile l'istanza di revisione sia ammesso ricorso alle sezioni unite penali della Corte di cassazione;

 

9) in caso di accoglimento dell'istanza di revisione la sezione disciplinare revochi la precedente decisione;

 

10) il magistrato assolto con decisione irrevocabile a seguito di giudizio di revisione abbia diritto alla integrale ricostruzione della carriera nonché a percepire gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, rivalutati in base alla variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati;

 

o) prevedere che il procuratore generale presso la Corte di cassazione debba promuovere l'azione disciplinare:

 

1) nei casi previsti dall'articolo 7, comma 1, lettera c), numero 1), ad esclusione dell'ultimo periodo, numero 2), ad esclusione dell'ultimo periodo, numero 3), ad esclusione dell'ultimo periodo, numero 4), ad esclusione dell'ultimo periodo, nonché numeri 5), 6), 7) e 8);

 

2) nei casi previsti dall'articolo 7, comma 1, lettera d), numero 3), e numero 6) limitatamente all'ipotesi della partecipazione ad associazioni segrete;

 

3) nei casi previsti dall'articolo 7, comma 1, lettera e), numero 1);

 

4) nei casi previsti dall'articolo 9 della legge 23 aprile 1988, n. 117, per quanto non stabilito nei precedenti numeri 1), 2) e 3).

 

ART. 9.

 

(Istituzione in via sperimentale

dell'ufficio del giudice).

 

1. Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 2, il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) prevedere che l'ausiliario del giudice, sotto la diretta responsabilità del magistrato cui è assegnato e in rapporto fiduciario con il medesimo:

 

1) svolga attività di ricerca della dottrina e dei precedenti giurisprudenziali, anche di merito;

 

2) presti assistenza al magistrato nell'organizzarne l'attività in vista dell'udienza e nel coordinamento degli adempimenti istruttori;

 

3) abbia la facoltà di presenziare all'udienza e di esaminare gli atti;

 

4) collabori all'espletamento degli adempimenti che  incombono al giudice, successivi alla pronuncia della sentenza;

 

5) collabori con il giudice, svolgendo le attività da questi richieste, al fine di procurare, in via generale, che egli sia alleviato da tutti gli incombenti che non riguardino lo stretto esercizio della funzione giurisdizionale;

 

b) fermo restando quanto previsto alla lettera a), escludere che l'attività dell'ausiliario possa includere compiti che rientrino nelle attribuzioni di altri uffici;

 

c) prevedere che l'organico degli ausiliari del giudice sia stabilito in 2.250 unità;

 

d) prevedere che l'assegnazione degli ausiliari sia distribuita fra gli uffici giudiziari in proporzione all'organico dei magistrati di ciascun distretto di corte d'appello e che l'assegnazione dei medesimi fra i magistrati del distretto avvenga sulla base delle determinazioni del presidente della corte d'appello, sentito il consiglio giudiziario;

 

e) prevedere che l'ausiliario sia assegnato, a cura dei soggetti di cui alla lettera d), sulla base dei carichi di lavoro e delle altre oggettive esigenze dell'ufficio, ai soli magistrati che ne fanno espressa richiesta;

 

f) prevedere che l'incarico di ausiliario del giudice abbia durata biennale e sia rinnovabile per una sola volta;

 

g) prevedere che la stipulazione dei contratti per l'assunzione e la gestione amministrativa degli ausiliari del giudice sia svolta dai presidenti di corte d'appello di ciascun distretto; stabilire inoltre che i presidenti di corte d'appello possano, agli stessi effetti, delegare un altro magistrato componente del consiglio giudiziario;

 

h) prevedere che gli ausiliari del giudice siano scelti fra coloro che hanno conseguito, con una votazione non inferiore a 108/110, la laurea specialistica per la classe delle scienze giuridiche sulla base degli ordinamenti didattici adottati in esecuzione del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509;

 

i) prevedere che i presidenti delle corti d'appello provvedano, mediante affissione nell'albo pretorio ed ogni altra forma di pubblicità ritenuta idonea, anche avvalendosi della collaborazione delle facoltà di giurisprudenza delle università e delle altre strutture di formazione giuridica, a dare avviso agli interessati della possibilità di presentare domanda per l'assunzione come ausiliari del giudice; le domande devono pervenire entro sessanta giorni dalla pubblicazione dell'avviso; i presidenti delle corti d'appello deliberano quindi le assunzioni e stipulano i relativi contratti, valutando a tal fine come titoli preferenziali:

 

1) la votazione con cui è stata conseguita la laurea e la media dei voti ottenuti negli esami universitari;

 

2) il conseguimento di lauree in altre discipline;

 

3) le pubblicazioni prodotte dall'interessato al momento della presentazione della domanda;

 

4) la compiuta conoscenza di una o più lingue straniere;

 

5) la conoscenza delle tecnologie informatiche e delle modalità di funzionamento di strumenti informatici e telematici;

 

6) l'aver eventualmente svolto la pratica forense o conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni;

 

7) l'aver conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162;

 

l) prevedere che lo svolgimento delle funzioni di ausiliario del giudice sia equiparato, ad ogni effetto di legge, allo svolgimento della pratica forense e al conseguimento del diploma rilasciato dalle scuole di specializzazione di cui alla lettera i), numero 6), nonché costituisca titolo preferenziale per l'accesso alle funzioni giudiziarie onorarie;

 

m) prevedere le caratteristiche di atipicità dei contratti di cui alla lettera g), anche in relazione alla loro durata massima, alla loro non rinnovabilità oltre la prima volta, all'orario di lavoro, alla trasferibilità da un ufficio all'altro con attribuzione della relativa facoltà ai soggetti di cui alla medesima lettera g), al vincolo di segretezza in relazione agli atti conosciuti e alle notizie apprese nel corso dello svolgimento dell'attività, alle condizioni di risoluzione o di recesso dai contratti stessi;

 

n) prevedere, anche mediante attribuzione al Ministro della giustizia dell'obbligo di provvedervi con proprio decreto, che i criteri di valutazione dei titoli preferenziali, a parità dei quali vigerà il principio della priorità della domanda, siano definiti preventivamente in via generale;

 

o) prevedere che i contratti di cui alla lettera g) contemplino la previsione di una retribuzione annua articolata su tredici mensilità ciascuna di importo pari a euro 1.032, al netto delle imposte e degli oneri previdenziali, e che la stessa non sia soggetta a scatti in relazione all'anzianità per l'intera durata dei contratti stessi, ma solo a rivalutazione su base annua in misura pari alla variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati; prevedere che gli stessi contratti contemplino altresi la corresponsione di un trattamento di fine rapporto.

2. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede mediante l'istituzione di una imposta pari al 3 per cento della massa attiva risultante dalle procedure concorsuali chiuse nell'anno.

3. La somma derivante dal gettito dell'imposta di cui al comma 2, versata all'entrata del bilancio dello Stato, è riassegnata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia.

4. Le disposizioni dei commi 2 e 3 acquistano efficacia contestualmente al decreto legislativo di cui al comma 2 dell'articolo 1 e cessano di avere efficacia allo scadere del periodo sperimentale ivi previsto.

 

ART. 10.

(Disciplina transitoria).

 

1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 4, il Governo definisce la disciplina transitoria attenendosi ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) prevedere che, ai concorsi di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 2 indetti fino al quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 dell'articolo 1, siano ammessi anche coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all'anno accademico 199811999;

 

b) prevedere che il requisito della partecipazione al corso, previsto dalla lettera f) e dai numeri 8.2), 10.2) e 13) della lettera i) del comma 1 dell'articolo 2, possa essere richiesto solo dopo l'entrata in funzione della Scuola superiore della magistratura, di cui all'articolo 3;

 

c) prevedere che i magistrati, in servizio alla data di acquisto di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 dell'articolo 1, possano richiedere entro un anno dalla predetta data, nei limiti dei posti vacanti, il mutamento delle funzioni nello stesso grado da giudicanti a requirenti e viceversa, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura;

 

d) prevedere che i magistrati di cui alla lettera c) possano partecipare al concorso di cui ai numeri 2) e 4) della lettera i) del comma 1 dell'articolo 2, anche in assenza del requisito di esercizio per almeno cinque anni delle diverse funzioni;

 

e) prevedere che le norme di cui ai numeri 8.2) e 10.2) della lettera i) del comma 1 dell'articolo 2 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 dell'articolo 1, abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, tredici anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;

 

f) prevedere che le norme di cui al numero 13) della lettera i) del comma 1 dell'articolo 2 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 dell'articolo 1, abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, venti anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;

 

g) prevedere che ai magistrati di cui alle lettere e) e f) continuino ad applicarsi le norme in vigore anteriormente alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dell'articolo 2 per il conferimento delle funzioni di appello e di quelle di legittimità, nonché per il conferimento degli uffici semidirettivi e direttivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera g), numeri 7), 8), 9), 10), 11) e 12). Le assegnazioni sono disposte nell'ambito delle quote previste dall'articolo 2, comma 1, lettera i), numeri 7), 9) e 14). È fatta salva la facoltà per i magistrati di partecipare ai concorsi;

 

h) prevedere che, anche in deroga a quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera i), numero 13), ai sostituti procuratori generali in servizio presso .la Direzione nazionale antimafia alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dello stesso articolo 2, possano, a domanda, essere conferite le funzioni requirenti di legittimità secondo le modalità previste dal numero 14) della lettera i) del comma 1 del medesimo articolo;

 

i) prevedere, senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato, che i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 dell'articolo 1, esercitano funzioni direttive mantengano le loro funzioni sino al compimento del termine di cui all'articolo 2, comma 1, lettera l), numero 3), e, nel caso abbiano raggiunto il detto termine, per l'ulteriore periodo di due anni decorso il quale, senza che abbiano ottenuto l'assegnazione ad altro analogo incarico, cessano dalle funzioni restando assegnati allo stesso ufficio, anche in soprannumero;

 

l) prevedere, senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato, che i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 dell'articolo 1, esercitano funzioni semidirettive requirenti mantengano le loro funzioni per due anni dalla predetta data, decorsi i quali, senza che abbiano ottenuto l'assegnazione ad altro analogo incarico, cessano dalle funzioni restando assegnati allo stesso ufficio, anche in soprannumero;

 

m) prevedere che, in deroga a quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera q), i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 dell'articolo 1, abbiano compiuto il periodo di dieci anni di permanenza nell'incarico nello stesso ufficio, possano permanervi per un ulteriore biennio; prevedere che coloro i quali, alla medesima data, non abbiano compiuto il periodo di dieci anni lo completino e possano permanere nell'incarico per un ulteriore biennio;

n) prevedere che ai posti soppressi ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettere a) e b), siano trattenuti i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dell'articolo 6 e che ad essi possano essere conferite dal Consiglio superiore della magistratura le funzioni di legittimità nei limiti dei posti disponibili ed in ordine di anzianità di servizio se in possesso dei seguenti requisiti:

 

1) necessaria idoneità precedentemente conseguita;

 

2) svolgimento nei sei mesi antecedenti la predetta data delle funzioni di legittimità per aver concorso a formare i collegi nelle sezioni ovvero per aver svolto le funzioni di pubblico ministero in udienza;

 

o) prevedere che ai posti soppressi ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera b), siano trattenuti, in via transitoria, i magistrati di appello in servizio alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dell'articolo 6 per i quali non sia stato possibile il conferimento delle funzioni di legittimità ai sensi della lettera n) del presente articolo.

 

CAPO II

 

DELEGA AL GOVERNO PER IL DECENTRAMENTO DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA E PER ALCUNE MODIFICHE ALL'ORDINAMENTO DELLE MAGISTRATURE AMMINISTRATIVA E CONTABILE

 

ART. 11.

 

(Delega al Governo per il decentramento

del Ministero della giustizia).

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti ad attuare su base regionale il decentramento del Ministero della giustizia.

2. Nell'attuazione della delega il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) istituzione di direzioni generali regionali o interregionali dell'organizzazione giudiziaria;

 

b) competenza delle direzioni regionali o interregionali per le aree funzionali riguardanti il personale e la formazione, i sistemi informativi automatizzati, le risorse materiali, i beni e i servizi, le statistiche;

 

c) riserva all'amministrazione centrale:

 

1) del servizio del casellario giudiziario centrale;

 

2) dell'emanazione di circolari generali e della risoluzione di quesiti in materia di servizi giudiziari;

 

3) della determinazione del contingente di personale amministrativo da destinare alle singole regioni, nel quadro delle dotazioni organiche esistenti;

 

4) dei bandi di concorso da espletarsi a livello nazionale;

 

5) dei provvedimenti di nomina e di prima assegnazione, salvo che per i concorsi regionali;

 

6) del trasferimento del personale amministrativo tra le diverse regioni e dei trasferimenti da e per altre amministrazioni;

 

7) dei passaggi di profili professionali, delle risoluzioni del rapporto di impiego e delle riammissioni;

 

8) dei provvedimenti in materia retributiva e pensionistica;

 

9) dei provvedimenti disciplinari superiori al rimprovero verbale e alla censura;

 

10) dei compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo degli uffici periferici.

 

3. Per gli oneri relativi alla locazione degli immobili, all'acquisizione in locazione finanziaria di attrezzature e impiantistica e alle spese di gestione, è autorizzata la spesa annua massima di 5.610.000 euro a decorrere dall'anno 2004 cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 20042006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente « Fondo speciale » dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

4. Per gli oneri relativi al personale valutati in 7.387.452 euro annui a decorrere dall'anno 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 20042006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente « Fondo speciale » dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell'attuazione del presente comma, anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge n. 468 del 1978.

5. Ai fini dell'esercizio della delega di cui al comma 1 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 7 dell'articolo 1.

 

ART. 12.

 

(Modifica della disciplina per l'accesso alle

funzioni presso organi di giurisdizione su

periore amministrativa).

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto a modificare i numeri 1) e 3) del primo comma dell'articolo 19 della legge 27 aprile 1982, n. 186, stabilendo che i posti che si rendono vacanti nella qualifica di consigliere di Stato siano conferiti:

 

a) in ragione di un quarto, ai consiglieri di tribunale amministrativo regionále che ne facciano domanda e che abbiano almeno quattro anni di effettivo servizio nella qualifica. La nomina ha luogo previo giudizio favorevole espresso dal consiglio di presidenza a maggioranza dei suoi componenti, fermo restando il disposto di cui all'articolo 12, primo comma, della citata legge n. 186 del 1982, previo parere di una commissione presieduta dal presidente dello stesso consiglio di presidenza e formata dai componenti di cui alla lettera d) del comma 1 dell'articolo 7 della medesima legge, nonché dai due presidenti di sezione del Consiglio di Stato e dai due presidenti di tribunale amministrativo regionale più anziani nelle rispettive qualifiche; il parere è reso in base alla valutazione dell'attività giurisdizionale svolta e dei titoli, anche di carattere scientifico, presentati, nonché dell'anzianità di servizio. I magistrati dichiarati idonei sono nominati consiglieri di Stato, conservando, agli effetti del quarto comma dell'articolo 21 della legge n. 186 del 1982, l'anzianità maturata nella qualifica di consigliere di tribunale amministrativo regionale;

 

b) in ragione della metà, mediante concorso pubblico per titoli ed esami teoricopratici, al quale possono partecipare i magistrati dei tribunali amministrativi regionali con almeno un anno di anzianità, i magistrati ordinari e militari con almeno quattro anni di anzianità, i magistrati della Corte dei conti, nonché gli avvocati dello Stato con almeno un anno di anzianità, i funzionari della carriera direttiva del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati con almeno quattro anni di anzianità, nonché i dirigenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, appartenenti a carriere per l'accesso alle quali sia richiesta la laurea in  giurisprudenza. Il concorso è indetto dal presidente del Consiglio di Stato nei primi quindici giorni del mese di gennaio. I vincitori conseguono la nomina con decorrenza dal 31 dicembre dell'anno precedente a quello in cui è indetto il concorso stesso. La metà dei posti disponibili annualmente messi a concorso è riservata ai magistrati dei tribunali amministrativi regionali con la qualifica di consigliere; in tale quota riservata non possono essere nominati altri candidati, salva l'applicazione dell'articolo 20 della citata legge n. 186 del 1982 per i posti eventualmente rimasti vacanti.

2. Ai fini dell'esercizio della delega di cui al comma 1 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 7 dell'articolo 1.

 

ART. 13.

 

(Modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa).

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la modifica della disciplina dell'articolo 10, della legge 13 aprile 1988, n. 117, e dell'articolo 9 della legge 27 aprile 1982, n. 186, con l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:

 

a) prevedere che i componenti elettivi del Consiglio di presidenza della Corte dei conti durino in carica quattro anni;

 

b) prevedere che i componenti elettivi di cui alla lettera a) non siano eleggibili per i successivi otto anni;

 

c) prevedere che per l'elezione dei magistrati componenti elettivi del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore abbia la facoltà di votare per un solo componente titolare e un solo componente supplente.

 

2. Ai fini dell'esercizio della delega di cui al comma 1 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 7 dell'articolo 1.

 

CAPO III

 

DELEGA AL GOVERNO PER L'ADO

ZIONE DI UN TESTO UNICO ED ALTRE DISPOSIZIONI

 

ART. 14.

 

(Testo unico).

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro anni dalla data di acquisto di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 dell'articolo 1, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento giudiziario nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni legislative vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie.

2. Per l'emanazione del decreto legislativo di cui al comma 1 si applicano le disposizioni del comma 5 dell'articolo 1.

3. Il Governo provvede ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento giudiziario.

 

ART. 15.

 

(Trasferimento a domanda).

 

1. Il trasferimento a domanda di cui all'articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, e successive modificazioni, e di cui al comma 5 dell'articolo 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100, e successive modificazioni, si applica anche ai magistrati ordinari con trasferimento degli stessi nella sede di servizio dell'appartenente alle categorie di cui al citato articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n.266, o, in mancanza, nella sede più vicina e assegnazione a funzioni identiche a quelle da ultimo svolte nella sede di provenienza.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 continuano ad applicarsi anche successivamente alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione dell'articolo 2.

3. Dalle disposizioni di cui al presente articolo non possono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

 

ART. 16.

 

(Proroga in via transitoria dell'esercizio delle funzioni di Procuratore nazionale antimafia).

 

1. In deroga a quanto previsto dal comma 1, lettera i), dell'articolo 10 della presente legge e dal comma 3 dell'articolo 76-bis dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 3 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, il magistrato preposto alla Direzione nazionale antimafia, alla data di entrata in vigore della presente legge, è prorogato nell'esercizio delle funzioni ad esso attribuite per un ulteriore periodo di due anni dopo la scadenza del termine massimo indicato nel comma 3 del citato articolo 76-bis.

 

ART. 17.

 

(Copertura finanziaria).

 

1. Per le finalità di cui all'articolo 2, comma 1, lettera p), numeri 2) e 3), la spesa prevista è determinata in 2.462.899 euro a decorrere dall'anno 2004; per l'istituzione e il funzionamento delle commissioni di concorso di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), numeri 5), 6), 11), 12) e 15), nonché lettera l), numero 6), è autorizzata la spesa massima di 594.589 euro a decorrere dall'anno 2004.

2. Per l'istituzione e il funzionamento della Scuola superiore della magistratura, di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), è autorizzata la spesa massima di 13.353.900 euro a decorrere dall'anno 2004, di cui 1.716.000 euro a decorrere dall'anno 2004 per i beni da acquisire in locazione finanziaria, 3.733.500 euro a decorrere dall'anno 2004 per le spese di funzionamento, 2.800.000 euro a decorrere dall'anno 2004 per il trattamento economico del personale docente, 4.860.000 euro a decorrere dall'anno 2004 per le spese dei partecipanti ai corsi di aggiornamento professionale, 112.400 euro a decorrere dall'anno 2004 per gli oneri connessi al funzionamento del comitato direttivo di cui all'articolo 3, comma 1, lettera m), e 132.000 euro a decorrere dall'anno 2004 per gli oneri connessi al funzionamento dei comitati di gestione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera n).

3. Per le finalità di cui all'articolo 4, la spesa prevista è determinata in 489.700 euro a decorrere dall'anno 2004, di cui 17.044 euro a decorrere dall'anno 2004 per gli oneri connessi al comma 1, lettera a), e 472.656 euro a decorrere dall'anno 2004 per gli oneri connessi al comma 1, lettere f) e g).

4. Per le finalità di cui all'articolo 6, la spesa prevista è determinata in 1.404.141 euro a decorrere dall'anno 2004.

5. Agli oneri indicati nel presente articolo, pari a 18.305.229 euro a decorrere dall'anno 2004, si provvede:

 

a) quanto a 17.519.019 euro, a decorrere dall'anno 2004, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 20042006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia;

 

b) quanto a 786.210 euro, a decorrere dall'anno 2004, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n.303, come rideterminata annualmente dalla tabella C allegata alla legge finanziaria.

 

6. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell'attuazione dei predetti articoli 2, 3, 4 e 6, anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, n. 2, della legge n. 468 del 1978.

7. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Si ricorda che nell'ordinanza 24 aprile 2003, n.134, la Corte costituzionale afferma che "dall'art.76 della Costituzione discendono, da una parte, il vincolo della legge delegata ai criteri direttivi della delega, nonché, dall'altra parte, l'obbligo, a carico del legislatore delegante, di definire l'oggetto della delega (...) senza lasciare il governo libero di effettuare qualsiasi scelta, ma anche senza doverne vincolare tutte le scelte concrete, restando invece affidate queste ultime, nei limiti dei criteri direttivi, proprio al delegato"

[2]     Riordinamento delle scuole dirette a fini speciali, delle scuole di specializzazione e dei corsi di perfezionamento

[3]     Per alcune delle ricostruzioni normative prospettate nel presente dossier si sono tenute presenti le schede descrittive contenute nel sito internet del Consiglio superiore della magistratura.

[4]     L’istituzione delle scuole di specializzazione per le professioni legali è stata prevista dall’articolo 17, comma 113, della legge 127 del 1997 (cd. Bassanini 2): Tale norma aveva delegato il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi per modificare la disciplina del concorso per l'accesso alla magistratura ordinaria, individuando come princìpi e criteri direttivi la semplificazione delle modalità di svolgimento del concorso e l’introduzione graduale, come condizione per l'ammissione al concorso stesso, dell'obbligo di conseguire un diploma biennale esclusivamente presso le citate scuole di specializzazione, da istituire nelle università, sedi delle facoltà di giurisprudenza.

Tale diploma doveva costituire, nei termini da definire con decreto ministeriale, titolo valutabile ai fini del compimento della pratica forense e notarile (art. 17, comma 114).

In attuazione della citata delega è stato quindi emanato il D.Lgs. 398 del 1997 di modifica del concorso per uditore giudiziario eil cui all’articolo 16 disciplina, appunto, le scuole biennali di specializzazione per le professioni legali. La disposizione prevede che le scuole dovranno provvedere alla formazione comune dei laureati in giurisprudenza attraverso l'approfondimento teorico, integrato da esperienze pratiche, finalizzato all'assunzione dell'impiego di magistrato ordinario o all'esercizio delle professioni di avvocato o notaio; è stabilito, inoltre, che l’attività didattica sia svolta anche da magistrati, avvocati e notai e che, previo accordo o convenzione, questi ultimi diano un apporto anche per le attività pratiche da condurre presso sedi giudiziarie, studi professionali e scuole del notariato,

L’articolo 17 della legge 13 febbraio 2001, n, 48 “Aumento del ruolo organico e disciplina dell’accesso in magistratura”, modificando gli artt. 17 della legge 127/1997 e 16 del citato D.Lgs. 398/1997 ha eliminato in entrambe le disposizioni il riferimento al carattere biennale delle scuole, differenziandone la durata. In base all’integrazione dell’articolo 16 del D.Lgs. 398, le scuole di specializzazione:

·          hanno durata biennale per coloro che si laureano in giurisprudenza prima che vada a regime la riforma degli ordinamenti didattici prevista dal Decreto MURST 3 novembre 1999, n. 503 (nuovo comma 2-bis);

·          hanno durata annuale per coloro che – in base ai nuovi ordinamenti didattici – conseguono la laurea specialistica per la classe delle scienze giuridiche. Spetterà al Ministro dell’università, di concerto con quello della giustizia, definire con decreto i criteri generali per adeguare l’ordinamento delle scuole alla durata annuale (nuovo comma 2-ter).

Le scuole di specializzazione sono a numero chiuso; l’art. 16 del D.Lgs. 398 ha previsto che il numero dei laureati da ammettere alle scuole, è determinato con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro della giustizia, in misura non inferiore al 10% del numero complessivo di tutti i laureati in giurisprudenza nel corso dell'anno accademico precedente, tenendo conto, altresì, del numero dei magistrati cessati dal servizio a qualunque titolo nell'anno precedente aumentato del 20% del numero di posti resisi vacanti nell'organico dei notai nel medesimo periodo, del numero di abilitati alla professione forense nel corso del medesimo periodo e degli altri sbocchi professionali da ripartire per ciascuna scuola e delle condizioni di ricettività delle stesse. I candidati sono ammessi alle scuole mediante concorso per titoli ed esami; questi ultimi hanno contenuto identico sul territorio nazionale e si svolgono in tutte le sedi delle scuole.

Il Ministro dell’Università e della ricerca scientifica, con l’emanazione del D.M. 21 dicembre 1999, n. 537 “Regolamento recante norme per l'istituzione e l'organizzazione delle scuole di specializzazione per le professioni legali” (che aveva previsto l’istituzione delle scuole fin dall’anno accademico 2000-2001) ha stabilito (art. 4) che alle scuole si accede mediante concorso annuale per titoli ed esami (per il numero di posti stabiliti dal relativo decreto) indetto con unico bando pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Al concorso possono partecipare coloro i quali si sono laureati in giurisprudenza in data anteriore alla prova di esame. Nel bando sono altresì indicate le sedi e la data della prova di esame, i posti disponibili presso ciascuna scuola e le necessarie disposizioni organizzative.

La prova di esame consiste nella soluzione di cinquanta quesiti a risposta multipla, di contenuto identico sul territorio nazionale, su argomenti di diritto civile, diritto penale, diritto amministrativo, diritto processuale civile e procedura penale.

Per la predisposizione dei quesiti è nominata una apposita commissione di nove esperti che predispone un archivio con almeno cinquemila quesiti sugli argomenti sopracitati e provvede ad aggiornarli annualmente. Il MURST cura la tenuta dell'archivio dei quesiti e ne assicura la pubblicità entro trenta giorni dalla pubblicazione del bando.

L’articolo unico del D.M. giustizia 11 dicembre 2001, n. 475ha, da ultimo,stabilito che il diploma di specializzazione, conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali, è valutato ai fini del compimento del periodo di pratica per l'accesso alle professioni di avvocato e notaio per il periodo di un anno. Il possesso del diploma riduce, quindi, della metà il periodo di pratica.

[5]     L'articolo 9, comma 5 della legge 48/2001, introduce un ulteriore articolo al R.D. n. 12 del 1941 (art. 125-quinquies), sui correttori esterni, alla cui nomina si procede nell'ipotesi in cui i candidati al concorso siano più di 500.

La procedura si divide in due fasi: la prima, preliminare alle prove scritte, è volta alla nomina dei correttori e si articola in tre distinti momenti:

1.       il Ministro, con decreto, invita i Consigli giudiziari ad indicargli magistrati, avvocati e professori universitari in materie giuridiche di sicura competenza ed affidabilità da incaricare della valutazione degli scritti. I correttori esterni non potranno essere più di 300 e saranno ripartiti fra i distretti in proporzione della consistenza dell’organico dei magistrati;

2.       i Consigli giudiziari individuano i possibili correttori ed i relativi supplenti (interpellando i magistrati, i Consigli dell’Ordine degli avvocati e le facoltà di giurisprudenza), curando che vi sia un egual numero di correttori per ogni materia oggetto della prova scritta e che il rapporto sia di un avvocato e un professore ogni tre magistrati;

3.       il Ministro procede alla nomina per decreto, previa delibera del CSM.

La seconda fase ha inizio dopo la conclusione delle prove scritte e si sviluppa nei seguenti termini:

4.       la commissione esaminatrice forma due copie di ciascun elaborato e le invia (in modo che sia assicurato l’anonimato) a due correttori esterni diversi, individuati per sorteggio. I correttori riceveranno anche copia della risoluzione con la quale la commissione esaminatrice ha definito i criteri per la valutazione degli elaborati scritti;

5.       entro 30 giorni dal ricevimento delle copie il correttore esterno restituisce gli elaborati corretti, avendo assegnato a ciascuno un punteggio in ventesimi, e avendo formulato un sintetico giudizio;

6.       se i due correttori hanno attribuito il medesimo punteggio, la commissione lo convalida; se i correttori hanno attribuito punteggi diversi pur riconoscendo una valutazione positiva e i punteggi non divergono per più di 3/20, la commissione attribuisce il punteggio facendo la media; in tutti gli altri casi la commissione effettua una autonoma valutazione.

7.       L’attuazione del nuovo articolo 125-quinques è quindi rimessa ad un regolamento del Ministro della giustizia, sentito il CSM, che dovrà soprattutto disciplinare la formazione dei correttori esterni e i compensi.

[6]     Le cosiddette " leggi "Breganze "  (25 luglio 1966, n. 570 sulla nomina a magistrato di Corte d'Appello) e "Breganzone" (20 dicembre 1973, n. 831, sulla nomina a Magistrato di Cassazione)  hanno abolito esami e scrutini prevedendo promozioni  (con conseguenti aumenti stipendiali) “a ruolo aperto”, cioè indipendentemente dal conferimento delle funzioni di Consigliere di Corte d’appello o di Cassazione. Attualmente soltanto il conferimento delle funzioni di grado “primo”  (Primo Presidente della Cassazione) e “secondo” (Procuratore Generale e Presidente Aggiunto  della Cassazione, Presidente del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, presso la Cassazione) comporta un aumento stipendiale.

[7]     “Disposizioni in materia di trattamento economico e di quiescenza del personale di magistratura ed equiparato”.

[8] L'articolo 55 del Decreto legislativo n. 165/2001, al comma 4, prevede che ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individui l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari.

Tale ufficio, su segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente lavora, contesta l'addebito al dipendente medesimo, istruisce il procedimento disciplinare e applica la sanzione. Quando le sanzioni da applicare siano rimprovero verbale e censura, il capo della struttura in cui il dipendente lavora provvede direttamente.

 

[9] Si fa notare che nell'analisi tecnico normativa che accompagna il disegno di legge in esame, è citato, relativamente al tirocinio degli uditori giudiziari, il D.P.R. 11 gennaio 1988, n.116: esso è stato integralmente abrogato e sostituito dal cit. D.P.R. 17 luglio 1988

[10]    Va osservato che, secondo il CSM (Risoluzione 20 ottobre 1999 sul decentramento dei Consigli giudiziari) la comune matrice elettiva colloca i membri effettivi e i supplenti sullo stesso piano dal punto di vista della legittimazione. Da qui, la prassi di alcuni Consigli giudiziari di far partecipare ai lavori anche i membri supplenti pur in assenza di specifiche esigenze di sostituzione di componenti effettivi. Tale partecipazione permette, peraltro, ai membri supplenti di conoscere preventivamente le questioni affrontate, rendendo quindi più proficuo il loro inserimento nella decisione collegiale in caso di sostituzione dei membri effettivi del Consiglio.

[11]    Il provvedimento reca: Norme per le elezioni dei Consigli giudiziari, del Consiglio superiore della magistratura e della Corte disciplinare.

[12]    Il D.Lgs C.P.S. 264/1946 stabilisce in estremo dettaglio tempi e modi delle elezioni dei Consigli giudiziari. Queste devono avvenire, ogni biennio, nella prima domenica del mese di aprile o nella seconda, se la prima coincide con il giorno di Pasqua (art. 1).

Secondo il decreto, alle ore otto del giorno stabilito, tutti i magistrati della Corte di appello si riuniscono nell’aula della prima sezione della Corte medesima. Qui viene costituito l’ufficio elettorale, presieduto dal Presidente della Corte o da un presidente di sezione o consigliere anziano da lui delegato. (art. 2). Nelle sedi di corte d’appello dove la pianta organica dei magistrati supera le 300 unità, il presidente costituisce più uffici elettorali, presso ognuno dei quali sono ammessi a votare non più di 300 magistrati.

Costituito l’ufficio, entro le ore 9, viene dato inizio alla votazione. Tutti i magistrati del distretto, esclusi i magistrati onorari e gli uditori senza funzioni, sono titolari del diritto di elettorato attivo e passivo.

Ciascuno degli elettori, su una apposita scheda, ha a disposizione un massimo di otto voti che vengono espressi per categoria (un effettivo e un supplente per la categoria magistrati di cassazione, due effettivi e un supplente per la categoria magistrati di appello, due effettivi e un supplente per la categoria magistrati di tribunale).

Dopo cinque ore dall’apertura del seggio e dopo che tutti i presenti nell’aula hanno votato, le votazioni vengono chiuse (art. 7, co. 1°). Ultimato lo scrutinio, vengono proclamati eletti i magistrati che in ciascuna categoria, suddivisi per effettivi e supplenti, hanno conseguito il maggior numero di voti. In caso di parità viene proclamato eletto il più anziano (art. 8). Mentre l’originale del verbale delle operazioni elettorali è conservato presso la Corte d’appello, copia ne è trasmessa al Ministero della giustizia.

Eventuali reclami vanno proposti alla Corte di appello entro l’ottavo giorno successivo alla proclamazione e non hanno effetto sospensivo. Sugli stessi la prima sezione della Corte decide in camera di consiglio con ordinanza non impugnabile. Spirato il termine per la proposizione dei reclami, il Presidente della Corte ordina la distruzione delle schede (art. 9).

Se nel corso del biennio il magistrato passa di categoria (ad esempio da magistrato di tribunale a magistrato di appello), decade automaticamente dalla carica. Lo stesso accade in caso di trasferimento fuori dal distretto, di sospensione dalle funzioni, di collocamento in aspettativa, di morte o altro impedimento. In questi casi subentrano i non eletti che, nella stessa categoria, effettivi e supplenti, hanno conseguito il maggior numero di voti, in numero non superiore a tre per gli effettivi e a due per i supplenti. Alla scadenza del biennio anche i membri subentrati cessano dalla carica (art. 6, co. 3° e 4° R.D. Lgs. n. 511/46). Se non è possibile procedere in tal modo alla sostituzione vengono indette elezioni suppletive alle quali si applicano le medesime norme già illustrate (art. 12 D.Lgs. 264/46).

[13] Si è lungamente discusso del potere del C.S.M. di dettare direttive per il funzionamento dei Consigli giudiziari e di sollecitare questi ultimi a specifiche attività. Dottrina e giurisprudenza sono unanimi nel risolvere positivamente la questione, argomentando sulla base del citato rapporto di ausiliarietà tra Consigli giudiziari e C.S.M.

Il Consiglio di Stato, in una importante decisione (sez. VI, 31 marzo 1988, n. 287) ha sostenuto che "le norme primarie esistenti, le quali prevedono che i Consigli giudiziari svolgano un’attività consultiva nei confronti del C.S.M..... e la posizione di vertice attribuita dalla Costituzione al Consiglio superiore della magistratura nell’ordinamento amministrativo della magistratura ordinaria, del quale fanno parte anche i Consigli giudiziari, importano che la relazione fra i Consigli giudiziari e C.S.M. debba essere qualificata di sottoordinazione e di ausiliarietà".

Quando parla di sottordinazione, naturalmente, il Consiglio di Stato non intende subordinazione gerarchica, incompatibile con la natura e le funzioni dei due organi, ma fa riferimento a un rapporto funzionale. Proprio il rapporto così determinato porta a escludere che, al di fuori dei casi previsti dalle leggi e dalle circolari nonché da specifiche richieste del C.S.M., il Consiglio giudiziario sia titolare di un potere autonomo di interlocuzione con l’organo centrale. Per questa ragione non è consentito che il Consiglio giudiziario esprima pareri di ufficio o su richiesta di singoli magistrati al di fuori dei casi previsti. Attività di questo genere, oltre a rimanere prive di giuridica rilevanza, non sono coerenti con la funzione ausiliaria sopra descritta ed esulano, pertanto, dall’ambito delle competenze del Consiglio.

 

[14] Il seggio è composto di cinque magistrati che prestano servizio nel circondario e che non abbiano subito sanzioni disciplinari più gravi dell'ammonimento, presieduto dal più elevato in grado o da colui che vanta maggiore anzianità di servizio o dal più anziano. Sono nominati altresì dal Consiglio giudiziario tre supplenti, i quali sostituiscono i componenti effettivi in caso di loro assenza o impedimento.

[15]    La regione competente sarà quella dove ha sede il distretto di corte d’appello o la maggior parte della sua estensione territoriale.

[16]    Nella risoluzione CSM 25 marzo 1993 (Risposta a quesito inteso a conoscere l’esatta interpretazione dell’art. 53 c.p.p.) si chiarisce che il termine udienza si riferisce a qualsiasi decisione anche camerale che si svolga durante le indagini preliminari; udienza sarà quindi anche quella di convalida dell’arresto o del fermo, quella davanti al tribunale del riesame, in fase di incidente probatorio, ecc . Analoga interpretazione era stata data dallo stesso CSM nella risposta a quesito 3 giugno 1992 (nota 4).

[17]    Risposta a quesito del 3 giugno 1992 “Rapporti tra procuratore della repubblica e i suoi sostituti”.

[18]    In tal senso, vedi Corte cost., sentenza 28 giugno 1973, n. 143 nonché la risoluzione del CSM del 23 aprile 1975.

[19]    Si tratta della avocazione (facoltativa) che può seguire la comunicazione del giudice della fissazione dell’udienza camerale a seguito di mancato accoglimento della proposta di archiviazione da parte del PM (art. 412, comma 2, c.p.p.); dell’avocazione (facoltativa) disposta su richiesta dell’offeso dal reato o dall’indagato a norma dell’art. 412, comma 1, ovvero per mancato esercizio dell’azione penale o dell’archiviazione nei termini previsti dalla legge o prorogati dal giudice (art. 413 c.p.p.); dell’avocazione (facoltativa) disposta dal PG a seguito della comunicazione dell’emissione dell’ordinanza del GIP di integrazione delle indagini preliminari (art. 421-bis, c.p.p.).

[20]    Tanto per coprire i posti dei magistrati di appello, quanto per coprire quelli di magistrato di tribunale, ai sensi dell’art. 117 si procede a concorso con le procedure ordinarie.

[21]    Anche in questo caso al magistrato collocato fuori ruolo potrà essere corrisposto solo un assegno alimentare (v. sopra, art. 7, lett. g), n. 5).

[22]    Sono Uffici di diretta collaborazione del Ministro: a) la Segreteria del Ministro; b) le Segreterie dei Sottosegretari di Stato; c) il Gabinetto del Ministro; d) l’Ufficio legislativo; e) l’Ispettorato generale; f) il Servizio di controllo interno; g) l’Ufficio per il coordinamento dell'attività internazionale; h) Ufficio stampa e informazione. Non compreso tra gli Uffici di diretta collaborazione dal DPR 315/2001 (art. 3) è, invece, il Portavoce del Ministro la cui figura è comunque prevista dall’art. 7 della legge 7 giugno 2000 n. 150 ‘Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni' e dalla Direttiva 7 febbraio 2002 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione pubblica, sull'Attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni.

[23]    Legge 15 dicembre 1990, n. 395 Ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria.

[24]    Legge 21 luglio 2000, n. 205, Disposizioni in materia di giustizia amministrativa.

[25]    L’articolo 18, comma 3, l. n. 205/2000, dispone infatti che: “a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge si applicano, in quanto compatibili, al consiglio di presidenza della Corte dei conti le disposizioni di cui ai commi 1 e 2”.

[26]    La disposizione deriva dall’approvazione dell’emendamento 11.0.500 (testo 3), presentato dal relatore.

[27]    Legge 10 marzo 1987, n. 100, Norme relative al trattamento economico di trasferimento del personale militare.

[28]    La legge fa riferimento al personale delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza.

[29]   Legge 28 luglio 1999, n. 266, Delega al Governo per il riordino delle carriere diplomatica e prefettizia, nonché disposizioni per il restante personale del Ministero degli affari esteri, per il personale militare del Ministero della difesa, per il personale dell'Amministrazione penitenziaria e per il personale del Consiglio superiore della magistratura.

[30]   La legge richiama espressamente l'Arma dei carabinieri, il Corpo della Guardia di finanza, le Forze di polizia ad ordinamento civile, gli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale, nonché il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

[31]    Emendamento n. 11.0.501 (testo 2), presentato dal relatore.

[32]    In base al comma 2 dell’articolo 76-bis, il Procuratore nazionale è scelto tra i magistrati di cassazione che abbiano svolto, anche non continuativamente, per un periodo non inferiore a dieci anni, funzioni di pubblico ministero o giudice istruttore; il prescelto deve aver dimostrato specifiche attitudini, capacità organizzative ed esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata e l’anzianità nel ruolo può essere valutata solo ove risultino equivalenti i requisiti professionali.

[33]   Analiticamente, ai sensi del comma 3 dell’art. 371-bis c.p.p., il procuratore nazionale antimafia: i) d'intesa con i procuratori distrettuali interessati, assicura il collegamento investigativo anche per mezzo dei magistrati della Direzione nazionale antimafia; ii) cura, mediante applicazioni temporanee dei magistrati della Direzione nazionale e delle direzioni distrettuali antimafia, la necessaria flessibilità e mobilità che soddisfino specifiche e contingenti esigenze investigative o processuali; iii) provvede all'acquisizione e all'elaborazione di notizie, informazioni e dati attinenti alla criminalità organizzata; iv) impartisce ai procuratori distrettuali specifiche direttive alle quali attenersi per prevenire o risolvere contrasti riguardanti le modalità secondo le quali realizzare il coordinamento nell'attività di indagine; v) riunisce i procuratori distrettuali interessati al fine di risolvere eventuali contrasti;