XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||||
Titolo: | Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario - Lavori preparatori della Legge 25 luglio 2005, n. 150 -Iter al Senato (A.S. 1296-B e abb.) - Esame in Assemblea: sedute dal 20 settembre al 2 novembre 2004 (Parte VII) | ||||
Serie: | Progetti di legge Numero: 535 Progressivo: 1 | ||||
Data: | 17/10/05 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | II-Giustizia | ||||
Riferimenti: |
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Servizio studi |
progetti di legge |
Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario Lavori preparatori della Iter al Senato (AS 1296-B e abb.) |
n. 535/1 parte VII |
xiv legislatura 17 ottobre 2005 |
Camera dei deputati
La documentazione predisposta in occasione dell'esame del disegno di legge recante la delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario (A.C. 4636) si articola nei seguenti volumi:
- dossier n. 535:contiene la scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa, le schede di lettura ed il disegno di legge A.C. 4636 (parte I); contiene la normativa di riferimento (parte II)
- dossier n. 535/1: contiene i lavori parlamentari alla Camera e al Senato (suddiviso in tredici parti)
- Prima lettura al Senato (A.S. 1296 e abb.)
- Parte I: testo dei disegni di legge
- Parte II: esame in Commissione
- Parte III: esame in Assemblea
- Prima lettura alla Camera (A.C. 4636 e abb.)
- Parte IV: testo dei disegni di legge
- Parte V: esame in Commissione e in Assemblea
- Seconda lettura al Senato (A.S. 1296-B e abb.)
- Parte VI: testo dei disegni di legge e esame in Commissione
- Parte VII: esame in Assemblea: sedute dal 20 settembre al 2 novembre 2004
- Parte VIII: esame in Assemblea: sedute dal 3 al 10 novembre 2004
- Seconda lettura alla Camera (A.C. 4636-bis-B e abb.)
- Parte IX: testo dei disegni di legge, esame in sede referente e consultiva, esame in Assemblea
- Terza lettura al Senato (A.S. 1296-B-bis)
- Parte X: messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica, testo del disegno di legge, esame in sede referente e consultiva
- Parte XI: esame in Assemblea: sedute dal 26 gennaio al 15 giugno 2005
- Parte XII: esame in Assemblea: sedute dal 22 al 28 giugno 2005
- Terza lettura alla Camera (A.C. 4636-bis-D e abb.)
- Parte XIII: Esame in Commissione e in Assemblea
- dossier n. 535/2:contiene le schede di lettura, la normativa di riferimento e l’A.C. 4636-bis-B
- dossier n. 535/3:contiene le schede di lettura e l’A.C. 4636-bis-D.
Dipartimento Giustizia
SIWEB
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: GI0284ag.doc
INDICE
Parte VII
Iter al Senato - seconda lettura
Seduta del 20 settembre 2004 (antimeridiana)
Seduta del 26 ottobre 2004 (pomeridiana)
Seduta del 27 ottobre 2004 (antimeridiana)
Seduta del 27 ottobre 2004 (pomeridiana)
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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678a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MERCOLEDI' 20 SETTEMBRE 2004 |
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Presidenza
del vice presidente MORO, |
Presidenza del vice presidente MORO
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,31).
(omissis)
Discussione dei disegni di legge:
(1296-B) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico (Approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati)
(1262) COSSIGA. – Delega al Governo per il decentramento dei servizi della giustizia, per la riorganizzazione degli uffici giudiziari e per l’istituzione dell’assistente legale-giuridico
(2457) MAGNALBO’ ed altri. – Istituzione del ruolo del funzionario giudiziario
(2629) COSSIGA. - Esame per la valutazione della capacità mentale sotto il profilo psichiatrico e della idoneità psicologica a esercitare le funzioni di magistrato dell’ordine giudiziario
(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge nn. 1296-B, già approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati, 1262, 2457 e 2629.
Ricordo che, ai sensi dell'articolo 104 del Regolamento, oggetto della discussione e delle deliberazioni saranno soltanto le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati, salvo la votazione finale.
Ha facoltà di parlare il presidente della 2a Commissione permanente, senatore Antonino Caruso, per riferire sui lavori della Commissione.
CARUSO Antonino (AN). Signor Presidente, la Commissione giustizia del Senato ha iniziato ad esaminare il disegno di legge, ad essa pervenuto in seconda lettura dopo l’esame da parte della Camera dei deputati, nella seduta del 15 luglio 2004.
La Commissione ha impiegato per i propri lavori complessivamente 18 sedute, di cui quattro in seduta notturna, con un tempo complessivo dedicato alla discussione di circa venticinque ore. Essa non è tuttavia riuscita a completare l’esame istruttorio del disegno di legge che ad essa compete, avendo potuto votare solo l’articolo 1 e recepire le osservazioni dei colleghi relativamente all’illustrazione dei circa 150 emendamenti presentati dai vari Gruppi all’articolo 2. Dunque, l’articolo 2 non è stato votato, né sono stati votati gli emendamenti ad esso relativi.
Nel corso dell’esame di questo disegno di legge la Commissione ha voluto garantire a se stessa, in primo luogo ai colleghi che hanno in particolare atteso all’esame di questo disegno di legge, la massima disponibilità alla discussione ma, come dicevo, non ha completato i propri lavori (e di ciò me ne dispiaccio), che oggi sono affidati all’esame dell’Assemblea del Senato.
Non posso che concludere ringraziando il relatore Bobbio per l’assiduità con cui ha seguito i lavori in queste 18 sedute, per la puntigliosa relazione che ha svolto sul testo pervenuto dalla Camera dei deputati e per la costante attenzione che ha prestato a tutti gli interventi svolti dai senatori.
Devo dire - proprio per consegnare nei suoi termini generali la questione all’Aula - che il dibattito è stato molto lungo e molto articolato, esclusivamente in ragione della complessità e dell’articolazione del disegno di legge in esame. Non vi sono stati interventi banalmente ostruzionistici; tutti i colleghi dell’opposizione e della maggioranza si sono impegnati in un’illustrazione puntuale degli argomenti a sostegno delle modifiche da introdurre o da non introdurre, quindi da respingere, sul testo all’esame.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, in relazione a quanto riferito dal Presidente della 2ª Commissione permanente, senatore Caruso Antonino, il disegno di legge n. 1296-B, non essendosi concluso l'esame in Commissione, sarà discusso nel testo del proponente senza relazione, neppure orale, ai sensi dell'articolo 44, comma 3, del Regolamento, e ciò conformemente alle determinazioni assunte dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari.
In conformità a quanto avvenuto in analoghe circostanze, non esiste, nel caso in questione, un relatore all'Assemblea, tale non potendosi considerare il relatore alla 2a Commissione permanente. Quest’ultima, infatti, come è stato detto, non avendo concluso i propri lavori, non ha conferito specifico mandato di fiducia.
Il testo all’esame dell’Assemblea sarà quindi quello trasmesso dall’altro ramo del Parlamento e in Aula non avranno luogo né la replica del relatore al termine della discussione generale, né l'espressione del parere da parte del relatore su emendamenti e ordini del giorno.
*CALVI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, onorevoli colleghi, intervengo per illustrare una pregiudiziale di costituzionalità. Essa attiene all’articolo 2, comma 1, lettera m), numero 11), e sarà posta in relazione agli articoli 3, 105 e 107, terzo comma, della nostra Carta costituzionale.
Da più parti sono stati sollevati dubbi sulla legittimità costituzionale di questo disegno di legge. Il Consiglio superiore della magistratura, in un suo documento inviato alla Commissione giustizia, ha sollevato ben otto profili di incostituzionalità; altri sono stati indicati da studiosi, da ex presidenti della Corte costituzionale (primo fra tutti, per lucidità di analisi e rigore argomentativo, il professor Elia) e poi anche da magistrati e avvocati.
Dunque, non si può eludere questo tema e noi dell’opposizione lo affronteremo nel modo più esauriente e rigoroso possibile. (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente). Pregherei di ascoltarmi, se possibile, altrimenti credo che lo stare in silenzio sia l’atteggiamento più corretto.
Partirei da una distinzione. La dottrina è solita distinguere tra incostituzionalità specifiche ed incostituzionalità generali, più correttamente definite incostituzionalità di impianto.
Credo occorra necessariamente partire da questa riflessione di carattere dottrinale, cioè dalla cosiddetta incostituzionalità di impianto, perché essa appare uno degli elementi più nuovi anche nella nostra prassi parlamentare.
In questa legge vi è una serie di segmenti che sono di dubbia costituzionalità; certamente alcuni potranno essere più forti, più rigorosi, più seri, altri forse meno, ma credo che tutti abbiano una loro valenza.
Tuttavia, se colleghiamo questi segmenti, vediamo quale effetto provochino non tanto su una norma, ma su un disegno di istituto e cogliamo allora in tutta la sua evidenza l’incostituzionalità del disegno di legge.
Noi possiamo - come faremo, ovviamente - sollevare questioni specifiche, ma se al termine di quest’analisi ci domandiamo se, collegando tutti questi elementi, il Titolo IV della nostra Carta costituzionale ha subìto modifiche, credo che nessuno potrà rispondere in modo negativo.
Osservando con attenzione le modifiche proposte con il disegno di legge al nostro esame, coglierete un elemento di fondo, e cioè che il vulnus principale al Titolo IV della nostra Carta costituzionale riguarda il principio di autogoverno della magistratura, quindi la sua autonomia e indipendenza e, ancora, il principio di eguaglianza.
Se cogliamo il disegno costituzionale (uso questa espressione come ha già fatto la commissione Paladin nel 1991: non è un’invenzione occasionale, ma un istituto già citato da più di venticinque anni) del Titolo IV, potremo vedere come il disegno di legge in esame vìoli proprio quel disegno costituzionale. Questo è il cosiddetto principio della costituzionalità di impianto.
Il Consiglio superiore della magistratura è l'istituto che viene vulnerato in modo più radicale dal provvedimento. Questa credo sia la premessa da cui muovere, prima di affrontare le singole questioni di incostituzionalità.
Noi dell’opposizione consideriamo questo disegno di legge nel suo complesso una violazione del disegno costituzionale attraverso un’incostituzionalità di impianto, perché viene vulnerato il principio di autogoverno della magistratura attraverso il suo istituto fondante (il Consiglio superiore della magistratura), quindi il principio di autonomia e di indipendenza e, di conseguenza, il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge.
Questo è il tema generale sul quale si innesteranno poi le singole eccezioni. Considerato il tempo assai breve assegnato per illustrare le nostre questioni pregiudiziali, procederò velocemente.
Ho detto che il problema specifico che intendo sollevare è relativo al numero 11) dell’articolo 2, comma 1, lettera m). Questa norma prevede che l’esercizio di funzioni direttive o semidirettive, o comunque di incarichi di diretta collaborazione con il Ministro della giustizia, determina un titolo preferenziale. Dico subito, in via del tutto sintetica, che se fossimo ancora prima del 1990 avrei definito questa norma un tipico caso di interesse privato in atti di ufficio. Questa è la definizione più forte che si possa dare a tale elaborazione, ad un’invenzione che, prima ancora di porre problemi di carattere politico e giuridico, credo ponga problemi di ordine morale.
È assolutamente inconcepibile pensare che il Ministro della giustizia possa chiamare a sé un magistrato e che poi questi soggetti, magari in sede di concorso per procuratore della Repubblica di Roma o di Milano, solo per essere stato chiamato dal Ministro, abbia un titolo preferenziale (sebbene a parità di altri titoli) per essere nominato procuratore della Repubblica.
Ritengo non sia possibile non cogliere la gravità di questa situazione. A questo punto, il Ministro della giustizia (ne sto parlando in termini assolutamente generali, non mi riferisco al Ministro attualmente in carica) ha un potere determinante nella scelta del procuratore della Repubblica o di altri capi degli uffici: soltanto in virtù della sua chiamata, un determinato magistrato avrà un titolo preferenziale per assumere un incarico direttivo di grande rilevanza, come può essere quello di procuratore della Repubblica di Roma.
Trovo questa scelta scandalosa. Ho sentito dire che forse la norma sarà ritirata, che ci saranno emendamenti del Governo, ma ciò non toglie nulla alla legittimità della mia richiesta, perché questa è la norma che ora abbiamo di fronte. In ogni caso è grave il solo fatto di averla pensata, presentata e mantenuta fino ad oggi e addirittura di revocarla dopo le critiche ricevute per la sua distonia dal punto di vista sistematico. Tutto ciò è il segno di quella che io stesso ho definito la "incultura" istituzionale con cui questo Governo e questa maggioranza hanno governato la politica del diritto.
Come si può pensare di indebolire l’organo di autogoverno? Tout se tient: si indebolisce l’organo di autogoverno, si indeboliscono l’autonomia e l’indipendenza e quindi si vanificano i poteri del CSM, che è organo di autogoverno, è non solo tutore dell’indipendenza, ma soprattutto tutore della separazione dei poteri tra Esecutivo e giudiziario: tutore, dunque, dell'assetto costituzionale. Indebolendo il principio di autogoverno, è chiaro che prevale l’Esecutivo, che addirittura non governerà soltanto gli indirizzi di politica, come peraltro è suo dovere e sua facoltà, per il bene del Paese perseguendo non interessi particolari e individuali, come invece abbiamo visto in questa legislatura.
Ciò che voglio dire è che si conferisce all’Esecutivo e addirittura al Ministro la possibilità di scegliere in modo decisivo un magistrato che dovrà essere ai vertici di una procura importante.
Dunque siamo di fronte ad una chiara, evidente e solare questione di incostituzionalità. Voglio aggiungere che, prima di essere di fronte ad una norma incostituzionale, ad un grave vulnus politico, siamo di fronte all’esercizio di una "incultura" istituzionale che sfiora veramente l’immoralità politica. (Applausi dai Gruppi DS-U e Verdi-U).
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Ministro, colleghi, intervengo per illustrare una questione pregiudiziale. Il disegno di legge in titolo trasuda incostituzionalità da ogni poro e l’incostituzionalità è la malta con cui il Governo e la maggioranza vogliono costruire una catapecchia.
Per cercare di illustrare brevemente tutta l’incostituzionalità della legge debbo non respirare e non perdere un secondo! È incostituzionale in primo luogo il sistema dei concorsi. L’articolo 107, comma secondo, della Costituzione prevede che i giudici si distinguano soltanto per funzioni. Voi instaurate un sistema meritocratico attraverso un meccanismo farraginoso e complesso di concorsi che contrasta con questo articolo. Rispetto ai concorsi scelgo due autentiche prelibatezze giuridiche di incostituzionalità: l’articolo 2, comma 1, lettera c), prevede i test psico-attitudinali. Vorrei sapere chi decide quali sono i test, i modelli, chi li valuta e con quali criteri, visto che le commissioni di concorso sono composte da magistrati e professori. Ciò significa che la discrezionalità insita nel test psico-attitudinale contrasta con il principio costituzionale (articolo 106) con cui i magistrati sono assunti per concorso.
Ancora: nella valutazione dei magistrati si tiene conto degli esiti dei procedimenti, signori colleghi. Chi deciderà qual è la sentenza giusta? Sarà giusta quella di primo grado, di appello, della Cassazione? Entrando anche questa valutazione, non ci sarà una pesante, pesantissima aggressione al principio che il magistrato è soggetto soltanto alla legge - articolo 101, comma secondo, della Costituzione - e quindi al principio dell'indipendenza del magistrato? Questa è l’indipendenza che voi difendete a parole e contrastate positivamente con ogni norma che cercate di introdurre!
L’organizzazione dell’ufficio del pubblico ministero vìola qualsiasi minimale principio di indipendenza del sostituto, il quale diventa un ectoplasma cieco, muto e sordo che non soltanto deve adottare i criteri generali del suo capo ufficio nell’impiego della polizia giudiziaria, nell’utilizzo delle risorse finanziarie e tecnologiche e nell'impostazione delle indagini (nell’impostazione delle indagini! Il capo dirà di seguire la pista rossa piuttosto che la pista nera, e il sostituto sarà obbligato a seguire tale pista!), ma al quale potrà anche essere revocato l’incarico ad nutum da parte del suo capo.
Eppure, la Corte costituzionale nel lontano 18 luglio 1973, con la sentenza n. 143, aveva affermato che la revoca dell’incarico è un indiretto sindacato del modo in cui in concreto sono state svolte le funzioni e, conseguentemente, che fosse necessario dare la possibilità del ricorso al Consiglio superiore della magistratura rispetto a tale revoca. Voi neppure ponete la possibilità di conoscenza del Consiglio superiore della magistratura rispetto alla revoca!
Con riferimento al sistema disciplinare e a quello sanzionatorio, con l’obiettivo di dare specificità, avete conservato alcune nozioni assolutamente generiche: continua ad essere provvedimento disciplinare il provvedimento abnorme, continua ad essere suscettibile di procedimento disciplinare l’appannamento dell’immagine. Si tratta di normative che, nella loro genericità, mettono a rischio il principio di indipendenza.
Il sistema procedurale disciplinare prevede l’intervento del Ministro. Signor Ministro, questo suo intervento invasivo, onnipresente in campi non suoi! Il fatto che ci siano due pubblici ministeri nel processo, non coordinati e senza gerarchia l’uno rispetto all’altro è in patente violazione del principio della parità delle parti recentemente introdotto nell’articolo 111 della Costituzione. Ma il Ministro ci vuole essere! E ci vuole anche essere per fare opposizione alla richiesta di archiviazione che verrà giudicata da quel Consiglio superiore della magistratura che diventa così incompatibile. Guardate quanti vulnus costituzionali in un punto solo della vostra disciplina!
Il Ministro tenta in tutti i modi di limitare i poteri del Consiglio superiore della magistratura, eppure l’articolo 110 della Costituzione è chiarissimo: "Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia". Eppure, il Ministro della giustizia di questo Governo vuole sostituire l’articolo 86 dell’ordinamento giudiziario vigente con un nuovo testo, secondo il quale il Ministro rende comunicazioni alle Camere non soltanto sull’amministrazione della giustizia - e sin lì sarebbe suo dovere - ma anche sulle linee di politica giudiziaria per l’anno in corso. Signor Ministro, la Costituzione le vieta di dare le linee della politica giudiziaria! Si rilegga l’articolo sui suoi poteri, signor Ministro, nel quale sono definiti in modo chiarissimo: lei ha il potere di disporre l’organizzazione e il funzionamento dei servizi, non già la politica giudiziaria.
Se ne è parlato sin troppo, e forse leggeremo stasera un superemendamento o un maxiemendamento per l’ennesima volta approvato fuori dai lavori della Commissione parlamentare. Debbo protestare, siccome ho diligenza e passione, che i giochi mi si facciano sopra la testa: io voglio partecipare ai lavori parlamentari e credo di averlo dimostrato! Non accetto allora, essendo sempre presente in Commissione, che ad un certo punto mi si dica: tu non lavori più, tu vieni in Aula, ma per valutare qualcosa che è stata decisa in qualche serata romana, di ottobre o di estate.
Questo è disprezzo del Parlamento, signor Presidente; è disprezzo del Parlamento, signor Presidente della Commissione giustizia, e mi rincresce che lei, che è una degna persona, acconsenta al disprezzo del Parlamento.
Allora si pongono i titoli preferenziali per chi va al Ministero così dicendo: se tu partecipi all'attività dell'Esecutivo fai carriera nel giudiziario. Ma io non posso ripetere tutte le volte - Montesquieu si ribalta nella tomba - che voi fate strame della divisione dei poteri di uno Stato democratico e civile. Questi signori, illuminati dalla vicinanza con il Ministro, fanno salti anche in materia di legittimità. (Richiami del Presidente).
Ne avrei ancora per molti minuti, signor Presidente, ma rispetto il tempo tiranno e il suo cortese ammonimento a concludere.
Mi rimane un ultimo interrogativo, signori della maggioranza e signori del Governo: dove pensate di arrivare facendo strame della Costituzione? Pensate che queste siano vittorie? La sconfitta, ancora una volta, ve la darà il popolo italiano. (Applausi dai Gruppi Verdi-U, DS-U e Mar-DL-U).
*AYALA (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
AYALA (DS-U). Signor Presidente, anch’io intervengo per illustrare una questione pregiudiziale.
Volendo procedere per sintesi, nel rispetto del tempo che mi viene assegnato, mi aggancio in particolare all'intervento del collega Calvi che ha illustrato quella che viene definita, da studiosi assai più autorevoli di noi, una sorta di incostituzionalità diffusa, direi sistemica, all'interno del provvedimento in esame. Nell'ambito di questa riconosciuta incostituzionalità concentrerò la mia attenzione in particolare su alcune attribuzioni che il disegno di legge riconosce in capo al Ministro della giustizia, senza assolutamente fare un riferimento personale al ministro Castelli.
Le istituzioni vanno sempre guardate e anche tutelate a prescindere dalle persone che pro tempore le occupano, naturalmente. D'altra parte mi è difficile pensare che i Padri costituenti, a proposito dell'unico Ministro di cui si occuparono in Costituzione, cioè proprio del Ministro della giustizia, potessero immaginare che un giorno tale carica potesse essere ricoperta dall’ingegner Castelli. Per quanto lungimiranti potessero essere e con tutto il rispetto che ribadisco ancora una volta per la persona, si fa fatica ad immaginarlo.
Cosa prevede la Costituzione a proposito del Ministro della giustizia, ripeto l’unico Ministro citato in quella Carta? L'articolo 110 recita: "Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia". Se ne parla anche nell'articolo 107, comma secondo, dove si prevede: "Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare". E qui finisce la dignità costituzionale del Ministro della giustizia.
Se pensiamo a quella che è l'incidenza nella vita istituzionale del Paese dell'amministrazione della giustizia, potremmo dire che il Ministro ha degli incarichi di tipo strutturale e organizzativo. Così vollero i Padri costituenti. Può anche essere sbagliato, ma questa è la Carta costituzionale rispetto alla quale ogni norma di legge ordinaria deve essere compatibile.
Chiedo retoricamente ai colleghi se di compatibilità si possa parlare, rispetto alla figura così delineata, quando il disegno di legge conferisce al Ministro della giustizia la legittimazione a ricorrere - udite, udite - avanti la giustizia amministrativa contro le delibere del Consiglio superiore della magistratura, concernenti incarichi direttivi, che sono state adottate in difformità dal cosiddetto concerto del Ministro o dal suo parere previsto in altra norma del presente disegno di legge.
Quindi, per le delibere di un organo di rilevanza costituzionale, qual è certamente il Consiglio superiore della magistratura, essendo l'azione promossa da un altro organo di rilevanza costituzionale, qual è certamente il Ministro della giustizia (ne parla la Costituzione), sarà il TAR del Lazio, cui va tutto il mio rispetto istituzionale, a pronunciarsi, ad occuparsi della fondatezza o meno della scelta operata dal CSM, da un organo di rilevanza costituzionale.
Ebbene, credo davvero che non si debbano spendere molte parole in proposito, e qui la sintesi mi trova, diciamo così, in discesa. Basti per esempio citare non il modesto pensiero del senatore Ayala, che notoriamente assai poco vale, ma, guarda caso, proprio in tema di incarichi direttivi, due ordinanze (tra le altre, io ho trovato queste, ma ce ne sono altre) della Corte costituzionale: la n. 112 del 2003 e la n. 184 del 1992. Esse stabiliscono che in questi casi (in tema di incarichi direttivi) è l'articolo 134 della Costituzione che va azionato, vale a dire il conflitto di attribuzione. Giammai chiamare un tribunale amministrativo a giudicare sull'operato del Consiglio superiore della magistratura. Quindi, siamo di fronte ad un caso di incostituzionalità patente, non perché chi vi parla così ritiene, ma perché la Corte costituzionale in almeno due ordinanze così ha stabilito.
Seconda questione, ancora più grossolana (ma qui è tutta una gara alla grossolanità, si fa fatica ad assegnare il primo premio): il Ministro della giustizia - che è sempre quello che si deve occupare dell'organizzazione dei servizi - diventa parte processuale, a determinate condizioni che non specifico perché non voglio perdere tempo e perché qualche collega che mi ha preceduto vi ha accennato.
Il Ministro, quello che si deve occupare - lo ricordo ancora una volta - dei servizi e dell'organizzazione giudiziaria e che ha la facoltà di promuovere l'azione disciplinare, nell'ipotesi in cui la sezione disciplinare che dovrà giudicare su quell'azione ritenga di archiviare il provvedimento, ha la legittimazione ad instaurare una sorta di contraddittorio (sempre davanti alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura) nel quale, per le norme stesse che prevedono tutto ciò nel disegno di legge, il pubblico ministero è e rimane il Procuratore generale della Cassazione o un suo magistrato delegato, e in più vi è il delegato del Ministro che agisce ovviamente in un ruolo anch'esso di pubblico ministero, perché è stato il Ministro stesso che ha promosso l'insorgere della questione.
Allora, quante norme della Costituzione vengono violate? Ne scelgo una: l'articolo 111 della Costituzione, il vanto di tutti noi che eravamo qui nella precedente legislatura, che stabilisce il principio fondamentale della parità delle parti in qualunque procedimento; e il procedimento disciplinare è assimilato nella sua disciplina al procedimento penale. Quindi, avremo l'unico caso nella storia giudiziaria italiana (ma mi allargherei, quanto meno anche europea) in cui ci sarà un incolpato che, ad onta della previsione costituzionale della parità delle parti nel processo, dovrà confrontarsi non con un pubblico ministero, come sarebbe fisiologico e normale, ma con due. Grossolanità? È un termine eufemistico.
Vi è poi un'altra bella novità alla quale accenno sinteticamente. Il Ministro della giustizia ogni anno darà comunicazione al Parlamento sull'andamento dell'amministrazione della giustizia; e fin qui, nulla quaestio, potrà presentarsi in Parlamento e offrire dei dati statistici sull'andamento della giustizia; nessun problema (Brusìo in Aula). Se qualche collega, soprattutto della mia parte politica, non dico mi prestasse attenzione, perché escludo che ciò possa avvenire, ma facesse silenzio lo gradirei. Le sarei grato, signor Presidente, se glielo volesse ricordare lei avvalendosi dei suoi poteri.
Ma la cosa più grave è che il Ministro darà comunicazione al Parlamento (cito testualmente) "sulle linee di politica giudiziaria per l'anno in corso". Se io un giorno dovessi diventare Ministro della giustizia (siccome ho rischiato di diventarlo già due volte, escludo che ciò possa mai avvenire, la terza volta l'autobus non passa), non verrei in Parlamento, per rispetto nei confronti della mia persona e del Parlamento stesso. Io Ministro della giustizia, che devo occuparmi dell'organizzazione e dei servizi, vengo a dare le linee di politica giudiziaria al Parlamento? Ma quali linee?
Qual è però il rischio presente in questa norma, che è palesemente incostituzionale perché viola i limiti di cui all'articolo 110 della Costituzione sulle attribuzioni del Ministro della giustizia?
C’è un pericolo che mi auguro sia sfuggito a chi ha concepito questa norma. Chi in realtà fa la politica di contrasto alla criminalità in Italia, avendo l’obbligo di esercitare l’azione penale quanto meno come previsione costituzionale, sono i procuratori della Repubblica. Cosa accadrà allora? Una volta lette le linee di politica giudiziaria che il Ministro illustra al Parlamento ci saranno alcuni procuratori della Repubblica che - a mio parere correttamente - se ne fregheranno totalmente, non avendo il Ministro alcun potere per condizionare la loro attività, essendo soltanto la Carta costituzionale e le norme del codice a guidare l’azione dei procuratori della Repubblica come di tutti i magistrati.
Ma il rischio serio qual è? Che qualche procuratore della Repubblica decida invece di muoversi (per questioni caratteriali o perché magari è uno di quelli gratificati dal privilegio avuto ai fini della carriera per essere stato chiamato per uno o due mesi soltanto, presso quel Ministro) e di prestare ossequio alle indicazioni del Ministro. Quindi, spacchiamo in quattro, in otto, in sedici o in trentadue (scegliamo il numero) due cardini fondamentali della Carta costituzionale: l’autonomia e l’indipendenza del pubblico ministero e l’obbligatorietà dell’azione penale. Questa è una norma eversiva del sistema.
Signor Presidente, devo dire che forse per la prima volta in vita mia sono riuscito a dire tutto quanto intendevo nel tempo che lei cortesemente mi ha assegnato. In conclusione, vorrei sottolineare all’attenzione dei colleghi almeno queste tre a mio parere monumentali questioni di incostituzionalità, che si inseriscono, lo voglio ribadire, in un’incostituzionalità che tale disegno di legge fa divenire sistemica e che lo coinvolge sostanzialmente tutto. (Applausi dei Gruppi DS-U e Mar-DL-U. Congratulazioni).
CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, vorrei illustrare una questione pregiudiziale di costituzionalità che non attiene al merito del disegno di legge ma al procedimento della sua formazione. Mi permetto di ritenere che, sebbene si tratti di questione non afferente al merito, essa non sia meno rilevante e significativa rispetto ad altre, che pure sono state o saranno affacciate dai colleghi dell’opposizione.
Come ha riferito il Presidente della 2a Commissione permanente all’inizio della seduta, noi oggi giungiamo all’esame dell’Aula senza che sia terminato l’esame del disegno di legge da parte della competente Commissione. Ha riferito altresì il presidente Caruso - addirittura come se citasse un "tempario", ma comunque credo apprezzando il lavoro che è stato fatto - che abbiamo celebrato l’esame di questo disegno di legge nel corso di 18 sedute, per una durata complessiva di 25 ore, esaminando, se non ricordo male, circa 135 emendamenti. Ovviamente, molti di questi emendamenti non sono stati trattati e, intendo precisarlo, molti di essi sono stati ritirati da parte dell’opposizione nel corso di tale esame.
L’impostazione che in Commissione è stata data da tutti i rappresentanti dell’opposizione non è stata infatti orientata ad un ostruzionismo sistematico, che comunque, per quanto dirò in appresso non sarebbe a mio parere rilevante, ma ad una trattazione di merito responsabile del disegno di legge assegnatoci. Ciononostante, e anche qui tengo a precisarlo a futura memoria affinché rimanga agli atti parlamentari, non per ragioni endogene di urgenza dei lavori della Commissione o per necessità di occuparsi di altri provvedimenti e neanche per una specifica urgenza ornamentale rispetto al tema in trattazione, ma perché la maggioranza ha stabilito una priorità di carattere politico-propagandistico, che è nota anche dalle dichiarazioni dei suoi massimi esponenti, si è deciso di avviare l’esame dell’Aula senza che fosse terminato l’esame del provvedimento in Commissione e senza relatore.
E’ scaduto il termine di due mesi previsto dall’articolo 44 del Regolamento, ne diamo atto, ma dobbiamo qui richiamare come norma fondamentale e di riferimento l’articolo 72 della Costituzione, che non credo di dover ricordare se non nella parte in cui stabilisce che ogni disegno di legge è esaminato da una competente Commissione parlamentare.
Dunque, ogni disegno di legge non "può essere esaminato", bensì "è esaminato" e quindi l’esame di una Commissione è un elemento essenziale, costitutivo del procedimento di formazione delle leggi.
Aggiungo che l’ultimo comma dell’articolo 72 della Costituzione dice che "La procedura normale" - così la definisce - "di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale" e per altri che non sto qui ad elencare, insomma per una serie di testi normativi che sono ritenuti di particolare pregnanza e significato.
Pertanto, l’intervenuta scadenza di questo termine regolamentare (che, fra l’altro, al di là di un principio di gerarchia delle fonti fra Costituzione e Regolamento parlamentare, è comunque un termine sussidiario rispetto al principio enunciato dalla Costituzione) certamente non giustifica la avocazione del disegno all’esame dell’Assemblea, per una serie di ragioni che, in considerazione del tempo, enuncio brevemente senza spiegarle, anche perché si spiegano da sole.
Intanto il provvedimento è di una delicatezza e di un’ampiezza significative, di grande rilievo: stiamo parlando dell’ordinamento giudiziario e di un testo che nel nostro Paese addirittura è precostituzionale e quindi meriterebbe un esame così pregnante e così incisivo da parametrarsi direttamente alla nuova Costituzione.
Sono state apportate significative modifiche al testo, nella trattazione innanzi alla Camera dei deputati, tant’è che è stata persino posta una questione di fiducia. Cioè, anche in quel ramo del Parlamento si è in qualche modo spezzato il dibattito parlamentare perché si è portato direttamente all’esame dell’Assemblea soltanto quanto determinato dalla volontà della maggioranza e del Governo.
Vi è poi la questione del carattere nominale del termine dei due mesi; fra l’altro, nel caso specifico, vi è stata anche la pausa estiva. È ben vero che noi riconosciamo la correttezza del Presidente, lo abbiamo sempre fatto, e questa è un'altra di quelle occasioni nelle quali il termine per la presentazione degli emendamenti non è stato serrato, ma alla fine ci siamo trovati comunque con una costrizione dei tempi parlamentari e comunque con una compressione immotivata dei tempi posti a disposizione della Commissione per l’esame di un così significativo provvedimento, così radicalmente modificato anche dall’intervento della Camera e comunque così controverso e critico, come sempre noi lo abbiamo definito nei vari passaggi parlamentari.
Vi è poi un rilievo, se non costituzionale diretto, paracostituzionale riguardante l’ordinamento della magistratura. Anche di questo non occorre dare dimostrazione, perché si tratta non di uno dei poteri, ma certamente di una significativa presenza costituzionale nella nostra Carta fondamentale; la magistratura svolge una funzione di rango costituzionale e il suo ordinamento entra in qualche misura, se non in maniera diretta, almeno in maniera indiretta, nell’applicazione dei princìpi costituzionali.
Infine, vi è la natura di legge delega di questo testo, la quale richiede un ancora più pregnante e significativo controllo. Infatti, il Parlamento, nel momento in cui delega e quindi si spoglia della funzione legislativa, deve approfondire quant’altri mai tutta la materia, sapendo che poi non potrà e non dovrà, se non in sede di modifica e di parere sui decreti legislativi delegati, intervenire nuovamente su di essa; deve quindi averne una piena, ampia, approfondita cognizione, così come, del resto, postula l’articolo 72 della Carta costituzionale.
La mancanza di rispetto di questo procedimento è stata ritenuta un vizio nell’ordinamento generale dello Stato, secondo costante giurisprudenza della Corte costituzionale. Ricordo qui per memoria la sentenza n. 9 del 1959, i cui princìpi sono stati ribaditi dalla sentenza n. 178 del 1984, e ricordo, anzi dico a futura memoria, che questo vizio grave del procedimento parlamentare potrebbe essere sindacato dalla stessa Corte in sede di esame del provvedimento, quando e se qualunque giudice rilevasse una questione di costituzionalità che riguardi anche il vizio di formazione del provvedimento.
Dico questo non per una minaccia a futura memoria, ma anzi perché la questione diventa ancora più robusta e significativa e vi è un interesse diretto ed immediato del Parlamento a resipiscere, se possibile, cioè a rientrare nei suoi poteri, rimettendo alla Commissione la trattazione di questo provvedimento finché essa non sarà conclusa.
Peraltro, proprio per le ragioni di merito esposte precedentemente e per quelle formali rappresentate dal Presidente della Commissione giustizia, la definitiva e compiuta trattazione di merito sarebbe di pochissimo momento, di poca sostanza e di non lunghissima trattazione. In tal modo, si completerebbe il percorso costituzionale di trattazione rispettoso dell’articolo 72 della Costituzione e si consentirebbe di emendare un pericolosissimo vizio formale di questo provvedimento. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U. Congratulazioni).
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, anch’io intendo presentare una questione pregiudiziale.
Il tema che voglio sollevare è legato all’indipendenza del pubblico ministero. Si tratta di uno di quegli aspetti che il senatore Calvi faceva rientrare fra le questioni di costituzionalità cosiddette di impianto.
In sostanza, ci troviamo di fronte non ad una violazione specifica dell’indipendenza del pubblico ministero, ma ad una sua fortissima limitazione, attraverso una serie di indicazioni e di previsioni di questo provvedimento. Il pubblico ministero - voglio ricordarlo - è soggetto soltanto alla legge e nella Costituzione è parificato sotto questo profilo al giudice.
Credo che dobbiamo condurre una discussione, come abbiamo cercato di fare in Commissione su questo punto, che non escluda - com’è ragionevole che sia - la presenza di un procuratore capo che fornisce dei consigli, degli orientamenti, che cerca di introdurre un punto di vista, una cultura giuridica all’interno del suo ufficio e cerca di formare a questi orientamenti, in base alla sua esperienza e alla sua sapienza giuridica, i propri collaboratori, i propri sostituti. Ma un conto è pensare ad un procuratore capo che fornisca consigli ed orientamenti e un conto è pensare a un procuratore capo che abbia i poteri previsti all’interno di questo provvedimento, che intervengono in radice sulla capacità di orientamento e di decisione autonoma del pubblico ministero, al punto da limitarne fortemente l’indipendenza in più occasioni.
È previsto ad esempio che i magistrati addetti all’ufficio si attengano ad una serie di criteri determinati (e non suggeriti) da parte del procuratore della Repubblica, nell’adempimento della delega ricevuta, con facoltà di revoca in caso di divergenza o inosservanza dei criteri stessi. Si tratta di criteri generali a cui i sostituti devono attenersi nell’impiego della polizia giudiziaria, nell’utilizzo delle risorse finanziarie e tecnologiche dell’ufficio e nelle impostazioni delle indagini.
Concordo che, nell’utilizzo delle risorse finanziarie e tecnologiche, debbano essere rispettati dei criteri di compatibilità con le esigenze di altri sostituti. Condivido che il sostituto procuratore venga invitato ad operare all’interno di un quadro di compatibilità generali nell’impiego delle risorse finanziarie e tecnologiche. Ma l’impiego della polizia giudiziaria e le impostazioni delle indagini attengono squisitamente alla cultura, all’orientamento e alla capacità di valutazione sul momento del pubblico ministero.
Il sostituto procuratore deve poter liberamente esplicare il suo intuito, la sua capacità investigativa, la sua competenza professionale, maturata magari attraverso una biografia e delle esperienze che sono diverse da quelle del procuratore capo e che possono portarlo, ad un certo momento, a disporre indagini in una direzione o nell’altra, ad avvalersi in un modo o nell’altro della polizia giudiziaria. Quale ragione può portare a pensare che il sostituto debba, su questo, obbedire tassativamente a dei criteri direttivi che vengono fissati dal procuratore capo?
Quante sono le fattispecie reali di decisioni che si vengono a creare all’interno di un’indagine, nell’individuazione di una pista, come diceva prima anche il senatore Zancan? Sono cose che possono maturare anche nel giro di un’ora. Come si fa a pensare che il sostituto procuratore debba su questo attenersi a criteri che sono stati prefissati? Come fa il procuratore ad immaginare tutte le concrete fattispecie e come fa il sostituto procuratore a chiedere l’autorizzazione ogni volta? Viene previsto anche questo: chiedere il previo assenso del procuratore della Repubblica o del procuratore aggiunto delegato, laddove le misure che egli deve adottare incidano o richiedano di incidere su diritti reali o sulla libertà personale.
Ci rendiamo conto che nelle grandi sedi giudiziarie questo implicherebbe, da parte del procuratore capo, una consapevolezza degli atti o una informazione sugli atti tale che a questo punto potrebbe essere perfino di pregiudizio ad un procedere spedito ed adeguato della giustizia? Il procuratore capo che deve dare il previo assenso: ma in sedi come quelle di Milano, Roma, Napoli o Palermo come farebbe il procuratore capo, o un suo procuratore aggiunto, ad avere tutti gli elementi in mano per dare il proprio assenso? Questo assenso si deve presupporre informato, altrimenti sarebbe soltanto di autorità. È questa la nostra perplessità, perché il procuratore capo non può dare un consenso informato su tutti gli atti che non soltanto limitano ma possono incidere sulla libertà personale o sui diritti reali.
Apro una parentesi: evidentemente la libertà personale viene considerata un bene così alto da richiedere che ci sia il previo assenso del procuratore capo, ma noi abbiamo appena discusso una legge in cui si può intervenire sulla libertà personale attraverso il giudice di pace. Questa è una bella contraddizione, ed è anche uno scherzo del destino che noi siamo chiamati a discutere uno dopo l’altro due provvedimenti informati a principi radicalmente contrastanti e contraddittori.
Credo che non possiamo accettare l’idea che il procuratore capo oltre ad esercitare quelle normali facoltà di orientamento che gli devono essere riconosciute in funzione del suo ruolo, in funzione della sua esperienza, possa intervenire in maniera così dettagliata e precisa nel fissare criteri e nel dare autorizzazioni.
Abbiamo, nella nostra memoria, l’esperienza di sostituti che hanno agito di testa loro in modo cervellotico, ma mi sembra che in questa legge abbiamo fissato tanti di quei paletti - a dire della maggioranza - che non dovrebbe più scapparci il magistrato pazzo. Io penso che ci sarà lo stesso, nonostante i test psico-attitudinali, anzi, forse grazie a questi test qualche magistrato pazzo in più ci sarà. Ma non è sicuramente questo il criterio, quello del controllo da parte del procuratore su tutti gli atti dei pubblici ministeri.
Abbiamo l’esperienza dei "porti delle nebbie", dove ogni tanto qualche sostituto procuratore riusciva a rendere giustizia e a fare qualche indagine proibita. In questo modo, però, i "porti delle nebbie" saranno un blocco assoluto, magari in una grande sede giudiziaria, per impedire ad ogni sostituto procuratore di intraprendere la propria azione investigativa in piena libertà, tanto più se accadrà quello che è previsto in questo provvedimento, ma si dice che forse non accadrà più, e cioè che i ruoli di massima responsabilità andranno a coloro che avranno avuto il privilegio di obbedire al Ministro della giustizia in qualche stanza del Ministero.
Credo davvero che queste norme, così come previste, cozzino contro il principio dell’indipendenza del pubblico ministero. Sono norme costituzionalmente rilevanti, scritte in Costituzione e costituzionalmente protette.
Non credo che possiamo privarci di questo principio che è di garanzia per tutti i cittadini; è un principio che si ricollega anche strettamente con quello dell’obbligatorietà dell’azione penale previsto nell’articolo 112 della Costituzione. Per questo ho parlato di una questione di costituzionalità di impianto.
Inoltre, vi è una questione di costituzionalità che forse non siamo abituati a sollevare. Ci sono anche princìpi generali che la nostra Costituzione non fissa perché non può nemmeno immaginare che vengano violati. E uno di tali principi è quello della comprensibilità delle leggi. Questa legge sembra scritta da un pazzo che abita in una stanza del Ministero e che si è divertito a gettare i semi della sua pazzia su coloro che devono operare nella giustizia.
CASTELLI, ministro della giustizia. Sia più rispettoso dei colleghi!
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Basta leggerla! È scritta da un pazzo...
PRESIDENTE. Per favore, senatore Dalla Chiesa. Concluda il suo intervento.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Le lettere dell’alfabeto e i numeri si inseguono vorticosamente, impedendo anche agli specialisti di capire che cosa stanno facendo.
CASTELLI, ministro della giustizia. Lei è analfabeta; non è colpa di chi scrive!
PAGANO (DS-U). Silenzio!
PRESIDENTE. Fate finire il senatore Dalla Chiesa.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Lo ribadisco: è una legge scritta da un pazzo. Imparate a scrivere!
CASTELLI, ministro della giustizia. Impari a leggere!
PRESIDENTE. Il Ministro risponderà successivamente.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Un demente ha scritto questa roba e qualche complice di questa pazzia ha pensato di portarla in Parlamento. Sfido a portarla in televisione e a dire che questa è una legge che serve a fare chiarezza e limpidezza nella giustizia ed è al servizio dei cittadini. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U. Congratulazioni).
PRESIDENTE. Rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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679a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MERCOLEDI' 20 OTTOBRE 2004 |
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Presidenza
del presidente PERA,
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Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1296-B) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico (Approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati)
(1262) COSSIGA. – Delega al Governo per il decentramento dei servizi della giustizia, per la riorganizzazione degli uffici giudiziari e per l’istituzione dell’assistente legale-giuridico
(2457) MAGNALBO’ ed altri. – Istituzione del ruolo del funzionario giudiziario
(2629) COSSIGA. - Esame per la valutazione della capacità mentale sotto il profilo psichiatrico e della idoneità psicologica a esercitare le funzioni di magistrato dell’ordine giudiziario
(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1296-B, già approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati, 1262, 2457 e 2629.
Ricordo che, ai sensi dell'articolo 104 del Regolamento, oggetto della discussione e delle deliberazioni saranno soltanto le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati, salvo la votazione finale.
Ricordo altresì che nella seduta antimeridiana il Presidente della 2a Commissione permanente ha riferito sui lavori della Commissione e da parte di alcuni colleghi sono state avanzate delle questioni pregiudiziali.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, vorrei avanzare anch’io una questione pregiudiziale, perché la storia, quasi tutta extraparlamentare, di questo disegno di legge dimostra - a mio avviso - una volontà precisa del Governo. Anche in quest'ulteriore recita che si celebra in Aula l’unica certezza incontestabile è che ancora una volta gli interpreti sono delle semplici comparse chiamate a declamare un copione scritto e modificato fuori campo.
Tanta incauta superficialità istituzionale, oltre che mortificare il Parlamento dovrebbe umiliare i colleghi della maggioranza che evidentemente godono di una prognosi di inaffidabilità da parte del loro stesso Governo. Non esiste più alcun apporto costruttivo delle Commissioni e dell’Assemblea. Quella costruzione progressiva e dialettica nella formazione delle leggi, così come prevista dalla nostra Costituzione agli articoli 70 e seguenti, è un bizantinismo, un orpello da rimuovere. La sovranità del Parlamento si esprime da sempre con lo strumento tipico della legge. Voi state sottraendo al Parlamento la sua unica e più alta funzione.
Ricordava questa mattina il senatore Cavallaro che l’articolo 72 della Costituzione prevede espressamente che ogni disegno di legge venga esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che lo approva articolo per articolo e con votazione finale. Cosa accade, invece, per l’ennesima volta sull’ordinamento giudiziario? Accade che avete evitato ogni accurato esame in Commissione.
È questa la verità, senatore Caruso, e adesso in Aula saremo costretti a votare un testo che ancora non è stato comunicato, il cosiddetto maxiemendamento, che è stato partorito altrove.
Le riunioni notturne dei presunti saggi - incauti emulatori della mitica banda dei quattro, direbbe un mio valoroso collega che non vedo in Aula - partoriranno ancora una volta un mostro giuridico, perché lo spirito che li guida non è quello di affrontare compiutamente e alla luce del sole i problemi del sistema giustizia e del suo ordinamento, ma quello di far materializzare una politica di annessione e controllo che intacca il principio di separazione dei poteri e ha l’unico effetto taumaturgico di far rinsaldare le file alla magistratura e di far apparire veniali i difetti di un sistema che invece andava correttamente modificato perché inefficace ed obsoleto.
Avreste potuto affrontare un confronto di merito nelle Commissioni e nelle Aule parlamentari, ma non avendo compreso la dimensione culturale del ruolo che esercitate preferite rinchiudervi nel segreto delle vostre tane per partorire dei mostri.
Il fatto più grave, a mio avviso, nasce dalla considerazione che le vostre scelte dissennate provocheranno ulteriori disservizi al Paese, ingesseranno il sistema e aumenteranno l’inefficienza.
Veniamo ora alla pregiudiziale specifica che intendo trattare. Il disegno di legge in esame, nel dettare una nuova disciplina del procedimento disciplinare a carico dei magistrati, prevede una anomala partecipazione attiva del Ministro della giustizia nelle varie fasi di detto procedimento disciplinare attraverso la facoltà di proporre opposizione alle declaratorie di non luogo a procedere (articolo 2, comma 7, lettera e), numero 2); il potere di richiedere la modificazione della contestazione (articolo 2, comma 7, lettera e), numero 3) e il potere di designazione di un magistrato dell’Ispettorato generale che partecipa attivamente al procedimento disciplinare (articolo 2, comma 7, lettera e), numeri 9 e 10).
Il coinvolgimento con un ruolo attivo del Ministro nel procedimento disciplinare non appare assolutamente conforme al modello costituzionale, che all’articolo 107, secondo comma, prevede esclusivamente, con una delimitazione precisa e insuperabile, il potere ministeriale di promozione dell’azione innanzi al CSM.
Su tale disposizione costituzionale non ha inciso neanche il progetto di riforma, tuttora in discussione, facendo ritenere che tale principio debba essere considerato ormai pienamente cristallizzato anche dall'improvvisato legislatore attuale.
Ed allora, come consideriamo compatibili con il nostro sistema costituzionale le nuove funzioni affidate al Ministro? Con l'articolo 107 il legislatore costituente intese chiaramente configurare il Ministro della giustizia esclusivamente come soggetto esterno al procedimento disciplinare, in virtù del principio della separazione dei poteri.
È chiaro, quindi, che le norme sull'ordinamento giudiziario non possono derogare a tale principio, né può supporsi che il legislatore costituente abbia inteso ammettere tale possibilità di deroga attraverso il quarto comma dello stesso articolo 107, giacché esso - come tutti sappiamo - è espressamente limitato al pubblico ministero. Limitazione dei poteri del Ministro alla sola possibilità di instaurare il procedimento che si spiega con la precisa volontà di rafforzare l'autonomia e la separatezza del Consiglio superiore della magistratura dal Ministro, come comprovato dalla circostanza che la Costituzione non prevede la partecipazione del Ministro ai lavori del Consiglio.
Le disposizioni in esame configurano, invece, una sorta di partecipazione diretta e/o occulta del Ministro attraverso la longa manus dei suoi delegati ai lavori del CSM.
Allo stesso modo, il riconoscimento di un potere di opposizione del Ministro alla richiesta di declaratoria di non luogo a procedere si pone del tutto al di fuori del sistema, configurando il Ministro alla stessa stregua dell'incolpato per il quale soltanto opera la garanzia prevista dagli articoli 24 e 113, ovvero quale sorta di organo tutore e di controllo del CSM con poteri anche maggiori del Procuratore generale.
Ecco perché - e concludo - allo stato degli atti e con riferimento del testo giunto in Aula, in attesa che dall'esterno giunga non si sa bene cosa, per evitare problemi di promulgazione, o comunque per evitare che la Corte costituzionale debba nuovamente intervenire, chiedo all'Assemblea di voler valutare la fondatezza della pregiudiziale illustrata, disponendo di non procedere all'esame del disegno di legge in discussione. (Applausi del Gruppo Mar-DL-U).
BATTISTI (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BATTISTI (Mar-DL-U). Signor Presidente, intervengo per illustrare una questione pregiudiziale. In relazione a tale questione, credo che molti siano i dati che dovrebbero farci riflettere sulla funzionalità del sistema giustizia e sull'amministrazione complessiva della macchina della giustizia.
Già questa mattina abbiamo discusso un provvedimento, quello relativo alla modifica della legge Bossi-Fini, che rimanda al giudice di pace, anziché a quello ordinario, il giudice togato, l'esame di alcuni provvedimenti in materia di libertà. È un tema questo - quello appunto che impegnerà il giudice di pace - che ci preoccupa non solo per motivi di carattere generale, ma anche riguardo all'efficienza dell'ufficio del giudice di pace che, ritengo, si vedrà sommerso di convalide, con una evidente problematica a causa dei numerosi procedimenti a lui affidati.
Il tema della funzionalità della giustizia ritorna anche in questa occasione e ritorna anche alla luce dei dati di cui disponiamo. Si tratta ovviamente di dati a disposizione di tutti, che derivano dall'ultima relazione del Procuratore generale, nella quale si evidenziano 6.049.000 nuovi procedimenti, 5.743.000 procedimenti pendenti e, rileva sempre il dottor Favara, vi è una accentuata riduzione dei procedimenti definiti (5.852.000, pari al 4,6 per cento in meno).
A fronte di questi dati vi sono quelli relativi alla durata dei processi penali, in cui la fase delle indagini preliminari passa da 381 a 390 giorni e, in riferimento al giudice di pace - nota sempre il procuratore - vi è un generalizzato e consistente aumento di durata di tutte le fasi successive: davanti al GIP, si passa da 251 a 324 giorni di media, davanti al tribunale da 321 a 341 giorni ed in Corte d'appello da 495 a 543 giorni. Dati altrettanto allarmanti (non proseguo nella disamina di numeri) sono quelli, egualmente noti, che riguardano la giustizia civile.
Il tema oggetto della questione che noi solleviamo si riferisce agli articoli 97 e 111 della Costituzione. Abbiamo rilevato come la serie di passaggi relativi ai concorsi ed alle selezioni si tradurrà in una difficilissima realizzazione pratica, con la costituzione di un numero enorme di commissioni giudicatrici, composte per buona parte da magistrati i quali affideranno una porzione rilevante del loro tempo allo studio ed alla preparazione dei concorsi, distogliendo evidentemente quel tempo dalle attività istituzionali.
Questo, secondo noi, si traduce in un grave problema di funzionalità, riguardo al quale, per un verso, è stata parzialmente accolta dalla maggioranza la nostra sollecitazione, proprio con l'indicazione - non a tutto tondo come noi chiedevamo - di quella sorta di manager della giustizia che sia in grado di organizzare il lavoro della magistratura, ma - lo ripeto - l’accoglimento è stato parziale e si è, al contempo, fissato un principio: che la giustizia, come tale, cioè, in riferimento al servizio che deve fornire ai cittadini, deve essere anche efficiente e funzionare come qualsiasi altro ramo della pubblica amministrazione.
Si è scritto che il complessivo sistema dei concorsi che con questo disegno di legge si delinea per l'attribuzione delle funzioni di appello, sia giudicanti sia requirenti, per l'attribuzione di funzioni di legittimità, anche in questo caso giudicanti e requirenti, per il conferimento di funzioni semidirettive e di funzioni direttive, per il passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti e viceversa avrà un impatto organizzativo che certamente produrrà effetti negativi. Anche in questo caso vi sono dati certamente pregressi, che quindi non possono essere puntuali e precisi rispetto a quello che ci si aspetta, ma che comunque possono darci il segno di quanto tale impatto possa essere imponente.
Con l'attuale sistema, chiaramente più agevole rispetto a quello che noi prefiguriamo, sono state valutate circa 2.000 domande per l'assegnazione di 250 posti; tutti i tempi, rispetto alle attuali procedure, si dilatano in maniera eccessiva. Le stesse preoccupazioni vanno espresse riguardo al sistema di concorsi per l'attribuzione di incarichi direttivi e semidirettivi, ove si consideri soltanto che il numero di posti messi a concorso negli ultimi quattro anni è di 233 incarichi direttivi e 399 semidirettivi, il che ha determinato un numero di domande pari, rispettivamente, ad oltre 6.100 e a circa 3.000.
È chiaro che questi dati saranno esponenzialmente aumentati dalla nuova normativa. La nostra evidente preoccupazione è che ci sia un ulteriore e marcato rallentamento dei tempi dei processi penali, civili e amministrativi e che ci sia una lesione del buon andamento della pubblica amministrazione, così come dettato dall’articolo 97 della Costituzione.
Sono questi i motivi che ci hanno spinto a presentare una questione pregiudiziale, con la quale chiediamo di non procedere all’esame del provvedimento alla nostra attenzione. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U e del senatore Calvi).
FASSONE (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, intendo illustrare la questione pregiudiziale, se ne avrò il tempo, sotto tre ulteriori profili. In difetto, la prego fin d’ora di autorizzarmi a consegnare un testo scritto per le argomentazioni che non riuscirò a svolgere oralmente.
Onorevoli colleghi, quando in quest’Aula vengono svolte questioni pregiudiziali, esse cadono per lo più in un atteggiamento di indifferenza, se non addirittura di insofferenza, quasi che fosse una stanca liturgia che l’opposizione celebra non avendo altre munizioni se non queste cartucce a salve ammantate da retorica costituzionale.
Non è sempre così, anzi da qualche tempo spesso non è così. Spesso all’indifferenza subentra uno stupore, magari anche uno stupore rancoroso, quando, ora la Corte costituzionale, ora la Presidenza della Repubblica, ora l’Unione Europea, ora altre istituzioni dichiarano formalmente che quelle questioni non erano campate in aria. Io credo che ciò accadrà anche con questo testo di legge.
Il primo profilo di incostituzionalità che intendo illustrare riguarda il comma 1, lettera a), n. 4), dell’articolo 2, che ormai raccoglie tutto il testo della delega e attiene alla materia della separazione delle carriere.
La separazione delle carriere è diventata una parola mito, si è sovraccaricata di valori simbolici, di attese e di significati ulteriori rispetto al suo dato meramente strumentale. È un fatto comunque che la separazione della carriera, in senso forte e pieno, non è possibile a Costituzione vigente, stante lo sbarramento operato dall’articolo 104. Allora, Governo e maggioranza hanno cercato di realizzare una separazione delle carriere in senso debole o incompleto. Nella precedente lettura davanti al Senato questo obiettivo fu perseguito attraverso i concorsi distinti. Noi sollevammo ripetute obiezioni, delle quali non si tenne conto.
La Camera ha abbandonato questa formula, evidentemente constatando che essa non era seriamente praticabile. Allora, maggioranza e Governo escogitano un’altra procedura, quella della cosiddetta irreversibilità della scelta. L’aspirante magistrato deve dichiarare, nella domanda, quale funzione intenderà svolgere, se requirente o giudicante. Se supererà l’esame verrà assegnato alla funzione prescelta, nei limiti della disponibilità dei posti. Se non riuscirà ad ottenere la funzione prescelta o, se una volta ottenutala, cambierà orientamento nell’arco dei primi tre anni, potrà esercitare ulteriormente la scelta di chiedere la funzione diversa, ivi rimarrà per tutto il resto della carriera.
Un disposto del genere entra già in forte tensione, non voglio parlare direttamente di incostituzionalità, non mi spingo a tanto, con l’articolo 106 della Costituzione, il quale stabilendo che alla magistratura si accede attraverso concorso, evidentemente abilita colui che lo supera a tutte le funzioni magistratuali e non solo a parte di esse. Al che mi si obietta che effettivamente il candidato che supera il concorso eserciterà la funzione prescelta, ovvero potrà, entro tempo molto breve, esercitare l’altra funzione.
Già ci sarebbe da obiettare su un termine di decadenza così stretto come quello di tre anni nell'arco di una carriera di circa quaranta, ma anche questo può sottrarsi alla censura di illegittimità costituzionale; ciò che invece a mio giudizio non si sottrae è il fatto combinato con quelle disposizioni per cui il magistrato non riesce ad ottenere di svolgere la funzione prescelta.
Da anni si sta verificando un forte afflusso dalla funzione requirente alla funzione giudicante, perché i magistrati temono di rimanere intrappolati in una funzione che si avvia a diventare fortemente gerarchizzata e comunque è monocorde, precludendo tutta una serie di altri mestieri magistratuali.
Il risultato è, e vieppiù sarà, la progressiva rarefazione dei posti nella funzione giudicante. Per cui avverrà con sostanziale certezza che molti candidati i quali esprimeranno la scelta per la funzione giudicante non potranno essere accontentati perché la loro preferenza non è un titolo assoluto ma soltanto nei limiti della disponibilità dei posti.
Questo pericolo è tanto vero che lo stesso relatore in sede di prima lettura si espresse contro una soluzione del genere proprio paventando che le scelte avrebbero o determinato un adeguamento dei posti, idea impensabile, o un mancato accoglimento delle scelte stesse.
Oggi il problema ritorna e quel che è peggio è che non si può nemmeno dire che se anche il magistrato viene inizialmente destinato a funzione diversa da quella prescelta potrà cambiare opinione e richiesta nell'arco dei tre anni, perché anche in questo caso il mutamento deve avvenire per posti disponibili e per giunta in un distretto diverso.
Quindi, è altamente probabile che molti non potranno essere accontentati, né in prima battuta, né in seconda e quindi saranno costretti ad esercitare per tutta la carriera una funzione diversa da quella prescelta. Come la monaca di Monza: detto quel fatale sì sarà monaca per sempre, cioè sarà pubblico ministero per sempre, anche se non lo vorrà.
Ciò non solo nuocerà sicuramente all'amministrazione del personale in senso lato, perché un magistrato demotivato che fa controvoglia il suo lavoro è estremamente nocivo ad una funzione che Dio sa quanto abbia bisogno di dedizione, entusiasmo e spontaneità, ma è sicuramente in contrasto con il combinato disposto dell'articolo 106, già richiamato, e dell'articolo 51 della Costituzione, secondo il quale i cittadini hanno diritto di accedere ai pubblici uffici secondo i requisiti di legge. Qui il requisito di legge è il superamento di un concorso al quale però si abbina la preclusione dell'ufficio richiesto. Ecco perché ritengo assai seria tale questione.
Signor Presidente, non so se ho ancora tempo per affrontare molto brevemente la seconda questione.
PRESIDENTE. Lei dispone di due minuti e quaranta secondi.
FASSONE (DS-U). Non chiederò di più. La questione in oggetto riguarda un tema toccato dal collega Manzione, e cioè l'articolo 2, comma 7, lettera e), numero 2), a proposito del procedimento disciplinare. In questa che potremmo iperbolicamente definire una corazzata disciplinare agiscono due soggetti nella pubblica accusa: il Ministro e il procuratore generale.
Altri profili sono già stati accennati e me ne dispenso, uno è però di evidente e solare illegittimità costituzionale. Nel caso in cui il procuratore generale, a conclusione dell'indagine, decida di chiedere il non luogo a procedere il Senato aveva già previsto, e giustamente, che il Ministro, che è il vero titolare dell'azione disciplinare, se è di contrario avviso, possa chiedere al Consiglio superiore della magistratura il giudizio.
Questo era sufficiente, giusto e idoneo ad assicurare la prevalenza della volontà del Ministro. Ma una sorta di ingordigia normativa ha toccato il testo nel passaggio alla Camera, per cui si è previsto anche un potere di opposizione del Ministro alla richiesta di archiviazione del procuratore generale. Su questa opposizione decide il Consiglio superiore della magistratura. Ma chi fa parte del Consiglio superiore della magistratura? La sezione disciplinare, perciò proprio nel caso in cui il Ministro abbia ragione, proprio nel caso in cui la sua opposizione venga riconosciuta fondata, quella sezione disciplinare che gli ha dato ragione non potrà poi conoscere l'oggetto dell'incolpazione per un'incompatibilità testuale più e più volte sancita dalla Corte costituzionale secondo cui un giudice non può esaminare un oggetto su cui ha già espresso il suo giudizio. Se la prima eccezione era molto solida questa mi pare assolutamente insuperabile ed invito a prenderne in considerazione.
Quanto alla terza questione, rassegno il testo scritto, chiedendo alla Presidenza di poterlo allegare al Resoconto della seduta odierna. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e Verdi-U. Congratulazioni).
PRESIDENTE. L'autorizzo in tal senso.
MARITATI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARITATI (DS-U). Signor Presidente, anch’io le chiedo di essere autorizzato a consegnare agli atti il testo del mio intervento, qualora non riuscissi a completarlo nel tempo accordatomi.
Intendo esporre alcune considerazioni in merito all’illegittimità costituzionale dell’articolo 5 del disegno di legge in esame, in relazione agli articoli 107 e 112 della Costituzione.
È stato già più volte evidenziato in questa sede e anche in Commissione come il disegno di legge al nostro esame abbia subìto rimaneggiamenti e correzioni, al punto che siamo chiamati oggi a discutere e a decidere su un testo del tutto difforme da quello proposto agli inizi della legislatura. Segno, questo, dell’incertezza che pervade una maggioranza che sembra, però, ritrovarsi compatta nella volontà pervicace di voler ridimensionare il ruolo della magistratura, soprattutto nel delicato momento, che compete a questo potere dello Stato, di controllo di legalità, e questo è quanto mai chiaro. Traspare l’intento di restringere l’effettiva possibilità per i magistrati di attendere pienamente a tale fondamentale e delicato ruolo di garanzia che il Costituente gli ha assegnato.
I limiti posti al legislatore ordinario dalla Costituzione, a presidio dell’indipendenza della magistratura, per l’attuale maggioranza rappresentano unicamente fastidiosi impedimenti a legiferare e a governare, che comunque debbono essere aggirati a tutti i costi.
L’intento traspare in molti punti della prospettata riforma, ma là dove sembra non trovare ritegno è nella parte che attiene alla ristrutturazione dell’ufficio del pubblico ministero, la cui organizzazione è concepita e proposta con un’esasperata gerarchizzazione, che peraltro risulta del tutto sottratta ad ogni reale controllo da parte del Consiglio superiore della magistratura.
Questa impostazione non può che incidere negativamente su due princìpi fondamentali: quello della pari dignità istituzionale di tutti i magistrati, che - dice la Costituzione - si distinguono tra loro solo per diversità di funzioni, e quello che il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale.
L’articolo 5 del disegno di legge in esame, nell’ultima versione rimaneggiata e corretta, ci ripresenta, ad esempio, la funzione dell'aggiunto, evidentemente perché qualcuno alla Camera, tra voi della maggioranza, avrà pure compreso che senza questa figura non è concepibile una corretta ed efficace gestione di quasi tutti gli uffici di procura.
Tuttavia, in conformità ad una logica che reputo perversa, tale figura è stata sottratta al vaglio e alla nomina del Consiglio superiore della magistratura e affidata alla discrezionalità del capo dell’ufficio, che potrà delegare e quindi revocare la delega all'aggiunto senza il rispetto di criteri predeterminati, così come potrà delegare i sostituti procuratori… (Brusìo in Aula). Signor Presidente, posso cortesemente chiederle un aiuto? (Richiami del Presidente).
PRESIDENTE. Colleghi, vi ho già richiamato. Per favore, c’è troppo brusìo.
MARITATI (DS-U). Così come - dicevo - potrà delegare i sostituti procuratori per la trattazione di una o più indagini preliminari e successivamente privarli della titolarità dell'indagine, senza obbligo alcuno di rispettare criteri predeterminati.
Nello stesso articolo fa capolino lo strumento dei "criteri" che il procuratore dovrà indicare, ai quali dovrà conformarsi nell'affidare, però, solo alcune categorie di affari giudiziari (indagini) ai sostituti (dipendenti) del suo ufficio.
Ora, viene spontaneo chiedersi perché mai, dopo essere stata riconosciuta la valenza dei criteri cui un dirigente deve uniformarsi nel distribuire gli affari giudiziari, questa regola dovrebbe valere solo per taluni affari - presumibilmente quelli di minore importanza - e non per tutti.
È una previsione che denota ancora una volta la volontà di questa maggioranza di dar vita ad uffici di procura simili ad organismi di tipo militare arcaico; e dico "arcaico" perché oggi anche l'organizzazione militare riconosce autonomia e indipendenza ai quadri intermedi.
Escludere alcuni affari giudiziari dal sistema dell'assegnazione in forza di criteri obiettivi e prestabiliti vuol dire unicamente che si intende prevedere la possibilità di controllare la gestione delle indagini che riguardino particolari interessi in modo del tutto tranquillo per il potere, che tende evidentemente a rendere i capi degli uffici del tutto "affidabili" e comunque proni al potere dominante.
Sì, signor Ministro, lei non sta inventando nulla di nuovo, perché questo è un criterio molto antico, già sperimentato nella storia dell’inciviltà giuridica: blandire i capi degli uffici e neutralizzare la gran parte dei magistrati. Come li si blandisce? Con una carriera per titoli, con i favori ministeriali, favorendo coloro i quali lei stesso, o chi per lei, successivamente, chiamerà ad occupare posti amministrativi in seno al Ministero e vedrà una carriera agevolata. Gli incarichi extragiudiziali, quegli incarichi che avrebbero dovuto essere già cancellati dal nostro sistema giuridico, vengono riabilitati, rilegittimati perché si chiede soltanto una formale pubblicità, peraltro già esistente.
Questo è il sistema attraverso il quale voi volete cambiare la magistratura italiana. Nella stessa lettera dell’articolo 5 si legge che il procuratore aggiunto e i magistrati delegati al compimento di affari o di singoli fatti devono attenersi all’adempimento della delega, con facoltà per il procuratore capo di revocare la delega conferita in caso di divergenza o inosservanza dei criteri. Appare lecito chiedersi: ogni tipo di divergenza? Qualsiasi inosservanza dei criteri? Tutto questo non è chiarito.
Appare, quindi, singolare questa procedura tutta improntata all’arbitrio del procuratore capo che decide, senza rispetto di regole, se conferire o meno la delega alla trattazione di affari giudiziari, a chi conferirla, quando ritiene di essere in dissenso con il magistrato procedente e quindi di inviare al procuratore generale della Cassazione la revoca delle deleghe e le eventuali osservazioni dei magistrati coinvolti in questa sorta di procedura di conferimento, revoca e anticipo di una non meglio precisata procedura a carico dei malcapitati magistrati dipendenti dal capo assoluto dell’ufficio.
Infine, la previsione più inquietante, che prevede addirittura l’obbligatorietà di inserire nel fascicolo personale del magistrato la revoca e le eventuali osservazioni e, par di capire, nulla più. Insomma, sarà sufficiente che un malcapitato sostituto nominato aggiunto ponga in essere un atto o un comportamento non condiviso dal suo capo perché questo gli rovini la carriera, giacché il provvedimento di revoca dell’incarico a trattare un caso verrà inserito d’ufficio nel suo fascicolo personale.
Certo, non abbiamo mai negato che occorrono regole in grado di temperare eccessi ed abusi, che pure vi sono stati, da parte di magistrati inidonei e scorretti, ma nel contempo regole che garantiscano i magistrati da abusi e prevaricazioni interne, ad opera dei dirigenti di un ufficio ai quali certo potranno essere conferiti maggiori poteri, ma nel rispetto di regole predeterminate, in grado di assicurare una gestione armonica dell’ufficio di procura, nel rispetto, però, dei ruoli e delle competenze di tutti i componenti dell’ufficio stesso. Il valore dell’indipendenza la Costituzione lo ha chiarito ampiamente; va tutelato da interferenze esterne, ma anche da interferenze interne.
La norma prevede poi la possibilità per il procuratore di fissare i criteri generali cui i magistrati addetti all’ufficio debbono attenersi nell’impiego della polizia giudiziaria, nell’utilizzo delle risorse finanziarie e tecnologiche dell’ufficio e perfino nell’impostazione delle indagini. Il procuratore, pertanto, detta regole, traccia linee e programmi nei confronti di tutti; ma a quali regole dovrà egli attenersi? Non è detto nel disegno di legge.
La previsione, intanto, costituisce una gravissima limitazione della libertà dei singoli magistrati e della procura e un altrettanto grave limite al concreto dispiegarsi del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale e delle conseguenti indagini che, evidentemente, quanto più saranno delicate e atterranno a interessi di rilievo, tanto più alto sarà il rischio di interferenze dirette a bloccarle.
La Corte costituzionale - è bene ricordarlo - ha avuto modo di esaminare questi aspetti del problema già dai primi anni Settanta, quando dichiarò illegittimo l’articolo 38 dell’ordinamento giudiziario in relazione agli articoli 107 e 112 della Costituzione, interessandosi dell’organizzazione giudiziaria, sia pure per casi di ben più limitata entità e gravità di quello che oggi stiamo trattando e di cui ci interessiamo e per un corretto e concreto esercizio dell’attività giudiziaria, in particolare delle differenti prospettive, compiti e poteri riconosciuti ai dirigenti di un ufficio giudiziario.
PRESIDENTE. Senatore Maritati, la invito a concludere il suo intervento.
MARITATI (DS-U). La Corte, ritenendo comprensibilmente legittimo un potere del dirigente rispetto all’assetto meramente organizzativo dell’ufficio, e ancora in parte nella fase delicata dell’assegnazione degli affari ai singoli magistrati e componenti dell’ufficio medesimo, pose in evidenza però, in modo inequivoco, che detto potere non può giungere mai al punto d'incidere in modo più o meno diretto sul contenuto delle decisioni o, più in generale, nell’effettivo esercizio dell’attività giudiziaria.
Il responsabile di un ufficio, in sostanza, può, e sotto certi aspetti deve, impartire direttive ed ordini al fine di rendere possibile ed agevolare un’attività efficace, nel suo complesso, dell’ufficio, ma giammai giungere al punto d'interferire con il contenuto specifico dell’attività giudiziaria, demandata ai singoli magistrati. (Applausi del senatore Marino).
PRESIDENTE. Senatore Maritati, il tempo a sua disposizione è scaduto. Se vuole, può consegnare agli uffici il testo del suo intervento, come ha già fatto il collega Fassone.
MARITATI (DS-U). La ringrazio, signor Presidente.
LEGNINI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LEGNINI (DS-U). Signor Presidente, la questione pregiudiziale che intendo sottoporre all’esame dell’Aula attiene al contrasto di diverse misure contenute nel disegno di legge delega al nostro esame con il principio costituzionale codificato all’articolo 81 della Costituzione.
La riforma di cui oggi discutiamo, alla quale avete inteso attribuire, tra i tanti significati, una particolare forza innovativa (secondo noi distruttiva) dell’ordinamento giudiziario italiano poggia, al di là delle valutazioni di merito, su un’intelaiatura finanziaria carente, destinata ad aggravare le ristrettezze in cui il sistema giudiziario italiano è costretto a dimenarsi e che vengono giustamente ritenute una delle cause della lentezza ed inefficienza del servizio giustizia del nostro Paese.
Avete voluto appesantire il sistema di accesso alla magistratura e di progressione delle carriere con norme e procedimenti negativi e complessi, senza fare i conti con gli enormi costi che la riforma scaricherà sul bilancio del Ministero della giustizia.
Numerosi sarebbero i punti contenenti la certa o sospetta insufficienza delle risorse, stanziate all’articolo 17 del disegno di legge in esame. Mi limito, ai fini dell’illustrazione della questione pregiudiziale di costituzionalità sotto il profilo suddetto, ad evidenziare due norme, introdotte dalla Camera dei deputati, per le quali la mancata copertura finanziaria risulta essere manifesta.
Il primo caso riguarda la mancata copertura finanziaria della norma contenuta all’articolo 2, comma 1, lettera c): con tale norma è stato introdotto l’obbligo per i candidati al concorso per l’accesso alla magistratura di sostenere, dopo il superamento della prova scritta e prima dell’espletamento della prova orale dei concorsi, l’ormai famoso test di idoneità psico-attitudinale all’esercizio della professione di magistrato, anche in relazione (così dice la norma, e si noti la finezza della formulazione) alle specifiche funzioni indicate nella domanda di ammissione.
Ciò implicherebbe che potenzialmente chi ha l’attitudine ad esercitare le funzioni requirenti potrebbe non averla per quelle giudicanti e viceversa, salvo poi consentire, nei modi prefigurati dalla legge delega, il passaggio dall’una all’altra funzione, il che appare un’evidente e stridente contraddizione.
Tale norma si palesa, come è stato già sottolineato nell’odierna discussione, odiosa e sintomatica non di un doveroso scrupolo selettivo che deve sovrintendere ai concorsi, ma di una precostituita avversione nei confronti di chi aspira ad accedere alla professione del magistrato e non solo, quindi, di chi già esercita tale importante funzione, una sorta di sospetto che aleggia tra le righe dell’intero provvedimento legislativo.
Ma al di là della valutazione che può essere data di questa norma, che costituisce comunque una vera e propria primizia nel contesto della disciplina pubblica afferente alle modalità di accesso a pubbliche funzioni, è lecito chiedersi chi effettuerà tali test psico-attitudinali, quali professionisti, scelti da chi; quale sarà il test che verrà somministrato; quali saranno le basi scientifiche della valutazione psichica e attitudinale dei futuri magistrati, quali saranno i criteri valutativi.
Sono tutte domande destinate a non avere risposta, se non una, cioè che tale verifica sarà certamente suscettibile di valutazioni arbitrarie e produrrà un allungamento dei tempi dei concorsi ed un enorme volume di contenziosi.
Ciò che comunque è certo è che per elaborare, somministrare e vagliare tali fantomatici test, che riguarderanno migliaia di concorrenti ogni anno, occorreranno tecnici, specialisti, professionisti, non sappiamo se psicologi, psichiatri o chi altri. Quindi, sarà necessaria una spesa annuale rilevante che non è in alcun modo coperta e preventivata, il che costituisce, appunto, una palese violazione dell’articolo 81 della Costituzione.
Il secondo profilo di omessa copertura finanziaria riguarda gli articoli 2, comma 1, lettera i), numero 6), e 3, comma 1, lettera t), che prevedono, il primo, la necessità di appositi corsi di formazione per l’accesso alle funzioni direttive giudicanti di legittimità e direttive requirenti di legittimità, il secondo, la previsione di valutazioni periodiche da parte del Consiglio superiore della magistratura per i magistrati che non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità, previo espletamento - recita la norma - di apposito corso di aggiornamento e formazione.
Trattasi di norme, come si è detto, entrambe introdotte dalla Camera dei deputati, per le quali non è prevista alcuna specifica copertura finanziaria in violazione anche dell’articolo 11-ter della legge di contabilità generale dello Stato che richiede, come noto, la specificazione di spesa per ogni intervento che si intende introdurre.
È utile, al riguardo, notare che stiamo parlando di appositi corsi di aggiornamento e formazione, quindi aggiuntivi rispetto a quelli ordinariamente istituiti con la legge delega di cui discutiamo. Va da sé che corsi aggiuntivi comportano spese aggiuntive, né vale obiettare che l’istituenda Scuola superiore della magistratura avrà costi fissi e sarà quindi in grado di assorbire nel suo budget annuale le spese per i corsi aggiuntivi di cui trattasi.
Infatti, le spese della Scuola sono articolate, come è normale che sia, in spese fisse e variabili (così come peraltro individuate e quantificate dall’ufficio bilancio del Ministero della giustizia nella nota tecnica rimessa alla 5a Commissione) e quanto meno queste ultime sono destinate ad accrescersi senza la previsione di specifici stanziamenti finanziari.
Tali rilievi, signor Presidente, si inquadrano nel contesto di una valutazione più generale che riguarda la certa insufficienza degli stanziamenti previsti all’articolo 17 della legge delega.
Non vi è dubbio, infatti, che la pletora dei concorsi e corsi previsti nel disegno di legge richiederà un enorme dispendio di energie umane e finanziarie, tanto che persino il Servizio bilancio del Ministero della giustizia è stato costretto a rilevare "una possibile sottostima" - così è detto - degli oneri connessi alle Commissioni di concorso (con nota del 15 settembre 2004) e altri rilievi che non menziono per non dilungarmi.
La verità è che gli esigui fondi previsti dall’articolo 17 non saranno sufficienti a coprire gli enormi esborsi per le numerose innovazioni comportanti impegni di spesa. Inoltre, la curva della spesa per tutte le attività previste nel disegno di legge delega sarà destinata ad elevarsi negli esercizi successivi al 2005, quando cioè la riforma andrà a regime, cosicché l’ormai famosa, quanto misteriosa nella sua concreta applicabilità, regola del tetto del 2 per cento sarà introdotta con la legge finanziaria in itinere e il fabbisogno derivante dall’attuazione della legge comporterà una certa riduzione degli altri capitoli di spesa del Ministero della giustizia, già cronicamente insufficienti per soddisfare le quotidiane esigenze della complessa macchina giudiziaria del nostro Paese.
In definitiva, ciò che appare evidente è la palese sproporzione tra obiettivi e mezzi di questa riforma, che non ci piace, che contrasteremo e che non risolve alcuno dei problemi della giustizia italiana che ne uscirà umiliata, indebolita e ulteriormente impoverita delle risorse necessarie per funzionare nell’interesse dei cittadini.
Ecco perché, signor Presidente, sottopongo all’Aula una questione pregiudiziale di costituzionalità come sopra illustrata chiedendo che la stessa venga positivamente valutata. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U. Congratulazioni).
PRESIDENTE. Prendo atto che non vi sono altre questioni pregiudiziali relative al disegno di legge in titolo.
BOREA (UDC). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOREA (UDC). Signor Presidente, onorevole Ministro, colleghi senatori, ho colto da più parti rilievi indubbiamente sensati e motivati, tuttavia, su un testo che è ormai non più attuale. Infatti, siamo chiamati a deliberare su un testo che proviene dalla Camera e che è stato oggetto di emendamenti presentati nella Commissione e non approvati in quella sede non essendo la Commissione riuscita a completare i propri lavori; difatti il provvedimento arriva in Aula senza un relatore.
È evidente, quindi, che tutti i rilievi di possibili profili di incostituzionalità sono di fatto ormai superati dal maxiemendamento annunciato dal Governo. Devo dare atto al Guardasigilli degli sforzi compiuti nella prospettiva di raccogliere gli spunti emendativi per migliorare il testo, ovviamente cogliendo innanzitutto i profili di natura costituzionale suggeriti non solo dalle opposizioni ma anche da qualche Gruppo di maggioranza.
Ritengo pertanto che le pregiudiziali presentate possano ritenersi non più attuali in considerazione del fatto che il Governo presenterà un maxiemendamento, il quale peraltro recepisce anche emendamenti che recano la mia firma.
Esprimiamo quindi soddisfazione per lo sforzo compiuto dal Governo al fine di licenziare un testo, che speriamo venga approvato dall’Aula del Senato, immune da ogni vizio di probabile incostituzionalità.
Signor Presidente, mi consenta però di sottolineare che una legge di delega difficilmente può ritenersi incostituzionale, trattandosi di una delega conferita al Governo per emanare un decreto legislativo. Si tratta, pertanto, di una delega che il Governo, che diventa legislatore in sostituzione del Parlamento, può recepire in toto o in parte. (Applausi del senatore Greco).
BOBBIO Luigi (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOBBIO Luigi (AN). Signor Presidente, vorrei svolgere qualche considerazione in contrapposizione a quanto esposto dai colleghi dell’opposizione che mi hanno preceduto in relazione a dedotti e pretesi profili di incostituzionalità (e quindi a questioni pregiudiziali) del testo sottoposto oggi all’esame dell’Aula.
Cercherò di affrontare le singole questioni anche nel tentativo di dare, dal mio punto di vista, una spiegazione alternativa alle prospettazioni dei colleghi. Premetto che ritengo queste ultime tutte assolutamente infondate, laddove, come purtroppo nel caso di alcuni colleghi, le stesse questioni non si sono esaurite - mi duole dirlo ma va sottolineato - che in un semplice, duro, ingiustificato e scorretto attacco ai colleghi della maggioranza e all’Aula, in una voluta - politicamente concepibile ma correttamente non apprezzabile - sottovalutazione di un lavoro del Parlamento che si nega vi sia stato - ed è questa la prima questione sollevata dai colleghi - ma che invece vi è stato.
Si è trattato di un lavoro che si è svolto - non dimentichiamo che sono quasi tre anni che il Parlamento si dedica a questo disegno di legge - soprattutto in Commissione. Un lavoro che avrebbe potuto essere continuato presso la Commissione giustizia di questo ramo del Parlamento se - lo dico con dispiacere - l’atteggiamento ostruzionistico dei colleghi dell’opposizione, pur caratterizzato da sicuri interventi di contenuto, non avesse sostanzialmente portato alla vanificazione del lavoro medesimo.
Se oggi il provvedimento è tornato all’esame dell’Aula - permettetemi di sottolinearlo, cari colleghi - ciò è dovuto al vostro atteggiamento ostruzionistico presso la Commissione giustizia.
Il collega Calvi ha sostenuto che il Consiglio superiore della magistratura sarebbe il bersaglio, la vittima, nei suoi poteri e nelle sue prerogative, di questo disegno di legge. In sostanza, questo disegno di legge sarebbe un attacco all'articolo 2 della Costituzione sotto il profilo dell'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge.
Ebbene, con riguardo alle sue osservazioni, credo che su un solo aspetto il collega possa dire di aver ragione; mi riferisco ad una delle finalità di questo provvedimento che non sono però finalità anticostituzionali, contro la Costituzione, ma di attuazione della Costituzione: è ben vero, infatti, che il presente provvedimento mira a riportare l'ordine giudiziario nell'alveo segnato dalla Costituzione e a ricondurre il CSM nell'ambito delle prerogative da essa definite, non incidendo su alcuno dei poteri, né delle prerogative di esso. Tale normativa mira a spezzare un circuito di autoreferenzialità innescatosi negli ultimi decenni, a danno delle istituzioni e dei cittadini, fra Consiglio superiore della magistratura, magistrati e potere giudiziario in senso lato.
Noi, riportando il tutto nell'alveo della Costituzione, crediamo di rendere una volta di più un buon servigio ai cittadini italiani. Infatti, se è vero come è vero, che il testo ha fra i suoi punti qualificanti l'istituzione di una Scuola di formazione dei magistrati (formazione che non ricade tra i poteri del CSM) e ha ad oggetto l'esternalizzazione della valutazione per la progressione in carriera rispetto al CSM attraverso le commissioni di concorso (restando il CSM titolare del potere di promozione dei magistrati e quindi rimanendo all'interno della Costituzione), allora deve apparire di tutta evidenza che non vi è incostituzionalità in questi aspetti del disegno di legge.
Il collega Calvi ha attaccato in particolare l'aspetto del titolo preferenziale per i magistrati ministeriali. Al riguardo non vorrei anticipare nulla, tuttavia vorrei far presente che questo singolo passaggio normativo verrà eliminato dal disegno di legge in esame in base ad una norma contenuta nel maxi emendamento che sta per essere presentato.
In ogni caso, anche qualora tale passaggio fosse rimasto, va comunque sottolineato, una volta di più, che esso non presentava rilievi di tipo costituzionale, giacché la norma non prevede l'automaticità del titolo preferenziale, bensì che il magistrato del Ministero venga comunque assoggettato alla prova concorsuale e che, nel caso la superi e si trovi a parità di punteggio con altri colleghi sia valutato a suo vantaggio l'aver prestato servizio presso il Ministero.
Si è altresì affermato che questo disegno di legge è incostituzionale in quanto il CSM sarebbe il tutore dell'indipendenza e dell'autonomia dei magistrati. Va detto per chiarezza in questa sede che non si tratta di un'affermazione esatta anche se, come spesso accade, molte affermazioni inesatte a furia di ripeterle finiscono col diventare agli occhi e alle orecchie dei più affermazioni vere.
Credo però che sia giusto sottolineare che il CSM è semplicemente (e tale avverbio non va inteso in senso riduttivo in quanto si tratta di una funzione di grande importanza se esercitata correttamente) l'organo titolare di funzioni e di poteri costituenti strumenti di indipendenza ed autonomia della magistratura e non l'organo tutore dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, non avendo il CSM il potere di tutelare chicchessia, ma semplicemente il potere-dovere di esercitare cinque funzioni ad esso delegate dalla Costituzione che costituiscono, nel momento del loro esercizio e non nella finalità di quest'ultimo, veicolo di tutela di un principio di garanzia che appartiene ai cittadini e non ai singoli magistrati.
Si è fatto inoltre riferimento ai test psico-attitudinali; anche su questo aspetto potrei non soffermarmi, visto che l'emendamento che sta per essere presentato affronta e risolve diversamente tale questione. Tuttavia, va detto che rilevare che questa previsione sarebbe incostituzionale in relazione al carattere di discrezionalità insito nel test psico-attitudinale significa, da un lato, voler trascurare che tutto il concetto di valutazione è materiato di discrezionalità, tecnica se vogliamo, ma pur sempre discrezionalità (pensiamo alle prove di concorso e alla commissione d'esame); dall'altro, non si vede quale sarebbe il principio costituzionale attaccato, visto che autonomia e indipendenza dei magistrati - purtroppo quasi sempre chiamate fuori argomento e fuori tema - coprono e riguardano i singoli magistrati in carriera, ma non già gli aspiranti tali, ossia i candidati al concorso per magistrati.
Si è detto che il previsto sistema disciplinare delineerebbe un sistema contrario alla Costituzione, che sarebbe una normativa contrastante con il principio di tassatività delle fattispecie sanzionatorie, un principio legato alla norma penale ma comunemente riferito alla normativa disciplinare.
Ebbene, credo che questa sia un'affermazione non solo ingenerosa, ma anche palesemente inesatta in quanto la normativa sul disciplinare dei magistrati tende proprio con una delega, forse eccessivamente puntuale e specifica, a dare risposta ad un annoso problema in materia: la mancanza sino ad oggi di tassatività delle fattispecie.
Oggi con questo disegno di legge, rispondendo peraltro ad un desiderio degli stessi magistrati, il disciplinare diventa finalmente una materia a regolamentazione tassativa nell'individuazione delle fattispecie disciplinari, beninteso nella maggior parte di quei casi - e sono molti - nei quali è possibile arrivare ad una vera e congrua tassatività della fattispecie.
Anche l'argomento relativo all'impugnativa del Ministro è superato, posto che l'emendamento che sta per essere presentato andrà a riguardare anche questo aspetto eliminando il potere di impugnativa del Ministro tutte le volte che non sia promotore dell'azione disciplinare.
Va detto però che la norma in sé non è contro la Costituzione, posto che il Ministro ha il potere di promuovere l'azione disciplinare ai sensi della Costituzione; va da sé - non credo vi sia alcuno che lo possa negare - che chi ha il potere di promuovere l'azione disciplinare ha anche il potere di coltivare e di aderire all'azione disciplinare presentata o promossa da altro soggetto titolare della stessa. Credo, quindi, che anche in questo caso la censura sia totalmente fuori luogo.
PRESIDENTE. Senatore Bobbio, il tempo a sua disposizione sta scadendo.
BOBBIO Luigi (AN). In considerazione dei tempi ristretti, signor Presidente, consegnerò la parte finale del mio intervento affinchè sia allegata agli atti.
Come dicevo, anche in riferimento alle linee di politica giudiziaria, si è mosso un rilievo, l'ennesimo, di legittimità costituzionale. Credo che dire che dettare linee di politica giudiziaria non sia nei poteri del Ministro, a termini di Costituzione vigente, sia dire l'ovvio, ma non è esatto dire che questo disegno di legge attribuisce un potere dagli sbocchi concreti (questo si, forse, sarebbe contro la Costituzione) al Ministro. Al Ministro viene conferito un potere politico; i colleghi presenti in quest'Aula tutti più esperti di me sanno bene quanto in un corretto assetto istituzionale, in uno Stato di diritto, un potere politico sia altrettanto importante e fondante quanto un potere effettivamente precettivo….
AYALA (DS-U). C'è la Costituzione!
BOBBIO Luigi (AN). Si tratterà di un potere politico che avrà dei riflessi politici.
Attardarsi e adagiarsi su elucubrazioni circa le motivazioni che in un futuro potranno indurre un pubblico ministero a conformarsi ed un altro a non farlo è pura dietrologia che, credo, non conti niente ai fini della valutazione dei rilievi costituzionali.
Per i restanti rilievi provvederò a consegnare alla Presidenza il testo scritto. (Applausi dai Gruppi AN e FI).
PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza in tal senso.
Passiamo alla votazione della questione pregiudiziale.
Verifica del numero legale
DONATI (Verdi-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Metto ai voti la questione pregiudiziale, presentata, con diverse motivazioni, dai senatori Calvi, Zancan, Ayala, Cavallaro, Dalla Chiesa, Manzione, Battisti, Fassone, Maritati e Legnini.
Non è approvata.
Dichiaro aperta la discussione generale che, come convenuto, avrà luogo nella seduta antimeridiana di martedì prossimo.
Rinvio pertanto il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
Discussione del disegno di legge:
(2958) Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (Approvato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2958, già approvato dalla Camera dei deputati.
Il relatore, senatore Bobbio Luigi, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni, la richiesta si intende accolta.
Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.
BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, le chiedo di autorizzarmi a consegnare il testo scritto della relazione, riservandomi d'intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. La Presidenza l’autorizza in tal senso.
Dichiaro aperta la discussione generale che, come convenuto, avrà luogo nella seduta antimeridiana di martedì prossimo.
Rinvio pertanto il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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680a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MARTEDI' 26 OTTOBRE 2004 |
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Presidenza
del vice presidente SALVI,
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Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1296-B) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico (Approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati)
(1262) COSSIGA. – Delega al Governo per il decentramento dei servizi della giustizia, per la riorganizzazione degli uffici giudiziari e per l’istituzione dell’assistente legale-giuridico
(2457) MAGNALBO’ ed altri. – Istituzione del ruolo del funzionario giudiziario
(2629) COSSIGA. - Esame per la valutazione della capacità mentale sotto il profilo psichiatrico e della idoneità psicologica a esercitare le funzioni di magistrato dell’ordine giudiziario
(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1296-B, già approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati, 1262, 2457 e 2629.
Ricordo che, ai sensi dell'articolo 104 del Regolamento, oggetto della discussione e delle deliberazioni saranno soltanto le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati, salvo la votazione finale.
Ricordo altresì che nella seduta pomeridiana del 20 ottobre è stata respinta una questione pregiudiziale ed è stata dichiarata aperta la discussione generale.
È iscritto a parlare il senatore Calvi. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, in questi giorni si è a lungo dibattuto circa le modalità della nostra discussione e si è posto un rapporto tra la condotta che dovrebbe assumere l'opposizione circa la legittimità di attività ostruzionistiche e l'eventuale voto di fiducia, quale risposta da parte del Governo.
Ritengo che siamo di fronte ad asserzioni assolutamente improprie, anche di dubbia logicità politica, e credo che invece dovremmo affrontare nel merito, in termini rigorosi, con serietà, problemi seri, complessi, che attengono all’ordinamento giudiziario e ai suoi diversi istituti.
Credo che sarà bene per tutti arrivare quanto prima al confronto sugli emendamenti, anche per misurare le posizioni di maggioranza e opposizione e di Parlamento e Governo, per valutare se vi è una disponibilità alla discussione da parte della maggioranza e del Governo; e naturalmente potremo fare questo soltanto nel momento in cui taluni dei nostri emendamenti, certamente quelli a cui noi teniamo di più, che sono più rilevanti, potranno essere presi in considerazione e magari accolti.
Ecco, in questo spirito, signor Presidente, voglio dare un contributo a questa linea di condotta da parte della nostra opposizione quanto meno alleggerendo la discussione con il mio intervento, rinunciando all’esposizione orale e consegnando alla Presidenza il testo scritto, a cui mi riporto integralmente.
PRESIDENTE. Se ne dà atto: il testo dell’intervento del senatore Calvi è stato consegnato alla Presidenza e sarà pubblicato in allegato al Resoconto della seduta odierna.
È iscritto a parlare il senatore Manzella. Ne ha facoltà.
*MANZELLA (DS-U). Signor Presidente, onorevoliayalia colleghi, sembrava un’indicazione superflua quella che 56 anni fa venne inserita nella VII disposizione transitoria della Carta repubblicana.
Diceva, e dice, che il nuovo ordinamento giudiziario doveva - e deve - essere emanato "in conformità con la Costituzione". Strana precisazione - e pressoché unica nel lessico costituzionale - dal momento che, in una Costituzione rigida, quella "conformità" è richiesta implicita per ogni legge, pena la sua caducità per giudizio della Corte. Ci doveva essere, allora, una ragione ulteriore per quella così speciale richiesta di "conformità".
La ragione è che la legge sull’ordinamento giudiziario non è una qualsiasi legge ordinaria. È una legge che fa corpo con la Costituzione. Forma con essa un blocco di costituzionalità che garantisce la magistratura come "ordine autonomo e indipendente da ogni potere". È la legge che rende effettive le garanzie che, altrimenti, resterebbero indefinite. Di più, è la legge che realizza la "specificità" dell’organizzazione giudiziaria come elemento distintivo del "rendere giustizia".
"In conformità con la Costituzione" vuol dire che la Costituzione affida a questa legge una missione di traduzione degli equilibri in essa stabiliti. Da un lato, contro le eventuali pretese assolutistiche del potere politico, specie quando esso concepisca il principio di maggioranza come sganciato dai limiti dello Stato di diritto. Dall’altro, contro le eventuali pretese isolazionistiche dell’ordine giudiziario, specie quando esso non collochi e bilanci il bene pubblico della giustizia nella complessità dei bisogni di certezza e di efficienza della cittadinanza.
Una legge di traduzione, dunque, in regole specifiche dei princìpi, valori, istituti fissati nel Titolo IV della Parte II della Costituzione. Di qui la necessità - direi ancora più forte che per la fissazione di regole nuove della vita della Repubblica - che quella legge di traduzione non sia una legge dettata da una parte sola, ma che sia una legge condivisa dalla comunità politica, dato che essa non deve inventare nulla: deve solo svolgere, "in conformità" ad essi, princìpi prefissati che sono di tutti, che appartengono al patrimonio giuridico acquisito della Nazione e che non dovrebbero poter essere mutati a colpi di maggioranza.
Sarebbe paradossalmente meno patologico, per la comune coscienza istituzionale, che la maggioranza procedesse ad una franca e diretta revisione costituzionale delle norme sulla magistratura o sul Consiglio superiore: meno patologico, certo, del procedere per "conformità" difforme, magari solo per imposizioni governative.
Ciò che in realtà di ordinario ha questa legge è solo il nome. E siamo di nuovo al punto per cui sembra davvero inaccettabile che leggi come questa, di svolgimento funzionale della Costituzione, di regolazione di garanzie costituzionali siano prive di specifiche tutele procedurali. Insomma, fra lo statuto della maggioranza e lo statuto dell’opposizione, in un regime di muro contro muro maggioritario, sempre più c’è la necessità di uno statuto delle leggi che regolano i diritti e le garanzie fondamentali della Costituzione.
Non basta invocare lacune regolamentari. Il diritto parlamentare è sempre vissuto di prassi illuminate instaurate per rispondere ai bisogni del tempo. Al contrario, non si impedisce che per queste leggi valgano le stesse pratiche disinvolte che possono essere appena consentite per le leggi di attuazione del programma di Governo. E quindi: salti di corsia dalla Commissione all’Aula, contingentamenti dei tempi, maxiemendamenti, questioni di fiducia.
Ascoltavo nella seduta ultima, signor Presidente, le pregiudiziali di legittimità costituzionale che con passione, dottrina e puntualità hanno svolto i colleghi senatori dell’opposizione. Nello spirito del nostro tempo, avevano una sorte scontata. Così come è stato, ma non è quell’epilogo che mi colpisce.
Ho sentito francamente ferita la stessa normalità parlamentare, quando, con sincerità altrimenti apprezzabile, il non-relatore di questo progetto ha avvertito quei colleghi: avete sollevato questioni che non hanno più senso perché il maxiemendamento, che il Governo sta per presentare, le ha già superate.
E allora mi sono chiesto, e chiedo: ma è mai possibile che il procedimento parlamentare, il più alto e garantito dei processi di decisione pubblica, sia scaduto a tal punto? E che colleghi senatori, rinomati per impegno, puntiglio e precisione siano costretti a tirare pugni al vento, come pugili suonati, perché ancora incerto è l’oggetto del contendere? Che procedimento costituzionale è mai questo, quando perfino nei più modesti processi giudiziari sono sempre concessi, di fronte a nuovi documenti, i termini a difesa?
Per una legge di conformità costituzionale come questa il principio del buon andamento dei lavori parlamentari dovrebbe essere almeno osservato nella fondamentale precondizione del contraddittorio. Basterebbe indicare, di fronte al fenomeno dei maxiemendamenti, tempi certi per la loro presentazione. E il ritorno in Commissione per una seduta di confronto nel merito, come auspicava poco fa il senatore Calvi, ricco di speranze che condivido.
Siamo in un campo dove ogni omissione diventa un vulnus e ogni anomalia un accresciuto impedimento a quella volontà di condivisione che tutti sembrano auspicare. Se non c’è questa serenità procedurale prevale lo spirito del tempo. Ed esso diventa irresistibile quando il maxiemendamento subisce un subemendamento che è come una firma, un’impronta, un logo, un brand.
Ma superate le scabrosità procedurali, quale giudizio si può dare nel merito di questa riforma anche ora che è maxiemendata? Purtroppo ancora non è possibile condividerla. Ci sono cinque punti che continuano a caratterizzarla negativamente.
Il primo punto è che essa non prende in alcuna considerazione il bisogno di giustizia di qualità, cioè giustizia rapida ed equa dei cittadini. Non si capisce dove e perché, con questo progetto, migliorerebbe la situazione del consumatore di giustizia.
L’ordinamento giudiziario, infatti, non può essere solo l’organizzazione dei giudici, ma deve essere anche l’organizzazione della giustizia. Qui non c’è. E questa omissione - o peggio l’illusione che solo una occhiuta disciplina dei giudici ci eviterà le condanne di Strasburgo per ritardata giustizia - fa cadere la principale ragione sociale di un moderno ordinamento giudiziario.
Il secondo punto è il reticolo di concorsi che, anche se ridotti a prove pratiche, creano di fatto un’asfissiante e incostituzionale carriera per i magistrati.
Qui non si tratta di difendere il principio dell’anzianità senza demerito, che è stato il paravento di degenerazioni corporative e di inconcepibili guasti in quella parte minoritaria e poco responsabile che anche la magistratura, come ogni organizzazione degli uomini, ha.
Mi sia anzi consentito ricordare qui, per un momento, un parlamentare repubblicano di grande onestà intellettuale, l’onorevole Oronzo Reale, che fu anche rispettato Guardasigilli in tempi assai difficili. Oronzo Reale si dimise da presidente della Commissione giustizia della Camera proprio per poter opporsi, come semplice deputato, al progetto di legge Breganze, prevedendone i possibili danni (eravamo lontani dai presidenti di Commissione cui l'attualità ci ha abituato).
Come il comunismo per il nostro Papa polacco, anche la Breganze è stata forse un "male necessario", perché ha permesso la maturazione di una coscienza di autonomia e di non conformismo: quella coscienza di cui la magistratura italiana aveva bisogno dopo 150 anni di assetto centralizzato. Ora che quella coscienza si è radicata, si tratta di porre mano ai meccanismi di salvaguardia che non hanno funzionato. Senonché, questo progetto ha il difetto di buttare l’acqua sporca della Breganze con dentro il bambino dell’indipendenza della magistratura.
Le vie della verifica di operosità e di qualità del lavoro dei singoli magistrati sono altre da quelle concorsuali, e possibili, e già indicate nel seno stesso dell’ordinamento giudiziario e dal Consiglio superiore della magistratura. Così come è invece logica e naturale una selezione per esame per accedere alla Corte di cassazione: e questo sia per la particolare collocazione costituzionale della Corte, sia per l’opera interpretativa sempre più penetrante che essa è chiamata a svolgere in questo momento di massima contaminazione europea tra diritti continentali e diritti anglosassoni.
Quel che non è logico né praticabile è il sistema di incentivi e disincentivi e di tetti anagrafici contenuti nel progetto. Nel vuoto di norme transitorie, saranno inevitabili fortissime demotivazioni e conseguenti fughe al prepensionamento. Il che, sulla pelle dei cittadini che attendono giustizia, è un disvalore certo più sentito di qualsiasi nostro appunto di illegittimità.
II terzo rilievo negativo è in quel prosciugamento - per "parcellizzazione" com'è stato detto - delle funzioni del Consiglio superiore della magistratura. Con la trovata delle innumerevoli "commissioni concorsuali" e della "scuola della magistratura" il Consiglio superiore della magistratura conserva poteri formali, ma in pratica è spogliato di quelli effettivi che gli vengono dall'articolo 105 della Costituzione.
La legge sull'ordinamento giudiziario può regolare il modo di esercizio di questi poteri, ma non toglierli. Anche chi nutre diffidenza per certi ondeggiamenti correntizi nel funzionamento del Consiglio superiore della magistratura - come improprio "organo di autogoverno" e non, correttamente, di garanzia - deve respingere l'idea di un preordinato deperimento di questo istituto costituzionale.
Il quarto punto è nell'ordinamento del pubblico ministero. Gli avvocati penalisti scioperano - con una attenzione bizzarra, direi, al momento parlamentare - perché la separazione delle funzioni non è stata condotta sino in fondo. Hanno ragione nel sostenere l'opportunità di scelte decise che qui non ci sono. Sbagliano quando chiedono la separazione.
In realtà, il pubblico ministero "inserito nel complesso del potere giudiziario" (come ha detto la Corte costituzionale) deve poter essere considerato anche una garanzia per il cittadino, in qualsiasi veste questi attenda giustizia. Già da ora l'articolo 358 del codice di procedura penale gli impone un'attività inquirente imparziale anche "a favore della persona sottoposta alle indagini". C'è un suo speciale dovere di terzietà rispetto agli accertamenti che lo associano in qualche modo all’attività di giurisdizione
La via, allora, è non di sminuire, ma di accrescere l'indipendenza del pubblico ministero: quella esterna, a garanzia dei cittadini; quella interna, a garanzia della sua autonomia nel processo.
Il progetto percorre, invece, la via del sospetto e della gerarchizzazione. Così fa dei sostituti procuratori funzionari, dei dipendenti dal procuratore della Repubblica e fa dei procuratori della Repubblica un ristretto gruppo di magistrati titolari del potere di direttiva di politica criminale.
L'esempio più suggestivo è forse quello dei Capi di stato maggiore delle forze armate turche, garanti della laicità dello Stato. Così, per un curioso contrappasso e per un effetto perverso, la cultura del sospetto può generare, se il progetto andrà in porto, un autentico potere "politico" senza vera legittimazione.
II bello è che il tentativo di assorbimento della felice anomalia italiana del pubblico ministero - quale magistrato e con le garanzie del magistrato - è portato avanti dalla stessa gestione ministeriale che denuncia come pericoloso il diverso ordinamento del pubblico ministero in altri Paesi. Lo fa, normalmente, quando si tratta di non allineare l'Italia alla cooperazione giudiziaria europea, sabotando sistematicamente ogni armonizzazione legislativa (e non solo il mandato di cattura che ci vede ultimi nell'adempimento: ammesso che quello all'ordine del giorno di oggi sia un adempimento).
Da questo punto di vista, merita forse comprensione l'onorevole Buttiglione, che sta pagando per precise e gravi colpe non sue (per chi capisce qualcosa di Bruxelles e dintorni, sa benissimo che le sue opinioni sulla omosessualità c'entrano ben poco nella sua vicenda parlamentare europea).
Il quinto e ultimo punto di "conformità difforme" riguarda il protagonismo del Ministro di giustizia nel procedimento disciplinare, con una dilatazione impropria di quella semplice azione di promozione prevista dall'articolo 107 della Costituzione; protagonismo che è la punta di una piramide basata sull'azione delle direzioni regionali nell'individuare irregolarità in sentenze e provvedimenti; nell'obbligatoria azione disciplinare dei procuratori su denuncia di qualsiasi cittadino; nella clausola di chiusura ma aperta ad ogni interpretazione persecutoria, che conclude il pur minuzioso codice disciplinare.
Sono cinque i punti, ma potrebbero essere anche di più. Basterebbe riproporre le altre fondate questioni sollevate in sede di pregiudiziali dai colleghi dell’opposizione. La verità è che tutto il progetto appare il prodotto di una sorta di "incostituzionalità ambientale".
Influisce, certo, su questo severo giudizio, lo spirito del tempo. È lo stesso spirito che ci suggerisce che, in fondo, una conformità questo progetto l'ha, non però con l'attuale Costituzione ma piuttosto con il progetto di Costituzione virtuale che il Governo sta spingendo avanti, con cangiante tenacia: la stessa cura nella cancellazione delle garanzie; la stessa concezione monistica del nostro sistema costituzionale; lo stesso culto della supremazia del Governo, che è poi la supremazia del Primo Ministro, nel cui ambito risulta già ora assorbita - così com'è scritto - la stessa posizione costituzionale del Ministro della giustizia, era diversa dagli altri Ministri.
Il cerchio dell'ordinamento giudiziario potrebbe chiudersi così, se noi lo consentissimo. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U, Verdi-U e del senatore Biscardini).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Battisti. Ne ha facoltà.
BATTISTI (Mar-DL-U). Signor Presidente, credo che le molte questioni pregiudiziali di costituzionalità presentate all’inizio del dibattito - riferite ad aspetti diversi e che toccavano temi importanti - fossero, in realtà, l’espressione di un disagio innanzitutto metodologico, per il modo in cui la discussione è andata avanti e proseguirà - sebbene ancora non sappiamo bene come e con quale esito - nelle Aule parlamentari.
Dico questo perché mi sembra che l'atteggiamento tenuto dalla maggioranza di fronte ad una riforma strutturale, di metodo e così importante come questa sia ancora una volta contrario. Sarebbe stato molto più opportuno svolgere un dibattito ampio, serio e concreto, nel quale le diverse posizioni si sarebbero potute confrontare per trovare soluzioni a problemi che concretamente esistono.
Si è scelta, invece, per l'ennesima volta, un'altra strada: quella di forzare oltre ogni limite la normativa al nostro esame, di non consentire un dibattito serio e approfondito; vedremo poi quale sarà l'atteggiamento del Governo e della maggioranza nel prosieguo della discussione.
Un altro disagio che credo tutti avvertiamo e dobbiamo manifestare è dovuto al fatto che ormai, dopo circa tre anni di lavori parlamentari e con una malata al nostro capezzale, cioè la giustizia, continuiamo a discutere provvedimenti che hanno una natura evidentemente personalistica e che in nulla incidono e incideranno sull'efficienza del sistema giudiziario. Anzi, a volte si propongono norme peggiorative, soprattutto in relazione al problema principale: la lentezza dei processi. Mi riferisco, in particolare, al recente provvedimento sull'immigrazione, che fatalmente produrrà un intasamento degli uffici dei giudici di pace, che sono i giudici più di frontiera, quelli ai quali i cittadini si rivolgono.
Il vero problema, però, è che oggi ci troviamo di fronte a processi penali che spesso non arrivano alla conclusione per l'intervento e la mannaia della prescrizione o che spesso arrivano a sentenze di condanna dopo decenni dal fatto. Il carico di lavoro della giustizia civile ne fa, invece, una sorta di giustizia denegata e i cittadini sono ormai pienamente coscienti della non convenienza del ricorso al giudice per porre questioni ed avere soluzioni.
Ci saremmo aspettati dalla maggioranza e dal Governo soluzioni e proposte per i tanti problemi della giustizia, come per quelli della criminalità economica, della criminalità organizzata e mafiosa, del funzionamento della giustizia in termini più generali, della stessa costruzione, insieme ad altri Paesi, di un diritto comune europeo. Invece, tutto ciò non avverrà e l'Europa continuerà a condannarci per la lentezza dei nostri processi, che hanno ormai raggiunto limiti insopportabili. I cittadini continueranno ad avere sfiducia.
Il dibattito sull'ordinamento giudiziario era iniziato anche qui con una polemica alla quale non voglio togliere dignità, perché il tema della separazione delle carriere è reale, non specioso, né certamente privo di significati. È un dibattito che avremmo potuto svolgere non dico serenamente, ma certamente in maniera approfondita; infatti, non vi è dubbio - è una mia posizione personale, non ne voglio fare una questione del Gruppo che in questo momento rappresento - che vi sono sistemi caratterizzati dalla separazione delle carriere dove la giustizia funziona e che vi sono altri sistemi, come quello italiano, dove la separazione delle carriere non c'è e purtroppo la giustizia non funziona.
A ben vedere, quindi, i due temi dovrebbero essere separati e non nascondo nemmeno a me stesso che la modifica dell'articolo 111 della Costituzione ha reso il giudice terzo. Quella terzietà del giudice potrebbe tranquillamente presupporre una discussione sulla separazione o la non separazione delle carriere.
Il problema principale, rispetto a quella proposta, è proprio quello dell'autonomia della magistratura e, nel caso della separazione, quello dell'autonomia del pubblico ministero. Era lì che si sarebbe dovuto intervenire per scegliere innanzitutto - ed è questa la seconda critica - un sistema. In realtà, la proposta che stiamo discutendo non opera delle scelte, ma compie scelte raffazzonate, confuse, che non risolvono il problema complessivo.
L'ultima critica di carattere generale riguarda lo strumento normativo. Mi riferisco all'ampiezza della delega per il coordinamento delle disposizioni dei decreti legislativi. Più che di una delega, dovremmo parlare di un testo unico, perché stiamo discutendo di una mera compilazione che circoscrive i poteri del Governo in questo ambito e tende ad escludere la possibilità di modificare un numero indeterminato di norme. Questa critica è stata mossa non soltanto da noi, ma anche dal Consiglio superiore della magistratura, che nel parere ha sottolineato con forza questo tema.
Venendo ad un esame più analitico, lamento una assoluta confusione rispetto al concorso di accesso in magistratura. Si potevano scegliere due strade. Si poteva, innanzitutto, imboccare la strada dritta della separazione delle carriere, prevedendo per i pubblici ministeri e i giudici una formazione e una cultura diverse e un concorso differente.
Molti di noi hanno obiettato che in questo modo verrebbe a mancare quella sorta di cultura giurisdizionale che ha dato frutti. Indubbiamente, un giovane che inizia la carriera in magistratura potendo beneficiare di più esperienze, sedendo dinanzi ad un pubblico ministero e a un difensore, si forma una cultura che accresce le sue capacità. Si poteva scegliere una strada diversa.
Il rischio che abbiamo più volte sottolineato è la creazione di superpoliziotti che difettano di quella cultura della giurisdizione di cui abbiamo parlato. Prima di svolgere le funzioni della pubblica accusa, l'acquisizione di un habitus mentale attento alle garanzie e allo svolgimento del processo è utile. Invece, è stata fatta una scelta totalmente incoerente, ovvero coerente con le preoccupazioni "garantiste" della Casa delle Libertà, che affida le funzioni di pubblico ministero a giovani magistrati privi di quel retroterra culturale e di quella sensibilità di cui ho parlato.
Vi è il rischio di far prevalere un modello di pubblico ministero pseudopoliziesco, privo, peraltro, di quei necessari elementi di controllo sullo svolgimento delle funzioni e di responsabilità dei funzionari assicurati dall'appartenenza ad una struttura piramidale e burocratica come quella delle forze di polizia. Quindi - ripeto - scegliamo una strada per metà incoerente, che non credo darà i frutti sperati; certamente non darà i frutti che i cittadini si aspettano.
Un’ulteriore critica la rivolgiamo alla composizione delle commissioni di concorso. Innanzitutto, la formula della previa deliberazione del Consiglio superiore della magistratura continua ad essere del tutto dubbia, priva di significato e di una propria sostanziale incidenza.
In secondo luogo, la netta prevalenza dei componenti magistrati sui professori universitari (si tratta di una materia che la Casa delle Libertà aveva più volte sbandierato) rischia di far predominare alcuni elementi corporativi nella selezione dei magistrati; ciò è normale in qualsiasi struttura, ma quella prevalenza di certo pone nel nulla la presenza di soggetti diversi dai magistrati che avrebbero dovuto equilibrare quel potere all’interno delle commissioni di concorso.
Non mi soffermerò sulla questione dello schizofrenico e continuo esame nei confronti dei magistrati, poiché credo che al riguardo molto sia stato detto. Sottoporre un magistrato allo stress di un continuo esame del suo lavoro, il più delle volte di carattere teorico, con il rischio di vedere i magistrati più attenti allo studio che non alla loro attività professionale, sa tanto di controllo politico sulla loro attività.
In questo quadro, i test di idoneità psico-attitudinale si commentano da soli e la modifica di cui al maxiemendamento, in base alla quale si tratterebbe di esami orali, confonde ancora di più le idee su questo tema. È evidente il rischio che quei test si trasformino in tecniche di sondaggio sulle convinzioni personali o politiche o sullo stile di vita privata degli aspiranti magistrati: quindi, di fatto, in una selezione politica della magistratura.
Circa la progressione in carriera dei magistrati dell’ordine giudiziario, è evidente il tentativo della maggioranza di blandire magistrati investiti di funzioni latu sensu direttive, già emerso nella discussione della legge Cirami, guardando con una minuzia da orafo a tutta una serie di figure apicali alle quali far corrispondere livelli retributivi diversi.
Su questa tematica vorrei sottolineare un’altra volta il monito del Consiglio superiore della magistratura, che segnalava la difficile sostenibilità amministrativa di un tale meccanismo, le difficoltà che si incontrano nella possibilità di passaggio dall’una all’altra funzione, da quella requirente a quella giudicante: il meccanismo è poco trasparente e va denunciato il fatto che anche su una materia così importante il dibattito è stato scarso, sia in Commissione, che in Aula.
Alcune previsioni sono state eliminate, come quella relativa al conferimento di funzioni per i magistrati diretti collaboratori del Ministro della giustizia; erano norme che qualcuno ha giustamente qualificato come odiose, e se fossero state mantenute credo si sarebbe esagerato.
Per quanto riguarda i consigli giudiziali ed il consiglio direttivo della Corte di cassazione, vi è, anche in questo caso, un potere di condizionamento, ma è un potere di condizionamento contrario: infatti, c'è un riconoscimento della funzione del Consiglio dell'ordine degli avvocati assolutamente eccessivo.
Vi sono sottolineature di carattere positivo, come ad esempio l'istituzione di una sorta di manager della giustizia. Si sarebbe potuto fare di più. Avevamo chiesto di fare di più perché ormai la macchina della giustizia abbisogna di un funzionamento anche di carattere manageriale. Prevedere una figura che a ciò ottemperi è certamente utile, ma le funzioni e i poteri ad essa attribuiti avrebbero potuto essere maggiori.
In conclusione, sono molti i rilievi che noi abbiamo mosso in Commissione e che riproporremo in Aula, perché si tratta di una riforma contraddittoria che non sceglie strade, che non risolve i problemi della giustizia e dei cittadini, che posticipa la soluzione di problemi seri, dei quali dovremmo occuparci proprio in virtù del servizio giustizia e proprio nell'interesse dei cittadini, conoscendo e sapendo alcune cose.
Infine, signor Presidente, una delle tante questioni che la giustizia dovrebbe affrontare e che continua a non affrontare riguarda il nostro sistema carcerario. Non mi soffermerò certo su questo problema; faccio solo rilevare che dal 1° agosto al 20 settembre di quest'anno si sono verificati 22 fra suicidi e morti in carcere, su 57.000 detenuti. Questo è uno dei tanti aspetti su cui il Governo e la maggioranza dovrebbero farci discutere. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U, Verdi-U e dei senatori Biscardini e Zancan).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Biscardini. Ne ha facoltà.
BISCARDINI (Misto-SDI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, si torna a discutere dell'ordinamento giudiziario in un clima non migliore di quello del gennaio scorso e non molto diverso da quello che si è consumato alla Camera quando, per ottenere il voto favorevole, la maggioranza ha deciso di porre la fiducia. Arriviamo qui in Aula dopo l'interruzione rapida, e a mio avviso ingiustificata, dei lavori della Commissione, sotto la minaccia di un altro voto di fiducia, nonostante le tensioni nel mondo della giustizia siano forti e tutte chiare di fronte a noi.
Questo disegno di legge non soddisfa pressoché nessuno, si dice in giro, e sulla maggioranza di Governo pesano le sollecitazioni venute dalle più alte cariche dello Stato affinché si possa ricostruire uno spazio di dialogo con i diretti interessati. Certo, ma soprattutto è tra noi, qui ed oggi, in Parlamento che il confronto dovrebbe aprirsi, affinché la dialettica parlamentare con assoluta autonomia e indipendenza possa prevalere rispetto a qualsiasi pressione esterna.
Noi critichiamo, al pari degli altri partiti dell'opposizione, questo provvedimento per un’ampia serie di questioni, ma non ci sentiamo di appartenere al partito degli apocalittici, né siamo inclini a descrivere sfaceli quando questi non ci sono. Per questo non abbiamo perso la speranza - peraltro enunciata anche dal senatore Calvi pochi minuti fa - affinché la discussione che si apre oggi in quest'Aula non possa rappresentare un passo avanti per migliorare il testo che il Governo ci ha presentato.
Questo testo di legge è prima di tutto confuso, manca di una sua coerenza, contiene elementi pericolosi che potrebbero limitare l’autonomia dei giudici. Siamo critici sulla complessità e quantità dei concorsi che potrebbero pregiudicare il normale funzionamento della giustizia. Siamo critici sugli esami attitudinali, anche nella versione corretta, senza il prefisso "psico". Siamo preoccupati per come è stata formulata la materia degli illeciti disciplinari e per come si vorrebbe alterare il rapporto fra Consiglio superiore della magistratura e Ministro della giustizia. Ma siamo critici anche sulle modalità con le quali si può passare da una funzione all’altra entro il terzo anno di esercizio, previo corso di formazione e previo concorso per l’assegnazione di posti vacanti.
Si protrae, secondo noi, con questa logica un’anomalia ed una stravaganza tutta italiana e non si affronta la questione di fondo, quella di una vera separazione delle carriere, peraltro da voi, esponenti della maggioranza, sostenuta e promessa ai cittadini.
Sappiamo che questa posizione non è condivisa da molti, ma, con tutto il rispetto che abbiamo per il parere altrui, riteniamo giusto sostenerla perché non abbiamo cambiato idea.
La giustizia, in uno Stato democratico e moderno, deve misurarsi sulla capacità di dare concretezza ad un diritto irrinunciabile: quello di garantire a tutti una giustizia giusta, che, per essere tale, ha bisogno, oltre che di efficacia e di efficienza, anche di assoluto garantismo, che assicuri concretamente l’autonomia e l’indipendenza del giudice, la sua equidistanza e la sua terzietà rispetto all’accusa e alla difesa.
L’ordinamento giudiziario che stiamo discutendo dovrebbe essere quindi l’asse portante di questo principio. Ma, per essere tale (come recita l’articolo 111 della nostra Costituzione), ogni processo deve svolgersi nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a un giudice terzo e imparziale, ben distinto, per carriera e per attività pratica, dall’ufficio del pubblico ministero oltre che da quello dell’avvocato della difesa. Come dire: il giudice, per essere terzo e imparziale, dev’essere cosa diversa dal pubblico ministero e deve appartenere ad un’organizzazione funzionale diversa da quella dei pubblici ministeri.
La separazione delle carriere in questo disegno di legge sostanzialmente non c’è. E non a caso, non potendo ammettere il contrario, anche il Governo si limita a dire che è stato avviato soltanto un percorso. Ma quale percorso sarebbe avviato se la legge prevede per i pubblici ministeri e i giudici un unico concorso?
Io credo che bisognerebbe avere il coraggio di dire le cose come stanno: con il concorso unico d’accesso questo Governo affossa quella separazione delle carriere che aveva annunciato e alla quale noi dello SDI non intendiamo rinunciare. Per questo abbiamo presentato, così come abbiamo fatto alla Camera nei mesi scorsi, alcuni emendamenti che chiediamo alla maggioranza di valutare attentamente e naturalmente chiediamo di accogliere.
Qualcuno, per contrastare questa posizione, sostiene che per la separazione delle carriere bisogna intervenire con legge costituzionale; ma sapete che ciò non è vero: quello che la Costituzione doveva dire l’ha detto e persino con la sentenza n. 37 del 2000 la Corte, ammettendo il referendum sulla separazione proposto dal Partito radicale, aveva implicitamente ammesso la possibilità di introdurre nel nostro ordinamento questa modifica per via ordinaria.
Ecco perché vi chiediamo di introdurre una vera separazione delle carriere fra magistratura giudicante e magistratura requirente. Viceversa, se il testo non cambierà nemmeno su questo punto, alle critiche già note avanzate dall’opposizione, che noi condividiamo pienamente, aggiungeremo anche questa critica.
Permettetemi un’ultima considerazione. Che senso ha avviare una riforma, che peraltro potrebbe contenere gravi elementi di incostituzionalità, che rischia di appesantire e rallentare una giustizia già molto in difficoltà, aggravata da mali endemici come quello di numerosi processi arretrati e dei faticosi carichi di lavoro, se non si vuole andare al cuore del problema?
Perché non c’è stato da parte della maggioranza il coraggio di affrontare con chiarezza tale questione, fra l’altro già recepita dalla maggioranza di molti Paesi a democrazia matura?
Noi vorremmo evitare che questa riforma vada ad aggiungersi alle tante occasioni perdute. Vorremmo evitare che questo provvedimento vari una riforma contemporaneamente dannosa e inutile. Se così fosse, sarebbe meglio evitare, sarebbe meglio soprassedere e aspettare i tempi migliori di una politica veramente riformista, più dirigente e naturalmente più autorevole. (Applausi dai Gruppi DS-U e Verdi-U).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Fassone. Ne ha facoltà.
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, contrariamente alla mia abitudine, per la prima e credo unica volta in questo vocativo di saluto che normalmente introduce i nostri interventi in Aula non ho salutato il Governo.
Non l’ho fatto certamente per mancanza di riguardo. Io rispetto il Governo come istituzione, e tanto più rispetto e ho considerazione per il rappresentante del Governo che oggi siede in quest’Aula. L’ho fatto unicamente perché il Governo mi ha escluso come interlocutore, non la mia modesta persona certamente, poiché tutti i parlamentari dell’opposizione sono stati cancellati dal dibattito, con un intervento che non è inusuale ma che di inusuale ha la gravità e l’assenza di ogni giustificazione.
I lavori di Commissione procedevano senza ritardi ostruzionistici: lo ha ammesso, con l’onestà intellettuale che gli riconosciamo sempre, il presidente Caruso. Il dibattito - egli ha detto - è stato molto lungo ed articolato esclusivamente in ragione della complessità e dell’articolazione del disegno di legge.
Non vi sono stati interventi banalmente ostruzionistici; tutti i colleghi dell’opposizione e della maggioranza si sono impegnati in un’illustrazione puntuale degli argomenti a sostegno delle modificazioni da introdurre o non introdurre nel testo in esame.
Non ci sono stati ritardi, non ci sono stati atteggiamenti ostruzionistici che giustificassero quest’intervento drastico - oserei dire brutale - su un percorso che aveva avuto la sua fisiologica dialettica produttrice di buoni risultati, perché molte delle nostre osservazioni svolte in questo lungo cammino sono poi state accolte, non immediatamente, per non dare un subitaneo consenso all’opposizione, ma attraverso modifiche via via apportate.
Quindi, non vi era ostruzionismo, vi era necessità di correzioni (parecchie, come ha riconosciuto ancora il Presidente), vi era stato un apporto costruttivo da parte nostra, ma il Governo ha ritenuto di concludere.
Questo è grave per tre motivi. Il primo è che ciò rappresenta - lo dico senza enfasi particolare, ma con genuinità di parola - un’offesa al Parlamento, non soltanto all’opposizione.
Non era giustificato dal tempo: non c’è una scadenza imminente, né è vero quanto dice ripetutamente il Ministro, che questo è un dibattito che dura da due anni e mezzo e quindi bisogna concludere, sono oltre trenta mesi che rimestiamo in questo pentolone per cui è tempo di scodellare.
La mia risposta è, proseguendo nella metafora, che la pasta che cuoce in questo pentolone non è mai stata tale per più di poche settimane o pochissimi mesi, perché il testo ha avuto innumerevoli riedizioni, ripensamenti, radicali correzioni e l’ultimo, sul quale il Governo ha posto una drastica ghigliottina, era quello della Camera, ampiamente rimaneggiatore del testo licenziato dal Senato. Su questo né l’opposizione, né - insisto - la maggioranza, tolti pochi intimi, ha avuto possibilità di esprimersi.
C’è una terza considerazione che rende grave questa procedura e cioè che qui siamo in presenza di una legge delega. All’inizio di questo percorso parlamentare noi affacciammo quanto meno la necessità di un’accurata riflessione sull’articolo 108 della Costituzione, secondo il quale le norme dell’ordinamento giudiziario sono stabilite con legge.
Non ci spingemmo a dire che soltanto la legge è lo strumento tecnico formale idoneo ad intervenire sull’ordinamento giudiziario, siamo tuttora persuasi che non lo si possa fare con decreto-legge, e in alcuni casi il Governo ha dovuto consentire con noi; non ci spingemmo ad affermare che sia contro l’articolo 108 l’uso della delega, ma oggi ci sentiamo di dire che siete in una forte torsione nei confronti del dettato costituzionale perché questa delega non è nata, cresciuta e diventata adulta in Parlamento, è stata sistematicamente manovrata fuori di esso, attraverso la serie di maxiemendamenti costruiti - come dicevo - tra pochi intimi; in particolare l’ultimo, in particolare quello che ha prodotto gli emendamenti che verranno discussi in questi giorni, costantemente gestiti all’interno del Governo o della logica governativa.
Si tratta di una delega che non è nata in Parlamento, così come invece pretende l’articolo 108 e in questo modo avete sottratto al Parlamento la funzione di guida e sottrarrete alla Corte costituzionale il giudizio di congruità tra i criteri e le norme; right e rules, per dirla all’anglosassone sono nelle stesse mani, principio e norma sono stati e sono tutti nelle mani del Governo e questo rende particolarmente grave l’atteggiamento che ho detto.
Il fatto che si siano succeduti vari testi in questo lungo percorso parlamentare può essere inteso in due modi: polemicamente dall’opposizione può essere inteso nel senso che il Governo non ha mai avuto una bussola, perché non sono stati soltanto ritocchi marginali, sono stati rifacimenti spesse volte radicali e integrali.
Quindi, effettivamente si può dire che il Governo non ha mai avuto una bussola chiara, un modello nitido al quale ispirarsi, però ha avuto chiarissimo un propellente, una motivazione di fondo che si ritrova in tutti i testi sottoposti al nostro esame, una sorta di idea fissa che è stata il controllo della magistratura, il ridimensionamento del potere giurisdizionale, lo svuotamento del Consiglio superiore della magistratura. Questa è stata la stella polare e non è certo una bussola da apprezzare o da ammirare.
Non mi soffermerò in questa sede su analisi puntuali se non su un punto, anche qui per contrastare un'altra affermazione ripetuta del Ministro, e cioè che l’Associazione nazionale magistrati e l’opposizione ripetono sempre le stesse cose. Mi farò un impegno particolare, nei confronti del Ministro, di non ripetere sempre le stesse cose, ma non so se questo gli faciliterà o gli renderà più difficile la replica.
Voglio individuare soltanto un tema a sostegno dell’affermazione grave che ho fatto: essere il controllo della magistratura, soprattutto della magistratura inquirente, la bussola che ha guidato il Governo.
Nel testo finale, che probabilmente non sarà oggetto di correzioni, al comma 4 dell’articolo 2, che regola la materia dell’organizzazione dell’ufficio del pubblico ministero, si prevede "che il potere del procuratore della Repubblica determini i criteri per l’organizzazione dell’ufficio…cui i procuratori aggiunti o i magistrati delegati ai sensi della lettera b)" - dirò fra un istante di cosa si tratta -"devono attenersi nell’adempimento della delega".
La lettera b) prevede che "il procuratore della Repubblica possa delegare… uno o più procuratori aggiunti ovvero uno o più magistrati del proprio ufficio… per la trattazione di uno o più procedimenti o nella gestione dell’attività di un settore di affari". Quindi, la delega di cui alla lettera b) investe anche la trattazione di un procedimento specifico.
A questa particolare delega si accompagnano il potere di revocarlo in caso di inosservanza delle direttive specifiche sul singolo fascicolo e la trasmissione al procuratore generale presso la Cassazione del provvedimento, nonché l’inserimento del tutto nel fascicolo personale del magistrato. Il che si combina ulteriormente con l’obbligo, anomalo, del procuratore generale di esercitare comunque l’azione disciplinare e con l’integrazione dell’illecito disciplinare - articolo due, comma 6, lettera c), numero 3 - nel fatto di reiterata o grave inosservanza delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi competenti: traducendo in linguaggio molto banale e brutale, il sostituto che non ubbidisce va sotto procedimento disciplinare.
Combiniamo questo con la forte influenza del Ministro nell’ottenere la nomina agli uffici direttivi (in particolare, per quanto ho detto, agli uffici di procura) e avremo la completezza del quadro. Il vincolo del Consiglio superiore alla graduatoria delle commissioni, il potere di ricorso del Ministro al TAR (e, se mi è consentito l’inciso, se io fossi il Ministro mi adombrerei notevolmente di essere così declassato al rango di un magistrato che si duole di una delibera del Consiglio superiore che gli ha preferito un altro, ma questa è una scelta che ha fatto il Governo e non vi metto bocca) combinato con il tentativo del Ministro di crearsi questi dirigenti attraverso il titolo preferenziale accordato ai suoi diretti collaboratori chiamati al Ministero (disposizione che forse cadrà ma che la dice lunga sull’intenzione) determina un Ministro creatore di carriere parallele, pesantemente presente nella nomina degli uffici direttivi e, attraverso quella catena di disposizioni, nella gestione del singolo affare affidato al sostituto. Se questo non è controllo della magistratura, aspetto altre definizioni.
Non mi soffermo oltre, perché anch’io mi allineo a quanto ha detto poc’anzi il senatore Calvi: vogliamo dimostrare con i fatti che non è nostro interesse, né intenzione, né desiderio allungare ulteriormente questo percorso. Noi abbiamo sempre avuto intenzione (e tale intenzione l’abbiamo realizzata) di opporre un’opposizione di qualità e non di quantità, e questo continueremo a fare, disponibili a rinunciare ad un’altissima quantità dei nostri emendamenti, perché vogliamo il confronto sulle idee, quello che voi state rifiutando.
Voi potrete certamente fare una legge. Io, con questa - per così dire - perorazione finale desidero ripristinare una comunicazione diretta con il rappresentante del Governo…
VALENTINO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Ho diritto al saluto, allora.
PRESIDENTE. Vedremo, vedremo. Non mi sembrava così "aperturista" la posizione del senatore Fassone.
FASSONE (DS-U). Lei sa, signor Sottosegretario, la considerazione personale che ho nei suoi riguardi, ma comprende anche il disappunto che ho nei confronti delle scelte parlamentari fatte dal Governo in questa materia.
Come dicevo, ripristinando la comunicazione - e quindi, ovviamente, il saluto - invito ancora (consapevole dell’inutilità di tale invito) a fermarsi per un attimo. Riflettiamo insieme. Una legge di questa importanza non può non avere uno sfondo di consenso e voi la state facendo avendo contro tutti: la magistratura (e, ad esempio, non ho mai sentito che si intenda porre mano ad una riforma della sanità avendo contro tutto l’ordine dei medici), notevole parte dell’avvocatura e tutta la cultura: infatti, tutti i convegni ai quali ho partecipato hanno visto la stragrande parte dell’accademia manifestare critiche serrate e pesanti a questo testo.
Avete contro quasi la metà del Parlamento e, sono persuaso, una grandissima parte dei cittadini. Avete a vostro sostengo soltanto la forza dei numeri in quest’Aula: la democrazia delle quantità. Con queste si può fare una legge; difficilmente si può fare una buona legge. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e del senatore Zancan. Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Consolo. Ne ha facoltà.
CONSOLO (AN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, saluto con orgoglio il rappresentante del Governo perché, al di là delle sue indiscusse ed indiscutibili capacità dimostrate in quest’Aula, bisogna dargli atto - il senatore Fassone, sempre presente ai lavori delle Commissioni competenti, forse lo ha dimenticato - che da tre anni il Governo è assolutamente disponibile a discutere.
Senatore Fassone, la mia non è certo una polemica nei suoi confronti: lei sa perfettamente che cosa penso della sua persona. Lei ha, però, detto che è stato rifiutato dal Guardasigilli un confronto sulle idee. Questo non è vero.
Se vogliamo proprio fare una critica, allora dovremo dire che forse è stato dato troppo spazio al confronto sulle idee, di guisa che - senatore Brutti, lei lo comprenderà bene - dopo tre anni si deve arrivare ad una conclusione.
BRUTTI Massimo (DS-U). Ormai troppo è lo spazio in Italia!
CONSOLO (AN). Dopo tre anni di discussione nelle Commissioni competenti e nelle due Aule del nostro Parlamento ci troviamo oggi finalmente ad esaminare - mi auguro definitivamente come Senato - un testo per la riforma dell’ordinamento giudiziario. Desidero subito dire che reputo tale testo buono nel suo complesso, anche se non appare - parlo ovviamente a titolo personale - completamente soddisfacente, in tutti i suoi aspetti, per un difetto di comunicazione. È l’unico punto sul quale mi soffermerò.
Senza dubbio la delega che ci apprestiamo a dare al Governo è perfettibile e presenta in effetti un punto sul quale - così come mediaticamente è passato il messaggio - non concordo pienamente. Mi riferisco al discorso relativo alla separazione delle funzioni anziché delle carriere.
Su questo punto, comunque, il mio voto sarà favorevole, e ciò non solo per disciplina di partito (Alleanza Nazionale è un partito libero dove ognuno dice quello che pensa e quello in cui crede e vota di conseguenza, e mi auguro ciò avvenga in tutti i partiti), ma soprattutto perché mi rendo perfettamente conto che mai come ora è valido il detto secondo il quale il meglio è nemico del bene.
Colleghi dell’opposizione, di rinvio in rinvio si rischierebbe di far naufragare quella riforma che i cittadini ormai da troppo tempo aspettano. Tre anni di discussione sono tempi biblici. Aveva, quindi, ragione il rappresentante del Governo, onorevole Valentino, quando pretendeva che gli venisse dato atto almeno dell’impegno profuso da questo Governo.
Scopo di questo mio odierno intervento è che rimanga una traccia scritta non certo del mio consenso generale all’intero impianto della riforma - consenso che peraltro verrà confermato votando articolo per articolo - ma della mia perplessità riguardo al messaggio passato sulla separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e magistrati giudicanti. La mia, peraltro, non è una posizione dell’ultimo minuto. Non è certo una posizione polemica (da qui a breve spiegherò anche nel merito il mio pensiero).
Potete trovare il tema della cosiddetta separazione delle carriere scritto nel mio programma elettorale sul sito www.consolo.it (siamo al 2001), ma soprattutto lo trovate scolpito a chiare note - come presto vedremo - nella nostra Carta fondamentale.
La riforma, infatti, così come presentata, porterà ad una separazione delle funzioni ma non delle carriere dei magistrati. Lo sciopero contro tale previsione contenuta nella riforma proclamato da alcuni avvocati penalisti è quindi per queste motivazioni comprensibile, anche se, come vedremo da qui ad un attimo, non può ritenersi del tutto giustificato.
Parlavamo della Costituzione; come ha dato atto il collega Battisti nell'intervento che mi ha preceduto, l'articolo 111 della Costituzione, novellato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, (legge, lo ricordo a chi avesse poca memoria, o forse poca coerenza, approvata quando il Parlamento era guidato da una maggioranza di centro-sinistra), parla di giusto processo che deve svolgersi nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale.
Qualcuno mi spieghi come si possa credere che giudici che appartengono alla stessa carriera dei pubblici ministeri, che sono spesso legati tra loro da antica amicizia, che si chiamano per nome e si danno del tu, possano non solo essere considerati terzi in qualsiasi processo ma come tutto ciò possa significare (non riesco a comprenderlo, sono tre anni che insieme al Governo pongo più volte questo interrogativo) che il pubblico ministero, qualora le carriere siano separate, sia sottoposto all'Esecutivo.
È un salto logico assolutamente incomprensibile dei fautori dell'unicità della carriera (sempre per il solito discorso onirico della cultura della giurisdizione che porta a violare la nostra Carta costituzionale), che non si riesce proprio a comprendere anche facendo grandi sforzi. Qualcuno potrà obiettare che la familiarità tra le parti e la frequentazione tra chi giudica e chi accusa non possono e non devono entrare in gioco quando si parla di giustizia e di applicazione del diritto.
È altrettanto vero, cari colleghi, e lo ricordo a me stesso, che, come autorevolmente sottolineato dal Capo dello Stato e anche dal Presidente del Consiglio superiore della magistratura, il magistrato non solo deve essere imparziale ma deve essere messo in condizioni di apparire tale; rebus sic stantibus, e in effetti le cose così stanno, i giudici, accomunati ai magistrati inquirenti dall'appartenenza alla medesima carriera, quanto meno, ma proprio quanto meno, a tutto voler concedere, rischiano di non apparire imparziali agli occhi del cittadino.
A mio modesto avviso, l'unica garanzia concreta che tale terzietà richiesta dalla nostra Carta costituzionale si realizzi davvero la si può ottenere unicamente separando del tutto le carriere dalla loro genesi. Ecco perché l'accorata protesta di una parte degli avvocati è motivata ma non è giustificata.
Voterò favorevolmente a questa riforma anche se ricordo bene che il collega Bobbio fu attaccato quando presentò un emendamento che separava del tutto le funzioni e le carriere. Ricordo ai meno attenti che il collega Bobbio è anche un magistrato, quindi nessuno gli può imputare di non conoscere la problematica del caso di specie.
Anche quella volta egli fu attaccato. Poiché i tempi della politica sono quelli che sono, ritengo che questa separazione sia funzionale, e comunque migliore rispetto alla situazione attuale, e rappresenti un passaggio intermedio per arrivare a quella separazione delle carriere che nei Paesi di cultura anglosassone costituisce quasi una ovvietà, tanto è inculcata nel modo di pensare dei cittadini dei principali Paesi del mondo: Stati Uniti, Germania, Inghilterra, Olanda, Giappone, Spagna, Australia. L'unica eccezione è costituita dalla Francia, dove il pubblico ministero dipende dall'Esecutivo, dal Ministro della giustizia, ma non è questo ciò che si vuole in Italia.
Un'ultima riflessione: leggo il torto che verrebbe commesso dal Parlamento a danno di alcuni avvocati come una cartina di tornasole della equità della strada che è stata intrapresa. L'avere infatti, anche se solo apparentemente, scontentato sia l'associazione dei magistrati sia la rappresentanza degli avvocati indica che la riforma è partita su una linea moderata, non di calcolo politico o opportunistico, una linea esplorata la quale ben si potrà concludere il percorso con una totale, assoluta separazione delle carriere che colmerebbe il divario con i sopra citati Paesi del resto del mondo. (Applausi dai Gruppi AN e UDC).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cavallaro. Ne ha facoltà.
CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, giunge all'esame dell'Aula senza relatore, quasi a suggello della mancanza di paternità, il disegno di legge sull'ordinamento giudiziario, annunzio di un fallimento che potevamo prevedere.
I tempi parlamentari - lo dimostrò in altra discussione in Aula il senatore Calvi - sono stati scanditi da fenomeni extraprocessuali, in particolare dalle vicende di alcuni processi eccellenti. La trattazione del disegno di legge è stata accelerata e frenata secondo taluni tempi processuali, divenendone una sorta di cartina di tornasole, un segnale, un messaggio. Per la verità, di questi processi si stanno perdendo persino il conto e la memoria.
A ciò proprio oggi, dopo la cogente sconfitta nelle elezioni suppletive, si aggiunge un'evidente certezza politica di carattere generale: la consapevolezza che la maggioranza non solo non è, numericamente, più tale nel Paese, tanto che tenta di arruolare pateticamente sotto le sue bandiere persino gli assenti contro la prima regola della democrazia elettorale, ma neanche capisce il Paese, non ne conosce i problemi reali, non intende, non sa, non vuole e non può risolverli.
Diversamente non si potrebbe spiegare la condotta di chi, prendendo puerilmente a pretesto il numero degli emendamenti presentati dall'opposizione, come se gli emendamenti fossero stimabili a peso o a metraggio quasi fossero piastrelle o tende, e pur dopo aver presentato a più riprese consistenti e significative modifiche (le ultime sono ben 25 se teniamo conto dell'algebra giudiziaria del Ministro), già minaccia, anzi in realtà preannunzia, il ricorso al voto di fiducia. Un voto di fiducia che, a questo punto, non ha alcun altro senso, significato e interesse che quello di troncare definitivamente il dibattito su un testo abborracciato, confuso e approssimativo.
Come spiegarsi una maggioranza che continua a impegnare i due rami del Parlamento per riforme istituzionali e ordinamentali sempre meno condivise e sempre meno comprese non solo dall'opposizione, ma anche da tutti i corpi sociali che dovrebbero attuarle, ne dovrebbero beneficiare o se ne dovrebbero servire, mentre la situazione economica del Paese e delle famiglie è sempre più grave e incombente?
Qui si viene a dire che manca il dialogo (anzi, non lo si viene a dire qui, per ora, ma lo si dice già negli annunzi pubblicitari) e non si capisce di quale dialogo si debba continuare a parlare su un testo che si presenta multiforme, come l’ingegno di alcuni personaggi omerici, ma soprattutto arretrato, inutile, non risolutore di alcuno dei gravi problemi dell’amministrazione della giustizia nel nostro Paese; non offre neppure, in coerenza con quanto postulato dalla stessa Casa delle Libertà, alcuna soluzione innovativa alle problematiche che l’organizzazione giudiziaria suscita, per la verità non soltanto nel nostro Paese.
Purtuttavia, anche oggi non intendiamo sottrarci ad un confronto con la maggioranza; però, quest’ultima dovrebbe comprendere che è finita la stagione dell’illusionismo parlamentare, cioè la stagione della predicazione al Paese di obiettivi che in Parlamento non si perseguono o - peggio - si perseguono in senso diametralmente opposto, perché, come tutti gli illusionismi, poi, alla prova dei fatti, finisce per non reggere e persino il bambino curioso finisce per scorgere l’artifizio della mano che si muove.
Partiamo dalla necessità, che avremmo auspicato e condiviso, di avere un’attuazione della Costituzione, essendo noto che il nostro ordinamento giudiziario è precostituzionale e che quindi per prima cosa occorreva un’opera efficace ed efficiente di attuazione della Costituzione.
Invece, lo stesso Ministro ci annunzia che quello che ha fatto è borderline costituzionale, è quanto di meglio poteva fare per violare la Costituzione nel merito - così egli ha dichiarato, sostanzialmente - ma non violarla del tutto e comunque non violarla così palesemente da dover poi sottoporre al suggello di costituzionalità il provvedimento che andremo a licenziare.
Se questa è la premessa di un’idea di dialogo, siamo molto lontani dalla possibilità di discutere. Dovremmo prima attuare questa Costituzione e poi eventualmente, ed in maniera condivisa, come di solito si insegna per le regole costituzionali, andare a modificarla.
Saremmo voluti partire dal ruolo della magistratura nel nostro Paese e in tutte le democrazie avanzate. Qui credo che si cominci a dimenticare che è stato proprio il positivismo giuridico delle rivoluzioni liberali - quella americana, quella francese, che pure dovrebbe stare tanto a cuore alla maggioranza - a fare del giudice quella che si chiama la bouche de la loi, ma che al tempo stesso presuppone il principio che il giudice sia soggetto soltanto alla legge.
Seppure la Margherita in particolare, ma credo tutta l’opposizione, ripudia la tesi che il processo sia un luogo di realizzazione di un progetto politico o di un disegno sociale, perché esso è e resta in ogni Paese civile il momento dell’accertamento della verità e, fra l’altro, della verità processuale, non possiamo non ricordarci - del resto, sulla base dell’insegnamento di grandi costituzionalisti e comparatisti - che in tutti gli ordinamenti democratici, quindi con la non felice eccezione soltanto delle autocrazie e delle dittature, la magistratura svolge ruoli sempre più incisivi nella vita sociale, economica ed istituzionale dei rispettivi Paesi.
In precedenti interventi - non mi voglio quindi dilungare su questo argomento - ho ricordato come, pur nel sospetto di una non totale e compiuta terzietà, negli Stati Uniti la magistratura abbia scandito le più importanti riforme che hanno segnato la vita democratica di quel Paese.
Si pensi che taluni istituti che noi crediamo oggetto di legislazione, come l’aborto, l’integrazione razziale, le disposizioni antitrust e persino la decisione sulle elezioni del 2000, sono opera semplicemente del diritto pretorio delle Corti, le quali sono talmente riconosciute e condivise, pur essendo di derivazione politica, che nessuno si sogna di additarle come oggetti e cause della crisi di quel Paese.
Nel nostro sistema continentale c’è stato un cambiamento, ma un cambiamento in meglio, perché alla vecchia teoria della centralità e della sovranità della legge si è aggiunta la teoria della sovranità e della centralità delle Costituzioni, formali e materiali, che non affidano ai giudici un ruolo di supplenza o di sostituzione o di intervento a gamba tesa nelle attività politiche dei cittadini, ma - questo sì - un ruolo di interpretazione delle leggi, spesso a loro volta difficili e farraginose da interpretare, alla luce dei princìpi costituzionali.
I princìpi costituzionali sono un sistema anch'esso compiutamente normativo, del quale i giudici sono chiamati nel nostro Paese a dare compiuta attuazione. Infatti, la teoria che si applicano i diritti dei cittadini trova nella Costituzione il suo profondo, unico, forte punto di riferimento.
Ciò è accaduto in tutti i Paesi europei: è accaduto in Francia, in Spagna, in Germania; ho ricordato anche qui altri processi eccellenti di altri Paesi compiutisi senza alcuno strepito, e questo ha sì, talvolta, portato a situazioni di conflitto, spesso e soprattutto con la staticità conservatrice degli ordinamenti e del potere politico.
Certo in Italia vi è stato quel fenomeno più esplosivo che va sotto il nome di "Mani pulite"; forse, in quella temperie la magistratura ha svolto, in maniera disorganica e parziale, anche una funzione di supplenza rispetto ad un potere politico che non voleva rinnovarsi (e soprattutto che voleva delinquere, almeno in una sua parte rilevante), ma non è questo lo scopo del provvedimento che andiamo a licenziare, non certo quello di compiere postume, remote vendette o di dare una regolata alla magistratura.
Del resto, chi conosce Filocleone, il tribunalofilo di Aristofane, sa che in tutti i tempi e sotto tutti i climi ci sono sempre stati i cultori degli "ismi". Quindi, il giustizialismo degli sventolatori di cappi viene sostituito dal garantismo di quelli di oggi. E siamo facili profeti nel prevedere che ci sarà un giro di giostra e chi sventolava cappi e poi sventola la Costituzione forse ritornerà a sventolare cappi. A noi, cui non piacciono gli "ismi", piacciono sempre, invece che il giustizialismo e il garantismo, la giustizia e la garanzia. Questi sono gli elementi forti di un sistema di tutela di cittadini, ma anche di costruzione di una magistratura democratica al servizio del Paese.
Anche il processo, che è il luogo del giudice, il posto che occupa il giudice, rappresenta, in questa visione quasi punitiva, quasi oscura, anche un mistero (lo definì così il grande Satta) e ha sempre provocato un ancestrale timore nell'uomo, il quale ha paura di essere giudicato e preferisce giudicare.
Kafkiano è un aggettivo divenuto ormai un archetipo, un paradigma di angoscioso, di inquietante, ed è, non a caso, riferito proprio al processo. C'è però anche un altro processo non meno significativo in questo senso: il processo del fante di cuori in "Alice nel Paese delle meraviglie", un processo solo apparentemente sarcastico ed ironico; il processo dipinto come il luogo dell'incertezza, del paradosso e dell'ingiustizia.
Persino Pascal, in una sublime intuizione, affermò che probabilmente Gesù si era immolato coscientemente non in una sedizione, ma in un processo, perché intendeva offrire a Dio e agli uomini proprio sé stesso come vittima di un rito di giustizia e non come vittima che avrebbe perdonato sé stessa di una ingiustizia. Noi però non possiamo condividere questa visione fra il fosco ed il letterario del processo.
Abbiamo già detto che il processo è il luogo di accertamento della verità e quindi noi non possiamo condividere modelli di processo come sofferenza e come pena. E seppure non possiamo, forse, condividere appieno la tesi del professor Alba, che addirittura parla del giudicare come un'arte (adesso si occupa invece utilmente dell'arte di difendere, ma di questo si occupò in un non remoto saggio), dobbiamo tuttavia avere a modello e ad obiettivo non un giudice come il Briglialoca di Rabelais, che decideva i processi con i dadi più o meno grandi a seconda delle difficoltà dei processi stessi, ma nemmeno - diciamocelo fino in fondo - come l'inquietante procuratore Scalambri di "Toto modo" di Sciascia, il quale è proprio l'archetipo del giudice che sa, che comprende, ma non può e non vuole operare ed agire.
Il nostro modello non è neppure quello del magistrato eroico, perché non si richiede l'eroismo al magistrato, anche se ce ne sono stati e meritano in questa occasione il nostro ossequio: è sempre un magistrato di Sciascia il piccolo giudice di "Porte aperte" che è capace di sacrificare una bella carriera perché non vuole irrogare una condanna a morte, perché vuole essere coerente con le sue idee e i suoi princìpi.
Se questo è il modello, il modello di un giudice professionale, laborioso, ma intenso nella passione, possiamo dire intanto tutto quello che manca a questo provvedimento, per cercare di farci comprendere, per cercare di aiutare la crescita nel Paese di questo modello di giudice.
Manca ogni cenno alla magistratura onoraria, che pure praticamente determina le sorti di circa metà della giurisdizione nel nostro Paese.
Manca ogni cenno all’articolazione territoriale della giurisdizione, che tutti convengono nel definire essenziale per una buona somministrazione di giustizia; infatti, c’è tutta una serie di scorciatoie che la maggioranza ha preso attraverso provvedimenti di stralcio, essendo incapace di incidere sui nodi reali dell’organizzazione giudiziaria.
Manca una ridefinizione - perché no? - del ruolo delle giurie nel nostro Paese, che potrebbe essere, secondo alcuni (io sono fra questi, e forse non sono maggioritario), un modo per riaffermare la vicinanza fra la giurisdizione e i cittadini. Certo, le giurie non erano amate da Dostoevskij e da Tolstoj e non sono amate neanche dai legal thriller americani, che ne mettono in luce la possibilità di essere ingannate, ma è pur vero che la giuria è uno dei modi forti con i quali la giurisdizione si salda e si collega direttamente ai cittadini. Non ci sono parole di nessun genere in questo senso.
Manca ogni articolazione dell’organizzazione non strettamente giurisdizionale. È vero che si delinea (lo diceva prima il collega Battisti) la figura del manager, ma, non chiarendosi la portata innovativa di questo provvedimento e non chiarendosi la forte, necessaria distinzione fra poteri soltanto giurisdizionali della magistratura e poteri di organizzazione in capo radicalmente ed esclusivamente alle figure manageriali, questo provvedimento rischia di rimanere disatteso o lettera morta. È qui, è sugli organici, è sull’organizzazione amministrativa, è sulle dotazioni di mezzi e di strumenti che si sarebbe dovuto fare un grande, significativo passo avanti. Invece, non c’è alcun suggerimento, alcuna indicazione.
Manca anche - perché no? - una disamina attenta, significativa dei problemi del rapporto fra obbligatorietà costituzionale dell’azione penale e articolazione dei pubblici ministeri, articolazione che non può certo essere risolta nelle forme burocratiche e gerarchiche che si propongono, né può essere risolta in un’ipotesi, in una speranza di soggezione del pubblico ministero al potere esecutivo, che, fra l’altro, è dichiarata esistente ma è di fatto desueta in tutti gli ordinamenti; gli ordinamenti che la conoscono, la conoscono come retaggio storico perché erano altro rispetto alla giurisdizione e quanto più si pone il problema di un controllo giurisdizionale delle attività di indagine, tanto più è pur possibile far uscire gran parte delle indagini preliminari dal processo.
Dunque - è un paradosso - occorrerebbe reistituire, come qualcuno propone, la vecchia figura del giudice istruttore: ma allora si dica - e lo si dica anche agli amici delle camere penali - che in realtà si vuole reistituire un processo inquisitorio rabberciato, che non sarebbe certo in linea con il dettato dell’articolo 111 della Costituzione. Qui si propone un modello funzionariale e burocratico del giudice, legato ad una tradizionale teoria di concorsi, fortemente gerarchizzato: manca ogni visione diversa.
Mancano accessi laterali permanenti, che sarebbero stati un’altra delle innovazioni (come dice Guarnieri, giustamente), una linfa vitale che avrebbe cercato di far assomigliare la magistratura del nostro Paese a quelle di tradizione anglosassone e di common law, in cui addirittura il magistrato non ha tensioni, non ha pulsioni politiche perché è esso stesso già l’espressione di una lunga, gloriosa carriera nell’avvocatura e nella politica e quindi attua e interpreta la giurisdizione come un munus di altissimo livello che soddisfa da sé ogni sua ambizione.
Manca ogni cenno ai nuovi saperi, di cui dovrebbe essere irrobustita la figura del magistrato. Qui sì bisognava essere più incisivi, più innovatori, perché la psicologia, la sociologia, l’economia sono sconosciute tuttora alle facoltà di giurisprudenza e sono invece per il giudice un armamentario indispensabile per comprendere i processi in cui va a giudicare, i fenomeni sociali che va a distinguere.
L’unico modo per controllare la "normalità" del magistrato è un test che, francamente (mi vorrà perdonare il Sottosegretario), è una sorta di nemesi lombrosiana: quello che Lombroso non è riuscito a fare con i criminali (ormai tutti siamo d’accordo che non esiste un criminale in quanto tale), si farà per i magistrati; recluteremo, cioè, solo quelli che, con un non meglio precisato test psico-attitudinale, dimostreranno di avere una faccia da magistrato, perché di questo si tratterà.
È stato già detto, fra l’altro, del rischio politico che ciò comporta e su questo non mi dilungo.
Manca anche un chiaro ruolo di ripristino non burocratico della nomofilachia della Cassazione, che non si può raggiungere blandendo e lusingando ulteriormente la magistratura superiore, ma dando in questo caso delle norme processuali.
Mancano squarci sulle prospettive europee della giurisdizione, e noi vogliamo che siano forti ed abbiano radici nel nostro ordinamento interno.
Manca un progetto di collaborazione negli uffici del giudice, manca un’articolazione positiva, manca anche solo l’ipotesi di soluzione dei problemi - che pur tanti risultati ebbe - della collegialità eventuale dell’azione penale, soprattutto quando, come tutti noi ricordiamo, i pool riportarono grandi risultati nel contrasto alla criminalità organizzata.
Manca - in una parola - un chiaro e fermo messaggio di autonomia e di indipendenza della magistratura; manca, come pure si poteva fare, una reale riforma del CSM che lo irrobustisse, lo vivificasse della rappresentanza delle categorie non magistratuali e non cercasse semplicemente di dargli una regolata, come inutilmente, fra l’altro, è stato già fatto in quella riforma elettorale che ha prodotto, aberratio ictus, risultati opposti a quelli voluti.
Manca, insomma, specie nelle carriere direttive, una reale valorizzazione dell’abilità e della competenza professionale, perché si paga volentieri il prezzo di una stabilità burocratica e di una scarsa incisività ad una gerontocrazia burocratica che è facile prevedere permeerà di sé la magistratura dei prossimi decenni.
Friedrich Dürrenmatt, in un apologo scritto nel 1989 e pubblicato nel 1990, immagina le faticose riflessioni dei dinosauri, intenti a trovare una giustificazione alla logica di una legge che impedisse loro di uscire. I dinosauri non la trovarono e io spero che la stessa sorte abbia questo disegno di legge: che naufraghi insieme ai dinosauri di Dürrenmatt. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U e Verdi-U).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Legnini. Ne ha facoltà.
LEGNINI (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, il provvedimento legislativo al nostro esame, oltre ad essere stato trasfigurato, come hanno già detto altri colleghi, da numerosi interventi correttivi promossi dal Governo e dalla maggioranza, è stato menomato proprio delle poche disposizioni che potevano potenzialmente contribuire ad accrescere l’efficienza del sistema giudiziario italiano.
Cito, ad esempio, la soppressione, operata dalla Camera dei deputati, dell’articolo 9 del disegno di legge, recante l’istituzione dell’ufficio del giudice, che istituiva la figura dell’ausiliario del giudice in rapporto fiduciario con lo stesso.
Una misura utile che prevedeva l’affiancamento di un collaboratore avente la funzione di studio, ricerca, assistenza anche in udienza e numerosi altri compiti, che avrebbe dato altresì una risposta occupazionale alle decine di migliaia di giovani laureati in giurisprudenza che rimangono in attesa, molte volte per anni, di un inserimento nella professione forense o nella magistratura, con la possibilità, che veniva prevista, di un’attività lavorativa, benché temporanea ed atipica.
Tutti conosciamo le condizioni di lavoro dei magistrati italiani, signor Presidente, sprovvisti di mezzi sufficienti ad espletare attività molto impegnative anche in termini temporali e non dotati molte volte di una persona di fiducia cui affidare incombenze certamente delegabili, quali quelle elencate nel soppresso articolo 9.
Tutti sappiamo che attività pubbliche (per non parlare di quelle private, aziendali o professionali) vengono disimpegnate in condizioni di agiatezza e con risorse umane e finanziarie ben più consistenti di quelle di cui dispongono i magistrati italiani.
Ebbene, proprio tale intervento, che poteva - esso sì - contribuire ad accelerare i tempi delle decisioni dei processi sia penali che civili (a volte soltanto per ottenere una sentenza civile, a istruttoria conclusa, trascorrono anni) è stato espunto dalla riforma, dopo aver, almeno per tale profilo, suscitato aspettative negli ambienti giudiziari ed anche forensi.
Tale stralcio segue quello in precedenza effettuato riguardante la ridefinizione delle circoscrizioni giudiziarie (altro punto che il Governo ha ritenuto di dover sopprimere), misura che, al di là dei timori che aveva suscitato nella realtà ove insistono piccoli uffici giudiziari, avrebbe consentito di fornire una risposta esaustiva ed organica all’istituzione, ad esempio, di nuove corti di appello o di nuove sezioni distaccate, la cui necessità è testimoniata dalle numerosissime proposte pendenti in Commissione giustizia e in Aula al Senato.
Anche tale aspetto della riforma, che certamente poteva essere oggetto di miglioramenti, era potenzialmente idoneo a contribuire ad accrescere l’efficienza e la razionalizzazione del sistema ed è stato invece abbandonato dalla maggioranza relegandone la soluzione ad un autonomo disegno di legge, il cui esito è facile immaginare quale sarà.
Evidenzio inoltre, sempre a proposito di misure potenzialmente idonee a migliorare il sistema giudiziario, la soppressione all’articolo 3, comma 1, della lettera f), riguardante il tirocinio e la formazione degli uditori giudiziari, che prevedeva la possibilità per gli stessi di effettuare adeguati periodi di formazione presso studi di avvocati, settori qualificati della pubblica amministrazione, istituti penitenziari, istituti bancari ed altre sedi formative, una sorta di stage che avrebbe potuto contribuire ad accrescere la professionalità viva dei giovani magistrati che, seppur per un breve periodo, avrebbero potuto misurarsi con ambienti di lavoro in qualche modo interferenti con la futura attività giudicante o requirente. Anche tale norma è stata inspiegabilmente soppressa.
Ho citato le suddette soppressioni di norme in qualche modo utili ad accrescere l’efficienza e la professionalità dei magistrati perché esse costituiscono esempi del vero intento che anima il Governo e la maggioranza nel voler a tutti i costi approvare questa brutta e dannosa riforma.
È ormai noto che le vostre intenzioni - quelle della maggioranza - e la volontà che sorregge questa iniziativa non hanno nulla a che vedere con i problemi della giustizia italiana, che anzi risulteranno non risolti ed aggravati se e quando questa legge avrà completato il suo iter con l’emanazione dei decreti delegati.
La magistratura italiana aveva ed ha bisogno di più indipendenza, dopo la stagione dell’oggettiva interferenza con il sistema politico per le note vicende. Voi forzando, se non violando, i princìpi costituzionali ne state limitando l’autonomia, incidendo su un presidio costituzionale posto non già a tutela di una casta ma dei cittadini, delle loro libertà e dei loro diritti.
La magistratura italiana aveva ed ha bisogno di accrescere i mezzi e le conoscenze incidenti sull’efficacia delle loro attività e sul continuo aggiornamento della loro professionalità. Voi avete preferito invece sottoporla allo stress di pletorici e inutili concorsi, di valutazioni d’incerta efficacia e di dubbia costituzionalità, non fornendo nessuno strumento aggiuntivo per far lavorare di più e meglio i giudici e i procuratori italiani.
La giustizia italiana aveva ed ha un disperato bisogno di recuperare efficienza e tempi certi nelle decisioni, dopo che le riforme del centro-sinistra, con la corposa introduzione tra l’altro di quote di magistratura onoraria (i giudici di pace e le sezioni stralcio), avevano consentito di uscire da croniche emergenze, senza tuttavia poter raggiungere ancora standard temporali adeguati di risoluzione dei contenziosi civili e di definizione dei procedimenti penali.
I magistrati italiani avevano bisogno, dopo la stagione di Tangentopoli, soprattutto dopo il massiccio attacco mediatico promosso dal capo e dai colonnelli, di recuperare serenità nell’esercizio delle loro funzioni e di ristabilire un rapporto di fiducia con i cittadini, destinatari dell’esercizio della funzione giudiziaria. Voi invece avete concepito una riforma animata da uno spirito di vendetta, imbevuta di norme che tradiscono soltanto il sospetto - come è stato detto - nei confronti dei magistrati e che tende a piegarne la dignità e il libero esercizio della giurisdizione.
L’accesso alla magistratura aveva bisogno di essere sostenuto da misure di accelerazione delle procedure, di garanzia di professionalità adeguate al mutato contesto storico, istituzionale ed economico-sociale nel quale i giovani magistrati si troveranno ad operare.
Voi invece avete preferito scegliere la via dei test psico-attitudinali. Voglio insistere su questo punto, emblematico del modo nel quale si è inteso operare. È interessante, al riguardo l’iter, esso sì da valutare sotto il profilo anche psichico, seguito dall’ideatore ed estensore della norma, soprattutto per tentare di comprendere l’evoluzione del pensiero di chi appunto ha formulato questa norma.
Nel testo introdotto dalla Camera dei deputati si prevedeva che il candidato, superata la prova scritta, fosse valutato, appunto, con test di idoneità psico-attitudinale. Con l’emendamento del Governo, presentato in Aula la scorsa settimana, testualmente si proponeva che "all’esito delle prove orali di cui alla lettera a), numero 2), se positivo, il candidato debba comunque sostenere un esame di idoneità attitudinale all’esercizio della professione di magistrato". Dunque, il test è stato sostituito con un esame ed è scomparsa la valutazione psichica, residuando solo quella cosiddetta attitudinale.
Nel volgere di poche ore, il Governo ha avuto un’altra rivoluzionaria idea, proponendo un nuovo emendamento, sostitutivo di quello suddetto, il cui contenuto è il seguente: "nell’ambito delle prove orali di cui alla lettera a), numero 2), il candidato deve sostenere un colloquio" (questa volta si tratta di un "colloquio") "di idoneità psico-attitudinale" (l’espressione ritorna) "all’esercizio della professione di magistrato". Dunque, l’esame che aveva sostituito il test nel primo emendamento, diventa colloquio e torna, appunto, la valutazione psichica.
La prima osservazione che si può fare è che l’interprete dell’emananda norma che avesse necessità, in ipotesi, di ricorrere all’interpretazione secondo la volontà del legislatore rimarrebbe disorientato, ripercorrendo tale tortuoso iter formativo della norma in questione, non comprendendo perché il Governo italiano prima ha pensato di sottoporre i giovani aspiranti magistrati ad un test, poi ad un esame ed infine ad un colloquio.
Una spiegazione, forse, c’è, ma non ha nulla a che vedere con la volontà di migliorare il testo della norma. Infatti, se una delle obiezioni, tra le tante, che veniva proposta su questo punto era quella del possibile arbitrio valutativo insito nel test psico-attitudinale, la nuova formulazione aggrava tale rischio.
È evidente che il colloquio, che non si basa su criteri e standard valutativi precostituiti, è maggiormente utilizzabile per valutazione discriminatoria o, nel migliore dei casi, altamente discrezionale ed è verosimile, invece, che con tale nuova formulazione il Governo voglia tentare di sfuggire ai probabili rilevi di incostituzionalità sia per contrasto con l’articolo 51 della Costituzione, trattandosi di criteri valutativi non oggettivi, evanescenti e quindi condizionanti l’obiettività valutativa necessaria per l’accesso ai pubblici uffici, sia per contrasto con l’articolo 81 della Costituzione, stante la mancata copertura finanziaria di tale attività, già da me sollevata nella seduta del 20 ottobre mediante la proposizione di una specifica questione pregiudiziale di costituzionalità respinta dalla maggioranza.
È lecito supporre che il Governo, nel tentativo di aggirare almeno tale ultimo profilo di incostituzionalità, abbia voluto furbescamente ricondurre l’esame (o il colloquio che sia) nell’ambito delle prove orali, in tal modo tentando - per l’appunto - di ricondurre l’impegno della spesa nel capitolo afferente al funzionamento della Commissione di esame.
Se tale fosse la ragione del pasticciato emendamento, essa non potrebbe ritenersi idonea a superare il rilievo di incostituzionalità suddetto. È infatti evidente che tale colloquio, finalizzato alla valutazione dell’idoneità psico-attitudinale, non potrebbe essere svolto dai componenti della commissione di cui all’articolo 2, comma 1, numero 3), essendo essa composta da magistrati e professori universitari nelle materie ovviamente giuridiche, oggetto dell’esame.
Dunque, occorrerebbe in ogni caso avvalersi di specialisti diversi da esperti in materie giuridiche, peraltro di difficile individuazione, trattandosi non di una valutazione psico-attitudinale generica, ma in rapporto - come è scritto nella norma - alle specifiche funzioni (giudicante o requirente) indicate nella domanda. Trattasi, pertanto, di un evidente pasticcio che non sfuggirà certamente ai rilievi di incostituzionalità sopra richiamati.
Ho voluto insistere, signor Presidente, su tale aspetto della legge delega in discussione per evidenziare come moltissime delle norme che si vogliono introdurre costituiscono sintomo di un atteggiamento di pregiudizio nei confronti di chi è già magistrato o di chi vuole diventarlo.
Il ministro Castelli in Commissione giustizia, nella seduta del 29 luglio del corrente anno, ebbe a dichiarare che il progetto di riforma nasce sulla base dell’evidente necessità di assicurare un funzionamento della giustizia che sia equiparabile a quello degli altri Paesi dell’Unione europea (così diceva appunto il Ministro).
La verità è che nessuna delle norme in discussione è idonea a migliorare il funzionamento del sistema giustizia nel nostro Paese e che invece moltissime delle disposizioni volute dal Governo e dalla maggioranza sono destinate ad aggravare il sereno, obiettivo ed efficace svolgimento della funzione giudiziaria.
Il senatore Schifani ha dichiarato ieri al "Corriere della Sera", a proposito della riforma di cui oggi discutiamo, di condividere l’opportunità di evitare il muro contro muro su questi temi e di voler fare ogni sforzo per migliorare la legge fino ad un attimo prima della sua approvazione, augurandosi che uno sforzo analogo venga dall’opposizione.
Dia prova la maggioranza di tale dichiarata volontà. Si predisponga ad accogliere gli emendamenti più importanti presentati dall’opposizione, com’è stato sollecitato anche questa mattina dai colleghi del Gruppo DS, e in particolare dai senatori Calvi e Fassone.
Ma così non sarà con ogni probabilità, perché il provvedimento è viziato all’origine. È figlio di un pregiudizio. È ispirato da una sorta di schizofrenia legislativa. Si dettano norme che all’apparenza appaiono innocue e che sembrano tendere al miglioramento del sistema, ma che invece in realtà, lette e rilette, nella loro valenza sistemica intendono perseguire finalità diverse: minore autonomia dei magistrati; svuotamento dei poteri del CSM; più poteri invadenti in mano all’Esecutivo; separazione non solo delle funzioni ma delle carriere; sistema caotico, macchinoso ed improntato ad insufficiente obiettività nella progressione delle carriere e nell’accesso alla magistratura.
Nessun contributo verrà da questo provvedimento ad una giustizia più giusta e più libera nel nostro Paese. Nessun beneficio ne trarranno i cittadini utenti, i quali anzi si troveranno di fronte un giudice impaurito e meno libero.
È una brutta e dannosa riforma, che non serve a nessuno e che peggiorerà lo stato delle cose. È una riforma frutto di un capriccio che non fa onore alla nobile ed alta tradizione giuridica dell’Italia. (Applausi del senatore Zancan).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Compagna. Ne ha facoltà.
COMPAGNA (UDC). Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole Sottosegretario, è stato già ampiamente rilevato come la nostra giustizia abbia vissuto e viva due diverse forme di malessere: da un lato, una condizione di conflittualità con gli altri poteri dello Stato; dall’altro, una ormai congenita inefficienza soprattutto nel settore del contenzioso civile.
Questi due aspetti, apparentemente contraddittori, hanno in realtà la medesima origine, ossia lo status della nostra magistratura. Ancorché questa sia riconosciuta dalla Carta costituzionale come uno dei tre poteri dello Stato, nonostante la dizione lessicale sia quella più soft di ordine, la magistratura rimane - è scelta del legislatore e dell’interprete: si pensi alle decisioni del CSM in funzione di organo disciplinare - un mondo estraneo ad ogni logica e dinamica del circuito politico democratico rappresentativo.
Eppure, rispetto a questo modello di magistratura scritto nella Costituzione e nelle leggi fondamentali dell’ordinamento, è venuto affermandosi e radicandosi nella politica delle cose, almeno nell’ultimo ventennio, un altro modello.
Ad esempio, si è discusso, si discute e si discuterà a lungo sugli ambiti e i limiti di ciò che è lettura e di ciò che è interpretazione, di ciò che è lettura interpretativa o interpretazione creativa del diritto da parte del magistrato.
Un argomento come questo evoca inevitabilmente quei riferimenti sociologici alla tipologia dei magistrati di ieri e di oggi che anche stamattina sono abbondantemente affiorati negli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, non senza l'ambizione, in alcuni, di prefigurare le caratteristiche dei magistrati di domani, in un contesto magari di Costituzione europea nel quale sarà assai arduo conservare e blindare per il nostro terzo potere quelle irripetibili e inimitabili condizioni di indipendenza e assenza di controlli del suo operato e delle sue responsabilità.
Il senatore Biscardini diceva questa mattina che questo disegno di legge ha compiuto il suo percorso in un clima esasperato di polemiche. Mi permetto di ricordare, come già rilevai molti mesi addietro, che la relazione dei colleghi di minoranza Fassone e Calvi faceva riferimento ad Alessandro Pizzorusso, che agli onori delle cronache di qualche settimana prima era apparso per gli argomenti e gli appunti…
ZANCAN (Verdi-U). È uno dei maggiori giuristi italiani.
BRUTTI Massimo (DS-U). Si tratta di uno dei maggiori costituzionalisti italiani.
COMPAGNA (UDC). Era agli onori delle cronache per gli argomenti e per gli appunti delle sue lezioni nella scuola "gestita dal CSM", che misero in imbarazzo il Consiglio superiore della magistratura stesso, che dovette chiedere scusa al Presidente del Consiglio, e magari anche ad Emilio Fede. Quindi quella citazione non era conveniente, quali che fossero i meriti di colui che per il collega Brutti sembra essere più importante di Kelsen.
BRUTTI Massimo (DS-U). È uno dei maggiori costituzionalisti italiani, lo ripeto.
COMPAGNA (UDC). Non lo metto in dubbio e la ringrazio dell'interruzione.
BRUTTI Massimo (DS-U). Non viene da un istituto di ragioneria; ha fatto studi classici. Lo dico con tutto il rispetto per i ragionieri, che però hanno competenze specifiche diverse dalla filosofia e dal diritto.
COMPAGNA (UDC). La ringrazio per l'interruzione.
Nella Costituzione, e se vogliamo nel processo che a questa portò, cioè nei lavori della Costituente (dopo di me parlerà il senatore Zancan, con l'autorevolezza del grande allievo di Calamandrei), fu abbondantemente e sapientemente discusso il problema di come selezionare i magistrati e di come garantire l'indipendenza dei singoli magistrati, evitando (sono parole di Calamandrei, senatore Zancan) la tentazione di una magistratura chiusa in un angusto sentimento di casta.
Presidenza del vice presidente FISICHELLA
(Segue COMPAGNA). Molte perplessità furono avanzate. So quanta onestà intellettuale c'è nel senatore Zancan e so che egli ricorda meglio di me come le indicazioni di Leone e di Calamandrei, a nome della Commissione dei 75, sulla composizione del CSM, siano state allora ribaltate in Aula da un emendamento di un giovane costituente, l’onorevole Scalfaro. Prevalse, da parte della Costituente, proprio sulla base dell'intervento di Scalfaro, una granitica rivendicazione integralistica di una magistratura che non potesse essere corporativamente in minoranza nell'ambito del CSM.
Senatore Fassone, lei in questa discussione, come anche nella precedente, incarna un legittimo sentimento "ciessemmistico" a 360 gradi; ciò, però, deve portarla egualmente a rispettare il sentimento profondamente "anticiessemmistico" con cui alcuni senatori, come me e il collega Del Pennino, avevano pensato ad una riforma costituzionale che tornasse all'impostazione di Leone e di Calamandrei rispetto a quella che era prevalsa.
È un sentimento che lei può non condividere, ma non può imporre la sacralità corporativa del CSM come valore costituzionale.
FASSONE (DS-U). È la Costituzione vigente!
COMPAGNA (UDC). Le ricordo, dopo l'intervento del senatore Scalfaro, l'intervento di un uomo di parte politica diversa da quella del sottosegretario Valentino, ma calabrese, l'onorevole Gullo, il quale disse: non vorrei che l’avessimo dilatato, conferendogli un carattere di sovranità; non vorrei che un angusto sentimento di corporazione medioevale - la libertà è una cosa, la libertas un'altra - possa impedire una visione più ampia della giustizia come attività che interessa gli italiani e non soltanto i giudici.
Nel passare degli anni gli assetti di politica costituzionale mi pare abbiano confermato molto di più le preoccupazioni espresse alla Costituente da Gullo che non gli ottimismi corporativi e medievaleggianti del collega Oscar Luigi Scalfaro. Questa è la nostra storia, della quale fa parte anche la legislatura che ci ha preceduto. Ci sono sforzi riusciti, quelli approdati alla nuova normativa sul giusto processo, e ci sono tentativi naufragati nelle ipotesi della Commissione bicamerale per le riforme istituzionali presieduta dall'onorevole D'Alema.
Allora, dobbiamo dedurne che l'indipendenza non può che essere al servizio dell'imparzialità e non può essere un valore corporativo, se la nostra è una Costituzione democratica, senatore Fassone. Un'indipendenza della magistratura come corpo, che costituisca un sentiero privilegiato e una tutela della parzizalità dei magistrati, è una sciagura in democrazia.
Il caso italiano evoca proprio questi termini: massima indipendenza della magistratura in diritto come libertas, come corporazione, e strettissima dipendenza di fatto del singolo magistrato dal corpo o della corporazione della magistratura, sia essa associazione, Consiglio superiore della magistratura o corrente organizzata che chiede il voto per l'elezione del CSM. In nome dell'indipendenza di tutti i magistrati, si smarrisce o si abdica alla garanzia di imparzialità di ogni magistrato.
Se pensiamo alle tipologie degli anni Cinquanta (qualcuno le ha ricordate in quest'Aula), buon magistrato era colui che per capacità di ingegno e per possesso di tecnica professionale era capace di fornire la lettura più fedele possibile del testo normativo. Questo significava che il magistrato, per essere tale, fosse anche chiamato ad applicare contenuti normativi da lui non condivisi.
Pensiamo a quei magistrati che si trovavano alle prese con norme come quelle sull'adulterio soltanto femminile, sull'oltraggio o sull'assegno a vuoto: buon magistrato era colui che, magari a malincuore, applicava la legge a lui sgradita. Il concetto che di se stessa aveva la magistratura imponeva, senatore Zancan, anche queste parole di Calamandrei: che il giudice non dovesse fare giustizia, ma molto meno ambiziosamente dovesse interpretare, cioè leggere, la legge.
Quindi, era impensabile che il singolo magistrato, e a maggior ragione una rappresentanza ufficiale della magistratura, potesse esternare critiche alla legge. Valeva la grande norma costituzionale secondo la quale il giudice è soggetto soltanto alla legge. Bisognava garantire l’indipendenza del magistrato non soltanto nei confronti del potere esecutivo, ma di qualsiasi altro apprezzabile centro di potere: economico, finanziario, partitico, sindacale, mediatico (se del caso, anche gli appunti e le lezioni del professor Alessandro Pizzorusso).
Il problema è che, invece, questo nuovo modello di magistratura, facilitato dal sistema proporzionale per l’elezione del Consiglio superiore della magistratura (legge n. 695 del 1975, se non vado errato), facilitato dal fiorire di coloriture politiche in seno all’Associazione nazionale magistrati, facilitato dall’indipendenza ed autonomia esercitate, vissute e concepite in modo sempre più biecamente corporativo, questo nuovo modello di magistratura si è imposto di fatto in uno Stato di diritto, ignorando e contraddicendo la lettera, la ratio dell’ordinamento vigente.
Pertanto, a mio parere, sarebbe stato meglio intraprendere la strada della legge delle leggi, cioè la riforma costituzionale, e non della legge ordinaria. Questa posizione non ha prevalso. La maggioranza, della quale mi onoro di far parte, ha scelto un percorso più difficile, ma lo ha scelto per cercare di non offendere la sacralità del sentimento "ciessemmistico".
A mio giudizio, invece, quella sacralità andava cancellata riscrivendo anche le norme sulla composizione del Consiglio superiore della magistratura. Da questo punto di vista, il tackle molto violento che si sviluppa in Aula già da molti mesi su questo problema credo nasca da un pregiudizio: il pregiudizio della difesa granitica di una usurpazione dei poteri di diritto attraverso i poteri di fatto.
La normativa che ci accingiamo a discutere più dettagliatamente nei prossimi giorni, forse nelle prossime ore, cerca invece di seguire, attraverso la legge ordinaria, le premesse che erano state volute da tutti e due gli schieramenti nella riforma costituzionale della scorsa legislatura.
A mio giudizio, non è sufficiente, ma è più che sufficiente per garantire il mio apporto affinché almeno questo tentativo di riforma raggiunga il successo; altrimenti, e fuori dalle ipocrisie, la vittoria sarà del Consiglio superiore della magistratura, nel suo sentimento e nel suo atteggiamento più biecamente corporativo, e in seno alla maggioranza avremo l’amarezza di aver deluso coloro - penso alla bella intervista di questa mattina dell’avvocato Randazzo su "L’Opinione" - che ci avevano dato credito.
Al momento, però, questa difficile responsabilità politica - come diceva bene il senatore Consolo - è orgoglio del Governo e della sua maggioranza riuscire a portarla all’approvazione dell’Aula. (Applausi del senatore Eufemi. Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Salvi. Ne ha facoltà.
*SALVI (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei dedicare questo mio intervento alla memoria di Michele Coiro, un magistrato che nell'arco della sua intera vita, da giovane pretore a procuratore capo della procura della Repubblica di Roma, ha dimostrato con i suoi atti professionali che non sono vere le premesse da cui muove l'attacco all'autonomia della magistratura contenuto nella riforma del Governo.
Michele Coiro ha dimostrato che si può essere pubblici ministeri e garantisti, ha dimostrato che si può essere imparziali nel modo più assoluto nell'esercizio del potere giudiziario e aderenti in prima fila ad una corrente della magistratura come Magistratura democratica. Ha dimostrato che si può essere integerrimi e rigorosi, senza alcun cedimento giustizialista anche in momenti difficili.
Lo dimostrò quando, giovane pretore, nei primi anni '50, gli anni di Scelba, egli denunciò il capo della squadra mobile per arresto arbitrario ed assolse una donna arrestata dalle imputazioni di oltraggio e resistenza. Poche settimane dopo fu trasferito dalla pretura penale alla pretura civile. Lo dimostrò quando, procuratore capo a Roma nei difficili anni delle inchieste su "Mani pulite", fece prevalere l'esigenza delle garanzie e del rispetto della legge su ogni altra logica, al punto da ricevere ingiuste accuse dai suoi stessi colleghi, che profondamente lo amareggiarono nei suoi ultimi anni di vita.
Nei primi anni Cinquanta, gli anni ai quali oggi si vorrebbe tornare, Michele Coiro fu rimosso per le decisioni che ho ricordato dalla sezione penale e trasferito alla sezione civile. Come ci rammentò nel suo libro su giudici e politica Achille Battaglia, un liberale che negli anni Cinquanta denunciava la subordinazione di fatto della magistratura alla politica, anche il pretore Moschella di Torino, per avere prosciolto e liberato dall'arresto i partecipanti ad una manifestazione operaia in occasione del licenziamento di 250 lavoratori, statuendo che non dovevano essere trattenuti in questura, ma posti a disposizione delle autorità giudiziarie, lui dopo qualche settimana fu trasferito dalla sezione penale alla sezione civile. Era l'ordinamento giudiziario degli anni Cinquanta; la magistratura formalmente indipendente, di fatto subalterna e subordinata al potere politico, come si diceva, con una "spontanea e naturale sintonia rispetto al Governo in carica".
Erano gli anni della repressione dura dei reati di opinione, dell'assenza di ogni controllo della magistratura sulla correttezza dell'agire amministrativo, sulle condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro; erano gli anni delle avocazioni, delle rimozioni dei provvedimenti per legittimo sospetto, di disinvolte attrazioni di competenza per connessione: questi furono gli strumenti di quella subalternità politica.
Ne furono protagonisti i vertici della magistratura di allora. Come non ricordare l'opera della Corte di cassazione negli anni Cinquanta nel tentativo di svuotare la normativa costituzionale? Non solo con la distinzione fra norme percettive e norme programmatiche, che non sarebbero state applicabili, ma persino disapplicando precise norme di legge.
Come non ricordare che la Cassazione affermò che la legge fascista di pubblica sicurezza, che autorizzava la restrizione di libertà personale con misura amministrativa (ammonizione e confino), pur essendo in palese contrasto con la lettera, oltre che con lo spirito, dell'articolo 13 della Costituzione, per il quale la limitazione delle libertà personali può avvenire solo per atto motivato dall’autorità giudiziaria? Sostenne che quell'articolo 13 non si applicava e sostenne e difese il testo unico di pubblica sicurezza.
Fu la Corte costituzionale, nella sua prima sentenza nel 1956, che affermò con chiarezza che nessuna distinzione è possibile fra norme costituzionali programmatiche e norme precettive e dichiarò l’illegittimità del testo unico fascista di pubblica sicurezza.
Quel tipo di magistratura è quello che hanno in mente i proponenti di questo disegno di legge, formalmente indipendente, ma in realtà che si vorrebbe riformata soprattutto attraverso due meccanismi: in primo luogo, il ritorno ai poteri che furono quelli che negli anni Cinquanta ottennero quei risultati, con una funzione della Corte di cassazione non come giudice che assicura o dovrebbe assicurare uniformità di interpretazione della legge, ma come casta che controlla le carriere dei magistrati; in secondo luogo, l’accentramento dei poteri nei procuratori capi.
I capi degli uffici e la Cassazione dai tempi degli ordinamenti napoleonici sono gli strumenti attraverso i quali negli ordinamenti giudiziari si cerca di assicurare il controllo della magistratura. Una restaurazione, allora. Una restaurazione come in altri campi, quale il diritto del lavoro.
In Senato, onorevoli colleghi, sono all’esame delle nostre Commissioni due leggi di restaurazione: il disegno di legge n. 848-bis, che mette in discussione l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, e il decreto-legge n. 249, il quale mette in discussione i diritti dei lavoratori che sono in cassa integrazione a mantenere il rapporto di lavoro con l’impresa. Perché faccio questo parallelo, che può sembrare stravagante? Perché vengono presentate come modernità leggi che fanno fare passi indietro pesantissimi e di cinquant’anni al Paese.
Allora non c’era la protezione contro i licenziamenti contenuta nello Statuto dei diritti dei lavoratori; allora la crisi dell’impresa significava perdita di posto di lavoro, licenziamento, impossibilità di sopravvivere per sé e per la propria famiglia; allora c’era la magistratura che io ho cercato di ricordare e di descrivere. Una legge di restaurazione, una volontà di ritorno al passato. Si vorrebbe, come allora, una magistratura forte con i deboli e debole con i forti.
Si è parlato anche questa mattina del Consiglio superiore della magistratura. Per carità, nessun organo politico istituzionale prende sempre le decisioni giuste; personalmente non condivisi, per esempio, quella che fu presa diversi anni fa per la riorganizzazione degli uffici giudiziari di Palermo; ma noi dobbiamo fare un’analisi comparativa di come queste istituzioni funzionano.
E non possiamo allora dimenticare che il Consiglio superiore della magistratura è stata l’istituzione che ha avuto l’atteggiamento più coerente e più serio nei confronti dei propri aderenti, dei membri della corporazione - se così si vuol dire - rispetto alla questione della P2 e allo scandalo dei poteri occulti. Il CSM è stata l’unica istituzione italiana che ha fatto pulizia rispetto alla scoperta delle carte della P2 e forse è per questo che da allora è rimasto nel mirino di qualcuno.
Abusi, eccessi ci sono stati: come non ricordare la storia italiana? Come non ricordare il giudice Palermo, bloccato nelle sue indagini su armi, droga e finanziamenti illeciti dall’allora Presidente del Consiglio? Il giudice Del Gaudio, accusato sempre dall’allora Presidente del Consiglio per aver arrestato un politico corrotto? Il giudice Alemi, contro il quale il Ministro della giustizia esercitò l’azione disciplinare per le sue conclusioni sul caso Cirillo? Come pretendere di dimenticare che c’è stata una storia italiana di attacco all’autonomia e all’indipendenza della magistratura? E, se l’autorizzazione a procedere è caduta, è stato per l’abuso sistematico che il Parlamento ne ha fatto per impedire lo svolgimento dell’attività giudiziaria.
Questa vostra legge non è figlia del giusto processo. Il principio costituzionale, la nuova formulazione del giusto processo, altre misure richiedeva, altra logica di attuazione, a cominciare da una più seria garanzia del diritto alla difesa.
Anche qui c’è un arretramento dei diritti dei cittadini e per questo hanno ragione gli avvocati penalisti - al di là del merito della soluzione che propongono - che vedono un arretramento nella garanzia del diritto alla difesa e dei diritti di libertà dei cittadini.
Con questi macchinosi congegni, che sono stati messi insieme all’unico fine di cercare di penalizzare la magistratura e di ripristinare una gerarchia e un ordine gerarchico di normalizzazione dentro la magistratura, ad essere colpiti sono, infatti, i diritti dei cittadini: il diritto alla difesa, il diritto al processo in un tempo ragionevole, il diritto a che il magistrato passi il suo tempo facendo il proprio lavoro e non preparando concorsi o partecipando a concorsi o predisponendosi a far parte di commissioni di concorso che dovranno giudicare altri magistrati. Solidarietà, quindi, agli avvocati penalisti per la loro giusta protesta rispetto a questa ulteriore riduzione e compressione dei diritti di difesa e di libertà.
È una legge che, come ha affermato, fra l’altro, un giurista moderato - credo lo si possa definire così - fa riemergere lo spettro del processo di polizia, perché con la concentrazione dei poteri di controllo della polizia giudiziaria nel procuratore capo abbiamo una attribuzione di potere che non credo sia giusta e saggia.
Il giusto processo richiede non il ritorno agli anni Cinquanta, ma un ordinamento giudiziario più avanzato, attento ai nuovi diritti individuali e collettivi, attento innanzitutto alla difesa dei meno abbienti, di coloro che non hanno mezzi economici sufficienti per difendersi in giudizio.
Il giusto processo richiede che siano dati strumenti per attuare i diritti costituzionali ancora privi di tutela adeguata, individuali e collettivi: il diritto alla salute, il diritto all’ambiente, i diritti del mondo del lavoro. Si vuole comprimere la giurisprudenza di merito, si vogliono comprimere i giudici di primo grado perché si ha in mente solo il penale, si ha in mente soltanto il rischio che qualche potente di turno incappi in qualche disavventura giudiziaria.
Ma da dove è venuto il meglio, la modernità del nostro diritto civile, se non dalla giurisprudenza di merito, che ha affermato princìpi come quello del danno biologico, per cui il diritto alla salute è uguale per tutti, innovando un’antica giurisprudenza per la quale invece la lesione alla salute andava risarcita soltanto per i ricchi? E siamo stati noi legislatori che con anni di ritardo abbiamo recepito questo principio nelle nostre leggi. E gli esempi potrebbero continuare.
Questa è la modernità oggi, una modernità che non seleziona i magistrati in questo modo, che non ritiene che i "più bravi" per fare carriera debbano andare in Cassazione, perché è consapevole che è proprio in primo grado, nel civile, nel penale, nel lavoro, che sono in gioco interessi e diritti rilevantissimi dei cittadini.
Secondo la vostra logica, i magistrati bravi devono stare chiusi a preparare concorsi per andare il più presto possibile in appello o in Cassazione, e secondo la vostra logica, allora, i magistrati scadenti devono essere quelli che giudicano tutti i giorni dei diritti fondamentali dei cittadini in primo grado, in pretura e nei tribunali! E’ una strada inaccettabile, che contrasta con qualunque moderna logica della giustizia.
Noi siamo contro questa legge non perché difendiamo il privilegio di una corporazione, ma perché difendiamo i diritti dei cittadini. I cittadini hanno il diritto di avere di fronte a sé un magistrato autonomo ed indipendente, perché se il magistrato che i cittadini hanno davanti a sé non è autonomo ed indipendente non dipenderà da loro, ma da chi ha il potere, come in un passato che si vorrebbe far tornare ma che non tornerà, perché va contro la storia e contro la volontà della grande maggioranza degli italiani. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e Verdi-U. Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Zancan. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Sottosegretario, è venuto tempo che il Senato della Repubblica dia il suo giudizio su questo disegno di legge, che io non chiamerò mai riforma perché non è una riforma.
Ebbene, è mia meditata e convinta opinione che sia una misera cosa: non riesco a dirlo altrimenti. Non c’è nessuna idea nuova. Avevate lanciato l’idea dell’assistente del giudice, l’avete immediatamente accantonata. È la restaurazione di idee vecchie.
Mi faceva nostalgia l’intervento testé svolto dal senatore Salvi, perché io ho vissuto quella magistratura e anche lei, signor Sottosegretario. Ho vissuto il momento in cui a Torino un giovane pretore, fino ad allora sconosciuto, poi diventato famoso, il dottor Guariniello, scoprì che la Questura, i carabinieri, la Guardia di finanza erano a libro paga della FIAT. Ho vissuto il momento in cui in virtù della norma sul legittimo sospetto, il processo venne trasferito a Napoli, dove dopo dieci anni fu prescritto. Ho conosciuto - ripeto - questa magistratura.
Voi avete creato un testo incomprensibile. Forse è stato un po’ eccessivo, l’altro giorno il senatore Dalla Chiesa nel suo intervento su questo punto. Dovete però spiegarmi perché di 15-18 articoli ne avete fatti solo due che imbarazzeranno l’interprete: avete utilizzato i punti 1, 2, 3, 4 e 5, le lettere a), b), e c); poi, dopo le lettere si è ritornati ai numeri e poi nuovamente alle lettere. Un testo di straordinaria oscurità.
Non avete avanzato nessuna idea per l’efficienza e la rapidità. Nessuna idea. Alla domanda di giustizia del Paese, ai cittadini che ricorrono in materia penale e in materia civile, le parti lese del processo, voi non avete dato alcuna risposta. Anzi, con questa girandola di concorsi, che creeranno vuoti e carenze ad ogni piè sospinto, voi state respingendo la domanda di giustizia del Paese.
È un testo di totale incoerenza. Sbandierate come se fosse un vostro merito i tre anni trascorsi, ma è un vostro demerito perché voi avete presentato cinque diversi testi di questo disegno di legge. Almeno, quando parliamo tra di noi, diciamoci le cose come stanno, poi ognuno è libero di andare in televisione a raccontare fole al popolo italiano. Qui tra noi, però, signor Sottosegretario, diciamoci le cose come stanno. Se mai un giovane studioso vorrà seguire i vostri cinque emendamenti, scoprirà che avete fatto un percorso al cui confronto l’Orinoco è un fiume rettilineo.
Chi di noi è stato presente in Commissione giustizia al 98 per cento delle sedute ne è testimone: altro che dialogo! Voi siete stati chiusi in modo assolutamente ostinato. Al più - scusatemi, ma è la verità storica, avete fatto qualche furtarello (d’uso, beninteso) della sapienza giuridica del senatore Fassone. Questo è stato l’unico dialogo che si è svolto.
Si dice che la montagna ha partorito un topolino, ma qui siamo di fronte al mostriciattolo che Mia Farrow ha partorito in "Rosemarie’s baby". E adesso vengo alla dimostrazione di ciò che affermo.
Mi auguro che ci lascerete fare il nostro lavoro emendativo con molta calma e molta serenità, ma voi avete respinto ogni richiamo all’esperienza. Io avrò cominciato trenta miei interventi ricordando il giudice di Pinerolo, non per citare questo giudice, signor Presidente, onorevoli colleghi, ma per dirvi che una legge sull’ordinamento giudiziario non può scollarsi dalla realtà.
Avete presentato un ultimo maxiemendamento. Va bene, vi siete vergognati della corsia preferenziale per i ministeriali. In effetti, che la vicinanza con il Ministro faccia aggio di titolo di merito è una tesi vergognosa, anche se poi avete detto che ne farete una legge a parte. Ma non avete corretto dei vistosi errori giuridici: non ci state ad ascoltare. Se il Ministro fa opposizione alla richiesta di archiviazione del Procuratore generale e il Consiglio superiore della magistratura decide se è fondata o no, questo Consiglio superiore della magistratura (lo capirebbe il proverbiale studente del primo anno di giurisprudenza) diventa incompatibile, perché decide due volte di seguito. Perché non avete tolto questo?
Non avete avuto alcuna attenzione alle voci delle categorie: gli appartenenti alle categorie non sono mica tutti comunisti in congiura. Ho vissuto tanti anni con la categoria degli avvocati: la maggioranza di essi è liberal-moderata-conservatrice. Eppure, scendono in sciopero. I magistrati, moltissimi magistrati, sono dei benpensanti, delle persone moderate. Non citate mai gli operatori di giustizia, che chiedono mezzi per amministrare la giustizia: i cancellieri, gli ufficiali giudiziari e quant’altro; sono servitori fedeli dello Stato, custodi di un fortino diroccato che voi cercate di diroccare ancora di più.
Scontenterà i cittadini. In proposito vorrei rivolgermi (se mai ci fosse attenzione alle parole di un senatore della Repubblica) al Ministro ed anche al Presidente del consiglio. Vedete, amministrare giustizia non è come amministrare un’azienda: non è così. Amministrare giustizia è guidare una grande impresa umana collettiva, che deve produrre grazie ad un’azione comune, condivisa, grazie ad un impegno costante, e non - lasciatemelo dire - a dei contratti pubblicitari televisivi, perché deve costruire, con un impegno costante i temi della libertà, dell’uguaglianza e della giustizia. Questo è amministrare giustizia.
Qual è il collante del vostro intero progetto? Cito letteralmente il professor Mario Chiavario, dal quotidiano "La Stampa" del 22 scorso. Credo che tutti leggano gli articoli del professore Mario Chiavario, persona moderata, colta, prudente: "Il collante dell’intero progetto è mero spirito di rivalsa nei confronti di pochi o tanti magistrati ribelli".
Questo è il collante del vostro disegno di legge: è una rivalsa che viene da lontano, signor Presidente, signori colleghi, perché già nel discorso di Craxi del 10 luglio 1981, quando un giudice milanese aveva scoperto che sette milioni di dollari erano passati da un conto del Banco ambrosiano al "conto protezione", si incominciò a parlare di abusi in nome della legge, di ingiustizie in nome della giustizia.
In coincidenza con questa scoperta un ex Presidente del Consiglio comincia a dire che se quelli avevano vinto un concorso loro erano stati eletti. Prosegue l’attuale Presidente del Consiglio nella sua intervista del 1994 a "Le Figaro", affermando che in Francia non riescono a capire cosa è accaduto in Italia dal 1992 in poi; che alcuni giudici che il Partito Comunista aveva infiltrato nella magistratura hanno cancellato dalla vita politica i partiti che avevano governato l’Italia per mezzo secolo: una certa magistratura non si è occupata altro che di quei cinque partiti, ovvero la DC, il PSI, il PRI, il PSDI e il PLI.
Si tratta di una rivalsa che viene da lontano e che da dieci anni aspetta di essere consumata nei confronti dei giudici che sono rimasti fedeli a quello scritto presente in ogni aula di giustizia: "La legge è uguale per tutti". Stiamo assistendo, signori colleghi, ad un lungo percorso di rivalsa, che sta creando un farraginoso meccanismo concorsuale (mentre i giudici - articolo 107, comma 3 - si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni) con quei test psico-attitudinali che sono una volgare barzelletta da bar dello sport. Signor Sottosegretario, ripeto: una volgare barzelletta da bar dello sport.
Chi creerà il modello di giudice? Chi dirà il modello di giudice e chi dirà il modello di pubblico ministero? Chi valuterà questo modello di giudice?
Signor Sottosegretario, posso dare un suggerimento ma credo che non verrà ascoltato. Vorrei che il giudice giudicasse con timore e tremore, come dice Kierkegaard. Mi basterbbe questo. Ma forse il test non sarà idoneo a capire ciò.
A voi che avete sempre sulla bocca le parole "facciamo squadra" chiedo come potrà funzionare una procura della Repubblica dove i sostituti procuratori sono degli ectoplasmi, i quali dovranno chiedere al capo dell’ufficio anche il permesso per andare nel luogo di decenza. Come potrà fare squadra una gerarchia così rigida da dare spazio soltanto agli adulatori?
Avete disseminato attentati all’indipendenza. Come possiamo pensare che si possono valutare gli esiti dei procedimenti per le promozioni dei magistrati? Ma vi rendete conto di cosa ciò significa? Qual è l’esito del procedimento giusto? È quello di primo grado, quello della corte d’appello o quello della Cassazione che poi annulla?
Avete fatto previsioni disciplinari per provvedimenti abnormi. Che cosa significa provvedimenti abnormi? Che cosa significa appannamento dell’immagine? In forza di questi specchietti generici pensate di tenere sotto controllo la magistratura. Avete tolto ogni potere al Consiglio superiore della magistratura (per rispondere al senatore Compagna che forse, rispetto alla discussione su questa poca cosa, avrebbe fatto bene a non disturbare il nome prezioso di Calamandrei).
Non è questione di schierarsi pro o contro il Consiglio superiore della magistratura. È questione di schierarsi pro o contro la Costituzione, perché l’articolo 105 affida dei compiti al CSM.
Voi non potete superare questo articolo dispregiandolo, creando delle commissioni di esame che non sono più sotto il controllo del Consiglio superiore della magistratura e creando, signor Presidente e colleghi, un Ministro che comparirà ogni anno su un cocchio in Parlamento ad annunziare le linee della politica giudiziaria dell'anno in corso: "o gran bontà dei cavalieri antiqui", direbbero il Tasso, l'Ariosto e non ricordo più chi altro.
Un Ministro che arriva sul cocchio e ci dice che la politica giudiziaria non spetta a lui! Un Ministro che si fa doppio pubblico ministero per correre dentro il processo disciplinare. Non soltanto si tratta di una violazione del principio del giusto processo, perché avere due pubblici ministeri spacca la parità delle parti, ma non si sa chi comanderà, quale coordinamento ci sarà fra i due, quali saranno le prove da difendere, se quelle del pubblico ministero procuratore generale o quelle del Ministro, che impugnerà dinanzi al TAR le decisioni del Consiglio superiore della magistratura a lui sgradite.
Dunque, un Ministro della giustizia occhiuto, ombroso e sospettoso, che creerà un clima permanente di ostilità nel mondo della giustizia, che vuole invece tranquillità e rispetto, ma questo è impossibile.
Credo che questo provvedimento di rivalsa farà perdere fiducia nell'amministrazione della giustizia e senza fiducia nella magistratura è il Governo che perde. È il Governo che si suicida e perde legittimità; se non c'è un'applicazione della legge né chi legifera, né chi esegue la legislazione può pensare di fare un'opera utile al Paese. Ciò che è peggio è che questo provvedimento fa suicidare un servizio essenziale per il Paese come quello dell'amministrazione della giustizia.
Senza falsa modestia, signor Presidente e colleghi, sono quarant'anni che critico le singole decisione dei magistrati, ho quindi le carte in regola, non ho scheletri nell'armadio, ma quando viene pronunziata una sentenza comunque mi alzo in piedi con rispetto. Se non facessi così mancherei prima di tutto di rispetto a me stesso. Questo disegno di legge manca di rispetto alle decine di migliaia di onesti servitori dello Stato.
Voglio concludere, signor Presidente, con le parole di un magistrato, che mi fa piacere citare perché è uno dei pochi che non è sgradito al Ministro, il dottor Patrono, di cui ho ripreso l'intervento al congresso della magistratura di Venezia: "Disprezzare la magistratura, far venire meno la fiducia della gente in chi amministra giustizia, convincere l'opinione pubblica che non può più avere giustizia vuol dire minare le basi stesse della nostra democrazia". (Applausi dai Gruppi Verdi-U, Mar-DL-U e DS-U. Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Villone. Ne ha facoltà.
*VILLONE (DS-U). Signor Presidente, svolgerò un intervento breve, perché ormai i colleghi hanno ampiamente commentato e analizzato in quest'Aula il testo al nostro esame. Un testo oscuro, scritto male, soprattutto un testo che, come è stato giustamente sottolineato, non guarda minimamente alla giustizia come servizio da rendere ai cittadini, in modo efficiente.
Altresì, è un testo incostituzionale. Anche per questo profilo, vi è stata un'ampia riflessione. Per la verità da tempo il contrasto della proposta rispetto alla Costituzione aveva generato un'ampia discussione, a partire dallo stesso Consiglio superiore della magistratura che ne aveva giustamente sottolineato i profili di incostituzionalità, e dalla migliore dottrina.
Signor Presidente, voglio dirlo e lasciarlo agli atti: esiste una dottrina migliore di altra, esiste una migliore dottrina che riflette in modo libero su ciò che accade, sul fatto e sul diritto. È stato fatto poc'anzi il nome di un valentissimo collega, il collega Pizzorusso; non credo affatto che abbia bisogno di essere difeso, si difende da solo essendo uno dei maggiori costituzionalisti italiani. Ma voglio ricordarlo anch’io, perché è un esponente di quella migliore dottrina che ha ampiamente evidenziato i molteplici profili di incostituzionalità del testo in esame, e che sono stati tradotti in modo tecnicamente apprezzabilissimo, dai colleghi delle opposizioni intervenuti nelle questioni pregiudiziali.
Sono stati menzionati profili specifici e profili di sistema, profili che dal duplice punto di vista, dell'impianto e del dettaglio, fanno emergere il fondamentale contrasto del testo alla normativa costituzionale. Sento ora dire che su qualche punto sarebbe intervenuto un ripensamento. Mi pare di avere compreso che, in tema di carriere, vi sarebbe un emendamento che interviene sugli incarichi: sarebbe soppressa la norma assurda che considera titolo preferenziale nella carriera del magistrato l'aver svolto incarichi presso il Ministro, con la promessa peraltro di inserire questa previsione in un'altra legge, suppongo per darle maggiore dignità.
Come è possibile concepire una disposizione del genere? Il conferimento di un incarico presso un Ministro è o non è una scelta politica? Mi sembra indiscutibile che lo sia. Si tratta di una nomina fiduciaria e se la rendiamo titolo preferenziale di carriera, è o non è un modo per il Governo di entrare direttamente nello svolgimento delle carriere dei magistrati? Siamo di fronte ad argomenti che, per la verità, non dovrebbero nemmeno essere posti sul tavolo della discussione.
Un altro profilo, che pure è stato citato, attiene alla valutazione degli esiti dei procedimenti. Non vi è dubbio alcuno che esista un grosso problema di valutazione dell'efficienza degli apparati e degli uffici di giustizia. Come è possibile misurare l'efficienza di un ufficio che gestisce la questione giustizia è un problema reale, per nulla banale, ma certo è che non si potrà mai valutare l'efficienza né degli uffici né dei magistrati attraverso l'esito di singoli procedimenti.
Potremmo considerare il rendimento complessivo della struttura, potremmo esaminare complessivamente gli esiti. Potremmo dedurre ad esempio che una procura non funziona se tutti coloro i quali fossero stati colpiti dall'attenzione di quella procura risultassero alla fine innocenti: banalizzo, esemplificando ciò che intendo. Non potremmo però mai valutare l'efficienza di quella procura o del singolo magistrato di quella procura per il fatto che un singolo procedimento ha avuto esito negativo o positivo. Questo è di certo aberrante.
Quindi, siamo di fronte allo stravolgimento di canoni che dovrebbero invece indiscutibilmente essere osservati.
Un’altra norma colpisce l’attenzione: il Ministro espone alle Camere le linee della politica giudiziaria per l’anno in corso. Ma esiste in tal senso una politica giudiziaria? Palesemente non può esistere - nel rispetto della Costituzione - una politica giudiziaria del Ministro o del Governo.
Ho sentito obiettare da qualche collega che allora nessuno in questo Paese fa una politica giudiziaria. Sembra essere un’obiezione di un qualche pregio, ma la risposta è semplice anche in questo caso. Non è vero che nessuno fa la politica giudiziaria, perché la fanno il Governo e il Parlamento definendo le regole di merito e di rito: la politica giudiziaria è quella che viene dalla definizione della norma, non quella che viene dall’orientare l’applicazione della norma.
Questo è il punto che ancora una volta non si coglie. La politica giudiziaria la fanno i rappresentanti del popolo nel momento in cui, ad esempio, depenalizzano; non la fa un Ministro o un Governo nel momento in cui decide che alcuni reati, pur essendo scritti nei codici, non vanno perseguiti o vanno perseguiti in un certo modo. Questo è il punto sul quale non ci si intende con la maggioranza, che invece vorrebbe esattamente così intendere la politica giudiziaria. Vorrebbe che ci fosse un Consiglio dei ministri nel quale si decidesse: allora quest’anno chi mettiamo in galera? Chi perseguiamo? Quali sono i reati che ci interessano? Quali sono quelli perseguendo i quali guadagniamo voti? Questo è il concetto che sta dietro la posizione che assume la maggioranza.
Diceva bene poc’anzi il collega Salvi: questa legge non è affatto figlia - come qualcuno sembra voler dare ad intendere - della norma sul giusto processo. Altri erano gli strumenti da utilizzare. Il giusto processo con tutto questo nulla a che fare. Quella norma ha fatto sorgere polemiche per altro verso ma, comunque si intenda, non può essere assunta a fondamento per trarre conclusioni - e per di più conclusioni aberranti - sull’ordinamento del quale oggi ci occupiamo.
Ho sentito i colleghi in Aula dire che questa proposta è espressione di una incultura costituzionale. Io credo che la questione sia ancor più grave, per la verità. Certamente è espressione di una incultura costituzionale guardando ovviamente alla Costituzione vigente, ma c’è qualcosa di più: questa è una legge espressione di una propria cultura politico-istituzionale che fa a pugni con i canoni del costituzionalismo moderno. Questo è il punto.
Non è che non esprima un impianto o una filosofia; li esprime, invece. Ma sono antitetici rispetto ai valori non solo propri della Costituzione italiana, ma fondativi del costituzionalismo moderno, a partire dal principio della separazione dei poteri. Non sfugge a nessuno che l’autonomia e l’indipendenza della magistratura sono elemento strutturale e costitutivo del principio della separazione dei poteri, ovviamente.
Quando abbiamo un disegno quale quello che si esprime in questa proposta vediamo la sintonia, tra l’altro, con il più generale disegno di cui si fa portatrice la maggioranza, e che vediamo scritto nella proposta di riforma costituzionale complessiva. Un disegno in cui tutto si riduce alla funzione di governo (questo è uno dei punti ispiratori principali della proposta della maggioranza sulle riforme costituzionali), e che riduce la stessa funzione di governo a una funzione di comando.
Questo è esattamente quello che notiamo nella proposta, pervenendo all’individuazione del Ministro come il massimo referente politico-istituzionale del sistema giustizia, e più complessivamente nel modello organizzativo degli uffici.
Come dicevo, non c'è solo l'incultura costituzionale. Piuttosto, c’è l'espressione di una inaccettabile cultura alternativa, che è veramente del tutto fuori dei canoni di un moderno costituzionalismo.
Tra l'altro, questa proposta è in netto contrasto anche con quelle che sono le concezioni più moderne del governo delle organizzazioni complesse. Quella che normalmente è definita la governance ormai si intende come una funzione mai accentrata ma diffusa. L'idea che l'organizzazione complessa vada messa nelle mani di un capo che in tutto comanda è un'idea che non ha più nessuno. E certo non l’ha più nessuno non perché venga dal principio della separazione dei poteri, ma perché non funziona.
Il principio sul quale vediamo strutturata - per fare un esempio - la procura in questo disegno di legge, è un principio che la scienza dell'organizzazione, che prescinde dalla giustizia come tale, ma in astratto analizza le organizzazioni complesse, ci dice comunque di non adottare.
La governance delle organizzazioni complesse tende ormai ad essere vista come una funzione diffusa tra una molteplicità di soggetti, come premessa dell'efficienza. Quindi anche da questo punto di vista, che sicuramente è un punto di vista moderno (si trova nei manuali della scienza dell'organizzazione di oggi, e dunque non mi si potrà dire che guardo al passato ripescando Montesquieu) quello che ci propone il Governo è sostanzialmente un testo da prendere e buttar via nella sua interezza.
AYALA (DS-U). Esatto!
VILLONE (DS-U). Io credo che stiamo di fronte ad uno dei peggiori esempi che questa maggioranza ci ha offerto di proposta politica e legislativa. Si pone in diretta e precisa continuità con scelte che hanno caratterizzato questa maggioranza essenzialmente come volta ad interessi privati, piuttosto che al bene pubblico.
È un disegno, quindi, inaccettabile, un disegno che alla fine, signor Presidente, non tiene conto di quello che secondo me deve essere il punto fondamentale di ogni discorso che fa capo alla giustizia. Noi dobbiamo, attraverso le regole che regolano gli apparati, attraverso le regole sull'organizzazione, attraverso le regole sull'attività, dare sempre un messaggio chiaro, se vogliamo che poi tutto funzioni: dobbiamo dare il messaggio chiaro che la legge è uguale per tutti. Questa è la premessa perché ci sia da parte dei cittadini l'adesione e l'accettazione spontanea che è necessaria per l'effettività, in ogni caso, della funzione di giustizia.
Questo testo tale principio non solo non lo assume a fondamento, ma chiaramente lo nega. E dunque è per noi un testo radicalmente inaccettabile. (Applausi dei senatori Ayala, Mancino e De Petris. Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ayala. Ne ha facoltà.
*AYALA (DS-U). Signor Presidente, l'unica operazione che devo fare è riuscire ad estrarre una sintesi dalle tante considerazioni che mi verrebbe in mente di fare a proposito di questo provvedimento, sul quale forse la cosa più giusta sino a questo momento l'ha detta il senatore Villone: sarebbe proprio da buttar via! Non credo che possano essere fatti interventi, sia pur migliorativi, comunque tali da potere in qualche maniera renderlo accettabile.
Ho quindi scelto una linea che dà per scontati alcuni dei contributi che ho voluto dare nei passaggi precedenti, in particolare ciò che ho detto in occasione della pregiudiziale di costituzionalità che ho illustrato in quest'Aula e che si connette con un grande limite di fondo, il primo in cui ci imbattiamo nell'esaminare questo disegno di legge.
Va detto - per quanto possa sembrare scontato - che questo non è un disegno di legge come tanti altri: ha un rilevanza del tutto particolare. Direi che, pur trattandosi di una legge ordinaria, la rende particolare il fatto stesso di quel famoso richiamo, più volte citato, contenuto nella VII disposizione transitoria della Carta costituzionale, che fa appunto riferimento implicitamente, ma in maniera assolutamente chiara, alla necessità di riformare l’ordinamento giudiziario che risale al 1941, quindi ispirato a princìpi e a una visione istituzionale ovviamente completamente stravolta e superata dalla Carta costituzionale successivamente entrata in vigore.
Non è vero - questo va riconosciuto - che l’ordinamento attuale sia nel testo quello vigente nel 1941; l’ordinamento ha subìto nel tempo una serie di interventi, appunto tutti accomunati dalla necessità di espungere da quel testo quanto più palesemente risultava in urto con la Carta costituzionale.
Orbene, paradossalmente si arriva finalmente, oltre sessant’anni dopo, a metter mano alla riforma dell’ordinamento giudiziario e il primo problema in cui l’osservatore, il lettore, meglio ancora se addetto ai lavori, si imbatte è la sostanziale incostituzionalità di questo provvedimento.
Al di là di alcune perle - così mi è piaciuto definirle - che ho illustrato in Commissione prima e in Aula dopo, vi è (come molti colleghi hanno giustamente ricordato in quest’Aula, prendendo anche spunto da osservazioni di illustri costituzionalisti) una sorta di incostituzionalità diffusa, ambientale che permea l’intero provvedimento e che quindi, già da questo punto di vista, tradisce in maniera plateale quella che dovrebbe essere la ratio stessa di questa riforma (lo ripeto ancora una volta): rendere i princìpi dell’ordinamento giudiziario italiano - finalmente, oserei dire, visti i decenni trascorsi - conformi al dettato della Carta costituzionale.
Il primo rilievo è che questo disegno di legge raggiunge sicuramente l’esatto contrario. Di talché mi è facile prevedere che questa riforma (direi per fortuna, dal mio punto di vista) sarà sostanzialmente riscritta dalla Corte costituzionale.
Vorrei separare le mie osservazioni in due profili distinti fra loro, perché può sembrare che il merito sia poi l’approccio più significativo del confronto parlamentare, ma ci sono talune vicende (e questa è una di quelle) in cui non secondaria importanza assume il metodo.
Cos’è accaduto? Dobbiamo partire, sempre procedendo per sintesi, dal disegno di legge, diciamo, per comodità di comprensione, originario, sottoscritto dal ministro Castelli e che quindi impegnava questo Governo; disegno di legge che aveva ad oggetto proprio la riforma dell’ordinamento giudiziario. Esso fu presentato in Senato e su quel disegno di legge cominciammo a confrontarci, maggioranza e opposizione.
Nelle more, il Parlamento italiano aveva varato la legge Cirami. Si dirà: ma che c’entra la legge Cirami? C’entra la legge Cirami, c’entra, altrimenti non la ricorderei.
A proposito della legge Cirami, farò un breve inciso che vorrei rimanesse agli atti parlamentari. Molti davvero autorevoli esponenti della maggioranza si difesero dalle accuse di questa opposizione (che proprio non sapeva cosa diceva a proposito della legge Cirami), sostenendo che con quella legge si restituiva ai cittadini, dopo anni che ne erano stati privati, una garanzia fondamentale. Io vorrei sapere quante volte è stata applicata la legge Cirami e quanti cittadini possono dire di essersi avvalsi di una garanzia della cui mancanza soffrivano prima dell’approvazione di quella legge. È una legge fatta per una persona o per un gruppetto di persone; è una delle leggi vergogna, signor Presidente, per usare una definizione che va usata per la chiarezza del concetto e per la sua sintesi.
Ma cosa accadde? Le sezioni unite della Corte di cassazione ritennero che i processi per il cui trasferimento quella legge era stata varata dal Parlamento, da questa maggioranza e da questo Governo, dovevano restare dov’erano.
L’indomani mattina (non ho con me la rassegna stampa, ma la si può consultare), per bocca del Presidente del Consiglio dei ministri e di altri autorevoli, davvero autorevoli, esponenti della maggioranza si commentò quella sentenza nella seguente testuale maniera: "Ah sì? Adesso ai magistrati gliela faremo vedere noi". In sostanza, il messaggio annunciato era questo (e devo dare atto di una grande trasparenza).
E infatti del povero originario disegno di legge Castelli rimase ben poco, perché la maggioranza mise al lavoro i suoi quattro saggi (rispetto ai quali non mi stancherò mai di dire che l’unica certezza di cui disponiamo è che sono quattro, e basta), i quali confezionarono il primo maxiemendamento di questa vicenda, che cancellò totalmente tutto il dibattito parlamentare che si era svolto e che venne approvato, come una coorte che non soffre di alcuno sbandamento, dalla maggioranza in quest’Aula.
Si passa alla Camera e inizia un altro dibattito parlamentare. All’interno della maggioranza ci sono confronti, difformità di opinioni; l’opposizione è più che difforme come opinione, e tuttavia assieme lavorano per cercare di confezionare qualcosa non dico di commestibile, ma di meno indecoroso rispetto al disegno trasferito da questo ramo del Parlamento.
Niente da fare: arriva un altro maxiemendamento sul quale - udite udite - il Governo pone la fiducia. Quel provvedimento torna quindi al Senato, inizia un dibattito parlamentare devo dire molto civile, come è nostro costume in Commissione giustizia, con un ostruzionismo assolutamente marginale all’inizio ma subito abbandonato da parte nostra: un confronto vero e costruttivo.
Niente da fare: arriva un altro emendamento del Governo, la Commissione viene assolutamente cacciata fuori dal percorso parlamentare di questo provvedimento, e infatti siamo in Aula senza relatore.
Allora io vi chiedo: come qualificare questo comportamento della maggioranza e del Governo a proposito non di una leggina che riguardi questo o quel provvedimento a favore di questa o quella comunità, o che so io, ma una delle riforme fondamentali (auspicata, lo sottolineo e lo ricordo, già dai Padri costituenti) di una delle istituzioni fondamentali del Paese, ossia la riforma della giustizia? È questo il modo di affrontarla?
Signor Presidente, colleghi, comunque vada a finire, questa è una riforma extraparlamentare, perché i suoi testi - per la verità sin troppe volte variati fino ad oggi - sono stati concordati presso indirizzi probabilmente identificabili topograficamente fuori dai Palazzi delle istituzioni. Io a qualche indirizzo ci penso pure, ma me lo tengo per me.
VILLONE (DS-U). Indirizzi di Governo.
AYALA (DS-U). Di Governo, naturalmente, diciamo così. Questo è il problema del metodo.
Adesso si apre il problema del merito, e qui davvero devo riuscire ad andare per sintesi.
Partiamo da una riflessione: che cos’è l’ordinamento giudiziario? L’ordinamento giudiziario è, nella sostanza, la configurazione del tipo di magistrato che noi vogliamo. Il collega Fassone, sin dai primissimi dibattiti su questo argomento che ci hanno occupato per l’intero corso della legislatura fino ad oggi, lo definì (e mi piacque molto questa definizione, per cui la faccio mia pur non rivendicandone la paternità) come la configurazione dello status del magistrato: vediamo questo Parlamento che magistrato vuole.
Tutti vorremmo il magistrato prussiano, tutti vorremmo il magistrato che consentì al mugnaio di rivolgersi all’imperatore dal quale stava per subire un torto con la famosa frase: "Ci sono dei giudici a Berlino". Quel giudice di Berlino diede ragione al mugnaio contro l’imperatore. Questo è il giudice che noi vogliamo: realmente autonomo, realmente indipendente e quando giudica (perché quando parliamo di magistrati ci riferiamo ovviamente anche ai pubblici ministeri nel nostro Paese) realmente terzo. Questo nuovo ordinamento giudiziario ci darà questo giudice?
Com’è ipotizzabile che qualcuno, dentro quest’Aula o nell’Aula parlamentare di Montecitorio, voglia un altro tipo di giudice? Non è pensabile. Bene, il giudice che viene fuori da questo nuovo ordinamento (senza entrare nel dettaglio perché molte cose le ho dette in occasioni precedenti, molte altre sono state ben dette dai colleghi che mi hanno preceduto), come posso facilmente affermare e poi motivare, sarà intanto un magistrato qualificabile come burocrate.
Nella maggioranza si pensa intanto di fare in modo che il magistrato sia un burocrate. Dopo di che, come deve essere questo burocrate? Deve essere conformista (non ci venisse in testa qualche grillo, qualche interpretazione), così tutti siamo sicuri; ossequioso, doverosamente ossequioso rispetto alla giurisprudenza più frequentata; insicuro, del suo futuro, della sua carriera, dei suoi incrementi di retribuzione e quindi pavido, più facilmente condizionabile. In buona sostanza, un magistrato già rispetto ad oggi assai meno autonomo e meno indipendente.
Perché dico questo? Tra le tante cose che potrei citare a motivazione di questa affermazione scelgo una riflessione, un pensiero sul meccanismo dei concorsi ai quali il magistrato è subordinato nella progressione in carriera e nella retribuzione.
Signor Presidente, a scanso di equivoci: siccome mi sforzo di essere uno che ragiona laicamente, senza pregiudizi, mi rendo conto che il sistema attuale di progressione in carriera, legato soltanto all’anzianità e al non demerito, ha fatto a dir poco il suo tempo e quindi un correttivo in quella direzione certamente occorre. Tanto è vero che nel 1996, ai tempi del Governo dell’Ulivo, ministro della giustizia Flick, fu presentato un disegno di legge che prevedeva il superamento di quel sistema, attualmente ancora vigente, attraverso la valutazione professionale dei magistrati, in tempi previsti e a scansioni previste. Questo meccanismo dei concorsi, che fu totalmente cancellato, perché era vigente allora, dal Parlamento con una larghissima maggioranza, fu definito, nella relazione che accompagnava quel disegno di legge, inefficace e controproducente.
Ciò molti anni fa. Oggi invece diventa efficacissimo e tutt’altro che controproducente; questo perché destinato a raggiungere quell’obiettivo e quella risposta sul giudice che vogliamo: il burocrate pavido, timoroso, insicuro e ossequioso. Funziona perfettamente in quella direzione. Si cancellano anni di battaglie anche culturali dentro e fuori la magistratura, destinate a superare quei limiti che appartenevano alla magistratura di alcuni decenni fa.
La riorganizzazione dell’ufficio del pubblico ministero, gerarchia che più gerarchia non si può. Il sottosegretario Valentino, legato ai suoi vecchi ricordi ideologici, alla sola parola gerarchia lo vedo già elargirmi un sorriso di compiacimento che ha tutto il mio rispetto: dominus il capo della procura, i sostituti meri esecutori, con minacce tremende anche di procedimenti disciplinari nell’ipotesi in cui dovessero dismettere la veste di meri esecutori.
Azione disciplinare obbligatoria, in capo al procuratore generale della Cassazione. Grazie a questa novità, sento tra i colleghi della maggioranza parlare da tempo della necessità di superare ormai il principio della obbligatorietà dell’azione penale, perché in realtà obbligatoria non è ma è discrezionale, rimane più un’utopia che una realtà, bisogna andare oltre.
Bene, bisogna andare oltre l’obbligatorietà di quel principio, ma si introduce l’obbligatorietà dell’azione disciplinare, cosa tra l’altro molto strana come equilibrio dell’assetto, perché ci si potrebbe chiedere come mai questa obbligatorietà faccia capo al procuratore generale e non invece al Ministro, che pure è titolare dell’azione disciplinare. Perché la Costituzione (che non si vuole toccare in questo momento altrimenti i tempi si allungherebbero) prevede espressamente per il Ministro la facoltà di promuovere l’azione disciplinare.
Quindi, l’obbligo che si vuole introdurre per raggiungere l’obiettivo di cui parlavo prima (intimidire i magistrati) per il Ministro non lo si può prevedere (perché la Costituzione lo impedisce), ma per il procuratore generale sì; con il risultato (anomalia delle anomalie) che nei procedimenti disciplinari voluti dal Ministro, laddove se ne creino le condizioni, egli può aprire un contraddittorio contro l’archiviazione (tanto per essere più preciso) all’interno del quale l’incolpato si troverà a dovere contrastare con due pubblici ministeri: il procuratore generale della Cassazione, o suo delegato, e il delegato del Ministro della giustizia. Questo lo stanno facendo molti di voi che hanno votato insieme a me, nella precedente legislatura, l’articolo 111 della Costituzione, il cui cardine fondamentale è proprio la parità tra le parti in giudizio.
L’ultima perla è la valutazione di professionalità legata all’esito dei provvedimenti. La straordinaria capacità creativa di questa maggioranza e di questo Governo raggiunge qui - a loro insaputa, probabilmente - il massimo possibile, perché sono riusciti, con questo criterio, a immaginare quello che è per definizione inesistente, vale a dire il giudice perfetto, il giudice infallibile. Non esiste il giudice infallibile nell’umano (infallibile è un altro giudice), perché la giustizia è pur sempre amministrata da donne e da uomini, e quindi, per definizione, fallibile.
Questo, invece, diventa il giudice infallibile, perché qualunque provvedimento che abbia un esito diverso rispetto al suo venire in essere per ciò stesso sarà destinato ad una valutazione negativa di professionalità, il che vuol dire che quel giudice e lui solo (sia esso di secondo grado o la Cassazione) è il depositario della infallibilità del giudizio.
Non è accettabile, evidentemente, l’ipotesi che talvolta il giudice di secondo grado sbagli nel correggere la sentenza di primo grado. Se la valutazione di professionalità è legata all’esito del provvedimento, questo vuol dire (a parte tante altre cose sulle quali sorvolo) che finalmente nel nostro ordinamento giudiziario abbiamo disegnato la figura del giudice infallibile.
Sono entrato in magistratura circa 30 anni fa e tutto potevo pensare meno che diventare, un giorno, infallibile. Potrebbe capitare anche a me, signor Presidente: se tornassi a fare il giudice e correggessi, cambiassi un provvedimento che mi arrivasse in un grado di impugnazione stabilire automaticamente che quel provvedimento è sbagliato; quindi, io non potrei sbagliare, per definizione. Me ne compiaccio veramente. (Richiami del Presidente).
Le chiedo ancora un minuto di tempo, signor Presidente, considerato che mi sto avviando a concludere.
Qual è il vero risultato di questa operazione? Avremo indebolito uno dei presidi fondamentali di controllo della legalità che ogni Paese democratico dovrebbe invece ravvivare, rivitalizzare. Questo è un grande problema per il nostro Paese, signor Presidente, in questa epoca storica, perché questo Governo e questa maggioranza si sono intestati una politica netta e chiara che io definisco "di promozione della illegalità": depenalizzazione di fatto del falso in bilancio, rientro dei capitali illegalmente esportati all’estero, condoni vari (il cui elenco è troppo lungo fare qui), leggi-vergogna.
Ogni cittadino che si è limitato (come suo dovere e come ha sentito di fare) a rispettare le regole, ogni mattina - se uomo, quando si fa la barba, se è una signora, quando si trucca e si guarda allo specchio - si dirà: "Ma perché lo faccio, visto che tutti coloro che le violano, prima o poi vengono premiati?" Certo, poi arrivano i casi Cirio e Parmalat e si fa un disegno di legge per rivitalizzare i controlli (preventivi, si intende) e per ristabilire sanzioni adeguate al falso in bilancio, ma è un provvedimento che giace.
Quindi, i controlli preventivi non funzionano e non si fa alcunché per farli funzionare; le sanzioni, anziché essere rese più severe, vengono indebolite; il controllo repressivo, che compete alla magistratura attraverso questo intervento (ma non soltanto questo), viene anch’esso indebolito.
In questo Paese si è detto "viva" a tante cose. Da qualche tempo si dice spesso anche "forza qualche cosa". Questo disegno di legge completa (mi auguro completi e non anche altro) un altro "viva" ed un altro "forza".
Viva l’illegalità. Forza l’illegalità. Ce la farà e vincerà. L’illegalità. (Applausi dal Gruppo DS-U e del senatore Mancino. Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Chirilli. Ne ha facoltà.
CHIRILLI (FI). Signor Presidente, oggi mi sembra che ai colleghi intervenuti prima di me sia sfuggita l’importanza del momento legislativo che stiamo vivendo.
Onorevole Sottosegretario, onorevoli colleghi, oggi ci accingiamo ad affrontare - dico io finalmente - una legge delega davvero importante; una riforma dell’ordinamento giudiziario da tutti invocata e desiderata; uno dei puntelli fondamentali per rinnovare il sistema di giustizia che è consumato, lacerato e distorto da leggi ormai non più rispondenti ai tempi moderni; per rinnovare un ordinamento giudiziario la cui disciplina risale al 1941, epoca in cui era certo diverso il contesto costituzionale, politico e sociale in cui maturò.
Questa è una riforma il cui obiettivo è riportare serenità ai magistrati, anche svincolandoli dai rapporti e dalle prepotenze delle correnti; per dare il giusto riconoscimento a coloro che dimostrano di essere all’altezza; per riportare la magistratura ad una organizzazione più razionale ed efficiente.
Esprimo, quindi, il pieno assenso a tale riforma. Sento il dovere di rivolgere un ringraziamento al Ministro, al relatore, al Sottosegretario e a tutti i colleghi per l’impegno, l’abilità, la fermezza e la tenacia con la quale hanno lavorato.
Come cittadino ho sempre creduto e ritenuto che la giustizia, per essere considerata tale, deve essere necessariamente amministrata da giudici imparziali, che tali siano e tali appaiano; una giustizia per la quale nessuno si chieda quale siano le idee politiche del giudice, nel dubbio o nel sospetto che tali idee possano influenzarne il giudizio.
Vi sono stati fino ad oggi due anni di dibattito al Senato e alla Camera dei deputati. È stato svolto un grande lavoro con estrema responsabilità e saggezza, anche nell’interesse degli oltre 10 milioni di cittadini che avvertono la sfiducia nei confronti della giustizia.
Adesso si è giunti alla fase finale dell’esame di questo importantissimo provvedimento e non si può non dare atto all’intera maggioranza di essersi molto adoperata per eccepire i rilievi che la società civile e l’Associazione nazionale dei magistrati hanno rivolto al testo inizialmente approvato dal Senato.
Con l’approvazione definitiva di questo testo si restituisce finalmente unità alla magistratura, ripristinando il concorso unico. Vengono disegnate al meglio le funzioni all’interno delle procure; vengono delineati i poteri dei procuratori generali e individuati i comportamenti suscettibili - può anche accadere - di sanzione disciplinare.
Si è però anche consapevoli che la riforma dell’ordinamento giudiziario non risolverà con la bacchetta magica tutti i problemi della nostra giustizia. Occorrerà insieme avvalersi di una nuova mentalità, più razionale e più obiettiva, capace di una visione non più astratta e puramente ideologica del servizio della giustizia. È questo il cambiamento che tutti aspettano da tempo; un provvedimento che la maggioranza propone dichiarando già la disponibilità al dialogo per giungere ad un testo il più possibile condiviso.
Non vogliamo, senatore Ayala, una riforma extraparlamentare. Questa legge delega avvia la prima riforma necessaria, urgente e non più procrastinabile a cui sono certo dovranno seguire, nei prossimi anni, il dibattito sul ruolo della magistratura e dei suoi rapporti con gli altri poteri; la riflessione sul ruolo del Consiglio superiore della magistratura e la compatibilità con le riforme che giungono dall’Europa con la Costituzione europea.
Si tratta, onorevoli colleghi, di una svolta epocale per il nostro Paese. Con questa riforma la Casa della libertà risponde ad una precisa istanza proveniente dal Paese: restituire al sistema giustizia, nella sua piena autonomia, una credibilità che appare affievolita, inserendolo armoniosamente in un contesto in cui la tranquillità dell'ordine sia il presidio di rapporti civili sempre più intonati al rispetto della normativa vigente.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Bobbio Luigi. Ne ha facoltà.
BOBBIO Luigi (AN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, vorrei fare qualche considerazione in discussione generale perché credo che questa sia la sede idonea per fare chiarezza e soprattutto giustizia di molte, troppe, questioni, inesatte, false, suggestive che da troppo tempo in questo Paese l'opposizione di centro-sinistra sta tentando di far passare agli occhi dei cittadini italiani, in una logica e in un processo di mera contrapposizione ad un intento riformatore che invece, sarebbe auspicabile, e che almeno in questa materia, dovrebbe e potrebbe da essa essere realmente condiviso.
Per carità, non ci si accusi più di non voler fare riforme condivise da parte di chi - mi riferisco agli amici del centro-sinistra - a ogni pie’ sospinto manifesta di non poter più condividere questa riforma nei suoi contenuti e nella sua concreta formulazione perché la rifiuta nella sua stessa possibilità di "accadere" sul piano normativo.
Si è sentito parlare in maniera strumentale, e probabilmente lo si continuerà a fare all'infinito (lo dico più per un'esigenza di chiarezza personale che non perché creda realmente che qualcuno possa convincersi all'interno di quest'Aula della bontà di tale argomentazione), del concetto di legalità.
Una delle critiche che vengono mosse a questo disegno di legge, lo diceva da ultimo il collega Ayala, è che la funzione di questo disegno di legge sarebbe quella di alimentare ulteriormente questo preteso circuito di illegalità, andando a colpire, secondo i nostri oppositori, un sistema giudiziario che a loro avviso dovrebbe continuare a essere o sarebbe tuttora garanzia di legalità.
Ebbene, valgono sempre il vecchio adagio e la vecchia massima - che però non ci si dovrebbe mai stancare di contestare - secondo la quale ripetendo una falsità, e in questo caso ripetendo una inesattezza, la stessa diventa una verità, almeno agli occhi degli osservatori meno attenti o di coloro che sono meno addentro alla materia di cui si parla. Purtroppo dobbiamo farci carico del fatto che stiamo parlando di una materia specialistica altamente suggestiva agli occhi dei cittadini italiani che specialisti non sono di essa: la legalità.
Cominciamo ad affermare un concetto che dovrebbe essere ovvio: la legalità la fanno le leggi. La legalità non è una categoria morale, una categoria etica; la legalità è il sistema delle leggi. I colleghi dell'opposizione vogliono quindi farci credere con il loro argomentare che possano esistere leggi illegali; quale luminoso esempio di voluta contraddizione logico-lessicale strumentalmente asservita a tesi politiche precostituite. La legalità è fatta delle leggi vigenti; risiede nel rispetto delle leggi vigenti e fin tanto che sono vigenti. Quella è la legalità.
Non esiste la legalità come categoria morale quando se ne parla nel luogo dove si fanno le leggi, ossia dove si creano quegli strumenti destinati a regolare il turbinoso vortice degli interessi dei cittadini tentando di armonizzarli. Questa è la legalità ed è questa la scelta sovrana del Parlamento come luogo di rappresentanza degli interessi dei cittadini.
All'opposizione e all'Associazione nazionale magistrati non piace che la riforma abbia tra i suoi obiettivi quello di privare il magistrato di un potere di interpretazione sostanzialistica, che mira a fare le leggi piuttosto che ad applicarle, ad inserirsi indebitamente nel processo di formazione delle leggi, creandone di fatto nuove o, quel che forse è peggio, cancellando, attraverso l'interpretazione più infedele, le leggi che per ragioni tutte politiche non piacciono al magistrato che è chiamato ad applicarle o - parlando per categorie - all'Associazione nazionale magistrati.
Quest'ultima, non da oggi purtroppo, si erge come soggetto rappresentativo di un interesse di categoria, di fatto inesistente ma artatamente creato; nel momento in cui si erge a soggetto rappresentativo di un inesistente interesse di categoria, si pone come soggetto politico e si colloca in una logica di contrapposizione - vedete la stortura istituzionale - con la maggioranza e il Governo che ha legittimamente di mira un modo tendenzialmente diverso di realizzare quel determinato interesse, una via che confligge con quella che l'associazione di categoria vorrebbe fosse perseguita.
Se queste sono le premesse e se questo è il contorno del discorso più generale sull'ordinamento giudiziario, dobbiamo ribadire con forza che questa è una riforma - non ci stancheremo mai di ripeterlo - che non si fa e non si vuole fare contro alcuno. Non è una riforma che mira a comprimere legittimi spazi costituzionali e diritti di autonomia e di indipendenza dei magistrati costituzionalmente garantiti, che però sono anche doveri. Questa è una riforma che tende a garantire i cittadini italiani attraverso un percorso di recupero del corretto assetto istituzionale e costituzionale nel rapporto fra i poteri disegnati dalla Costituzione.
Mi dispiace contraddire - non lo faccio volentieri - il collega Fassone nonché altri colleghi i quali hanno ritenuto di farsi forti di un'argomentazione strettamente legata all'iter parlamentare del disegno di legge. Si ha un bel dire, ma oggi siamo in Aula perché di fatto vi è stato ostruzionismo in Commissione, un ostruzionismo garbato, anche di contenuti, anche materiato di sostanza, ma sempre ostruzionismo. Questo è stato tale da indurre l'Aula a richiamare il disegno di legge. Mi rendo conto di utilizzare una figura puramente retorica, ma chiederei di finirla, cari colleghi, con la mitologia autoalimentata del disegno di legge sottratto al controllo del Parlamento.
Credo che pochi disegni di legge abbiano visto un dibattito parlamentare così lungo e così articolato. Se il testo ha subìto cambiamenti e ha avuto varie stesure, ciò non ha interrotto - sarebbe ingenua e povera cosa continuare a sostenerlo - il filo della verifica parlamentare che si è esercitato su testi parzialmente diversi, ma comunque su un impianto che non ha mai cessato di essere fedele alle linee ispiratrici politico-istituzionali legate all'inquadramento corretto della funzione giudiziaria.
Questo disegno di legge non mira a comprimere autonomia e indipendenza della magistratura, tutt'altro; mira a ripristinare l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati, facendogliene carico quale adempimento di un dovere che essi hanno nei confronti dei cittadini, perché autonomia e indipendenza sono momenti di garanzia non dei magistrati, bensì prerogative strumentali affinché il lavoro dei magistrati vada a tutela dei cittadini. È al cittadino che interessa avere un magistrato autonomo, indipendente e - aggiungiamocelo, perché no? - imparziale.
La verità è che non si vuole la riforma, non si vuole la riforma tout court, non si vuole la riforma in quanto tale; purtroppo è così! Perché non la si vuole? Perché spezza un circuito di isolamento autoreferenziale della magistratura e tenta di riportare il sistema al suo assetto costituzionale.
Prima il senatore Cavallaro, nel suo per altri versi ottimo intervento, ha secondo me commesso un grave errore di citazione, dai pesanti risvolti psicologici. La citazione del libro di Sciascia - secondo me - ha costituito un dannoso esempio delle argomentazioni dell'opposizione.
Noi riteniamo, infatti, che il magistrato debba applicare le leggi, debba essere il vero, mero, tragico applicatore delle leggi; non vogliamo più che si riproponga nel nostro Paese un modello di magistrato che, invece di soffrire applicando la legge, si rifiuta di applicarla perché la legge - udite udite! - sarebbe contraria ai suoi principi, cosa assolutamente inaccettabile e che, nella volontà esemplificativa del senatore Cavallaro, in realtà ci disvela e disvela agli occhi dei cittadini, tutto un retropensiero, tutto un mondo retrostante nel modo di concepire ruolo e presenza della funzione giudiziaria nel nostro Paese.
Voi dell'opposizione avete - consentitemi di dirvelo - alimentato per anni una deviazione costituzionale e una autoreferenzialità della magistratura, in un rapporto di reciproca strumentalizzazione con la magistratura. Questo modo di intendere la funzione giudiziaria nasce distorto e si è prolungato in maniera distorta e distorcente nel corso degli anni, con l'imposizione, via via, inizialmente timida, nascosta, poi sempre più proclamata e conclamata, di una logica sostanzialista che è l'anticamera della giustizia amministrata in senso politico; una logica secondo la quale la legge, per soddisfare un presunto, ma in realtà inesistente, interesse dei cittadini, non deve essere applicata, ma deve essere interpretata, discutendone gli stessi motivi ispiratori, cioè appropriandosi della funzione politica, che è la genesi della lettera della legge. E voi, con questo vostro atteggiamento di oggi a proposito di questo disegno di legge di riforma, state perdendo l'occasione - permettetemi di dirvelo - di compiere il nobile gesto, politico, costituzionale, istituzionale, di affrancarvi da un sistema di assoluta deviazione dai princìpi costituzionali.
Voi sapete quanto me che la riforma non è più rinviabile, ma vi siete prigionieri del ruolo che avete voluto ritagliarvi. Questa non è la riforma voluta dal Presidente del Consiglio, non è la riforma per comprimere e reprimere dei magistrati che hanno fatto fino ad oggi il loro dovere; questa è una riforma che vuole andare incontro al bisogno del popolo italiano di avere un magistrato che non sia più una monade chiusa al mondo e chiusa al concetto di responsabilità.
Oggi si fa tanto parlare del magistrato come uomo e come professionista calato fra la gente in un'ottica distorcente, come voi volete che sia, in un'ottica di partecipazione sostanziale e fattuale alla vita politica. Noi invece vogliamo che l’attuale momento di vero isolamento, di autoreferenzialità, di sottrazione al potere di controllo e di verifica in tutti i suoi aspetti, venga spezzato.
Noi vogliamo che il magistrato rientri in un normale circuito di verifica da parte della struttura sociale, da parte dello Stato. Noi vogliamo spezzare il momento di autoreferenzialità che rende il magistrato assolutamente incontrollabile nel momento della sua formazione, laddove il CSM per anni si è appropriato, nel silenzio della Costituzione e della legge, di un ruolo che la medesima Costituzione non gli assegna, quello della formazione.
Cinque sono i compiti che la Costituzione, con un elenco tassativo, assegna al CSM, e nessuno di questi cinque compiti è quello della formazione dei magistrati. Ma la magistratura associata, politicamente collegata alla sinistra politica di questo Paese, ne ha fatto un cavallo di battaglia, perché ha sempre ben compreso quale fosse l’importanza di autoformare dei magistrati che seguissero e fossero improntati a quello schema contro la lettera della Costituzione.
Noi - ripeto - cerchiamo di spezzare il circuito di autoreferenzialità nel momento della progressione in carriera, introducendo dei concorsi che non sono mera verifica nozionistica, ma sono ricerca e verifica effettiva di attitudine e capacità lavorativa (e lo si vedrà meglio nel testo dell’emendamento presentato dal Governo), spezzando l’autoreferenzialità che, attraverso il perverso meccanismo di composizione del CSM, attraverso lo schema e la scelta correntizia, oggi tiene tutti i magistrati avvinti sotto il giogo di un ristretto numero di quanti entrano ciclicamente, alternandosi periodicamente a far parte del CSM. Controllano le promozioni, controllano la progressione in carriera, controllano l’essenza stessa della funzione giudiziaria: proprio questo circuito di autoreferenzialità vogliamo spezzare.
Vogliamo recuperare un ruolo di responsabilità dei capi degli uffici inquirenti: si ha un bel dire, ma in questo testo di legge non c’è quella che voi chiamate l’esasperata gerarchizzazione delle procure, bensì un ruolo di grande responsabilità, finalmente recuperato e imposto, dei capi degli uffici, al quale ruolo non può non accompagnarsi anche un potere di direzione effettiva dell’ufficio.
E non continuate, vi prego, a spingere avanti su questo tema la lettera della Costituzione, perché essa vi dà torto (l’ho detto nella scorsa seduta, lo ribadisco oggi), nel momento in cui estende le garanzie dei magistrati non ai singoli componenti dell’ufficio del pubblico ministero, ma al pubblico ministero, ossia all’ufficio e, per esso, al suo vertice.
Tutto il resto, ogni altra e diversa interpretazione non è niente più che interpretazione, peraltro strumentalmente perseguita e scientificamente costruita nel corso dei decenni dal CSM, dalla sua giurisprudenza e dall’Associazione nazionale magistrati, per dare sempre maggiore forza e ruolo politico a una magistratura che deve rientrare assolutamente, nell’interesse dei cittadini, pena la definitiva rottura dello schema costituzionale, nel solco che la Costituzione assegna a un ordine professionale chiamato dalla Costituzione a rivestire ed esercitare una funzione costituzionale.
Anche questi sono aspetti che vanno chiariti sempre con grande linearità, perché a volte sembra che, dimenticandocisi dell’ovvio, si voglia veicolare il contrario della lettera della Costituzione.
Certo (e mi avvio a concludere), abbiamo contro in questo momento - l’avete detto - magistrati, avvocati, l’accademia; ma, vivaddio, permettetemi di dirvi - a costo di offendere qualcuno - che della contrarietà di questa accademia noi sinceramente riteniamo, in questo momento (e parlo a nome della maggioranza di centro-destra), di poterci fare (Commenti del senatore Brutti Massimo) piuttosto che trarne motivo di turbamento, caro collega Massimo Brutti, che vedo dissentire con grande convinzione.
Infatti, di questa accademia, che oggi si schiera contro la riforma dell’ordinamento giudiziario, noi non possiamo dimenticare le origini e i percorsi in virtù dei quali si è arrivati alle cattedre universitarie dalle quali oggi si pontifica per i più vari interessi - tranne poche, lodevoli eccezioni - contro questa riforma, che - lo ripeterò fino alla noia - è riforma dei cittadini e per i cittadini italiani.
Abbiamo contro gli avvocati, ma, signor Presidente, mi consenta, nei limiti della mia pochezza, del mio piccolo ruolo, di lanciare anche un appello all’avvocatura italiana. Non possiamo dimenticare che, nel legiferare, in questa materia non ci si può non fare carico di dubbi di costituzionalità; anche un solo dubbio di illegittimità costituzionale deve costituire motivo per non legiferare, onde evitare di fare un guaio peggiore di quello al quale si vuole rimediare.
Ma permettetemi di sottolineare agli avvocati italiani che, a Costituzione vigente, stiamo facendo esattamente quello che ci eravamo impegnati a fare con il programma elettorale e poi con quello di Governo: rendere percepibile, palpabile, netta la distinzione dei ruoli, delle funzioni fra magistratura inquirente e magistratura giudicante.
Credo che gli avvocati italiani dovrebbero fare un passo indietro in questo momento di affermazione del loro esistere come soggetto collettivo, come categoria professionale, e rendersi conto che il contenuto del disegno di legge su questo argomento specifico, al di là della lettera della legge, soddisfa pienamente i loro desideri, che sono i desideri e le aspirazioni della gran parte dei cittadini italiani.
Poi abbiamo contro i magistrati. Mi domando: come si può dire in quest’Aula, credendoci, che non si fa, per esempio, una riforma della sanità contro i medici e riprodurre questo schema in relazione alla riforma della giustizia? Qui stiamo parlando non di una riforma che incide sugli orari di lavoro, sullo schema contrattuale, sulla retribuzione, ma di una riforma strutturale dello Stato italiano, che riguarda il modo di gestione, attribuito dalla Costituzione, di un potere costituzionale.
E noi permettiamo oggi a quei soggetti, che saranno un domani vincolati a gestire la funzione costituzionale secondo gli schemi indicati nel legittimo esercizio del potere parlamentare, di interloquire o di chiedere di interloquire addirittura minacciando e proclamando… (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. Senatore Bobbio, le ho già dato un minuto, ora questo è il secondo. La prego di concludere.
BOBBIO Luigi (AN). …minacciando scioperi su una prerogativa e su una funzione parlamentare.
Noi abbiamo il diritto-dovere di governare e intendiamo, praticando la via del dialogo, fino a quando non diventa una scusa per paralizzare il nostro dovere di governare, arrivare fino in fondo a questo disegno di legge. (Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Brutti Massimo. Ne ha facoltà.
*BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione le parole del collega Bobbio. Mi sembrava che non parlasse di una riforma, ma di una rivolta. Il linguaggio usato, la durezza dei toni, un certo coinvolgimento emotivo mi facevano pensare che forse ci stiamo riferendo a due testi diversi.
Siamo di fronte ad un disegno di legge modesto, tutt’altro che un nuovo ordinamento giudiziario. Lo abbiamo definito un pasticcio e certamente questa critica ha diritto di cittadinanza nel nostro dibattito, perché le leggi dovrebbero essere scritte meglio. Ho un brivido, senatore Bobbio, quando sento la sua invettiva contro l’accademia. Essa mi ricorda il culto dell’ignoranza virile e mi fa pensare all’asinocrazia.
Il regime degli ultimi della classe è il regime peggiore: sia esso autoritario, o democratico, col primato dell’Esecutivo o senza, quello degli asini che si ribellano contro i professori è il regime peggiore, che non augurerei a nessuno dei miei nemici. Bisogna studiare, invece, bisogna scrivere gli emendamenti stando attenti ad usare la lingua italiana e trascriverli correttamente, non su questi foglietti volanti che arrivano nelle nostre mani a ripetizione.
BOBBIO Luigi (AN). Sempre spocchiosetto!
BRUTTI Massimo (DS-U). E poi il senatore Bobbio picchia i pugni sul tavolo e così rientra, in un modo del tutto incomprensibile e ridicolo in qualsiasi altro ordinamento del pianeta, il colloquio psico-attitudinale: una prova che si svolge davanti ad una commissione giudicatrice, la quale non ha secondo la legge nessuna competenza specifica per descrivere e valutare la psiche del candidato.
Ma tant’è: aveva suonato la diana il Presidente del Consiglio quando aveva detto che i magistrati sono degli alienati, degli esseri antropologicamente diversi, ed ecco gli zelanti senatori e deputati inventare formule normative per compiacere il capo.
In realtà, siamo di fronte ad un disegno di legge che, nonostante la propaganda, non affronta nessuno dei grandi problemi aperti davanti a noi, che riguardano la giustizia italiana.
Più volte, in questi ultimi anni, i problemi centrali della giustizia sono stati affrontati e messi a fuoco dalla cultura giuridica italiana, quella Accademia e quei professori disprezzati dal senatore Bobbio. Voglio sperare che la prossima impresa legislativa del senatore Bobbio non sia quella di toglierci le cattedre universitarie e mi appello a lei, professor Fisichella, perché voglia vigilare rispetto a proposte di legge le quali potrebbero magari sottoporci ad un test psico-attitudinale per valutare se la cattedra di filosofia della politica del professor Fisichella, o la cattedra di diritto romano, che io indegnamente ricopro all’università "La Sapienza" di Roma, o altre ancora debbano essere sottratte ai soggetti che in questo momento svolgono questi insegnamenti.
I problemi veri sono stati affrontati dalla cultura giuridica italiana con serietà: la deflazione del processo civile, che si è avviata soltanto e con strumenti ancora inadeguati; la riforma del diritto fallimentare; una riforma del codice penale che muova dal ripensamento complessivo dei beni protetti dalla norma penale; non le riforme che volete voi quando buttate per aria il principio fondamentale della legittima difesa e vi immaginate una presunzione iuris et de iure di proporzionalità della reazione all’offesa, che è una specie - diciamo così - di codice penale all’amatriciana, il codice penale Bobbio che dovrà venire a sostituire il codice Rocco.
BOBBIO Luigi (AN). Non capisco perché deve essere offensivo, perché parla di amatriciana! Questo solo sanno fare: quando non hanno argomenti offendono. Cialtrone!
BRUTTI Massimo (DS-U). Speriamo che ciò non accada; ci terremo il codice Rocco, senatore Bobbio. C’è ormai un’abitudine italiana, possiamo dire, di impostazione scorretta di problemi che sono invece seri e che richiederebbero ben altro approccio.
BRUTTI Massimo (DS-U). Comunque la nostra cultura giuridica i problemi fondamentali della giustizia italiana li ha posti e li ha affrontati. Ma di fronte all’emergenza di un processo penale lungo perché irragionevole, regolato da norme contraddittorie che si sono stratificate nel tempo, un processo che richiederebbe oggi un intervento di razionalizzazione capace di andare ben oltre il fragile compromesso realizzato in questi anni tra il modello accusatorio e una serie di forme e garanzie tipiche della tradizione inquisitoria; oppure davanti agli aspetti empirici, alle carenze concrete, all’impatto che hanno le disfunzioni, l’insufficienza delle strutture, la cattiva allocazione delle risorse, l’organizzazione inadeguata degli uffici, la mappa obsoleta delle circoscrizioni giudiziarie, ebbene di fronte a tutto questo la maggioranza di Governo invece di affrontare i problemi veri va in un'altra direzione.
Voglio dirlo nel modo più semplice possibile: non si affronta la questione dell’efficienza, che riguarda un aspetto fondamentale della giurisdizione, su cui si misura il diritto dei cittadini al processo, come non si affronta l’esigenza di una razionalizzazione delle regole del processo. Invece, la maggioranza di Governo oggi punta ad indebolire la giurisdizione.
Non mi soffermo sugli aspetti pittoreschi di questa strategia volta ad indebolire la giurisdizione (le dichiarazioni già citate del Presidente del Consiglio, dei suoi amici, dei suoi avvocati di fiducia), ricordo soltanto una deliberazione del Senato assunta qui, in quest’Aula, dalla maggioranza, che non va ad onore di questo ramo del Parlamento, nella quale si censurava un atto giudiziario, nell’ambito di un procedimento ancora in corso. Naturalmente, nell’ambito della giurisdizione, l’interpretazione che poi si è consolidata in relazione a quel problema affrontato avventatamente dalla maggioranza del Senato è andata in tutt’altra direzione e oggi è comunemente accolta in Italia da tutti gli uffici giudiziari, da tutti gli organi giudicanti.
Quello fu soltanto un episodio rivelatore di questa strategia, che comporta da un lato l’attacco all’indipendenza e all’autonomia dell’ordine giudiziario e dall’altro gli esperimenti legislativi, come quello che abbiamo oggi davanti agli occhi.
È giusto domandarsi che cosa storicamente spieghi questa idea fissa che attraversa oggi la maggioranza e il Governo di centro-destra, che io colgo nelle parole del collega che avrebbe dovuto essere relatore di questa legge.
Certo, c’è stata la vicenda degli anni Novanta: il crollo del vecchio sistema di governo è stato uno shock per una parte dell’establishment del nostro Paese. Ma non è tanto quell’episodio che spiega i furori di oggi contro la magistratura, contro le garanzie di indipendenza e di autonomia dell’ordine giudiziario; c’è qualcosa di più profondo che non riguarda il passato, ma il futuro.
La verità, signor Presidente, è che per una parte delle classi dirigenti italiane (questo è un problema storico del quale dovremmo farci carico tutti, centro-destra e centro-sinistra) il modello costituzionale secondo il quale ciascun magistrato è tenuto ad ubbidire soltanto alla legge e a nessun’altra autorità non rappresenta una garanzia; ripeto, per una parte delle classi dirigenti italiane non rappresenta una garanzia, ma è avvertito come una fonte di rischi e di costi non accettabili nella trattazione dei propri affari, degli affari che stanno a cuore ai ceti dominanti, nella competizione per il potere, nella competizione che una parte della destra vorrebbe senza regole.
L’Italia delle consorterie (ne parlava Gramsci, quando nel vuoto della politica vedeva il sorgere delle consorterie, delle cricche, delle mafie: nel vuoto della politica e della democrazia, nel vuoto della partecipazione popolare), l’Italia delle consorterie che in questi anni abbiamo visto forti, in crescita, non sopporta una giurisdizione forte. L’Italia dell’illegalismo sente in questi anni, in una fase di transizione ancora aperta l’ansia e la tentazione di una rivincita, di un assoggettamento della giurisdizione: ecco gli attacchi, le parole non meditate che servono, sono utili a mettere in circolo veleni; ecco anche le leggi.
Citerò una frase di San Tommaso, che era un filosofo serio, "Non lex, sed corruptio legis", egli scriveva. Quante volte, in questi tre anni di Governo del centro-destra, ci siamo trovati di fronte a provvedimenti che erano formalmente delle leggi, ma che con il principio di legalità e dell’eguaglianza dei cittadini di fronte all’ordinamento avevano poco a che fare?
Ebbene, questo disegno di legge rabberciato, pasticciato, costruito in itinere, cambiava sempre. Oggi noi stiamo a discutere un testo che è stato scarsissimamente discusso, poiché su di esso è stata posta la fiducia alla Camera e la Commissione al Senato non ha potuto discuterlo: un testo che si inquadra dentro il contesto storico che ho appena descritto.
Voglio sottolineare queste ragioni di fondo. Sono stato al congresso dell’Associazione nazionale magistrati ed ho ascoltato il collega Gargani che chiedeva di discutere, nel rispetto reciproco. Vorrei spiegare ai nostri colleghi (vedo qui che la maggioranza è ampiamente rappresentata, ma mi rivolgo al collega sottosegretario Valentino) che il rispetto reciproco significa anche rendersi conto, ciascuno nei confronti dell’altro, che si sono dei valori e dei princìpi, dei modi di intendere le cose che non sono negoziabili. E allora, in rapporto ad alcuni di questi princìpi e valori che noi avvertiamo e che derivano dal modello pluralistico della Costituzione, dobbiamo dire con fermezza che là il negoziato, il compromesso, il far finta di nulla non è possibile.
Tuttavia, voglio concludere questo intervento, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, chiarendo cosa chiediamo noi, perché noi ci rivolgiamo al Governo come se fosse un Governo normale; noi ci rivolgiamo alla maggioranza come se fosse una maggioranza pronta ad ascoltare, disponibile al dialogo ed al confronto, anche se sappiamo che non è così. Come dicevo, vogliamo chiarire cosa concretamente chiediamo. Lo farò molto rapidamente, per punti.
Abbiamo criticato radicalmente il sistema dei concorsi, che non è gestibile per l’accesso alle funzioni di appello; occorrerebbe inoltre introdurre una procedura concorsuale specifica per l’accesso alla funzione di legittimità, mantenendo però ferma la decisione del CSM in questa materia. Occorrerebbe tutt’altra procedura, tutt’altro sistema per la valorizzazione ed il miglioramento delle verifiche di professionalità.
L’Associazione nazionale magistrati vi ha proposto un sistema di verifica, con periodicità quadriennale ed anche con la possibilità di sanzioni nel caso si accerti e si verifichi la mancanza di professionalità, ma voi non avete neanche preso in considerazione tale proposta.
Voi non avete neanche preso in considerazione questa proposta, così come non avete preso in considerazione le critiche e le obiezioni provenienti dal Consiglio superiore della magistratura, non da un suo esponente, non dal suo vice presidente ma dal Consiglio come organo, il quale ha approvato pareri motivati, lunghi e dettagliati. Voi li avete buttati nel cestino.
Esprimiamo il nostro dissenso anche in merito alla separazione di fatto delle carriere che voi introducete. La nostra idea è tutt'altra. La nostra idea sarebbe quella di puntare sulla temporaneità e sulla rotazione delle funzioni, non sulla loro cristalizzazione, per cui si forma il pubblico ministero a vita come una specie di superpoliziotto.
Vi chiediamo allora: sareste d'accordo - e questa potrebbe essere una bella prova di disponibilità - a introdurre come correttivo del sistema che avete previsto, e che noi non condividiamo, la possibilità, che voi oggi negate, di una scelta ulteriore nell'arco della vita professionale, accompagnata naturalmente da un processo di riconversione alle nuove funzioni, quindi di formazione, di verifica e di valutazione, e dal trasferimento di sede?
Insomma, sareste d'accordo ad inserire una possibilità che rompa questa sclerotizzazione delle funzioni e che consenta al pubblico ministero che ha già fatto esperienza di andare, ad un certo punto della sua vita, con tutte le verifiche che volete prevedere, a svolgere funzioni giudicanti? Ciò sarebbe utile perché eviterebbe una cristalizzazione in abitudini professionali consolidate. Noi avremmo bisogno di un giudice più sensibile alle esigenze di difesa sociale e di un pubblico ministero più rigorosamente sensibile che mai alla cultura delle garanzie.
In merito poi al Consiglio superiore della magistratura, siete disponibili ad introdurre qualche emendamento che invece di indebolirlo lo rafforzi, che gli dia peso, vitalità e rilevanza perché è questo l'organo di Governo autonomo previsto dalla Costituzione?
Per quanto concerne i poteri del Ministro, vi chiedo inoltre di eliminare, lo dico a lei, signor Sottosegretario, la possibilità di ricorrere ai tribunali amministrativi regionali avverso le nomine degli uffici direttivi; sarebbe infatti avvilente per lo stesso Ministro della giustizia doversi, ad esempio, rivolgere al TAR del Molise o della Lombardia per far valere il suo punto di vista.
In merito alla materia disciplinare, vi chiediamo anche di eliminare dal novero delle fattispecie tipiche elencate dalla legge di delega alcune ipotesi di illecito disciplinare che non sono tipiche. Che senso ha fissare il già discutibile principio dell'obbligatorietà dell'azione disciplinare, di cui è titolare il procuratore generale presso la Cassazione, quando nella descrizione degli illeciti disciplinari si introducono norme in bianco, che quindi di fatto restaurano una piena discrezionalità del titolare dell'azione disciplinare?
Così al comma 6, lettera c), n. 1), dell'articolo 7, si parla di danno ingiusto. Ma che cos'è il danno ingiusto? È uno schema romanistico, lo so bene, ma è tale nell'ambito di un diritto di formazione giurisprudenziale, con un pretore che disponeva di un'ampia valutazione discrezionale, proprio quella che voi volete cercare di restringere il più possibile nel nostro ordinamento.
Invece qui introducete un'ampia valutazione discrezionale di chi deve esercitare l'azione disciplinare. E se fosse mai il ministro Castelli a dover applicare queste norme in bianco, come userebbe nei confronti dell'uno o dell'altro magistrato questo potente strumento di discriminazione-intimidazione, che è la sottoposizione al procedimento disciplinare? Devo credere che questo potere sarebbe indirizzato contro i magistrati scomodi (lo devo credere perché è avvenuto), contro coloro che conducono inchieste e che trattano processi nei confronti dei potenti.
Ancora, al comma 6, lettera c), n. 6), dell'articolo 7 si parla di esternazioni. Cosa sono le esternazioni? Che cos'è l'interferenza di opinioni da parte di un magistrato nei confronti dell'altro di cui al comma 6, lettera d), n. 6)dello stesso articolo?
Il diritto di critica da parte dei magistrati fin dove può arrivare? Nel testo vi è una norma in base alla quale quanto più autorevole è un magistrato tanto più duramente dovrà essere punito. Devo deludere il collega Bobbio: non solo gli accademici ma anche i magistrati scrivono libri ed è bene che li scrivano perché studiano e danno un contributo all'avanzamento della cultura giuridica; ebbene, se un magistrato scrive libri dovrà essere punito più duramente quando manifesta un'opinione perché la sua autorevolezza concreta un'interferenza.
Al comma 6, lettera d), numero 8, si parla poi di appannamento dell'immagine di un magistrato. Ma cosa è l'appannamento dell'immagine? Questa è una norma in bianco che apre campo libero all'iniziativa disciplinare dl Ministro, cioè all'uso intimidatorio e discriminatorio del procedimento disciplinare. Come ha scritto di recente un valido magistrato, che ahimé scrive saggi, si crea un diritto disciplinare dell'apparenza. È una specie di mostro giuridico, uno dei tanti ai quali ci hanno abituato il Governo e la maggioranza di centro-destra.
Questi sono i punti che poniamo all'attenzione del Governo; non immaginiamo certo che siano tutti accolti perché il ministro Castelli asserisce che deve essere l'Esecutivo a decidere. Decidete, questi sono i punti che consideriamo rilevanti; non mi illudo che vi sia una concreta disponibilità da parte vostra, ma non dite che facciamo ostruzionismo: noi combattiamo una battaglia su princìpi che riteniamo non negoziabili. (Applausi del senatore Villone DS-U).
PRESIDENTE. Data l'ora , rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
Allegato B
Intervento del senatore Calvi nella discussione generale del disegno di legge n. 1296-B e connessi
Signor Presidente, signor Ministro della Giustizia, onorevoli colleghi senatori, nel corso della XIII legislatura sono stati approvati diversi disegni di legge per impulso governativo e di iniziativa parlamentare attinenti l'ordinamento giudiziario il più importante dei quali è certamente la riforma del "giudice unico". Si è trattato del più ampio e radicale cambiamento delle competenze e delle funzioni del giudice di primo grado. L'istituzione delle sezioni distaccate di tribunale costituisce il primo passo per la più vasta riforma delle circoscrizioni , passaggio indispensabile per una ragionevole ridistribuzione delle risorse nel territorio. Si è data, poi, una nuova sistemazione istituzionale alla figura del giudice onorario. La riforma, voluta dal ministro Flick, e approvata con decreto legislativo 19 febbraio 1998 n. 51, voleva essere il primo impegno nella riscrittura della normativa riguardante l'ordinamento giudiziario. Si sarebbe potuto e dovuto, nell'attuale legislatura, riprendere quel cammino e continuare, nel vincolo dei princìpi fondamentali indicati dalla Carta costituzionale, nell'impegno di adeguamento delle diverse articolazioni del sistema ordinamentale alle esigenze che oggi, al servizio giustizia, chiede il cittadino.
Si tratta di uno dei compiti più complessi, difficili ed impegnativi che possano essere affrontati nel Parlamento. Per tale ragione è indispensabile che, per pervenire ad un esito soddisfacente, concorrano alla sua elaborazione tutte le parti politiche e i rappresentanti della migliore cultura giuridica.
Il 29 marzo 2002 è stato presentato dal Governo in Senato un disegno di legge dal titolo "Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12, e disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità". Più che entrare nel merito del disegno governativo, in quanto poi, per ben quattro volte, radicalmente modificato, è opportuno soffermarsi su taluni passaggi parlamentari per comprendere e valutare i reali intenti dei proponenti. La legge è, intanto, severamente criticata dalle forze politiche dell'opposizione, dalla dottrina più attenta, dall'avvocatura e soprattutto dalla magistratura. In un documento redatto dai magistrati della Corte di cassazione si respinge con fermezza l'ipotesi di trasformare "il giudice delle leggi in giudice dei giudici". Il 12 giugno 2002 inizia la discussione in Commissione giustizia del Senato che si protrae fino alla fissazione, per il 26 luglio, del termine di presentazione degli emendamenti. Ma nel frattempo, ed è storia assai nota a tutti, a seguito di vicende processuali che coinvolgono il Presidente del Consiglio, inizia, sempre in Senato, un durissimo confronto sulla nuova legge relativa all'istituto della remissione (la cosiddetta legge Cirami, dal nome del senatore proponente). Dopo aspri scontri in Commissione, con inedite sedute notturne, ed in Aula, con il contingentamento dei tempi di discussione, la legge è approvata. Quindi, allargato l'ambito di applicazione del "legittimo sospetto", viene presentato alla Corte di cassazione un ricorso per il trasferimento del processo da Milano a Brescia. Nella relazione di minoranza abbiamo scritto: "Le blandizie alla Cassazione, di cui è intessuta la legge delega, e che riceveranno un ulteriore implemento nella legge finanziaria con l'assurdo regalo del trattenimento in servizio dei magistrati fino a 75 anni, suggeriscono in modo irresistibile l'idea di una ricerca di benevolenza".
I lavori sulla legge delega sono inopinatamente sospesi, anche se il Ministro ne aveva più volte sollecitato l'approvazione entro il 2002.
II 28 gennaio 2003 le Sezioni unite penali della Cassazione rigettano il ricorso sul "legittimo sospetto". Il processo in questione continuerà quindi ad essere celebrato a Milano allontanando così le non nascoste speranze di prescrizione dei reati.
Il 7 marzo 2003 il Consiglio dei Ministri vara un maxiemendamento che modifica radicalmente la legge delega soprattutto in tema di progressione in carriera, ora ridisegnata con criteri meritocratici, e di separazione delle carriere, di fatto surrettiziamente introdotta con la distinzione delle prove d'esame e delle commissioni giudicatrici.
La discussione non viene riaperta, e così i lavori di Commissione si concludono solamente con la votazione degli emendamenti.
In Aula i tempi della discussione sono contingentati ed il 21 gennaio 2004 si giunge all'approvazione del disegno di legge senza un confronto approfondito. Tuttavia il dibattito, sia pure ristretto, consente qualche miglioramento con l'accoglimento di alcuni emendamenti dell'opposizione.
Alla Camera il testo è radicalmente modificato. Il disegno di legge viene riscritto più volte sia in Commissione sia in Aula, e al termine è presentato ancora una volta un maxiemendamento sul quale il Governo chiede il voto di fiducia.
Il 30 giugno 2004 la Camera vota un disegno che è totalmente diverso sia da quello presentato dal Ministro della giustizia sia da quello votato dal Senato.
Non appena la Commissione giustizia inizia la discussione sul nuovo testo il ministro Castelli dichiara nella seduta del 29 luglio 2004 che: "Non corrisponde al vero la critica mossa al Governo accusato di aver evitato il confronto e di essersi chiuso a difesa delle proprie idee. È vero il contrario, perché le diverse letture hanno significativamente modificato l'impianto iniziale del testo e il Governo assumendosi pienamente le responsabilità che ad esso competono, ha dovuto all'ultimo passaggio alla Camera chiedere la fiducia all'unico scopo di poter disporre del tempo necessario per i numerosi decreti legislativi... si è ritenuto di dover mettere un punto fermo al lungo e travagliato iter del provvedimento assumendo come finali gli emendamenti accolti dal relatore divenuti poi contenuto del maxiemendamento sul quale è stata apposta la fiducia". Non vale la pena soffermarsi sulle inesattezze e sulle inverosimiglianze presenti nelle parole del Ministro. Ciò che ha rilievo è l'assunto conclusivo: il testo è "blindato" così come lo stesso Ministro confermava alla stampa uscendo dall'Aula della Commissione.
Infatti il voto di fiducia chiesto dal Governo ed espresso dalla maggioranza della Camera induce a ritenere preclusa ogni possibilità di modifica del testo.
II disegno di legge n. 1296-B costituisce la quarta stesura della riforma dell'ordinamento giudiziario e ognuna di esse è radicalmente diversa dalle precedenti. Senza tema di smentita si può affermare che, fatta eccezione per qualche aspetto marginale, poco o nulla è rimasto ora dell'elaborato originario.
Ma al Senato il Ministro dopo aver causato con la sua condotta una sorta di dramma istituzionale pone in essere una situazione a dir poco farsesca: il testo, approvato con voto di fiducia al Governo, e ritenuto inemendabile, è modificato con un nuovo maxiemendamento redatto e presentato proprio da quel Governo che aveva chiesto ed ottenuto la fiducia. E' stupefacente il grado di confusione e di incultura istituzionale!
Ma non termina qui. Il maxiemendamento è presentato solamente pochi minuti prima della scadenza del termine prefissato, lasciando la notte all'opposizione per redigere i propri subemendamenti. Ma il giorno dopo l'indefessa riflessione governativa si manifesta con un nuovo coup de théatre. E' il ministro Castelli a presentare due subemendamenti. In sintesi la situazione è questa: quattro testi ogni volta l'uno diverso dall'altro, ciascuno di essi non è mai stato discusso compiutamente in Parlamento; l'ultima versione, approvata con voto di fiducia alla Camera, in Senato è emendata dallo stesso Governo che, non soddisfatto dell'immane confusione creata, subemenda i sui stessi emendamenti che modificavano il testo su cui aveva chiesto ed ottenuto una fiducia evidentemente malriposta. "Sempre la confusion delle persone / principio fu del mal della cittade" fa dire Dante a Cacciaguida.
È stato necessario ricordare questi passaggi nei lavori parlamentari per sottolineare quanto gravemente pervicace sia stata la prevaricazione dei diritti della minoranza malgrado l'impegno nel non venire mai meno al dovere politico e istituzionale di contrastare con tutta l'energia possibile il disegno governativo e di proporre sempre soluzioni alternative
L'attenzione va, però, posta sulla qualità del disegno di legge. Esso è certamente limitato, infatti si affrontano solo pochi e circoscritti temi ordinamentali, disorganico, talvolta contraddittorio e di dubbia costituzionalità, ma ciò che più preoccupa è la occasionalità e la ormai evidente strumentalità delle scelte segnate non dalla volontà di costruire un sistema normativo teso a conferire efficienza all'apparato giudiziario bensì da uno spirito intriso da rancori antichi e recenti e dalla non inconfessata aspirazione a porre un controllo dell'Esecutivo sulla giurisdizione. Il depotenziamento delle funzioni del CSM, la progressione in carriera su base concorsuale, la struttura verticistica e gerarchica delle procure, la limitazione delle libertà politiche sono i segni più evidenti di un ritorno alle condizioni degli anni Cinquanta quando i valori innovativi della Costituzione non si erano ancora tradotti in norme dell'ordinamento. E che sia così lo ha dichiarato lo stesso Ministro quando ha osservato, in Commissione giustizia del Senato, che una volta il sistema giudiziario era migliore e che quindi non è scandaloso pensare ad un ritorno al passato.
Già nell'illustrare le pregiudiziali di costituzionalità abbiamo sostenuto che, oltre che sulla conformità alla Costituzione di singole norme, occorre riflettere sulla coerenza dell'intero progetto con il Titolo IV della Costituzione. E' il principio della costituzionalità di impianto, esposto di recente con rigore argomentativo dal professor Leopoldo Elia, che impone di verificare la legittimità costituzionale della riforma con il "disegno" costituzionale, quale concetto descritto dalla Commissione Paladin del 1991. Se le norme alla nostra attenzione dovessero ricevere, senza modifica alcuna, il consenso del Parlamento si perverrebbe certamente ad un'alterazione del "disegno" costituzionale soprattutto in tema di rapporti di poteri tra CSM e Ministro di giustizia. Il Consiglio Superiore della Magistratura, organo di autogoverno della magistratura ha come sua principale funzione quella di garantire, attraverso l'esercizio dei suoi poteri, l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, e quindi essere garante della separazione tra potere Esecutivo e potere giudiziario; a fronte di un depauperamento delle funzioni del CSM - si pensi al sistema dei concorsi o alla scuola della magistratura - sono enormemente accresciute le funzioni ed i poteri del Ministro. L'articolo 110 della Costituzione, nell'indicare la funzione del Ministro scrive "Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia". L'articolo 107 prevede, poi, la facoltà di promuovere l'azione disciplinare. Tutto qui.
Ora si vorrebbe attribuire al Ministro poteri assolutamente estranei al disegno costituzionale, come ha ricordato il senatore Ayala illustrando la sua pregiudiziale.
Il Governo vorrebbe conferire al Ministro: Primo: la legittimazione a ricorrere avanti la giustizia amministrativa contro le delibere del CSM attinenti incarichi direttivi adottati in difformità dal concerto del ministro. Dunque, secondo il Governo, per risolvere un conflitto tra organi a rilevanza costituzionale, sarà competente il TAR del Lazio e non la Corte costituzionale!; Secondo: la legittimazione ad instaurare un anomalo contraddittorio avanti la sezione disciplinare del CSM per cui l'incolpato avrà di fronte a sé e contro non solo il procuratore generale della Corte di cassazione ma anche un delegato del Ministro. Due pubblici ministeri per un procedimento disciplinare sembrano francamente troppi !; Terzo: il potere di presentarsi ogni anno in Parlamento per dare comunicazioni "sulle linee di politica giudiziaria" per un Ministro, le cui funzioni sono da ricondurre all'organizzazione e al funzionamento del servizio giustizia sembra davvero eccessivo. Non si comprenderebbe più neppure quali siano il ruolo e le prerogative del Parlamento.
Per quanto finora esposto, credo vi siano più che sufficienti ragioni per argomentare con rigore e serietà la nostra opposizione al disegno presentato dal Governo concernente la riforma dell'ordinamento giudiziario.
"Perché non si possa abusare del potere" scriveva Montesquieu "è necessario che, per la disposizione delle cose, il potere freni il potere". E affinché ciò sia possibile Francesco Carrara affermava che "per uno Stato che ambisca a reggersi con ordini liberali e duraturi, e che voglia rispondere al fine della tutela giuridica nella quale sta tutta e sola la ragion d'essere dell'autorità sociale, è di suprema necessità che ai possibili abusi del potere Esecutivo sia perpetua e solida remora il potere giudiziario".
La ragione per la quale la funzione di "remora" o di "freno" deve essere esercitata dal potere giudiziario - "potere terzo"- è nella considerazione che esso non è un potere rappresentativo ma soggetto soltanto alla legge e pertanto quando esercita il controllo di giurisdizione ha come suo esclusivo fine l'accertamento del vero qualsivoglia siano i soggetti da giudicare. Su questo assioma si fonda la qualità di garanzia della funzione giudiziaria quale garanzia per tutti i cittadini.
Nella storia d'Europa l'Inghilterra, per prima, e poi la Francia sono i Paesi ove il conflitto tra politica e diritto o meglio tra potere esecutivo e potere giudiziario sorge e inizia a risolversi nella formulazione dei princìpi della divisione dei poteri e della loro indipendenza e, quindi, della loro reciproca controllabilità. Sarà sufficiente ricordare il conflitto tra Giacomo I e Sir Edward Coke e quello tra Luigi XIII e il Presidente De Bellièvre
Nella storia del nostro Paese nulla di ciò è accaduto. Anzi. La storia della magistratura dall'Unità in poi, fino alla emanazione della Costituzione repubblicana, è segnata da una sistematica subordinazione, culturale e istituzionale, dell'ordine giudiziario all'Esecutivo. Piero Calamandrei in un discorso del 1921 poteva affermare, ed il fascismo non era non ancora al potere, che l'indipendenza della magistratura era una "vuota menzogna".
Il passaggio da un modello di magistratura a struttura burocratica di derivazione napoleonica ad un assetto ordinamentale con forti garanzie di indipendenza ed autonomia è voluto dal Costituente del 1946.
Nella nostra Carta costituzionale (Titolo IV, Sezione I) i princìpi fondamentali attinenti l'ordinamento giudiziario in sintesi sono i seguenti: 1) la funzione giurisdizionale è attribuita ai magistrati ordinari istituiti e regolati dall'ordinamento giudiziario, con conseguente divieto di istituire giudici straordinari o speciali (articolo 102) salva la competenza degli organi della giustizia amministrativa, contabile e militare (articolo 103); 2) la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere (articolo 104, primo comma) e l'autogoverno della magistratura ordinaria si attua mediante l'attribuzione al Consiglio superiore della magistratura di poteri di Governo sui magistrati (articolo 105); 3) il concorso è il mezzo esclusivo, tranne ipotesi espressamente previste, per le nomine dei magistrati (articolo 106, primo comma); 4) la inamovibilità dei magistrati (articolo 107, primo comma); 5) la distinzione dei magistrati solamente in base alla funzione (articolo 107, terzo comma); 6) la riserva legislativa per le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura (articolo 108, primo comma); 7) la limitazione dei poteri del Ministro della giustizia (articolo 107, secondo comma, e articolo 110).
È sempre opportuno ricordare, ogni qual volta si tratta di ordinamento giudiziario, tali princìpi fondamentali non solo perché sono gli argini imposti dal sistema costituzionale, ma, soprattutto, perché essi sono l'esito di un lunga e profonda elaborazione della dottrina giuridico-fìlosofìca, che da Aristotele ad oggi si è occupata di separazione dei poteri e di indipendenza della magistratura.
La VII disposizione transitoria e finale della Costituzione ha imposto che "Fino a quando non sia emanata la nuova legge sull'ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione, continuano ad osservarsi le norme dell'ordinamento vigente".
Sono ormai trascorsi quasi sessanta anni e una riforma completa e coerente dell'ordinamento giudiziario non è stata elaborata ed approvata. Eppure, nello stesso arco di tempo, sono state poste in essere modifiche di straordinario rilievo al sistema organizzativo della magistratura.
Sono scomparse figure quali il pretore, il giudice istruttore, il giudice conciliatore e ne sono, invece, sorte di nuove quali il giudice per le indagini preliminari, il magistrato di sorveglianza, il giudice di pace e i giudici onorari con competenza anche in materia penale. E si sono ancor più aggravate e rese indilazionabili questioni quali, tra le altre, il codice deontologico, la tipizzazione degli illeciti disciplinari, una procedura più garantista ed efficace del procedimento disciplinare, il ruolo del Consiglio superiore della magistratura, una nuova disciplina della progressione in carriera e della valutazione della professionalità, la temporaneità degli incarichi direttivi, le incompatibilità con incarichi estranei ai compiti di ufficio, la funzione della Corte di cassazione, una incisiva distinzione di funzioni tra requirente e giudicante, la istituzione della scuola superiore della magistratura.
Numerosi sono i problemi che sono stati già affrontati e per i quali sono state trovate soluzioni che hanno ricevuto spesso ampi apprezzamenti. Ma ciò che è mancato è stato un intervento normativo sistematicamente completo e coerente e soprattutto rispettoso della riserva di legge stabilita dell'articolo 108 della Costituzione. La necessità assoluta di riformare e la lunga inerzia legislativa, eccetto i disegni di legge presentati e approvati nella scorsa legislatura, sono state le cause concomitanti che hanno reso frammentaria e, talvolta, anche contraddittoria la situazione normativa delle fonti regolatrici. Ed è, appunto, la crescente flessibilità della riserva di legge, pur costituzionalmente stabilita senza possibili deroghe, che ha determinato la frantumazione dell'organicità legislativa.
Attualmente, per l'ordinamento giudiziario è vigente, e quindi è fonte normativa operante, un complesso di atti di natura e provenienza assolutamente diversi. Tali fonti sono innanzitutto le norme costituzionali, le norme del regio decreto n. 12 del 1941 relative all'ordinamento giudiziario, le leggi che hanno introdotto nuovi istituti o hanno rinnovato la disciplina di parti dell'ordinamento quali la legge n. 195 del 1958 relativa alla costituzione del Consiglio superiore della magistratura o le leggi del 1966 e del 1973 con le quali si "aboliva" la carriera e talune, invero in numero assai esiguo, sentenze della Corte costituzionale. In realtà gli atti normativi che hanno maggiormente modificato l'impianto della cosiddetta legge Grandi del 1941 sono: 1) le deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura che, "pur senza un chiaro fondamento giuridico, stanno sempre più proponendosi come fonte di precetti destinati a regolare, non solo secundum legem, ma anche praeter legem e talvolta persine cantra legem determinati settori di questa materia"; 2) gli atti degli uffici giudiziari in particolari emanati dalle assemblee generali delle corti e dai dirigenti degli uffici relative a prassi interpretative che finiscono per assumere, anch'essi, la funzione di fonte di precetti regolanti momenti dell'ordinamento giudiziario; 3) atti del Ministero della giustizia emessi nell'esercizio dei poteri che l'articolo 110 della Costituzione ha conferito per l'organizzazione e il funzionamento del servizio giustizia.
Questo scenario così sconfortante è stata una delle cause, e forse tra quelle di maggior rilievo, che ha reso sempre più aspro e critico il rapporto tra politica e giustizia. Ed infatti l'illusione dell'assolutezza della riserva di legge di cui all'articolo 108 della Costituzione e l'ammissibilità di forme di normazione secondaria ha reso assai più complicata, a fronte della frammentazione delle fonti normative, la elaborazione di un disegno complessivo di riforma dell'ordinamento giudiziario. Ma, nello stesso tempo, l'ampiezza e l'incidenza, non solo interna, degli interventi normativi o paranormativi del Consiglio superiore della magistratura e di altri organi possono creare pulsioni di corporativismo anche ideologico che "contrastano con l'equilibrato disegno della Costituzione tendente a realizzare, anche attraverso precisi strumenti giuridici, il coordinamento tra una pluralità di poteri tutti sottoposti al generale impianto costituzionale e tutti derivanti la propria legittimazione dall'essere collegati, sia pure in diversi modi e misura, alla sovranità popolare" (articolo 1 della Costituzione).
Non possono esservi dubbi, tuttavia, che all'origine del problema vi sia una grave inerzia legislativa e che la supplenza della normativa secondaria ha consentito, comunque, una evoluzione istituzionale conforme, nel suo complesso, agli indirizzi programmatici voluti del Costituente.
Dunque, per quanto possa apparire difficile, sia dal punto di vista giuridico che da quello politico, è necessario abrogare definitivamente la riforma Grandi con lo strumento legislativo, perché così impone la VII disposizione transitoria della Costituzione, recependo le innovazioni già introdotte, se sistematicamente coerenti con il disegno complessivo e introducendo nuovi istituti qualora le nuove condizioni storiche e sociali li richiedano.
Insomma non è più consentito venir meno ad un vero e proprio dovere istituzionale.
Sarà opportuno ricordare che nella sua relazione al Re, il Ministro Guardasigilli osservava che: "nel regolare lo stato giuridico dei magistrati, ho naturalmente respinto il principio del così detto autogoverno della magistratura, incompatibile col concetto dello Stato fascista".
Ha insegnato Mortara, in una straordinaria sintesi storica, che uno dei momenti più significativi della evoluzione dello stato moderno è il problema della separazione organica del potere giudiziario dal potere amministrativo. E aggiungeva che per la risoluzione del problema non sarebbe stato sufficiente un atto di volontà del legislatore "qualora le condizioni politiche, intellettuali e morali della società non fossero abbastanza mature all'opera"; concludeva Mortati, osservando lo stato del Paese alla fine del secolo XIX che la classe politica del suo tempo non aveva ancora "la virtù necessaria per rinunciare al vantaggio che assicura la condizione di dipendenza del potere giudiziario" (Mortara, Lo stato moderno e la giustizia, Torino, Utet 1875).
Ciò significa, rovesciando l'argomentazione di Mortara, che quando invece sussistono e sono profondamente radicate nella società civile quelle condizioni politiche, intellettuali e morali, sarà assai difficile perseguire, con un atto di volontà del legislatore, soprattutto se esercitato con il potere esclusivo della maggioranza, il fine di attenuare il grado di autonomia della magistratura o di tentare di sottoporre al controllo dell'Esecutivo l'esercizio della giurisdizione.
Il momento nel quale le "condizioni intellettuali", per usare le parole di Mortara, più che quelle politiche o morali, hanno consentito una forte accelerazione del processo di "liberalizzazione" del sistema giudiziario è segnato, negli anni Sessanta, dall'ingresso in magistratura e nell'accademia di una nuova generazione di giuristi che avevano, quale punto di riferimento, i valori della Costituzione e non più quelli che, fondamento dell'apparato normativo pre-repubblicano, erano in contrasto con il nuovo disegno istituzionale.
L'istituzione della Corte Costituzionale è del 1956, e con legge 24 marzo 1958, n.195, sono approvate le norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura. Erano anni, quindi, nei quali avrebbe dovuto essere avvertita come già matura, e ormai indilazionabile, la riforma dell'ordinamento giudiziario. Così non è stato. Le ragioni di questa grave lacuna legislativa sono assai complesse, ma certamente due appaiono evidenti. La prima è la dura resistenza opposta dai magistrati più retrivi e conservatori fermamente ostili ad ogni forma di innovazione. Tale posizione si manifesta sia nelle prese di posizione in ambito associativo e soprattutto in atti inerenti l'esercizio delle funzioni. Avendo l'apparato giudiziario una struttura rigidamente gerarchica - si pensi alla selezione nella progressione in carriera o al potere di avocazione del procuratore generale - non era difficile contenere, reprimere e sanzionare ogni forma di dissenso anche nella interpretazione delle leggi. La seconda ragione è nella miopia e nel ritardo culturale della classe politica di Governo che ritenne di avere il controllo della giurisdizione, attribuendo la tutela dei suoi interessi ai vertici degli uffici giudiziari nominati con criteri di affidabilità. Sono stati sufficienti pochi anni per verificare quanto fallace e poco lungimirante sia stata questa scelta di politica del diritto. L'assenza di riforme ordinamentali e codicistiche ha, di fatto, consegnato alla giurisprudenza, alle prassi amministrative e ad atti di normazione secondaria il governo della giurisdizione e dell'organizzazione giudiziaria.
Non è questa la sede per entrare nel merito degli specifici effetti che tale condizione ha prodotto. Tuttavia, anche prendendo atto di taluni errori, eccessi o ritardi, non si può non osservare che la magistratura italiana ha espletato la sua funzione istituzionale, in condizioni sia materiali che normative di gravi carenze, garantendo i princìpi di legalità e di eguaglianza a fronte di un'aggressione alla sicurezza sociale e alla vita civile durata diversi decenni, perpetrata dalla criminalità organizzata, dal terrorismo e dalla corruzione. Se è vero, come asserisce Kelsen, che il principio di legalità pone inevitabilmente limiti al sistema democratico, ma che, tuttavia, esso è strumento fondamentale per il mantenimento della democrazia, bisognerà concludere che il controllo di giurisdizione esercitato dalla magistratura è stato momento di garanzia di straordinario rilievo nella tutela dello Stato democratico.
Se si dovesse trovare un filo conduttore non meramente politico ma normativo o istituzionale nella linea di politica del diritto del Governo, si avrebbero serie difficoltà considerata la frammentarietà, la occasionalità e la strumentalità dell'iniziativa legislativa. Tuttavia la storia dei rapporti tra politica e diritto nel nostro Paese in tema di ordinamento giudiziario può essere di un qualche aiuto.
Il ministro Zanardelli , nella seduta del 25 marzo 1903 alla Camera dei deputati, dichiarava : "II magistrato non può essere un impiegato di chi può essere giudicato da lui(…). Il potere giudiziario non è che una finzione, se la giustizia non è indipendente dal potere esecutivo".
Il nuovo modello di sistema giudiziario delineato da Zanardelli era il risultato di un movimento di idee progressiste propugnato da giuristi e magistrati che dall'Unità d'Italia in poi si erano impegnati nella definizione di un nuovo ordinamento giudiziario permeato dai valori dello Stato liberale. Musio riteneva che l'ordinamento giudiziario Rattazzi del 1859 "condannava la magistratura presente al dispregio, la magistratura avvenire alla nullità". Furono giuristi e filosofi quali Niutta, Rosmini, Pino e Ratti a dare un forte impulso alla riforma.
Ed infine, Mortara, Sonasi e Piola-Caselli, i maggiori studiosi dei problemi della magistratura, furono gli ispiratori della riforma legislativa voluta dai ministri Gallo e Orlando.
Dopo alcuni cauti tentativi dei ministri Vigliani e Villa di sottrarre la progressione in carriera alle decisioni dell'Esecutivo, e le forti ed autorevoli dichiarazioni di Zanardelli apparve, essendo anche mutate le condizioni politico-parlamentari, maturo il momento di affrontare, dopo quasi cinquant'anni, il problema di un nuovo ordinamento giudiziario.
Con legge 14 luglio 1907, n. 511, il ministro Orlando riusciva a far approvare la riforma preparata dal suo predecessore Gallo, con la quale si concedeva una larga autonomia alla magistratura. Si era così istituito il Consiglio superiore della magistratura definito "un consesso indipendente, di carattere giudiziario, il quale costituisce un coefficiente di esatto giudizio ed una garanzia per l'indipendenza della magistratura". (Gallo).
Orlando, nella seduta inaugurale del Consiglio superiore, aggiungeva che la legge appena varata doveva avere, per sua natura, il valore di legge costituzionale dello Stato. Il Consiglio era composto da magistrati per metà elettivi e per metà di nomina governativa.
L'avvento al potere del regime fascista pose termine all'esistenza del Consiglio superiore quale organo di autogoverno della magistratura. Con il testo unico 30 dicembre 1923, n. 2786, e decreto-legge 30 dicembre 1926, n. 2219, il Consiglio superiore della magistratura fu definitivamente composto da membri di nomina regia.
Era il 1923, e cioè molto prima della riforma dei codici degli anni Trenta e della riforma dell'ordinamento giudiziario del decennio successivo. E' evidente che la prima preoccupazione di un regime dittatoriale non fu il governo del sistema codicistico o di quello ordinamentale ma la cancellazione dell'autogoverno della magistratura attraverso il controllo pieno del Consiglio superiore.
Questo richiamo storico, al di là di tutte le differenze, anche profonde che certamente vi sono con l'oggi, consente però di comprendere il rilievo istituzionale che ha l'organo di autogoverno della magistratura.
Già quando con la riforma del sistema elettorale si è approvata una ingiustificabile riduzione del numero dei componenti del Consiglio, si è tentato di affievolire la sua capacità di intervento e di controllo. Ora con la legge delega sull'ordinamento giudiziario si vorrebbe giungere a privare di ogni contenuto sostanziale il ruolo ed i compiti del Consiglio. Tutte le promozioni ed i trasferimenti sarebbero affidate a commissioni d'esame che assumono decisioni a fronte delle quali il Consiglio non potrebbe che prenderne atto. Si dovrà poi valutare se sussistono problemi di costituzionalità, in particolare con quanto previsto dall'articolo 105 della Costituzione.
La scuola della magistratura non sarà soggetta agli indirizzi del Consiglio che potrà suggerire proposte (congiuntamente ad altri organismi quali il Ministro, il Consiglio nazionale forense, il Consiglio universitario nazionale, i Consigli giudiziari e il Consiglio direttivo della Corte di cassazione). Avendo una scuola funzione di insegnamento e non potendo certo insegnare al magistrato come interpretare la legge, non appare ragionevole aver sottratto al Consiglio la formazione permanente e il tirocinio quale compito di sua esclusiva competenza.
Se dovesse essere approvata la riforma, è evidente che il Consiglio superiore della magistratura sarebbe privato di funzioni essenziali per l'esercizio dei suoi compiti di organo di autogoverno così come definiti dalla Carta costituzionale.
Sono legittime quindi tutte le preoccupazioni espresse nel corso del dibattito parlamentare. È stato presentato un disegno alternativo e numerosi emendamenti; è stata depositata una relazione di minoranza e la discussione sia in Commissione che in Aula della Camera e del Senato è stata di forte contrapposizione alle tesi del Governo e della maggioranza. Ma i rapporti di forza non hanno consentito di modificare come avremmo voluto la legge delega. Occorre, ancora una volta, che giuristi, magistrati e avvocati, ciascuno nell'ambito delle proprie funzioni e uniti nelle difesa della legalità costituzionale, concorrano ad impedire che si torni indietro di decenni.
Occorre l'impegno di tutti perché il nodo della riforma dell'ordinamento giudiziario non è soltanto l'indipendenza di un singolo giudice, ma l'indipendenza della giurisdizione e quindi l'organizzazione paritaria dei poteri. Insomma, in discussione è la libertà di tutti e l'assetto democratico dell'organizzazione statuale.
Sen. Calvi
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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681a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MARTEDÌ 26 OTTOBRE 2004 (Pomeridiana) |
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Presidenza
del presidente PERA,
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Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1296-B) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico (Approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati)
(1262) COSSIGA. – Delega al Governo per il decentramento dei servizi della giustizia, per la riorganizzazione degli uffici giudiziari e per l’istituzione dell’assistente legale-giuridico
(2457) MAGNALBO’ ed altri. – Istituzione del ruolo del funzionario giudiziario
(2629) COSSIGA. - Esame per la valutazione della capacità mentale sotto il profilo psichiatrico e della idoneità psicologica a esercitare le funzioni di magistrato dell’ordine giudiziario
(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1296-B, già approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati, 1262, 2457 e 2629.
Ricordo che, ai sensi dell'articolo 104 del Regolamento, oggetto della discussione e delle deliberazioni saranno soltanto le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati, salvo la votazione finale.
Ricordo altresì che nella seduta antimeridiana ha avuto inizio la discussione generale.
È iscritto a parlare il senatore Dalla Chiesa. Ne ha facoltà.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo cercato, nel corso del dibattito in Commissione, di esprimere valutazioni critiche e coerenti nei confronti di questo provvedimento. Abbiamo cercato anche di esporre inizialmente le ragioni per le quali riteniamo che questo provvedimento tocchi in alcuni punti rilevanti princìpi costituzionali e non ci siamo trovati, in questo tipo di valutazione, soli nel Paese.
E' stato ricordato in più sedi come autorevoli costituzionalisti abbiano avuto modo di sottolineare i rischi di un'incrinatura dei princìpi costituzionali. Abbiamo anche visto il Presidente della Corte costituzionale, sia pure nelle forme istituzionalmente più pertinenti, con il massimo garbo dialettico, invitare il Parlamento ad una riflessione approfondita sulle potenzialità di questo provvedimento di mettere in discussione quei princìpi che fanno un po’ da architrave al nostro ordinamento giudiziario, e soprattutto garantiscono l'armonia tra questo ordinamento e i princìpi fissati nella I Parte della Costituzione.
Credo che dobbiamo interrogarci soprattutto sulle ragioni per le quali i cittadini dovrebbero attendersi da questa riforma un miglioramento del funzionamento della giustizia, perché così, negli anni in cui ne abbiamo appassionatamente discusso, questo provvedimento è stato presentato: come un provvedimento che migliora la giustizia al servizio dei cittadini.
Vorremmo, in quest'Aula, porre alcuni interrogativi. Quali sono i vantaggi che il cittadino si attende da queste innovazioni normative? Infatti, per quanto si pensi che l'elettorato del centro-sinistra sia poco attento ai problemi di prospettiva, ai problemi che ineriscono alle proposte di legge, alle proposte di modifica del funzionamento delle istituzioni, quando andiamo in giro questa domanda ce la sentiamo fare. Ma in cosa questa riforma produce un miglioramento per il funzionamento complessivo della giustizia?
Produce, ad esempio, maggiore velocità nei processi? Questa riforma garantisce al cittadino che i processi penali o civili possano concludersi in tempi più veloci? Garantisce, cioè, la concreta attuazione del principio, scritto in Costituzione, della giusta durata del processo? La nostra risposta è no, ed è una risposta alla quale non si può obiettare che migliorando la qualità dei magistrati il processo sarà necessariamente più veloce, più attento a quelle esigenze di ragionevole durata; non è così. Neanche una migliore selezione dei magistrati può garantire che il processo sarà più veloce.
Vedete, un magistrato poco preparato, un magistrato (se vogliamo accettare quel linguaggio) anche dal punto di vista psicologico, o addirittura dal punto di vista psichico, più adatto ai compiti che deve svolgere non garantirà un processo più veloce. Infatti, un magistrato non adatto può garantire un processo molto veloce, perché poco attento ad alcune esigenze del dibattimento, ad alcuni scrupoli investigativi, ad alcuni scrupoli di valutazione; un magistrato poco adatto può portare a un processo estremamente veloce, ma anche estremamente lento, perché non si fa carico delle esigenze processuali, dell’imputato, del testimone, della parte civile. Dunque, non è la maggiore velocità del processo che viene garantita attraverso questa riforma.
Non viene garantita neanche una maggiore dignità del cittadino di fronte alla macchina della giustizia; il cittadino che ha a che fare con questa macchina non sarà più protetto. Il testimone che si presenterà chiamato da un’altra città a dire quello che sa al magistrato non sarà affatto garantito dalla possibilità di vedere rinviata la sua testimonianza a un’altra data, non pagato e non rispettato da nessuno, ma sarà sempre alla mercé dei tempi incerti della giustizia.
Non otterremo nemmeno un maggior rispetto delle vittime, delle parti civili, le quali, in base alla riforma che stiamo discutendo e che credibilmente ci accingiamo a varare, in nulla saranno più rispettate. Continuerà a vigere quel principio (che ci è stato ricordato nella discussione di altre leggi in questa legislatura e con un’assoluta chiusura) in omaggio al quale il sistema non prevede che le parti civili abbiano nel processo un ruolo paragonabile a quello degli imputati. Dunque, non ci sarà neanche questo miglioramento, che pure è sentito da chi ha a che fare con la giustizia nella veste di parte offesa.
Non avremo neanche la certezza che i processi si concludano. Nulla mette al riparo il processo e chi in esso porta attese e interessi legittimi; né il processo si concluderà entro una certa data, o si concluderà registrando un’assoluzione per innocenza oppure una condanna per colpevolezza, ma continuerà ad esserci lo scandalo delle prescrizioni, per come funzionano i processi, anche sulla base di questa riforma.
Il cittadino non troverà di fronte a sé un’organizzazione funzionale, ma continuerà ad essere costretto a muoversi nei meandri della giustizia, non soltanto nei labirinti fisici, ma anche nei meandri procedurali: continuerà a percorrerli e non riuscirà a venirne fuori, se non dotato di molti mezzi e se non capace di contare sulla protezione di avvocati forti e in grado di illustrargli fino in fondo le leggi o di muoversi nelle leggi per delega del cittadino, senza che quest’ultimo debba, a quel punto, in virtù dei denari di cui dispone, raccapezzarsi più di tanto, per cui ci rinuncia e delega l’avvocato.
Credo che il cittadino che guarda alla giustizia con speranza - anche il cittadino che ha dato un voto alla Casa delle Libertà in base alla promessa che la giustizia sarebbe stata riformata - lo ha fatto pensando ad un’altra giustizia, lo ha fatto ingenuamente, pensando che proprio queste cose gli sarebbero state date: un processo veloce, un processo nel quale tutte le parti fossero rispettate, un processo in cui le parti offese, le vittime, avessero in una logica di sistema una possibilità di essere rappresentate alla stessa stregua degli imputati.
Ha pensato ad un luogo (quello del processo) e ad un luogo fisico (quello del palazzo di giustizia) in cui ci fosse un’organizzazione funzionale, capace di portare comunque il processo alla sua conclusione e di preparare l’attuazione concreta del principio della certezza della pena.
Ha pensato anche a una giustizia nella quale, per queste ragioni, venissero investite più risorse, ma un’idea importante che era stata introdotta originariamente e su cui c’era stata una concordanza di maggioranza e opposizione, quella dell’ufficio del giudice, che avrebbe liberato risorse importanti per garantire una rapidità maggiore dei processi, anche questa sottoriforma, dovuta ad una maggiore previsione di risorse, alla fine non si trova perché queste risorse, in realtà, non ci sono.
Questa riforma, per un insieme di compatibilità inesistenti, non ha potuto essere attuata ed era quella sulla quale ci trovavamo d’accordo. L’ufficio del giudice non c’è, è stato bocciato non in Commissione giustizia, ma in Commissione bilancio in prima lettura.
Vedete, il cittadino non si ritrova neanche di fronte a giudici meno politicizzati (altra richiesta legittima che indirizzava al potere legislativo), perché questa riforma non ci mette al riparo dalla politicizzazione dei giudici, della magistratura nel suo complesso: prevede semplicemente che possa essere temperata la libertà di espressione sui temi politico-civili da parte dei magistrati, ma produce un’iniezione di politica e di presenza politica dentro l’ordinamento giudiziario.
Attraverso vari strumenti, che cercheremo di vedere dettagliatamente nel corso dell’esame dei nostri emendamenti, questa riforma prevede una maggiore presenza della politica; meno possibilità per i magistrati di esprimersi su temi politici, ma più presenza della politica nel funzionamento dell’ordinamento giudiziario, in linea con quanto è stato previsto in modo armonioso - oserei dire - e sistematico nel corso delle riforme proposte e che investe tutti gli organi che hanno a che fare con la giustizia.
In tutti questi organi è stata prevista un’iniezione di presenza politica. Dunque, la politica si farà sentire di più, anche se il cittadino che ha chiesto alla Casa delle Libertà di riformargli la giustizia in modo da avere una minore politicizzazione dei magistrati si troverà davanti ad una sua maggiore politicizzazione.
Allora - cerco di esprimere il punto di vista generalissimo con il quale bisogna muoversi confrontandosi con questo provvedimento - che tipo di riforma è? E’ una riforma della giustizia che non tocca nessuno dei temi che stanno a cuore ai cittadini. Quelli che noi trattiamo, quelli sui quali siamo stimolati a fare proposte dal nostro elettorato, che vuole cambiare la giustizia, quelli sui quali lo stesso elettorato dell’Ulivo ci chiede di intervenire per cambiare, qui non ci sono.
È una riforma - torno a dirlo, anche se so che gli esponenti della maggioranza che se ne sono occupati non gradiscono tale definizione - fatta da magistrati verso e contro altri magistrati. Lo è nello spirito, nei temi che vengono toccati, nel linguaggio utilizzato, assolutamente esoterico.
Il Ministro a suo tempo si è risentito perché ho detto che sembra scritta da un pazzo. Ma poi, signor Ministro, mi hanno fatto leggere una sua presa di posizione pubblica in cui dice che è scritta in ostrogoto. Ebbene, abbiamo pareri molto simili, molto vicini.
CASTELLI, ministro della giustizia. Gli ostrogoti non erano mica pazzi!
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Ma se un italiano scrivesse in ostrogoto lo considereremmo un pazzo.
CASTELLI, ministro della giustizia. Sarebbe un poliglotta, non un pazzo.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Quindi, il suo punto di vista è molto simile al mio. Capisco che ha dovuto fare una difesa d’ufficio dei suoi collaboratori magistrati che hanno scritto questo provvedimento, ma ha espresso un parere molto simile al mio. Questa non è una legge per i cittadini; è una legge scritta da magistrati verso o contro altri magistrati e dunque ne ha tutti i limiti. Si tratta di una partita interna alla magistratura ed infatti parla di carriere, di forme di reclutamento, di concorsi e, ovviamente, di stipendi, di chi deve andare più avanti di altri.
Per quanto riguarda, poi, la domanda del cittadino di sapere se il processo sarà più veloce, se sarà più garantito, se le parti civili conteranno davvero di più, se i giudici saranno meno politicizzati, se quando entrerà in quel palazzo vedrà rispettati i suoi diritti, tutto questo non c’è.
Pertanto, si tratta di una riforma non della giustizia, bensì dei rapporti tra magistrati, totalmente interna alla corporazione ed è una riforma in cui la politica cerca di entrare di più. Grande assente, purtroppo, è la domanda di giustizia dei cittadini che rimarrà assolutamente inevasa.
Signor Presidente, non voglio fare ostruzionismo ma soltanto rispondere a quanto affermato dal collega Bobbio. Su questo abbiamo discusso, cari colleghi, per quasi tre anni; il Parlamento ha dedicato le sue risorse per tutto questo tempo e ha vissuto momenti di conflitto interno e di conflitto tra potere legislativo e potere giudiziario, non per riformare la giustizia ma per ritoccare i rapporti interni alla magistratura, cosa di cui meno potrebbe importare ai cittadini che hanno una domanda inevasa sul piano della giustizia penale e sul piano della giustizia civile.
Vorrei allora dire al collega Bobbio (che in questo momento non è presente in Aula e che non voglio rimproverare perché so quanto tempo ha dedicato comunque in Commissione e quanto tempo dovrà dedicare ancora alla discussione su questo provvedimento) che non esiste un ostruzionismo - come lui lo ha chiamato - di contenuto, come non esiste un ostruzionismo di contributo.
È vero che può riferirsi al numero di emendamenti presentati, ma molti di essi sono stati ritirati durante la discussione per concentrarsi su determinati contenuti. Da quando esiste il principio dell’ostruzionismo di contenuto? Se stiamo discutendo di questioni vere, di questioni che ineriscono ad un approccio che non interessa ai cittadini (ma non è colpa nostra, perché questo tipo di legge c’è stato presentato), se si ammette che noi, all’interno di questa prospettiva che non condividiamo, stiamo affrontando dei temi di contenuto, come si fa a parlare di ostruzionismo? Abbiamo introdotto in Parlamento una figura nuova: l’ostruzionismo di contenuto, l’ostruzionismo su contributi importanti che riguardano i temi.
Ci viene detto che il risultato finale è che abbiamo fatto perdere del tempo, mentre abbiamo cercato di discutere questioni che ci sembrano comunque rilevanti, al di là di tutto, al di là della loro estraneità alla domanda di giustizia dei cittadini.
Ci sembra rilevante l’organizzazione delle procure; ci sembra rilevante il test psico-attitudinale, che non ci mette sicuramente al riparo dall’ingresso in magistratura di pazzi o di persone inaffidabili, incapaci, inadatte all’interno dell’ordinamento giudiziario; ci sembra importante parlare anche del peso che possono avere i concorsi nell’inceppare il funzionamento della stessa giustizia; altro che renderlo più veloce!
Tutti questi temi ci sembravano importanti. Non è vero che abbiamo concepito strategicamente l’ostruzionismo. È vero, signor Presidente, che è stato prodotto qui in Senato, in seconda lettura, un testo completamente diverso da quello che avevamo visto in prima lettura. Quel testo era così ampio che è stato raccolto in un articolo di 35 pagine; anche questo è un bel primato per le nostre leggi: lì dentro è stato messo tutto quanto c’è di nuovo che non avevamo ancora visto.
Abbiamo semplicemente cercato, in questa seconda lettura, di misurarci con una legge nuova. Qui in Aula, come è stato detto, signor Presidente, ci misureremo non con il testo discusso in Commissione, ma con un testo ancora diverso, secondo un modo di procedere che ci sembra francamente irrispettoso del lavoro istruttorio delle Commissioni e anche politicamente indicatore di una fragilità della maggioranza. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U ).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Manzione. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, le chiedo fin d’ora di essere autorizzato a depositare il testo del mio intervento qualora non dovessi terminarlo nel tempo assegnatomi. L’ulteriore preghiera che le rivolgo è quella di segnalarmi quando starò per esaurire il tempo a mia disposizione.
Onorevoli colleghi, signor Ministro, il giudizio negativo sul complesso del disegno di legge al nostro esame non viene affatto attenuato dopo il passaggio parlamentare presso la Camera dei deputati.
Le sue affermazioni, signor Ministro, secondo le quali il testo licenziato dalla Camera è equilibrato e moderato, non trovano infatti nessun riscontro ad un esame analitico del disegno di legge stesso. A qualche attenuazione di taluni difetti del testo approvato in prima lettura si contrappongono netti peggioramenti conseguenti all’approvazione del maxiemendamento presso la Camera dei deputati, ad esempio in tema di esercizio dell’azione disciplinare ovvero di organizzazione degli uffici del pubblico ministero, ma sul punto tornerò specificamente in seguito.
Al maxiemendamento presentato alla Camera si è aggiunto un altro maxiemendamento, con il paradosso di subemendamenti provenienti dallo stesso Governo, presentato al Senato successivamente al richiamo in Assemblea del provvedimento.
Il risultato è stato quello di aver esautorato la 2a Commissione permanente e l’Assemblea dell’esame di questo provvedimento così significativo, atteso e importante per imporre una conduzione extraparlamentare della riforma. Manca adesso, signor Ministro, soltanto la ciliegina finale, la questione di fiducia, ma non dubitiamo che lo spirito suicida di questa maggioranza ci fornirà anche questo strumento di lotta politica oltre che di critica giuridica a questo esecrabile provvedimento.
Come ricordava già il collega Nando Dalla Chiesa, il collega Bobbio nel suo intervento di stamani si chiedeva perché esistesse - chiaramente a suo parere - un atteggiamento di chiusura da parte dell’opposizione, che - questa mi sembra essere stata la sua frase testuale - rifiuta la riforma nella sua stessa possibilità di accadere sul piano normativo.
Noi contestiamo, collega Bobbio, l’impostazione preconcetta che avete dato al provvedimento. C’è un’evidente intenzione di condizionare concretamente la magistratura: blandire, intimidire, minacciare, concedere; questa l’impronta chiara del vostro essere, nell’evidente tentativo di ingessare il sistema per operare una forma di assoggettamento, per chiedere una sottomissione, per modificare quella tripartizione dei poteri che è il cardine del nostro modello costituzionale.
Purtroppo, è un processo inarrestabile: più perdete il potere di rappresentanza nel Paese, più diventate irrimediabilmente minoranza e più alzate il tono arrogante di una decisione imposta con forza muscolare; ciò dimostra in maniera incontestabile e irreversibile la vostra profonda e totale debolezza. Il 7 a 0 è un segnale chiaro che vi manda il corpo elettorale. Gli interventi ripetuti della Consulta sui vostri provvedimenti sono altri segnali chiari e forti della vostra grande difficoltà ad agire correttamente in un contesto istituzionale che garantisca tutti.
Neanche le nobili parole del Capo dello Stato sono bastate a farvi recedere. Voi andate avanti così, a testa bassa, anche per camuffare l’enorme tensione e le contrarietà che albergano al vostro interno e che appaiono ormai assolutamente incontrollabili.
Certo, avete ottenuto qualche risultato: siete riusciti ad unificare tutta la magistratura nelle sue molteplici e a volte contraddittorie componenti; avete provocato il risentimento dell’Unione delle camere penali e, in genere, di tutta l’Avvocatura. Tutto ciò, però, ancora non vi basta.
Questo è il motivo di metodo della nostra assoluta contrarietà all’impostazione di un provvedimento che non è da condividere, da correggere o da costruire insieme, ma è da imporre a scatola chiusa, che non tiene conto della realtà di un Paese che vorrebbe si producesse efficienza quando si parla di giustizia, ma tiene in conto invece le esigenze delle vostre diverse componenti, le voglie ritorsive che devono essere in qualche modo messe in campo e le necessità che qualcuno al vostro interno rappresenta. Questo è il motivo per cui dicevo e ribadisco che il metodo è assolutamente non condivisibile.
Anche nel merito non abbiamo difficoltà a contestare puntualmente il provvedimento oggi all’esame dell’Assemblea.
Per ciò che concerne il concorso di accesso in magistratura, l’aver chiarito che il concorso è unico, con materie comuni per tutti i candidati, costituisce l’unico progresso registrato nel corso dell’esame presso l’altra Camera. Per il resto, invece, restano intatte tutte le nostre riserve di opportunità più ancora che di legittimità costituzionale di un sistema che intende separare fin dall’inizio i percorsi professionali di giudici e pubblici ministeri.
Costituisce nozione comunemente accolta e condivisa che la via migliore per garantire alla collettività pubblici ministeri rispettosi delle libertà dei consociati sia quella di formare gli stessi nella cultura della giurisdizione: prevedere cioè che, prima che vengano svolte le funzioni della pubblica accusa, il magistrato eserciti per un periodo sufficientemente ampio di tempo le funzioni giudicanti, acquisendo così il senso di equilibrio e la ponderazione tipici proprio di queste funzioni.
Dopo questo percorso si potrà anche ragionare di una separazione, in modo più o meno netto, tra le due funzioni, ma quando ormai l’habitus mentale, la formazione interiore prima ancora che tecnica, si sia effettivamente consolidata verso quei princìpi di garanzia dei diritti fondamentali che appartengono agli interessi comuni da tutelare.
Il meccanismo proposto, invece, del tutto incoerentemente con le preoccupazioni speciosamente garantiste della Casa delle Libertà, immette - o sarebbe più giusto dire lancia - nelle funzioni di pubblico ministero giovani magistrati del tutto privi del retroterra di sensibilità sopra descritto, con il rischio di far prevalere un modello di pubblico ministero pseudo-poliziesco.
Numerosi rilievi critici si possono poi muovere alla composizione delle commissioni di concorso per l’accesso in magistratura di cui al punto 3) della lettera a) del comma 1 dell’articolo 2. Va criticata la subdola formula del "previa delibera del Consiglio superiore della magistratura" nel procedimento di nomina della stessa commissione. Meglio sarebbe stato prevedere - come abbiamo sempre ribadito anche nel corso della prima lettura del provvedimento - una competenza sostanziale decidente o almeno codecidente da parte del Consiglio, essendo evidente il rischio insito in una nomina di competenza ministeriale nei confronti della quale il CSM sia chiamato a rendere soltanto un semplice parere.
Per l’individuazione dei soggetti legittimati a partecipare al concorso si è mantenuto sostanzialmente l’impianto originario del disegno di legge governativo, con limitati ritocchi. Vanno ribadite, a questo proposito, le critiche già espresse di scoordinamento di tale sistema con il modello delle scuole di specializzazione delle professioni legali, che costituiscono soltanto uno dei sei canali di accesso al concorso.
In questo modo si finirà per affossare definitivamente le scuole di specializzazione che già navigano in acque tutt'altro che tranquille.
Particolare attenzione, poi, deve essere rivolta al tema dei test di idoneità psico-attitudinale che devono essere svolti prima di accedere alle prove orali del concorso. Su questo punto avete fatto tutto ed il contrario di tutto. Avete dato una versione contenuta nel primo emendamento del Governo e poi avete subemendato voi stessi quella versione con una contraddittorietà ed un'incapacità di comprendere veramente qual è l'approdo che volete raggiungere, che sono il segno evidente della vostra inconsistenza giuridica.
Ipocritamente ribattezzati, nel subemendamento governativo, "colloqui" l'inedita figura dei test di idoneità ha giustamente preoccupato il CSM per l'assenza di criteri volti ad individuare il soggetto chiamato a deliberare i test, nonché le procedure di valutazione degli stessi.
Occorre assicurare il controllo del Consiglio superiore della magistratura sull'elaborazione dei quiz affinché questi, se affidati al Ministero della giustizia, non si trasformino in tecniche di sondaggio (a voi tanto care) delle convinzioni personali e politiche o sullo stile privato degli aspiranti magistrati e, quindi, in strumenti di selezione politica degli stessi, come talvolta auspicato e sicuramente, certamente, desiderato da taluni esponenti dell'attuale maggioranza.
La lettera d) del comma 1 prende in considerazione la progressione in carriera dei magistrati dell'ordine giudiziario. Nonostante qualche limitata attenuazione, viene confermata la barocca divisione in una molteplicità di livelli di funzione, con l'introduzione da parte della Camera di alcune funzioni di nuovo conio (funzioni semidirettive requirenti di primo e secondo grado; funzioni direttive di primo grado elevato; funzioni direttive superiori apicali di legittimità): non c'è limite alla vostra fantasia perversa.
È evidente il tentativo della maggioranza di blandire i magistrati investiti di funzioni lato sensu direttive, secondo quanto già chiaramente emerso dai tempi della legge Cirami (senza grandi risultati, peraltro, e ciò va detto ad onore e merito della magistratura italiana), mi dispiace che il collega al momento non sia in Aula, graduando con minuzia da orafo tutta una serie di figure apicali alle quali far corrispondere, evidentemente, livelli retributivi differenziati.
Resta intatto anche il complicato sistema concorsuale per le progressioni in carriera, già oggetto di considerazioni critiche nella prima nota che è stata resa pubblica e che ha rappresentato la prima spina critica al disegno di legge, mi riferisco alla nota che il Consiglio superiore della magistratura ha divulgato come parere richiesto dal Ministero.
Va ribadito che non è l'introduzione di periodiche verifiche di professionalità ad essere messa in discussione in sé (purché i criteri di valutazione dei titoli e le modalità di svolgimento degli esami, nonché la combinazione tra questi due criteri sia frutto di meditata scelta).
Ciò che appare nettamente censurabile nell'impianto della riforma governativa è l'aver costellato la carriera dei magistrati di una pletora di prove concorsuali, assolutamente sproporzionata allo scopo dichiarato. Giustamente, sul punto il CSM, nel suo parere e con la sua nota, ha segnalato la difficile sostenibilità amministrativa di tale meccanismo che, tra l'altro, vedrebbe impegnati molti magistrati delle qualifiche più elevate in Commissioni di concorso.
Questo è il vostro modo di prevedere l'efficienza del sistema ed è chiaro che ne risulta messo in discussione il principio di buon andamento dell'amministrazione in materia giudiziaria.
Particolare attenzione va, poi, prestata all'articolo 2, lettera g), numeri 1, 3 e 6 introdotti dalla Camera dei deputati. Le disposizioni in esame restringono totalmente la possibilità di passaggio dalla funzione requirente a quella giudicante limitandola, a regime, ai primi tre anni di esercizio di attività dopo il tirocinio.
Si tratta di una separazione delle funzioni pressoché rigida, che segna una notevole variazione rispetto alla più elastica soluzione approvata a suo tempo dal Senato. E allora io vi chiedo: perché quella soluzione, sulla quale vi era stata comunque una condivisione, non è stata una strada ritenuta percorribile per fare in modo che almeno in parte questa proposta di riforma potesse essere condivisa? È una domanda che cade chiaramente nel vuoto.
Ciò che va segnalato è come essa sia stata introdotta quasi di soppiatto, in assenza di un benché minimo dibattito nell'opinione pubblica. Non è tanto il problema della legittimità costituzionale di una più netta separazione di funzioni fra giudici e pubblici ministeri che si intende affrontare in questa sede; è invece un grave problema di responsabilità e di trasparenza politica quello che va denunciato, con riferimento ad una scelta che merita comunque di essere adottata dopo un adeguato dibattito parlamentare, alla luce del sole e dinanzi ad un Paese reso consapevole della scelta che si vuole introdurre.
Va comunque ricordato come anche il parere del CSM censuri l'illegittimità costituzionale della separazione delle funzioni in relazione agli articolo 106, 107 e 105 della nostra Costituzione.
Positivamente, signor Ministro, tanto per dimostrare che non c'è una critica preconcetta e assoluta, va valutata la previsione, anche se limitata, della figura di un direttore tecnico con qualifica di dirigente generale nominato presso alcuni grandi uffici giudiziari, nel quale concentrare le funzioni manageriali di direzione e gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali relative ai servizi tecnico-amministrativi.
Si tratta di un primo passo in un percorso che dovrebbe sottrarre ai capi degli uffici giudiziari - i magistrati - il carico delle funzioni propriamente burocratiche da attribuire a soggetti diversi, dotati di specifica competenza, consentendo ai magistrati posti al vertice degli uffici di meglio concentrarsi su funzioni più propriamente giudiziarie.
Purtroppo la proposta di riforma pecca di incoerenza - lo ha ricordato benissimo il collega Nando Dalla Chiesa - nella parte in cui sopprime invece le disposizioni relative all'istituzione dell'ausiliario del giudice, cadute in sede di approvazione presso la Camera dei deputati e già previste dall'articolo 9.
L'articolo 2, comma 2, del disegno di legge è dedicato alla Scuola superiore della magistratura. La lettera a), del comma 2, ne prevede l'istituzione quale "ente autonomo", cercando di superare così i problemi relativi alla sua collocazione presso il CSM, presso la Corte di cassazione o, come in un primo momento si era cercato di fare, presso il Ministero della giustizia.
La circostanza per cui la Scuola utilizza risorse sul bilancio del Ministero della giustizia pare neutralizzata dall'esplicita attribuzione alla stessa di autonomia contabile. Sarebbe opportuno, per eliminare ogni residuo dubbio di condizionamento finanziario da parte delle strutture ministeriali, aggiungere l'esplicita previsione che la Scuola costituisce autonomo centro di spesa.
L'articolo 2, comma 3, del disegno di legge di modifica dell'ordinamento giudiziario è dedicato alla riforma dei consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione. Apro una parentesi relativa alla scarsa intellegibilità del testo, che risente della concentrazione conseguente alla apposizione della questione di fiducia alla Camera. Se fosse possibile evitare di concentrare tutte le disposizioni nel fantomatico articolo 2, tale intervento, pur non rendendo condivisibile il provvedimento, lo renderebbe maggiormente intellegibile.
Per ciò che concerne le funzioni dei consigli (lettera r) del comma 3) è da segnalare come il numero 1 trasformi il potere di approvazione delle tabelle in un parere sulle tabelle proposte dai titolari degli uffici, con una opportuna attenuazione dell'incidenza dell'intervento del consiglio giudiziario.
Criticabile, invece, appare la riscrittura del numero 2 della lettera r), ove si precisa che il parere del consiglio giudiziario sull'attività dei magistrati deve avvenire sulla base di "motivate e dettagliate valutazioni del consiglio dell'ordine degli avvocati avente sede nel luogo ove il magistrato esercita le sue funzioni".
Signor Presidente, mi fermo qui, rinnovandole la richiesta di essere autorizzato, per completare la precisa analisi del provvedimento, a depositare il mio intervento nella forma scritta.
PRESIDENTE. Certamente sì.
MANZIONE (Mar-DL-U). La ringrazio, signor Presidente. Spero in questo modo di aver soddisfatto quelle che sono state le perplessità di ordine politico ed istituzionale del collega Bobbio e di aver dato un contributo nel merito non in maniera ostruzionistica, così come il Ministro della giustizia ha più volte chiesto. Sta a lui adesso dimostrare che questo invito alla condivisione anche parziale non è soltanto un invito lanciato a vuoto (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U e del senatore Calvi).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.
Ha facoltà di parlare il Ministro della giustizia.
CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi sia consentito prima d'intervenire nel merito di rivolgere un pensiero affettuoso al collega Degennaro, che è stato mio collega, prima alla Camera e poi qui al Senato, nella scorsa ed in questa legislatura. Lo ricordo come una persona estremamente gentile e competente e mi mancherà, come credo mancherà a tutti noi. Colgo l’occasione per fare le mie più sincere condoglianze alla famiglia. Ci mancherà veramente, lascia un vuoto che sarà difficilmente colmato.
Per entrare nel merito del provvedimento, se devo dare un riconoscimento all’opposizione e anche all’Associazione nazionale magistrati è quello di avere creato un tale polverone, una tale confusione, su questo tema che francamente non soltanto ormai gli addetti ai lavori esterni all’Aula, ma credo anche molti colleghi, facciano veramente fatica ad orientarsi su questa materia, anche perché in questo dibattito abbiamo sentito delle motivazioni direi contraddittorie.
Il mio intervento, allora, è volto non tanto a ribattere punto per punto (si potrebbe fare) alle argomentazioni critiche dell’opposizione quanto a cercare di dare un quadro quantomeno il più chiaro possibile su come abbia agito il Governo e su cosa contenga realmente questo provvedimento.
Innanzitutto, occorre dichiarare che anche se questo è il testo per il quale ormai nell’immaginario collettivo la Casa delle libertà si sta giocando la partita in materia di giustizia (ormai la riforma dell’ordinamento giudiziario viene percepita come riforma della giustizia), in realtà non è così: esso è soltanto un tassello di un disegno molto più vasto che ha visto il Governo impegnato su molti fronti, finalizzati (qui sono d’accordo con chi ha toccato questo tema) a rendere la giustizia più veloce e più efficiente, perché questo è il dato fondamentale che interessa al cittadino.
È del tutto evidente, peraltro, che qui non vi sono né possono esservi elementi riguardanti il processo, perché non è questa la materia. L’ordinamento giudiziario infatti si riferisce a tutt’altro, cioè sostanzialmente a come deve funzionare la magistratura, e non ha nulla a che fare con il funzionamento del processo, che viene affrontato in altri provvedimenti che peraltro il Governo ha già presentato.
Ricordo la riforma del diritto fallimentare, la riforma del codice di procedura civile, la riforma (che sta per essere presentata perché la commissione Nordio ci ha lavorato proficuamente) del codice penale. Lì si parla di processo; qui evidentemente non se ne parla, perché non se ne può parlare. Qui si ragiona, si discute, del modo di funzionare della magistratura. E che ci fosse bisogno di intervenire in questa materia è dettato, credo, da due considerazioni.
La prima è che addirittura la legge attuale, come sa chi si occupa di questa materia, è del 1941, è un regio decreto, e quindi soltanto questo fa capire quanto sia importante intervenire in questo campo. Non solo, ma è la Costituzione stessa che ce lo impone e aveva affidato al legislatore, appunto, questa riforma che non è stata mai fatta.
Su questo punto credo che dovremmo ragionare; in realtà, ci sono state forze molto potenti nel nostro Paese che non hanno mai voluto questa riforma perché evidentemente c’è qualcuno che intende il dettato costituzionale dell’indipendenza ed autonomia della magistratura come arbitrio, come possibilità di non rispondere a nessuno.
Ricordo che il comma 1 dell’articolo 101 della Costituzione dice che la giustizia è amministrata in nome del popolo: quindi, anche i magistrati in questo senso devono rispondere al popolo. Non certo per le sentenze che adottano (su questo non c’è il minimo dubbio), ma sicuramente per come la giustizia viene gestita il cittadino ha un diritto sacrosanto ad un giusto processo, che significa anche un processo veloce.
Questo è il tema sul quale ci siamo esercitati. Abbiamo cercato di intervenire affinché in prospettiva, a medio termine, il Paese possa avere una magistratura più efficiente, più moderna, più al passo coi tempi.
Io ricordo che c'è un dibattito apertissimo in Europa, che prevede la costituzione di uno spazio comune di libertà, giustizia e sicurezza in Europa; questo è un dato ormai codificato, che è previsto anche nel nuovo schema di Costituzione europea.
Ebbene, i magistrati italiani devono assolutamente concorrere alla costruzione di questo spazio, il che significa alcune cose. Significa, ad esempio, la costituzione di una scuola, e questo è previsto nel provvedimento; significa - questo è un tema fondamentale sul quale prima o poi dovremo esercitarci - vedere com'è la figura del prosecutor in Europa, che è completamente diversa da quella prevista dalla Costituzione italiana, che è una sorta di unicum che ci arreca tantissimi problemi di carattere costituzionale per uniformare la nostra legislazione a quella europea, come il sofferto iter del mandato d'arresto, ad esempio, ci insegna; significa una diversa progressione della carriera.
Questo è un punto sul quale francamente devo spendere qualche parola anche stasera. Anche il senatore Manzione ha ricordato questa sorta di vulgata, per cui i magistrati dovrebbero passare la vita a fare concorsi. Ma allora io vi invito ad andare a leggervi il testo.
Concordo che il testo è scritto male, è scritto molto male, senatore Dalla Chiesa, questo è assolutamente vero, ma lo hanno scritto i parlamentari, non l'ha scritto un qualche magistrato del mio ufficio. Il maxiemendamento è stato scritto in Aula, quindi io mi prendo questa responsabilità; dovremmo imparare tutti a scrivere meglio le leggi, su questo concordo, vedremo di farne tesoro in futuro.
Io credo che pochi, veramente pochi, abbiano letto questo testo, senatore Manzione, perché molte volte si è costretti a leggere per poter fare dei commenti su un testo, non si può parlare a braccio; da quello si capisce chi ha letto il testo e chi invece non l'ha letto.
Ebbene, avendo letto il testo si vedrebbe che, se vuole, il magistrato può fare nessun concorso, nemmeno uno, che può progredire in carriera esattamente come oggi. Non è cambiato nulla, questo è un impegno che il Governo ha preso a Venezia ed ha mantenuto. Oggi il magistrato può fare progressione per quanto riguarda gli emolumenti esattamente come oggi.
Se il magistrato vuole andare in cassazione, può fare un concorso, dopo 18 anni di carriera: un concorso in 40 anni! Ma vi è poi la grande novità che viene avversata soprattutto dall'Associazione nazionale magistrati, perché mette in discussione questo sistema, incomprensibile dai cittadini, per cui si deve far carriera semplicemente lasciando passare l'età, lasciando ingrigire capelli.
È questo un concetto che francamente non è comprensibile dai cittadini, perché fuori di qui, fuori dal mondo della magistratura, si fa carriera anche in base alle capacità, all'impegno, alla professionalità. Invece, chissà perché, in questo mondo bisogna fare carriera soltanto perché c'è questo inesorabile e un pochino triste - consentitemi - trascorrere del tempo. (Applausi dai Gruppi FI, AN, UDC e LP).
Abbiamo introdotto una fattispecie, che consente a dei giovani volenterosi dopo otto anni di fare un concorso per titoli ed esami per poter andare prima in appello. Si è obiettato che in questo modo non si possono fare le sentenze.
Guardate, venite quando volete nel mio ufficio: io vi posso far vedere magistrati che - per carità, assolutamente legittimamente - scrivono libri, scrivono romanzi, scrivono saggi, qualcuno addirittura scrive pièce per pupi e le rappresenta in piazza. Bene, se qualcun altro ha voglia di studiare per superare un concorso, perché impedirglielo? (Applausi dai Gruppi FI, AN, UDC e LP). Semplicemente diamo un'occasione in più a chi vuole impegnarsi per se stesso, perché questa è evidentemente la molla che accompagna tutti noi, ma anche e soprattutto, di riflesso, per la società e quindi per il cittadino, che qui viene sempre evocato.
Sono convinto che un magistrato giovane, brillante, volenteroso, che abbia avuto anche la soddisfazione di passare un concorso, possa svolgere la sua professione molto meglio di chi aspetta che il tempo passi per andare avanti. Quindi, è tutto qui.
Ma perché questo concetto viene così avversato dai magistrati? Per un motivo molto semplice, oggi credo che lo possiamo dire con grande serenità: viene spezzato quel ferreo cordone ombelicale grazie al quale oggi l’Associazione nazionale magistrati controlla, attraverso le correnti, il Consiglio superiore della magistratura; in questo meccanismo, infatti, si prevede una commissione che non è più soltanto una commissione del Consiglio superiore della magistratura, ma contiene in sé elementi terzi e quindi non si può più controllare ferreamente la progressione in carriera dei magistrati.
Io sono convinto che, se noi togliessimo tale fattispecie, questa riforma andrebbe avanti de plano, senza problemi; ma noi non intendiamo toglierla giacché non sta scritto da nessuna parte in Costituzione che debba essere un’associazione privata (perché l’Associazione nazionale magistrati è un’associazione privata) a controllare la magistratura italiana: questo sì che è veramente anticostituzionale e questo è il punto fondamentale sul quale noi non intendiamo tornare indietro. (Vivi applausi dai Gruppi LP e FI).
TONINI (DS-U). Bel discorso di apertura.
BRUTTI Massimo (DS-U). Bella disponibilità al dialogo!
CASTELLI, ministro della giustizia. Dopo arrivo alla disponibilità al dialogo, arrivo anche a quello, senatore Brutti. (Commenti del senatore Manzione). Abbiamo previsto… (Vivaci commenti del senatore Forte all’indirizzo dei banchi del Gruppo DS-U).
PRESIDENTE. Colleghi, fate parlare il Ministro senza interromperlo.
CASTELLI, ministro della giustizia. Scusate, io non credo che dire la propria verità (perché evidentemente nessuno qui è depositario della Verità con la "v" maiuscola)… (Reiterati commenti ad alta voce del senatore Forte all’indirizzo dei banchi del Gruppo DS-U).
PIZZINATO (DS-U). Non sei al mercato! (Richiami del Presidente).
PRESIDENTE. Per cortesia, per cortesia!
CASTELLI, ministro della giustizia. Scusate, se mi consentite di argomentare, io porto avanti ovviamente la nostra verità; nessuno possiede la verità ontologica, per carità, quindi il dialogo sta non nel nascondere quella che uno pensa sia la verità, ma nel confrontarla con quella degli altri: credo che questo sia il tema sul quale dobbiamo esercitarci. (Applausi dai Gruppi LP e FI).
Abbiamo aperto i consigli giudiziari alla società civile, all’avvocatura, così come da tempo chiedevano gli avvocati. Siamo intervenuti per necessità nella questione del procedimento disciplinare, abbiamo cercato di dare un po’ di ordine all’ufficio del procuratore.
Queste sono le questioni contenute nella legge, all’esito della quale io credo che, se consideriamo il combinato disposto di questa legge, a regime avremo - ripeto - una magistratura più efficiente e più vogliosa di lavorare.
Dico ciò anche se ritengo sia sbagliato e mi dispiace che sia proprio una parte della magistratura ad accreditare l’ipotesi che la giustizia italiana sia allo sfascio. Colleghi, vi segnalo soltanto un dato: in questo momento la magistratura italiana macina 1.700.000 procedimenti civili e più di 3 milioni di procedimenti penali all’anno. Come si fa a dire che una macchina la quale, seppure con difficoltà, riesce a dare risposta a una massa così grande di procedimenti è allo sfascio? Io non credo che lo sia. (Applausi dal Gruppo FI).
Credo che dobbiamo finalmente dire la verità sulla magistratura, che è fatta da persone che cercano di rispondere a questa grande domanda di giustizia che nel Paese sta crescendo sempre di più. Ed è per tale motivo che, nella finanziaria per il prossimo anno, abbiamo cercato di introdurre anche delle norme antinflazionistiche, perché dobbiamo in qualche modo dissuadere il cittadino italiano dal ricorrere continuamente alla giustizia ordinaria, che si deve occupare evidentemente delle cose più importanti.
Vengo alla vexata quaestio della separazione delle carriere. Vedete, qui io non ho nessuna difficoltà a dire che io personalmente e il partito a cui appartengo siamo per la separazione delle carriere; siamo anche per una previsione (che, tra l’altro, è contenuta in Costituzione) dell’elezione dei magistrati onorari, una previsione che nessuno mai ha talmente considerato che addirittura è caduta nel dimenticatoio, eppure, appunto, esiste in Costituzione. Però facciamo esercizio di realismo: la Casa delle libertà nel suo programma ha scritto e ha parlato di separazione delle funzioni, non ha parlato di separazione delle carriere.
Quindi, noi siamo impegnati a separare le funzioni, per due motivi. Il primo è che il programma deve essere assolutamente rispettato; il secondo è che, come tutti noi sappiamo, questa è una legge che è fatta a Costituzione vigente, per cui non è possibile forzare la Costituzione fino a limiti che la oltrepassino.
Noi ci siamo esercitati molto, abbiamo cercato di costruire un testo che sia, per così dire, il più sicuramente costituzionale. Dico questo per rispondere anche alle critiche di incostituzionalità. D’altro canto, ho ricordato più volte che abbiamo dei "cancelli" precisi, che sono il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale, quindi se ci saremo spinti troppo oltre provvederanno le istituzioni preposte allo scopo intervenendo, come hanno sempre fatto senza scandalo per nessuno.
Dicevo della separazione delle funzioni. Qui, lo ribadisco per l’ennesima volta, ci sarebbe veramente da fare una esegesi di carattere semantico, perché il testo è lì, lo potete leggere tutti, è scritto, è uno, eppure sullo stesso testo l’Associazione nazionale magistrati dichiara che noi, di fatto, abbiamo separato le carriere e per questo motivo sciopera, e invece le camere penali dichiarano che non abbiamo separato le carriere e scioperano per questo. Insomma, cerchiamo di metterci d’accordo…
MANZIONE (Mar-DL-U). Avete scontentato tutti!
CASTELLI, ministro della giustizia. Guardi, il mio primo datore di lavoro, che ho molto ammirato, mi ha insegnato che il contratto più giusto è quello che scontenta tutte e due le parti. Forse, senatore Manzione, anche qui, visto che siamo a Roma, è il caso di ricordare un detto dei latini: in medio iustum. (Interruzione del senatore Passigli). Forse siamo arrivati al punto.
Questo è lo spirito che ci ha animato nel costruire il provvedimento. Oggi dobbiamo votarlo; il dialogo non è discutere sine die. Prima il senatore Dalla Chiesa si è lamentato del fatto che sono tre anni che discutiamo. Allora mettiamoci d’accordo: abbiamo discusso troppo o troppo poco?
Non potete dirci che blindiamo il testo, se restiamo fermi sulle nostre posizioni, e poi, se magari lo cambiamo addivenendo anche ad osservazioni dell’opposizione o della magistratura, accusarci di essere confusi. Per favore, mettiamoci d’accordo anche su questo tema. Noi abbiamo mediato oltre ogni limite, ma il limite sta scadendo perché tutti sappiamo che si tratta di una legge delega e non vi è certo bisogno che ci spieghiamo fra di noi cosa significa.
E vengo al dialogo. Noi il dialogo lo abbiamo sempre tenuto aperto. Ricordo a me stesso e ai colleghi che nel 2002 un collega della Casa delle Libertà mi ha accusato di stare scrivendo la legge a quattro mani con l’Associazione nazionale magistrati. Non so se devo considerarlo il conferimento di una medaglia o una critica, ma anche questo è stato detto. L’ho ricordato a dimostrazione di come noi abbiamo sempre parlato e interloquito.
Però - e qui mi rivolgo anche al signor Presidente - non vorrei sentire nel corso di questo dibattito certe affermazioni. Il senatore Manzione, il 20 ottobre, ha dichiarato: "Avreste potuto affrontare un confronto di merito nelle Commissioni e nelle Aule parlamentari, ma non avendo compreso la dimensione culturale del ruolo che esercitate preferite rinchiudervi nel segreto delle vostre tane". Senatore, mi consenta: magari la inviterò a casa mia e le farò vedere che forse è un pochino di più di una tana.
MANZIONE (Mar-DL-U). Era una metafora.
CASTELLI, ministro della giustizia. Termini del genere, che sicuramente non invogliano al dialogo, non dovrebbero essere utilizzati in quest’Aula.
Allo stesso modo, non mi è piaciuto leggere la seguente affermazione di un magistrato tuttora in carica: "Questo squallido, pessimo Governo" - noi - "sta distruggendo la struttura stessa del Paese, la sua immagine e il suo futuro. Adesso tiriamo via questa brutta gente. E’ un impegno che ho preso". Sarebbe interessante chiedere a questo magistrato in carica quali strumenti vuole usare per tirar via questa brutta gente! (Vivi applausi dai Gruppi LP, FI, UDC e AN. Commenti dai banchi dell’opposizione).
Non solo colleghi, ma qui viene fuori la necessità di costruire una fattispecie dell’andare a tipizzare le questioni di carattere disciplinare. Vedete, io mi sono permesso, in base ad una facoltà che mi viene data dalla Costituzione, di segnalare questo caso al CSM, perché credo che qui dentro ci possa essere qualcosa di natura disciplinare. Colleghi, indovinate come è andata a finire? È stato ovviamente assolto perché evidentemente i magistrati possono dire qualsiasi cosa.
PERUZZOTTI (LP). Possono fare quello che vogliono i magistrati.
PRESIDENTE. Senatore Peruzzotti, anche lei, per cortesia, non interrompa.
CASTELLI, ministro della giustizia. Allora, io credo che affermazioni di questa natura non siano improntate al dialogo, non siano improntate al rispetto delle istituzioni. Sfido chiunque a citare una sola critica che io abbia rivolto all’operato della magistratura durante l’esercizio della funzione giurisdizionale oppure una mia mancanza di rispetto ad un magistrato.
Questo dunque è l’atteggiamento che il Governo ha portato avanti, spero che altrettanto sia fatto da chi avversa legittimamente questo disegno di legge. (Vivi applausi dai Gruppi LP, FI, AN e UDC. Congratulazioni).
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a dare lettura dei pareri espressi dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti.
CALLEGARO, segretario. "La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il testo del disegno di legge in titolo, preso atto delle informazioni rese dal Governo sull'articolo 2, comma 1, lettera a) - da cui risulta che la cadenza temporale delle prove concorsuali è annuale e che il numero dei componenti della commissione unica ivi prevista è inferiore a quello attualmente vigente - nel presupposto che alle nuove funzioni di primo grado elevato ed apicale di legittimità di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e), numeri 9 e 15, non siano associati né un ampliamento della platea dei soggetti che svolgono a legislazione vigente analoghe funzioni, né l'attribuzione di indennità, e che le disposizioni di cui ai commi 10 e 14 del medesimo articolo non possono determinare eventuali posizioni soprannumerarie nell'ambito della dotazione organica complessiva, esprime, per quanto di propria competenza, parere di nulla osta".
"La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli emendamenti trasmessi relativi al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di competenza, parere di nulla osta, ad eccezione delle proposte 2.47, 2.48, 2.109, 2.115, 2.118, 2.119, 2.135, 2.138, 2.157, 2.158, 2.159 e 2.170, sulle quali il parere è contrario, e degli emendamenti 1.15, 2.500, 2.46, 2.50, 2.230, 2.232, 2.233, 2.243, 2.252, 2.384, 2.385, 2.51, 2.196, 2.198, 2.199, 2.204, 2.205, 2.217, 2.218 e 2.317 sui quali il parere è contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione. Il parere di nulla osta sulla proposta 2.534, infine, è reso a condizione, ai sensi della suddetta norma costituzionale, che al quinto periodo del capoverso le parole: "almeno tre sedi" siano sostituite dalle seguenti: "fino a tre sedi"".
BRUTTI Massimo (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, mi permetta, ancora una volta, di approfittare della sua cortese attenzione e dell’ascolto che vorranno prestare i colleghi per proporre e motivare brevemente, ai sensi dell’articolo 96 del Regolamento, una richiesta di non passaggio all’esame degli articoli di questo disegno di legge e conseguentemente di rinvio del provvedimento in Commissione.
Non c’è e non riesco a vedere alcun motivo per cui il dibattito che si stava conducendo, non a marce forzate e per volere della maggioranza e del Governo, in Commissione giustizia su questo testo di legge si sia improvvisamente interrotto.
Vorrei leggere, signor Presidente, a lei ed ai colleghi le parole - che con ogni probabilità ha già ascoltato - pronunziate in Aula la scorsa settimana dal presidente della Commissione giustizia del Senato, senatore Antonino Caruso (che non vedo oggi presente), il quale in un brevissimo intervento aveva formulato una valutazione sullo svolgimento dei lavori in Commissione.
Egli aveva anzitutto riconosciuto l’assiduità e l’impegno del relatore, senatore Bobbio, esprimendo un giudizio sul suo lavoro ben diverso da quello che abbiamo ascoltato oggi dal Ministro della giustizia, che ha detto che il maxiemendamento è stato scritto qui in Parlamento ed è scritto male. In verità, quella proposta di modifica sarà stata presentata dal senatore Bobbio, ma è il risultato di una convergenza di posizioni e di un contributo essenziale del Governo, quindi del Ministro della giustizia e dei suoi collaboratori.
Il senatore Antonino Caruso in Aula aveva affermato: "Devo dire, proprio per consegnare nei suoi termini generali la questione all’Aula, che il dibattito è stato molto lungo e molto articolato esclusivamente in ragione della complessità e dell’articolazione del disegno di legge in esame". Dunque, in Commissione vi era stato un dibattito lungo e articolato non per l’ostruzionismo di chicchessia, ma per la complessità del provvedimento.
Soggiungeva il senatore Antonino Caruso: "Non vi sono stati interventi banalmente ostruzionistici. Tutti i colleghi dell’opposizione e della maggioranza si sono impegnati in un’illustrazione puntuale degli argomenti a sostegno delle modifiche da introdurre o da non introdurre, quindi da respingere, sul testo all’esame". Ebbene, siamo convinti che quel dibattito debba ordinatamente proseguire nella sua sede più propria: la Commissione giustizia del Senato.
È stata oggi nuovamente manifestata dal senatore Malan, dall’onorevole Vietti e dal ministro della giustizia Castelli una disponibilità al dialogo. Il Governo conosce le proposte dell’opposizione e queste sono tradotte in emendamenti. Nel mio intervento di questa mattina ho indicato i tre grandi settori rispetto ai quali avanziamo proposte; ci attenderemmo passi concreti e manifestazioni effettive, e non a parole, di disponibilità da parte del Governo e della maggioranza.
Insisto, signor Presidente: la sede più propria per ritrovare il filo del dialogo è la Commissione di merito; propongo, pertanto, il rinvio della discussione del provvedimento in Commissione giustizia. (Applausi dal Gruppo DS-U e del senatore Giaretta).
PRESIDENTE. Senatore Brutti, la correggo per evitare un errore che renderebbe altrimenti inammissibile la sua richiesta.
Come già le ho detto in sede di Conferenza dei Capigruppo quest’oggi, lei non può proporre il rinvio del provvedimento in Commissione; l’istituto al quale lei deve far riferimento non è questo, bensì quello della richiesta di non passaggio all’esame degli articoli, che può essere avanzata in questa fase.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, intervengo a favore della proposta di non passare all’esame degli articoli.
È evidente che ci troviamo in una situazione abbastanza strana. Il Ministro della giustizia interviene, fa le sue esternazioni e poi sparisce, dopo aver fatto la passerella…(Vivaci commenti dai Gruppi FI, AN, UDC e LP).
PRESIDENTE. Senatore Manzione, per cortesia, c’è un linguaggio anche più adeguato del suo. Cosa significa la "passerella"?
MANZIONE (Mar-DL-U). Il Ministro ha fatto la passerella! (Vivaci commenti dai Gruppi FI, AN, UDC e LP).
PRESIDENTE. Senatore Manzione, questa è una provocazione inutile!
MANZIONE (Mar-DL-U). Va bene, ritiro l’espressione.
Dopo aver stretto un numero notevole di mani di persone della sua maggioranza che si complimentavano con lui, il Ministro della giustizia si è allontanato.
Come lei sa, signor Presidente, non abbiamo relatore perché il provvedimento… (Commenti del senatore Tirelli). Onorevoli colleghi, capisco che voi comprendete soltanto alcune cose, però abbiate la pazienza di sopportarci ancora per un po’, perché poi si invertiranno le parti! (Commenti dai Gruppi FI, AN, UDC e LP).
Signor Presidente, non abbiamo relatore perché il provvedimento è stato portato all’esame dell’Assemblea senza concludere l’iter in Commissione. In questo momento, non è presente neanche il Presidente della Commissione di merito, che in qualche modo può rappresentare il punto teorico di riferimento per riprendere un discorso, un dibattito e un confronto.
La richiesta avanzata dal senatore Massimo Brutti è consequenziale alle vostre affermazioni. È evidente, infatti, che in questo momento, in queste condizioni specifiche, dopo quanto è accaduto e sta accadendo, dovremmo andare solo allo scontro: noi non vogliamo questo!
Signor Presidente, lei sa benissimo che, per il Regolamento del Senato, in questa fase il non passaggio agli articoli, cioè la possibilità di approfondire anche quelle priorità rappresentate dal maxiemendamento del Governo 2.1000, permette un terreno di confronto che può essere sperimentato più utilmente, non nel contesto di un’Aula che confligge rispetto alle soluzioni che devono essere assunte immediatamente con il voto, ma in una fase interna chiaramente più adatta a rapporti di questo tipo.
Mi consenta di evidenziare, poi, signor Presidente, che non capisco il motivo per cui il Governo non ha voluto discutere preventivamente in Commissione le priorità contenute nel maxiemendamento 2.1000. Perché non ci siamo misurati? Perché non si è voluto accettare il confronto su quella parte del provvedimento (non mi riferisco alle priorità che abbiamo indicato noi, Gruppi dell’opposizione, con i nostri emendamenti, ma a quelle scelte dal Governo) per evitare, ad esempio, che sui test psico-attitudinali si parlasse di tutto e del contrario di tutto (ci fosse il risvolto psicologico e poi sparisse, fossero solo attitudinali, si prevedessero dopo o prima della prova orale)? Comprenderà che esistono anche momenti in cui possiamo non condividere un’opzione messa in campo, ma possiamo comunque ragionare su come deve essere perseguita quella stessa opzione.
Allora, signor Presidente, è evidente che tutto quanto è accaduto e che ho evidenziato mi porta chiaramente ad essere favorevole alla proposta che il senatore Massimo Brutti ha correttamente avanzato il non passaggio all’esame degli articoli. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).
TIRELLI (LP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TIRELLI (LP). Signor Presidente, come si usa dire, tanto tuonò che piovve: l’alibi della minoranza, che l’aveva tenuta in piedi finora, è caduto.
Non siamo davanti ad una questione pregiudiziale o sospensiva, non siamo davanti ad una proroga dei termini in cui un provvedimento può essere discusso; siamo di fronte alla richiesta di non passare all’esame degli articoli. Il nostro Regolamento, all’articolo 96, prevede semplicemente che, qualora tale proposta venisse accolta, non si passerebbe all’esame degli articoli: cioè, il provvedimento di legge si fermerebbe. La Conferenza dei Capigruppo o altri organismi competenti, se lo riterranno opportuno, potranno poi procedere ad una riassegnazione del provvedimento.
Ora siamo di fronte alla proposta avanzata dalla minoranza di non passaggio all'esame degli articoli del disegno di legge in discussione, al di là di tutte le dichiarazioni di buona volontà e del fatto che, come richiesto dall'opposizione, si sia parlato a lungo nel merito dell'argomento. Dai colleghi della minoranza è stato richiesto, essendo sopraggiunti dei cambiamenti, di parlarne ancora. Adesso, si è proposto di non parlarne più; sappiamo di fronte a cosa ci troviamo.
Non so se il comportamento del Ministro si possa definire, come ha detto il senatore Manzione, una passerella; a me risulta che la passerella la facevate voi, facendo la spola da qui a piazza Navona quando c'erano i Girotondi. Il Ministro è venuto qui, nella sua funzione di Ministro, ed ha risposto come previsto dal Regolamento. Il fatto che qualcuno gli stringa la mano…
MANZIONE (Mar-DL-U). La passerella!
TIRELLI (LP). …è una semplice espressione di solidarietà e di stima da parte dei colleghi.
Nel dichiarare il voto contrario (diversamente, smentirei tutto il lavoro svolto da noi e dai colleghi dell'opposizione in Commissione), ribadisco che non si può più parlare di atteggiamento collaborativo, di volontà di introdurre modifiche nella legge: si vuole, semplicemente, affossare questo disegno di legge perché non piace, per i motivi che abbiamo sempre dichiarato e che il Ministro nel suo intervento ha ricordato. (Applausi dal Gruppo LP).
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della proposta di non passare all'esame degli articoli.
Verifica del numero legale
MACONI (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1296-B
PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta di non passare all'esame degli articoli, avanzata dal senatore Brutti Massimo.
Non è approvata.
Onorevoli colleghi, comunico che, ai sensi dell'articolo 104 del Regolamento, dichiaro improponibili, in quanto non correlati con le modifiche introdotte dalla Camera dei deputati, gli emendamenti 1.503, 1.504, 2.508, 2.27, 2.28, 2.29, 2.30, 2.31 e 2.33.
Procediamo all'esame degli articoli del disegno di legge n. 1296-B, nel testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati.
Passiamo all'esame dell'articolo 1, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, gli emendamenti… (Brusìo in Aula).
Non pretendo l'attenzione, signor Presidente, ma il silenzio, questo sì. Se i colleghi non vogliono ascoltare potrebbero tranquillamente stare in silenzio, pensare ad altro od uscire consentendo a chi vuole lavorare nell’Aula del Senato di discutere con tranquillità e serenità di questioni straordinariamente delicate. (Commenti del senatore Mulas).
PRESIDENTE. Senatore Mulas, la prego di consentire al senatore Calvi d'illustrare i suoi emendamenti. (Commenti del senatore Mulas).
CALVI (DS-U). Evidentemente, sei abituato a frequentare le osterie, non le Aule del Senato.
PRESIDENTE. Senatore Calvi, per favore. Riprendiamo la discussione con serenità; da lei mi aspetto il massimo di serenità.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, mi ha insultato!
MULAS (AN). Vergognati!
GARRAFFA (DS-U). Ma stai zitto!
PRESIDENTE. Senatore Mulas, la richiamo all'ordine. (Vivaci proteste del senatore Mulas).
CALVI (DS-U). Gli emendamenti che abbiamo presentato all'articolo 1, che sono abbastanza numerosi, riguardano il tema della legge delega. (Brusìo in Aula).
PRESIDENTE. Colleghi, c'è troppo brusìo, se lei però non si interrompe, senatore Calvi, il dibattito diventa forse più interessante. Non posso chiedere il massimo di silenzio, ma almeno un po’ di rispetto.
CALVI (DS-U). Stavo dicendo che gli emendamenti riguardanti l'articolo 1 hanno ad oggetto la natura, la funzione e la ragione di una legge delega su un tema che, a nostro avviso, è di rilevanza costituzionale. Naturalmente, quando svolgeremo le dichiarazioni di voto per ciascun emendamento… (Brusìo in Aula).
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia! Senatore Moncada non faccia capannello, colleghi state seduti!
CALVI (DS-U). Stavo dicendo che gli emendamenti riguardano soprattutto la possibilità e la legittimità di presentare una riforma concernente l'ordinamento giudiziario attraverso la legge delega. Allorquando procederemo alle dichiarazioni di voto su ciascun emendamento, illustreremo le nostre ragioni in modo specifico. Vorrei però cogliere l'occasione per avanzare una sorta di premessa di ordine metodologico, una premessa che riguarda il complesso dell'articolo 1 ma direi anche il complesso del disegno di legge.
Innanzitutto, deve essere chiaro a tutti, tranne naturalmente a chi di tempo ne ha da perdere, che noi non siamo soliti perdere tempo, come è stato detto. Il nostro intento - vorrei precisarlo con molta fermezza - è di illustrare gli emendamenti nella speranza che vi sia la capacità di ascolto e l'intelligenza di comprendere, due qualità che in questo momento non mi sembrano presenti.
Dopo che lo stesso Ministro ha invitato al dialogo, trovo stupefacente che l'Assemblea, iniziando oggi la discussione degli emendamenti, sia non soltanto incapace di ascoltare, ma anche incapace di comprendere le nostre posizioni, le nostre tesi, le nostre proposte.
Il Presidente della Commissione giustizia, che è uomo saggio e d'indubbia onestà intellettuale, ha dato atto in Aula che non vi sono stati finora cenni di attività ostruzionistica da parte nostra. Ho colto, invece, nelle parole del senatore Bobbio, una posizione radicalmente differente. Pur dovendo prendere atto, essendo anch'egli presente in Commissione, che da parte nostra non vi è stato atteggiamento ostruzionistico ma sicuramente, come ha detto il presidente Caruso, un intervento costante, che ha avuto ad oggetto contenuti di questa legge, egli ha detto che la nostra è stata una condotta contributiva ma di tipo ostruzionistico.
In sintesi, il nostro è stato un contributo ostruzionistico. È una contraddizione della quale è difficile capire le ragioni, non comprensibile altrimenti che come manifestazione di ostilità preconcetta, sostenere che, avendo contribuito in modo costruttivo alla discussione del disegno di legge, avremmo in qualche modo fatto ostruzionismo. Probabilmente invece di una condotta contributiva di tipo ostruzionistico avrebbe voluto una condotta retributiva di altro genere, non saprei ragionare in altri termini.
Il senatore Bobbio, però, ha fatto affermazioni molto gravi, che non avrei mai voluto sentire in Aula da un senatore, soprattutto da un senatore che proviene dalla magistratura; mi auguro che non parli per esperienza personale o per ciò che egli sa per le funzioni che ha esercitato. Egli ha qui affermato, e trovo gravissimo e stupefacente che gli sia stato consentito dirlo, che la magistratura italiana è fuori dall’alveo costituzionale: credo che affermazioni di questo genere non possano essere pronunziate nell’Aula del Senato.
È di una gravità inaudita che colui il quale era stato indicato quale relatore di questa legge che dovrebbe riformare l’ordinamento giudiziario (ribadisco, una riforma dell’ordinamento giudiziario), si lasci andare ad asserzioni così inconcepibilmente pazze dal punto di vista culturale ed istituzionale.
Vorrei tornare, però, al tema che mi è più caro.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Valentino, credo che il Governo abbia tutto il potere di porre la fiducia; non mi scandalizzo, è un potere che gli è conferito, un potere che il Governo ha e che può tranquillamente esercitare, quello di chiedere la fiducia nella votazione di un disegno di legge. Ciò che invece non è assolutamente consentito è concepire tale diritto come un diritto di minaccia, anche a fronte del perdurare di atteggiamenti ostruzionistici. Il Governo può esercitare questo diritto, ma non può minacciare di esercitarlo di fronte ad una condotta legittima da parte dell’opposizione.
Signor Presidente, noi illustreremo con pacatezza ed anche con tutto il rigore di cui saremo capaci i nostri emendamenti, ma non esiste un rapporto logico tra le condotte che nascono dai diritti garantiti al Governo ed alla maggioranza e all’opposizione. Il confronto sarà sul merito di ciascun istituto e di ciascuna norma, ed è su di essi che dovremo misurarci; questo è il problema.
Non bisogna avere timore dell’ostruzionismo così come non bisogna averlo del voto di fiducia: sono condotte legittime in un Parlamento libero come il nostro. Ma non è questo l’obiettivo che ci proponiamo: noi vogliamo misurarci, confrontarci. Cosa che - il Ministro lo dimentica - finora non è stata fatta.
È inutile tornare a ripeterci, come spesso ho sentito anche questa sera, che sono anni che discutiamo di questa legge: non è vero. Ciascuno di noi sa che abbiamo discusso d’altro, di altra legge, di una legge radicalmente diversa da quella che oggi abbiamo alla nostra attenzione.
Questa legge è stata votata alla Camera dopo che era stata innovata totalmente la soluzione che fu trovata al Senato: al Senato abbiamo votato una legge, alla Camera l’hanno radicalmente modificata e su quella legge il Governo ha chiesto la fiducia.
Questa legge, quindi, non è stata mai discussa in Parlamento ed allorquando essa è venuta nel nostro Senato, subito dopo l’inizio della discussione nella nostra Commissione giustizia, il Ministro in Commissione dichiarò che ormai questa legge era definitiva. Posso anche capirlo: è stato dato un voto di fiducia, mi sembra anche logico dal punto di vista politico che si possa ritenere che una legge che è stata votata da una Camera col voto di fiducia possa considerarsi definitiva per il Ministro. Ma così non è stato, perché nel momento in cui è giunta qui il Governo ha presentato un nuovo maxiemendamento. E non è sufficiente ancora: rispetto a quell’emendamento è stato presentato un subemendamento e poi un altro ancora. Questo è avvenuto davanti a noi.
E addirittura leggevo poco fa una dichiarazione del Ministro per cui la mancanza da parte nostra della volontà di discutere sta nel fatto che non abbiamo presentato subemendamenti; ma questo ci è stato materialmente impedito!
PRESIDENTE. Senatore Calvi, il suo tempo è già terminato.
CALVI (DS-U). Concludo, Presidente. Quello che voglio dire è che noi dobbiamo misurarci sugli istituti, sulle norme, con franchezza e con serenità e verificare la volontà di partecipare con l'attività parlamentare alla realizzazione di norme tese a rendere più efficiente il sistema ordinamentale, e quindi a tutelare nel modo migliore i diritti dei cittadini. (Applausi del Gruppo DS-U e del senatore Petrini).
PRESIDENTE. I restanti emendamenti s'intendono illustrati.
Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
VALENTINO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo sugli emendamenti all'articolo 1 è negativo.
Ho ascoltato con attenzione il senatore Calvi, che lamenta la mancanza di un confronto. Mi pare che la dialettica sia stata tutelata nel corso del lungo periodo nel quale ci siamo occupati di questo disegno di legge. I mutamenti hanno dato luogo a dibattiti ulteriori; quindi, non sono state innovazioni introdotte clandestinamente, ma frutto di un dialogo preventivo e di un dialogo successivo. Non vedo pertanto ragione per poter concordare con le sue affermazioni, che comunque rispetto ed apprezzo come sempre.
In conclusione, esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti all'articolo 1.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.1.
Verifica del numero legale
MACONI (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
MACONI (DS-U). Cinque voti per due persone mi sembrano troppi!
PRESIDENTE. Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 19,59, è ripresa alle ore 20,19).
Presidenza del vice presidente DINI
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn.1296-B,1262,2457 e2629
PRESIDENTE. Passiamo nuovamente alla votazione dell’emendamento 1.1.
Verifica del numero legale
MACONI (DS-U). Signor Presidente, intervengo per chiedere a dodici colleghi i appoggiare la richiesta di verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Apprezzate le circostanze, tolgo la seduta e rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
DISEGNO DI LEGGE DISCUSSO AI SENSI DELL'ARTICOLO 44, COMMA 3 DEL REGOLAMENTO
Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico (1296-B)
ARTICOLO 1 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
ART. 1.
(Contenuto della delega)
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7, uno o più decreti legislativi diretti a:
a) modificare la disciplina per l’accesso in magistratura, nonché la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati, e individuare le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari;
b) istituire la Scuola superiore della magistratura, razionalizzare la normativa in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, nonché in tema di aggiornamento professionale e formazione dei magistrati;
c) disciplinare la composizione, le competenze e la durata in carica dei consigli giudiziari, nonché istituire il Consiglio direttivo della Corte di cassazione;
d) riorganizzare l’ufficio del pubblico ministero;
e) modificare l’organico della Corte di cassazione e la disciplina relativa ai magistrati applicati presso la medesima;
f) individuare le fattispecie tipiche di illecito disciplinare dei magistrati, le relative sanzioni e la procedura per la loro applicazione, nonché modificare la disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d’ufficio.
g) prevedere forme di pubblicità degli incarichi extragiudiziari conferiti ai magistrati di ogni ordine e grado.
2. Le disposizioni contenute nei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 divengono efficaci dal novantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, fermo restando quanto previsto dall’articolo 2.
3. Il Governo è delegato ad adottare, entro i novanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1, uno o più decreti legislativi recanti le norme necessarie al coordinamento delle disposizioni dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al medesimo comma con le altre leggi dello Stato e, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 2, comma 8, la necessaria disciplina transitoria, prevedendo inoltre l’abrogazione delle disposizioni con essi incompatibili. Le disposizioni dei decreti legislativi previsti dal presente comma divengono efficaci a decorrere dalla data indicata nel comma 2.
4. Gli schemi dei decreti legislativi adottati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 sono trasmessi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, che sono resi entro il termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Entro i trenta giorni successivi all’espressione dei pareri, il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni ivi eventualmente formulate, esclusivamente con riferimento all’esigenza di garantire il rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dai necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni competenti, che sono espressi entro trenta giorni dalla data di trasmissione.
5. Le disposizioni previste dal comma 4 si applicano anche per l’esercizio della delega di cui al comma 3, ma in tal caso il termine per l’espressione dei pareri è ridotto alla metà.
6. Il Governo, con la procedura di cui al comma 4, entro due anni dalla data di acquisto di efficacia di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1, può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7.
1.1
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Sopprimere l’articolo e conseguentemente, sopprimere l’articolo 2.
1.2
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Sopprimere il comma 1.
1.3
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, alinea, sostituire le parole: «commi 1, 2, 3» con le seguenti: «commi 1, 2».
Conseguentemente all’articolo 2 sopprimere il comma 3.
1.4
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, alinea, sostituire le parole: «commi 1, 2» con le seguenti: «commi 1».
Conseguentemente all’articolo 2 sopprimere il comma 2.
1.5
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, alinea, sostituire le parole: «commi 1, 2» con le seguenti: «commi 2».
Conseguentemente all’articolo 2 sopprimere il comma 1.
1.6
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, alinea, sopprimere la parola: «4,».
Conseguentemente all’articolo 2 sopprimere il comma 4.
1.7
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, alinea, sopprimere la parola: «5,».
Conseguentemente all’articolo 2 sopprimere il comma 5.
1.8
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, alinea, sopprimere la parola: «6,».
Conseguentemente all’articolo 2 sopprimere il comma 6.
1.9
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, alinea, sopprimere la parola: «7,».
Conseguentemente all’articolo 2 sopprimere il comma 7.
1.10
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera g).
1.11
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, sostituire la lettera g), con la seguente:
«g) prevedere forme di limitazione al conferimento di incarichi extragiudiziari ai magistrati di ogni ordine e grado, al fine di assicurare il rispetto del principio di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione della giustizia».
1.12
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, lettera g) dopo le parole: «forme di pubblicità» inserire le parole: «e limitazione».
1.13
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, lettera g) dopo le parole: «ordine e grado» aggiungere le parole: «, con esclusione di quelli anche solo potenzialmente configgenti con gli interessi dell’amministrazione della giustizia».
1.503
Improponibile
Al comma 1, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
g-bis) modificare la previsione riguardante i soggetti autorizzati a riferire sull’amministrazione della giustizia al Ministero, nonché nelle assemblee generali della Corte suprema di cassazione e delle corti di appello, per l’inaugurazione dell’anno giudiziario.
Conseguentemente, dopo l’articolo 2, dopo il comma 7, aggiungere il seguente:
7-bis. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera g-bis), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere la modifica dell’articolo 86 dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, stabilendo che sia il Primo presidente della Corte suprema di cassazione a comunicare al Ministro, per ogni anno giudiziario, la relazione generale sull’amministrazione della giustizia, e che analoga relazione per singoli distretti venga svolta dal Presidente della corte d’appello;
b) prevedere la modifica dell’articolo 88 dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 121 stabilendo che, nell’assemblea generale presso la Corte suprema di cassazione, per la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, riferisca sull’amministrazione della giustizia il Primo presidente della Corte di cassazione, con il successivo intervento del Procuratore generale, del Presidente del Consiglio nazionale forense, del Ministro della giustizia o di un suo rappresentante, e di un componente del Consiglio superiore della magistratura;
c) prevedere la modifica dell’articolo 88 dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, stabilendo che, nell’assemblea generale di tutte le corti di appello, per la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, riferisca sull’amministrazione della giustizia il Presidente della corte di appello, con il successivo intervento del Procuratore generale, del Presidente del locale consiglio dell’ordine degli avvocati, di un rappresentante del Ministro della giustizia, di un esponente del Consiglio superiore della magistratura, nonchè di un rappresentante dei dipendenti dell’amministrazione della giustizia;
d) prevedere che il Presidente della Corte di appello possa autorizzare anche l’intervento di altri operatori della giustizia, ad esclusione di rappresentanti di partiti politici.
1.14
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
«1-bis. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto a prevedere, in via sperimentale e per un periodo di quattro anni, l’istituzione dell’ufficio del giudice, introducendo la figura dell’ausiliario dello stesso con l’osservanza dei seguente principi e criteri direttivi:
a) prevedere che l’ausiliario del giudice, sotto la diretta responsabilità del magistrato cui è assegnato e in rapporto fiduciario con il medesimo:
1) svolga attività di ricerca della dottrina e dei precedenti giurisprudenziali, anche di merito;
2) presti assistenza al magistrato nell’organizzarne l’attività in vista dell’udienza e nel coordinamento degli adempimenti istruttori;
3) abbia la facoltà di presenziare all’udienza e di esaminare gli atti;
4) collabori all’espletamento degli adempimenti che incombono al giudice. successivi alla pronuncia della sentenza;
5) collabori con il giudice, svolgendo le attività da questi richieste, al fine di procurare, in via generale, che egli sia alleviato da tutti gli incombenti che non riguardano lo stretto esercizio della funzione giurisdizionale;
b) fermo restando quanto previsto alla lettera a), escludere che l’attività dell’ausiliario possa includere compiti che rientrino nelle attribuzioni di altri uffici;
c) prevedere che l’organico degli ausiliari del giudice sia stabilito in 2.250 unità;
d) prevedere che l’assegnazione degli ausiliari sia distribuita fra gli uffici giudiziari in proporzione all’organico dei magistrati di ciascun distretto di corte d’appello e che l’assegnazione dei medesimi fra i magistrati del distretto avvenga sulla base delle determinazioni del presidente della corte d’appello, sentito il consiglio giudiziario;
e) prevedere che l’ausiliario sia assegnato, a cura dei soggetti di cui alla lettera d), sulla base dei carichi di lavoro e delle altre oggettive esigenze dell’ufficio, ai soli magistrati che ne fanno espressa richiesta;
f) prevedere che l’incarico di ausiliario del giudice abbia durata biennale e sia rinnovabile per una sola volta;
g) prevedere che la stipulazione dei contratti per l’assunzione e la gestione amministrativa degli ausiliari del giudice sia svolta dai presidenti di corte d’appello di ciascun distretto; stabilire inoltre che i presidenti di corte d’appello possano, agli stessi effetti, delegare un altro magistrato componente del consiglio giudiziario;
h) prevedere che gli ausiliari del giudice siano scelti fra coloro che hanno conseguito, con una votazione non inferiore a 108/110, la laurea specialistica per la classe delle scienze giuridiche sulla base degli ordinamenti didattici adottati in esecuzione del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509;
i) prevedere che i presidenti delle corti d’appello provvedano, mediante affissione nell’albo pretorio ed ogni altra forma di pubblicità ritenuta idonea, anche avvalendosi della collaborazione delle facoltà di giurisprudenza delle università e delle altre strutture di formazione giuridica, a dare avviso agli interessati della possibilità di presentare domanda per l’assunzione come ausiliari del giudice; le domande devono pervenire entro sessanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso; i presidenti delle corti d’appello deliberano quindi le assunzioni e stipulano i relativi contratti, valutando a tal fine come titoli preferenziali:
1) la votazione con cui è stata conseguita la laurea e la media dei voti ottenuti negli esami universitari;
2) il conseguimento di lauree in altre discipline;
3) le pubblicazioni prodotte dall’interessato al momento della presentazione della domanda;
4) la compiuta conoscenza di una o più lingue straniere;
5) la conoscenza delle tecnologie informatiche e delle modalità di funzionamento di strumenti informatici e telematici;
6) l’aver eventualmente svolto la pratica forense o conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni;
7) l’aver conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162;
l) prevedere che lo svolgimento delle funzioni di ausiliario del giudice sia equiparato, ad ogni effetto di legge, allo svolgimento della pratica forense e al conseguimento del diploma rilasciato dalle scuole di specializzazione di cui alla lettera i), numero 6), nonchè costituisca titolo preferenziale per l’accesso alle funzioni giudiziarie onorarie; che gli stessi contratti contemplino altresì la corresponsione di un trattamento di fine rapporto.
1-ter. Agli oneri derivanti dal comma 1-bis si provvede mediante l’istituzione di una imposta pari al 3 per cento della massa attiva risultante dalle procedure concorsuali chiuse nell’anno. 1-quater. La somma derivante dal gettito dell’imposta di cui al comma 1-ter, versata all’entrata del bilancio dello Stato, è riassegnata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ad un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia.».
1.15
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
«1-bis. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto a prevedere, in via sperimentale e per un periodo di quattro anni, l’istituzione dell’ufficio del giudice, introducendo la figura dell’ausiliario dello stesso, con l’osservanza dei seguenti principi e dei criteri direttivi:
a) prevedere che l’ausiliario del giudice, sotto la diretta responsabilità del magistrato cui è assegnato e in rapporto fiduciario con il medesimo:
1) svolga attività di ricerca della dottrina e dei precedenti giurisprudenziali, anche di merito;
2) presti assistenza al magistrato nell’organizzarne l’attività in vista dell’udienza e nel coordinamento degli adempimenti istruttori;
3) abbia la facoltà di presenziare all’udienza e di esaminare gli atti;
4) collabori all’espletamento degli adempimenti che incombono al giudice, successivI alla pronuncia della sentenza;
5) collabori con il giudice, svolgendo le attività da questi richieste, al fine di procurare, in via generale, che egli sia alleviato da tutti gli incombenti che non riguardino lo stretto esercizio della funzione giurisdizionale;
b) prevedere che l’assegnazione degli ausiliari sia distribuita fra gli uffici giudiziari in proporzione all’organico dei magistrati di ciascun distretto di corte d’appello e che l’assegnazione dei medesimi fra i magistrati del distretto avvenga sulla base delle determinazioni del presidente della corte d’appello, sentito il consiglio giudiziario;
c) prevedere che l’ausiliario sia assegnato, a cura dei soggetti di cui alla lettera sulla base dei carichi di lavoro e delle altre oggettive esigenze dell’ufficio, ai soli magistrati che ne fanno espressa richiesta;
d) prevedere che l’incarico di ausiliario del giudice abbia durata biennale e sia rinnovabile per una sola volta.».
1.16
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Sopprimere il comma 2.
1.17
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 2, sostituire le parole: «dal novantesimo giorno successivo a quello della» con le seguenti: «dopo un anno dalla».
1.18
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 2, sostituire la parola: «novantesimo» con la parola: «trecentosessantesimo».
1.19
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 2, sostituire la parola: «novantesimo» con la parola: «centocinquantesimo».
1.20
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 2, sostituire la parola: «novantesimo» con la parola: «centoventesimo».
1.22
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Sopprimere il comma 3.
1.23
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 3, sostituire la parola: «novanta» con la parola: «trecentosessanta».
1.24
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 3, sostituire le parole: «novanta giorni» con le seguenti: «nove mesi».
1.26
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 3, sostituire le parole: «novanta giorni» con le seguenti: «centottanta giorni».
1.21
CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 3, sostituire la parola: «novanta» con la parola: «centoventi».
1.28
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Sopprimere il comma 4.
1.29
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 4, sostituire le parole: «al comma 1» con le seguenti: «ai commi 1 e 3».
Conseguentemente, sopprimere il comma 5.
1.504
Improponibile
Al comma 4, sostituire la parola: «sessanta» con la seguente: «novanta».
1.30
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 4, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Ai suddetti schemi di decreti legislativi è allegato il parere del Consiglio Superiore della Magistratura, che deve pronunciarsi entro novanta giorni dalla richiesta del Ministro della giustizia».
1.31
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 4, sostituire la parola: «trenta» con la seguente: «novanta».
1.32
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 4, sostituire la parola: «trenta» con la seguente: «sessanta».
1.33
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 4, sostituire la parola: «trenta» con la seguente: «venti».
1.34
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 4, sopprimere le parole: «, esclusivamente con riferimento all’esigenza di garantire il rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione».
1.35
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 4, dopo le parole: «corredati dai necessari elementi integrativi di informazione», inserire le seguenti: «, ai quali è allegato il parere del Consiglio Superiore della Magistratura, che deve pronunciarsi entro quarantacinque giorni dalla richiesta del Ministro della giustizia».
1.36
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 4, dopo le parole: «per i pareri definitivi», inserire le seguenti: «e vincolanti».
1.37
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Sopprimere il comma 6.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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682a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MERCOLEDÌ 27 OTTOBRE 2004 (Antimeridiana) |
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Presidenza
vice presidente SALVI,
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Sui toni assunti ieri dalla discussione
nel corso dell'esame del disegno di legge n. 1296-B
TOFANI (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TOFANI (AN). Signor Presidente, mi consenta di sottolineare taluni comportamenti che si sono determinati ieri in quest'Aula.
Per ovvi motivi abbiamo ritenuto di non intervenire onde evitare che la situazione peggiorasse, credo però che la Presidenza debba richiamare il senatore Calvi per le parole che ha usato nei confronti del senatore Mulas non per un motivo di fair play ma perché, quando uno di noi eccede nel linguaggio, credo che debba in modo corretto chiedere scusa e riassorbire in qualche modo l'evento.
Lo stesso discorso vale per il senatore Massimo Brutti, il quale ha rivolto un attacco frontale pesantissimo alla professionalità del collega, senatore Bobbio. In estrema sintesi, per non togliere spazio al dibattito, quando vi è una parola al di fuori del coro proveniente da questi banchi che può arrecare fastidio all'oratore, alla sinistra ciò sembra una questione di lesa maestà.
Vorrei far presente ai colleghi della sinistra che anche noi siamo spesso costretti a parlare con il brusio, che non è un elemento diretto di scorrettezza nei confronti dell'oratore. Atti di saccenteria o quant'altro non gratificano, anche se chi afferma degli argomenti pensa che i contenuti possano creare distanza di qualità con un collega. (Applausi dai Gruppi AN e UDC).
*CALVI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, mi spiace che il collega mi abbia anticipato, dato che avevo già parlato con il senatore Mulas assicurandogli che sarei intervenuto questa mattina appena possibile.
Non entro nel merito di quanto accaduto ieri e della polemica che il collega vuole oggi sollevare per il semplice fatto che, mentre stavo intervenendo nella seduta pomeridiana di ieri, il brusìo e qualcosa di più avevano determinato una vera e propria impossibilità al mio intervento al punto tale che - vorrei ricordarlo al collega - il presidente Pera ha più volte richiamato i senatori dei vostri banchi affinché mi consentissero di proseguire.
TOFANI (AN). È accaduto una volta.
CALVI (DS-U). No, una volta il Presidente ha avanzato un richiamo specifico, più volte ha rivolto un richiamo generale affinché fossero interrotti capannelli e brusìo. Non mi interessa addentrarmi nella questione e non credo sia opportuno riprenderla se non quando dovesse ripetersi.
Voglio dire invece che, poiché si era creato uno stato non dico di tensione ma di polemica e, mentre tentavo di parlare, l'atmosfera si era un po’ surriscaldata - niente di più -, se alcune mie espressioni o alcune mie parole abbiano potuto in qualche modo offendere la sensibilità del collega Mulas, mi scuso con lui e colgo l'occasione per rinnovargli la mia stima e la mia simpatia, augurandomi che la questione, già conclusa a livello personale, possa ritenersi conclusa a livello istituzionale. (Applausi dal Gruppo DS-U).
PRESIDENTE. Credo che questo intervento sia apprezzabile, così come erano legittime le considerazioni del senatore Tofani. Non vi è che da ribadire l'auspicio che, anche quando si svolga un confronto molto serrato, come accade sul tema della riforma dell'ordinamento giudiziario, i toni siamo sempre consoni ai lavori parlamentari e all'Aula del Senato.
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1296-B) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico (Approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati)
(1262) COSSIGA. – Delega al Governo per il decentramento dei servizi della giustizia, per la riorganizzazione degli uffici giudiziari e per l’istituzione dell’assistente legale-giuridico
(2457) MAGNALBO’ ed altri. – Istituzione del ruolo del funzionario giudiziario
(2629) COSSIGA. - Esame per la valutazione della capacità mentale sotto il profilo psichiatrico e della idoneità psicologica a esercitare le funzioni di magistrato dell’ordine giudiziario
(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1296-B, già approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati, 1262, 2457 e 2629.
Ricordo che, ai sensi dell'articolo 104 del Regolamento, oggetto della discussione e delle deliberazioni saranno soltanto le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati, salvo la votazione finale.
Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 1296-B, nel testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati.
Ricordo altresì che nella seduta pomeridiana di ieri ha avuto inizio la votazione degli emendamenti presentati all’articolo 1.
Passiamo alla votazione dell’emendamento 1.1.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, mi unisco alle parole del collega Calvi. È evidente che in un clima surriscaldato come quello di ieri può scappare una parola sferzante, accade anche a me, ma ciò va interpretato in un contesto di contrapposizione politica, giammai personale.
L’aspetto che vorrei però sottolineare, signor Presidente, è che l’esame del provvedimento non è stato ultimato in Commissione. Quindi, il disegno di legge è arrivato direttamente al vaglio dell’Assemblea senza relatore e il dibattito è stato introdotto dal presidente della Commissione, senatore Caruso. E’ oggi presente il ministro Castelli, ma non vedo il presidente Caruso. (Il senatore Caruso entra in Aula). Dal momento che ora è presente, è venuto meno l’elemento che desideravo segnalare.
MACONI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MACONI (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 9,40, è ripresa alle ore 10).
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn.1296-B,1262,2457 e2629
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.1.
Verifica del numero legale
MACONI (DS-U). Chiedo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo nuovamente la seduta per venti minuti.
(la seduta, sospesa alle ore 10,01, è ripresa alle ore 10,21).
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn.1296-B,1262,2457 e2629
PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta.
Passiamo nuovamente alla votazione dell’emendamento 1.1.
Verifica del numero legale
PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 10,23, è ripresa alle ore 10,44).
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn.1296-B,1262,2457 e2629
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, riprendiamo i nostri lavori.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.1.
Verifica del numero legale
PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.1, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.2.
*CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho presentato sull’articolo in esame una serie di emendamenti, dall’1.1 all’1.9, che partono dalla richiesta di soppressione dell’articolo e, via via, propongono la soppressione di vari commi. Non voglio impiegare più tempo del necessario, considerando questi emendamenti non decisivi ai fini dell'esplicitazione della nostra posizione, però una breve considerazione vorrei farla.
Stiamo esaminando l’articolo 1 del provvedimento, nel quale viene disposta la delega. È stato proposto dal Governo un disegno di legge affinché sia concessa una delega per la riforma dell’ordinamento giudiziario; ebbene, qui si pone certamente un problema (Brusìo in Aula). Signor Presidente, ringrazio il senatore Mulas dell’attenzione che mi presta, ma vorrei che anche gli altri colleghi, come sempre, mi seguissero o restassero in silenzio.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di moderare il brusìo.
CALVI (DS-U). Dicevo che si pone un problema sul quale abbiamo discusso un’infinità di volte e su cui dottrina e giurisprudenza si sono confrontate, cioè quello della possibilità di interpretare l’articolo 108 della nostra Costituzione in un modo o nell’altro.
Dice il primo comma dell’articolo 108: "Le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge". Si è a lungo discusso se sia possibile o meno riformare le magistrature o l’ordinamento giudiziario con una legge delega, ma è un argomento ormai superato: il senatore Pastore sa bene, dato che ne abbiamo più volte discusso, che c’è una sentenza della Corte costituzionale che ha messo un punto fermo sulla questione. A questo punto non sto sollevando una questione pregiudiziale di costituzionalità - non lo potrei più fare -, tuttavia vorrei dare legittimazione ad una serie di emendamenti sulla base di considerazioni di ordine giuridico.
Anche ammesso che l’articolo 108 non osti ad una richiesta di delega da parte del Governo per riforme riguardanti le magistrature e l’ordinamento giudiziario, tuttavia nel caso di specie si pone uno specifico problema in merito al quale vorrei che tutti riflettessimo, anche per giustificare e legittimare gli emendamenti da noi presentati.
All’inizio della discussione di questa riforma ho sollevato una questione pregiudiziale di costituzionalità relativa ad una cosiddetta incostituzionalità di impianto. Infatti, se mettiamo a raffronto la riforma ed il Titolo IV della nostra Carta costituzionale vediamo che non è soltanto un segmento della riforma ad apparire di dubbia costituzionalità. Collegando tutti i segmenti, rileviamo un disegno complessivo della riforma che confligge con il disegno costituzionale, così come la commissione Paladin del 1991 aveva indicato.
Ora, in questo caso mi sembra che ciò rafforzi il discorso riguardante la sopprimibilità dell’articolo 1, non soltanto perché c’è un problema relativo all’articolo 108 della Costituzione, ma proprio perché il conflitto che si è creato tra riforma e Costituzione è tale da non riguardare più la singola norma bensì il complesso della riforma, credo dovrebbe essere più correttamente attuata con un legge ordinaria e non già con una legge delega. Questo è il senso vero e profondo dei miei emendamenti, che partono appunto dalla proposta di soppressione dell’articolo 1 alla soppressione di singoli commi. Non ho altro da aggiungere.
Vorrei comunque precisare, per evitare che i singoli emendamenti possano essere oggetto di discussioni assolutamente inutili e, come diceva il collega Bobbio, magari di ostruzionismo costruttivo, che non intendo fare alcun ostruzionismo, ma costruire una legge migliore. Mi fermo qui, ritenendo con queste poche considerazioni di aver svolto una dichiarazione di voto complessiva che legittimerà poi il nostro voto anche su tutti gli altri emendamenti a mia firma che verranno successivamente posti in votazione.
MACONI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MACONI (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 10,52, è ripresa alle ore 11,15).
Presidenza del presidente PERA
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn.1296-B,1262,2457 e2629
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Metto ai voti l'emendamento 1.2, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 1.3, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 1.4, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.5.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, intervengo sul primo di una serie di emendamenti molto simili tra loro.
Siamo in una fase in cui, attraverso gli emendamenti presentati dai colleghi del Gruppo DS, si cerca di intervenire sui criteri direttivi previsti all'articolo 2, i cui commi si riferiscono a diverse materie: i concorsi, la Scuola superiore della magistratura, la formazione, i consigli giudiziari, il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, l'organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, l'organico della Cassazione; inoltre, la materia disciplinare, con particolare riferimento all'organizzazione del procedimento disciplinare e alla previsione delle sanzioni.
Tutto ciò - ricordava il collega Calvi - nella preoccupazione della compatibilità complessiva di questo impianto con i limiti costituzionali vigenti. È stato fatto riferimento all'articolo 108 della Costituzione e conosciamo la sentenza della Corte costituzionale al riguardo.
La domanda che rivolgo a me stesso e che mi permetto di rivolgere al signor Ministro e al Presidente della Commissione giustizia è molto semplice: dobbiamo porci in questa fase (sappiamo che stiamo discutendo una legge delega, anche se con gli emendamenti del Governo verranno introdotte alcune norme cogenti, che entreranno quindi immediatamente in vigore) i problemi di compatibilità costituzionale di una norma come questa?
Pongo questa domanda in modo non retorico, perché il valente collega della maggioranza - per questa ragione mi permetto di rivolgermi al Ministro ed al presidente Caruso - intervenendo nella seduta del 20 ottobre, quando sono state illustrate le questioni pregiudiziali, ha affermato testualmente: "Signor Presidente, mi consenta però di sottolineare che una legge di delega difficilmente può ritenersi incostituzionale, trattandosi di una delega conferita al Governo per emanare un decreto legislativo".
Sono rimasto molto sorpreso di questa affermazione, perché la legge delega, a mio avviso, non si sottrae ai normali controlli e alle verifiche che anche attraverso i nostri emendamenti - come ha spiegato il collega Calvi - cerchiamo di introdurre. Su questo punto, però, qualora vi fosse una giurisprudenza costituzionale di segno opposto, dal Governo, che ieri ha dissertato in maniera compiuta nel merito, e dal Presidente della Commissione giustizia potrebbe venire un chiarimento. Evidentemente, ci sarà una massima della Corte che ci sfugge, che sottrae alla verifica di costituzionalità tutte le norme comportanti delega perché un Governo così illuminato ha la facoltà, nell'esercizio della delega, di evitare conflitti di questo tipo.
Ciò non mi risulta, ma sarei particolarmente grato al Ministro ed al Presidente della Commissione giustizia se questo dubbio fosse in qualche modo risolto.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.5, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.6.
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, l'emendamento 1.6 prevede la soppressione dei princìpi, di cui al comma 4 dell'articolo 2, relativi alla riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero.
Signor Ministro, la riforma dell'ufficio del pubblico ministero non consiste nel riorganizzare in modo rigidamente gerarchico, prussiano, militaresco tale ufficio, il che darà luogo ad inefficienza e scarsa velocità delle decisioni perché in ogni momento si dovrà attendere il parere del capo.
La vera riforma di straordinaria importanza, che sarebbe stata assolutamente condivisa e che il Governo non ha neppure accennato, sarebbe stata una riforma che fissasse finalmente criteri di responsabilità rispetto alla discrezionalità dell'ufficio del pubblico ministero. Intendo riferirmi, in particolare, alla libertà di scelta di tempo e di mezzi nell'esercizio obbligatorio dell'azione penale. Constatiamo che esistono talora abusi rispetto all'esercizio dell'azione penale: ci sono fascicoli che dormono per anni, decisioni in materia di libertà che, pur riparate poi nella sede giudiziaria, gridano vendetta e lasciano un danno irreparabile.
Non parlare del vero problema dell'esercizio dell'azione penale, limitandosi - mi si perdoni l'abbreviazione ma il diminutivo rende il concetto - a varare normette che non servono a nulla se non ad imbrigliare l'azione della procura della Repubblica, è una lacuna profonda e grave.
Per questa ragione voterò la soppressione delle norme relative alla riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero che, nonostante il pomposo titolo, non riorganizzano alcunché e lasciano impregiudicato il vero problema, ossia la responsabilità del pubblico ministero, che non implica una limitazione dell'indipendenza dello stesso.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.6, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 1.7, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 1.8, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 1.9, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.10.
FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, la lettera g) del comma 1 dell’articolo 1, di cui proponiamo la soppressione, rappresenta una novità emersa nel dibattito svolto presso la Camera dei deputati ed è una norma trappola per il Governo stesso. Infatti, tale lettera stabilisce che il Governo è delegato a "prevedere forme di pubblicità degli incarichi extragiudiziari conferiti ai magistrati di ogni ordine e grado".
Non ho obiezioni da sollevare al riguardo se non una, e cioè che nel corpo della norma non esiste alcuna disposizione attuativa di questo che è un semplice indice di quanto il Governo delegato dovrà attuare. Non esiste, quindi, nessun principio o criterio direttivo cui dovrà ispirarsi la delega, che in via generale è enunciata in questo primo articolo.
Conseguentemente, il Governo, a mio avviso, non ha che tre strade davanti a sé: o accogliere l’emendamento soppressivo e rinviare ad altra sede una normativa per la quale la delega non offre alcun criterio, oppure accogliere l’emendamento 1.11, presentato dal senatore Maritati (sul quale, a breve, il collega si soffermerà), in cui in effetti è previsto quanto è necessario fare; infine, se vogliamo (ma è una tesi assolutamente subordinata), si può accogliere l’emendamento 2.366 di chi vi parla, il cui contenuto è affine a questo, che ci limita a dare direttive effettive.
Quello che il Governo non può fare è affrontare la materia sulla base soltanto di questa indicazione, giacché qualsiasi disposizione emanasse sarebbe suscettibile di essere censurata per non conformità ad un criterio per la ragione oggettiva che il criterio non c’è.
Caldeggio quindi l’approvazione dell’emendamento 1.10 o, comunque, l’attenzione del Governo sulle proposte di modifica che ho testé menzionato.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, condivido sostanzialmente l’intervento del collega Fassone. Il problema da segnalare è che per questa previsione specifica introdotta dalla Camera dei deputati alla lettera g) del comma 1 mancano i criteri direttivi. Dico subito con grande chiarezza che questa previsione, signor Ministro, è fra le novità che mi sento di condividere, ma vorrei che fosse effettivamente integrata e assistita da criteri direttivi.
Parlo di integrazione perché a mio avviso non basta soltanto prevedere forme di pubblicità, ma è necessario introdurre altresì una limitazione degli incarichi extragiudiziari conferiti ai magistrati (integrazione della specificità). Inoltre, proprio per esercitare compiutamente la delega, occorre sostenere criteri direttivi ai quali il Governo dovrà ispirarsi per rendere poi cogente questa previsione astratta.
In tal senso, le strade sono quelle suggerite dal collega Fassone: o approvare il suo emendamento che prevede criteri direttivi, e quindi fornisce la indicazione di percorso obbligatorio in base alla Costituzione, onde fare in modo che questa previsione diventi una norma recettiva, oppure ragionare degli emendamenti che verranno presi in esame successivamente.
Quello che penso comunque di dover chiedere è che accanto alle forme di pubblicità degli incarichi extragiudiziari conferiti ai magistrati sia prevista anche una qualche limitazione di tali incarichi che comunque allontanano e sottraggono dal suo impegno ordinario il magistrato, il quale, in questo caso, svolge compiti che appartengono ad una sfera molto più vicina al privato che non a quella dell’esercizio di una funzione pubblica.
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, questa è un'altra occasione mancata per fare una riforma, che sarebbe stata accolta da tutti. La limitazione degli incarichi extragiudiziari è un problema che da decenni giace sul tappeto della discussione in materia giudiziaria.
Il fatto di prevedere - come dice la vostra normativa - soltanto una forma di pubblicità degli incarichi extragiudiziari è, signor Ministro, come mettere un panno caldo sulla testa di una persona che ha una temperatura di 41 gradi.
Ministro Castelli, non si può affermare che siamo schierati da una parte o dall'altra rispetto alla problematica che investe la magistratura. Il problema degli incarichi extragiudiziari desta preoccupazione da decenni. Se vuole, uso la seguente espressione: sono una sconcezza dell'attività della magistratura. Infatti, dire che un magistrato può essere arbitro, come è successo, in una vicenda concernente un ente pubblico ed una società privata, dal momento che egli svolge detta attività nella medesima città, è come affermare che sostanzialmente egli presta un’opera che si pone in evidente conflitto di interessi con la funzione di magistrato.
Si doveva prendere una decisione enormemente più coraggiosa, laddove questa riforma è assai timida su alcuni punti essenziali che avrebbero richiesto - lo ripeto - un maggior coraggio.
Per inciso, signor Ministro, non è vero quanto lei ha affermato, ossia che ha fatto entrare gli avvocati nei consigli giudiziari. Non è vero. Gli avvocati sono fuori dalla porta ed è per grazia di Dio se riescono a vedere dal buco della serratura. Signor Ministro, lei fa affermazioni che non corrispondono alla realtà normativa e lo vedremo poi con la riforma dei consigli giudiziari.
Proseguendo in materia di incarichi extragiudiziari, chiedo come farà il cittadino a vedere quella pubblicità che avete previsto si deve fare in materia di incarichi extragiudiziari. Forse la pubblicheranno sul FAL o la attaccheranno sulle porte del Duomo di Magonza, ma è una scelta veramente priva di qualsiasi razionalità.
Prevedendo soltanto detta pubblicità, si finisce per dare un avallo agli incarichi extragiudiziari. La nostra tesi, che non è di oggi ma di vent'anni fa, è che gli incarichi extragiudiziari, ad eccezione di quelli per legge o di studio o di attività didattica, debbono cessare insieme a quelli sportivi.
Se questo è il principio, non ci possiamo certamente accontentare della previsione di legge della mera pubblicità per gli incarichi extragiudiziari. Chiediamo quindi la soppressione di una norma che non affronta il problema, ma finisce in sostanza per avallare un qualcosa che noi contrastiamo, ossia la possibilità che i giudici perdano - qui sì - il loro tempo sottraendolo ai loro doveri di ufficio.
PETRINI (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETRINI (Mar-DL-U). Signor Presidente, chiedo la verifica del numero legale.
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.10, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.11.
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, l’emendamento 1.11 riguarda la richiesta di una limitazione degli incarichi che tenga conto del principio di imparzialità, che deve sempre dimostrare il giudice, e del buon andamento dell’amministrazione della giustizia; il che significa che il magistrato deve essere presente nel proprio ufficio per ricevere il pubblico, gli avvocati ed anche i cittadini.
Tenendo conto che la definizione del processo penale è quella di una contesa del cittadino contro la pretesa pubblica punitiva e avendo riguardo a questi due risultati (l’imparzialità e il buon andamento dell’amministrazione della giustizia), certamente tutti gli incarichi che prevedono il magistrato arbitro in una vertenza tra un ente pubblico e il privato possono far sorgere il dubbio che non sia cosa semplice per il cittadino avere ingresso, audizione o ragione da questo magistrato che, invece, nell’incarico extragiudiziale potrebbe schierarsi con il pubblico.
Per queste ragioni, credo che una saggia e opportuna limitazione degli incarichi extragiudiziari, che tenga conto di questi criteri, è ciò che ci saremmo aspettati da una qualsivoglia riforma degna di questo nome; al contrario, per l’ennesima volta rappresenta, invece, un’occasione mancata in modo gravissimo dal disegno di legge in discussione.
MARITATI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARITATI (DS-U). Signor Presidente, mi accingo a sostenere l’emendamento 1.11, sia pure con scarsa fiducia, atteso l’esito della votazione precedente. Ripongo, però, sempre grande fiducia nella sensibilità dei colleghi, che dovrebbero rendersi conto di cosa si sta per votare.
Il Ministro è molto attento a questo tipo di discussioni e sa bene di cosa parliamo. Vorrei ricordare all’Assemblea che gli incarichi extragiudiziari sono uno strumento il cui potenziale di condizionamento e corruzione nei confronti dei magistrati è fuori discussione. Il dibattito sugli incarichi extragiudiziari va avanti nel Paese da decenni.
Ebbene, il Ministro ricorderà, perché molto attento - come ricordavo poc’anzi - a queste vicende, che l’Associazione nazionale magistrati - la famigerata Associazione - da almeno dieci anni si è data un’autoregolazione ed ha escluso la possibilità per i magistrati - se non in casi del tutto eccezionali - di accettare incarichi extragiudiziari. Vi è una predisposizione, un impegno da parte della magistratura a far sì che si escluda la possibilità che i magistrati siano distolti dal loro principale incarico e che ricevano incarichi extragiudiziari.
I colleghi che mi hanno preceduto hanno spiegato cosa significa commissione tributaria (anche se su questo potremmo sorvolare), giustizia sportiva, commissione d’esame, contratti con università, commissioni per procedimenti disciplinari presso enti locali, commissione per il conferimento di appalti nelle aree terremotate della Campania. (Brusìo in Aula).
Signor Presidente, il Ministro è distratto in una situazione così delicata; gradirei, invece, che almeno lui ascoltasse gli interventi.
PRESIDENTE. Ho già provato una volta. Signor Ministro, sarebbe opportuno che lei non si facesse circondare, in modo che possa ascoltare gli interventi dei colleghi.
MARITATI (DS-U). Come dicevo, signor Ministro, vi sono stati incarichi extragiudiziari anche per appalti nelle aree terremotate della Campania, come vi sono stati i famigerati arbitrati (questi sì, famigerati).
Ebbene, vi presentate con una riforma in cui è scritto semplicemente che è necessario prevedere forme di pubblicità per gli incarichi extragiudiziari conferiti per ogni ordine e grado. Colleghi della maggioranza, questa pubblicità è già prevista.
Cosa significa questo? Soltanto che intendete legittimare una forma di condizionamento della magistratura. Ma non eravate partiti dall’idea, sbandierata nelle ultime ore e anche nelle discussioni in televisione, di voler dare all’Italia un assetto dell’amministrazione della giustizia più corretto e più conforme alle esigenze del popolo italiano? Vi sembra, questo, coerente con ciò che andate sbandierando nel Paese? Legittimare gli incarichi extragiudiziari significa ridurre la possibilità che il magistrato si dedichi alla propria attività e sia sottratto ad ogni forma di condizionamento.
È un’occasione che non dovreste perdere, a meno che non vogliate offrire ancora una volta la prova che - voi dite - volete una magistratura più efficiente, più capace, più all’altezza della situazione e del compito che oggi si impone e continuare ad avere la possibilità - questo è un dubbio che mi resta - di attaccare ad ogni piè sospinto questo o quel magistrato che riceverà questo o quell’incarico.
Credo non vi sia alcuna ragione logica né giuridica perché non dobbiate votare l’emendamento 1.11. Vi chiediamo di cancellare dal nostro ordinamento la possibilità che ai magistrati siano conferiti incarichi retribuiti con somme eccessive, incarichi extragiudiziari che non è giusto che accettino, eseguano e svolgano. Non esiste alcuna motivazione. Aspetto che il Ministro - o quanti di voi vogliano rispondere al mio appello - ci dia prova della bontà di una previsione di tal genere.
Per questi motivi chiediamo sull’emendamento 1.11 una convergenza.
CASTELLI, ministro della giustizia. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, la questione è assolutamente rilevante. Ritengo sarebbe stato meglio porla in Commissione.
MARITATI (DS-U). La questione è stata posta e riproposta.
CASTELLI, ministro della giustizia. Si vede che non ero presente e mi dispiace.
Soprattutto, sarebbe stato meglio porla in prima o seconda lettura e non adesso che i tempi sono ristretti. Una proposta di tal genere, fatta prima, avrebbe eliminato ogni fumus legato ad una possibile volontà di allungare i tempi dell’esame del provvedimento.
BRUTTI Massimo (DS-U). Questa norma non c’era ed è stata aggiunta dopo.
CASTELLI, ministro della giustizia. Però, credo che la questione sia assolutamente rilevante e degna di attenzione; non è una proposta sulla quale si può decidere in pochi minuti. Pertanto, chiedo di accantonare l’emendamento 1.11 per poterlo valutare meglio, anche al fine di un confronto positivo e dialogante con l’opposizione, come abbiamo sempre dichiarato, e per verificare quale possa essere il modo per affrontare la materia.
Ripeto, se il problema fosse stato sollevato in prima lettura qui in Senato, sicuramente sarebbe stato più positivo; riconosco, però, che il tema è assolutamente rilevante, per cui, accantonando l’emendamento 1.11, forse riusciremo a meditarlo meglio.
GUBERT (UDC). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GUBERT (UDC). Signor Presidente, sono lieto delle dichiarazioni del Ministro e vorrei aggiungere la mia firma agli emendamenti 1.11, 1.12 e 1.13.
PRESIDENTE. Non facendosi osservazioni, i restanti emendamenti presentati alla lettera g) sono accantonati.
Ricordo che l’emendamento 1.503 è improponibile.
Passiamo alla votazione della prima dell'emendamento 1.14.
LEGNINI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LEGNINI (DS-U). Signor Presidente, nel corso della discussione generale abbiamo già denunciato il fatto che il disegno di legge in esame non incide in alcun modo sul recupero di efficienza del sistema della giustizia. Le poche norme migliorative del funzionamento della macchina giudiziaria italiana che erano state introdotte sono state espunte dalla Camera dei deputati.
Una di queste era il vecchio testo dell’articolo 9, che prevedeva l’istituzione dell’ufficio del giudice, con l’introduzione della figura dell’ausiliario del giudice. Tale norma è stata soppressa dalla Camera dei deputati; l’emendamento 1.14 tende invece a ripristinare questa importante innovazione per il sistema giudiziario.
In sostanza, si prevede che il giudice venga munito di una figura di ausiliario con il compito di provvedere a quelle incombenze quotidiane cui molte volte il giudice non riesce ad assolvere e che sono puntualmente ed esattamente elencate nell’articolato.
Ieri il ministro Castelli rivendicava, con argomenti per la verità mai ascoltati prima d’ora, un certo recupero di efficienza della macchina giudiziaria italiana. Però, sia il Ministro che voi della maggioranza dovete convenire sul fatto che tale recupero di efficienza, se e nella misura in cui è avvenuto, è attribuibile in gran parte alle importanti riforme introdotte dal centro-sinistra negli anni passati: la massiccia introduzione di quote di magistratura ordinaria, il giudice di pace, le sezioni stralcio, i sostituti procuratori onorari e via dicendo.
Non si può non rilevare, comunque, che la riduzione dei tempi di definizione dei processi è ancora insufficiente: sappiamo tutti, signor Presidente, che la Corte di giustizia europea continua, in modo ormai reiterato, a condannare il nostro Paese per l’irragionevole durata dei processi.
Credo che tutti noi, e voi in particolare, abbiamo idea di come lavorano i giudici italiani, costretti quotidianamente, come sono molti di loro, ad incombenze sostanzialmente materiali ed esecutive quali quelle di ricerca di giurisprudenza, di dottrina o anche di citazione dei testi e quant’altro.
La norma in esame tende a dare un aiuto al lavoro quotidiano dei giudici, per fare in modo che le sentenze non vengano pubblicate a distanza di anni dalla chiusura delle istruttorie. Essa, inoltre, dà una risposta professionale interessante a 2.200 giovani laureati in giurisprudenza, consentendo loro di fare un’esperienza preziosa. È supportabile finanziariamente: abbiamo proposto, infatti, l’introduzione di un’imposta del 3 per cento sulla massa attiva fallimentare dei processi fallimentari chiusi durante ogni esercizio, norma peraltro già contenuta, sia pure con un’aliquota ridotta, nel disegno di legge di riforma del diritto fallimentare che pende in Commissione giustizia.
Si tratta, dunque, di una norma ragionevole, che avete già votato; se vi è, come è stato confermato da ultimo dal Ministro, una volontà di dialogo, vi chiediamo di darne prova anche su questo emendamento.
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, per dare a Cesare quel che è di Cesare va detto che questo è, in effetti, un emendamento presentato in Commissione giustizia dal presidente Caruso.
Voi, come Saturno, mangiate i vostri figli, che sono i vostri emendamenti (Commenti dal Gruppo LP). Li mangiate perché non stanziate fondi sufficienti per l’amministrazione della giustizia. Riprendendo l’esattissimo discorso sull’efficienza del collega che mi ha preceduto, è inutile che si discuta, ieri in termini elogiativi e l’altro ieri in termini spregiativi, dell’attività giudiziaria: se il signor Ministro vorrà venire (magari accompagnato dal senatore Bobbio che con lui in questo momento sta parlando) a visitare il tribunale di Torino, constaterà che dopo le ore 13,30 non c’è più una sezione che lavori, non perché sono degli sfaticati, ma perché nei processi occorrono obbligatoriamente il cancelliere e l’ufficiale giudiziario.
Ciò significa che la giornata lavorativa termina alle ore 13,30, signor Ministro, e che purtroppo si lavora per cinque giorni la settimana (prima andavo in pretura sino al sabato alle ore 14, ma adesso non ci sono più soldi per tenere udienze in quella giornata). Chiederei allora a lei, signor Ministro, di prevedere finanziamenti per questo assistente del giudice, che è una vostra idea, e di cercare di costruire l’efficienza dell’amministrazione giustizia: quell’efficienza che voi volete a parole, ma non nei fatti.
Riferendomi poi all’inciso di ieri del Ministro, vorrei rilevare, circa le tot sentenze nel settore civile e le tot sentenze nel settore penale, come queste siano la prova provata che i magistrati italiani, maltrattati, diffamati ed ingiuriati (non voglio cominciare a fare l’elenco, dal Presidente del Consiglio in giù, delle ingiurie e delle diffamazioni che stanno ricevendo in questo periodo storico), nella massima parte continuano, nell’assenza di mezzi e nel disprezzo che voi riservate loro, a fare il loro dovere da fedeli servitori dello Stato.
Signor Ministro, sono contento che lei per la prima volta abbia dato atto di ciò in questa seduta del Senato; mi sembra un segnale di speranza e di fiducia per i magistrati, che operano in condizioni talmente difficili da farne degli avamposti di giustizia in un Paese che non dà loro i mezzi per svolgere il loro dovere e con un Governo ed una maggioranza che li degnano soltanto di male parole.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, vorrei intervenire sull'emendamento 1.14, visto che quello successivo ne ricalca l’impostazione.
Credo doveroso riportare in questa sede il consenso che si era registrato in Commissione nel corso dell’esame in prima lettura sull’istituzione dell’ausiliario del giudice, cioè di quello che veniva definito l’ufficio del giudice. Si era registrato un ampio consenso intorno ad una proposta che da tempo era sorta in seno alla magistratura e che poi il presidente della 2a Commissione, senatore Antonino Caruso, aveva fatto propria dal punto di vista formale.
Credo che le considerazioni fatte sino a questo momento siano fortemente legate all’esperienza che la nostra magistratura ha maturato e alle riflessioni che ha avanzato sull’uso ottimale del tempo di lavoro e sulla possibilità di individuare forme organizzative che aiutino a svolgere i processi più velocemente, dedicando anche a provvedimenti particolarmente delicati tutta l’attenzione necessaria, acquisendo preventivamente informazioni, anche di tipo dottrinario, attraverso l’aiuto di un collaboratore di adeguato livello.
L’istituzione dell’ufficio del giudice consente una migliore organizzazione del lavoro, visto che è di questo che stiamo parlando. Il Ministro ieri ha voluto ricordare come il provvedimento al nostro esame riguardi l’ordinamento giudiziario e non la giustizia, anche se, aggiungo io, molto spesso viene venduto all’esterno come la riforma della giustizia.
Dunque, depuriamo della dimensione propagandistica tale provvedimento e riportiamolo alla sua natura specifica di provvedimento sull’organizzazione della magistratura; questo dovrebbe essere uno dei punti cruciali, cioè un’ideazione diversa rispetto alla sua storia, alla storia della magistratura e del suo modo di operare.
Non mi sembra, poi, che con tale provvedimento abbiamo particolarmente vincolato il Governo in termini finanziari, perché non si tratta di assegnare ad ogni magistrato un ausiliario, non si tratta di aggiungere ad ogni magistrato un collaboratore di qualità: si tratta di prevedere dei punti di riferimento all’interno degli uffici giudiziari che consentano di espletare un lavoro faticoso e che richiede competenze.
È un lavoro che riesce ad assorbire tutta l’attività del giudice fino al punto in cui squisitamente svolge la sua funzione, con il caso che viene istruito e con i riferimenti alle sentenze della Cassazione, alle circolari del CSM, e alla giurisprudenza più significativa - che vengono acquisiti senza far compiere al magistrato tutto uno sforzo di ricerca - sulla base dei quali il giudice può poi delibare.
Mi sembra che questo provvedimento sia da auspicare. Non farò, quindi, una demagogia che può essere abbastanza facile nell’individuare i capitoli di spesa che comunque il Governo pensa di implementare rispetto alla scelta compiuta di non rafforzare l’azione della magistratura e la qualità della giustizia nel Paese.
Mi fermo a questa considerazione: il provvedimento è stato sottoscritto con ampio consenso all’interno della Commissione, poi è stato trasferito alla Camera dei deputati, che ha pensato, evidentemente sulla base di riflessioni condotte d’intesa con il Governo (non penso che quel ramo del Parlamento abbia agito senza sentire l’Esecutivo), di cancellarlo.
Noi proponiamo, dunque, di reintrodurlo, proprio in vista di questo obiettivo che non riguarda le vicende interne alla magistratura e gli attriti interni alla corporazione, ma la possibilità di far funzionare la giustizia, attraverso l’organizzazione degli uffici giudiziari della magistratura, in modo più celere e qualitativamente più alto. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).
PRESIDENTE. Metto ai voti la prima parte dell’emendamento 1.14, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori, fino alle parole "criteri direttivi".
Non è approvata.
Risultano pertanto preclusi la restante parte dell’emendamento 1.14 e l’emendamento 1.15.
Metto ai voti l'emendamento 1.16, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 1.17, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti la prima parte dell’emendamento 1.18, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori, fino alle parole "con la parola".
Non è approvata.
Risultano pertanto preclusi la restante parte dell’emendamento 1.18 e gli emendamenti 1.19 e 1.20.
Metto ai voti l'emendamento 1.22, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti la prima parte dell’emendamento 1.23, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori, fino alle parole "con la parola".
Non è approvata.
Risultano pertanto preclusi la restante parte dell’emendamento 1.23 e gli emendamenti 1.24, 1.26 e 1.21.
Metto ai voti l'emendamento 1.28, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 1.29, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Ricordo che l’emendamento 1.504 è improponibile.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.30.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, l’emendamento 1.30 impone che gli schemi di decreti legislativi vengano affiancati da un parere del Consiglio superiore della magistratura, che deve pronunciarsi entro novanta giorni dalla richiesta del Ministro della giustizia.
Ci sembra doveroso che un organo di rilievo costituzionale, di autogoverno della magistratura, esprima un parere sui decreti legislativi; in tal modo, ferme restando le autonomie del Parlamento e del Governo, il primo organo di rilevanza costituzionale interessato al contenuto di tali decreti può godere di un’attenzione che ritengo sia dovuta in una situazione non di conflitto tra gli organi costituzionali, ma di reciproco fair play e rispetto.
Non è nulla di vincolante, ma pensiamo che tale parere debba essere sollecitato, anche perché gli stessi decreti legislativi vengano scritti - questo è lo spirito sotteso, anche se non dichiarato, dell’emendamento - non per rompere con il Consiglio superiore della magistratura o con l’Associazione nazionale magistrati (non sono la stessa cosa, ma spesso le parole che ascoltiamo in Commissione e in Aula tendono ad accomunarli), bensì per instaurare un rapporto di proficua collaborazione.
Questo è lo spirito dell’emendamento 1.30, sul quale chiedo la verifica del numero legale, pregando dodici colleghi di sostenere la mia richiesta.
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.30, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 1.31.
*CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, anche in questa occasione vorrei fare una considerazione di ordine generale.
Come certamente lei avrà colto, e spero che anche i colleghi avranno colto e immagino potuto apprezzare, non ho illustrato i miei emendamenti dall'1.16 all'1.29 per il semplice fatto che erano attinenti ad una questione di tempi necessari alla redazione del disegno di legge e naturalmente, a scalare, indicavano una serie di scadenze successive.
La ragione era assai semplice: nel momento in cui questa legge dovrà divenire efficace, credo che mai - e immagino che il Ministro ne sarà consapevole - potrà essere resa efficace nell'arco di tre o di sei mesi; siamo partiti addirittura da un anno, per poi scendere, proprio perché riteniamo materialmente impossibile dare attuazione al provvedimento. Penso soltanto ai concorsi, al reperimento dei professionisti che dovranno partecipare agli esami per la prova psico-attitudinale. Credo sarà veramente una difficoltà per il Governo far sì che questa legge sia attuata: una volta approvata la sua attuazione, la sua esecuzione richiederà sicuramente più tempo. Avete, però, respinto questi emendamenti.
Ora si pone un altro problema, che riguarda un momento anteriore, cioè i tempi necessari affinché il Parlamento e il Consiglio superiore della magistratura abbiano la possibilità di esprimere i loro pareri. Vedete, colleghi, il CSM è già intervenuto più volte perché il Ministro è stato obbligato per legge a inviare al Consiglio ogniqualvolta vi è stata una modifica per i suoi pareri. In Commissione giustizia abbiamo letto e abbiamo tenuto conto nella misura in cui ciascuno di noi era interessato e aveva volontà di tenerne conto.
A questo punto, però, si pone un problema successivo, e cioè le Commissioni giustizia di Camera e Senato dovranno esprimere i loro pareri, che non sono vincolanti ma certamente in una legge delega hanno un loro rilievo specifico di grande spessore, perché costituiscono l'integrazione necessaria del delegante rispetto a quello che il delegato dovrà fare. Una volta che il Ministero avrà redatto il disegno di legge nella sua completezza, il nostro parere certamente potrà in qualche modo consentire correzioni, o successive norme, qualora esso potrà apparire più o meno coerente con la delega ricevuta o con gli interessi complessivi.
Questo è il senso degli emendamenti al nostro esame: dare un tempo più congruo affinché il Parlamento possa esercitare le sue funzioni e il Governo possa ricevere quelle sollecitazioni o quelle indicazioni affinché la legge possa essere strutturata nel modo più efficace e nell'interesse più generale del Paese.
PRESIDENTE. Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 1.31, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori, fino alle parole "con la seguente".
Non è approvata.
Risultano pertanto preclusi la restante parte dell'emendamento 1.31 e gli emendamenti 1.32 e 1.33.
Metto ai voti l'emendamento 1.34, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.35.
AYALA (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
AYALA (DS-U). Signor Presidente, l'emendamento 1.34 fa riferimento alla necessità che intervenga un parere del Consiglio superiore della magistratura. Devo confessare di avere il dubbio che ciò sia già previsto, ma è uno di quei tanti casi in cui la mia nota ignoranza in materia non mi assiste e non mi consente di disporre di certezze. Può darsi che gli schemi di decreti delegati giungano al CSM per un atto di cortesia istituzionale e che non vi sia alcuna norma che imponga ciò; in tal caso essa interverrebbe, a mio parere, opportunamente e sensatamente.
Si tratta peraltro di un parere non vincolante e si deve anche tenere presente il fatto che sul disegno di legge di cui attualmente ci occupiamo il parere del Consiglio superiore della magistratura doveva essere richiesto. È stato richiesto, lo si può condividere o no ed è altra questione, ma è comunque intervenuto. Suona dunque come una frattura il fatto che sugli schemi dei decreti delegati questo parere non intervenga.
Utilizzo questo intervento anche come escamotage per dire due parole - la pazienza e la cortesia del Presidente sono quasi smisurate e non voglio esagerare nell'approfittarne - sugli emendamenti che abbiamo accantonato, perché non mi è stato possibile, per ragioni di tecnica parlamentare, intervenire in quel momento.
Ieri, pur dissentendo e non condividendone molti aspetti, ho apprezzato molto l'intervento del ministro Castelli perché è sicuramente animato, in perfetta buona fede, dalla volontà di conseguire un risultato, cioè quello di avere una magistratura più moderna, più in sintonia con i tempi e più efficiente. Condivido queste parole più o meno testuali del Ministro, a mio parere però il percorso scelto dal Governo e dalla maggioranza non può condurre correttamente al conseguimento di tale risultato. Se sull'obiettivo siamo tutti d'accordo, allora, Presidente, non c'è dubbio che la trasparenza è una precondizione di una magistratura che vogliamo più moderna, più in sintonia con i tempi e più efficiente.
Se ciò è vero - e so da una conversazione privata che il ministro Castelli almeno su questo punto è perfettamente d'accordo - la questione degli incarichi extra giudiziari diventa uno dei temi decisivi nell'approccio che abbiamo con questo lungo disegno di legge. Secondo me, che ho fatto quel mestiere e lo conosco dall'interno, il magistrato deve fare il magistrato. Ha scelto quel mestiere prima di vincere il concorso e deve vivere del suo stipendio perché alcuni incarichi extra giudiziari, non tutti naturalmente, prevedono compensi che creano molti scompensi all'interno di quel mondo. Chiedo scusa di aver colto l'occasione per trattare un argomento estraneo all'emendamento, ma nei limiti del possibile l'accoglimento della proposta da parte del Governo sarebbe positivo anche per il ministro Castelli.
PRESIDENTE. Lei, senatore Ayala, mi riporta ai tempi della nostra giovinezza.
Verifica del numero legale
PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.35, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.36.
CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, l’emendamento 1.36, che apparentemente sembra un inciso di completamento della norma, richiama tuttavia il tema, già affrontato nel corso della discussione generale, del rapporto fra legge delega (e, quindi, tra il potere del Governo di porre mano ai decreti legislativi) e Parlamento, con specifico riferimento alla cosiddetta riserva rafforzata di legge, che nella materia dell’ordinamento giudiziario è prevista direttamente dalla Costituzione.
In questo caso, ai proponenti è sembrato - dato, questo, difficilmente discutibile - che oltre al meccanismo del parere cosiddetto definitivo, del doppio parere, che comunque rafforza il potere del Parlamento per il tramite delle Commissioni, debba essere introdotta anche la nozione di parere vincolante, in quanto, come già ricordato, la materia specifica richiede un rapporto diretto tra Parlamento e Governo e quest’ultimo non può spogliarsi di ogni rapporto e relazione con il Parlamento solo attraverso i princìpi generali della legge delega. Infatti, tra l’altro, non esistono norme in questa materia che possano essere considerate di mero dettaglio e che quindi come tali non debbano subire un filtro ulteriore di valutazione del Parlamento.
Per queste ragioni, mi permetto di raccomandare l’approvazione dell’emendamento 1.36. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.36, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.37.
*CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, l’emendamento 1.37 prevede la soppressione del comma 6 dell’articolo in esame. Tale comma stabilisce che il Governo: "entro due anni dalla data di acquisto di efficacia di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1, può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei princìpi e dei criteri di cui all’articolo 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7".
Ritengo francamente ingannevole, o comunque inutile, questa norma, perché stiamo discutendo una legge delega nell’ambito della quale il delegante - ossia il Parlamento - fornisce indicazioni su come il Governo deve attuare la delega stessa; a questo punto, affermare che il Governo entro due anni può modificare quanto ha fatto sulla base della delega concessagli dal Parlamento, seguendo i criteri della stessa, francamente mi sembra assolutamente contraddittorio. Il Governo, infatti, non è libero di prendere iniziative esterne alla delega, ma all’interno di essa deve misurarsi con la delega medesima. Se deve integrarla o modificarla, è chiaro che dovrà uscire dalla delega, che, peraltro, è una delega molto stretta, o meglio, talmente ampia nella sua indicazione che difficilmente si può ritenere che il Governo possa intervenire, eccependo difficoltà ad integrare la delega stessa.
Allora delle due l’una (ed è questa la mia considerazione): o questa norma è inutile, oppure, se non lo è, ovviamente nasconde o permette forme di intervento a mio avviso assolutamente non consentite.
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Il comma 6 dell’articolo in esame, signor Presidente e signori Ministri, è un capolavoro, in quanto è una contraddizione in termini rispetto al principio costituzionale della delega.
Infatti, non si può correggere una delega nel rispetto dei princìpi, giacché la delega deve essere certa, specifica ed univoca. Questa è una violazione del principio della legislazione che concerne Governo e Parlamento. Se il Governo corregge, significa che non ha rispettato i principi della delega.
Volete una delega molto ampia, tale per cui la violazione dei princìpi di univocità e certezza della delega stessa vanno a farsi benedire, e questo passi, per un malvezzo parlamentare di rilasciare cambiali in bianco e senza data al Governo. Ma se poi volete anche correggere, significa anche che ammettete - per così dire - sforamenti rispetto ai princìpi della delega.
A questo punto, allora, consentiteci di dire che rifiutiamo di consegnare questa ruota di scorta alla macchina del Governo.
CASTELLI, ministro della giustizia. È la prassi codificata.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.37.
Verifica del numero legale
MACONI (DS-U). Chiedo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 12,15, è ripresa alle ore 12,36).
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn.1296-B,1262,2457 e2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.37.
Verifica del numero legale
MACONI (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.37, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Essendo stati accantonati gli emendamenti 1.11, 1.12 e 1.13 e conseguentemente l’articolo 1, passiamo all'esame dell'articolo 2, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
*CALVI (DS-U). Signor Presidente, ho presentato numerosissimi emendamenti all’articolo 2, che ritengo il cuore della riforma, dal momento che tutto è lì contenuto. Per non abusare dell’ascolto da parte dei colleghi, e per il tempo limitato a mia disposizione, vorrei fare soltanto alcune considerazioni generali che secondo me possono consentire un confronto leale e costruttivo qui in Parlamento, come questa sede impone. Dobbiamo essere molto rispettosi di tale finalità, partendo da un dato negativo per poi riaffermare questo concetto positivo.
Questa mattina ho avuto occasione di leggere un’intervista al Ministro, il quale ovviamente può esprimere le sue posizioni politiche e anche giuridico-culturali con la massima libertà; però, credo ci sia un limite oltre il quale sia difficile andare per il tema che stiamo discutendo. Il Ministro afferma che, se la sinistra dovesse continuare con atteggiamenti ostruzionistici, "noi saremmo costretti a ripensare la nostra posizione che oggi è di massima apertura al dibattito". No, non è così: non ci sono la massima apertura al dibattito e l’atteggiamento ostruzionistico da parte nostra, perché se è così il dialogo non c’è più. La verità è che stamattina abbiamo dato prova - vi sono stati alcuni segnali, chi vuole capire capisce - che si può dialogare, ci si può confrontare e si può verificare se è possibile fare dei passi avanti.
In secondo luogo, il Ministro non può assolutamente dire che non ha visto proposte alternative; al contrario, ha assistito a critiche ai limiti dell’insulto. Abbiamo presentato i nostri emendamenti, abbiamo presentato un disegno alternativo che si è concretato in un numero non eccessivo ma significativo di emendamenti che vogliamo illustrare. Se è così, non è consentito dire che vogliamo fare ostruzionismo, non è consentito dire che da una parte c’è la massima disponibilità e dall’altra una chiusura e non è vero che non abbiamo fatto proposte ma abbiamo pronunciato solo insulti. Noi non insultiamo e abbiamo avanzato proposte.
Detto questo, credo che possiamo continuare serenamente il nostro lavoro, come sempre abbiamo fatto, in Commissione e in Aula, anche nei momenti più difficili di questa legislatura, e verificare se è possibile, con il contributo dell’opposizione, migliorare una legge che, a nostro avviso, è pessima ma migliorabile, come tutte le cose pessime.
L’articolo 2 - dicevo - è un po’ il cuore della riforma. Affronterò in termini generali alcuni punti; poi, altri colleghi cofirmatari dei miei emendamenti ne illustreranno altri. Vorrei innanzitutto richiamarmi al testo scritto che ho predisposto per la discussione generale, proprio perché ho voluto lasciare per iscritto, e non affidarla alla parola, una riflessione generale sul disegno di legge in esame e sulla riforma che ritengo essenziale per il funzionamento della giustizia.
La riforma la vogliamo e deve essere fatta, ma non in questo modo; ecco il problema. Vogliamo un altro tipo di riforma, ancora più incisiva, forse persino più severa, più rigorosa; certamente, non questa, che a me è parsa episodica, spesso venata da accenti che mi sono apparsi in qualche modo pieni di rancori nei confronti della magistratura, e che non rendono più facile il lavoro del magistrato e quindi più forte il diritto del cittadino che si rivolge alla giustizia.
Osservazioni molto marginali sulla Scuola superiore della magistratura. La Scuola della magistratura è un’aspirazione lontana, che ci viene dal modello francese. La Francia ha la Scuola superiore della pubblica amministrazione e indubbiamente ha i migliori funzionari che vi sono in Europa; ha una Scuola della magistratura che certamente funziona: quello è il modello che avremmo dovuto tenere presente.
Il problema della Scuola superiore della magistratura è che essa non può essere gestita né in modo autonomo né in modo differenziato o separato rispetto a quell’organo di autogoverno che è il gestore degli indirizzi e dell’organizzazione del lavoro della magistratura e quindi, a questo punto, anche della formazione e del controllo della stessa. È uno dei doveri del Consiglio superiore della magistratura quello di far sì che il magistrato sia sempre più verificato nelle sue capacità professionali e sia anche sempre più in grado di dare il miglior contributo possibile con aggiornamenti di tipo scientifico, dottrinario e giurisprudenziale.
Allora, sottrarre in qualche modo al controllo pieno del CSM la Scuola della magistratura pone un problema. Essendo una scuola, la Scuola della magistratura insegna; ma che cosa può insegnare, quando vi è una prerogativa di non interlocuzione sull’interpretazione della legge? Che cosa può insegnare se non una migliore lettura, una migliore capacità interpretativa del giudice nei confronti della norma? Se invece andiamo oltre e a questo insegnamento diamo un connotato diverso, quindi di tipo dottrinario, se non di imposizione, di indicazioni molto precise di politica del diritto, di indirizzo circa la lettura della norma, a questo punto si pone veramente un problema di violazione del principio di autonomia e di indipendenza della magistratura.
Il giudice non può ricevere insegnamenti su come deve interpretare la legge; può ricevere sollecitazioni affinché la sua formazione culturale sia migliorata in modo che, nella più totale autonomia e indipendenza, possa dare di quella norma la lettura migliore, che è poi l’espressione della volontà del legislatore. Diceva un grande sociologo, Radbruch, che la legge è un po’ come una nave: finché è nel porto è governata da chi la costruisce (cioè noi), ma nel momento in cui esce dal porto è governata dalle correnti del mare. Quindi, la legge è governata dalle interpretazioni che di essa daranno i giudici, con il supporto dell’interpretazione autentica del legislatore o dell’interpretazione dottrinaria la più diversa.
Non possiamo però vincolare la cultura di alcuno, a partire da quella di un professore, che infatti non giura: gli unici che non giurano fedeltà, proprio perché devono essere liberi di interpretare i fenomeni, sono il professore universitario e il giudice. Proprio per questa ragione costoro devono godere della massima indipendenza, ma su di essi deve anche essere esercitato il massimo controllo circa il modo in cui interpretano la legge e quindi devono essere rafforzati sui criteri attraverso cui interpretano quest’ultima.
Sottrarre la Scuola superiore della magistratura al CSM pone un problema di questo genere, quello di un conflitto tra un insegnamento… (Richiami del Presidente). Ho concluso, signor Presidente.
PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Calvi, anche perché sicuramente ci sarà la possibilità di intervenire ancora su questi emendamenti e di ritornare quindi su tali argomenti.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, gli emendamenti presentati dal Gruppo della Margherita all’articolo 2 sono spesso soppressivi, ma a volte integrativi, in quanto volti ad inserire in alcuni punti delicati e cruciali del testo modifiche che non ci sembrano secondarie, proprio per il profilo che è stato richiamato qui ieri dal Ministro, cioè quello dell’organizzazione degli uffici giudiziari.
Abbiamo già fatto riferimento all’ufficio del giudice e alla maggiore estensione dei poteri di quello che noi chiamiamo il manager giudiziario. L’aver cercato di affrontare nella discussione di questo provvedimento alcuni punti che non rappresentano aggiustamenti né delle proposte del Governo né delle proposte che il Parlamento, su sollecitazione dello stesso Governo, ha presentato come proprie a questa legge delega mi sembra non sia indice della volontà di riscrivere il provvedimento - perché non è questo il nostro compito - ma sia dettato dalla volontà di inserire misure migliorative rispetto alle finalità dichiarate. Proprio a questo obiettivo rispondono gli emendamenti presentati all’articolo 2.
Ritengo che l’obiezione rivolta poc'anzi dal collega Calvi al Ministro debba essere ripetuta, perché sono sinceramente strane le affermazioni che il Ministro ha fatto in varie interviste pubbliche, come: "Se l’opposizione non farà ostruzionismo e non discuterà…". Vorrei chiedere al Ministro e al Presidente del Senato: come si fa ad affermare che la discussione non va avanti speditamente perché l’opposizione fa ostruzionismo, quando da ieri sera a oggi la maggioranza ha fatto mancare per sette volte il numero legale? Se la maggioranza per prima non è in grado di garantire il numero legale nella discussione di questo provvedimento, che viene ritenuto cruciale, come si fa a ribaltare sull’opposizione, che vuole discutere - come stiamo dimostrando - soltanto gli emendamenti a cui tiene di più, la responsabilità di non far procedere celermente questo provvedimento?
Ognuno si assuma le proprie responsabilità, poi al proprio giornale si può raccontare che la colpa è dell’opposizione, ma negli atti del Parlamento, che in un’informazione libera dovrebbero fare testo, vivaddio (perché per fortuna non abbiamo l’abitudine - anche se la stiamo contraendo - di vivere di giornali controllati politicamente), si legge che da ieri sera ad oggi, cioè in neanche mezza giornata, il numero legale è mancato per sette volte per responsabilità della maggioranza. Molte volte quel numero è stato indicato sul filo - ma molto sul filo - del numero minimo di senatori necessario per garantirlo, con qualche lucina del tabellone che si è accesa improvvisamente dopo che il Presidente del Senato aveva chiesto se tutti avevano votato.
Credo quindi che la maggioranza debba prima farsi carico della sua disponibilità a stare in Aula per sostenere questo provvedimento e poi gettare colpe sull’opposizione, colpevole di volerlo discutere e di aver avanzato proposte di modifica.
Su tali proposte sarà poi sensato misurarsi. Quella sull’ufficio del giudice ci è stata di fatto bocciata. Per fortuna, il Ministro - responsabilmente, gliene do atto - ha ritenuto di soprassedere per quanto riguarda gli incarichi extragiudiziari chiedendo un accantonamento della norma e, signor Presidente, in Commissione la discussione su quel punto è stata svolta; ciò non poteva avvenire in prima lettura perché quell’enunciato allora non c’era, essendo stato inserito alla Camera. La formulazione del testo esaminato in prima lettura era più generica ma più rassicurante, perché si prevedevano forme di incompatibilità; potevamo legittimamente pensare che tra queste sarebbero rientrate anche quelle relative agli incarichi extragiudiziari.
E' nel momento in cui ci arrivano certi testi che noi ne discutiamo; prima, ovviamente, non possiamo farlo. Sottoponiamo all’attenzione della maggioranza e del Ministro le nostre perplessità, ma queste vengono saltate a piè pari, perché bisogna andare di corsa, salvo rendersi conto in Aula, com’è avvenuto - e dico per fortuna - che si stava commettendo un grave errore.
Anticipo, quindi, che non chiederemo la parola su tutti gli emendamenti che abbiamo presentato; credo, però, sia diritto dell’opposizione potersi esprimere compiutamente su alcune proposte emendative perché hanno ragioni profonde.
Mi spiacerebbe se domani o magari questa sera in televisione, dopo sette volte che è mancato il numero legale, il Ministro della giustizia affermasse che si intende chiedere la fiducia se l’opposizione continua a discutere. Francamente la democrazia parlamentare non è mai arrivata a questo punto! (Applausi del senatore Mancino).
PRESIDENTE. Senatore Zancan, lei ha molti emendamenti da illustrare, ma abbiamo solo otto minuti di tempo.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, avrei bisogno di dieci ore e, invece, ho solo dieci minuti.
PRESIDENTE. Se ha bisogno proprio di dieci minuti, tolgo la seduta; se, invece, le bastano otto minuti, eventualmente riservandosi di intervenire in sede di dichiarazione di voto sui singoli emendamenti, le do la parola: decida lei, senatore Zancan.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, mi occorrono dieci minuti.
PRESIDENTE. A questo punto, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
ALLEGATO A
DISEGNO DI LEGGE DISCUSSO AI SENSI DELL'ARTICOLO 44, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO
Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico (1296-B)
ARTICOLO 1 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Art. 1.
Accantonato
(Contenuto della delega)
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7, uno o più decreti legislativi diretti a:
a) modificare la disciplina per l’accesso in magistratura, nonché la disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati, e individuare le competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari;
b) istituire la Scuola superiore della magistratura, razionalizzare la normativa in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, nonché in tema di aggiornamento professionale e formazione dei magistrati;
c) disciplinare la composizione, le competenze e la durata in carica dei consigli giudiziari, nonché istituire il Consiglio direttivo della Corte di cassazione;
d) riorganizzare l’ufficio del pubblico ministero;
e) modificare l’organico della Corte di cassazione e la disciplina relativa ai magistrati applicati presso la medesima;
f) individuare le fattispecie tipiche di illecito disciplinare dei magistrati, le relative sanzioni e la procedura per la loro applicazione, nonché modificare la disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d’ufficio.
g) prevedere forme di pubblicità degli incarichi extragiudiziari conferiti ai magistrati di ogni ordine e grado.
2. Le disposizioni contenute nei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 divengono efficaci dal novantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, fermo restando quanto previsto dall’articolo 2.
3. Il Governo è delegato ad adottare, entro i novanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1, uno o più decreti legislativi recanti le norme necessarie al coordinamento delle disposizioni dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al medesimo comma con le altre leggi dello Stato e, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 2, comma 8, la necessaria disciplina transitoria, prevedendo inoltre l’abrogazione delle disposizioni con essi incompatibili. Le disposizioni dei decreti legislativi previsti dal presente comma divengono efficaci a decorrere dalla data indicata nel comma 2.
4. Gli schemi dei decreti legislativi adottati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 sono trasmessi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, che sono resi entro il termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Entro i trenta giorni successivi all’espressione dei pareri, il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni ivi eventualmente formulate, esclusivamente con riferimento all’esigenza di garantire il rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dai necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni competenti, che sono espressi entro trenta giorni dalla data di trasmissione.
5. Le disposizioni previste dal comma 4 si applicano anche per l’esercizio della delega di cui al comma 3, ma in tal caso il termine per l’espressione dei pareri è ridotto alla metà.
6. Il Governo, con la procedura di cui al comma 4, entro due anni dalla data di acquisto di efficacia di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1, può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7.
1.1
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Sopprimere l’articolo e conseguentemente, sopprimere l’articolo 2.
1.2
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Sopprimere il comma 1.
1.3
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, alinea, sostituire le parole: «commi 1, 2, 3» con le seguenti: «commi 1, 2».
Conseguentemente all’articolo 2 sopprimere il comma 3.
1.4
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, alinea, sostituire le parole: «commi 1, 2» con le seguenti: «commi 1».
Conseguentemente all’articolo 2 sopprimere il comma 2.
1.5
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, alinea, sostituire le parole: «commi 1, 2» con le seguenti: «commi 2».
Conseguentemente all’articolo 2 sopprimere il comma 1.
1.6
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, alinea, sopprimere la parola: «4,».
Conseguentemente all’articolo 2 sopprimere il comma 4.
1.7
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, alinea, sopprimere la parola: «5,».
Conseguentemente all’articolo 2 sopprimere il comma 5.
1.8
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, alinea, sopprimere la parola: «6,».
Conseguentemente all’articolo 2 sopprimere il comma 6.
1.9
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, alinea, sopprimere la parola: «7,».
Conseguentemente all’articolo 2 sopprimere il comma 7.
1.10
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, sopprimere la lettera g).
1.11
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Accantonato
Al comma 1, sostituire la lettera g), con la seguente:
«g) prevedere forme di limitazione al conferimento di incarichi extragiudiziari ai magistrati di ogni ordine e grado, al fine di assicurare il rispetto del principio di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione della giustizia».
1.12
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Accantonato
Al comma 1, lettera g) dopo le parole: «forme di pubblicità» inserire le parole: «e limitazione».
1.13
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Accantonato
Al comma 1, lettera g) dopo le parole: «ordine e grado» aggiungere le parole: «, con esclusione di quelli anche solo potenzialmente configgenti con gli interessi dell’amministrazione della giustizia».
1.503
Improponibile
Al comma 1, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
g-bis) modificare la previsione riguardante i soggetti autorizzati a riferire sull’amministrazione della giustizia al Ministero, nonché nelle assemblee generali della Corte suprema di cassazione e delle corti di appello, per l’inaugurazione dell’anno giudiziario.
Conseguentemente, dopo l’articolo 2, dopo il comma 7, aggiungere il seguente:
7-bis. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera g-bis), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere la modifica dell’articolo 86 dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, stabilendo che sia il Primo presidente della Corte suprema di cassazione a comunicare al Ministro, per ogni anno giudiziario, la relazione generale sull’amministrazione della giustizia, e che analoga relazione per singoli distretti venga svolta dal Presidente della corte d’appello;
b) prevedere la modifica dell’articolo 88 dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 121 stabilendo che, nell’assemblea generale presso la Corte suprema di cassazione, per la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, riferisca sull’amministrazione della giustizia il Primo presidente della Corte di cassazione, con il successivo intervento del Procuratore generale, del Presidente del Consiglio nazionale forense, del Ministro della giustizia o di un suo rappresentante, e di un componente del Consiglio superiore della magistratura;
c) prevedere la modifica dell’articolo 88 dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, stabilendo che, nell’assemblea generale di tutte le corti di appello, per la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, riferisca sull’amministrazione della giustizia il Presidente della corte di appello, con il successivo intervento del Procuratore generale, del Presidente del locale consiglio dell’ordine degli avvocati, di un rappresentante del Ministro della giustizia, di un esponente del Consiglio superiore della magistratura, nonchè di un rappresentante dei dipendenti dell’amministrazione della giustizia;
d) prevedere che il Presidente della Corte di appello possa autorizzare anche l’intervento di altri operatori della giustizia, ad esclusione di rappresentanti di partiti politici.
1.14
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Le parole da: «Dopo il comma 1,» a: «e criteri direttivi» respinte; seconda parte preclusa
Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
«1-bis. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto a prevedere, in via sperimentale e per un periodo di quattro anni, l’istituzione dell’ufficio del giudice, introducendo la figura dell’ausiliario dello stesso con l’osservanza dei seguente principi e criteri direttivi:
a) prevedere che l’ausiliario del giudice, sotto la diretta responsabilità del magistrato cui è assegnato e in rapporto fiduciario con il medesimo:
1) svolga attività di ricerca della dottrina e dei precedenti giurisprudenziali, anche di merito;
2) presti assistenza al magistrato nell’organizzarne l’attività in vista dell’udienza e nel coordinamento degli adempimenti istruttori;
3) abbia la facoltà di presenziare all’udienza e di esaminare gli atti;
4) collabori all’espletamento degli adempimenti che incombono al giudice. successivi alla pronuncia della sentenza;
5) collabori con il giudice, svolgendo le attività da questi richieste, al fine di procurare, in via generale, che egli sia alleviato da tutti gli incombenti che non riguardano lo stretto esercizio della funzione giurisdizionale;
b) fermo restando quanto previsto alla lettera a), escludere che l’attività dell’ausiliario possa includere compiti che rientrino nelle attribuzioni di altri uffici;
c) prevedere che l’organico degli ausiliari del giudice sia stabilito in 2.250 unità;
d) prevedere che l’assegnazione degli ausiliari sia distribuita fra gli uffici giudiziari in proporzione all’organico dei magistrati di ciascun distretto di corte d’appello e che l’assegnazione dei medesimi fra i magistrati del distretto avvenga sulla base delle determinazioni del presidente della corte d’appello, sentito il consiglio giudiziario;
e) prevedere che l’ausiliario sia assegnato, a cura dei soggetti di cui alla lettera d), sulla base dei carichi di lavoro e delle altre oggettive esigenze dell’ufficio, ai soli magistrati che ne fanno espressa richiesta;
f) prevedere che l’incarico di ausiliario del giudice abbia durata biennale e sia rinnovabile per una sola volta;
g) prevedere che la stipulazione dei contratti per l’assunzione e la gestione amministrativa degli ausiliari del giudice sia svolta dai presidenti di corte d’appello di ciascun distretto; stabilire inoltre che i presidenti di corte d’appello possano, agli stessi effetti, delegare un altro magistrato componente del consiglio giudiziario;
h) prevedere che gli ausiliari del giudice siano scelti fra coloro che hanno conseguito, con una votazione non inferiore a 108/110, la laurea specialistica per la classe delle scienze giuridiche sulla base degli ordinamenti didattici adottati in esecuzione del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509;
i) prevedere che i presidenti delle corti d’appello provvedano, mediante affissione nell’albo pretorio ed ogni altra forma di pubblicità ritenuta idonea, anche avvalendosi della collaborazione delle facoltà di giurisprudenza delle università e delle altre strutture di formazione giuridica, a dare avviso agli interessati della possibilità di presentare domanda per l’assunzione come ausiliari del giudice; le domande devono pervenire entro sessanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso; i presidenti delle corti d’appello deliberano quindi le assunzioni e stipulano i relativi contratti, valutando a tal fine come titoli preferenziali:
1) la votazione con cui è stata conseguita la laurea e la media dei voti ottenuti negli esami universitari;
2) il conseguimento di lauree in altre discipline;
3) le pubblicazioni prodotte dall’interessato al momento della presentazione della domanda;
4) la compiuta conoscenza di una o più lingue straniere;
5) la conoscenza delle tecnologie informatiche e delle modalità di funzionamento di strumenti informatici e telematici;
6) l’aver eventualmente svolto la pratica forense o conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni;
7) l’aver conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162;
l) prevedere che lo svolgimento delle funzioni di ausiliario del giudice sia equiparato, ad ogni effetto di legge, allo svolgimento della pratica forense e al conseguimento del diploma rilasciato dalle scuole di specializzazione di cui alla lettera i), numero 6), nonchè costituisca titolo preferenziale per l’accesso alle funzioni giudiziarie onorarie; che gli stessi contratti contemplino altresì la corresponsione di un trattamento di fine rapporto.
1-ter. Agli oneri derivanti dal comma 1-bis si provvede mediante l’istituzione di una imposta pari al 3 per cento della massa attiva risultante dalle procedure concorsuali chiuse nell’anno.
1-quater. La somma derivante dal gettito dell’imposta di cui al comma 1-ter, versata all’entrata del bilancio dello Stato, è riassegnata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ad un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia.».
1.15
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Precluso
Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
«1-bis. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo diretto a prevedere, in via sperimentale e per un periodo di quattro anni, l’istituzione dell’ufficio del giudice, introducendo la figura dell’ausiliario dello stesso, con l’osservanza dei seguenti principi e dei criteri direttivi:
a) prevedere che l’ausiliario del giudice, sotto la diretta responsabilità del magistrato cui è assegnato e in rapporto fiduciario con il medesimo:
1) svolga attività di ricerca della dottrina e dei precedenti giurisprudenziali, anche di merito;
2) presti assistenza al magistrato nell’organizzarne l’attività in vista dell’udienza e nel coordinamento degli adempimenti istruttori;
3) abbia la facoltà di presenziare all’udienza e di esaminare gli atti;
4) collabori all’espletamento degli adempimenti che incombono al giudice, successivI alla pronuncia della sentenza;
5) collabori con il giudice, svolgendo le attività da questi richieste, al fine di procurare, in via generale, che egli sia alleviato da tutti gli incombenti che non riguardino lo stretto esercizio della funzione giurisdizionale;
b) prevedere che l’assegnazione degli ausiliari sia distribuita fra gli uffici giudiziari in proporzione all’organico dei magistrati di ciascun distretto di corte d’appello e che l’assegnazione dei medesimi fra i magistrati del distretto avvenga sulla base delle determinazioni del presidente della corte d’appello, sentito il consiglio giudiziario;
c) prevedere che l’ausiliario sia assegnato, a cura dei soggetti di cui alla lettera sulla base dei carichi di lavoro e delle altre oggettive esigenze dell’ufficio, ai soli magistrati che ne fanno espressa richiesta;
d) prevedere che l’incarico di ausiliario del giudice abbia durata biennale e sia rinnovabile per una sola volta.».
1.16
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Sopprimere il comma 2.
1.17
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 2, sostituire le parole: «dal novantesimo giorno successivo a quello della» con le seguenti: «dopo un anno dalla».
1.18
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Le parole da: «Al comma 2,» a: «con la parola» respinte; seconda parte preclusa
Al comma 2, sostituire la parola: «novantesimo» con la parola: «trecentosessantesimo».
1.19
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Precluso
Al comma 2, sostituire la parola: «novantesimo» con la parola: «centocinquantesimo».
1.20
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Precluso
Al comma 2, sostituire la parola: «novantesimo» con la parola: «centoventesimo».
1.22
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Sopprimere il comma 3.
1.23
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Le parole da: «Al comma 3,» a: «con la parola» respinte; seconda parte preclusa
Al comma 3, sostituire la parola: «novanta» con la parola: «trecentosessanta».
1.24
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Precluso
Al comma 3, sostituire le parole: «novanta giorni» con le seguenti: «nove mesi».
1.26
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Precluso
Al comma 3, sostituire le parole: «novanta giorni» con le seguenti: «centottanta giorni».
1.21
CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Precluso
Al comma 3, sostituire la parola: «novanta» con la parola: «centoventi».
1.28
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Sopprimere il comma 4.
1.29
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 4, sostituire le parole: «al comma 1» con le seguenti: «ai commi 1 e 3».
Conseguentemente, sopprimere il comma 5.
1.504
Improponibile
Al comma 4, sostituire la parola: «sessanta» con la seguente: «novanta».
1.30
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Respinto
Al comma 4, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Ai suddetti schemi di decreti legislativi è allegato il parere del Consiglio Superiore della Magistratura, che deve pronunciarsi entro novanta giorni dalla richiesta del Ministro della giustizia».
1.31
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Le parole da: «Al comma 4,» a: «con la seguente» respinte; seconda parte preclusa
Al comma 4, sostituire la parola: «trenta» con la seguente: «novanta».
1.32
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Precluso
Al comma 4, sostituire la parola: «trenta» con la seguente: «sessanta».
1.33
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Precluso
Al comma 4, sostituire la parola: «trenta» con la seguente: «venti».
1.34
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Respinto
Al comma 4, sopprimere le parole: «, esclusivamente con riferimento all’esigenza di garantire il rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione».
1.35
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Respinto
Al comma 4, dopo le parole: «corredati dai necessari elementi integrativi di informazione», inserire le seguenti: «, ai quali è allegato il parere del Consiglio Superiore della Magistratura, che deve pronunciarsi entro quarantacinque giorni dalla richiesta del Ministro della giustizia».
1.36
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Respinto
Al comma 4, dopo le parole: «per i pareri definitivi», inserire le seguenti: «e vincolanti».
1.37
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Sopprimere il comma 6.
ARTICOLO 2 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
ART. 2.
(Princìpi e criteri direttivi)
1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere per l’ingresso in magistratura:
1) che sia bandito annualmente un concorso per l’accesso in magistratura e che i candidati debbano indicare nella domanda, a pena di inammissibilità, se intendano accedere ai posti nella funzione giudicante ovvero a quelli nella funzione requirente;
2) che il concorso sia articolato in prove scritte ed orali nelle materie indicate dall’articolo 123-ter, commi 1 e 2, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, nonché nelle materie attinenti al diritto dell’economia;
3) che la commissione di concorso sia unica e che sia nominata dal Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, e che sia composta da magistrati, aventi almeno cinque anni di esercizio nelle funzioni di secondo grado, in numero variabile fra un minimo di dodici e un massimo di sedici e da professori universitari di prima fascia nelle materie oggetto di esame da un minimo di quattro a un massimo di otto, e che la funzione di presidente sia svolta da un magistrato che eserciti da almeno tre anni le funzioni direttive giudicanti di legittimità ovvero le funzioni direttive giudicanti di secondo grado e quella di vicepresidente da un magistrato che eserciti funzioni di legittimità; che il numero dei componenti sia determinato tenendo conto del presumibile numero dei candidati e dell’esigenza di rispettare le scadenze indicate al numero 1) della lettera d); che il numero dei componenti professori universitari sia tendenzialmente proporzionato a quello dei componenti magistrati;
4) che, al momento dell’attribuzione delle funzioni, l’indicazione di cui al numero 1) costituisca titolo preferenziale per la scelta della sede di prima destinazione e che tale scelta, nei limiti delle disponibilità dei posti, debba avvenire nell’ambito della funzione prescelta;
b) prevedere che siano ammessi al concorso per l’accesso in magistratura nelle funzioni giudicanti e nelle funzioni requirenti coloro che:
1) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, stabilendo inoltre che il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali sia determinato, fermo quanto previsto nel comma 5 dell’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per uditore giudiziario;
2) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche;
3) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense;
4) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni;
5) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno quattro anni senza demerito e senza essere stati revocati o disciplinarmente sanzionati;
6) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162;
c) prevedere che per essere ammessi a sostenere le prove orali del concorso di cui alla lettera a), numero 2), il candidato debba essere positivamente valutato nei test di idoneità psico-attitudinale all’esercizio della professione di magistrato anche in relazione alle specifiche funzioni indicate nella domanda di ammissione;
d) prevedere che:
1) le prove scritte avvengano tendenzialmente a data fissa, e cioè nei giorni immediatamente prossimi al 15 settembre di ogni anno; che la correzione degli elaborati scritti e le prove orali si svolgano inderogabilmente in un tempo non superiore a nove mesi; che l’intera procedura concorsuale sia espletata in modo da consentire l’inizio del tirocinio il 15 settembre dell’anno successivo;
2) non possano essere ammessi al concorso coloro che sono stati già dichiarati non idonei per tre volte;
e) prevedere che, dopo il compimento del periodo di uditorato, le funzioni dei magistrati si distinguano in funzioni di merito e di legittimità e siano le seguenti:
1) funzioni giudicanti di primo grado;
2) funzioni requirenti di primo grado;
3) funzioni giudicanti di secondo grado;
4) funzioni requirenti di secondo grado;
5) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado;
6) funzioni semidirettive requirenti di primo grado;
7) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado;
8) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado;
9) funzioni direttive giudicanti o requirenti di primo grado e di primo grado elevato;
10) funzioni direttive giudicanti o requirenti di secondo grado;
11) funzioni giudicanti di legittimità;
12) funzioni requirenti di legittimità;
13) funzioni direttive giudicanti o requirenti di legittimità;
14) funzioni direttive superiori giudicanti o requirenti di legittimità;
15) funzioni direttive superiori apicali di legittimità;
f) prevedere:
1) che, fatta eccezione per i magistrati in aspettativa per mandato parlamentare o collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura, fino al compimento dell’ottavo anno dall’ingresso in magistratura debbano essere svolte effettivamente le funzioni requirenti o giudicanti di primo grado;
2) che, dopo otto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, ovvero dopo tredici anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli, possano essere svolte funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado;
3) che, dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, previo concorso per titoli, ovvero dopo diciotto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, possano essere svolte funzioni di legittimità; che al concorso per titoli ed esami, scritti e orali, per le funzioni di legittimità possano partecipare anche i magistrati che non hanno svolto diciotto anni di servizio e che hanno esercitato per tre anni le funzioni di secondo grado;
4) che il Consiglio superiore della magistratura attribuisca le funzioni di secondo grado e di legittimità all’esito dei concorsi di cui ai numeri 2) e 3) e le funzioni semidirettive o direttive previo concorso per titoli;
5) le modalità dei concorsi per titoli e per titoli ed esami, scritti ed orali, previsti dalla presente legge, nonché i criteri di valutazione, stabilendo, in particolare, che le prove d’esame consistano nella redazione, anche con l’impiego di prospettazioni e di materiali forniti dalla commissione, di più provvedimenti relativi alle funzioni richieste e in una discussione orale sui temi attinenti alle stesse;
6) che i magistrati che in precedenza abbiano subìto una sanzione disciplinare superiore all’ammonimento siano ammessi ai concorsi di cui ai numeri 2), 3) e 4) dopo il maggior numero di anni specificatamente indicato nella sentenza disciplinare definitiva, comunque non inferiore a due e non superiore a quattro rispetto a quanto previsto dai numeri 1), 2) e 3) e dalle lettere h) e i);
g) prevedere che:
1) entro il terzo anno di esercizio delle funzioni giudicanti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione requirente, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2;
2) la commissione esaminatrice sia quella indicata alla lettera l), numero 6);
3) entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione giudicante, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2;
4) la commissione esaminatrice sia quella indicata dalla lettera l), numero 5);
5) il Consiglio superiore della magistratura individui, con priorità assoluta, i posti vacanti al fine di consentire il passaggio di funzione nei casi indicati ai numeri 1) e 3);
6) fuori dai casi indicati ai numeri 1) e 3), e, in via transitoria, dal comma 8, lettera c), non sia consentito il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa;
7) il mutamento delle funzioni da giudicanti a requirenti e viceversa debba avvenire per posti disponibili in ufficio giudiziario avente sede in diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;
h) prevedere che:
1) funzioni giudicanti di primo grado siano quelle di giudice di tribunale, di giudice del tribunale per i minorenni e di magistrato di sorveglianza;
2) funzioni requirenti di primo grado siano quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;
3) funzioni giudicanti di secondo grado siano quelle di consigliere di corte di appello;
4) funzioni requirenti di secondo grado siano quelle di sostituto procuratore generale presso la corte di appello nonché quelle di sostituto addetto alla Direzione nazionale antimafia;
5) funzioni giudicanti di legittimità siano quelle di consigliere della Corte di cassazione;
6) funzioni requirenti di legittimità siano quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione;
7) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di sezione di tribunale, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di tre anni;
8) funzioni semidirettive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica aggiunto, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di tre anni;
9) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di sezione di corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di sei anni;
10) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado siano quelle di avvocato generale della procura generale presso la corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di sei anni;
11) funzioni direttive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di tribunale e di presidente del tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di cinque anni;
12) funzioni direttive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di cinque anni;
13) funzioni direttive giudicanti di primo grado elevato siano quelle di presidente di tribunale e di presidente della sezione per le indagini preliminari dei tribunali di cui alla tabella L allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, di presidente dei tribunali di sorveglianza di cui alla tabella A allegata alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di secondo grado da almeno otto anni;
14) funzioni direttive requirenti di primo grado elevato siano quelle di procuratore della repubblica presso i tribunali di cui alla tabella L allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di secondo grado da almeno otto anni;
15) funzioni direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente della corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno cinque anni;
16) funzioni direttive requirenti di secondo grado siano quelle di procuratore generale presso la corte di appello e di procuratore nazionale antimafia, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno cinque anni;
17) le funzioni indicate ai numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13), 14), 15) e 16) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, abbiano ancora quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista dall’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni semidirettive o direttive presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte;
18) i magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità possano partecipare ai concorsi per le funzioni semidirettive e direttive indicate ai numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13), e 14); che l’avere esercitato funzioni di legittimità giudicanti o requirenti costituisca, a parità di graduatoria, titolo preferenziale per il conferimento degli incarichi direttivi indicati rispettivamente al numero 13) e al numero 14);
i) prevedere che:
1) le funzioni direttive giudicanti di legittimità siano quelle di presidente di sezione della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno quattro anni;
2) le funzioni direttive requirenti di legittimità siano quelle di avvocato generale della procura generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno quattro anni;
3) le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità siano quelle di presidente aggiunto della Corte di cassazione e quella di presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive giudicanti di legittimità;
4) le funzioni direttive superiori requirenti di legittimità siano quelle di Procuratore generale presso la Corte di cassazione e di Procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive requirenti di legittimità;
5) le funzioni direttive superiori apicali di legittimità siano quelle di primo Presidente della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive giudicanti di legittimità;
6) le funzioni indicate ai numeri 1) e 2) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, abbiano frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione alle funzioni direttive presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2, siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte, ed abbiano ancora due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista dall’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511; le funzioni indicate ai numeri 3), 4) e 5) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte;
l) prevedere che:
1) annualmente i posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado, individuati quanto al numero nel rispetto dell’esigenza di assicurare il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 3), e quanto alle sedi giudiziarie, ove possibile, all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di primo grado, vengano assegnati, secondo l’anzianità di servizio, ai magistrati che ne facciano richiesta ai sensi della lettera g), numero 3), e, per la parte residua, vengano posti a concorso per l’accesso in magistratura;
2) annualmente i posti vacanti nella funzione requirente di primo grado, individuati quanto al numero nel rispetto dell’esigenza di assicurare il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 1), e quanto alle sedi giudiziarie, ove possibile, all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di primo grado, vengano assegnati, secondo l’anzianità di servizio, ai magistrati che ne facciano richiesta ai sensi della lettera g), numero 1), e, per la parte residua, vengano posti a concorso per l’accesso in magistratura;
3) annualmente tutti i posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:
3.1) per il 40 per cento, i posti siano assegnati, prioritariamente, ai magistrati giudicanti che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 2), prima parte;
3.2) per il 60 per cento i posti siano assegnati ai magistrati giudicanti che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli previsto dalla lettera f), numero 2), seconda parte;
3.3) i posti di cui al numero 3.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati valutati positivamente nel concorso per titoli indicato al numero 3.2) ed espletato nello stesso anno;
3.4) i posti di cui al numero 3.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati valutati positivamente nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, indicato al numero 3.1) ed espletato nello stesso anno;
3.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di secondo grado, assegni i posti di cui ai numeri 3.1), 3.2), 3.3) e 3.4) secondo l’ordine di graduatoria di cui rispettivamente al concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, o al concorso per soli titoli, salvo che vi ostino specifiche e determinate ragioni delle quali deve fornire dettagliata motivazione e, a parità di graduatoria, secondo l’anzianità di servizio;
3.6) i magistrati che abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 3.5) possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni;
3.7) i magistrati che abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 3.5) presso una sede indicata come disagiata e che abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre;
3.8) il Consiglio superiore della magistratura valuti specificatamente la laboriosità con riguardo alle domande di tramutamento presentate ai sensi dei numeri 3.6) e 3.7);
4) annualmente tutti i posti vacanti nella funzione requirente di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:
4.1) per il 40 per cento, i posti siano assegnati, prioritariamente, ai magistrati requirenti che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 2), prima parte;
4.2) per il 60 per cento i posti siano assegnati ai magistrati requirenti che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli previsto dalla lettera f), numero 2), seconda parte;
4.3) i posti di cui al numero 4.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli indicato al numero 4.2) ed espletato nello stesso anno;
4.4) i posti di cui al numero 4.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, indicato al numero 4.1) ed espletato nello stesso anno;
4.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di secondo grado, assegni i posti di cui ai numeri 4.1), 4.2), 4.3) e 4.4) secondo l’ordine di graduatoria di cui rispettivamente al concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, o al concorso per soli titoli, salvo che vi ostino specifiche e determinate ragioni delle quali deve fornire dettagliata motivazione e, a parità di graduatoria, secondo l’anzianità di servizio;
4.6) i magistrati che abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 4.5) possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni;
4.7) i magistrati che abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 4.5) presso una sede indicata come disagiata e che abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre;
4.8) il Consiglio superiore della magistratura valuti specificatamente la laboriosità con riguardo alle domande di tramutamento presentate ai sensi dei numeri 4.6) e 4.7);
5) ai fini di cui al numero 3), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità ovvero le funzioni direttive giudicanti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
6) ai fini di cui al numero 4), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità ovvero le funzioni direttive requirenti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
7) annualmente i posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive giudicanti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:
7.1) per il 60 per cento, i posti siano assegnati, prioritariamente, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni funzioni giudicanti di secondo grado, che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli previsto dalla lettera f), numero 3);
7.2) per il 40 per cento i posti siano assegnati ai magistrati con funzioni giudicanti che abbiano svolto diciotto anni di servizio in magistratura ovvero ai magistrati che, pur non avendo svolto diciotto anni di servizio, abbiano esercitato per tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 3);
7.3) i posti di cui al numero 7.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 7.2) ed espletato nello stesso anno;
7.4) i posti di cui al numero 7.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli indicato al numero 7.1) ed espletato nello stesso anno;
7.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di legittimità, assegni i posti di cui ai numeri 7.1), 7.2), 7.3) e 7.4) secondo l’ordine di graduatoria risultante all’esito del concorso per titoli o del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, salvo che vi ostino specifiche e determinate ragioni delle quali deve fornire dettagliata motivazione e, a parità di graduatoria, secondo l’anzianità nelle funzioni di secondo grado ovvero secondo l’anzianità di servizio;
8) ai fini di cui al numero 7), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
9) annualmente i posti vacanti nelle funzioni requirenti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni requirenti di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive requirenti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:
9.1) per il 60 per cento, i posti siano assegnati, prioritariamente, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni funzioni requirenti di secondo grado, che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli previsto dalla lettera f), numero 3);
9.2) per il 40 per cento i posti siano assegnati ai magistrati con funzioni requirenti che abbiano svolto diciotto anni di servizio in magistratura ovvero ai magistrati che, pur non avendo svolto diciotto anni, abbiano esercitato per tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 3);
9.3) i posti di cui al numero 9.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 9.2) ed espletato nello stesso anno;
9.4) i posti di cui al numero 9.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli indicato al numero 9.1) ed espletato nello stesso anno;
9.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di legittimità, assegni i posti di cui ai numeri 9.1), 9.2), 9.3) e 9.4) secondo l’ordine di graduatoria risultante all’esito del concorso per titoli o del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, salvo che vi ostino specifiche e determinate ragioni delle quali deve fornire dettagliata motivazione e, a parità di graduatoria, secondo l’anzianità nelle funzioni di secondo grado ovvero secondo l’anzianità di servizio;
10) ai fini di cui al numero 9), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
11) nella individuazione e valutazione dei titoli ai fini dei concorsi previsti dalla presente lettera, sulla base di criteri oggettivi e predeterminati, si tenga conto prevalentemente, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, dell’attività prestata dal magistrato nell’ambito delle sue funzioni giudiziarie, desunta da specifici e rilevanti elementi e da verificare anche mediante esame a campione, effettuato tramite sorteggio, dei provvedimenti dallo stesso adottati nonché dell’eventuale autorelazione e, in particolare, della complessità dei procedimenti trattati, degli esiti dei provvedimenti adottati, delle risultanze statistiche relative all’entità del lavoro svolto, tenuto specificamente conto della sede e dell’ufficio presso cui risulta assegnato il magistrato, con loro proiezione comparativa rispetto a quelle delle medie nazionali e dei magistrati in servizio presso lo stesso ufficio; i titoli vengano valutati in modo tale che, ove possibile, i componenti della commissione esaminatrice non conoscano il nominativo del candidato; nei concorsi per titoli ed esami si proceda alla valutazione dei titoli solo in caso di esito positivo della prova di esame e la valutazione dei titoli incida in misura non inferiore al 50 per cento sulla formazione della votazione finale sulla cui base viene redatto l’ordine di graduatoria; nella valutazione dei titoli ai fini dell’assegnazione delle funzioni di sostituto procuratore presso la Direzione nazionale antimafia resta fermo quanto previsto in via preferenziale dall’articolo 76-bis, comma 4, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12;
m) prevedere che:
1) i concorsi per gli incarichi direttivi consistano nella valutazione, da parte delle commissioni di cui ai numeri 9) e 10), dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; la commissione comunichi gli esiti del concorso e l’ordine di graduatoria al Consiglio superiore della magistratura, il quale, acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, propone le nomine al Ministro della giustizia per il concerto; sia effettuato il coordinamento della presente disposizione con quanto previsto dall’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni; il Ministro della giustizia sia legittimato a ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi adottate in contrasto con il concerto o con il parere previsto al numero 3);
2) i concorsi per gli incarichi semidirettivi consistano nella valutazione, da parte delle commissioni di cui ai numeri 9) e 10), dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; la commissione comunichi l’esito delle valutazioni e l’ordine di graduatoria dei candidati al Consiglio superiore della magistratura che, acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, assegna l’incarico semidirettivo secondo l’ordine di graduatoria risultante all’esito del concorso per titoli, salvo che vi ostino specifiche e determinate ragioni delle quali deve fornire dettagliata motivazione e, a parità di graduatoria, secondo l’anzianità nelle funzioni di legittimità ovvero in quelle di secondo grado ovvero secondo l’anzianità di servizio;
3) gli incarichi direttivi, ad esclusione di quelli indicati nella lettera i), abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di quattro anni, rinnovabili a domanda, acquisito il parere del Ministro della giustizia, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, per un periodo ulteriore di due anni;
4) il magistrato, allo scadere del termine di cui al numero 3), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi di uguale grado in sedi poste fuori dal circondario di provenienza e per incarichi direttivi di grado superiore per sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale; ai fini di quanto disposto dal presente numero si considerano di pari grado le funzioni direttive di primo grado e quelle di primo grado elevato;
5) alla scadenza del termine di cui al numero 3), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alle funzioni non direttive da ultimo esercitate nella sede di originaria provenienza, se vacante, ovvero in altra sede, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
6) gli incarichi semidirettivi requirenti di primo e di secondo grado abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di sei anni;
7) il magistrato che esercita funzioni semidirettive requirenti, allo scadere del termine di cui al numero 6), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi semidirettivi o di incarichi direttivi di primo grado e di primo grado elevato in sedi poste fuori dal circondario di provenienza nonché di incarichi direttivi di secondo grado in sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;
8) alla scadenza del termine di cui al numero 6), il magistrato che abbia esercitato funzioni semidirettive requirenti, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alle funzioni non direttive da ultimo esercitate nella sede di originaria provenienza, se vacante, ovvero in altra sede, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
9) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive giudicanti e alle funzioni semidirettive giudicanti, composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità, da tre a cinque magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità e da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
10) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive requirenti e alle funzioni semidirettive requirenti, composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità, da tre a cinque magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità e da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
11) ai fini di cui ai numeri 1) e 2) i titoli vengano individuati con riferimento alla loro specifica rilevanza ai fini della verifica delle attitudini allo svolgimento di funzioni direttive o semidirettive; fermo restando il possesso dei requisiti indicati dalle lettere h) ed i) per il conferimento delle funzioni direttive o semidirettive, il pregresso esercizio di funzioni direttive o semidirettive, degli incarichi di capo o vice capo di uno degli uffici di diretta collaborazione del Ministro della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 2001, n. 315, ovvero di capo, vice capo o direttore generale di uno dei dipartimenti del Ministero della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55, costituisce titolo preferenziale; in ogni caso si applichino le disposizioni di cui alla lettera l), numero 11); per le funzioni semidirettive giudicanti si tenga adeguatamente conto della pregressa esperienza maturata dal magistrato nello specifico settore oggetto dei procedimenti trattati dalla sezione di tribunale o di corte di appello la cui presidenza è messa a concorso; nella valutazione dei titoli ai fini dell’assegnazione delle funzioni direttive di procuratore nazionale antimafia resta fermo quanto previsto in via preferenziale dall’articolo 76-bis, comma 2, primo periodo, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12;
n) prevedere che le disposizioni dei numeri 1), 3), 5) e 10) della lettera m) si applichino anche per il conferimento dell’incarico di Procuratore nazionale antimafia e che, alla scadenza del termine di cui al citato numero 3), il magistrato che abbia esercitato le funzioni di Procuratore nazionale antimafia possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi requirenti ubicati in distretto diverso da quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;
o) prevedere che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni della presente legge, il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura sia equiparato all’esercizio delle ultime funzioni giurisdizionali svolte e il ricollocamento in ruolo, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, avvenga nella medesima sede, se vacante, o in altra sede, e nelle medesime funzioni, ovvero, nel caso di cessato esercizio di una funzione elettiva extragiudiziaria, salvo che il magistrato svolgesse le sue funzioni presso la Corte di cassazione o la Procura generale presso la Corte di cassazione o la Direzione nazionale antimafia, in una sede diversa vacante, appartenente ad un distretto sito in una regione diversa da quella in cui è ubicato il distretto presso cui è posta la sede di provenienza nonché in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte, è ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato è stato eletto; prevedere che, fatta eccezione per i magistrati in aspettativa per mandato parlamentare e per i magistrati eletti al Consiglio superiore della magistratura, il collocamento fuori ruolo non possa superare il periodo massimo complessivo di dieci anni. In ogni caso i magistrati collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura ovvero per mandato parlamentare non possono partecipare ai concorsi previsti dalla presente legge. Resta fermo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;
p) prevedere che:
1) le commissioni di cui alle lettere l) e m) siano nominate per due anni e siano automaticamente prorogate sino all’esaurimento delle procedure concorsuali in via di espletamento;
2) i componenti delle predette commissioni, ad eccezione dei magistrati che esercitino funzioni direttive requirenti di legittimità, non siano immediatamente confermabili e non possano essere nuovamente nominati prima che siano decorsi tre anni dalla cessazione dell’incarico;
q) prevedere che:
1) la progressione economica dei magistrati si articoli automaticamente secondo le seguenti classi di anzianità, salvo quanto previsto dai numeri 2) e 3) e fermo restando il migliore trattamento economico eventualmente conseguito:
1.1) prima classe: dalla data del decreto di nomina a sei mesi;
1.2) seconda classe: da sei mesi a due anni;
1.3) terza classe: da due a cinque anni;
1.4) quarta classe: da cinque a tredici anni;
1.5) quinta classe: da tredici a venti anni;
1.6) sesta classe: da venti a ventotto anni;
1.7) settima classe: da ventotto anni in poi;
2) i magistrati che conseguono le funzioni di secondo grado a seguito del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, di cui alla lettera f), numero 2), prima parte, conseguano la quinta classe di anzianità;
3) i magistrati che conseguono le funzioni di legittimità a seguito dei concorsi di cui alla lettera f), numero 3), conseguano la sesta classe di anzianità;
r) prevedere che il magistrato possa rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo il medesimo incarico per un periodo massimo di dieci anni, con facoltà di proroga del predetto termine per non oltre due anni, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell’ufficio e comunque con possibilità di condurre a conclusione eventuali processi di particolare complessità nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine; prevedere che non possano essere assegnati ai magistrati per i quali è in scadenza il termine di permanenza di cui sopra procedimenti la cui definizione non appare probabile entro il termine di scadenza;
s) prevedere che:
1) siano attribuite al magistrato capo dell’ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell’ufficio nel suo complesso, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché la competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l’organizzazione dell’attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico;
2) siano indicati i criteri per l’assegnazione al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria delle risorse finanziarie e strumentali necessarie per l’espletamento del suo mandato, riconoscendogli la competenza ad adottare atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, anche nel caso in cui comportino oneri di spesa, definendone i limiti;
3) sia assegnata al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria la gestione delle risorse di personale amministrativo in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell’ufficio e con il programma annuale delle attività e gli sia attribuito l’esercizio dei poteri di cui all’articolo 55, comma 4, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
4) entro trenta giorni dall’emanazione della direttiva del Ministro della giustizia di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e comunque non oltre il 15 febbraio di ciascun anno, il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria predispongano, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il programma delle attività da svolgersi nel corso dell’anno; il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria possano apportare eventuali modifiche al programma nel corso dell’anno; nell’ipotesi di mancata predisposizione o esecuzione del programma, oppure di mancata adozione di modifiche divenute indispensabili per la funzionalità dell’ufficio giudiziario, siano attribuiti al Ministro della giustizia, specificandone condizioni e modalità di esercizio, poteri di intervento in conformità a quanto previsto dall’articolo 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché poteri decisionali circa le rispettive competenze.
t) prevedere che:
1) presso le corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo, l’organizzazione tecnica e la gestione dei servizi non aventi carattere giurisdizionale siano affidate a un direttore tecnico, avente la qualifica di dirigente generale, nominato dal Ministro della giustizia, al quale sono attribuiti i compiti di gestione e controllo delle risorse umane, finanziarie e strumentali relative ai servizi tecnico-amministrativi degli uffici giudicanti e requirenti del distretto, di razionalizzazione ed organizzazione del loro utilizzo, nonché i compiti di programmare la necessità di nuove strutture tecniche e logistiche e di provvedere al loro costante aggiornamento, nonché di pianificare il loro utilizzo in relazione al carico giudiziario esistente, alla prevedibile evoluzione di esso e alle esigenze di carattere sociale nel rapporto tra i cittadini e la giustizia;
2) per ciascuna corte di appello di cui al numero 1):
2.1) sia istituita una struttura tecnico-amministrativa di supporto all’attività del direttore tecnico, composta da 11 unità, di cui 2 appartenenti alla posizione economica C2, 3 alla posizione economica C1, 3 alla posizione economica B3 e 3 alla posizione economica B2 e che, nell’ambito di dette posizioni economiche, in sede di prima applicazione, sia possibile avvalersi di personale tecnico estraneo all’Amministrazione;
2.2) le strutture di cui al numero 2.1) siano allestite attraverso il ricorso allo strumento della locazione finanziaria.
2. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere l’istituzione come ente autonomo della Scuola superiore della magistratura quale struttura didattica stabilmente preposta:
1) all’organizzazione e alla gestione del tirocinio e della formazione degli uditori giudiziari, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;
2) all’organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;
3) alla promozione di iniziative e scambi culturali, incontri di studio e ricerca;
4) all’offerta di formazione di magistrati stranieri, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria;
b) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia fornita di autonomia contabile, giuridica, organizzativa e funzionale ed utilizzi personale dell’organico del Ministero della giustizia, ovvero comandato da altre amministrazioni, in numero non superiore a cinquanta unità, con risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero;
c) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia articolata in due sezioni, l’una destinata al tirocinio degli uditori giudiziari, l’altra all’aggiornamento professionale e alla formazione dei magistrati;
d) prevedere che il tirocinio abbia la durata di ventiquattro mesi e che sia articolato in sessioni della durata di sei mesi quella presso la Scuola superiore della magistratura e di diciotto mesi quella presso gli uffici giudiziari, dei quali almeno nove in un collegio giudicante e nove in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione;
e) prevedere modalità differenti di svolgimento del tirocinio che tengano conto della diversità delle funzioni, giudicanti e requirenti, che gli uditori saranno chiamati a svolgere;
f) prevedere che nelle sessioni presso la Scuola superiore della magistratura gli uditori giudiziari ricevano insegnamento da docenti di elevata competenza e autorevolezza, scelti secondo princìpi di ampio pluralismo culturale, e siano seguiti assiduamente da tutori scelti tra i docenti della scuola;
g) prevedere che per ogni sessione sia compilata una scheda valutativa dell’uditore giudiziario;
h) prevedere che, in esito al tirocinio, sia formulata da parte della Scuola, tenendo conto di tutti i giudizi espressi sull’uditore nel corso dello stesso, una valutazione di idoneità all’assunzione delle funzioni giudiziarie sulla cui base il Consiglio superiore della magistratura delibera in via finale;
i) prevedere che, in caso di deliberazione finale negativa, l’uditore possa essere ammesso ad un ulteriore periodo di tirocinio, di durata non superiore a un anno, e che da un’ulteriore deliberazione negativa derivi la cessazione del rapporto di impiego;
l) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia diretta da un comitato che dura in carica quattro anni, composto dal primo Presidente della Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, da due magistrati ordinari nominati dal Consiglio superiore della magistratura, da un avvocato con almeno quindici anni di esercizio della professione nominato dal Consiglio nazionale forense, da un componente professore universitario ordinario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale e da un membro nominato dal Ministro della giustizia; prevedere che, nell’ambito del comitato, i componenti eleggano il presidente; prevedere che i componenti del comitato, diversi dal primo Presidente della Corte di cassazione, dal Procuratore generale presso la stessa e dai loro eventuali delegati, non siano immediatamente rinnovabili e non possano far parte delle commissioni di concorso per uditore giudiziario;
m) prevedere un comitato di gestione per ciascuna sezione, chiamato a dare attuazione alla programmazione annuale per il proprio ambito di competenza, a definire il contenuto analitico di ciascuna sessione e ad individuare i docenti, a fissare i criteri di ammissione alle sessioni di formazione, ad offrire ogni utile sussidio didattico e a sperimentare formule didattiche, a seguire lo svolgimento delle sessioni ed a presentare relazioni consuntive all’esito di ciascuna, a curare il tirocinio nelle fasi effettuate presso la Scuola selezionando i tutori nonché i docenti stabili e quelli occasionali; prevedere che, in ciascuna sezione, il comitato di gestione sia formato da un congruo numero di componenti, comunque non superiore a cinque, nominati dal comitato direttivo di cui alla lettera l);
n) prevedere che, nella programmazione dell’attività didattica, il comitato direttivo di cui alla lettera l) possa avvalersi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura, del Ministro della giustizia, del Consiglio nazionale forense, dei consigli giudiziari, del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché delle proposte dei componenti del Consiglio universitario nazionale esperti in materie giuridiche;
o) prevedere l’obbligo del magistrato a partecipare ogni cinque anni, se non vi ostano comprovate e motivate esigenze organizzative e funzionali degli uffici giudiziari di appartenenza, ai corsi di aggiornamento professionale e a quelli di formazione con conseguente riconoscimento di un corrispondente periodo di congedo retribuito; in ogni caso assicurare il diritto del magistrato a partecipare ai corsi di formazione funzionali al passaggio a funzioni superiori con facoltà del capo dell’ufficio di rinviare la partecipazione al corso per un periodo non superiore a sei mesi;
p) stabilire che, al termine del corso di aggiornamento professionale, sia formulata una valutazione che contenga elementi di verifica attitudinale e di proficua partecipazione del magistrato al corso, modulata secondo la tipologia del corso, da inserire nel fascicolo personale del magistrato, al fine di costituire elemento per le valutazioni operate dal Consiglio superiore della magistratura;
q) prevedere che il magistrato, il quale abbia partecipato ai corsi di aggiornamento professionale organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, possa nuovamente parteciparvi trascorso almeno un anno;
r) prevedere che vengano istituite sino a tre sedi della Scuola superiore della magistratura a competenza interregionale;
s) prevedere che, al settimo anno dall’ingresso in magistratura, i magistrati che non abbiano effettuato il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti o viceversa, previsto dal comma 1, lettera g), numeri 1) e 3), debbano frequentare presso la Scuola superiore della magistratura il corso di aggiornamento e formazione alle funzioni da loro svolte e, all’esito, siano sottoposti dal Consiglio superiore della magistratura, secondo i criteri indicati alla lettera t), a giudizio di idoneità per l’esercizio in via definitiva delle funzioni medesime; che, in caso di esito negativo, il giudizio di idoneità debba essere ripetuto per non più di due volte, con l’intervallo di un biennio tra un giudizio e l’altro; che, in caso di esito negativo di tre giudizi consecutivi, si applichi l’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificato ai sensi del comma 6, lettera o), del presente articolo;
t) prevedere che i magistrati, i quali non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità, dopo avere frequentato con esito positivo l’apposito corso di aggiornamento e formazione presso la Scuola superiore della magistratura, siano sottoposti da parte del Consiglio superiore della magistratura a valutazioni periodiche di professionalità, desunte dall’attività giudiziaria e scientifica, dalla produttività, dalla laboriosità, dalla capacità tecnica, dall’equilibrio, dalla disponibilità alle esigenze del servizio, dal tratto con tutti i soggetti processuali, dalla deontologia, nonché dalle valutazioni di cui alla lettera p); prevedere che le valutazioni di cui alla presente lettera debbano avvenire al compimento del tredicesimo, ventesimo e ventottesimo anno dall’ingresso in magistratura e che il passaggio rispettivamente alla quinta, alla sesta ed alla settima classe stipendiale possa essere disposto solo in caso di valutazione positiva; prevedere che, in caso di esito negativo, la valutazione debba essere ripetuta per non più di due volte, con l’intervallo di un biennio tra una valutazione e l’altra; prevedere che, in caso di esito negativo di tre valutazioni consecutive, si applichi l’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificato ai sensi del comma 6, lettera o), del presente articolo;
u) prevedere che, per i magistrati che hanno sostenuto i concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità e non abbiano ottenuto i relativi posti, la commissione di concorso comunichi al Consiglio superiore della magistratura l’elenco di coloro i quali, per inidoneità, non devono essere esentati dalle valutazioni periodiche di professionalità.
3. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere l’istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, composto, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera c), da un magistrato che eserciti funzioni direttive giudicanti di legittimità, da un magistrato che eserciti funzioni direttive requirenti di legittimità, da due magistrati che esercitino effettive funzioni giudicanti di legittimità in servizio presso la Corte di cassazione, da un magistrato che eserciti effettive funzioni requirenti di legittimità in servizio presso la Procura generale della Corte di cassazione, da un professore ordinario di università in materie giuridiche e da un avvocato con venti anni di esercizio della professione che sia iscritto da almeno cinque anni nell’albo speciale per le giurisdizioni superiori di cui all’articolo 33 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36;
b) prevedere che i componenti non togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano designati, rispettivamente, dal Consiglio universitario nazionale e dal Consiglio nazionale forense;
c) prevedere che membri di diritto del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano il primo Presidente, il Procuratore generale della medesima Corte e il Presidente del Consiglio nazionale forense;
d) prevedere che il Consiglio direttivo della Corte di cassazione sia presieduto dal primo Presidente ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;
e) prevedere che al Consiglio direttivo della Corte di cassazione si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni dettate alle lettere n), o), r), u) e z) per i consigli giudiziari presso le corti d’appello;
f) prevedere che i consigli giudiziari presso le corti d’appello nei distretti nei quali prestino servizio fino a trecentocinquanta magistrati ordinari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera l), da cinque magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, di cui uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno tra gli avvocati che abbiano almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al consiglio medesimo, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;
g) prevedere che nei distretti nei quali prestino servizio oltre trecentocinquanta magistrati ordinari, i consigli giudiziari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera l), da sette magistrati in servizio presso uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, dei quali uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno nominato tra gli avvocati con almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due nominati dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al medesimo consiglio, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;
h) prevedere che i componenti supplenti del consiglio giudiziario siano cinque, due dei quali magistrati che esercitano, rispettivamente, funzioni requirenti e giudicanti nel distretto e tre componenti non togati nominati con lo stesso criterio di cui alle lettere f) e g), riservandosi un posto per ciascuna delle tre categorie non togate indicate nelle medesime lettere f) e g);
i) prevedere che i componenti avvocati e professori universitari siano nominati, rispettivamente, dal Consiglio nazionale forense ovvero dal Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei consigli dell’ordine degli avvocati del distretto e dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione;
l) prevedere che membri di diritto del consiglio giudiziario siano il presidente, il procuratore generale della corte d’appello ed il presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto;
m) prevedere che il consiglio giudiziario sia presieduto dal presidente della corte d’appello ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;
n) prevedere che il consiglio giudiziario duri in carica quattro anni e che i componenti non possano essere immediatamente confermati;
o) prevedere che l’elezione dei componenti togati del consiglio giudiziario avvenga in un collegio unico distrettuale con il medesimo sistema vigente per l’elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura, in quanto compatibile, così da attribuire tre seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e due seggi a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono fino a trecentocinquanta magistrati, quattro seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e tre seggi a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono oltre trecentocinquanta magistrati;
p) prevedere che dei componenti togati del consiglio giudiziario che esercitano funzioni giudicanti uno abbia maturato un’anzianità di servizio non inferiore a venti anni;
q) prevedere che la nomina dei componenti supplenti del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari presso le corti d’appello avvenga secondo i medesimi criteri indicati per la nomina dei titolari;
r) prevedere che al consiglio giudiziario vengano attribuite le seguenti competenze:
1) parere sulle tabelle proposte dai titolari degli uffici, nel rispetto dei criteri generali indicati dalla legge;
2) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, sull’attività dei magistrati sotto il profilo della preparazione, della capacità tecnico-professionale, della laboriosità, della diligenza, dell’equilibrio nell’esercizio delle funzioni, e comunque nelle ipotesi previste dal comma 1 e nei periodi intermedi di permanenza nella qualifica. Ai fini sopra indicati, il consiglio giudiziario dovrà acquisire le motivate e dettagliate valutazioni del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel luogo ove il magistrato esercita le sue funzioni e, se non coincidente, anche del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto;
3) vigilanza sul comportamento dei magistrati con obbligo di segnalare i fatti disciplinarmente rilevanti ai titolari dell’azione disciplinare;
4) vigilanza sull’andamento degli uffici giudiziari nel distretto, con segnalazione delle eventuali disfunzioni rilevate al Ministro della giustizia;
5) formulazione di pareri e proposte sull’organizzazione ed il funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto;
6) adozione di provvedimenti relativi allo stato dei magistrati, con particolare riferimento a quelli relativi ad aspettative e congedi, dipendenza di infermità da cause di servizio, equo indennizzo, pensioni privilegiate, concessione di sussidi;
7) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, in ordine all’adozione da parte del medesimo Consiglio di provvedimenti inerenti collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze dall’impiego, concessioni di titoli onorifici, riammissioni in magistratura;
s) prevedere che i consigli giudiziari formulino pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, su materie attinenti ad ulteriori competenze ad essi attribuite;
t) coordinare con quanto previsto dalla presente legge le disposizioni vigenti che prevedono ulteriori competenze dei consigli giudiziari;
u) prevedere la reclamabilità innanzi al Consiglio superiore della magistratura delle delibere adottate dal consiglio giudiziario nelle materie di cui alla lettera r), numero 1);
v) prevedere che i componenti designati dal consiglio regionale prendano parte esclusivamente alle riunioni, alle discussioni ed alle deliberazioni inerenti le materie di cui alla lettera r), numeri 1), 4) e 5);
z) prevedere che gli avvocati, i professori ed il rappresentante dei giudici di pace che compongono il consiglio giudiziario possano prendere parte solo alle discussioni e deliberazioni concernenti le materie di cui alla lettera r), numeri 1), 4) e 5). Il rappresentante dei giudici di pace, inoltre, partecipa alle discussioni e deliberazioni di cui agli articoli 4, 4-bis, 7, comma 2-bis, e 9, comma 4, della legge 21 novembre 1991, n. 374.
4. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che il procuratore della Repubblica, quale preposto all’ufficio del pubblico ministero, sia il titolare esclusivo dell’azione penale e che la eserciti sotto la sua responsabilità nei modi e nei termini stabiliti dalla legge, assicurando il corretto ed uniforme esercizio della stessa e delle norme sul giusto processo;
b) prevedere che il procuratore della Repubblica possa delegare un procuratore aggiunto alla funzione del vicario, nonché uno o più procuratori aggiunti ovvero uno o più magistrati del proprio ufficio perché lo coadiuvino nella gestione per il compimento di singoli atti, per la trattazione di uno o più procedimenti o nella gestione dell’attività di un settore di affari;
c) prevedere che il procuratore della Repubblica determini i criteri per l’organizzazione dell’ufficio e quelli ai quali si uniformerà nell’assegnazione della trattazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti o ai magistrati del proprio ufficio, precisando per quali tipologie di reato riterrà di adottare meccanismi di natura automatica; di tali criteri il Procuratore della Repubblica deve dare comunicazione al Consiglio superiore della magistratura; prevedere che il procuratore della Repubblica possa determinare i criteri cui i procuratori aggiunti o i magistrati delegati ai sensi della lettera b) devono attenersi nell’adempimento della delega, con facoltà di revoca in caso di divergenza o di inosservanza dei criteri; prevedere che il procuratore della Repubblica trasmetta al Procuratore generale presso la Corte di cassazione il provvedimento di revoca della delega alla trattazione di un procedimento e le eventuali osservazioni formulate dal magistrato o dal procuratore aggiunto cui è stata revocata la delega; che il provvedimento di revoca e le osservazioni vengano acquisiti nei relativi fascicoli personali; prevede che il procuratore della Repubblica possa determinare i criteri generali cui i magistrati addetti all’ufficio devono attenersi nell’impiego della polizia giudiziaria, nell’utilizzo delle risorse finanziarie e tecnologiche dell’ufficio e nella impostazione delle indagini;
d) prevedere che alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), sia abrogato l’articolo 7-ter, comma 3, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, introdotto dall’articolo 6 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51;
e) prevedere che gli atti di ufficio, che incidano o richiedano di incidere su diritti reali o sulla libertà personale, siano assunti previo assenso del procuratore della Repubblica ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato eventualmente delegato ai sensi della lettera b); prevedere tuttavia che le disposizioni della presente lettera non si applichino nelle ipotesi in cui la misura cautelare personale o reale è richiesta in sede di convalida del fermo o dell’arresto o del sequestro ovvero, limitatamente alle misure cautelari reali, nelle ipotesi che il procuratore della Repubblica, in ragione del valore del bene o della rilevanza del fatto per cui si procede, riterrà di dovere indicare con apposita direttiva;
f) prevedere che il procuratore della Repubblica tenga personalmente, o tramite magistrato appositamente delegato, i rapporti con gli organi di informazione e che tutte le informazioni sulle attività dell’ufficio vengano attribuite impersonalmente allo stesso; prevedere che il procuratore della Repubblica segnali obbligatoriamente al consiglio giudiziario, ai fini di quanto previsto al comma 3, lettera r), numero 3), i comportamenti dei magistrati del proprio ufficio che siano in contrasto con la disposizione di cui sopra;
g) prevedere che il procuratore generale presso la corte di appello, al fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell’azione penale, nonché il rispetto dell’adempimento degli obblighi di cui alla lettera a), acquisisca dalle procure del distretto dati e notizie, relazionando annualmente, oltre che quando lo ritenga necessario, al Procuratore generale presso la Corte di cassazione;
h) prevedere, relativamente ai procedimenti riguardanti i reati indicati nell’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, che sia fatto salvo quanto previsto dall’articolo 70-bis dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni;
5. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione nonché di tutti i posti di magistrato d’appello destinato alla Procura generale presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di cassazione, presso i rispettivi uffici;
b) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di tribunale;
c) prevedere che della pianta organica della Corte di cassazione facciano parte trentasette magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale con non meno di cinque anni di esercizio delle funzioni di merito destinati a prestare servizio presso l’ufficio del massimario e del ruolo;
d) prevedere che il servizio prestato per almeno otto anni presso l’ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione costituisca, a parità di graduatoria, titolo preferenziale nell’attribuzione delle funzioni giudicanti di legittimità;
e) prevedere l’abrogazione dell’articolo 116 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, e prevedere che all’articolo 117 e alla relativa rubrica del citato ordinamento giudiziario di cui al regio decreto n.12 del 1941 siano soppresse le parole: «di appello e».
6. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) provvedere alla tipizzazione delle ipotesi di illecito disciplinare dei magistrati, sia inerenti l’esercizio della funzione sia estranee alla stessa, garantendo comunque la necessaria completezza della disciplina con adeguate norme di chiusura, nonché all’individuazione delle relative sanzioni;
b) prevedere:
1) che il magistrato debba esercitare le funzioni attribuitegli con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo ed equilibrio;
2) che in ogni atto di esercizio delle funzioni il magistrato debba rispettare la dignità della persona;
3) che anche fuori dall’esercizio delle sue funzioni il magistrato non debba tenere comportamenti, ancorché legittimi, che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio dell’istituzione;
4) che la violazione dei predetti doveri costituisca illecito disciplinare perseguibile nelle ipotesi previste dalle lettere c), d) ed e);
c) salvo quanto stabilito dal numero 11), prevedere che costituiscano illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni:
1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti; l’omissione della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p); la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;
2) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell’ambito dell’ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori; l’ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altro magistrato; l’omessa comunicazione al capo dell’ufficio delle avvenute interferenze da parte del magistrato destinatario delle medesime;
3) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile; il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile; il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia; l’emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge; l’adozione di provvedimenti non consentiti dalla legge che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali; la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi competenti; l’indebito affidamento ad altri del proprio lavoro; l’inosservanza dell’obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l’ufficio, se manca l’autorizzazione prevista dalle norme vigenti e ne sia derivato concreto pregiudizio all’adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità;
4) il reiterato, grave o ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni; il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato al lavoro giudiziario; per il dirigente dell’ufficio o il presidente di una sezione o il presidente di un collegio, l’omettere di assegnarsi affari e di redigere i relativi provvedimenti; l’inosservanza dell’obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione legittima dell’organo competente;
5) i comportamenti che determinano la divulgazione di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonché la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere diritti altrui; pubbliche dichiarazioni o interviste che, sotto qualsiasi profilo, riguardino i soggetti a qualsivoglia titolo coinvolti negli affari in corso di trattazione e che non siano stati definiti con sentenza passata in giudicato;
6) il tenere rapporti in relazione all’attività del proprio ufficio con gli organi di informazione al di fuori delle modalità previste al comma 4, lettera f); il sollecitare la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio ovvero il costituire e l’utilizzare canali informativi personali riservati o privilegiati; il rilasciare dichiarazioni e interviste in violazione dei criteri di equilibrio e di misura;
7) l’adozione intenzionale di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione, tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo;
8) l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell’ufficio, della sezione o del collegio; l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p), ovvero delle situazioni che possono dare luogo all’adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificati ai sensi delle lettere n) e o);
9) l’adozione di provvedimenti abnormi ovvero di atti e provvedimenti che costituiscano esercizio di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi o amministrativi ovvero ad altri organi costituzionali;
10) l’emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile;
11) fermo quanto previsto dai numeri 3), 7) e 9), non può dar luogo a responsabilità disciplinare l’attività di interpretazione di norme di diritto in conformità all’articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale;
d) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari al di fuori dell’esercizio delle funzioni:
1) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sé o per altri;
2) il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione comunque trattato dal magistrato, o persona che a questi consta essere stata dichiarata delinquente abituale, professionale o per tendenza o aver subìto condanna per delitti non colposi alla pena della reclusione superiore a tre anni o una misura di prevenzione, salvo che sia intervenuta la riabilitazione, ovvero l’intrattenere rapporti consapevoli di affari con una di tali persone;
3) l’assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione dell’organo competente;
4) lo svolgimento di attività incompatibili con la funzione giudiziaria o tali da recare concreto pregiudizio all’assolvimento dei doveri indicati nella lettera b), numeri 1), 2) e 3);
5) l’ottenere, direttamente o indirettamente, prestiti o agevolazioni da soggetti che il magistrato sa essere indagati, parti offese, testimoni o comunque coinvolti in procedimenti penali o civili pendenti presso l’ufficio giudiziario di appartenenza o presso altro ufficio che si trovi nel distretto di corte d’appello nel quale esercita le funzioni giudiziarie, ovvero dai difensori di costoro;
6) la pubblica manifestazione di consenso o dissenso in ordine ad un procedimento in corso quando, per la posizione del magistrato o per le modalità con cui il giudizio è espresso, sia idonea a condizionare la libertà di decisione nel procedimento medesimo;
7) la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli sono oggettivamente incompatibili con l’esercizio delle funzioni giudiziarie;
8) l’iscrizione o la partecipazione a partiti politici ovvero il coinvolgimento nelle attività di centri politici o affaristici che possano condizionare l’esercizio delle funzioni o comunque appannare l’immagine del magistrato;
9) ogni altro comportamento tale da compromettere l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell’apparenza;
10) l’uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, è idoneo a turbare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste;
e) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari conseguenti al reato:
1) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto doloso o preterintenzionale, quando la legge stabilisce la pena detentiva sola o congiunta alla pena pecuniaria;
2) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto colposo, alla pena della reclusione, sempre che presentino, per modalità e conseguenze, carattere di particolare gravità;
3) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, alla pena dell’arresto, sempre che presentino, per le modalità di esecuzione, carattere di particolare gravità;
4) altri fatti costituenti reato idonei a compromettere la credibilità del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l’azione penale non può essere iniziata o proseguita;
f) prevedere come sanzioni disciplinari:
1) l’ammonimento;
2) la censura;
3) la perdita dell’anzianità;
4) l’incapacità temporanea ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo;
5) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;
6) la rimozione;
g) stabilire che:
1) l’ammonimento consista nel richiamo, espresso nel dispositivo della decisione, all’osservanza da parte del magistrato dei suoi doveri, in rapporto all’illecito commesso;
2) la censura consista in un biasimo formale espresso nel dispositivo della decisione;
3) la sanzione della perdita dell’anzianità sia inflitta per un periodo compreso tra due mesi e due anni;
4) la sanzione della temporanea incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo sia inflitta per un periodo compreso tra sei mesi e due anni. Se il magistrato svolge funzioni direttive o semidirettive, debbono essergli conferite di ufficio altre funzioni non direttive o semidirettive, corrispondenti alla sua qualifica. Scontata la sanzione, il magistrato non può riprendere l’esercizio delle funzioni direttive o semidirettive presso l’ufficio dove le svolgeva anteriormente alla condanna;
5) la sospensione dalle funzioni comporti altresì la sospensione dallo stipendio ed il collocamento del magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura. Al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare pari ai due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo, se il magistrato sta percependo il trattamento economico riservato alla prima o seconda o terza classe stipendiale; alla metà, se alla quarta o quinta classe; ad un terzo, se alla sesta o settima classe;
6) la rimozione determini la cessazione del rapporto di servizio;
7) quando, per il concorso di più illeciti disciplinari, si dovrebbero irrogare più sanzioni meno gravi, si applichi altra sanzione di maggiore gravità, sola o congiunta con quella meno grave se compatibile;
8) la sanzione di cui al numero 6) sia eseguita mediante decreto del Presidente della Repubblica;
h) prevedere che siano puniti con la sanzione non inferiore alla censura:
1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;
2) la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;
3) l’omissione, da parte dell’interessato, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificati ai sensi della lettera p);
4) il tenere comportamenti che, a causa dei rapporti comunque esistenti con i soggetti coinvolti nel procedimento ovvero a causa di avvenute interferenze, costituiscano violazione del dovere di imparzialità;
5) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera c);
6) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;
7) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni;
8) la scarsa laboriosità, se abituale;
9) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;
10) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti;
11) lo svolgimento di incarichi extragiudiziari senza avere richiesto o ottenuto la prescritta autorizzazione dal Consiglio superiore della magistratura, qualora per l’entità e la natura dell’incarico il fatto non si appalesi di particolare gravità;
i) prevedere che siano puniti con una sanzione non inferiore alla perdita dell’anzianità:
1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano grave ed ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;
2) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave;
3) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera d);
l) stabilire che:
1) sia punita con la sanzione della incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo l’interferenza nell’attività di altro magistrato da parte del dirigente dell’ufficio o del presidente della sezione, se ripetuta o grave;
2) sia punita con una sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni l’accettazione e lo svolgimento di incarichi ed uffici vietati dalla legge ovvero l’accettazione e lo svolgimento di incarichi per i quali non è stata richiesta o ottenuta la prescritta autorizzazione, qualora per l’entità e la natura dell’incarico il fatto si appalesi di particolare gravità;
3) sia rimosso il magistrato che sia stato condannato in sede disciplinare per i fatti previsti dalla lettera d), numero 5), che incorre nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale o che incorre in una condanna a pena detentiva per delitto non colposo non inferiore ad un anno la cui esecuzione non sia stata sospesa ai sensi degli articoli 163 e 164 del codice penale o per la quale sia intervenuto provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell’articolo 168 dello stesso codice;
m) stabilire che, nell’infliggere una sanzione diversa dall’ammonimento e dalla rimozione, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura possa disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell’amministrazione della giustizia. Il trasferimento è sempre disposto quando ricorre una delle violazioni previste dal numero 1) della lettera c), ad eccezione dell’inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge e dell’inosservanza dell’obbligo della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, dal numero 1) della lettera d), ovvero se è inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni;
n) prevedere che, nei casi di procedimento disciplinare per addebiti punibili con una sanzione diversa dall’ammonimento, su richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, ove sussistano gravi elementi di fondatezza dell’azione disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza, possa essere disposto dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, in via cautelare e provvisoria, il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni; modificare il secondo comma dell’articolo 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, stabilendo che, fermo quanto previsto dalla lettera m) e dalla prima parte della presente lettera, in sede di procedimento disciplinare, il trasferimento ad altre sede o la destinazione ad altre funzioni possano essere disposti con procedimento amministrativo dal Consiglio superiore della magistratura solo per una causa incolpevole tale da impedire al magistrato di svolgere le sue funzioni, nella sede occupata, con piena indipendenza e imparzialità; prevedere che alla data di entrata in vigore del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), i procedimenti amministrativi di trasferimento di ufficio ai sensi dell’articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, pendenti presso il Consiglio superiore della magistratura, per fatti astrattamente riconducibili alle fattispecie disciplinari previste dal presente comma siano trasmessi al Procuratore generale presso la Corte di cassazione per le sue determinazioni in ordine all’azione disciplinare;
o) prevedere la modifica dell’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, consentendo anche di far transitare nella pubblica amministrazione, con funzioni amministrative, i magistrati dispensati dal servizio;
p) ridisciplinare le ipotesi di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, in maniera più puntuale e rigorosa prevedendo, salvo eccezioni specificatamente disciplinate con riferimento all’entità dell’organico nonché alla diversità di incarico, l’incompatibilità per il magistrato a svolgere l’attività presso il medesimo ufficio in cui parenti sino al secondo grado, affini in primo grado, il coniuge o il convivente esercitano la professione di magistrato o di avvocato o di ufficiale o agente di polizia giudiziaria;
q) equiparare gli effetti della decadenza a quelli delle dimissioni.
7. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene, per quel che riguarda la procedura per l’applicazione delle sanzioni disciplinari, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che le funzioni di pubblico ministero nel procedimento disciplinare siano esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto, e che all’attività di indagine relativa al procedimento disciplinare proceda il pubblico ministero;
b) stabilire che:
1) l’azione disciplinare sia promossa entro due anni dalla notizia del fatto, acquisita a seguito di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia;
2) entro due anni dall’inizio del procedimento debba essere richiesta l’emissione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare; entro due anni dalla richiesta debba pronunciarsi la sezione disciplinare. Se la sentenza è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia nel giudizio di rinvio è di un anno e decorre dalla data in cui vengono restituiti dalla Corte di cassazione gli atti del procedimento. Se i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre che l’incolpato vi consenta;
3) il corso dei termini sia sospeso:
3.1) se per il medesimo fatto è iniziato il procedimento penale, riprendendo a decorrere dalla data in cui non è più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna;
3.2) se durante il procedimento disciplinare viene sollevata questione di legittimità costituzionale, riprendendo a decorrere dal giorno in cui è pubblicata la decisione della Corte costituzionale;
3.3) se l’incolpato è sottoposto a perizia o ad accertamenti specialistici, e per tutto il tempo necessario;
3.4) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell’incolpato o del suo difensore o per impedimento dell’incolpato o del suo difensore;
c) prevedere che:
1) il Ministro della giustizia abbia facoltà di promuovere l’azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Dell’iniziativa il Ministro dà comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede;
2) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione abbia l’obbligo di esercitare l’azione disciplinare dandone comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. Il Ministro della giustizia, se ritiene che l’azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta al Procuratore generale, ed analoga richiesta può fare nel corso delle indagini;
3) il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici debbano comunicare al Ministro della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di collegio debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l’attività dei magistrati della sezione o del collegio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare;
4) la richiesta di indagini rivolta dal Ministro della giustizia al Procuratore generale o la comunicazione da quest’ultimo data al Consiglio superiore della magistratura ai sensi del numero 2) determinino a tutti gli effetti l’inizio del procedimento;
5) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possa contestare fatti nuovi nel corso delle indagini, anche se l’azione è stata promossa dal Ministro della giustizia, salva la facoltà del Ministro di cui al numero 2), ultimo periodo;
d) stabilire che:
1) dell’inizio del procedimento debba essere data comunicazione entro trenta giorni all’incolpato con l’indicazione del fatto che gli viene addebitato; analoga comunicazione debba essere data per le ulteriori contestazioni di cui al numero 5) della lettera c). L’incolpato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato, designati in qualunque momento dopo la comunicazione dell’addebito, nonché, se del caso, da un consulente tecnico;
2) gli atti di indagine non preceduti dalla comunicazione all’incolpato o dall’avviso al difensore, se già designato, siano nulli, ma la nullità non possa essere più rilevata quando non è dedotta con dichiarazione scritta e motivata nel termine di dieci giorni dalla data in cui l’interessato ha avuto conoscenza del contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare;
3) per l’attività di indagine si osservino, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, delle persone informate sui fatti, dei periti e degli interpreti; si applica comunque quanto previsto dall’articolo 133 del codice di procedura penale. Alle persone informate sui fatti, ai periti e interpreti si applicano le disposizioni degli articoli 366, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale; prevedere che il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, se lo ritenga necessario ai fini delle sue determinazioni sull’azione disciplinare, possa acquisire atti coperti da segreto investigativo senza che detto segreto possa essergli opposto; prevedere altresì che nel caso in cui il Procuratore generale acquisisca atti coperti da segreto investigativo ed il procuratore della Repubblica comunichi motivatamente che dalla loro pubblicizzazione possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il Procuratore generale disponga con decreto che i detti atti rimangano segreti per un periodo non superiore a dodici mesi e sospenda il procedimento disciplinare per un analogo periodo;
4) per gli atti da compiersi fuori dal suo ufficio, il pubblico ministero possa richiedere altro magistrato in servizio presso la procura generale della corte d’appello nel cui distretto l’atto deve essere compiuto;
5) al termine delle indagini, il Procuratore generale con le richieste conclusive di cui alla lettera e) invii alla sezione disciplinare il fascicolo del procedimento e ne dia comunicazione all’incolpato; il fascicolo sia depositato nella segreteria della sezione a disposizione dell’incolpato, con facoltà di prenderne visione e di estrarre copia degli atti;
e) prevedere che:
1) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, al termine delle indagini, se non ritiene di dover chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formuli l’incolpazione e chieda al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale; il Procuratore generale presso la Corte di cassazione dà comunicazione al Ministro della giustizia delle sue determinazioni ed invia copia dell’atto;
2) il Ministro della giustizia, in caso di richiesta di declaratoria di non luogo a procedere, abbia facoltà di proporre opposizione entro dieci giorni, presentando memoria. Il Consiglio superiore della magistratura decide in camera di consiglio, sentite le parti;
3) il Ministro della giustizia, entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 1), possa chiedere l’integrazione e, nel caso di azione disciplinare da lui promossa, la modificazione della contestazione, cui provvede il Procuratore generale presso la Corte di cassazione;
4) il presidente della sezione disciplinare fissi, con suo decreto, il giorno della discussione orale, con avviso ai testimoni e ai periti;
5) il decreto di cui al numero 4) sia comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata per la discussione orale, al pubblico ministero e all’incolpato nonché al difensore di quest’ultimo se già designato e al Ministro della giustizia;
6) nel caso in cui il Procuratore generale ritenga che si debba escludere l’addebito, faccia richiesta motivata alla sezione disciplinare per la declaratoria di non luogo a procedere. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, con invio di copia dell’atto;
7) il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 6), possa richiedere copia degli atti del procedimento e, nei venti giorni successivi alla ricezione degli stessi, possa richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale, formulando l’incolpazione;
8) decorsi i termini di cui al numero 7), sulla richiesta di non luogo a procedere la sezione disciplinare decida in camera di consiglio. Se rigetta la richiesta, provvede nei modi previsti dai numeri 4) e 5). Sulla richiesta del Ministro della giustizia di fissazione della discussione orale, si provvede nei modi previsti nei numeri 4) e 5) e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto;
9) della data fissata per la discussione orale sia dato avviso al Ministro della giustizia, il quale può esercitare la facoltà di partecipare all’udienza delegando un magistrato dell’Ispettorato generale;
10) il delegato del Ministro della giustizia possa presentare memorie, esaminare testi, consulenti e periti e interrogare l’incolpato;
f) prevedere che:
1) nella discussione orale un componente della sezione disciplinare nominato dal presidente svolga la relazione;
2) l’udienza sia pubblica; tuttavia la sezione disciplinare, su richiesta di una delle parti, possa comunque disporre che la discussione non sia pubblica se ricorrono esigenze di tutela della credibilità della funzione giudiziaria, con riferimento ai fatti contestati ed all’ufficio che l’incolpato occupa, ovvero esigenze di tutela del diritto dei terzi;
3) la sezione disciplinare possa assumere anche d’ufficio tutte le prove che ritiene utili, possa disporre o consentire la lettura di rapporti dell’Ispettorato generale del Ministero della giustizia, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici, la lettura di atti dei fascicoli personali nonché delle prove acquisite nel corso delle indagini; possa consentire l’esibizione di documenti da parte del pubblico ministero, dell’incolpato e del delegato del Ministro della giustizia. Si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale sul dibattimento, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, dei testimoni, dei periti e degli interpreti; resta fermo quanto previsto dall’articolo 133 del codice di procedura penale. Ai testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni di cui agli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale;
4) la sezione disciplinare deliberi immediatamente dopo l’assunzione delle prove, le conclusioni del pubblico ministero, del delegato del Ministro della giustizia e della difesa dell’incolpato; questi debba essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio;
5) se non è raggiunta prova sufficiente dell’addebito, la sezione disciplinare ne dichiari esclusa la sussistenza;
6) i motivi della sentenza siano depositati nella segreteria della sezione disciplinare entro trenta giorni dalla deliberazione;
7) dei provvedimenti adottati dalla sezione disciplinare sia data comunicazione al Ministro della giustizia con invio di copia integrale, anche ai fini della decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione. Il Ministro può richiedere copia degli atti del procedimento;
g) stabilire che:
1) l’azione disciplinare sia promossa indipendentemente dall’azione civile di risarcimento del danno o dall’azione penale relativa allo stesso fatto, fermo restando quanto previsto dal numero 3) della lettera b);
2) abbiano autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare la sentenza penale irrevocabile di condanna, quella prevista dall’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, che è equiparata alla sentenza di condanna, e quella irrevocabile di assoluzione pronunciata perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso;
h) prevedere che:
1) a richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, la sezione disciplinare sospenda dalle funzioni e dallo stipendio e collochi fuori dal ruolo organico della magistratura il magistrato, sottoposto a procedimento penale, nei cui confronti sia stata adottata una misura cautelare personale;
2) la sospensione permanga sino alla sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione o alla sentenza irrevocabile di proscioglimento; la sospensione debba essere revocata, anche d’ufficio, dalla sezione disciplinare, allorché la misura cautelare è revocata per carenza di gravi indizi di colpevolezza; la sospensione possa essere revocata, anche d’ufficio, negli altri casi di revoca o di cessazione degli effetti della misura cautelare;
3) al magistrato sospeso sia corrisposto un assegno alimentare nella misura indicata nel secondo periodo del numero 5) della lettera g) del comma 6;
4) il magistrato riacquisti il diritto agli stipendi e alle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, se è prosciolto con sentenza irrevocabile ai sensi dell’articolo 530 del codice di procedura penale. Tale disposizione si applica anche se è pronunciata nei suoi confronti sentenza di proscioglimento per ragioni diverse o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione, qualora, essendo stato il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare, lo stesso si sia concluso con la pronuncia indicata nel numero 3) della lettera m);
i) prevedere che:
1) quando il magistrato è sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva, o quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare che, per la loro gravità, siano incompatibili con l’esercizio delle funzioni, il Ministro della giustizia o il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possano chiedere la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio, e il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura, anche prima dell’inizio del procedimento disciplinare;
2) la sezione disciplinare convochi il magistrato con un preavviso di almeno tre giorni e provveda dopo aver sentito l’interessato o dopo aver constatato la sua mancata presentazione. Il magistrato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato anche nel corso del procedimento di sospensione cautelare;
3) la sospensione possa essere revocata dalla sezione disciplinare in qualsiasi momento, anche d’ufficio;
4) si applichino le disposizioni di cui alla lettera h), numeri 3) e 4);
l) prevedere che:
1) contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) e contro le sentenze della sezione disciplinare, l’incolpato, il Ministro della giustizia e il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possano proporre ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale. Nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato;
2) la Corte di cassazione decida a sezioni unite penali, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso;
m) prevedere che:
1) il magistrato sottoposto a procedimento penale e cautelarmente sospeso abbia diritto ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore qualora sia prosciolto con sentenza irrevocabile ovvero sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione. Se il posto prima occupato non è vacante, ha diritto di scelta fra quelli disponibili, ed entro un anno può chiedere l’assegnazione ad ufficio analogo a quello originariamente ricoperto, con precedenza rispetto ad altri eventuali concorrenti;
2) la sospensione cautelare cessi di diritto quando diviene definitiva la pronuncia della sezione disciplinare che conclude il procedimento;
3) se è pronunciata sentenza di non luogo a procedere o se l’incolpato è assolto o condannato ad una sanzione diversa dalla rimozione o dalla sospensione dalle funzioni per un tempo pari o superiore alla durata della sospensione cautelare eventualmente disposta, siano corrisposti gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme già riscosse per assegno alimentare;
n) prevedere che:
1) in ogni tempo sia ammessa la revisione delle sentenze divenute irrevocabili, con le quali è stata applicata una sanzione disciplinare, quando:
1.1) i fatti posti a fondamento della sentenza risultano incompatibili con quelli accertati in una sentenza penale irrevocabile ovvero in una sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione;
1.2) sono sopravvenuti o si scoprono, dopo la decisione, nuovi elementi di prova, che, soli o uniti a quelli già esaminati nel procedimento disciplinare, dimostrano l’insussistenza dell’illecito;
1.3) il giudizio di responsabilità e l’applicazione della relativa sanzione sono stati determinati da falsità ovvero da altro reato accertato con sentenza irrevocabile;
2) gli elementi in base ai quali si chiede la revisione debbano, a pena di inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare che, se accertati, debba essere escluso l’addebito o debba essere applicata una sanzione diversa da quella inflitta se trattasi della rimozione, ovvero se dalla sanzione applicata è conseguito il trasferimento d’ufficio;
3) la revisione possa essere chiesta dal magistrato al quale è stata applicata la sanzione disciplinare o, in caso di morte o di sopravvenuta incapacità di questi, da un suo prossimo congiunto che vi abbia interesse anche soltanto morale;
4) l’istanza di revisione sia proposta personalmente o per mezzo di procuratore speciale. Essa deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione specifica delle ragioni e dei mezzi di prova che la giustificano e deve essere presentata, unitamente ad eventuali atti e documenti, alla segreteria della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura;
5) nei casi previsti dai numeri 1.1) e 1.3), all’istanza debba essere unita copia autentica della sentenza penale;
6) la revisione possa essere chiesta anche dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione, alle condizioni di cui ai numeri 1) e 2) e con le modalità di cui ai numeri 4) e 5);
7) la sezione disciplinare acquisisca gli atti del procedimento disciplinare e, sentiti il Ministro della giustizia, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, l’istante ed il suo difensore, dichiari inammissibile l’istanza di revisione se proposta fuori dai casi di cui al numero 2), o senza l’osservanza delle disposizioni di cui al numero 4) ovvero se risulta manifestamente infondata; altrimenti, disponga il procedersi al giudizio di revisione, al quale si applicano le norme stabilite per il procedimento disciplinare;
8) contro la decisione che dichiara inammissibile l’istanza di revisione sia ammesso ricorso alle sezioni unite penali della Corte di cassazione;
9) in caso di accoglimento dell’istanza di revisione la sezione disciplinare revochi la precedente decisione;
10) il magistrato assolto con decisione irrevocabile a seguito di giudizio di revisione abbia diritto alla integrale ricostruzione della carriera nonché a percepire gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, rivalutati in base alla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati;
8. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 3, il Governo definisce la disciplina transitoria attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che, ai concorsi di cui alla lettera a) del comma 1 indetti fino al quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), siano ammessi anche coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all’anno accademico 1998-1999;
b) prevedere che il requisito della partecipazione al corso, previsto dalla lettera g), numeri 1) e 3), dalla lettera h), numero 17), dalla lettera i), numero 6), e dalla lettera l), numeri 3.1), 3.2), 4.1), 4.2), 7.1), 7.2), 9.1) e 9.2) del comma 1, possa essere richiesto solo dopo l’entrata in funzione della Scuola superiore della magistratura, di cui al comma 2;
c) prevedere che i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), entro il termine di tre mesi dalla predetta data, possano richiedere il mutamento delle funzioni nello stesso grado da giudicanti a requirenti e viceversa; l’effettivo mutamento di funzioni, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, si realizzerà nel limite dei posti vacanti individuati annualmente nei cinque anni successivi; che, ai fini del mutamento di funzioni, il Consiglio superiore della magistratura formerà la graduatoria dei magistrati richiedenti sulla base dell’eventuale anzianità di servizio nelle funzioni verso le quali si chiede il mutamento e, a parità o in assenza di anzianità, sulla base dell’anzianità di servizio; che la scelta nell’ambito dei posti vacanti avvenga secondo l’ordine di graduatoria e debba comunque riguardare un ufficio avente sede in un diverso circondario nell’ipotesi di esercizio di funzioni di primo grado e un ufficio avente sede in un diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale, nell’ipotesi di esercizio di funzioni di secondo grado; che il rifiuto del magistrato richiedente ad operare la scelta secondo l’ordine di graduatoria comporti la rinuncia alla richiesta di mutamento nelle funzioni;
d) prevedere che le norme di cui ai numeri 3.1), 3.2), 4.1) e 4.2) della lettera l) del comma 1 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, tredici anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;
e) prevedere che le norme di cui ai numeri 7.1), 7.2), 9.1) e 9.2) della lettera l) del comma 1 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, venti anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;
f) prevedere che ai magistrati di cui alle lettere d) ed e), per un periodo di tempo non superiore a tre anni a decorrere dalla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), e fatta salva la facoltà di partecipare ai concorsi, le assegnazioni per l’effettivo conferimento rispettivamente delle funzioni di appello giudicanti o requirenti e di quelle giudicanti o requirenti di legittimità siano disposte nell’ambito dei posti vacanti da attribuire a domanda previsti dal comma 1, lettera l), numeri 3), 4), 7) e 9), e sul 40 per cento dei posti che dovessero rendersi vacanti a seguito dell’accoglimento delle domande di tramutamento presentate dai magistrati che già esercitano funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado; che, decorso tale periodo, ai magistrati di cui alla lettera e), fatta salva la facoltà di partecipare ai concorsi per titoli ed esami, le assegnazioni per l’effettivo conferimento delle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità siano disposte, previo concorso per titoli ed a condizione che abbiano frequentato con favorevole giudizio l’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2, nell’ambito dei posti vacanti di cui al comma 1, lettera l), numeri 7.1) e 9.1); prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici semidirettivi e direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13) e 14), fermo restando quanto previsto dal comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, per i magistrati di cui alle lettere d) ed e) il compimento di tredici anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario equivalga al superamento del concorso per le funzioni di secondo grado; prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 15) e 16), fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, per i magistrati di cui alla lettera e) il compimento di venti anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario equivalga al superamento del concorso per le funzioni di legittimità; prevedere che i magistrati di cui alla lettera e) per un periodo di tempo non superiore a cinque anni e fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, possano ottenere il conferimento degli incarichi direttivi di cui al comma 1, lettera i), numeri 1), 2), 3), 4) e 5), anche in assenza dei requisiti di esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità o delle funzioni direttive giudicanti o requirenti di legittimità o delle funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità rispettivamente previsti nei predetti numeri;
g) prevedere, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, che i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), esercitano funzioni direttive ovvero semidirettive requirenti mantengano le loro funzioni per un periodo massimo di quattro anni, decorso il quale, senza che abbiano ottenuto l’assegnazione ad altro incarico o ad altre funzioni, ne decadano restando assegnati con funzioni non direttive nello stesso ufficio, eventualmente anche in soprannumero da riassorbire alle successive vacanze, senza variazioni dell’organico complessivo della magistratura;
h) prevedere che, in deroga a quanto previsto dal comma 1, lettera r), i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano compiuto il periodo di dieci anni di permanenza nell’incarico nello stesso ufficio, possano permanervi, nei limiti stabiliti dalla normativa vigente e dai commi 31 e 32, fermo restando che, una volta ottenuto il passaggio ad altro incarico o il tramutamento eventualmente richiesto, si applicano le norme di cui al citato comma 1, lettera r);
i) prevedere che ai posti soppressi ai sensi del comma 5, lettere a) e b), siano trattenuti i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione del comma 5 e che ad essi possano essere conferite dal Consiglio superiore della magistratura le funzioni di legittimità nei limiti dei posti disponibili ed in ordine di anzianità di servizio se in possesso dei seguenti requisiti:
1) necessaria idoneità precedentemente conseguita;
2) svolgimento nei sei mesi antecedenti la predetta data delle funzioni di legittimità per aver concorso a formare i collegi nelle sezioni ovvero per aver svolto le funzioni di pubblico ministero in udienza;
l) prevedere che ai posti soppressi ai sensi del comma 5, lettera b), siano trattenuti, in via transitoria, i magistrati di appello in servizio alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e), per i quali non sia stato possibile il conferimento delle funzioni di legittimità ai sensi della lettera i) del presente comma;
m) prevedere per il ricollocamento in ruolo dei magistrati che risultino fuori ruolo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a):
1) che i magistrati in aspettativa per mandato elettorale vengano ricollocati in ruolo secondo quanto previsto dal comma 1, lettera o);
2) che i magistrati fuori ruolo che, all’atto del ricollocamento in ruolo, non abbiano compiuto tre anni di permanenza fuori ruolo vengano ricollocati in ruolo secondo quanto previsto dal comma 1, lettera o), senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
3) che i magistrati fuori ruolo che, all’atto del ricollocamento in ruolo, abbiano compiuto più di tre anni di permanenza fuori ruolo vengano ricollocati in ruolo secondo la disciplina in vigore alla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
4) che per i magistrati fuori ruolo che abbiano svolto per non meno di tre anni gli incarichi di capo o vice capo di uno degli uffici di diretta collaborazione del Ministro della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 2001, n. 315, ovvero di capo, vice capo o direttore generale di uno dei dipartimenti del Ministero della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55, e che, all’atto del ricollocamento in ruolo, rivestano da almeno cinque anni la qualifica di magistrato dichiarato idoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina a magistrato di cassazione, lo svolgimento di detti incarichi costituisca titolo preferenziale per l’attribuzione, a loro domanda, da parte del Consiglio superiore della magistratura, delle funzioni di legittimità e per il conseguente ricollocamento in ruolo nei posti vacanti di consigliere della Corte di cassazione o di sostituto Procuratore generale della Procura generale presso la Corte di cassazione, ovvero per l’attribuzione delle funzioni di cui al comma 1, lettera e), numeri 5), 6), 7) e 8), e, se all’atto del ricollocamento in ruolo, rivestano da almeno cinque anni la qualifica di magistrato dichiarato idoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina alle funzioni direttive superiori, anche delle funzioni di cui al comma 1, lettera e), numeri 9), 10) e 13), senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
5) resta fermo per il ricollocamento in ruolo dei magistrati fuori ruolo in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;
n) prevedere che alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a):
1) ad eccezione di quanto previsto dal comma 1, lettera m), numeri 5) e 8), e lettera o), e in via transitoria dalla lettera m), numeri 1), 2) e 3), non sia consentito il tramutamento di sede per concorso virtuale;
2) che la disposizione di cui al numero 1) non si applichi in caso di gravi e comprovate ragioni di salute o di sicurezza;
3) che nel caso in cui venga disposto il tramutamento per le ragioni indicate al numero 2) non sia consentito il successivo tramutamento alla sede di provenienza prima che siano decorsi cinque anni.
9. È abrogato l’articolo 16, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, introdotto dall’articolo 34, comma 12, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
10. I magistrati in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dell’articolo 16, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, continuano a prestare servizio nella stessa sede e nelle stesse funzioni svolte fino al settantacinquesimo anno di età.
11. In deroga ai vigenti limiti temporali di durata dell’incarico previsti dall’articolo 76-bis, comma 3, dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, il magistrato preposto alla Direzione nazionale antimafia alla data di entrata in vigore della presente legge è prorogato fino al compimento del settantaduesimo anno di età nell’esercizio delle funzioni ad esso attribuite.
12. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo volto a disciplinare il conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità nonché degli incarichi direttivi e semidirettivi giudicanti e requirenti di primo e di secondo grado nel periodo antecedente all’entrata in vigore delle norme di cui alla lettera h), numero 17), e alla lettera i) numero 6), del comma 1, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità non possano essere conferiti a magistrati che abbiano meno di due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo prevista all’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, e che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo grado non possano essere conferiti a magistrati che abbiano meno di quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo prevista all’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511;
b) prevedere che detta disciplina sia adottata sulla base delle ordinarie vacanze di organico dei medesimi uffici direttivi e, comunque, entro il limite di spesa di 13.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005 e 8.000.000 di euro a decorrere dall’anno 2006.
13. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 12 si applica la disposizione di cui al comma 4 dell’articolo 1.
14. Le disposizioni di cui ai commi 9 e 10 si applicano anche ai magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, dei tribunali amministrativi regionali e della giustizia militare nonché agli avvocati e procuratori dello Stato.
15. Dall’attuazione dei commi 9, 10, 11 e 14 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
16. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti ad attuare su base regionale il decentramento del Ministero della giustizia. Nell’attuazione della delega il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) istituzione di direzioni generali regionali o interregionali dell’organizzazione giudiziaria;
b) competenza delle direzioni regionali o interregionali per le aree funzionali riguardanti il personale e la formazione, i sistemi informativi automatizzati, le risorse materiali, i beni e i servizi, le statistiche;
c) istituzione presso ogni direzione generale regionale o interregionale dell’organizzazione giudiziaria dell’ufficio per il monitoraggio dell’esito dei procedimenti, in tutte le fasi o gradi del giudizio, al fine di verificare l’eventuale sussistenza di rilevanti livelli di infondatezza giudiziariamente accertata della pretesa punitiva manifestata con l’esercizio dell’azione penale o con i mezzi di impugnazione ovvero di annullamento di sentenze per carenze o distorsioni della motivazione, ovvero di altre situazioni inequivocabilmente rivelatrici di carenze professionali;
d) riserva all’amministrazione centrale:
1) del servizio del casellario giudiziario centrale;
2) dell’emanazione di circolari generali e della risoluzione di quesiti in materia di servizi giudiziari;
3) della determinazione del contingente di personale amministrativo da destinare alle singole regioni, nel quadro delle dotazioni organiche esistenti;
4) dei bandi di concorso da espletarsi a livello nazionale;
5) dei provvedimenti di nomina e di prima assegnazione, salvo che per i concorsi regionali;
6) del trasferimento del personale amministrativo tra le diverse regioni e dei trasferimenti da e per altre amministrazioni;
7) dei passaggi di profili professionali, delle risoluzioni del rapporto di impiego e delle riammissioni;
8) dei provvedimenti in materia retributiva e pensionistica;
9) dei provvedimenti disciplinari superiori all’ammonimento e alla censura;
10) dei compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo degli uffici periferici.
17. Per gli oneri di cui al comma 16 relativi alla locazione degli immobili, all’acquisizione in locazione finanziaria di attrezzature e impiantistica e alle spese di gestione, è autorizzata la spesa massima di euro 2.640.000 per l’anno 2005 e di euro 5.280.000 a decorrere dall’anno 2006, cui si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2005 e 2006 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
18. Per gli oneri di cui al comma 16 relativi al personale valutati in euro 3.556.928 per l’anno 2005 e in euro 7.113.856 a decorrere dall’anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2005 e 2006 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione del presente comma, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge n. 468 del 1978.
19. In ogni caso, le disposizioni attuative della delega di cui al comma 16 non possono avere efficacia prima della data del 1º luglio 2005.
20. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 16 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 6 dell’articolo 1.
21. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la modifica della disciplina dell’articolo 10 della legge 13 aprile 1988, n. 117, e dell’articolo 9 della legge 27 aprile 1982, n. 186, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che i componenti elettivi del Consiglio di presidenza della Corte dei conti durino in carica quattro anni;
b) prevedere che i componenti elettivi di cui alla lettera a) non siano eleggibili per i successivi otto anni;
c) prevedere che per l’elezione dei magistrati componenti elettivi del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore abbia la facoltà di votare per un solo componente titolare e un solo componente supplente.
22. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 21 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 6 dell’articolo 1.
23. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro anni dalla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento giudiziario nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni legislative vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie.
24. Per l’emanazione del decreto legislativo di cui al comma 23 si applicano le disposizioni del comma 4 dell’articolo 1.
25. Il Governo provvede ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui al comma 23, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento giudiziario.
26. Il trasferimento a domanda di cui all’articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, e successive modificazioni, e di cui al comma 5 dell’articolo 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100, e successive modificazioni, si applica anche ai magistrati ordinari compatibilmente con quanto previsto dal comma 6, lettera p), con trasferimento degli stessi nella sede di servizio dell’appartenente alle categorie di cui al citato articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, o, in mancanza, nella sede più vicina e assegnazione a funzioni identiche a quelle da ultimo svolte nella sede di provenienza.
27. Le disposizioni di cui al comma 26 continuano ad applicarsi anche successivamente alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione del comma 1.
28. Le disposizioni di cui al comma 26 si applicano anche se, alla data della loro entrata in vigore ovvero successivamente alla data del matrimonio, il magistrato, esclusivamente in ragione dell’obbligo di residenza nella sede di servizio, non è residente nello stesso luogo del coniuge ovvero non è con il medesimo stabilmente convivente.
29. Il trasferimento effettuato ai sensi dei commi 26 e 28 non dà luogo alla corresponsione di indennità di trasferimento.
30. Dalle disposizioni di cui ai commi 26 e 28 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
31. All’articolo 7-bis, comma 2-ter, primo periodo, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, introdotto dall’articolo 57, comma 1, della legge 16 dicembre 1999, n. 479, le parole: «sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci anni».
32. All’articolo 57, comma 3, della legge 16 dicembre 1999, n. 479, e successive modificazioni, le parole: «sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci anni».
33. All’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l’articolo 86 è sostituito dal seguente:
«Art. 86. (Relazioni sull’amministrazione della giustizia). – 1. Entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario, Il Ministro della giustizia rende comunicazioni alle Camere sull’amministrazione della giustizia nel precedente anno e sulle linee di politica giudiziaria per l’anno in corso. Entro i successivi dieci giorni, sono convocate le assemblee generali della Corte di cassazione e delle Corti di appello, che si riuniscono, in forma pubblica e solenne, con la partecipazione dei procuratori generali e dei rappresentanti dell’avvocatura, per ascoltare la relazione sull’amministrazione della giustizia da parte del primo Presidente della Corte di cassazione e dei presidenti di corte di appello»;
b) l’articolo 89 è abrogato;
c) il comma 2 dell’articolo 76-ter è abrogato.
34. Nella provincia autonoma di Bolzano restano ferme le disposizioni dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione, in particolare il titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752.
35. Ai magistrati in servizio presso gli uffici aventi sede nella provincia autonoma di Bolzano, assunti in esito a concorsi speciali ai sensi degli articoli 33 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni contenenti le previsioni sulla temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi, nonché sulla durata massima dello svolgimento di un identico incarico presso il medesimo ufficio, in quanto compatibili con le finalità dello statuto di autonomia e delle relative norme di attuazione, anche tenendo conto delle esigenze di funzionamento degli uffici giudiziari di Bolzano. I predetti magistrati possono comunque concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi e semidirettivi, di uguale o superiore grado, nonché mutare dalla funzione giudicante a requirente, e viceversa, in sedi e uffici giudiziari posti nel circondario di Bolzano alle condizioni previste dal comma 1, lettera g), numeri da 1) a 6).
36. Alle funzioni, giudicanti e requirenti, di secondo grado, presso la sezione distaccata di Bolzano della corte d’appello di Trento, nonché alle funzioni direttive e semidirettive, di primo e secondo grado, giudicanti e requirenti, presso gli uffici giudiziari della provincia autonoma di Bolzano, si accede mediante apposito concorso riservato ai magistrati provenienti dal concorso speciale di cui all’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752.
37. Nella tabella A allegata al decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, alla voce relativa alla corte di appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano/Bozen – tribunale di Bolzano/Bozen;
a) nel paragrafo relativo al tribunale di Bolzano, le parole: «Lauregno/Laurein» e «Proves/Proveis» sono soppresse;
b) nel paragrafo relativo alla sezione di Merano, sono inserite le parole: «Lauregno/Laurein» e «Proves/Proveis».
38. Dopo l’articolo 1 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 133, è inserito il seguente:
«Art. 1-bis. – 1. È istituita in Bolzano una sezione distaccata della corte d’assise di appello di Trento, con giurisdizione sul territorio compreso nella circoscrizione del tribunale di Bolzano».
39. Per le finalità di cui al comma 1, lettera q), numeri 2) e 3), la spesa prevista è determinata in euro 1.231.449 per l’anno 2005 ed euro 2.462.899 a decorrere dall’anno 2006; per l’istituzione e il funzionamento delle commissioni di concorso di cui al comma 1, lettera l), numeri 5), 6), 8) e 10), nonché lettera m), numeri 9) e 10), è autorizzata la spesa massima di euro 323.475 per l’anno 2005 e euro 646.950 a decorrere dall’anno 2006.
40. Per le finalità di cui al comma 1, lettera t), è autorizzata la spesa massima di euro 1.000.529 per l’anno 2004 e di euro 2.001.058 a decorrere dall’anno 2005, di cui euro 968.529 per l’anno 2004 ed euro 1.937.058 a decorrere dall’anno 2005 per il trattamento economico del personale di cui al comma 1, lettera t), numero 2.1), nonché euro 32.000 per l’anno 2004 ed euro 64.000 a decorrere dall’anno 2005 per gli oneri connessi alle spese di allestimento delle strutture di cui al comma 1, lettera t), numero 2.2). Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
41. Per l’istituzione e il funzionamento della Scuola superiore della magistratura, di cui al comma 2, lettera a), è autorizzata la spesa massima di euro 6.946.950 per l’anno 2005 ed euro 13.893.900 a decorrere dall’anno 2006, di cui euro 858.000 per l’anno 2005 ed euro 1.716.000 a decorrere dall’anno 2006 per i beni da acquisire in locazione finanziaria, euro 1.866.750 per l’anno 2005 ed euro 3.733.500 a decorrere dall’anno 2006 per le spese di funzionamento, euro 1.400.000 per l’anno 2005 ed euro 2.800.000 a decorrere dall’anno 2006 per il trattamento economico del personale docente, euro 2.700.000 per l’anno 2005 ed euro 5.400.000 a decorrere dall’anno 2006 per le spese dei partecipanti ai corsi di aggiornamento professionale, euro 56.200 per l’anno 2005 ed euro 112.400 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al funzionamento del comitato direttivo di cui al comma 2, lettera l), euro 66.000 per l’anno 2005 ed euro 132.000 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al funzionamento dei comitati di gestione di cui al comma 2, lettera m).
42. Per le finalità di cui al comma 3, la spesa prevista è determinata in euro 303.931 per l’anno 2005 ed euro 607.862 a decorrere dall’anno 2006, di cui euro 8.522 per l’anno 2005 ed euro 17.044 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al comma 3, lettera a), ed euro 295.409 per l’anno 2005 ed euro 590.818 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al comma 3, lettere f) e g).
43. Per le finalità di cui al comma 5, la spesa prevista è determinata in euro 629.000 per l’anno 2005 ed euro 1.258.000 a decorrere dall’anno 2006.
44. Per le finalità di cui al comma 12 è autorizzata la spesa di 13.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005 e di 8.000.000 di euro a decorrere dall’anno 2006. Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 13.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005, l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia, e quanto a 8.000.000 di euro a decorrere dall’anno 2006, l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
45. Agli oneri indicati nei commi 39, 41, 42 e 43, pari a euro 9.434.805 per l’anno 2005 ed euro 18.869.611 a decorrere dall’anno 2006, si provvede:
a) quanto a euro 9.041.700 per l’anno 2005 ed euro 18.083.401 a decorrere dall’anno 2006, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2005 e 2006 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia;
b) quanto a euro 393.105 per l’anno 2005 ed euro 786.210 a decorrere dall’anno 2006, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, come rideterminata dalla tabella C allegata alla legge 24 dicembre 2003, n. 350.
46. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione dei commi 1, 2, 3 e 5, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge n. 468 del 1978.
47. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
48. In ogni caso, le disposizioni attuative dei princìpi e dei criteri direttivi di cui ai commi 1, lettere l), m) e q), 2, 3 e 5 non possono avere efficacia prima della data del 1º luglio 2005.
49. Il Governo trasmette alle Camere una relazione annuale che prospetta analiticamente gli effetti derivanti dai contratti di locazione finanziaria stipulati in attuazione della presente legge.
50. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
2.1
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera a).
Conseguentemente, al medesimo comma lettera b), alinea, sostituire le parole: «l’accesso in magistratura nelle funzioni giudicanti e nelle funzioni requirenti» con le seguenti: «l’ingresso in magistratura».
2.500
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI
Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:
«a) prevedere per l’ingresso in magistratura:
1) che vengano banditi annualmente due concorsi, uno per l’accesso alla magistratura giudicante ed uno per la magistratura requirente;
2) che ciascun concorso sia articolato in prove scritte ed orali nelle materie a contenuto generale e specifico in relazione alla carriera prescelta;
3) che la commissione di ciascun concorso sia nominata dal Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura e che sia composta:
a) per quanto riguarda il concorso di accesso alla magistratura giudicante, da giudici aventi almeno cinque anni di esercizio nelle funzioni di secondo grado in numero variabile fra un minimo di dodici ed un massimo di sedici e da docenti universitari nelle materie oggetto di esame fra un minimo di quattro ed un massimo di otto e che la funzione di presidente sia svolta da un magistrato che eserciti da almeno tre anni le funzioni di legittimità e quella di vicepresidente da un magistrato che eserciti funzioni di legittimità;
b) per quanto riguarda il concorso di accesso alla magistratura requirente, da pubblici ministeri aventi almeno cinque anni di esercizio nelle funzioni di secondo grado in numero variabile fra un minimo di dodici ed un massimo di sedici e da docenti universitari nelle materie oggetto di esame fra un mimo di quattro ed un massimo di otto e che la funzione di presidente sia svolta da un magistrato del pubblico ministero che eserciti da almeno tre anni le funzioni di legittimità e quella di vicepresidente da un magistrato del pubblico ministero che eserciti le funzioni di pubblico ministero».
2.2
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 1).
2.3
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera a), numero 1), sopprimere le parole da: «e che i candidati debbano indicare», fino alla fine del periodo.
Conseguentemente, sopprimere il numero 4).
2.501
Al comma 1, lettera a), numero 1), sopprimere le parole: «e che i candidati» fino alla fine del numero.
Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere il numero 4).
2.4
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera a), numero 1, sopprimere le parole da: «e che i candidati debbono indicare nella domanda» sino al termine.
2.5
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera a), numero 1) sopprimere le parole da: «e che i candidati debbano indicare» sino alla fine del numero.
2.6
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 2).
2.7
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 3).
2.8
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera a), numero 3), sostituire le parole: «previa delibera», con le seguenti : «su proposta vincolante».
2.502
Al comma 1, lettera a), numero 3), sostituire le parole: «professori universitari di prima fascia», con le seguenti: «professori universitari ordinari».
2.9
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 4).
2.10
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 4).
2.503
Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 4).
2.11
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 4) della lettera a).
2.12
CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera a), numero 4), sostituire le parole: «l’indicazione di cui al numero 1)» con le parole: «l’uditore debba indicare se intenda svolgere funzioni giudicanti o funzioni requirenti, e che tale indicazione, se confortata dal giudizio attitudinale espresso,».
2.13
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera b).
2.504
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI, MARINI
Al comma 1, sostituire la lettera b), con la seguente:
«b) prevedere che siano ammessi al concorso per l’accesso alla magistratura giudicante coloro che:
1) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed abbiano conseguito il diploma di idoneità presso la Scuola superiore delle professioni giudiziarie di cui al successivo articolo 3, stabilendo inoltre che il numero dei laureati da ammettere alla Scuola sia determinato in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per l’accesso alla carriera di giudice;
2) prevedere che ai concorsi banditi per l’accesso alla magistratura giudicante ed a quella requirente possano partecipare magistrati già nell’esercizio delle loro funzioni da almeno cinque anni ed avvocati con almeno cinque anni di professione previa frequentazione del corso di specializzazione di cui al secondo anno della S.S.P.G. ed il conseguimento del diploma di idoneità».
2.505
Al comma 1, lettera b), alinea, sostituire le parole da: «al concorso» fino alla fine della lettera, con le seguenti: «ai concorsi per magistrati giudicanti e ai concorsi per magistrati requirenti coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni».
2.14
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera b), alinea, sostituire le parole da: «al concorso» fino alla fine della lettera, con le seguenti: «ai concorsi per magistrati giudicanti e ai concorsi per magistrati requirenti coloro che siano in possesso di laurea in giurisprudenza».
2.15
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera b), primo periodo, sopprimere le parole: «nelle funzioni giudicanti e nelle funzioni requirenti».
2.16
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera b), sopprimere le parole: «nelle funzioni giudicanti e nelle funzioni requirenti».
2.17
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera b), numero 5, dopo le parole: «sanzionati», aggiungere le altre: «in misura non inferiore alla censura».
2.18
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera c).
2.19
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera c).
2.20
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere la lettera c).
2.21
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, sopprimere la lettera c).
2.1000/2
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera a).
2.1000/3
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera a).
2.1000/35
Alla lettera a), sostituire le parole da: «sostituire la lettera c)», fino alla fine della lettera a) con le seguenti: «sopprimere la lettera c)».
2.1000/4
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera b).
2.1000/36
Alla lettera b), sostituire le parole da: «sostituire il numero 5)», fino alla fine della lettera b) con le seguenti: «sopprimere il numero 5)».
2.1000/5
All’emendamento 2.1000 alla lettera b), dopo le parole: «per titoli e di quelli per» inserire le seguenti: «titoli ed».
2.1000/6
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera c).
2.1000/7
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera d).
2.1000/8
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera e).
2.1000/9
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera f).
2.1000/10
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera g).
2.1000/11
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera h).
2.1000/12
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera i).
2.1000/13
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera l).
2.1000/14
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera m).
2.1000/15
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera n).
2.1000/16
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera o).
2.1000/17
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera p).
2.1000/18
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera q).
2.1000/19
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera r).
2.1000/20
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera s).
2.1000/20a
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera t).
2.1000/37
Alla lettera t), sostituire le parole da: «numero 1)», fino alla fine della lettera t) con le seguenti: «sopprimere il numero 1)».
2.1000/21
All’emendamento 2.1000 alla lettera t), sostituire le parole: «un anno» con le seguenti: «tre mesi».
2.1000/22
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera u).
2.1000/23
All’emendamento 2.1000 alla lettera u), sostituire le parole: «un anno» con le seguenti: «tre mesi».
2.1000/24
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera v).
2.1000/38
Alla lettera v), sostituire le parole da: «numero 2)», fino alla fine della lettera v) con le seguenti: «sopprimere il numero 2)».
2.1000/25
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera z).
2.1000/26
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera aa).
2.1000/27
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera bb).
2.1000/28
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera cc).
2.1000/29
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera dd).
2.1000/1
All’emendamento 2.1000, dopo la lettera dd), inserire la seguente: «dd-bis) Sopprimere i commi 9 e 10».
2.1000/30
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera ee).
2.1000/31
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera ff).
2.1000/32
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera gg).
2.1000/33
All’emendamento 2.1000 alla lettera gg), sopprimere le parole: «in ruolo e fuori ruolo».
2.1000/34
All’emendamento 2.1000 alla lettera gg), dopo le parole: «fuori ruolo» aggiungere le seguenti: «, purché non abbiano svolto e non svolgano incarichi politici o siano componenti di assemblee elettive».
2.1000
IL GOVERNO
Apportare le seguenti modificazioni:
a) Al comma 1, sostituire la lettera c) con la seguente:
c) prevedere che, all’esito delle prove orali di cui alla lettera a), numero 2), se positivo, il candidato debba comunque sostenere un colloquio di idoneità psico-attitudinale all’esercizio della professione di magistrato, anche in relazione alle specifiche funzioni indicate nella domanda di ammissione.
b) Al comma 1, lettera f), sostituire il numero 5) con il seguente:
5) le modalità dei concorsi per titoli e di quelli per esami, scritti e orali, previsti dalla presente legge, nonché i criteri di valutazione, stabilendo, in particolare, che le prove scritte consistano nella risoluzione di uno o più casi pratici, aventi carattere di complessità e implicanti alternativamente o congiuntamente la risoluzione di rilevanti questioni probatorie, istruttorie e cautelari, relative alle funzioni richieste e stabilendo, altresì, che le prove orali consistano nella discussione del caso o dei casi pratici oggetto della prova scritta.
c) Al comma 1, lettera h), al numero 17, sopprimere i numeri «7, 8, 9, 10’.
d) Al comma 1, lettera l), numero 3.1), la parola: «40» è sostituita dalla parola: «30»
e) Al comma 1, lettera l), numero 3.2), la parola: «60» è sostituita dalla parola: «70».
f) Al comma 1, lettera l), numero 4.1), la parola: «40» è sostituita dalla parola: «30».
g) Al comma 1, lettera l), numero 4.2), la parola: «60» è sostituita dalla parola: «70».
h) Al comma 1, lettera l), numero 7.1), la parola: «60» è sostituita dalla parola: «70».
i) Al comma 1, lettera l), numero 7.2), la parola: «40» è sostituita dalla parola: «30».
l) Al comma 1, lettera 1), numero 9.1), la parola: «60» è sostituita dalla parola: «70».
m) Al comma l, lettera l), numero 9.2), la parola: «40» è sostituita dalla parola: «30».
n) Al comma l, lettera m), numero 1), dopo le parole: « e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione» inserire le parole: «qualora si tratti di funzioni direttive di secondo grado».
o) Al comma 1, lettera m), numero 2), dopo le parole: «dei consigli giudiziari» sopprimere le parole «e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione».
p) Al comma 1, lettera m), numero 11) sopprimere le parole: «, degli incarichi di capo o vice capo di uno degli uffici di diretta collaborazione del Ministro della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 2001, n. 315, ovvero di capo, vice capo o direttore generale di uno dei dipartimenti del Ministero della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55,».
q) Al comma 1, lettera r) aggiungere infine le seguenti parole: «prevedere che la presente disposizione non si applichi ai magistrati che esercitano funzioni di legittimità».
r) Al comma 2, lettera d), sostituire le parole: «dei quali almeno nove in un collegio giudicante e nove in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione» con le parole: «dei quali 7 mesi in un collegio giudicante, 3 mesi in un ufficio requirente di primo grado e 8 mesi in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione».
s) Al comma 3, sopprimere la lettera u).
t) Al comma 7, lettera b), numero 1), sostituire le parole: «due anni» con le parole: «un anno».
u) Al comma 7, lettera b), numero 2), sostituire le parole: «due anni» ovunque ricorrano, con le parole: «un anno».
v) Al comma 7, lettera e), numero 2), dopo le parole: «il Ministro della giustizia» inserire le parole: «, nell’ipotesi in cui abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero abbia chiesto l’integrazione della contestazione,».
z) Al comma 7, lettera e), numero 6), dopo le parole: «Ministro della giustizia,» inserire le parole: «nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione,».
aa) Al comma 7, lettera e), numero 7), dopo le parole: «copia degli atti del procedimento» inserire le parole: «, nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione,».
bb) Al comma 7, lettera e), numero 9), dopo le parole: «Ministro della giustizia» inserire le parole: «nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione,».
cc) Al comma 7, lettera f), numero 7), dopo le parole: «Ministro della giustizia,» inserire le parole: «nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione,».
dd) Al comma 8, lettera m) sopprimere il numero 4).
ee) Al comma 12, dopo le parole: «incarichi direttivi» sopprimere le parole: «e semidirettivi».
ff) Al comma 12, lettera a) dopo le parole: «primo grado» inserire le parole: «e di secondo grado».
«gg) dopo il comma 48, inserire il seguente:
"48-bis. Nelle more dell’attuazione della delega prevista al comma 21, per l’elezione dei componenti del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore può votare per un solo componente titolare e per un solo componente supplente; i voti eventualmente espressi oltre tale numero sono nulli"».
2.22
CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, sostituire la lettera c) con la seguente:
«c) prevedere che, in esito al tirocinio, l’assegnazione delle funzioni sia preceduta da un giudizio positivo, espresso anche in relazione alla funzione richiesta, che, sulla base di valutazioni periodiche e collegiali formulate durante il tirocinio, tenga conto altresì delle qualità di equilibrio maturità e responsabilità dimostrate dal soggetto;».
2.506
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI
Al comma 1, lettera c), sostituire le parole: «del concorso di cui alla lettera a) numero 2)», con le seguenti: «dei concorsi di cui alla lettera a), di cui al comma 1».
2.507
Al comma 1, lettera c), sopprimere le parole da: «anche», "fino alla fine della lettera.
2.23
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera d).
2.24
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera d), sopprimere il numero 2).
2.25
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera d), sostituire le parole: «sono stati già dichiarati non idonei per tre volte», con le seguenti: «abbiano sostenuto per due volte le prove scritte del concorso con esito sfavorevole».
2.508
Improponibile
Al comma 1, dopo la lettera d), aggiungere le seguenti:
«d-bis) prevedere che, dopo il tirocinio, i magistrati esercitino obbligatoriamente per tre anni la funzione giudicante in organi collegiali;
d-ter) prevedere che, decorso il triennio, ciascun magistrato scelga se esercitare la funzione giudicante o la funzione requirente, e che, previo parere motivato del consiglio giudiziario, ove vi sia una valutazione attitudinale favorevole da parte del Consiglio superiore della magistratura, la eserciti per almeno otto anni;
d-quater) prevedere che, in caso di rigetto della domanda, questa possa essere riproposta non prima di tre anni;
d-quinquies) prevedere che il magistrato, decorso il periodo degli otto anni di esercizio della funzione scelta, possa comunque concorrere ad uffici della funzione diversa da quella esercitata, stabilendo che nel passaggio da una funzione all’altra sia destinato ad una sede di distretto di corte d’appello diverso da quello nel quale ha esercitato le funzioni precedenti».
Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere le lettere f) e g).
2.26
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera e), sostituire i numeri da 1) a 15) con i seguenti:
«1) funzioni giudicanti e requirenti di merito, distinte in funzioni di primo e secondo grado;
2) funzioni giudicanti e requirenti di legittimità;
3) funzioni direttive superiori giudicanti e requirenti di legittimità».
2.27
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 1).
2.28
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 2).
2.29
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 3).
2.30
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 4).
2.31
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 5).
2.32
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 6).
2.33
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 7).
2.34
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera e), sostituire i numeri da 7) a 15) con il seguente:
«7) funzioni semidirittive requirenti di secondo grado».
Conseguentemente: al medesimo comma, lettera h): sostituire il numero 8) con il seguente:
«8) funzioni semidirettive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore aggiunto della Repubblica, cui possono accedere, previa valutazione ai sensi della lettera e), magistrati che abbiano superato le valutazioni periodiche di professionalità per il conferimento delle funzioni di secondo grado o il concorso per il conferimento delle funzioni di legittimità da non meno di tre anni, e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni,»;
sostituire il numero 10 con il seguente:
«10) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado quelle di avvocato generale presso la corte di appello, cui possono accedere, previa valutazione ai sensi della lettera e), magistrati che abbiano superato le valutazioni periodiche di professionalità per il conferimento delle funzioni di secondo grado o il concorso per il conferimento delle funzioni di legittimità da non meno di otto anni, e che abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;»;
all’articolo 9, comma 1, sopprimere la lettera l).
2.35
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 8).
2.36
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 9).
2.37
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera e), numero 9), sopprimere le seguenti parole: «e di primo grado elevato».
2.38
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 10).
2.39
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 13).
2.40
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 14).
2.41
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 15).
2.42
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 15).
2.43
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, dopo la lettera e), aggiungere le seguenti:
«e-bis) prevedere che all’esito del tirocinio i magistrati esercitino obbligatoriamente funzioni giudicanti per almeno tre anni, dei quali almeno un terzo in organi collegiali di primo grado e di appello ai quali sono assegnati anche in sovrannumero, ed escludendo per i primi diciotto mesi le funzioni di giudice per le indagini preliminari;
e-ter) prevedere che, decorso il triennio, ciascun magistrato scelga se esercitare la funzione giudicante o la funzione requirente, e che, ove sia espresso dal Consiglio superiore della magistratura un giudizio attitudinale favorevole, la eserciti per almeno cinque anni;
e-quater) prevedere che, decorso tale periodo, il magistrato possa concorrere a uffici della funzione diversa da quella esercitata solamente previa partecipazione ad un apposito corso di formazione presso la Scuola della magistratura, in esito al quale sia espressa una favorevole valutazione attitudinale;
e-quinquies) prevedere che la domanda sia accoglibile solamente se l’ufficio richiesto è ubicato in un diverso circondario, ovvero in un diverso distretto se si tratta di funzioni di secondo grado, e con esclusione del distretto competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura Penale, nel caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato.»
Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere le lettere g) e h).
2.44
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera f).
Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere la lettera i).
2.45
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera f).
2.46
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sostituire la lettera f) con le seguenti:
«f) prevedere che i magistrati siano sottoposti a valutazioni di professionalità ogni quadriennio dalla nomina, salvo la prima che si effettua dopo il compimento di un quinquennio, e la quarta che si effettua dopo un triennio dalla precedente;
f-bis) prevedere che la valutazione di professionalità debba riguardare la capacità, la laboriosità, la diligenza e l’impegno, nonché l’attitudine alla dirigenza, ove ricorrano circostanze atte a dimostrarla specificando gli elementi in base ai quali devono essere espresse le valutazioni da parte dei consigli giudiziari ed i parametri per conseguire omogeneità di valutazioni;
f-ter) prevedere che i magistrati i quali hanno superato la terza valutazione di professionalità, nei termini di cui alla lettera f-quater), possono concorrere per l’accesso alle funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado, alle funzioni semidirettive ed alle funzioni direttive giudicanti e requirenti di primo grado e i magistrati i quali hanno superato la quinta valutazione di professionalità, nei termini di cui alla lettera f-quater) possono concorrere per l’accesso alle funzioni di legittimità ed alle funzioni direttive giudicanti e requirenti di secondo grado;
f-quater) prevedere che all’inizio di ogni anno il Consiglio superiore della magistratura individui quanti posti concernenti funzioni di secondo grado, di legittimità, semidirettivi e direttivi siano stati messi a concorso nell’anno precedente; definisca a quanti magistrati possano essere attribuite le corrispondenti funzioni nell’anno in corso, in base al numero dei posti in tal modo individuati, incrementato del 50 per cento e proceda quindi alla valutazione di professionalità, sulla base del parere espresso dal Consiglio giudiziario, dei risultati delle ispezioni e di ogni altro utile elemento assegnando adeguato punteggio e formulando la conseguente graduatoria, nonché legittimi a concorrere alle funzioni di cui alla lettera f-ter) i magistrati che si sono classificati in posizione non inferiore al numero come sopra individuato e disponga che i magistrati, i quali siano stati valutati positivamente ma si siano classificati in posizione inferiore, possano essere di nuovo classificati nel quadriennio successivo;
f-quinquies) prevedere che la valutazione di professionalità possa concludersi con un giudizio non positivo quando risultino deficienti uno o più parametri di valutazione e che in tal caso il Consiglio proceda a nuova valutazione dopo un anno, previo parere del consiglio giudiziario. Ove tale secondo giudizio sia positivo, prevedere che il nuovo trattamento economico decorra solo dalla scadenza dell’anno;
f-sexies) prevedere che la valutazione di professionalità possa concludersi con un giudizio negativo quando risultino carenze gravi in uno o più dei parametri; che in tal caso il magistrato sia sottoposto a nuova valutazione dopo un biennio, previa partecipazione ad uno o più corsi di qualificazione; che ove segua un secondo giudizio negativo, il magistrato sia dispensato dal servizio, secondo quanto stabilito dall’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, così come modificato dalla presente legge».
Conseguentemente, alla lettera q), numero 2), sopprimere le parole: «, numero 2), prima parte» e al numero 3), sopprimere le parole: «, numero 3)».
2.47
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 1).
2.48
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 1) della lettera f).
2.49
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 2).
2.50
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera f), sostituire i numeri 2) e 3) con i seguenti:
«2) che, dopo dieci anni dall’ingresso in magistratura, i magistrati possano essere legittimati a svolgere funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado, previo giudizio di idoneità conseguito in seguito a concorso per titoli, bandito per un numero di posti corrispondente ai posti vacanti di secondo grado, maggiorato del 50 per cento;
3) che, dopo quindici anni dall’ingresso in magistratura, i magistrati possano essere legittimati a svolgere funzioni di legittimità, previo giudizio di idoneità conseguito in seguito a concorso per esame scritto e per titoli, bandito per un numero di posti corrispondente ai posti vacanti nelle funzioni di legittimità, maggiorato del 50 per cento;».
2.51
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sostituire il numero 2 della lettera f) come segue: «che, dopo tredici anni dall’ingresso in magistratura possano essere svolte funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado».
2.53
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 3 della lettera f).
2.54
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sostituire il numero 3, della lettera f), come segue: «che, dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, previo concorso per esami, scritti e orali, possono essere svolte funzioni di legittimità».
2.56
MARITATI, FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 1, lettera f), numero 3), sostituire la parole: «tre» con la seguente: «cinque».
2.57
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 4).
2.58
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 5).
2.59
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 5) della lettera f).
2.60
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera f), numero 5), sostituire le parole: «le modalità dei concorsi per titoli e per titoli ed esami, scritti ed orali, previsti dalla presente legge», con le seguenti: «le modalità dei concorsi previsti dalla presente legge».
2.61
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 6).
2.62
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 6) della lettera f).
2.63
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera g).
2.64
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 1).
2.65
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), sostituire i numeri da 1) a 6) con il seguente:
«1) il magistrato possa passare dalla funzione requirente a quella giudicante previa utile frequentazione di apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura».
2.509
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI, MARINI
Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 1) con il seguente:
«1) nel caso in cui i pubblici ministeri dopo cinque anni di effettivo esercizio professionale vogliano passare alla carriera dei giudici possano farlo con il concorso di cui all’articolo 2 con l’obbligo di esercitare le relative funzioni nell’ambito di un distretto di Corte di appello diverso da quello in cui si siano svolte le funzioni di pubblico ministero, che comunque non potrà coincidere con quello individuato a norma dell’articolo 11 codice di procedura penale».
2.66
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera g), numero 1), sostituire le parole: «entro il terzo anno», con le seguenti: «decorsi almeno cinque anni nell’esercizio delle funzioni giudicanti, alle quali si viene necessariamente assegnati dopo l’espletamento del periodo di tirocinio».
2.67
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 2).
2.510
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 2).
2.511
Al comma 1, lettera g), sopprimere i numeri 3), 4) e 5).
2.68
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 3).
2.512
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI, MARINI
Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 3) con il seguente:
«3) nel caso in cui i giudici dopo cinque anni di effettivo esercizio professionale vogliano passare alla carriera di pubblici ministeri possano farlo con il concorso di cui all’articolo 2 con l’obbligo di esercitare le relative funzioni nell’ambito di un distretto di Corte di appello diverso da quello in cui si siano svolte le funzioni di giudice, che comunque non potrà coincidere con quello di cui all’articolo 11 del codice di procedura penale».
2.69
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera g), numero 3), sostituire le parole: «entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio», con le seguenti: «decorsi almeno cinque anni di esercizio delle funzioni requirenti».
2.70
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 4).
2.513
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 4).
2.514
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 5).
2.71
FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), dopo il numero 5) inserire il seguente:
«5-bis) coloro che, avendo presentato rituale domanda per il passaggio di funzioni, non abbiano potuto ottenerne l’accoglimento per difetto di posti vacanti nella funzione richiesta, possano rinnovare la domanda, senza necessità di ulteriori requisiti, per i tre anni successivi, con priorità su ogni altro richiedente che, rispetto all’interessato, abbia un’anzianità di servizio minore o non maggiore di tre anni;».
2.72
BRUTTI MASSIMO, MARITATI, FASSONE, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), dopo il numero 5), inserire il seguente:
«5-bis) coloro che, avendo presentato rituale domanda per il passaggio di funzioni, non abbiano potuto ottenerne l’accoglimento per difetto di posti vacanti nella funzione richiesta, possano rinnovare la domanda, senza altri oneri, per i tre anni successivi;».
2.73
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 6).
2.74
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 6) con il seguente:
«6) non consentire più di due passaggi dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti, o viceversa, nel corso dell’intera carriera del magistrato».
2.515
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI, MARINI
Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 6) con il seguente:
«6) fuori dai casi indicati dai numeri 1 e 3 della lettera g) e, in via transitoria, dal comma 8, non sia consentito il passaggio dalla carriera giudicante a quella requirente e viceversa».
2.75
FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), numero 6), dopo le parole: «non sia consentito il passaggio» inserire le seguenti: «prima di otto anni trascorsi nell’esercizio della funzione».
2.76
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 7).
2.516
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 7).
2.77
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera h).
2.78
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 8).
2.79
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 8).
2.80
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 9), sostituire le parole da: «, previo concorso» fino alla fine del numero con le seguenti: «magistrati che abbiano superato apposita valutazione di professionalità».
2.81
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 9), sostituire le parole da: «, previo concorso» fino alla fine del numero con le seguenti: «magistrati che abbiano superato la quinta valutazione di professionalità».
2.82
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 10).
2.83
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 10).
2.84
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 11).
2.85
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 13).
2.86
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 13).
2.87
AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), ai numeri 13) e 14), sostituire le parole: «, di secondo grado da almeno otto anni» con le seguenti: «di legittimità da almeno cinque anni».
2.88
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 14).
2.89
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 14).
2.90
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 15).
2.91
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 15), sopprimere le seguenti parole: «, previo concorso per titoli,».
Conseguentemente, al medesimo comma, lettera m), numero 1), dopo le parole: «incarichi direttivi» aggiungere le seguenti: «di primo grado».
2.92
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 15), sostituire le parole da: «, previo concorso» fino alla fine, con le seguenti: «magistrati che abbiano superato apposita valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla lettera m)».
2.93
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 15), sostituire le parole da: «, previo concorso» fino alla fine del numero con le seguenti: «magistrati che abbiano superato la settima valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla lettera m)».
2.94
MARITATI, CALVI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), ai numeri 15 e 16), sostituire la parola: «cinque» con la seguente: «otto».
2.95
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 16).
2.96
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 16), sostituire le parole da: «, previo concorso» fino alla fine del numero con le seguenti: «magistrati che abbiano superato apposita valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla lettera m)».
2.97
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 16), sostituire le parole da: «, previo concorso» fino alla fine del numero con le seguenti: «magistrati che abbiano superato la settima valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla lettera m)».
2.98
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 17).
2.100
FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 17), sopprimere le parole: «7), 8), 9)».
2.101
CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 17) ed alla lettera i), numero 6), dopo le parole: «31 maggio 1946, n. 511», inserire le parole: «ovvero ancora due anni se la domanda è accompagnata dalla dichiarazione di voler permanere in servizio per i due ulteriori anni previsti dall’articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503».
2.102
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 18).
2.103
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera i).
2.104
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera i), sopprimere il numero 3).
2.105
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera i), sopprimere il numero 4).
2.106
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera i), sopprimere il numero 5).
2.107
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera i), sopprimere il numero 6).
2.108
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera i), numero 6), sopprimere le parole da: «, abbiano frequentato», fino alla fine del numero.
2.109
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera l).
2.110
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 1).
2.111
FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sostituire il numero 1) con il seguente:
«1) annualmente il Consiglio Superiore della Magistratura individui il numero e le sedi necessarie ad assicurare, ove possibile, il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 3); individui gli altri posti vacanti nella funzione giudicante, dei quali ritiene prioritario provvedere alla copertura, e li assegni, secondo merito e attitudini e previa acquisizione del parere motivato del Consiglio giudiziario, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di primo grado e ne abbiano fatto domanda; individui infine le sedi e le funzioni da destinare al bando di concorso di cui alla lettera a);».
Conseguentemente, alla medesima lettera l), sostituire il numero 2) con il seguente:
«2) annualmente il Consiglio Superiore della Magistratura individui il numero e le sedi necessarie ad assicurare, ove possibile, il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 1); individui gli altri posti vacanti nella funzione requirente, dei quali ritiene prioritario provvedere alla copertura, e li assegni, secondo merito e attitudini e previa acquisizione del parere motivato del Consiglio giudiziario, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di primo grado e ne abbiano fatto domanda; individui infine le sedi e le funzioni da destinare al bando di concorso di cui alla lettera a);».
2.112
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 2).
2.113
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera l), numero 2), sopprimere le parole: «ove possibile».
2.114
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera l), numero 2), sostituire le parole da: «ove possibile» «fino alla fine della lettera con le seguenti: «all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni giudicanti di primo grado, vengano assegnati, secondo l’anzianità di servizio, ai magistrati che ne facciano richiesta ai sensi della lettera g), numero 1)».
2.115
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 3).
2.116
FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), ai numeri 3) e 4) sopprimere la parola: «tutti».
2.117
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 3.1).
2.118
FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), al numero 3.1) ed al numero 4.1) sopprimere le parole: «per il 40 per cento».
Conseguentemente ai punti 3.2) e 4.2) sostituire le parole: «per il 60 per cento i» con le seguenti: «i restanti»; sopprimere le parole: «3.3) e 3.4)» e «4.3) e 4.4)» e ai numeri 3.5) e 4.5) sopprimere rispettivamente le parole: «3.3) e 3.4)» e «4.3) e 4.4)».
2.119
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l), n. 3.1), sopprimere le parole da: «di cui al comma 2», sino al termine.
2.120
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 3.2).
2.121
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) n. 3.2), sopprimere le parole da: «di cui al comma 2» sino al termine.
2.122
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.3).
2.123
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.3).
2.124
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.4).
2.125
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.4).
2.126
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.5).
2.127
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.5).
2.128
FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere i numeri «3.6)» e: «4.6)».
Conseguentemente, al numero 3.8) sostituire le parole: «dei numeri 3.6) e» con le seguenti: «del numero» ed al numero 4.8) sostituire le parole: «dei numeri 4.6) e» con le seguenti: «del numero».
2.129
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.6).
2.130
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.6).
2.517
Al comma 1, lettera l) numero 3.6), sostituire la parole: «due anni» con le seguenti: «tre anni».
2.131
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.7).
2.132
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.7).
2.133
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.8).
2.134
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.8).
2.135
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 4).
2.136
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 4.1).
2.137
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l), numero 4.1), sopprimere le parole da: «di cui al comma 2», sino al termine.
2.138
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.2).
2.139
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l), numero 4.2), sopprimere le parole da: «di cui al comma 2», sino al termine.
2.140
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.3).
2.141
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.3).
2.142
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 4.4) della lettera l).
2.143
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.4).
2.144
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 4.5) della lettera l).
2.145
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.5).
2.146
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 4.6) della lettera l).
2.147
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.6).
2.518
Al comma 1, lettera l), numero 4.6), sostituire le parole: «due anni» con le seguenti: «tre anni».
2.148
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 4.7) della lettera l).
2.149
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.7).
2.150
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 4.8) della lettera l).
2.151
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.8).
2.152
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 5 della lettera l).
2.153
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 5).
2.154
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 5 della lettera l).
2.155
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 6).
2.156
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 7 della lettera l).
2.157
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7).
2.158
FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sostituire i numeri 7), 7.1) e 7.2) con i seguenti:
«7) annualmente il Consiglio Superiore della Magistratura individui i posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità da destinare, previa acquisizione del parere motivato del Consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, ai magistrati che, esercitando attualmente funzioni direttive o semidirettive, chiedono, a causa della scadenza temporale delle attuali funzioni, di essere riassegnati alle funzioni di legittimità già in precedenza esercitate; individui quindi i posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità, dei quali ritiene necessaria la copertura, e li assegni nell’ordine con le seguenti modalità:
7.1) ai magistrati che esercitino o abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3), e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2);
7.2) ai magistrati che abbiano svolto diciotto anni di servizio nella magistratura e siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3);».
Conseguentemente, sopprimere i numeri 7.3) e 7.4) ed al numero 7.5) sopprimere le parole: «7.3) e 7.4)»; e sostituire i numeri 9), 9.1) e 9.2) con i seguenti:
«9) annualmente il Consiglio Superiore della Magistratura individui i posti vacanti nelle funzioni requirenti di legittimità da destinare, previa acquisizione del parere motivato del Consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, ai magistrati che, esercitando attualmente funzioni direttive o semidirettive, chiedono, a causa della scadenza temporale delle attuali funzioni, di essere riassegnati alle funzioni di legittimità già in precedenza esercitate; individui quindi i posti vacanti nelle funzioni requirenti di legittimità, dei quali ritiene necessaria la copertura, e li assegni nell’ordine con le seguenti modalità:
9.1) ai magistrati che esercitano o abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3), e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2);
9.2) ai magistrati che abbiano svolto diciotto anni di servizio nella magistratura e siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3);».
Conseguentemente, sopprimere i numeri 9.3) e 9.4) ed al numero 9.5) sopprimere le parole: «9.3) e 9.4)».
2.159
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.1).
2.160
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) numero 7.1) sopprimere le parole da: «di cui al comma 2» sino al termine.
2.161
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.2).
2.162
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) numero 7.2) sopprimere le parole da: «di cui al comma 2» sino al termine.
2.163
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 7.3) della lettera l).
2.164
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 7.4) della lettera l).
2.165
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.4).
2.166
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 7.5) della lettera l).
2.167
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.5).
2.168
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 8).
2.169
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9).
2.170
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.1).
2.171
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.2).
2.172
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.3).
2.173
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.4).
2.174
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.5).
2.175
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 10).
2.176
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 11) della lettera l).
2.177
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera l), numero 11), dopo le parole: «sulla base di criteri oggettivi e predeterminati», aggiungere le seguenti: «sulla base di deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura».
2.519
Al comma 1, lettera l), numero 11), sopprimere le parole: «, degli esiti dei provvedimenti adottati».
2.178
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l), n. 11, sopprimere le parole: «degli esiti dei provvedimenti adottati».
2.179
CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), n. 11), sopprimere le parole: «degli esiti dei provvedimenti adottati».
2.180
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera m).
2.181
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere i numeri 1) e 2).
2.182
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 1).
2.183
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sostituire i numeri 1) e 2) con il seguente:
«1) i concorsi per incarichi direttivi e semidirettivi consistono nella valutazione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa;».
2.184
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera m) n. 1), sopprimere le parole: «dei titoli».
2.186
CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera m) ai numeri 1) e 2), dopo le parole: «dei Consigli giudiziari e» inserire le seguenti: «nei casi di competenza,».
2.521
Al comma 1, lettera m), numero 1), sopprimere le parole da: «il Ministro della giustizia sia legittimato», fino alla fine del numero.
2.188
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera m), numero 1), sostituire le parole da: «Il Ministro della giustizia sia legittimato», fino alla fine del periodo, con le seguenti: «È esclusa la legittimazione del Ministro della giustizia all’impugnazione delle delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi».
2.189
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), numero 1), sostituire le parole da: «ricorrere in sede di giustizia amministrativa», con le seguenti: «sollevare conflitto di attribuzioni», e sopprimere le parole: «o la proroga», e le parole: «o con il parere».
2.522
Al comma 1, lettera m), numero 1), sopprimere le parole: «o la proroga».
2.190
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 2).
2.185
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera m), numero 2), sopprimere le parole: «dei titoli».
2.523
Al comma 1, lettera m), numero 2), dopo la parola: «acquisiti», aggiungere le seguenti: «, se necessario».
2.192
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 3).
2.193
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere le parole: «, acquisito il parere del Ministro della giustizia.
2.194
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 4).
2.195
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere le parole da: «ai fini», sino alle parole: «grado elevato».
2.196
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 5).
2.197
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), numero 5), sopprimere le parole da: «nella sede», sino alle parole: «bilancio dello Stato».
2.198
MARITATI, CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), numeri 5) ed 8), dopo le parole: «di originaria provenienza», inserire le seguenti: «anche in soprannumero, da riassorbirsi per effetto di successive vacanze».
2.199
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 6).
Conseguente, al numero 7), sopprimere le parole: «allo scadere del termine di cui al numero 6)» e sopprimere il numero 8).
2.200
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 6).
2.201
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 6).
2.529
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 6).
2.530
Al comma 1, lettera m), numero 6), sostituire le parole: «sei anni», con le seguenti: «otto anni».
2.531
Al comma 1, lettera m), numero 6), aggiungere, in fine, le parole: «che possono essere prorogati a domanda, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, per un periodo ulteriore di due anni».
2.202
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 7).
2.203
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 7).
2.204
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 8).
2.205
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 8).
2.206
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 9).
2.207
CALVI, MARITATI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera m) numero 9), sostituire le parole: «direttive giudicanti di legittimità» con le seguenti: «direttive giudicanti superiori» e le parole: «giudicanti di legittimità» con le altre: «direttive giudicanti» ed al numero 10) sostituire le parole: «direttive requirenti di legittimità» con le seguenti: «direttive requirenti superiori» e le parole: «requirenti di legittimità» con le altre: «direttive requirenti».
2.208
MARITATI, FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera m) numero 9), sostituire le parole: «da tre a cinque magistrati che esercitino le funzioni di legittimità» con le seguenti: «da un magistrato che eserciti le funzioni di legittimità, da due a quattro magistrati che esercitino funzioni direttive da almeno tre anni».
2.209
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 10).
2.210
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 11).
2.211
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), al numero 11) sopprimere le parole da: «fermo restando» sino alla fine del numero.
2.212
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera m), numero 11) sopprimere le parole da: «fermo restando il possesso» fino alla fine.
2.213
FASSONE, CALVI, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), numero 11) sopprimere le parole da: «di uno degli uffici di diretta collaborazione» sino a: «D.P.R. 6 marzo 2001, n. 55».
2.214
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera m), numero 11) sopprimere le parole da: «nella valutazione dei titoli» sino al termine.
2.215
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera n), sopprimere la parola: «requirenti».
2.216
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera o).
2.217
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera o), sopprimere le parole: «senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato».
2.218
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera o), sostituire le parole: «se vacante, o in altra sede» con le parole: «anche in soprannumero».
2.219
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera o), sostituire le parole da: «salvo che il magistrato» sino alle parole: «dieci anni» con le parole: «in una sede diversa vacante all’interno della medesima regione».
2.220
AYALA, FASSONE, CALVI, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 1, lettera o), sostituire le parole da: «appartenente ad un distretto sito in una regione diversa» sino a: «è stato eletto» con le seguenti: «in un circondario diverso se esercitava una funzione di primo grado, o in distretto diverso se esercitava una funzione di secondo grado;».
2.221
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera p).
2.222
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera p), sopprimere il numero 2).
2.223
FASSONE, AYALA, CALVI, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 1, lettera p), al numero 2) sopprimere le parole: «ad eccezione dei magistrati che esercitino funzioni direttive requirenti di legittimità».
2.224
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera q), sopprimere il numero 2).
2.225
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera r), sopprimere le parole da: «prevedere che non possano» sino alla fine della lettera.
2.227
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera s), sopprimere il numero 3).
2.228
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera s), al numero 3) sopprimere le parole da: «in coerenza» sino a: «delle attività».
2.229
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera s), numero 3), sostituire le parole da: «in coerenza» fino ad: «attività» con le seguenti: «, il potere di proporre, all’inizio di ogni anno giudiziario, al magistrato capo dell’ufficio la programmazione temporale delle udienze e delle altre attività giudiziarie, al fine di realizzare il più efficiente svolgimento delle stesse, nonché il potere di segnalare e proporre al magistrato capo dell’ufficio gli opportuni provvedimenti nel caso di rilevate inefficienze dell’ufficio giudiziario,».
2.230
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera s), numero 3), sostituire le parole: «con gli indirizzi del magistrato capo dell’ufficio» con le seguenti: «con gli indirizzi del Segretario Generale di cui alla lettera t)».
Conseguentemente, sostituire la lettera t) con la seguente:
t) prevedere che presso ogni Distretto di Corte di Appello sia istituita la figura del Segretario generale, cui è affidata la direzione dei servizi di segreteria e il potere di promuovere i provvedimenti che reputa opportuni al buon andamento dei rispettivi uffici. Ai dirigenti con funzioni di Segretario Generale rispondono direttamente tutti i Dirigenti Capo degli uffici di cancelleria o segreteria. Ai dirigenti con funzioni di Segretario Generale competono anche, secondo quanto previsto dall’art. 17, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le seguenti attribuzioni:
a) sovraintendono all’andamento di tutti gli uffici che compongono la struttura amministrativa;
b) propongono al Magistrato capo dell’ufficio giudiziario la programmazione temporale delle udienze e delle altre attività giudiziarie;
c) esercitano oltre ai poteri direttamente attribuiti per legge, i poteri delegati dai presidenti del Distretto di Corte di Appello, entro i limiti di valore o di materia da questi fissati con atto generale;
d) svolgono funzioni di indirizzo, di coordinamento e di vigilanza sugli uffici sottordinati nell’ambito delle strutture alle quali sono preposti;
e) provvedono all’adeguamento dell’orario di servizio e di apertura degli uffici al pubblico, nonchè all’articolazione dell’orario contrattuale di lavoro, previo eventuale esame con le organizzazioni sindacali.
2.231
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera t).
2.232
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera t), numero 1), sostituire le parole: «presso le corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo» con le seguenti: «presso ciascun distretto di Corte di Appello».
2.233
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera t), numero 1), sopprimere le parole: «di Roma, Milano, Napoli e Palermo».
2.234
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera t), numero 1), sostituire le parole: «nominato dal Ministro della giustizia» con le seguenti: «nominato dal magistrato capo dell’ufficio giudiziario tra gli iscritti a un apposito Albo nazionale, cui si accede mediante concorso nazionale a cui possono partecipare candidati in possesso di diploma di laurea almeno quadriennale in discipline giuridiche ed economiche e che siano in possesso dell’abilitazione della Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione».
2.532
Al comma 1, lettera t), numero 1), sostituire le parole: «nominato dal Ministro» con le seguenti: «vincitore di specifico concorso per titoli ed esami indetto dal Ministero».
2.235
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera t), numero 1), dopo le parole: «nominato dal Ministro della giustizia» inserire le seguenti: «di concerto con il magistrato capo dell’ufficio giudiziario».
2.236
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, lettera t), al numero 1), sopprimere le parole: «, di razionalizzazione ed organizzazione del loro utilizzo,»
2.237
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, lettera t), al numero 1), sopprimere le parole da: «, nonchè di pianificare il loro utilizzo» fino alla fine.
2.533
Al comma 1, lettera t), numero 1), sopprimere le parole: «e alle esigenze di carattere sociale nel rapporto tra i cittadini e la giustizia».
2.238
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, lettera t), al numero 1) dopo le parole: «tra i cittadini e la giustizia» aggiungere le parole: «, con esclusione di ogni e qualsivoglia compito di direzione dell’attività degli organi di polizia giudiziaria, che resta esclusivamente affidato a personale appartenente all’ordine giudiziario».
2.239
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera t), numero 1), aggiungere il seguente periodo: «; sia attribuito, inoltre, al direttore tecnico il potere di proporre, all’inizio di ogni anno giudiziario, al magistrato capo dell’ufficio la programmazione temporale delle udienze e delle altre attività giudiziarie, al fine di realizzare il più efficiente svolgimento delle stesse; gli sia attribuito, infine, il potere di segnalazione e di proposta al magistrato capo dell’ufficio degli opportuni provvedimenti, nel caso di funzionamento non efficiente dell’ufficio giudiziario».
2.240
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, lettera t), numero 1), aggiungere, in fine, il seguente periodo: «prevedendo altresì che in caso di conflitto tra il direttore tecnico e personale appartenente all’ordine giudiziario sulle modalità di impiego e di utilizzo delle risorse umane e strumentali degli uffici giudicanti e requirenti, la questione sia risolta dal Consiglio superiore della magistratura che con propria deliberazione attribuisca caso per caso la competenza all’uno o all’altro organo».
2.241
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, lettera t), numero 1), aggiungere, in fine, il seguente periodo: «prevedendo comunque l’obbligo per il direttore tecnico di coordinare la propria attività con quella di natura specificamente giurisdizionale demandata al magistrato capo dell’ufficio».
2.242
CALVI, FASSONE, AYALA, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 1, lettera t), al numero 2.1) sostituire la cifra «11» con la cifra: «4», la cifra: «2» con la cifra: «1» e la cifra: «3» con la cifra: «1».
2.534
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI, MARINI
Sostituire il comma 2 con il seguente:
«2. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1 della lettera b), il governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
prevedere l’istituzione di una Scuola Superiore delle Professioni Giudiziarie struttura didattica stabilmente organizzata dal C.S.M. e dal C.N.F. preposta all’attività di formazione, tirocinio e aggiornamento professionale di uditori giudiziari, giudici, pubblici ministeri ed avvocati;
prevedere che la S.S.P.G. sia diretta da un comitato, della durata di quattro anni, composto da un giudice e da un pubblico ministero che esercitino funzioni di legittimità nominati dal C.S.M., da due avvocati con almeno quindici anni di esercizi della professione nominati dal C.N.F. e da tre professori universitari ordinari in materie giuridiche nominati dal Consiglio Universitario Nazionale;
prevedere che nell’ambito del comitato i membri nominano il Presidente;
prevedere che i membri del comitato non siano immediatamente rinnovabili e non possano far parte della commissione d'esame per l’ammissione alla Scuola;
prevedere che vengano istituite almeno tre sedi a competenza interregionale;
prevedere che a decorrere dalla entrata in funzione della S.S.P.G. annualmente siano svolte selezioni per la partecipazione ad un corso biennale di preparazione ai concorsi per l’ammissione alla carriera di giudice e di pubblico ministero ed all’esame di idoneità alla professione di avvocato;
prevedere che il primo anno del corso sia comune e che il secondo anno sia mirato all'approfondimento delle materie che caratterizzano le singole professioni giudiziarie ed alla formazione specifica degli aspiranti giudici, pubblici ministeri ed avvocati;
prevedere che alla fine del primo anno sia formulato un giudizio di idoneità e di ammissione al secondo anno;
prevedere che chi non superi la valutazione di idoneità al secondo anno possa ripetere, per non più di una volta, il primo anno di corso;
prevedere che alla fine del secondo anno di corso si consegua l’idoneità a partecipare ai concorsi di ammissione alla carriera di giudice, di pubblico ministero ed all’esame di abilitazione alla professione di avvocato;
prevedere la possibilità di ripetere per una sola volta il secondo anno di corso nel caso di negativa valutazione finale».
2.243
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 2 lettera b), sopprimere le parole: «in numero non superiore a cinquanta unità».
2.244
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 2, sopprimere la lettera d).
2.245
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 2, sostituire la lettera d), come segue:
«d) prevedere che il tirocinio abbia una durata di 18 mesi e sia articolato in sessioni di eguale durata presso la scuola superiore della magistratura e presso gli uffici giudiziari destinando gli ultimi tre mesi al tirocinio in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione».
2.246
FASSONE, CALVI, MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 2, lettera d), sostituire le parole da: «dei quali almeno» sino alla fine con le parole: «dei quali nove in uffici giudicanti monocratici e collegiali, tre in uffici requirenti e sei in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione;».
2.248
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 2, dopo la lettera e) inserire la seguente:
«e-bis) prevedere che nelle sessioni presso gli uffici giudiziari, tre mesi vengano destinati ad effettuare adeguati periodi di formazione presso studi di avvocato, settori qualificati della pubblica amministrazione, istituti penitenziari, istituti bancari o altre sedi formative, secondo quanto previsto dal regolamento per il tirocinio degli uditori giudiziari di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 luglio 1998».
2.249
FASSONE, CALVI, MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 2, dopo la lettera e) inserire la seguente:
«e-bis) prevedere che, in esito al tirocinio, l’assegnazione delle funzioni sia preceduta da un giudizio positivo, espresso anche in relazione alla funzione richiesta, che, sulla base di valutazioni periodiche e collegiali formulate durante il tirocinio, tenga conto altresì delle qualità di equilibrio, maturità e responsabilità dimostrate dal soggetto;».
2.255
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 2, lettera o), sostituire la parola: «cinque» con la parola: «quattro».
2.250
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 2 sopprimere la lettera p).
2.251
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 2 lettera t), dopo le parole: «ventottesimo anno dall’ingresso in magistratura» sopprimere le seguenti: «e che il passaggio rispettivamente alla quinta, alla sesta e alla settima classe stipendiale possa esser disposto solo in caso di valutazione positiva».
2.252
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 3, lettera f), sostituire la parola: «cinque», con la seguente: «sette».
2.253
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 3, dopo la lettera i), aggiungere la seguente:
«i-bis) prevedere che i componenti nominati dal Consiglio regionale non possano svolgere, o aver svolto, nei cinque anni precedenti, la professione di avvocato nell’ambito del distretto».
2.254
Al comma 3, lettera l), sopprimere le parole: «ed il presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo nel distretto».
2.256
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 3, lettera r), numero 2), sopprimere le parole da: «Ai fini sopra indicati», fino alla fine del periodo.
2.257
FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 3, lettera r), secondo periodo, sostituire le parole: «acquisire le motivate e dettagliate valutazioni del» con le seguenti: «comunicare al» e, aggiungere, in fine, al periodo le parole: «i nominativi dei magistrati in merito ai quali dovrà essere espresso il parere, affinché i predetti Consigli dell’Ordine forniscano, ove lo ritengano, ogni utile informazione e valutazione al loro riguardo, fondata su fatti specifici;».
2.258
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 3, lettera r), numero 2), dopo la parola: «acquisire» aggiungere le seguenti: «dandone espressamente atto nel parere».
2.259
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 3, sopprimere la lettera s).
2.260
FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 3 sopprimere la lettera u).
2.262
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 3 sopprimere la lettera v).
2.263
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 3 sopprimere la lettera z).
2.264
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Sopprimere il comma 4.
2.265
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 4, sostituire le lettere b) e c) con la seguente:
«b) prevedere che il procuratore della Repubblica sia coadiuvato nella gestione per il compimento di singoli atti, per la trattazione di uno o più procedimenti o per la gestione dell’attività di un settore d’affari da uno o più procuratori aggiunti, nominati dal Consiglio superiore della magistratura in un numero non superiore a quello risultante dalla proporzione di un procuratore aggiunto per ogni dieci sostituti procuratori addetti all’ufficio;».
2.266
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 4, sostituire la lettera c), con la seguente:
«c) prevedere che il Procuratore della Repubblica determini i criteri per l’organizzazione dell’Ufficio dei quali dovrà dare comunicazione al Consiglio Superiore della Magistratura; prevedere che il Procuratore della Repubblica possa determinare i criteri cui i procuratori aggiunti o i magistrati delegati ai sensi della lettera b) devono attenersi nell’adempimento della delega, con facoltà di revoca in caso di rilevante divergenza o di ripetute inosservanze dei criteri».
2.268
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 4, lettera c), sopprimere le parole da: «prevedere che il procuratore della Repubblica trasmetta al Procuratore generale presso la Corte di cassazione», fino alla fine della lettera.
2.267
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 4, lettera c), sopprimere le parole da: «prevedere che», sino a: «Consiglio superiore della magistratura».
2.270
FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 4, lettera c), dopo le parole: «prevedere che il procuratore della Repubblica trasmetta», inserire le altre: «al Consiglio Superiore della Magistratura e».
2.271
FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 4, lettera c), sostituire le parole: «al Procuratore Generale presso la Corte di cassazione», con le seguenti: «al Consiglio Superiore della Magistratura».
2.272
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 4, lettera c), sopprimere le parole: «che il provvedimento di revoca e le osservazioni vengano acquisiti nei relativi fascicoli personali;».
2.273
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 4, lettera c), sostituire le parole: «che il provvedimento di revoca e le osservazioni vengano acquisiti nei relativi fascicoli personali», con le seguenti: «che in casi di particolare gravità, ovvero, di reiterate revoche, il procuratore della Repubblica possa disporre l’inserimento del provvedimento di revoca nel fascicolo personale del magistrato».
2.269
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 4, lettera c), sopprimere l’ultimo periodo.
2.274
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 4, lettera c), sopprimere le parole: «e nella impostazione delle indagini».
2.275
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 4, lettera c), dopo le parole: «impostazione delle indagini», aggiungere le seguenti: «, nel rispetto dei principi di obbligatorietà dell’azione penale, di indipendenza e autonomia di ogni singolo magistrato nell’esercizio del proprio ufficio».
2.276
CALVI, FASSONE, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 4, sopprimere la lettera d).
2.277
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 4, lettera e), dopo la parola: «assenso», aggiungere le seguenti: «anche verbale».
2.278
FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 4, lettera e), sostituire le parole: «ovvero, limitatamente», con le seguenti: «nonchè», e la parola: «nelle», con le seguenti: «fatte salve le».
2.279
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 4, lettera f), sopprimere le parole da: «prevedere che il procuratore della Repubblica segnali obbligatoriamente al consiglio giudiziario», fino alla fine della lettera.
2.280
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 4, lettera f), sopprimere le parole da: «prevedere che il procuratore della Repubblica segnali», fino al termine».
2.281
MARITATI, FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 4, lettera f), sopprimere la parola: «obbligatoriamente».
2.282
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 4, lettera f), sostituire le parole: «consiglio giudiziario, ai fini di quanto previsto al comma 3, lettera r), numero 3)», con le seguenti: «ai titolari dell’azione disciplinare, qualora ne ricorrano i presupposti».
2.283
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 5, sostituire la lettera d), con la seguente:
«d) prevedere che il servizio prestato per almeno cinque anni presso l’ufficio del massimario e del ruolo consenta la nomina a posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità, purchè vi sia la previa valutazione favorevole del Consiglio superiore della magistratura espressa previa acquisizione del parere motivato del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, e sempre che tali magistrati abbiano un’anzianità non inferiore a quindici anni».
2.284
FASSONE, MARITATI, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), numero 1), aggiungere alla fine le parole: «ogni altra violazione del dovere di imparzialità».
2.285
FASSONE, MARITATI, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), numero 2), aggiungere alla fine le parole: «ogni altra rilevante violazione del dovere di correttezza».
2.286
FASSONE, MARITATI, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), numero 3), aggiungere alla fine le parole: «ogni altra rilevante violazione del dovere di diligenza».
2.287
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, lettera c), numero 4) dopo le parole: «i relativi provvedimenti» aggiungere le seguenti: «in presenza di tempo lavorativo a disposizione».
2.288
FASSONE, MARITATI, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), numero 4), aggiungere alla fine le parole: «ogni altra rilevante violazione del dovere di laboriosità;».
2.289
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera c), numero 5), sostituire l’ultimo periodo con il seguente: «pubbliche dichiarazioni o interviste che possano concretamente ledere l’ulteriore corso delle indagini relative a procedimenti in corso, ovvero la riservatezza dei soggetti interessati dal procedimento stesso».
2.290
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, lettera c), numero 5) dopo le parole: «in corso di trattazione» sopprimere le seguenti: «e che non siano stati definiti con sentenza passata in giudicato».
2.291
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera c), numero 6), sostituire le parole: «in relazione dell’attività del proprio ufficio», con le seguenti: «in violazione dei doveri di riservatezza».
2.292
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, lettera c), numero 6) sopprimere le parole da: « il sollecitare la pubblicità di notizie» fino al termine».
2.293
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera c), numero 6), sopprimere le parole: «ovvero il costituire e l’utilizzare canali informativi riservati o privilegiati».
2.294
BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), numero 6), sostituire le parole: «dei criteri di equilibrio» con le seguenti: «dei doveri di riservatezza».
2.295
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, sostituire la lettera c), numero 9) con la seguente:
«9) l’adozione per errore inescusabile di provvedimenti che costituiscano esercizio di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi ovvero ad altri organi costituzionali».
2.296
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera c), numero 9), sopprimere le parole: «provvedimenti abnormi ovvero di».
2.297
FASSONE, MARITATI, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), sopprimere il numero 10).
2.298
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, sostituire la lettera c), numero 10) con la seguente:
«10) l’emissione per errore inescusabile di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dai casi consentiti dalla legge».
2.299
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), sopprimere il numero 11).
2.300
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), al numero 11), aggiungere, in fine, il seguente periodo: «né quella di valutazione del fatto e delle prove».
2.301
FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), numero 11), aggiungere, in fine, le parole: «né quella di valutazione del fatto e delle prove».
2.302
CALVI, FASSONE, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 6, lettera d), numero 5), dopo le parole: «essere indagati» inserire le seguenti: «presso qualsiasi ufficio, ovvero».
2.303
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 6, lettera d), sopprimere il numero 8).
2.304
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 6, lettera d), sostituire il numero 8) con il seguente:
«8) l’iscrizione o l’adesione a partiti o movimenti politici;».
2.305
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, sostituire la lettera d), numero 8), con la seguente:
«8) l’iscrizione a partiti politici».
2.306
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera d), n. 8 sopprimere le parole da: «ovvero» fino alla fine della lettera.
2.307
AYALA, CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 6, lettera d), numero 8), sopprimere le parole da: «ovvero il coinvolgimento», sino alla fine.
2.308
Al comma 6, lettera d), numero 8), sostituire le parole da: «ovvero», fino alla fine del comma, con le seguenti: «e la reiterata dimostrazione di assenza di equilibrio nello svolgimento dell’attività di ufficio, con necessario riferimento a comportamenti ed episodi specifici, come rilevata dal capo dell’ufficio giudiziario. Tali circostanze sono segnalate ai titolari dell’azione disciplinare ed al Consiglio superiore della magistratura per l’adozione dei provvedimenti di competenza».
2.309
Al comma 6, lettera d), numero 8), sostituire le parole da: «ovvero il coinvolgimento nelle attività», fino alla fine della lettera, con le seguenti: «, nonchè l’assunzione di atteggiamenti che offendano la moralità pubblica, tenuto conto dei doveri di probità, imparzialità e correttezza che devono caratterizzare la condotta del magistrato».
2.310
Al comma 6, lettera d), numero 8), sostituire le parole da: «il coinvolgimento nelle attività», fino alla fine della lettera, con le seguenti: «l’assunzione di atteggiamenti che offendano la moralità pubblica, in quanto contrastanti con le prescrizioni di codici di comportamento deontologico adottati dal Consiglio superiore della magistratura».
2.311
FASSONE, AYALA, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 6, lettera d), numero 8), sostituire le parole da: «nelle attività», sino alla fine, con le seguenti: «in attività che possano fondatamente condizionare l’esercizio indipendente e imparziale delle sue funzioni;».
2.312
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera h), sostituire il numero 4), con il seguente:
«4) il tenere comportamenti che costituiscano manifesta, reiterata e concreta violazione del dovere di imparzialità;».
2.313
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, lettera h), numero 11), sopprimere le parole da: «qualora per l’entità», fino al termine.
2.314
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera h), numero 11), sostituire le parole: «, qualora per l’entità e la natura dell’incarico il fatto non si appalesi di particolare gravità», con le seguenti: «fatta eccezione per gli incarichi compensati solo con gettoni di presenza o rimborsi delle spese sostenute e documentate dall’interessato».
2.315
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, lettera l), numero 2), sopprimere le parole da: «ovvero l’accettazione», fino al termine.
2.316
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 6, sostituire la lettera n), con la seguente:
«n) integrare il secondo comma dell’articolo 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, stabilendo che il trasferimento ad altra sede, o la destinazione ad altre funzioni, ivi previsti, avvengano secondo le norme procedurali che regolano il procedimento disciplinare di cui agli articoli 28 e seguenti dello stesso regio decreto legislativo, in quanto compatibili; prevedere altresì che, in caso di particolare urgenza, il trasferimento possa essere disposto anche in via cautelare e provvisoria; prevedere infine che la causa, anche incolpevole, legittimante l’intervento sia tale da impedire al magistrato di svolgere le sue funzioni, nella sede occupata, con piena indipendenza e imparzialità».
2.317
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera n), sostituire le parole: «o la destinazione ad altre funzioni», con le seguenti: «ovvero, qualora, per obiettivi motivi organizzativi, non sia possibile disporre il trasferimento, il collocamento del magistrato in posizione di aspettativa o di disponibilità per un periodo non superiore a sei mesi, con diritto al trattamento economico in godimento salvo che per gli emolumenti strettamente connessi alle presenze in servizio».
2.318
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera n), sostituire le parole: «o la destinazione ad altre funzioni», con le seguenti: «in presenza di evidenti motivate ragioni di opportunità circa la permanenza del magistrato nell’ufficio in considerazione del discredito che l’amministrazione stessa può ricevere da tale permanenza».
2.319
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera n), sostituire le parole: «o la destinazione ad altre funzioni», con le seguenti: «con attribuzione di funzioni corrispondenti a quelle svolte».
2.320
FASSONE, AYALA, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 6, lettera n), sostituire le parole: «solo per una causa incolpevole», con le seguenti: «per una causa incolpevole ovvero per una condotta sanzionata in sede disciplinare con l’ammonimento».
2.321
CALVI, FASSONE, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 6, lettera n), seconda preposizione, sostituire la parola: «solo», con l’altra: «anche».
2.322
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera n), in fine, sopprimere le parole da: «prevedere che alla data di entrata in vigore del primo dei decreti legislativi», fino alla fine della lettera.
2.323
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera n), aggiungere, in fine, il seguente periodo: «modificare le disposizioni di attuazione del codice di procedura penale in materia di determinazione della competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati, prevedendo che agli effetti di quanto stabilito dall’articolo 11 dello stesso codice il distretto di corte d’appello nel cui capoluogo ha sede il giudice competente sia determinato mediante sorteggio a cura della Corte di cassazione da effettuarsi in relazione ai singoli procedimenti».
2.324
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, lettera p), sopprimere le parole: «o di ufficiale o agente di polizia giudiziaria».
2.325
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, sopprimere la lettera q).
2.326
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, lettera b) n. 1, sostituire le parole: «due anni» con le seguenti: «un anno».
2.327
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera l), numero 1), sostituire le parole: «due anni» con le parole: «centoventi giorni».
2.328
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera b), numero 1), sostituire le parole: «due anni» con le parole: «sei mesi».
2.329
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 7, lettera b), numero 1), sostituire le parole: «due anni» con le parole: «sei mesi».
2.330
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 7, lettera b), numero 1), sostituire le parole: «due anni» con le parole: «tre mesi».
2.331
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera b), numero 1), sopprimere le parole: «o di segnalazione del Ministro della giustizia».
2.332
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 7, lettera b), numero 2), sostituire ovunque ricorrano le parole: «due anni» con le parole: «sei mesi» e le parole: «un anno» con le parole: «tre mesi».
2.333
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, lettera b), numero 2), sostituire le parole: «due anni» con le seguenti: «un anno» in entrambi i casi nei quali è utilizzata.
2.334
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera b), numero 2), sostituire le parole: «due anni» con le seguenti: «un anno» ovunque ricorra.
2.335
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera b), numero 2), sostituire ovunque le parole: «due anni» con le seguenti: «centoventi giorni».
2.336
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera b), numero 2), sostituire le parole: «un anno» con le seguenti: «centoventi giorni».
2.337
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 7, lettera c), al numero 2) sostituire le parole da: «il Procuratore generale» sino a: «l’azione disciplinare» con le seguenti: «il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione debba promuovere l’azione disciplinare»:
1) nei casi previsti dal comma 6, lettera c), numeri 1), 2), 3) e 4);
2) nei casi previsti dal comma 6, lettera d), numeri 3) e 7);
3) nei casi previsti dal comma 6, lettera e), numero 1);
4) nei casi previsti dall’articolo 9 della legge 21 aprile 1988 n. 117, per quanto non stabilito nei numeri precedenti;».
2.338
FASSONE, AYALA, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 7, lettera c), numero 2) sostituire le parole da: «il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione» fino a: «azione disciplinare» con le seguenti: «il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione fermo quanto previsto dal numero 1), quando a lui pervenga notizia di un fatto avente carattere di illecito disciplinare, eserciti l’azione disciplinare, ovvero, qualora non ne ravvisi gli estremi, adotti motivato provvedimento, in entrambi i casi».
2.535
Al comma 7, lettera c), numero 2) sostituire le parole: «abbia l’obbligo di esercitare l’azione disciplinare» con le parole: «abbia la facoltà di esercitare l’azione disciplinare».
2.339
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, lettera c), numero 2), sostituire le parole: «abbia l’obbligo» con le seguenti: «possa esercitare».
2.340
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera d), numero 3), sopprimere le parole: «; si applica comunque quanto previsto dall’articolo 133 del codice di procedura penale».
2.341
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera d), numero 3), sopprimere le parole da: «prevedere che il Procuratore generale presso la Corte della cassazione», sino alla fine del numero.
2.342
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 7, lettera d), numero 3), sostituire le parole: «possa acquisire atti coperti da segreto investigativo senza che detto segreto possa essergli opposto», con le seguenti: «possa chiedere all’Autorità giudiziaria procedente di acquisire atti coperti da segreto investigativo, ferma restando la facoltà dell’Autorità giudiziaria di opporre l’essenzialità di tali atti allo svolgimento delle indagini».
2.343
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera d), numero 3), dopo le parole da: «possa acquisire», inserire le seguenti parole: «, previa richiesta motivata e circostanziata, inviata per conoscenza al Consiglio Superiore della Magistratura,».
2.344
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera d), numero 3), dopo le parole: «senza che detto segreto possa essergli opposto» inserire le seguenti: «salvi i limiti posti dall’articolo 335 del codice di procedura penale».
2.345
CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 7, lettera d), numero 3), ultima proposizione, sostituire le parole: «per un periodo non superiore a dodici mesi» con le seguenti: «sino a quando permanga il pericolo di grave pregiudizio alle indagini».
2.346
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, lettera d), numero 3) sopprimere le parole da: «e sospenda il procedimento» sino al termine».
2.347
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera e), sopprimere il numero 2).
2.348
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 7, lettera e), sopprimere il numero 2).
2.349
CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 7, lettera e), sopprimere il numero 2).
2.350
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, sopprimere il numero 2) della lettera e).
2.351
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 7, lettera e), sostituire il numero 2) con il seguente:
«2) qualora il Ministro della giustizia abbia promosso l’azione disciplinare, in caso di richiesta di declaratoria di non luogo a procedere, abbia facoltà di produrre una memoria entro dieci giorni. Il Consiglio superiore della magistratura decide in camera di consiglio, sentite le parti».
2.353
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera e), numero 5) sopprimere le parole: «e al Ministro della giustizia».
Conseguentemente, sopprimere i numeri 9) e 10).
2.356
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera e), sopprimere il numero 9).
2.357
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, sopprimere il numero 9) della lettera e).
2.359
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera e), numero 9) sopprimere le parole da: «il quale può esercitare» fino alla fine del numero».
Conseguentemente, sopprimere il numero 10).
2.360
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera e), sopprimere il numero 10).
2.361
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, sopprimere il numero 10) della lettera e).
2.362
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, lettera f), numero 3), sopprimere le parole: «e del delegato del Ministro della giustizia».
2.363
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera f), numero 3), sopprimere le parole: «; resta fermo quanto previsto dall’articolo 133 del codice di procedura penale».
2.364
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, lettera f), numero 4), sopprimere le parole: «del delegato del Ministro della giustizia».
2.366
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Dopo il comma 7 inserire il seguente:
«7-bis. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera g), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) prevedere che semestralmente, a cura del Consiglio Superiore della Magistratura, sia reso noto l’elenco degli incarichi extra-giudiziari il cui svolgimento è stato autorizzato dal Consiglio stesso, indicando l’ente conferente, l’eventuale compenso percepito, la natura e la durata dell’incarico e il numero degli incarichi precedentemente assolti dal magistrato nell’ultimo triennio;
b) prevedere che analoga pubblicità semestrale sia data, per i magistrati di relativa competenza, dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, dal Consiglio di presidenza della Corte dei conti, dal Consiglio Superiore della Magistratura militare e dal Ministero della giustizia relativamente agli avvocati e procuratori dello Stato;
c) prevedere che la pubblicità di cui ai numeri precedenti sia realizzata mediante pubblicazione nei bollettini periodici dei rispettivi Consigli e Ministero».
2.536
Al comma 8, lettera c), sopprimere le parole: «nei cinque anni successivi».
2.367
MARITATI, FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Al comma 8, lettera c), ultima proposizione, dopo le parole: «secondo l’ordine di graduatoria» inserire le seguenti: «, manifestato per più di due volte,».
2.368
FASSONE, MARITATI, CALVI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Al comma 8, lettera g), dopo le parole: «per un periodo massimo di quattro anni» inserire le seguenti: «prorogabili di ulteriori due anni, se non le esercitavano da almeno due anni, acquisito in tal caso il parere del Ministro della giustizia e previa valutazione positiva da parte del Consiglio Superiore della Magistratura,».
2.369
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 8, sopprimere il numero 4), della lettera m).
2.370
FASSONE, MARITATI, CALVI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Al comma 8, lettera m), sopprimere il numero 4).
S2.1
IL GOVERNO
Stralciare i commi 9, 10 e 14.
2.372
Sopprimere i commi 9 e 10.
2.374
Sopprimere i commi 10 e 11.
2.376
Sostituire il comma 10 con il seguente:
«10. Tutti i magistrati sono collocati a riposo al compimento del settantaduesimo anno di età. I magistrati in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi del comma 1-bis, dell’articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, sono collocati a riposo al compimento del settantaquattresimo anno di età».
2.378
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 10, sostituire le parole: «continuano a prestare servizio nella stessa sede e nelle stesse funzioni svolte al settantacinquesimo anno di età», con le seguenti: «sono collocate a riposo entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge».
2.379
CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Sopprimere il comma 11.
2.380
CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Sopprimere il comma 12.
2.383
AYALA, CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 16, sopprimere la lettera c).
2.384
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 16, lettera c), sostituire la lettera con la seguente:
c) al fine di razionalizzare l’organizzazione degli uffici giudiziari e consentire un’efficiente allocazione delle risorse sulla base dei carichi di lavoro rilevati, prevedere l’istituzione di un’anagrafe informatica nazionale dei procedimenti giudiziari, istituita presso il Ministero della giustizia che la gestisce nel pieno rispetto della riservatezza dei soggetti interessati, adottando gli opportuni standard di sicurezza nella conservazione dei dati. Tale anagrafe consente il monitoraggio costante dell’andamento di ciascun procedimento dall’avvio fino alla conclusione e prevede:
a) l’iscrizione di ogni procedimento giudiziario in materia civile e penale;
b) l’indicazione dei singoli procedimenti esclusivamente attraverso il numero di ruolo, con esclusione di ogni indicazione nominativa delle parti;
c) la registrazione di ogni passaggio procedimentale, con evidenziazione della durata complessiva del procedimento, dei tempi compresi tra un atto ed il successivo, dell’esito del procedimento nonché dell’eventuale riforma od annullamento delle pronunce in sede di impugnazione;
d) la possibilità di accesso ai soli soggetti aventi un interesse qualificato.
2.385
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 16, lettera c), sostituire la lettera con la seguente:
c) al fine di razionalizzare l’organizzazione degli uffici giudiziari e consentire un’efficiente allocazione delle risorse sulla base dei carichi di lavoro rilevati, prevedere l’istituzione di un’anagrafe informatica nazionale dei procedimenti giudiziari, istituita presso il Ministero della giustizia che la gestisce nel pieno rispetto della riservatezza dei soggetti interessati, adottando gli opportuni standard di sicurezza nella conservazione dei dati. Tale anagrafe consente il monitoraggio costante dell’andamento di ciascun procedimento dall’avvio fino alla conclusione e prevede:
a) l’iscrizione di ogni procedimento giudiziario in materia civile e penale;
b) l’indicazione dei singoli procedimenti esclusivamente attraverso il numero di ruolo, con esclusione di ogni indicazione nominativa delle parti;
c) la registrazione di ogni passaggio procedimentale, con evidenziazione della durata complessiva del procedimento, dei tempi compresi tra un atto ed il successivo, dell’esito del procedimento nonché dell’eventuale riforma od annullamento delle pronunce in sede di impugnazione;
d) la possibilità di accesso ai soli soggetti aventi un interesse qualificato;
e) trasmissione mensile ai capi degli uffici giudiziari dell’elenco dei procedimenti di competenza dei rispettivi uffici per i quali presso l’anagrafe non si registrato un avanzamento in un arco temporale di sei mesi.
2.386
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 16, sostituire la lettera c), con la seguente:
c) istituire presso ogni direzione generale o interregionale dell’organizzazione giudiziaria l’ufficio del monitoraggio dell’esito dei procedimenti in ogni fase e grado.
2.387
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 33 sopprimere la lettera a).
2.388
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 33, sopprimere la lettera a).
2.389
BRUTTI MASSIMO, AYALA, CALVI, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 33, lettera a), capoverso «Art. 86», comma 1, sopprimere il primo periodo e al secondo periodo sostituire le parole: «Entro i successivi dieci giorni» con le parole: «Entro il ventesimo giorno di ciascun anno giudiziario,».
2.537
Al comma 33, lettera a), capoverso «Art. 86» sopprimere le parole: «e sulle linee di politica giudiziaria per l’anno in corso».
2.538
Al comma 33, lettera a), capoverso «Art. 86» sostituire le parole: «e sulle linee di politica giudiziaria per l’anno in corso» con le seguenti: «e sulle linee guida di natura amministrativa ed organizzativa dell’amministrazione della giustizia per l’anno in corso».
2.600
IL GOVERNO
Al comma 33, lettera a), dopo le parole: «e dei presidenti di corte di appello» è aggiunto il seguente periodo: «al termine della relazione svolgono, altresì, analogo intervento il Procuratore generale e il rappresentante dell’avvocatura.».
EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 2
2.0.1
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Dopo l’articolo 2, inserire il seguente:
«Art 2-bis.
(Istituzione in via sperimentale dell’ufficio del giudice)
1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 2, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che l’ausiliario del giudice, sotto la diretta responsabilità del magistrato cui è assegnato e in rapporto fiduciario con il medesimo:
1) svolga attività di ricerca della dottrina e dei precedenti giurisprudenziali, anche di merito;
2) presti assistenza al magistrato nell’organizzarne l’attività in vista dell’udienza e nel coordinamento degli adempimenti istruttori;
3) abbia la facoltà di presenziare all’udienza e di esaminare gli atti;
4) collabori all’espletamento degli adempimenti che incombono al giudice, successivi alla pronuncia della sentenza;
5) collabori con il giudice, svolgendo le attività da questi richieste, al fine di procurare, in via generale, che egli sia alleviato da tutti gli incombenti che non riguardino lo stretto esercizio della funzione giurisdizionale;
b) fermo restando quanto previsto alla lettera a), escludere che l’attività dell’ausiliario possa includere compiti che rientrino nelle attribuzioni di altri uffici;
c) prevedere che l’organico degli ausiliari del giudice sia stabilito in 2.250 unità;
d) prevedere che l’assegnazione degli ausiliari sia distribuita fra gli uffici giudiziari in proporzione all’organico dei magistrati di ciascun distretto di corte d’appello e che l’assegnazione dei medesimi fra i magistrati del distretto avvenga sulla base delle determinazioni del presidente della corte d’appello, sentito il consiglio giudiziario;
e) prevedere che l’ausiliario sia assegnato, a cura dei soggetti di cui alla lettera d), sulla base dei carichi di lavoro e delle altre oggettive esigenze dell’ufficio, ai soli magistrati che ne fanno espressa richiesta;
f) prevedere che l’incarico di ausiliario del giudice abbia durata biennale e sia rinnovabile per una sola volta;
g) prevedere che la stipulazione dei contratti per l’assunzione e la gestione amministrativa degli ausiliari del giudice sia svolta dai presidenti di corte d’appello di ciascun distretto; stabilire inoltre che i presidenti di corte d’appello possano, agli stessi effetti, delegare un altro magistrato componente del consiglio giudiziario;
h) prevedere che gli ausiliari del giudice siano scelti fra coloro che hanno conseguito, con una votazione non inferiore a 108/110, la laurea specialistica per la classe delle scienze giuridiche sulla base degli ordinamenti didattici adottati in esecuzione del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509;
i) prevedere che i presidenti delle corti d’appello provvedano, mediante affissione nell’albo pretorio ed ogni altra forma di pubblicità ritenuta idonea, anche avvalendosi della collaborazione delle facoltà di giurisprudenza delle università e delle altre strutture di formazione giuridica, a dare avviso agli interessati della possibilità di presentare domanda per l’assunzione come ausiliari del giudice; le domande devono pervenire entro sessanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso; i presidenti delle corti d’appello deliberano quindi le assunzioni e stipulano i relativi contratti, valutando a tal fine come titoli preferenziali:
1) la votazione con cui è stata conseguita la laurea e la media dei voti ottenuti negli esami universitari;
2) il conseguimento di lauree in altre discipline;
3) le pubblicazioni prodotte dall’interessato al momento della presentazione della domanda;
4) la compiuta conoscenza di una o più lingue straniere;
5) la conoscenza delle tecnologie informatiche e delle modalità di funzionamento di strumenti informatici e telematici;
6) l’aver eventualmente svolto la pratica forense o conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni;
7) l’aver conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162;
I) prevedere che lo svolgimento delle funzioni di ausiliario del giudice sia equiparato, ad ogni effetto di legge, allo svolgimento della pratica forense e al conseguimento del diploma rilasciato dalle scuole di specializzazione di cui alla lettera i), numero 6), nonché costituisca titolo preferenziale per l’accesso alle funzioni giudiziarie onorarie;
m) prevedere, anche mediante attribuzione al Ministro della giustizia dell’obbligo di provvedervi con proprio decreto, che i criteri di valutazione dei titoli preferenziali, a parità dei quali vigerà il principio della priorità della domanda, siano definiti preventivamente in via generale;
n) prevedere che i contratti di cui alla lettera g) contemplino la previsione di una retribuzione annua articolata su tredici mensilità ciascuna di importo pari a euro 1.032, al netto delle imposte e degli oneri previdenziali, e che la stessa non sia soggetta a scatti in relazione all’anzianità per l’intera durata dei contratti stessi, ma solo a rivalutazione su base annua in misura pari alla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati; prevedere che gli stessi contratti contemplino altresì la corresponsione di un trattamento di fine rapporto.
2. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede mediante l’istituzione di una imposta pari al 3 per cento della massa attiva risultante dalle procedure concorsuali chiuse nell’anno.
3. La somna derivante dal gettito dell’imposta di cui al comma 2, versata all’entrata del bilancio dello Stato, è riassegnata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ad un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia.
4. Le disposizioni dei commi 2 e 3 acquistano efficacia contestualmente al decreto legislativo di al comma 2 dell’articolo 1 e cessano di avere efficacia allo scadere del periodo sperimentale ivi previsto».
2.0.500
Dopo l’articolo 2, inserire il seguente:
«Art 2-bis.
1. In deroga a quanto previsto dall’articolo 2, comma 1, lettera b), sono ammessi al concorso per l’ingresso in magistratura coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, se iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all’anno accademico 1998-1999».
EMENDAMENTO AL TITOLO DEL DISEGNO DI LEGGE
TIT. 1
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Nel titolo, sopprimere le parole comprese tra «per il decentramento del Ministero», fino a: «Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa» .
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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683a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MERCOLEDÌ 27 OTTOBRE 2004 (Pomeridiana) |
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Presidenza
del vice presidente MORO,
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Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1296-B) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico (Approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati)
(1262) COSSIGA. – Delega al Governo per il decentramento dei servizi della giustizia, per la riorganizzazione degli uffici giudiziari e per l’istituzione dell’assistente legale-giuridico
(2457) MAGNALBO’ ed altri. – Istituzione del ruolo del funzionario giudiziario
(2629) COSSIGA. - Esame per la valutazione della capacità mentale sotto il profilo psichiatrico e della idoneità psicologica a esercitare le funzioni di magistrato dell’ordine giudiziario
(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1296-B, già approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati, 1262, 2457 e 2629.
Ricordo che, ai sensi dell'articolo 104 del Regolamento, oggetto della discussione e delle deliberazioni saranno soltanto le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati, salvo la votazione finale.
Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 1296-B, nel testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati.
Ricordo altresì che nella seduta antimeridiana sono stati accantonati gli emendamenti 1.11, 1.12 e 1.13, e conseguentemente l’articolo 1, ed ha avuto inizio l’illustrazione degli emendamenti presentati all’articolo 2, che ora riprendiamo.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, gli emendamenti all’articolo 2 sono tutti emendamenti di merito. Debbo dire al Ministro, così degnamente rappresentato dal Sottosegretario, che la proposta di dialogo, sempre gradita, non può essere accettata. I princìpi ai quali si ispira questo disegno di legge sono infatti errati, nocivi, spesso in contrasto con la Carta costituzionale.
Presidenza del vice presidente DINI
(Segue ZANCAN). Iniziando dalla materia dei concorsi e dall’esclamazione del Ministro secondo la quale egli non ha mai visto un’azienda in cui non sia prevista una carriera per i vari impiegati, vorrei anzitutto precisare che amministrare la giustizia non significa amministrare un’azienda.
Amministrare giustizia è guidare una grande impresa sociale alla quale partecipano tutti i cittadini. Penso allo straordinario ruolo che svolgono i testimoni, ruolo senza il quale né le cause civili né i processi penali possono andare a compimento. Come dicevo, una grande impresa sociale che non ha il compito di vendere (mi ripeto, ma è giusto dirlo) contratti televisivi, bensì di cercare di ottenere i beni sommi della libertà, dell’uguaglianza e, soprattutto della giustizia.
Allora, parificare questa grande impresa sociale a una azienda è un errore radicale sul quale non ci può essere alcun dialogo, ma netta contrapposizione con il vostro disegno di legge, con il disegno di legge di questo Governo e di questa maggioranza.
Se poi mi addentro nella materia, soffermandomi sui punti oggetto dei miei emendamenti, rilevo, per esempio, che per quanto riguarda i concorsi si utilizzano come titoli le sentenze. Credo che chiunque non possa non convenire sul fatto che una sentenza, ovverosia la risoluzione di un caso ristretto ad una persona, dove si valutano le prove offerte da altre persone nel contraddittorio e nel crogiolo del processo, non possa mai costituire un titolo. Non siamo in una esercitazione letteraria, né dottrinaria o di qualsivoglia natura: siamo nel più alto compito che spetta all’uomo su questa terra, ovverosia giudicare.
Circa questo test psico-attitudinale che portate avanti in modo altalenante (ora vi siete trincerati dietro il pudibondo termine di "colloquio psico-attitudinale: tale è la dizione prevista nel subemendamento del Governo) mi piacerebbe sapere in cosa consisterà, chi lo sosterrà, quali criteri saranno adottati, quali marchingegni saranno messi in atto, quali indovinelli e quali stratagemmi. Cosa sarà questo colloquio psico-attitudinale? Voi non avete il modello del giudice, nessuno lo ha. Voi non avete un’esperienza sul terreno idonea a farvi valutare qual è il giudice giusto. Voi siete nella più pura delle astrazioni e quindi al di fuori di una giusta valutazione della figura del giudice.
Inserite addirittura nella materia dei concorsi la valutazione degli esiti processuali - ripeto, la valutazione degli esiti processuali - che è una sciocchezza (quando ci vuole, ci vuole). Dovete dirmi cosa farete se il giudice di primo grado assolve, il giudice d’appello condanna e la Cassazione riforma: a chi darete una valutazione positiva? A nessuno dei tre? Per favore, cerchiamo di essere seri su temi seri.
Questi sono i vostri strumenti di valutazione dei giudici. Allora, la materia dei concorsi è tutt’affatto diversa dal giusto compito di attribuire gli uffici direttivi a chi lo merita attraverso una valutazione che tenga conto anche dei pareri dei consigli giudiziari, che tenga conto dei pareri degli avvocati ed altresì di quelli dei rappresentanti dei cittadini; insomma una corretta valutazione tutt’affatto diversa da quella dei concorsi per titoli, che sono le sentenze, che nessuno può accettare come titoli idonei.
Se poi passiamo alla Scuola superiore della magistratura (questo mostro a sei teste perché sei saranno i pareri che dovranno richiedere i membri del direttivo della suddetta Scuola), non si saprà chi comanda, non si saprà di chi sono le direzioni, non si saprà in forza di quali criteri vengono inserite le valutazioni di questa Scuola superiore della magistratura nel fascicolo personale dei magistrati; sappiamo solo che al fondo di tutta questa sorta di pastrocchio che avete costruito il Ministro avrà voce in capitolo nelle carriere dei magistrati, ovverosia l'Esecutivo avrà voce in capitolo…
AGOGLIATI (FI). Meno male.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, questo signor senatore Agogliati che mi interrompe dicendo "meno male" non si rende conto che in questo modo il giudice indipendente che tutti vogliamo avere diventa servo dell'Esecutivo.
Se vogliamo tutto questo, se vogliamo abolire la magistratura, se vogliamo che magistratura e Parlamento diventino servi dell'Esecutivo, accomodatevi, fate pure! (Commenti dai Gruppi FI e AN). Che bellezza un commento di questo tipo, che bellezza!
Siamo di fronte ad un Parlamento che rifiuta i suoi poteri, siamo di fronte ad un Parlamento che non vuole un giudice libero, siamo di fronte ad un Parlamento che abdica alla divisione dei poteri, siamo di fronte ad un Parlamento che non fa il suo dovere di far rispettare i princìpi di democrazia.
Allora, per cortesia, cerchiamo con qualsiasi commento di non toccare i princìpi essenziali di questo ramo del Parlamento.
Quando guardiamo alla riforma dei consigli giudiziari, ci accorgiamo che gli avvocati, che dovrebbero entrare al loro interno, che i rappresentanti del popolo, i rappresentanti dei Consigli regionali, signori della Lega, che voi vorreste all'interno dei consigli giudiziari, vengono fatti entrare, ma nel momento delle decisioni che contano vengono fatti uscire, significa che volete degli avvocati, dei rappresentanti dei cittadini che guardano dal buco della serratura all'interno di questi consigli giudiziari.
PRESIDENTE. La prego di concludere, senatore Zancan.
ZANCAN (Verdi-U). Purtroppo, sarò costretto a proseguire questo mio intervento in sede di votazione dei singoli emendamenti, ma concludo chiedendo, per piacere, di tener conto che qui è come nel gioco delle carte: se abbattete la magistratura, abbattete il Legislativo e abbattete l'Esecutivo, cioè mandate alla rovina il nostro Paese. Continuo a pensare che tutto questo non debba essere. (Applausi dai Gruppi Verdi-U, DS-U, Mar-DL-U e del senatore Crema).
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, come vede, l'articolo 2 è diventato sterminato: per effetto della fiducia posta davanti alla Camera dei deputati, esso ha finito con l'assommare tutta la legge delega. Questo rende praticamente impossibile illustrare gli emendamenti all'articolo 2, anche se intenzionalmente ho ristretto quelli a mia prima firma a non più di una ventina.
Affido, pertanto, alla sua sensibilità l'eventuale utilizzo dell'articolo 100, comma 9, del Regolamento cioè il frazionamento nella discussione di un articolo così vasto, cosa che non ho chiesto formalmente proprio per non offrire il più piccolo appiglio al sospetto di voler porre intralcio ai lavori o allungarne i tempi.
Dati i tempi brevi di cui dispongo al momento, limiterò la mia disamina agli emendamenti 2.5, 2.71, 2.72 e 2.75. Essi investono un problema di enorme rilevanza, cioè quello noto con il nome di separazione delle carriere. In realtà di separazione delle carriere non si tratta perché il Ministro ha ripetuto più volte, ancora ieri, che a Costituzione vigente la separazione delle carriere non è consentita se non nel modo da lui proposto con il presente disegno di legge delega. E su questo non si può che concordare: ciò, se non mette la parola fine, spende peraltro una parola autorevole in quel dibattito che ritiene invece, sulla base di un obiter dictum della sentenza della Corte costituzionale del 2000, che la separazione delle carriere in senso pieno possa essere già attuata a Costituzione vigente. Così non è, e la delega si propone appunto di trovare formule intermedie.
Ha detto ancora il Ministro che la formula da lui proposta ha riscosso critiche sia dalla magistratura sia dall'avvocatura e ciò lo conforta nel ritenere che egli si sia collocato in una giusta posizione di medietà. Così può essere, ma può essere anche l'opposto, cioè che questa posizione intermedia assommi semplicemente i limiti di entrambe le posizioni contrapposte. E questo credo sia quanto accadrà.
Un buon legislatore deve essere preoccupato del fatto che la riforma da lui proposta abbia più vantaggi che costi, altrimenti non è conveniente varare la riforma. In questo caso i vantaggi sono molto limitati, e gli onorevoli colleghi presumo lo sappiano: costruire semplicemente un muro divisorio tra le due funzioni, giudicante e requirente, lasciando immutate, perché non si può fare diversamente, l'unicità di concorso, l'unicità di tirocinio, l'unicità di ruolo organico e l'unicità di organo di autogoverno è una pura finzione.
La colleganza tra pubblico ministero e giudice permarrà comunque: il giudice continuerà ad essere un collega, omologo del pubblico ministero. O si vuole giungere ad una effettiva separazione, e allora occorre collocare il pubblico ministero fuori della giurisdizione, così come fuori della giurisdizione è il difensore, e in tal caso il giudice sarà veramente equidistante rispetto alle parti, oppure si avrà semplicemente un palliativo. È una scelta politica che compete al Governo; a me non resta altro che dichiarare la nostra contrarietà, ma mi preme affacciare al rappresentante del Governo che, a fronte di questi assai modesti vantaggi, vi sono dei costi di peso elevatissimo.
Ne rappresento due soltanto se il tempo me lo consentirà. Il primo è che, attraverso questa formula che vorrei chiamare della irreversibilità della scelta, si realizza una assai probabile violazione del combinato disposto degli articoli 106 e 51 della Costituzione.
Rammento che l'articolo 106, comma primo, afferma che le nomine dei magistrati avvengono per concorso, specificando quanto già introdotto dall'articolo 97, che affaccia invece la procedura concorsuale come semplice normalità, derogabile dalla legge. In materia di magistratura il concorso è il passaggio necessario per accedere, ma è anche il passaggio sufficiente. Colei o colui che supera il concorso acquisisce la legittimazione a svolgere entrambe le funzioni di giudice o di pubblico ministero e qualsiasi disposto normativo che finisce con l'inibirgliene una, si pone in tensione fortissima con l'articolo 106.
È questo ciò che rischia di accadere, signor Presidente. Infatti, una volta preteso che l’aspirante magistrato indichi a quale funzione vorrà essere assegnato è indispensabile che egli possa svolgere quella funzione, ma in realtà non gli è garantito alcun esito conseguente.
La possibilità di svolgere la funzione richiesta è meramente eventuale. Infatti, il numero 4) della lettera a) del comma 1 stabilisce che l’indicazione costituisce "titolo preferenziale (…), nei limiti delle disponibilità dei posti". Poiché può accadere, e di fatto certamente accadrà, che le disponibilità non vi siano, perché già oggi vi è un flusso di domande verso la funzione giudicante multiplo rispetto a quello verso la funzione requirente, accadrà che parecchi, avendo chiesto una funzione, non la potranno esercitare.
Si può rispondere - e così ha risposto il Governo - che costui, non accontentato in prima battuta, ha comunque un tempo per fare la richiesta ed essere accontentato successivamente. Questo è vero solo in piccola parte. Infatti, anche questa seconda istanza, che è tenuto a fare entro il terzo anno - e già questo costituisce una causa di decadenza fortemente penalizzante - è accoglibile soltanto nei limiti dei posti vacanti. Potrà quindi accadere che un’aspirante magistrato, anzi, a questo punto un magistrato che ha superato il concorso e ha scelto di svolgere una certa funzione, venga condannato a svolgere una funzione diversa per tutta la carriera.
Ciò non solo produrrà degli esiti estremamente negativi, avendo un magistrato frustrato, demotivato o comunque per sua stessa scelta non idoneo, ma si pone in ulteriore tensione con l’articolo 51 della Costituzione, secondo il quale tutti hanno diritto ad accedere ai pubblici uffici in condizioni di uguaglianza secondo i requisiti della legge. Il requisito della legge, ex articolo 106, è il superamento del concorso.
A questo punto non potete costruire meccanismi che precludano una vasta quantità dei mestieri per i quali il soggetto è stato riconosciuto idoneo. È questo un argomento difficilmente superabile. Ma ce n’è un altro, onorevole rappresentante del Governo. Il Ministro ha lamentato alcune volte che l’Associazione magistrati e l’opposizione ripetono sempre le stesse cose; cercherò di non meritare questa critica affrontando un argomento che non mi consta sia stato già affrontato.
Onorevole Sottosegretario, gli istituti della delega vanno letti in combinazione. Accanto alla formula della quasi irreversibilità della scelta, vi accingete a varare - e su questo siamo del tutto consenzienti - l’altro istituto della temporaneità negli incarichi direttivi. Siamo del tutto d’accordo con questo secondo principio, ma la combinazione del primo con il secondo produce una miscela esplosiva (Richiami del Presidente). Chiedo al Presidente la cortesia di concedermi una manciata di secondi perché è un tema inedito che credo valga la pena di ascoltare.
Tutti gli uffici direttivi, e in specie quelli dei procuratori della Repubblica, dovranno ogni quattro anni cambiare sede (nella migliore delle ipotesi ogni sei anni qualora siano tutti meritevoli della proroga degli ulteriori due anni). Quindi, ogni sei anni tutti devono spostarsi. Ciò significa che ogni anno mediamente un sesto dei procuratori della Repubblica deve fare le valigie.
I procuratori della Repubblica sono circa 164 e questo significa che ogni anno all’incirca 28 devono cambiare ufficio. Dove li manderete? Non possono essere accontentati attraverso un ufficio omologo perché, per fortuna, non c’è ed è augurabile che non vi sia un paniere di 28 sedi di procura vacanti. Non potrete accontentare che una piccola parte nella salita verticale agli uffici di procuratore generale, perché ogni anno se ne renderanno liberi circa cinque o sei.
Il risultato sarà che una larghissima parte di costoro non potranno essere trasferiti in un ufficio omologo, perché non c’è la disponibilità, né potrete trasferirli d’ufficio alla figura di sostituti procuratori generali, che non è una funzione direttiva, e non potete degradarli senza colpa, ancor meno potrete restituirli agli uffici di originaria provenienza, perché ciò è valido solo qualora non facciano la domanda, ma certamente la faranno.
Quindi, avrete un problema di non attuabilità della temporaneità, ulteriormente aggravato dal fatto esiziale, dal punto di vista delle motivazioni della categoria, che i meritevoli, dichiarati vincitori del concorso per quei posti disponibili, si sposteranno, i meno meritevoli resteranno nella sede che hanno.
Queste sono le considerazioni di natura pratica che mi riservo di svolgere in ulteriori elementi, e che riportano a quell'affermazione che ho fatto, per cui una riforma deve comportare vantaggi maggiori dei costi, e in questo caso assisteremo esattamente al contrario. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e Misto-Com).
BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, vorrei anzitutto segnalare che alcuni degli emendamenti che noi abbiamo presentato riguardano l'eliminazione dal novero delle fattispecie tipiche elencate dalla legge delega di alcune ipotesi di illecito disciplinare che appaiono ai nostro occhi del tutto abnormi.
Richiamo il comma 6, lettera c), n. 1, ove si delinea una norma assolutamente generica, l'ipotesi di un illecito disciplinare che è del tutto in contrasto con il criterio della tipicità. Così il comma 6, lettera c), n. 6, laddove nell'ultimo inciso si individua un comportamento possibile, che può essere perseguito mediante azione disciplinare con una espressione assai vaga; si tratta delle esternazioni dei magistrati.
La stessa cosa vale per il comma 6, lettera d), n. 6, le cosiddette interferenze di opinione; per il comma 6, lettera d), n. 8, ove si indica come ipotesi di illecito disciplinare un comportamento che conduca all'appannamento dell'immagine del magistrato. Pensate voi: l'appannamento dell'immagine viene considerato una fattispecie tipica, un'ipotesi tipica di illecito disciplinare. Ancora, al comma 6, lettera d), n. 9, un'altra norma in bianco, nel riferimento all'apparenza come dato suscettibile di azione disciplinare.
Ma a parte questi emendamenti, di cui chiunque coglie il significato, noi abbiamo voluto eliminare quelle norme che introducono fattispecie di illecito disciplinare assolutamente generiche ed elastiche. A parte questo, io mi voglio soffermare su un altro settore degli emendamenti che noi abbiamo presentato, e proprio su questa materia io mi attenderei un'attenzione particolare dal Governo. Naturalmente noi non possiamo pretendere che il Governo e la maggioranza - basta considerare il dibattito di questi giorni - accedano alla nostra impostazione, al punto di vista che noi proponiamo; però, certo, considereremmo un segnale di disponibilità se anche alcuni di questi emendamenti venissero accolti, se anche alcuni aspetti della nostra impostazione venissero considerati.
E allora, richiamo l'attenzione del Governo sull'emendamento 2.1, che si riferisce al comma 1, lettera a) di questo articolo 2. Il comma 1, lettera a), prevede l'enunciazione di una scelta che il candidato al concorso in magistratura si propone di compiere per il futuro, una volta cioè che egli abbia vinto il concorso.
Questo candidato, nel momento in cui presenta la domanda, deve scegliere se vorrà essere destinato ad una funzione requirente oppure se vorrà svolgere funzioni giudicanti. Questa è un’enunciazione richiesta a pena di inammissibilità della domanda per il concorso. Naturalmente si tratta di un’enunciazione che ha scarsa incidenza pratica e concreta, perché poi potrà avvenire che quel candidato che vince il concorso venga destinato ad una funzione diversa da quella che aveva prospettato come preferibile nel momento della presentazione della domanda.
Tuttavia, questo richiedere, a pena di inammissibilità della domanda, che il candidato al concorso dichiari che nella sua vita vuole fare il pubblico ministero prima ancora di intraprendere il concorso, di sostenere le prove, e che lo stesso faccia un altro candidato dicendo che vuole fare solo il giudice, è una previsione che ha un valore simbolico ed in qualche misura pedagogico, nel senso che fin dall’inizio si vuole mettere nella mente degli aspiranti magistrati l’idea - che non ha fondamento nel nostro sistema costituzionale - secondo la quale la carriera del pubblico ministero è cosa diversa dalla carriera del giudice.
Noi interveniamo su questa materia anche con un altro emendamento, il 2.43, sul quale mi soffermerò tra un momento e sul quale richiamo l’attenzione del Governo, perché quell’emendamento, che non è scardinante rispetto al disegno che sta a cuore al Governo, se accolto, potrebbe modificare un aspetto per noi non condivisibile del disegno di legge in discussione.
Mi soffermo comunque sull’aspetto centrale di questa materia, cioè sulla scelta che il Governo ha voluto compiere (lo dico con una formula che presuppone un giudizio di parte, naturalmente, secondo noi è così) di una separazione di fatto delle carriere.
Ora, se si leggono assieme gli articoli 112, 102, primo comma, 107, terzo e ultimo comma, della Costituzione, appare evidente che anche ai magistrati del pubblico ministero dev’essere assicurato uno status di indipendenza pari allo status di indipendenza dei giudici, che in questo è il fondamento di una non distinzione tra l’essenza della funzione del magistrato del pubblico ministero e l’essenza della funzione del magistrato che svolge attività giudicante.
Questo status di indipendenza, che è comune all’uno e all’altro, è anche inconciliabile con qualsiasi forma organizzativa fondata su un modello gerarchico. Questo a nostro avviso e il disegno di legge va in una direzione del tutto opposta, perché prevede proprio la rigida gerarchizzazione dell’ufficio del pubblico ministero ed in questo introduce una separazione drastica e profonda tra la disciplina relativa non solo all’organizzazione ma anche alla funzione dell’ufficio del pubblico ministero e quella invece relativa alle attività giudicanti.
È prevista una separazione rigida tra le due carriere, una separazione che è temperata solamente dall’unicità del concorso e dalla possibilità di passaggio da una carriera all’altra entro e non oltre tre anni dall’assunzione delle funzioni.
C’è quanto basta per mostrare l’inutilità della scelta compiuta dal candidato al concorso a pena di inammissibilità della domanda nel momento in cui la presenta, ma c’è abbastanza per tracciare due binari destinati a non incontrarsi mai, senza scambi, senza possibilità di conversioni e di passaggi dall’uno all’altro, ragion per cui il pubblico ministero diventa negli anni sempre di più un superpoliziotto ed il giudice sempre di più negli anni svolge la stessa attività e - lasciatemelo dire - diventa così meno sensibile alle esigenze di difesa sociale.
Noi avremmo bisogno di un sistema del tutto opposto a questo. La cultura della giurisdizione e della legalità è un valore sostanzialmente rispondente a un interesse dei cittadini, l’interesse ad avere di fronte non solo un giudice terzo, ma anche un pubblico ministero abituato a ragionare non tanto come un dipendente dell’Esecutivo, come un poliziotto, come un carabiniere, bensì con le categorie della cultura delle garanzie, di una cultura giuridica attenta alla tutela dei diritti dei cittadini.
Quindi, bisognerebbe prevedere un sistema esattamente contrario a quello che voi proponete, un sistema fondato sulla temporaneità e sulla rotazione. Non lo avete voluto, non lo volete: noi vi chiediamo - e per questo richiamo l’attenzione sull’emendamento 2.43 - di introdurre, per uno che abbia fatto il pubblico ministero, dopo un certo periodo, con il vaglio che volete prevedere, con una verifica della sua attitudine professionale, la possibilità di passare nuovamente alla funzione giudicante. È soltanto una possibilità, ma se voi accoglieste questo emendamento, significherebbe un segno di disponibilità.
*AYALA (DS-U). Signor Presidente, come ha già ricordato qualcuno dei colleghi che mi ha preceduto, in questo articolo vi è sostanzialmente il corpo più significativo dell’intero provvedimento. Quindi, non volendo neanche suscitare il sospetto di un tentativo ostruzionistico, visto il tempo che mi è concesso, mi limiterò a cogliere quello che, a mio parere, è il tema anche politicamente di maggiore rilevanza.
Mi riferisco alla famosa questione - "famosa" perché se ne parla sui mass media non solo in questi giorni ma da tempo, segnalando posizioni fra loro fortemente contrapposte - della separazione delle carriere; questione che ha indotto gli avvocati penalisti italiani, che si riuniscono nelle Camere penali, a protestare contro la soluzione adottata nel disegno di legge che ci occupa, fino al punto di annunciare uno sciopero, questione che è contestualmente uno dei punti ritenuti più dolenti - a mio avviso a ragione - dall’Associazione nazionale magistrati (ma non soltanto).
Secondo me bisogna fare uno sforzo di chiarezza. Fermo restando che io - come molti di noi - certamente non dispongo della ricetta destinata a risolvere il problema, che è di straordinaria rilevanza, vorrei proporre ai colleghi della maggioranza e al rappresentante del Governo, in particolare, una possibile e auspicabile continuità con la scelta di questa mattina, che abbiamo apprezzato, a proposito dell’emendamento sugli incarichi extragiudiziari, cioè l’accantonamento per svolgere una riflessione che ci auguriamo conduca a una disciplina anche severa e rigorosa di quel tema.
Non mi riferisco a un emendamento in particolare (poi, in sede di dichiarazione di voto potremo anche individuarlo): ma la scelta che è stata adottata in questo disegno di legge - lo dico con tutta la pacatezza di cui sono capace, ma con altrettanta fermezza - è davvero la più sbagliata che si potesse immaginare.
Tanto per essere chiaro, un conto è decidere - come più volte ho sentito dire, in ultimo anche dal ministro Castelli, ieri - di separare in maniera netta e definitiva le due carriere, così come accade in altri ordinamenti continentali europei rispetto ai quali costituiamo certamente una anomalia; però per far questo bisogna intervenire a livello costituzionale.
Altra e diversa cosa è cercare una soluzione surrettizia che, come tutte le soluzioni surrettizie, per definizione è certamente la meno felice e sicuramente quella che non affronta il problema con coraggio e assunzione di responsabilità, ma in qualche maniera lo elude sperando per vie traverse di giungere alla stessa meta che invece la stessa non è.
Infatti, le controindicazioni che questo tipo di soluzione ci offre sono, a mio parere, talmente significative da indurmi a perorare ancora una volta l’accoglimento dell’emendamento (che poi vedremo quale potrà essere fra i tanti che su questo tema sono stati depositati) per raggiungere una maggiore flessibilità nel passaggio tra una carriera e l’altra.
In base a quello che il disegno di legge prevede, nella sostanza, noi abbiamo un unico concorso di accesso in magistratura; l’ordine giudiziario rimane unico; il suo organo di autogoverno rimane unico per pubblici ministeri e per giudici, cioè il Consiglio superiore della magistratura.
Questo, a mio parere, comporta delle conseguenze molto precise. Infatti, l’assetto ordinamentale del pubblico ministero rimane in qualche maniera ancorato e vincolato a quella che viene comunemente definita cultura della giurisdizione. Teniamo presente che, come spesso accade, ma in tema ordinamentale nella magistratura ciò è proprio verificabile, e anche il senatore Fassone nel suo intervento vi ha fatto riferimento con accenno ad altro problema, tutto si lega.
Noi abbiamo un pubblico ministero che è titolare dell’azione penale e ha l’obbligo di esercitarla. Qualcuno dirà che in realtà, nella concretezza della vita giudiziaria, ciò non accade, ma la Costituzione prevede questo e noi non possiamo far finta che la Costituzione non ci sia, o che ad essa facciamo riferimento solo quando conviene ai nostri argomenti. Quindi, ha l’obbligo di esercitare l’azione penale ed è, come i vecchi processualisti lo definivano, certamente una parte processuale, ma è una parte sui generis perché, per esempio, ha un obbligo, un dovere che lo distingue in maniera nettissima da quello del suo contraddittore naturale, cioè il difensore, vale a dire che ha il dovere di ricercare anche le prove a favore dell’imputato. Qualcuno mi dica se un avvocato ha tra i suoi doveri, anche a livello deontologico, quello di cercare le prove in direzione contraria agli interessi del suo difeso.
Quindi, questo è il pubblico ministero che il nostro ordinamento prevede e questo, nella sostanza, rimane. Però, quantomeno dopo tre anni dall’inizio della sua carriera, se quella strada imbocca non potrà più abbandonarla. Credo che questo francamente si risolva in una scelta le cui controindicazioni superano comunque enormemente le eventuali notazioni positive.
E allora questo ci impone una riflessione: possiamo modificare, mitigare questa rigidità di separazione di funzioni che però, di fatto, diventa irreversibile per l’intera carriera? È questo un buon servizio all’interno di una riforma dell’ordinamento giudiziario che comunque lascia l’ordine giudiziario unico e il magistrato del pubblico ministero, al pari del giudice, sottoposto al suo organo di autogoverno, il Consiglio superiore della magistratura, che resta uguale per tutti e due? Gli lascia, ovviamente, l’obbligatorietà dell’azione penale, perché altrimenti bisognerebbe cambiare la Costituzione, gli lascia questa notazione di parte sui generis, che ha anche l’obbligo di cercare le prove a favore dell’imputato, ma la scelta spesso sarà determinata non tanto dalla volontà dell’interessato bensì dall’organico e dalla possibilità di rivestire certe funzioni anziché altre (lo ha spiegato con assoluta chiarezza il senatore Fassone, per cui su questo non torno).
A questo punto credo sia assai più ragionevole pensare a delle ipotesi che non rendano automatico il passaggio, che non facciano bastare magari la sola volontà del magistrato di passare da una funzione all’altra; certamente dobbiamo trovare assieme una soluzione che renda questa distinzione non rigida e irrevocabile e, in presenza di determinati requisiti, modificabile. Tra l’altro questo ci porterebbe l’enorme vantaggio di avere un pubblico ministero che possa ravvivare quella cultura della giurisdizione che possiede e possa portarla anche nell’esercizio della funzione requirente, dove invece, a forza di fare solo quel lavoro, col passare del tempo fatalmente da quella cultura della giurisdizione si allontanerà e questo sicuramente non giova al complessivo buon funzionamento dell’ordinamento giudiziario. (Applausi dal Gruppo DS-U e del senatore Pagliarulo).
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, gli emendamenti da me presentati sono tutti soppressivi delle singole parti dell’emendamento 2.1000, presentato dal Governo.
Devo riconoscere che alcune delle proposte emendative contenute nell’emendamento 2.1000 sono da me condivise, nel senso che si tratta di miglioramenti del testo, che resta comunque non condivisibile, ma che nella nuova proposta emendativa, riprendendo in alcuni casi proposte già contenute in emendamenti presentati in sede di Commissione, riesce ad essere maggiormente accettabile.
Mi rendo conto che a quest’ora, signor Presidente, non posso pretendere che i colleghi mi prestino ascolto, però voglio rivolgermi sostanzialmente a lei, non solo per la funzione che svolge, ma anche per la cultura che ha sempre dimostrato in questo campo.
Il senso degli emendamenti da me presentati era quindi quello di operare una forma di "spacchettamento" dell’emendamento 2.1000. Lo dico con molta pacatezza, ma ho l’obbligo di rappresentare quello che dal mio punto di vista è stato un atteggiamento di grande scorrettezza - vorrei trovare un termine più morbido, ma al momento mi risulta difficile - dimostrata dagli uffici nell’accettare un emendamento, che, secondo me, per le cose che dirò, era evidentemente inammissibile.
Fra le prime nozioni che insegnano ai ragazzi che all’università studiano il diritto pubblico e il diritto costituzionale c’è il principio secondo il quale il singolo legislatore, il singolo parlamentare, deve avere la possibilità di conoscere gli atti che compie nell’ambito della sua attività.
D’altra parte, il precetto contenuto nell’articolo 72 della Costituzione, oggetto di una specifica questione pregiudiziale di costituzionalità va nella stessa logica. Dico ciò perché gli uffici dovrebbero sapere, come secondo me sanno, che la tecnica di concentrare in un unico emendamento una pluralità di interventi su oggetti e fattispecie diverse riconducibili a più articoli vìola macroscopicamente il principio generale che impone di consentire sotto il profilo procedurale la massima possibilità di espressione della volontà del legislatore.
Quando più volte nella discussione generale i colleghi del centro-destra ci hanno chiesto conto e ragione di un atteggiamento che loro ritenevano pregiudizialmente contrario, noi abbiamo risposto che c’era una contrarietà di merito e una contrarietà di metodo. Signor Presidente, la contrarietà di metodo trova fondamento ulteriore anche in quello che è accaduto in merito a questo emendamento del Governo.
La possibilità di procedere ad un’espressione convinta del voto ha ragion d’essere soltanto se l’emendamento è chiaro nella sua formulazione e introduce una modifica determinata di un argomento specifico. È chiaro che a queste condizioni il singolo parlamentare può comprendere, se vuole, la valenza del suo voto, può capire l’espressione di quel consenso popolare che rappresentata in che direzione viene utilizzata e spesa, cioè l’effetto che sortisce.
Nel caso di specie, però, con riferimento all’emendamento 2.1000 del Governo (lo dico, quanto meno, signor Presidente, perché resti agli atti), ci troviamo di fronte ad una proposta modificativa - della quale è stata, purtroppo (e sottolineo purtroppo), consentita la presentazione - che, pur essendo unica, reca disposizioni in merito alla disciplina dei concorsi con riferimento ai test psico-attitudinali (emendamento poi subemendato), alle modalità di indizione e di svolgimento dei concorsi, al conferimento delle funzioni, alle modalità per l’assegnazione dei posti vacanti, alle modalità per i concorsi per gli incarichi direttivi e semidirettivi, al riconoscimento delle priorità che veniva accordato originariamente ai magistrati che avessero prestato servizio presso il Ministero della giustizia, al periodo massimo di permanenza in un singolo ufficio, alle modalità di tirocinio, alla validità delle delibere assunte dai Consigli giudiziari (così come modificate dalla proposta governativa), più una serie infinita di altre norme che delimitano l’ambito disciplinare e prevedono una definizione, che potremmo definire puntuale, delle procedure e dei procedimenti disciplinari.
Invito, allora, tutti a domandarsi come sia possibile che rispetto ad un emendamento del genere (che definire omnibus è poco) si possa esprimere in maniera consapevole e convinta una volontà concreta che corrisponde alla definizione che nasce dall’emendamento. È evidentemente impossibile, non è assolutamente possibile. Infatti, se sono d’accordo su quella parte dell’emendamento che rimodula e reintroduce i test attitudinali o psico-attitudinali, potrei non essere d’accordo sulla disciplina dei concorsi o sulla definizione delle procedure disciplinari.
Allora, perché è stato consentito al Governo di fare quello che non viene consentito a nessuno? Dico questo a ragion veduta, perché molto spesso, come opposizione, ci siamo trovati all’ultimo momento a presentare emendamenti che cercavano di riassumere una posizione che coinvolgeva più articoli e ci siamo visti opporre legittimamente dagli Uffici un rifiuto perché ci si diceva che l’emendamento deve riguardare un singolo aspetto di un singolo comma dell’articolo. Perché, invece, questo è stato consentito? È una domanda alla quale vorrei che gli Uffici potessero dare una risposta, perché, come dicevo prima, quando gli emendamenti cosiddetti concentrati vengono presentati dalle opposizioni questo non è ritenuto possibile e viene giustamente chiesto lo spacchettamento.
Appare incomprensibile, a tale proposito, conciliare questa facoltà concessa al Governo con il precetto dell’articolo 72 della Costituzione, che prevede invece pedissequamente come si svolga l’attività legislativa: il provvedimento deve essere votato prima pezzo per pezzo, articolo per articolo, poi con un voto complessivo, proprio per fare in modo che quella consapevolezza sia complessiva e concreta rispetto alla singola fattispecie e all’intero contenuto dell’impianto normativo.
Mi viene un altro dubbio. È evidente che consentire al Governo di presentare un emendamento di questo tipo serve, da un lato, ad evitare che ci sia una pluralità di interventi sulle singole fattispecie emendative e dall’altro, signor Presidente, a determinare la preclusione, la decadenza di tutti gli emendamenti singoli presentati dalle opposizioni. Infatti, vedremo, se dovesse essere approvato l’emendamento 2.1000 del Governo, che verranno dichiarati preclusi almeno 50 degli emendamenti specifici che toccavano argomenti concreti presentati dalle opposizioni. Già questo sarebbe un bel guadagno, per la maggioranza.
Ma è solo questo? Aggiungo altri due elementi e concludo. C’è un elemento complessivo generale che traspare dall’atteggiamento che in Aula la maggioranza osserva su questo provvedimento. È stato raggiunto un accordo (secondo me, di bassissimo profilo). Facciamo in modo che questo accordo sia contenuto in un unico emendamento ed evitiamo di sforare.
Questa impressione è stata materialmente realizzata questa mattina, quando abbiamo proposto che si intervenisse sull’emendamento che prevedeva la pubblicità degli incarichi extragiudiziari ai magistrati, chiedendo di non fermarsi alla pubblicità, ma di prevederne anche una limitazione. Quindi, il nostro intervento era "additivo", superava addirittura quella posizione: nessuno della maggioranza ha parlato e il Governo, attraverso le parole del Ministro, ne ha chiesto l’accantonamento.
C'è un altro elemento che vorrei sottoporle, signor Presidente. Ho l'impressione che, accettando l'emendamento così com'è, si coprano delle parti del testo che già avevano avuto la doppia approvazione, cioè parti di testo che erano state già approvate dal Senato e nella modifica erano state cristallizzate con la doppia lettura dalla Camera dei deputati.
Lei sa benissimo che in questo caso non c'è il potere emendativo, perché dopo la seconda lettura il potere emendativo è limitato soltanto a quelle parti del testo legislativo che sono state modificate nell'altra Camera e che quindi non sono state cristallizzate dalla doppia lettura.
Da questo punto di vista, signor Presidente, il riferimento puntuale, affinché le cose non restino nel vuoto, è a quella parte dell'enorme emendamento 2.1000 che è contraddistinta dalle lettere z) e aa); con riferimento al comma 7, lettera e), numero 6; con riferimento al comma 7, lettera e), numero 7, che, per quello che ho potuto verificare, erano già norme cristallizzate dalla doppia lettura.
Se così fosse, signor Presidente, sarebbe molto grave. Ecco perché mi sono rivolto a lei e le chiedo, al di là di ogni cosa, di rappresentare la situazione al Presidente e all'ufficio di Presidenza per investirne, se del caso, la Giunta per il Regolamento.
È chiaro che, cambiando le carte in tavola e modificando le regole del gioco in corsa, alla fine si imbroglia, ma non si vince. Sicuramente, non vince il Paese. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U, Verdi-U e del senatore Biscardini).
PRESIDENTE. Prendo atto delle sue dichiarazioni.
BISCARDINI (Misto-SDI). Signor Presidente, mi soffermo anch'io, nell'illustrazione degli emendamenti presentati dai senatori dello SDI, sul tema centrale dell'articolo 2: la separazione delle carriere.
Condivido perfettamente le considerazioni di chi sostiene che questa regola è la più sbagliata che si potesse mettere in campo, nel senso che non segue né un ordine logico per una separazione netta delle carriere, né un ordine logico perché le carriere non siano separate.
Rimango del parere che la separazione delle carriere non solo sia necessaria, ma dovrebbe essere affrontata da questo disegno di legge per un rispetto dell’applicazione concreta e puntuale dell'articolo 111 della Costituzione.
Non vale il procedimento inverso: non credo valga la teoria che non possiamo separare le carriere perché occorre, per farlo, una legge di riforma costituzionale; vale il ragionamento, che sosteniamo, che per applicare correttamente l'articolo 111 della Costituzione, là dove si afferma che il giudice deve essere terzo ed imparziale, avremmo il dovere di proporre in quest'Aula la separazione delle carriere.
Crediamo, inoltre - e mi meraviglio che questo Governo, che non mi sembra il più attento e rispettoso dei pareri e dei rilievi che molte volte la Corte costituzionale muove alla nostra legislazione, proprio questa volta, nella persona del Ministro della giustizia, abbia un'attenzione preventiva nei confronti della Corte costituzionale - che la Corte si sia già espressa quando, in occasione della sentenza n. 37 del 2000, aveva ammesso il referendum proposto dal Partito radicale per l'introduzione della separazione delle carriere con procedura ordinaria e non con procedura costituzionale.
Abbiamo presentato emendamenti il primo dei quali, riguardante il comma 1, prevede che l'ingresso in magistratura avvenga con concorsi separati, l’uno per l'accesso alla magistratura giudicante e l’altro per l'accesso alla magistratura requirente. Ne seguono altri, fino alla modifica della Scuola superiore della magistratura che vorremmo si chiamasse Scuola superiore delle professioni giudiziarie.
Desidero rimarcare la nostra posizione perché, rispettosi del parere di tutti, riteniamo giusto su questo tema non cambiare la nostra idea.
PRESIDENTE. Procediamo alla discussione sul complesso dell’articolo 2.
BOBBIO Luigi (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOBBIO Luigi (AN). Signor Presidente, sarò breve perché mi riservo d'intervenire in dichiarazione di voto sui singoli emendamenti. Credo che un paio di aspetti dell'articolo 2, che riassume la quasi totalità della riforma, meritino un intervento per tentare ancora una volta di fornire un contributo di chiarezza a proposito di alcune osservazioni avanzate dai colleghi dell'opposizione.
In primo luogo, sulla tanto controversa e discussa separazione delle funzioni giudicante e requirente, vorrei rivolgere ai colleghi un interrogativo retorico che mi frulla nella testa da un po’ di tempo. Perché questa fiera, totale, categorica, irretrattabile avversione alla separazione delle funzioni tra i magistrati? Perché questo schierarsi in maniera così netta, direi quasi coriacea, contro la separazione delle funzioni tra i magistrati?
Gli argomenti portati dai colleghi sono sostanzialmente due, mi pare di poter desumere da ciò che è stato detto in un dibattito lunghissimo che dura ormai da quasi tre anni. In primo luogo, si afferma che il magistrato continuando a passare, secondo alcuni a saltellare, da una funzione all'altra, mantiene viva e alimenta una cultura della giurisdizione. Mi sembra che questo argomento provi troppo e sia ormai largamente usurato.
Esso non regge ad una sia pur veloce disamina della legislazione vigente. In particolare quando, per sostenere la contrarietà alla separazione delle funzioni, si spende l'argomento del magistrato che deve poter passare da una funzione all'altra per mantenere viva ed alimentare la cosiddetta cultura della giurisdizione, (formula che a furia di essere ripetuta sembra essere ormai priva di contenuti) non dobbiamo dimenticare che da molti anni ormai è vigente un codice di procedura penale che comporta due effetti veramente pesanti sul lavoro del magistrato inquirente e sul lavoro dei magistrati in generale.
Ciò comporta la necessità per il magistrato inquirente di avere riguardo a quell'importantissimo, starei per dire unico, momento veramente qualificante del suo lavoro, cioè il momento del dibattimento, momento nel quale, processualmente parlando, si forma la prova. Continuare a sostenere che con la separazione delle funzioni si creerebbe una sorta di magistrato superpoliziotto, completamente avulso dalle logiche della giurisdizione, significa, dal mio punto di vista, affermare cosa inesatta e sostanzialmente falsa.
Dal 1989 ad oggi, finché sarà vigente questo modello di codice di procedura penale, il magistrato inquirente, pur non avendo mai svolto e non potendo svolgere funzioni giudiziarie, se non avrà un'autentica cultura della giurisdizione sarà un magistrato del pubblico ministero assolutamente inadeguato a svolgere il proprio lavoro. Il magistrato del pubblico ministero, per definizione anche e forse soprattutto in regime di separazione delle funzioni, per come oggi è strutturata la procedura penale, deve inevitabilmente condividere pienamente la natura di parte della giurisdizione.
Un magistrato del pubblico ministero che non fosse pienamente calato nel suo ruolo di magistrato (seppure inquirente) e seguisse solamente logiche investigative, non sarebbe in condizione di svolgere adeguatamente il suo lavoro.
Dire, come voi fate, che per coltivare la cultura della giurisdizione, sarebbe necessario e imprescindibile perpetuare la possibilità di continuare a passare dalla funzione giudicante a quella requirente, significa dire una cosa sostanzialmente inesatta.
L’altro effetto che nasce dalla non vigenza della procedura penale nel rito di tipo accusatorio è che, continuando a pretendere che un magistrato possa indifferentemente ed alternativamente ricoprire il ruolo di pubblico ministero, poi di giudice, quindi di nuovo di pubblico ministero e poi ancora di giudice, quel magistrato non avrà mai modo di formare e consolidare la specifica professionalità di pubblico ministero o di giudice destinato a giudicare. Costui, infatti, non maturerà mai la consapevolezza profonda del proprio ruolo.
Inoltre, un pubblico ministero incline, formato, fuorviato dal mio punto di vista, a logiche di giudice e non di magistrato inquirente, si ritroverà ad essere un pubblico ministero sostanzialmente indebolito nella sua mentalità di organo della pubblica accusa.
Credo siano considerazioni che occorre tenere da conto nel tentare di valutare correttamente la situazione attuale. È questo il motivo per cui mi continuo a chiedere, in assoluta buona fede e con sincera curiosità giuridica, la ragione della vostra ostinata contrarietà alla separazione delle funzioni. Perché da parte vostra c’è una presa di posizione così netta, nitida, decisa e non trattabile su un argomento che invece, proprio alla luce dell’articolo 111 della Costituzione e del codice di procedura penale, ci dovrebbe trovare tutti sulla stessa posizione?
Questa mia domanda, destinata a restare senza risposta, mi conforta nel fatto che anche in questo caso - permettetemi di dirlo - state sostenendo una contrarietà di semplice schieramento alla riforma in quanto tale.
D’altro canto il collega Fassone faceva una notazione che sicuramente, come tutte le notazioni che vengono dalla sua persona e da altri colleghi (eccezion fatta per alcuni), solleva un problema che merita un attimo di confutazione, almeno dal mio punto di vista.
Il collega Fassone solleva seri dubbi di costituzionalità sulle norme che disegnano la separazione delle funzioni in relazioni agli articoli 106 e 51 della Costituzione. Egli ha ragione nel momento in cui, forse in maniera un po’ lapalissiana, sottolinea la lettera dell’articolo 106, nella quale si dice che si accede alla magistratura per concorso. È assolutamente vero.
Mi permetto però di dire al collega Fassone che l’articolo 51 in questo caso serve a poco come richiamo per rafforzare un dubbio di legittimità costituzionale, posto che trattasi di norma di carattere generale che viene pienamente soddisfatta in questo specifico argomento dal fatto che al concorso si può accedere nel rispetto delle previsioni dell’articolo 51, visto che il concorso di accesso continua ad essere strutturato secondo quella previsione.
L’articolo 106 non dice nulla di più di quanto si continua a dire: alla magistratura si accede, anche secondo il disegno di legge, ancora una volta per concorso. Tuttavia, in nessuna disposizione della Carta costituzionale si sostiene che una volta entrato in magistratura il magistrato consolida in sé un diritto naturale a poter partecipare in modo ondivago ad una funzione come all’altra.
Resta però, a mio avviso, nella non utilità di questi rilievi, l’argomentazione che nasce dall’articolo 107 che, al contrario, prevede una disposizione che invece rafforza il disegno di legge su questo punto specifico. L’articolo 107 sostiene che i magistrati si distinguono fra loro soltanto per funzioni.
Si introduce, quindi, un argomento di separabilità, un argomento di distinzione che serve in origine sicuramente a sottolineare la comunicabilità a tutte le funzioni di alcune garanzie previste dalla stessa Costituzione; ma serve ulteriormente, dal nostro punto di vista, ad evidenziare come la distinguibilità (e la Costituzione non si occupa del fatto se questa distinguibilità debba essere temporanea o definitiva) si gioca solamente sul concetto di funzione.
Ho concluso, signor Presidente, e mi riservo d'intervenire in sede di dichiarazione di voto su alcuni emendamenti.
PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
SANTELLI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Il parere del Governo, allo stato, è contrario a tutti gli emendamenti, ma, dato che alcuni senatori hanno segnalato in particolar modo alcuni emendamenti, mi riservo, al termine della discussione sulle singole proposte, di mutare eventualmente il parere.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1.
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, l'invenzione geniale - non so come altro chiamarla - di questo Governo e di questa maggioranza, è l'identico concorso a forchetta, perché, a pena d'inammissibilità al concorso, si deve dichiarare se si vorrà fare il pubblico ministero, ovvero se si vorrà fare il giudice. È una dichiarazione di intenti molto seria, che naturalmente ha la sua significanza (come dire: per che partito voti? di che sesso sei?). E', insomma, una cosa importante, tant’è vero che si dice "a pena di inammissibilità".
Si fa questo colloquio attitudinale, di cui parla il Governo nel suo emendamento, ovvero i test psico-attitudinali, secondo la vulgata del testo originario, mirati rispetto alle funzioni che si dovranno andare a svolgere. Ma cosa succede poi? Succede che a un certo punto si fa la conta e allora, magari, ci sono dei pubblici ministeri in esubero o magistrati in esubero. E la persona che aveva dichiarato, entrata in magistratura, a pena di inammissibilità, di voler fare il pubblico ministero, dopo essere stata qualificata da un colloquio con le funzioni specifiche di pubblico ministero, inopinatamente (perché i posti non saranno mai giusti, questo è certo) si vede spostata ad una funzione diversa da quella che ha dichiarato a pena di inammissibilità.
Questo significa, signori del Governo e signori della maggioranza, creare il magistrato ermafrodito, pronto a tutto, ma questo magistrato ermafrodito (distaccato dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti, che non ha scelto, o, viceversa, da quelle giudicanti, che ha scelto, a quelle requirenti) ha ancora una possibilità di recuperare il suo sesso originario. C'è una sorta di Casablanca per questo signore perché, dopo tre anni, nel passaggio che chiamiamo, col brutto neologismo che hanno inventato questo Governo e questa maggioranza, "tramutamento", può tornare alle scelte precedenti, sempre che superi un concorso di idoneità, ma, soprattutto, sempre che sia libero il posto che andrebbe a riprendere con il tramutamento.
Mi sembra che basti questo pasticcio, questa scarsa serietà, quasi che decidere se fare il pubblico ministero o il giudice fosse una scelta come fare l’impiegato allo sportello ovvero l’impiegato alla ricezione dei documenti, quasi che fosse una scelta che non incide sugli studi, sulla preparazione, sull’applicazione, sulla diligenza, sull’attenzione di questo magistrato.
Creare questo pasticcio, che offende la dignità del candidato a questo tipo di esame, dà a questo tipo di esame scarsa serietà; diventa, insomma, un gioco di dadi, se mi si consente, rispetto al numero dei posti finali e allora dire che tutto questo sia serio e aiuti il rispetto, la stima, la dignità della magistratura è affermare qualche cosa che - possiamo dircelo in quest’Aula - certamente non farete bere al Paese, ai cittadini.
A conclusione del mio intervento, chiedo, per la seconda volta nella legislatura, la verifica del numero legale. (Applausi dal Gruppo DS-U e dei senatori Zanda e Tommaso Sodano).
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Le schede disattese siano tolte. Ce ne sono tante.
CHIRILLI (FI). Signor Presidente, guardi anche le luci dall'altra parte.
PRESIDENTE. Invito gli assistenti parlamentari a togliere le schede disattese dai banchi della maggioranza. (Proteste dai banchi della maggioranza, dai quali vengono indicate luci fra i banchi dell’opposizione cui non corrisponderebbero senatori). Vengano ritirate tutte le schede a cui non corrispondano senatori presenti.
Dichiaro chiusa la verifica del numero legale.
Il Senato non è in numero legale.
Apprezzate le circostanze, tolgo la seduta e rinvio la discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
ALLEGATO A
DISEGNO DI LEGGE DISCUSSO AI SENSI DELL'ARTICOLO 44, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO
Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico (1296-B)
ARTICOLO 2 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
ART. 2.
(Princìpi e criteri direttivi)
1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere per l’ingresso in magistratura:
1) che sia bandito annualmente un concorso per l’accesso in magistratura e che i candidati debbano indicare nella domanda, a pena di inammissibilità, se intendano accedere ai posti nella funzione giudicante ovvero a quelli nella funzione requirente;
2) che il concorso sia articolato in prove scritte ed orali nelle materie indicate dall’articolo 123-ter, commi 1 e 2, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, nonché nelle materie attinenti al diritto dell’economia;
3) che la commissione di concorso sia unica e che sia nominata dal Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, e che sia composta da magistrati, aventi almeno cinque anni di esercizio nelle funzioni di secondo grado, in numero variabile fra un minimo di dodici e un massimo di sedici e da professori universitari di prima fascia nelle materie oggetto di esame da un minimo di quattro a un massimo di otto, e che la funzione di presidente sia svolta da un magistrato che eserciti da almeno tre anni le funzioni direttive giudicanti di legittimità ovvero le funzioni direttive giudicanti di secondo grado e quella di vicepresidente da un magistrato che eserciti funzioni di legittimità; che il numero dei componenti sia determinato tenendo conto del presumibile numero dei candidati e dell’esigenza di rispettare le scadenze indicate al numero 1) della lettera d); che il numero dei componenti professori universitari sia tendenzialmente proporzionato a quello dei componenti magistrati;
4) che, al momento dell’attribuzione delle funzioni, l’indicazione di cui al numero 1) costituisca titolo preferenziale per la scelta della sede di prima destinazione e che tale scelta, nei limiti delle disponibilità dei posti, debba avvenire nell’ambito della funzione prescelta;
b) prevedere che siano ammessi al concorso per l’accesso in magistratura nelle funzioni giudicanti e nelle funzioni requirenti coloro che:
1) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, stabilendo inoltre che il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali sia determinato, fermo quanto previsto nel comma 5 dell’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per uditore giudiziario;
2) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche;
3) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense;
4) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni;
5) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno quattro anni senza demerito e senza essere stati revocati o disciplinarmente sanzionati;
6) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162;
c) prevedere che per essere ammessi a sostenere le prove orali del concorso di cui alla lettera a), numero 2), il candidato debba essere positivamente valutato nei test di idoneità psico-attitudinale all’esercizio della professione di magistrato anche in relazione alle specifiche funzioni indicate nella domanda di ammissione;
d) prevedere che:
1) le prove scritte avvengano tendenzialmente a data fissa, e cioè nei giorni immediatamente prossimi al 15 settembre di ogni anno; che la correzione degli elaborati scritti e le prove orali si svolgano inderogabilmente in un tempo non superiore a nove mesi; che l’intera procedura concorsuale sia espletata in modo da consentire l’inizio del tirocinio il 15 settembre dell’anno successivo;
2) non possano essere ammessi al concorso coloro che sono stati già dichiarati non idonei per tre volte;
e) prevedere che, dopo il compimento del periodo di uditorato, le funzioni dei magistrati si distinguano in funzioni di merito e di legittimità e siano le seguenti:
1) funzioni giudicanti di primo grado;
2) funzioni requirenti di primo grado;
3) funzioni giudicanti di secondo grado;
4) funzioni requirenti di secondo grado;
5) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado;
6) funzioni semidirettive requirenti di primo grado;
7) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado;
8) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado;
9) funzioni direttive giudicanti o requirenti di primo grado e di primo grado elevato;
10) funzioni direttive giudicanti o requirenti di secondo grado;
11) funzioni giudicanti di legittimità;
12) funzioni requirenti di legittimità;
13) funzioni direttive giudicanti o requirenti di legittimità;
14) funzioni direttive superiori giudicanti o requirenti di legittimità;
15) funzioni direttive superiori apicali di legittimità;
f) prevedere:
1) che, fatta eccezione per i magistrati in aspettativa per mandato parlamentare o collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura, fino al compimento dell’ottavo anno dall’ingresso in magistratura debbano essere svolte effettivamente le funzioni requirenti o giudicanti di primo grado;
2) che, dopo otto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, ovvero dopo tredici anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli, possano essere svolte funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado;
3) che, dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, previo concorso per titoli, ovvero dopo diciotto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, possano essere svolte funzioni di legittimità; che al concorso per titoli ed esami, scritti e orali, per le funzioni di legittimità possano partecipare anche i magistrati che non hanno svolto diciotto anni di servizio e che hanno esercitato per tre anni le funzioni di secondo grado;
4) che il Consiglio superiore della magistratura attribuisca le funzioni di secondo grado e di legittimità all’esito dei concorsi di cui ai numeri 2) e 3) e le funzioni semidirettive o direttive previo concorso per titoli;
5) le modalità dei concorsi per titoli e per titoli ed esami, scritti ed orali, previsti dalla presente legge, nonché i criteri di valutazione, stabilendo, in particolare, che le prove d’esame consistano nella redazione, anche con l’impiego di prospettazioni e di materiali forniti dalla commissione, di più provvedimenti relativi alle funzioni richieste e in una discussione orale sui temi attinenti alle stesse;
6) che i magistrati che in precedenza abbiano subìto una sanzione disciplinare superiore all’ammonimento siano ammessi ai concorsi di cui ai numeri 2), 3) e 4) dopo il maggior numero di anni specificatamente indicato nella sentenza disciplinare definitiva, comunque non inferiore a due e non superiore a quattro rispetto a quanto previsto dai numeri 1), 2) e 3) e dalle lettere h) e i);
g) prevedere che:
1) entro il terzo anno di esercizio delle funzioni giudicanti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione requirente, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2;
2) la commissione esaminatrice sia quella indicata alla lettera l), numero 6);
3) entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione giudicante, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2;
4) la commissione esaminatrice sia quella indicata dalla lettera l), numero 5);
5) il Consiglio superiore della magistratura individui, con priorità assoluta, i posti vacanti al fine di consentire il passaggio di funzione nei casi indicati ai numeri 1) e 3);
6) fuori dai casi indicati ai numeri 1) e 3), e, in via transitoria, dal comma 8, lettera c), non sia consentito il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa;
7) il mutamento delle funzioni da giudicanti a requirenti e viceversa debba avvenire per posti disponibili in ufficio giudiziario avente sede in diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;
h) prevedere che:
1) funzioni giudicanti di primo grado siano quelle di giudice di tribunale, di giudice del tribunale per i minorenni e di magistrato di sorveglianza;
2) funzioni requirenti di primo grado siano quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;
3) funzioni giudicanti di secondo grado siano quelle di consigliere di corte di appello;
4) funzioni requirenti di secondo grado siano quelle di sostituto procuratore generale presso la corte di appello nonché quelle di sostituto addetto alla Direzione nazionale antimafia;
5) funzioni giudicanti di legittimità siano quelle di consigliere della Corte di cassazione;
6) funzioni requirenti di legittimità siano quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione;
7) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di sezione di tribunale, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di tre anni;
8) funzioni semidirettive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica aggiunto, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di tre anni;
9) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di sezione di corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di sei anni;
10) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado siano quelle di avvocato generale della procura generale presso la corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di sei anni;
11) funzioni direttive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di tribunale e di presidente del tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di cinque anni;
12) funzioni direttive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di cinque anni;
13) funzioni direttive giudicanti di primo grado elevato siano quelle di presidente di tribunale e di presidente della sezione per le indagini preliminari dei tribunali di cui alla tabella L allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, di presidente dei tribunali di sorveglianza di cui alla tabella A allegata alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di secondo grado da almeno otto anni;
14) funzioni direttive requirenti di primo grado elevato siano quelle di procuratore della repubblica presso i tribunali di cui alla tabella L allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di secondo grado da almeno otto anni;
15) funzioni direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente della corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno cinque anni;
16) funzioni direttive requirenti di secondo grado siano quelle di procuratore generale presso la corte di appello e di procuratore nazionale antimafia, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno cinque anni;
17) le funzioni indicate ai numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13), 14), 15) e 16) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, abbiano ancora quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista dall’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni semidirettive o direttive presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte;
18) i magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità possano partecipare ai concorsi per le funzioni semidirettive e direttive indicate ai numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13), e 14); che l’avere esercitato funzioni di legittimità giudicanti o requirenti costituisca, a parità di graduatoria, titolo preferenziale per il conferimento degli incarichi direttivi indicati rispettivamente al numero 13) e al numero 14);
i) prevedere che:
1) le funzioni direttive giudicanti di legittimità siano quelle di presidente di sezione della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno quattro anni;
2) le funzioni direttive requirenti di legittimità siano quelle di avvocato generale della procura generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno quattro anni;
3) le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità siano quelle di presidente aggiunto della Corte di cassazione e quella di presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive giudicanti di legittimità;
4) le funzioni direttive superiori requirenti di legittimità siano quelle di Procuratore generale presso la Corte di cassazione e di Procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive requirenti di legittimità;
5) le funzioni direttive superiori apicali di legittimità siano quelle di primo Presidente della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive giudicanti di legittimità;
6) le funzioni indicate ai numeri 1) e 2) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, abbiano frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione alle funzioni direttive presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2, siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte, ed abbiano ancora due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista dall’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511; le funzioni indicate ai numeri 3), 4) e 5) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte;
l) prevedere che:
1) annualmente i posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado, individuati quanto al numero nel rispetto dell’esigenza di assicurare il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 3), e quanto alle sedi giudiziarie, ove possibile, all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di primo grado, vengano assegnati, secondo l’anzianità di servizio, ai magistrati che ne facciano richiesta ai sensi della lettera g), numero 3), e, per la parte residua, vengano posti a concorso per l’accesso in magistratura;
2) annualmente i posti vacanti nella funzione requirente di primo grado, individuati quanto al numero nel rispetto dell’esigenza di assicurare il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 1), e quanto alle sedi giudiziarie, ove possibile, all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di primo grado, vengano assegnati, secondo l’anzianità di servizio, ai magistrati che ne facciano richiesta ai sensi della lettera g), numero 1), e, per la parte residua, vengano posti a concorso per l’accesso in magistratura;
3) annualmente tutti i posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:
3.1) per il 40 per cento, i posti siano assegnati, prioritariamente, ai magistrati giudicanti che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 2), prima parte;
3.2) per il 60 per cento i posti siano assegnati ai magistrati giudicanti che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli previsto dalla lettera f), numero 2), seconda parte;
3.3) i posti di cui al numero 3.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati valutati positivamente nel concorso per titoli indicato al numero 3.2) ed espletato nello stesso anno;
3.4) i posti di cui al numero 3.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati valutati positivamente nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, indicato al numero 3.1) ed espletato nello stesso anno;
3.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di secondo grado, assegni i posti di cui ai numeri 3.1), 3.2), 3.3) e 3.4) secondo l’ordine di graduatoria di cui rispettivamente al concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, o al concorso per soli titoli, salvo che vi ostino specifiche e determinate ragioni delle quali deve fornire dettagliata motivazione e, a parità di graduatoria, secondo l’anzianità di servizio;
3.6) i magistrati che abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 3.5) possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni;
3.7) i magistrati che abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 3.5) presso una sede indicata come disagiata e che abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre;
3.8) il Consiglio superiore della magistratura valuti specificatamente la laboriosità con riguardo alle domande di tramutamento presentate ai sensi dei numeri 3.6) e 3.7);
4) annualmente tutti i posti vacanti nella funzione requirente di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:
4.1) per il 40 per cento, i posti siano assegnati, prioritariamente, ai magistrati requirenti che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 2), prima parte;
4.2) per il 60 per cento i posti siano assegnati ai magistrati requirenti che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli previsto dalla lettera f), numero 2), seconda parte;
4.3) i posti di cui al numero 4.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli indicato al numero 4.2) ed espletato nello stesso anno;
4.4) i posti di cui al numero 4.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, indicato al numero 4.1) ed espletato nello stesso anno;
4.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di secondo grado, assegni i posti di cui ai numeri 4.1), 4.2), 4.3) e 4.4) secondo l’ordine di graduatoria di cui rispettivamente al concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, o al concorso per soli titoli, salvo che vi ostino specifiche e determinate ragioni delle quali deve fornire dettagliata motivazione e, a parità di graduatoria, secondo l’anzianità di servizio;
4.6) i magistrati che abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 4.5) possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni;
4.7) i magistrati che abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 4.5) presso una sede indicata come disagiata e che abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre;
4.8) il Consiglio superiore della magistratura valuti specificatamente la laboriosità con riguardo alle domande di tramutamento presentate ai sensi dei numeri 4.6) e 4.7);
5) ai fini di cui al numero 3), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità ovvero le funzioni direttive giudicanti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
6) ai fini di cui al numero 4), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità ovvero le funzioni direttive requirenti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
7) annualmente i posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive giudicanti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:
7.1) per il 60 per cento, i posti siano assegnati, prioritariamente, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni funzioni giudicanti di secondo grado, che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli previsto dalla lettera f), numero 3);
7.2) per il 40 per cento i posti siano assegnati ai magistrati con funzioni giudicanti che abbiano svolto diciotto anni di servizio in magistratura ovvero ai magistrati che, pur non avendo svolto diciotto anni di servizio, abbiano esercitato per tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 3);
7.3) i posti di cui al numero 7.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 7.2) ed espletato nello stesso anno;
7.4) i posti di cui al numero 7.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli indicato al numero 7.1) ed espletato nello stesso anno;
7.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di legittimità, assegni i posti di cui ai numeri 7.1), 7.2), 7.3) e 7.4) secondo l’ordine di graduatoria risultante all’esito del concorso per titoli o del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, salvo che vi ostino specifiche e determinate ragioni delle quali deve fornire dettagliata motivazione e, a parità di graduatoria, secondo l’anzianità nelle funzioni di secondo grado ovvero secondo l’anzianità di servizio;
8) ai fini di cui al numero 7), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
9) annualmente i posti vacanti nelle funzioni requirenti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni requirenti di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive requirenti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:
9.1) per il 60 per cento, i posti siano assegnati, prioritariamente, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni funzioni requirenti di secondo grado, che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli previsto dalla lettera f), numero 3);
9.2) per il 40 per cento i posti siano assegnati ai magistrati con funzioni requirenti che abbiano svolto diciotto anni di servizio in magistratura ovvero ai magistrati che, pur non avendo svolto diciotto anni, abbiano esercitato per tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 3);
9.3) i posti di cui al numero 9.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 9.2) ed espletato nello stesso anno;
9.4) i posti di cui al numero 9.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli indicato al numero 9.1) ed espletato nello stesso anno;
9.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di legittimità, assegni i posti di cui ai numeri 9.1), 9.2), 9.3) e 9.4) secondo l’ordine di graduatoria risultante all’esito del concorso per titoli o del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, salvo che vi ostino specifiche e determinate ragioni delle quali deve fornire dettagliata motivazione e, a parità di graduatoria, secondo l’anzianità nelle funzioni di secondo grado ovvero secondo l’anzianità di servizio;
10) ai fini di cui al numero 9), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
11) nella individuazione e valutazione dei titoli ai fini dei concorsi previsti dalla presente lettera, sulla base di criteri oggettivi e predeterminati, si tenga conto prevalentemente, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, dell’attività prestata dal magistrato nell’ambito delle sue funzioni giudiziarie, desunta da specifici e rilevanti elementi e da verificare anche mediante esame a campione, effettuato tramite sorteggio, dei provvedimenti dallo stesso adottati nonché dell’eventuale autorelazione e, in particolare, della complessità dei procedimenti trattati, degli esiti dei provvedimenti adottati, delle risultanze statistiche relative all’entità del lavoro svolto, tenuto specificamente conto della sede e dell’ufficio presso cui risulta assegnato il magistrato, con loro proiezione comparativa rispetto a quelle delle medie nazionali e dei magistrati in servizio presso lo stesso ufficio; i titoli vengano valutati in modo tale che, ove possibile, i componenti della commissione esaminatrice non conoscano il nominativo del candidato; nei concorsi per titoli ed esami si proceda alla valutazione dei titoli solo in caso di esito positivo della prova di esame e la valutazione dei titoli incida in misura non inferiore al 50 per cento sulla formazione della votazione finale sulla cui base viene redatto l’ordine di graduatoria; nella valutazione dei titoli ai fini dell’assegnazione delle funzioni di sostituto procuratore presso la Direzione nazionale antimafia resta fermo quanto previsto in via preferenziale dall’articolo 76-bis, comma 4, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12;
m) prevedere che:
1) i concorsi per gli incarichi direttivi consistano nella valutazione, da parte delle commissioni di cui ai numeri 9) e 10), dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; la commissione comunichi gli esiti del concorso e l’ordine di graduatoria al Consiglio superiore della magistratura, il quale, acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, propone le nomine al Ministro della giustizia per il concerto; sia effettuato il coordinamento della presente disposizione con quanto previsto dall’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni; il Ministro della giustizia sia legittimato a ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi adottate in contrasto con il concerto o con il parere previsto al numero 3);
2) i concorsi per gli incarichi semidirettivi consistano nella valutazione, da parte delle commissioni di cui ai numeri 9) e 10), dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; la commissione comunichi l’esito delle valutazioni e l’ordine di graduatoria dei candidati al Consiglio superiore della magistratura che, acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, assegna l’incarico semidirettivo secondo l’ordine di graduatoria risultante all’esito del concorso per titoli, salvo che vi ostino specifiche e determinate ragioni delle quali deve fornire dettagliata motivazione e, a parità di graduatoria, secondo l’anzianità nelle funzioni di legittimità ovvero in quelle di secondo grado ovvero secondo l’anzianità di servizio;
3) gli incarichi direttivi, ad esclusione di quelli indicati nella lettera i), abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di quattro anni, rinnovabili a domanda, acquisito il parere del Ministro della giustizia, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, per un periodo ulteriore di due anni;
4) il magistrato, allo scadere del termine di cui al numero 3), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi di uguale grado in sedi poste fuori dal circondario di provenienza e per incarichi direttivi di grado superiore per sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale; ai fini di quanto disposto dal presente numero si considerano di pari grado le funzioni direttive di primo grado e quelle di primo grado elevato;
5) alla scadenza del termine di cui al numero 3), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alle funzioni non direttive da ultimo esercitate nella sede di originaria provenienza, se vacante, ovvero in altra sede, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
6) gli incarichi semidirettivi requirenti di primo e di secondo grado abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di sei anni;
7) il magistrato che esercita funzioni semidirettive requirenti, allo scadere del termine di cui al numero 6), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi semidirettivi o di incarichi direttivi di primo grado e di primo grado elevato in sedi poste fuori dal circondario di provenienza nonché di incarichi direttivi di secondo grado in sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;
8) alla scadenza del termine di cui al numero 6), il magistrato che abbia esercitato funzioni semidirettive requirenti, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alle funzioni non direttive da ultimo esercitate nella sede di originaria provenienza, se vacante, ovvero in altra sede, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
9) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive giudicanti e alle funzioni semidirettive giudicanti, composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità, da tre a cinque magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità e da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
10) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive requirenti e alle funzioni semidirettive requirenti, composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità, da tre a cinque magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità e da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
11) ai fini di cui ai numeri 1) e 2) i titoli vengano individuati con riferimento alla loro specifica rilevanza ai fini della verifica delle attitudini allo svolgimento di funzioni direttive o semidirettive; fermo restando il possesso dei requisiti indicati dalle lettere h) ed i) per il conferimento delle funzioni direttive o semidirettive, il pregresso esercizio di funzioni direttive o semidirettive, degli incarichi di capo o vice capo di uno degli uffici di diretta collaborazione del Ministro della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 2001, n. 315, ovvero di capo, vice capo o direttore generale di uno dei dipartimenti del Ministero della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55, costituisce titolo preferenziale; in ogni caso si applichino le disposizioni di cui alla lettera l), numero 11); per le funzioni semidirettive giudicanti si tenga adeguatamente conto della pregressa esperienza maturata dal magistrato nello specifico settore oggetto dei procedimenti trattati dalla sezione di tribunale o di corte di appello la cui presidenza è messa a concorso; nella valutazione dei titoli ai fini dell’assegnazione delle funzioni direttive di procuratore nazionale antimafia resta fermo quanto previsto in via preferenziale dall’articolo 76-bis, comma 2, primo periodo, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12;
n) prevedere che le disposizioni dei numeri 1), 3), 5) e 10) della lettera m) si applichino anche per il conferimento dell’incarico di Procuratore nazionale antimafia e che, alla scadenza del termine di cui al citato numero 3), il magistrato che abbia esercitato le funzioni di Procuratore nazionale antimafia possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi requirenti ubicati in distretto diverso da quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;
o) prevedere che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni della presente legge, il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura sia equiparato all’esercizio delle ultime funzioni giurisdizionali svolte e il ricollocamento in ruolo, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, avvenga nella medesima sede, se vacante, o in altra sede, e nelle medesime funzioni, ovvero, nel caso di cessato esercizio di una funzione elettiva extragiudiziaria, salvo che il magistrato svolgesse le sue funzioni presso la Corte di cassazione o la Procura generale presso la Corte di cassazione o la Direzione nazionale antimafia, in una sede diversa vacante, appartenente ad un distretto sito in una regione diversa da quella in cui è ubicato il distretto presso cui è posta la sede di provenienza nonché in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte, è ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato è stato eletto; prevedere che, fatta eccezione per i magistrati in aspettativa per mandato parlamentare e per i magistrati eletti al Consiglio superiore della magistratura, il collocamento fuori ruolo non possa superare il periodo massimo complessivo di dieci anni. In ogni caso i magistrati collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura ovvero per mandato parlamentare non possono partecipare ai concorsi previsti dalla presente legge. Resta fermo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;
p) prevedere che:
1) le commissioni di cui alle lettere l) e m) siano nominate per due anni e siano automaticamente prorogate sino all’esaurimento delle procedure concorsuali in via di espletamento;
2) i componenti delle predette commissioni, ad eccezione dei magistrati che esercitino funzioni direttive requirenti di legittimità, non siano immediatamente confermabili e non possano essere nuovamente nominati prima che siano decorsi tre anni dalla cessazione dell’incarico;
q) prevedere che:
1) la progressione economica dei magistrati si articoli automaticamente secondo le seguenti classi di anzianità, salvo quanto previsto dai numeri 2) e 3) e fermo restando il migliore trattamento economico eventualmente conseguito:
1.1) prima classe: dalla data del decreto di nomina a sei mesi;
1.2) seconda classe: da sei mesi a due anni;
1.3) terza classe: da due a cinque anni;
1.4) quarta classe: da cinque a tredici anni;
1.5) quinta classe: da tredici a venti anni;
1.6) sesta classe: da venti a ventotto anni;
1.7) settima classe: da ventotto anni in poi;
2) i magistrati che conseguono le funzioni di secondo grado a seguito del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, di cui alla lettera f), numero 2), prima parte, conseguano la quinta classe di anzianità;
3) i magistrati che conseguono le funzioni di legittimità a seguito dei concorsi di cui alla lettera f), numero 3), conseguano la sesta classe di anzianità;
r) prevedere che il magistrato possa rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo il medesimo incarico per un periodo massimo di dieci anni, con facoltà di proroga del predetto termine per non oltre due anni, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell’ufficio e comunque con possibilità di condurre a conclusione eventuali processi di particolare complessità nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine; prevedere che non possano essere assegnati ai magistrati per i quali è in scadenza il termine di permanenza di cui sopra procedimenti la cui definizione non appare probabile entro il termine di scadenza;
s) prevedere che:
1) siano attribuite al magistrato capo dell’ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell’ufficio nel suo complesso, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché la competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l’organizzazione dell’attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico;
2) siano indicati i criteri per l’assegnazione al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria delle risorse finanziarie e strumentali necessarie per l’espletamento del suo mandato, riconoscendogli la competenza ad adottare atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, anche nel caso in cui comportino oneri di spesa, definendone i limiti;
3) sia assegnata al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria la gestione delle risorse di personale amministrativo in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell’ufficio e con il programma annuale delle attività e gli sia attribuito l’esercizio dei poteri di cui all’articolo 55, comma 4, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
4) entro trenta giorni dall’emanazione della direttiva del Ministro della giustizia di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e comunque non oltre il 15 febbraio di ciascun anno, il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria predispongano, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il programma delle attività da svolgersi nel corso dell’anno; il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria possano apportare eventuali modifiche al programma nel corso dell’anno; nell’ipotesi di mancata predisposizione o esecuzione del programma, oppure di mancata adozione di modifiche divenute indispensabili per la funzionalità dell’ufficio giudiziario, siano attribuiti al Ministro della giustizia, specificandone condizioni e modalità di esercizio, poteri di intervento in conformità a quanto previsto dall’articolo 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché poteri decisionali circa le rispettive competenze.
t) prevedere che:
1) presso le corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo, l’organizzazione tecnica e la gestione dei servizi non aventi carattere giurisdizionale siano affidate a un direttore tecnico, avente la qualifica di dirigente generale, nominato dal Ministro della giustizia, al quale sono attribuiti i compiti di gestione e controllo delle risorse umane, finanziarie e strumentali relative ai servizi tecnico-amministrativi degli uffici giudicanti e requirenti del distretto, di razionalizzazione ed organizzazione del loro utilizzo, nonché i compiti di programmare la necessità di nuove strutture tecniche e logistiche e di provvedere al loro costante aggiornamento, nonché di pianificare il loro utilizzo in relazione al carico giudiziario esistente, alla prevedibile evoluzione di esso e alle esigenze di carattere sociale nel rapporto tra i cittadini e la giustizia;
2) per ciascuna corte di appello di cui al numero 1):
2.1) sia istituita una struttura tecnico-amministrativa di supporto all’attività del direttore tecnico, composta da 11 unità, di cui 2 appartenenti alla posizione economica C2, 3 alla posizione economica C1, 3 alla posizione economica B3 e 3 alla posizione economica B2 e che, nell’ambito di dette posizioni economiche, in sede di prima applicazione, sia possibile avvalersi di personale tecnico estraneo all’Amministrazione;
2.2) le strutture di cui al numero 2.1) siano allestite attraverso il ricorso allo strumento della locazione finanziaria.
2. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere l’istituzione come ente autonomo della Scuola superiore della magistratura quale struttura didattica stabilmente preposta:
1) all’organizzazione e alla gestione del tirocinio e della formazione degli uditori giudiziari, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;
2) all’organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;
3) alla promozione di iniziative e scambi culturali, incontri di studio e ricerca;
4) all’offerta di formazione di magistrati stranieri, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria;
b) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia fornita di autonomia contabile, giuridica, organizzativa e funzionale ed utilizzi personale dell’organico del Ministero della giustizia, ovvero comandato da altre amministrazioni, in numero non superiore a cinquanta unità, con risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero;
c) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia articolata in due sezioni, l’una destinata al tirocinio degli uditori giudiziari, l’altra all’aggiornamento professionale e alla formazione dei magistrati;
d) prevedere che il tirocinio abbia la durata di ventiquattro mesi e che sia articolato in sessioni della durata di sei mesi quella presso la Scuola superiore della magistratura e di diciotto mesi quella presso gli uffici giudiziari, dei quali almeno nove in un collegio giudicante e nove in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione;
e) prevedere modalità differenti di svolgimento del tirocinio che tengano conto della diversità delle funzioni, giudicanti e requirenti, che gli uditori saranno chiamati a svolgere;
f) prevedere che nelle sessioni presso la Scuola superiore della magistratura gli uditori giudiziari ricevano insegnamento da docenti di elevata competenza e autorevolezza, scelti secondo princìpi di ampio pluralismo culturale, e siano seguiti assiduamente da tutori scelti tra i docenti della scuola;
g) prevedere che per ogni sessione sia compilata una scheda valutativa dell’uditore giudiziario;
h) prevedere che, in esito al tirocinio, sia formulata da parte della Scuola, tenendo conto di tutti i giudizi espressi sull’uditore nel corso dello stesso, una valutazione di idoneità all’assunzione delle funzioni giudiziarie sulla cui base il Consiglio superiore della magistratura delibera in via finale;
i) prevedere che, in caso di deliberazione finale negativa, l’uditore possa essere ammesso ad un ulteriore periodo di tirocinio, di durata non superiore a un anno, e che da un’ulteriore deliberazione negativa derivi la cessazione del rapporto di impiego;
l) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia diretta da un comitato che dura in carica quattro anni, composto dal primo Presidente della Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, da due magistrati ordinari nominati dal Consiglio superiore della magistratura, da un avvocato con almeno quindici anni di esercizio della professione nominato dal Consiglio nazionale forense, da un componente professore universitario ordinario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale e da un membro nominato dal Ministro della giustizia; prevedere che, nell’ambito del comitato, i componenti eleggano il presidente; prevedere che i componenti del comitato, diversi dal primo Presidente della Corte di cassazione, dal Procuratore generale presso la stessa e dai loro eventuali delegati, non siano immediatamente rinnovabili e non possano far parte delle commissioni di concorso per uditore giudiziario;
m) prevedere un comitato di gestione per ciascuna sezione, chiamato a dare attuazione alla programmazione annuale per il proprio ambito di competenza, a definire il contenuto analitico di ciascuna sessione e ad individuare i docenti, a fissare i criteri di ammissione alle sessioni di formazione, ad offrire ogni utile sussidio didattico e a sperimentare formule didattiche, a seguire lo svolgimento delle sessioni ed a presentare relazioni consuntive all’esito di ciascuna, a curare il tirocinio nelle fasi effettuate presso la Scuola selezionando i tutori nonché i docenti stabili e quelli occasionali; prevedere che, in ciascuna sezione, il comitato di gestione sia formato da un congruo numero di componenti, comunque non superiore a cinque, nominati dal comitato direttivo di cui alla lettera l);
n) prevedere che, nella programmazione dell’attività didattica, il comitato direttivo di cui alla lettera l) possa avvalersi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura, del Ministro della giustizia, del Consiglio nazionale forense, dei consigli giudiziari, del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché delle proposte dei componenti del Consiglio universitario nazionale esperti in materie giuridiche;
o) prevedere l’obbligo del magistrato a partecipare ogni cinque anni, se non vi ostano comprovate e motivate esigenze organizzative e funzionali degli uffici giudiziari di appartenenza, ai corsi di aggiornamento professionale e a quelli di formazione con conseguente riconoscimento di un corrispondente periodo di congedo retribuito; in ogni caso assicurare il diritto del magistrato a partecipare ai corsi di formazione funzionali al passaggio a funzioni superiori con facoltà del capo dell’ufficio di rinviare la partecipazione al corso per un periodo non superiore a sei mesi;
p) stabilire che, al termine del corso di aggiornamento professionale, sia formulata una valutazione che contenga elementi di verifica attitudinale e di proficua partecipazione del magistrato al corso, modulata secondo la tipologia del corso, da inserire nel fascicolo personale del magistrato, al fine di costituire elemento per le valutazioni operate dal Consiglio superiore della magistratura;
q) prevedere che il magistrato, il quale abbia partecipato ai corsi di aggiornamento professionale organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, possa nuovamente parteciparvi trascorso almeno un anno;
r) prevedere che vengano istituite sino a tre sedi della Scuola superiore della magistratura a competenza interregionale;
s) prevedere che, al settimo anno dall’ingresso in magistratura, i magistrati che non abbiano effettuato il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti o viceversa, previsto dal comma 1, lettera g), numeri 1) e 3), debbano frequentare presso la Scuola superiore della magistratura il corso di aggiornamento e formazione alle funzioni da loro svolte e, all’esito, siano sottoposti dal Consiglio superiore della magistratura, secondo i criteri indicati alla lettera t), a giudizio di idoneità per l’esercizio in via definitiva delle funzioni medesime; che, in caso di esito negativo, il giudizio di idoneità debba essere ripetuto per non più di due volte, con l’intervallo di un biennio tra un giudizio e l’altro; che, in caso di esito negativo di tre giudizi consecutivi, si applichi l’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificato ai sensi del comma 6, lettera o), del presente articolo;
t) prevedere che i magistrati, i quali non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità, dopo avere frequentato con esito positivo l’apposito corso di aggiornamento e formazione presso la Scuola superiore della magistratura, siano sottoposti da parte del Consiglio superiore della magistratura a valutazioni periodiche di professionalità, desunte dall’attività giudiziaria e scientifica, dalla produttività, dalla laboriosità, dalla capacità tecnica, dall’equilibrio, dalla disponibilità alle esigenze del servizio, dal tratto con tutti i soggetti processuali, dalla deontologia, nonché dalle valutazioni di cui alla lettera p); prevedere che le valutazioni di cui alla presente lettera debbano avvenire al compimento del tredicesimo, ventesimo e ventottesimo anno dall’ingresso in magistratura e che il passaggio rispettivamente alla quinta, alla sesta ed alla settima classe stipendiale possa essere disposto solo in caso di valutazione positiva; prevedere che, in caso di esito negativo, la valutazione debba essere ripetuta per non più di due volte, con l’intervallo di un biennio tra una valutazione e l’altra; prevedere che, in caso di esito negativo di tre valutazioni consecutive, si applichi l’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificato ai sensi del comma 6, lettera o), del presente articolo;
u) prevedere che, per i magistrati che hanno sostenuto i concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità e non abbiano ottenuto i relativi posti, la commissione di concorso comunichi al Consiglio superiore della magistratura l’elenco di coloro i quali, per inidoneità, non devono essere esentati dalle valutazioni periodiche di professionalità.
3. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere l’istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, composto, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera c), da un magistrato che eserciti funzioni direttive giudicanti di legittimità, da un magistrato che eserciti funzioni direttive requirenti di legittimità, da due magistrati che esercitino effettive funzioni giudicanti di legittimità in servizio presso la Corte di cassazione, da un magistrato che eserciti effettive funzioni requirenti di legittimità in servizio presso la Procura generale della Corte di cassazione, da un professore ordinario di università in materie giuridiche e da un avvocato con venti anni di esercizio della professione che sia iscritto da almeno cinque anni nell’albo speciale per le giurisdizioni superiori di cui all’articolo 33 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36;
b) prevedere che i componenti non togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano designati, rispettivamente, dal Consiglio universitario nazionale e dal Consiglio nazionale forense;
c) prevedere che membri di diritto del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano il primo Presidente, il Procuratore generale della medesima Corte e il Presidente del Consiglio nazionale forense;
d) prevedere che il Consiglio direttivo della Corte di cassazione sia presieduto dal primo Presidente ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;
e) prevedere che al Consiglio direttivo della Corte di cassazione si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni dettate alle lettere n), o), r), u) e z) per i consigli giudiziari presso le corti d’appello;
f) prevedere che i consigli giudiziari presso le corti d’appello nei distretti nei quali prestino servizio fino a trecentocinquanta magistrati ordinari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera l), da cinque magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, di cui uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno tra gli avvocati che abbiano almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al consiglio medesimo, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;
g) prevedere che nei distretti nei quali prestino servizio oltre trecentocinquanta magistrati ordinari, i consigli giudiziari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera l), da sette magistrati in servizio presso uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, dei quali uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno nominato tra gli avvocati con almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due nominati dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al medesimo consiglio, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;
h) prevedere che i componenti supplenti del consiglio giudiziario siano cinque, due dei quali magistrati che esercitano, rispettivamente, funzioni requirenti e giudicanti nel distretto e tre componenti non togati nominati con lo stesso criterio di cui alle lettere f) e g), riservandosi un posto per ciascuna delle tre categorie non togate indicate nelle medesime lettere f) e g);
i) prevedere che i componenti avvocati e professori universitari siano nominati, rispettivamente, dal Consiglio nazionale forense ovvero dal Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei consigli dell’ordine degli avvocati del distretto e dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione;
l) prevedere che membri di diritto del consiglio giudiziario siano il presidente, il procuratore generale della corte d’appello ed il presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto;
m) prevedere che il consiglio giudiziario sia presieduto dal presidente della corte d’appello ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;
n) prevedere che il consiglio giudiziario duri in carica quattro anni e che i componenti non possano essere immediatamente confermati;
o) prevedere che l’elezione dei componenti togati del consiglio giudiziario avvenga in un collegio unico distrettuale con il medesimo sistema vigente per l’elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura, in quanto compatibile, così da attribuire tre seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e due seggi a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono fino a trecentocinquanta magistrati, quattro seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e tre seggi a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono oltre trecentocinquanta magistrati;
p) prevedere che dei componenti togati del consiglio giudiziario che esercitano funzioni giudicanti uno abbia maturato un’anzianità di servizio non inferiore a venti anni;
q) prevedere che la nomina dei componenti supplenti del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari presso le corti d’appello avvenga secondo i medesimi criteri indicati per la nomina dei titolari;
r) prevedere che al consiglio giudiziario vengano attribuite le seguenti competenze:
1) parere sulle tabelle proposte dai titolari degli uffici, nel rispetto dei criteri generali indicati dalla legge;
2) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, sull’attività dei magistrati sotto il profilo della preparazione, della capacità tecnico-professionale, della laboriosità, della diligenza, dell’equilibrio nell’esercizio delle funzioni, e comunque nelle ipotesi previste dal comma 1 e nei periodi intermedi di permanenza nella qualifica. Ai fini sopra indicati, il consiglio giudiziario dovrà acquisire le motivate e dettagliate valutazioni del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel luogo ove il magistrato esercita le sue funzioni e, se non coincidente, anche del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto;
3) vigilanza sul comportamento dei magistrati con obbligo di segnalare i fatti disciplinarmente rilevanti ai titolari dell’azione disciplinare;
4) vigilanza sull’andamento degli uffici giudiziari nel distretto, con segnalazione delle eventuali disfunzioni rilevate al Ministro della giustizia;
5) formulazione di pareri e proposte sull’organizzazione ed il funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto;
6) adozione di provvedimenti relativi allo stato dei magistrati, con particolare riferimento a quelli relativi ad aspettative e congedi, dipendenza di infermità da cause di servizio, equo indennizzo, pensioni privilegiate, concessione di sussidi;
7) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, in ordine all’adozione da parte del medesimo Consiglio di provvedimenti inerenti collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze dall’impiego, concessioni di titoli onorifici, riammissioni in magistratura;
s) prevedere che i consigli giudiziari formulino pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, su materie attinenti ad ulteriori competenze ad essi attribuite;
t) coordinare con quanto previsto dalla presente legge le disposizioni vigenti che prevedono ulteriori competenze dei consigli giudiziari;
u) prevedere la reclamabilità innanzi al Consiglio superiore della magistratura delle delibere adottate dal consiglio giudiziario nelle materie di cui alla lettera r), numero 1);
v) prevedere che i componenti designati dal consiglio regionale prendano parte esclusivamente alle riunioni, alle discussioni ed alle deliberazioni inerenti le materie di cui alla lettera r), numeri 1), 4) e 5);
z) prevedere che gli avvocati, i professori ed il rappresentante dei giudici di pace che compongono il consiglio giudiziario possano prendere parte solo alle discussioni e deliberazioni concernenti le materie di cui alla lettera r), numeri 1), 4) e 5). Il rappresentante dei giudici di pace, inoltre, partecipa alle discussioni e deliberazioni di cui agli articoli 4, 4-bis, 7, comma 2-bis, e 9, comma 4, della legge 21 novembre 1991, n. 374.
4. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che il procuratore della Repubblica, quale preposto all’ufficio del pubblico ministero, sia il titolare esclusivo dell’azione penale e che la eserciti sotto la sua responsabilità nei modi e nei termini stabiliti dalla legge, assicurando il corretto ed uniforme esercizio della stessa e delle norme sul giusto processo;
b) prevedere che il procuratore della Repubblica possa delegare un procuratore aggiunto alla funzione del vicario, nonché uno o più procuratori aggiunti ovvero uno o più magistrati del proprio ufficio perché lo coadiuvino nella gestione per il compimento di singoli atti, per la trattazione di uno o più procedimenti o nella gestione dell’attività di un settore di affari;
c) prevedere che il procuratore della Repubblica determini i criteri per l’organizzazione dell’ufficio e quelli ai quali si uniformerà nell’assegnazione della trattazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti o ai magistrati del proprio ufficio, precisando per quali tipologie di reato riterrà di adottare meccanismi di natura automatica; di tali criteri il Procuratore della Repubblica deve dare comunicazione al Consiglio superiore della magistratura; prevedere che il procuratore della Repubblica possa determinare i criteri cui i procuratori aggiunti o i magistrati delegati ai sensi della lettera b) devono attenersi nell’adempimento della delega, con facoltà di revoca in caso di divergenza o di inosservanza dei criteri; prevedere che il procuratore della Repubblica trasmetta al Procuratore generale presso la Corte di cassazione il provvedimento di revoca della delega alla trattazione di un procedimento e le eventuali osservazioni formulate dal magistrato o dal procuratore aggiunto cui è stata revocata la delega; che il provvedimento di revoca e le osservazioni vengano acquisiti nei relativi fascicoli personali; prevede che il procuratore della Repubblica possa determinare i criteri generali cui i magistrati addetti all’ufficio devono attenersi nell’impiego della polizia giudiziaria, nell’utilizzo delle risorse finanziarie e tecnologiche dell’ufficio e nella impostazione delle indagini;
d) prevedere che alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), sia abrogato l’articolo 7-ter, comma 3, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, introdotto dall’articolo 6 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51;
e) prevedere che gli atti di ufficio, che incidano o richiedano di incidere su diritti reali o sulla libertà personale, siano assunti previo assenso del procuratore della Repubblica ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato eventualmente delegato ai sensi della lettera b); prevedere tuttavia che le disposizioni della presente lettera non si applichino nelle ipotesi in cui la misura cautelare personale o reale è richiesta in sede di convalida del fermo o dell’arresto o del sequestro ovvero, limitatamente alle misure cautelari reali, nelle ipotesi che il procuratore della Repubblica, in ragione del valore del bene o della rilevanza del fatto per cui si procede, riterrà di dovere indicare con apposita direttiva;
f) prevedere che il procuratore della Repubblica tenga personalmente, o tramite magistrato appositamente delegato, i rapporti con gli organi di informazione e che tutte le informazioni sulle attività dell’ufficio vengano attribuite impersonalmente allo stesso; prevedere che il procuratore della Repubblica segnali obbligatoriamente al consiglio giudiziario, ai fini di quanto previsto al comma 3, lettera r), numero 3), i comportamenti dei magistrati del proprio ufficio che siano in contrasto con la disposizione di cui sopra;
g) prevedere che il procuratore generale presso la corte di appello, al fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell’azione penale, nonché il rispetto dell’adempimento degli obblighi di cui alla lettera a), acquisisca dalle procure del distretto dati e notizie, relazionando annualmente, oltre che quando lo ritenga necessario, al Procuratore generale presso la Corte di cassazione;
h) prevedere, relativamente ai procedimenti riguardanti i reati indicati nell’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, che sia fatto salvo quanto previsto dall’articolo 70-bis dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni;
5. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione nonché di tutti i posti di magistrato d’appello destinato alla Procura generale presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di cassazione, presso i rispettivi uffici;
b) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di tribunale;
c) prevedere che della pianta organica della Corte di cassazione facciano parte trentasette magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale con non meno di cinque anni di esercizio delle funzioni di merito destinati a prestare servizio presso l’ufficio del massimario e del ruolo;
d) prevedere che il servizio prestato per almeno otto anni presso l’ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione costituisca, a parità di graduatoria, titolo preferenziale nell’attribuzione delle funzioni giudicanti di legittimità;
e) prevedere l’abrogazione dell’articolo 116 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, e prevedere che all’articolo 117 e alla relativa rubrica del citato ordinamento giudiziario di cui al regio decreto n.12 del 1941 siano soppresse le parole: «di appello e».
6. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) provvedere alla tipizzazione delle ipotesi di illecito disciplinare dei magistrati, sia inerenti l’esercizio della funzione sia estranee alla stessa, garantendo comunque la necessaria completezza della disciplina con adeguate norme di chiusura, nonché all’individuazione delle relative sanzioni;
b) prevedere:
1) che il magistrato debba esercitare le funzioni attribuitegli con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo ed equilibrio;
2) che in ogni atto di esercizio delle funzioni il magistrato debba rispettare la dignità della persona;
3) che anche fuori dall’esercizio delle sue funzioni il magistrato non debba tenere comportamenti, ancorché legittimi, che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio dell’istituzione;
4) che la violazione dei predetti doveri costituisca illecito disciplinare perseguibile nelle ipotesi previste dalle lettere c), d) ed e);
c) salvo quanto stabilito dal numero 11), prevedere che costituiscano illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni:
1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti; l’omissione della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p); la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;
2) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell’ambito dell’ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori; l’ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altro magistrato; l’omessa comunicazione al capo dell’ufficio delle avvenute interferenze da parte del magistrato destinatario delle medesime;
3) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile; il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile; il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia; l’emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge; l’adozione di provvedimenti non consentiti dalla legge che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali; la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi competenti; l’indebito affidamento ad altri del proprio lavoro; l’inosservanza dell’obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l’ufficio, se manca l’autorizzazione prevista dalle norme vigenti e ne sia derivato concreto pregiudizio all’adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità;
4) il reiterato, grave o ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni; il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato al lavoro giudiziario; per il dirigente dell’ufficio o il presidente di una sezione o il presidente di un collegio, l’omettere di assegnarsi affari e di redigere i relativi provvedimenti; l’inosservanza dell’obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione legittima dell’organo competente;
5) i comportamenti che determinano la divulgazione di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonché la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere diritti altrui; pubbliche dichiarazioni o interviste che, sotto qualsiasi profilo, riguardino i soggetti a qualsivoglia titolo coinvolti negli affari in corso di trattazione e che non siano stati definiti con sentenza passata in giudicato;
6) il tenere rapporti in relazione all’attività del proprio ufficio con gli organi di informazione al di fuori delle modalità previste al comma 4, lettera f); il sollecitare la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio ovvero il costituire e l’utilizzare canali informativi personali riservati o privilegiati; il rilasciare dichiarazioni e interviste in violazione dei criteri di equilibrio e di misura;
7) l’adozione intenzionale di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione, tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo;
8) l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell’ufficio, della sezione o del collegio; l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p), ovvero delle situazioni che possono dare luogo all’adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificati ai sensi delle lettere n) e o);
9) l’adozione di provvedimenti abnormi ovvero di atti e provvedimenti che costituiscano esercizio di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi o amministrativi ovvero ad altri organi costituzionali;
10) l’emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile;
11) fermo quanto previsto dai numeri 3), 7) e 9), non può dar luogo a responsabilità disciplinare l’attività di interpretazione di norme di diritto in conformità all’articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale;
d) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari al di fuori dell’esercizio delle funzioni:
1) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sé o per altri;
2) il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione comunque trattato dal magistrato, o persona che a questi consta essere stata dichiarata delinquente abituale, professionale o per tendenza o aver subìto condanna per delitti non colposi alla pena della reclusione superiore a tre anni o una misura di prevenzione, salvo che sia intervenuta la riabilitazione, ovvero l’intrattenere rapporti consapevoli di affari con una di tali persone;
3) l’assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione dell’organo competente;
4) lo svolgimento di attività incompatibili con la funzione giudiziaria o tali da recare concreto pregiudizio all’assolvimento dei doveri indicati nella lettera b), numeri 1), 2) e 3);
5) l’ottenere, direttamente o indirettamente, prestiti o agevolazioni da soggetti che il magistrato sa essere indagati, parti offese, testimoni o comunque coinvolti in procedimenti penali o civili pendenti presso l’ufficio giudiziario di appartenenza o presso altro ufficio che si trovi nel distretto di corte d’appello nel quale esercita le funzioni giudiziarie, ovvero dai difensori di costoro;
6) la pubblica manifestazione di consenso o dissenso in ordine ad un procedimento in corso quando, per la posizione del magistrato o per le modalità con cui il giudizio è espresso, sia idonea a condizionare la libertà di decisione nel procedimento medesimo;
7) la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli sono oggettivamente incompatibili con l’esercizio delle funzioni giudiziarie;
8) l’iscrizione o la partecipazione a partiti politici ovvero il coinvolgimento nelle attività di centri politici o affaristici che possano condizionare l’esercizio delle funzioni o comunque appannare l’immagine del magistrato;
9) ogni altro comportamento tale da compromettere l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell’apparenza;
10) l’uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, è idoneo a turbare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste;
e) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari conseguenti al reato:
1) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto doloso o preterintenzionale, quando la legge stabilisce la pena detentiva sola o congiunta alla pena pecuniaria;
2) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto colposo, alla pena della reclusione, sempre che presentino, per modalità e conseguenze, carattere di particolare gravità;
3) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, alla pena dell’arresto, sempre che presentino, per le modalità di esecuzione, carattere di particolare gravità;
4) altri fatti costituenti reato idonei a compromettere la credibilità del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l’azione penale non può essere iniziata o proseguita;
f) prevedere come sanzioni disciplinari:
1) l’ammonimento;
2) la censura;
3) la perdita dell’anzianità;
4) l’incapacità temporanea ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo;
5) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;
6) la rimozione;
g) stabilire che:
1) l’ammonimento consista nel richiamo, espresso nel dispositivo della decisione, all’osservanza da parte del magistrato dei suoi doveri, in rapporto all’illecito commesso;
2) la censura consista in un biasimo formale espresso nel dispositivo della decisione;
3) la sanzione della perdita dell’anzianità sia inflitta per un periodo compreso tra due mesi e due anni;
4) la sanzione della temporanea incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo sia inflitta per un periodo compreso tra sei mesi e due anni. Se il magistrato svolge funzioni direttive o semidirettive, debbono essergli conferite di ufficio altre funzioni non direttive o semidirettive, corrispondenti alla sua qualifica. Scontata la sanzione, il magistrato non può riprendere l’esercizio delle funzioni direttive o semidirettive presso l’ufficio dove le svolgeva anteriormente alla condanna;
5) la sospensione dalle funzioni comporti altresì la sospensione dallo stipendio ed il collocamento del magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura. Al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare pari ai due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo, se il magistrato sta percependo il trattamento economico riservato alla prima o seconda o terza classe stipendiale; alla metà, se alla quarta o quinta classe; ad un terzo, se alla sesta o settima classe;
6) la rimozione determini la cessazione del rapporto di servizio;
7) quando, per il concorso di più illeciti disciplinari, si dovrebbero irrogare più sanzioni meno gravi, si applichi altra sanzione di maggiore gravità, sola o congiunta con quella meno grave se compatibile;
8) la sanzione di cui al numero 6) sia eseguita mediante decreto del Presidente della Repubblica;
h) prevedere che siano puniti con la sanzione non inferiore alla censura:
1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;
2) la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;
3) l’omissione, da parte dell’interessato, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificati ai sensi della lettera p);
4) il tenere comportamenti che, a causa dei rapporti comunque esistenti con i soggetti coinvolti nel procedimento ovvero a causa di avvenute interferenze, costituiscano violazione del dovere di imparzialità;
5) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera c);
6) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;
7) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni;
8) la scarsa laboriosità, se abituale;
9) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;
10) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti;
11) lo svolgimento di incarichi extragiudiziari senza avere richiesto o ottenuto la prescritta autorizzazione dal Consiglio superiore della magistratura, qualora per l’entità e la natura dell’incarico il fatto non si appalesi di particolare gravità;
i) prevedere che siano puniti con una sanzione non inferiore alla perdita dell’anzianità:
1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano grave ed ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;
2) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave;
3) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera d);
l) stabilire che:
1) sia punita con la sanzione della incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo l’interferenza nell’attività di altro magistrato da parte del dirigente dell’ufficio o del presidente della sezione, se ripetuta o grave;
2) sia punita con una sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni l’accettazione e lo svolgimento di incarichi ed uffici vietati dalla legge ovvero l’accettazione e lo svolgimento di incarichi per i quali non è stata richiesta o ottenuta la prescritta autorizzazione, qualora per l’entità e la natura dell’incarico il fatto si appalesi di particolare gravità;
3) sia rimosso il magistrato che sia stato condannato in sede disciplinare per i fatti previsti dalla lettera d), numero 5), che incorre nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale o che incorre in una condanna a pena detentiva per delitto non colposo non inferiore ad un anno la cui esecuzione non sia stata sospesa ai sensi degli articoli 163 e 164 del codice penale o per la quale sia intervenuto provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell’articolo 168 dello stesso codice;
m) stabilire che, nell’infliggere una sanzione diversa dall’ammonimento e dalla rimozione, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura possa disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell’amministrazione della giustizia. Il trasferimento è sempre disposto quando ricorre una delle violazioni previste dal numero 1) della lettera c), ad eccezione dell’inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge e dell’inosservanza dell’obbligo della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, dal numero 1) della lettera d), ovvero se è inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni;
n) prevedere che, nei casi di procedimento disciplinare per addebiti punibili con una sanzione diversa dall’ammonimento, su richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, ove sussistano gravi elementi di fondatezza dell’azione disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza, possa essere disposto dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, in via cautelare e provvisoria, il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni; modificare il secondo comma dell’articolo 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, stabilendo che, fermo quanto previsto dalla lettera m) e dalla prima parte della presente lettera, in sede di procedimento disciplinare, il trasferimento ad altre sede o la destinazione ad altre funzioni possano essere disposti con procedimento amministrativo dal Consiglio superiore della magistratura solo per una causa incolpevole tale da impedire al magistrato di svolgere le sue funzioni, nella sede occupata, con piena indipendenza e imparzialità; prevedere che alla data di entrata in vigore del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), i procedimenti amministrativi di trasferimento di ufficio ai sensi dell’articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, pendenti presso il Consiglio superiore della magistratura, per fatti astrattamente riconducibili alle fattispecie disciplinari previste dal presente comma siano trasmessi al Procuratore generale presso la Corte di cassazione per le sue determinazioni in ordine all’azione disciplinare;
o) prevedere la modifica dell’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, consentendo anche di far transitare nella pubblica amministrazione, con funzioni amministrative, i magistrati dispensati dal servizio;
p) ridisciplinare le ipotesi di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, in maniera più puntuale e rigorosa prevedendo, salvo eccezioni specificatamente disciplinate con riferimento all’entità dell’organico nonché alla diversità di incarico, l’incompatibilità per il magistrato a svolgere l’attività presso il medesimo ufficio in cui parenti sino al secondo grado, affini in primo grado, il coniuge o il convivente esercitano la professione di magistrato o di avvocato o di ufficiale o agente di polizia giudiziaria;
q) equiparare gli effetti della decadenza a quelli delle dimissioni.
7. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene, per quel che riguarda la procedura per l’applicazione delle sanzioni disciplinari, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che le funzioni di pubblico ministero nel procedimento disciplinare siano esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto, e che all’attività di indagine relativa al procedimento disciplinare proceda il pubblico ministero;
b) stabilire che:
1) l’azione disciplinare sia promossa entro due anni dalla notizia del fatto, acquisita a seguito di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia;
2) entro due anni dall’inizio del procedimento debba essere richiesta l’emissione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare; entro due anni dalla richiesta debba pronunciarsi la sezione disciplinare. Se la sentenza è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia nel giudizio di rinvio è di un anno e decorre dalla data in cui vengono restituiti dalla Corte di cassazione gli atti del procedimento. Se i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre che l’incolpato vi consenta;
3) il corso dei termini sia sospeso:
3.1) se per il medesimo fatto è iniziato il procedimento penale, riprendendo a decorrere dalla data in cui non è più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna;
3.2) se durante il procedimento disciplinare viene sollevata questione di legittimità costituzionale, riprendendo a decorrere dal giorno in cui è pubblicata la decisione della Corte costituzionale;
3.3) se l’incolpato è sottoposto a perizia o ad accertamenti specialistici, e per tutto il tempo necessario;
3.4) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell’incolpato o del suo difensore o per impedimento dell’incolpato o del suo difensore;
c) prevedere che:
1) il Ministro della giustizia abbia facoltà di promuovere l’azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Dell’iniziativa il Ministro dà comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede;
2) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione abbia l’obbligo di esercitare l’azione disciplinare dandone comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. Il Ministro della giustizia, se ritiene che l’azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta al Procuratore generale, ed analoga richiesta può fare nel corso delle indagini;
3) il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici debbano comunicare al Ministro della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di collegio debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l’attività dei magistrati della sezione o del collegio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare;
4) la richiesta di indagini rivolta dal Ministro della giustizia al Procuratore generale o la comunicazione da quest’ultimo data al Consiglio superiore della magistratura ai sensi del numero 2) determinino a tutti gli effetti l’inizio del procedimento;
5) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possa contestare fatti nuovi nel corso delle indagini, anche se l’azione è stata promossa dal Ministro della giustizia, salva la facoltà del Ministro di cui al numero 2), ultimo periodo;
d) stabilire che:
1) dell’inizio del procedimento debba essere data comunicazione entro trenta giorni all’incolpato con l’indicazione del fatto che gli viene addebitato; analoga comunicazione debba essere data per le ulteriori contestazioni di cui al numero 5) della lettera c). L’incolpato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato, designati in qualunque momento dopo la comunicazione dell’addebito, nonché, se del caso, da un consulente tecnico;
2) gli atti di indagine non preceduti dalla comunicazione all’incolpato o dall’avviso al difensore, se già designato, siano nulli, ma la nullità non possa essere più rilevata quando non è dedotta con dichiarazione scritta e motivata nel termine di dieci giorni dalla data in cui l’interessato ha avuto conoscenza del contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare;
3) per l’attività di indagine si osservino, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, delle persone informate sui fatti, dei periti e degli interpreti; si applica comunque quanto previsto dall’articolo 133 del codice di procedura penale. Alle persone informate sui fatti, ai periti e interpreti si applicano le disposizioni degli articoli 366, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale; prevedere che il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, se lo ritenga necessario ai fini delle sue determinazioni sull’azione disciplinare, possa acquisire atti coperti da segreto investigativo senza che detto segreto possa essergli opposto; prevedere altresì che nel caso in cui il Procuratore generale acquisisca atti coperti da segreto investigativo ed il procuratore della Repubblica comunichi motivatamente che dalla loro pubblicizzazione possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il Procuratore generale disponga con decreto che i detti atti rimangano segreti per un periodo non superiore a dodici mesi e sospenda il procedimento disciplinare per un analogo periodo;
4) per gli atti da compiersi fuori dal suo ufficio, il pubblico ministero possa richiedere altro magistrato in servizio presso la procura generale della corte d’appello nel cui distretto l’atto deve essere compiuto;
5) al termine delle indagini, il Procuratore generale con le richieste conclusive di cui alla lettera e) invii alla sezione disciplinare il fascicolo del procedimento e ne dia comunicazione all’incolpato; il fascicolo sia depositato nella segreteria della sezione a disposizione dell’incolpato, con facoltà di prenderne visione e di estrarre copia degli atti;
e) prevedere che:
1) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, al termine delle indagini, se non ritiene di dover chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formuli l’incolpazione e chieda al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale; il Procuratore generale presso la Corte di cassazione dà comunicazione al Ministro della giustizia delle sue determinazioni ed invia copia dell’atto;
2) il Ministro della giustizia, in caso di richiesta di declaratoria di non luogo a procedere, abbia facoltà di proporre opposizione entro dieci giorni, presentando memoria. Il Consiglio superiore della magistratura decide in camera di consiglio, sentite le parti;
3) il Ministro della giustizia, entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 1), possa chiedere l’integrazione e, nel caso di azione disciplinare da lui promossa, la modificazione della contestazione, cui provvede il Procuratore generale presso la Corte di cassazione;
4) il presidente della sezione disciplinare fissi, con suo decreto, il giorno della discussione orale, con avviso ai testimoni e ai periti;
5) il decreto di cui al numero 4) sia comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata per la discussione orale, al pubblico ministero e all’incolpato nonché al difensore di quest’ultimo se già designato e al Ministro della giustizia;
6) nel caso in cui il Procuratore generale ritenga che si debba escludere l’addebito, faccia richiesta motivata alla sezione disciplinare per la declaratoria di non luogo a procedere. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, con invio di copia dell’atto;
7) il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 6), possa richiedere copia degli atti del procedimento e, nei venti giorni successivi alla ricezione degli stessi, possa richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale, formulando l’incolpazione;
8) decorsi i termini di cui al numero 7), sulla richiesta di non luogo a procedere la sezione disciplinare decida in camera di consiglio. Se rigetta la richiesta, provvede nei modi previsti dai numeri 4) e 5). Sulla richiesta del Ministro della giustizia di fissazione della discussione orale, si provvede nei modi previsti nei numeri 4) e 5) e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto;
9) della data fissata per la discussione orale sia dato avviso al Ministro della giustizia, il quale può esercitare la facoltà di partecipare all’udienza delegando un magistrato dell’Ispettorato generale;
10) il delegato del Ministro della giustizia possa presentare memorie, esaminare testi, consulenti e periti e interrogare l’incolpato;
f) prevedere che:
1) nella discussione orale un componente della sezione disciplinare nominato dal presidente svolga la relazione;
2) l’udienza sia pubblica; tuttavia la sezione disciplinare, su richiesta di una delle parti, possa comunque disporre che la discussione non sia pubblica se ricorrono esigenze di tutela della credibilità della funzione giudiziaria, con riferimento ai fatti contestati ed all’ufficio che l’incolpato occupa, ovvero esigenze di tutela del diritto dei terzi;
3) la sezione disciplinare possa assumere anche d’ufficio tutte le prove che ritiene utili, possa disporre o consentire la lettura di rapporti dell’Ispettorato generale del Ministero della giustizia, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici, la lettura di atti dei fascicoli personali nonché delle prove acquisite nel corso delle indagini; possa consentire l’esibizione di documenti da parte del pubblico ministero, dell’incolpato e del delegato del Ministro della giustizia. Si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale sul dibattimento, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, dei testimoni, dei periti e degli interpreti; resta fermo quanto previsto dall’articolo 133 del codice di procedura penale. Ai testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni di cui agli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale;
4) la sezione disciplinare deliberi immediatamente dopo l’assunzione delle prove, le conclusioni del pubblico ministero, del delegato del Ministro della giustizia e della difesa dell’incolpato; questi debba essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio;
5) se non è raggiunta prova sufficiente dell’addebito, la sezione disciplinare ne dichiari esclusa la sussistenza;
6) i motivi della sentenza siano depositati nella segreteria della sezione disciplinare entro trenta giorni dalla deliberazione;
7) dei provvedimenti adottati dalla sezione disciplinare sia data comunicazione al Ministro della giustizia con invio di copia integrale, anche ai fini della decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione. Il Ministro può richiedere copia degli atti del procedimento;
g) stabilire che:
1) l’azione disciplinare sia promossa indipendentemente dall’azione civile di risarcimento del danno o dall’azione penale relativa allo stesso fatto, fermo restando quanto previsto dal numero 3) della lettera b);
2) abbiano autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare la sentenza penale irrevocabile di condanna, quella prevista dall’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, che è equiparata alla sentenza di condanna, e quella irrevocabile di assoluzione pronunciata perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso;
h) prevedere che:
1) a richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, la sezione disciplinare sospenda dalle funzioni e dallo stipendio e collochi fuori dal ruolo organico della magistratura il magistrato, sottoposto a procedimento penale, nei cui confronti sia stata adottata una misura cautelare personale;
2) la sospensione permanga sino alla sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione o alla sentenza irrevocabile di proscioglimento; la sospensione debba essere revocata, anche d’ufficio, dalla sezione disciplinare, allorché la misura cautelare è revocata per carenza di gravi indizi di colpevolezza; la sospensione possa essere revocata, anche d’ufficio, negli altri casi di revoca o di cessazione degli effetti della misura cautelare;
3) al magistrato sospeso sia corrisposto un assegno alimentare nella misura indicata nel secondo periodo del numero 5) della lettera g) del comma 6;
4) il magistrato riacquisti il diritto agli stipendi e alle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, se è prosciolto con sentenza irrevocabile ai sensi dell’articolo 530 del codice di procedura penale. Tale disposizione si applica anche se è pronunciata nei suoi confronti sentenza di proscioglimento per ragioni diverse o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione, qualora, essendo stato il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare, lo stesso si sia concluso con la pronuncia indicata nel numero 3) della lettera m);
i) prevedere che:
1) quando il magistrato è sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva, o quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare che, per la loro gravità, siano incompatibili con l’esercizio delle funzioni, il Ministro della giustizia o il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possano chiedere la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio, e il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura, anche prima dell’inizio del procedimento disciplinare;
2) la sezione disciplinare convochi il magistrato con un preavviso di almeno tre giorni e provveda dopo aver sentito l’interessato o dopo aver constatato la sua mancata presentazione. Il magistrato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato anche nel corso del procedimento di sospensione cautelare;
3) la sospensione possa essere revocata dalla sezione disciplinare in qualsiasi momento, anche d’ufficio;
4) si applichino le disposizioni di cui alla lettera h), numeri 3) e 4);
l) prevedere che:
1) contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) e contro le sentenze della sezione disciplinare, l’incolpato, il Ministro della giustizia e il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possano proporre ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale. Nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato;
2) la Corte di cassazione decida a sezioni unite penali, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso;
m) prevedere che:
1) il magistrato sottoposto a procedimento penale e cautelarmente sospeso abbia diritto ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore qualora sia prosciolto con sentenza irrevocabile ovvero sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione. Se il posto prima occupato non è vacante, ha diritto di scelta fra quelli disponibili, ed entro un anno può chiedere l’assegnazione ad ufficio analogo a quello originariamente ricoperto, con precedenza rispetto ad altri eventuali concorrenti;
2) la sospensione cautelare cessi di diritto quando diviene definitiva la pronuncia della sezione disciplinare che conclude il procedimento;
3) se è pronunciata sentenza di non luogo a procedere o se l’incolpato è assolto o condannato ad una sanzione diversa dalla rimozione o dalla sospensione dalle funzioni per un tempo pari o superiore alla durata della sospensione cautelare eventualmente disposta, siano corrisposti gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme già riscosse per assegno alimentare;
n) prevedere che:
1) in ogni tempo sia ammessa la revisione delle sentenze divenute irrevocabili, con le quali è stata applicata una sanzione disciplinare, quando:
1.1) i fatti posti a fondamento della sentenza risultano incompatibili con quelli accertati in una sentenza penale irrevocabile ovvero in una sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione;
1.2) sono sopravvenuti o si scoprono, dopo la decisione, nuovi elementi di prova, che, soli o uniti a quelli già esaminati nel procedimento disciplinare, dimostrano l’insussistenza dell’illecito;
1.3) il giudizio di responsabilità e l’applicazione della relativa sanzione sono stati determinati da falsità ovvero da altro reato accertato con sentenza irrevocabile;
2) gli elementi in base ai quali si chiede la revisione debbano, a pena di inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare che, se accertati, debba essere escluso l’addebito o debba essere applicata una sanzione diversa da quella inflitta se trattasi della rimozione, ovvero se dalla sanzione applicata è conseguito il trasferimento d’ufficio;
3) la revisione possa essere chiesta dal magistrato al quale è stata applicata la sanzione disciplinare o, in caso di morte o di sopravvenuta incapacità di questi, da un suo prossimo congiunto che vi abbia interesse anche soltanto morale;
4) l’istanza di revisione sia proposta personalmente o per mezzo di procuratore speciale. Essa deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione specifica delle ragioni e dei mezzi di prova che la giustificano e deve essere presentata, unitamente ad eventuali atti e documenti, alla segreteria della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura;
5) nei casi previsti dai numeri 1.1) e 1.3), all’istanza debba essere unita copia autentica della sentenza penale;
6) la revisione possa essere chiesta anche dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione, alle condizioni di cui ai numeri 1) e 2) e con le modalità di cui ai numeri 4) e 5);
7) la sezione disciplinare acquisisca gli atti del procedimento disciplinare e, sentiti il Ministro della giustizia, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, l’istante ed il suo difensore, dichiari inammissibile l’istanza di revisione se proposta fuori dai casi di cui al numero 2), o senza l’osservanza delle disposizioni di cui al numero 4) ovvero se risulta manifestamente infondata; altrimenti, disponga il procedersi al giudizio di revisione, al quale si applicano le norme stabilite per il procedimento disciplinare;
8) contro la decisione che dichiara inammissibile l’istanza di revisione sia ammesso ricorso alle sezioni unite penali della Corte di cassazione;
9) in caso di accoglimento dell’istanza di revisione la sezione disciplinare revochi la precedente decisione;
10) il magistrato assolto con decisione irrevocabile a seguito di giudizio di revisione abbia diritto alla integrale ricostruzione della carriera nonché a percepire gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, rivalutati in base alla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati;
8. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 3, il Governo definisce la disciplina transitoria attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che, ai concorsi di cui alla lettera a) del comma 1 indetti fino al quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), siano ammessi anche coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all’anno accademico 1998-1999;
b) prevedere che il requisito della partecipazione al corso, previsto dalla lettera g), numeri 1) e 3), dalla lettera h), numero 17), dalla lettera i), numero 6), e dalla lettera l), numeri 3.1), 3.2), 4.1), 4.2), 7.1), 7.2), 9.1) e 9.2) del comma 1, possa essere richiesto solo dopo l’entrata in funzione della Scuola superiore della magistratura, di cui al comma 2;
c) prevedere che i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), entro il termine di tre mesi dalla predetta data, possano richiedere il mutamento delle funzioni nello stesso grado da giudicanti a requirenti e viceversa; l’effettivo mutamento di funzioni, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, si realizzerà nel limite dei posti vacanti individuati annualmente nei cinque anni successivi; che, ai fini del mutamento di funzioni, il Consiglio superiore della magistratura formerà la graduatoria dei magistrati richiedenti sulla base dell’eventuale anzianità di servizio nelle funzioni verso le quali si chiede il mutamento e, a parità o in assenza di anzianità, sulla base dell’anzianità di servizio; che la scelta nell’ambito dei posti vacanti avvenga secondo l’ordine di graduatoria e debba comunque riguardare un ufficio avente sede in un diverso circondario nell’ipotesi di esercizio di funzioni di primo grado e un ufficio avente sede in un diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale, nell’ipotesi di esercizio di funzioni di secondo grado; che il rifiuto del magistrato richiedente ad operare la scelta secondo l’ordine di graduatoria comporti la rinuncia alla richiesta di mutamento nelle funzioni;
d) prevedere che le norme di cui ai numeri 3.1), 3.2), 4.1) e 4.2) della lettera l) del comma 1 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, tredici anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;
e) prevedere che le norme di cui ai numeri 7.1), 7.2), 9.1) e 9.2) della lettera l) del comma 1 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, venti anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;
f) prevedere che ai magistrati di cui alle lettere d) ed e), per un periodo di tempo non superiore a tre anni a decorrere dalla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), e fatta salva la facoltà di partecipare ai concorsi, le assegnazioni per l’effettivo conferimento rispettivamente delle funzioni di appello giudicanti o requirenti e di quelle giudicanti o requirenti di legittimità siano disposte nell’ambito dei posti vacanti da attribuire a domanda previsti dal comma 1, lettera l), numeri 3), 4), 7) e 9), e sul 40 per cento dei posti che dovessero rendersi vacanti a seguito dell’accoglimento delle domande di tramutamento presentate dai magistrati che già esercitano funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado; che, decorso tale periodo, ai magistrati di cui alla lettera e), fatta salva la facoltà di partecipare ai concorsi per titoli ed esami, le assegnazioni per l’effettivo conferimento delle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità siano disposte, previo concorso per titoli ed a condizione che abbiano frequentato con favorevole giudizio l’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2, nell’ambito dei posti vacanti di cui al comma 1, lettera l), numeri 7.1) e 9.1); prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici semidirettivi e direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13) e 14), fermo restando quanto previsto dal comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, per i magistrati di cui alle lettere d) ed e) il compimento di tredici anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario equivalga al superamento del concorso per le funzioni di secondo grado; prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 15) e 16), fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, per i magistrati di cui alla lettera e) il compimento di venti anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario equivalga al superamento del concorso per le funzioni di legittimità; prevedere che i magistrati di cui alla lettera e) per un periodo di tempo non superiore a cinque anni e fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, possano ottenere il conferimento degli incarichi direttivi di cui al comma 1, lettera i), numeri 1), 2), 3), 4) e 5), anche in assenza dei requisiti di esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità o delle funzioni direttive giudicanti o requirenti di legittimità o delle funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità rispettivamente previsti nei predetti numeri;
g) prevedere, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, che i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), esercitano funzioni direttive ovvero semidirettive requirenti mantengano le loro funzioni per un periodo massimo di quattro anni, decorso il quale, senza che abbiano ottenuto l’assegnazione ad altro incarico o ad altre funzioni, ne decadano restando assegnati con funzioni non direttive nello stesso ufficio, eventualmente anche in soprannumero da riassorbire alle successive vacanze, senza variazioni dell’organico complessivo della magistratura;
h) prevedere che, in deroga a quanto previsto dal comma 1, lettera r), i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano compiuto il periodo di dieci anni di permanenza nell’incarico nello stesso ufficio, possano permanervi, nei limiti stabiliti dalla normativa vigente e dai commi 31 e 32, fermo restando che, una volta ottenuto il passaggio ad altro incarico o il tramutamento eventualmente richiesto, si applicano le norme di cui al citato comma 1, lettera r);
i) prevedere che ai posti soppressi ai sensi del comma 5, lettere a) e b), siano trattenuti i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione del comma 5 e che ad essi possano essere conferite dal Consiglio superiore della magistratura le funzioni di legittimità nei limiti dei posti disponibili ed in ordine di anzianità di servizio se in possesso dei seguenti requisiti:
1) necessaria idoneità precedentemente conseguita;
2) svolgimento nei sei mesi antecedenti la predetta data delle funzioni di legittimità per aver concorso a formare i collegi nelle sezioni ovvero per aver svolto le funzioni di pubblico ministero in udienza;
l) prevedere che ai posti soppressi ai sensi del comma 5, lettera b), siano trattenuti, in via transitoria, i magistrati di appello in servizio alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e), per i quali non sia stato possibile il conferimento delle funzioni di legittimità ai sensi della lettera i) del presente comma;
m) prevedere per il ricollocamento in ruolo dei magistrati che risultino fuori ruolo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a):
1) che i magistrati in aspettativa per mandato elettorale vengano ricollocati in ruolo secondo quanto previsto dal comma 1, lettera o);
2) che i magistrati fuori ruolo che, all’atto del ricollocamento in ruolo, non abbiano compiuto tre anni di permanenza fuori ruolo vengano ricollocati in ruolo secondo quanto previsto dal comma 1, lettera o), senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
3) che i magistrati fuori ruolo che, all’atto del ricollocamento in ruolo, abbiano compiuto più di tre anni di permanenza fuori ruolo vengano ricollocati in ruolo secondo la disciplina in vigore alla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
4) che per i magistrati fuori ruolo che abbiano svolto per non meno di tre anni gli incarichi di capo o vice capo di uno degli uffici di diretta collaborazione del Ministro della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 2001, n. 315, ovvero di capo, vice capo o direttore generale di uno dei dipartimenti del Ministero della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55, e che, all’atto del ricollocamento in ruolo, rivestano da almeno cinque anni la qualifica di magistrato dichiarato idoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina a magistrato di cassazione, lo svolgimento di detti incarichi costituisca titolo preferenziale per l’attribuzione, a loro domanda, da parte del Consiglio superiore della magistratura, delle funzioni di legittimità e per il conseguente ricollocamento in ruolo nei posti vacanti di consigliere della Corte di cassazione o di sostituto Procuratore generale della Procura generale presso la Corte di cassazione, ovvero per l’attribuzione delle funzioni di cui al comma 1, lettera e), numeri 5), 6), 7) e 8), e, se all’atto del ricollocamento in ruolo, rivestano da almeno cinque anni la qualifica di magistrato dichiarato idoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina alle funzioni direttive superiori, anche delle funzioni di cui al comma 1, lettera e), numeri 9), 10) e 13), senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
5) resta fermo per il ricollocamento in ruolo dei magistrati fuori ruolo in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;
n) prevedere che alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a):
1) ad eccezione di quanto previsto dal comma 1, lettera m), numeri 5) e 8), e lettera o), e in via transitoria dalla lettera m), numeri 1), 2) e 3), non sia consentito il tramutamento di sede per concorso virtuale;
2) che la disposizione di cui al numero 1) non si applichi in caso di gravi e comprovate ragioni di salute o di sicurezza;
3) che nel caso in cui venga disposto il tramutamento per le ragioni indicate al numero 2) non sia consentito il successivo tramutamento alla sede di provenienza prima che siano decorsi cinque anni.
9. È abrogato l’articolo 16, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, introdotto dall’articolo 34, comma 12, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
10. I magistrati in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dell’articolo 16, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, continuano a prestare servizio nella stessa sede e nelle stesse funzioni svolte fino al settantacinquesimo anno di età.
11. In deroga ai vigenti limiti temporali di durata dell’incarico previsti dall’articolo 76-bis, comma 3, dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, il magistrato preposto alla Direzione nazionale antimafia alla data di entrata in vigore della presente legge è prorogato fino al compimento del settantaduesimo anno di età nell’esercizio delle funzioni ad esso attribuite.
12. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo volto a disciplinare il conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità nonché degli incarichi direttivi e semidirettivi giudicanti e requirenti di primo e di secondo grado nel periodo antecedente all’entrata in vigore delle norme di cui alla lettera h), numero 17), e alla lettera i) numero 6), del comma 1, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità non possano essere conferiti a magistrati che abbiano meno di due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo prevista all’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, e che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo grado non possano essere conferiti a magistrati che abbiano meno di quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo prevista all’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511;
b) prevedere che detta disciplina sia adottata sulla base delle ordinarie vacanze di organico dei medesimi uffici direttivi e, comunque, entro il limite di spesa di 13.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005 e 8.000.000 di euro a decorrere dall’anno 2006.
13. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 12 si applica la disposizione di cui al comma 4 dell’articolo 1.
14. Le disposizioni di cui ai commi 9 e 10 si applicano anche ai magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, dei tribunali amministrativi regionali e della giustizia militare nonché agli avvocati e procuratori dello Stato.
15. Dall’attuazione dei commi 9, 10, 11 e 14 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
16. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti ad attuare su base regionale il decentramento del Ministero della giustizia. Nell’attuazione della delega il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) istituzione di direzioni generali regionali o interregionali dell’organizzazione giudiziaria;
b) competenza delle direzioni regionali o interregionali per le aree funzionali riguardanti il personale e la formazione, i sistemi informativi automatizzati, le risorse materiali, i beni e i servizi, le statistiche;
c) istituzione presso ogni direzione generale regionale o interregionale dell’organizzazione giudiziaria dell’ufficio per il monitoraggio dell’esito dei procedimenti, in tutte le fasi o gradi del giudizio, al fine di verificare l’eventuale sussistenza di rilevanti livelli di infondatezza giudiziariamente accertata della pretesa punitiva manifestata con l’esercizio dell’azione penale o con i mezzi di impugnazione ovvero di annullamento di sentenze per carenze o distorsioni della motivazione, ovvero di altre situazioni inequivocabilmente rivelatrici di carenze professionali;
d) riserva all’amministrazione centrale:
1) del servizio del casellario giudiziario centrale;
2) dell’emanazione di circolari generali e della risoluzione di quesiti in materia di servizi giudiziari;
3) della determinazione del contingente di personale amministrativo da destinare alle singole regioni, nel quadro delle dotazioni organiche esistenti;
4) dei bandi di concorso da espletarsi a livello nazionale;
5) dei provvedimenti di nomina e di prima assegnazione, salvo che per i concorsi regionali;
6) del trasferimento del personale amministrativo tra le diverse regioni e dei trasferimenti da e per altre amministrazioni;
7) dei passaggi di profili professionali, delle risoluzioni del rapporto di impiego e delle riammissioni;
8) dei provvedimenti in materia retributiva e pensionistica;
9) dei provvedimenti disciplinari superiori all’ammonimento e alla censura;
10) dei compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo degli uffici periferici.
17. Per gli oneri di cui al comma 16 relativi alla locazione degli immobili, all’acquisizione in locazione finanziaria di attrezzature e impiantistica e alle spese di gestione, è autorizzata la spesa massima di euro 2.640.000 per l’anno 2005 e di euro 5.280.000 a decorrere dall’anno 2006, cui si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2005 e 2006 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
18. Per gli oneri di cui al comma 16 relativi al personale valutati in euro 3.556.928 per l’anno 2005 e in euro 7.113.856 a decorrere dall’anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2005 e 2006 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione del presente comma, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge n. 468 del 1978.
19. In ogni caso, le disposizioni attuative della delega di cui al comma 16 non possono avere efficacia prima della data del 1º luglio 2005.
20. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 16 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 6 dell’articolo 1.
21. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la modifica della disciplina dell’articolo 10 della legge 13 aprile 1988, n. 117, e dell’articolo 9 della legge 27 aprile 1982, n. 186, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che i componenti elettivi del Consiglio di presidenza della Corte dei conti durino in carica quattro anni;
b) prevedere che i componenti elettivi di cui alla lettera a) non siano eleggibili per i successivi otto anni;
c) prevedere che per l’elezione dei magistrati componenti elettivi del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore abbia la facoltà di votare per un solo componente titolare e un solo componente supplente.
22. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 21 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 6 dell’articolo 1.
23. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro anni dalla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento giudiziario nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni legislative vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie.
24. Per l’emanazione del decreto legislativo di cui al comma 23 si applicano le disposizioni del comma 4 dell’articolo 1.
25. Il Governo provvede ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui al comma 23, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento giudiziario.
26. Il trasferimento a domanda di cui all’articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, e successive modificazioni, e di cui al comma 5 dell’articolo 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100, e successive modificazioni, si applica anche ai magistrati ordinari compatibilmente con quanto previsto dal comma 6, lettera p), con trasferimento degli stessi nella sede di servizio dell’appartenente alle categorie di cui al citato articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, o, in mancanza, nella sede più vicina e assegnazione a funzioni identiche a quelle da ultimo svolte nella sede di provenienza.
27. Le disposizioni di cui al comma 26 continuano ad applicarsi anche successivamente alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione del comma 1.
28. Le disposizioni di cui al comma 26 si applicano anche se, alla data della loro entrata in vigore ovvero successivamente alla data del matrimonio, il magistrato, esclusivamente in ragione dell’obbligo di residenza nella sede di servizio, non è residente nello stesso luogo del coniuge ovvero non è con il medesimo stabilmente convivente.
29. Il trasferimento effettuato ai sensi dei commi 26 e 28 non dà luogo alla corresponsione di indennità di trasferimento.
30. Dalle disposizioni di cui ai commi 26 e 28 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
31. All’articolo 7-bis, comma 2-ter, primo periodo, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, introdotto dall’articolo 57, comma 1, della legge 16 dicembre 1999, n. 479, le parole: «sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci anni».
32. All’articolo 57, comma 3, della legge 16 dicembre 1999, n. 479, e successive modificazioni, le parole: «sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci anni».
33. All’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l’articolo 86 è sostituito dal seguente:
«Art. 86. (Relazioni sull’amministrazione della giustizia). – 1. Entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario, Il Ministro della giustizia rende comunicazioni alle Camere sull’amministrazione della giustizia nel precedente anno e sulle linee di politica giudiziaria per l’anno in corso. Entro i successivi dieci giorni, sono convocate le assemblee generali della Corte di cassazione e delle Corti di appello, che si riuniscono, in forma pubblica e solenne, con la partecipazione dei procuratori generali e dei rappresentanti dell’avvocatura, per ascoltare la relazione sull’amministrazione della giustizia da parte del primo Presidente della Corte di cassazione e dei presidenti di corte di appello»;
b) l’articolo 89 è abrogato;
c) il comma 2 dell’articolo 76-ter è abrogato.
34. Nella provincia autonoma di Bolzano restano ferme le disposizioni dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione, in particolare il titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752.
35. Ai magistrati in servizio presso gli uffici aventi sede nella provincia autonoma di Bolzano, assunti in esito a concorsi speciali ai sensi degli articoli 33 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni contenenti le previsioni sulla temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi, nonché sulla durata massima dello svolgimento di un identico incarico presso il medesimo ufficio, in quanto compatibili con le finalità dello statuto di autonomia e delle relative norme di attuazione, anche tenendo conto delle esigenze di funzionamento degli uffici giudiziari di Bolzano. I predetti magistrati possono comunque concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi e semidirettivi, di uguale o superiore grado, nonché mutare dalla funzione giudicante a requirente, e viceversa, in sedi e uffici giudiziari posti nel circondario di Bolzano alle condizioni previste dal comma 1, lettera g), numeri da 1) a 6).
36. Alle funzioni, giudicanti e requirenti, di secondo grado, presso la sezione distaccata di Bolzano della corte d’appello di Trento, nonché alle funzioni direttive e semidirettive, di primo e secondo grado, giudicanti e requirenti, presso gli uffici giudiziari della provincia autonoma di Bolzano, si accede mediante apposito concorso riservato ai magistrati provenienti dal concorso speciale di cui all’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752.
37. Nella tabella A allegata al decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, alla voce relativa alla corte di appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano/Bozen – tribunale di Bolzano/Bozen;
a) nel paragrafo relativo al tribunale di Bolzano, le parole: «Lauregno/Laurein» e «Proves/Proveis» sono soppresse;
b) nel paragrafo relativo alla sezione di Merano, sono inserite le parole: «Lauregno/Laurein» e «Proves/Proveis».
38. Dopo l’articolo 1 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 133, è inserito il seguente:
«Art. 1-bis. – 1. È istituita in Bolzano una sezione distaccata della corte d’assise di appello di Trento, con giurisdizione sul territorio compreso nella circoscrizione del tribunale di Bolzano».
39. Per le finalità di cui al comma 1, lettera q), numeri 2) e 3), la spesa prevista è determinata in euro 1.231.449 per l’anno 2005 ed euro 2.462.899 a decorrere dall’anno 2006; per l’istituzione e il funzionamento delle commissioni di concorso di cui al comma 1, lettera l), numeri 5), 6), 8) e 10), nonché lettera m), numeri 9) e 10), è autorizzata la spesa massima di euro 323.475 per l’anno 2005 e euro 646.950 a decorrere dall’anno 2006.
40. Per le finalità di cui al comma 1, lettera t), è autorizzata la spesa massima di euro 1.000.529 per l’anno 2004 e di euro 2.001.058 a decorrere dall’anno 2005, di cui euro 968.529 per l’anno 2004 ed euro 1.937.058 a decorrere dall’anno 2005 per il trattamento economico del personale di cui al comma 1, lettera t), numero 2.1), nonché euro 32.000 per l’anno 2004 ed euro 64.000 a decorrere dall’anno 2005 per gli oneri connessi alle spese di allestimento delle strutture di cui al comma 1, lettera t), numero 2.2). Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
41. Per l’istituzione e il funzionamento della Scuola superiore della magistratura, di cui al comma 2, lettera a), è autorizzata la spesa massima di euro 6.946.950 per l’anno 2005 ed euro 13.893.900 a decorrere dall’anno 2006, di cui euro 858.000 per l’anno 2005 ed euro 1.716.000 a decorrere dall’anno 2006 per i beni da acquisire in locazione finanziaria, euro 1.866.750 per l’anno 2005 ed euro 3.733.500 a decorrere dall’anno 2006 per le spese di funzionamento, euro 1.400.000 per l’anno 2005 ed euro 2.800.000 a decorrere dall’anno 2006 per il trattamento economico del personale docente, euro 2.700.000 per l’anno 2005 ed euro 5.400.000 a decorrere dall’anno 2006 per le spese dei partecipanti ai corsi di aggiornamento professionale, euro 56.200 per l’anno 2005 ed euro 112.400 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al funzionamento del comitato direttivo di cui al comma 2, lettera l), euro 66.000 per l’anno 2005 ed euro 132.000 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al funzionamento dei comitati di gestione di cui al comma 2, lettera m).
42. Per le finalità di cui al comma 3, la spesa prevista è determinata in euro 303.931 per l’anno 2005 ed euro 607.862 a decorrere dall’anno 2006, di cui euro 8.522 per l’anno 2005 ed euro 17.044 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al comma 3, lettera a), ed euro 295.409 per l’anno 2005 ed euro 590.818 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al comma 3, lettere f) e g).
43. Per le finalità di cui al comma 5, la spesa prevista è determinata in euro 629.000 per l’anno 2005 ed euro 1.258.000 a decorrere dall’anno 2006.
44. Per le finalità di cui al comma 12 è autorizzata la spesa di 13.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005 e di 8.000.000 di euro a decorrere dall’anno 2006. Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 13.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005, l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia, e quanto a 8.000.000 di euro a decorrere dall’anno 2006, l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
45. Agli oneri indicati nei commi 39, 41, 42 e 43, pari a euro 9.434.805 per l’anno 2005 ed euro 18.869.611 a decorrere dall’anno 2006, si provvede:
a) quanto a euro 9.041.700 per l’anno 2005 ed euro 18.083.401 a decorrere dall’anno 2006, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2005 e 2006 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia;
b) quanto a euro 393.105 per l’anno 2005 ed euro 786.210 a decorrere dall’anno 2006, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, come rideterminata dalla tabella C allegata alla legge 24 dicembre 2003, n. 350.
46. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione dei commi 1, 2, 3 e 5, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge n. 468 del 1978.
47. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
48. In ogni caso, le disposizioni attuative dei princìpi e dei criteri direttivi di cui ai commi 1, lettere l), m) e q), 2, 3 e 5 non possono avere efficacia prima della data del 1º luglio 2005.
49. Il Governo trasmette alle Camere una relazione annuale che prospetta analiticamente gli effetti derivanti dai contratti di locazione finanziaria stipulati in attuazione della presente legge.
50. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
EMENDAMENTI DA 2.1 A 2.370
2.1
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera a).
Conseguentemente, al medesimo comma lettera b), alinea, sostituire le parole: «l’accesso in magistratura nelle funzioni giudicanti e nelle funzioni requirenti» con le seguenti: «l’ingresso in magistratura».
2.500
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI
Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:
«a) prevedere per l’ingresso in magistratura:
1) che vengano banditi annualmente due concorsi, uno per l’accesso alla magistratura giudicante ed uno per la magistratura requirente;
2) che ciascun concorso sia articolato in prove scritte ed orali nelle materie a contenuto generale e specifico in relazione alla carriera prescelta;
3) che la commissione di ciascun concorso sia nominata dal Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura e che sia composta:
a) per quanto riguarda il concorso di accesso alla magistratura giudicante, da giudici aventi almeno cinque anni di esercizio nelle funzioni di secondo grado in numero variabile fra un minimo di dodici ed un massimo di sedici e da docenti universitari nelle materie oggetto di esame fra un minimo di quattro ed un massimo di otto e che la funzione di presidente sia svolta da un magistrato che eserciti da almeno tre anni le funzioni di legittimità e quella di vicepresidente da un magistrato che eserciti funzioni di legittimità;
b) per quanto riguarda il concorso di accesso alla magistratura requirente, da pubblici ministeri aventi almeno cinque anni di esercizio nelle funzioni di secondo grado in numero variabile fra un minimo di dodici ed un massimo di sedici e da docenti universitari nelle materie oggetto di esame fra un mimo di quattro ed un massimo di otto e che la funzione di presidente sia svolta da un magistrato del pubblico ministero che eserciti da almeno tre anni le funzioni di legittimità e quella di vicepresidente da un magistrato del pubblico ministero che eserciti le funzioni di pubblico ministero».
2.2
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 1).
2.3
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera a), numero 1), sopprimere le parole da: «e che i candidati debbano indicare», fino alla fine del periodo.
Conseguentemente, sopprimere il numero 4).
2.501
Al comma 1, lettera a), numero 1), sopprimere le parole: «e che i candidati» fino alla fine del numero.
Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere il numero 4).
2.4
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera a), numero 1, sopprimere le parole da: «e che i candidati debbono indicare nella domanda» sino al termine.
2.5
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera a), numero 1) sopprimere le parole da: «e che i candidati debbano indicare» sino alla fine del numero.
2.6
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 2).
2.7
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 3).
2.8
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera a), numero 3), sostituire le parole: «previa delibera», con le seguenti : «su proposta vincolante».
2.502
Al comma 1, lettera a), numero 3), sostituire le parole: «professori universitari di prima fascia», con le seguenti: «professori universitari ordinari».
2.9
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 4).
2.10
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 4).
2.503
Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 4).
2.11
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 4) della lettera a).
2.12
CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera a), numero 4), sostituire le parole: «l’indicazione di cui al numero 1)» con le parole: «l’uditore debba indicare se intenda svolgere funzioni giudicanti o funzioni requirenti, e che tale indicazione, se confortata dal giudizio attitudinale espresso,».
2.13
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera b).
2.504
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI, MARINI
Al comma 1, sostituire la lettera b), con la seguente:
«b) prevedere che siano ammessi al concorso per l’accesso alla magistratura giudicante coloro che:
1) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed abbiano conseguito il diploma di idoneità presso la Scuola superiore delle professioni giudiziarie di cui al successivo articolo 3, stabilendo inoltre che il numero dei laureati da ammettere alla Scuola sia determinato in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per l’accesso alla carriera di giudice;
2) prevedere che ai concorsi banditi per l’accesso alla magistratura giudicante ed a quella requirente possano partecipare magistrati già nell’esercizio delle loro funzioni da almeno cinque anni ed avvocati con almeno cinque anni di professione previa frequentazione del corso di specializzazione di cui al secondo anno della S.S.P.G. ed il conseguimento del diploma di idoneità».
2.505
Al comma 1, lettera b), alinea, sostituire le parole da: «al concorso» fino alla fine della lettera, con le seguenti: «ai concorsi per magistrati giudicanti e ai concorsi per magistrati requirenti coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni».
2.14
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera b), alinea, sostituire le parole da: «al concorso» fino alla fine della lettera, con le seguenti: «ai concorsi per magistrati giudicanti e ai concorsi per magistrati requirenti coloro che siano in possesso di laurea in giurisprudenza».
2.15
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera b), primo periodo, sopprimere le parole: «nelle funzioni giudicanti e nelle funzioni requirenti».
2.16
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera b), sopprimere le parole: «nelle funzioni giudicanti e nelle funzioni requirenti».
2.17
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera b), numero 5, dopo le parole: «sanzionati», aggiungere le altre: «in misura non inferiore alla censura».
2.18
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera c).
2.19
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera c).
2.20
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere la lettera c).
2.21
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, sopprimere la lettera c).
2.1000/2
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera a).
2.1000/3
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera a).
2.1000/35
Alla lettera a), sostituire le parole da: «sostituire la lettera c)», fino alla fine della lettera a) con le seguenti: «sopprimere la lettera c)».
2.1000/4
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera b).
2.1000/36
Alla lettera b), sostituire le parole da: «sostituire il numero 5)», fino alla fine della lettera b) con le seguenti: «sopprimere il numero 5)».
2.1000/5
All’emendamento 2.1000 alla lettera b), dopo le parole: «per titoli e di quelli per» inserire le seguenti: «titoli ed».
2.1000/6
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera c).
2.1000/7
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera d).
2.1000/8
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera e).
2.1000/9
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera f).
2.1000/10
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera g).
2.1000/11
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera h).
2.1000/12
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera i).
2.1000/13
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera l).
2.1000/14
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera m).
2.1000/15
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera n).
2.1000/16
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera o).
2.1000/17
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera p).
2.1000/18
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera q).
2.1000/19
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera r).
2.1000/20
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera s).
2.1000/20a
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera t).
2.1000/37
Alla lettera t), sostituire le parole da: «numero 1)», fino alla fine della lettera t) con le seguenti: «sopprimere il numero 1)».
2.1000/21
All’emendamento 2.1000 alla lettera t), sostituire le parole: «un anno» con le seguenti: «tre mesi».
2.1000/22
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera u).
2.1000/23
All’emendamento 2.1000 alla lettera u), sostituire le parole: «un anno» con le seguenti: «tre mesi».
2.1000/24
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera v).
2.1000/38
Alla lettera v), sostituire le parole da: «numero 2)», fino alla fine della lettera v) con le seguenti: «sopprimere il numero 2)».
2.1000/25
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera z).
2.1000/26
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera aa).
2.1000/27
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera bb).
2.1000/28
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera cc).
2.1000/29
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera dd).
2.1000/1
All’emendamento 2.1000, dopo la lettera dd), inserire la seguente: «dd-bis) Sopprimere i commi 9 e 10».
2.1000/30
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera ee).
2.1000/31
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera ff).
2.1000/32
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera gg).
2.1000/33
All’emendamento 2.1000 alla lettera gg), sopprimere le parole: «in ruolo e fuori ruolo».
2.1000/34
All’emendamento 2.1000 alla lettera gg), dopo le parole: «fuori ruolo» aggiungere le seguenti: «, purché non abbiano svolto e non svolgano incarichi politici o siano componenti di assemblee elettive».
2.1000
IL GOVERNO
Apportare le seguenti modificazioni:
a) Al comma 1, sostituire la lettera c) con la seguente:
c) prevedere che, all’esito delle prove orali di cui alla lettera a), numero 2), se positivo, il candidato debba comunque sostenere un colloquio di idoneità psico-attitudinale all’esercizio della professione di magistrato, anche in relazione alle specifiche funzioni indicate nella domanda di ammissione.
b) Al comma 1, lettera f), sostituire il numero 5) con il seguente:
5) le modalità dei concorsi per titoli e di quelli per esami, scritti e orali, previsti dalla presente legge, nonché i criteri di valutazione, stabilendo, in particolare, che le prove scritte consistano nella risoluzione di uno o più casi pratici, aventi carattere di complessità e implicanti alternativamente o congiuntamente la risoluzione di rilevanti questioni probatorie, istruttorie e cautelari, relative alle funzioni richieste e stabilendo, altresì, che le prove orali consistano nella discussione del caso o dei casi pratici oggetto della prova scritta.
c) Al comma 1, lettera h), al numero 17, sopprimere i numeri «7, 8, 9, 10’.
d) Al comma 1, lettera l), numero 3.1), la parola: «40» è sostituita dalla parola: «30»
e) Al comma 1, lettera l), numero 3.2), la parola: «60» è sostituita dalla parola: «70».
f) Al comma 1, lettera l), numero 4.1), la parola: «40» è sostituita dalla parola: «30».
g) Al comma 1, lettera l), numero 4.2), la parola: «60» è sostituita dalla parola: «70».
h) Al comma 1, lettera l), numero 7.1), la parola: «60» è sostituita dalla parola: «70».
i) Al comma 1, lettera l), numero 7.2), la parola: «40» è sostituita dalla parola: «30».
l) Al comma 1, lettera 1), numero 9.1), la parola: «60» è sostituita dalla parola: «70».
m) Al comma l, lettera l), numero 9.2), la parola: «40» è sostituita dalla parola: «30».
n) Al comma l, lettera m), numero 1), dopo le parole: « e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione» inserire le parole: «qualora si tratti di funzioni direttive di secondo grado».
o) Al comma 1, lettera m), numero 2), dopo le parole: «dei consigli giudiziari» sopprimere le parole «e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione».
p) Al comma 1, lettera m), numero 11) sopprimere le parole: «, degli incarichi di capo o vice capo di uno degli uffici di diretta collaborazione del Ministro della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 2001, n. 315, ovvero di capo, vice capo o direttore generale di uno dei dipartimenti del Ministero della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55,».
q) Al comma 1, lettera r) aggiungere infine le seguenti parole: «prevedere che la presente disposizione non si applichi ai magistrati che esercitano funzioni di legittimità».
r) Al comma 2, lettera d), sostituire le parole: «dei quali almeno nove in un collegio giudicante e nove in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione» con le parole: «dei quali 7 mesi in un collegio giudicante, 3 mesi in un ufficio requirente di primo grado e 8 mesi in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione».
s) Al comma 3, sopprimere la lettera u).
t) Al comma 7, lettera b), numero 1), sostituire le parole: «due anni» con le parole: «un anno».
u) Al comma 7, lettera b), numero 2), sostituire le parole: «due anni» ovunque ricorrano, con le parole: «un anno».
v) Al comma 7, lettera e), numero 2), dopo le parole: «il Ministro della giustizia» inserire le parole: «, nell’ipotesi in cui abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero abbia chiesto l’integrazione della contestazione,».
z) Al comma 7, lettera e), numero 6), dopo le parole: «Ministro della giustizia,» inserire le parole: «nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione,».
aa) Al comma 7, lettera e), numero 7), dopo le parole: «copia degli atti del procedimento» inserire le parole: «, nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione,».
bb) Al comma 7, lettera e), numero 9), dopo le parole: «Ministro della giustizia» inserire le parole: «nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione,».
cc) Al comma 7, lettera f), numero 7), dopo le parole: «Ministro della giustizia,» inserire le parole: «nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione,».
dd) Al comma 8, lettera m) sopprimere il numero 4).
ee) Al comma 12, dopo le parole: «incarichi direttivi» sopprimere le parole: «e semidirettivi».
ff) Al comma 12, lettera a) dopo le parole: «primo grado» inserire le parole: «e di secondo grado».
«gg) dopo il comma 48, inserire il seguente:
"48-bis. Nelle more dell’attuazione della delega prevista al comma 21, per l’elezione dei componenti del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore può votare per un solo componente titolare e per un solo componente supplente; i voti eventualmente espressi oltre tale numero sono nulli"».
2.22
CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, sostituire la lettera c) con la seguente:
«c) prevedere che, in esito al tirocinio, l’assegnazione delle funzioni sia preceduta da un giudizio positivo, espresso anche in relazione alla funzione richiesta, che, sulla base di valutazioni periodiche e collegiali formulate durante il tirocinio, tenga conto altresì delle qualità di equilibrio maturità e responsabilità dimostrate dal soggetto;».
2.506
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI
Al comma 1, lettera c), sostituire le parole: «del concorso di cui alla lettera a) numero 2)», con le seguenti: «dei concorsi di cui alla lettera a), di cui al comma 1».
2.507
Al comma 1, lettera c), sopprimere le parole da: «anche», "fino alla fine della lettera.
2.23
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera d).
2.24
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera d), sopprimere il numero 2).
2.25
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera d), sostituire le parole: «sono stati già dichiarati non idonei per tre volte», con le seguenti: «abbiano sostenuto per due volte le prove scritte del concorso con esito sfavorevole».
2.508
Improponibile
Al comma 1, dopo la lettera d), aggiungere le seguenti:
«d-bis) prevedere che, dopo il tirocinio, i magistrati esercitino obbligatoriamente per tre anni la funzione giudicante in organi collegiali;
d-ter) prevedere che, decorso il triennio, ciascun magistrato scelga se esercitare la funzione giudicante o la funzione requirente, e che, previo parere motivato del consiglio giudiziario, ove vi sia una valutazione attitudinale favorevole da parte del Consiglio superiore della magistratura, la eserciti per almeno otto anni;
d-quater) prevedere che, in caso di rigetto della domanda, questa possa essere riproposta non prima di tre anni;
d-quinquies) prevedere che il magistrato, decorso il periodo degli otto anni di esercizio della funzione scelta, possa comunque concorrere ad uffici della funzione diversa da quella esercitata, stabilendo che nel passaggio da una funzione all’altra sia destinato ad una sede di distretto di corte d’appello diverso da quello nel quale ha esercitato le funzioni precedenti».
Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere le lettere f) e g).
2.26
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera e), sostituire i numeri da 1) a 15) con i seguenti:
«1) funzioni giudicanti e requirenti di merito, distinte in funzioni di primo e secondo grado;
2) funzioni giudicanti e requirenti di legittimità;
3) funzioni direttive superiori giudicanti e requirenti di legittimità».
2.27
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 1).
2.28
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 2).
2.29
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 3).
2.30
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 4).
2.31
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 5).
2.32
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 6).
2.33
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 7).
2.34
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera e), sostituire i numeri da 7) a 15) con il seguente:
«7) funzioni semidirittive requirenti di secondo grado».
Conseguentemente: al medesimo comma, lettera h): sostituire il numero 8) con il seguente:
«8) funzioni semidirettive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore aggiunto della Repubblica, cui possono accedere, previa valutazione ai sensi della lettera e), magistrati che abbiano superato le valutazioni periodiche di professionalità per il conferimento delle funzioni di secondo grado o il concorso per il conferimento delle funzioni di legittimità da non meno di tre anni, e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni,»;
sostituire il numero 10 con il seguente:
«10) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado quelle di avvocato generale presso la corte di appello, cui possono accedere, previa valutazione ai sensi della lettera e), magistrati che abbiano superato le valutazioni periodiche di professionalità per il conferimento delle funzioni di secondo grado o il concorso per il conferimento delle funzioni di legittimità da non meno di otto anni, e che abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;»;
all’articolo 9, comma 1, sopprimere la lettera l).
2.35
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 8).
2.36
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 9).
2.37
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera e), numero 9), sopprimere le seguenti parole: «e di primo grado elevato».
2.38
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 10).
2.39
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 13).
2.40
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 14).
2.41
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 15).
2.42
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 15).
2.43
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, dopo la lettera e), aggiungere le seguenti:
«e-bis) prevedere che all’esito del tirocinio i magistrati esercitino obbligatoriamente funzioni giudicanti per almeno tre anni, dei quali almeno un terzo in organi collegiali di primo grado e di appello ai quali sono assegnati anche in sovrannumero, ed escludendo per i primi diciotto mesi le funzioni di giudice per le indagini preliminari;
e-ter) prevedere che, decorso il triennio, ciascun magistrato scelga se esercitare la funzione giudicante o la funzione requirente, e che, ove sia espresso dal Consiglio superiore della magistratura un giudizio attitudinale favorevole, la eserciti per almeno cinque anni;
e-quater) prevedere che, decorso tale periodo, il magistrato possa concorrere a uffici della funzione diversa da quella esercitata solamente previa partecipazione ad un apposito corso di formazione presso la Scuola della magistratura, in esito al quale sia espressa una favorevole valutazione attitudinale;
e-quinquies) prevedere che la domanda sia accoglibile solamente se l’ufficio richiesto è ubicato in un diverso circondario, ovvero in un diverso distretto se si tratta di funzioni di secondo grado, e con esclusione del distretto competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura Penale, nel caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato.»
Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere le lettere g) e h).
2.44
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera f).
Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere la lettera i).
2.45
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera f).
2.46
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sostituire la lettera f) con le seguenti:
«f) prevedere che i magistrati siano sottoposti a valutazioni di professionalità ogni quadriennio dalla nomina, salvo la prima che si effettua dopo il compimento di un quinquennio, e la quarta che si effettua dopo un triennio dalla precedente;
f-bis) prevedere che la valutazione di professionalità debba riguardare la capacità, la laboriosità, la diligenza e l’impegno, nonché l’attitudine alla dirigenza, ove ricorrano circostanze atte a dimostrarla specificando gli elementi in base ai quali devono essere espresse le valutazioni da parte dei consigli giudiziari ed i parametri per conseguire omogeneità di valutazioni;
f-ter) prevedere che i magistrati i quali hanno superato la terza valutazione di professionalità, nei termini di cui alla lettera f-quater), possono concorrere per l’accesso alle funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado, alle funzioni semidirettive ed alle funzioni direttive giudicanti e requirenti di primo grado e i magistrati i quali hanno superato la quinta valutazione di professionalità, nei termini di cui alla lettera f-quater) possono concorrere per l’accesso alle funzioni di legittimità ed alle funzioni direttive giudicanti e requirenti di secondo grado;
f-quater) prevedere che all’inizio di ogni anno il Consiglio superiore della magistratura individui quanti posti concernenti funzioni di secondo grado, di legittimità, semidirettivi e direttivi siano stati messi a concorso nell’anno precedente; definisca a quanti magistrati possano essere attribuite le corrispondenti funzioni nell’anno in corso, in base al numero dei posti in tal modo individuati, incrementato del 50 per cento e proceda quindi alla valutazione di professionalità, sulla base del parere espresso dal Consiglio giudiziario, dei risultati delle ispezioni e di ogni altro utile elemento assegnando adeguato punteggio e formulando la conseguente graduatoria, nonché legittimi a concorrere alle funzioni di cui alla lettera f-ter) i magistrati che si sono classificati in posizione non inferiore al numero come sopra individuato e disponga che i magistrati, i quali siano stati valutati positivamente ma si siano classificati in posizione inferiore, possano essere di nuovo classificati nel quadriennio successivo;
f-quinquies) prevedere che la valutazione di professionalità possa concludersi con un giudizio non positivo quando risultino deficienti uno o più parametri di valutazione e che in tal caso il Consiglio proceda a nuova valutazione dopo un anno, previo parere del consiglio giudiziario. Ove tale secondo giudizio sia positivo, prevedere che il nuovo trattamento economico decorra solo dalla scadenza dell’anno;
f-sexies) prevedere che la valutazione di professionalità possa concludersi con un giudizio negativo quando risultino carenze gravi in uno o più dei parametri; che in tal caso il magistrato sia sottoposto a nuova valutazione dopo un biennio, previa partecipazione ad uno o più corsi di qualificazione; che ove segua un secondo giudizio negativo, il magistrato sia dispensato dal servizio, secondo quanto stabilito dall’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, così come modificato dalla presente legge».
Conseguentemente, alla lettera q), numero 2), sopprimere le parole: «, numero 2), prima parte» e al numero 3), sopprimere le parole: «, numero 3)».
2.47
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 1).
2.48
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 1) della lettera f).
2.49
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 2).
2.50
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera f), sostituire i numeri 2) e 3) con i seguenti:
«2) che, dopo dieci anni dall’ingresso in magistratura, i magistrati possano essere legittimati a svolgere funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado, previo giudizio di idoneità conseguito in seguito a concorso per titoli, bandito per un numero di posti corrispondente ai posti vacanti di secondo grado, maggiorato del 50 per cento;
3) che, dopo quindici anni dall’ingresso in magistratura, i magistrati possano essere legittimati a svolgere funzioni di legittimità, previo giudizio di idoneità conseguito in seguito a concorso per esame scritto e per titoli, bandito per un numero di posti corrispondente ai posti vacanti nelle funzioni di legittimità, maggiorato del 50 per cento;».
2.51
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sostituire il numero 2 della lettera f) come segue: «che, dopo tredici anni dall’ingresso in magistratura possano essere svolte funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado».
2.53
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 3 della lettera f).
2.54
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sostituire il numero 3, della lettera f), come segue: «che, dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, previo concorso per esami, scritti e orali, possono essere svolte funzioni di legittimità».
2.56
MARITATI, FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 1, lettera f), numero 3), sostituire la parole: «tre» con la seguente: «cinque».
2.57
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 4).
2.58
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 5).
2.59
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 5) della lettera f).
2.60
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera f), numero 5), sostituire le parole: «le modalità dei concorsi per titoli e per titoli ed esami, scritti ed orali, previsti dalla presente legge», con le seguenti: «le modalità dei concorsi previsti dalla presente legge».
2.61
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 6).
2.62
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 6) della lettera f).
2.63
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera g).
2.64
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 1).
2.65
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), sostituire i numeri da 1) a 6) con il seguente:
«1) il magistrato possa passare dalla funzione requirente a quella giudicante previa utile frequentazione di apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura».
2.509
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI, MARINI
Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 1) con il seguente:
«1) nel caso in cui i pubblici ministeri dopo cinque anni di effettivo esercizio professionale vogliano passare alla carriera dei giudici possano farlo con il concorso di cui all’articolo 2 con l’obbligo di esercitare le relative funzioni nell’ambito di un distretto di Corte di appello diverso da quello in cui si siano svolte le funzioni di pubblico ministero, che comunque non potrà coincidere con quello individuato a norma dell’articolo 11 codice di procedura penale».
2.66
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera g), numero 1), sostituire le parole: «entro il terzo anno», con le seguenti: «decorsi almeno cinque anni nell’esercizio delle funzioni giudicanti, alle quali si viene necessariamente assegnati dopo l’espletamento del periodo di tirocinio».
2.67
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 2).
2.510
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 2).
2.511
Al comma 1, lettera g), sopprimere i numeri 3), 4) e 5).
2.68
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 3).
2.512
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI, MARINI
Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 3) con il seguente:
«3) nel caso in cui i giudici dopo cinque anni di effettivo esercizio professionale vogliano passare alla carriera di pubblici ministeri possano farlo con il concorso di cui all’articolo 2 con l’obbligo di esercitare le relative funzioni nell’ambito di un distretto di Corte di appello diverso da quello in cui si siano svolte le funzioni di giudice, che comunque non potrà coincidere con quello di cui all’articolo 11 del codice di procedura penale».
2.69
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera g), numero 3), sostituire le parole: «entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio», con le seguenti: «decorsi almeno cinque anni di esercizio delle funzioni requirenti».
2.70
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 4).
2.513
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 4).
2.514
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 5).
2.71
FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), dopo il numero 5) inserire il seguente:
«5-bis) coloro che, avendo presentato rituale domanda per il passaggio di funzioni, non abbiano potuto ottenerne l’accoglimento per difetto di posti vacanti nella funzione richiesta, possano rinnovare la domanda, senza necessità di ulteriori requisiti, per i tre anni successivi, con priorità su ogni altro richiedente che, rispetto all’interessato, abbia un’anzianità di servizio minore o non maggiore di tre anni;».
2.72
BRUTTI MASSIMO, MARITATI, FASSONE, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), dopo il numero 5), inserire il seguente:
«5-bis) coloro che, avendo presentato rituale domanda per il passaggio di funzioni, non abbiano potuto ottenerne l’accoglimento per difetto di posti vacanti nella funzione richiesta, possano rinnovare la domanda, senza altri oneri, per i tre anni successivi;».
2.73
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 6).
2.74
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 6) con il seguente:
«6) non consentire più di due passaggi dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti, o viceversa, nel corso dell’intera carriera del magistrato».
2.515
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI, MARINI
Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 6) con il seguente:
«6) fuori dai casi indicati dai numeri 1 e 3 della lettera g) e, in via transitoria, dal comma 8, non sia consentito il passaggio dalla carriera giudicante a quella requirente e viceversa».
2.75
FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), numero 6), dopo le parole: «non sia consentito il passaggio» inserire le seguenti: «prima di otto anni trascorsi nell’esercizio della funzione».
2.76
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 7).
2.516
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 7).
2.77
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera h).
2.78
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 8).
2.79
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 8).
2.80
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 9), sostituire le parole da: «, previo concorso» fino alla fine del numero con le seguenti: «magistrati che abbiano superato apposita valutazione di professionalità».
2.81
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 9), sostituire le parole da: «, previo concorso» fino alla fine del numero con le seguenti: «magistrati che abbiano superato la quinta valutazione di professionalità».
2.82
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 10).
2.83
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 10).
2.84
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 11).
2.85
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 13).
2.86
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 13).
2.87
AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), ai numeri 13) e 14), sostituire le parole: «, di secondo grado da almeno otto anni» con le seguenti: «di legittimità da almeno cinque anni».
2.88
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 14).
2.89
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 14).
2.90
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 15).
2.91
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 15), sopprimere le seguenti parole: «, previo concorso per titoli,».
Conseguentemente, al medesimo comma, lettera m), numero 1), dopo le parole: «incarichi direttivi» aggiungere le seguenti: «di primo grado».
2.92
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 15), sostituire le parole da: «, previo concorso» fino alla fine, con le seguenti: «magistrati che abbiano superato apposita valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla lettera m)».
2.93
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 15), sostituire le parole da: «, previo concorso» fino alla fine del numero con le seguenti: «magistrati che abbiano superato la settima valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla lettera m)».
2.94
MARITATI, CALVI, AYALA, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), ai numeri 15 e 16), sostituire la parola: «cinque» con la seguente: «otto».
2.95
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 16).
2.96
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 16), sostituire le parole da: «, previo concorso» fino alla fine del numero con le seguenti: «magistrati che abbiano superato apposita valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla lettera m)».
2.97
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 16), sostituire le parole da: «, previo concorso» fino alla fine del numero con le seguenti: «magistrati che abbiano superato la settima valutazione di professionalità, abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni, e abbiano conseguito giudizio favorevole nella valutazione di cui alla lettera m)».
2.98
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 17).
2.100
FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 17), sopprimere le parole: «7), 8), 9)».
2.101
CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), numero 17) ed alla lettera i), numero 6), dopo le parole: «31 maggio 1946, n. 511», inserire le parole: «ovvero ancora due anni se la domanda è accompagnata dalla dichiarazione di voler permanere in servizio per i due ulteriori anni previsti dall’articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503».
2.102
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 18).
2.103
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera i).
2.104
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera i), sopprimere il numero 3).
2.105
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera i), sopprimere il numero 4).
2.106
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera i), sopprimere il numero 5).
2.107
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera i), sopprimere il numero 6).
2.108
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera i), numero 6), sopprimere le parole da: «, abbiano frequentato», fino alla fine del numero.
2.109
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera l).
2.110
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 1).
2.111
FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sostituire il numero 1) con il seguente:
«1) annualmente il Consiglio Superiore della Magistratura individui il numero e le sedi necessarie ad assicurare, ove possibile, il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 3); individui gli altri posti vacanti nella funzione giudicante, dei quali ritiene prioritario provvedere alla copertura, e li assegni, secondo merito e attitudini e previa acquisizione del parere motivato del Consiglio giudiziario, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di primo grado e ne abbiano fatto domanda; individui infine le sedi e le funzioni da destinare al bando di concorso di cui alla lettera a);».
Conseguentemente, alla medesima lettera l), sostituire il numero 2) con il seguente:
«2) annualmente il Consiglio Superiore della Magistratura individui il numero e le sedi necessarie ad assicurare, ove possibile, il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 1); individui gli altri posti vacanti nella funzione requirente, dei quali ritiene prioritario provvedere alla copertura, e li assegni, secondo merito e attitudini e previa acquisizione del parere motivato del Consiglio giudiziario, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di primo grado e ne abbiano fatto domanda; individui infine le sedi e le funzioni da destinare al bando di concorso di cui alla lettera a);».
2.112
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 2).
2.113
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera l), numero 2), sopprimere le parole: «ove possibile».
2.114
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera l), numero 2), sostituire le parole da: «ove possibile» «fino alla fine della lettera con le seguenti: «all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno cinque anni le funzioni giudicanti di primo grado, vengano assegnati, secondo l’anzianità di servizio, ai magistrati che ne facciano richiesta ai sensi della lettera g), numero 1)».
2.115
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 3).
2.116
FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), ai numeri 3) e 4) sopprimere la parola: «tutti».
2.117
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 3.1).
2.118
FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), al numero 3.1) ed al numero 4.1) sopprimere le parole: «per il 40 per cento».
Conseguentemente ai punti 3.2) e 4.2) sostituire le parole: «per il 60 per cento i» con le seguenti: «i restanti»; sopprimere le parole: «3.3) e 3.4)» e «4.3) e 4.4)» e ai numeri 3.5) e 4.5) sopprimere rispettivamente le parole: «3.3) e 3.4)» e «4.3) e 4.4)».
2.119
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l), n. 3.1), sopprimere le parole da: «di cui al comma 2», sino al termine.
2.120
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 3.2).
2.121
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) n. 3.2), sopprimere le parole da: «di cui al comma 2» sino al termine.
2.122
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.3).
2.123
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.3).
2.124
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.4).
2.125
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.4).
2.126
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.5).
2.127
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.5).
2.128
FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere i numeri «3.6)» e: «4.6)».
Conseguentemente, al numero 3.8) sostituire le parole: «dei numeri 3.6) e» con le seguenti: «del numero» ed al numero 4.8) sostituire le parole: «dei numeri 4.6) e» con le seguenti: «del numero».
2.129
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.6).
2.130
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.6).
2.517
Al comma 1, lettera l) numero 3.6), sostituire la parole: «due anni» con le seguenti: «tre anni».
2.131
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.7).
2.132
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.7).
2.133
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.8).
2.134
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 3.8).
2.135
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 4).
2.136
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l) sopprimere il numero 4.1).
2.137
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l), numero 4.1), sopprimere le parole da: «di cui al comma 2», sino al termine.
2.138
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.2).
2.139
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l), numero 4.2), sopprimere le parole da: «di cui al comma 2», sino al termine.
2.140
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.3).
2.141
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.3).
2.142
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 4.4) della lettera l).
2.143
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.4).
2.144
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 4.5) della lettera l).
2.145
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.5).
2.146
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 4.6) della lettera l).
2.147
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.6).
2.518
Al comma 1, lettera l), numero 4.6), sostituire le parole: «due anni» con le seguenti: «tre anni».
2.148
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 4.7) della lettera l).
2.149
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.7).
2.150
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 4.8) della lettera l).
2.151
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 4.8).
2.152
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 5 della lettera l).
2.153
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 5).
2.154
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 5 della lettera l).
2.155
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 6).
2.156
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 7 della lettera l).
2.157
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7).
2.158
FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sostituire i numeri 7), 7.1) e 7.2) con i seguenti:
«7) annualmente il Consiglio Superiore della Magistratura individui i posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità da destinare, previa acquisizione del parere motivato del Consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, ai magistrati che, esercitando attualmente funzioni direttive o semidirettive, chiedono, a causa della scadenza temporale delle attuali funzioni, di essere riassegnati alle funzioni di legittimità già in precedenza esercitate; individui quindi i posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità, dei quali ritiene necessaria la copertura, e li assegni nell’ordine con le seguenti modalità:
7.1) ai magistrati che esercitino o abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3), e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2);
7.2) ai magistrati che abbiano svolto diciotto anni di servizio nella magistratura e siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3);».
Conseguentemente, sopprimere i numeri 7.3) e 7.4) ed al numero 7.5) sopprimere le parole: «7.3) e 7.4)»; e sostituire i numeri 9), 9.1) e 9.2) con i seguenti:
«9) annualmente il Consiglio Superiore della Magistratura individui i posti vacanti nelle funzioni requirenti di legittimità da destinare, previa acquisizione del parere motivato del Consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, ai magistrati che, esercitando attualmente funzioni direttive o semidirettive, chiedono, a causa della scadenza temporale delle attuali funzioni, di essere riassegnati alle funzioni di legittimità già in precedenza esercitate; individui quindi i posti vacanti nelle funzioni requirenti di legittimità, dei quali ritiene necessaria la copertura, e li assegni nell’ordine con le seguenti modalità:
9.1) ai magistrati che esercitano o abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3), e che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2);
9.2) ai magistrati che abbiano svolto diciotto anni di servizio nella magistratura e siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, previsto dalla lettera f), numero 3);».
Conseguentemente, sopprimere i numeri 9.3) e 9.4) ed al numero 9.5) sopprimere le parole: «9.3) e 9.4)».
2.159
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.1).
2.160
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) numero 7.1) sopprimere le parole da: «di cui al comma 2» sino al termine.
2.161
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.2).
2.162
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l) numero 7.2) sopprimere le parole da: «di cui al comma 2» sino al termine.
2.163
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 7.3) della lettera l).
2.164
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 7.4) della lettera l).
2.165
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.4).
2.166
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 7.5) della lettera l).
2.167
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 7.5).
2.168
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 8).
2.169
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9).
2.170
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.1).
2.171
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.2).
2.172
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.3).
2.173
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.4).
2.174
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 9.5).
2.175
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), sopprimere il numero 10).
2.176
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, sopprimere il numero 11) della lettera l).
2.177
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera l), numero 11), dopo le parole: «sulla base di criteri oggettivi e predeterminati», aggiungere le seguenti: «sulla base di deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura».
2.519
Al comma 1, lettera l), numero 11), sopprimere le parole: «, degli esiti dei provvedimenti adottati».
2.178
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera l), n. 11, sopprimere le parole: «degli esiti dei provvedimenti adottati».
2.179
CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera l), n. 11), sopprimere le parole: «degli esiti dei provvedimenti adottati».
2.180
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera m).
2.181
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere i numeri 1) e 2).
2.182
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 1).
2.183
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sostituire i numeri 1) e 2) con il seguente:
«1) i concorsi per incarichi direttivi e semidirettivi consistono nella valutazione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa;».
2.184
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera m) n. 1), sopprimere le parole: «dei titoli».
2.186
CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera m) ai numeri 1) e 2), dopo le parole: «dei Consigli giudiziari e» inserire le seguenti: «nei casi di competenza,».
2.521
Al comma 1, lettera m), numero 1), sopprimere le parole da: «il Ministro della giustizia sia legittimato», fino alla fine del numero.
2.188
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera m), numero 1), sostituire le parole da: «Il Ministro della giustizia sia legittimato», fino alla fine del periodo, con le seguenti: «È esclusa la legittimazione del Ministro della giustizia all’impugnazione delle delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi».
2.189
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), numero 1), sostituire le parole da: «ricorrere in sede di giustizia amministrativa», con le seguenti: «sollevare conflitto di attribuzioni», e sopprimere le parole: «o la proroga», e le parole: «o con il parere».
2.522
Al comma 1, lettera m), numero 1), sopprimere le parole: «o la proroga».
2.190
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 2).
2.185
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera m), numero 2), sopprimere le parole: «dei titoli».
2.523
Al comma 1, lettera m), numero 2), dopo la parola: «acquisiti», aggiungere le seguenti: «, se necessario».
2.192
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 3).
2.193
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere le parole: «, acquisito il parere del Ministro della giustizia.
2.194
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 4).
2.195
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere le parole da: «ai fini», sino alle parole: «grado elevato».
2.196
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 5).
2.197
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), numero 5), sopprimere le parole da: «nella sede», sino alle parole: «bilancio dello Stato».
2.198
MARITATI, CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), numeri 5) ed 8), dopo le parole: «di originaria provenienza», inserire le seguenti: «anche in soprannumero, da riassorbirsi per effetto di successive vacanze».
2.199
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 6).
Conseguente, al numero 7), sopprimere le parole: «allo scadere del termine di cui al numero 6)» e sopprimere il numero 8).
2.200
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 6).
2.201
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 6).
2.529
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 6).
2.530
Al comma 1, lettera m), numero 6), sostituire le parole: «sei anni», con le seguenti: «otto anni».
2.531
Al comma 1, lettera m), numero 6), aggiungere, in fine, le parole: «che possono essere prorogati a domanda, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, per un periodo ulteriore di due anni».
2.202
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 7).
2.203
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 7).
2.204
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 8).
2.205
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 8).
2.206
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 9).
2.207
CALVI, MARITATI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera m) numero 9), sostituire le parole: «direttive giudicanti di legittimità» con le seguenti: «direttive giudicanti superiori» e le parole: «giudicanti di legittimità» con le altre: «direttive giudicanti» ed al numero 10) sostituire le parole: «direttive requirenti di legittimità» con le seguenti: «direttive requirenti superiori» e le parole: «requirenti di legittimità» con le altre: «direttive requirenti».
2.208
MARITATI, FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera m) numero 9), sostituire le parole: «da tre a cinque magistrati che esercitino le funzioni di legittimità» con le seguenti: «da un magistrato che eserciti le funzioni di legittimità, da due a quattro magistrati che esercitino funzioni direttive da almeno tre anni».
2.209
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 10).
2.210
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 11).
2.211
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), al numero 11) sopprimere le parole da: «fermo restando» sino alla fine del numero.
2.212
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera m), numero 11) sopprimere le parole da: «fermo restando il possesso» fino alla fine.
2.213
FASSONE, CALVI, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Al comma 1, lettera m), numero 11) sopprimere le parole da: «di uno degli uffici di diretta collaborazione» sino a: «D.P.R. 6 marzo 2001, n. 55».
2.214
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera m), numero 11) sopprimere le parole da: «nella valutazione dei titoli» sino al termine.
2.215
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera n), sopprimere la parola: «requirenti».
2.216
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera o).
2.217
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera o), sopprimere le parole: «senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato».
2.218
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera o), sostituire le parole: «se vacante, o in altra sede» con le parole: «anche in soprannumero».
2.219
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera o), sostituire le parole da: «salvo che il magistrato» sino alle parole: «dieci anni» con le parole: «in una sede diversa vacante all’interno della medesima regione».
2.220
AYALA, FASSONE, CALVI, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 1, lettera o), sostituire le parole da: «appartenente ad un distretto sito in una regione diversa» sino a: «è stato eletto» con le seguenti: «in un circondario diverso se esercitava una funzione di primo grado, o in distretto diverso se esercitava una funzione di secondo grado;».
2.221
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera p).
2.222
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera p), sopprimere il numero 2).
2.223
FASSONE, AYALA, CALVI, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 1, lettera p), al numero 2) sopprimere le parole: «ad eccezione dei magistrati che esercitino funzioni direttive requirenti di legittimità».
2.224
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera q), sopprimere il numero 2).
2.225
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera r), sopprimere le parole da: «prevedere che non possano» sino alla fine della lettera.
2.227
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera s), sopprimere il numero 3).
2.228
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 1, lettera s), al numero 3) sopprimere le parole da: «in coerenza» sino a: «delle attività».
2.229
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera s), numero 3), sostituire le parole da: «in coerenza» fino ad: «attività» con le seguenti: «, il potere di proporre, all’inizio di ogni anno giudiziario, al magistrato capo dell’ufficio la programmazione temporale delle udienze e delle altre attività giudiziarie, al fine di realizzare il più efficiente svolgimento delle stesse, nonché il potere di segnalare e proporre al magistrato capo dell’ufficio gli opportuni provvedimenti nel caso di rilevate inefficienze dell’ufficio giudiziario,».
2.230
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera s), numero 3), sostituire le parole: «con gli indirizzi del magistrato capo dell’ufficio» con le seguenti: «con gli indirizzi del Segretario Generale di cui alla lettera t)».
Conseguentemente, sostituire la lettera t) con la seguente:
t) prevedere che presso ogni Distretto di Corte di Appello sia istituita la figura del Segretario generale, cui è affidata la direzione dei servizi di segreteria e il potere di promuovere i provvedimenti che reputa opportuni al buon andamento dei rispettivi uffici. Ai dirigenti con funzioni di Segretario Generale rispondono direttamente tutti i Dirigenti Capo degli uffici di cancelleria o segreteria. Ai dirigenti con funzioni di Segretario Generale competono anche, secondo quanto previsto dall’art. 17, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le seguenti attribuzioni:
a) sovraintendono all’andamento di tutti gli uffici che compongono la struttura amministrativa;
b) propongono al Magistrato capo dell’ufficio giudiziario la programmazione temporale delle udienze e delle altre attività giudiziarie;
c) esercitano oltre ai poteri direttamente attribuiti per legge, i poteri delegati dai presidenti del Distretto di Corte di Appello, entro i limiti di valore o di materia da questi fissati con atto generale;
d) svolgono funzioni di indirizzo, di coordinamento e di vigilanza sugli uffici sottordinati nell’ambito delle strutture alle quali sono preposti;
e) provvedono all’adeguamento dell’orario di servizio e di apertura degli uffici al pubblico, nonchè all’articolazione dell’orario contrattuale di lavoro, previo eventuale esame con le organizzazioni sindacali.
2.231
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera t).
2.232
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera t), numero 1), sostituire le parole: «presso le corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo» con le seguenti: «presso ciascun distretto di Corte di Appello».
2.233
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 1, lettera t), numero 1), sopprimere le parole: «di Roma, Milano, Napoli e Palermo».
2.234
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera t), numero 1), sostituire le parole: «nominato dal Ministro della giustizia» con le seguenti: «nominato dal magistrato capo dell’ufficio giudiziario tra gli iscritti a un apposito Albo nazionale, cui si accede mediante concorso nazionale a cui possono partecipare candidati in possesso di diploma di laurea almeno quadriennale in discipline giuridiche ed economiche e che siano in possesso dell’abilitazione della Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione».
2.532
Al comma 1, lettera t), numero 1), sostituire le parole: «nominato dal Ministro» con le seguenti: «vincitore di specifico concorso per titoli ed esami indetto dal Ministero».
2.235
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 1, lettera t), numero 1), dopo le parole: «nominato dal Ministro della giustizia» inserire le seguenti: «di concerto con il magistrato capo dell’ufficio giudiziario».
2.236
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, lettera t), al numero 1), sopprimere le parole: «, di razionalizzazione ed organizzazione del loro utilizzo,»
2.237
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, lettera t), al numero 1), sopprimere le parole da: «, nonchè di pianificare il loro utilizzo» fino alla fine.
2.533
Al comma 1, lettera t), numero 1), sopprimere le parole: «e alle esigenze di carattere sociale nel rapporto tra i cittadini e la giustizia».
2.238
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, lettera t), al numero 1) dopo le parole: «tra i cittadini e la giustizia» aggiungere le parole: «, con esclusione di ogni e qualsivoglia compito di direzione dell’attività degli organi di polizia giudiziaria, che resta esclusivamente affidato a personale appartenente all’ordine giudiziario».
2.239
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 1, lettera t), numero 1), aggiungere il seguente periodo: «; sia attribuito, inoltre, al direttore tecnico il potere di proporre, all’inizio di ogni anno giudiziario, al magistrato capo dell’ufficio la programmazione temporale delle udienze e delle altre attività giudiziarie, al fine di realizzare il più efficiente svolgimento delle stesse; gli sia attribuito, infine, il potere di segnalazione e di proposta al magistrato capo dell’ufficio degli opportuni provvedimenti, nel caso di funzionamento non efficiente dell’ufficio giudiziario».
2.240
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, lettera t), numero 1), aggiungere, in fine, il seguente periodo: «prevedendo altresì che in caso di conflitto tra il direttore tecnico e personale appartenente all’ordine giudiziario sulle modalità di impiego e di utilizzo delle risorse umane e strumentali degli uffici giudicanti e requirenti, la questione sia risolta dal Consiglio superiore della magistratura che con propria deliberazione attribuisca caso per caso la competenza all’uno o all’altro organo».
2.241
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 1, lettera t), numero 1), aggiungere, in fine, il seguente periodo: «prevedendo comunque l’obbligo per il direttore tecnico di coordinare la propria attività con quella di natura specificamente giurisdizionale demandata al magistrato capo dell’ufficio».
2.242
CALVI, FASSONE, AYALA, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 1, lettera t), al numero 2.1) sostituire la cifra «11» con la cifra: «4», la cifra: «2» con la cifra: «1» e la cifra: «3» con la cifra: «1».
2.534
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI, MARINI
Sostituire il comma 2 con il seguente:
«2. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1 della lettera b), il governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
prevedere l’istituzione di una Scuola Superiore delle Professioni Giudiziarie struttura didattica stabilmente organizzata dal C.S.M. e dal C.N.F. preposta all’attività di formazione, tirocinio e aggiornamento professionale di uditori giudiziari, giudici, pubblici ministeri ed avvocati;
prevedere che la S.S.P.G. sia diretta da un comitato, della durata di quattro anni, composto da un giudice e da un pubblico ministero che esercitino funzioni di legittimità nominati dal C.S.M., da due avvocati con almeno quindici anni di esercizi della professione nominati dal C.N.F. e da tre professori universitari ordinari in materie giuridiche nominati dal Consiglio Universitario Nazionale;
prevedere che nell’ambito del comitato i membri nominano il Presidente;
prevedere che i membri del comitato non siano immediatamente rinnovabili e non possano far parte della commissione d'esame per l’ammissione alla Scuola;
prevedere che vengano istituite almeno tre sedi a competenza interregionale;
prevedere che a decorrere dalla entrata in funzione della S.S.P.G. annualmente siano svolte selezioni per la partecipazione ad un corso biennale di preparazione ai concorsi per l’ammissione alla carriera di giudice e di pubblico ministero ed all’esame di idoneità alla professione di avvocato;
prevedere che il primo anno del corso sia comune e che il secondo anno sia mirato all'approfondimento delle materie che caratterizzano le singole professioni giudiziarie ed alla formazione specifica degli aspiranti giudici, pubblici ministeri ed avvocati;
prevedere che alla fine del primo anno sia formulato un giudizio di idoneità e di ammissione al secondo anno;
prevedere che chi non superi la valutazione di idoneità al secondo anno possa ripetere, per non più di una volta, il primo anno di corso;
prevedere che alla fine del secondo anno di corso si consegua l’idoneità a partecipare ai concorsi di ammissione alla carriera di giudice, di pubblico ministero ed all’esame di abilitazione alla professione di avvocato;
prevedere la possibilità di ripetere per una sola volta il secondo anno di corso nel caso di negativa valutazione finale».
2.243
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 2 lettera b), sopprimere le parole: «in numero non superiore a cinquanta unità».
2.244
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 2, sopprimere la lettera d).
2.245
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 2, sostituire la lettera d), come segue:
«d) prevedere che il tirocinio abbia una durata di 18 mesi e sia articolato in sessioni di eguale durata presso la scuola superiore della magistratura e presso gli uffici giudiziari destinando gli ultimi tre mesi al tirocinio in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione».
2.246
FASSONE, CALVI, MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 2, lettera d), sostituire le parole da: «dei quali almeno» sino alla fine con le parole: «dei quali nove in uffici giudicanti monocratici e collegiali, tre in uffici requirenti e sei in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione;».
2.248
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 2, dopo la lettera e) inserire la seguente:
«e-bis) prevedere che nelle sessioni presso gli uffici giudiziari, tre mesi vengano destinati ad effettuare adeguati periodi di formazione presso studi di avvocato, settori qualificati della pubblica amministrazione, istituti penitenziari, istituti bancari o altre sedi formative, secondo quanto previsto dal regolamento per il tirocinio degli uditori giudiziari di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 luglio 1998».
2.249
FASSONE, CALVI, MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 2, dopo la lettera e) inserire la seguente:
«e-bis) prevedere che, in esito al tirocinio, l’assegnazione delle funzioni sia preceduta da un giudizio positivo, espresso anche in relazione alla funzione richiesta, che, sulla base di valutazioni periodiche e collegiali formulate durante il tirocinio, tenga conto altresì delle qualità di equilibrio, maturità e responsabilità dimostrate dal soggetto;».
2.255
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 2, lettera o), sostituire la parola: «cinque» con la parola: «quattro».
2.250
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 2 sopprimere la lettera p).
2.251
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 2 lettera t), dopo le parole: «ventottesimo anno dall’ingresso in magistratura» sopprimere le seguenti: «e che il passaggio rispettivamente alla quinta, alla sesta e alla settima classe stipendiale possa esser disposto solo in caso di valutazione positiva».
2.252
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 3, lettera f), sostituire la parola: «cinque», con la seguente: «sette».
2.253
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 3, dopo la lettera i), aggiungere la seguente:
«i-bis) prevedere che i componenti nominati dal Consiglio regionale non possano svolgere, o aver svolto, nei cinque anni precedenti, la professione di avvocato nell’ambito del distretto».
2.254
Al comma 3, lettera l), sopprimere le parole: «ed il presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo nel distretto».
2.256
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 3, lettera r), numero 2), sopprimere le parole da: «Ai fini sopra indicati», fino alla fine del periodo.
2.257
FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 3, lettera r), secondo periodo, sostituire le parole: «acquisire le motivate e dettagliate valutazioni del» con le seguenti: «comunicare al» e, aggiungere, in fine, al periodo le parole: «i nominativi dei magistrati in merito ai quali dovrà essere espresso il parere, affinché i predetti Consigli dell’Ordine forniscano, ove lo ritengano, ogni utile informazione e valutazione al loro riguardo, fondata su fatti specifici;».
2.258
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 3, lettera r), numero 2), dopo la parola: «acquisire» aggiungere le seguenti: «dandone espressamente atto nel parere».
2.259
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 3, sopprimere la lettera s).
2.260
FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 3 sopprimere la lettera u).
2.262
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 3 sopprimere la lettera v).
2.263
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 3 sopprimere la lettera z).
2.264
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Sopprimere il comma 4.
2.265
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 4, sostituire le lettere b) e c) con la seguente:
«b) prevedere che il procuratore della Repubblica sia coadiuvato nella gestione per il compimento di singoli atti, per la trattazione di uno o più procedimenti o per la gestione dell’attività di un settore d’affari da uno o più procuratori aggiunti, nominati dal Consiglio superiore della magistratura in un numero non superiore a quello risultante dalla proporzione di un procuratore aggiunto per ogni dieci sostituti procuratori addetti all’ufficio;».
2.266
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 4, sostituire la lettera c), con la seguente:
«c) prevedere che il Procuratore della Repubblica determini i criteri per l’organizzazione dell’Ufficio dei quali dovrà dare comunicazione al Consiglio Superiore della Magistratura; prevedere che il Procuratore della Repubblica possa determinare i criteri cui i procuratori aggiunti o i magistrati delegati ai sensi della lettera b) devono attenersi nell’adempimento della delega, con facoltà di revoca in caso di rilevante divergenza o di ripetute inosservanze dei criteri».
2.268
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 4, lettera c), sopprimere le parole da: «prevedere che il procuratore della Repubblica trasmetta al Procuratore generale presso la Corte di cassazione», fino alla fine della lettera.
2.267
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 4, lettera c), sopprimere le parole da: «prevedere che», sino a: «Consiglio superiore della magistratura».
2.270
FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 4, lettera c), dopo le parole: «prevedere che il procuratore della Repubblica trasmetta», inserire le altre: «al Consiglio Superiore della Magistratura e».
2.271
FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 4, lettera c), sostituire le parole: «al Procuratore Generale presso la Corte di cassazione», con le seguenti: «al Consiglio Superiore della Magistratura».
2.272
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 4, lettera c), sopprimere le parole: «che il provvedimento di revoca e le osservazioni vengano acquisiti nei relativi fascicoli personali;».
2.273
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 4, lettera c), sostituire le parole: «che il provvedimento di revoca e le osservazioni vengano acquisiti nei relativi fascicoli personali», con le seguenti: «che in casi di particolare gravità, ovvero, di reiterate revoche, il procuratore della Repubblica possa disporre l’inserimento del provvedimento di revoca nel fascicolo personale del magistrato».
2.269
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 4, lettera c), sopprimere l’ultimo periodo.
2.274
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 4, lettera c), sopprimere le parole: «e nella impostazione delle indagini».
2.275
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 4, lettera c), dopo le parole: «impostazione delle indagini», aggiungere le seguenti: «, nel rispetto dei principi di obbligatorietà dell’azione penale, di indipendenza e autonomia di ogni singolo magistrato nell’esercizio del proprio ufficio».
2.276
CALVI, FASSONE, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 4, sopprimere la lettera d).
2.277
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 4, lettera e), dopo la parola: «assenso», aggiungere le seguenti: «anche verbale».
2.278
FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 4, lettera e), sostituire le parole: «ovvero, limitatamente», con le seguenti: «nonchè», e la parola: «nelle», con le seguenti: «fatte salve le».
2.279
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 4, lettera f), sopprimere le parole da: «prevedere che il procuratore della Repubblica segnali obbligatoriamente al consiglio giudiziario», fino alla fine della lettera.
2.280
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 4, lettera f), sopprimere le parole da: «prevedere che il procuratore della Repubblica segnali», fino al termine».
2.281
MARITATI, FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 4, lettera f), sopprimere la parola: «obbligatoriamente».
2.282
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 4, lettera f), sostituire le parole: «consiglio giudiziario, ai fini di quanto previsto al comma 3, lettera r), numero 3)», con le seguenti: «ai titolari dell’azione disciplinare, qualora ne ricorrano i presupposti».
2.283
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 5, sostituire la lettera d), con la seguente:
«d) prevedere che il servizio prestato per almeno cinque anni presso l’ufficio del massimario e del ruolo consenta la nomina a posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità, purchè vi sia la previa valutazione favorevole del Consiglio superiore della magistratura espressa previa acquisizione del parere motivato del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, e sempre che tali magistrati abbiano un’anzianità non inferiore a quindici anni».
2.284
FASSONE, MARITATI, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), numero 1), aggiungere alla fine le parole: «ogni altra violazione del dovere di imparzialità».
2.285
FASSONE, MARITATI, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), numero 2), aggiungere alla fine le parole: «ogni altra rilevante violazione del dovere di correttezza».
2.286
FASSONE, MARITATI, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), numero 3), aggiungere alla fine le parole: «ogni altra rilevante violazione del dovere di diligenza».
2.287
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, lettera c), numero 4) dopo le parole: «i relativi provvedimenti» aggiungere le seguenti: «in presenza di tempo lavorativo a disposizione».
2.288
FASSONE, MARITATI, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), numero 4), aggiungere alla fine le parole: «ogni altra rilevante violazione del dovere di laboriosità;».
2.289
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera c), numero 5), sostituire l’ultimo periodo con il seguente: «pubbliche dichiarazioni o interviste che possano concretamente ledere l’ulteriore corso delle indagini relative a procedimenti in corso, ovvero la riservatezza dei soggetti interessati dal procedimento stesso».
2.290
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, lettera c), numero 5) dopo le parole: «in corso di trattazione» sopprimere le seguenti: «e che non siano stati definiti con sentenza passata in giudicato».
2.291
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera c), numero 6), sostituire le parole: «in relazione dell’attività del proprio ufficio», con le seguenti: «in violazione dei doveri di riservatezza».
2.292
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, lettera c), numero 6) sopprimere le parole da: « il sollecitare la pubblicità di notizie» fino al termine».
2.293
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera c), numero 6), sopprimere le parole: «ovvero il costituire e l’utilizzare canali informativi riservati o privilegiati».
2.294
BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), numero 6), sostituire le parole: «dei criteri di equilibrio» con le seguenti: «dei doveri di riservatezza».
2.295
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, sostituire la lettera c), numero 9) con la seguente:
«9) l’adozione per errore inescusabile di provvedimenti che costituiscano esercizio di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi ovvero ad altri organi costituzionali».
2.296
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera c), numero 9), sopprimere le parole: «provvedimenti abnormi ovvero di».
2.297
FASSONE, MARITATI, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), sopprimere il numero 10).
2.298
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, sostituire la lettera c), numero 10) con la seguente:
«10) l’emissione per errore inescusabile di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dai casi consentiti dalla legge».
2.299
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), sopprimere il numero 11).
2.300
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), al numero 11), aggiungere, in fine, il seguente periodo: «né quella di valutazione del fatto e delle prove».
2.301
FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 6, lettera c), numero 11), aggiungere, in fine, le parole: «né quella di valutazione del fatto e delle prove».
2.302
CALVI, FASSONE, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 6, lettera d), numero 5), dopo le parole: «essere indagati» inserire le seguenti: «presso qualsiasi ufficio, ovvero».
2.303
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 6, lettera d), sopprimere il numero 8).
2.304
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 6, lettera d), sostituire il numero 8) con il seguente:
«8) l’iscrizione o l’adesione a partiti o movimenti politici;».
2.305
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, sostituire la lettera d), numero 8), con la seguente:
«8) l’iscrizione a partiti politici».
2.306
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera d), n. 8 sopprimere le parole da: «ovvero» fino alla fine della lettera.
2.307
AYALA, CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 6, lettera d), numero 8), sopprimere le parole da: «ovvero il coinvolgimento», sino alla fine.
2.308
Al comma 6, lettera d), numero 8), sostituire le parole da: «ovvero», fino alla fine del comma, con le seguenti: «e la reiterata dimostrazione di assenza di equilibrio nello svolgimento dell’attività di ufficio, con necessario riferimento a comportamenti ed episodi specifici, come rilevata dal capo dell’ufficio giudiziario. Tali circostanze sono segnalate ai titolari dell’azione disciplinare ed al Consiglio superiore della magistratura per l’adozione dei provvedimenti di competenza».
2.309
Al comma 6, lettera d), numero 8), sostituire le parole da: «ovvero il coinvolgimento nelle attività», fino alla fine della lettera, con le seguenti: «, nonchè l’assunzione di atteggiamenti che offendano la moralità pubblica, tenuto conto dei doveri di probità, imparzialità e correttezza che devono caratterizzare la condotta del magistrato».
2.310
Al comma 6, lettera d), numero 8), sostituire le parole da: «il coinvolgimento nelle attività», fino alla fine della lettera, con le seguenti: «l’assunzione di atteggiamenti che offendano la moralità pubblica, in quanto contrastanti con le prescrizioni di codici di comportamento deontologico adottati dal Consiglio superiore della magistratura».
2.311
FASSONE, AYALA, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 6, lettera d), numero 8), sostituire le parole da: «nelle attività», sino alla fine, con le seguenti: «in attività che possano fondatamente condizionare l’esercizio indipendente e imparziale delle sue funzioni;».
2.312
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera h), sostituire il numero 4), con il seguente:
«4) il tenere comportamenti che costituiscano manifesta, reiterata e concreta violazione del dovere di imparzialità;».
2.313
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, lettera h), numero 11), sopprimere le parole da: «qualora per l’entità», fino al termine.
2.314
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera h), numero 11), sostituire le parole: «, qualora per l’entità e la natura dell’incarico il fatto non si appalesi di particolare gravità», con le seguenti: «fatta eccezione per gli incarichi compensati solo con gettoni di presenza o rimborsi delle spese sostenute e documentate dall’interessato».
2.315
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, lettera l), numero 2), sopprimere le parole da: «ovvero l’accettazione», fino al termine.
2.316
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 6, sostituire la lettera n), con la seguente:
«n) integrare il secondo comma dell’articolo 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, stabilendo che il trasferimento ad altra sede, o la destinazione ad altre funzioni, ivi previsti, avvengano secondo le norme procedurali che regolano il procedimento disciplinare di cui agli articoli 28 e seguenti dello stesso regio decreto legislativo, in quanto compatibili; prevedere altresì che, in caso di particolare urgenza, il trasferimento possa essere disposto anche in via cautelare e provvisoria; prevedere infine che la causa, anche incolpevole, legittimante l’intervento sia tale da impedire al magistrato di svolgere le sue funzioni, nella sede occupata, con piena indipendenza e imparzialità».
2.317
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera n), sostituire le parole: «o la destinazione ad altre funzioni», con le seguenti: «ovvero, qualora, per obiettivi motivi organizzativi, non sia possibile disporre il trasferimento, il collocamento del magistrato in posizione di aspettativa o di disponibilità per un periodo non superiore a sei mesi, con diritto al trattamento economico in godimento salvo che per gli emolumenti strettamente connessi alle presenze in servizio».
2.318
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera n), sostituire le parole: «o la destinazione ad altre funzioni», con le seguenti: «in presenza di evidenti motivate ragioni di opportunità circa la permanenza del magistrato nell’ufficio in considerazione del discredito che l’amministrazione stessa può ricevere da tale permanenza».
2.319
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera n), sostituire le parole: «o la destinazione ad altre funzioni», con le seguenti: «con attribuzione di funzioni corrispondenti a quelle svolte».
2.320
FASSONE, AYALA, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 6, lettera n), sostituire le parole: «solo per una causa incolpevole», con le seguenti: «per una causa incolpevole ovvero per una condotta sanzionata in sede disciplinare con l’ammonimento».
2.321
CALVI, FASSONE, AYALA, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 6, lettera n), seconda preposizione, sostituire la parola: «solo», con l’altra: «anche».
2.322
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera n), in fine, sopprimere le parole da: «prevedere che alla data di entrata in vigore del primo dei decreti legislativi», fino alla fine della lettera.
2.323
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, lettera n), aggiungere, in fine, il seguente periodo: «modificare le disposizioni di attuazione del codice di procedura penale in materia di determinazione della competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati, prevedendo che agli effetti di quanto stabilito dall’articolo 11 dello stesso codice il distretto di corte d’appello nel cui capoluogo ha sede il giudice competente sia determinato mediante sorteggio a cura della Corte di cassazione da effettuarsi in relazione ai singoli procedimenti».
2.324
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 6, lettera p), sopprimere le parole: «o di ufficiale o agente di polizia giudiziaria».
2.325
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 6, sopprimere la lettera q).
2.326
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, lettera b) n. 1, sostituire le parole: «due anni» con le seguenti: «un anno».
2.327
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera l), numero 1), sostituire le parole: «due anni» con le parole: «centoventi giorni».
2.328
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera b), numero 1), sostituire le parole: «due anni» con le parole: «sei mesi».
2.329
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 7, lettera b), numero 1), sostituire le parole: «due anni» con le parole: «sei mesi».
2.330
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 7, lettera b), numero 1), sostituire le parole: «due anni» con le parole: «tre mesi».
2.331
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera b), numero 1), sopprimere le parole: «o di segnalazione del Ministro della giustizia».
2.332
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 7, lettera b), numero 2), sostituire ovunque ricorrano le parole: «due anni» con le parole: «sei mesi» e le parole: «un anno» con le parole: «tre mesi».
2.333
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, lettera b), numero 2), sostituire le parole: «due anni» con le seguenti: «un anno» in entrambi i casi nei quali è utilizzata.
2.334
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera b), numero 2), sostituire le parole: «due anni» con le seguenti: «un anno» ovunque ricorra.
2.335
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera b), numero 2), sostituire ovunque le parole: «due anni» con le seguenti: «centoventi giorni».
2.336
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera b), numero 2), sostituire le parole: «un anno» con le seguenti: «centoventi giorni».
2.337
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 7, lettera c), al numero 2) sostituire le parole da: «il Procuratore generale» sino a: «l’azione disciplinare» con le seguenti: «il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione debba promuovere l’azione disciplinare»:
1) nei casi previsti dal comma 6, lettera c), numeri 1), 2), 3) e 4);
2) nei casi previsti dal comma 6, lettera d), numeri 3) e 7);
3) nei casi previsti dal comma 6, lettera e), numero 1);
4) nei casi previsti dall’articolo 9 della legge 21 aprile 1988 n. 117, per quanto non stabilito nei numeri precedenti;».
2.338
FASSONE, AYALA, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, ZANCAN
Al comma 7, lettera c), numero 2) sostituire le parole da: «il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione» fino a: «azione disciplinare» con le seguenti: «il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione fermo quanto previsto dal numero 1), quando a lui pervenga notizia di un fatto avente carattere di illecito disciplinare, eserciti l’azione disciplinare, ovvero, qualora non ne ravvisi gli estremi, adotti motivato provvedimento, in entrambi i casi».
2.535
Al comma 7, lettera c), numero 2) sostituire le parole: «abbia l’obbligo di esercitare l’azione disciplinare» con le parole: «abbia la facoltà di esercitare l’azione disciplinare».
2.339
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, lettera c), numero 2), sostituire le parole: «abbia l’obbligo» con le seguenti: «possa esercitare».
2.340
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera d), numero 3), sopprimere le parole: «; si applica comunque quanto previsto dall’articolo 133 del codice di procedura penale».
2.341
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera d), numero 3), sopprimere le parole da: «prevedere che il Procuratore generale presso la Corte della cassazione», sino alla fine del numero.
2.342
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 7, lettera d), numero 3), sostituire le parole: «possa acquisire atti coperti da segreto investigativo senza che detto segreto possa essergli opposto», con le seguenti: «possa chiedere all’Autorità giudiziaria procedente di acquisire atti coperti da segreto investigativo, ferma restando la facoltà dell’Autorità giudiziaria di opporre l’essenzialità di tali atti allo svolgimento delle indagini».
2.343
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera d), numero 3), dopo le parole da: «possa acquisire», inserire le seguenti parole: «, previa richiesta motivata e circostanziata, inviata per conoscenza al Consiglio Superiore della Magistratura,».
2.344
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera d), numero 3), dopo le parole: «senza che detto segreto possa essergli opposto» inserire le seguenti: «salvi i limiti posti dall’articolo 335 del codice di procedura penale».
2.345
CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 7, lettera d), numero 3), ultima proposizione, sostituire le parole: «per un periodo non superiore a dodici mesi» con le seguenti: «sino a quando permanga il pericolo di grave pregiudizio alle indagini».
2.346
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, lettera d), numero 3) sopprimere le parole da: «e sospenda il procedimento» sino al termine».
2.347
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera e), sopprimere il numero 2).
2.348
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 7, lettera e), sopprimere il numero 2).
2.349
CALVI, FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Al comma 7, lettera e), sopprimere il numero 2).
2.350
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, sopprimere il numero 2) della lettera e).
2.351
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 7, lettera e), sostituire il numero 2) con il seguente:
«2) qualora il Ministro della giustizia abbia promosso l’azione disciplinare, in caso di richiesta di declaratoria di non luogo a procedere, abbia facoltà di produrre una memoria entro dieci giorni. Il Consiglio superiore della magistratura decide in camera di consiglio, sentite le parti».
2.353
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera e), numero 5) sopprimere le parole: «e al Ministro della giustizia».
Conseguentemente, sopprimere i numeri 9) e 10).
2.356
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera e), sopprimere il numero 9).
2.357
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, sopprimere il numero 9) della lettera e).
2.359
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera e), numero 9) sopprimere le parole da: «il quale può esercitare» fino alla fine del numero».
Conseguentemente, sopprimere il numero 10).
2.360
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera e), sopprimere il numero 10).
2.361
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, sopprimere il numero 10) della lettera e).
2.362
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, lettera f), numero 3), sopprimere le parole: «e del delegato del Ministro della giustizia».
2.363
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 7, lettera f), numero 3), sopprimere le parole: «; resta fermo quanto previsto dall’articolo 133 del codice di procedura penale».
2.364
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 7, lettera f), numero 4), sopprimere le parole: «del delegato del Ministro della giustizia».
2.366
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Dopo il comma 7 inserire il seguente:
«7-bis. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera g), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) prevedere che semestralmente, a cura del Consiglio Superiore della Magistratura, sia reso noto l’elenco degli incarichi extra-giudiziari il cui svolgimento è stato autorizzato dal Consiglio stesso, indicando l’ente conferente, l’eventuale compenso percepito, la natura e la durata dell’incarico e il numero degli incarichi precedentemente assolti dal magistrato nell’ultimo triennio;
b) prevedere che analoga pubblicità semestrale sia data, per i magistrati di relativa competenza, dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, dal Consiglio di presidenza della Corte dei conti, dal Consiglio Superiore della Magistratura militare e dal Ministero della giustizia relativamente agli avvocati e procuratori dello Stato;
c) prevedere che la pubblicità di cui ai numeri precedenti sia realizzata mediante pubblicazione nei bollettini periodici dei rispettivi Consigli e Ministero».
2.536
Al comma 8, lettera c), sopprimere le parole: «nei cinque anni successivi».
2.367
MARITATI, FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Al comma 8, lettera c), ultima proposizione, dopo le parole: «secondo l’ordine di graduatoria» inserire le seguenti: «, manifestato per più di due volte,».
2.368
FASSONE, MARITATI, CALVI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Al comma 8, lettera g), dopo le parole: «per un periodo massimo di quattro anni» inserire le seguenti: «prorogabili di ulteriori due anni, se non le esercitavano da almeno due anni, acquisito in tal caso il parere del Ministro della giustizia e previa valutazione positiva da parte del Consiglio Superiore della Magistratura,».
2.369
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 8, sopprimere il numero 4), della lettera m).
2.370
FASSONE, MARITATI, CALVI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Al comma 8, lettera m), sopprimere il numero 4).
S2.1
IL GOVERNO
Stralciare i commi 9, 10 e 14.
EMENDAMENTI DA 2.372 A 2.538
2.372
Sopprimere i commi 9 e 10.
2.374
Sopprimere i commi 10 e 11.
2.376
Sostituire il comma 10 con il seguente:
«10. Tutti i magistrati sono collocati a riposo al compimento del settantaduesimo anno di età. I magistrati in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi del comma 1-bis, dell’articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, sono collocati a riposo al compimento del settantaquattresimo anno di età».
2.378
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Al comma 10, sostituire le parole: «continuano a prestare servizio nella stessa sede e nelle stesse funzioni svolte al settantacinquesimo anno di età», con le seguenti: «sono collocate a riposo entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge».
2.379
CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Sopprimere il comma 11.
2.380
CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, AYALA, ZANCAN
Sopprimere il comma 12.
2.383
AYALA, CALVI, FASSONE, MARITATI, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Al comma 16, sopprimere la lettera c).
2.384
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 16, lettera c), sostituire la lettera con la seguente:
c) al fine di razionalizzare l’organizzazione degli uffici giudiziari e consentire un’efficiente allocazione delle risorse sulla base dei carichi di lavoro rilevati, prevedere l’istituzione di un’anagrafe informatica nazionale dei procedimenti giudiziari, istituita presso il Ministero della giustizia che la gestisce nel pieno rispetto della riservatezza dei soggetti interessati, adottando gli opportuni standard di sicurezza nella conservazione dei dati. Tale anagrafe consente il monitoraggio costante dell’andamento di ciascun procedimento dall’avvio fino alla conclusione e prevede:
a) l’iscrizione di ogni procedimento giudiziario in materia civile e penale;
b) l’indicazione dei singoli procedimenti esclusivamente attraverso il numero di ruolo, con esclusione di ogni indicazione nominativa delle parti;
c) la registrazione di ogni passaggio procedimentale, con evidenziazione della durata complessiva del procedimento, dei tempi compresi tra un atto ed il successivo, dell’esito del procedimento nonché dell’eventuale riforma od annullamento delle pronunce in sede di impugnazione;
d) la possibilità di accesso ai soli soggetti aventi un interesse qualificato.
2.385
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Al comma 16, lettera c), sostituire la lettera con la seguente:
c) al fine di razionalizzare l’organizzazione degli uffici giudiziari e consentire un’efficiente allocazione delle risorse sulla base dei carichi di lavoro rilevati, prevedere l’istituzione di un’anagrafe informatica nazionale dei procedimenti giudiziari, istituita presso il Ministero della giustizia che la gestisce nel pieno rispetto della riservatezza dei soggetti interessati, adottando gli opportuni standard di sicurezza nella conservazione dei dati. Tale anagrafe consente il monitoraggio costante dell’andamento di ciascun procedimento dall’avvio fino alla conclusione e prevede:
a) l’iscrizione di ogni procedimento giudiziario in materia civile e penale;
b) l’indicazione dei singoli procedimenti esclusivamente attraverso il numero di ruolo, con esclusione di ogni indicazione nominativa delle parti;
c) la registrazione di ogni passaggio procedimentale, con evidenziazione della durata complessiva del procedimento, dei tempi compresi tra un atto ed il successivo, dell’esito del procedimento nonché dell’eventuale riforma od annullamento delle pronunce in sede di impugnazione;
d) la possibilità di accesso ai soli soggetti aventi un interesse qualificato;
e) trasmissione mensile ai capi degli uffici giudiziari dell’elenco dei procedimenti di competenza dei rispettivi uffici per i quali presso l’anagrafe non si registrato un avanzamento in un arco temporale di sei mesi.
2.386
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 16, sostituire la lettera c), con la seguente:
c) istituire presso ogni direzione generale o interregionale dell’organizzazione giudiziaria l’ufficio del monitoraggio dell’esito dei procedimenti in ogni fase e grado.
2.387
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Al comma 33 sopprimere la lettera a).
2.388
MARITATI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, CALVI, FASSONE, ZANCAN
Al comma 33, sopprimere la lettera a).
2.389
BRUTTI MASSIMO, AYALA, CALVI, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Al comma 33, lettera a), capoverso «Art. 86», comma 1, sopprimere il primo periodo e al secondo periodo sostituire le parole: «Entro i successivi dieci giorni» con le parole: «Entro il ventesimo giorno di ciascun anno giudiziario,».
2.537
Al comma 33, lettera a), capoverso «Art. 86» sopprimere le parole: «e sulle linee di politica giudiziaria per l’anno in corso».
2.538
Al comma 33, lettera a), capoverso «Art. 86» sostituire le parole: «e sulle linee di politica giudiziaria per l’anno in corso» con le seguenti: «e sulle linee guida di natura amministrativa ed organizzativa dell’amministrazione della giustizia per l’anno in corso».
2.600
IL GOVERNO
Ritirato
Al comma 33, lettera a), dopo le parole: «e dei presidenti di corte di appello» è aggiunto il seguente periodo: «al termine della relazione svolgono, altresì, analogo intervento il Procuratore generale e il rappresentante dell’avvocatura.».
EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 2
2.0.1
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Dopo l’articolo 2, inserire il seguente:
«Art 2-bis.
(Istituzione in via sperimentale dell’ufficio del giudice)
1. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 2, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che l’ausiliario del giudice, sotto la diretta responsabilità del magistrato cui è assegnato e in rapporto fiduciario con il medesimo:
1) svolga attività di ricerca della dottrina e dei precedenti giurisprudenziali, anche di merito;
2) presti assistenza al magistrato nell’organizzarne l’attività in vista dell’udienza e nel coordinamento degli adempimenti istruttori;
3) abbia la facoltà di presenziare all’udienza e di esaminare gli atti;
4) collabori all’espletamento degli adempimenti che incombono al giudice, successivi alla pronuncia della sentenza;
5) collabori con il giudice, svolgendo le attività da questi richieste, al fine di procurare, in via generale, che egli sia alleviato da tutti gli incombenti che non riguardino lo stretto esercizio della funzione giurisdizionale;
b) fermo restando quanto previsto alla lettera a), escludere che l’attività dell’ausiliario possa includere compiti che rientrino nelle attribuzioni di altri uffici;
c) prevedere che l’organico degli ausiliari del giudice sia stabilito in 2.250 unità;
d) prevedere che l’assegnazione degli ausiliari sia distribuita fra gli uffici giudiziari in proporzione all’organico dei magistrati di ciascun distretto di corte d’appello e che l’assegnazione dei medesimi fra i magistrati del distretto avvenga sulla base delle determinazioni del presidente della corte d’appello, sentito il consiglio giudiziario;
e) prevedere che l’ausiliario sia assegnato, a cura dei soggetti di cui alla lettera d), sulla base dei carichi di lavoro e delle altre oggettive esigenze dell’ufficio, ai soli magistrati che ne fanno espressa richiesta;
f) prevedere che l’incarico di ausiliario del giudice abbia durata biennale e sia rinnovabile per una sola volta;
g) prevedere che la stipulazione dei contratti per l’assunzione e la gestione amministrativa degli ausiliari del giudice sia svolta dai presidenti di corte d’appello di ciascun distretto; stabilire inoltre che i presidenti di corte d’appello possano, agli stessi effetti, delegare un altro magistrato componente del consiglio giudiziario;
h) prevedere che gli ausiliari del giudice siano scelti fra coloro che hanno conseguito, con una votazione non inferiore a 108/110, la laurea specialistica per la classe delle scienze giuridiche sulla base degli ordinamenti didattici adottati in esecuzione del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509;
i) prevedere che i presidenti delle corti d’appello provvedano, mediante affissione nell’albo pretorio ed ogni altra forma di pubblicità ritenuta idonea, anche avvalendosi della collaborazione delle facoltà di giurisprudenza delle università e delle altre strutture di formazione giuridica, a dare avviso agli interessati della possibilità di presentare domanda per l’assunzione come ausiliari del giudice; le domande devono pervenire entro sessanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso; i presidenti delle corti d’appello deliberano quindi le assunzioni e stipulano i relativi contratti, valutando a tal fine come titoli preferenziali:
1) la votazione con cui è stata conseguita la laurea e la media dei voti ottenuti negli esami universitari;
2) il conseguimento di lauree in altre discipline;
3) le pubblicazioni prodotte dall’interessato al momento della presentazione della domanda;
4) la compiuta conoscenza di una o più lingue straniere;
5) la conoscenza delle tecnologie informatiche e delle modalità di funzionamento di strumenti informatici e telematici;
6) l’aver eventualmente svolto la pratica forense o conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni;
7) l’aver conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162;
I) prevedere che lo svolgimento delle funzioni di ausiliario del giudice sia equiparato, ad ogni effetto di legge, allo svolgimento della pratica forense e al conseguimento del diploma rilasciato dalle scuole di specializzazione di cui alla lettera i), numero 6), nonché costituisca titolo preferenziale per l’accesso alle funzioni giudiziarie onorarie;
m) prevedere, anche mediante attribuzione al Ministro della giustizia dell’obbligo di provvedervi con proprio decreto, che i criteri di valutazione dei titoli preferenziali, a parità dei quali vigerà il principio della priorità della domanda, siano definiti preventivamente in via generale;
n) prevedere che i contratti di cui alla lettera g) contemplino la previsione di una retribuzione annua articolata su tredici mensilità ciascuna di importo pari a euro 1.032, al netto delle imposte e degli oneri previdenziali, e che la stessa non sia soggetta a scatti in relazione all’anzianità per l’intera durata dei contratti stessi, ma solo a rivalutazione su base annua in misura pari alla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati; prevedere che gli stessi contratti contemplino altresì la corresponsione di un trattamento di fine rapporto.
2. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede mediante l’istituzione di una imposta pari al 3 per cento della massa attiva risultante dalle procedure concorsuali chiuse nell’anno.
3. La somna derivante dal gettito dell’imposta di cui al comma 2, versata all’entrata del bilancio dello Stato, è riassegnata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ad un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia.
4. Le disposizioni dei commi 2 e 3 acquistano efficacia contestualmente al decreto legislativo di al comma 2 dell’articolo 1 e cessano di avere efficacia allo scadere del periodo sperimentale ivi previsto».
2.0.500
Dopo l’articolo 2, inserire il seguente:
«Art 2-bis.
1. In deroga a quanto previsto dall’articolo 2, comma 1, lettera b), sono ammessi al concorso per l’ingresso in magistratura coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, se iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all’anno accademico 1998-1999».
EMENDAMENTO AL TITOLO DEL DISEGNO DI LEGGE
TIT. 1
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Nel titolo, sopprimere le parole comprese tra «per il decentramento del Ministero», fino a: «Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa» .
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
|
|
684a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
|
(Antimeridiana) |
|
Presidenza
del vice presidente SALVI,
|
(omissis)
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1296-B) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico (Approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati)
(1262) COSSIGA. – Delega al Governo per il decentramento dei servizi della giustizia, per la riorganizzazione degli uffici giudiziari e per l’istituzione dell’assistente legale-giuridico
(2457) MAGNALBO’ ed altri. – Istituzione del ruolo del funzionario giudiziario
(2629) COSSIGA. - Esame per la valutazione della capacità mentale sotto il profilo psichiatrico e della idoneità psicologica a esercitare le funzioni di magistrato dell’ordine giudiziario
(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1296-B, già approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati, 1262, 2457 e 2629.
Ricordo che, ai sensi dell'articolo 104 del Regolamento, oggetto della discussione e delle deliberazioni saranno soltanto le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati, salvo la votazione finale.
Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 1296-B, nel testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati.
Ricordo che sono stati accantonati gli emendamenti 1.11, 1.12 e 1.13, e conseguentemente l’articolo 1, e che nella seduta pomeridiana di ieri ha avuto inizio la votazione degli emendamenti presentati all’articolo 2.
Passiamo alla votazione dell’emendamento 2.1.
Verifica del numero legale
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, dopo l'esortazione assai accorata che il Ministro della giustizia ha rivolto in Aula alla sua maggioranza, pregandola di essere presente per votare una riforma alla quale il ministro Castelli e la stessa maggioranza tengono moltissimo, ci sembra opportuno, per apprezzare le parole del Ministro e constatare quanto siano considerate dalla sua maggioranza, chiedere la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 9,48, è ripresa alle ore 10,08).
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn.1296-B,1262,2457 e2629
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, riprendiamo i nostri lavori.
Essendo ora presente il relatore sul disegno di legge n. 3135, potremo procedere all'incardinamento del provvedimento stesso nel corso di questa seduta.
Prima però dobbiamo effettuare la votazione dell'emendamento 2.1.
Verifica del numero legale
PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 10,10, è ripresa alle ore 10,30).
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn.1296-B,1262,2457 e2629
PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
Passiamo nuovamente alla votazione dell’emendamento 2.1.
Verifica del numero legale
PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
AYALA (DS-U). Chiudere!
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la verifica del numero legale.
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento 2.1, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
A questo punto procediamo all'incardinamento il disegno di legge n. 3135.
Discussione del disegno di legge:
(3135) Conversione in legge del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, recante interventi urgenti in materia di politiche del lavoro e sociali (Relazione orale)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3135.
Il relatore, senatore Vanzo, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.
Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.
VANZO, relatore. Signor Presidente, scusandomi per il disguido recato ai lavori dell’Assemblea, se lei è d’accordo, consegnerei alla Presidenza il testo scritto della mia relazione.
PRESIDENTE. La Presidenza acquisisce il testo scritto della sua relazione sul disegno di legge n. 3135, che sarà pubblicato in allegato al Resoconto della seduta odierna.
Dichiaro aperta la discussione generale che, come convenuto, avrà luogo nella seduta antimeridiana di martedì prossimo.
Rinvio pertanto il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn.1296-B,1262,2457 e2629
PRESIDENTE. Riprendiamo la votazione degli emendamenti riferiti all’artico 2.
Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 2.500 è improcedibile.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.2.
CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, siamo entrati nell’argomento della cosiddetta separazione delle carriere.
Non voglio affrontare ora, in sede di dichiarazione di voto su questo emendamento, il problema se effettivamente vi sia oppure no una separazione delle carriere tra magistratura giudicante e magistratura requirente. Non è questo il momento, lo faremo in seguito in relazione ad altri emendamenti. Alcune considerazioni, tuttavia, credo vadano svolte.
Ritengo corretto ciò che è stato detto a proposito del fatto che non poteva essere consentito un avanzamento ulteriore della riforma delle carriere di magistrati inquirenti e requirenti perché vi è uno sbarramento di ordine costituzionale. Non era possibile procedere - così come, a mio avviso un po’ sconsideratamente, insistono nel ritenere alcune associazioni di avvocati - ad una più radicale separazione delle carriere, perché o si modifica la Costituzione oppure, a Costituzione vigente, è assolutamente difficile pensare di poter dare un’accentuazione maggiore alla separazione tra le due carriere. Di questo credo si debba prendere atto.
Mi pare però che siamo di fronte ad una situazione un po’ equivoca. Noi abbiamo un’idea molto precisa di come risolvere il problema della distinzione delle funzioni. La nostra posizione è quella individuata nel disegno di legge che il Gruppo dei DS ha presentato in questa legislatura e che il senatore Fassone presentò nella scorsa.
A mio avviso, la distinzione delle funzioni, così come da noi individuata, rappresenta una soluzione certamente ragionevole, equilibrata e saggia, che consentirebbe di raggiungere proprio quel fine a cui tutti miriamo, cioè quello di dare maggiori garanzie al cittadino nel momento in cui si trova davanti al giudice e di dare maggiore forza al cittadino stesso o al suo difensore nel momento processuale più delicato, ossia quello della raccolta della prova e della verifica, nell’istruttoria dibattimentale, della sussistenza o meno delle prove portate dal pubblico ministero. Noi rivendichiamo una posizione egualitaria della difesa e dell’accusa.
Questo problema è stato affrontato nella scorsa legislatura con la modifica dell’articolo 111 della Carta costituzionale e con la riforma da noi operata di quella parte del codice di procedura penale riguardante appunto la formazione della prova, concedendo alla difesa poteri che purtroppo non sempre vengono esercitati con sufficiente capacità, intelligenza ed efficacia, per formare un vero e proprio fascicolo probatorio della difesa.
La soluzione da noi individuata per dare alla difesa maggiori poteri, stabilire un maggiore equilibrio tra accusa e difesa e garantire una vera e propria terzietà del giudice, che era quella di realizzare una sistemazione delle funzioni del pubblico ministero, sembrava una soluzione ragionevole.
Prevedere, come faceva il nostro disegno di legge, che dovesse trascorrere un periodo di otto anni prima di poter chiedere il passaggio da una funzione all’altra e che si dovesse essere comunque valutati da una Scuola della magistratura, che aveva funzioni e connotazioni certamente diverse da quelle che voi, maggioranza e Governo, volete dare oggi alla Scuola della magistratura, era un modo per garantire che il pubblico ministero, con il passaggio da una funzione all'altra, uscisse dalla circoscrizione o dal distretto e quindi non creasse situazioni di imbarazzo, innanzitutto a se stesso, ad esempio, nel momento in cui, dopo essere stato negli uffici dell’accusa si trovasse ad operare negli uffici del giudice della decisione.
Questa mi sembrava una soluzione assolutamente ragionevole. Così non è, devo dire. Con questa riforma ancora una volta si è fatto un tentativo ai limiti della costituzionalità (a nostro avviso si è andati anche oltre per le ragioni che abbiamo finora illustrato); siamo in una collocazione di dubbia costituzionalità, anzi, a nostro avviso, di certa incostituzionalità. Questa soluzione ha scontentato i magistrati per un verso e gli avvocati per ragioni esattamente opposte.
A me non sembra corretto quanto dice il Ministro, che continua anche ad insistere. Io l’ho già corretto una volta: non è vero che in medio stat iustum. Evidentemente, noi che veniamo da una cultura giuridica abbiamo una migliore frequentazione dei brocardi latini: si dice che in medio stat virtus.
E non è neanche vero, come dice il Ministro, che quando si scontentano in un contratto più parti evidentemente si è trovata la soluzione più corretta. Non è così; il tentativo che si deve fare è invece quello di trovare una soluzione ragionevole che in qualche modo porti ad una sintesi, recependo appunto gli interessi e le sollecitazioni che vengono dalle varie parti che sono sulla scena, in questo caso avvocati e magistrati.
Il fatto che entrambe mostrino una critica così radicale nei confronti di questo provvedimento significa che evidentemente non va. Gli avvocati lamentano la timidezza dell’impianto governativo, i magistrati lamentano invece il fatto che questa situazione certamente vìola un principio costituzionale e crea anche disagio all’interno della funzione del magistrato.
Ora, ci si può avviare verso la soluzione che riterrete più opportuna (avete la maggioranza), senza però non sottolineare il fatto che stiamo toccando uno dei tasti più delicati, uno dei momenti più sensibili dell’ordinamento giudiziario sul quale credo che dobbiamo riflettere.
Il tempo ristretto che è concesso - giustamente - dal nostro Regolamento per la trattazione degli emendamenti mi costringe ad annunciare che dovrò segmentare la mia opinione, la mia idea, intervenendo emendamento per emendamento per esporre i vari punti circa un tema di questa delicatezza, relativo alla separazione delle carriere.
Quindi, come primo approccio ad un problema che è tra i più delicati, come tutti sappiamo, di questa riforma, credo di dovermi fermare qui, per il momento. Quando passeremo agli altri emendamenti, evidenzierò in modo più specifico la posizione che abbiamo assunto circa il tema della separazione delle carriere, sul quale non ci si deve dividere ma confrontare e discutere, così come hanno fatto avvocati e magistrati, giurisprudenza e dottrina, affrontandolo in modo serio e trovando una soluzione giusta.
Allo stato, credo che le contrapposizioni non servano assolutamente a nulla. Per questo, in conclusione, penso che un’attenzione rispetto alle nostre posizioni, cioè all’altra parte dialogante rispetto al Governo e alla maggioranza possa essere utile a trovare soluzioni che diano soddisfazione non certamente a noi, ma agli interessi di tutti i cittadini. (Applausi dal Gruppo DS-U).
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, questo è uno dei temi fondamentali della materia in discussione. Si sente ormai, come dato mediatico, parlare di separazione delle carriere. Spesso tuttavia il dato mediatico è carente dal punto di vista dell’illustrazione tecnica ed è quindi bene fare chiarezza su questo punto.
Questo Governo e questa maggioranza non hanno voluto procedere alla separazione delle carriere. Non hanno voluto farlo perché ciò avrebbe comportato una revisione costituzionale che l’attuale maggioranza, pur così generosa di modifiche costituzionali, ha ritenuto di non dover affrontare.
Si è scelta, quindi, una strada ibrida, di compromesso, decidendo che unico sarebbe stato l’esame e unica sarebbe stata la delibera del Consiglio superiore della magistratura, ma con una condizione: il candidato, pena l’inammissibilità, avrebbe dovuto dichiarare a priori se intendeva svolgere la funzione di pubblico ministero o di giudice.
È molto discutibile che un giovane privo di esperienza professionale abbia a priori le idee chiare. Forse, l’unico che potrebbe avere le idee chiare - se mi è consentita una battuta bonaria - è il senatore Bobbio, che dall’età di dieci anni aveva già deciso di fare il pubblico ministero. A parte questa lodevole eccezione, tutti gli altri si trovano in imbarazzo nel dover scegliere, senza alcuna esperienza pratica, tra due campi così delicati; ma si deve decidere subito, pena l’inammissibilità.
Infatti, tra gli scritti e gli orali sono previsti test attitudinali finalizzati a stabilire, non so con quali criteri valutativi (se della bontà o della severità d’animo), se il candidato è idoneo all’esercizio delle funzioni che ha scelto di svolgere, pubblico ministero o giudice. Pensate al pasticcio che tutto ciò determina: nell’ambito del medesimo concorso, delle stesse prove, si prevede una sorta di verifica funzionale attraverso test psico-attitudinali.
Si arriva finalmente alla promozione del candidato che tuttavia, come ho dichiarato ieri, può non avere il posto e quindi, invece di iniziare l’agognata carriera di pubblico ministero o di giudice, può venire inserito in una casella sbagliata: abbiamo quindi un candidato che può finire in un posto sbagliato, ed è lui stesso a dirlo perché si è dichiarato abile a fare il contrario.
Sarebbe come mettere il senatore Bobbio a fare il magistrato, il che oltre a rappresentare un’offesa per lo stesso rappresenterebbe la presenza dell’uomo sbagliato nel posto sbagliato. Il senatore Bobbio, infatti, deve fare il pubblico ministero perché l’ha scelto, come vocazione, dall’età di dieci anni. Pertanto, per tentare di accontentare il senatore Bobbio, si inventa la cosiddetta operazione di tramutamento che avverrà a distanza di tre anni dalla scelta iniziale operata dal candidato privo di esperienza.
Devo sottolineare che il termine "tramutamento" rappresenta uno stupendo neologismo, non so se inventato dai funzionari del Ministero o da qualcun altro e lei, signor Sottosegretario, ricorderà che definimmo perfetto questo termine se inserito nella locuzione "tramutamento dei perdenti posto", che forse come frase priva di significato è anche più bella.
Dunque, a questo candidato che è finito nella casella sbagliata, dopo tre anni si dà una chance. Quindi, passando il concorso il candidato "si tramuta", ma l’aver superato questa prova non gli è sufficiente. Infatti, se non ha il posto - nel frattempo è difficile che lo abbia perché è stato segnato nella casella sbagliata e vi è rimasto per tre anni - finisce di nuovo nella casella sbagliata.
Ora io sono convinto che, a prescindere dalle opposte tesi e dalle opposte ideologie, il Paese abbia bisogno di bravi magistrati e di ottimi pubblici ministeri, che abbiano controllo della propria discrezionalità, che rispondano alle esigenze del Paese rispetto alla criminalità organizzata e che rispondano alle istanze delle persone offese, le quali piatiscono per avere un risarcimento per infortuni sul lavoro, per incidenti stradali e quant’altro, per il recupero dei danni loro arrecati.
Presidenza del presidente PERA
(Segue ZANCAN). Siccome - ripeto - il Paese ha bisogno di bravi magistrati e di bravi pubblici ministeri, ha bisogno insomma che questa macchina funzioni, non perché noi abbiamo simpatia per questa macchina, ma perché è essenziale per il funzionamento del Paese, allora, per piacere, smettiamola di fare i giochini ideologici: facciamo conflagrare questa norma che non ha alcuna razionalità e diamo razionalità al sistema.
Per piacere, facciamo un concorso unico, in cui si acceda a tutte le funzioni, magistratura e pubblico ministero, attraverso una conferma della giurisdizionalizzazione del pubblico ministero, che è l’unico requisito in grado di garantire che nell’esercizio dell’azione penale non si utilizzino discrezionalmente i tempi di inizio delle indagini, la scelta tra libertà e carcere, la scelta dei mezzi con cui esercitare l’azione penale.
Nessun cittadino può augurarsi che queste scelte vengano fatte in modo sbagliato. Il ritorno ad un concorso unico, che dia ingresso unitario alla giurisdizione, mi sembra quello che i cittadini si aspettano. (Applausi del senatore Piatti).
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo sull’emendamento 2.2, essendo sottoscrittore dell’emendamento 2.3 molto simile a quello in esame e che decadrebbe in caso di bocciatura di quest’ultimo, con intenzione leggermente diversa da quella dei colleghi dell’opposizione che mi hanno preceduto.
Vorrei che tenessimo per adesso fuori dall’ambito della nostra discussione il tema della separazione di fatto delle carriere e che ci concentrassimo invece sulla natura logica di quanto previsto all’articolo 2, comma 1, lettera a), cioè che il bando di concorso per accedere in magistratura debba prevedere che, pena inammissibilità, i candidati indichino nella domanda, da subito, se intendono accedere ai posti nella funzione giudicante o nella funzione requirente.
Credo sia questo il classico tema sul quale siamo chiamati a ragionare e ad intervenire, a prescindere da quello che pensiamo sulla separazione delle carriere, perché possiamo ritenere che sia una cosa buona o una cosa rischiosa, negativa; possiamo anche pensare che in questo testo in realtà la separazione delle carriere non sia effettivamente prevista ma che sia incorniciata da una serie di previsioni che in realtà non la fanno configurare effettivamente. Ma quale che sia il nostro atteggiamento rispetto a questo problema, dobbiamo pronunciarci sulla desiderabilità che il candidato decida dall'inizio se vuole accedere ad una funzione giudicante o ad una funzione requirente.
Non credo che un giovane, che già compie una scelta rilevante per la sua vita quale quella di entrare in magistratura, quindi di fronte ad un ventaglio di opzioni che gli si presentano dopo il conseguimento della laurea in giurisprudenza decide di percorrere una strada particolarmente impegnativa per il complesso dei doveri che ne conseguono, per la delicatezza della funzione che sarà chiamato a svolgere, per l'incompatibilità con una serie di altre attività e per altre incompatibilità più cogenti che fissiamo noi in questa legge sulla libertà di esprimere le proprie opinioni, debba decidere preventivamente se vuole svolgere una funzione requirente o una funzione giudicante, se fare il pubblico ministero oppure il giudice.
Ritengo che chiedergli da subito, pena l'inammissibilità della domanda, di decidere che cosa vuole fare sia antimoderno dal punto di vista dei processi formativi, perché quel giovane entrerà in una scuola, si misurerà con la densità della cultura giuridica del magistrato, capirà che è cosa diversa dalla cultura giuridica che ha acquisito durante la frequentazione dei suoi corsi di giurisprudenza e dovrà avere la possibilità, a contatto con la Scuola superiore, a contatto con questo gradino superiore della sua formazione, di capire se effettivamente ha la vocazione - chiamiamola così - a fare il pubblico ministero o a fare il giudice.
Può darsi - come faceva rilevare prima un po’ ironicamente il collega Zancan - che qualcuno abbia la vocazione a fare il pubblico ministero fin da bambino, ma se facciamo astrazione da queste ipotesi un po’ scherzose o che fanno riferimento ad una struttura di personalità ben definita, credo che il giovane che decide di intraprendere la carriera di magistrato abbia tutto il diritto di maturare, attraverso la sua esperienza nella Scuola superiore della magistratura, la decisione se orientarsi in una direzione o nell'altra, anche perché, una volta che avrà deciso, una serie di filtri che stabiliamo attraverso questa legge si opporranno ad un mutamento di quella decisione.
Sarebbe come chiedere ad uno studente che entra in una scuola superiore, che accede ad un livello di formazione post-universitario, di decidere quale sarà il suo sbocco finale, senza dargli la possibilità di saggiare fino in fondo la sua compatibilità, la sua propensione culturale verso una specializzazione o verso un'altra, bloccandolo all'inizio.
Non credo che questo sia possibile. Tutta la scienza della formazione prodotta negli ultimi dieci anni va nella direzione di considerare la decisione finale come una variabile dipendente dal percorso compiuto nell'attività formativa e non come una scelta a priori.
Ora, è ben vero che la maggioranza ha dimostrato di credere molto, invece, nelle scelte che vengono fatte a priori, anche nella riforma della scuola ha dato questo indirizzo: si scelga prima; e anche parlando dei magistrati diciamo: scelgano prima che cosa vogliono andare a fare.
Allora, l'invito che rivolgo alla maggioranza è questo: mettiamo da parte la discussione sulla separazione delle carriere, ma cerchiamo di ragionare logicamente sulla bontà di questa previsione. Un giovane decide di fare il magistrato, chiede di accedere alla Scuola superiore della magistratura ma deve dire prima, pena l'inammissibilità della domanda, se vuole fare il pubblico ministero o il giudice.
Credo che questo significhi strozzare le possibilità di sviluppo, di espansione della personalità e della cultura professionale, di definizione autentica della vocazione del futuro magistrato. D'altra parte, signor Presidente, onorevoli colleghi, ciò è così vero che lo stesso emendamento governativo rafforza l'idea che il giovane, prima di fare il magistrato, debba attraversare più esperienze lavorative e professionali in diversi uffici, per completare la propria formazione.
Questo significa che per fare bene il magistrato, il pubblico ministero, il giudice, bisogna comunque vedere con i propri occhi come funzionano i diversi uffici. Giova al futuro magistrato fare un'esperienza a 360 gradi e gli giova a maggior ragione acquisire un'esperienza ampia anche dal punto di vista della formazione, prima del lavoro, che non precluda una scelta finale.
Potrà esservi separazione - sono contrario e dirò in seguito specificamente qual è la nostra posizione - ma indipendentemente da ciò si commette un errore nel costringere il giovane a compiere una scelta a mio avviso precoce rispetto alle suggestioni, alle passioni di cultura professionale che potrebbero maturare all'interno della Scuola della magistratura. Questa è la ragione per la quale proponiamo che anche la norma indicata nell'emendamento successivo 2.3 sia soppressa. (Applausi del senatore Manzione).
BOBBIO Luigi (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOBBIO Luigi (AN). Signor Presidente, il Gruppo Alleanza Nazionale voterà contro l'emendamento 2.2. Qualche intervento precedente mi aveva fatto temere per la reale qualità culturale e intellettuale del dibattito, ma interventi come quelli del senatore Dalla Chiesa, del senatore Calvi e di altri mi tranquillizzano a titolo personale rispetto all'elevatezza della discussione e all'approfondimento dei temi. Nel motivare il voto contrario, desidero sottolineare alcuni aspetti.
Questa non è una soluzione di compromesso, come è stato sostenuto in maniera secondo me infondata. Il Governo e la maggioranza, nella convinzione di dover dare una reale attuazione all'articolo 111 della Costituzione e uno sbocco coerente al vigente codice di procedura penale, ritengono di adottare questa soluzione in regime di Costituzione vigente.
Non è una scelta di compromesso ma è una scelta che, per andare verso una separazione nominalistica e sostanziale delle carriere, che pure a titolo personale auspico, consente di rispondere ai parametri che ho citato precedentemente senza modificare il testo della Costituzione.
Sarebbe riduttivo qualificarla come soluzione di compromesso, dobbiamo qualificarla come soluzione a Costituzione vigente. Si è tentata dapprima la strada del doppio concorso, della divisione dei ruoli, ma alla Camera questa strada è stata ritenuta non utilmente praticabile. Si ricorre oggi alla soluzione del concorso unico con scelta definitiva successiva.
Per replicare a qualche osservazione, è opportuno sottolineare che, posta questa premessa, la manifestazione di preferenza del candidato nella domanda di ammissione al concorso non vale, come i colleghi dell'opposizione vorrebbero far credere, a costituire una sorta di diritto quesito del candidato ad andare a ricoprire la funzione prescelta, né vale a prefigurare gli estremi per una successiva, eventuale, patente di insoddisfazione del magistrato non soddisfatto nell'aspirazione dichiarata.
Al contrario, la manifestazione di preferenza vale - a mio avviso - come contributo nella costituzione di un sistema integrato, composto inoltre (oltre quindi alla manifestazione di preferenza) dalla possibilità di scelta successiva all’ingresso in carriera, essendo il tutto funzionale a disegnare un percorso possibile per soddisfare le aspirazioni individuali.
Il vero bene che questa norma vuole tutelare, ossia il reale bene collettivo e giuridico entro certi limiti a livello costituzionale, è tuttavia l’interesse dei cittadini a confrontarsi con soggetti professionali comunque chiari nel loro ruolo e nella loro posizione o inquirente (allora inquirente per sempre agli occhi dei cittadini dopo la scelta definitiva) o giudicante (allora giudicante per sempre agli occhi dei cittadini dopo la scelta definitiva).
Signor Presidente, mi si permetta di chiudere questa mia dichiarazione di voto con un riferimento. Il senatore Zancan mi ha chiamato personalmente in causa. Un bravo avvocato - mi permetta il collega avvocato Zancan - non si sarebbe mai permesso di chiamare in causa a mo’ di esempio nel suo contraddittorio processuale - nel caso specifico nell’Aula del Senato - un magistrato che, per la verità, è un collega senatore. Credevo che il vanto di non aver fatto una sola intelligente dichiarazione appartenesse in questo dibattito solo al senatore Massimo Brutti. Oggi il senatore Zancan ha recuperato molte posizioni. (Applausi dei senatori Greco e Pastore).
VALENTINO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALENTINO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, è talmente impegnativo il tema in esame e oggetto di attenzioni così vaste che il Governo intende dare alcune risposte ai colleghi intervenuti.
Innanzitutto si prende volentieri atto della disponibilità al dialogo manifestata dal senatore Calvi, il quale con intelligenza ha capito che è particolarmente avvertita la necessità di un tavolo di concertazione sul tema in esame e prescinde dal disegno di legge in questione. Egli immagina la separazione delle carriere come momento incidente sull’assetto costituzionale.
Il Governo non può che prendere atto della disponibilità manifestata da un uomo autorevole dell’opposizione e giurista altrettanto autorevole. Fin da ora dichiara quindi la propria disponibilità ad individuare un percorso comune perché si possa realizzare una separazione compiuta delle carriere. In sostanza, la separazione non è altro che la realizzazione della pariteticità nell’ambito processuale della posizione dell’accusa e di quella della difesa, nel solco di quanto stabilito in maniera inequivoca dall’articolo 111 della Costituzione.
Diceva bene poc’anzi il collega Bobbio. Se non si può incidere sulla Costituzione - questo disegno di legge non ha tale pretesa - l’unica possibilità che abbiamo è quella di chiedere un’indicazione d’attitudine al candidato e, quindi, creare una serie di meccanismi interni all’ordinamento che facciano sì che chi ha manifestato l’attitudine e intende restare nell’ambito di una funzione circoscritta, poi prosegua per buona parte della sua carriera.
Pur ribadendo l’opposizione del Governo all’emendamento 2.2, desidero rimarcare la disponibilità del Governo stesso a discutere questo tema da molti preso in considerazione. Si tratta di uno degli argomenti fondanti sui quali si discute da anni a questa parte. È come se i problemi della giustizia fossero i problemi del pubblico ministero separato o meno. Ahimè, i problemi della giustizia sono altri e complessi. Questo certamente contribuisce a crearli. (Applausi dei senatori Ayala, Calvi, Fassone e D’Ippolito).
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.2, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 2.3.
FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, dichiaro a termini di Regolamento il voto favorevole all'emendamento 2.5, a mia prima firma, che presumo sarà messo ai voti in unica votazione con quelli che lo precedono.
Dichiaro altresì che utilizzo questa occasione per rispondere da un lato all'attuale disponibilità dell'onorevole Valentino, e dall'altro lato alla sfida che ieri ci ha lanciato - sfida dialettica correttissima - il senatore Bobbio quando ci ha chiesto perché questa fiera, totale, categorica, irretrattabile avversione alla separazione delle funzioni, direi meglio delle carriere, tra i magistrati.
L'intervento non può avere grande ampiezza; d'altra parte, come ora è stato autorevolmente detto, la materia è il cuore di questa riforma. Pertanto, dati i limiti temporali degli interventi in questa sede, anticipo che, se mi è consentito, interverrò - per così dire - a puntate, confidando che da un lato la comprensione del Presidente, dall'altro il mio rigoroso impegno a non produrre divagazioni o ripetizioni, giustificherà l'ampiezza del discorso, che si articola in una premessa e due capitoli essenziali.
La premessa è che anche noi ci facciamo carico del problema, non da oggi e non da ieri: il problema della distinzione di queste due funzioni esiste da tempo; senza rivendicare sciocche primogeniture posso dire che l'abbiamo affrontato sin dal 1992 in sede di Consiglio superiore della magistratura, anticipando alcuni interventi essenziali in questa materia. Oggi noi siamo a proporre, e lo dico sin d'ora, come anticipazione di quella che è la nostra intenzione collaborativa, due soluzioni.
La prima, la principale, è quella di intervenire contro quello che il senatore Bobbio ha chiamato il balletto tra le varie funzioni, lo slalom che talora il magistrato compie non per vera dedizione all'una o all'altra, ma semplicemente per finalità egoistiche, cioè individuare una sede a lui più acconcia. Sotto questo profilo noi riteniamo che l'emendamento che verrà in esame più avanti sia ampiamente idoneo a rispondere alle preoccupazioni o alle attenzioni comuni, cioè di prevedere un lungo periodo di stabilità nella funzione.
Noi proponiamo otto anni - la misura temporale è ampiamente trattabile - ma una volta individuata questa scansione, molto maggiore della stabilità nella sede, noi abbiamo evidenziato da un lato il valore di messaggio dell'intervento, e dall'altro la concreta risposta, perché nella carriera del magistrato non avverranno a questo punto più di uno, o al massimo due passaggi di funzione.
Quindi, la prima proposta sulla quale insisteremo a tempo debito, ma che ora facciamo proprio per raccogliere la disponibilità del Governo è questa: intervenire visualizzando l'esigenza che il passaggio non sia un balletto tra l'una e l'altra funzione, ma una cosa da farsi rigorosamente una o al massimo due volte nella carriera, in funzione di vere e proprie attitudini, e non di interessi legati alla sede.
Gli interventi subordinati sono invece nella linea di evitare i profili di incostituzionalità - dei quali sono convinto - che l'attuale disciplina propone, laddove prevede la coazione a svolgere una certa funzione. E noi proponiamo, come ipotesi subordinata e veramente in spirito collaborativo, che siano accolti quegli emendamenti che prevedono che, fermo restando l'onere per il magistrato di chiedere il cambio nell'arco del triennio, questa domanda, ove non possa essere soddisfatta per carenza di posti, conservi validità per un certo numero di anni successivi, anche qui da convenirsi, in modo che egli possa, prima o poi, ottenere quella funzione per la quale ha dichiarato la sua inclinazione e la volontà di esercitarla. Questo mi sembra un emendamento minimale, che veramente soccorre ad un probabilissimo profilo di incostituzionalità.
Fatta questa premessa proprio nei termini di una contribuzione costruttiva al discorso che stiamo pacatamente svolgendo, credo debba essere affrontato il primo di quelli che ho pomposamente chiamato i due capitoli del mio intervento, cioè una sorta di pulizia delle parole, di stipulazioni linguistiche sulle quali dobbiamo metterci d’accordo.
Si parla spesso di distinzione delle funzioni e se ne parla in senso improprio. "Distinzione delle funzioni" significa che la stessa persona fisica non può, nell’identico procedimento, svolgere l’una e poi l’altra funzione, e questa garanzia è assicurata al processo da decenni. Direi, quindi, facendo emenda anche di errori di linguaggio nei quali talora tutti incorriamo in una specie di cristallizzazione delle parole, di non parlare più di distinzione delle funzioni: parliamo - se vogliamo - di separazione delle carriere in senso forte o in senso debole.
In senso forte significa (come ho avuto occasione di anticipare) diverso concorso, diverso tirocinio, diverso ruolo organico, soprattutto, e diverso organo di autogoverno. E questo, come ha riconosciuto il Ministro, non è attuabile a Costituzione vigente.
La formula proposta dal disegno di legge è quella di una separazione in senso debole, nel senso che nessuno di questi quattro elementi compare, ma compare una sorta di muro invalicabile una volta eletta la funzione da svolgere, con quel limitato ius poenitendi di cui si è detto.
L’altra necessità di pulizia linguistica e concettuale concerne, a mio giudizio, l’esigenza di abbandonare l’invocazione dell’articolo 111 della Costituzione come parametro di riferimento non solo legittimante ma necessitante una separazione delle carriere.
L’articolo 111 è norma processuale e non ordinamentale; esso scandisce la distinzione nel processo davanti al giudice, nel senso che le parti hanno davanti al giudice gli stessi poteri: e anche questo è già garanzia acquisita. Non possiamo, sotto pena di una truffa delle etichette, utilizzare la legge costituzionale che novellò l’articolo 111 facendo passare come riforma di tipo ordinamentale quella che è dichiaratamente (e il relatore ben lo sa) una norma che a suo tempo si configurò come norma processuale e non ordinamentale.
Detto questo, e consapevole che il discorso dovrà proseguire nelle ulteriori puntate, affaccio un’ultima considerazione preliminare al cuore dell’intervento che avrà luogo nelle occasioni successive.
La separazione delle carriere è diventata con gli anni una parola mito, ma anche quella che i francesi chiamano mot piège, una parola trappola, nel senso che è stata sovraccaricata di aspettative, di attese, di valori simbolici largamente superiori alla sua effettiva portata.
La separazione delle carriere (ed è l’ultimo, diciamo, atteggiamento di pulizia concettuale sul quale dobbiamo convenire) è semplicemente uno strumento e allora correttamente noi dobbiamo interrogarci su questo: qual è il fine vero che vogliamo raggiungere attraverso quello strumento? Una volta individuato questo fine, dobbiamo porci le due domande successive che ogni buon legislatore deve porsi: se lo strumento sia idoneo al fine o non sia eccedente rispetto ad esso e, qualora si risponda positivamente, cioè che lo strumento è idoneo, se i costi non siano superiori ai benefici.
Ecco perché mi pare importante affacciare questa operazione preliminare di individuazione dei fini e - supponendo che questo sia l’ultimo concetto che posso svolgere in questo momento - dico che, avendo compulsato non tutta, ma comunque la letteratura di cui sono stato capace in argomento, mi pare che i fini finora prospettati siano essenzialmente quattro.
Il primo obiettivo che si dice postulerebbe la separazione è quello di garantire una migliore professionalità delle due figure. Il secondo è quello di rispondere all’esigenza di garanzia del cittadino, che ha diritto di non vedere sul banco del giudice un soggetto che pochi mesi prima lo ha inquisito come pubblico ministero, cioè evitare il cosiddetto cambio di cappello nella stessa sede giudiziaria. Il terzo è quello di rimuovere, per quanto possibile, il senso di colleganza, di identità e quindi di omologazione nel pensare e nel decidere tra colleghi, pubblico ministero e giudice. Il quarto è quello di dare rilievo al fatto che il pubblico ministero e non il giudice gode ed esercita una discrezionalità enormemente più ampia, incisiva, significativa e - in ultima analisi - politica e quindi, come tale, deve essere assoggettato ad una qualche forma di responsabilità.
Questi sono i quattro obiettivi in funzione dei quali si auspica la separazione delle carriere. Li illustrerò in una successiva puntata. (Applausi dal Gruppo DS-U).
AYALA (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
AYALA (DS-U). Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la parola. Chiaramente, il mio è un dissenso tecnico, lo strumento per poter svolgere alcune brevissime osservazioni. Assicuro i colleghi che li annoierò il meno possibile, anche perché faccio un richiamo ricettizio a quanto è stato detto in ultimo dal senatore Fassone, ma anche dal senatore Dalla Chiesa e dagli colleghi intervenuti in precedenza.
Non me la sentivo di stare zitto, perché si tratta di uno dei temi fondamentali di questo disegno di legge. Mi sarei chiesto cosa ci sto a fare qui dentro, se non intervenissi al riguardo, dopo che per circa trent’anni, certo non nella sacralità di un’Aula parlamentare, ma comunque in convegni anche importanti, ci siamo sempre confrontati su questi temi.
Signor Presidente, metodologicamente, avendo richiamato e facendo mie le osservazioni svolte in ultimo dal collega Fassone, rilevo quanto segue. L’emendamento 2.3 ha un contenuto preciso; esso suggerisce di eliminare, al comma 1, lettera a), numero 1), dell’articolo 2, le parole: "e che i candidati debbano indicare nella domanda, a pena di inammissibilità, se intendano accedere ai posti nella funzione giudicante ovvero a quelli nella funzione requirente".
Non capisco che senso abbia tale norma messa in questo punto. Perché, a pena di inammissibilità, per partecipare al concorso in magistratura debbo dire se vorrò fare il pubblico ministero o non piuttosto il giudice? Non lo capisco. Lei mi dirà, signor Presidente, che è una cosa che mi capita spesso, e ha ragione. Questa è una delle volte in cui mi capita, ma forse invece ho ragione a non capire.
Infatti, siccome tutto si lega - e questo disegno di legge, più di tanti altri, prospetta un sistema - senza fare letture ampie e lunghe, ma molto puntuali e mirate, osservo che successivamente si dice che quella dichiarazione che a pena di inammissibilità di partecipazione al concorso va fatta non serve a niente, se non - pensi un po’ - a costituire, come si stabilisce al numero 4) della stessa lettera, titolo preferenziale per la scelta di prima destinazione, nei limiti della disponibilità dei posti.
La scelta di prima destinazione presuppone che, rispetto a quella dichiarazione che si richiede a pena di inammissibilità, il candidato abbia affrontato il concorso, lo abbia superato ed abbia completato successivamente il periodo di formazione professionale (chiamiamolo così, per capirci). A quel punto tale dichiarazione, fatta - ripeto - a pena di inammissibilità, varrà come mero titolo preferenziale, perché poi c’è la dura legge dei posti in organico.
Ebbene, non capisco perché, se si vuole questa dichiarazione, non la si collochi in una fase successiva, almeno dopo la formazione professionale, quando, grazie anche a questa, il candidato sarà meglio in condizione, conoscendo all’interno quel mondo, di capire se da grande vorrà fare il pubblico ministero o non piuttosto il giudice. No! La deve fare chi ancora non ha neanche partecipato al concorso, un concorso che magari non vincerà mai.
Ma c’è di più, signor Presidente. Successivamente - cito sempre puntualmente il disegno di legge - si prevede che, entro il terzo anno successivo all’espletamento del tirocinio, al periodo di formazione, si può cambiare anche rispetto all’indicazione data, che si richiede però severamente, a pena di inammissibilità, prima di partecipare al concorso.
Si può cambiare con una ragionevole previsione e io, che in linea di massima non condivido complessivamente l’impianto, dico che in quell’impianto questa previsione la condivido. Solo allora, e cioè entro i primi tre anni di carriera, si può cambiare dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura.
Allora, ritengo che ci siano cose utili e cose dannose e su quelle ci confrontiamo, probabilmente con giudizi contrapposti, ma almeno le cose inutili, se non incomprensibili, togliamole di mezzo e ragioniamo focalizzando il problema.
Signor Presidente, con una vera sintesi (si vede che questa mattina sono in forma su questo fronte) io dico che abbiamo raccolto un segno di disponibilità espresso in sua assenza, ministro Castelli, dal sottosegretario Valentino, ma ovviamente è come se lo avesse espresso lei, perché ha dato atto in queste ultime sedute, soprattutto, di possedere anche lei una disponibilità al confronto. E allora io dico che è previsto un meccanismo che consente in maniera eccessivamente rigida e francamente non plausibile la possibilità che avvenga questo passaggio, a determinate, severe condizioni.
Presidente Pera, siamo lontani dai tempi in cui si poteva passare dalla funzione requirente a quella giudicante inoltrando una domanda al CSM. Devo dire che anche il CSM, del quale possiamo pensare il peggio possibile, su questo percorso ha fatto dei notevoli passi avanti, perché i famosi filtri sono molto consistenti. Noi vogliamo andare oltre, siamo d’accordo, per quelle esigenze che il collega Fassone ha chiarito poco fa. Ma allora, perché una sola volta entro i primi tre anni della carriera, previo superamento del corso di formazione?
Su questi tre passaggi io suggerisco in primo luogo un emendamento che i colleghi che hanno buon senso non possono non accogliere, perché eliminiamo le cose inutili. Che senso ha la dichiarazione, pena l'inammissibilità, prima di partecipare al concorso, quando poi comunque una qualche forma di flessibilità viene riconosciuta ed introdotta in esito al periodo di formazione o, addirittura, entro i primi tre anni di carriera?
Queste due questioni mettiamole assieme e facciamone oggetto di una riflessione senza innescare una marcia indietro spaventosa che ci porti all’esistente. Su questo, credo di poter parlare anche a nome dei colleghi del centro-sinistra, siamo tutti d’accordo, ma per introdurre una più accettabile ipotesi di flessibilità di passaggio, severa, rigida, non legata esclusivamente al desiderio di provare nuove emozioni e nuovi tipi di responsabilità nel proprio lavoro e quindi legata soltanto ad una scelta del magistrato. Su questo io credo si possa trovare un accordo sul terreno della ragionevolezza.
In conclusione, signor Presidente, si era partiti con la separazione delle carriere alla grande (la montagna), con il superamento dell’obbligatorietà dell’azione penale, principio costituzionale, come veniva annunciato in campagna elettorale dalla Casa delle libertà. Da quella montagna fossimo arrivati al topolino. Siamo invece arrivati al brutto anatroccolo.
Sistemiamo dunque questo anatroccolo che è un animale, quando non è brutto, anche carino, siamo ancora in tempo per farlo. Rilevo - e ribadisco - che c’è la volontà, non soltanto da parte nostra, che poco sarebbe, e perciò rivolgo un invito al Governo ed ai colleghi della maggioranza: su questo punto concentriamo la nostra riflessione, non soltanto questa mattina. (Applausi dei senatori Calvi, Fassone e Dalla Chiesa).
PRESIDENTE. Senatore Ayala, sbaglio o lei ha proposto una sorta di accantonamento? Mi sembra di poter riassumere così il suo intervento.
AYALA (DS-U). Con l’acume che la contraddistingue, lei ha centrato il problema, al di là dell’infelicità delle mie parole, naturalmente.
PRESIDENTE. Questo dunque era il significato della proposta del senatore Ayala.
Invito pertanto il rappresentante del Governo a pronunziarsi su tale proposta.
CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, non vorrei riprendere questioni che abbiamo discusso e approfondito credo in molte sedi. In realtà, questo combinato disposto ha una logica, senatore Ayala. La logica è legata soprattutto al punto 4) che stabilisce che al momento dell’attribuzione delle funzioni l’indicazione di cui al punto 1) (che è quella a cui lei fa riferimento) costituisce titolo preferenziale per la scelta della sede di prima destinazione.
Quindi, la ratio, ben precisa, consiste nella possibilità offerta al candidato di dichiarare la sua inclinazione e d’altro canto ciò è naturale. Prima di iniziare qualsiasi professione si ha una certa idea al riguardo, pertanto, c’è chi vorrà fare il procuratore e chi il giudice ma dovrà dichiararlo prima e a seguito di tale dichiarazione, nei limiti dei posti disponibili, verrà accontentato. Tutto si tiene, come dicono i francesi, e non vedo incongruenze in questo passaggio dell’articolato.
AYALA (DS-U). Purtroppo, signor Ministro, non mi ha ascoltato.
CASTELLI, ministro della giustizia. No, l’ho ascoltata. Questa è la logica a sostegno di tali disposizioni e ritengo sia coerente, facendo parte, tra l’altro, di un punto fondamentale della legge sul quale non si può tornare indietro.
PRESIDENTE. Metto ai voti la prima parte l'emendamento 2.3, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori, fino alle parole "del periodo".
Non è approvata.
Risultano pertanto preclusi la restante parte dell’emendamento 2.3 e gli emendamenti 2.501, 2.4 e 2.5.
Passiamo alla votazione dell’emendamento 2.6.
AYALA (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
AYALA (DS-U). Signor Presidente, lo ritiro.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 2.7.
CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, seguirò l’indicazione data nel mio precedente intervento. Tutti questi emendamenti si susseguono in un unico disegno alternativo sul quale interverrò seguendo il mio pensiero in relazione alla proposta in esame.
Mi spiace che l’intervento del collega Ayala abbia ricevuto un’attenzione tanto scarsa. Egli chiedeva semplicemente che di fronte all’irrazionalità di una proposta relativa alla dichiarazione immediata su una sorta di vocazione a fare l’uno o l’altro, si tenesse presente che l’ingresso in magistratura comporta la semplice dichiarazione di voler fare il giudice. Si stabilirà poi quale funzione si intende svolgere. Mi sembra che questa occasione non sia stata colta. Ieri, invece, vi era stato un accenno di disponibilità su altri punti meno qualificanti.
Questo era un aspetto sul quale, dalle dichiarazioni del sottosegretario Valentino ed anche del relatore alla Commissione, senatore Bobbio, ci era parso si fosse aperto un confronto di qualità che consentiva di verificare l’esistenza di condizioni idonee a ricercare soluzioni più ragionevoli sul testo del Governo.
La ragione per la quale ho preso la parola è quella di rispondere, non in termini provocatori ma propositivi ed argomentativi, alle domande poste ieri dal collega Bobbio, il quale ci ha invitato a dire cosa proponiamo. Mi spiace dover tirare sempre in ballo il Ministro, ma francamente ritengo inverosimile che egli continui a dichiarare che noi non avanziamo alcuna proposta. Egli afferma di non aver visto proposte alternative, ma di aver invece assistito a critiche al limite dell’insulto. Sono sconcertato da queste dichiarazioni.
Evidentemente, la sua assenza dall’Aula gli ha consentito di immaginare ciò che in Aula non è avvenuto. A giustificazione del Ministro, tuttavia, devo dire che poiché in altra sede ha aggiunto di non aver letto gli emendamenti, il suo atteggiamento si giustifica proprio per la mancata conoscenza delle nostre proposte, peraltro di lunga data essendo nate nella scorsa legislatura e riproposte in questa.
Il collega Bobbio ha posto la domanda: siete contrari alla separazione delle carriere? Per quale motivo? Credo che il senatore Fassone abbia iniziato a dare risposte che riassumono le nostre posizioni.
Fuori da queste Aule ho esercitato e continuo ad esercitare una professione diversa da quella del senatore Fassone; la nostra posizione è la stessa ma può darsi che l’approccio e le esperienze personali ci consentano una diversa angolazione di vedute. Alla domanda "cosa volete fare?" ha risposto e risponderà il collega Fassone, ma io voglio aggiungere un’altra riflessione. Mi domando, collega Bobbio, come si possa non essere favorevoli - naturalmente in un discorso di teoria generale - alla separazione delle carriere.
Il problema, signor Presidente, lei lo sa molto bene essendo stato relatore sulla riforma dell’articolo 111 della Costituzione, non è soltanto ordinamentale ma anche processuale; i due problemi si congiungono. Il tentativo che facemmo nella scorsa legislatura di ridefinire all’interno della Carta costituzionale i poteri e i doveri, comunque uno schema processuale che si riflette poi su uno schema ordinamentale, ci costringe oggi a discutere di questo.
Intanto dobbiamo scegliere se siamo a favore di un sistema accusatorio o inquisitorio. Mi auguro che in una democrazia avanzata come la nostra non ci sia chi abbia nostalgia del sistema inquisitorio; non c’è dubbio, siamo tutti a favore di un sistema accusatorio. Se quest’ultimo, che noi tutti auspichiamo e ci battiamo perché si realizzi, dovesse realizzarsi, indubbiamente prefigurerebbe la separazione delle carriere. Le posizioni istituzionali di accusa e difesa sono paritarie davanti ad un giudice terzo nella misura in cui il pubblico ministero non si assomma all’organo giudicante.
Questo schema è teorico, per quanto molto sintetico e anche molto elementare perché non è facile definire cosa sia un sistema accusatorio. Il modello angloamericano di common law non è definito, mentre il modello inquisitorio lo conosciamo da secoli e sappiamo come possa essere ingiusto e devastante sul piano delle garanzie. Quindi siamo tutti per la separazione delle carriere.
Il problema che si pone è come va attuato e soprattutto quando. Andrò per gradi, Presidente, e una volta terminato il tempo a mia disposizione mi riservo di intervenire successivamente.
Il problema qual è? È opportuno intervenire, al di là dei problemi di ordine costituzionale, per una separazione delle carriere quando il sistema accusatorio non è ancora neanche in qualche modo iniziato oppure non è invece indispensabile assommare una riforma ordinamentale e processuale in cui il problema nel suo complesso viene verificato, valutato, sistematizzato in modo coerente con le nostre aspirazioni di avere un processo finalmente accusatorio, di parti eguali, con un giudice indipendente, terzo?
Allora, oltre al problema dell’anticipazione di questa riforma, al di là delle ragioni certamente condivisibili che sono state finora esposte circa l’inutilità ai fini che ci si propone in relazione alla distinzione o alla separazione delle funzioni, si pone anche un ulteriore problema.
Se dovessimo dare atto a questa riforma, credo che il sistema delle garanzie sarebbe più arretrato rispetto al sistema attuale. Non avremo guadagni reali sul tema delle garanzie per le ragioni che avete ascoltato e gli argomenti utilizzati per sostenerlo sono sicuramente deboli, cedevoli, criticabili, perfino argomenti non conferenti; invece l’obiettivo che ci proponiamo è dare una sistemazione organica, processuale e ordinamentale.
È un po’ lo stesso problema che abbiamo avuto qualche tempo fa con le corti d’appello: dobbiamo fare la riforma delle circoscrizioni, altrimenti ci troveremmo sommersi da richieste di formazione corti di appello che, siccome sono in totale distonia con il sistema, creano ulteriori disfunzioni, una corsa ingiustificata a creare istituti inutili.
La stessa cosa riguarda anche la separazione delle carriere: ci troviamo di fronte ad un istituto che può essere auspicabile, ma certamente deve essere inserito all'interno di un disegno organico che attiene il sistema processuale. È, infatti, innanzitutto un problema processuale vedere se il pubblico ministero può interferire, influenzare problemi che possono assommarsi rispetto ad un ordinato svolgimento del processo, magari tramutando la sua posizione dall'una all'altra funzione, quando oggi sappiamo che non è possibile, perché la Corte ha stabilito i limiti entro i quali dobbiamo contenerci, allora a questo punto i fini indicati non sono realizzabili, affrontiamo il problema in termini diversi, naturalmente il capitolo al prossimo intervento.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.7, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.8.
CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, riguardo all'emendamento 2.8, che è solo apparentemente molto puntuale, vorrei evidenziare le ragioni più profonde della modifica delle parole "previa delibera", che sembrerebbero soddisfare una iniziativa di partecipazione formale del Consiglio superiore della magistratura, con le parole "su proposta vincolante".
Senza nessuna volontà di digressione non funzionale al dibattito che è stato affrontato, vorrei far rilevare come anche l'evoluzione del dibattito nella odierna seduta dimostri - mi si consenta di dire - una certa inutilità del lavoro che stiamo compiendo, perché via via, purtroppo, stiamo scoprendo che per le opinioni che la stessa maggioranza sostanzialmente manifesta, il disegno lascia irrisolte le questioni di fondo. Si tratta di una sorta di ortopedia del vecchio ordinamento giudiziario nella quale, tuttavia, non abbiamo raccolto nessuna delle significative sollecitazioni che avevamo proposto.
Ritengo, non a caso, di aver svolto un intervento in discussione generale che poteva essere percepito come ellittico e come dedito ai massimi sistemi. Tuttavia, credo che di questi massimi sistemi evidentemente non si sia ancora discusso abbastanza. Mi permetto di far rilevare come il problema centrale delle modalità di tutela dell'autonomia e indipendenza della magistratura non lo abbiamo risolto, né lo risolse il legislatore costituzionale nella scorsa legislatura anche se ha costituzionalizzato il principio della terzietà delle corti e il cosiddetto principio che va sotto il nome sintetico di giusto processo.
Qui ci troviamo in presenza di un altro tema di rilevanza costituzionale. Dagli interventi precedenti mi sembra che abbiamo convenuto che su questo tema non siamo approdati ad un risultato definitivo, allora l'ipotesi è quella di una modifica della Costituzione.
Dice il collega Fassone che, a suo giudizio, siamo già non in un regime di separazione delle funzioni bensì di attenuata separazione delle carriere, ma certo è che, per opinione della stessa maggioranza, se separazione delle carriere non c'è, questa dovrebbe rappresentare comunque l'approdo di un altro sistema e di un altro modello.
Nell'emendamento in esame vi è un altro degli snodi fondamentali, cioè il modo attraverso il quale il governo della magistratura è in sintonia con il dettato costituzionale attuale e con le esigenze organizzative e strategiche di un sistema di magistratura complessa in un Paese di democrazia avanzata.
Credo non si rechi offesa al Ministro se si afferma che questo testo tende a svilire, a condizionare o a mettere in secondo piano l'opera del Consiglio superiore della magistratura, come del resto la maggioranza ha tentato fin dall'inizio della legislatura, mentre cerca di valorizzare la posizione del Ministro che dovrebbe addirittura illustrare alle Camere una politica giudiziaria che non gli è propria. Per la Costituzione, infatti, la politica giudiziaria la fa il Parlamento, non la fa il Governo, e i giudici applicano soltanto la legge, non la politica giudiziaria.
Anche in questo caso sarebbe tuttora opportuno ridefinire in maniera generale il ruolo e le funzioni del Consiglio superiore della magistratura, stabilire in quale misura l'organo è chiamato a determinare la formazione, la selezione, l'orientamento culturale dei magistrati, e in quale misura, legittimamente o no, il Ministro possa e debba intervenire in questo procedimento.
Ritengo che in questo ambito gli interventi del Ministro debbano essere quanto meno incisivi possibile e non per un'avversione nei confronti del Ministro in carica - sia chiaro - ma per un'avversione ad ogni incursione del Ministro della giustizia nell'attività in senso lato giurisdizionale.
Il Ministro della giustizia è custode dell'organizzazione giudiziaria, ne garantisce il buon funzionamento, ma non ha nulla a che vedere né con l'esercizio della giurisdizione né con le modalità di amministrazione della stessa. Il ruolo del Consiglio superiore della magistratura può essere irrobustito e può esserne ridisegnata la composizione in maniera meno approssimativa di quanto sia stato fatto nell'ultima occasione per cui una parte è condizionante in maniera parossistica rispetto ai lavori di tale organo. Questa invasione di campo del Ministro nei procedimenti di nomina, di selezione della classe magistratuale non mi sembra la strada corretta ed esatta.
Comprendo che la proposta emendativa è soltanto un rimedio rispetto a un determinato testo, mi pare però che sia necessario discutere il ruolo del Ministro e più in generale dell'Esecutivo e il ruolo del Consiglio superiore della magistratura. Se abbiamo discusso della necessità di revisione del tema della separazione delle carriere alla luce della nozione di magistrato vigente, non meno dobbiamo discutere dell'organizzazione collegiale dei giudici attraverso iniziative di articolazione associativa e soprattutto del ruolo dell'organo costituzionalmente previsto, cioè il Consiglio superiore della magistratura.
Da ultimo, non dobbiamo dimenticare che il Ministro della giustizia è l'unico Ministro che ha una specifica menzione nella Carta costituzionale. Anche questo tema perciò riguarda non tanto il riassetto organizzativo delle funzioni quanto piuttosto la ricollocazione del Ministro nell'ambito della Costituzione. Mi permetto di segnalare la consistenza puntuale dell'emendamento e la necessità che si continui a dibattere di questi temi durante il percorso di esame del testo legislativo. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, l’emendamento 2.8 in esame, al quale chiedo di poter apporre la mia firma, mi sembra assolutamente opportuno. Il testo in discussione, infatti, prevede che la commissione di concorso venga nominata dal Ministro della giustizia previa delibera del Consiglio superiore della magistratura.
Tra l’altro, sappiamo che tale commissione è composta da magistrati e professori universitari e non so se la previa delibera del Consiglio superiore della magistratura si riferisca ad entrambi, come sembrerebbe dal significato letterale della norma, ovvero solo ai magistrati, come mi sembrerebbe più logico secondo una sistematica divisione dei rapporti.
Prevedere che il Consiglio superiore della magistratura dia un parere vincolante al Ministro, al quale spetta soltanto la nomina formale della commissione, ritengo sia saggio, perché regola quei rapporti. Non voglio attribuire aggettivi al ruolo del Ministro in questo disegno di legge che non esito a definire ruolo sospettoso, permaloso e litigioso, se non premettendo che non mi riferisco al Ministro presente e nemmeno ad uno futuro. Data la permalosità diffusa nella maggioranza e nel Governo, mi riferisco al Ministro della giustizia di Catania, facendo in tal modo contento almeno Musil e non offendendo alcuno in questo clima di sospetto e di permalosità.
É certo, però, che il Ministro della giustizia delineato nel disegno di legge in esame, che ripeto non è l’attuale ma uno ipotetico, è assolutamente litigioso. Infatti, rispetto alle nomine, può ricorrere al Consiglio di Stato perché interviene in modo pesante nel procedimento disciplinare; perché interviene in sede di inaugurazione dell’anno giudiziario delineando le linee della politica giudiziaria; perché, in sostanza, interviene ad ogni piè sospinto.
Si regolano i rapporti in merito alla nomina del Ministro e la delibera del Consiglio superiore della magistratura, poiché dal concorso discende l’assunzione e poiché l’articolo 105 della Costituzione prevede che i magistrati siano assunti dal Consiglio superiore della magistratura (questo è il compito che la Costituzione affida al CSM). Prevedere che questa delibera sia vincolante è saggezza in linea generale e concreta, visto il ruolo che si disegna di lite permanente nel provvedimento tra il Ministro della giustizia e il Consiglio superiore della magistratura.
In questo clima di guerra perenne è bene stabilire dei confini molto precisi. L'emendamento in esame, sul quale assolutamente concordo, prevede finalmente un confine preciso, nel senso che il parere del Consiglio superiore della magistratura è vincolante per il signor Ministro e non per considerarlo inferiore ma perché lo dice l’articolo 105 della Costituzione.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.8, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.502, presentato dai senatori Sodano Tommaso e Malabarba.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 2.9, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori, identico agli emendamenti 2.10, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori, 2.503, presentato dai senatori Sodano Tommaso e Malabarba, e 2.11, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.
Non è approvato.
CALVI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, intervengo per ritirare gli emendamenti 2.12, 2.13 e 2.14.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.504.
BISCARDINI (Misto-SDI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BISCARDINI (Misto-SDI). Signor Presidente, in coerenza con quanto abbiamo sostenuto in questi giorni, non essendo passato l'emendamento 2.500, che proponeva con nettezza la separazione delle carriere, è chiaro che questo emendamento non avrebbe senso nella struttura organica del testo in esame, e quindi lo ritiro.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.505, presentato dai senatori Sodano Tommaso e Malabarba.
Non è approvato.
Ricordo che l'emendamento 2.14 è stato ritirato.
Metto ai voti l'emendamento 2.15, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori, identico all'emendamento 2.16, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.17.
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, l'aggiunta della sanzione in misura non inferiore alla censura significa non escludere i colpiti da quella sanzione minore che è l'avvertimento.
È vero che nella tematica disciplinare si distingue se l'avvertimento sia una sanzione oppure no (su questo punto è aperta discussione), ma siccome è meglio fare chiarezza, io credo che prevedere che la sanzione non debba essere inferiore alla censura consenta di non escludere dalla magistratura chi ha ricevuto la sanzione minima (spesso succede all'inizio di una professione) dell'avvertimento.
PETRINI (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 11,55, è ripresa alle ore 12,18).
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn.1296-B,1262,2457 e2629
PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
Metto ai voti l’emendamento 2.17, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.
Non è approvato.
Richiamo al Regolamento
ANGIUS (DS-U). Domando di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANGIUS (DS-U). Signor Presidente, ho chiesto la parola per un richiamo al Regolamento ai sensi dell'articolo 92, perché intendo sottoporre all’attenzione dei colleghi e alla valutazione dei Ministri presenti in questo momento in Aula una questione sulla quale del resto essi stessi sono intervenuti, ricordando in premessa che tra ieri ed oggi per l’undicesima volta, poco fa, è mancato il numero legale.
Lo dico perché sia registrato a futura memoria, in modo che non venga poi imputata alla terribile opposizione delle forze democratiche di sinistra la responsabilità o la colpa di eventuali richieste di questione di fiducia motivate anche dal presunto ostruzionismo che noi staremmo conducendo in Aula. E’ piuttosto la maggioranza che fa l’ostruzionismo a se stessa e al Governo che dovrebbe sostenere.
La questione che intendo sollevare è la seguente. Siamo rimasti molto colpiti, questa mattina, da due importanti dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio e dal Vice presidente del Consiglio.
Il Presidente del Consiglio ha sostenuto - credo di citare testualmente - che, arrivati a questo punto, è necessario che Governo e maggioranza mantengano le promesse fatte agli elettori, oppure si va tutti a casa. Se ne deduce che le promesse fino ad ora non sono state interamente mantenute (Commenti dai banchi della maggioranza) e che quindi bisogna accelerare, bisogna mantenere questo impegno.
Il Vice presidente del Consiglio, invece, in un’ampia intervista al più importante quotidiano italiano, il "Corriere della Sera", che infatti giustamente apre il giornale, dice: bisogna fare un nuovo programma e un nuovo Governo. Vorrei richiamare nei pochissimi minuti che ho a disposizione alcune frasi molto importanti che sono state pronunciate dal Vice presidente del Consiglio, in particolare una.
Il Vice presidente del Consiglio afferma testualmente: "Con onestà intellettuale occorre però ammettere che il programma elettorale fu pensato in una congiuntura economica precedente l’11 settembre, totalmente diversa e assai più favorevole di quella che purtroppo stiamo attraversando. Avremo anche commesso degli errori, ma nessuno avrebbe saputo far meglio. (…) Ora, però, va fatta professione di realismo e di serietà politica".
Mi colpiscono queste parole del Vice presidente del Consiglio, perché, in sostanza, egli dice: con onestà intellettuale bisogna ammettere che, anche per ragioni oggettive, non siamo riusciti a realizzare - finora - il programma che ci eravamo prefissati.
Proseguendo, il Vice presidente del Consiglio fa un riferimento particolare e specifico, su cui non mi voglio dilungare, all’annosa questione della riduzione della pressione fiscale, sostenendo che la proposta che è stata formulata insistentemente, ancora nella giornata di ieri, dal Presidente del Consiglio è irrealizzabile. E’ addirittura - usa queste due parole - "obiettivo impossibile".
In sostanza, la scelta fondamentale di politica economica (tale ritenuta dalla Casa delle Libertà e dal Governo e proposta, sostenuta e caldeggiata dal Presidente del Consiglio) il Vice presidente del Consiglio afferma che è un obiettivo impossibile. Lo dice lui: impossibile.
E poi sostiene ancora: dobbiamo impegnarci a scrivere un nuovo programma sino al termine della legislatura. Fa, cioè, una professione di realismo politico molto seria, secondo il mio punto di vista, dicendo in sostanza: diamoci una regolata, non si tratta soltanto di invertire una rotta, ma di riscrivere il programma. Il giornalista chiede se ci potrà essere un rimpasto e il Vice presidente del Consiglio spiega che, varato il nuovo programma, dovrebbe anche nascere un nuovo Governo: nuovo programma, nuovo Governo.
Questa dichiarazione non è stata fatta dall’usciere di Palazzo Chigi, bensì dal Vice presidente del Consiglio, ed è stata fatta in questo momento, cioè nel momento in cui (vengo alla questione sulla quale volevo intervenire) noi, qui in Senato, stiamo discutendo quella che viene ritenuta dalla maggioranza, ma lo è anche per l’opposizione, una delle più importanti riforme di questa legislatura, la riforma dell’ordinamento giudiziario.
Ora, perché il Vice presidente del Consiglio fa queste affermazioni? Io penso che ci siano varie ragioni politiche: la sconfitta nelle ultime elezioni suppletive, perché è evidente che quel 7 - 0 è bruciante per la Casa delle Libertà e per il Governo. In sette collegi si è votato e in sette collegi avete perso.
Dopodiché è evidente che c’è un disagio profondo all’interno della maggioranza anche per il colpo subìto ieri a Bruxelles, perché il commissario indicato dal Governo non è visto di buon grado dal Parlamento europeo, dai professionisti della democrazia del turismo, come erano stati a suo tempo definiti i parlamentari europei dal Presidente del Consiglio.
È evidente che questo fatto ha comportato un’umiliazione per l’Italia e anche una qualche discussione all’interno della Casa delle Libertà. Questo disagio è evidente anche per atti come quello compiuto ieri alla Camera, in sede di discussione di un emendamento definito dai giornalisti "salva-Previti", reiterato. (Commenti del senatore Chincarini).
È evidente che da tutte quante queste ragioni il Vice presidente del Consiglio trae una conclusione politica. (Commenti del senatore Malan).
NESSA (FI). Sta facendo un comizio, signor Presidente!
ANGIUS (DS-U). No, io sto avanzando una proposta. (Commenti dal Gruppo LP).
PRESIDENTE. Senatore Angius, avanzi la proposta, altrimenti le mancherà il tempo per poterlo fare.
ANGIUS (DS-U). Ho finito e arrivo alla proposta, però, dovevo motivarla, signor Presidente.
PRESIDENTE. La motivi in tempo utile, senatore Angius.
ANGIUS (DS-U). Signor Presidente, noi stiamo cercando di porre all’attenzione del Governo e dei colleghi una questione rilevante, sulla quale peraltro è intervenuto anche il ministro Castelli, perché poco fa ha risposto alle dichiarazioni del Vice presidente del Consiglio in termini opposti, dicendo che l’onorevole Fini ha torto: bisogna portare a termine il programma con questo Governo.
Allora, noi stiamo discutendo di un provvedimento che non è stato neanche citato dal Vice presidente del Consiglio nell’intervista di oggi: infatti, laddove ha affermato che riforme importanti sono state fatte da questo Governo e da questa maggioranza, non ha citato la riforma dell’ordinamento giudiziario.
SEMERARO (AN). Perché non è stata ancora fatta!
ANGIUS (DS-U). Il problema quindi è che noi non possiamo discutere in quest’Aula, signor Presidente, come se niente fosse. Questa è la nostra opinione. In particolare, non possiamo discutere una riforma così rilevante come quella dell’ordinamento giudiziario.
Dunque, secondo le parole del vice presidente Fini, riscriviamo il programma (ma allora forse è qualcosa che riguarda anche l’ordinamento giudiziario), anzi, facciamo un Governo nuovo.
La mia proposta è questa: si sospenda la discussione sulla riforma dell’ordinamento giudiziario e s'inverta l’ordine dei nostri lavori, discutendo subito le mozioni previste per oggi pomeriggio, in attesa che vi sia il doveroso e giusto chiarimento.
Siamo favorevoli a dare questo tempo al Governo ed alla maggioranza affinché si chiariscano le idee. Eventualmente, possiamo discutere anche il disegno di legge sul cosiddetto mandato di cattura europeo, cioè uno di quei provvedimenti per i quali l’Italia è vista con sospetto in Europa.
PRESIDENTE. Senatore Angius, ha terminato il tempo a sua disposizione e noi abbiamo compreso la proposta.
ANGIUS (DS-U). Il senso della mia proposta è molto chiaro e credo sia ineludibile. Potete far finta che questo problema non vi sia, ma sono certo che travaglierà i vostri pomeriggi, le vostre serate e i vostri giorni futuri. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U e Misto-Com).
PRESIDENTE. Senatore Angius, lei ha fatto un richiamo al Regolamento che non ha alcun fondamento, così come la sua proposta d'interrompere la discussione in corso non ha valenza regolamentare. Tutto quello che ha detto ha un valore esclusivamente politico.
In considerazione di ciò, darò la parola soltanto ad un senatore, perché non intendo che si faccia passare altro tempo in modo strumentale, interrompendo la discussione sul provvedimento in esame.
BOBBIO Luigi (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOBBIO Luigi (AN). Signor Presidente, colleghi, sono assolutamente contrario - e penso di poterlo affermare a nome di tutti i colleghi della maggioranza - alla proposta avanzata dal senatore Angius e soprattutto mi sento infastidito dalle modalità con le quali questo tema è stato oggi introdotto in Aula. (Commenti del senatore Garraffa).
PRESIDENTE. Senatore Garraffa, faccia come gli altri e non interrompa.
BOBBIO Luigi (AN). Prendiamo atto che il senatore Angius ha ritenuto, tentando di usare ai suoi fini il Regolamento, di fare qui, in questa sede, a mio avviso impropria, la sua conferenza stampa. Credo sarebbe stato molto più utile farla all’esterno di quest’Aula consentendo a noi senatori di lavorare, come stavamo facendo (Applausi dai Gruppi AN, FI e LP), nell’interesse dei cittadini e del Paese, tentando insieme all’opposizione, con un dialogo finalmente costruttivo, fatto di contenuti seri, di arrivare ad una elaborazione politica prima ancora che ordinamentale che avesse senso agli occhi dei cittadini italiani.
Signor Presidente, credo che le dichiarazioni politiche dei leaders, come di tutti coloro che si occupano di politica, siano legittime e anzi debbano esserci per contribuire al dibattito politico; quest’ultimo quando si deve svolgere in Assemblea troverà in essa la sua sede legittima, ma quando si deve svolgere all’esterno è bene che non si cerchi di trascinarlo all’interno dell’Aula per paralizzare in maniera strumentale e sospetta la sua attività.
Mi permetta di concludere con una dichiarazione. Se quando si parlò del problema del "bello guaglione", quando cioè si mise in discussione da parte di Prodi la leadership di Rutelli indicato solo come un bel ragazzo, noi fossimo intervenuti per chiedere all’opposizione di cambiare leader, trascinando in Aula una problematica esterna afferente alla politica del centro-sinistra e interrompendone i lavori, avremmo reso ai cittadini quel pessimo servizio che oggi il centro-sinistra ha tentato di rendere nei loro confronti. (Applausi dai Gruppi AN, FI e del senatore Del Pennino).
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn.1296-B,1262,2457 e2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 2.18, identico agli emendamenti 2.19, 2.20 e 2.21.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, non sarei intervenuto sul punto, ma ritengo opportuno far osservare che il Governo ha proposto nel suo emendamento qualcosa di diverso da quanto previsto alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 2.
Personalmente ero intervenuto in Commissione per rimarcare l’assurdità di un test psico-attitudinale per l’ammissione alle prove. Mi sembra che ora il Governo sia orientato a prevedere un colloquio di valutazione psico-attitudinale all’esito delle prove orali. Rimanendo comunque contrario alla modalità - e lo spiegherò quando esamineremo l’emendamento del Governo - non capisco il motivo per cui non vi sia un emendamento della maggioranza soppressivo della lettera c), dal momento che approvando l’emendamento del Governo quella parte decadrebbe.
Mi sembra una questione procedurale, signor Presidente; noi rischiamo di approvare una previsione relativa alla lettera c) che l’emendamento governativo farebbe decadere. Pertanto, per ragioni di razionalità dei nostri lavori, sottopongo il problema a lei, prima di tutto, ma anche alla maggioranza, perché sarebbe incongruo tenere in piedi una previsione contraria a quella che passerebbe con l’emendamento governativo.
Comunque, se dovessimo arrivare alla votazione dell’emendamento, chiedo la stessa sia preceduta dalla verifica del numero legale.
MARITATI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARITATI (DS-U). Signor Presidente, nell’ultimo intervento il relatore ha fatto riferimento a contenuti finalmente seri dell’opposizione. Mi permetto di dire che l’opposizione su questo tema, come su quasi tutti gli altri trattati dal Senato, è sempre seria e ha sempre prospettato contenuti di grande valore. Nonostante ciò, però, di disponibilità reale da parte della maggioranza ne ho vista assai poca, ad eccezione della richiesta del ministro Castelli di accantonare la parte che riguarda gli incarichi extragiudiziari. Altra concreta prova di disponibilità fino ad oggi non vedo, a fronte di una nostra seria contrapposizione a questo disegno di legge.
Parliamo dei test psico-attitudinali. Se, caro collega relatore, c’è attitudine da parte vostra ad ascoltare, questo è il momento. Cos’è un test psico-attitudinale? Servirebbero molto tempo e forse capacità tecniche per spiegarlo fino in fondo.
Nel nostro Paese non abbiamo mai attuato o utilizzato questo strumento per le professioni come quella di medico, per esempio, o di professore, che pure sono professioni che incidono direttamente sulla persona, sulla persona fisica e sulla persona nella sua formazione culturale. Ci sono i test psico-attitudinali per i piloti, per l’accesso alle varie armi, per i militari; sono attività ben definite, per cui il test psico-attitudinale si può formulare sulla base di princìpi definiti, scientifici.
Poco importa, da questo punto di vista, se il test psico-attitudinale - poi diremo i tempi e i modi in cui si può valutare ciò che tutti vogliamo o dovremmo voler valutare - si colloca tra lo scritto e l’orale o dopo l’orale. Ma cosa chiediamo all’esperto? Innanzitutto, qual è l’esperto che deve stilare il test psico-attitudinale? Sarà uno psichiatra? Uno psicologo? Un tecnico di diversa competenza? La delega non lo stabilisce e, secondo me, è importante e indispensabile che si preveda, altrimenti arriviamo come al solito a toccare la nostra Costituzione.
Per quest’ultima è il Consiglio superiore della magistratura che deve valutare e provvedere all’assunzione dopo un concorso che viene effettuato certamente da persone diverse dai componenti del Consiglio. Ma queste persone, cioè i componenti della commissione, ricevono direttive ben definite, precise, circa i programmi, l’oggetto della materia e il modo in cui si procede alla valutazione degli aspiranti magistrati.
Vi chiedo di spiegarci, colleghi della maggioranza, in cosa dovrà consistere il test psico-attitudinale, che sarà differente per il pubblico ministero e per il giudice. Dovremo saperlo, perché l’aspirante magistrato dovrà prepararsi al test psico-attitudinale. Come si fa un pubblico ministero, come si svolge la funzione di giudice? Voi pretendete che questo lo sappia l’aspirante magistrato.
Quando leggo di test psico-attitudinali non posso non ricordare le sprovvedute dichiarazioni di qualcuno che ha parlato di psichiatria a proposito della magistratura. Ebbene, non siamo qui a polemizzare sterilmente e vi voglio dare la prova della nostra propensione a perseguire l’obiettivo primario di dare al Paese magistrati sempre più qualificati, sempre più preparati e capaci.
Questa ricerca, che può vederci uniti, deve però essere seguita e rispettare delle regole ben definite. Non è possibile affidarsi ad esterni, ad estranei, a tecnici ai quali il Consiglio superiore della magistratura dovrebbe rimettersi a scatola chiusa, senza dare delle precise indicazioni. Non è, quindi, un terreno sul quale possiamo addentrarci senza mettere in pericolo la stessa serietà della professione.
Come dicevo prima, siamo pronti non solo a collaborare, ma ad offrire soluzioni meritevoli di essere accettate. Mi riferisco in particolare all'emendamento 2.249, sul quale interverrà probabilmente il collega Fassone, dove abbiamo scritto testualmente: "prevedere che, in esito al tirocinio, l’assegnazione delle funzioni sia preceduta da un giudizio positivo, espresso anche in relazione alla funzione richiesta, che, sulla base di valutazioni periodiche e collegiali formulate durante il tirocinio, tenga conto altresì delle qualità di equilibrio, maturità e responsabilità dimostrate dal soggetto"; questo sulla base di comportamenti e non delle risposte al test psico-attitudinale.
Allora, o questi test psico-attitudinali non dovranno servire a nulla, dovranno essere una farsa, ma non lo penso, oppure dovete spiegarci a che cosa deve rispondere un'aspirante magistrato.
Le norme che ci proponete, collega Bobbio, non solo non definiscono nulla in merito al modo in cui si sviluppa l'attività del magistrato, ma al contrario, quel che è scritto in alcune norme ci lascia intravedere che ciò che si richiede al magistrato, per esempio al pubblico ministero, è più un'attitudine ad essere succube, ad eseguire gli ordini, ad agire sulla base di ciò che gli viene imposto e dichiarato.
Questa è la vostra riforma. Temo, quindi, che i test psico-attitudinali con questo tipo di organizzazione, per esempio, del pubblico ministero, provocherebbero una catastrofe: avremmo magistrati non capaci, non in grado di valutare, di decidere anche con prontezza, ma bravi ad eseguire gli ordini, non sappiamo in realtà di chi.
Queste sono le ragioni per le quali vi chiediamo di rivedere la vostra posizione e di cancellare questa parte della vostra riforma.
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Colleghi, sono costretto ad incominciare dicendo "nel rito e nel merito".
Nel rito ha assolutamente ragione il senatore Dalla Chiesa, perché questa "giravoltola" - se posso usare questo termine senza stimolare la suscettibilità del Governo - di presentare un emendamento alle ore 18 ed un subemendamento che voti in senso contrario all'emendamento delle 18 alle ore 12 del giorno dopo crea una situazione molto difficile. Infatti, mi sembra molto difficile che, qualsiasi sia il voto espresso di approvazione o di reiezione dell'emendamento, si possa tenere in vita quel colloquio psico-attitudinale che è cosa tutt'affatto diversa dai test psico-attitudinali che vuole il Governo.
Ma venendo nel merito di questa proposta, perché siamo così contrari ai test psico-attitudinali? Siamo già tornati moltissime volte su questo argomento e restringo proprio in estrema sintesi le ragioni della nostra profonda, piena e totale avversione.
In primo luogo, non si sa chi deciderà i testi; in secondo luogo, non si sa chi valuterà i testi; in terzo luogo, soprattutto - visto che alla fine bisogna chiamare le cose con il loro nome - questi test psico-attitudinali possono essere utilizzati per discrimine personale o politico dei magistrati.
Se accetto che i magistrati non debbano iscriversi a partiti politici, se accetto limitazioni della possibilità di partecipare a determinate attività dei partiti politici, non accetto però e non potrò mai accettare che vi sia un discrimine personale rispetto all'assunzione dei magistrati. I test psico-attitudinali si fondano su dati di reazione del candidato che sono anche fisici e caratteriali. Si tratta di valutazioni personali rispetto a questa alta funzione che configurano una preselezione del potere esecutivo rispetto al potere giudiziario.
Tutto questo è inaccettabile; una scelta della magistratura da parte dell'Esecutivo è di una pericolosità estrema per l'indipendenza della magistratura che rimane un bene sommo. (Applausi dal Gruppo DS-U).
BOBBIO Luigi (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOBBIO Luigi (AN). Signor Presidente, non comprendo realmente la portata di certe contrapposizioni.
Quando parliamo di colloquio psico-attitudinale, parliamo di un colloquio previsto per coloro che magistrati ancora non sono. Non riesco a comprendere la logica di una contrapposizione che induce i colleghi dell'opposizione fare una richiesta di tutela avanzata di una categoria professionale. Dovreste essere solidali con noi nell'individuare quanti più strumenti possibile per arrivare alla costruzione di una categoria dotata di tutti i necessari requisiti, estremamente chiari e semplici nella definizione concreta: equilibrio, mancanza di profili di rivalsa sociale e linearità di processi mentali. Altro non si vuole da coloro che aspirano a diventare magistrati.
Non comprendo - ripeto - le ragioni di una tutela avanzata, non comprendo perché contrapporsi e richiamare i problemi dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura a tutela di coloro che magistrati ancora non sono ma aspirano a diventarlo.
CONTESTABILE (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CONTESTABILE (FI). Signor Presidente, non intervengo da anni sui problemi della giustizia perché da tempo mi occupo di altro; ho ritenuto però doveroso intervenire su questo problema perché penso che sia particolarmente delicato.
Alla base degli emendamenti presentati dall'opposizione vi è innanzitutto la ovvia e giusta preoccupazione di non sminuire l'attività del magistrato. Qualcuno può pensare che sottoporre il candidato alla magistratura ad un test psico-attitudinale potrebbe sminuirne la funzione e la dignità. Non credo che sia così, ma mi rendo conto che ciò possa costituire una preoccupazione.
Dall'altro lato, c'è da considerare che la funzione del magistrato nella società è particolarmente delicata e ciò evidenzia la necessità di tutelare il cittadino e di tutelare in fondo lo stesso magistrato. Il magistrato deve essere sicuro che nessuno possa pensare che le sue decisioni siano state prese in una situazione di mente turbata. Ho fatto l'avvocato per quarant'anni e mi è capitato di incontrare magistrati - un'infima minoranza, sia ben chiaro - pazzi.
La stragrande maggioranza dei magistrati italiani gode per fortuna di serenità e di tranquillità, frigido pacatoque animo, per cui possiamo fidarci dei loro giudizi. Tuttavia, in quarant’anni di professione mi è capitato di incontrare magistrati pazzi.
Voglio ricordare, senza fare i nomi, un episodio clamoroso, un processo di una certa rilevanza in cui ero difensore - non darò pubbliche indicazioni per non far individuare di chi si tratta - che contava decine e decine di provvedimenti di custodia cautelare, qualche suicidio in carcere, nonché pronunzie di merito assolutamente difformi dalle richieste dell’accusa (tutte o quasi tutte assolutorie) da parte di un pubblico ministero che noi avvocati ritenevamo non godesse di buona salute mentale. Questa persona, che deve essere rispettata (la malattia va rispettata), ha poi lasciato la magistratura in seguito a situazioni personali degne di rispetto, perché frutto di una grande sofferenza. In ogni caso, l’episodio è clamoroso ed è noto a tutti.
Anche altre volte mi è successo di aver a che fare con magistrati - ripeto che si tratta di un’infima minoranza - che non godevano di una buona salute mentale.
Esiste il problema del test iniziale psico-fisico. Consiglierei - non è il caso in questa sede - di fare come in Spagna una verifica ogni cinque anni, perché la funzione del magistrato è tanto delicata e così drammaticamente solitaria da esporre la sua persona a certi rischi. Dico questo con il pieno rispetto della magistratura.
Viviamo in una situazione in cui oramai i test psico-attitudinali sono diffusi; vi si sottopongono i piloti degli aerei e coloro che intendono diventare ufficiali dei carabinieri, per cui non vedo per quale motivo non possano essere previsti anche per i magistrati.
Dobbiamo ricordare che da questi ultimi dipende il bene più prezioso per la società e la persona: la libertà. Il cittadino deve essere garantito. La persona che fa il magistrato deve essere, come avviene nel 99 per cento dei casi, in grado di giudicare con serenità e nel pieno possesso delle sue facoltà mentali. (Applausi dai Gruppi FI, AN, UDC e LP).
CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Senatore Calvi, le domando se intende intervenire in dissenso dal suo Gruppo.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, farò una dichiarazione che sicuramente non è in linea con quanto è stato finora espresso.
PRESIDENTE. Senatore Calvi, mi scusi, ma devo saperlo, in quanto è già intervenuto un rappresentante del suo Gruppo.
CALVI (DS-U). Intervengo allora in dissenso - non la ritengo una questione sostanziale, ma formale - in quanto, in effetti, le motivazioni che desidero portare alla vostra attenzione sono diverse e le espongo partendo dalla seguente osservazione.
Dobbiamo evitare, da una parte, una sorta di criminalizzazione dell’intero corpo della magistratura, che è totalmente inverosimile e falsa; dall’altra parte, non dobbiamo sottovalutare il problema delle gravi responsabilità che hanno i magistrati e quindi della necessità di un controllo.
Quello che voglio dire, Presidente, intanto è che l'Associazione nazionale magistrati, quella che rappresenta i magistrati italiani, non si è mai detta contraria al test psico-attitudinale, o meglio, al test. Non si è mai detta contraria. Il problema di questa norma, alla quale noi siamo contrari, anche se io dissento rispetto ad alcune delle motivazioni che sono state portate, è che il test non è finalizzato a verificare la serenità e l'equilibrio del magistrato ma, come si può leggere nel provvedimento, è finalizzato a verificarne l'attitudine alle specifiche funzioni. In altre parole, non sarà la Commissione, ma uno psichiatra a dire al vincitore di concorso: tu puoi fare il pubblico ministero, oppure tu non puoi fare il giudice. Questa è la sconcezza di questa norma!
Poiché ci troviamo di fronte a persone che avranno la responsabilità anche delle nostre libertà, vogliamo tutte le garanzie, compresa la possibilità di un test; ma questo per verificare la serenità e l'equilibrio del soggetto, non per demandare ad uno psichiatra la scelta circa le funzioni che egli dovrà esercitare, scelta che non può essere rimessa a tale figura.
Questa è la ragione del mio dissenso, se vogliamo chiamarlo così, ma è anche la ragione per cui ho presentato quell'emendamento. Sono contrario a questa parte della norma per le anzidette ragioni, non perché sono contrario al test. (Applausi dal Gruppo DS-U).
PRESIDENTE. Come vota, senatore Calvi? Non l'abbiamo mica capito.
CALVI (DS-U). Ma certamente: a questo punto, mi astengo!
PRESIDENTE. Ora me lo ha detto, prima no.
PETRINI (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
PETRINI (Mar-DL-U). Signor Presidente, intervengo anch'io in dissenso dal mio Gruppo e molto brevemente per richiamare l'attenzione dell'Assemblea su un fatto che mi sembra sostanziale.
Tutta questa discussione si fonda su un presupposto logico che è assolutamente fallace, vale a dire l'idea che un colloquio psico-attitudinale sia in grado di disvelare eventuali disturbi della personalità dell'aspirante magistrato. Ma questo presupposto è assolutamente illogico e inesistente!
Io vorrei chiedere al relatore in Commissione Bobbio e al presidente della Commissione Caruso, che ho imparato in tante occasioni a stimare, se avete mai fatto un'audizione con gli psichiatri, ad esempio con il presidente della Scuola di psichiatria italiana, per sapere se uno strumento del genere è adatto a quella finalità che voi dichiarate di voler perseguire.
Infatti, i test psico-attitudinali possono distinguere le potenzialità di una persona, possono dirci se c'è un talento musicale, un'intelligenza matematica, una capacità logico-dialettica, ma non possono in nessun modo dirci se c'è un disturbo della personalità tale da determinare in un futuro alterazioni nelle funzioni sociali che andrà ad espletare quella persona. Il test psico-attitudinale non può avere quella funzione che voi dichiarate debba avere.
Per questo la discussione si fonda su un'assoluta illogicità. Per questa ragione, mi asterrò dal voto. (Applausi del senatore Manzione).
*GUBETTI (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GUBETTI (FI). Signor Presidente, io avrei preferito non intervenire in quanto psichiatra, ma l'ultimo intervento che è stato fatto mi costringe ad intervenire.
I test non sono sicuramente in grado di dire qual è la figura ideale, perfetta del giudice, ma possono dire, eccome, una persona è totalmente inadatta a giudicare. Questo lo possono dire di sicuro.
Vorrei dire al senatore Petrini che, se noi oggi siamo qui a parlare tranquillamente, se siamo ancora vivi, lo dobbiamo al fatto che sia gli americani che i russi per decenni hanno sottoposto tutti coloro che avevano la possibilità di accedere ad armi atomiche a visite psichiatriche periodiche! Se siamo ancora vivi, se lei è ancora vivo, se io sono ancora vivo, è per quel motivo! Per cui lei dovrebbe parlare con maggior rispetto della psichiatria, della psicologia e di coloro che la praticano. Il mio voto è ovviamente favorevole. (Applausi dai Gruppi FI, LP, UDC e AN).
BOBBIO Luigi (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOBBIO Luigi (AN). Signor Presidente, il senatore Calvi ha fatto delle dichiarazioni a mio avviso veramente importanti, soprattutto quando si è riferito alla indubbia utilità dei test per i magistrati al fine di verificarne equilibrio e serenità. Io mi domando per quale ragione non si possa eventualmente proporre, dal Governo all'opposizione, di riformulare l'emendamento in questo senso. Penso che la maggioranza prenderebbe sicuramente in considerazione un riferimento negli stessi termini adoperati dal senatore Calvi nel suo intervento.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Ma c'è già l'emendamento del Governo!
PRESIDENTE. Questa in sostanza è una proposta di accantonamento.
Invito pertanto il rappresentante del Governo a pronunziarsi al riguardo.
CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, ritengo che questa discussione si potrebbe utilmente svolgere sull'emendamento 2.1000 del Governo, del quale vi è, appunto, una riformulazione. Oggi stiamo parlando di alcune questioni che sono destinate ad essere superate presumibilmente dal voto favorevole a questo emendamento. Quindi, se il senatore Calvi vuole proporre una riformulazione del comma a) del nostro emendamento, siamo disponibilissimi a valutarlo. Ne abbiamo anche il tempo, perché non l'abbiamo ancora esaminato, quindi non c'è bisogno di accantonarlo.
PRESIDENTE. Non è questo comunque l'emendamento da accantonare.
CASTELLI, ministro della giustizia. In ogni caso, proporrei di respingere tutti gli emendamenti, o eventualmente ritirarli, e discutere del 2.1000, che è quello sostanziale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta, precedentemente avanzata dal senatore Dalla Chiesa, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
(Brusìo in Aula).
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Ognuno per sé! All'ultimo banco lassù c'è una luce a cui non corrisponde alcun senatore!
PRESIDENTE. State seduti, colleghi, per facilitare i controlli. Invito naturalmente i commessi di togliere le tessere presenti nei banchi della sinistra a cui non corrisponda un senatore presente. (Applausi dal Gruppo FI).
Tutte quelle luci a cui non corrisponda un senatore, che per caso si sia spostato, devono essere spente!
MANZIONE (Mar-DL-U). A sinistra e a destra, signor Presidente! Lei deve guardare da entrambe le parti!
MARITATI (DS-U). Vedo delle luci bianche…
PRESIDENTE. Dietro le sue spalle, senatrice Donati, non vedo alcun senatore…
(Brusìo in Aula).
MARITATI (DS-U). Signor Presidente, quelle luci bianche vanno spente… (Proteste del senatore Longhi).
PRESIDENTE. Senatore Longhi, la richiamo all'ordine. Non lo faccia più, altrimenti sono costretto ad espellerla dall'Aula!
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 13,04, è ripresa alle ore 13,26).
Ripresa della discussione
dei disegni di legge nn.1296-B,1262,2457 e2629
PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
Passiamo nuovamente alla votazione dell'emendamento 2.18, identico agli emendamenti 2.19, 2.20 e 2.21.
Verifica del numero legale
MACONI (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
GARRAFFA (DS-U). Va bene: 7 - 0!
BUCCIERO (AN). (Con riferimento ai banchi dell’opposizione ove vi sono luci cui non corrisponderebbero senatori). I lumini al cimitero.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la verifica del numero legale.
Il Senato non è in numero legale.
Apprezzate le circostanze, tolgo la seduta e rinvio la discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
Naturalmente noto anche la circostanza che, per ripetute volte, la maggioranza non ha assicurato il numero legale per l’approvazione di questo disegno di legge, perciò chiudo la seduta piuttosto rammaricato.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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687a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MARTEDI' 2 NOVEMBRE 2004 (Pomeridiana) |
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Presidenza
del vice presidente DINI, |
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,33).
(omissis)
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1296-B) Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico (Approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati)
(1262) COSSIGA. – Delega al Governo per il decentramento dei servizi della giustizia, per la riorganizzazione degli uffici giudiziari e per l’istituzione dell’assistente legale-giuridico
(2457) MAGNALBO’ ed altri. – Istituzione del ruolo del funzionario giudiziario
(2629) COSSIGA. - Esame per la valutazione della capacità mentale sotto il profilo psichiatrico e della idoneità psicologica a esercitare le funzioni di magistrato dell’ordine giudiziario
(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1296-B, già approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati, 1262, 2457 e 2629.
Ricordo che, ai sensi dell'articolo 104 del Regolamento, oggetto della discussione e delle deliberazioni saranno soltanto le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati, salvo la votazione finale.
Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 1296-B, nel testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati.
Ricordo altresì che sono stati accantonati gli emendamenti 1.11, 1.12 e 1.13, e conseguentemente l’articolo 1, e che nella seduta antimeridiana del 28 ottobre è proseguita la votazione degli emendamenti presentati all’articolo 2.
Metto ai voti l’emendamento 2.18, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori, identico agli emendamenti 2.19, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori, 2.20, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori, e 2.21, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.1000/2, presentato dal senatore Cavallaro, identico all’emendamento 2.1000/3, presentato dal senatore Manzione.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/35.
PETRINI (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETRINI (Mar-DL-U). Signor Presidente, l'emendamento 2.1000/35 riguarda la possibilità per il candidato di sostenere un colloquio di idoneità psico-attitudinale all'esercizio della professione di magistrato, anche in relazione alle specifiche funzioni indicate nella domanda di ammissione.
Sono già intervenuto (in quel caso si trattava del testo precedente, che prevedeva l'esecuzione di test psico-attitudinali) rilevando la discrepanza fra lo strumento indicato dalla legge e le finalità che a quello strumento si assegnavano e risultavano dagli interventi di numerosi colleghi senatori, i quali, cioè, assegnavano a quello stesso strumento (i test psico-attitudinali) la funzione magica di garantire circa la salute psichica dei futuri magistrati.
Nel rilevare questa discrepanza, cioè la sostanziale insufficienza di quello strumento a garantire quel fine, mi ero chiesto se la Commissione avesse provveduto a tenere delle audizioni convocando degli psichiatri al fine di verificare la congruità dello strumento.
Dopo questo mio intervento, è stato replicato da parte del collega, senatore Gubetti, con una certa veemenza, che dovrei parlare con maggior rispetto della psichiatria, della psicologia e di coloro che la praticano. Curioso, perché avevo chiesto alla Commissione di verificare con degli psichiatri la congruità dello strumento immaginato e, quindi, esprimevo la massima fiducia ed il massimo rispetto nei confronti degli psichiatri e degli psicologi. Naturalmente, proprio perché illogico, questo bisticcio ha meritato al senatore Gubetti un applauso di tutti i Gruppi della maggioranza (lo annoto con un po’ di ironia).
In realtà, ciò che intendevo dire e vorrei ribadire ora con più serenità è che il test psico-attitudinale ha una funzione non diagnostica; non intendo dire che la psicometria, come argomento più ampio, non possa avere quella capacità (il senatore Gubetti mi ricordava altri test, che però non possono essere classificati come psico-attitudinali, ma semmai come test di personalità, che sono cosa diversa dai test psico-attitudinali).
Ora, poiché in questo contesto si parlava di test psico-attitudinali e non di test di personalità, la mia obiezione era assolutamente fondata. D'altra parte, se parlassimo di test di personalità si aprirebbe un altro diverso problema, cioè se quegli strumenti (per esempio i test di Rorschach) siano in grado di svolgere una funzione di screening di tutti i candidati del concorso. Lei, senatore Gubetti, mi insegna che si tratta di test molto complessi, che richiedono una lettura molto attenta e tutt'altro che facile. Applicarli, quindi, all'intera massa di concorrenti sarebbe estremamente difficile.
Il discorso si complica nel momento in cui l'emendamento presentato dal Governo non parla più di test psico-attitudinali, ma di colloqui di idoneità psicoattitudinale.
Mescoliamo cose che hanno un carattere assolutamente diverso: un conto, infatti, è il colloquio tenuto dallo psichiatra, che ha un valore di diagnostica clinica, di psicodiagnostica; altro sono i test psico-attitudinali, che hanno tutt'altro valore e sono strumenti psicometrici indicati soltanto per rilevare le specifiche capacità del candidato.
Il colloquio, quindi, di idoneità psico-attitudinale è qualcosa che non trova alcun riscontro nella pratica clinica psichiatrica e nella psicometria in generale; non si sa cosa sia.
Il problema è che può diventare qualsiasi cosa, non avendo una definizione puntuale; può diventare, soprattutto, uno strumento assolutamente arbitrario per effettuare una selezione. Non parlo di arbitrarietà a favore dell'una o dell'altra parte politica, perché non ho mai pensato che la magistratura sia asservita a questa o quella parte politica; parlo di quella arbitrarietà che si è sempre tentato di praticare nei concorsi pubblici, tendendo a favorire i soliti noti a svantaggio dei soliti ignoti.
Prego la Commissione di riflettere su questo elemento: il colloquio d'idoneità psico-attitudinale è un'entità assolutamente indefinita, che non trova riscontro nella pratica clinica e non è strumento utile a perseguire la finalità più volte illustrata nei vostri interventi. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, l'emendamento 2.1000/35 mira a far fare alla proposta del Governo l'unica fine adeguata, cioè la soppressione. Non vi è alcuna possibilità di dialogo, di mediazione, neanche di colloquio, starei per dire, civettando con il termine utilizzato nella proposta governativa.
Se riesco a farmi sentire dai signori colleghi, in quello spirito di cui parlava dieci minuti fa il senatore Schifani, vorrei spiegare gli aspetti assurdi, grotteschi, beffardi insiti in questo colloquio.
Immaginiamo che un giovane, il quale ha già sostenuto un concorso di avvocato o per un ufficio direttivo nella pubblica amministrazione o le prove preliminari del concorso per magistrato, superi le prove scritte e orali di un concorso per accedere in magistratura. Telefonerà felice alla mamma, al papà, alla fidanzata e quant'altri, in attesa di un evento assolutamente misterioso. I medesimi commissari - non riesco a capire chi altri terrà questo colloquio, non essendo previsto un nuovo soggetto - che hanno promosso il giovane negli scritti e negli orali non si sa con quale tempistica, inizieranno un colloquio di idoneità e non si sa se lasceranno festeggiare al giovane candidato la sua vittoria al concorso per un giorno, una settimana, un mese.
Se le disgraziate formulazioni di questa abborracciatissima previsione legislativa hanno un significato cogente, ciò significa che gli esiti possibili sono due: l'idoneità o l'inidoneità. Nulla dice in proposito la proposta di legge, che è veramente pudibonda per cercare di non dimostrare che vi è una terza prova dopo gli scritti e gli orali; qualifica il tutto non come un esame di idoneità o un test psico-attitudinale, bensì come un colloquio di idoneità, che ha evidentemente la possibilità di terminare con un giudizio di non idoneità. Chi formula questo giudizio e sulla base di quali criteri?
Quali conseguenze avrà per il futuro del candidato? L'inidoneità equivarrà ad una bocciatura come alle prove scritte e orali? Nulla dice la legge, molto pudica sul punto; noi dobbiamo interpretare ciò che la legge non dice e ritenere che qualora il candidato non abbia sostenuto in modo acconcio questo colloquio sarà dichiarato non ammesso.
Allora, diventa di straordinaria importanza capire cosa significhi idoneità psico-attitudinale all’esercizio della professione di magistrato. Significa che esistono dei criteri di attitudine? Ma allora, chi fisserà tali criteri? I commissari? Ogni singola commissione che valuterà, per esempio, la presenza fisica, o il modo di rispondere? Insomma, questa attitudine da quale modello nasce? Ci si rende conto di che cosa significhi stabilire che un magistrato deve rispondere a un modello? Ebbene, a quale tipo di violazione a priori dell’indipendenza e dell’autonomia del magistrato siamo di fronte?
Vogliamo un magistrato che risponda a dei criteri di modello attitudinale, il che significa che intendiamo creare con la carta copiativa, con la carta carbone - come si diceva una volta - il modello di magistrato. Questo vuol dire che vogliamo "ugualizzare" i magistrati e quindi avere su di loro un controllo a priori.
Ciò avrà come effetto che questi ultimi saranno talmente poco indipendenti che prima che dalla magistratura saranno dipendenti dal modello, il che significa che state creando dei magistrati a vostro uso e consumo! Infatti, a fronte di un concorso superato negli scritti e negli orali, in modo misterioso, che peraltro cambierà di commissione in commissione, di Governo in Governo, di Ministro in Ministro, voi fisserete dei criteri per stabilire una dipendenza del candidato da quella commissione, da quel Ministro, da quel Governo, da quella idea politica e da quel modello di magistrato.
Insomma, prima di garantire l’indipendenza e l’autonomia otterrete la dipendenza del magistrato dal vostro modello, il che vuol dire ottenere prima quello che a parole dichiarate di volere per il dopo.
Credo che tutto questo imponga di esprimere un voto nettamente contrario alla proposta del Governo, attraverso l’approvazione dell’emendamento in esame.
BRUTTI Massimo (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, intervengo brevemente sull’emendamento in esame, laddove sul merito dell’emendamento presentato dal Governo su questo punto avremo occasione di tornare più avanti se - come immagino - la proposta soppressiva ora in discussione verrà respinta.
Tuttavia, desidero succintamente motivare l’opinione favorevole alla soppressione di questa specifica previsione. L’ultima stesura della norma contiene il riferimento ad un colloquio d'idoneità psico-attitudinale che il candidato deve sostenere all’esito delle prove orali; non si precisa quale possa essere l’effetto che una valutazione non positiva circa le attitudini, ricavate e descritte sotto il profilo psicologico del candidato, possa avere sull’esito del concorso.
Ebbene, questa mi sembra una lacuna inspiegabile, giacché credo che l’intenzione dei proponenti sia quella di stabilire che dichiarato inidoneo sotto il profilo psicologico all’esercizio delle funzioni requirenti o, in base a diversi parametri, all’esercizio delle funzioni giudicanti, un candidato che pure ha sostenuto e superato le prove di concorso, debba non essere ammesso alla magistratura.
Non si comprende neanche quali debbano essere i parametri di questo colloquio psico-attitudinale, chi li definisca e chi debba valutare il risultato della prova. Infatti, siamo di fronte ad un concorso per il quale opera una commissione costituita da magistrati e da professori universitari. Vi sono alcune garanzie relative alla formazione di questa commissione, e tali garanzie rinviano alla decisione dell'organo di governo autonomo della magistratura.
Ebbene, chi indicherà gli psichiatri, i tecnici che dovranno vagliare i risultati del colloquio psico-attitudinale? E sulla base di quale sapere positivo - mi rivolgo al collega Gubetti - potranno essere delineati parametri diversi e differenziati, a seconda che il candidato abbia preventivamente indicato la sua preferenza per la funzione requirente oppure per la funzione giudicante?
Se mai noi potessimo immaginare che vi siano criteri differenziati per le due funzioni, come tenere conto in questa fase dell'ipotesi, che pure voi stessi avete ammesso come verosimile e realizzabile, che un candidato che abbia indicato la propria propensione per le funzioni requirenti si trovi invece poi, per le vicende del suo cursus professionale, a svolgere e a esercitare non già la funzione requirente per la quale aveva espresso una preferenza, bensì invece una funzione giudicante? Io vorrei capire - e questo soltanto i competenti ce lo possono dire - come si possa predefinire una griglia di valutazioni e di criteri in relazione all'esercizio di funzioni così specifiche e ancorate ad un sapere positivo, come quelle del magistrato del pubblico ministero o del magistrato giudicante.
Mi sembra che anche qui noi abbiamo una norma dal forte contenuto simbolico, che dà un'indicazione ed è, per così dire, la manifestazione di una diffidenza nei confronti delle capacità di affrontare serenamente i problemi della propria professione, che sarebbero propri in generale dei magistrati. Diffidenza, sospetto, e poi nessuna strumentazione che possa garantire né l’efficacia della prova, né che gli psichiatri, coloro che dovranno valutare i candidati, siano effettivamente portatori di un punto di vista indipendente, siano nominati, cioè, sulla base di criteri tali da rassicurare tutti. Vedete quante sono le incognite, quante sono le lacune, quante le contraddizioni per una norma così improvvisata e mal scritta!
Per queste ragioni, signor Presidente, annuncio il voto mio e dei colleghi del Gruppo dei Democratici di Sinistra (e penso di poter dire che questo voto e questa opinione sono condivisi dall'insieme dei Gruppi di opposizione) a favore dell'emendamento soppressivo del senatore Cavallaro, esprimendoci al tempo stesso contro questa previsione stravagante.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.1000/35, presentato dal senatore Cavallaro.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/4.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, il mio intervento ha l'intento sia di illustrare l'emendamento che di operare un richiamo all'articolo 104 del Regolamento per completare un ragionamento già iniziato nell'ultima seduta e che aveva ad oggetto il comportamento degli Uffici.
Come ricorderà, signor Presidente, presiedeva proprio lei la seduta e io le chiesi di investire della questione la Giunta per il Regolamento. Lei si limitò a prenderne atto ed io aspetto ancora una risposta.
Perché dico che si tratta di un argomento che involge anche l’articolo 104 del Regolamento? Perché ci troviamo di fronte ad un caso veramente singolare. Per affrontarlo correttamente, sperando di essere molto chiaro, basterebbe, signor Presidente, leggere il Resoconto stenografico della seduta n. 678 del 20 ottobre scorso, quando il Presidente di turno, nel dare il via all’esame di questo provvedimento, testualmente diceva: "Ricordo che, ai sensi dell'articolo 104 del Regolamento, oggetto della discussione e delle deliberazioni saranno soltanto le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati, salvo la votazione finale".
Cosa voleva dire il Presidente? Non v’è dubbio alcuno sul senso delle sue parole: l’approvazione concorde dei due rami del Parlamento di un articolo o di parte di esso di un disegno di legge preclude ogni possibilità di nuovo intervento su quella parte del testo; quindi è possibile emendare soltanto la parte modificata dalla Camera.
Tale assunto, come sappiamo tutti, discende direttamente dal principio del bicameralismo perfetto, che comporta, quale logica conseguenza, la necessità di ottenere l’espressione concorde dei due rami del Parlamento su un identico testo.
Rappresenta una conseguenza evidente di tale applicazione l’assoluta consapevolezza che, una volta raccolta la stessa volontà su di un medesimo testo, questo - il testo oggetto della doppia approvazione - diviene indisponibile ed immodificabile, potendosi intervenire soltanto in sede di approvazione finale del testo, ai sensi dell’articolo 72 della Costituzione.
In un disegno di legge che fa la spola fra Camera e Senato, è evidente che sarà sempre possibile, alla fine, bocciare il provvedimento nel suo complesso con il voto finale, ma quelle parti di testo che nasceranno dalla doppia approvazione alla Camera e al Senato non potranno essere più oggetto di interventi emendativi. Tecnicamente si crea una preclusione, che viene infatti così definita dai manuali di diritto parlamentare. Ma è inutile ragionare in termini tecnici.
Se così non fosse, non si capirebbe, d’altra parte, la cura che gli uffici del Senato, nei cosiddetti testi a fronte, dimostrano nell’evidenziare in grassetto, nei testi dei disegni di legge che tornano dall’altro ramo del Parlamento dopo l’approvazione già avvenuta in questo ramo, financo le singole parole sulle quali, non essendosi ancora formata la doppia deliberazione concorde, è possibile esplicare l’attività emendativa.
Stravolgere queste regole assolute o far finta di non avvedersi di ciò significa compiere un atto costituzionalmente gravissimo; significa non solo violare le norme di fondamento regolamentare, bensì un principio costituzionale come quello del bicameralismo perfetto.
Quali conseguenze comporta questa violazione? È evidente che, come direbbero alcuni, quando manca la sanzione, non c’è l’obbligo dell’ottemperanza. Secondo me, in questo caso, le sanzioni sono di due tipi. In primo luogo, il Presidente della Repubblica, rilevando che la formazione della volontà parlamentare era già avvenuta e che non era possibile nessun tipo di resipiscenza normativa nell’ambito dello stesso procedimento, può rinviare la legge alle Camere per violazione degli articoli 70 e 72 della Costituzione. Ma dirò di più: trattandosi di violazione diretta di norme costituzionali, seguendo il noto orientamento della Corte, che risale alla storica sentenza n. 9 del 1959, il vizio non rientra più nell’area degli interna corporis, ma può essere fatto valere dalla Corte costituzionale e portare quindi all’annullamento della legge per vizio procedimentale.
Questa è la fattispecie astratta. Veniamo ora alla fattispecie concreta.
Con il maxiemendamento 2.1000, il Governo, e quindi gli Uffici che ne hanno consentito la presentazione, in primo luogo vìola l’articolo 72 della Costituzione, perché sappiamo tutti che accorpare in un unico emendamento ben 28 commi che modificano 28 norme diverse che corrispondevano originariamente ad articoli diversi significa non esercitare quel voto consapevole e convinto che consente al parlamentare di esprimere la sua volontà libera ed incondizionata.
Dicevo: oltre a violare l’articolo 72, vìola concretamente il principio del bicameralismo perfetto e l’articolo 104 del Regolamento del Senato, presentandosi emendamenti non considerati preclusi dagli Uffici che incidono, signor Presidente, direttamente su parti del testo già coperte dalla doppia lettura Camera-Senato.
In particolare, il riferimento puntuale è alle lettere b), s), z), aa) e cc) dell’emendamento 2.1000 del Governo. In queste cinque lettere, il Governo è intervenuto modificando parti del testo già coperte dalla doppia lettura Camera-Senato. Questo è il dato davanti al quale ci troviamo.
Sono pronto anche ad affrontare nel merito, se gli Uffici vorranno, la lettura dell’articolo 104 secondo quella teoria che vuole che esista una lettura formale ed una sostanziale, per vedere in che modo possa essere ricollegabile a parti del testo modificate; possiamo fare tutto. Il dato, però, è politico: è stato consentito al Governo quello che non viene consentito a nessuno. Ma che importa - dico io - alla fine di questo percorso la vostra indifferenza, il fatto di parlare a vuoto!
Sapete, io vi vedo come Penelope: fate finta di tessere una trama sapendo poi che la stessa verrà filata da chi deve verificare la correttezza dell’ordito. (Commenti dai banchi della maggioranza). Così facendo, fate finta di accontentare i più sprovveduti dei vostri sodali, i Proci, che si ritroveranno come al solito con un pugno di mosche in mano. È già successo con il legittimo processo, con la Bossi-Fini, con il lodo Schifani, con il condono edilizio. Accadrà ancora con il falso in bilancio, con l’ordinamento giudiziario e con le riforme costituzionali.
Mi avvio a concludere. Egoisticamente, mi verrebbe voglia di dire: continuate a lavorare così, state lavorando per noi; realisticamente, però, spero che questa recita finisca quanto prima, perché è inaccettabile il prezzo che state imponendo al Paese. (Vivi applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U, Verdi-U e del senatore De Paoli. Commenti dai banchi della maggioranza).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, il senatore Manzione ha obiettato che la lettera b) dell'emendamento 2.1000, sostitutiva del comma 1, lettera f), numero 5), non è ammissibile nella parte in cui incide sulle modalità di svolgimento degli esami, non emendate dalla Camera dei deputati.
Va osservato tuttavia che in più punti del disegno di legge l'altro ramo del Parlamento è intervenuto sulle modalità concorsuali, ad esempio: modificando i casi in cui il concorso previsto alla lettera e),numero 1), del testo approvato dal Senato - numeri 2) e 3) della lettera f) del testo della Camera - consiste anche in un esame; sopprimendo gli esami previsti alla lettera f) del testo del Senato (lettera g) del testo della Camera), nonché modificando i concorsi per titoli ed esami contemplati alla lettera i) del testo del Senato (lettera l) del testo Camera).
Possono essere, pertanto, legittimamente presi in considerazione emendamenti concernenti le modalità di svolgimento degli esami di cui al comma 1, lettera f), numero 5), in considerazione del fatto che queste erano originariamente riferite nel loro complesso a fattispecie la cui disciplina è stata oggetto di modificazioni da parte della Camera.
E' questa peraltro la ragione per la quale la Presidenza ha ritenuto ammissibili anche gli emendamenti 2.58, a firma dei senatori Calvi ed altri, e 2.59, a firma dei senatori Zancan ed altri, nonché il subemendamento 2.1000/36, a firma del senatore Cavallaro, tendenti a sopprimere il predetto numero 5) della lettera f).
Questa è la risposta della Presidenza e credo che il discorso possa essere chiuso, in quanto la Presidenza ritiene ammissibili tali emendamenti.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, mi consenta di replicare un minuto.
PRESIDENTE. Senatore Manzione, sull’ammissibilità degli emendamenti decide la Presidenza. Pertanto, tale decisione non è appellabile.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, soltanto una brevissima considerazione. Io comprendo che, con riferimento all’articolo 104 del nostro Regolamento, si possa ritenere che qualcuno di questi emendamenti che aggiunge qualcosa (mi riferisco agli ultimi che ho citato) possa astrattamente ritenersi ammissibile.
Per quanto riguarda il primo emendamento, quello che stiamo discutendo, noi abbiamo una sostituzione tout court, l’introduzione di una nuova disciplina della regolamentazione dei concorsi. (Commenti dai banchi della maggioranza). Solo a guardare il vecchio testo del numero 5) del comma in discussione e a verificare l’intervento modificativo della Camera, vi renderete conto che, a parte la dizione della Camera che modifica le parole "concorso per titoli ed esami" con le altre "concorsi per titoli e per titoli ed esami", differenza terminologica… (Richiami del Presidente)… c’è l’introduzione di una disciplina ex novo.
Sono felice, signor Presidente, che comunque non sarò io quello che verificherà. Prendo atto di quello che dice il Senato, ma sono convinto che esistono altri rimedi.
Su questo emendamento, signor Presidente, chiediamo il voto elettronico.
PRESIDENTE. Non capisco quali possano essere gli altri rimedi per intervenire su questa materia. Sull’ammissibilità di questo emendamento il discorso è chiuso.
Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/4, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa
della discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/36.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Su tutti questi emendamenti mi limiterò a chiedere la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico. E’ inutile che io sottolinei l'illegittimità di fondo. Prendo atto correttamente della decisione che ha assunto la Presidenza, voglio soltanto che resti agli atti formalmente il voto che viene espresso.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/36, presentato dal senatore Cavallaro.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.1000/5, presentato dal senatore Cavallaro.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/6.
MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/6, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/7.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, preannuncio il ritiro dell’emendamento 2.1000/17 e chiedo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, sull’emendamento in esame.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/7, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa
della discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/8.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, colgo l'occasione per annunciare il ritiro l’emendamento 2.1000/24 e chiedere la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, sull’emendamento in esame.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/8, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/9.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, ci tengo a precisare che il voto elettronico viene chiesto, non per fini ostruzionistici, ma perché penso sia giusto che resti agli atti in maniera formale la volontà espressa dall’Aula rispetto a subemendamenti complessivamente riferiti ad un emendamento del Governo che ritengo assolutamente illegittimo.
Chiedo anche su questo emendamento la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/9, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/10.
MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/10, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa
della discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/11.
MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/11, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/12.
MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/12, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/13.
MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/13, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/14.
MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/14, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/15.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, ritiro questo emendamento. Chiedo invece la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, sul successivo emendamento 2.1000/16.
PRESIDENTE. L’emendamento 2.1000/15 è pertanto ritirato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/16.
Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/16, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Ricordo che l’emendamento 2.1000/17 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/18.
MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/18, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/19.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, ritiro questo emendamento e chiedo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, sul successivo emendamento 2.1000/20, ricordando ai colleghi che si tratta di uno di quegli emendamenti che interviene su una parte di testo oggetto di doppia o identica approvazione da parte di Camera e Senato.
Quindi, tengo ancora di più a che la votazione sia effettuata con il sistema elettronico.
PRESIDENTE. L’emendamento 2.1000/19 è pertanto ritirato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/20.
Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/20, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/20a.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, mi permetto solo di ricordare ai colleghi dell’opposizione che ho operato lo "spacchettamento" dell’emendamento 2.1000, che illegittimamente il Governo ha presentato in quella formulazione, proprio per avere l’opportunità di discutere delle singole parti. Tra l’altro, se e quando verrà approvato, l’emendamento 2.1000 del Governo determinerà la preclusione di almeno 60 emendamenti specifici dell’opposizione, quindi vorrei dare un senso complessivo anche di tecnica parlamentare.
Chiedo pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, su questo emendamento.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/20a, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.1000/37, presentato dal senatore Cavallaro.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.1000/21, presentato dal senatore Cavallaro.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/22.
MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/22, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
Presidenza del presidente PERA
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.1000/23, presentato dal senatore Cavallaro.
Non è approvato.
Ricordo che l'emendamento 2.1000/24 è stato ritirato.
Metto ai voti l'emendamento 2.1000/38, presentato dal senatore Cavallaro.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/25.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, l'emendamento 2.1000/25, come il successivo, è stato segnalato agli Uffici perché tali subemendamenti incidono su parti dell'emendamento 2.1000, presentato dal Governo, che interviene su parti di testo già coperti dalla doppia lettura.
La richiesta di votazione con sistema elettronico su questi emendamenti ha soltanto il senso formale di far verificare, in maniera concreta, che si accetta un emendamento che, dal mio punto di vista e per il ragionamento che ho svolto, è invece viziato da illegittimità, violando sia le norme del nostro Regolamento sia quelle contenute nella nostra Costituzione.
Chiedo, pertanto, la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico di questo emendamento.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/25, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. AllegatoB).
Ripresa della
discussione
del disegno di legge n. nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/26.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, nel preannunciare il ritiro del successivo emendamento 2.1000/27, chiedo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/26.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/26, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
del disegno di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. L'emendamento 2.1000/27 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/28.
CASTELLI, ministro della giustizia. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, ho preso atto che l'opposizione vuole discutere nel merito delle questioni. Vorrei quindi segnalare, soprattutto all'opposizione, cosa si sta votando perché forse, nella confusione, non si capisce.
Si tratta di una questione sulla quale il Ministro, è stato attaccato pesantemente; molti dei senatori qui presenti hanno attaccato il sottoscritto accusandolo di voler interferire nell'azione del procuratore generale.
Come è noto, la facoltà di promuovere l'azione disciplinare viene conferita dalla Costituzione al Ministro. Con una legge, che a mio parere è discutibile ma esiste, l'azione disciplinare oggi può essere promossa autonomamente anche dal procuratore generale. Nel testo attuale si prevedeva che il Ministro potesse interferire, ed eventualmente ricorrere al Tribunale amministrativo regionale, su azioni disciplinari promosse esclusivamente dal procuratore generale.
Su questo punto tutta l'opposizione si è dichiarata fermamente contraria e l'emendamento del Governo elimina questa facoltà data al Ministro. Ora, però, l'opposizione ha presentato subemendamenti che sopprimono questa previsione e ripristinano il testo originario in base al quale il Ministro può interferire nell'azione del procuratore generale.
Allora, se volete fare un’opposizione costruttiva e non fine a se stessa, vi chiedo di essere coerenti. Mi aspetterei che l'opposizione voti contro questi subemendamenti, diversamente non si comprende la logica del vostro operare.
Mi fa piacere che i più avveduti dell'opposizione facciano cenni di assenso. Vi ringrazio. (Applausi dai Gruppi LP e FI).
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, vorrei capire a chi si rivolgeva il Ministro rilasciando pagelle di avvedutezza e di sprovvedutezza.
Sono perfettamente consapevole del fatto che gli ultimi emendamenti prevedono una limitazione dei poteri del Ministro, nel caso specifico rispetto all'azione disciplinare, ma ho cercato di spiegare in tutti gli interventi che vi è un problema di regole e vi è un problema di merito.
Ho spiegato più volte che lo "spacchettamento" del suo emendamento, signor Ministro, è stato fatto proprio per dare l'opportunità di discutere sui singoli aspetti. Dal mio punto di vista, è illegittimo riprodurre in un unico emendamento modifiche di 28 commi di articoli diversi, perché non sarà possibile votare in maniera consapevole. Ho sottolineato che la mia battaglia non atteneva al merito specifico, perché siamo consapevoli che in questo caso sono attenuati i poteri del Ministro.
Quando però si violano le regole, per quanto mi riguarda, ciò prevale sul merito. Spero di essere stato chiaro anche per il Ministro, che a volte sembra inconsapevole o fa finta di esserlo; chiedo, infine, la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/28, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/29.
FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, la lettera dd) contiene un'innovazione molto positiva del Governo che, attraverso la stessa, sopprime un trattamento di privilegio per i cosiddetti ministeriali. Mi sembra che l'innovazione sia assolutamente da appoggiare e non da respingere.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/29, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.1000/1, presentato dai senatori Compagna e Del Pennino.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/30.
MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/30, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/31.
MANZIONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Manzione, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000/31, presentato dal senatore Manzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000/32.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Lo ritiro.
PRESIDENTE. Ne prendo atto. Ricordo che anche gli emendamenti 2.1000/33 e 2.1000/34 sono stati ritirati.
Prima di passare alla votazione dell’emendamento 2.1000, do lettura di una piccola correzione presente nel testo del Governo. All'inizio dell'emendamento, al comma 1, la lettera c), anziché "all’esito delle prove" deve intendersi "nell’ambito delle prove" e perciò, ovviamente, va corretto il rigo successivo, eliminando le parole "se positivo".
BRUTTI Massimo (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, desidero chiedere un chiarimento, giacché non si comprende bene su che cosa dobbiamo votare.
Nei giorni scorsi abbiamo ricevuto un foglietto volante che ho provveduto a consegnare circa mezz’ora fa alla Presidenza che ha dichiarato di non esserne a conoscenza. In quel foglietto volante viene esattamente indicata la modifica che lei, signor Presidente, ci ha testé letto; ebbene, qual è il testo del Governo, chi lo ha scritto, dove è stampato, su quale base noi possiamo valutare e decidere.
Ripeto, mezz’ora fa la Presidenza aveva affermato che il testo stampato è quello su cui siamo chiamati a votare ed è su di esso che abbiamo misurato i nostri subemendamenti soppressivi, espresso le nostre dichiarazioni di voto e votato. Sarebbe pertanto opportuna un po’ più di diligenza da parte del Governo e dei colleghi della maggioranza.
Comprendo che non c’è un relatore e che se ci fosse stato probabilmente il materiale che siamo chiamati ad esaminare ci sarebbe stato fornito in una forma più utilizzabile, tuttavia, c’è un problema da considerare in quanto abbiamo votato un subemendamento soppressivo ad un testo che adesso viene invece modificato e in un aspetto non irrilevante.
Infatti, dire "all’esito delle prove orali", oppure "nell’ambito delle prove orali" significa affermare due cose nettamente distinte; nel secondo caso ciò vuol dire che della commissione che giudica sulle prove orali dovranno far parte, oltre ai magistrati e ai professori universitari, anche uno o più psichiatri, uno o più specialisti in grado di formulare un test o domande per un colloquio e di valutare l’esito di quest’ultimo ai fini di un giudizio sulla idoneità psichica del magistrato secondo parametri distinti a seconda che egli abbia formulato una preferenza per le funzioni requirenti o per le funzioni giudicanti.
Insomma, quando si modifica un testo in itinere, si mette in condizioni l’Assemblea di non poter compiere una valutazione adeguata e ciascuno di noi di non poter votare con una conoscenza piena delle questioni sulle quali è chiamato ad esprimersi.
CASTELLI, ministro della giustizia. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTELLI, ministro della giustizia. Si tratta di una riformulazione che credo rientri nelle normali prassi dell’Assemblea. Siamo al riguardo tutti troppo esperti per non sapere che la riformulazione degli emendamenti fa parte della prassi normale dei nostri lavori.
La presente è una riformulazione la cui ratio mi sembra si illustri da sé. Comunque, è chiaro che si intende sottolineare il fatto che non ci si sta riferendo ad un terzo momento d’esame, ma che il tutto si svolge contestualmente, all’interno delle prove orali.
CALVI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, vorrei porre un problema che riguarda l'ordine dei nostri lavori, e pregherei i colleghi di ascoltarmi. Ci troviamo ora di fronte ad un emendamento che è un emendamento chiave, importante, sul quale abbiamo presentato subemendamenti, abbiamo discusso e discuteremo ancora…
PRESIDENTE. Senatore Calvi, può continuare. Mi può capitare di essere distratto da un collega per ragioni d'ufficio, ma lei non deve necessariamente interrompersi, può parlare.
CALVI (DS-U). Presidente, io tengo al suo ascolto …
PRESIDENTE. La ringrazio moltissimo, ma non voto.
CALVI (DS-U). Il problema che intendo sollevare riguarda non tanto il merito, ma un problema d'ordine dei lavori.
Siamo giunti ad un emendamento che è di particolare rilievo, perché è l'ennesimo maxiemendamento che riformula buona parte dell'intera riforma, dell'intera normativa presentata. Peraltro, questo maxiemendamento attiene a parti non omogenee e interviene su molte parti della riforma stessa, dalla prima norma che riguarda il cosiddetto colloquio di idoneità psico-attitudinale alle modalità del concorso.
Allora io mi domando: è legittimo che noi a questo punto votiamo sull'intero complesso, o non dobbiamo piuttosto votare per parti separate e consentire di interloquire punto su punto? Decida lei, signor Presidente, come ritiene più opportuno, magari per parti omogenee. Dovendolo votare per parti così disomogenee, in realtà, noi siamo di fronte ad un improprio ed anomalo voto di fiducia, perché a questo punto noi votiamo il complesso nella sua integrità: sì o no.
Noi vorremmo, a questo punto, intervenire sui singoli aspetti e chiediamo a lei, signor Presidente, di autorizzare la discussione e la votazione per parti separate, a seconda dell'omogeneità dei singoli argomenti.
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, lei ha fatto richiamo alla possibilità emendativa in sede di discussione in Aula, ma, signor Ministro, io non riesco a comprendere come dopo le parole "all'esito delle prove orali", sia ancora ammissibile l'inciso "se positivo", che presuppone l'esito delle prove orali.
E ancora, signor Ministro, non riesco a comprendere come si possa dire "il candidato debba comunque sostenere un colloquio", perché nel termine "comunque" sembrerebbe esservi la prova, in buona sostanza, che questo candidato deve essere idoneo.
E allora, se lei ha applicato per una parte, per una parola, l'emendazione d'Aula, non sarà il caso - e questo lo dico nell'interesse superiore della comprensione del testo di legge - che lei provveda ad emendare anche le due espressioni successive che le ho segnalato?
PRESIDENTE. Senatore Zancan, io avevo già detto che era emendata anche la parte successiva; le parole "se positivo" sono state cancellate. L'ho detto, forse le è sfuggito, ma l'ho detto.
ZANCAN (Verdi-U). Bene per il "se positivo", che mi creda, Presidente, è solo colpa dell’acustica pessima dell'Aula, ma voglio sapere se il Ministro intende mantenere il termine "comunque". A mio giudizio, infatti, anch’esso andrebbe depennato.
PRESIDENTE. Senatore Zancan, le faccio presente che, oltre all'espressione "se positivo", è stata eliminata anche la parola "comunque".
FASSONE (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, chiediamo la votazione per parti separate dell’emendamento.
Per la precisione, proponiamo di votare separatamente per blocchi di argomenti e pertanto distintamente le lettere a) e b), unitariamente le lettere da c) sino a m) inclusa, quindi, di nuovo distintamente le lettere da n) sino a u) e, infine, unitariamente le lettere da v) sino a gg).
PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta di votazione per parti separate dell’emendamento 2.1000 (testo corretto), avanzata dal senatore Fassone.
Non è approvata.
Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento 2.1000 (testo corretto).
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, io credo che una votazione per parti separate sarebbe stata la soluzione più ovvia, perché in effetti in questo emendamento presentato dal Governo vi è materiale molto eterogeneo. Ci troviamo davanti a una questione di regole, metodologica e, com’è stato anche indicato prima dal collega Manzione, anche davanti a una questione di rilevanza costituzionale nient’affatto secondaria.
Il procedimento di formazione della decisione di un ramo del Parlamento non avviene qui in forma limpida su tutti i punti che vengono sottoposti alla sua attenzione. Io credo che il collega Fassone abbia opportunamente indicato delle ipotesi di blocchi omogenei.
Siamo qui di fatto impossibilitati a ragionare punto per punto, come sarebbe logicamente richiesto, mentre restano ancora insoluti, signor Presidente, due punti tra quelli che sono stati indicati dal collega Manzione prima: faccio riferimento in particolare alle lettere z) e aa), in cui l’intervento del Governo in sede emendativa è avvenuto su parti che a nessun membro di quest’Assemblea sarebbe stato consentito di modificare.
Si tratta, cioè, di modifiche che intervengono su parti che sono state in quel testo complessivamente approvate dal Senato e dalla Camera in doppia lettura, non come semplice appendice che completi un orientamento; si tratta invece di disposizioni in quella precisa formulazione letterale che il Senato prima e la Camera dopo avevano già approvato.
Ecco, su questo vorrei tornare per una questione di correttezza reciproca, perché, per quello che abbiamo potuto appurare, non esistono norme che consentano al Governo di intervenire in questa forma. E se è vero che esistono alcuni precedenti, credo che i precedenti cattivi non debbano diventare la regola buona e dunque, se in altre circostanze è stato possibile al Governo intervenire in violazione delle forme costituzionalmente previste (e lo sottolineo perché si tratta di una legge delega, quindi il Governo dovrebbe avere la maggiore delicatezza possibile nell’intervenire), a maggior ragione in questo caso non doveva essergli consentito.
A me dispiace non poter avere di fronte il Ministro in questo caso…
SAPORITO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. È uscito un minuto.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). …perché avrei potuto manifestargli il nostro assoluto consenso circa il fatto che coloro i quali hanno scritto questa legge non si sono assicurati, anche grazie all’emendamento del Governo, per il proprio futuro dei posti di vertice nell’organizzazione giudiziaria.
Mi riferisco a quella previsione scandalosa che era contenuta nel testo licenziato dalla Camera. Forse perché si supponeva che esso sarebbe stato blindato al Senato, tale previsione non c’è più: i collaboratori del Ministro non si sono candidati automaticamente, in virtù della loro funzione attuale, a rivestire ruoli di responsabilità - come si dice in linguaggio burocratico - apicale. È un’innovazione che consideriamo con soddisfazione, perché credo che in quest’Aula debba anche essere sottolineato da parte dell’opposizione quel qualcosa di buono che accade.
Tuttavia, ricordato a quest’Assemblea che abbiamo un emendamento del Governo assolutamente eterogeneo, che interviene in forme costituzionalmente inammissibili perché si riferisce a testi già passati per una prima ed una seconda lettura senza l’aggiunta di una parentetica o di un miglioramento o di una precisazione, se vogliamo guardare le cose dal punto di vista formale, e che anche dal punto di vista sostanziale interviene in forme inaccettabili, ciò premesso, e reso atto al Ministro di avere ascoltato un rilievo proveniente dall’opposizione, ma che immagino sia venuto anche dall’interno della maggioranza, vorrei tornare alla questione dei test psico-attitudinali.
Sicuramente è bene che questi test siano stati spostati in un momento successivo all’esito delle prove orali, cioè che non facciano parte dell’esame che seleziona gli aspiranti magistrati in base alle capacità professionali. Infatti, abbiamo potuto verificare molte volte come questi test psico-attitudinali, anche effettuati in università prestigiose, abbiano privato tali università, a conti fatti e a carriere professionali seguite, di talenti veri e propri. Sul punto mi sono già espresso in Commissione e lo ricordo anche in Aula. Quindi, sono contento che il test sia stato eventualmente spostato ad una fase successiva.
Vorrei però chiedervi, proprio perché stiamo cercando di valutare le qualità psico-attitudinali di coloro che andranno a fare i magistrati: siamo sicuri che un colloquio basti a rilevare la capacità psico-attitudinale a svolgere la funzione delicata del magistrato?
Scusate, quando si parla con una persona che dal punto di vista psicologico, per non dire dal punto di vista psichico, non è idonea a svolgere tale funzione, difficilmente veniamo a capo dell’inadeguatezza, perché queste persone molte volte, anzi generalmente (mi rivolgo al collega Bobbio, anche se non è formalmente il relatore), in questi colloqui sanno esprimersi ed esibirsi in forma assolutamente convincente, oserei dire affascinante.
Vi sono persone che, soprattutto quando hanno inadeguatezze psico-attitudinali, sono capaci di esprimersi in modo estremamente forbito, intellettualmente molto elegante e dialetticamente innovativo. Quanti ne conosciamo! Se prendessimo in esame gli estensori di questa legge, che sono acclaratamente inadeguati sotto il profilo psico-attitudinale, ci parrebbero dei grandi magistrati.
Allora, signor Presidente, signori colleghi, credo che questa forma sia proprio la meno indicata. Oserei dire che preferisco il test psico-attitudinale al colloquio, perché quest’ultimo rappresenta la forma meno idonea e meno convincente, in base all’esperienza che ne ho io e all’esperienza che faranno altri colleghi.
Sappiamo benissimo che molte volte proprio gli psicologi e gli psichiatri che concorrono all’elaborazione o all’indirizzo di questi colloqui, potrebbero essi stessi essere oggetto, a loro volta, di un colloquio di verifica psico-attitudinale. E allora mi pare che questa formula sia quella che meno ci consente di conseguire quell’obiettivo che tutti desideriamo, ossia quello di avere dei magistrati equilibrati, che sappiano essere fino in fondo rispettosi della loro funzione. A me pare allora che la previsione di meccanismi di monitoraggio continuo, nella carriera del magistrato, sarebbe certo maggiormente in grado di garantire il cittadino.
Vorrei fare un esempio al Presidente del Senato e al collega Bobbio.
PRESIDENTE. Lo faccia in cinquanta secondi, senatore Dalla Chiesa.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Sì, signor Presidente in pochi secondi.
Il magistrato che appende fuori dalla porta del suo ufficio il cartello in cui comunica che quel giorno non farà udienza e non parteciperà a dibattimenti per protestare contro la situazione del parcheggio del Palazzo di giustizia, secondo lei, signor Presidente, e secondo lei, collega Bobbio, è un magistrato che ha un equilibrio psichico? Io credo di no, eppure sicuramente passerebbe questo colloquio psico-attitudinale.
CONTESTABILE (FI). Perché i magistrati non hanno fatto niente?
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Credo allora che altri strumenti dovrebbero essere adottati, almeno da parte del Consiglio superiore della magistratura, più penetranti e più convincenti. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).
BOBBIO Luigi (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOBBIO Luigi (AN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, Alleanza Nazionale voterà a favore dell’emendamento 2.1000 (testo corretto), convinti che si tratti di un emendamento di grande rilevanza.
Occorre dire con grande chiarezza che questo emendamento testimonia una volta di più, riassumendo in sé oltre che un valore letterale, e quindi sistematico, anche un valore politico da non sottovalutare, la disponibilità del Governo e della maggioranza al dialogo, alla mediazione e, perché no, anche all’accettazione di utili suggerimenti, pur se provenienti da parte di chi non sarebbe - lo dico con una punta di polemica - istituzionalmente abilitato al dialogo.
Mi riferisco all’Associazione nazionale magistrati non prevista tra coloro che possono interloquire a livello di contrattazione, se vogliamo usare questo termine, con il potere legislativo.
Si tratta di un emendamento che presenta dei profili di assoluta rilevanza sotto questo aspetto. Basta avere riguardo, in primo luogo, alla lettera b), laddove il recepimento di suggerimenti specifici dell’ANM in relazione alla tematica del concorso è di assoluta ed incontestabile evidenza.
Chi abbia avuto modo di leggere mi sembra l’ultimo documento presentato dall’ANM agli esponenti dei partiti con i quali si sono verificati i più recenti incontri, senza distinzione fra maggioranza e opposizione, potrà riscontrare nel testo dell’emendamento la netta e chiara acquisizione, nella sua riformulazione, di specifiche osservazioni e suggerimenti dell’ANM.
Non a caso, in tema di concorsi per la progressione in carriera, rispetto alla originaria previsione (a mio avviso già di per sé non equivocabile sotto il profilo della teorizzazione, cioè di un esame che veniva trasformato in uno sfoggio di preparazione teorica), il nuovo testo dell’emendamento viene pienamente incontro ai suggerimenti dell’ANM laddove trasforma le prove scritte nella risoluzione di quesiti di carattere pratico.
Sostanzialmente, il caso pratico va a sostituire ciò che, come mera eventualità, poteva essere un momento di studio piuttosto che di trasposizione in sede di esame della preparazione conseguita sul campo, lavorando.
Credo che questo sia un aspetto essenziale nella valutazione dell’emendamento, che recepisce suggerimenti e viene incontro alle esigenze manifestate più volte dall’opposizione, ma non solo da essa.
Chi ha seguìto i lavori in Commissione ricorderà che anch’io, quando ero relatore, mi soffermai sul punto in tema di, chiamiamolo così, riconoscimento, in termini di punteggio aggiuntivo, ai magistrati che dopo aver svolto il servizio fuori ruolo presso il Ministero affrontano un concorso per la progressione in carriera.
Ora, si cancella questa previsione; c’è quindi un recepimento chiaro e netto dei suggerimenti avanzati e non solo con riguardo a questo punto. In ogni passaggio dell’emendamento si tiene conto di perplessità della maggioranza su alcune parti del testo e di perplessità dell’opposizione su altre, o sulle stesse parti, nonché di suggerimenti avanzati dall’Associazione nazionale magistrati. Allora, colleghi dell’opposizione, come non approvare questo emendamento?
Credo sia il caso di dire con grande chiarezza (perché troppo spesso si è cercato di giocare sulla vulgata mass-mediologica, che non rende giustizia al lavoro di tutti), che questa non è solo la riforma del Ministro della giustizia, non me ne voglia, ma di tutta la maggioranza. E avremmo desiderato, visto che essa vuole andare nella direzione di soddisfare, in primo luogo, gli interessi dei cittadini italiani, che fosse (e non disperiamo, anche se in linea teorica, che lo possa ancora essere), la riforma di tutto il Parlamento.
Talune specifiche contrarietà su punti che potrebbero essere condivisi anche dall’opposizione, permettetemi di dirlo, sanno troppo di contrapposizione preconcetta e precostituita e di contrarietà alla riforma, al fatto che si riformi. I colleghi dell’opposizione, apprestandosi a non votare questo emendamento, finiscono con il darmi questa impressione. (Commenti del senatore Calvi).
AYALA (DS-U). Lo volete voi!
PRESIDENTE. Senatore Calvi, la prego.
BOBBIO Luigi (AN). Voglio solo riferirmi ad alcune affermazioni fatte dal senatore Dalla Chiesa nel suo ultimo intervento. L’opposizione, caro collega, non è impossibilitata a votare alcune parti di questo emendamento. Non votando a favore dell’emendamento 2.1000 (testo corretto), l’opposizione, a mio avviso, si porrà da sola nella condizione di impossibilità ad ammettere che esso è frutto di quel dialogo e di quel dibattito che l’opposizione tanto dice di volere, ma che oggi dimostra di non avere realmente a cuore.
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, colleghi senatori, pensavamo di trovarci di fronte agli emendamenti eroici dell’UDC, che invece non vediamo più, che sono scomparsi da questo polpettone presentato dal Governo, il cui unico pregio certo è la cancellazione di una vergogna, ossia delle norme sui ministeriali che facevano carriera solo per essere rimasti al Ministero. Una vergogna cancellata, ne prendiamo atto, ma nulla di più.
Andando invece ai punti controversi, è curioso questo balletto nel tentativo di mettere da qualche parte il colloquio sull’idoneità psico-attitudinale. Non si sa se lo si voglia mettere prima o durante, cioè non ancora terminato l’esito delle prove orali.
Signor Ministro, signori colleghi, comunque lo si voglia mettere, questo colloquio psico-attitudinale è una scrematura, anche con venature politiche, dei candidati magistrati. Speriamo poi che non vi sia qualcuno dei commissari che domandi al candidato cosa pensa dell’omosessualità, perché allora sì che potremmo trovare degli elementi di disaccordo e di discrimine. Ripeto: un colloquio d'idoneità psico-attitudinale è veramente una pre-scelta da parte dei commissari (che, tra l’altro, sono in gran parte una nomina governativa) dei candidati magistrati.
Quanto poi alla minor presenza del Ministro o del suo delegato nel procedimento disciplinare, che ha suscitato la precisazione un po’ adirata del signor Ministro, vorrei ricordare al Ministro che la norma in titolo, cioè l’articolo 7, prevede l’obbligatorio esercizio dell’azione penale da parte del procuratore generale, il quale tra l’altro non solo ha l’obbligo dell’esercizio dell’azione disciplinare, ma anche quello della presenza in sede di consiglio di disciplina.
E allora, questo Ministro sarà anche limitato dalle azioni che egli ha promosso, ma tali azioni finiscono in quell’obbligo generale del procuratore generale di esercitare l’azione penale. In buona sostanza, il Ministro, anche in modo poco dignitoso e poco commendevole, corre dietro alle sue iniziative che comunque il procuratore generale deve fare proprie. Ripeto: proprio la vostra modifica alla Camera stabilisce che il procuratore generale ha l’obbligo dell’esercizio dell’azione penale. Questo è il maxiemendamento.
Ho parlato in sede di discussione generale di ben poca cosa riferendomi a questo maxiemendamento nel quale si confidava per verificare le aperture al dialogo, la disponibilità all’ascolto delle mille e una ragioni dell’opposizione. Quest’ultima nella discussione si è veramente spesa, con grande fatica, con tonnellate di proposte di merito nel corso di questi anni e, diciamolo pure, nessuna di esse è stata accolta perché c’è una chiusura al dialogo totale e assoluta.
Non dite che siete aperti al dialogo: siete aperti esclusivamente alla possibilità di cambiare gli errori marchiani, come quello della promozione dei ministeriali, come quello di spostare un colloquio prima dell’esito, che sarebbe stata un’abnormità ancora più grande rispetto a quella del colloquio nel corso degli esami.
Siete aperti soltanto alla possibilità di correggere gli errori marchiani; non siete aperti, invece, a costruire una casa comune nella quale si eserciti non un commercio, non un’attività, non un’azienda, ma si applichi e si amministri giustizia nell’interesse di tutti quei cittadini che domandano sempre più insistentemente giustizia, in particolare quei reietti e quelle cenerentole del processo penale e civile che sono le persone offese, coloro che hanno subìto un torto.
Per queste ragioni il maxiemendamento del Governo è assolutamente carente, essendo positivo su un punto, ma insufficiente ed errato su altri. Pertanto, nel voto globale (che tra l’altro ci costringe a non esprimere un voto favorevole sulla parte costituita dalla lettera cc), per volontà di una maggioranza che non ha consentito la votazione per parti separate, ci vediamo infatti costretti a dire di no ad una parte assolutamente giusta, ma ciò ha voluto la maggioranza che quindi imputet sibi), il maxiemendamento governativo non può ricevere in alcun modo né il nostro consenso né la nostra approvazione né la nostra soddisfazione.
È un piccolissimo pannicello caldo che non cura certamente un corpo malato qual è questo testo sull’ordinamento giudiziario.
CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, a me è parso, a dir poco, incauto il senatore Bobbio nell'asserire che questo emendamento ha un valore politico poiché è la prova della disponibilità del Governo e della maggioranza al dialogo.
Capisco che tutto si può sostenere e, devo dire, che mentre parlava mi veniva voglia di parafrasare Hegel e dire che tutto ciò che è reale è irrazionale e tutto ciò che è irrazionale è reale, perché ci troviamo di fronte ad un’asserzione che è esattamente l'opposto di ciò che è la realtà.
Siamo al quarto maxiemendamento, l'ultimo dei quali è stato approvato con il voto di fiducia ma, al di là di polemiche pregresse, voglio soffermarmi ora sul maxiemendamento corretto. Quest’ultimo ha lasciato tutti noi molto perplessi e la volontà di non disarticolarlo per discuterlo a me è apparsa una scelta ostile, irragionevole e poco oculata, signor Ministro, perché in alcune parti noi avremmo preso atto e avremmo dato atto a lei di essere pervenuto a soluzioni che noi condividiamo e avremmo votato. Questo a dimostrazione di quanto questa maggioranza sia sorda al dialogo.
La sordità della maggioranza a dialogare è dimostrata da un ulteriore elemento: dal suo silenzio. Vorrei invitare i colleghi della Commissione giustizia, i tanti avvocati e magistrati presenti in quest'Aula a darci una risposta. Perché non ci rispondono? Perché non spiegano le ragioni per cui dissentono?
Il dialogo non è soltanto votare contro i nostri emendamenti. Noi abbiamo argomentato e ragionato su taluni punti ma non ci è stata data risposta. D'improvviso, su quest'Aula è calata una cappa di silenzio e, soprattutto, si è determinato un atteggiamento di ostilità al dialogo, verificato in questo momento, che ci costringe addirittura a votare contro questo maxiemendamento all'interno del quale sono contenute proposte alle quali avremmo invece dato il nostro assenso.
Ci costringete a votare contro questo maxiemendamento malgrado esso contenga alcune parti delle quali avremmo potuto discutere - lo sottolineo - e valutare la possibilità di votare a favore.
Vorrei trovare un momento emblematico per spiegare le ragioni del nostro dissenso, per fare ciò mi fermerei proprio all'inizio di questo maxiemendamento; di nuovo, sul tema del cosiddetto test psico-attitudinale. Non entrerò più nel merito di quella vicenda, abbiamo già illustrato qual è la nostra posizione (il senatore Maritati l’ha indicata, io stesso sono intervenuto successivamente per precisare meglio, sia pure nella forma anomala del dissenso, ma era un modo per tentare di argomentare ancor di più qual è la nostra posizione); ci sono i nostri emendamenti.
Noi siamo contrari a questa formulazione; abbiamo suggerito soluzioni diverse ma, naturalmente, non possiamo assolutamente affrontare i temi nello specifico perché voi, che siete pur così aperti al dialogo (ma soltanto a parole), senatore Schifani, non ci avete consentito di confrontarci con il maxiemendamento sulla sostanza di questo provvedimento.
Noi quindi, costretti dal vostro silenzio a mantenere a nostra volta il silenzio a questo punto dobbiamo dire che siamo di fronte ad una sorta di psicodramma nel quale nessuno parla; noi parliamo e non siamo ascoltati. Siamo tornati a confrontarci soltanto sul voto.
Mi sembra che vi sia un diffuso brusìo; ho già espresso il mio rammarico in una precedente seduta per aver usato un'espressione impropria, parlando di brusìo che si sente in osteria, che è tra l'altro un posto nobile. Mi sembra che a questo punto ci si sia trasferiti da una nobile osteria ad un ristorante di lusso, ove il brusìo si diffonde senza che vi sia un ascolto reciproco.
Vengo alla lettera a) dell'emendamento. Vorrei soltanto elencare la sequenza sconcertante delle formulazioni: siamo alla quinta nell'ambito di pochi giorni. La Camera ci aveva consegnato un testo il quale prevedeva che il candidato debba essere valutato positivamente nel test d'idoneità psico-attitudinale all'esercizio della professione di magistrato.
Successivamente al voto di fiducia espresso dall'altro ramo del Parlamento su questo testo, è stato presentato un emendamento che lo modificava radicalmente, prevedendo che, all'esito delle prove orali, il candidato deve superare un esame di idoneità attitudinale. Sembrava che a questo punto fosse stato raggiunto un punto di riferimento decisivo, invece, emendato il disegno di legge approvato con la fiducia, si subemenda il maxiemendamento, prevedendo che, nell'ambito delle prove orali di cui alla lettera a), il candidato debba sostenere un colloquio di idoneità psico-attitudinale.
Non è finita perché interviene un'ulteriore modificazione in base alla quale, all'esito delle prove orali di cui alla lettera a), se positivo, il candidato debba comunque sostenere un colloquio di idoneità psico-attitudinale. Ma non è finita perché poco fa è stato presentato un testo corretto dell'emendamento 2.1000. Ciò prova che vi è uno stato confusionale nella maggioranza o in chi suggerisce al Ministro tutte queste variazioni. Il Ministro, a questo punto, ha la responsabilità di essersi affidato a persone che hanno l'abilità di cambiare opinione ogni secondo.
Vorrei dire due cose soltanto: in primo luogo, mi lamento del fatto che ci è stato impedito di discutere e votare per parti separate, per esprimere il nostro voto negativo su alcuni punti e positivo su altri. In secondo luogo, il silenzio nel quale la maggioranza vara questa riforma sta a mostrare un appiattimento passivo, privo di capacità dialogiche: si vota e basta.
Noi continueremo a discutere, a sostenere e ad argomentare le nostre proposte, per quanto sarà possibile. In ogni caso andremo avanti anche nel silenzio e di fronte all'atto di ostilità che ci ha impedito di articolare nei vari segmenti il maxiemendamento sul quale voteremo contro. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U e del senatore Zancan).
AYALA (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Davvero in dissenso, senatore Ayala?
AYALA (DS-U). In dissenso tecnico.
PRESIDENTE. Voterà a favore dell'emendamento del Governo?
AYALA (DS-U). Mi asterrò (Commenti dal Gruppo AN). Questi atteggiamenti fanno parte di uno stile che non dovrebbe fare ingresso in quest'Aula, comportamenti da stadio.
PRESIDENTE. Prendo atto della sua dichiarazione e le do la parola.
AYALA (DS-U). In questo maxiemendamento del Governo vi è un aspetto in particolare che condivido integralmente e se avessimo potuto discuterne separatamente avrei avuto modo ovviamente di spiegare meglio la ragione di questa mia condivisione.
Mi riferisco alla eliminazione dal testo del disegno di legge di quel "privilegio" di carriera - perché nella sostanza di questo si trattava - per posti semidirettivi e direttivi dei magistrati che rispetto ai loro colleghi avevano avuto il solo privilegio di essere chiamati dal Ministro a prestare la loro opera presso il Ministero della giustizia.
Tale previsione fu da me denunciata come palesemente incostituzionale, giacché rappresentava un modo per alterare la disciplina della progressione in carriera attraverso un intervento politico. Ora possiamo cambiare la nostra Costituzione - lo ripeto ad abundantiam - e al suo interno scrivere quello che vogliamo, tuttavia, a Costituzione vigente, questa norma era sicuramente e clamorosamente incostituzionale e quindi prendo atto che essa è stata espunta grazie al maxiemendamento del Governo. Ciò mi autorizza ad immaginare che vi sia una sensibilità su questo punto.
L’argomento, signor Presidente, è delicato e quindi sia cortese, non consideri se impiego qualche secondo in più, e riguarda l’intervento del Ministro nell’ambito del procedimento disciplinare. Molti colleghi hanno il diritto di non sapere - perché magari si occupano di altre materie, o magari non ricordano il punto in questo momento - che la Carta costituzionale vigente testualmente al comma 2, dell’articolo 107 recita: "Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare".
Ebbene, il fatto che vi sia una parte dell’emendamento in esame, che rispetto al testo originario per la verità segna una correzione in difetto, ma che lascia in piedi la possibilità per le azioni disciplinari e solo per quelle - prima non era così - promosse dal Ministro della giustizia di opporsi alla eventuale declaratoria di non luogo a procedere, instaurando così un contraddittorio, e di intervenire in quel contraddittorio - dove le funzioni di pubblico ministero vengono svolte già dal procuratore generale o da un magistrato delegato - come secondo pubblico ministero attraverso un suo delegato, rientra in quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 107, secondo il quale il Ministro ha la sola facoltà di promuovere? Ebbene, a mio avviso no.
Allora, do atto del passo che è stato compiuto, ma mi chiedo perché non farne uno successivo rinunziando così a questo intervento del Ministro nel procedimento disciplinare, in tal modo saneremmo un’altra lesione alla nostra Costituzione. Invito pertanto il Ministro a riflettere su questo aspetto.
CALVI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Calvi, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1000 (testo corretto), presentato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Risultano pertanto preclusi gli emendamenti 2.22, 2.506 e 2.507.
Passiamo alla votazione dell’emendamento 2.23.
CALVI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, ritiro questo emendamento perché mi sembra che sia già stato votato dalla Camera e anche dal Senato. Quindi, ritengo sia inammissibile.
PRESIDENTE. Ne prendo atto, senatore Calvi.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.24.
FASSONE (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, non ho fatto in tempo a segnalare la mia esigenza di chiederle una precisazione sull'emendamento 2.22, che suppongo sia stato dichiarato implicitamente precluso dalla votazione del 2.1000 (testo corretto).
Ovviamente mi adeguo alla sua decisione; vorrei solo chiederle se la preclusione scaturisce da una esigenza topografica, nel senso che, avendo l'emendamento l'intenzione di sostituire la lettera c), il problema è già stato risolto. Quanto al contenuto, mi pare invece del tutto compatibile, e dico questo non per accademia, ma perché c'è l'altro emendamento, il 2.249, che ha lo stesso contenuto e non vorrei fosse precluso.
PRESIDENTE. E' così, senatore Fassone.
CALVI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Aderendo al teorema Manzione, mi sembra che questo emendamento sia inammissibile, e comunque lo ritiro.
PRESIDENTE. Ne prendo atto, senatore Calvi.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.25.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che questo emendamento immetta nella previsione complessiva del provvedimento un elemento in più di rigore.
La proposta è che l'accesso al concorso sia possibile non fino alla terza dichiarazione di idoneità, ma che le dichiarazioni di inidoneità attraverso esito sfavorevole del concorso siano due. Mi sembra che alla seconda bocciatura debba essere preclusa la possibilità di pensare all'ingresso in magistratura come una delle tante opportunità che si aprono dal punto di vista della carriera al laureato in giurisprudenza.
Quindi, mi sembra un elemento di rigore che per la richiesta comune di maggiore formazione professionale dovrebbe essere accolto anche dalla maggioranza.
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, chiedo di apporre la mia firma a questo emendamento. Vorrei segnalare, ed è una segnalazione tutt'affatto priva di significato, che qui si sta instaurando per la prima volta il doppio concorso di ammissione.
Mentre fino ad oggi il giovane laureato poteva accedere immediatamente al concorso in magistratura, qui deve avere prima superato un precedente concorso, che tra l'altro comporta dei tempi non inferiori per qualsiasi categoria a tre anni (certamente non inferiori per l'avvocato, certamente non inferiori per l'ufficio direttivo, che, tra l'altro, deve esercitare per tre anni, certamente non inferiore per la frequentazione di una scuola, certamente non inferiore per chi deve raggiungere il titolo di assistente in materie giuridiche).
E allora, sono già tante due bocciature per qualcuno che abbia già fatto un cursus di carriera di questo tipo; se è bocciato due volte basta e avanza, non diamo libero ingresso.
Vede, signor Ministro, che tanto poco sono ispirate al lassismo e tanto poco sono ispirate ad un favor magistratis le nostre osservazioni, quando è necessario? Dicevo: poiché è stato già superato un concorso, poiché due inidoneità mi sembrano assolutamente sufficienti, io credo che l'Aula debba accogliere questo emendamento, al quale chiedo di apporre la mia firma.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.25, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.
Non è approvato.
L'emendamento 2.508 è improponibile.
Metto ai voti l'emendamento 2.26, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Gli emendamenti 2.27, 2.28, 2.29, 2.30 e 2.31 sono improponibili.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.32.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, in questo caso cerchiamo di introdurre, attraverso i nostri emendamenti, una logica di semplificazione della struttura gerarchica nonché della nomenclatura formale presente nell’ordinamento giudiziario. Uno dei nostri tentativi è stato far capire, attraverso gli emendamenti, quale idea di ordinamento giudiziario proponiamo al Parlamento.
Insieme ad altri emendamenti che esamineremo successivamente, il 2.32, che propone di abolire le funzioni semidirettive requirenti di primo grado, concorre a dare l’idea di una magistratura che ha, sì, una propria gerarchia funzionale, ma ridotta alle necessità di snellezza e, per altro verso, di indirizzo che sono richieste per il buon funzionamento dell’ordinamento giudiziario.
Continuiamo a sostenere che una previsione così dettagliata dei livelli gerarchici interni alla magistratura sia semplicemente il frutto di una visione distorta della riforma che stiamo discutendo nonché delle necessità dell’ordinamento giudiziario e sia tipico di una prospettiva interna alla corporazione, che continua prepotentemente a presentarsi negli enunciati di questo provvedimento. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).
PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento 2.32, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.
Non è approvato.
L’emendamento 2.33 è improponibile.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.34.
FASSONE (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FASSONE (DS-U). Lo ritiro, signor Presidente.
PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento 2.35, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 2.36, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.37.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, ho rinunciato ad intervenire sull’emendamento 2.35 perché avrei fatto le stesse considerazioni che ho svolto sull’emendamento precedente.
L’emendamento 2.37 consente di esemplificare: ma che senso ha, di fronte al comune cittadino, parlare di un primo grado e di un primo grado elevato? Veramente entriamo nella peggiore tradizione della burocrazia italiana. Credo che il prevedere questa struttura scalare continua all’interno della magistratura faccia davvero torto alle intenzioni che sono state dichiarate anche dal Ministro, cioè avere un ordinamento giudiziario snello, funzionale, con poteri di indirizzo da parte dei titolari delle funzioni superiori, mentre qui siamo di fronte ad una preoccupazione costante di organizzare la carriera gerarchica in una serie di gradini che devono essere toccati uno in successione all’altro soltanto per ragioni di benefìci economici.
Il primo grado e il primo grado elevato fanno veramente parte di una tradizione spagnolesca che nella nostra burocrazia indubbiamente ha trovato agio di proliferare, ma che una riforma come questa dovrebbe preoccuparsi di contrastare.
PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento 2.37, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.38.
FASSONE (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, ritiriamo gli emendamenti 2.38, 2.39, 2.40 e 2.41, a dimostrazione della nostra volontà di semplificare i lavori.
Le chiedo sin d’ora di poter rendere dichiarazione di voto quando si passerà alla votazione dell’emendamento 2.43.
PRESIDENTE. S’intende ritirato anche l’emendamento 2.42, essendo uguale al 2.41?
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.43, sul quale il senatore Fassone ha testé chiesto di intervenire in dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, dichiaro innanzitutto il voto favorevole del mio Gruppo a quest’emendamento, con una correzione minimale nella lettera e-ter), dove i "cinque anni" che si leggono alla fine della lettera devono intendersi come "otto anni".
Dico questo perché l’emendamento in questione offre una risposta positiva, meditata e a nostro avviso più soddisfacente al problema noto come separazione delle carriere come affrontato dal testo governativo.
In un precedente intervento dissi che noi ci rendiamo ben conto che il problema esiste e che però la separazione delle carriere è uno strumento tecnico sulle cui finalità occorre però accordarci.
Le finalità normalmente addotte sono quattro e, a nostro avviso, trovano adeguata risposta nell’emendamento in questione.
La prima è l’esigenza di una professionalità specifica per chi svolge le due funzioni, in particolare - si afferma - quella del pubblico ministero. Noi prevediamo che chi chiede di transitare dalla funzione giudicante a quella requirente debba partecipare ad un apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura, in esito al quale sia espressa una valutazione attitudinale favorevole. Qui veramente ha senso la valutazione attitudinale, perché sustanziata di una laboriosa, complessa, scientifica partecipazione ad un corso idoneo ad accertarla.
L’altro obiettivo che viene comunemente addotto è quello di evitare lo scambio dei cappelli, cioè che un magistrato che ha esercitato una funzione inquirente passi nello stesso ufficio a svolgere l’altra funzione. È una finalità di garanzia che noi riteniamo di soddisfare prevedendo un’incompatibilità di sede. Si può discutere se estenderla al distretto ovvero al circondario, ma questo ci sembra lo strumento idoneo, necessario e sufficiente per realizzare tale obiettivo.
Si è detto altresì che la separazione è necessaria per evitare il balletto tra l’una e l’altra funzione, questa sorta di slalom tra le sedi per esigenze personali e non di servizio. Noi aderiamo a tale esigenza, proponendo che il transito in una funzione obblighi il magistrato a rimanere nella medesima per un tempo notevolmente più lungo di quello ordinario, che è di tre anni.
Noi indichiamo tale periodo in otto anni, come ho poc’anzi dichiarato di correggere. Ciò implica che normalmente in una carriera magistratuale non ci sarà più di un passaggio o al massimo due, quindi raggiungiamo lo stesso obiettivo perseguito dal Governo ma senza i pesanti inconvenienti che ho lamentato nei precedenti interventi, in particolare senza il blocco irreversibile nella funzione anche quando il soggetto non l’abbia richiesto.
Ecco perché mi sembra che, nel quadro di quella disponibilità al confronto più volte espressa dai rappresentanti del Governo e più volte ricambiata da parte nostra, questo possa essere davvero l’oggetto di una riflessione pacata ed equanime che realizzi gli obiettivi che ci accomunano e rimuova invece le pesanti diversità che ci vedono in contrasto.
CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, intervengo su questo importante emendamento in quanto dà l’occasione di chiarire ancora meglio di quanto finora non si sia fatto la posizione del nostro Gruppo sul tema assai controverso e discusso della cosiddetta separazione delle funzioni o separazione delle carriere.
Un argomento che è stato più volte affrontato in questo campo è quello dell’ancoraggio al dettato costituzionale; tuttavia ritengo che esso di per sé non debba essere utilizzato in modo formalistico.
Infatti, è vero che la Costituzione in questo momento non consente l’istituzione di due distinte figure magistratuali in senso lato, l’una strettamente separata dall’altra (la prima con funzioni e compiti esclusivi di proporre la pubblica accusa, la seconda con funzioni giudicanti), ma non è appunto questo l’argomento dirimente della questione. A nostro giudizio, occorre un’indagine più strettamente di merito su cosa dobbiamo chiedere in una democrazia avanzata sia alla funzione giudicante che alla funzione inquirente.
Si è detto - e si è anche mossa l’accusa che si tratti di un’espressione retorica - che la funzione inquirente deve essere permeata dalla cosiddetta cultura della giurisdizione. Ora, a me non pare che questa sia una frase puramente retorica; ovviamente, essa va accompagnata dal fatto che noi ci troviamo ormai in un sistema nel quale il processo, in particolare il processo penale, è quello in cui la figura del pubblico ministero ha una funzione importante (ne ha di residuali anche nel processo civile).
Attualmente la figura del pubblico ministero non ha più una supremazia, una preminenza, una specialità rispetto a quella della difesa. Anzi, tendenzialmente si tratta di due figure paritarie le quali confliggono, in senso giudiziario, esponendo ciascuna le proprie tesi e proponendo ad un giudice terzo, come recita l’articolo 111 della Costituzione, le loro posizioni.
Ovviamente esiste anche un malvezzo pratico: può esistere o può essere esistita un’attività di colleganza, come del resto potrebbe esistere una frequentazione o un’amicizia personale fra le parti del processo, ma questo non può significare, soprattutto in prospettiva, che questo schema processuale non meriti un investimento nell’ordinamento giudiziario, e quindi non meriti di stabilire che la figura del pubblico ministero non può e non deve trasformarsi esclusivamente in un custode delle attività della polizia giudiziaria, ma deve continuare ad essere custode anche della legittimità dell’attività di indagine.
Pertanto, nulla vieta che, da un lato, si amplino gli spazi di indagine e i poteri della polizia giudiziaria, ma altrettanto che si mantenga questa figura nel nostro sistema processuale. La conseguenza di questo schema processuale (quindi non un principio astratto ideologico, che veda con favore la separazione delle carriere o delle funzioni) è che l’emendamento presentato dai senatori Calvi, Ayala e da un altro nutrito gruppo di colleghi esprime in questo momento al meglio l’esigenza di individuare una funzione inquirente che abbia la capacità di mostrarsi abbeverata alla cultura della giurisdizione e anche sufficientemente professionale e sufficientemente distinta da quella giudicante da non rappresentare alcun pericolo di commistione o di inquinamento.
Aggiungo che in questo schema appare insuperato il rilievo che, diversamente operando, si renderebbe il pubblico ministero comunque inevitabilmente soggetto, nel nostro sistema, al potere dell’Esecutivo, poiché il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale impone che sia comunque un magistrato, cioè un soggetto terzo, imparziale, un soggetto neutro a promuovere l’azione penale e che esso non debba e non possa subire condizionamenti di sorta da parte dell’Esecutivo.
Questo emendamento, quindi, rappresenta il giusto equilibrio, il punto di caduta costituzionalmente corretto del riparto di competenze ed attribuzioni tra magistratura giudicante e magistratura inquirente e anche la possibilità che questi due aspetti della stessa funzione abbiano una circolazione, tuttavia con delle regole, in particolare con la regola di non poterli affrontare nello stesso circondario, con la regola che devono passare periodi anche lunghi di esercizio nell’una e nell’altra funzione.
Pertanto, non solo noi esprimiamo un giudizio positivo su questo emendamento, ma riteniamo anche che esso rappresenti molto di più dell’ipotesi di concorsi separati, di carriere assolutamente distinte, una garanzia proprio per i cittadini, perché attraverso questa garanzia il pubblico ministero è comunque soggetto ad una verifica di legittimità forte perché si fa carico e appartiene ad una cultura della giurisdizione. Per questo esprimiamo il nostro voto favorevole. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, signori colleghi, signor Ministro, se lei vorrà sapere in poche parole (magari se lo dimentica) come la pensa l’opposizione sulla struttura della magistratura, si rifaccia all’emendamento 2.43, nel quale è contenuto il nostro pensiero, semplice e chiaro, non macchinoso e farraginoso come il testo della maggioranza e del Governo.
L’emendamento, in buona sintesi, risponde ad alcuni requisiti di sostanza. Dopo l’esito del tirocinio, che ovviamente va avanti a tutto, il giovane magistrato dovrà esercitare le sue prime funzioni all’interno di un collegio. È un disastro che il magistrato unico, di prima nomina, debba svolgere le funzioni da solo. Qualsiasi magistrato di esperienza vi racconterà come abbia appreso dal presidente e dai colleghi di collegio; qualsiasi magistrato onesto o serio vi dirà che giudicare da soli, di prima nomina, è un peso insopportabile.
Nel disegno del Governo di questo piccolissimo dato di esperienza e di pratica non si è tenuto affatto conto, perché non viene detto che il magistrato di prima nomina deve svolgere le sue prime funzioni all’interno di un collegio. Nel nostro emendamento si prevede che il soggetto, fatto il magistrato giudicante per un triennio, possa scegliere se praticare la funzione giudicante o requirente. È importante però che abbia fatto per tre anni il magistrato giudicante, perché giudicare significa anche misurare e pesare le sanzioni.
Abbiamo dei pubblici ministeri che, rispetto alla proposta di loro pertinenza e di loro parere, che è il patteggiamento, esprimono valutazioni spropositate. Debbono imparare la misura della sanzione, la pena giusta rispetto ai fatti, specialmente con il patteggiamento allargato, quando si possono pesare pene detentive fino a cinque anni. Tutto questo, se il magistrato non ha fatto esperienza, non ha potuto comparare i casi in questi tre anni di funzione giudicante, è veramente pericoloso. Talora assistiamo, da parte dei magistrati, al famoso lancio dei dati di cui parlava Rabelais. Non possiamo accettare che il pubblico ministero, nel dare il parere sul patteggiamento, non risponda in termini di adeguata valutazione della sanzione.
Quando poi il magistrato, requirente o giudicante, dovesse cambiare idea (e io credo che ciò sia possibile, perché la verifica delle caratteristiche della persona, della sua idoneità, di quale siano i campi in cui vale e rende di più, è un dato di esperienza) potrà farlo dopo otto anni ininterrotti di servizio, sottoponendosi a due condizioni.
La prima: aver superato un apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura, in esito al quale sia espressa una favorevole valutazione attitudinale. Il che significa che si deve sottoporre ad un nuovo esame di valutazione, qui sì sacrosanto, perché se il soggetto si ritiene più adeguato ed appropriato per svolgere il ruolo di pubblico ministero rispetto a quello di giudice, o viceversa, la sua attitudine va verificata attraverso un corso di formazione.
La seconda: prendere se stessi e la propria famiglia, sempre che ci sia, e spostarsi in un diverso circondario o in un diverso distretto se si tratta di funzioni di secondo grado, affinché non si verifichi più quello che certamente è stato un non commendevole comportamento di questi tempi, cioè che un pubblico ministero dismetta tale veste e vada a fare il GUP nell’ufficio accanto, il giorno dopo, nella stessa sede giudiziaria.
Risolto tutto questo, viene risolto il meccanismo della diversità delle funzioni, viene risolto il problema dell’introduzione di forze giovani nella magistratura, viene risolto un primo passaggio molto importante nell’amministrazione della giustizia.
Spero, signor Ministro, che non si dica più che non siamo propositivi ma soltanto critici; questa è la nostra proposta, attendo da lei, in sede di risposta finale, di sapere cosa pensa di questa nostra costruzione che sin d’ora affidiamo fiduciosamente al voto dell’Aula.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.43 (testo corretto), presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Gli emendamenti 2.44, 2.45 e 2.46 sono preclusi a seguito dell’approvazione dell’emendamento 2.1000 (testo corretto).
Metto ai voti l'emendamento 2.47, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori, identico all’emendamento 2.48, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.49, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 2.50 è improcedibile.
Passiamo all'emendamento 2.51, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.
PETRINI (Mar-DL-U). Ne chiediamo la votazione.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore Petrini, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta non risulta appoggiata).
L'emendamento 2.51 pertanto è improcedibile.
Metto ai voti l'emendamento 2.53, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.54.
CAVALLARO (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Cavallaro, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.54, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.56, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.57, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Gli emendamenti 2.58, 2.59 e 2.60 sono preclusi a seguito dell’approvazione dell’emendamento 2.1000 (testo corretto).
Metto ai voti l'emendamento 2.61, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori, identico all’emendamento 2.62, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.63.
PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Petrini, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.63, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.64.
PETRINI (Mar-DL-U). Anche su questo emendamento chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Petrini, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.64, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.65.
BRUTTI Massimo (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, vorrei esprimere il voto favorevole sull’emendamento 2.65 e richiamare l’attenzione del Governo su una questione che già più volte abbiamo posto.
Tra gli emendamenti da noi presentati alcuni si riferiscono alla questione della separazione tra funzioni requirenti e giudicanti. Non ripeto le obiezioni generali che abbiamo più volte formulato riguardo alla visione, in questo momento dominante nell'ambito della maggioranza, circa il rapporto tra queste due distinte funzioni e circa le garanzie che possano introdursi perché l'esercizio della funzione requirente sia quanto più possibile tale da garantire i diritti del cittadino che ha di fronte come controparte il magistrato della pubblica accusa e, anche, che le funzioni giudicanti siano regolate in modo tale da dare al giudice una consapevolezza delle questioni di difesa della società che sono in gioco nel processo penale e nell'accertamento delle responsabilità per gli atti illeciti.
Noi abbiamo una visione diversa da quella che prevale nella maggioranza. Crediamo si dovrebbe puntare non tanto su una separazione o sclerotizzazione di due attività professionali governate da regole di comportamento diverse e da culture diverse ma che, invece, si dovrebbe puntare sull'osmosi, sulla rotazione delle funzioni, sul passaggio dall'una all'altra. Non sto a ribadire le ragioni di questa che è una contrapposizione radicale che riguarda la visione del sistema.
Voglio, invece, richiamare l'attenzione del Governo sull'opportunità di individuare un punto di incontro tra le esigenze che l'opposizione ha più volte sottolineato e manifestato e l'orientamento e la visione di fondo che, invece, sono propri della maggioranza e del Governo.
Noi, a questo punto, non contestiamo più la vostra visione di fondo nel rapporto tra l'una e l'altra funzione; l'abbiamo contestata a suo tempo, abbiamo presentato emendamenti che avete respinto: ci teniamo la nostra opinione pensando che in un giorno non molto lontano si potrà intervenire nuovamente su queste norme e modificarle. Ora, stiamo al contesto che voi ci proponete.
L'opposizione riterrebbe, signor Ministro, massimamente rilevante e considererebbe una prova di disponibilità al dialogo da parte della maggioranza se la rigidità con la quale voi avete disegnato la separazione tra le funzioni, fino a farne una separazione di fatto tra le carriere che è persino in contrasto con il disegno costituzionale, si attenuasse, almeno in parte, almeno limitatamente alla previsione di una possibilità di passaggio dall'una all'altra funzione, sulla base di una riconversione delle proprie attitudini e capacità professionali, riconversione che in questo emendamento viene prevista nella forma di una attività di aggiornamento, di preparazione e formazione specifica, garantita dalla Scuola della magistratura e assicurata da questa.
Signor Ministro, pensi per un attimo con animo sgombro dal pregiudizio e dalla contrapposizione, che è pure inevitabile e fa parte dei nostri dibattiti, delle polemiche che sviluppiamo, pensi a cosa significherebbe, in termini di distensione, accogliere un emendamento come questo; distensione non soltanto nei rapporti tra maggioranza ed opposizione ma anche nel confronto, che si è fatto aspro, fra l'Associazione nazionale magistrati ed il Governo.
Che senso ha governare conducendo ogni momento guerre di religione su un punto che non è poi così drammaticamente essenziale? In questo modo dareste prova di buona volontà e di disponibilità vera al dialogo.
Il senatore Bobbio afferma che il maxiemendamento è un passo avanti, un segno di disponibilità, ma lo avete confezionato da soli, non è certamente il risultato di una convergenza, di un confronto con l'opposizione, tant'è vero che introduce norme da noi assolutamente non condivise.
Signor Ministro, le chiedo allora un atto di disponibilità sull'emendamento in votazione; la mia proposta è una mano tesa nei confronti del Governo: se vi è questa disponibilità, la considereremmo positivamente, se non c'è sarà purtroppo l'ennesima, ma da molti di noi prevista, disillusione.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.65, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
BRUTTI Massimo (DS-U). Il Ministro avrebbe potuto almeno fornire una risposta!
PRESIDENTE. Se il Ministro non chiede di parlare non posso obbligarlo.
BRUTTI Massimo (DS-U). Se il Ministro avesse formulato parere contrario, mi avrebbe fatto piacere ascoltare le motivazioni.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.509, presentato dal senatore Biscardini e da altri senatori.
Non è approvato.
CASTELLI, ministro della giustizia. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, si tratta di un intervento postumo perché l'emendamento è stato ormai respinto, ma per educazione credo si debba dare una risposta al senatore Brutti.
Intanto mi dispiace si affermi che il maxiemendamento, che tale non è, è stato formulato senza ascoltare le proposte dell'opposizione. Non è vero, molte delle previsioni lì contenute, senatore Brutti, hanno accolto le vostre osservazioni.
CALVI (DS-U). Infatti, su alcune parti, avremmo voluto votare a favore.
CASTELLI, ministro della giustizia. Ciò dimostra, nella forma, che forse è lei più di noi a non aver voglia di dialogare.
Nella sostanza, ricordo che in questo momento siamo sottoposti ad una fortissima critica che è sfociata in uno sciopero perché gli avvocati penalisti ci rimproverano una riforma troppo tiepida: ciò a dimostrazione di quanto sentito sia il tema. Non vi sarebbe stata possibilità di arrivare a una soluzione positiva per l'emendamento che è stato votato perché non è accettabile un tipo di impostazione completamente diversa rispetto all'impianto che abbiamo cercato di delineare in tre anni di discussione.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.66.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, intervengo per spiegare le ragioni per le quali invece di tre anni abbiamo previsto cinque anni come periodo minimo trascorso il quale è possibile chiedere il passaggio a funzioni giudicanti o requirenti.
Una volta che si accede all'idea di chiedere precocemente al magistrato una scelta che riguarda la sua vocazione, dovendo egli verificare se la sua predisposizione o il suo orientamento rispondano effettivamente alle condizioni in cui esercita o vuole esercitare la propria attività di magistrato, tre anni sono un periodo insufficiente per misurare la coerenza tra la scelta espressa inizialmente, che tra l'altro può essere inefficace per questioni organizzative, e il tipo di attività che in virtù di quella scelta sta svolgendo.
Ci sembra che un periodo di cinque anni sia il periodo minimo perché una persona possa valutare se stessa, capire se la vocazione che gli viene richiesto di esprimere è autentica o no, possa comprendere se il bagaglio professionale che si va formando nel periodo successivo al tirocinio corrisponda all'idea con la quale si è fatto ingresso in magistratura, per svolgere funzione requirenti o per svolgere funzioni giudicanti.
Pensiamo invece che prevedere un periodo di tre anni, così come stabilito dalla norma, possa incoraggiare anche scelte superficiali da parte del magistrato. Il periodo di cinque anni a nostro avviso consente al magistrato di confrontarsi meglio con l’idea che ha della sua professione e della sua funzione futura.
In breve, la nostra proposta propone un periodo più vincolante, ponendo a nostro avviso una condizione di verifica della serietà degli intendimenti con la quale il magistrato anticipa la propria funzione successiva, dopo di che avrà la possibilità di passare ad altra funzione giudicante o requirente.
AYALA (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
AYALA (DS-U). Signor Presidente, l’emendamento in esame merita una dichiarazione di voto ed un commento con riferimento sia alla previsione del periodo di cinque anni, anziché i tre previsti dal disegno di legge, sia soprattutto all’inciso dell’emendamento stesso che testualmente cito: "nell’esercizio delle funzioni giudicanti, alle quali si viene necessariamente assegnati dopo l’espletamento del periodo di tirocinio".
Nel nostro ordinamento - ci piaccia o meno - è presente l’anomalia, sconosciuta agli altri ordinamenti occidentali, di un pubblico ministero per un verso autonomo e indipendente da ogni altro potere, per l’altro titolare dell’obbligo di esercitare l’azione penale. A Costituzione immutata questo è il nostro pubblico ministero, il che, ripeto, può anche non piacere, ma non possiamo comunque fare finta che la Costituzione non esista.
Il disegno di legge interviene con una surrettizia forma di separazione di fatto delle carriere attraverso una rigida ed irrevocabile distinzione delle funzioni; tuttavia, esso non può - d’altra parte non potrebbe farlo essendo una normativa di diverso rango - alterare in alcun modo la struttura costituzionale del nostro pubblico ministero.
Qual è quindi la caratteristica che rimane? Il pubblico ministero entra in magistratura superando lo stesso concorso di chi poi farà il giudice, inoltre fa parte del medesimo ordine giudiziario, ergo è autogovernato dal medesimo Consiglio superiore della magistratura. La caratteristica essenziale che possiamo cogliere storicamente in questo assetto del ruolo del pubblico ministero nell’ordinamento è quella della cultura della giurisdizione.
Pertanto, tutti quelli che come noi difendono questa anomalia e che comunque la considerano non tale da dover essere rapidamente eliminata, ritengono che il vantaggio che ne deriva dal punto di vista del sistema è che questo pubblico ministero, facendo parte del medesimo ordine giudiziario ed essendo autogovernato dal Consiglio superiore della magistratura, condivide con il giudice la medesima cultura della giurisdizione.
Questo aspetto, signor Presidente, è rilevante perché nel nostro ordinamento il pubblico ministero, secondo i vecchi processualisti - cui forse oggi non ci si richiama più - veniva definito sì parte del processo, ma sui generis e al riguardo ricordo in particolare il testo di procedura penale del professore Girolamo Bellavista.
Parlo di parte sui generis - e il nuovo codice lo conferma - perché mentre per il difensore, che è la parte del contraddittorio, non è previsto l’obbligo di cercare alcunché che non sia in sintonia con gli interessi del suo difeso, il pubblico ministero invece ha il dovere nella ricerca delle prove di cercare anche quella a favore dell’imputato. Altra questione è se ciò nella quotidianità venga effettuato o meno, tuttavia questo è l’impianto.
Allora, se le cose stanno così - e mi pare difficilmente contestabile - credo che la previsione di un inizio della carriera di magistrato legata all’esercizio concreto della giurisdizione che trova la sua massima espressione ovviamente nel giudizio, rappresenti la formula migliore per avere dei pubblici ministeri che dovendo assolvere a quel ruolo di parte sui generis debbono possedere quella cultura, in caso contrario il sistema non si giustifica e diventa incoerente e in questo caso si tratterebbe sì di una anomalia senza spiegazione, cosa che non si ha invece ravvivando il possesso di quella cultura. E quale migliore modo c’è per prevedere tutto questo?
Stabilendo che, qualunque sia poi la carriera - voglio dire di più, in base anche alla previsione di questo disegno di legge -, ammesso che poi la carriera sia sostanzialmente irrevocabile (scelta una cosa, sempre quella devi fare), ma glieli vogliamo fare cinque anni iniziali già da giudice? Francamente non riesco a capire quale argomento, fermo restando l'impianto di questo disegno di legge, possa essere portato…
CONSOLO (AN). L'articolo 111 della Costituzione!
AYALA (DS-U). Non citate numeri a caso. Con i numeri si rischia di sbagliare, non siamo qui ad una roulette o a una tombola di paese. Credo che questo sia un serio modo di dare coerenza al sistema, senza intaccare quello che lo stesso disegno di legge prevede.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.66, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.67, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori, identico all'emendamento 2.510 presentato dal senatore Biscardini e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 2.511.
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, la votazione di questo emendamento mi consente di intervenire su uno dei più gravi errori, a mio giudizio, di questa farraginosa, complicata, defatigante struttura degli esami, ovverosia di considerare che gli esami si debbano svolgere per titoli ed esami.
Quali sono i titoli? I titoli sono le sentenze. Io continuo a pensare sbagliato, non giusto, ma profondamente errato valutare le sentenze come titoli, per una serie di considerazioni. Anzitutto perché svantaggia quei magistrati che svolgono un utilissimo lavoro di avamposti di giustizia. Penso ai tribunali di sorveglianza, penso ai giudici tutelari, penso ai giudici in materia di esecuzione mobiliare o immobiliare, che certamente non fanno dei titoli sotto il profilo delle belle sentenze, ma amministrano giustizia come avamposti nei riguardi dei cittadini.
In secondo luogo, perché una sentenza non può mai essere un titolo. Ieri sera leggevo, se mi consentite, per cercare un po' di ossigenazione, il libro più famoso di Calamandrei "L'elogio dei giudici scritto da un avvocato", nel quale, facendo l'elogio di un presidente di Corte d'assise dell'epoca, scriveva testualmente: "Per lui ogni giudicabile era un problema umano, non era un caso giuridico, un uomo vivo, non una formula". Il che sta a significare che non è possibile tramutare una sentenza in un titolo, non è possibile! Io ho conosciuto splendide sentenze sbagliate, e sentenze un po' deficitarie nella forma giuste.
Io ho letto forse la più bella sentenza che mi sia mai accaduto di leggere, una sentenza di una Corte d'assise in un processo di mafia degli anni '60 in quel di Sicilia, dove l'estensore della sentenza, evidentemente uomo di belle lettere, incominciò la sua sentenza con queste parole: "Molta era l'autorità di don Calogero Vizzini sulla piazza di Villalba", e in questo incipit meraviglioso descriveva il luogo, la posizione di don Calogero Vizzini e dava quindi uno spaccato straordinario di mafia. Ma io non so se quella sentenza fosse giusta o fosse sbagliata! Non so se questa bellissima descrizione letteraria di cosa significa l'autorità mafiosa, ovvero sia nel controllo della piazza, rispondesse in realtà ad una giusta risoluzione dell'equazione di prove che è il processo!
Io questo non lo so e non lo può sapere una commissione d’esame, perché non rivive l’escussione dei testimoni e non ne vede le incertezze, anche se magari si mette a leggere i verbali (ma non credo proprio che lo faccia).
Allora, questo conservare all’attività giudiziaria il troppo umano che c’è in essa significa dare dignità, rispettare l’intervento delle parti nel processo, dare a ciascuno il suo, trattare le persone offese come tali, trattare gli imputati come persone innocenti fino alla sentenza definitiva di condanna: significa, insomma, fare i giudici.
Io non posso accettare che un giudice scriva una sentenza consultando la zia, magari professoressa di belle lettere, facendosi correggere la sentenza stessa nella speranza di superare un esame: non lo posso accettare, ripeto. Io posso accettare che egli risolva bene la contesa sulla prova ascoltando in modo adeguato le ragioni dell’accusa e della difesa in modo corretto e paritetico e risolva così il suo mestiere di giudice.
Non posso mai pensare che quella sua decisione sia influita perché magari viene scritto meglio di assolvere che di condannare o magari perché è più gradita una sentenza di condanna che non una sentenza assolutoria: questo non lo posso accettare e quindi identicamente non posso accettare un sistema basato su sentenze che diventano titoli.
Di qui il mio fermo invito all’Aula di meditare su tali punti, magari anche accogliendo quest’emendamento, che darebbe un colpo di grazia a questo meccanismo, a mio avviso perverso, di concorsi per titoli ed esami. (Applausi dai Gruppi Verdi-U e Mar-DL-U).
CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALVI (DS-U). Signor Presidente, io intendo intervenire in dichiarazione di voto sull’emendamento 2.68 o, qualora fosse votato con il 2.511, su quest’ultimo. Mi dica lei su quale devo intervenire.
PRESIDENTE. L’emendamento 2.68 risulta precluso se per caso viene respinta la prima parte dell’emendamento 2.511. Se può svolgere la dichiarazione di voto sul 2.511 credo sia indifferente.
CALVI (DS-U). Va bene, signor Presidente.
Signor Presidente, faccio riferimento appunto agli emendamenti 2.511 e 2.68, in particolare a quest’ultimo, il quale si limita a richiedere la soppressione del numero 3 della lettera g) del comma 1 dell’articolo 2, laddove si prevede che il magistrato, entro tre anni di esercizio di funzioni requirenti, possa partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione giudicante.
A me sembra che in questa formulazione vi siano almeno due errori, due punti assolutamente critici: uno attiene al momento temporale, cioè all’indicazione dei tre anni; l’altro invece a una formulazione anomala della separazione delle carriere o delle funzioni, come dir si voglia. Partirò da quest’ultima considerazione.
Noi ci siamo a lungo esercitati su questo tema, in quest’Aula, in dottrina, nei dibattiti; abbiamo a lungo partecipato a discussioni nelle quali ognuno, avvocati, magistrati, professori, ha espresso opinioni circa la separazione delle carriere.
Nella seduta scorsa ho avuto occasione di dire che la nostra posizione è quella indicata nel nostro disegno di legge, il quale definisce la separazione delle funzioni, che a me sembra un modo forse più radicale per determinare l’obiettivo che noi perseguiamo, cioè quello della parità delle parti per avere un giudice terzo, che è proprio la sistemazione processuale prevista dall’articolo 111 della Costituzione, il quale non tratta di separazione di carriere, tratta d’altro, cioè appunto della parità nel momento della formazione e della valutazione della prova.
Dicevo che ho avuto occasione di affermare che questo è un tema sul quale noi tutti dobbiamo piegarci con passione, ma anche con intelligenza. Non è un tema scandaloso, da rifuggire: è un argomento su cui discutere, per verificare quanto sia funzionale a quello che intendiamo ottenere. Allora, innanzitutto voglio dire con molta pacatezza e con l’attenzione dovuta, in base alla riflessione che abbiamo svolto a tale riguardo, che il tema a me appare non decisivo.
La separazione delle carriere non è affatto decisiva ai fini di dare maggiore efficienza e maggiori garanzie al nostro sistema giudiziario, anzi io ritengo che a legislazione attuale (non a Costituzione attuale) una separazione delle carriere possa essere addirittura un danno, perché non risolve i problemi ma forse li aggrava. Occorre quindi affrontare il problema in termini più equilibrati.
Non voglio andare oltre, perché stiamo parlando di un emendamento che regola temporalmente il passaggio da una funzione all’altra. Vorrei tuttavia sottolineare che, una volta preso atto della volontà del Governo e della maggioranza di giungere a quella formulazione che, lo ricordo ancora, ha visto dissenzienti i magistrati ma anche gli avvocati, i quali reputano non adeguatamente raggiunto l’obiettivo della separazione delle carriere (e francamente mi sembra non condivisibile questa opinione nella misura in cui, come ho rilevato anche nella scorsa seduta, lo sbarramento costituzionale rende difficile superare tale ostacolo), a me sembra che stabilire lo sbarramento di tre anni, cioè prevedere che entro il terzo anno vi sia la facoltà di partecipare a concorsi per titoli, significhi in realtà non cogliere la radicalità del problema per cui un giovane, uscito dall’università, avendo superato il concorso in magistratura ed essendo entrato nelle funzioni, dopo tre anni si trova a dover scegliere in modo decisivo se per tutta la vita farà il pubblico ministero oppure il giudice. A me pare francamente irragionevole, una volta superato il problema della separazione delle carriere, così come formulato.
Mi domando: ma è davvero necessario sostenere che tre anni sono sufficienti per operare tale scelta? Perché non cinque? E perché non otto, come abbiamo proposto nel nostro disegno di legge? Otto anni mi sembra rappresentino una sperimentazione sufficiente per il giovane magistrato per poter prendere una decisione anche definitiva, se volete, su cosa dovrà fare nel prosieguo della sua carriera nell’esercizio della funzione giurisdizionale.
Ma per un giovane con soli tre anni di esperienza nella funzione, il quale magari ambisce a tornare presso la città in cui ha risieduto e in cui vive la sua famiglia, il cui obiettivo quindi non è tanto quello di scegliere la funzione, bensì quello di avvicinarsi alla sede, naturalmente ciò renderà più difficile e complicato l’esercizio della funzione di magistrato in un luogo o nell’altro, essendo costretto, dopo appena tre anni, a svolgere per tutta la sua carriera una funzione della quale magari dopo cinque, sei, sette o otto anni avvertirà l’inadeguatezza personale.
Mi sembra che vi sia una distonia, una totale insensibilità rispetto ad un problema di efficienza, cioè quello di dare a questo magistrato, a questo giovane, la possibilità e l’occasione per poter decidere, noi diciamo temporaneamente, voi definitivamente.
Perché stabilire questo sbarramento così breve? C’è una ragione per dire tre anni invece di otto, o invece di cinque? Lo trovo assolutamente irragionevole. È una scelta vessatoria, ma non voglio entrare nel merito di accuse così forti, non mi interessa: vorrei tentare di migliorare questa legge.
Allora mi domando: per quale motivo dobbiamo costringere questo giovane, dopo soli tre anni, a fare una scelta così radicale per la sua vita e non portare tale periodo a cinque, o addirittura a otto anni, quando si tratta di una scelta definitiva per la sua vita professionale?
Io lo trovo irragionevole e anche sciocco, perché preclude a questo punto di perseguire l’obiettivo dell’efficienza, che deve essere raggiunto attraverso un passaggio nel quale il soggetto abbia una propria soddisfazione professionale.
Presidenza del vice presidente FISICHELLA
(Segue CALVI). Perché precludere a questo magistrato di fare una scelta che soddisfi anche le sue esigenze profonde, di essere un giudice oppure di essere un requirente, di essere un pubblico ministero? Se trova la sua la vocazione a distanza di qualche anno, potrà espletare la sua funzione con maggiore soddisfazione per sé e anche con maggiore efficienza per il sistema giudiziario. A me sembra che siamo di fronte ad una scelta priva di ragionevolezza.
E allora, perché non riuscire a cogliere questo momento di dialogo? Signor Presidente, a questo punto vorrei anche che il Governo mi spiegasse il perché di questa scelta. Io non chiedo che tutto ciò che sostengo possa essere accolto. So bene che magari non sarà accolto per diverse ragioni. Si potrà ritenere ragionevole la mia posizione, ma per ragioni politiche complessive magari non sarà accolta. Mi domando però: ho diritto o no, in un confronto leale in Parlamento, di poter ascoltare le ragioni per cui questa mia richiesta non può o non deve essere accolta?
Per questo, Presidente, in conclusione, la pregherei di chiedere al Governo, dato che purtroppo non abbiamo un relatore, almeno di spiegarci la ragione di questa scelta. Naturalmente non vedo presente in Aula il Ministro, ma essendo presente altro rappresentante del Governo mi auguro che possa darci questa spiegazione.
BALDINI, sottosegretario di Stato per le comunicazioni. Il Ministro si è assentato per pochi minuti.
PRESIDENTE. Poiché non vi sono altre manifestazioni di volontà, passiamo alla votazione.
MACONI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MACONI (DS-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Maconi, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, della prima parte dell’emendamento 2.511, presentato dai senatori Sodano Tommaso e Malabarba, fino alle parole "numeri 3)".
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Risultano pertanto preclusi la restante parte dell’emendamento 2.511 e l’emendamento 2.68.
Metto ai voti l'emendamento 2.512, presentato dal senatore Biscardini e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.69.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, si ripropone in altra forma il problema che era stato già proposto con l’emendamento 2.66, ovvero il numero di anni necessario per operare una scelta che riguardi le funzioni che verranno svolte dal magistrato.
In questo caso naturalmente facciamo pesare il principio già sottolineato prima dal collega Ayala, cioè che è nostra convinzione che la prima fase di attività della magistratura debba svolgersi, dopo il tirocinio, nell’esercizio delle funzioni giudicanti. Questo perché le scelte successive siano comunque effettuate all’interno di una formazione sufficientemente consolidata di cultura della giurisdizione. È un principio che più volte abbiamo cercato di richiamare, proprio perché le funzioni si possono dividere, ma la cultura della giurisdizione, deve accomunare l’uno e l’altro, il magistrato requirente ed il magistrato giudicante.
Torniamo ancora sull’idea che, prima di poter esprimere una scelta convinta circa l’indirizzo che si intenderà seguire all’interno della magistratura, un periodo di cinque anni sia più congruo per mettersi alla prova. In merito, mi sembra che diversi colleghi siano intervenuti.
L’emendamento penso abbia una sua ragionevolezza, sia per quel che riguarda il collegamento con l’emendamento 2.66, cioè il passaggio obbligatorio dal tirocinio all’esercizio di funzioni giudicanti, sia per quel che riteniamo essere il periodo di formazione di base più congruo per decidere, da parte del magistrato, sulla propria vocazione.
Infine, esprimo un voto favorevole da parte del nostro Gruppo all’emendamento in esame e chiedo anticipatamente il voto elettronico.
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, sembra che il passaggio da tre a cinque anni non necessiti di illustrazione, mentre in realtà questo modo di strutturare la vita del magistrato soffre di una fretta quasi che si trattasse di decidere del passaggio di un impiegato da un certo livello ad un altro, e non si comprendesse invece che la delicatezza delle funzioni, la delicatezza di decidere sui patteggiamenti, la delicatezza di dare pareri in materia di libertà, di fare delle proposte di sanzione, la delicatezza di dare un parere in materia di sequestri di beni, buttando magari sul lastrico una persona o un’azienda, comportano la necessità che la decisione sulle carriere richiede un briciolo di tempo per essere maturato dalla persona.
Non riesco a comprendere come si vogliano fissare sbarramenti cronologici, che sembrano più ostacoli che non termini razionali, per consentire la formazione di questo servitore dello Stato, che svolge – ripeto - funzioni di tale delicatezza che la sua corretta formazione ed il corretto esercizio delle stesse diventano essenziali proprio per lo Stato.
Non posso che ripetere, anche sulla questione di tempo, che lo Stato si suicida. Possono cambiare i Governi, possono cambiare le leggi, ma la risposta che dà la magistratura alla domanda del cittadino che ha avuto una ferita nel patto sociale e chiede giustizia è indispensabile allo Stato. È molto più importante anche del succedersi dei Governi o delle persone. Senza di essa lo Stato si scolla, deflagra, non ha più quel patto sociale nel quale tutti continuiamo a credere perché speriamo di avere un Paese ed uno Stato migliori.
Per queste ragioni, la vostra abborracciata fretta, il vostro scarso tecnicismo, la vostra scarsa cultura di come le cose vadano nella realtà, vi fa dare tempistiche magari buone per negozi, aziende e commerci, ma non certamente per la corretta carriera e per il corretto sviluppo della persona di un giudice che deve svolgere, bene e fedelmente, compiti così delicati.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Dalla Chiesa, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.69, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.70, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori, identico all’emendamento 2.513, presentato dal senatore Biscardini e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.514.
Verifica del numero legale
MACONI (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.514, presentato dal senatore Biscardini e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.71.
FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, nel dichiarare il mio voto favorevole all’emendamento, ne sottolineo la particolare importanza.
Ormai abbiamo alle spalle, intendo dire come percorso parlamentare, la decisione sulla cosiddetta separazione delle carriere in senso debole. Avendo infatti l’Aula fino ad ora respinto tutti gli emendamenti, si può e si deve ritenere che alla fine passerà il testo quale proposto dal Governo, cioè la formula della quasi irreversibilità della scelta. Non so se tutti i colleghi abbiano riflettuto sul significato anche esperienziale che questa scelta produce.
Abbiamo sancito che una persona svolgerà per parecchi decenni sempre lo stesso lavoro. Molti dei colleghi qui presenti, soprattutto nei banchi della maggioranza, hanno dimestichezza con la cultura dell’impresa, con le sensibilità del mondo del lavoro: sanno che una persona mediamente dopo un certo numero di anni desidera cambiare lavoro, rende molto meglio se può cambiare lavoro.
Ebbene, qui non avverrà, quanto meno per i pubblici ministeri. I magistrati giudicanti hanno una molteplicità di opzioni davanti a loro: possono passare dal civile al penale, dal minorile al fallimentare, dal lavoro alla sorveglianza; il pubblico ministero no. E dopo un arco di anni che mediamente viene individuato nella decina subentra la fossilizzazione mentale: continui a fare quello che hai sempre fatto, non sei recettivo delle novità, non sei recettivo delle esigenze di elasticità mentale.
Questo è un costo che abbiamo alle spalle, come dicevo, e su di esso non ho più titolo per intervenire. Posso e devo invece intervenire sul profilo di incostituzionalità, altamente probabile, racchiuso nella disciplina da voi congegnata.
Ho già avuto occasione di dire che la scelta non conferisce all’aspirante magistrato un diritto ad ottenere la funzione da lui richiesta, ed è comprensibile, perché la richiesta non può modellare i posti in organico sui propri desideri, quindi parecchi non saranno accontentati. Ho già aggiunto che anche il diritto, anzi, mi correggo, la possibilità di richiedere la funzione diversa nell’arco del primo triennio non dà alcuna garanzia circa la possibilità di essere accolta, poiché anche questa richiesta viene accontentata nell’arco dei posti disponibili.
Allora, signor Ministro, rischiamo veramente di avere una situazione analoga a questa: se domani fosse predisposto un bando, dico a caso, per un insegnamento a cattedra di storia e filosofia in un liceo classico, e poi si dicesse al vincitore che può insegnare o solo storia o solo filosofia, al massimo nei tre anni può chiedere una nuova cattedra, se riesce a trovarla, noi credo faremmo un salto sulla seggiola a fronte di un bando di questo genere. È quello che avete sancito, oltre alla improprietà empirica.
Ho già richiamato, e mi vedo costretto a richiamarla nuovamente, una assai probabile frizione con l'articolo 106 della Costituzione, laddove dice che alla magistratura si accede mediante concorso e che il concorso abilita e legittima a svolgere tutte le funzioni magistratuali senza che sia possibile configurare una causa di decadenza così stretta quanto il tempo e così penalizzante quanto è la possibilità di avere la funzione non ottenuta.
Ecco perché mi sembra - mi rivolgo con particolare accuratezza al Ministro e al collega che fece funzione di relatore - necessario questo intervento correttivo; perché quando esposi ad un autorevolissimo esponente della maggioranza questo dubbio la sua risposta fu che non era come dicevo.
Alla constatazione che invece è come dico, perché la replica sua faceva leva sulla lettera l), numero 1) che prevede appunto una riserva di posti per coloro che hanno chiesto di mutare funzione, la mia controreplica fu che questa riserva di cui alla lettera l), numero 1), a pagina 17 del disegno di legge, vale per coloro che hanno chiesto in quell'anno di cambiare funzione, ma non può servire a coloro che l'anno prima, due anni prima, in futuro, vent'anni prima avranno avanzato questa richiesta. Questi, quindi, rimarranno congelati per sempre, pur avendo tutti i titoli per chiedere di poter esercitare l'altra funzione.
Ecco allora che sono addirittura esitante nell'insistere su questo emendamento perché, dal punto di vista del dividendo politico, lucrerei molto di più lasciando le cose così come sono, perché congegnereste un meccanismo talmente infelice nel suo funzionamento e a rischio di incostituzionalità che avrei, probabilmente, maggior successo politico potendovi poi criticare.
Come cittadino e magistrato, però, cerco di realizzare, o almeno cerco di contribuire alla realizzazione di un sistema che possa funzionare, pur nella infelicità delle vostre scelte che contrasto.
Propongo quindi, in due versioni possibili, che il magistrato che ha esercitato la facoltà che voi gli riconoscete, cioè che nei primi tre anni ha chiesto di mutare funzione e non ha potuto essere accontentato per carenza di posti, veda la sua domanda conservare una qualche validità, non indefinitivamente - se credete - ma quantomeno per un arco di tempo che noi proponiamo di tre anni, con un'ulteriore precisazione indispensabile: se vogliamo davvero dare un senso ed una priorità a questa opzione di fondo, per il resto sacrificata intensamente, egli deve godere di un certo qual titolo di preferenza, non su qualsiasi collega, perché altrimenti cadremmo nella sbilanciamento opposto, cioè che un collega con venti anni di anzianità che da tempo desidera avere quella sede si veda sorpassato da un collega giovincello con due o tre anni di anzianità. In un certo arco, in un certo range - come oggi si dice - di anzianità è opportuno conferirgli questa priorità.
Concludo dicendo che questo emendamento ormai dà come acquisiti e superati i grandi contrasti ideologici, che pure permangono e pure ci imporranno di criticare la scelta di fondo; è una sorta di riduzione del danno che altrimenti vi accingete a costruire in termini molto pesanti.
CASTELLI, ministro della giustizia. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTELLI, ministro della giustizia. Signor Presidente, onorevoli senatori, intervengo per dare atto al senatore Fassone dei suoi interventi sempre assolutamente puntuali e coerenti: consentitemi, non sempre i colleghi dell'opposizione hanno seguito questa strada. Oggi abbiamo sentito molte affermazioni contraddittorie con lo spirito e la sostanza della legge.
Vorrei rendervi conto, colleghi della maggioranza, di quanto sta accadendo. In primo luogo, vi ringrazio perché capisco che per chi non è addentro a queste cose sia veramente difficile essere qui presenti.
Una notizia d'agenzia delle ore 19,39 riporta il parere di un leader dell'Associazione nazionale magistrati il quale dichiara che, a seguito dell'approvazione del cosiddetto maxiemendamento, lo sciopero è l'unica strada possibile.
Vorrei segnalare che il cosiddetto maxiemendamento è un arretramento rispetto alla pregnanza della riforma originaria. Abbiamo cercato di recepire tante segnalazioni dell'opposizione, siamo arretrati sulla questione dei concorsi riducendo la percentuale di coloro i quali vogliano farli.
PASTORE (FI). E si è sbagliato!
CASTELLI, ministro della giustizia. Ma la risposta è l'auspicio di uno sciopero. Dobbiamo renderci conto che vi è una sorta di non rispetto delle decisioni del Parlamento. Credo che il vostro rimanere in Aula in questo momento non sia una perdita di tempo ma ribadisca che il Parlamento deve essere sovrano e deve fare le leggi. (Applausi dai Gruppi FI, AN e LP).
Di fronte all'approvazione di un emendamento che voleva essere un segnale di disponibilità, la risposta è lo sciopero perché il Parlamento pretende di fare il proprio lavoro, il proprio dovere, cioè legiferare.
GUZZANTI (FI). Viva il Parlamento!
CASTELLI, ministro della giustizia. Credo che dobbiamo dare una risposta forte e portare a termine questa riforma. (Vivi applausi dai Gruppi FI, UDC, AN e LP).
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, il meccanismo della necessità di posti vacanti per consentire di dare adempimento alla volontà di scelta delle funzioni di pubblico ministero o di giudice - una scelta che la maggioranza ha imposto a pena di inammissibilità all'inizio del concorso (Commenti dal Gruppo AN) - significa cattivo funzionamento dell'amministrazione della giustizia, perché i magistrati sono già pochi rispetto all'esigenza di giustizia.
NOCCO (FI). Sono molti!
ZANCAN (Verdi-U). Per cortesia, senatore Nocco, non mi faccia dire quello che penso (Commenti dal Gruppo FI). Non difendo nessuno e non voglio interferire nelle decisioni di altri (Commenti dal Gruppo AN). Persone che stanno dedicando la loro vita, come la dedicano la stragrande maggioranza dei magistrati italiani…
NOVI (FI). Ma mi faccia il piacere!
ZANCAN (Verdi-U). … a cercare di amministrare la giustizia in condizioni di massimo disagio, con scarse risorse e carenze di organico che comportano un sovraccarico di lavoro, si vedono destinatarie di un testo sbagliato.
Ed è sbagliato perché nessuna categoria, nessun operatore di giustizia accetta questo ordinamento: né gli avvocati né i magistrati, né i cancellieri né gli ufficiali giudiziari, e soprattutto non lo accettano gli utenti di giustizia che da questa riforma non ricaveranno neanche un piccolissimo passo avanti per avere un processo celere e giusto (Commenti dal Gruppo AN).
Quando accade tutto ciò, se questi fedeli servitori dello Stato (Commenti dal Gruppo FI) che vogliono servire lo Stato senza le vacanze previste da questo emendamento, manifestano la preoccupazione…
PRESIDENTE. Per favore, il senatore Zancan ha titolo per parlare in un ambiente che non sia caratterizzato da questi ululati (Applausi della senatrice Bonfietti).
ZANCAN (Verdi-U). … di non poter continuare a svolgere il proprio compito, e lo manifestano in quella forma estrema che è la protesta civile esercitata attraverso l'astensione dalle udienze, anziché fare facili ironie lei, signor Ministro, dovrebbe riflettere.
Allora lei, signor Ministro, dovrebbe riflettere, riflettere profondamente perché, mi creda, qui non si tratta della congiura di uno, dieci o cento, ma del parere di tutti, di tutti! Lei ha contro tutti i magistrati, tutti gli avvocati e gli operatori di giustizia italiani: lo comprende che cosa significa? E appena sarà approvato questo ordinamento avrà contro anche la stragrande maggioranza dei cittadini italiani! (Applausi dai Gruppi Verdi-U e DS-U).
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, naturalmente la comunicazione che ha dato il signor Ministro - anche per le valutazioni che autorevolmente ha espresso in questa sede - non può non incidere sul nostro dibattito. Cercherò quindi, soprattutto ora, di attenermi all’emendamento che è stato proposto dal collega Fassone, del quale condivido l’ispirazione e che chiedo di poter sottoscrivere.
Mi sembra una proposta ispirata al buon senso; il collega Fassone ha sollevato ed affrontato una questione di grande rilevanza e sono contento che lo abbia fatto pur nella sua cultura di magistrato parlamentare. Tale importante tema è quello della necessità e del desiderio per ogni persona di sperimentare dei modelli di attività all’interno delle diverse professioni.
Proprio qualche giorno fa, riferendomi a questo provvedimento, ho richiamato la necessità di tener conto anche delle acquisizioni che anche altre scienze, non soltanto le scienze giuridiche, hanno proposto, ad esempio le scienze della formazione, e il collega Fassone, forse non intenzionalmente, ha però colto un elemento importante del dibattito scientifico in ordine al rapporto tra formazione culturale e svolgimento della professione.
Tornerò su questo tema visto che abbiamo presentato l’emendamento 2.74 che lo affronta e che mi piacerebbe approfondire in questa sede. Non riprenderò quindi quella parte dell’intervento del senatore Fassone, che io condivido profondamente, per soffermarmi sulla opportunità assoluta - che mi permetto di sottoporre nuovamente all’attenzione del Ministro, il quale mi è sembrato cogliere il senso dell’intervento del collega Fassone - di garantire un po’ più di efficacia alla dichiarazione che viene richiesta all’aspirante magistrato, sotto pena di nullità della sua domanda, di indicare se intenda fare il pubblico ministero o il magistrato giudicante.
Questo perché abbiamo rilevato un’incongruenza tra la richiesta tassativa all’aspirante magistrato circa i suoi intendimenti per il futuro e la concreta disponibilità di posti. Non si comprende la ragione della nullità della domanda se non c’è una corrispondenza automatica tra la dichiarazione della propria "vocazione" e la disponibilità di posti.
Allora il tener conto, come chiedeva il collega Fassone, del fatto che un soggetto abbia una sua vocazione e predisposizione e che quest’ultima possa non essere soddisfatta, visto che in un determinato momento non c’è una adeguata disponibilità di posti, a mio avviso introduce nell’ordinamento giudiziario un briciolo di razionalità in più.
Quindi, quel magistrato non dovrà concorrere nuovamente per un posto nella funzione giudicante, ma quella sua richiesta verrà tenuta in conto per un certo numero di anni, come veniva detto. Credo che sia veramente incongruo dire di no ad un emendamento che è così carico di buon senso pragmatico ed organizzativo.
Dopo di che - mi rivolgo qui al signor Ministro - penso che se avessimo votato, come avevamo chiesto, per parti separate l'emendamento del Governo, quei punti, solo alcuni, su cui ci sarebbe stata una convergenza sarebbero usciti dal Parlamento più forti: avevamo infatti dichiarato che su alcune parti di quell'emendamento governativo l'opposizione era disposta a convergere. Il fatto di avere voluto votare, nel suo insieme, un complesso disarticolato ed eterogeneo di norme ha evidentemente portato l'opposizione, facendo una valutazione bilanciata, a votare contro. Ciò sicuramente ha dato meno forza ad alcune parti dell'emendamento governativo.
Non so quale collega abbia urlato "Viva il Parlamento!": è un urlo che io condivido. Vorrei però che quell'urlo "Viva il Parlamento!" in questa sede echeggiasse sempre, a difesa delle prerogative di questo Parlamento, perché tre sono i poteri rispetto ai quali difendere l'autonomia ed il prestigio del Parlamento: uno è quello giudiziario e uno è il potere esecutivo.
Se noi sappiamo difendere il potere legislativo ed il suo prestigio di fronte agli altri due poteri, possiamo urlare "Viva il Parlamento!"; se invece pensiamo che questa autonomia debba essere galvanizzata rispetto ad un potere e venduta o sottomessa rispetto ad un altro, quell'urlo non ha alcun valore; ha semplicemente il significato, che purtroppo traspare in controluce in questo provvedimento, di una resa dei conti - lo ripeto - di alcuni magistrati politicamente orientati verso altri magistrati che si ritiene altrettanto politicamente orientati.
Una resa dei conti interna alla corporazione, a mio avviso, non giustifica il riferimento ai grandi valori costituzionali e non giustifica nemmeno che noi ci identifichiamo talmente in questa legge scritta da pensare che sia una legge del Parlamento.
Cari colleghi, noi votiamo per una legge che ci arriva dall'interno della magistratura: parliamoci chiaro! Non è una legge fatta dal Parlamento, che ci ha messo dentro tutte le sue competenze diversificate: gli avvocati, gli ex magistrati, ma anche gli economisti, gli esperti di organizzazione, i professori universitari, i sociologi, i politologi. Non è questo, non ci abbiamo messo dentro le competenze del Parlamento! Questa riforma è stata scritta con una logica squisitamente ed esclusivamente da magistrati. Quindi, purtroppo, c'è poco da gridare "Viva il Parlamento!" (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U e Verdi-U).
BRUTTI Massimo (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, io credo di non poter più intervenire su questo emendamento perché è intervenuto prima di me il collega Fassone. Vorrei rimettere alla sua valutazione la richiesta da parte mia di poter replicare alle considerazioni del Ministro, che non riguardavano l'uno o l'altro emendamento, ma avevano invece carattere generale e credo non debbano rimanere senza una replica da parte nostra.
PRESIDENTE. Senatore Brutti, l'emendamento 2.72 reca il suo nome come primo firmatario. Se lei volesse parlare in quel contesto, ci manterremmo nel più fermo rispetto della regola.
Procediamo dunque alla votazione dell'emendamento 2.71.
Verifica del numero legale
MACONI (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
BAIO DOSSI (Mar-DL-U). Ci sono troppe luci accese da quella parte, Presidente.
PRESIDENTE. Ci sono effettivamente molte luci lì in alto. Invito gli assistenti parlamentari a salire e controllare.
BONFIETTI (DS-U). Controlliamo però anche quelli che votano!
PRESIDENTE. Il Senato è in numero legale.
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.71, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.72.
BRUTTI Massimo (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, l’emendamento 2.72 è abbastanza chiaro nelle sue intenzioni e nello spirito che lo anima. Questo spirito, evidentemente, è in contrasto con l’orientamento più volte manifestato dal Governo, che ha portato il Ministro ad esprimere parere contrario su altri emendamenti che andavano nella stessa direzione.
Si trattava di emendamenti fondati sul buonsenso, perché qui siamo di fronte al caso in cui, per difetto di posti vacanti nella funzione richiesta, il magistrato che ha presentato la domanda per il passaggio di funzioni non può ottenere l’accoglimento della sua domanda pur di fronte ad una previsione di legge che a ciò lo abiliterebbe. Si propone quindi la possibilità di un rinnovo della domanda, ma credo che il Ministro non sarà d’accordo, perché esprime parere contrario anche a proposte che si fondano sul mero buonsenso.
Detto questo, ringrazio il Presidente per il suggerimento cortese che mi ha dato indicandomi l’emendamento 2.72 come l’occasione che mi poteva offrire la possibilità di replicare al Ministro.
Le affermazioni del Ministro sono impegnative e proprio per questo non debbono - io credo - cadere nel silenzio. Il silenzio da parte nostra, anche se noi conosciamo il ministro Castelli, sembrerebbe quasi un consenso tacito alle parole che egli ha pronunciato. No! Da parte nostra, invece, c’è il più fermo dissenso.
Risponderò pacatamente al Ministro. Egli cita le dichiarazioni di un esponente dell’Associazione nazionale magistrati. Quelle dichiarazioni sono la manifestazione di un’opinione legittima, signor Ministro. Ella non ha ancora il potere di mettere il bavaglio a chicchessia, e tantomeno di mettere il bavaglio all’Associazione nazionale magistrati o ai suoi rappresentanti.
Le leggo, signor Ministro, il primo comma dell’articolo 21 della Costituzione: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione".
CASTAGNETTI (FI). Anche il Ministro!
BRUTTI Massimo (DS-U). Ebbene, se qualcuno formula una valutazione critica su ciò che il Governo propone, o sulla indisponibilità del Governo ad accettare critiche, obiezioni e suggerimenti del Consiglio superiore della magistratura, della cultura giuridica italiana o dell’opposizione, checché ne dica il ministro Castelli la sua opinione è legittima e contribuisce utilmente al dibattito pubblico su questa legge in tema di ordinamento giudiziario che noi consideriamo una pessima legge.
Anche l’astensione dal servizio, ove sia decisa per iniziativa dell’Associazione nazionale magistrati, e dunque con riferimento a tutti coloro che accettano di condividere le valutazioni critiche di tale associazione, è una scelta del tutto legittima, signor Ministro.
Il Parlamento non è minacciato dalle opinioni, e non è minacciato dalla libertà di associazione. C’è un’antica diffidenza delle culture politiche autoritarie di questo Paese nei confronti dell’associazionismo dei magistrati, e forse anche questo spiega le invettive del ministro Castelli.
Esse sono fuori luogo. Il Parlamento si difende garantendo il confronto, garantendo la sua comunicazione con il Paese, garantendo il raccordo tra i partiti politici, i Gruppi parlamentari, gli eletti e le associazioni libere che vivono nel Paese. Guai ad una politica che neghi la libertà di associazione, guai ad una politica che imbavagli le opinioni critiche di opposizione rispetto alle scelte di un Governo che è già minoranza nel Paese! (Commenti dai banchi della maggioranza).
Per questo, caro signor Ministro, noi respingiamo le sue parole, le critichiamo vivamente e non siamo d’accordo con lei. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e del senatore Zancan).
PETRINI (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETRINI (Mar-DL-U). Signor Presidente, il mio intervento non avrà la puntualità e la coerenza degli interventi del senatore Fassone, lodato giustamente dal Ministro. Poiché il Ministro stesso ha ritenuto di poter svolgere un intervento che non aveva puntualità e coerenza con la materia che stavamo trattando, ma invece investiva aspetti più ampi e delicati della vita democratica del Paese, ritengo di poter, dopo il suo esempio, transigere anch’io alla puntualità e alla coerenza.
Le parole del Ministro sono obiettivamente pesanti, parole che per il loro significato risultano particolarmente gravi. Il Ministro, infatti, ritiene che protestare contro un atto legislativo adottato dal Parlamento significhi recare un vulnus alla sovranità parlamentare.
Ora questo obiettivamente non può essere e non è, signor Ministro. La sovranità del Parlamento rimane ed è assolutamente fuori luogo trarre da questo elemento uno spunto per incitare il Parlamento ad una maggiore determinazione nel perseguire la sua azione. E’ poi particolarmente grave che questo incitamento raccolga l’entusiastico assenso della maggioranza parlamentare.
E’ assolutamente evidente, infatti, che qualunque parte sociale, sia essa un’associazione personale, un’associazione sindacale, una componente sociale in senso ampio o una componente territoriale, è assolutamente legittimata a protestare nei confronti di un’azione legislativa del Parlamento.
Di fronte a questa protesta, il Parlamento dovrebbe essere sufficientemente accorto, e aggiungerei modesto, da domandarsi il perché di questa protesta e se la stessa non abbia un fondamento, perché la sovranità del Parlamento corrisponde alla funzione rappresentativa che lo stesso ha.
Il Parlamento deve cioè rappresentare il corpo sociale nel suo insieme, nella sua complessa articolazione. E quando il corpo sociale esprime in modo così compatto e in modo così diretto un dissenso nei confronti dell’azione del Parlamento, piuttosto che rispondere con alterigia e affermando la propria potestà, sarebbe utile che quel Parlamento si domandasse il perché di quella protesta, il perché di una protesta così compatta e così coerente nella sua espressione.
Guai se noi esprimessimo una condanna nei confronti di una protesta che è sempre stata portata avanti nell’ambito della legalità, con strumenti riconosciuti dalla nostra Costituzione!
Per questo io ritengo gravi le affermazioni del Ministro, ma più ancora l’ovazione con cui la maggioranza ha accolto quelle parole. E vorrei dire al signor Ministro che c’è un elemento che ci preoccupa particolarmente: non c’era alcun bisogno in questa sede, in questo momento, di questa puntualizzazione così cipigliosa.
Non ce n’era alcun bisogno. Proprio il fatto che lei abbia ritenuto di doverla fare getta un’ombra di sospetto e di inquietudine sull’azione legislativa di questo Parlamento. Le sue parole non soltanto erano fuori luogo, ma sono state tali da alimentare quel sospetto e quella protesta. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).
MACONI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MACONI (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della
discussione
dei disegni di legge nn. 1296-B, 1262, 2457 e 2629
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.72, presentato dal senatore Brutti Massimo e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.73, presentato dal senatore Calvi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.74.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, questo è l’emendamento cui ho accennato poco fa, che prevede che durante l’intera carriera del magistrato non siano consentiti più di due passaggi dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti o viceversa.
L’emendamento tiene conto di quella naturale inclinazione cui faceva riferimento prima il collega Fassone, il quale giustamente ha sottolineato come in tutte le trasmissioni televisive in cui cerchiamo di delineare il nostro scenario di società e di funzionamento del mercato del lavoro, continuiamo a predicare che ogni individuo deve pensare di svolgere nella sua vita, almeno dieci, o dodici attività diverse.
Stiamo cercando di costruire un’ideologia del cambiamento perenne dell’attività che svolgono gli individui nell’arco della loro vita, ma poi improvvisamente decidiamo che ci deve essere una figura, il pubblico ministero, che deve svolgere per decenni esattamente quell’attività e soltanto quell’attività.
Noi già ragioniamo all’interno di un medesimo ordine, quello giudiziario. Chiederei ai colleghi di ricordare che abbiamo deciso di elevare veramente molto, anche indebitamente, l’anno in cui andranno in pensione i magistrati. Stiamo quindi parlando di un’attività professionale che non dura trenta o quarant’anni, ma di più. Pensiamo così che un soggetto possa fare per mezzo secolo il pubblico ministero, possa fare per mezzo secolo l’accusa.
Quando ragioniamo su questo, se davvero ci ragioniamo, non possiamo che trarre sconcerto e sbigottimento ad immaginare che una persona formi per mezzo secolo la struttura della sua personalità esclusivamente nel sostenere l’accusa.
Credo che coloro che temono quel magistrato che comincia a portare progressivamente la sua professionalità verso approdi che mettono in discussione il suo equilibrio psicologico o psichico dovrebbero davvero riflettere sul fatto che stiamo creando le condizioni affinché egli magari passi quel colloquio psico-attitudinale che viene previsto, ma maturi attraverso la sua attività professionale le condizioni per cui, un colloquio fatto a settant’anni in realtà non ritrovi più le stesse condizioni di equilibrio che gli abbiamo richiesto all’inizio. Perché? Perché per mezzo secolo non ha fatto altro che rappresentare l’accusa!
Su questo dovremmo riflettere, dovremmo pensare che stiamo producendo, forse senza volerlo, ma per amore di polemica, qualcosa che non va, perché non stiamo pensando alle condizioni di funzionalità e di garanzia che hanno suggerito legittimamente una separazione delle funzioni. Ricordo che la separazione delle funzioni è nata pensando agli abusi che si possono verificare all’interno delle sedi giudiziarie, per cui colui che ha sostenuto l’accusa, ad un certo punto si trova a svolgere funzioni giudicanti.
Per questo è nata tale esigenza; ma se pensiamo di rispondere ad essa o di soddisfarla attraverso il percorso che delineiamo in questo provvedimento, andiamo nella direzione opposta. Mi scusi, signor Presidente, non sono né avvocato né magistrato, e sarebbe bene che sulle leggi che riguardano la giustizia non intervenissero soltanto i magistrati e gli avvocati.
Richiamo tutti ad un principio di realtà: pensate davvero che un individuo che fa il pubblico ministero per mezzo secolo alla fine possa rappresentare quel bisogno di equilibrio e di garanzie che ci ha portato a ragionare su questi temi alcuni anni fa? Io penso di no; penso che per amore di polemiche e di schieramento stiamo costruendo una carriera dalla quale, devo dire, ci scampi Iddio. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).
ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà, senatore Zancan, se parla per trenta secondi.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, allora prenderò la parola domani mattina.
PRESIDENTE. Procediamo allora alla votazione dell’emendamento 2.74.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, mi scusi, se rinviamo la votazione a domani mattina parlerò in quella sede, diversamente restringo il mio intervento e lo faccio adesso.
PRESIDENTE. Senatore Zancan, il problema è che lei ha titolo per parlare per dieci minuti; sto cercando anche di tutelare il suo titolo a parlare. Se lei sta nei tempi, posso farla parlare, altrimenti devo prolungare la seduta.
ZANCAN (Verdi-U). Non siamo qui per fare ostruzionismo.
PRESIDENTE. Nessuno lo pensa; l’ho richiamata però al tempo perché vorrei darle i dieci minuti che le spettano.
ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, esprimerò in trenta secondi il mio pensiero.
Questa maggioranza e questo Governo, così attenti ai sondaggi, dovrebbero fare un sondaggio sulla desertificazione delle procure della Repubblica. Per questo infatti è opportuno che vi sia un doppio passaggio, perché tra l’altro rischiamo attraverso questa scelta, diciamo così, della funzione irreversibile di avere dei posti vacanti in quel ruolo assolutamente delicato di rispetto e di amministrazione dell’azione penale rappresentato dalle procure della Repubblica.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.74, presentato dal senatore Dalla Chiesa e da altri senatori.
Non è approvato.
Rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
La seduta è tolta (ore 20,31).
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE DISCUSSO AI SENSI DELL'ARTICOLO 44, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO
Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico (1296-B)
ARTICOLO 2 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Art. 2.
(Princìpi e criteri direttivi)
1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere per l’ingresso in magistratura:
1) che sia bandito annualmente un concorso per l’accesso in magistratura e che i candidati debbano indicare nella domanda, a pena di inammissibilità, se intendano accedere ai posti nella funzione giudicante ovvero a quelli nella funzione requirente;
2) che il concorso sia articolato in prove scritte ed orali nelle materie indicate dall’articolo 123-ter, commi 1 e 2, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, nonché nelle materie attinenti al diritto dell’economia;
3) che la commissione di concorso sia unica e che sia nominata dal Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, e che sia composta da magistrati, aventi almeno cinque anni di esercizio nelle funzioni di secondo grado, in numero variabile fra un minimo di dodici e un massimo di sedici e da professori universitari di prima fascia nelle materie oggetto di esame da un minimo di quattro a un massimo di otto, e che la funzione di presidente sia svolta da un magistrato che eserciti da almeno tre anni le funzioni direttive giudicanti di legittimità ovvero le funzioni direttive giudicanti di secondo grado e quella di vicepresidente da un magistrato che eserciti funzioni di legittimità; che il numero dei componenti sia determinato tenendo conto del presumibile numero dei candidati e dell’esigenza di rispettare le scadenze indicate al numero 1) della lettera d); che il numero dei componenti professori universitari sia tendenzialmente proporzionato a quello dei componenti magistrati;
4) che, al momento dell’attribuzione delle funzioni, l’indicazione di cui al numero 1) costituisca titolo preferenziale per la scelta della sede di prima destinazione e che tale scelta, nei limiti delle disponibilità dei posti, debba avvenire nell’ambito della funzione prescelta;
b) prevedere che siano ammessi al concorso per l’accesso in magistratura nelle funzioni giudicanti e nelle funzioni requirenti coloro che:
1) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, stabilendo inoltre che il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali sia determinato, fermo quanto previsto nel comma 5 dell’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, in misura non superiore a dieci volte il maggior numero dei posti considerati negli ultimi tre bandi di concorso per uditore giudiziario;
2) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche;
3) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense;
4) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni;
5) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno quattro anni senza demerito e senza essere stati revocati o disciplinarmente sanzionati;
6) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162;
c) prevedere che per essere ammessi a sostenere le prove orali del concorso di cui alla lettera a), numero 2), il candidato debba essere positivamente valutato nei test di idoneità psico-attitudinale all’esercizio della professione di magistrato anche in relazione alle specifiche funzioni indicate nella domanda di ammissione;
d) prevedere che:
1) le prove scritte avvengano tendenzialmente a data fissa, e cioè nei giorni immediatamente prossimi al 15 settembre di ogni anno; che la correzione degli elaborati scritti e le prove orali si svolgano inderogabilmente in un tempo non superiore a nove mesi; che l’intera procedura concorsuale sia espletata in modo da consentire l’inizio del tirocinio il 15 settembre dell’anno successivo;
2) non possano essere ammessi al concorso coloro che sono stati già dichiarati non idonei per tre volte;
e) prevedere che, dopo il compimento del periodo di uditorato, le funzioni dei magistrati si distinguano in funzioni di merito e di legittimità e siano le seguenti:
1) funzioni giudicanti di primo grado;
2) funzioni requirenti di primo grado;
3) funzioni giudicanti di secondo grado;
4) funzioni requirenti di secondo grado;
5) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado;
6) funzioni semidirettive requirenti di primo grado;
7) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado;
8) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado;
9) funzioni direttive giudicanti o requirenti di primo grado e di primo grado elevato;
10) funzioni direttive giudicanti o requirenti di secondo grado;
11) funzioni giudicanti di legittimità;
12) funzioni requirenti di legittimità;
13) funzioni direttive giudicanti o requirenti di legittimità;
14) funzioni direttive superiori giudicanti o requirenti di legittimità;
15) funzioni direttive superiori apicali di legittimità;
f) prevedere:
1) che, fatta eccezione per i magistrati in aspettativa per mandato parlamentare o collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura, fino al compimento dell’ottavo anno dall’ingresso in magistratura debbano essere svolte effettivamente le funzioni requirenti o giudicanti di primo grado;
2) che, dopo otto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, ovvero dopo tredici anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli, possano essere svolte funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado;
3) che, dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, previo concorso per titoli, ovvero dopo diciotto anni dall’ingresso in magistratura, previo concorso per titoli ed esami, scritti e orali, possano essere svolte funzioni di legittimità; che al concorso per titoli ed esami, scritti e orali, per le funzioni di legittimità possano partecipare anche i magistrati che non hanno svolto diciotto anni di servizio e che hanno esercitato per tre anni le funzioni di secondo grado;
4) che il Consiglio superiore della magistratura attribuisca le funzioni di secondo grado e di legittimità all’esito dei concorsi di cui ai numeri 2) e 3) e le funzioni semidirettive o direttive previo concorso per titoli;
5) le modalità dei concorsi per titoli e per titoli ed esami, scritti ed orali, previsti dalla presente legge, nonché i criteri di valutazione, stabilendo, in particolare, che le prove d’esame consistano nella redazione, anche con l’impiego di prospettazioni e di materiali forniti dalla commissione, di più provvedimenti relativi alle funzioni richieste e in una discussione orale sui temi attinenti alle stesse;
6) che i magistrati che in precedenza abbiano subìto una sanzione disciplinare superiore all’ammonimento siano ammessi ai concorsi di cui ai numeri 2), 3) e 4) dopo il maggior numero di anni specificatamente indicato nella sentenza disciplinare definitiva, comunque non inferiore a due e non superiore a quattro rispetto a quanto previsto dai numeri 1), 2) e 3) e dalle lettere h) e i);
g) prevedere che:
1) entro il terzo anno di esercizio delle funzioni giudicanti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione requirente, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2;
2) la commissione esaminatrice sia quella indicata alla lettera l), numero 6);
3) entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio, i magistrati possano partecipare a concorsi per titoli, banditi dal Consiglio superiore della magistratura, per l’assegnazione di posti vacanti nella funzione giudicante, dopo aver frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione al riguardo presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2;
4) la commissione esaminatrice sia quella indicata dalla lettera l), numero 5);
5) il Consiglio superiore della magistratura individui, con priorità assoluta, i posti vacanti al fine di consentire il passaggio di funzione nei casi indicati ai numeri 1) e 3);
6) fuori dai casi indicati ai numeri 1) e 3), e, in via transitoria, dal comma 8, lettera c), non sia consentito il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa;
7) il mutamento delle funzioni da giudicanti a requirenti e viceversa debba avvenire per posti disponibili in ufficio giudiziario avente sede in diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;
h) prevedere che:
1) funzioni giudicanti di primo grado siano quelle di giudice di tribunale, di giudice del tribunale per i minorenni e di magistrato di sorveglianza;
2) funzioni requirenti di primo grado siano quelle di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;
3) funzioni giudicanti di secondo grado siano quelle di consigliere di corte di appello;
4) funzioni requirenti di secondo grado siano quelle di sostituto procuratore generale presso la corte di appello nonché quelle di sostituto addetto alla Direzione nazionale antimafia;
5) funzioni giudicanti di legittimità siano quelle di consigliere della Corte di cassazione;
6) funzioni requirenti di legittimità siano quelle di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione;
7) funzioni semidirettive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di sezione di tribunale, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di tre anni;
8) funzioni semidirettive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica aggiunto, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di tre anni;
9) funzioni semidirettive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente di sezione di corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di sei anni;
10) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado siano quelle di avvocato generale della procura generale presso la corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di sei anni;
11) funzioni direttive giudicanti di primo grado siano quelle di presidente di tribunale e di presidente del tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di cinque anni;
12) funzioni direttive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per il conferimento delle funzioni di secondo grado da non meno di cinque anni;
13) funzioni direttive giudicanti di primo grado elevato siano quelle di presidente di tribunale e di presidente della sezione per le indagini preliminari dei tribunali di cui alla tabella L allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, di presidente dei tribunali di sorveglianza di cui alla tabella A allegata alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di secondo grado da almeno otto anni;
14) funzioni direttive requirenti di primo grado elevato siano quelle di procuratore della repubblica presso i tribunali di cui alla tabella L allegata all’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di secondo grado da almeno otto anni;
15) funzioni direttive giudicanti di secondo grado siano quelle di presidente della corte di appello, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno cinque anni;
16) funzioni direttive requirenti di secondo grado siano quelle di procuratore generale presso la corte di appello e di procuratore nazionale antimafia, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità da almeno cinque anni;
17) le funzioni indicate ai numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13), 14), 15) e 16) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, abbiano ancora quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista dall’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni semidirettive o direttive presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte;
18) i magistrati che abbiano superato il concorso per le funzioni di legittimità possano partecipare ai concorsi per le funzioni semidirettive e direttive indicate ai numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13), e 14); che l’avere esercitato funzioni di legittimità giudicanti o requirenti costituisca, a parità di graduatoria, titolo preferenziale per il conferimento degli incarichi direttivi indicati rispettivamente al numero 13) e al numero 14);
i) prevedere che:
1) le funzioni direttive giudicanti di legittimità siano quelle di presidente di sezione della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni giudicanti di legittimità da almeno quattro anni;
2) le funzioni direttive requirenti di legittimità siano quelle di avvocato generale della procura generale presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni requirenti di legittimità da almeno quattro anni;
3) le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità siano quelle di presidente aggiunto della Corte di cassazione e quella di presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive giudicanti di legittimità;
4) le funzioni direttive superiori requirenti di legittimità siano quelle di Procuratore generale presso la Corte di cassazione e di Procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive requirenti di legittimità;
5) le funzioni direttive superiori apicali di legittimità siano quelle di primo Presidente della Corte di cassazione, cui possono accedere, previo concorso per titoli, magistrati che esercitino funzioni direttive giudicanti di legittimità;
6) le funzioni indicate ai numeri 1) e 2) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, abbiano frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione alle funzioni direttive presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2, siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte, ed abbiano ancora due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo, prevista dall’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511; le funzioni indicate ai numeri 3), 4) e 5) possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, siano stati positivamente valutati nel concorso per titoli previsto alla lettera f), numero 4), ultima parte;
l) prevedere che:
1) annualmente i posti vacanti nella funzione giudicante di primo grado, individuati quanto al numero nel rispetto dell’esigenza di assicurare il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 3), e quanto alle sedi giudiziarie, ove possibile, all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di primo grado, vengano assegnati, secondo l’anzianità di servizio, ai magistrati che ne facciano richiesta ai sensi della lettera g), numero 3), e, per la parte residua, vengano posti a concorso per l’accesso in magistratura;
2) annualmente i posti vacanti nella funzione requirente di primo grado, individuati quanto al numero nel rispetto dell’esigenza di assicurare il passaggio di funzioni di cui alla lettera g), numero 1), e quanto alle sedi giudiziarie, ove possibile, all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di primo grado, vengano assegnati, secondo l’anzianità di servizio, ai magistrati che ne facciano richiesta ai sensi della lettera g), numero 1), e, per la parte residua, vengano posti a concorso per l’accesso in magistratura;
3) annualmente tutti i posti vacanti nella funzione giudicante di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:
3.1) per il 40 per cento, i posti siano assegnati, prioritariamente, ai magistrati giudicanti che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 2), prima parte;
3.2) per il 60 per cento i posti siano assegnati ai magistrati giudicanti che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale un apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli previsto dalla lettera f), numero 2), seconda parte;
3.3) i posti di cui al numero 3.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati valutati positivamente nel concorso per titoli indicato al numero 3.2) ed espletato nello stesso anno;
3.4) i posti di cui al numero 3.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati valutati positivamente nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, indicato al numero 3.1) ed espletato nello stesso anno;
3.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di secondo grado, assegni i posti di cui ai numeri 3.1), 3.2), 3.3) e 3.4) secondo l’ordine di graduatoria di cui rispettivamente al concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, o al concorso per soli titoli, salvo che vi ostino specifiche e determinate ragioni delle quali deve fornire dettagliata motivazione e, a parità di graduatoria, secondo l’anzianità di servizio;
3.6) i magistrati che abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 3.5) possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni;
3.7) i magistrati che abbiano assunto le funzioni giudicanti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 3.5) presso una sede indicata come disagiata e che abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre;
3.8) il Consiglio superiore della magistratura valuti specificatamente la laboriosità con riguardo alle domande di tramutamento presentate ai sensi dei numeri 3.6) e 3.7);
4) annualmente tutti i posti vacanti nella funzione requirente di secondo grado, individuati quanto alle sedi giudiziarie all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario, sulle domande di tramutamento presentate dai magistrati che esercitino da almeno tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:
4.1) per il 40 per cento, i posti siano assegnati, prioritariamente, ai magistrati requirenti che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 2), prima parte;
4.2) per il 60 per cento i posti siano assegnati ai magistrati requirenti che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di secondo grado presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli previsto dalla lettera f), numero 2), seconda parte;
4.3) i posti di cui al numero 4.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli indicato al numero 4.2) ed espletato nello stesso anno;
4.4) i posti di cui al numero 4.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti e orali, indicato al numero 4.1) ed espletato nello stesso anno;
4.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di secondo grado, assegni i posti di cui ai numeri 4.1), 4.2), 4.3) e 4.4) secondo l’ordine di graduatoria di cui rispettivamente al concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, o al concorso per soli titoli, salvo che vi ostino specifiche e determinate ragioni delle quali deve fornire dettagliata motivazione e, a parità di graduatoria, secondo l’anzianità di servizio;
4.6) i magistrati che abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 4.5) possano presentare domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di due anni;
4.7) i magistrati che abbiano assunto le funzioni requirenti di secondo grado ai sensi di quanto previsto al numero 4.5) presso una sede indicata come disagiata e che abbiano presentato domanda di tramutamento dopo che sia decorso il termine di tre anni abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con preferenza assoluta rispetto alle altre;
4.8) il Consiglio superiore della magistratura valuti specificatamente la laboriosità con riguardo alle domande di tramutamento presentate ai sensi dei numeri 4.6) e 4.7);
5) ai fini di cui al numero 3), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità ovvero le funzioni direttive giudicanti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni giudicanti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
6) ai fini di cui al numero 4), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità ovvero le funzioni direttive requirenti di secondo grado, da un magistrato che eserciti le funzioni requirenti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
7) annualmente i posti vacanti nelle funzioni giudicanti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive giudicanti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:
7.1) per il 60 per cento, i posti siano assegnati, prioritariamente, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni funzioni giudicanti di secondo grado, che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli previsto dalla lettera f), numero 3);
7.2) per il 40 per cento i posti siano assegnati ai magistrati con funzioni giudicanti che abbiano svolto diciotto anni di servizio in magistratura ovvero ai magistrati che, pur non avendo svolto diciotto anni di servizio, abbiano esercitato per tre anni le funzioni giudicanti di secondo grado, abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 3);
7.3) i posti di cui al numero 7.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 7.2) ed espletato nello stesso anno;
7.4) i posti di cui al numero 7.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli indicato al numero 7.1) ed espletato nello stesso anno;
7.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni giudicanti di legittimità, assegni i posti di cui ai numeri 7.1), 7.2), 7.3) e 7.4) secondo l’ordine di graduatoria risultante all’esito del concorso per titoli o del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, salvo che vi ostino specifiche e determinate ragioni delle quali deve fornire dettagliata motivazione e, a parità di graduatoria, secondo l’anzianità nelle funzioni di secondo grado ovvero secondo l’anzianità di servizio;
8) ai fini di cui al numero 7), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
9) annualmente i posti vacanti nelle funzioni requirenti di legittimità, come individuati all’esito delle determinazioni adottate dal Consiglio superiore della magistratura, previa acquisizione del parere motivato del consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, sulle domande di riassegnazione alle funzioni requirenti di legittimità di provenienza presentate dai magistrati che esercitino funzioni direttive o semidirettive requirenti ovvero sulla loro riassegnazione conseguente alla scadenza temporale dell’incarico rivestito, vengano assegnati dal Consiglio superiore della magistratura con le seguenti modalità:
9.1) per il 60 per cento, i posti siano assegnati, prioritariamente, ai magistrati che esercitino da almeno tre anni funzioni requirenti di secondo grado, che abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e che risultino positivamente valutati nel concorso per titoli previsto dalla lettera f), numero 3);
9.2) per il 40 per cento i posti siano assegnati ai magistrati con funzioni requirenti che abbiano svolto diciotto anni di servizio in magistratura ovvero ai magistrati che, pur non avendo svolto diciotto anni, abbiano esercitato per tre anni le funzioni requirenti di secondo grado, abbiano frequentato con favorevole giudizio finale l’apposito corso di formazione alle funzioni di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2 e risultino positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, previsto dalla lettera f), numero 3);
9.3) i posti di cui al numero 9.1), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, indicato al numero 9.2) ed espletato nello stesso anno;
9.4) i posti di cui al numero 9.2), messi a concorso e non coperti, siano assegnati, ove possibile, ai magistrati positivamente valutati nel concorso per titoli indicato al numero 9.1) ed espletato nello stesso anno;
9.5) il Consiglio superiore della magistratura, acquisito il parere motivato dei consigli giudiziari e gli ulteriori elementi di valutazione rilevanti ai fini del conferimento delle funzioni requirenti di legittimità, assegni i posti di cui ai numeri 9.1), 9.2), 9.3) e 9.4) secondo l’ordine di graduatoria risultante all’esito del concorso per titoli o del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, salvo che vi ostino specifiche e determinate ragioni delle quali deve fornire dettagliata motivazione e, a parità di graduatoria, secondo l’anzianità nelle funzioni di secondo grado ovvero secondo l’anzianità di servizio;
10) ai fini di cui al numero 9), sia istituita una commissione composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità, da tre magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità da almeno tre anni e da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
11) nella individuazione e valutazione dei titoli ai fini dei concorsi previsti dalla presente lettera, sulla base di criteri oggettivi e predeterminati, si tenga conto prevalentemente, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, dell’attività prestata dal magistrato nell’ambito delle sue funzioni giudiziarie, desunta da specifici e rilevanti elementi e da verificare anche mediante esame a campione, effettuato tramite sorteggio, dei provvedimenti dallo stesso adottati nonché dell’eventuale autorelazione e, in particolare, della complessità dei procedimenti trattati, degli esiti dei provvedimenti adottati, delle risultanze statistiche relative all’entità del lavoro svolto, tenuto specificamente conto della sede e dell’ufficio presso cui risulta assegnato il magistrato, con loro proiezione comparativa rispetto a quelle delle medie nazionali e dei magistrati in servizio presso lo stesso ufficio; i titoli vengano valutati in modo tale che, ove possibile, i componenti della commissione esaminatrice non conoscano il nominativo del candidato; nei concorsi per titoli ed esami si proceda alla valutazione dei titoli solo in caso di esito positivo della prova di esame e la valutazione dei titoli incida in misura non inferiore al 50 per cento sulla formazione della votazione finale sulla cui base viene redatto l’ordine di graduatoria; nella valutazione dei titoli ai fini dell’assegnazione delle funzioni di sostituto procuratore presso la Direzione nazionale antimafia resta fermo quanto previsto in via preferenziale dall’articolo 76-bis, comma 4, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12;
m) prevedere che:
1) i concorsi per gli incarichi direttivi consistano nella valutazione, da parte delle commissioni di cui ai numeri 9) e 10), dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; la commissione comunichi gli esiti del concorso e l’ordine di graduatoria al Consiglio superiore della magistratura, il quale, acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, propone le nomine al Ministro della giustizia per il concerto; sia effettuato il coordinamento della presente disposizione con quanto previsto dall’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni; il Ministro della giustizia sia legittimato a ricorrere in sede di giustizia amministrativa contro le delibere concernenti il conferimento o la proroga di incarichi direttivi adottate in contrasto con il concerto o con il parere previsto al numero 3);
2) i concorsi per gli incarichi semidirettivi consistano nella valutazione, da parte delle commissioni di cui ai numeri 9) e 10), dei titoli, della laboriosità del magistrato, nonché della sua capacità organizzativa; la commissione comunichi l’esito delle valutazioni e l’ordine di graduatoria dei candidati al Consiglio superiore della magistratura che, acquisiti ulteriori elementi di valutazione ed il parere motivato dei consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, assegna l’incarico semidirettivo secondo l’ordine di graduatoria risultante all’esito del concorso per titoli, salvo che vi ostino specifiche e determinate ragioni delle quali deve fornire dettagliata motivazione e, a parità di graduatoria, secondo l’anzianità nelle funzioni di legittimità ovvero in quelle di secondo grado ovvero secondo l’anzianità di servizio;
3) gli incarichi direttivi, ad esclusione di quelli indicati nella lettera i), abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di quattro anni, rinnovabili a domanda, acquisito il parere del Ministro della giustizia, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, per un periodo ulteriore di due anni;
4) il magistrato, allo scadere del termine di cui al numero 3), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi di uguale grado in sedi poste fuori dal circondario di provenienza e per incarichi direttivi di grado superiore per sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale; ai fini di quanto disposto dal presente numero si considerano di pari grado le funzioni direttive di primo grado e quelle di primo grado elevato;
5) alla scadenza del termine di cui al numero 3), il magistrato che abbia esercitato funzioni direttive, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alle funzioni non direttive da ultimo esercitate nella sede di originaria provenienza, se vacante, ovvero in altra sede, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
6) gli incarichi semidirettivi requirenti di primo e di secondo grado abbiano carattere temporaneo e siano attribuiti per la durata di sei anni;
7) il magistrato che esercita funzioni semidirettive requirenti, allo scadere del termine di cui al numero 6), possa concorrere per il conferimento di altri incarichi semidirettivi o di incarichi direttivi di primo grado e di primo grado elevato in sedi poste fuori dal circondario di provenienza nonché di incarichi direttivi di secondo grado in sedi poste fuori dal distretto di provenienza, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;
8) alla scadenza del termine di cui al numero 6), il magistrato che abbia esercitato funzioni semidirettive requirenti, in assenza di domanda per il conferimento di altro ufficio, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, sia assegnato alle funzioni non direttive da ultimo esercitate nella sede di originaria provenienza, se vacante, ovvero in altra sede, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
9) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive giudicanti e alle funzioni semidirettive giudicanti, composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive giudicanti di legittimità, da tre a cinque magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di legittimità e da due magistrati che esercitino le funzioni giudicanti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
10) sia istituita una commissione di esame alle funzioni direttive requirenti e alle funzioni semidirettive requirenti, composta da un magistrato che eserciti le funzioni direttive requirenti di legittimità, da tre a cinque magistrati che esercitino le funzioni requirenti di legittimità e da due magistrati che esercitino le funzioni requirenti di secondo grado, nonché da tre professori universitari di prima fascia in materie giuridiche, nominati dal Consiglio superiore della magistratura;
11) ai fini di cui ai numeri 1) e 2) i titoli vengano individuati con riferimento alla loro specifica rilevanza ai fini della verifica delle attitudini allo svolgimento di funzioni direttive o semidirettive; fermo restando il possesso dei requisiti indicati dalle lettere h) ed i) per il conferimento delle funzioni direttive o semidirettive, il pregresso esercizio di funzioni direttive o semidirettive, degli incarichi di capo o vice capo di uno degli uffici di diretta collaborazione del Ministro della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 2001, n. 315, ovvero di capo, vice capo o direttore generale di uno dei dipartimenti del Ministero della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55, costituisce titolo preferenziale; in ogni caso si applichino le disposizioni di cui alla lettera l), numero 11); per le funzioni semidirettive giudicanti si tenga adeguatamente conto della pregressa esperienza maturata dal magistrato nello specifico settore oggetto dei procedimenti trattati dalla sezione di tribunale o di corte di appello la cui presidenza è messa a concorso; nella valutazione dei titoli ai fini dell’assegnazione delle funzioni direttive di procuratore nazionale antimafia resta fermo quanto previsto in via preferenziale dall’articolo 76-bis, comma 2, primo periodo, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12;
n) prevedere che le disposizioni dei numeri 1), 3), 5) e 10) della lettera m) si applichino anche per il conferimento dell’incarico di Procuratore nazionale antimafia e che, alla scadenza del termine di cui al citato numero 3), il magistrato che abbia esercitato le funzioni di Procuratore nazionale antimafia possa concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi requirenti ubicati in distretto diverso da quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale;
o) prevedere che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni della presente legge, il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura sia equiparato all’esercizio delle ultime funzioni giurisdizionali svolte e il ricollocamento in ruolo, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, avvenga nella medesima sede, se vacante, o in altra sede, e nelle medesime funzioni, ovvero, nel caso di cessato esercizio di una funzione elettiva extragiudiziaria, salvo che il magistrato svolgesse le sue funzioni presso la Corte di cassazione o la Procura generale presso la Corte di cassazione o la Direzione nazionale antimafia, in una sede diversa vacante, appartenente ad un distretto sito in una regione diversa da quella in cui è ubicato il distretto presso cui è posta la sede di provenienza nonché in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte, è ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato è stato eletto; prevedere che, fatta eccezione per i magistrati in aspettativa per mandato parlamentare e per i magistrati eletti al Consiglio superiore della magistratura, il collocamento fuori ruolo non possa superare il periodo massimo complessivo di dieci anni. In ogni caso i magistrati collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura ovvero per mandato parlamentare non possono partecipare ai concorsi previsti dalla presente legge. Resta fermo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;
p) prevedere che:
1) le commissioni di cui alle lettere l) e m) siano nominate per due anni e siano automaticamente prorogate sino all’esaurimento delle procedure concorsuali in via di espletamento;
2) i componenti delle predette commissioni, ad eccezione dei magistrati che esercitino funzioni direttive requirenti di legittimità, non siano immediatamente confermabili e non possano essere nuovamente nominati prima che siano decorsi tre anni dalla cessazione dell’incarico;
q) prevedere che:
1) la progressione economica dei magistrati si articoli automaticamente secondo le seguenti classi di anzianità, salvo quanto previsto dai numeri 2) e 3) e fermo restando il migliore trattamento economico eventualmente conseguito:
1.1) prima classe: dalla data del decreto di nomina a sei mesi;
1.2) seconda classe: da sei mesi a due anni;
1.3) terza classe: da due a cinque anni;
1.4) quarta classe: da cinque a tredici anni;
1.5) quinta classe: da tredici a venti anni;
1.6) sesta classe: da venti a ventotto anni;
1.7) settima classe: da ventotto anni in poi;
2) i magistrati che conseguono le funzioni di secondo grado a seguito del concorso per titoli ed esami, scritti ed orali, di cui alla lettera f), numero 2), prima parte, conseguano la quinta classe di anzianità;
3) i magistrati che conseguono le funzioni di legittimità a seguito dei concorsi di cui alla lettera f), numero 3), conseguano la sesta classe di anzianità;
r) prevedere che il magistrato possa rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo il medesimo incarico per un periodo massimo di dieci anni, con facoltà di proroga del predetto termine per non oltre due anni, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura fondata su comprovate esigenze di funzionamento dell’ufficio e comunque con possibilità di condurre a conclusione eventuali processi di particolare complessità nei quali il magistrato sia impegnato alla scadenza del termine; prevedere che non possano essere assegnati ai magistrati per i quali è in scadenza il termine di permanenza di cui sopra procedimenti la cui definizione non appare probabile entro il termine di scadenza;
s) prevedere che:
1) siano attribuite al magistrato capo dell’ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell’ufficio nel suo complesso, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché la competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l’organizzazione dell’attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico;
2) siano indicati i criteri per l’assegnazione al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria delle risorse finanziarie e strumentali necessarie per l’espletamento del suo mandato, riconoscendogli la competenza ad adottare atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, anche nel caso in cui comportino oneri di spesa, definendone i limiti;
3) sia assegnata al dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria la gestione delle risorse di personale amministrativo in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell’ufficio e con il programma annuale delle attività e gli sia attribuito l’esercizio dei poteri di cui all’articolo 55, comma 4, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
4) entro trenta giorni dall’emanazione della direttiva del Ministro della giustizia di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e comunque non oltre il 15 febbraio di ciascun anno, il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria predispongano, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il programma delle attività da svolgersi nel corso dell’anno; il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente dell’ufficio di cancelleria o segreteria possano apportare eventuali modifiche al programma nel corso dell’anno; nell’ipotesi di mancata predisposizione o esecuzione del programma, oppure di mancata adozione di modifiche divenute indispensabili per la funzionalità dell’ufficio giudiziario, siano attribuiti al Ministro della giustizia, specificandone condizioni e modalità di esercizio, poteri di intervento in conformità a quanto previsto dall’articolo 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché poteri decisionali circa le rispettive competenze.
t) prevedere che:
1) presso le corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo, l’organizzazione tecnica e la gestione dei servizi non aventi carattere giurisdizionale siano affidate a un direttore tecnico, avente la qualifica di dirigente generale, nominato dal Ministro della giustizia, al quale sono attribuiti i compiti di gestione e controllo delle risorse umane, finanziarie e strumentali relative ai servizi tecnico-amministrativi degli uffici giudicanti e requirenti del distretto, di razionalizzazione ed organizzazione del loro utilizzo, nonché i compiti di programmare la necessità di nuove strutture tecniche e logistiche e di provvedere al loro costante aggiornamento, nonché di pianificare il loro utilizzo in relazione al carico giudiziario esistente, alla prevedibile evoluzione di esso e alle esigenze di carattere sociale nel rapporto tra i cittadini e la giustizia;
2) per ciascuna corte di appello di cui al numero 1):
2.1) sia istituita una struttura tecnico-amministrativa di supporto all’attività del direttore tecnico, composta da 11 unità, di cui 2 appartenenti alla posizione economica C2, 3 alla posizione economica C1, 3 alla posizione economica B3 e 3 alla posizione economica B2 e che, nell’ambito di dette posizioni economiche, in sede di prima applicazione, sia possibile avvalersi di personale tecnico estraneo all’Amministrazione;
2.2) le strutture di cui al numero 2.1) siano allestite attraverso il ricorso allo strumento della locazione finanziaria.
2. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere l’istituzione come ente autonomo della Scuola superiore della magistratura quale struttura didattica stabilmente preposta:
1) all’organizzazione e alla gestione del tirocinio e della formazione degli uditori giudiziari, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;
2) all’organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati, curando che la stessa sia attuata sotto i profili tecnico, operativo e deontologico;
3) alla promozione di iniziative e scambi culturali, incontri di studio e ricerca;
4) all’offerta di formazione di magistrati stranieri, nel quadro degli accordi internazionali di cooperazione tecnica in materia giudiziaria;
b) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia fornita di autonomia contabile, giuridica, organizzativa e funzionale ed utilizzi personale dell’organico del Ministero della giustizia, ovvero comandato da altre amministrazioni, in numero non superiore a cinquanta unità, con risorse finanziarie a carico del bilancio dello stesso Ministero;
c) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia articolata in due sezioni, l’una destinata al tirocinio degli uditori giudiziari, l’altra all’aggiornamento professionale e alla formazione dei magistrati;
d) prevedere che il tirocinio abbia la durata di ventiquattro mesi e che sia articolato in sessioni della durata di sei mesi quella presso la Scuola superiore della magistratura e di diciotto mesi quella presso gli uffici giudiziari, dei quali almeno nove in un collegio giudicante e nove in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione;
e) prevedere modalità differenti di svolgimento del tirocinio che tengano conto della diversità delle funzioni, giudicanti e requirenti, che gli uditori saranno chiamati a svolgere;
f) prevedere che nelle sessioni presso la Scuola superiore della magistratura gli uditori giudiziari ricevano insegnamento da docenti di elevata competenza e autorevolezza, scelti secondo princìpi di ampio pluralismo culturale, e siano seguiti assiduamente da tutori scelti tra i docenti della scuola;
g) prevedere che per ogni sessione sia compilata una scheda valutativa dell’uditore giudiziario;
h) prevedere che, in esito al tirocinio, sia formulata da parte della Scuola, tenendo conto di tutti i giudizi espressi sull’uditore nel corso dello stesso, una valutazione di idoneità all’assunzione delle funzioni giudiziarie sulla cui base il Consiglio superiore della magistratura delibera in via finale;
i) prevedere che, in caso di deliberazione finale negativa, l’uditore possa essere ammesso ad un ulteriore periodo di tirocinio, di durata non superiore a un anno, e che da un’ulteriore deliberazione negativa derivi la cessazione del rapporto di impiego;
l) prevedere che la Scuola superiore della magistratura sia diretta da un comitato che dura in carica quattro anni, composto dal primo Presidente della Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un magistrato dallo stesso delegato, da due magistrati ordinari nominati dal Consiglio superiore della magistratura, da un avvocato con almeno quindici anni di esercizio della professione nominato dal Consiglio nazionale forense, da un componente professore universitario ordinario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale e da un membro nominato dal Ministro della giustizia; prevedere che, nell’ambito del comitato, i componenti eleggano il presidente; prevedere che i componenti del comitato, diversi dal primo Presidente della Corte di cassazione, dal Procuratore generale presso la stessa e dai loro eventuali delegati, non siano immediatamente rinnovabili e non possano far parte delle commissioni di concorso per uditore giudiziario;
m) prevedere un comitato di gestione per ciascuna sezione, chiamato a dare attuazione alla programmazione annuale per il proprio ambito di competenza, a definire il contenuto analitico di ciascuna sessione e ad individuare i docenti, a fissare i criteri di ammissione alle sessioni di formazione, ad offrire ogni utile sussidio didattico e a sperimentare formule didattiche, a seguire lo svolgimento delle sessioni ed a presentare relazioni consuntive all’esito di ciascuna, a curare il tirocinio nelle fasi effettuate presso la Scuola selezionando i tutori nonché i docenti stabili e quelli occasionali; prevedere che, in ciascuna sezione, il comitato di gestione sia formato da un congruo numero di componenti, comunque non superiore a cinque, nominati dal comitato direttivo di cui alla lettera l);
n) prevedere che, nella programmazione dell’attività didattica, il comitato direttivo di cui alla lettera l) possa avvalersi delle proposte del Consiglio superiore della magistratura, del Ministro della giustizia, del Consiglio nazionale forense, dei consigli giudiziari, del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché delle proposte dei componenti del Consiglio universitario nazionale esperti in materie giuridiche;
o) prevedere l’obbligo del magistrato a partecipare ogni cinque anni, se non vi ostano comprovate e motivate esigenze organizzative e funzionali degli uffici giudiziari di appartenenza, ai corsi di aggiornamento professionale e a quelli di formazione con conseguente riconoscimento di un corrispondente periodo di congedo retribuito; in ogni caso assicurare il diritto del magistrato a partecipare ai corsi di formazione funzionali al passaggio a funzioni superiori con facoltà del capo dell’ufficio di rinviare la partecipazione al corso per un periodo non superiore a sei mesi;
p) stabilire che, al termine del corso di aggiornamento professionale, sia formulata una valutazione che contenga elementi di verifica attitudinale e di proficua partecipazione del magistrato al corso, modulata secondo la tipologia del corso, da inserire nel fascicolo personale del magistrato, al fine di costituire elemento per le valutazioni operate dal Consiglio superiore della magistratura;
q) prevedere che il magistrato, il quale abbia partecipato ai corsi di aggiornamento professionale organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, possa nuovamente parteciparvi trascorso almeno un anno;
r) prevedere che vengano istituite sino a tre sedi della Scuola superiore della magistratura a competenza interregionale;
s) prevedere che, al settimo anno dall’ingresso in magistratura, i magistrati che non abbiano effettuato il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti o viceversa, previsto dal comma 1, lettera g), numeri 1) e 3), debbano frequentare presso la Scuola superiore della magistratura il corso di aggiornamento e formazione alle funzioni da loro svolte e, all’esito, siano sottoposti dal Consiglio superiore della magistratura, secondo i criteri indicati alla lettera t), a giudizio di idoneità per l’esercizio in via definitiva delle funzioni medesime; che, in caso di esito negativo, il giudizio di idoneità debba essere ripetuto per non più di due volte, con l’intervallo di un biennio tra un giudizio e l’altro; che, in caso di esito negativo di tre giudizi consecutivi, si applichi l’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificato ai sensi del comma 6, lettera o), del presente articolo;
t) prevedere che i magistrati, i quali non hanno sostenuto i concorsi per le funzioni di secondo grado o di legittimità, dopo avere frequentato con esito positivo l’apposito corso di aggiornamento e formazione presso la Scuola superiore della magistratura, siano sottoposti da parte del Consiglio superiore della magistratura a valutazioni periodiche di professionalità, desunte dall’attività giudiziaria e scientifica, dalla produttività, dalla laboriosità, dalla capacità tecnica, dall’equilibrio, dalla disponibilità alle esigenze del servizio, dal tratto con tutti i soggetti processuali, dalla deontologia, nonché dalle valutazioni di cui alla lettera p); prevedere che le valutazioni di cui alla presente lettera debbano avvenire al compimento del tredicesimo, ventesimo e ventottesimo anno dall’ingresso in magistratura e che il passaggio rispettivamente alla quinta, alla sesta ed alla settima classe stipendiale possa essere disposto solo in caso di valutazione positiva; prevedere che, in caso di esito negativo, la valutazione debba essere ripetuta per non più di due volte, con l’intervallo di un biennio tra una valutazione e l’altra; prevedere che, in caso di esito negativo di tre valutazioni consecutive, si applichi l’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificato ai sensi del comma 6, lettera o), del presente articolo;
u) prevedere che, per i magistrati che hanno sostenuto i concorsi per il conferimento delle funzioni di secondo grado o di legittimità e non abbiano ottenuto i relativi posti, la commissione di concorso comunichi al Consiglio superiore della magistratura l’elenco di coloro i quali, per inidoneità, non devono essere esentati dalle valutazioni periodiche di professionalità.
3. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere l’istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, composto, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera c), da un magistrato che eserciti funzioni direttive giudicanti di legittimità, da un magistrato che eserciti funzioni direttive requirenti di legittimità, da due magistrati che esercitino effettive funzioni giudicanti di legittimità in servizio presso la Corte di cassazione, da un magistrato che eserciti effettive funzioni requirenti di legittimità in servizio presso la Procura generale della Corte di cassazione, da un professore ordinario di università in materie giuridiche e da un avvocato con venti anni di esercizio della professione che sia iscritto da almeno cinque anni nell’albo speciale per le giurisdizioni superiori di cui all’articolo 33 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36;
b) prevedere che i componenti non togati del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano designati, rispettivamente, dal Consiglio universitario nazionale e dal Consiglio nazionale forense;
c) prevedere che membri di diritto del Consiglio direttivo della Corte di cassazione siano il primo Presidente, il Procuratore generale della medesima Corte e il Presidente del Consiglio nazionale forense;
d) prevedere che il Consiglio direttivo della Corte di cassazione sia presieduto dal primo Presidente ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;
e) prevedere che al Consiglio direttivo della Corte di cassazione si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni dettate alle lettere n), o), r), u) e z) per i consigli giudiziari presso le corti d’appello;
f) prevedere che i consigli giudiziari presso le corti d’appello nei distretti nei quali prestino servizio fino a trecentocinquanta magistrati ordinari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera l), da cinque magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, di cui uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno tra gli avvocati che abbiano almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al consiglio medesimo, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;
g) prevedere che nei distretti nei quali prestino servizio oltre trecentocinquanta magistrati ordinari, i consigli giudiziari siano composti, oltre che dai membri di diritto di cui alla lettera l), da sette magistrati in servizio presso uffici giudiziari del distretto, da quattro membri non togati, dei quali uno nominato tra i professori universitari in materie giuridiche, uno nominato tra gli avvocati con almeno quindici anni di effettivo esercizio della professione e due nominati dal consiglio regionale della regione ove ha sede il distretto, o nella quale rientra la maggiore estensione del territorio su cui hanno competenza gli uffici del distretto, eletti con maggioranza qualificata tra persone estranee al medesimo consiglio, nonché da un rappresentante eletto dai giudici di pace del distretto nel loro ambito;
h) prevedere che i componenti supplenti del consiglio giudiziario siano cinque, due dei quali magistrati che esercitano, rispettivamente, funzioni requirenti e giudicanti nel distretto e tre componenti non togati nominati con lo stesso criterio di cui alle lettere f) e g), riservandosi un posto per ciascuna delle tre categorie non togate indicate nelle medesime lettere f) e g);
i) prevedere che i componenti avvocati e professori universitari siano nominati, rispettivamente, dal Consiglio nazionale forense ovvero dal Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei consigli dell’ordine degli avvocati del distretto e dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione;
l) prevedere che membri di diritto del consiglio giudiziario siano il presidente, il procuratore generale della corte d’appello ed il presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto;
m) prevedere che il consiglio giudiziario sia presieduto dal presidente della corte d’appello ed elegga a scrutinio segreto, al suo interno, un vice presidente scelto tra i componenti non togati, ed un segretario;
n) prevedere che il consiglio giudiziario duri in carica quattro anni e che i componenti non possano essere immediatamente confermati;
o) prevedere che l’elezione dei componenti togati del consiglio giudiziario avvenga in un collegio unico distrettuale con il medesimo sistema vigente per l’elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura, in quanto compatibile, così da attribuire tre seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e due seggi a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono fino a trecentocinquanta magistrati, quattro seggi a magistrati che esercitano funzioni giudicanti e tre seggi a magistrati che esercitano funzioni requirenti nei distretti che comprendono oltre trecentocinquanta magistrati;
p) prevedere che dei componenti togati del consiglio giudiziario che esercitano funzioni giudicanti uno abbia maturato un’anzianità di servizio non inferiore a venti anni;
q) prevedere che la nomina dei componenti supplenti del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari presso le corti d’appello avvenga secondo i medesimi criteri indicati per la nomina dei titolari;
r) prevedere che al consiglio giudiziario vengano attribuite le seguenti competenze:
1) parere sulle tabelle proposte dai titolari degli uffici, nel rispetto dei criteri generali indicati dalla legge;
2) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, sull’attività dei magistrati sotto il profilo della preparazione, della capacità tecnico-professionale, della laboriosità, della diligenza, dell’equilibrio nell’esercizio delle funzioni, e comunque nelle ipotesi previste dal comma 1 e nei periodi intermedi di permanenza nella qualifica. Ai fini sopra indicati, il consiglio giudiziario dovrà acquisire le motivate e dettagliate valutazioni del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel luogo ove il magistrato esercita le sue funzioni e, se non coincidente, anche del consiglio dell’ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto;
3) vigilanza sul comportamento dei magistrati con obbligo di segnalare i fatti disciplinarmente rilevanti ai titolari dell’azione disciplinare;
4) vigilanza sull’andamento degli uffici giudiziari nel distretto, con segnalazione delle eventuali disfunzioni rilevate al Ministro della giustizia;
5) formulazione di pareri e proposte sull’organizzazione ed il funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto;
6) adozione di provvedimenti relativi allo stato dei magistrati, con particolare riferimento a quelli relativi ad aspettative e congedi, dipendenza di infermità da cause di servizio, equo indennizzo, pensioni privilegiate, concessione di sussidi;
7) formulazione di pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, in ordine all’adozione da parte del medesimo Consiglio di provvedimenti inerenti collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze dall’impiego, concessioni di titoli onorifici, riammissioni in magistratura;
s) prevedere che i consigli giudiziari formulino pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, su materie attinenti ad ulteriori competenze ad essi attribuite;
t) coordinare con quanto previsto dalla presente legge le disposizioni vigenti che prevedono ulteriori competenze dei consigli giudiziari;
u) prevedere la reclamabilità innanzi al Consiglio superiore della magistratura delle delibere adottate dal consiglio giudiziario nelle materie di cui alla lettera r), numero 1);
v) prevedere che i componenti designati dal consiglio regionale prendano parte esclusivamente alle riunioni, alle discussioni ed alle deliberazioni inerenti le materie di cui alla lettera r), numeri 1), 4) e 5);
z) prevedere che gli avvocati, i professori ed il rappresentante dei giudici di pace che compongono il consiglio giudiziario possano prendere parte solo alle discussioni e deliberazioni concernenti le materie di cui alla lettera r), numeri 1), 4) e 5). Il rappresentante dei giudici di pace, inoltre, partecipa alle discussioni e deliberazioni di cui agli articoli 4, 4-bis, 7, comma 2-bis, e 9, comma 4, della legge 21 novembre 1991, n. 374.
4. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che il procuratore della Repubblica, quale preposto all’ufficio del pubblico ministero, sia il titolare esclusivo dell’azione penale e che la eserciti sotto la sua responsabilità nei modi e nei termini stabiliti dalla legge, assicurando il corretto ed uniforme esercizio della stessa e delle norme sul giusto processo;
b) prevedere che il procuratore della Repubblica possa delegare un procuratore aggiunto alla funzione del vicario, nonché uno o più procuratori aggiunti ovvero uno o più magistrati del proprio ufficio perché lo coadiuvino nella gestione per il compimento di singoli atti, per la trattazione di uno o più procedimenti o nella gestione dell’attività di un settore di affari;
c) prevedere che il procuratore della Repubblica determini i criteri per l’organizzazione dell’ufficio e quelli ai quali si uniformerà nell’assegnazione della trattazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti o ai magistrati del proprio ufficio, precisando per quali tipologie di reato riterrà di adottare meccanismi di natura automatica; di tali criteri il Procuratore della Repubblica deve dare comunicazione al Consiglio superiore della magistratura; prevedere che il procuratore della Repubblica possa determinare i criteri cui i procuratori aggiunti o i magistrati delegati ai sensi della lettera b) devono attenersi nell’adempimento della delega, con facoltà di revoca in caso di divergenza o di inosservanza dei criteri; prevedere che il procuratore della Repubblica trasmetta al Procuratore generale presso la Corte di cassazione il provvedimento di revoca della delega alla trattazione di un procedimento e le eventuali osservazioni formulate dal magistrato o dal procuratore aggiunto cui è stata revocata la delega; che il provvedimento di revoca e le osservazioni vengano acquisiti nei relativi fascicoli personali; prevede che il procuratore della Repubblica possa determinare i criteri generali cui i magistrati addetti all’ufficio devono attenersi nell’impiego della polizia giudiziaria, nell’utilizzo delle risorse finanziarie e tecnologiche dell’ufficio e nella impostazione delle indagini;
d) prevedere che alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), sia abrogato l’articolo 7-ter, comma 3, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, introdotto dall’articolo 6 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51;
e) prevedere che gli atti di ufficio, che incidano o richiedano di incidere su diritti reali o sulla libertà personale, siano assunti previo assenso del procuratore della Repubblica ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato eventualmente delegato ai sensi della lettera b); prevedere tuttavia che le disposizioni della presente lettera non si applichino nelle ipotesi in cui la misura cautelare personale o reale è richiesta in sede di convalida del fermo o dell’arresto o del sequestro ovvero, limitatamente alle misure cautelari reali, nelle ipotesi che il procuratore della Repubblica, in ragione del valore del bene o della rilevanza del fatto per cui si procede, riterrà di dovere indicare con apposita direttiva;
f) prevedere che il procuratore della Repubblica tenga personalmente, o tramite magistrato appositamente delegato, i rapporti con gli organi di informazione e che tutte le informazioni sulle attività dell’ufficio vengano attribuite impersonalmente allo stesso; prevedere che il procuratore della Repubblica segnali obbligatoriamente al consiglio giudiziario, ai fini di quanto previsto al comma 3, lettera r), numero 3), i comportamenti dei magistrati del proprio ufficio che siano in contrasto con la disposizione di cui sopra;
g) prevedere che il procuratore generale presso la corte di appello, al fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell’azione penale, nonché il rispetto dell’adempimento degli obblighi di cui alla lettera a), acquisisca dalle procure del distretto dati e notizie, relazionando annualmente, oltre che quando lo ritenga necessario, al Procuratore generale presso la Corte di cassazione;
h) prevedere, relativamente ai procedimenti riguardanti i reati indicati nell’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, che sia fatto salvo quanto previsto dall’articolo 70-bis dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni;
5. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione nonché di tutti i posti di magistrato d’appello destinato alla Procura generale presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di cassazione, presso i rispettivi uffici;
b) prevedere la soppressione di quindici posti di magistrato d’appello previsti in organico presso la Corte di cassazione e la loro sostituzione con altrettanti posti di magistrato di tribunale;
c) prevedere che della pianta organica della Corte di cassazione facciano parte trentasette magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale con non meno di cinque anni di esercizio delle funzioni di merito destinati a prestare servizio presso l’ufficio del massimario e del ruolo;
d) prevedere che il servizio prestato per almeno otto anni presso l’ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione costituisca, a parità di graduatoria, titolo preferenziale nell’attribuzione delle funzioni giudicanti di legittimità;
e) prevedere l’abrogazione dell’articolo 116 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, e prevedere che all’articolo 117 e alla relativa rubrica del citato ordinamento giudiziario di cui al regio decreto n.12 del 1941 siano soppresse le parole: «di appello e».
6. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) provvedere alla tipizzazione delle ipotesi di illecito disciplinare dei magistrati, sia inerenti l’esercizio della funzione sia estranee alla stessa, garantendo comunque la necessaria completezza della disciplina con adeguate norme di chiusura, nonché all’individuazione delle relative sanzioni;
b) prevedere:
1) che il magistrato debba esercitare le funzioni attribuitegli con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo ed equilibrio;
2) che in ogni atto di esercizio delle funzioni il magistrato debba rispettare la dignità della persona;
3) che anche fuori dall’esercizio delle sue funzioni il magistrato non debba tenere comportamenti, ancorché legittimi, che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio dell’istituzione;
4) che la violazione dei predetti doveri costituisca illecito disciplinare perseguibile nelle ipotesi previste dalle lettere c), d) ed e);
c) salvo quanto stabilito dal numero 11), prevedere che costituiscano illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni:
1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti; l’omissione della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p); la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;
2) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell’ambito dell’ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori; l’ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altro magistrato; l’omessa comunicazione al capo dell’ufficio delle avvenute interferenze da parte del magistrato destinatario delle medesime;
3) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile; il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile; il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia; l’emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge; l’adozione di provvedimenti non consentiti dalla legge che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali; la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi competenti; l’indebito affidamento ad altri del proprio lavoro; l’inosservanza dell’obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l’ufficio, se manca l’autorizzazione prevista dalle norme vigenti e ne sia derivato concreto pregiudizio all’adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità;
4) il reiterato, grave o ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni; il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato al lavoro giudiziario; per il dirigente dell’ufficio o il presidente di una sezione o il presidente di un collegio, l’omettere di assegnarsi affari e di redigere i relativi provvedimenti; l’inosservanza dell’obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione legittima dell’organo competente;
5) i comportamenti che determinano la divulgazione di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonché la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere diritti altrui; pubbliche dichiarazioni o interviste che, sotto qualsiasi profilo, riguardino i soggetti a qualsivoglia titolo coinvolti negli affari in corso di trattazione e che non siano stati definiti con sentenza passata in giudicato;
6) il tenere rapporti in relazione all’attività del proprio ufficio con gli organi di informazione al di fuori delle modalità previste al comma 4, lettera f); il sollecitare la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio ovvero il costituire e l’utilizzare canali informativi personali riservati o privilegiati; il rilasciare dichiarazioni e interviste in violazione dei criteri di equilibrio e di misura;
7) l’adozione intenzionale di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione, tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo;
8) l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell’ufficio, della sezione o del collegio; l’omissione, da parte del dirigente l’ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati ai sensi della lettera p), ovvero delle situazioni che possono dare luogo all’adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificati ai sensi delle lettere n) e o);
9) l’adozione di provvedimenti abnormi ovvero di atti e provvedimenti che costituiscano esercizio di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi o amministrativi ovvero ad altri organi costituzionali;
10) l’emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile;
11) fermo quanto previsto dai numeri 3), 7) e 9), non può dar luogo a responsabilità disciplinare l’attività di interpretazione di norme di diritto in conformità all’articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale;
d) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari al di fuori dell’esercizio delle funzioni:
1) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sé o per altri;
2) il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione comunque trattato dal magistrato, o persona che a questi consta essere stata dichiarata delinquente abituale, professionale o per tendenza o aver subìto condanna per delitti non colposi alla pena della reclusione superiore a tre anni o una misura di prevenzione, salvo che sia intervenuta la riabilitazione, ovvero l’intrattenere rapporti consapevoli di affari con una di tali persone;
3) l’assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione dell’organo competente;
4) lo svolgimento di attività incompatibili con la funzione giudiziaria o tali da recare concreto pregiudizio all’assolvimento dei doveri indicati nella lettera b), numeri 1), 2) e 3);
5) l’ottenere, direttamente o indirettamente, prestiti o agevolazioni da soggetti che il magistrato sa essere indagati, parti offese, testimoni o comunque coinvolti in procedimenti penali o civili pendenti presso l’ufficio giudiziario di appartenenza o presso altro ufficio che si trovi nel distretto di corte d’appello nel quale esercita le funzioni giudiziarie, ovvero dai difensori di costoro;
6) la pubblica manifestazione di consenso o dissenso in ordine ad un procedimento in corso quando, per la posizione del magistrato o per le modalità con cui il giudizio è espresso, sia idonea a condizionare la libertà di decisione nel procedimento medesimo;
7) la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli sono oggettivamente incompatibili con l’esercizio delle funzioni giudiziarie;
8) l’iscrizione o la partecipazione a partiti politici ovvero il coinvolgimento nelle attività di centri politici o affaristici che possano condizionare l’esercizio delle funzioni o comunque appannare l’immagine del magistrato;
9) ogni altro comportamento tale da compromettere l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell’apparenza;
10) l’uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, è idoneo a turbare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste;
e) prevedere che costituiscano illeciti disciplinari conseguenti al reato:
1) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto doloso o preterintenzionale, quando la legge stabilisce la pena detentiva sola o congiunta alla pena pecuniaria;
2) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto colposo, alla pena della reclusione, sempre che presentino, per modalità e conseguenze, carattere di particolare gravità;
3) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, alla pena dell’arresto, sempre che presentino, per le modalità di esecuzione, carattere di particolare gravità;
4) altri fatti costituenti reato idonei a compromettere la credibilità del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l’azione penale non può essere iniziata o proseguita;
f) prevedere come sanzioni disciplinari:
1) l’ammonimento;
2) la censura;
3) la perdita dell’anzianità;
4) l’incapacità temporanea ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo;
5) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;
6) la rimozione;
g) stabilire che:
1) l’ammonimento consista nel richiamo, espresso nel dispositivo della decisione, all’osservanza da parte del magistrato dei suoi doveri, in rapporto all’illecito commesso;
2) la censura consista in un biasimo formale espresso nel dispositivo della decisione;
3) la sanzione della perdita dell’anzianità sia inflitta per un periodo compreso tra due mesi e due anni;
4) la sanzione della temporanea incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo sia inflitta per un periodo compreso tra sei mesi e due anni. Se il magistrato svolge funzioni direttive o semidirettive, debbono essergli conferite di ufficio altre funzioni non direttive o semidirettive, corrispondenti alla sua qualifica. Scontata la sanzione, il magistrato non può riprendere l’esercizio delle funzioni direttive o semidirettive presso l’ufficio dove le svolgeva anteriormente alla condanna;
5) la sospensione dalle funzioni comporti altresì la sospensione dallo stipendio ed il collocamento del magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura. Al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare pari ai due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo, se il magistrato sta percependo il trattamento economico riservato alla prima o seconda o terza classe stipendiale; alla metà, se alla quarta o quinta classe; ad un terzo, se alla sesta o settima classe;
6) la rimozione determini la cessazione del rapporto di servizio;
7) quando, per il concorso di più illeciti disciplinari, si dovrebbero irrogare più sanzioni meno gravi, si applichi altra sanzione di maggiore gravità, sola o congiunta con quella meno grave se compatibile;
8) la sanzione di cui al numero 6) sia eseguita mediante decreto del Presidente della Repubblica;
h) prevedere che siano puniti con la sanzione non inferiore alla censura:
1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;
2) la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;
3) l’omissione, da parte dell’interessato, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificati ai sensi della lettera p);
4) il tenere comportamenti che, a causa dei rapporti comunque esistenti con i soggetti coinvolti nel procedimento ovvero a causa di avvenute interferenze, costituiscano violazione del dovere di imparzialità;
5) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera c);
6) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;
7) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni;
8) la scarsa laboriosità, se abituale;
9) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;
10) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti;
11) lo svolgimento di incarichi extragiudiziari senza avere richiesto o ottenuto la prescritta autorizzazione dal Consiglio superiore della magistratura, qualora per l’entità e la natura dell’incarico il fatto non si appalesi di particolare gravità;
i) prevedere che siano puniti con una sanzione non inferiore alla perdita dell’anzianità:
1) i comportamenti che, violando i doveri di cui alla lettera b), arrecano grave ed ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;
2) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave;
3) i comportamenti previsti dal numero 2) della lettera d);
l) stabilire che:
1) sia punita con la sanzione della incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo l’interferenza nell’attività di altro magistrato da parte del dirigente dell’ufficio o del presidente della sezione, se ripetuta o grave;
2) sia punita con una sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni l’accettazione e lo svolgimento di incarichi ed uffici vietati dalla legge ovvero l’accettazione e lo svolgimento di incarichi per i quali non è stata richiesta o ottenuta la prescritta autorizzazione, qualora per l’entità e la natura dell’incarico il fatto si appalesi di particolare gravità;
3) sia rimosso il magistrato che sia stato condannato in sede disciplinare per i fatti previsti dalla lettera d), numero 5), che incorre nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale o che incorre in una condanna a pena detentiva per delitto non colposo non inferiore ad un anno la cui esecuzione non sia stata sospesa ai sensi degli articoli 163 e 164 del codice penale o per la quale sia intervenuto provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell’articolo 168 dello stesso codice;
m) stabilire che, nell’infliggere una sanzione diversa dall’ammonimento e dalla rimozione, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura possa disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell’amministrazione della giustizia. Il trasferimento è sempre disposto quando ricorre una delle violazioni previste dal numero 1) della lettera c), ad eccezione dell’inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge e dell’inosservanza dell’obbligo della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, dal numero 1) della lettera d), ovvero se è inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni;
n) prevedere che, nei casi di procedimento disciplinare per addebiti punibili con una sanzione diversa dall’ammonimento, su richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, ove sussistano gravi elementi di fondatezza dell’azione disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza, possa essere disposto dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, in via cautelare e provvisoria, il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni; modificare il secondo comma dell’articolo 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, stabilendo che, fermo quanto previsto dalla lettera m) e dalla prima parte della presente lettera, in sede di procedimento disciplinare, il trasferimento ad altre sede o la destinazione ad altre funzioni possano essere disposti con procedimento amministrativo dal Consiglio superiore della magistratura solo per una causa incolpevole tale da impedire al magistrato di svolgere le sue funzioni, nella sede occupata, con piena indipendenza e imparzialità; prevedere che alla data di entrata in vigore del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), i procedimenti amministrativi di trasferimento di ufficio ai sensi dell’articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, pendenti presso il Consiglio superiore della magistratura, per fatti astrattamente riconducibili alle fattispecie disciplinari previste dal presente comma siano trasmessi al Procuratore generale presso la Corte di cassazione per le sue determinazioni in ordine all’azione disciplinare;
o) prevedere la modifica dell’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, consentendo anche di far transitare nella pubblica amministrazione, con funzioni amministrative, i magistrati dispensati dal servizio;
p) ridisciplinare le ipotesi di cui agli articoli 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, in maniera più puntuale e rigorosa prevedendo, salvo eccezioni specificatamente disciplinate con riferimento all’entità dell’organico nonché alla diversità di incarico, l’incompatibilità per il magistrato a svolgere l’attività presso il medesimo ufficio in cui parenti sino al secondo grado, affini in primo grado, il coniuge o il convivente esercitano la professione di magistrato o di avvocato o di ufficiale o agente di polizia giudiziaria;
q) equiparare gli effetti della decadenza a quelli delle dimissioni.
7. Nell’attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), il Governo si attiene, per quel che riguarda la procedura per l’applicazione delle sanzioni disciplinari, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che le funzioni di pubblico ministero nel procedimento disciplinare siano esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto, e che all’attività di indagine relativa al procedimento disciplinare proceda il pubblico ministero;
b) stabilire che:
1) l’azione disciplinare sia promossa entro due anni dalla notizia del fatto, acquisita a seguito di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia;
2) entro due anni dall’inizio del procedimento debba essere richiesta l’emissione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare; entro due anni dalla richiesta debba pronunciarsi la sezione disciplinare. Se la sentenza è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia nel giudizio di rinvio è di un anno e decorre dalla data in cui vengono restituiti dalla Corte di cassazione gli atti del procedimento. Se i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre che l’incolpato vi consenta;
3) il corso dei termini sia sospeso:
3.1) se per il medesimo fatto è iniziato il procedimento penale, riprendendo a decorrere dalla data in cui non è più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna;
3.2) se durante il procedimento disciplinare viene sollevata questione di legittimità costituzionale, riprendendo a decorrere dal giorno in cui è pubblicata la decisione della Corte costituzionale;
3.3) se l’incolpato è sottoposto a perizia o ad accertamenti specialistici, e per tutto il tempo necessario;
3.4) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell’incolpato o del suo difensore o per impedimento dell’incolpato o del suo difensore;
c) prevedere che:
1) il Ministro della giustizia abbia facoltà di promuovere l’azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Dell’iniziativa il Ministro dà comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede;
2) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione abbia l’obbligo di esercitare l’azione disciplinare dandone comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. Il Ministro della giustizia, se ritiene che l’azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta al Procuratore generale, ed analoga richiesta può fare nel corso delle indagini;
3) il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici debbano comunicare al Ministro della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di collegio debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l’attività dei magistrati della sezione o del collegio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare;
4) la richiesta di indagini rivolta dal Ministro della giustizia al Procuratore generale o la comunicazione da quest’ultimo data al Consiglio superiore della magistratura ai sensi del numero 2) determinino a tutti gli effetti l’inizio del procedimento;
5) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possa contestare fatti nuovi nel corso delle indagini, anche se l’azione è stata promossa dal Ministro della giustizia, salva la facoltà del Ministro di cui al numero 2), ultimo periodo;
d) stabilire che:
1) dell’inizio del procedimento debba essere data comunicazione entro trenta giorni all’incolpato con l’indicazione del fatto che gli viene addebitato; analoga comunicazione debba essere data per le ulteriori contestazioni di cui al numero 5) della lettera c). L’incolpato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato, designati in qualunque momento dopo la comunicazione dell’addebito, nonché, se del caso, da un consulente tecnico;
2) gli atti di indagine non preceduti dalla comunicazione all’incolpato o dall’avviso al difensore, se già designato, siano nulli, ma la nullità non possa essere più rilevata quando non è dedotta con dichiarazione scritta e motivata nel termine di dieci giorni dalla data in cui l’interessato ha avuto conoscenza del contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare;
3) per l’attività di indagine si osservino, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, delle persone informate sui fatti, dei periti e degli interpreti; si applica comunque quanto previsto dall’articolo 133 del codice di procedura penale. Alle persone informate sui fatti, ai periti e interpreti si applicano le disposizioni degli articoli 366, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale; prevedere che il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, se lo ritenga necessario ai fini delle sue determinazioni sull’azione disciplinare, possa acquisire atti coperti da segreto investigativo senza che detto segreto possa essergli opposto; prevedere altresì che nel caso in cui il Procuratore generale acquisisca atti coperti da segreto investigativo ed il procuratore della Repubblica comunichi motivatamente che dalla loro pubblicizzazione possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il Procuratore generale disponga con decreto che i detti atti rimangano segreti per un periodo non superiore a dodici mesi e sospenda il procedimento disciplinare per un analogo periodo;
4) per gli atti da compiersi fuori dal suo ufficio, il pubblico ministero possa richiedere altro magistrato in servizio presso la procura generale della corte d’appello nel cui distretto l’atto deve essere compiuto;
5) al termine delle indagini, il Procuratore generale con le richieste conclusive di cui alla lettera e) invii alla sezione disciplinare il fascicolo del procedimento e ne dia comunicazione all’incolpato; il fascicolo sia depositato nella segreteria della sezione a disposizione dell’incolpato, con facoltà di prenderne visione e di estrarre copia degli atti;
e) prevedere che:
1) il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, al termine delle indagini, se non ritiene di dover chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formuli l’incolpazione e chieda al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale; il Procuratore generale presso la Corte di cassazione dà comunicazione al Ministro della giustizia delle sue determinazioni ed invia copia dell’atto;
2) il Ministro della giustizia, in caso di richiesta di declaratoria di non luogo a procedere, abbia facoltà di proporre opposizione entro dieci giorni, presentando memoria. Il Consiglio superiore della magistratura decide in camera di consiglio, sentite le parti;
3) il Ministro della giustizia, entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 1), possa chiedere l’integrazione e, nel caso di azione disciplinare da lui promossa, la modificazione della contestazione, cui provvede il Procuratore generale presso la Corte di cassazione;
4) il presidente della sezione disciplinare fissi, con suo decreto, il giorno della discussione orale, con avviso ai testimoni e ai periti;
5) il decreto di cui al numero 4) sia comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata per la discussione orale, al pubblico ministero e all’incolpato nonché al difensore di quest’ultimo se già designato e al Ministro della giustizia;
6) nel caso in cui il Procuratore generale ritenga che si debba escludere l’addebito, faccia richiesta motivata alla sezione disciplinare per la declaratoria di non luogo a procedere. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, con invio di copia dell’atto;
7) il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al numero 6), possa richiedere copia degli atti del procedimento e, nei venti giorni successivi alla ricezione degli stessi, possa richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell’udienza di discussione orale, formulando l’incolpazione;
8) decorsi i termini di cui al numero 7), sulla richiesta di non luogo a procedere la sezione disciplinare decida in camera di consiglio. Se rigetta la richiesta, provvede nei modi previsti dai numeri 4) e 5). Sulla richiesta del Ministro della giustizia di fissazione della discussione orale, si provvede nei modi previsti nei numeri 4) e 5) e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto;
9) della data fissata per la discussione orale sia dato avviso al Ministro della giustizia, il quale può esercitare la facoltà di partecipare all’udienza delegando un magistrato dell’Ispettorato generale;
10) il delegato del Ministro della giustizia possa presentare memorie, esaminare testi, consulenti e periti e interrogare l’incolpato;
f) prevedere che:
1) nella discussione orale un componente della sezione disciplinare nominato dal presidente svolga la relazione;
2) l’udienza sia pubblica; tuttavia la sezione disciplinare, su richiesta di una delle parti, possa comunque disporre che la discussione non sia pubblica se ricorrono esigenze di tutela della credibilità della funzione giudiziaria, con riferimento ai fatti contestati ed all’ufficio che l’incolpato occupa, ovvero esigenze di tutela del diritto dei terzi;
3) la sezione disciplinare possa assumere anche d’ufficio tutte le prove che ritiene utili, possa disporre o consentire la lettura di rapporti dell’Ispettorato generale del Ministero della giustizia, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici, la lettura di atti dei fascicoli personali nonché delle prove acquisite nel corso delle indagini; possa consentire l’esibizione di documenti da parte del pubblico ministero, dell’incolpato e del delegato del Ministro della giustizia. Si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale sul dibattimento, eccezione fatta per quelle che comportano l’esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell’imputato, dei testimoni, dei periti e degli interpreti; resta fermo quanto previsto dall’articolo 133 del codice di procedura penale. Ai testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni di cui agli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale;
4) la sezione disciplinare deliberi immediatamente dopo l’assunzione delle prove, le conclusioni del pubblico ministero, del delegato del Ministro della giustizia e della difesa dell’incolpato; questi debba essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio;
5) se non è raggiunta prova sufficiente dell’addebito, la sezione disciplinare ne dichiari esclusa la sussistenza;
6) i motivi della sentenza siano depositati nella segreteria della sezione disciplinare entro trenta giorni dalla deliberazione;
7) dei provvedimenti adottati dalla sezione disciplinare sia data comunicazione al Ministro della giustizia con invio di copia integrale, anche ai fini della decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione. Il Ministro può richiedere copia degli atti del procedimento;
g) stabilire che:
1) l’azione disciplinare sia promossa indipendentemente dall’azione civile di risarcimento del danno o dall’azione penale relativa allo stesso fatto, fermo restando quanto previsto dal numero 3) della lettera b);
2) abbiano autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare la sentenza penale irrevocabile di condanna, quella prevista dall’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, che è equiparata alla sentenza di condanna, e quella irrevocabile di assoluzione pronunciata perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso;
h) prevedere che:
1) a richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, la sezione disciplinare sospenda dalle funzioni e dallo stipendio e collochi fuori dal ruolo organico della magistratura il magistrato, sottoposto a procedimento penale, nei cui confronti sia stata adottata una misura cautelare personale;
2) la sospensione permanga sino alla sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione o alla sentenza irrevocabile di proscioglimento; la sospensione debba essere revocata, anche d’ufficio, dalla sezione disciplinare, allorché la misura cautelare è revocata per carenza di gravi indizi di colpevolezza; la sospensione possa essere revocata, anche d’ufficio, negli altri casi di revoca o di cessazione degli effetti della misura cautelare;
3) al magistrato sospeso sia corrisposto un assegno alimentare nella misura indicata nel secondo periodo del numero 5) della lettera g) del comma 6;
4) il magistrato riacquisti il diritto agli stipendi e alle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, se è prosciolto con sentenza irrevocabile ai sensi dell’articolo 530 del codice di procedura penale. Tale disposizione si applica anche se è pronunciata nei suoi confronti sentenza di proscioglimento per ragioni diverse o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione, qualora, essendo stato il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare, lo stesso si sia concluso con la pronuncia indicata nel numero 3) della lettera m);
i) prevedere che:
1) quando il magistrato è sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva, o quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare che, per la loro gravità, siano incompatibili con l’esercizio delle funzioni, il Ministro della giustizia o il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possano chiedere la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio, e il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura, anche prima dell’inizio del procedimento disciplinare;
2) la sezione disciplinare convochi il magistrato con un preavviso di almeno tre giorni e provveda dopo aver sentito l’interessato o dopo aver constatato la sua mancata presentazione. Il magistrato può farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato anche nel corso del procedimento di sospensione cautelare;
3) la sospensione possa essere revocata dalla sezione disciplinare in qualsiasi momento, anche d’ufficio;
4) si applichino le disposizioni di cui alla lettera h), numeri 3) e 4);
l) prevedere che:
1) contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) e contro le sentenze della sezione disciplinare, l’incolpato, il Ministro della giustizia e il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possano proporre ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale. Nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione di cui alle lettere h) ed i) il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato;
2) la Corte di cassazione decida a sezioni unite penali, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso;
m) prevedere che:
1) il magistrato sottoposto a procedimento penale e cautelarmente sospeso abbia diritto ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore qualora sia prosciolto con sentenza irrevocabile ovvero sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione. Se il posto prima occupato non è vacante, ha diritto di scelta fra quelli disponibili, ed entro un anno può chiedere l’assegnazione ad ufficio analogo a quello originariamente ricoperto, con precedenza rispetto ad altri eventuali concorrenti;
2) la sospensione cautelare cessi di diritto quando diviene definitiva la pronuncia della sezione disciplinare che conclude il procedimento;
3) se è pronunciata sentenza di non luogo a procedere o se l’incolpato è assolto o condannato ad una sanzione diversa dalla rimozione o dalla sospensione dalle funzioni per un tempo pari o superiore alla durata della sospensione cautelare eventualmente disposta, siano corrisposti gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme già riscosse per assegno alimentare;
n) prevedere che:
1) in ogni tempo sia ammessa la revisione delle sentenze divenute irrevocabili, con le quali è stata applicata una sanzione disciplinare, quando:
1.1) i fatti posti a fondamento della sentenza risultano incompatibili con quelli accertati in una sentenza penale irrevocabile ovvero in una sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione;
1.2) sono sopravvenuti o si scoprono, dopo la decisione, nuovi elementi di prova, che, soli o uniti a quelli già esaminati nel procedimento disciplinare, dimostrano l’insussistenza dell’illecito;
1.3) il giudizio di responsabilità e l’applicazione della relativa sanzione sono stati determinati da falsità ovvero da altro reato accertato con sentenza irrevocabile;
2) gli elementi in base ai quali si chiede la revisione debbano, a pena di inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare che, se accertati, debba essere escluso l’addebito o debba essere applicata una sanzione diversa da quella inflitta se trattasi della rimozione, ovvero se dalla sanzione applicata è conseguito il trasferimento d’ufficio;
3) la revisione possa essere chiesta dal magistrato al quale è stata applicata la sanzione disciplinare o, in caso di morte o di sopravvenuta incapacità di questi, da un suo prossimo congiunto che vi abbia interesse anche soltanto morale;
4) l’istanza di revisione sia proposta personalmente o per mezzo di procuratore speciale. Essa deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione specifica delle ragioni e dei mezzi di prova che la giustificano e deve essere presentata, unitamente ad eventuali atti e documenti, alla segreteria della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura;
5) nei casi previsti dai numeri 1.1) e 1.3), all’istanza debba essere unita copia autentica della sentenza penale;
6) la revisione possa essere chiesta anche dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione, alle condizioni di cui ai numeri 1) e 2) e con le modalità di cui ai numeri 4) e 5);
7) la sezione disciplinare acquisisca gli atti del procedimento disciplinare e, sentiti il Ministro della giustizia, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, l’istante ed il suo difensore, dichiari inammissibile l’istanza di revisione se proposta fuori dai casi di cui al numero 2), o senza l’osservanza delle disposizioni di cui al numero 4) ovvero se risulta manifestamente infondata; altrimenti, disponga il procedersi al giudizio di revisione, al quale si applicano le norme stabilite per il procedimento disciplinare;
8) contro la decisione che dichiara inammissibile l’istanza di revisione sia ammesso ricorso alle sezioni unite penali della Corte di cassazione;
9) in caso di accoglimento dell’istanza di revisione la sezione disciplinare revochi la precedente decisione;
10) il magistrato assolto con decisione irrevocabile a seguito di giudizio di revisione abbia diritto alla integrale ricostruzione della carriera nonché a percepire gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, rivalutati in base alla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati;
8. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 3, il Governo definisce la disciplina transitoria attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che, ai concorsi di cui alla lettera a) del comma 1 indetti fino al quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), siano ammessi anche coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all’anno accademico 1998-1999;
b) prevedere che il requisito della partecipazione al corso, previsto dalla lettera g), numeri 1) e 3), dalla lettera h), numero 17), dalla lettera i), numero 6), e dalla lettera l), numeri 3.1), 3.2), 4.1), 4.2), 7.1), 7.2), 9.1) e 9.2) del comma 1, possa essere richiesto solo dopo l’entrata in funzione della Scuola superiore della magistratura, di cui al comma 2;
c) prevedere che i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), entro il termine di tre mesi dalla predetta data, possano richiedere il mutamento delle funzioni nello stesso grado da giudicanti a requirenti e viceversa; l’effettivo mutamento di funzioni, previa valutazione positiva da parte del Consiglio superiore della magistratura, si realizzerà nel limite dei posti vacanti individuati annualmente nei cinque anni successivi; che, ai fini del mutamento di funzioni, il Consiglio superiore della magistratura formerà la graduatoria dei magistrati richiedenti sulla base dell’eventuale anzianità di servizio nelle funzioni verso le quali si chiede il mutamento e, a parità o in assenza di anzianità, sulla base dell’anzianità di servizio; che la scelta nell’ambito dei posti vacanti avvenga secondo l’ordine di graduatoria e debba comunque riguardare un ufficio avente sede in un diverso circondario nell’ipotesi di esercizio di funzioni di primo grado e un ufficio avente sede in un diverso distretto, con esclusione di quello competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale, nell’ipotesi di esercizio di funzioni di secondo grado; che il rifiuto del magistrato richiedente ad operare la scelta secondo l’ordine di graduatoria comporti la rinuncia alla richiesta di mutamento nelle funzioni;
d) prevedere che le norme di cui ai numeri 3.1), 3.2), 4.1) e 4.2) della lettera l) del comma 1 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, tredici anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;
e) prevedere che le norme di cui ai numeri 7.1), 7.2), 9.1) e 9.2) della lettera l) del comma 1 non si applichino ai magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano già compiuto, o compiano nei successivi ventiquattro mesi, venti anni dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario;
f) prevedere che ai magistrati di cui alle lettere d) ed e), per un periodo di tempo non superiore a tre anni a decorrere dalla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), e fatta salva la facoltà di partecipare ai concorsi, le assegnazioni per l’effettivo conferimento rispettivamente delle funzioni di appello giudicanti o requirenti e di quelle giudicanti o requirenti di legittimità siano disposte nell’ambito dei posti vacanti da attribuire a domanda previsti dal comma 1, lettera l), numeri 3), 4), 7) e 9), e sul 40 per cento dei posti che dovessero rendersi vacanti a seguito dell’accoglimento delle domande di tramutamento presentate dai magistrati che già esercitano funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado; che, decorso tale periodo, ai magistrati di cui alla lettera e), fatta salva la facoltà di partecipare ai concorsi per titoli ed esami, le assegnazioni per l’effettivo conferimento delle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità siano disposte, previo concorso per titoli ed a condizione che abbiano frequentato con favorevole giudizio l’apposito corso di formazione alle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità presso la Scuola superiore della magistratura di cui al comma 2, nell’ambito dei posti vacanti di cui al comma 1, lettera l), numeri 7.1) e 9.1); prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici semidirettivi e direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13) e 14), fermo restando quanto previsto dal comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, per i magistrati di cui alle lettere d) ed e) il compimento di tredici anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario equivalga al superamento del concorso per le funzioni di secondo grado; prevedere che, ai fini del conferimento degli uffici direttivi di cui al comma 1, lettera h), numeri 15) e 16), fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, per i magistrati di cui alla lettera e) il compimento di venti anni di servizio dalla data del decreto di nomina ad uditore giudiziario equivalga al superamento del concorso per le funzioni di legittimità; prevedere che i magistrati di cui alla lettera e) per un periodo di tempo non superiore a cinque anni e fermo restando quanto previsto al comma 1, lettera f), numero 4), ultima parte, possano ottenere il conferimento degli incarichi direttivi di cui al comma 1, lettera i), numeri 1), 2), 3), 4) e 5), anche in assenza dei requisiti di esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti di legittimità o delle funzioni direttive giudicanti o requirenti di legittimità o delle funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità rispettivamente previsti nei predetti numeri;
g) prevedere, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, che i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), esercitano funzioni direttive ovvero semidirettive requirenti mantengano le loro funzioni per un periodo massimo di quattro anni, decorso il quale, senza che abbiano ottenuto l’assegnazione ad altro incarico o ad altre funzioni, ne decadano restando assegnati con funzioni non direttive nello stesso ufficio, eventualmente anche in soprannumero da riassorbire alle successive vacanze, senza variazioni dell’organico complessivo della magistratura;
h) prevedere che, in deroga a quanto previsto dal comma 1, lettera r), i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), abbiano compiuto il periodo di dieci anni di permanenza nell’incarico nello stesso ufficio, possano permanervi, nei limiti stabiliti dalla normativa vigente e dai commi 31 e 32, fermo restando che, una volta ottenuto il passaggio ad altro incarico o il tramutamento eventualmente richiesto, si applicano le norme di cui al citato comma 1, lettera r);
i) prevedere che ai posti soppressi ai sensi del comma 5, lettere a) e b), siano trattenuti i magistrati in servizio alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione del comma 5 e che ad essi possano essere conferite dal Consiglio superiore della magistratura le funzioni di legittimità nei limiti dei posti disponibili ed in ordine di anzianità di servizio se in possesso dei seguenti requisiti:
1) necessaria idoneità precedentemente conseguita;
2) svolgimento nei sei mesi antecedenti la predetta data delle funzioni di legittimità per aver concorso a formare i collegi nelle sezioni ovvero per aver svolto le funzioni di pubblico ministero in udienza;
l) prevedere che ai posti soppressi ai sensi del comma 5, lettera b), siano trattenuti, in via transitoria, i magistrati di appello in servizio alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e), per i quali non sia stato possibile il conferimento delle funzioni di legittimità ai sensi della lettera i) del presente comma;
m) prevedere per il ricollocamento in ruolo dei magistrati che risultino fuori ruolo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a):
1) che i magistrati in aspettativa per mandato elettorale vengano ricollocati in ruolo secondo quanto previsto dal comma 1, lettera o);
2) che i magistrati fuori ruolo che, all’atto del ricollocamento in ruolo, non abbiano compiuto tre anni di permanenza fuori ruolo vengano ricollocati in ruolo secondo quanto previsto dal comma 1, lettera o), senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
3) che i magistrati fuori ruolo che, all’atto del ricollocamento in ruolo, abbiano compiuto più di tre anni di permanenza fuori ruolo vengano ricollocati in ruolo secondo la disciplina in vigore alla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
4) che per i magistrati fuori ruolo che abbiano svolto per non meno di tre anni gli incarichi di capo o vice capo di uno degli uffici di diretta collaborazione del Ministro della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 2001, n. 315, ovvero di capo, vice capo o direttore generale di uno dei dipartimenti del Ministero della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55, e che, all’atto del ricollocamento in ruolo, rivestano da almeno cinque anni la qualifica di magistrato dichiarato idoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina a magistrato di cassazione, lo svolgimento di detti incarichi costituisca titolo preferenziale per l’attribuzione, a loro domanda, da parte del Consiglio superiore della magistratura, delle funzioni di legittimità e per il conseguente ricollocamento in ruolo nei posti vacanti di consigliere della Corte di cassazione o di sostituto Procuratore generale della Procura generale presso la Corte di cassazione, ovvero per l’attribuzione delle funzioni di cui al comma 1, lettera e), numeri 5), 6), 7) e 8), e, se all’atto del ricollocamento in ruolo, rivestano da almeno cinque anni la qualifica di magistrato dichiarato idoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina alle funzioni direttive superiori, anche delle funzioni di cui al comma 1, lettera e), numeri 9), 10) e 13), senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;
5) resta fermo per il ricollocamento in ruolo dei magistrati fuori ruolo in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;
n) prevedere che alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a):
1) ad eccezione di quanto previsto dal comma 1, lettera m), numeri 5) e 8), e lettera o), e in via transitoria dalla lettera m), numeri 1), 2) e 3), non sia consentito il tramutamento di sede per concorso virtuale;
2) che la disposizione di cui al numero 1) non si applichi in caso di gravi e comprovate ragioni di salute o di sicurezza;
3) che nel caso in cui venga disposto il tramutamento per le ragioni indicate al numero 2) non sia consentito il successivo tramutamento alla sede di provenienza prima che siano decorsi cinque anni.
9. È abrogato l’articolo 16, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, introdotto dall’articolo 34, comma 12, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
10. I magistrati in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dell’articolo 16, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, continuano a prestare servizio nella stessa sede e nelle stesse funzioni svolte fino al settantacinquesimo anno di età.
11. In deroga ai vigenti limiti temporali di durata dell’incarico previsti dall’articolo 76-bis, comma 3, dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, il magistrato preposto alla Direzione nazionale antimafia alla data di entrata in vigore della presente legge è prorogato fino al compimento del settantaduesimo anno di età nell’esercizio delle funzioni ad esso attribuite.
12. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo volto a disciplinare il conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità nonché degli incarichi direttivi e semidirettivi giudicanti e requirenti di primo e di secondo grado nel periodo antecedente all’entrata in vigore delle norme di cui alla lettera h), numero 17), e alla lettera i) numero 6), del comma 1, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità non possano essere conferiti a magistrati che abbiano meno di due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo prevista all’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, e che gli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo grado non possano essere conferiti a magistrati che abbiano meno di quattro anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo prevista all’articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511;
b) prevedere che detta disciplina sia adottata sulla base delle ordinarie vacanze di organico dei medesimi uffici direttivi e, comunque, entro il limite di spesa di 13.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005 e 8.000.000 di euro a decorrere dall’anno 2006.
13. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 12 si applica la disposizione di cui al comma 4 dell’articolo 1.
14. Le disposizioni di cui ai commi 9 e 10 si applicano anche ai magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, dei tribunali amministrativi regionali e della giustizia militare nonché agli avvocati e procuratori dello Stato.
15. Dall’attuazione dei commi 9, 10, 11 e 14 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
16. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti ad attuare su base regionale il decentramento del Ministero della giustizia. Nell’attuazione della delega il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) istituzione di direzioni generali regionali o interregionali dell’organizzazione giudiziaria;
b) competenza delle direzioni regionali o interregionali per le aree funzionali riguardanti il personale e la formazione, i sistemi informativi automatizzati, le risorse materiali, i beni e i servizi, le statistiche;
c) istituzione presso ogni direzione generale regionale o interregionale dell’organizzazione giudiziaria dell’ufficio per il monitoraggio dell’esito dei procedimenti, in tutte le fasi o gradi del giudizio, al fine di verificare l’eventuale sussistenza di rilevanti livelli di infondatezza giudiziariamente accertata della pretesa punitiva manifestata con l’esercizio dell’azione penale o con i mezzi di impugnazione ovvero di annullamento di sentenze per carenze o distorsioni della motivazione, ovvero di altre situazioni inequivocabilmente rivelatrici di carenze professionali;
d) riserva all’amministrazione centrale:
1) del servizio del casellario giudiziario centrale;
2) dell’emanazione di circolari generali e della risoluzione di quesiti in materia di servizi giudiziari;
3) della determinazione del contingente di personale amministrativo da destinare alle singole regioni, nel quadro delle dotazioni organiche esistenti;
4) dei bandi di concorso da espletarsi a livello nazionale;
5) dei provvedimenti di nomina e di prima assegnazione, salvo che per i concorsi regionali;
6) del trasferimento del personale amministrativo tra le diverse regioni e dei trasferimenti da e per altre amministrazioni;
7) dei passaggi di profili professionali, delle risoluzioni del rapporto di impiego e delle riammissioni;
8) dei provvedimenti in materia retributiva e pensionistica;
9) dei provvedimenti disciplinari superiori all’ammonimento e alla censura;
10) dei compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo degli uffici periferici.
17. Per gli oneri di cui al comma 16 relativi alla locazione degli immobili, all’acquisizione in locazione finanziaria di attrezzature e impiantistica e alle spese di gestione, è autorizzata la spesa massima di euro 2.640.000 per l’anno 2005 e di euro 5.280.000 a decorrere dall’anno 2006, cui si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2005 e 2006 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
18. Per gli oneri di cui al comma 16 relativi al personale valutati in euro 3.556.928 per l’anno 2005 e in euro 7.113.856 a decorrere dall’anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2005 e 2006 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione del presente comma, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge n. 468 del 1978.
19. In ogni caso, le disposizioni attuative della delega di cui al comma 16 non possono avere efficacia prima della data del 1º luglio 2005.
20. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 16 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 6 dell’articolo 1.
21. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la modifica della disciplina dell’articolo 10 della legge 13 aprile 1988, n. 117, e dell’articolo 9 della legge 27 aprile 1982, n. 186, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che i componenti elettivi del Consiglio di presidenza della Corte dei conti durino in carica quattro anni;
b) prevedere che i componenti elettivi di cui alla lettera a) non siano eleggibili per i successivi otto anni;
c) prevedere che per l’elezione dei magistrati componenti elettivi del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore abbia la facoltà di votare per un solo componente titolare e un solo componente supplente.
22. Ai fini dell’esercizio della delega di cui al comma 21 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 6 dell’articolo 1.
23. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro anni dalla data di acquisto di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1 dell’articolo 1, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento giudiziario nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni legislative vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie.
24. Per l’emanazione del decreto legislativo di cui al comma 23 si applicano le disposizioni del comma 4 dell’articolo 1.
25. Il Governo provvede ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui al comma 23, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento giudiziario.
26. Il trasferimento a domanda di cui all’articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, e successive modificazioni, e di cui al comma 5 dell’articolo 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100, e successive modificazioni, si applica anche ai magistrati ordinari compatibilmente con quanto previsto dal comma 6, lettera p), con trasferimento degli stessi nella sede di servizio dell’appartenente alle categorie di cui al citato articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, o, in mancanza, nella sede più vicina e assegnazione a funzioni identiche a quelle da ultimo svolte nella sede di provenienza.
27. Le disposizioni di cui al comma 26 continuano ad applicarsi anche successivamente alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni emanate in attuazione del comma 1.
28. Le disposizioni di cui al comma 26 si applicano anche se, alla data della loro entrata in vigore ovvero successivamente alla data del matrimonio, il magistrato, esclusivamente in ragione dell’obbligo di residenza nella sede di servizio, non è residente nello stesso luogo del coniuge ovvero non è con il medesimo stabilmente convivente.
29. Il trasferimento effettuato ai sensi dei commi 26 e 28 non dà luogo alla corresponsione di indennità di trasferimento.
30. Dalle disposizioni di cui ai commi 26 e 28 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
31. All’articolo 7-bis, comma 2-ter, primo periodo, dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, introdotto dall’articolo 57, comma 1, della legge 16 dicembre 1999, n. 479, le parole: «sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci anni».
32. All’articolo 57, comma 3, della legge 16 dicembre 1999, n. 479, e successive modificazioni, le parole: «sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci anni».
33. All’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l’articolo 86 è sostituito dal seguente:
«Art. 86. (Relazioni sull’amministrazione della giustizia). – 1. Entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario, Il Ministro della giustizia rende comunicazioni alle Camere sull’amministrazione della giustizia nel precedente anno e sulle linee di politica giudiziaria per l’anno in corso. Entro i successivi dieci giorni, sono convocate le assemblee generali della Corte di cassazione e delle Corti di appello, che si riuniscono, in forma pubblica e solenne, con la partecipazione dei procuratori generali e dei rappresentanti dell’avvocatura, per ascoltare la relazione sull’amministrazione della giustizia da parte del primo Presidente della Corte di cassazione e dei presidenti di corte di appello»;
b) l’articolo 89 è abrogato;
c) il comma 2 dell’articolo 76-ter è abrogato.
34. Nella provincia autonoma di Bolzano restano ferme le disposizioni dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione, in particolare il titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752.
35. Ai magistrati in servizio presso gli uffici aventi sede nella provincia autonoma di Bolzano, assunti in esito a concorsi speciali ai sensi degli articoli 33 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni contenenti le previsioni sulla temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi, nonché sulla durata massima dello svolgimento di un identico incarico presso il medesimo ufficio, in quanto compatibili con le finalità dello statuto di autonomia e delle relative norme di attuazione, anche tenendo conto delle esigenze di funzionamento degli uffici giudiziari di Bolzano. I predetti magistrati possono comunque concorrere per il conferimento di altri incarichi direttivi e semidirettivi, di uguale o superiore grado, nonché mutare dalla funzione giudicante a requirente, e viceversa, in sedi e uffici giudiziari posti nel circondario di Bolzano alle condizioni previste dal comma 1, lettera g), numeri da 1) a 6).
36. Alle funzioni, giudicanti e requirenti, di secondo grado, presso la sezione distaccata di Bolzano della corte d’appello di Trento, nonché alle funzioni direttive e semidirettive, di primo e secondo grado, giudicanti e requirenti, presso gli uffici giudiziari della provincia autonoma di Bolzano, si accede mediante apposito concorso riservato ai magistrati provenienti dal concorso speciale di cui all’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752.
37. Nella tabella A allegata al decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, alla voce relativa alla corte di appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano/Bozen – tribunale di Bolzano/Bozen;
a) nel paragrafo relativo al tribunale di Bolzano, le parole: «Lauregno/Laurein» e «Proves/Proveis» sono soppresse;
b) nel paragrafo relativo alla sezione di Merano, sono inserite le parole: «Lauregno/Laurein» e «Proves/Proveis».
38. Dopo l’articolo 1 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 133, è inserito il seguente:
«Art. 1-bis. – 1. È istituita in Bolzano una sezione distaccata della corte d’assise di appello di Trento, con giurisdizione sul territorio compreso nella circoscrizione del tribunale di Bolzano».
39. Per le finalità di cui al comma 1, lettera q), numeri 2) e 3), la spesa prevista è determinata in euro 1.231.449 per l’anno 2005 ed euro 2.462.899 a decorrere dall’anno 2006; per l’istituzione e il funzionamento delle commissioni di concorso di cui al comma 1, lettera l), numeri 5), 6), 8) e 10), nonché lettera m), numeri 9) e 10), è autorizzata la spesa massima di euro 323.475 per l’anno 2005 e euro 646.950 a decorrere dall’anno 2006.
40. Per le finalità di cui al comma 1, lettera t), è autorizzata la spesa massima di euro 1.000.529 per l’anno 2004 e di euro 2.001.058 a decorrere dall’anno 2005, di cui euro 968.529 per l’anno 2004 ed euro 1.937.058 a decorrere dall’anno 2005 per il trattamento economico del personale di cui al comma 1, lettera t), numero 2.1), nonché euro 32.000 per l’anno 2004 ed euro 64.000 a decorrere dall’anno 2005 per gli oneri connessi alle spese di allestimento delle strutture di cui al comma 1, lettera t), numero 2.2). Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
41. Per l’istituzione e il funzionamento della Scuola superiore della magistratura, di cui al comma 2, lettera a), è autorizzata la spesa massima di euro 6.946.950 per l’anno 2005 ed euro 13.893.900 a decorrere dall’anno 2006, di cui euro 858.000 per l’anno 2005 ed euro 1.716.000 a decorrere dall’anno 2006 per i beni da acquisire in locazione finanziaria, euro 1.866.750 per l’anno 2005 ed euro 3.733.500 a decorrere dall’anno 2006 per le spese di funzionamento, euro 1.400.000 per l’anno 2005 ed euro 2.800.000 a decorrere dall’anno 2006 per il trattamento economico del personale docente, euro 2.700.000 per l’anno 2005 ed euro 5.400.000 a decorrere dall’anno 2006 per le spese dei partecipanti ai corsi di aggiornamento professionale, euro 56.200 per l’anno 2005 ed euro 112.400 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al funzionamento del comitato direttivo di cui al comma 2, lettera l), euro 66.000 per l’anno 2005 ed euro 132.000 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al funzionamento dei comitati di gestione di cui al comma 2, lettera m).
42. Per le finalità di cui al comma 3, la spesa prevista è determinata in euro 303.931 per l’anno 2005 ed euro 607.862 a decorrere dall’anno 2006, di cui euro 8.522 per l’anno 2005 ed euro 17.044 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al comma 3, lettera a), ed euro 295.409 per l’anno 2005 ed euro 590.818 a decorrere dall’anno 2006 per gli oneri connessi al comma 3, lettere f) e g).
43. Per le finalità di cui al comma 5, la spesa prevista è determinata in euro 629.000 per l’anno 2005 ed euro 1.258.000 a decorrere dall’anno 2006.
44. Per le finalità di cui al comma 12 è autorizzata la spesa di 13.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005 e di 8.000.000 di euro a decorrere dall’anno 2006. Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 13.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005, l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia, e quanto a 8.000.000 di euro a decorrere dall’anno 2006, l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
45. Agli oneri indicati nei commi 39, 41, 42 e 43, pari a euro 9.434.805 per l’anno 2005 ed euro 18.869.611 a decorrere dall’anno 2006, si provvede:
a) quanto a euro 9.041.700 per l’anno 2005 ed euro 18.083.401 a decorrere dall’anno 2006, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2005 e 2006 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia;
b) quanto a euro 393.105 per l’anno 2005 ed euro 786.210 a decorrere dall’anno 2006, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, come rideterminata dalla tabella C allegata alla legge 24 dicembre 2003, n. 350.
46. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione dei commi 1, 2, 3 e 5, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge n. 468 del 1978.
47. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
48. In ogni caso, le disposizioni attuative dei princìpi e dei criteri direttivi di cui ai commi 1, lettere l), m) e q), 2, 3 e 5 non possono avere efficacia prima della data del 1º luglio 2005.
49. Il Governo trasmette alle Camere una relazione annuale che prospetta analiticamente gli effetti derivanti dai contratti di locazione finanziaria stipulati in attuazione della presente legge.
50. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
EMENDAMENTI DA 2.18 A 2.74
2.18
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, sopprimere la lettera c).
2.19
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Id. em. 2.18
Al comma 1, sopprimere la lettera c).
2.20
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Id. em. 2.18
Al comma 1, sopprimere la lettera c).
2.21
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Id. em. 2.18
Al comma 1, sopprimere la lettera c).
2.1000/2
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera a).
2.1000/3
Id. em. 2.1000/2
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera a).
2.1000/35
Respinto
Alla lettera a), sostituire le parole da: «sostituire la lettera c)», fino alla fine della lettera a) con le seguenti: «sopprimere la lettera c)».
2.1000/4
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera b).
2.1000/36
Respinto
Alla lettera b), sostituire le parole da: «sostituire il numero 5)», fino alla fine della lettera b) con le seguenti: «sopprimere il numero 5)».
2.1000/5
Respinto
All’emendamento 2.1000 alla lettera b), dopo le parole: «per titoli e di quelli per» inserire le seguenti: «titoli ed».
2.1000/6
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera c).
2.1000/7
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera d).
2.1000/8
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera e).
2.1000/9
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera f).
2.1000/10
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera g).
2.1000/11
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera h).
2.1000/12
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera i).
2.1000/13
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera l).
2.1000/14
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera m).
2.1000/15
Ritirato
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera n).
2.1000/16
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera o).
2.1000/17
Ritirato
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera p).
2.1000/18
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera q).
2.1000/19
Ritirato
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera r).
2.1000/20
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera s).
2.1000/20a
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera t).
2.1000/37
Respinto
Alla lettera t), sostituire le parole da: «numero 1)», fino alla fine della lettera t) con le seguenti: «sopprimere il numero 1)».
2.1000/21
Respinto
All’emendamento 2.1000 alla lettera t), sostituire le parole: «un anno» con le seguenti: «tre mesi».
2.1000/22
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera u).
2.1000/23
Respinto
All’emendamento 2.1000 alla lettera u), sostituire le parole: «un anno» con le seguenti: «tre mesi».
2.1000/24
Ritirato
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera v).
2.1000/38
Respinto
Alla lettera v), sostituire le parole da: «numero 2)», fino alla fine della lettera v) con le seguenti: «sopprimere il numero 2)».
2.1000/25
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera z).
2.1000/26
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera aa).
2.1000/27
Ritirato
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera bb).
2.1000/28
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera cc).
2.1000/29
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera dd).
2.1000/1
Respinto
All’emendamento 2.1000, dopo la lettera dd), inserire la seguente: «dd-bis) Sopprimere i commi 9 e 10».
2.1000/30
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera ee).
2.1000/31
Respinto
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera ff).
2.1000/32
Ritirato
All’emendamento 2.1000 sopprimere la lettera gg).
2.1000/33
Ritirato
All’emendamento 2.1000 alla lettera gg), sopprimere le parole: «in ruolo e fuori ruolo».
2.1000/34
Ritirato
All’emendamento 2.1000 alla lettera gg), dopo le parole: «fuori ruolo» aggiungere le seguenti: «, purché non abbiano svolto e non svolgano incarichi politici o siano componenti di assemblee elettive».
2.1000 (testo corretto)
IL GOVERNO
Approvato
Apportare le seguenti modificazioni:
a) Al comma 1, sostituire la lettera c) con la seguente:
c) prevedere che, nell'ambito delle prove orali di cui alla lettera a), numero 2), il candidato debba sostenere un colloquio di idoneità psico-attitudinale all’esercizio della professione di magistrato, anche in relazione alle specifiche funzioni indicate nella domanda di ammissione.
b) Al comma 1, lettera f), sostituire il numero 5) con il seguente:
5) le modalità dei concorsi per titoli e di quelli per esami, scritti e orali, previsti dalla presente legge, nonché i criteri di valutazione, stabilendo, in particolare, che le prove scritte consistano nella risoluzione di uno o più casi pratici, aventi carattere di complessità e implicanti alternativamente o congiuntamente la risoluzione di rilevanti questioni probatorie, istruttorie e cautelari, relative alle funzioni richieste e stabilendo, altresì, che le prove orali consistano nella discussione del caso o dei casi pratici oggetto della prova scritta.
c) Al comma 1, lettera h), al numero 17, sopprimere i numeri «7, 8, 9, 10’.
d) Al comma 1, lettera l), numero 3.1), la parola: «40» è sostituita dalla parola: «30»
e) Al comma 1, lettera l), numero 3.2), la parola: «60» è sostituita dalla parola: «70».
f) Al comma 1, lettera l), numero 4.1), la parola: «40» è sostituita dalla parola: «30».
g) Al comma 1, lettera l), numero 4.2), la parola: «60» è sostituita dalla parola: «70».
h) Al comma 1, lettera l), numero 7.1), la parola: «60» è sostituita dalla parola: «70».
i) Al comma 1, lettera l), numero 7.2), la parola: «40» è sostituita dalla parola: «30».
l) Al comma 1, lettera 1), numero 9.1), la parola: «60» è sostituita dalla parola: «70».
m) Al comma l, lettera l), numero 9.2), la parola: «40» è sostituita dalla parola: «30».
n) Al comma l, lettera m), numero 1), dopo le parole: « e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione» inserire le parole: «qualora si tratti di funzioni direttive di secondo grado».
o) Al comma 1, lettera m), numero 2), dopo le parole: «dei consigli giudiziari» sopprimere le parole «e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione».
p) Al comma 1, lettera m), numero 11) sopprimere le parole: «, degli incarichi di capo o vice capo di uno degli uffici di diretta collaborazione del Ministro della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 2001, n. 315, ovvero di capo, vice capo o direttore generale di uno dei dipartimenti del Ministero della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55,».
q) Al comma 1, lettera r) aggiungere infine le seguenti parole: «prevedere che la presente disposizione non si applichi ai magistrati che esercitano funzioni di legittimità».
r) Al comma 2, lettera d), sostituire le parole: «dei quali almeno nove in un collegio giudicante e nove in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione» con le parole: «dei quali 7 mesi in un collegio giudicante, 3 mesi in un ufficio requirente di primo grado e 8 mesi in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione».
s) Al comma 3, sopprimere la lettera u).
t) Al comma 7, lettera b), numero 1), sostituire le parole: «due anni» con le parole: «un anno».
u) Al comma 7, lettera b), numero 2), sostituire le parole: «due anni» ovunque ricorrano, con le parole: «un anno».
v) Al comma 7, lettera e), numero 2), dopo le parole: «il Ministro della giustizia» inserire le parole: «, nell’ipotesi in cui abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero abbia chiesto l’integrazione della contestazione,».
z) Al comma 7, lettera e), numero 6), dopo le parole: «Ministro della giustizia,» inserire le parole: «nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione,».
aa) Al comma 7, lettera e), numero 7), dopo le parole: «copia degli atti del procedimento» inserire le parole: «, nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione,».
bb) Al comma 7, lettera e), numero 9), dopo le parole: «Ministro della giustizia» inserire le parole: «nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione,».
cc) Al comma 7, lettera f), numero 7), dopo le parole: «Ministro della giustizia,» inserire le parole: «nell’ipotesi in cui egli abbia promosso l’azione disciplinare, ovvero richiesto l’integrazione della contestazione,».
dd) Al comma 8, lettera m) sopprimere il numero 4).
ee) Al comma 12, dopo le parole: «incarichi direttivi» sopprimere le parole: «e semidirettivi».
ff) Al comma 12, lettera a) dopo le parole: «primo grado» inserire le parole: «e di secondo grado».
«gg) dopo il comma 48, inserire il seguente:
"48-bis. Nelle more dell’attuazione della delega prevista al comma 21, per l’elezione dei componenti del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore può votare per un solo componente titolare e per un solo componente supplente; i voti eventualmente espressi oltre tale numero sono nulli"».
2.22
CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, FASSONE, ZANCAN
Precluso
Al comma 1, sostituire la lettera c) con la seguente:
«c) prevedere che, in esito al tirocinio, l’assegnazione delle funzioni sia preceduta da un giudizio positivo, espresso anche in relazione alla funzione richiesta, che, sulla base di valutazioni periodiche e collegiali formulate durante il tirocinio, tenga conto altresì delle qualità di equilibrio maturità e responsabilità dimostrate dal soggetto;».
2.506
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI
Precluso
Al comma 1, lettera c), sostituire le parole: «del concorso di cui alla lettera a) numero 2)», con le seguenti: «dei concorsi di cui alla lettera a), di cui al comma 1».
2.507
Precluso
Al comma 1, lettera c), sopprimere le parole da: «anche», "fino alla fine della lettera.
2.23
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Ritirato
Al comma 1, sopprimere la lettera d).
2.24
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Ritirato
Al comma 1, lettera d), sopprimere il numero 2).
2.25
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Respinto
Al comma 1, lettera d), sostituire le parole: «sono stati già dichiarati non idonei per tre volte», con le seguenti: «abbiano sostenuto per due volte le prove scritte del concorso con esito sfavorevole».
2.508
Improponibile
Al comma 1, dopo la lettera d), aggiungere le seguenti:
«d-bis) prevedere che, dopo il tirocinio, i magistrati esercitino obbligatoriamente per tre anni la funzione giudicante in organi collegiali;
d-ter) prevedere che, decorso il triennio, ciascun magistrato scelga se esercitare la funzione giudicante o la funzione requirente, e che, previo parere motivato del consiglio giudiziario, ove vi sia una valutazione attitudinale favorevole da parte del Consiglio superiore della magistratura, la eserciti per almeno otto anni;
d-quater) prevedere che, in caso di rigetto della domanda, questa possa essere riproposta non prima di tre anni;
d-quinquies) prevedere che il magistrato, decorso il periodo degli otto anni di esercizio della funzione scelta, possa comunque concorrere ad uffici della funzione diversa da quella esercitata, stabilendo che nel passaggio da una funzione all’altra sia destinato ad una sede di distretto di corte d’appello diverso da quello nel quale ha esercitato le funzioni precedenti».
Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere le lettere f) e g).
2.26
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera e), sostituire i numeri da 1) a 15) con i seguenti:
«1) funzioni giudicanti e requirenti di merito, distinte in funzioni di primo e secondo grado;
2) funzioni giudicanti e requirenti di legittimità;
3) funzioni direttive superiori giudicanti e requirenti di legittimità».
2.27
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 1).
2.28
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 2).
2.29
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 3).
2.30
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 4).
2.31
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 5).
2.32
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Respinto
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 6).
2.33
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Improponibile
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 7).
2.34
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Ritirato
Al comma 1, lettera e), sostituire i numeri da 7) a 15) con il seguente:
«7) funzioni semidirittive requirenti di secondo grado».
Conseguentemente: al medesimo comma, lettera h): sostituire il numero 8) con il seguente:
«8) funzioni semidirettive requirenti di primo grado siano quelle di procuratore aggiunto della Repubblica, cui possono accedere, previa valutazione ai sensi della lettera e), magistrati che abbiano superato le valutazioni periodiche di professionalità per il conferimento delle funzioni di secondo grado o il concorso per il conferimento delle funzioni di legittimità da non meno di tre anni, e abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni,»;
sostituire il numero 10 con il seguente:
«10) funzioni semidirettive requirenti di secondo grado quelle di avvocato generale presso la corte di appello, cui possono accedere, previa valutazione ai sensi della lettera e), magistrati che abbiano superato le valutazioni periodiche di professionalità per il conferimento delle funzioni di secondo grado o il concorso per il conferimento delle funzioni di legittimità da non meno di otto anni, e che abbiano esercitato continuativamente funzioni requirenti negli ultimi tre anni;»;
all’articolo 9, comma 1, sopprimere la lettera l).
2.35
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Respinto
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 8).
2.36
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 9).
2.37
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Respinto
Al comma 1, lettera e), numero 9), sopprimere le seguenti parole: «e di primo grado elevato».
2.38
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Ritirato
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 10).
2.39
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Ritirato
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 13).
2.40
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Ritirato
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 14).
2.41
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Ritirato
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 15).
2.42
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Ritirato
Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 15).
2.43 (testo corretto)
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, dopo la lettera e), aggiungere le seguenti:
«e-bis) prevedere che all’esito del tirocinio i magistrati esercitino obbligatoriamente funzioni giudicanti per almeno tre anni, dei quali almeno un terzo in organi collegiali di primo grado e di appello ai quali sono assegnati anche in sovrannumero, ed escludendo per i primi diciotto mesi le funzioni di giudice per le indagini preliminari;
e-ter) prevedere che, decorso il triennio, ciascun magistrato scelga se esercitare la funzione giudicante o la funzione requirente, e che, ove sia espresso dal Consiglio superiore della magistratura un giudizio attitudinale favorevole, la eserciti per almeno otto anni;
e-quater) prevedere che, decorso tale periodo, il magistrato possa concorrere a uffici della funzione diversa da quella esercitata solamente previa partecipazione ad un apposito corso di formazione presso la Scuola della magistratura, in esito al quale sia espressa una favorevole valutazione attitudinale;
e-quinquies) prevedere che la domanda sia accoglibile solamente se l’ufficio richiesto è ubicato in un diverso circondario, ovvero in un diverso distretto se si tratta di funzioni di secondo grado, e con esclusione del distretto competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura Penale, nel caso di pendenza di procedimenti nei confronti dell’interessato.»
Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere le lettere g) e h).
2.44
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.1000 (testo corretto)
Al comma 1, sopprimere la lettera f).
Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere la lettera i).
2.45
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.1000 (testo corretto)
Al comma 1, sopprimere la lettera f).
2.46
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.1000 (testo corretto)
Al comma 1, sostituire la lettera f) con le seguenti:
«f) prevedere che i magistrati siano sottoposti a valutazioni di professionalità ogni quadriennio dalla nomina, salvo la prima che si effettua dopo il compimento di un quinquennio, e la quarta che si effettua dopo un triennio dalla precedente;
f-bis) prevedere che la valutazione di professionalità debba riguardare la capacità, la laboriosità, la diligenza e l’impegno, nonché l’attitudine alla dirigenza, ove ricorrano circostanze atte a dimostrarla specificando gli elementi in base ai quali devono essere espresse le valutazioni da parte dei consigli giudiziari ed i parametri per conseguire omogeneità di valutazioni;
f-ter) prevedere che i magistrati i quali hanno superato la terza valutazione di professionalità, nei termini di cui alla lettera f-quater), possono concorrere per l’accesso alle funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado, alle funzioni semidirettive ed alle funzioni direttive giudicanti e requirenti di primo grado e i magistrati i quali hanno superato la quinta valutazione di professionalità, nei termini di cui alla lettera f-quater) possono concorrere per l’accesso alle funzioni di legittimità ed alle funzioni direttive giudicanti e requirenti di secondo grado;
f-quater) prevedere che all’inizio di ogni anno il Consiglio superiore della magistratura individui quanti posti concernenti funzioni di secondo grado, di legittimità, semidirettivi e direttivi siano stati messi a concorso nell’anno precedente; definisca a quanti magistrati possano essere attribuite le corrispondenti funzioni nell’anno in corso, in base al numero dei posti in tal modo individuati, incrementato del 50 per cento e proceda quindi alla valutazione di professionalità, sulla base del parere espresso dal Consiglio giudiziario, dei risultati delle ispezioni e di ogni altro utile elemento assegnando adeguato punteggio e formulando la conseguente graduatoria, nonché legittimi a concorrere alle funzioni di cui alla lettera f-ter) i magistrati che si sono classificati in posizione non inferiore al numero come sopra individuato e disponga che i magistrati, i quali siano stati valutati positivamente ma si siano classificati in posizione inferiore, possano essere di nuovo classificati nel quadriennio successivo;
f-quinquies) prevedere che la valutazione di professionalità possa concludersi con un giudizio non positivo quando risultino deficienti uno o più parametri di valutazione e che in tal caso il Consiglio proceda a nuova valutazione dopo un anno, previo parere del consiglio giudiziario. Ove tale secondo giudizio sia positivo, prevedere che il nuovo trattamento economico decorra solo dalla scadenza dell’anno;
f-sexies) prevedere che la valutazione di professionalità possa concludersi con un giudizio negativo quando risultino carenze gravi in uno o più dei parametri; che in tal caso il magistrato sia sottoposto a nuova valutazione dopo un biennio, previa partecipazione ad uno o più corsi di qualificazione; che ove segua un secondo giudizio negativo, il magistrato sia dispensato dal servizio, secondo quanto stabilito dall’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, così come modificato dalla presente legge».
Conseguentemente, alla lettera q), numero 2), sopprimere le parole: «, numero 2), prima parte» e al numero 3), sopprimere le parole: «, numero 3)».
2.47
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 1).
2.48
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Id. em. 2.47
Al comma 1, sopprimere il numero 1) della lettera f).
2.49
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 2).
2.50
FASSONE, CALVI, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, AYALA, ZANCAN
Improcedibile
Al comma 1, lettera f), sostituire i numeri 2) e 3) con i seguenti:
«2) che, dopo dieci anni dall’ingresso in magistratura, i magistrati possano essere legittimati a svolgere funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado, previo giudizio di idoneità conseguito in seguito a concorso per titoli, bandito per un numero di posti corrispondente ai posti vacanti di secondo grado, maggiorato del 50 per cento;
3) che, dopo quindici anni dall’ingresso in magistratura, i magistrati possano essere legittimati a svolgere funzioni di legittimità, previo giudizio di idoneità conseguito in seguito a concorso per esame scritto e per titoli, bandito per un numero di posti corrispondente ai posti vacanti nelle funzioni di legittimità, maggiorato del 50 per cento;».
2.51
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Improcedibile
Al comma 1, sostituire il numero 2 della lettera f) come segue: «che, dopo tredici anni dall’ingresso in magistratura possano essere svolte funzioni giudicanti o requirenti di secondo grado».
2.53
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Respinto
Al comma 1, sopprimere il numero 3 della lettera f).
2.54
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Respinto
Al comma 1, sostituire il numero 3, della lettera f), come segue: «che, dopo tre anni di esercizio delle funzioni di secondo grado, previo concorso per esami, scritti e orali, possono essere svolte funzioni di legittimità».
2.56
MARITATI, FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera f), numero 3), sostituire la parole: «tre» con la seguente: «cinque».
2.57
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 4).
2.58
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.1000 (testo corretto)
Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 5).
2.59
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.1000 (testo corretto)
Al comma 1, sopprimere il numero 5) della lettera f).
2.60
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.1000 (testo corretto)
Al comma 1, lettera f), numero 5), sostituire le parole: «le modalità dei concorsi per titoli e per titoli ed esami, scritti ed orali, previsti dalla presente legge», con le seguenti: «le modalità dei concorsi previsti dalla presente legge».
2.61
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera f), sopprimere il numero 6).
2.62
ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI
Id. em. 2.61
Al comma 1, sopprimere il numero 6) della lettera f).
2.63
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, sopprimere la lettera g).
2.64
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 1).
2.65
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera g), sostituire i numeri da 1) a 6) con il seguente:
«1) il magistrato possa passare dalla funzione requirente a quella giudicante previa utile frequentazione di apposito corso di formazione presso la Scuola superiore della magistratura».
2.509
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI, MARINI
Respinto
Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 1) con il seguente:
«1) nel caso in cui i pubblici ministeri dopo cinque anni di effettivo esercizio professionale vogliano passare alla carriera dei giudici possano farlo con il concorso di cui all’articolo 2 con l’obbligo di esercitare le relative funzioni nell’ambito di un distretto di Corte di appello diverso da quello in cui si siano svolte le funzioni di pubblico ministero, che comunque non potrà coincidere con quello individuato a norma dell’articolo 11 codice di procedura penale».
2.66
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Respinto
Al comma 1, lettera g), numero 1), sostituire le parole: «entro il terzo anno», con le seguenti: «decorsi almeno cinque anni nell’esercizio delle funzioni giudicanti, alle quali si viene necessariamente assegnati dopo l’espletamento del periodo di tirocinio».
2.67
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 2).
2.510
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI
Id. em. 2.67
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 2).
2.511
Le parole da: «Al comma 1» a: «3),» respinte; seconda parte preclusa
Al comma 1, lettera g), sopprimere i numeri 3), 4) e 5).
2.68
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Precluso
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 3).
2.512
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI, MARINI
Respinto
Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 3) con il seguente:
«3) nel caso in cui i giudici dopo cinque anni di effettivo esercizio professionale vogliano passare alla carriera di pubblici ministeri possano farlo con il concorso di cui all’articolo 2 con l’obbligo di esercitare le relative funzioni nell’ambito di un distretto di Corte di appello diverso da quello in cui si siano svolte le funzioni di giudice, che comunque non potrà coincidere con quello di cui all’articolo 11 del codice di procedura penale».
2.69
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI, MANZIONE
Respinto
Al comma 1, lettera g), numero 3), sostituire le parole: «entro il terzo anno di esercizio delle funzioni requirenti assunte subito dopo l’espletamento del periodo di tirocinio», con le seguenti: «decorsi almeno cinque anni di esercizio delle funzioni requirenti».
2.70
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 4).
2.513
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI
Id. em. 2.70
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 4).
2.514
BISCARDINI, LABELLARTE, CREMA, MANIERI
Respinto
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 5).
2.71
FASSONE, BRUTTI MASSIMO, MARITATI, CALVI, AYALA, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera g), dopo il numero 5) inserire il seguente:
«5-bis) coloro che, avendo presentato rituale domanda per il passaggio di funzioni, non abbiano potuto ottenerne l’accoglimento per difetto di posti vacanti nella funzione richiesta, possano rinnovare la domanda, senza necessità di ulteriori requisiti, per i tre anni successivi, con priorità su ogni altro richiedente che, rispetto all’interessato, abbia un’anzianità di servizio minore o non maggiore di tre anni;».
2.72
BRUTTI MASSIMO, MARITATI, FASSONE, CALVI, AYALA, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera g), dopo il numero 5), inserire il seguente:
«5-bis) coloro che, avendo presentato rituale domanda per il passaggio di funzioni, non abbiano potuto ottenerne l’accoglimento per difetto di posti vacanti nella funzione richiesta, possano rinnovare la domanda, senza altri oneri, per i tre anni successivi;».
2.73
CALVI, AYALA, BRUTTI MASSIMO, FASSONE, MARITATI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 6).
2.74
DALLA CHIESA, CAVALLARO, MAGISTRELLI
Respinto
Al comma 1, lettera g), sostituire il numero 6) con il seguente:
«6) non consentire più di due passaggi dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti, o viceversa, nel corso dell’intera carriera del magistrato».