XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: Tutela del risparmio e mercati finanziari - A.C. 2436-B e abbinate - Schede di lettura
Serie: Progetti di legge    Numero: 559    Progressivo: 7
Data: 27/10/05
Organi della Camera: VI-Finanze
Riferimenti:
AC n.2436B/14     

Servizio studi

 

progetti di legge

Tutela del risparmio
e mercati finanziari

A.C. 2436 e abb.-B

Schede di lettura

n. 559/7

 


xiv legislatura

27 ottobre 2005

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il presente dossier è stato redatto con la collaborazione dei Dipartimenti Bilancio e Giustizia.

 

 

Dipartimento Finanze

 

SIWEB

 

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File: FI0581g.doc

 


INDICE

Scheda di sintesi

Dati identificativi3

Contenuto. 4

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Nomina e requisiti degli amministratori)29

§      Articolo 2 (Collegio sindacale e organi corrispondenti  nei modelli dualistico e monistico)32

§      Articolo 3 (Azione di responsabilità)35

§      Articolo 4 (Delega di voto)37

§      Articolo 5 (Integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea)38

§      Articolo 6 (Trasparenza delle società estere)40

§      Articolo 7 (Modifiche al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153)48

§      Articolo 8 (Concessione di credito in favore di azionisti e obbligazioni degli esponenti bancari)63

§      Articolo 9 (Conflitti d’interessi nella gestione dei patrimoni di organismi d’investimento collettivo del risparmio e di prodotti assicurativi e previdenziali nonché nella gestione di portafogli su base individuale)68

§      Articolo 10 (Conflitti d’interessi nella prestazione dei servizi d’investimento)72

§      Articolo 11 (Circolazione in Italia di strumenti finanziari collocati presso investitori professionali e obblighi informativi)75

§      Articolo 12 (Attuazione della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE)81

§      Articolo 13 (Pubblicità del tasso effettivo globale medio degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari)84

§      Articolo 14 (Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria)87

§      Articolo 15 (Responsabilità dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari)96

§      Articolo 16 (Informazione al mercato in materia di attribuzione di azioni a esponenti aziendali, dipendenti o collaboratori)97

§      Articolo 17 (Disposizioni in materia di mediatori creditizi)100

§      Articolo 18 (Modifiche alla disciplina relativa alla revisione dei conti)103

§      Articolo 19 (Banca d’Italia)113

§      Articolo 20 (Coordinamento dell’attività delle Autorità)128

§      Articolo 21 (Collaborazione fra le Autorità)131

§      Articolo 22 (Collaborazione da parte del Corpo della guardia di finanza)132

§      Articolo 23 (Procedimenti per l’adozione di atti regolamentari e generali)133

§      Articolo 24 (Procedimenti per l’adozione di provvedimenti individuali)134

§      Articolo 25 (Competenze in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali delle banche, degli intermediari finanziari, delle assicurazioni e dei fondi pensione)137

§      Articolo 26 (Trasferimento di funzioni ministeriali e poteri sanzionatori)143

§      Articolo 27 (Procedure di conciliazione e di arbitrato, sistema di indennizzo e fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori147

§      Articolo 28 (Disposizioni in materia di personale della CONSOB)151

§      Articolo 29 (Risoluzione delle controversie in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari)154

§      Articolo 30 (False comunicazioni sociali)155

§      Articolo 31 (Omessa comunicazione del conflitto d’interessi)161

§      Articolo 32 (Ricorso abusivo al credito)162

§      Articolo 33 (Istituzione del reato di mendacio bancario)163

§      Articolo 34 (Falso in prospetto)164

§      Articolo 35 (Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione)165

§      Articolo 36 (False comunicazioni circa l’applicazione delle regole previste nei codici di comportamento delle società quotate)166

§      Articolo 37 (Omessa comunicazione degli incarichi di componente di organi di amministrazione e controllo)167

§      Articolo 38 (Abusive attività finanziarie)168

§      Articolo 39 (Aumento delle sanzioni penali e amministrative)169

§      Articolo 40 (Sanzioni accessorie)175

§      Articolo 41 (Soppressione della Commissione permanente per la vigilanza sull’istituto di emissione e sulla circolazione dei biglietti di banca)176

§      Articolo 42 (Termine per gli adempimenti previsti dalla presente legge)177

§      Articolo 43 (Delega al Governo per il coordinamento legislativo)179

§      Articolo 44 (Procedura per l’esercizio delle deleghe legislative)180

 


Scheda di sintesi


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

A.C. 2436-4543-4551-4586-4622-4639-4705-4746-4747-4785-4971-5179-ter-5294-B

Titolo

Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari

Iniziativa

Testo unificato (governativa, parlamentare)

Settore d’intervento

Autorità di settore

Borsa e settore mobiliare

Credito

Disciplina della concorrenza

Iter al Senato

Numero di articoli

44

Date

 

§       trasmissione alla Camera

12 ottobre 2005

§       annunzio

13 ottobre 2005

§       assegnazione

17 ottobre 2005

Commissione competente

VI (Finanze), X (Attività produttive)

Sede

Referente

Pareri previsti

I, II, V, XI e XIV

 


 

Contenuto

Il progetto si articola in sei titoli, rispettivamente riguardanti modifiche alla disciplina delle società per azioni (articoli da 1 a 7), disposizioni in materia di conflitti d’interessi e disciplina delle attività finanziarie (articoli da 8 a 17), disposizioni in materia di revisione dei conti (articolo 18), disposizioni concernenti le autorità di vigilanza (articoli da 19 a 29) e modifiche alla disciplina in materia di sanzioni penali e amministrative (articoli da 30 a 40); il titolo VI (articoli da 41 a 44) contiene le disposizioni transitorie e finali[1].

 

Gli articoli 1 e 2 introducono modificazioni alla disciplina degli organi d’amministrazione e di controllo nelle società per azioni, in particolare prevedendo la partecipazione di almeno un rappresentante delle minoranze in ciascuno di tali organi nelle società con azioni quotate in mercati regolamentati nonché la limitazione del cumulo degli incarichi negli organi di controllo, e rafforzando i poteri degli organi medesimi e dei loro componenti.

 

Il Senato ha introdotto (articolo 1) la previsione del voto segreto per l’elezione alle cariche sociali delle società con azioni quotate e ha soppresso (articolo 2) la disposizione che estendeva il potere di denunzia degli amministratori al tribunale da parte del collegio sindacale anche al caso di irregolarità non suscettibili di produrre danno alla società o a sue controllate.

 

L’articolo 3 amplia la facoltà di promuovere l’azione di responsabilità nei riguardi degli amministratori delle società per azioni, estendendone il potere all’organo di controllo e riducendo la quota di partecipazione necessaria per promuovere l’azione sociale di responsabilità.

 

Il Senato ha soppresso la disposizione che prevedeva la revoca degli amministratori in caso di azione di responsabilità deliberata dal collegio sindacale all’unanimità.

 

Gli articoli 4 (non modificato dal Senato) e 5 intervengono su istituti volti a facilitare la partecipazione delle minoranze alle decisioni assembleari delle società con azioni quotate, rispettivamente agevolando la raccolta delle deleghe di voto nel caso delle società ad azionariato particolarmente diffuso e consentendo a una minoranza qualificata di chiedere, a determinate condizioni, l’integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea.

 

Il Senato ha anticipato il termine per la pubblicazione delle integrazioni richieste all’ordine del giorni dell’assemblea (articolo 5).

 

L’articolo 6 reca un complesso di disposizioni volte ad assicurare la conoscibilità dei rapporti fra le società italiane quotate o ad azionariato diffuso e le società estere controllate, controllanti o collegate, aventi sede in Stati che non garantiscono la trasparenza societaria. Relativamente alle società estere controllate è prevista inoltre l’allegazione del bilancio di esse al bilancio della società italiana controllante: per il suo contenuto, gli amministratori di quest’ultima sono sottoposti alla responsabilità civile, penale e amministrativa secondo la legge italiana.

 

Il Senato ha introdotto la possibilità di individuare Stati i cui ordinamenti presentino carenze particolarmente gravi, demandando alla CONSOB di determinare le condizioni in base alle quali è consentito alle società italiane controllare imprese aventi sede in essi.

 

L’articolo 7, introdotto dal Senato, limita il diritto di voto delle fondazioni bancarie nelle società partecipate alla misura massima del 30 per cento del capitale, con decorrenza dal 1° gennaio 2006.

 

L’articolo 8, nel testo modificato dal Senato, prevede la determinazione di condizioni da parte della Banca d’Italia per l’assunzione di attività di rischio da parte delle banche nei confronti di propri esponenti, soggetti che detengono in esse partecipazioni rilevanti o altri soggetti che siano in grado di influire sulla loro amministrazione. Estende inoltre l’ambito di applicazione della disciplina sull’autorizzazione per l’assunzione di obbligazioni da parte degli esponenti bancari nei riguardi della banca stessa.

 

Oltre a numerose modificazioni testuali, il Senato ha soppresso le disposizioni volte a introdurre un limite quantitativo all’esposizione debitoria dei soggetti detentori di partecipazioni in una banca, nei riguardi della banca medesima, nonché a limitare la possibilità di dare in pegno partecipazioni bancarie a garanzia dei crediti.

 

L’articolo 9 conferisce al Governo una delega legislativa per l’emanazione di una disciplina volta a prevenire i conflitti d’interessi nella gestione dei patrimoni di organismi d’investimento collettivo del risparmio (OICR), prodotti assicurativi e di previdenza complementare, nonché nella gestione di portafogli su base individuale per conto di terzi.

 

Il Senato ha precisato che l’esercizio della delega non deve comportare oneri finanziari, ha riferito la disciplina ai soli investimenti in titoli, invece che in qualsiasi prodotto finanziario, e ha previsto l’intesa fra la CONSOB e la Banca d’Italia per l’attuazione in via regolamentare (limitatamente agli OICR) e per l’esercizio del potere sanzionatorio.

 

L’articolo 10 prescrive l’adozione di una disciplina per la separazione delle strutture organizzative deputate alla prestazione dei diversi servizi d’investimento presso le banche e gli altri intermediari finanziari, determinando apposite sanzioni.

 

Il Senato ha modificato le disposizioni, rimettendo alla Banca d’Italia, d’intesa con la CONSOB, il potere regolamentare in materia, compresa la determinazione delle attività che debbono essere prestate da strutture distinte, ed eliminando la possibilità di prescrivere la separazione societaria.

 

L’articolo 11 interviene sulla disciplina della circolazione dei prodotti finanziari.

Si prevede fra l’altro che, in caso di successiva cessione di prodotti finanziari, destinati originariamente a soli investitori professionali, ad acquirenti che non siano investitori professionali, l’investitore professionale cedente debba garantire la solvenza dell’emittente per un anno dalla data dell’emissione, tranne che nell’ipotesi in cui l’intermediario abbia consegnato all’acquirente un documento recante le informazioni stabilite dalla CONSOB.

Viene inoltre abolita l’esenzione dagli obblighi informativi e dal prospetto per i prodotti finanziari non azionari emessi da banche e per i prodotti assicurativi.

 

Il Senato ha apportato numerose modificazioni rispetto al testo approvato dalla Camera, in particolare rendendo alternative – invece che cumulative – la consegna del documento informativo e la prestazione della garanzia di solvenza (decorrente dall’emissione invece che dalla cessione, come previsto nel testo approvato dalla Camera).

 

L’articolo 12 conferisce al Governo delega legislativa per il recepimento della direttiva 2003/71/CE relativa al prospetto per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, stabilendone i princìpi e criteri direttivi.

La CONSOB è individuata come autorità nazionale competente in materia, che verifica la completezza, la coerenza e la comprensibilità delle informazioni fornite, con la previsione di accordi di collaborazione con la Banca d’Italia in caso di offerta pubblica di titoli di debito bancari non destinati alla negoziazione in un mercato regolamentato; è prevista l’individuazione dei tipi di offerta a cui non si applica l'obbligo di pubblicare un prospetto, nonché dei tipi di strumenti finanziari alla cui offerta al pubblico ovvero alla cui ammissione alla negoziazione non si applica l'obbligo di pubblicare un prospetto, e delle condizioni alle quali il collocamento tramite intermediari ovvero la successiva rivendita di strumenti finanziari oggetto di offerte a cui non si applica l'obbligo di pubblicare un prospetto siano da assoggettare a detto obbligo; si prevede la validità dei prospetti approvati nello Stato membro d'origine; è contemplato il diritto di revoca in favore dell'investitore in casi determinati; si prescrive l’individuazione di criteri per il riconoscimento del carattere di investitore qualificato; è prevista una disciplina sulla responsabilità civile per le informazioni contenute nel prospetto; è disciplinato il potere regolamentare della CONSOB e, salve le sanzioni penali già stabilite per il falso in prospetto, sono previste sanzioni amministrative pecuniarie e interdittive; si autorizza la CONSOB a delegare compiti a società di gestione del mercato.

 

Il Senato ha precisato che l’attuazione della delega non deve comportare oneri finanziari.

 

L’articolo 13 disciplina la pubblicità dei tassi effettivi globali medi praticati dalle banche e dagli altri intermediari finanziari per tutte le operazioni di finanziamento, comunque denominate.

 

Il Senato ha sostituito la nozione di tasso effettivo globale medio a quella di tasso effettivo globale annuo.

 

L’articolo 14 modifica il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria intervenendo sui seguenti aspetti: adeguatezza dei prodotti finanziari collocati rispetto al profilo del cliente; disciplina dell’albo dei promotori finanziari; quotazione di prodotti finanziari emessi dalla società di gestione di un mercato regolamentato; regole e limiti per la quotazione di prodotti emessi da determinati tipi di società; procedimento per le decisioni di ammissione, esclusione e sospensione di strumenti e operatori dalle negoziazioni in mercati regolamentati, comunicazione delle operazioni compiute su prodotti finanziari da esponenti aziendali o possessori di rilevanti quote di partecipazione; poteri informativi e cautelari della CONSOB; obbligo di dichiarazione dei conflitti d’interessi da parte dei produttori e diffusori di ricerche; vigilanza sulle informazioni relative all’adesione a codici di comportamento; disciplina della finanza etica; individuazione e poteri del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari (alla determinazione delle cui responsabilità provvede il successivo articolo 15, non modificato dal Senato).

 

Il Senato ha coordinato le modificazioni agli articoli 114 e 115 TUF con le nuove disposizioni adottate in sede di recepimento della direttiva sugli abusi di mercato (legge n. 62 del 2005, art. 9); ha escluso le società di rating dagli obblighi ivi stabiliti relativamente alla comunicazione dei conflitti d’interessi; ha altresì soppresso le disposizioni volte a riorganizzare il procedimento di irrogazione delle sanzioni previste dagli articoli 190, 193 e 195 del TUF.

 

L’articolo 16 disciplina gli obblighi d’informazione al mercato cui devono sottostare le società con azioni quotate che deliberino piani di attribuzione di azioni a esponenti societari o dipendenti (stock options).

 

Il Senato ha prescritto per tali piani l’approvazione dell’assemblea dei soci, ha modificato le forme di pubblicazione previste e ha disposto l’adozione di regole volte a prevenire comportamenti contrastanti con l’interesse della società.

 

L’articolo 17, introdotto dal Senato, consente ai mediatori creditizi di svolgere anche attività di mediazione e consulenza nella gestione del recupero dei crediti da parte delle banche e degli intermediari finanziari.

 

L’articolo 18 apporta modificazioni al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria relativamente alla disciplina della revisione dei conti. La durata massima dell’incarico di revisione è stabilita in sei esercizi; esso è rinnovabile una sola volta, e non può essere rinnovato se non dopo almeno un triennio dal precedente, con sostituzione del responsabile della revisione; il responsabile della revisione non può comunque permanere nell’incarico per più di sei anni (anche se per conto di differenti società di revisione); sono stabilite più rigide fattispecie d’incompatibilità sia rispetto alla prestazione di servizi diversi dalla revisione da parte della società o dei suoi esponenti, sia nelle relazioni fra revisori società sottoposte alla revisione (con la previsione di ipotesi di incompatibilità successiva). Si interviene altresì sulle funzioni di vigilanza e sui poteri sanzionatorî della CONSOB; nel caso della revisione sui bilanci consolidati, è esteso l’ambito di responsabilità del revisore principale; sono inoltre assoggettate agli obblighi di revisione anche le società non quotate che controllano società con azioni quotate e le società sottoposte con queste a comune controllo.

 

Il Senato ha apportato alcune modificazioni, in particolare eliminando la previsione del parere vincolante del collegio sindacale per il conferimento dell’incarico di revisione, nonché il potere sostitutivo della CONSOB in caso di mancato conferimento; ha altresì stabilito in sei esercizi la durata fissa dell’incarico, consentendo un solo rinnovo, e ha elevato da tre a sei esercizi il periodo massimo di permanenza nell’incarico di responsabile della revisione.

 

L’articolo 19, introdotto dal Senato, reca disposizioni sulla natura e sull’organizzazione della Banca d’Italia. In particolare, ne conferma la natura di istituto di diritto pubblico, prevedendo che la maggioranza delle quote di partecipazione al suo capitale sia detenuta dallo Stato e che la restante parte possa essere posseduta soltanto da enti pubblici. A questo fine disciplina il riacquisto delle partecipazioni possedute attualmente da soggetti privati, determinandone l’onere finanziario e disponendo che, fino al riacquisto, i relativi diritti di voto siano sospesi ed esercitati dallo Stato. Stabilisce altresì che la Banca d’Italia riferisca semestralmente al Parlamento e al Governo; prevede regole di trasparenza nell’adozione degli atti; prescrive il parere del Direttorio per i provvedimenti di rilevanza esterna adottati dal Governatore; stabilisce che il Governatore rimanga in carica per sette anni, senza possibilità di rinnovo; ordina l’adeguamento dello Statuto della Banca d’Italia entro due mesi.

 

L’articolo 20 prescrive il coordinamento fra le autorità aventi competenze sui mercati finanziari (Banca d’Italia, CONSOB, ISVAP, COVIP, Autorità garante della concorrenza e del mercato) rimettendo ad esse l’individuazione delle forme appropriate.

 

Il Senato, escludendo oneri a carico della finanza pubblica, ha specificato a titolo esemplificativo la possibilità di adottare protocolli d’intesa o istituire comitati di coordinamento. Ha invece soppresso le disposizioni che istituivano il comitato di coordinamento fra le autorità e ne disciplinavano i compiti.

 

L’articolo 21 (non modificato dal Senato) prescrive la collaborazione fra le suddette autorità, anche attraverso lo scambio d’informazioni, con l’inopponibilità reciproca del segreto d’ufficio.

 

L’articolo 22 consente alle autorità di avvalersi del Corpo della Guardia di finanza, prevedendo che tutti i dati e le notizie da questo acquisiti siano coperti da segreto d’ufficio e comunicati esclusivamente alle autorità competenti.

 

Il Senato ha precisato la formulazione di alcune parti della disposizione.

 

Gli articoli 23 (non modificato dal Senato) e 24 disciplinano rispettivamente i procedimenti per l’adozione di atti regolamentari e generali e di provvedimenti individuali da parte della Banca d’Italia, della CONSOB, dell’ISVAP e della COVIP. Per i primi è prescritta la motivazione con riferimento alle scelte di regolazione o vigilanza, è richiesta una relazione sulle conseguenze ed è imposta l’osservanza del criterio di proporzionalità. Per i secondi, è prescritta la motivazione, è disposta l’applicabilità dei princìpi della legge n. 241 del 1990 ed è enunziata una disciplina generale circa l’impugnazione in sede giurisdizionale. Per le sanzioni irrogate dalle medesime autorità, nonché dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, viene esclusa l’oblazione in misura ridotta a norma dell’articolo 16 della legge n. 689 del 1981.

 

Il Senato, in relazione all’articolo 24, ha rimesso alle autorità la disciplina delle modalità organizzative riferite alla distinzione tra funzioni istruttorie e decisorie.

 

L’articolo 25 stabilisce che le competenze della Banca d’Italia in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali bancarie e le competenze dell’ISVAP in materia di trasparenza relativamente ad alcune forme di assicurazione sulla vita siano esercitate d’intesa con la CONSOB. Prevede altresì che le competenze in materia di trasparenza sulle forme di previdenza complementare siano esercitate dalla COVIP compatibilmente con le disposizioni in materia di sollecitazione del pubblico risparmio.

 

La formulazione approvata dalla Camera contemplava, in generale, un più ampio trasferimento delle competenze in materia di trasparenza alla CONSOB.

 

L’articolo 26 trasferisce alle autorità di vigilanza alcune funzioni e i poteri sanzionatorî attualmente spettanti ai competenti Ministeri.

 

Il Senato ha redatto la disposizione del comma 2 in forma di novella testuale all’articolo 145 del TUF.

 

L’articolo 27 conferisce al Governo delega legislativa per l’introduzione di procedure di conciliazione e di un conseguente sistema d’indennizzo per le controversie fra risparmiatori e investitori e le banche o gli altri intermediari finanziari circa l’adempimento degli obblighi d’informazione, correttezza e trasparenza, nonché per l’istituzione di un fondo di garanzia per l’indennizzo dei danni patrimoniali cagionati a investitori e risparmiatori dalla violazione, accertata con sentenza definitiva, delle norme sull’intermediazione finanziaria.

 

Il Senato ha specificato che le procedure di conciliazione debbono tener conto dei princìpi della procedura per le controversie societarie stabilita dal decreto legislativo n. 5 del 2003. Ha inoltre modificato la disciplina sulle fonti di finanziamento del fondo di garanzia.

 

L’articolo 28, introdotto dal Senato, consente di aumentare la pianta organica della CONSOB mediante decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e con oneri da coprirsi attraverso le contribuzioni a carico dei soggetti vigilati.

 

L’articolo 29 prescrive l’adozione di un sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari.

 

Il Senato ha rimesso a deliberazione del CICR la determinazione dei criteri di funzionamento delle procedure di risoluzione delle controversie.

 

L’articolo 30 modifica le vigenti disposizioni degli articoli 2621 e 2622 del codice civile, che sanzionano il reato di false comunicazioni sociali.

 

Il Senato ha estesamente modificato la disciplina, distinguendo una fattispecie generale e una speciale riferita alle società che fanno appello al pubblico risparmio. Entrambi i reati hanno natura di delitto. Vengono soppresse le soglie quantitative e la condizione di procedibilità a querela della persona offesa.

Rispetto al testo approvato dalla Camera, sono eliminate le ipotesi di sanzione amministrativa per le violazioni di entità inferiore alle soglie quantitative (venute meno), nonché l’aggravante riferita al grave nocumento ai risparmiatori.

 

L’articolo 31 (non modificato dal Senato) introduce il reato di omessa comunicazione del conflitto d’interessi.

 

L’articolo 32 (non modificato dal Senato) modifica la disciplina sanzionatoria prevista dall’articolo 218 della legge fallimentare per il reato di ricorso abusivo al credito.

 

L’articolo 33 (non modificato dal Senato) reintroduce il reato di mendacio bancario.

 

L’articolo 34 (non modificato dal Senato) modifica la fattispecie del reato di falso in prospetto.

 

L’articolo 35 (non modificato dal Senato) prevede specifiche fattispecie di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione e di corruzione dei revisori in relazione alla revisione contabile delle società con azioni quotate o diffuse fra il pubblico in misura rilevante.

 

L’articolo 36 (non modificato dal Senato), in correlazione con quanto stabilito all’articolo 14 in materia di informazioni sull’adesione a codici di comportamento, introduce una sanzione amministrativa per le false comunicazioni al pubblico circa l’applicazione delle regole previste nei codici di comportamento.

 

L’articolo 37, in correlazione con quanto stabilito all’articolo 2 in materia di cumulo degli incarichi di controllo, prevede una sanzione amministrativa per l’omessa comunicazione degli incarichi di amministrazione e controllo.

 

Il Senato ha riformulato la disposizione rendendola sostitutiva, invece che aggiuntiva, per coordinamento con la vigente formulazione dell’articolo 193 del TUF e con il disposto dell’articolo 24, comma 4, del presente progetto di legge.

 

L’articolo 38, introdotto dal Senato, estende all’esercizio abusivo delle attività riservate agli intermediari iscritti nel elenco speciale ex articolo 107 del TUB la sanzione prevista dall’articolo 132 del medesimo TUB.

 

L’articolo 39 dispone il raddoppio delle sanzioni penali previste dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, dalla legge n. 576 del 1982 e dal decreto legislativo n. 124 del 1993, nonché da taluni articoli del codice civile limitatamente alle violazioni riguardanti società con titoli quotati o diffusi fra il pubblico in misura rilevante. Quintuplica le sanzioni amministrative pecuniarie previste nei medesimi testi unici e leggi; integra nel medesimo senso la delega legislativa per la redazione del codice delle assicurazioni; raddoppia le sanzioni pecuniarie previste per le persone giuridiche dall’articolo 25-ter del decreto legislativo n. 231 del 2001.

 

Il Senato ha previsto, in relazione all’aumento delle sanzioni penali, che esso si applica nei limiti previsti per ciascun tipo di pena dal libro I, titolo II, capo II, del codice penale; ha redatto in forma di novella le modificazioni apportate agli articoli 2625, 2635 e 2638 del codice penale e ha precisato che l’aumento delle sanzioni amministrative si applica solo a quelle non direttamente modificate dal presente progetto di legge, prevedendo tuttavia che la quintuplicazione di esse non sia limitata alla sola misura massima, ma anche al minimo previsto.

 

L’articolo 40 conferisce al Governo delega legislativa per l’introduzione di una disciplina riguardante le sanzioni accessorie per le violazioni sanzionate a norma del titoli XI del libro V dl codice civile, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, della legge n. 576 del 1982 e del decreto legislativo n- 124 del 1993.

 

Il Senato ha precisato che la competenza ad irrogare le sanzioni accessorie dovrà essere attribuita alla medesima autorità competente per l’irrogazione della sanzione principale.

 

L’articolo 41 (non modificato dal Senato) sopprime la Commissione permanente per la vigilanza sull’istituto di emissione e sulla circolazione dei biglietti di banca.

 

L’articolo 42 stabilisce termini e disposizioni transitorie per l’applicazione delle disposizioni dei precedenti articoli.

 

Il Senato ha aggiunto una specifica disposizione transitoria relativa agli incarichi delle società di revisione in corso alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia di incompatibilità.

 

L’articolo 43 (non modificato dal Senato) delega il Governo ad adeguare il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, nonché le altre leggi speciali, alle disposizioni dei precedenti articoli, apportandovi le modifiche necessarie per il coordinamento.

 

L’articolo 44 (non modificato dal Senato) determina la procedura per l’esercizio di tutte le deleghe legislative contemplate nei precedenti articoli.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

1.  Organi di amministrazione e di controllo

 

A seguito di una consultazione pubblica conclusa nel giugno 2004, la Commissione europea ha adottato:

§      la raccomandazione 2004/913/CE del 14 dicembre 2004 relativa alle retribuzioni degli amministratori delle società quotate in borsa;

§      la raccomandazione 2005/162/CE del 15 febbraio 2005 relativa al ruolo degli amministratori indipendenti o dei membri degli organi di sorveglianza delle società quotate in borsa[2].

La prima raccomandazione viene fondata dalla Commissione sull’argomentazione per cui gli amministratori o i membri degli organi di sorveglianza rappresentano una garanzia indispensabile per gli azionisti nei riguardi della dirigenza, in particolare nelle società ad azionariato diffuso. In particolare, la Commissione raccomanda agli Stati membri di adottare misure che consentano di:

§       strutturare gli organi di sorveglianza in modo che un numero sufficiente di membri indipendenti possa svolgere un ruolo effettivo nella definizione e nella gestione dei conflitti di interesse;

§       prevedere, al fine di assicurare una funzione efficace dell’organo di sorveglianza, la creazione, nell’ambito del medesimo organo, di tre distinti comitati, rispettivamente, per le questioni concernenti la nomina, la retribuzione ed il controllo (di cui la raccomandazione definisce i requisiti minimi). Tali comitati avrebbero funzioni istruttorie rispetto alle decisioni dell’organo di sorveglianza;

§       stabilire che gli organi di sorveglianza rendano pubbliche almeno una volta all’anno informazioni circa la propria organizzazione interna e le procedure applicate nello svolgimento della propria attività;

§       prevedere che gli amministratori non esecutivi ed i membri degli organi di sorveglianza siano indipendenti, vale a dire privi di ogni vincolo di affari, familiare o di altro tipo con la società in questione, le sue controllate ed il loro management, come pure con società concorrenti;

§       fare in modo che gli amministratori esercitino il proprio ruolo con la massima trasparenza ed indipendenza, dichiarando, se del caso, gli altri incarichi professionali o gli interessi che possono interferire con il proprio mandato.

Nella raccomandazione sulle retribuzioni dei membri degli organi di amministrazione, gestione e controllo delle società quotate, la Commissione invita, tra l’altro, gli Stati membri a:

§       prevedere che la questione della politica di remunerazione dei soggetti sopra indicati venga iscritta all'ordine del giorno dell'assemblea generale degli azionisti, la quale dovrebbe esprimersi su ogni cambiamento significativo della medesima con un voto vincolante (con conseguente possibilità di modificare le scelte contrattuali della società) o solo consultivo;

§       provvedere affinché sia data adeguata pubblicità nei conti annuali alle remunerazioni individuali dei membri degli organi di amministrazione, gestione e controllo, includendo vantaggi finanziari e non finanziari, l’attribuzione o il diritto di acquisto di azioni, pensioni complementari, prestiti e garanzie concesse dall'impresa;

§       stabilire che la parte di remunerazione variabile, ovvero derivante dall’attribuzione di azioni o stock-options, sia subordinata ad una deliberazione dell’assemblea generale degli azionisti, che dovrebbe definire il sistema di remunerazione e le regole da applicare.

Gli Stati membri sono invitati ad adottare entro il 30 giugno 2006 le misure necessarie per dare attuazione alle raccomandazioni. La Commissione provvederà a monitorare l’applicazione negli Stati membri delle disposizioni contenute nelle raccomandazioni, valutando, se del caso, l’opportunità di adottare misure aggiuntive.

 

2.  Revisione contabile

 

L’11 ottobre 2005 il Consiglio ECOFIN ha raggiunto l’accordo politico sulla proposta di modifica delle direttive78/660/CEE e 83/349/CEE, concernenti, rispettivamente, la revisione legale dei conti annuali di taluni tipi di società e dei conti consolidati[3].

Il Consiglio ha accolto tutti gli emendamenti approvati dal Parlamento europeo il 28 settembre 2005. Pertanto, la direttiva (che seguiva la procedura di codecisione) sarà approvata in via definitiva, senza discussione, una volta completata la revisione linguistica, in una delle prossime riunioni del Consiglio.

La proposta rientra tra le misure previste nel piano d’azione della Commissione per modernizzare il diritto societario (COM(2003)284), al fine di ristabilire la fiducia nel buon funzionamento del sistema finanziario europeo.

L’obiettivo generale della proposta è di garantire un’elevata armonizzazione dei requisiti in materia di revisione legale dei conti, ferma restando la possibilità, per ciascuno Stato membro, di imporre regole più rigorose. Secondo la Commissione, infatti, la buona qualità della revisione contabile contribuisce al regolare funzionamento dei mercati, migliorando l’efficienza e l’integrità dei bilanci pubblicati dalle società.

Si riportano di seguito i le innovazioni più significative che il testo su cui il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto l’accordo apporta alla disciplina vigente:

Abilitazione

§       La revisione legale dei conti è effettuata esclusivamente dai revisori legali (persone fisiche) o dalle imprese di revisione contabile (persone giuridiche) abilitate dall’autorità competente di ciascuno Stato membro. L’abilitazione può essere rilasciata esclusivamente ai soggetti che soddisfano il requisito di onorabilità. Qualora tale requisito sia stato seriamente compromesso, l’abilitazione viene revocata. Un emendamento approvato dal Parlamento europeo stabilisce che gli Stati membri possono tuttavia prevedere un termine ragionevole entro il quale gli interessati hanno la possibilità di conformarsi al requisito;

§       una persona fisica può essere abilitata soltanto se, avendo completato il livello di studi che dà accesso all’università o ad un livello equivalente, ha concluso in seguito un corso di formazione teorica ed effettuato un tirocinio, superando un esame di idoneità professionale organizzato o riconosciuto dallo Stato membro interessato, dello stesso livello dell’esame finale di studi universitari o di livello equivalente. Al riguardo, la direttiva fissa anche le materie oggetto dell’esame. In alternativa, il soggetto richiedente l’abilitazione deve dimostrare di aver esercitato per quindici anni (oppure per un periodo più breve, pari a sette anni, più un periodo di tirocinio) attività professionali che gli abbiano consentito di conseguire un’esperienza sufficiente nei settori finanziario, giuridico e contabile, nonché di aver superato l’esame di idoneità professionale;

§        gli Stati membri assicurano che i revisori legali siano soggetti a programmi adeguati di formazione continua per mantenere un livello adeguato di conoscenze teoriche, capacità e valori professionali;

§       le autorità competenti degli Stati membri stabiliscono le procedure da seguire per l’abilitazione dei revisori legali già abilitati in altri Stati membri, richiedendo al massimo il superamento di una prova attitudinale;

§       gli Stati membri assicurano che i revisori legali e le imprese di revisione contabile che sono stati abilitati siano iscritti in un albo, disponibile in forma elettronica ed accessibile al pubblico.

Indipendenza e deontologia professionale

§       Gli Stati membri assicurano che tutti i revisori contabili e le imprese di revisione siano tenuti al rispetto dei principi di deontologia professionale, nella quale rientrano la funzione di interesse pubblico, l’integrità e l’obiettività, la competenza professionale e la diligenza;

§       gli Stati membri assicurano che il revisore legale e/o l’impresa di revisione contabile che effettuano la revisione legale dei conti di un ente siano indipendenti da quest’ultimo e non siano in alcun modo coinvolti nel suo processo decisionale;

§       in base ad un emendamento approvato dal Parlamento europeo, gli Stati membri provvedono affinché un revisore legale o un'impresa di revisione contabile non effettuino la revisione legale dei conti di un ente qualora tra tale ente e il revisore legale o l'impresa di revisione contabile sussistano relazioni finanziarie, d'affari, di lavoro o di altro genere, dirette o indirette (comprese quelle derivanti dalla prestazione di servizi aggiuntivi diversi dalla revisione contabile).

Procedure di nomina e casi di incompatibilità

§       Il revisore legale o l’impresa di revisione contabile devono essere designati dall’assemblea generale degli azionisti o dei membri dell’ente sottoposto alla revisione contabile. Per effetto di un emendamento approvato dal Parlamento europeo, si precisa che gli Stati membri possono prevedere altri sistemi o modalità di designazione, purché tali sistemi o modalità mirino ad assicurare l'indipendenza del revisore legale o dell'impresa di revisione contabile rispetto ai membri esecutivi dell'organo di amministrazione o all'organo di dirigenza dell'ente sottoposto alla revisione contabile;

§       disposizioni più stringenti sono previste per i soggetti revisori contabili degli enti di interesse pubblico, così qualificati in base alla natura dell’attività (ad esempio, banche o imprese di assicurazione), alle dimensioni dell'impresa (numero dipendenti), o in base al fatto che abbiano strumenti finanziari quotati in un mercato regolamentato (a norma della direttiva 2004/39/CE). Tali enti devono dotarsi, tra l’altro, di un comitato interno per la revisione contabile che abbia almeno un membro indipendente, e devono presentare annualmente una dichiarazione sulle strutture di corporate governance (governo dell’impresa);

§       gli Stati membri provvedono affinché l’organo di revisione legale dei conti sia sostituito nella sua funzione al più tardi dopo sette anni dalla data di designazione e sia riammesso a partecipare alla revisione contabile dell'ente dopo un periodo minimo di due anni. Il revisore non è autorizzato ad accettare una funzione dirigenziale di rilievo nell'ente sottoposto alla revisione contabile prima che sia trascorso un periodo di almeno due anni dalle sue dimissioni dall'incarico di revisione legale.

Principi di revisione contabile

§       Gli Stati membri prescrivono che i revisori legali e le imprese di revisione contabile eseguano le revisioni conformemente ai principi internazionali di revisione adottati dalla Commissione europea;

§       la Commissione può adottare uno schema comune di relazione di revisione per i conti annuali o consolidati che siano stati redatti conformemente ai principi contabili internazionali adottati.

Sistemi di controllo

§       Gli Stati membri organizzano un sistema efficace di controllo pubblico dei revisori legali e delle imprese di revisione contabile, al fine di verificare l’abilitazione e l’iscrizione all’albo dei revisori, nonché il rispetto delle norme di deontologia. Il controllo pubblico è diretto da persone esterne alla professione di revisore che abbiano buone conoscenze nelle materie rilevanti per la revisione legale e che siano selezionate secondo procedure di nomina indipendenti e trasparenti;

§       gli Stati membri assicurano che tutti i revisori legali e le imprese di revisione contabile siano soggetti ad un sistema di controllo della qualità, che includa una valutazione della conformità della revisione ai principi internazionali e ai requisiti di indipendenza, nonché della qualità e quantità delle risorse investite, degli onorari fatturati e del sistema interno di controllo. La verifica di qualità deve aver luogo almeno ogni sei anni e deve soddisfare quanto meno i seguenti criteri:

§       il finanziamento del sistema di controllo della qualità deve essere sicuro ed esente da qualsiasi influenza indebita da parte dei revisori legali o delle imprese di revisione contabile;

§       la selezione delle persone che verranno incaricate di eseguire le verifiche per specifici controlli della qualità deve avvenire in base ad una procedura obiettiva volta ad evitare qualsiasi conflitto di interesse tra le predette persone e il revisore legale o l’impresa di revisione contabile oggetto del controllo della qualità;

§       il controllo della qualità deve dare luogo alla redazione di una relazione contenente le principali conclusioni di tale controllo;

§       le raccomandazioni formulate a seguito dei controlli della qualità devono essere recepite dal revisore legale o dall’impresa di revisione contabile entro un termine ragionevole.

 

Sanzioni - Cooperazione tra le autorità competenti

§       Fatti salvi i regimi nazionali in materia di responsabilità civile, gli Stati membri prevedono sanzioni civili, amministrative o penali efficaci, proporzionate e dissuasive nei confronti dei revisori legali e delle imprese di revisione contabile, qualora le revisioni legali dei conti non siano effettuate conformemente alla presente direttiva. Il PE ha approvato un emendamento in base al quale entro il 2006 la Commissione europea presenta una relazione sull'impatto che la normativa nazionale vigente in materia di responsabilità esercita sui mercati europei dei capitali. Alla luce di tale relazione, e ove lo ritenga opportuno, la Commissione presenta raccomandazioni agli Stati membri;

§       gli Stati membri assicurano che in caso di revisione legale dei conti consolidati di un gruppo di imprese il revisore del gruppo sia pienamente responsabile per la relazione di revisione relativa ai conti consolidati;

§       gli Stati membri assicurano che tutte le informazioni e tutti i documenti ai quali il revisore legale o l’impresa di revisione contabile hanno accesso quando effettuano la revisione legale siano protetti da regole appropriate in materia di riservatezza e segreto professionale;

§       le autorità competenti degli Stati membri responsabili dell’abilitazione, dell’iscrizione all’albo, del controllo di qualità, dell’ispezione e della disciplina sono vincolate ad un principio generale di cooperazione ed assistenza reciproca.

Misure di esecuzione

Alla Commissione europea è delegata l’adozione di misure di esecuzione (entro due anni dall’adozione della direttiva e comunque non oltre il 1° aprile 2008, salvo rinnovo della delega da parte del Consiglio e del Parlamento europeo), secondo la procedura di regolamentazione (una delle procedure di comitatologia[4]), in vari ambiti disciplinati dalla direttiva, tra cui: le materie oggetto dell’esame di idoneità professionale; i principi di deontologia professionale; le fattispecie di incompatibilità o conflitto di interesse; il sistema di controllo di qualità; l’adozione dei principi internazionali di revisione; l’elaborazione di uno schema comune di revisione dei conti.

Termine per il recepimento della direttiva

Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni necessarie a conformarsi alla direttiva entro 24 mesi dall’entrata in vigore della direttiva stessa.

 

3.  Tutela delle minoranze

 

Il 15 luglio 2005 si è chiusa la consultazione, avviata dalla Commissione europea il 13 maggio 2005, in materia di diritti degli azionisti di società quotate, con particolare riferimento alla eventuale introduzione di standard minimi comuni che agevolino l’esercizio transfrontaliero del diritto di voto nelle assemblee sociali[5]. Anche sulla base dei contributi inviati dalle parti interessate, la Commissione si riserva di presentare prossimamente una proposta di direttiva in materia.

 

 

4.  Attuazione delle direttive sui prospetti, sui mercati degli strumenti finanziari e sugli obblighi di trasparenza

 

Il 20 giugno 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva volta a prorogare di sei mesi (dal 30 aprile al 30 ottobre 2006) il termine per il recepimento negli ordinamenti nazionali della direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari[6]. La proposta di proroga, inoltre, concede alle imprese ed ai mercati ulteriori sei mesi di tempo (fino al 30 aprile 2007) per adeguare i propri strumenti e procedure ai requisiti previsti dalla nuova normativa.

La direttiva sarà esaminata dal Consiglio e dal Parlamento europeo secondo la procedura di codecisione. La prima lettura del Parlamento europeo è attesa per la sessione di dicembre 2005.

 

Nel maggio 2005 il Comitato delleautorità europee di regolamentazione e vigilanza sui valori mobiliari[7] (CESR), sulla base del c.d. metodo Lamfalussy[8], ha adottato un parere tecnico sulle misure che dovranno essere adottate per dare attuazione ad alcune disposizioni della citata direttiva 2003/39/CE.

In particolare, la Commissione aveva richiesto un parere del CESR circa:

-        la definizione degli strumenti finanziari che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva (art. 4, par. 1 e allegato I sez. C);

-        la definizione di “consulenza in materia di investimenti” (art. 4, par. 4);

-        le norme di comportamento da rispettare al momento della prestazione di servizi di investimento ai clienti (art. 19);

-        le misure volte ad agevolare l’esecuzione più rapida possibile degli ordini dei clienti (art. 22, par. 2);

-        la definizione di “controparte qualificata” all’interno della categoria di “servizi di investimento” (art. 24, par. 2);

-        la definizione di “mercato liquido” e di “internalizzatori sistematici” (art. 27, par. 1);

Anche sulla base di tale parere, e a seguito della consultazione delle parti interessate, la Commissione europea sottoporrà prossimamente un progetto di misure esecutive al parere del Comitato europeo dei valori mobiliari (cfr. nota n. 8).

Nel giugno 2005 il CESR ha adottato due pareri tecnici su alcune misure che dovranno essere adottate per dare attuazione ad alcune disposizioni della direttiva 2004/109/CE sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato[9].

Il primo parere riguarda, in particolare:

-        le modalità di diffusione delle informazioni;

-        gli obblighi di notifica di partecipazioni rilevanti in azioni;

-        le relazioni finanziarie semestrali;

-        gli obblighi equivalenti di informazione da parte dei Paesi terzi;

-        le procedure di individuazione dello “Stato membro di origine”.

Il secondo parere è invece relativo all’equivalenza di alcuni principi contabili internazionali adottati da taluni Paesi terzi.

Sempre nel giugno 2005 la Commissione ha dato mandato al CESR di elaborare un parere tecnico sulle misure di attuazione della direttiva in questione relativamente allo stoccaggio e al deposito delle informazioni. Il parere del CESR è atteso per giugno 2006.

 

Il 27 ottobre 2005 il CESR, sempre sulla base del già citato metodo Lamfalussy, ha adottato un parere tecnico su eventuali modifiche da apportare al Regolamento (CE) n. 809/2004, recante modalità di esecuzione della direttiva 2003/71/CE per quanto riguarda le informazioni contenute nei prospetti, il modello dei prospetti, l'inclusione delle informazioni mediante riferimento, la pubblicazione dei prospetti e la diffusione di messaggi pubblicitari.

Recepimento a livello nazionale

Il 1° ottobre 2005 la Commissione ha presentato una tabella comparativa[10] che illustra lo stato di recepimento da parte degli Stati membri (aggiornato al 1° ottobre) delle seguenti misure di natura normativa adottate in materia di valori mobiliari:

§      direttiva 2003/6/CE relativa all'abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato);

§      direttiva 2003/71/CE relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari;

§      direttiva 2004/39/CE sui mercati degli strumenti finanziari che semplifica e completa il meccanismo c.d. del “passaporto unico” in base al quale gli intermediari possono prestare servizi di investimento in tutta l’Unione europea in base all’autorizzazione dello Stato membro d’origine;

§      direttiva 2004/109/CE sulla “trasparenza”, finalizzata a migliorare l’efficacia, l’apertura e l’integrità del mercato europeo dei capitali, mediante l’introduzione di obblighi di informazione a carico degli emittenti di titoli quotati.

La tabella esamina, in secondo luogo, lo stato di attuazione di tre direttive di secondo livello, adottate dalla Commissione, in esecuzione della direttiva 2003/6/CE:

§      la direttiva 2004/72 concernente le prassi di mercato ammesse, la definizione di informazione privilegiata in relazione agli strumenti derivati su merci, l’istituzione di un registro delle persone aventi accesso ad informazioni privilegiate, la notifica delle operazioni effettuate da persone che esercitano responsabilità di direzione e la segnalazione di operazioni sospette;

§      la direttiva 2003/124/CE, relativa alla definizione e comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate e alla definizione di manipolazione del mercato;

§      la direttiva 2003/125/CE, concernente la corretta presentazione delle raccomandazioni di investimento e la comunicazione al pubblico di conflitti di interesse.

Per quanto riguarda specificamente l’Italia, si segnala che la direttiva 2003/6/CE e le tre direttive di attuazione sopra menzionate sono state recepite direttamente dalla legge comunitaria 2004 (legge n. 62 del 2005). Le direttive 2003/71 sui prospetti e 2003/39 sui mercati degli strumenti finanziari sono inserite in allegato B alla medesima legge comunitaria 2004, tra le direttive per le quali il Governo è delegato ad adottare decreti legislativi di recepimento, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro il 12 novembre 2006.

La direttiva 2004/109 è inserita in allegato B al ddl comunitaria 2005 attualmente all’esame del Senato in seconda lettura (AS 3509). L’articolo 1, comma 5, del medesimo ddl consente inoltre al Governo di adottare, entro tre anni dalla entrata in vigore del decreto di recepimento della direttiva 2004/109 decreti integrativi o modificativi intesi al recepimento delle misure di attuazione della medesima direttiva. L’articolo 14 conferisce un’analoga delega al Governo per il recepimento delle misure di attuazione della direttiva 2004/39.

 

 

5.  Seguito del Piano d’azione sui servizi finanziari

 

Il 4 maggio 2005 la Commissione europea ha presentato il Libro verde sul seguito da dare al piano d’azione per i servizi finanziari (COM(2005)177)[11].

Il piano d’azione, adottato dalla Commissione europea l’11 maggio 1999 (COM(1999)232), individuava una serie di obiettivi strategici e di misure specifiche per la creazione entro il 2005 di un mercato finanziario unico, considerato quale complemento essenziale alla moneta unica. Gli obiettivi strategici erano: la creazione di un mercato unico all’ingrosso; la creazione di mercati al dettaglio aperti e sicuri; l’adozione di norme prudenziali efficaci. Per ciascun obiettivo sono state fissate alcune priorità indicative e un calendario di misure sia legislative sia di altra natura. Al piano d’azione è stata data sostanzialmente piena attuazione con l’adozione di 39 delle 42 misure da esso previste.

Il Libro verde, che ha avviato una consultazione delle parti interessate conclusasi il 1° agosto 2005, è articolato in quatto sezioni:

1)  Orientamenti generali

Gli obiettivi principali indicati dalla Commissione europea per i prossimi 5 anni (2005-2010) sono i seguenti:

§       consolidare i progressi verso un mercato europeo dei servizi finanziari integrato, aperto, competitivo ed economicamente efficiente;

§       creare le condizioni perché i capitali possano circolare liberamente e al costo più basso possibile, garantendo nel contempo un livello adeguato di vigilanza prudenziale e di protezione dei consumatori;

§       dare applicazione al quadro normativo vigente, anche per consentire una migliore elaborazione del programma di azioni future.

A tale riguardo, la Commissione ritiene opportuno proporre poche iniziative nuove, concentrando l’attenzione sull’effettivo recepimento delle norme comunitarie negli ordinamenti nazionali.

La Commissione rileva che il mercato europeo dei servizi finanziari ha registrato importanti progressi, in particolare nei settori delle borse valori, compensazione e pagamento; tuttavia in altri ambiti, ad esempio il mercato al dettaglio dei servizi finanziari, permangono ostacoli rilevanti. Inoltre, attualmente il mercato dei capitali di rischio europeo appare molto meno florido di quello statunitense, con inevitabili ripercussioni negative sul sistema imprenditoriale e produttivo.

La Commissione ha invitato le parti interessate ad esprimere il proprio giudizio sulla situazione generale dei mercati finanziari europei e sugli obiettivi proposti.

2.  Migliorare il quadro regolamentare, l’attuazione e la verifica delle misure adottate

Le priorità in questo ambito sono le seguenti:

-        assicurare un processo decisionale aperto e trasparente, intensificando i processi di consultazione a tutti i livelli;

-        semplificare e consolidare tutta la normativa sui servizi finanziari;

-        adottare standard e pratiche comuni per le autorità di vigilanza, garantendo nel contempo un livello adeguato di responsabilità politica e l’equilibrio istituzionale;

-        collaborare con gli Stati membri per assicurare il recepimento e l’attuazione della normativa UE;

-        verificare se le norme vigenti producono i benefíci economici previsti (in caso contrario, abrogarle).

La Commissione ha invitato le parti interessate ad esprimersi sulle priorità proposte e a suggerire eventuali misure aggiuntive.

3)  Consolidamento della legislazione sui servizi finanziari

La Commissione sottolinea che sono in via di preparazione proposte legislative relative ai meccanismi di compensazione e pagamento[12] ed al settore assicurativo (con particolare riferimento al regime di solvibilità delle assicurazioni). La Commissione sta inoltre valutando se predisporre proposte legislative sulle agenzie di rating e gli analisti finanziari, che si aggiungerebbero alle disposizioni già previste dalla direttiva sugli “abusi di mercato” (direttiva 2003/6/CE).

La Commissione ha invitato le parti interessate ad indicare:

§       se vi sono degli ambiti, tra quelli da essa indicati, nei quali dovrebbero essere assunte ulteriori iniziative o, viceversa, delle materie sulle quali l’intervento comunitario non è ritenuto necessario;

§       se il quadro attuale di regolamentazione e vigilanza è adeguato.


4)  Possibili nuove iniziative

La Commissione ha individuato due settori prioritari sui quali intervenire per completare l’integrazione del mercato finanziario comunitario: la gestione dei patrimoni e il mercato al dettaglio dei servizi finanziari (offerti agli investitori non istituzionali).

A questo riguardo la Commissione prospetta due possibili approcci regolamentari alternativi: il primo fondato sull’introduzione di un unico quadro normativo europeo, volto a disciplinare le operazioni transfrontaliere in base al principio dell’autorizzazione unica e del Paese d’origine; il secondo consistente nell’adozione di un “26° regime opzionale che si aggiungerebbe a quelli in vigore negli Stati membri. Ad avviso della Commissione, per la creazione di un mercato unico dei servizi al dettaglio, le seguenti questioni meritano un particolare ed ulteriore approfondimento:

§       la codificazione e la semplificazione delle regole esistenti, principalmente per assicurare la necessaria coerenza tra i diversi testi normativi;

§       la mediazione finanziaria: gli operatori che esercitano attività di intermediazione a livello transfrontaliero dovrebbero operare in un quadro di piena trasparenza, tenuto conto della varietà e complessità dei prodotti finanziari;

§       i conti correnti bancari, verificando in particolare gli ostacoli che si frappongono all’apertura di conti correnti fuori dai confini nazionali, e le questioni connesse alla loro gestione e chiusura.

La Commissione ha invitato le parti interessate:

§       ad indicare vantaggi e svantaggi dei vari modelli di prestazione transfrontaliera dei servizi finanziari, evidenziando in particolare gli eventuali benefici dell’introduzione di un “26° regime” opzionale;

§       a suggerire misure per migliorare il livello di informazione dei consumatori;

§       ad indicare ulteriori aree di intervento in relazione al mercato al dettaglio di servizi finanziari.

Anche in base agli esiti della consultazione pubblica, la Commissione europea presenterà le proprie proposte (nella forma di un Libro bianco) presumibilmente nel novembre 2005.

 

 

6. Fondi di investimento

 

Il 14 luglio 2005 la Commissione europea ha presentato un Libro verde sul rafforzamento del quadro normativo relativo ai fondi di investimento nell’UE (COM(2005)314). Il Libro verde valuta l’impatto della legislazione europea[13] in materia organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), nonché l’opportunità di ulteriori interventi normativi. Le parti interessate sono invitate a presentare le proprie osservazioni entro il 15 novembre 2005.

Nel programma di lavoro per il 2006 la Commissione europea ha indicato tra le priorità la presentazione di un Libro bianco nel quale verranno illustrate le future azioni comunitarie nel settore dei fondi di investimento.

 


Schede di lettura


Articolo 1
(Nomina e requisiti degli amministratori)

 


1. Nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, alla parte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 147-bis, è inserita la seguente sezione:

«Sezione IV-bis.

Organi di amministrazione

Art. 147-ter.(Elezione e composi­zione del consiglio di amministrazione). – 1. Lo statuto preve­de che i membri del consiglio di amministrazione siano eletti sulla base di liste di candidati e determina la quota minima di partecipazione richiesta per la presentazione di esse, in misura non superiore a un quarantesimo del capitale sociale.

2. Per le elezioni alle cariche sociali le votazioni debbono sempre svolgersi con scrutinio a voto segreto.

3. Salvo quanto previsto dall’articolo 2409-septiesdecies del codice civile, almeno uno dei membri del consiglio di amministrazione è espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo, neppure indirettamente, con la lista risultata prima per numero di voti. Nelle società organizzate secondo il sistema monistico, il membro espresso dalla lista di minoranza deve essere in possesso dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza deter­minati ai sensi dell’articolo 148, commi 3 e 4. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica.

4.In aggiunta a quanto disposto dal comma 2 [recte: comma 3], qualora il consiglio di amministrazione sia composto da più di sette membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3, nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria. Il presente comma non si applica al consiglio di amministrazione delle società orga­nizzate secondo il sistema monistico, per le quali rimane fermo il disposto dell’articolo 2409-septiesdecies, secon­do comma, del codice civile.

Art. 147-quater. - (Composizione del consiglio di gestione). – 1. Qualora il consiglio di gestione sia composto da più di quattro membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3, nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria.

Art. 147-quinquies. - (Requisiti di onorabilità). – 1. I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione e direzione devono possedere i requisiti di onorabilità stabiliti per i membri degli organi di controllo con il regolamento emanato dal Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 148, comma 4.

2. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica».


 

 

L’articolo 1 introduce nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, alcune modificazioni riguardanti la nomina e i requisiti degli amministratori.

 

In particolare, per le società con azioni quotate in mercati regolamentati, esso prevede l’elezione degli amministratori sulla base di liste, disciplina requisiti minimi di rappresentanza della minoranza e di presenza di membri indipendenti nell’organo d’amministrazione ed estende ai membri degli organi d’amministrazione i requisiti di onorabilità stabiliti per i membri degli organi di controllo.

 

Nella formulazione del nuovo articolo 147-ter del suddetto testo unico, il capoverso 2, introdotto dal Senato, prescrive che le votazioni per le elezioni alle cariche sociali debbano sempre svolgersi mediante scrutinio segreto.

 

L’articolo 2351 del codice civile stabilisce che ogni azione attribuisce il diritto di voto. È tuttavia consentito allo statuto – fermo restando il divieto di azioni con voto plurimo – di prevedere azioni senza diritto di voto o con diritti di voto limitati. Inoltre, gli strumenti finanziari partecipativi previsti dagli articoli 2346, sesto comma, e 2349, secondo comma, possono essere dotati del diritto di voto su argomenti specificamente indicati; in particolare, può essere ad essi riservata, secondo modalità stabilite dallo statuto, la nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco.

 

A norma dell’articolo 2364, primo comma,la nomina degli amministratori e dei sindaci spetta all’assemblea ordinaria.

La disciplina relativa alla costituzione dell'assemblea e alla validità delle deliberazioni è contenuta nell’articolo 2368. A norma del primo comma, l'assemblea ordinaria è regolarmente costituita con l'intervento di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale, escluse dal computo le azioni prive del diritto di voto nell'assemblea medesima. Essa delibera a maggioranza assoluta, salvo che lo statuto richieda una maggioranza più elevata. Per la nomina alle cariche sociali lo statuto può stabilire norme particolari.

 

Il quorum deliberativo è quindi costituito dalla metà più uno (maggioranza assoluta) delle azioni che hanno preso parte alla votazione. È espressamente attribuito allo statuto il potere di stabilire norme particolari per la nomina alle cariche sociali, sia rispetto alle modalità di voto (ad esempio il voto limitato), sia rispetto al quorum (ad esempio con la prescrizione di una maggioranza qualificata superiore alla maggioranza assoluta).

 

L’articolo 2370, ultimo comma, facoltizza lo statuto a consentire l'intervento all'assemblea mediante mezzi di telecomunicazione o l'espressione del voto per corrispondenza.

 

L’articolo 2372 disciplina la rappresentanza dei soci nell’assemblea, consentendo – salva contraria disposizione dello statuto – la partecipazione per delega.

Per le società con azioni quotate in mercati regolamentati si applica la disciplina speciale contenuta nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, il quale, all’articolo 142, comma 1, stabilisce fra l’altro che la delega di voto non può essere rilasciata in bianco e ìndica la data, il nome del delegato e le istruzioni di voto.

 

Alcune disposizioni aventi finalità di vigilanza e tutela del regolare funzionamento del mercato (ad esempio l’articolo 14, comma 5, e l’articolo 121, comma 6, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria) vietano l’esercizio del diritto di voto per partecipazioni eccedenti determinati limiti, prevedendo, in caso di violazione, l’impugnabilità delle deliberazioni adottate con il voto determinante delle partecipazioni eccedenti il limite stesso.

 

Sarebbe opportuno valutare se l’impiego dello scrutinio segreto per le votazioni relative all’elezione dei titolari delle cariche sociali sia praticabile e compatibile con le disposizioni sopra richiamate.

Si rileva inoltre che la predetta modalità di voto renderebbe assai disagevole per le autorità di vigilanza accertare l’esistenza di operazioni di concerto o di patti aventi ad oggetto l’esercizio del diritto di voto, per i quali siano state omesse le comunicazioni prescritte dall’articolo 122 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.

 


Articolo 2
(Collegio sindacale e organi corrispondenti
nei modelli dualistico e monistico)

 


1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 148:

1) al comma 1, le lettere c) e d) sono abrogate;

2) il comma 2 è sostituito dai seguenti:

«2. La CONSOB stabilisce con regolamento modalità per l’elezione di un membro effettivo del collegio sindacale da parte dei soci di minoranza.

2-bis. Il presidente del collegio sindacale è nominato dall’assemblea tra i sindaci eletti dalla minoranza»;

3) al comma 3, lettera c), dopo le parole: «comune controllo» sono inserite le seguenti: «ovvero agli amministratori della società e ai soggetti di cui alla lettera b)», e dopo le parole: «di natura patrimoniale» sono aggiunte le seguenti: «o professionale»;

4) i commi 4, 4-bis, 4-ter e 4-quater sono sostituiti dai seguenti:

«4. Con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti la CONSOB, la Banca d’Italia e l’ISVAP, sono stabiliti i requisiti di onorabilità e di professionalità dei membri del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza e del comitato per il controllo sulla gestione. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica.

4-bis. Al consiglio di sorveglianza si applicano le disposizioni di cui ai commi 2 e 3.

4-ter. Al comitato per il controllo sulla gestione si applicano le disposizioni dei commi 2-bis e 3. Il rappresentante della minoranza è il membro del consiglio di amministrazione eletto ai sensi dell’articolo 147-ter, comma 2.

4-quater. Nei casi previsti dal presente articolo, la decadenza è dichiarata dal consiglio di ammi­nistrazione o, nelle società organizzate secondo i sistemi dualistico e monistico, dall’assemblea entro trenta giorni dalla nomina o dalla conoscenza del difetto sopravvenuto. In caso di inerzia, vi provvede la CONSOB, su richiesta di qualsiasi soggetto interessato o qualora abbia avuto comunque notizia dell’esistenza della causa di decadenza»;

b) dopo l’articolo 148 è inserito il seguente:

«Art. 148-bis. - (Limiti al cumulo degli incarichi). – 1. Con regolamento della CONSOB sono stabiliti limiti al cumulo degli incarichi di amministrazione e controllo che i componenti degli organi di controllo delle società di cui al presente capo, nonché delle società emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116, possono assumere presso tutte le società di cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, del codice civile. La CONSOB stabilisce tali limiti avendo riguardo all’onerosità e alla complessità di ciascun tipo di incarico, anche in rapporto alla dimensione della società, al numero e alla dimensione delle imprese incluse nel consolidamento, nonché all’estensione e all’articolazione della sua struttura organizzativa.

2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 2400, quarto comma, del codice civile, i componenti degli organi di controllo delle società di cui al presente capo, nonché delle società emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116, informano la CONSOB e il pubblico, nei termini e modi prescritti dalla stessa CONSOB con il regolamento di cui al comma 1, circa gli incarichi di amministrazione e controllo da essi rivestiti presso tutte le società di cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, del codice civile. La CONSOB dichiara la decadenza dagli incarichi assunti dopo il raggiungimento del numero massimo previsto dal regolamento di cui al primo periodo»;

c) all’articolo 149:

1) al comma 1, dopo la lettera c) è inserita la seguente:

«c-bis) sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria, cui la società, mediante informativa al pubblico, dichiara di attenersi»;

2) al comma 4-ter, le parole: «limitatamente alla lettera d)» sono sostituite dalle seguenti: «limitatamente alle lettere c-bis) e d)»;

d) all’articolo 151:

1) al comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero rivolgere le medesime richieste di informazione direttamente agli organi di amministrazione e di controllo delle società controllate»;

2) al comma 2, terzo periodo, le parole: «da almeno due membri del collegio» sono sostituite dalle seguenti: «individualmente da ciascun membro del collegio, ad eccezione del potere di convocare l’assemblea dei soci, che può essere esercitato da almeno due membri»;

e) all’articolo 151-bis:

1) al comma 1, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero rivolgere le medesime richieste di informazione direttamente agli organi di amministrazione e di controllo delle società controllate»;

2) al comma 3, secondo periodo, le parole: «da almeno due membri del consiglio» sono sostituite dalle seguenti: «individualmente da ciascun membro del consiglio, ad eccezione del potere di convocare l’assemblea dei soci, che può essere esercitato da almeno due membri»;

f) all’articolo 151-ter:

1) al comma 1, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero rivolgere le medesime richieste di informazione direttamente agli organi di amministrazione e di controllo delle società controllate»;

2) al comma 3, secondo periodo, le parole: «da almeno due membri del comitato» sono sostituite dalle seguenti: «individualmente da ciascun membro del comitato»;

g) all’articolo 193, comma 3, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

«a) ai componenti del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza e del comitato per il controllo sulla gestione che commettono irregolarità nell’adempimento dei doveri previsti dall’articolo 149, commi 1, 4-bis, primo periodo, e 4-ter, ovvero omettono le comunicazioni previste dall’articolo 149, comma 3».

2. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 2400 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Al momento della nomina dei sindaci e prima dell’accettazione dell’incarico, sono resi noti all’assemblea gli incarichi di amministrazione e di controllo da essi ricoperti presso altre società»;

b) all’articolo 2409-quaterdecies, primo comma, dopo le parole: «2400, terzo» sono inserite le seguenti: «e quarto»;

c) all’articolo 2409-septiesdecies, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Al momento della nomina dei componenti del consiglio di ammini­strazione e prima dell’accettazione dell’incarico, sono resi noti all’assemblea gli incarichi di amministrazione e di controllo da essi ricoperti presso altre società».


 


L’articolo 2 introduce nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e nel codice civile alcune modificazioni riguardanti la composizione e i poteri dei collegi sindacali e dei corrispondenti organi di controllo.

 

In particolare, vengono dettate disposizioni sulla rappresentanza della minoranza nell’organo di controllo delle società con azioni quotate in mercati regolamentati, sui limiti al cumulo degli incarichi, sui poteri d’informazione e di controllo del collegio e dei suoi componenti.

 

Il presente articolo è stato modificato dal Senato con la soppressione della lettera g) del comma 1 del testo approvato dalla Camera.

 

La lettera soppressa modificava l’articolo 152, comma 1, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, estendendo il potere di denunzia al tribunale da parte dell’organo di controllo, nel caso di gravi irregolarità commesse dagli amministratori, anche all’ipotesi in cui esse non fossero suscettibili di recare danno alla società o a società controllate.

 


Articolo 3
(Azione di responsabilità)

 


1. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 2393:

1) dopo il secondo comma è inserito il seguente:

«L’azione di responsabilità può anche essere promossa a seguito di deliberazione del collegio sindacale, assunta con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti»;

2) il quarto comma è sostituito dal seguente:

La deliberazione dell’azione di responsabilità importa la revoca dall’ufficio degli amministratori contro cui è proposta, purché sia presa con il voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale. In questo caso, l’assemblea provvede alla sostituzione degli amministratori;

b) all’articolo 2393-bis, secondo comma, le parole: «un ventesimo» sono sostituite dalle seguenti: «un quarantesimo»;

c) all’articolo 2409-duodecies, quinto comma, le parole: «dal quarto comma dell’articolo 2393» sono sostituite dalle seguenti: «dal quinto comma dell’articolo 2393».

2. All’articolo 145, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, le parole: «2393, quarto e quinto comma» sono sostituite dalle seguenti: «2393, quinto e sesto comma».


 

 

L’articolo 3 modifica il codice civile relativamente alla disciplina dell’azione di responsabilità. Modificazioni di coordinamento sono apportate al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

 

In particolare, il potere di promuovere l’azione sociale di responsabilità è conferito anche al collegio sindacale, con deliberazione a maggioranza dei due terzi dei componenti. Viene altresì ridotto a un quarantesimo del capitale il limite per il promovimento dell’azione di responsabilità da parte dei soci nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.

 

Il Senato ha modificato il numero 2) della lettera a) del comma 1, che, novellando il quarto comma dell’articolo 2393 del codice civile, statuiva la revoca degli amministratori dall’ufficio anche nel caso di azione di responsabilità promossa dal collegio sindacale con voto unanime.

Nel testo modificato è stata soppressa questa nuova ipotesi di revoca degli amministratori.

Pertanto, la revoca consegue di diritto soltanto nel caso di azione di responsabilità deliberata dall’assemblea con il voto favorevole di un quinto del capitale sociale.

 

Come risulta dal confronto, il testo così modificato ha carattere meramente confermativo del disposto del vigente codice civile:

 

 

Articolo 2393, quarto comma, del codice civile

Testo approvato dalla Camera

Testo modificato dal Senato

Testo vigente

La deliberazione dell'azione di responsabilità importa la revoca dall'ufficio degli amministratori contro cui è proposta, purché sia presa con il voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale, ovvero con il voto unanime dei componenti del collegio sindacale. In questi casi, l'assemblea provvede alla sostituzione degli ammini­stratori

La deliberazione dell'azione di responsabilità importa la revoca dall'ufficio degli amministratori contro cui è proposta, purché sia presa con il voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale. In questo caso, l'assemblea provve­de alla sostituzione degli amministratori

La deliberazione dell'azione di responsabilità importa la revoca dall'ufficio degli amministratori contro cui è proposta, purché sia presa col voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale. In questo caso l'assemblea stessa provvede alla loro sostitu­zione

 


Articolo 4
(Delega di voto)

 

1. All’articolo 139, comma 1, secondo periodo, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, le parole: «La CONSOB può stabilire» sono sostituite dalle seguenti: «La CONSOB stabilisce».

 

 

L’articolo è stato approvato dal Senato senza modificazioni rispetto al testo del corrispondente articolo 4 approvato dalla Camera.


Articolo 5
(Integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea)

 


1. Dopo l’articolo 126 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«Art. 126-bis. - (Integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea). – 1. I soci che, anche congiuntamente, rappresentino almeno un quarantesimo del capitale sociale possono chiedere, entro cinque giorni dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assem­blea, l’integrazione dell’elenco delle materie da trattare, indicando nella domanda gli ulteriori argomenti da essi proposti.

2. Delle integrazioni all’elenco delle materie che l’assemblea dovrà trattare a seguito delle richieste di cui al comma 1 è data notizia, nelle stesse forme prescritte per la pubblicazione dell’avvi­so di convocazione, almeno dieci giorni prima di quello fissato per l’assemblea.

3. L’integrazione dell’elenco delle materie da trattare, ai sensi del comma 1, non è ammessa per gli argomenti sui quali l’assemblea delibera, a norma di legge, su proposta degli amministratori o sulla base di un progetto o di una relazione da essi predisposta».


 

 

L’articolo 5 introduce nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, norme volte a consentire, su richiesta di un quorum di soci, l’integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea delle società con azioni quotate in mercati regolamentati.

 

Si prevede che la richiesta possa essere avanzata da soci che, anche congiuntamente, rappresentino almeno un quarantesimo del capitale sociale, entro cinque giorni dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea. L’integrazione non è ammessa per materie su cui l’assemblea delibera su proposta, progetto o relazione degli amministratori.

 

Il Senato ha modificato il termine per la pubblicazione delle integrazioni richieste dai soci, che nel testo approvato dalla Camera era stabilito in almeno cinque giorni prima della data fissata per la riunione dell’assemblea.

Il testo modificato stabilisce che delle integrazioni debba esser data notizia, nelle stesse forme prescritte per la pubblicazione dell'avviso di convocazione, almeno dieci giorni prima di quello fissato per l'assemblea.

 

I termini relativi al procedimento di convocazione dell’assemblea risulterebbero pertanto i seguenti:


 

Art. 2366, secondo comma, cod. civ.

Pubblicazione dell’avviso di convocazione nella Gazzetta ufficiale o in almeno un quotidiano indicato nello statuto

almeno 15 giorni

prima di quello fissato per l’assemblea

Art. 126-bis, co. 1, TUF (introdotto dal presente articolo)

Richiesta di integrazione dell’ordine del giorno

entro 5 giorni

dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione

(ossia 10 giorni prima di quello fissato per l’assemblea, in caso di pubblicazione dell’avviso nell’ultimo giorno utile previsto dall’art. 2366 cod. civ.)

Art. 126-bis, co. 2, TUF (introdotto dal presente articolo)

Pubblicazione delle integrazioni richieste

almeno 10 giorni

prima di quello fissato per l’assemblea

 

 

Si rileva che, nel caso di pubblicazione dell’avviso di convocazione nell’ultimo giorno utile previsto dall’articolo 2366 del codice civile, il termine per la presentazione di richieste d’integrazione da parte dei soci coincide con il termine per la pubblicazione delle richieste medesime.

 


Articolo 6
(Trasparenza delle società estere)

 


1. Nel testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, alla parte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 165-bis, introdotto dall’articolo 18, comma 1, lettera h), della presente legge, è aggiunta la seguente sezione:

«Sezione VI-bis.

Rapporti con società estere aventi sede legale in Stati che non garantiscono la trasparenza societaria

Art. 165-ter. – (Ambito di applicazione). – 1. Sono soggette alle disposizioni contenute nellapresente sezione le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e le società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, le quali controllino società aventi sede legale in Stati i cui ordinamenti non garantiscono la trasparenza della costituzione, della situazione patrimoniale e finanziaria e della gestione delle società, nonché le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati o emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, le quali siano collegate alle suddette società estere o siano da queste controllate.

2. Si applicano le nozioni di controllo previste dall’articolo 93 e quelle di collegamento previste dall’articolo 2359, terzo comma, del codice civile.

3. Gli Stati di cui al comma 1 sono individuati con decreti del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base dei seguenti criteri:

a) per quanto riguarda le forme e le condizioni per la costituzione delle società:

1) mancanza di forme di pubblicità dell’atto costitutivo e dello statuto, nonché delle successive modificazioni di esso;

2) mancanza del requisito di un capitale sociale minimo, idoneo a garantire i terzi creditori, per la costituzione delle società, nonché della previsione di scioglimento in caso di riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, salvo il caso di reintegrazione entro un termine definito;

3) mancanza di norme che garantiscano l’effettività e l’integrità del capitale sociale sottoscritto, in particolare con la sottoposizione dei conferimenti costituiti da beni in natura o crediti alla valutazione da parte di un esperto appositamente nominato;

4) mancanza di forme di controllo, da parte di soggetti o organismi a ciò abilitati da specifiche disposizioni di legge,circa la conformità degli atti di cui al numero 1) alle condizioni richieste per la costituzione delle società;

b) per quanto riguarda la struttura delle società, mancanza della previsione di un organo di controllo distinto dall’organo di amministrazione, o di un comitato di controllo interno all’organo amministrativo, dotato di adeguati poteri di ispezione, controllo e autorizzazione sulla contabilità, sul bilancio e sull’assetto organizzativo della società, e composto da soggetti forniti di adeguati requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza;

c) per quanto riguarda il bilancio di esercizio:

1) mancanza della previsione dell’obbligo di redigere tale bilancio, comprendente almeno il conto econo­mico e lo stato patrimoniale, con l’osservanza dei seguenti princìpi:

1.1) rappresentazione chiara, veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria della società e del risultato economico dell’esercizio;

1.2) illustrazione chiara dei criteri di valutazione adottati nella redazione del conto economico e dello stato patrimoniale;

2) mancanza dell’obbligo di deposito, presso un organo ammini­strativo o giudiziario, del bilancio, redatto secondo i princìpi di cui al numero 1);

3) mancanza dell’obbligo di sottoporre la contabilità e il bilancio delle società a verifica da parte dell’organo o del comitato di controllo di cui alla lettera b) ovvero di un revisore legale dei conti;

d) la legislazione del Paese ove la società ha sede legale impedisce o limita l’operatività della società stessa sul proprio territorio;

e) la legislazione del Paese ove la società ha sede legale esclude il risarcimento dei danni arrecati agli amministratori rimossi senza una giusta causa, ovvero consente che tale clausola sia contenuta negli atti costitutivi delle società o in altri strumenti negoziali;

f) mancata previsione di un’adeguata disciplina che impedisca la continuazione dell’attività sociale dopo l’insolvenza, senza ricapitalizzazione o prospettive di risanamento;

g) mancanza di adeguate sanzioni penali nei confronti degli esponenti aziendali che falsificano la contabilità e i bilanci.

4. Con i decreti del Ministro della giustizia, di cui al comma 3, possono essere individuati, in relazione alle forme e alle discipline societarie previste in ordina-menti stranieri, criteri equivalenti in base ai quali possano considerarsi soddisfatti i requisiti di trasparenza e di idoneità patrimoniale e organizzativa determinati nel presente articolo.

5. I decreti di cui al comma 3 possono individuare Stati i cui ordinamenti presentino carenze particolarmente gravi con riguardo ai profili indicati alle lettere b), c) e g) del medesimo comma 3.

6. Con proprio regolamento la CONSOB detta criteri in base ai quali è consentito alle società italiane di cui all’articolo 119 e alle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 di controllare imprese aventi sede in uno degli Stati di cui al comma 5. A tal fine sono prese in considerazione le ragioni di carattere imprenditoriale che motivano il controllo e l’esigenza di assicurare la completa e corretta informazione societaria.

7. In caso di inottemperanza alle disposizioni emanate ai sensi dei commi 5 e 6, la CONSOB può denunziare i fatti al tribunale ai fini dell’adozione delle misure previste dall’articolo 2409 del codice civile.

Art. 165-quater. - (Obblighi delle società italiane controllanti). – 1. Le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e le società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, le quali controllano società aventi sede legale in uno degli Stati determinati con i decreti di cui all’articolo 165-ter, comma 3, allegano al proprio bilancio di esercizio o bilancio consolidato, qualora siano tenute a predisporlo, il bilancio della società estera controllata, redatto secondo i princìpi e le regole applicabili ai bilanci delle società italiane o secondo i princìpi contabili internazionalmente riconosciuti.

2. Il bilancio della società estera controllata, allegato al bilancio della società italiana ai sensi del comma 1, è sottoscritto dagli organi di amministra­zione, dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari di quest’ultima, che attestano la veridicità e la correttezza della rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio. Al bilancio della società italiana è altresì allegato il parere espresso dall’organo di controllo della medesima sul bilancio della società estera controllata.

3. Il bilancio della società italiana controllante è corredato da una relazione degli amministratori sui rapporti intercorrenti fra la società italiana e la società estera controllata, con particolare riguardo alle reciproche situazioni debitorie e creditorie, e sulle operazioni compiute tra loro nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, compresa la prestazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi in Italia o all’estero dai predetti soggetti. La relazione è altresì sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. È allegato ad essa il parere espresso dall’organo di controllo.

4. Il bilancio della società estera controllata, allegato al bilancio della società italiana ai sensi del comma 1, è sottoposto a revisione ai sensi dell’articolo 165 da parte della società incaricata della revisione del bilancio della società italiana; ove la suddetta società di revisione non operi nello Stato in cui ha sede la società estera controllata, deve avvalersi di altra idonea società di revisione, assumendo la responsabilità dell’operato di quest’ultima. Ove la società italiana, non avendone l’obbligo, non abbia incaricato del controllo contabile una società di revisione, deve comunque conferire tale incarico relativamente al bilancio della società estera controllata.

5. Il bilancio della società estera controllata, sottoscritto ai sensi del comma 2, con la relazione, i pareri ad esso allegati e il giudizio espresso dalla società responsabile della revisione ai sensi del comma 4, sono trasmessi alla CONSOB.

Art. 165-quinquies. - (Obblighi delle società italiane collegate). – 1. Il bilancio delle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e delle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, le quali siano collegate a società aventi sede legale in uno degli Stati determinati con i decreti di cui all’articolo 165-ter, comma 3, è corredato da una relazione degli amministratori sui rapporti intercorrenti fra la società italiana e la società estera collegata, con particolare riguardo alle reciproche situazioni debitorie e creditorie, e sulle operazioni compiute tra loro nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, compresa la prestazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi in Italia o all’estero dai predetti soggetti. La relazione è altresì sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. È allegato ad essa il parere espresso dall’organo di controllo.

Art. 165-sexies. - (Obblighi delle società italiane controllate). – 1. Il bilancio delle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e delle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, ovvero che hanno ottenuto rilevanti concessioni di credito, le quali siano controllate da società aventi sede legale in uno degli Stati determinati con i decreti di cui all’articolo 165-ter, comma 3, è corredato da una relazione degli amministratori sui rapporti intercorrenti fra la società italiana e la società estera controllante, nonché le società da essa controllate o ad essa collegate o sottoposte a comune controllo, con particolare riguardo alle reciproche situazioni debitorie e creditorie, e sulle operazioni compiute tra loro nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, compresa la prestazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi in Italia o all’estero dai predetti soggetti. La relazione è altresì sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. È allegato ad essa il parere espresso dall’organo di controllo.

Art. 165-septies. - (Poteri della CONSOB e disposizioni di attuazione). – 1. La CONSOB esercita i poteri previsti dagli articoli 114 e 115, con le finalità indicate dall’articolo 91, nei riguardi delle società italiane di cui alla presente sezione. Per accertare l’osservanza degli obblighi di cui alla presente sezione da parte delle società italiane, può esercitare i medesimi poteri nei riguardi delle società estere, previo consenso delle competenti autorità straniere, o chiedere l’assistenza o la collaborazione di queste ultime, anche sulla base di accordi di cooperazione con esse.

2. La CONSOB emana, con proprio regolamento, le disposizioni per l’attuazione della presente sezione».

2. Dopo l’articolo 193 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, è inserito il seguente:

«Art. 193-bis. - (Rapporti con società estere aventi sede legale in Stati che non garantiscono la trasparenza societaria). – 1. Coloro che sottoscrivono il bilancio della società estera di cui all’articolo 165-quater, comma 2, le relazioni e i pareri di cui agli articoli 165-quater, commi 2 e 3, 165-quinquies, comma 1, e 165-sexies, comma 1, e coloro che esercitano la revisione ai sensi dell’articolo 165-quater, comma 4, sono soggetti a responsabilità civile, penale e amministrativa secondo quanto previsto in relazione al bilancio delle società italiane.

2. Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione degli obblighi derivanti dall’esercizio dei poteri attribuiti alla CONSOB dall’articolo 165-septies, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’articolo 193, comma 1».


 

 

L’articolo 6 introduce nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, un’apposita sezione volta a promuovere la trasparenza dei rapporti di controllo e collegamento tra società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati o emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante e società estere aventi sede in Stati che non garantiscono la trasparenza societaria.

 

In particolare, sono stabiliti criteri per l’individuazione degli Stati esteri i cui ordinamenti non garantiscono la trasparenza societaria, e sono determinati gli obblighi delle società italiane che, rispettivamente, controllino società aventi sede in tali Stati, siano collegate ad esse o ne siano controllate. È prescritta in tutti i casi una relazione sui rapporti intercorrenti fra esse. Qualora la società controllante sia italiana, è prevista inoltre l’allegazione dei bilanci delle controllate al bilancio della società italiana controllante, la sottoscrizione da parte degli amministratori di quest’ultima, il parere del suo organo di controllo e la revisione da parte della società incaricata della revisione del bilancio della società italiana. Sono disciplinati i poteri di controllo della CONSOB, le responsabilità e le conseguenti sanzioni.

 

Il Senato ha apportato alcune modificazioni alle disposizioni del nuovo articolo 165-ter, riguardante l’ambito di applicazione della disciplina e le modalità d’individuazione degli Stati esteri che non garantiscono la trasparenza societaria, introdotto nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria dal comma 1 del presente articolo.

 

Al comma 1, il Senato ha corretto il riferimento alla nuova partizione introdotta nella parte IV, titolo III, capo I, del testo unico, sostituendo alla parola: “capo” la corretta denominazione di: “sezione”.

 

Al comma 2, riguardante le definizioni di controllo e collegamento agli effetti dell’applicazione delle nuove disposizioni, il Senato ha determinato la nozione di controllo, invece che mediante il riferimento all’articolo 2359 del codice civile, con il più omogeneo richiamo all’articolo 93 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, che – com’è rilevato nella relazione presentata dalle Commissioni all’Assemblea del Senato (A.S. 3328-A) – contiene altresì una nozione di controllo più ampia rispetto a quella del codice civile.

 

A norma dell’articolo 93 del citato testo unico, sono considerate imprese controllate, oltre a quelle indicate nell'articolo 2359, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile[14], anche:

a) le imprese, italiane o estere, su cui un soggetto ha il diritto, in virtù di un contratto o di una clausola statutaria, di esercitare un'influenza dominante, quando la legge applicabile consenta tali contratti o clausole;

b) le imprese, italiane o estere, su cui un socio, in base ad accordi con altri soci, dispone da solo di voti sufficienti a esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria.

Si considerano a questo fine anche i diritti spettanti a società controllate o esercitati per il tramite di fiduciari o di interposte persone; non si considerano invece i diritti spettanti per conto di terzi.

 

La nozione di collegamento rimane definita attraverso il richiamo all’articolo 2359, terzo comma, del codice civile, in forza del quale sono considerate collegate le società su cui un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume tale quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti, ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.

 

Al comma 3, riguardante i criteri per l’individuazione degli Stati i cui ordinamenti non garantiscono la trasparenza delle società, il Senato, alla lettera a), ha modificato il criterio numero 4), che ìndica fra i tratti caratteristici di tali ordinamenti la mancanza di forme di controllo su atti costitutivi e statuti delle società, nonché sulle loro modificazioni successive, relativamente all’osservanza delle condizioni richieste dall’ordinamento medesimo per la costituzione di una società.

Il Senato ha specificato che il controllo richiesto non dev’essere esercitato necessariamente da un organo amministrativo o giudiziario (come previsto nel testo approvato dalla Camera), bensì da soggetti o organismi a ciò abilitati da specifiche disposizioni di legge.

 

Al comma 4, che consente di determinare, mediante i decreti con i quali il Ministro della giustizia individua i predetti Stati esteri, criteri equivalenti a quelli enunziati nel comma 3, in relazione alle forme e discipline societarie previste negli ordinamenti stranieri, il Senato ha soppresso la qualificazione di “ulteriori”, riferita ai suddetti criteri.

La modificazione sembra intesa a sottolineare l’esclusività del requisito dell’equivalenza dei criteri individuati mediante atto regolamentare rispetto ai criteri stabiliti in forma legislativa nel precedente comma.

 

Il Senato ha infine aggiunto tre ulteriori commi al nuovo articolo 165-ter del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.

 

Il comma 5 consente di individuare, mediante i predetti decreti del Ministro della giustizia, nel novero degli Stati i cui ordinamenti non garantiscono la trasparenza societaria, quelli in cui si rilevino carenze particolarmente gravi sotto i tre seguenti profili:

1) struttura delle società, sul piano della mancata previsione di un organo di controllo – distinto dall’organo d’amministrazione o interno ad esso – dotato di adeguati poteri e composto da soggetti forniti di adeguati requisiti soggettivi [comma 3, lettera b)];

2) esistenza, caratteristiche e pubblicità del bilancio d’esercizio e forme di controllo o di revisione contabile [comma 3, lettera c)];

3) previsione di adeguate sanzioni penali per la falsificazione dei conti e dei bilanci [comma 3, lettera g)].

 

Il comma 6 attribuisce alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) il potere di stabilire, mediante regolamento, criteri in base ai quali alle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea (articolo 119 TUF) e alle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante (articolo 116 TUF) è consentito di controllare imprese aventi sede in uno degli Stati i cui ordinamenti palesino carenze particolarmente gravi, secondo quanto indicato al precedente comma 5.

Per la determinazione dei suddetti criteri debbono essere considerate le ragioni di carattere imprenditoriale che motivano il controllo e l’esigenza di assicurare la completa e corretta informazione societaria.

 

Il fine della disposizione sembra essere quello di assicurare che la costituzione di società, controllate da parte di società nazionali, in Stati i cui ordinamenti siano connotati da grave opacità nell’ambito del diritto societario risulti sostenuta da effettive motivazioni economiche (ad esempio di carattere produttivo o commerciale). La limitazione alla libertà d’iniziativa economica, implicita nella disposizione, può giustificarsi in base all’esigenza di prevenire l’uso di società estere controllate come veicolo di operazioni poco trasparenti e potenzialmente lesive degli interessi degli azionisti, dei creditori e del mercato.

 

Il comma 7 prevede che in caso d’inottemperanza alle disposizioni emanate ai sensi dei commi 5 e 6 la CONSOB possa denunziare i fatti al tribunale per l’adozione delle misure previste dall’articolo 2409 del codice civile.

 

L’articolo 2409 del codice civile disciplina la denunzia al tribunale nel caso di fondato sospetto che gli amministratori abbiano compiuto gravi irregolarità suscettibili di recare danno alla società o a sue controllate.

In questo caso il tribunale, sentiti in camera di consiglio gli amministratori e i sindaci, può ordinare l'ispezione dell'amministrazione della società. Il provvedimento è reclamabile.

Il tribunale non ordina l'ispezione e sospende per un periodo determinato il procedimento se l'assemblea sostituisce gli amministratori e i sindaci con soggetti idonei, che si adoperano senza indugio per accertare se le violazioni sussistono e, in caso positivo, per eliminarle, riferendo al tribunale sugli accertamenti e le attività compiute.

Se le violazioni denunziate sussistono ovvero se gli accertamenti e le attività compiute dai nuovi amministratori e sindaci risultano insufficienti alla loro eliminazione, il tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti provvisori e convocare l'assemblea per le conseguenti deliberazioni.

Nei casi più gravi, il tribunale può revocare gli amministratori ed eventualmente anche i sindaci e nominare un amministratore giudiziario, determinandone i poteri e la durata. L'amministratore giudiziario può proporre l'azione di responsabilità contro gli amministratori e i sindaci. Prima della scadenza del suo incarico, l'amministratore giudiziario rende conto al tribunale che lo ha nominato; convoca e presiede l'assemblea per la nomina dei nuovi amministratori e sindaci o per proporre, se del caso, la messa in liquidazione della società o la sua ammissione ad una procedura concorsuale.

 

Si osserva che il richiamo del comma 5 appare superfluo, poiché esso disciplina soltanto l’individuazione degli Stati i cui ordinamenti presentino carenze particolarmente gravi; l’ipotesi di inottemperanza può riferirsi invece al solo comma 6, che regola l’emanazione dei criteri limitativi dello stabilimento di imprese controllate da società italiane in tali Stati.

 


Articolo 7
(Modifiche al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153)

 


1. All’articolo 25 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, e successive modificazioni, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. A partire dal 1º gennaio 2006 la fondazione non può esercitare il diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie delle società indicate nei commi 1 e 2 per le azioni eccedenti il 30 per cento del capitale rappresentato da azioni aventi diritto di voto nelle medesime assemblee. Con deliberazione dell’assemblea straordinaria delle società interes­sate, le azioni eccedenti la predetta percentuale possono essere convertite in azioni prive del diritto di voto. Il presente comma non si applica alle fondazioni di cui al comma 3-bis».


 

 

L’articolo 7, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, modifica la disciplina relativa al possesso di partecipazioni di controllo da parte delle fondazioni bancarie nelle società alle quali esse hanno conferito l'azienda bancaria a seguito della trasformazione degli enti creditizi pubblici disciplinata dal decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, e nelle altre società non strumentali al perseguimento dei loro fini statutari.

L'evoluzione del regime giuridico delle fondazioni bancarie

La disciplina delle fondazioni bancarie è stata oggetto di una serie di interventi normativi, di natura legislativa e regolamentare, a partire dalla legge n. 218 del 1990, dei quali si ritiene opportuno fornire sommario ragguaglio.

La legge n. 218 del 1990

La legge n. 218 del 1990 (c.d. legge Amato) ha avviato il processo di trasformazione dell’assetto giuridico delle aziende bancarie mediante la previsione di una complessa procedura incentrata sul conferimento, da parte degli istituti di credito, dell'azienda bancaria in apposita società per azioni. In tal modo si venivano a costituire due distinti soggetti, l'ente conferente (comunemente noto come fondazione bancaria) e la società conferitaria, vale a dire la banca vera e propria.

 

La legge riconosceva alle fondazioni piena capacità di diritto pubblico e privato, escludendo la possibilità che le stesse potessero esercitare direttamente l’attività bancaria. Non veniva, tuttavia, precisata la natura giuridica delle fondazioni.

La vigilanza nei confronti degli enti veniva attribuita al Ministero del tesoro. Si stabiliva, inoltre, che gli enti dovessero perseguire, per esplicita disposizione statutaria, fini di interesse pubblico e di utilità sociale preminentemente nei settori della ricerca scientifica, dell'istruzione, dell'arte e della sanità. Per incentivare la trasformazione in società per azioni delle banche pubbliche, era previsto uno speciale regime tributario volto ad agevolare le operazioni di fusione, scissione, trasformazione e conferimento delle aziende bancarie.

Alla legge n. 218 del 1990 fu data attuazione con il decreto legislativo n. 356 del 1990.

La legge n. 461 del 1998 e il decreto legislativo n. 153 del 1999

La legge n. 461 del 1998 (c.d. legge Ciampi) e il conseguente decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, hanno profondamente innovatola disciplina delle fondazioni bancarie, sia sotto il profilo civilistico sia sotto il profilo tributario.

In forza di tali disposizioni, le fondazioni sono state oggetto di una profonda evoluzione il cui passaggio fondamentale è costituito dall’adeguamento dello statuto alle previsioni della nuova disciplina. A conclusione del percorso, le fondazioni acquistano natura giuridica di enti di diritto privato con piena autonomia statutaria e gestionale.

 

Secondo il D.Lgs. n. 153 del 1999, le fondazioni sono tenute a perseguire fini di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico, operando nel rispetto del principio di economicità e gestendo il patrimonio in modo da ottenerne una adeguata redditività.

Era previsto in origine per esse l’obbligo di includere nello statuto almeno uno dei seguenti settori qualificati come “rilevanti”: ricerca scientifica, istruzione, arte, sanità, conservazione e valorizzazione dei beni culturali e ambientali, assistenza alle categorie sociali più deboli.

Le fondazioni destinano il reddito, cioè l'ammontare dei ricavi, delle plusvalenze e di ogni altro provento comunque percepiti dalla fondazione, comprese le quote di utili realizzati dalle società strumentali controllate dalla fondazione ancorché non distribuiti, secondo il seguente ordine:

a)       spese di funzionamento, nel rispetto di princìpi di adeguatezza delle spese alla struttura organizzativa ed all'attività svolta dalla singola fondazione;

b)       oneri fiscali;

c)       riserva obbligatoria, nella misura determinata dall'Autorità di vigilanza;

d)       almeno il 50 per cento del reddito residuo o, se maggiore, l'ammontare minimo di reddito stabilito dall'Autorità di vigilanza, ai settori rilevanti;

e)       eventuali altri fini statutari, reinvestimento del reddito o accantonamenti e riserve facoltativi previsti dallo statuto o dall'Autorità di vigilanza;

f)         erogazioni previste da specifiche norme di legge[15].

Il D.Lgs. n. 153 del 1999 ha introdotto, inoltre, disposizioni per individuare le modalità di perseguimento degli scopi statutari: le fondazioni possono essere titolari o azioniste di maggioranza di imprese a condizione che queste siano strumentali al perseguimento degli scopi stessi.

Quanto al sistema di governo delle fondazioni, sono stati previsti tre organi con compiti, rispettivamente, di indirizzo, di amministrazione e di controllo.

In base al dettato originario del decreto, nell’organo di indirizzo doveva essere assicurata una adeguata e qualificata rappresentanza del territorio.

Per le fondazioni di origine associativa è stata ammessa la conservazione dell’organo assembleare, senza tuttavia intaccare le competenze proprie dell’organo di indirizzo (approvazione dello statuto, nomina e revoca dei componenti dell’organo di amministrazione e di controllo, l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degli stessi, l’approvazione del bilancio, la definizione delle linee generali sulla gestione patrimoniale)

Si è, quindi, affermato il principio dell’incompatibilità del cumulo delle cariche di componente dell’organo di amministrazione con le funzioni di consigliere di amministrazione della banca partecipata, ed è stato individuato nel Ministero del tesoro – sia pure in via transitoria – il soggetto competente a esercitare la vigilanza sulle fondazioni. La vigilanza si traduce nel potere di approvare gli statuti, di sciogliere gli organi di amministrazione e controllo e di vigilare sulla sana e prudente gestione.

Con riguardo al regime tributario, le fondazioni sono state assimilate agli enti non commerciali, con applicazione dell’IRPEG (ora IRES) con aliquota dimezzata rispetto a quella ordinaria. È stata per altro prevista la perdita di tale agevolazione qualora, nei successivi quattro anni, le fondazioni non abbiano provveduto a dismettere la partecipazione di controllo nella società bancaria. Sono inoltre escluse dalla formazione dell’imponibile agli effetti dell’IRES e dell’IRAP le plusvalenze derivanti dal trasferimento delle azioni detenute nella società bancaria conferitaria, se il trasferimento avviene entro il termine a tal fine stabilito.

Per quanto riguarda la dismissione delle partecipazioni di controllo delle fondazioni nelle aziende bancarie, il decreto prevedeva che, decorso inutilmente il termine di quattro anni, le partecipazioni potessero essere detenute per altri due anni. Trascorso tale termine, il compito di provvedere alla dismissione è affidato all’autorità di vigilanza, che vi procede, sentita la fondazione, “nella misura idonea a determinare la perdita del controllo nei tempi ritenuti opportuni in relazione alle condizioni di mercato e all’esigenza di salvaguardare il valore del patrimonio”[16].

 

A seguito del D.Lgs. n. 153 del 1999, vennero adottati dal Ministro del tesoro, in qualità di autorità di vigilanza, alcuni atti di indirizzo[17] riguardanti aspetti particolarmente delicati, quali la composizione degli organi e la disciplina delle incompatibilità. L’iniziativa diede origine a una controversia giurisdizionale, con l’impugnazione proposta da alcune fondazioni dinnanzi al giudice amministrativo[18].

La riforma disposta dalla legge finanziaria 2002

La disciplina prevista dal D.Lgs. n. 153 del 1999 è stata oggetto di modifiche con l’articolo 11 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002), che ha disposto, in estrema sintesi:

-          un ampliamento dell'ambito d’intervento delle fondazioni bancarie, con riferimento a settori caratterizzati da rilevante valenza sociale;

-          il rafforzamento della rappresentanza del territorio nell'ambito dell'organo di indirizzo;

-          il rafforzamento delle misure volte ad escludere, negli organi delle fondazioni, le nomine per cooptazione e a rafforzare le regole di incompatibilità;

-          una più accentuata separazione tra fondazioni e aziende bancarie, attraverso l'introduzione di modifiche per quanto concerne la nozione di controllo rilevante a questi fini;

-          la possibilità di affidare le partecipazioni detenute nelle aziende bancarie ad una società di gestione del risparmio.

Settori di intervento

I commi 1 e 2 dell’articolo 11 della legge finanziaria per il 2002 sono intervenuti sull’articolo 1 del D.Lgs. n. 153, modificando, nell’ambito degli aspetti definitorî della normativa, la determinazione dei settori d’intervento.

In particolare, sono stati individuati i settori ammessi, distinti in quattro gruppi:

-          il primo gruppo comprende: famiglia e valori connessi; crescita e formazione giovanile; educazione, istruzione e formazione, incluso l'acquisto di prodotti editoriali per la scuola; volontariato, filantropia e beneficenza; religione e sviluppo spirituale; assistenza agli anziani; diritti civili;

-          il secondo gruppo contiene settori eterogenei, alcuni dei quali del tutto nuovi: prevenzione della criminalità e sicurezza pubblica; sicurezza alimentare e agricoltura di qualità; sviluppo locale ed edilizia popolare locale; protezione dei consumatori; protezione civile; salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; attività sportiva; tossicodipendenze; disturbi psichici e mentali;

-          il terzo gruppo riprende settori già inclusi dalla disciplina precedente: ricerca scientifica e tecnologica; protezione e qualità ambientale;

-          l’ultimo gruppo concerne l’arte e le attività e i beni culturali.

Il Ministro dell’economia e delle finanze, in quanto Autorità di vigilanza, può modificare con regolamento di delegificazione i settori ammessi.

Per settori rilevanti s’intendono i settori ammessi scelti, ogni tre anni, dalla fondazione, in numero non superiore a tre (numero poi elevato a cinque dal comma 14-novies dell’articolo 39 del D.L. 30 settembre 2003, introdotto dalla legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326).

In base al comma 3 dell'articolo 11, il quale ha sostituito il comma 2 dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 153 del 1999, le fondazioni, in rapporto prevalente con il territorio, devono indirizzare le attività esclusivamente nei settori ammessi e operare in via principale nei settori rilevanti, assicurando, singolarmente e nel loro insieme, l’equilibrata destinazione delle risorse e dando preferenza ai settori di maggiore rilevanza sociale.

Organi delle fondazioni e incompatibilità

I commi da 4 a 8 dell’articolo 11 hanno modificato l’articolo 4 del D.Lgs. n. 153 del 1999, in materia di organi delle fondazioni. In primo luogo, si stabilisce l’obbligo di assicurare, nell’ambito dell’organo di indirizzo, la presenza di una prevalente e qualificata rappresentanza degli enti, diversi dallo Stato, di cui all'articolo 114 della Costituzione, idonea a riflettere le competenze attribuite, nei settori di intervento delle fondazioni, agli enti diversi dallo Stato, dall’articolo 117 e 118 della Costituzione.

Le fondazioni di origine associativa, nell'esercizio della loro autonomia statutaria, possono mantenere l'assemblea dei soci, disciplinandone la composizione, ferme rimanendo in ogni caso le competenze dell'organo di indirizzo da costituirsi ai sensi del medesimo articolo 4. All'assemblea dei soci può essere attribuito dallo statuto il potere di designare una quota non maggioritaria dei componenti dell'organo medesimo; in tal caso, i soggetti nominati per designazione dell'assemblea dei soci non possono comunque superare la metà del totale dei componenti l'organo di indirizzo.

La lettera c) del comma 1 dell'articolo 4 del D.Lgs. n. 153 del 1999 è stata integrata al fine di stabilire che sia i soggetti ai quali è attribuito il potere di designare i componenti dell’organo di indirizzo, sia i componenti stessi degli organi delle fondazioni non devono essere portatori di interessi riferibili ai destinatari degli interventi delle fondazioni.

 

I commi 5 e 8 dell’articolo 11 della legge n. 448 del 2001 hanno escluso ogni ipotesi di nomina per cooptazione, che il previgente comma 5 dell’articolo 4 del D.Lgs. n. 153 del 1999 consentiva limitatamente all’organo di indirizzo, e sempre nel rispetto di quanto previsto dalla precedente lettera c).

 

Il comma 6 dell'articolo 11 ha specificato che i requisiti di professionalità e onorabilità, previsti per i soggetti che svolgono funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione e controllo presso le fondazioni, devono intendersi come requisiti di esperienza e di idoneità etica confacenti ad un ente senza scopo di lucro.

 

Con il comma 7 è stato sostituito il comma 3 dell’articolo 4 del D.Lgs. n. 153 del 1999 in tema di incompatibilità, ampliando i casi in cui essa si applica sia sotto il profilo delle funzioni ricoperte (poiché l’incompatibilità non è limitata a quelle di amministrazione ma viene estesa anche alle funzioni di indirizzo, direzione o controllo delle fondazioni), sia sotto il profilo soggettivo (in quanto il divieto di cumulo trova applicazione, oltre che per la società bancaria, anche per altre società operanti nel settore bancario, finanziario o assicurativo, ad eccezione di quelle, non operanti nei confronti del pubblico, di limitato rilievo economico o patrimoniale).

Patrimonio delle fondazioni

Il comma 9 ha precisato che il patrimonio della fondazione, oltre ad essere totalmente vincolato al perseguimento degli scopi statutari, deve altresì essere gestito in modo coerente con la natura delle fondazioni quali enti senza scopo di lucro che operano secondo principi di trasparenza e moralità.

Nozione di controllo

La modifica recata dal comma 10 all’articolo 6 del D.Lgs. n. 153 del 1999, con l’aggiunta di un comma 5-bis, ha comportato l’ampliamento della nozione di controllo, in quanto stabilisce che una società bancaria o capogruppo bancario si considera controllata da una fondazione anche quando il controllo è riconducibile, direttamente o indirettamente, a più fondazioni, in qualunque modo o comunque sia esso determinato.

Il comma 11 dell'articolo 11 stabilisce che le fondazioni, nel diversificare il rischio d’investimento del patrimonio impiegando quest’ultimo in modo da ottenerne un'adeguata redditività, debbono assicurare il collegamento funzionale con le loro finalità istituzionali e in particolare con lo sviluppo del territorio.

Dismissioni delle partecipazioni di controllo nelle banche conferitarie

I commi 12 e 13 hanno apportato modifiche e integrazioni all’articolo 25 del D.Lgs. n. 153 del 1999.

 

In particolare, il comma 12 ha abrogato il secondo periodo del comma 1 dell'articolo 25 del D.Lgs. n. 153 del 1999, che consentiva alle fondazioni di detenere le partecipazioni, non cedute entro il previsto termine quadriennale (15 giugno 2003), per non più di ulteriori due anni, con la sola perdita della qualifica di ente non commerciale agli effetti tributari.

Il successivo comma 13 ha introdotto un nuovo comma 1-bis nell'articolo 25 stabilendo che, al fine del rispetto di quanto previsto nel comma 1, la partecipazione nella società bancaria conferitaria può essere affidata ad una società di gestione del risparmio, scelta mediante procedure competitive, che la gestisce in nome proprio secondo criteri di professionalità e indipendenza; resta salva per la fondazione la possibilità di dare indicazioni circa le deliberazioni dell'assemblea straordinaria nei casi previsti dall'articolo 2365 del codice civile (modificazioni dell’atto costitutivo ed emissione di obbligazioni). Allo stesso tempo, si è stabilito che la dismissione debba comunque realizzata non oltre il terzo anno successivo alla scadenza indicata al primo periodo del comma 1, vale a dire non oltre il 15 giugno 2006.

 

Il successivo comma 1-ter dell’articolo 25 del D.Lgs. n. 153 del 1999, parimenti introdotto dal comma 13, stabilisce che il Ministro dell'economia e delle finanze, e la Banca d’Italia esercitano i poteri ad essi attribuiti dal D.Lgs. n. 385 del 1993 (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) e dal D.Lgs. n. 58 del 1998 (testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria).

Disposizioni di attuazione

Il comma 14 dell’articolo 11 rinviava ad un regolamento dell’Autorità di vigilanza le disposizioni attuative delle norme introdotte, prescrivendo alle fondazioni di adeguare i propri statuti entro novanta giorni dall'emanazione del predetto regolamento.

L’attività delle fondazioni, fino alla ricostituzione degli organi, conseguentemente alle modifiche statutarie, e in mancanza di espressa autorizzazione dell'Autorità di vigilanza, era limitata all'ordinaria amministrazione, pur facendosi salvi gli interventi necessari a fini di stabilità bancaria. Nell’ordinaria amministrazione s’intendevano ricomprese l’esecuzione dei progetti di erogazione già approvati e l’adozione di delibere di valore unitario non superiore a 150.000 euro.

Il regolamento di attuazione n. 217 del 2002

Il regolamento di attuazioneprevisto dall’articolo 11, comma 14, della legge 448 del 2001 è stato emanato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 2 agosto 2002, n. 217.

Il regolamento reca disposizioni in materia di attività istituzionale delle fondazioni, di composizione e nomina dell’organo di indirizzo, di requisiti di professionalità e onorabilità e di incompatibilità dei soggetti che svolgono funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione e controllo, di finalità istituzionali, di partecipazioni bancarie di controllo e di società di gestione del risparmio.

 

Il regolamento n. 217 del 2002 è stato impugnato dalle fondazioni bancarie associate nell’ACRI dinnanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio. Nel corso del giudizio, le fondazioni hanno chiesto ed ottenuto la sospensione degli articoli 7 e 9 del regolamento e hanno sollevato eccezione di costituzionalità sull'articolo 11 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002)[19].

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 301 del 29 settembre 2003 (si veda sotto), ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale dell’articolo 11, comma 1, della legge n. 448 del 2001 limitatamente alla possibilità che i settori d’intervento possano essere modificati con regolamento dell’Autorità di vigilanza (Ministero dell’economia e delle finanze).

L’articolo 5 del decreto legge n. 63 del 2002

Disposizioni in materia di fondazioni bancarie sono contenute nell’articolo 5 del D.L. 15 aprile 2002, n. 63, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112.

 

In particolare, l’articolo 5 reca una norma di interpretazione autentica della legge 23 dicembre 1998, n. 461, e del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, al fine di precisare il regime giuridico privatistico delle fondazioni bancarie. Tale regime risulta speciale rispetto a quello delle altre fondazioni, in quanto ordinato per legge in funzione:

a)       della loro particolare operatività, inclusa la possibilità di partecipare al capitale della Banca d'Italia;

b)       della struttura organizzativa, basata sulla previsione di organi obbligatori e su uno specifico regime di requisiti di professionalità, di onorabilità e di incompatibilità;

c)       dei criteri obbligatori di gestione del patrimonio e di dismissione dei cespiti;

d)       della facoltà di emettere titoli di debito convertibili o con opzioni di acquisto;

e)       dei vincoli di economicità della gestione e di separazione patrimoniale;

f)         dei vincoli di destinazione del reddito, delle riserve e degli accantonamenti;

g)       delle speciali norme in materia di contabilità e di vigilanza;

h)       del criterio secondo cui le norme del codice civile si applicano alle fondazioni bancarie solo in via residuale e in quanto compatibili.

La finalità della disposizione era essenzialmente quella di fare salva, in ragione del loro speciale regime giuridico. l’applicazione delle agevolazioni tributarie previste per le fondazioni dalla legge n. 461 del 1998 e del D.Lgs. n. 153 del 1999, allora sottoposte all’esame della Commissione europea sotto il profilo della compatibilità con la disciplina degli aiuti di Stato.

In esito al procedimento di esame, tali agevolazioni sono state successivamente riconosciute compatibili con la disciplina degli aiuti di Stato con decisione della Commissione del 23 agosto del 2002.

Le modifiche apportate dalla legge finanziaria 2003

Il quadro normativo in tema di fondazioni bancarie è stato poi parzialmente innovato dall’articolo 80, comma 20, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003).

 

In particolare, in materia di incompatibilità, si è specificato che il divieto di ricoprire funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione o controllo presso la società bancaria conferitaria o altre società operanti nel settore bancario, finanziario o assicurativo non è limitato agli incarichi ricoperti nella società conferitaria, ma anche presso società in rapporto di partecipazione azionaria o di controllo con la stessa società bancaria conferitaria, ad eccezione di quelle di limitato rilievo economico o patrimoniale, non operanti nei confronti del pubblico.

È stato inoltre prorogato – da quattro a sette anni dall’entrata in vigore del decreto stesso, quindi al 15 giugno 2006 – il termine per la dismissione delle partecipazioni di controllo detenute nelle banche conferitarie da parte delle fondazioni con patrimonio netto non superiore a 200 milioni di euro, ovvero con sede operativa prevalentemente situata in regioni a statuto speciale.

Il D.L. n. 143 del 2003

Il decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143, recante “Disposizioni urgenti in tema di versamento e riscossione di tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette dalla Consip S.p.a.”, convertito, con modificazioni dalla legge 1° agosto 2003, n. 212, ha disposto una serie di modificazioni alla disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 153 del 1999.

In particolare, l’articolo 4 ha prorogato dal 15 giugno 2003 al 31 dicembre 2004 il termine, indicato nel comma 1 dell'articolo 25 del D.Lgs. n. 153 del 1999, per la dismissione della partecipazione di controllo nella banca conferitaria.

Sono stati conseguentemente prorogati al 31 dicembre 2004 i termini, indicati negli articoli 12 e 13 del medesimo D.Lgs. n. 153 del 1999, per la conservazione della qualifica di ente non commerciale da parte delle fondazioni che detengano una partecipazione di controllo nella società bancaria conferitaria e per la fruizione delle agevolazioni fiscali relative alle plusvalenze derivanti dalla loro cessione.

In particolare, si è previsto che la fondazione perda la qualifica di ente non commerciale e cessi di fruire delle agevolazioni previste dai commi precedenti qualora, successivamente alla data del 31 dicembre 2004, sia ancora in possesso di una partecipazione di controllo nella società bancaria conferitaria. La natura di ente non commerciale verrà meno anche se la fondazione, successivamente al 31 dicembre 2004, risulti titolare di diritti reali su beni immobili diversi da quelli strumentali per le attività direttamente esercitate dalla stessa o da imprese strumentali. In ogni caso, fino al 31 dicembre 2004, i redditi derivanti da detti beni non fruiscono del regime previsto dall'articolo 6 del D.P.R. n. 601 del 1973. L'acquisto a titolo gratuito di beni immobili e diritti reali immobiliari non fa venire meno la natura di ente non commerciale né il regime agevolato per i due anni successivi all’acquisizione stessa.

Per le fondazioni più piccole, con patrimonio netto contabile non superiore a 200 milioni di euro, e per quelle con sedi operative prevalentemente in regioni a statuto speciale è poi eliminato l’obbligo di cessione delle partecipazioni bancarie di controllo, precedentemente fissato al 15 giugno 2006.

La sentenza della Corte costituzionale n. 301 del 2003

Con la sentenza n. 301 del 29 settembre 2003, la Corte costituzionale ha respinto le eccezioni di costituzionalità relative alle disposizioni che individuano i settori ammessi, in quanto, considerato che l’elenco dei settori risulta ampio e vario, la previsione legislativa dei settori ammessi non può ritenersi lesiva della autonomia gestionale e statutaria delle fondazioni.

La Corte costituzionale ha respinto anche le censure relative alla modifica della nozione di “settori rilevanti” e all’obbligo, per le fondazioni, di sceglierne un certo numero in ciascun triennio. Anche in questo caso, la Corte non individua alcuna lesione all’autonomia delle fondazioni ma, al contrario, ritiene utile evitare un’eccessiva dispersione dell’attività delle fondazioni e concentrare le risorse finanziarie in specifici settori.

La Corte ha, invece, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 11, comma 1, ultimo periodo della legge n. 448 del 2001, che consentiva di modificare i settori ammessi mediante regolamento ministeriale.

 

Secondo quanto indicato dalla Corte, tale disposizione concede all’Autorità di vigilanza il potere di modificare il contenuto di disposizioni di legge, senza indicare criteri che ne delimitino la discrezionalità e che garantiscano la compatibilità delle eventuali modifiche con la natura privata delle fondazioni e con la loro autonomia statutaria.

 

La sentenza ha inciso altresì sulla configurazione dei rapporti tra le fondazioni e l’Autorità di vigilanza.

La Corte, infatti, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale:

§      dell’articolo 4, comma 1, lettera g), del D.Lgs. n. 153 del 1999, ai sensi del quale la definizione dei requisiti di onorabilità e delle ipotesi di incompatibilità negli statuti doveva avvenire nel rispetto degli indirizzi dettati dal Ministero dell’economia e delle finanze, in qualità di Autorità di vigilanza;

§      dell’articolo 10, comma 3, lettera e), del D.Lgs. n. 153 del 1999, nella parte in cui attribuisce al Ministero la possibilità di adottare atti di indirizzo di carattere generale.

 

Al riguardo, infatti, la Corte afferma che l’Autorità di vigilanza dispone soltanto di un potere di controllo, che consiste nella verifica della corrispondenza dell’attività delle fondazioni a determinati parametri preventivamente fissati. Non le spetta, invece, un potere di indirizzo, che si esplicherebbe nella determinazione delle modalità secondo le quali l’attività delle fondazioni deve svolgersi.

La legge finanziaria per il 2004

L’ultimo periodo del comma 26 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004), ha sostituito il comma 3 dell’articolo 4 del D.Lgs. n. 153 del 1999, modificando le disposizioni relative alle cause di incompatibilità dei soggetti che svolgono funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione o controllo di fondazioni bancarie.

 

Nella formulazione previgente, come modificata dall’articolo 11 della legge n. 448 del 2001, la disposizione prevedeva che i soggetti che svolgono funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione o controllo presso le fondazioni non potessero ricoprire funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la società bancaria conferitaria o altre società operanti nel settore bancario, finanziario o assicurativo in rapporto di partecipazione azionaria o di controllo ai sensi dell'articolo 6 con tale società bancaria conferitaria, ad eccezione di quelle, non operanti nei confronti del pubblico, di limitato rilievo economico o patrimoniale.

L’articolo 5 del D.M. n. 217 del 2002[20]aveva compreso nella disciplina dell'incompatibilità gli incarichi presso le società di gestione del risparmio alle quali può essere affidata la partecipazione di controllo detenuta dalle fondazioni nelle società bancarie conferitarie.

 

La nuova formulazione del comma 3 stabilisce che i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso una fondazione bancaria non possono ricoprire analoghe funzioni, oltre che presso la società bancaria conferitaria e le sue controllate, anche presso le sue partecipate.

Inoltre, i soggetti che svolgono funzioni di indirizzo presso la fondazione non possono ricoprire funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la società bancaria conferitaria.

 

Con il decreto 18 maggio 2004, n. 150,il Ministro dell’economia e delle finanze ha adottato il nuovo regolamento che disciplina l’attività delle fondazioni bancarie, disponendo, contestualmente, l’abrogazione del precedente regolamento adottato con decreto ministeriale n. 217 del 2002.

 

In particolare il decreto stabilisce che lo statuto, in ragione del luogo di insediamento, delle tradizioni storiche e delle dimensioni della fondazione, può definire specifici ambiti territoriali cui si indirizza l'attività della fondazione.

Le fondazioni scelgono, nell'ambito dei settori ammessi, un massimo di cinque settori (i c.d. settori rilevanti), anche appartenenti a più di una delle categorie di settori ammessi. La scelta dei settori rilevanti può essere effettuata nello statuto o in altro deliberato dell'organo della fondazione a ciò competente secondo lo statuto. Della scelta dei settori rilevanti e delle sue modificazioni è data comunicazione all'Autorità di vigilanza.

Le fondazioni operano in via prevalente nei settori rilevanti, assegnando ad essi il reddito residuo dopo le destinazioni indicate dal decreto legislativo n. 153 del 1999.

Gli statuti delle fondazioni prevedono che l'organo di indirizzo sia composto da una prevalente e qualificata rappresentanza degli enti, pubblici e privati, espressivi delle realtà locali e, per la eventuale restante parte, da personalità che per professionalità, competenza ed esperienza, in particolare nei settori cui è rivolta l'attività della fondazione, possano efficacemente contribuire al perseguimento dei fini istituzionali. Le personalità sono designate o nominate da soggetti, persone fisiche o giuridiche, di riconosciuta indipendenza e qualificazione, i quali operano nei settori di intervento della fondazione.

Lo statuto identifica gli enti pubblici e privati espressivi delle realtà locali e regolamenta i poteri di designazione o di nomina in modo da consentire un’equilibrata composizione dell'organo di indirizzo e da garantire che nessun singolo soggetto possa designare o nominare la maggioranza dei componenti. Inoltre lo statuto regola eventuali ipotesi di nomina per cooptazione, ammissibile nei soli casi di personalità di chiara ed indiscussa fama. Si stabilisce che nelle fondazioni di origine associativa lo statuto può attribuire alle assemblee il potere di designare fino alla metà dei componenti l'organo di indirizzo.

Infine lo statuto determina le procedure di verifica della sussistenza dei requisiti, delle incompatibilità e delle cause di sospensione e di decadenza dei componenti dell'organo di indirizzo. In assenza di previsione statutaria, l'organo di indirizzo in carica, ricevuta la designazione, verifica, sotto la propria responsabilità, la regolarità della designazione, l'esistenza dei requisiti e l'assenza di cause di incompatibilità e di conflitti d’interessi e procede alla nomina entro quindici giorni dal ricevimento della designazione. In caso di mancanza o impossibilità di funzionamento dell'organo di indirizzo provvede l'organo di controllo.

L’articolo 4 riguarda le ipotesi di incompatibilità. I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la fondazione non possono ricoprire funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la società bancaria conferitaria o sue controllate o partecipate. I soggetti che svolgono funzioni di indirizzo presso la fondazione non possono ricoprire funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la società bancaria conferitaria. Inoltre i componenti degli organi delle fondazioni non possono essere destinatari di attività delle fondazioni stesse a loro diretto vantaggio, salvi gli interventi destinati a soddisfare gli interessi, generali o collettivi, espressi dagli enti designanti.

Infine l’articolo 6 del regolamento definisce le ipotesi di controllo congiunto su società bancarie. Una società bancaria o capogruppo bancario si considera sottoposta a controllo congiunto di due o più fondazioni, quando esse, mediante accordi di sindacato, realizzano le ipotesi di controllo o di influenza dominante previste dall'articolo 6, commi 2 e 3, lettere a), b) e c), del decreto legislativo n. 153 del 1999. L'esistenza dell'accordo va provata in forma scritta. In tal caso, le fondazioni devono sciogliere l'accordo di sindacato o recedere da esso entro il termine di novanta giorni dalla data di comunicazione da parte dell'autorità di vigilanza.

La modificazione apportata dal presente articolo

Il presente articolo modifica l’articolo 25 del decreto legislativo n. 153 del 1999, che disciplina in via transitoria la detenzione delle partecipazioni di controllo da parte delle fondazioni, sostituendo il comma 3, riguardante la procedura per la loro alienazione dopo la scadenza del termine a questo fine previsto.

 

Il citato comma 3, nel testo attualmente in vigore, stabilisce che qualora la fondazione, scaduto il termine del 31 dicembre 2005, continui a detenere partecipazioni di controllo nelle società bancarie conferitarie ovvero in altre società che non siano strumentali alla sua attività statutaria nei settori rilevanti, alla dismissione provvede, sentita la fondazione e anche mediante un apposito commissario, l'Autorità di vigilanza (ossia il Ministero dell’economia e delle finanze) nella misura idonea a determinare la perdita del controllo e nei tempi ritenuti opportuni in relazione alle condizioni di mercato e all'esigenza di salvaguardare il valore del patrimonio.

 

Il nuovo comma 3, così come sostituito dal presente articolo, stabilisce che dal 1º gennaio 2006 la fondazione non può esercitare il diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie delle società bancarie conferitarie ovvero in altre società che non siano strumentali alla sua attività statutaria nei settori rilevanti, per le azioni eccedenti il 30 per cento del capitale rappresentato da azioni aventi diritto di voto nelle medesime assemblee.

Con deliberazione dell’assemblea straordinaria delle società interessate, le azioni eccedenti la predetta percentuale possono essere convertite in azioni prive del diritto di voto.

Queste disposizioni non si applicano alle fondazioni indicate al comma 3-bis (fondazioni con patrimonio netto contabile non superiore a 200 milioni di euro e fondazioni con sedi operative prevalentemente situate in regioni a statuto speciale), che sono esenti dall’obbligo di dismissione.

 

Rispetto alla norma vigente, viene quindi meno la disciplina volta a realizzare – nei tempi, nella misura e con le modalità stabilite dal Ministero dell’economia e delle finanze – l’alienazione delle partecipazioni che determinino il controllo nelle suddette società.

 

A norma dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 153 del 1999, il controllo sussiste nei casi previsti dall'articolo 2359, primo e secondo comma, del codice civile[21], nonché – nella forma dell'influenza dominante, ai sensi del primo comma, numero 2), dello stesso articolo 2359 del codice civile – quando:

a) la fondazione, in base ad accordi in qualsiasi forma stipulati con altri soci, ha il diritto di nominare la maggioranza degli amministratori, ovvero dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

b) la fondazione ha il potere, in base ad accordi in qualsiasi forma stipulati con altri soci, di subordinare al proprio assenso la nomina o la revoca della maggioranza degli amministratori;

c) sussistono rapporti, anche tra soci, di carattere finanziario e organizzativo idonei ad attribuire alla fondazione i poteri o i diritti di cui alle lettere a) o b).

 


Articolo 8
(Concessione di credito in favore di azionisti
e obbligazioni degli esponenti bancari)

 


1. All’articolo 53 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modi­ficazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. Le banche devono rispettare le condizioni indicate dalla Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, per le attività di rischio nei confronti di:

a) soggetti che, direttamente o indirettamente, detengono una partecipazione rilevante o comunque il controllo della banca o della società capogruppo;

b) soggetti che sono in grado di nominare, anche sulla base di accordi, uno o più componenti degli organi di amministrazione o controllo della banca o della società capogruppo;

c) coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la banca o presso la società capogruppo;

d) società controllate dai soggetti indicati nelle lettere a), b) e c) o presso le quali gli stessi svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo;

e) altri soggetti che sono comunque collegati alla banca, secondo quanto stabilito dalla Banca d’Italia».

b) dopo il comma 4, sono inseriti i seguenti:

«4-bis. Le condizioni di cui al comma 4 sono determinate tenuto conto:

a) dell’entità del patrimonio della banca;

b) dell’entità della partecipazione eventualmente detenuta;

c) dell’insieme delle attività di rischio del gruppo bancario nei confronti dei soggetti di cui al comma 4 e degli altri soggetti ai medesimi collegati secondo quanto stabilito dalla Banca d’Italia.

4-ter. La Banca d’Italia individua i casi in cui il mancato rispetto delle condizioni di cui al comma 4 comporta la sospensione dei diritti amministrativi connessi con la partecipazione.

4-quater. La Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, disciplina i conflitti d’interessi tra le banche e i soggetti indicati nel comma 4, in relazione alle altre attività bancarie»;

2. All’articolo 136 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modifi­cazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Per l’applicazione dei commi 1 e 2 rilevano anche le obbligazioni intercorrenti con società controllate dai soggetti di cui ai medesimi commi o presso le quali gli stessi soggetti svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo, nonché con le società da queste controllate o che le controllano o sono ad esse collegate»;

b) al comma 3, le parole: «dei commi 1 e 2» sono sostituite dalle seguenti: «dei commi 1, 2 e 2-bis».


 


L’articolo 8, intervenendo sul testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, emanato con il decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, modifica la disciplina relativa alla concessione di credito da parte delle banche in favore di propri azionisti e alle obbligazioni degli esponenti bancari.

 

In particolare vengono previste condizioni per le attività di rischio esercitate dalla banca in favore di determinate categorie di soggetti che sono in grado di esercitare influenza sull’amministrazione della banca stessa o sono ad essa comunque collegati. Viene altresì stabilito che le norme riguardanti le obbligazioni degli esponenti bancari si applicano anche alle obbligazioni di cui siano parte le società da essi controllate o in cui essi rivestano cariche o funzioni, ovvero le società appartenenti al medesimo gruppo.

 

Il Senato ha operato interventi modificativi e soppressivi[22] sul testo approvato dalla Camera.

 

La lettera a) del comma 1 sostituisce il comma 4 dell’articolo 53 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.

Secondo il nuovo testo, le banche devono rispettare le condizioni indicate dalla Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), per le attività di rischio nei confronti di:

a) soggetti che, direttamente o indirettamente, detengono una partecipazione rilevante o comunque il controllo della banca o della società capogruppo;

b) soggetti che sono in grado di nominare, anche sulla base di accordi, uno o più componenti degli organi di amministrazione o controllo della banca o della società capogruppo;

c) coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la banca o presso la società capogruppo;

d) società controllate dai soggetti indicati nelle lettere a), b) e c) o presso le quali gli stessi svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo;

e) altri soggetti che sono comunque collegati alla banca, secondo quanto stabilito dalla Banca d’Italia.

 

Rispetto al testo approvato dalla Camera, il Senato ha esteso il potere regolamentare prevedendo la determinazione di condizioni (invece che di limiti, espressione interpretabile in senso esclusivamente quantitativo) e stabilendo che esse si applichino a tutte le attività di rischio (invece che alla sola concessione di credito).

 

Per la nozione di attività di rischio deve farsi riferimento alla normativa secondaria. In particolare, le Istruzioni di vigilanza per le banche emanate dalla Banca d’Italia, nell’allegato A al capitolo 2 del titolo IV (Vigilanza regolamentare), recano l’elenco delle categorie di attività di rischio, con l’indicazione dei corrispondenti fattori di ponderazione da applicarsi per il calcolo del coefficiente di solvibilità.

 

Per quanto riguarda la determinazione dei soggetti cui si applica la disciplina, oltre ai detentori di partecipazioni rilevanti, a coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la banca e alle società da costoro controllate o presso cui questi svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo, il Senato ha incluso:

1) coloro che – indipendentemente dal possesso di una partecipazione rilevante, detengono comunque il controllo della banca o della società capogruppo;

2) coloro che sono in grado di nominare, anche sulla base di accordi, uno o più componenti degli organi d’amministrazione o di controllo della banca o della società capogruppo;

3) coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo non solo presso la banca, ma anche presso la società capogruppo; sono state altresì comprese le società controllate da questi ultimi e quelle presso cui gli stessi svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo.

 

È invece venuta meno la disposizione che assoggettava alla disciplina qualunque soggetto in base alla mera partecipazione a un patto parasociale riguardante l’esercizio del diritto di voto.

 

La lettera b), aggiunta dal Senato, introduce nello stesso articolo 53 gli ulteriori commi 4-bis e 4-ter, che rispettivamente stabiliscono i criteri in base ai quali la Banca d’Italia determina le predette condizioni per l’assunzione di attività di rischio e rimettono alla medesima l’individuazione dei casi in cui l’inosservanza di tali condizioni comporta la sospensione dei diritti amministrativi connessi con la partecipazione.

 

In base al comma 4-bis, le condizioni per l’assunzione di attività di rischio nei confronti dei soggetti indicati nel comma 4 sono determinate tenendo conto:

a) dell’entità del patrimonio della banca;

b) dell’entità della partecipazione eventualmente detenuta dal soggetto;

c) dell’insieme delle attività di rischio del gruppo bancario nei confronti di tali soggetti e degli altri soggetti ad essi collegati. La determinazione della nozione di soggetto collegato è rimessa alla Banca d’Italia.

 

Il criterio indicato alla lettera c) sembra doversi intendere nel senso che viene in considerazione l’insieme delle attività di rischio in essere nei confronti del complesso dei soggetti ivi indicati, e non di tali soggetti individualmente considerati.

 

Il comma 4-ter attribuisce alla Banca d’Italia l’individuazione dei casi in cui il mancato rispetto delle condizioni prescritte comporta la sospensione dei diritti amministrativi connessi con la partecipazione (oltre al diritto di voto, può trattarsi ad esempio del diritto di nominare componenti degli organi sociali).

 

Si segnala che il capo III della deliberazione del CICR 19 luglio 2005, n. 1057 (Disciplina delle partecipazioni e del controllo in banche e in altri intermediari nonché dei finanziamenti bancari a parti correlate, pubblicata nella Gazzetta ufficiale 13 agosto 2005, n. 188) conferisce alla Banca d’Italia il potere di determinare i limiti delle attività di rischio nei confronti di una parte correlata che svolge in misura rilevante attività in settori non bancari, finanziari o assicurativi.

L’articolo 16 definisce le nozioni:

1) di parte correlata:

a) il titolare di una partecipazione rilevante nella banca o nella società capogruppo o chi esercita i diritti a essa inerenti, nonché chi comunque detenga il controllo della banca; la Banca d'Italia può stabilire soglie quantitative inferiori;

b) coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo nella banca o nella società capogruppo;

c) i soggetti che sono in grado di nominare, anche sulla base di accordi, uno o più componenti degli organi di amministrazione o controllo della banca o della società capogruppo;

d) i soggetti che esercitano un'influenza notevole sulla banca, secondo i criteri individuati dalla Banca d'Italia;

2) di soggetto connesso a una parte correlata:

a) il coniuge non legalmente separato, i parenti entro il terzo grado e, in presenza di coniuge non legalmente separato, gli affini entro il secondo grado di una parte correlata persona fisica;

b) le società e gli enti controllati da una parte correlata ovvero dalle persone di cui alla lettera a);

c) le società e gli enti presso i quali svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo le parti correlate persone fisiche ovvero le persone di cui alla lettera a);

d) i soggetti che controllano una parte correlata ovvero che sono sottoposti a comune controllo con quest'ultima;

e) gli altri soggetti che intrattengono con una parte correlata i rapporti che danno origine a connessione giuridica o economica individuati dalla Banca d'Italia secondo quanto previsto dall'art. 2 del decreto ministeriale 22 giugno 1993 recante «Controllo dei grandi fidi».

L’articolo 17 ìndica i criteri per la determinazione dei limiti delle attività di rischio:

a) per i soggetti definiti parti correlate in relazione alla proprietà di azioni della banca, il limite è fissato in una percentuale del patrimonio di vigilanza rapportata alla quota di capitale sociale posseduta;

b) per le parti correlate diverse da quelle di cui alla lettera a), il limite è riferito a una percentuale del patrimonio di vigilanza della banca;

c) i limiti di cui alle lettere a) e b) non sono comunque superiori al 10 per cento del patrimonio di vigilanza della banca e possono variare a seconda della natura dei rapporti tra la parte correlata e la banca;

d) le attività di rischio complessive di una banca nei confronti di una parte correlata e dell'insieme dei soggetti a essa connessi devono essere inferiori a una percentuale del patrimonio di vigilanza fissata dalla Banca d'Italia, comunque non superiore al 10 per cento;

e) l'esposizione complessiva delle società di un gruppo bancario nei confronti di una parte correlata e dell'insieme dei soggetti a essa connessi deve essere inferiore a una percentuale del patrimonio di vigilanza consolidato fissata dalla Banca d'Italia, comunque non superiore al 10 per cento. Fermo restando il rispetto di tale limite, la Banca d'Italia può prevedere limiti diversi da quelli di cui alle lettere a), b), c) e d) per le singole banche appartenenti al gruppo;

f) la Banca d'Italia può applicare limiti diversi da quelli generali alle attività di rischio di banche cooperative a favore dei soci e di coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione, controllo;

g) la Banca d'Italia può non applicare i limiti alle attività di rischio nei confronti di altre società appartenenti al medesimo gruppo bancario e alle attività di rischio nei confronti di soggetti connessi a parti correlate i quali svolgano in misura rilevante attività in settori bancari, finanziari o assicurativi.

L’articolo 18 attribuisce alla Banca d'Italia il potere di emanare le disposizioni di attuazione e di stabilire, secondo criteri di gradualità, modalità e termini di rientro dei finanziamenti che eccedono i limiti fissati a norma dell'articolo 17.

 


Articolo 9
(Conflitti d’interessi nella gestione dei patrimoni di organismi d’investimento collettivo del risparmio e di prodotti assicurativi e previdenziali nonché nella gestione di portafogli su base individuale)

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a disciplinare i conflitti d’interessi nella gestione dei patrimoni degli organismi d’investimento collettivo del risparmio (OICR), dei prodotti assicurativi e di previdenza complementare e nelle gestioni su base individuale di portafogli d’investimento per conto terzi, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) salvaguardia dell’interesse dei risparmiatori e dell’integrità del mercato finanziario mediante la disciplina dei comportamenti nelle gestioni del risparmio;

b) limitazione dell’investimento dei patrimoni di OICR, di prodotti assicu­rativi e di previdenza complementare nonché dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi in titoli emessi o collocati da società appartenenti allo stesso gruppo cui appartengono i soggetti che gestiscono i suddetti patrimoni o portafogli ovvero, nel caso di prodotti di previdenza complementare, emessi anche da alcuno dei soggetti sottoscrittori delle fonti istitutive;

c) limitazione dell’investimento dei patrimoni di OICR, di prodotti assicu­rativi e di previdenza complementare, nonché dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi, di cui alla lettera a), in titoli emessi o collocati da società appartenenti a gruppi legati da significativi rapporti di finanziamento con il soggetto che gestisce tali patrimoni o portafogli o con il gruppo al quale esso appartiene;

d) previsione del limite per l’impiego di intermediari appartenenti al medesimo gruppo da parte dei gestori dei patrimoni di OICR, di prodotti assicu­rativi e di previdenza complementare, nonché dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi, di cui alla lettera b), per la negoziazione di strumenti finanziari nello svolgimento dei servizi di gestione di cui al presente articolo, in misura non superiore al 60 per cento del controvalore complessivo degli acquisti e delle vendite degli stessi;

e) salvo quanto disposto dalla lettera d), previsione dell’obbligo, a carico dei gestori dei patrimoni di OICR, di prodotti assicurativi e di previdenza complementare, nonché dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi, di cui alla lettera b), di motivare, sulla base delle condizioni economiche praticate nonché dell’efficienza e della qualità dei servizi offerti, l’impiego di intermediari appartenenti al medesimo gruppo per la negoziazione di strumenti finanziari nello svolgimento dei servizi di gestione di cui al presente articolo, qualora superi il 30 per cento del controvalore complessivo degli acquisti e delle vendite degli stessi;

f) previsione dell’obbligo, a carico dei gestori dei patrimoni di OICR, di prodotti assicurativi e di previdenza complementare, nonché dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi, di cui alla lettera b) di comunicare agli investitori la misura massima dell’impiego di intermediari appartenenti al medesimo gruppo, da essi stabilita entro il limite di cui alla lettera d), all’atto della sottoscrizione di quote di OICR, di prodotti assicurativi e di previdenza complementare ovvero all’atto del confe­rimento dell’incarico di gestione su base individuale di portafogli d’investimento per conto terzi, nonché ad ogni successiva variazione e comunque annualmente;

g) attribuzione del potere di dettare disposizioni di attuazione alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), d’intesa con la Banca d’Italia, per quanto riguarda gli OICR;

h)previsione di sanzioni ammini­strative pecuniarie e accessorie, in caso di violazione delle norme introdotte ai sensi del presente articolo, sulla base dei princìpi e criteri di cui alla presente legge, nel rispetto dei princìpi di adeguatezza e proporzione e riservando le sanzioni accessorie ai casi di maggiore gravità o di reiterazione dei comportamenti vietati;

i)attribuzione del potere di irrogare le sanzioni previste dalla lettera h) alla CONSOB, d’intesa con la Banca d’Italia;

l) riferimento, per la determinazione della nozione di gruppo, alla definizione di controllo contenuta nell’articolo 93 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.


 

 

L’articolo 9 conferisce delega legislativa al Governo per la disciplina dei conflitti d’interessi nella gestione dei patrimoni degli organismi d’investimento collettivo del risparmio (OICR), dei prodotti assicurativi e di previdenza complementare e nelle gestioni su base individuale di portafogli d’investimento per conto terzi.

 

In particolare è prevista la limitazione dell’investimento dei suddetti patrimoni in titoli emessi o collocati da società appartenenti allo stesso gruppo cui appartengono i soggetti gestori o, nel caso di prodotti di previdenza complementare, emessi da soggetti sottoscrittori delle fonti istitutive, nonché, in titoli emessi o collocati da società appartenenti a gruppi legati da significativi rapporti di finanziamento con il soggetto gestore o con il suo gruppo. È inoltre prevista analoga limitazione all’impiego di intermediari appartenenti al medesimo gruppo del gestore per la negoziazione di strumenti finanziari nello svolgimento dei servizi di gestione.

 

Il Senato ha precisato, al comma 1, che l’esercizio della delega legislativa non deve comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

È stato inoltre introdotto, con la lettera a) del comma 1, un criterio direttivo generale, in base al quale la disciplina introdotta deve tendere alla salvaguardia dell’interesse dei risparmiatori e dell’integrità del mercato finanziario mediante la disciplina dei comportamenti nelle gestioni del risparmio.

 

Alle lettere b) e c), riguardanti i limiti all’investimento nei casi in cui possono darsi conflitti d’interessi a causa delle relazioni fra il gestore del patrimonio e l’emittente o il soggetto collocatore dell’emissione, è stata modificata la determinazione dell’oggetto dell’investimento.

Il testo approvato dalla Camera faceva infatti riferimento agli investimenti in prodotti finanziari.

La nozione di prodotto finanziario è definita dall’articolo 1, comma 1, lettera u), del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

Sono prodotti finanziari gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria.

In base al successivo comma 2, sono strumenti finanziari: a) le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali; b) le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali; c) gli strumenti finanziari, negoziabili sul mercato dei capitali, previsti dal codice civile; d) le quote di fondi comuni di investimento; e) i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario; f) qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici; g) i contratti «futures» su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti; h) i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti; i) i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi di interesse, a valute, a merci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti; l) i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici, nonché i contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti; m) le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere.

 

Il testo modificato dal Senato restringe invece l’ambito di efficacia delle limitazioni agli investimenti da prevedersi nell’emananda disciplina sui conflitti d’interessi ai soli investimenti in titoli, ossia in rapporti i cui diritti patrimoniali siano incorporati in un documento (ad esempio azioni, obbligazioni, strumenti finanziari previsti dal codice civile).

Rimangono quindi esclusi dall’ambito della regolamentazione tutti gli investimenti che si realizzino mediante un contratto (ad esempio contratti a termine, derivati).

 

Alla lettera g), che disciplina l’adozione delle disposizioni di attuazione attribuendone il potere alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), è stata aggiunta la specificazione che, relativamente alla disciplina degli OICR, tale disposizioni dovranno essere emanate d’intesa con la Banca d’Italia.

Parimenti d’intesa con la Banca d’Italia – secondo la successiva lettera i) nel testo modificato dal Senato – la CONSOB eserciterà i poteri sanzionatorî in caso di violazione.

 

Si osserva che l’intesa richiesta fra le due autorità per l’esercizio del potere sanzionatorio non è limitata nella lettera i) alle sole fattispecie riguardanti gli OICR, diversamente da quanto previsto alla lettera g) in relazione al potere regolamentare.

 


Articolo 10
(Conflitti d’interessi nella prestazione dei servizi d’investimento)

 


1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 6, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

«2-bis. La Banca d’Italia, d’intesa con la CONSOB, disciplina i casi in cui, al fine di prevenire conflitti di interesse nella prestazione dei servizi di investimento, anche rispetto alle altre attività svolte dal soggetto abilitato, determinate attività debbano essere prestate da strutture distinte e autonome.»;

b) all’articolo 190, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

3-bis. I soggetti che svolgono fun­zioni di amministrazione, direzione o controllo nei soggetti abilitati, i quali non osservano le disposizioni previste dall’articolo 6, comma 2-bis, ovvero le disposizioni generali o particolari emanate in base al medesimo comma dalla Banca d’Italia, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquantamila euro a cinquecentomila euro.


 

L’articolo 10 introduce nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, disposizioni volte a regolare e prevenire i conflitti d’interessi nella prestazione dei servizi d’investimento.

 

In particolare, è contemplata la possibilità di prescrivere ai soggetti abilitati che determinate attività siano prestate da strutture distinte e autonome.

 

Al comma 1, lettera a), il Senato ha sostituito il testo del capoverso 2-bis. La nuova formulazione attribuisce alla Banca d’Italia, d’intesa con la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), il potere di stabilire in quali casi, al fine di prevenire conflitti d’interessi nella prestazione dei servizi d’investimento, anche rispetto alle altre attività svolte dal soggetto abilitato, determinate attività debbano essere prestate [recte: svolte] da strutture distinte e autonome.

 

La disposizione determina nella finalità di prevenire i conflitti il criterio in base al quale le due autorità, d’intesa fra loro, dovranno predisporre la nuova disciplina. Tale disciplina prenderà in considerazione i servizi d’investimento nonché le altre attività svolte dal soggetto abilitato (banca o intermediario finanziario). Nell’ambito di queste, dovranno essere individuate le attività suscettibili di entrare in conflitto e determinati i casi in cui, per il fine predetto, tutte o alcune fra esse debbano essere svolte da strutture distinte con garanzie di reciproca autonomia.

Come è rilevato nella relazione delle Commissioni del Senato all’Assemblea, “rispetto al testo originario viene meno, pertanto, la possibilità da parte dell’autorità competente di prescrivere che la prestazione dei servizi di investimento debba essere effettuata da società distinte”.

 

Il Senato ha altresì modificato la norma sanzionatoria prevista dalla successiva lettera b), collocandola nell’articolo 190 del testo unico (contenente le sanzioni amministrative pecuniarie in tema di disciplina degli intermediari e dei mercati).

La sanzione amministrativa pecuniaria, in caso di violazione delle prescrizioni sopra illustrate o delle disposizioni generali o particolari emanate in base ad esse dalla Banca d’Italia, viene comminata nei riguardi dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso i soggetti abilitati.

 

Il testo approvato dalla Camera prevedeva l’irrogazione della sanzione nei confronti dei soggetti abilitati, presupponendo l’esercizio successivo dell’obbligo di rivalsa secondo il procedimento sanzionatorio prefigurato dall’articolo 190 del testo unico, come riformulato in successivo articolo del presente provvedimento. Il Senato, non avendo condiviso tale riorganizzazione del procedimento sanzionatorio, ha ricondotto anche in questo caso la responsabilità direttamente a carico delle persone fisiche titolari delle funzioni di amministrazione, direzione o controllo.

Inoltre, rispetto al testo approvato dalla Camera, rimane immutata la misura della sanzione pecuniaria, ma viene meno la sanzione accessoria della sospensione o della revoca dell’autorizzazione all’esercizio dei servizi d’investimento, ivi contemplata per i casi più gravi.

 

Con riguardo alla disciplina attualmente in vigore, si può ricordare che l’articolo 56 del regolamento di attuazione del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (decreto legislativo n. 58 del 1998), concernente la disciplina degli intermediari, adottato con delibera CONSOB n. 11522 del 1° luglio 1998, dispone, al comma 3, che gli intermediari autorizzati, anche al fine di ridurre al minimo il rischio di conflitti d’interessi, debbono adottare procedure interne finalizzate ad assicurare che non si verifichino scambi di informazioni fra i settori dell’organizzazione aziendale che debbono essere tenuti separati.

È fatto rinvio alle disposizioni emanate dalla Banca d’Italia ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera a), del medesimo testo unico, che attribuisce alla Banca d’Italia il potere di disciplinare, sentita la CONSOB, l’organizzazione amministrativa e contabile degli intermediari.

 

Rilevano, in particolare, le disposizioni del titolo IV, capitolo 11, paragrafo 2.3, delle Istruzioni di vigilanza per le banche, secondo cui nello svolgimento dei servizi di investimento le banche, attenendosi alle regole che ne disciplinano l’esercizio, hanno l’obbligo di adottare strutture organizzative che riducano al minimo il rischio di conflitti d’interessi. Esse debbono assicurare la separatezza tra il servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi e il complesso delle altre attività tipicamente esercitate dalla banca. Ciò deve avvenire nel rispetto delle disposizioni contenute nelle Istruzioni di vigilanza per gli intermediari del mercato mobiliare (titolo II, capitolo 2, paragrafo 4), le quali prevedono, fra l’altro, che il servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi sia tenuto separato dagli altri servizi d’investimento esercitati dalla società d’intermediazione mobiliare (SIM) nonché dalle altre attività svolte dalla SIM medesima. Pertanto, gli addetti al servizio di gestione della SIM debbono operare in modo indipendente e senza vincoli di subordinazione rispetto agli altri settori aziendali; il servizio di gestione non dev’essere collocato in posizione di subordinazione funzionale, decisionale e operativa rispetto alle altre strutture aziendali, comprese quelle previste per l’esercizio degli altri servizi di investimento; le operazioni in valori mobiliari concluse tra la struttura addetta al servizio di gestione e le altre strutture aziendali debbono trovare evidenza in specifiche operazioni interne. Il rispetto delle regole di separatezza lascia comunque impregiudicata la facoltà di accentrare l’organizzazione amministrativa dei servizi generali (quali, ad esempio, i servizi cosiddetti di back office) e la funzione di contabilità generale, configurando questa uno delle più vantaggiose economie di scala derivanti dall’adozione del modello della banca universale.

 


Articolo 11
(Circolazione in Italia di strumenti finanziari collocati presso investitori professionali e obblighi informativi)

 


1. All’articolo 2412 del codice civile, sono apportate le seguenti modifica­zioni:

a)dopo il terzo comma è inserito il seguente:

«Al computo del limite di cui al primo comma concorrono gli importi relativi a garanzie comunque prestate dalla società per obbligazioni emesse da altre società, anche estere».

b) il settimo comma è abrogato.

2. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 30, il comma 9 è sostituito dal seguente:

9. Il presente articolo si applica anche ai prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari e dai prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione, fermo restando l’obbligo di consegna del prospetto informativo”;

b) la lettera f) del comma 1 dell’articolo 100 è abrogata;

c) dopo l’articolo 100 è inserito il seguente:

«Art. 100-bis. - (Circolazione dei prodotti finanziari). – 1. Nei casi di sollecitazione all’investimento di cui all’articolo 100, comma 1, lettera a), e di successiva circolazione in Italia di prodotti finanziari, anche emessi all’estero, gli investitori professionali che li trasferiscono, fermo restando quanto previsto ai sensi dell’articolo 21, rispondono della solvenza dell’emittente nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali, per la durata di un anno dall’emissione. Resta fermo quanto stabilito dall’articolo 2412, secondo comma, del codice civile.

2. Il comma 1 non si applica se l’intermediario consegna un docu­mento informativo contenente le informazioni stabilite dalla CONSOB agli acquirenti che non siano inve­stitori professionali, anche qualora la vendita avvenga su richiesta di questi ultimi. Spetta all’intermediario l’onere della prova di aver adempiuto agli obblighi indicati dal presente comma.»;

d) all’articolo 118, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. L’articolo 116 non si applica agli strumenti finanziari emessi dalle banche, diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni».

3. Nella parte II, titolo II, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, dopo l’articolo 25 è aggiunto il seguente:

«Art. 25-bis. - (Prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione). – 1. Gli articoli 21 e 23 si applicano alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari emessi da banche nonché, in quanto compatibili, da imprese di assicurazione.

2. In relazione ai prodotti di cui al comma 1 e nel perseguimento delle finalità di cui all’articolo 5, comma 3, la CONSOB esercita sui soggetti abilitati e sulle imprese di assicurazione i poteri di vigilanza regolamentare, informativa e ispettiva di cui all’articolo 6, comma 2, all’articolo 8, commi 1 e 2, e all’articolo 10, comma 1, nonché i poteri di cui all’articolo 7, comma 1.

3. Il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza o il comitato per il controllo sulla gestione delle imprese di assicurazione informa senza indugio la CONSOB di tutti gli atti o i fatti, di cui venga a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti, che possano costituire una violazione delle norme di cui al presente capo ovvero delle disposizioni generali o particolari emanate dalla CONSOB ai sensi del comma 2.

4. Le società incaricate della revisione contabile delle imprese di assicurazione comunicano senza indugio alla CONSOB gli atti o i fatti, rilevati nello svolgimento dell’incarico, che possano costituire una grave violazione delle norme di cui al presente capo ovvero delle disposizioni generali o particolari emanate dalla CONSOB ai sensi del comma 2.

5. I commi 3 e 4 si applicano anche all’organo che svolge funzioni di controllo e alle società incaricate della revisione contabile presso le società che controllano l’impresa di assicurazione o che sono da queste controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.

6. L’ISVAP e la CONSOB si comunicano reciprocamente le ispezioni da ciascuna disposte sulle imprese di assicurazione. Ciascuna autorità può chiedere all’altra di svolgere accertamenti su aspetti di propria competenza».


 

 

L’articolo 11 interviene sull’articolo 2412 del codice civile e su alcuni articoli del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, modificando la disciplina relativa alla circolazione in Italia di strumenti finanziari collocati presso investitori professionali e agli obblighi informativi prescritti in caso di successivo trasferimento dei medesimi a investitori non professionali.

 

Il comma 1 stabilisce che al computo del limite previsto dal primo comma dell’articolo 2412 del codice civile per l’emissione di obbligazioni da parte delle società (entro il doppio del capitale sociale) concorrono gli importi relativi a garanzie comunque prestate dalla società per obbligazioni emesse da altre società, anche estere.

Il Senato, lasciando immutata questa disposizione, ha previsto, per opportuno coordinamento, l’abrogazione del settimo comma dello stesso articolo 2412 del codice civile.

 

Il settimo comma dell’articolo 2412 del codice civile, introdotto dall’articolo 15, comma 1, del decreto legislativo 28 dicembre 2004, n. 310 (Integrazioni e correzioni alla disciplina del diritto societario ed al testo unico in materia bancaria e creditizia, in base alla delega legislativa conferita dalla legge 3 ottobre 2001, n. 366), stabilisce che le disposizioni del medesimo articolo si applicano anche alle obbligazioni emesse all'estero da società italiane ovvero da loro controllate o controllanti, se negoziate nello Stato, nei limiti stabiliti con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro della giustizia, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta della Commissione nazionale per le società e la borsa; in questo caso la negoziazione ad opera di investitori professionali nei confronti di soggetti diversi deve, a pena di nullità, avvenire mediante consegna di un prospetto informativo contenente le informazioni stabilite dalla Commissione nazionale per le società e la borsa, anche quando la vendita avvenga su richiesta dell'acquirente.

Il previsto regolamento ministeriale non risulta essere stato finora emanato[23].

 

Il comma 2 reca varie modificazioni al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, concernenti la circolazione di particolari categorie di prodotti finanziari attualmente non sottoposti a taluni obblighi di trasparenza.

 

Il testo approvato dalla Camera prevedeva, in sintesi:

a) l’applicazione delle disposizioni in materia di offerta fuori sede a tutti i prodotti finanziari, anche diversi dagli strumenti finanziari, con la sola eccezione dei prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazione;

b) l’estensione delle norme sulla sollecitazione all’investimento (approvazione del prospetto, obblighi informativi, limiti agli annunzi pubblicitari) e degli obblighi informativi previsti per gli emittenti di strumenti finanziari non quotati ma diffusi tra il pubblico in misura rilevante anche ai prodotti finanziari emessi da banche e (ove siano qualificabili come sollecitazioni all’investimento) ai prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazione;

c) qualora strumenti o prodotti finanziari, collocati presso i soli investitori professionali in Italia o all’estero (e quindi privi di prospetto), siano ceduti a investitori non professionali, l’obbligo, a carico del cedente, di consegnare un particolare prospetto e comunque di garantire la solvenza dell’emittente per un anno dalla cessione.

 

Il testo modificato dal Senato prevede:

 

a) l’applicazione delle disposizioni in materia di offerta fuori sede (limitazione dei soggetti che possono effettuare l’offerta, sospensione dell’efficacia del contratto per sette giorni e diritto di recesso, obbligo di avvalersi di promotori finanziari) a tutti i prodotti finanziari, anche diversi dagli strumenti finanziari, con l’eccezione dei prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione, per i quali è tuttavia prescritta la consegna del prospetto informativo;

 

L’articolo 30, comma 9, del testo unico prevede attualmente che le disposizioni in materia di offerta fuori sede si applichino a tutti i prodotti finanziari, anche diversi dagli strumenti finanziari, con l’eccezione dei prodotti finanziari emessi da banche, diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni, e dei prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazione.

 

Il riferimento ai “prodotti finanziari” emessi da imprese di assicurazione amplia notevolmente – nel testo approvato dal Senato – il novero delle forme d’investimento finanziario che le imprese assicurative possono collocare presso il pubblico anche mediante offerta fuori sede, ben oltre l’attuale limite dei prodotti qualificabili come “prodotti assicurativi”.

 

b) l’estensione delle norme sulla sollecitazione all’investimento (approvazione del prospetto, obblighi informativi, limiti agli annunzi pubblicitari) anche ai prodotti finanziari emessi da banche e (ove siano qualificabili come sollecitazioni all’investimento) ai prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazione;

 

Il vigente articolo 100, comma 1, lettera f), del testo unico esenta questi prodotti dall’applicazione delle norme sulla sollecitazione all’investimento.

Invero, per quanto riguarda i prodotti assicurativi, la natura di essi e la speciale disciplina onde sono regolati dovrebbe escludere, in linea di massima, la possibilità di qualificarli come forme di sollecitazione all’investimento.

 

c) nei casi di successiva circolazione in Italia di prodotti finanziari, anche emessi all’estero, quando la sollecitazione all’investimento sia stata rivolta ai soli investitori professionali (articolo 100, comma 1, lettera a), del testo unico), obbligo, a carico dell’investitore professionale cedente nei confronti dell’acquirente che non sia investitore professionale, di garantire la solvenza dell’emittente, limitatamente alla durata di un anno dall’emissione e ferma restando l’osservanza degli obblighi previsti a carico dei soggetti abilitati dall’articolo 21 del testo unico (diligenza, correttezza, trasparenza, prevenzione dei conflitti d’interesse e altre misure a salvaguardia dell’interesse del cliente).

 

La disposizione fa salve le maggiori garanzie previste dall’articolo 2412, secondo comma, del codice civile nel caso di emissioni obbligazionarie eccedenti il limite del doppio del capitale sociale (garanzia di solvenza senza limite temporale da parte dell’intermediario).

 

Tuttavia, la predetta garanzia non si applica se l’intermediario consegna agli acquirenti che non siano investitori professionali – anche qualora la vendita avvenga su richiesta di questi ultimi – un documento informativo contenente le informazioni stabilite dalla CONSOB. Per la liberazione dal predetto obbligo di garanzia, spetta all’intermediario l’onere di provare la consegna del documento;

 

d) la riformulazione del comma 2 dell’articolo 118 del testo unico con il mantenimento dell’esenzione dagli obblighi informativi previsti per gli emittenti di strumenti finanziari non quotati ma diffusi tra il pubblico in misura rilevante per gli strumenti finanziari non quotati emessi dalle banche, diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni.

 

Rispetto al testo vigente, viene meno l’implicito riferimento ai prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazione, che per altro possono ritenersi per loro natura soggetti a una diversa disciplina.

 

Il comma 3 introduce nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria un nuovo articolo 25-bis, riguardante l’applicazione delle disposizioni relative allo svolgimento dei servizi d’investimento anche alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari emessi da banche nonché, in quanto compatibili, da imprese di assicurazione.

 

Il Senato ha specificato l’ambito di operatività della disciplina, individuando negli articoli 21 e 23 del testo unico le disposizioni applicabili alla sottoscrizione e al collocamento di tali prodotti.

 

Il capo II del titolo II del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria reca disposizioni sullo svolgimento dei servizi d’investimento, prevedendo – oltre ai criteri generali e alle norme in materia di contratti – regole sulla separazione patrimoniale, sulla gestione dei portafogli d’investimento e sulle attività di negoziazione nei mercati regolamentati, la cui applicabilità alle imprese di assicurazione appariva dubbia in ragione della disciplina speciale relativa alla vigilanza su questi soggetti.

 

L’articolo 21 del testo unico stabilisce che, nella prestazione dei servizi di investimento e accessori, i soggetti abilitati devono:

a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati;

b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati;

c) organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento;

d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi;

e) svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati.

È comunque ammesso che, nello svolgimento dei servizi, le imprese di investimento, le banche e le società di gestione del risparmio possano, previo consenso scritto, agire in nome proprio e per conto del cliente.

L’articolo 23 prescrive che i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori siano redatti per iscritto e che un esemplare di essi sia consegnato ai clienti. La CONSOB, sentita la Banca d'Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma.

In caso di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo. È altresì nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico: in questi casi nulla è dovuto. Queste ipotesi di nullità possono esser fatte valere solo dal cliente (c.d. nullità relativa).

Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta[24].


Articolo 12
(Attuazione della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE)

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante le norme per il recepimento della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negozia­zione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE, di seguito denominata «direttiva».

2. Entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, il Governo, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi previsti dal comma 3, e con la procedura stabilita per il decreto legislativo di cui al comma 1, può emanare disposizioni correttive e integrative del medesimo decreto legislativo, anche per tenere conto delle misure di esecuzione adottate dalla Commissione europea secondo la procedura di cui all’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva.

3. Con i decreti legislativi di cui ai commi 1 e 2 sono apportate al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva e delle relative misure di esecuzione nell’ordinamento nazionale, mantenen­do, ove possibile, le ipotesi di conferimento di poteri regolamentari ivi contemplate; i decreti tengono inoltre conto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) adeguare alla normativa comunitaria la disciplina dell’offerta al pubblico dei prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari come definiti, rispettivamente, dall’articolo 1, comma 1, lettera u), e comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;

b) individuare nella CONSOB l’Autorità nazionale competente in materia;

c) prevedere che la CONSOB, al fine di assicurare l’efficienza del procedimento di approvazione del pro­spetto informativo da pubblicare in caso di offerta pubblica di titoli di debito bancari non destinati alla negoziazione in un mercato regolamentato, stipuli accordi di collaborazione con la Banca d’Italia;

d) assicurare la conformità della disciplina esistente in materia di segreto d’ufficio alla direttiva;

e) disciplinare i rapporti con le Autorità estere anche con riferimento ai poteri cautelari esercitabili;

f) individuare, anche mediante l’attribuzione alla CONSOB di compiti regolamentari, da esercitare in conformità alla direttiva e alle relative misure di esecuzione dettate dalla Commissione europea:

1) i tipi di offerta a cui non si applica l’obbligo di pubblicare un prospetto nonché i tipi di strumenti finanziari alla cui offerta al pubblico ovvero alla cui ammissione alla negoziazione non si applica l’obbligo di pubblicare un prospetto;

2) le condizioni alle quali il collocamento tramite intermediari ovvero la successiva rivendita di strumenti finanziari oggetto di offerte a cui non si applica l’obbligo di pubblicare un prospetto siano da assoggettare a detto obbligo;

g) prevedere che il prospetto e i supplementi approvati nello Stato membro d’origine siano validi per l’offerta al pubblico o per l’ammissione alla negoziazione in Italia;

h) prevedere, nei casi contemplati dalla direttiva, il diritto dell’investitore di revocare la propria accettazione, comunque essa sia denominata, stabilendo per detta revoca un termine non inferiore a due giorni lavorativi, prevedendo inoltre la responsabilità dell’intermediario responsabile del collocamento in presenza di informazioni false o di omissioni idonee a influenzare le decisioni d’investimento di un investitore ragionevole;

i) prevedere i criteri in base ai quali la CONSOB può autorizzare determi­nate persone fisiche e piccole e medie imprese ad essere considerate investitori qualificati ai fini dell’esenzione delle offerte rivolte unicamente a investitori qualificati dall’obbligo di pubblicare un prospetto;

l) prevedere una disciplina concer­nente la responsabilità civile per le informazioni contenute nel prospetto;

m) prevedere che la CONSOB, con riferimento all’approvazione del prospet­to, verifichi la completezza delle informazioni nello stesso contenute, nonché la coerenza e la comprensibilità delle informazioni fornite;

n) conferire alla CONSOB il potere di disciplinare con regolamenti, in conformità alla direttiva e alle relative misure di esecuzione dettate dalla Commissione europea, anche le seguenti materie:

1) impiego delle lingue nel prospetto con individuazione dei casi in cui la nota di sintesi deve essere redatta in lingua italiana;

2) obbligo di depositare presso la CONSOB un documento concernente le informazioni che gli emittenti hanno pubblicato o reso disponibili al pubblico nel corso di un anno;

3) condizioni per il trasferimento dell’approvazione di un prospetto all’Autorità competente di un altro Stato membro;

4) casi nei quali sono richieste la pubblicazione del prospetto anche in forma elettronica e la pubblicazione di un avviso il quale precisi in che modo il prospetto è stato reso disponibile e dove può essere ottenuto dal pubblico;

o) avvalersi della facoltà di autorizzare la CONSOB a delegare compiti a società di gestione del mercato, nel rispetto dei princìpi stabiliti dalla direttiva;

p) fatte salve le sanzioni penali già previste per il falso in prospetto, prevedere, per la violazione dell’obbligo di pubblicare il prospetto, sanzioni amministrative pecuniarie di importo non inferiore a un quarto del controvalore offerto e fino ad un massimo di due volte il controvalore stesso e, ove quest’ultimo non sia determinabile, di importo minimo di centomila euro e massimo di due milioni di euro; prevedere, per le altre violazioni della normativa interna e comunitaria, sanzioni amministrative pecuniarie da cinquemila euro a cinquecentomila euro; escludere l’applicabilità dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni; prevedere la pubblicità delle sanzioni salvo che, a giudizio della CONSOB, la pubblicazione possa turbare gravemente i mercati o arrecare un danno sproporzionato; prevedere sanzioni accessorie di natura interdittiva;

q) attribuire alla CONSOB il relativo potere sanzionatorio, da esercitare secondo procedure che salvaguardino il diritto di difesa, e prevedere, ove le violazioni siano commesse da persone giuridiche, la responsabilità di queste ultime, con obbligo di regresso verso le persone fisiche responsabili delle violazioni.


 

 

L’articolo 12 conferisce delega legislativa al Governo per il recepimento della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE.

 

Al comma 1, alinea, il Senato ha introdotto la clausola secondo cui il decreto legislativo delegato non dovrà comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Si segnala che la medesima delega legislativa, con parziale modificazione del contenuto dei criteri direttivi, è prevista nell’articolo 9 del disegno di legge comunitaria 2005, nel testo della Commissione, attualmente all’esame del Senato (A. S. n. 3509-A ).


Articolo 13
(Pubblicità del tasso effettivo globale
medio degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari)

 

1. Al comma 1 dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Per le operazioni di finanziamento, comunque denomi­nate, è pubblicizzato il tasso effettivo globale medio computato secondo le modalità stabilite a norma dell’articolo 122».

 

 

L’articolo 13 introduce un nuovo periodo nell’articolo 116, comma 1, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. La disposizione è volta a disciplinare l’obbligo di pubblicizzare il tasso effettivo globale medio per le operazioni di finanziamento, computato ai sensi dell’articolo 122 del medesimo decreto.

 

Nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, l’originaria indicazione del “tasso effettivo globale annuo” è stata modificata, riferendola al “tasso effettivo globale medio”.

 

La disposizione qui illustrata, nel testo approvato dalla Camera, sembrava diretta ad estendere a tutte le operazioni di finanziamento il regime di pubblicità del relativo tasso effettivo globale annuo, attualmente previsto solo per le operazioni di credito al consumo[25].

 

Appare opportuno ricordare preliminarmente che l’articolo 122 del testo unico bancario, cui la norma qui illustrata fa riferimento, reca disposizioni concernenti il tasso effettivo annuo globale.

 

L’articolo 116 del testo unico bancario reca disposizioni in materia di pubblicità delle informazioni. In particolare, ai sensi del comma 1, nei locali aperti al pubblico devono essere pubblicizzati i tassi di interesse, i prezzi, le spese per le comunicazioni alla clientela e ogni altra condizione economica relativa alle operazioni e ai servizi offerti, ivi compresi gli interessi di mora e le valute applicate per l'imputazione degli interessi.

L’articolo 122 disciplina il tasso annuo effettivo globale (TAEG), ossia il tasso che indica il costo complessivo, a carico del cliente, di un finanziamento erogato da banche o società finanziarie. In particolare, ai sensi del citato articolo 122, le modalità di determinazione del TAEG sono stabilite dal Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR).

 

Le modalità di calcolo del TAEG sono attualmente stabilite dal decreto ministeriale 8 luglio 1992 recante “Disciplina e criteri di definizione del tasso annuo effettivo globale per la concessione di credito al consumo”, modificato dal D.M. 6 maggio 2000 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 29 maggio 2000, n. 123), emanato per il recepimento della direttiva 98/7/CE[26].

Ai fini della determinazione del TAEG devono essere incluse, oltre agli interessi, le seguenti voci: spese istruttoria e apertura della pratica; spese di riscossione dei rimborsi e di incasso delle rate; spese per l’assicurazione o le garanzie imposte dal creditore; costo dell’eventuale mediazione svolta da un terzo; altre somme indicate nel contratto.

 

Appare opportuno ricordare, inoltre, che disposizioni in merito al tasso annuo effettivo globale e alla sua pubblicità sono state inserite, da ultimo, nell’articolo 41 del decreto legislativo n. 206/2005 concernente il codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229.

Ai sensi del richiamato articolo 41, il CICR, al fine di adeguare la normativa nazionale alla direttiva 98/7/CE, apporta le necessarie modifiche alla disciplina contenuta nel citato decreto ministeriale 8 luglio 1992. In proposito si segnala che, sia la direttiva comunitaria, sia il decreto ministeriale contengono, tra l’altro, la formula matematica per la determinazione del TAEG e l’individuazione delle voci da includere e da escludere per il calcolo del medesimo tasso.

Come si è detto, al recepimento si è già provveduto con il D.M. 6 maggio 2000.

 

La disciplina relativa al tasso effettivo globale medio è contenuta nella legge 7 marzo 1996, n. 108,recante disposizioni in materia di usura.

 

In particolare, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della richiamata legge n. 108, il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti la Banca d’Italia[27] e l’Ufficio italiano dei cambi, rileva, con cadenza trimestrale, il tasso effettivo globale medio degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari[28] nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura. Il tasso effettivo globale medio deve considerare le commissioni, le remunerazioni a qualsiasi titolo e le spese, escluse quelle per imposte e tasse e, pur essendo rilevato trimestralmente, deve essere poi riferito all’anno. I valori medi derivanti da tale rilevazione, corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento, sono pubblicati senza ritardo nella Gazzetta ufficiale.

Il successivo comma 2 disciplina la classificazione delle operazioni di credito per categorie omogenee, disponendo che debba essere predisposta, con cadenza annuale, dal Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi. La predetta classificazione deve essere effettuata sulla base della natura, dell'oggetto, dell'importo, della durata, dei rischi e delle garanzie relative ai finanziamenti.

Il comma 3 dispone, a carico delle banche e degli intermediari finanziari, l’obbligo di esporre sia nella sede che nelle filiali in modo facilmente visibile l’avviso con l’indicazione del tasso effettivo globale medio e della classificazione delle operazioni a norma dei commi 1 e 2.

Infine, il comma 4 dispone che il limite massimo del tasso applicabile si determina incrementando del 50 per cento il tasso effettivo globale medio; gli interessi eccedenti questa misura sono definiti usurari e si applicano le disposizioni contenute nell’articolo 644 del codice penale.

 

Non appare chiara la ratio della disposizione, come modificata, in quanto l’obbligo di pubblicità del tasso effettivo globale medio è già previsto dall’articolo 2, comma 3, della legge n. 108 del 1996.

 


Articolo 14
(Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria)

 


1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 21, comma 1, lettera a), è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I soggetti abilitati classificano, sulla base di criteri generali minimi definiti con regolamento dalla CONSOB, che a tale fine può avvalersi della collaborazione delle associazioni mag­giormente rappresentative dei soggetti abilitati e del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, di cui alla legge 30 luglio 1998, n. 281, il grado di rischiosità dei prodotti finanziari e delle gestioni di portafogli d’investimento e rispettano il principio dell’adeguatezza fra le operazioni consigliate agli investitori, o effettuate per conto di essi, e il profilo di ciascun cliente, determinato sulla base della sua esperienza in materia di investimenti in prodotti finanziari, della sua situazione finan­ziaria, dei suoi obiettivi d’investimento e della sua propensione al rischio, salve le diverse disposizioni espressamente impartite dall’investitore medesimo in forma scritta, ovvero anche mediante comunicazione telefonica o con l’uso di strumenti telematici, purché siano adottate procedure che assicurino l’accertamento della provenienza e la conservazione della documentazione dell’ordine»;

b) all’articolo 31:

1) il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. È istituito l’albo unico dei promotori finanziari, articolato in sezioni territoriali. Alla tenuta dell’albo provvede un organismo costituito dalle associazioni professionali rappresen­tative dei promotori e dei soggetti abilitati. L’organismo ha personalità giuridica ed è ordinato in forma di associazione, con autonomia organizzativa e statutaria, nel rispetto del principio di articolazione territoriale delle proprie strutture e attività. Nell’ambito della propria autonomia finanziaria l’organismo determina e riscuote i contributi e le altre somme dovute dagli iscritti e dai richiedenti l’iscrizione, nella misura necessaria per garantire lo svolgimento delle proprie attività. Esso provvede all’iscrizione all’albo, previa verifica dei necessari requisiti, e svolge ogni altra attività necessaria per la tenuta dell’albo. L’organismo opera nel rispetto dei princìpi e dei criteri stabiliti con regolamento dalla CONSOB, e sotto la vigilanza della medesima»;

2) al comma 5, secondo periodo, le parole: «indette dalla CONSOB» sono soppresse;

3) il comma 6 è sostituito dal seguente:

«6. La CONSOB determina, con regolamento, i princìpi e i criteri relativi:

a) alla formazione dell’albo previsto dal comma 4 e alle relative forme di pubblicità;

b) ai requisiti di rappresentatività delle associazioni professionali dei promotori finanziari e dei soggetti abilitati;

c) all’iscrizione all’albo previsto dal comma 4 e alle cause di sospensione, di radiazione e di riammissione;

d) alle cause di incompatibilità;

e) ai provvedimenti cautelari e alle sanzioni disciplinati, rispettivamente, dagli articoli 55 e 196 e alle violazioni cui si applicano le sanzioni previste dallo stesso articolo 196, comma 1;

f) all’esame, da parte della stessa CONSOB, dei reclami contro le delibere dell’organismo di cui al comma 4, relative ai provvedimenti indicati alla lettera c);

g) alle regole di presentazione e di comportamento che i promotori finanziari devono osservare nei rapporti con la clientela;

h) alle modalità di tenuta della documentazione concernente l’attività svolta dai promotori finanziari;

i) all’attività dell’organismo di cui al comma 4 e alle modalità di esercizio della vigilanza da parte della stessa CONSOB;

l) alle modalità di aggiornamento professionale dei promotori finanziari»;

c) all’articolo 62:

1) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Qualora le azioni della società di gestione siano quotate in un mercato regolamentato, il regolamento di cui al comma 1 è deliberato dal consiglio di amministrazione della società medesima»;

2) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Il regolamento può stabilire che le azioni di società controllanti, il cui attivo sia prevalentemente composto dalla partecipazione, diretta o indiretta, in una o più società con azioni quotate in mercati regolamentati, vengano negoziate in segmento distinto del mercato»;

3) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. La CONSOB determina con proprio regolamento:

a) i criteri di trasparenza contabile e di adeguatezza della struttura organizzativa e del sistema dei controlli interni che le società controllate, costituite e regolate dalla legge di Stati non appartenenti all’Unione europea, devono rispettare affinché le azioni della società controllante possano essere quotate in un mercato regolamentato italiano. Si applica la nozione di controllo di cui all’articolo 93;

b) le condizioni in presenza delle quali non possono essere quotate le azioni di società controllate sottoposte all’attività di direzione e coordinamento di altra società;

c) i criteri di trasparenza e i limiti per l’ammissione alla quotazione sul mercato mobiliare italiano delle società finanziarie, il cui patrimonio è costituito esclusivamente da partecipazioni»;

d) all’articolo 64:

1) al comma 1, lettera c), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e comunica immediatamente le proprie decisioni alla CONSOB; l’esecuzione delle decisioni di ammissione e di esclusione è sospesa finché non sia decorso il termine indicato al comma 1-bis, lettera a)»;

2) dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:

«1-bis. La CONSOB:

a) può vietare l’esecuzione delle decisioni di ammissione e di esclusione ovvero ordinare la revoca di una decisione di sospensione degli strumenti finanziari e degli operatori dalle negoziazioni, entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, lettera c), se, sulla base degli elementi informativi in suo possesso, ritiene la decisione contraria alle finalità di cui all’articolo 74, comma 1;

b) può chiedere alla società di gestione tutte le informazioni che ritenga utili per i fini di cui alla lettera a);

c) può chiedere alla società di gestione l’esclusione o la sospensione degli strumenti finanziari e degli operatori dalle negoziazioni.

1-ter. L’ammissione, l’esclusione e la sospensione dalle negoziazioni degli strumenti finanziari emessi da una società di gestione in un mercato da essa gestito sono disposte dalla CONSOB. In tali casi, la CONSOB determina le modificazioni da apportare al regolamento del mercato per assicurare la trasparenza, l’ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori, nonché per regolare le ipotesi di conflitto d’interessi. L’ammissione dei suddetti strumenti è subordinata all’adeguamento del regolamento del relativo mercato»;

e) all’articolo 74, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. La CONSOB vigila sul rispetto delle disposizioni del regolamento del mercato, relative agli strumenti finanziari di cui all’articolo 64, comma 1-ter, da parte della società di gestione»;

f) all’articolo 94 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«5-bis. La CONSOB determina quali strumenti o prodotti finanziari, quotati in mercati regolamentati ovvero diffusi fra il pubblico ai sensi dell’articolo 116 e individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, devono avere un contenuto tipico determinato»;

g) all’articolo 114:

1)il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. La CONSOB può, anche in via generale, richiedere ai soggetti indicati nel comma 1, ai componenti degli organi di amministrazione e controllo e ai dirigenti, nonché ai soggetti che detengono una partecipazione rilevante ai sensi dell’articolo 120 o che partecipano a un patto previsto dall’articolo 122 che siano resi pubblici, con le modalità da essa stabilite, notizie e documenti necessari per l’informazione del pubblico. In caso di inottemperanza, la CONSOB provvede direttamente a spese del soggetto inadempiente»;

2) il comma 8 è sostituito dal seguente:

«8. I soggetti che producono o diffondono ricerche o valutazioni, con l’esclusione delle società di rating, riguardanti gli strumenti finanziari indicati all’articolo 180, comma 1, lettera a), o gli emittenti di tali strumenti, nonché i soggetti che producono o diffondono altre informazioni che raccomandano o propongono strategie di investimento destinate ai canali di divulgazione o al pubblico, devono presentare l’informazione in modo corretto e comunicare l’esistenza di ogni loro interesse o conflitto di interessi riguardo agli strumenti finanziari cui l’informazione si riferisce»;

h) all’articolo 115:

1) al comma 1, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

«b) assumere notizie, anche mediante la loro audizione, dai componenti degli organi sociali, dai direttori generali, dai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari e dagli altri dirigenti, dalle società di revisione, dalle società e dai soggetti indicati nella lettera a)»;

2) al comma 1, lettera c), le parole: «nella lettera a)» sono sostituite dalle seguenti: «nelle lettere a) e b), al fine di controllare i documenti aziendali e di acquisirne copia»;

3) al comma 2, le parole: «dalle lettere a) e b)» sono sostituite dalle seguenti: «dalle lettere a), b) e c)»;

i) dopo l’articolo 117 sono inseriti i seguenti:

«Art. 117-bis. - (Fusioni fra società con azioni quotate e società con azioni non quotate). – 1. Sono assoggettate alle disposizioni dell’articolo 113 le operazioni di fusione nelle quali una società con azioni non quotate viene incorporata in una società con azioni quotate, quando l’entità degli attivi di quest’ultima, diversi dalle disponibilità liquide e dalle attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni, sia significativamente inferiore alle attività della società incorporata.

2. Fermi restando i poteri previsti dall’articolo 113, comma 2, la CONSOB, con proprio regolamento, stabilisce disposizioni specifiche relative alle operazioni di cui al comma 1 del presente articolo.

Art. 117-ter. - (Disposizioni in materia di finanza etica). – 1. La CONSOB, previa consultazione con tutti i soggetti interessati e sentite le Autorità di vigilanza competenti, determina con proprio regolamento gli specifici obblighi di informazione e di rendicontazione cui sono tenuti i soggetti abilitati e le imprese di assicurazione che promuo­vono prodotti e servizi qualificati come etici o socialmente responsabili»;

l) nella parte IV, titolo III, capo I, dopo l’articolo 118 è aggiunto il seguente:

«Art. 118-bis. - (Riesame delle informazioni fornite al pubblico). – 1. La CONSOB stabilisce con regolamento le modalità e i termini per il riesame periodico delle informazioni comunicate al pubblico ai sensi di legge, comprese le informazioni contenute nei documenti contabili, dagli emittenti quotati»;

m) nella parte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 124 è inserita la seguente sezione:

«Sezione I-bis.

Informazioni sull’adesione a codici di comportamento

Art. 124-bis. - (Obblighi di informazione relativi ai codici di comportamento). – 1. Le società di cui al presente capo diffondono annualmente, nei termini e con le modalità stabiliti dalla CONSOB, informazioni sull’adesio­ne a codici di comportamento promossi da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori e sull’osser­vanza degli impegni a ciò conseguenti, motivando le ragioni dell’eventuale inadempimento.

Art. 124-ter. - (Vigilanza sull’informazione relativa ai codici di comportamento). – 1. La CONSOB, negli ambiti di propria competenza, stabilisce le forme di pubblicità cui sono sottoposti i codici di comportamento promossi da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori, vigila sulla veridicità delle informazioni riguardanti l’adempimento degli impegni assunti, diffuse dai soggetti che vi abbiano aderito, e irroga le corrispondenti sanzioni in caso di violazione»;

n) nella parte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 154 è inserita la seguente sezione:

«Sezione V-bis.

Redazione dei documenti contabili societari

Art. 154-bis. - (Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari). – 1. Lo statuto prevede le modalità di nomina di un dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, previo parere obbligatorio dell’organo di controllo.

2. Gli atti e le comunicazioni della società previste dalla legge o diffuse al mercato, contenenti informazioni e dati sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della stessa società, sono accompagnati da una dichiarazione scritta del direttore generale e del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, che ne attestano la corrispondenza al vero.

3. Il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari predispone adeguate procedure ammini­strative e contabili per la predisposizione del bilancio di esercizio e, ove previsto, del bilancio consolidato nonché di ogni altra comunicazione di carattere finanziario.

4. Al dirigente preposto alla reda­zione dei documenti contabili societari devono essere conferiti adeguati poteri e mezzi per l’esercizio dei compiti attribuiti ai sensi del presente articolo.

5. Gli organi amministrativi delegati e il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari attestano con apposita relazione, allegata al bilancio di esercizio e, ove previsto, al bilancio consolidato, l’adeguatezza e l’effettiva applicazione delle procedure di cui al comma 3 nel corso dell’esercizio cui si riferisce il bilancio, nonché la corrispondenza del bilancio alle risultan­ze dei libri e delle scritture contabili. L’attestazione è resa secondo il modello stabilito con regolamento dalla CONSOB.

6. Le disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori si applicano anche ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, in relazione ai compiti loro spettanti, salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la società»;

o) all’articolo 190, comma 2, dopo la lettera d), è aggiunta la seguente:

«d-bis) ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione o di direzione e ai dipendenti delle imprese di assicurazione, nel caso in cui non osservino le disposizioni previste dall’articolo 25-bis, commi 1 e 2»;

p) all’articolo 191, al comma 1, le parole: «comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «commi 1 e 5-bis»;

q) all’articolo 193, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Nei confronti di società, enti o associazioni tenuti a effettuare le comunicazioni previste dagli articoli 113, 114 e 115 è applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquemila a cinquecentomila euro per l’inosser­vanza delle disposizioni degli articoli medesimi o delle relative disposizioni applicative. Si applica il disposto dell’articolo 190, comma 3. Se le comunicazioni sono dovute da una persona fisica, in caso di violazione la sanzione si applica nei confronti di quest’ultima».


 

 

L’articolo 14 novella diversi articoli del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (di seguito: TUF), emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, riguardanti principalmente i servizi d’investimento, la disciplina dei mercati, gli emittenti e la procedura sanzionatoria.

Il Senato ha apportato modificazioni alle lettere g), h), o) e r) del comma 1.

 

La lettera g) dell’articolo 14, comma 1, modifica l’articolo 114 del TUF (obblighi di comunicazione al pubblico da parte degli emittenti quotati).

Il numero 1) di tale lettera sostituisce un comma del citato articolo 114 del TUF. Fermo restando il contenuto[29] di tale comma, già approvato dalla Camera dei deputati, la sostituzione viene riferita al comma 5, anziché 3, per tenere conto del nuovo testo dell’articolo 114 del TUF, introdotto dall’articolo 9, comma 1, della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004), in sede di recepimento della direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all'abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato).

Il numero 2) della lettera g), che sostituisce il comma 8 del citato articolo 114 del TUF, è stato introdotto nel corso dell’esame presso il Senato.

 

Il comma 8 dell’articolo 114 del TUF obbliga i soggetti che producono o diffondono ricerche e valutazioni riguardanti strumenti finanziari o loro emittenti e i soggetti che producono o diffondono altre informazioni, che raccomandano o propongono strategie di investimento destinate ai canali di divulgazione o al pubblico, a presentare l’informazione in modo corretto e a comunicare l’esistenza di ogni loro interesse o conflitto di interessi riguardo agli strumenti finanziari cui l’informazione si riferisce.

 

La modifica che si propone ha lo scopo di escludere dal novero dei soggetti sottoposti agli obblighi previsti dal sopra illustrato comma 8 le società di rating, espressamente menzionate tra i soggetti obbligati dalla vigente formulazione del comma 8.

 

La lettera h) dell’articolo 14, comma 1, novella l’articolo 115 del TUF, riguardante gli obblighi di comunicazione alla CONSOB da parte degli emittenti quotati.

Il Senato ha soppresso il numero 3) di tale lettera, il quale, nel testo approvato dalla Camera, aggiungeva la lettera c-bis) alla fine del comma 1 dell’articolo 115 del TUF.

 

La disposizione soppressa attribuiva alla CONSOB, al fine di vigilare sulla correttezza delle informazioni fornite al pubblico, la facoltà di richiedere all'autorità giudiziaria competente l'adozione dei provvedimenti di cui al titolo III del libro III del codice di procedura penale nei confronti degli emittenti, dei soggetti che li controllano e delle società da questi controllate. Il titolo III del libro III del codice di procedura penale (articoli da 244 a 271) disciplina i mezzi di ricerca della prova, e in particolare le ispezioni delle persone, dei luoghi e delle cose (capo I), le perquisizioni personali e locali (capo II), i sequestri (capo III) e l’intercettazione di conversazioni o comunicazioni (capo IV).

 

La modificazione apportata dal Senato risponde a esigenze di coordinamento con il testo vigente dell’articolo 115 del TUF. Infatti, poteri analoghi a quelli già contemplati nel soppresso numero 3) sono stati attribuiti alla CONSOB dalla nuova lettera c-bis) dell’articolo 115, comma 1, del TUF, introdotta dall’articolo articolo 9, comma 1, della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004).

 

La citata nuova lettera c-bis) prevede che la CONSOB, al fine di vigilare sulla correttezza delle informazioni fornite al pubblico, può esercitare i poteri previsti dall’articolo 187-octies (anch’esso introdotto dall’articolo 9, comma 2, della legge n. 62 del 2005). L’articolo 187-octies disciplina i poteri della CONSOB per l’accertamento delle violazioni alla disciplina sugli abusi di mercato e prevede, tra l’altro, che la CONSOB, nei confronti di chiunque possa essere informato dei fatti, può, previa autorizzazione, se necessaria, dell’autorità giudiziaria:

a)      richiedere notizie, dati o documenti sotto qualsiasi forma;

b)      richiedere le registrazioni telefoniche esistenti;

c)      procedere ad audizione personale;

d)      procedere al sequestro dei beni che possono formare oggetto di confisca ai sensi dell'articolo 187-sexies;

e)      procedere ad ispezioni;

f)        procedere a perquisizioni nei modi previsti dall'articolo 33 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e dall'articolo 52 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

 

La lettera o) dell’articolo 14, comma 1, modifica l’articolo 190 del TUF, relativo alle sanzioni amministrative pecuniarie in tema di disciplina degli intermediari e dei mercati, introducendo nel comma 2 una nuova lettera d-bis).

Tale lettera estende l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione (pari a 516,46 euro) a lire cinquanta milioni (pari a 25.822,84 euro), prevista dal comma 1 dello stesso articolo 190 del TUF, ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione o di direzione e ai dipendenti delle imprese di assicurazione, nel caso in cui non osservino le disposizioni previste dall’articolo 25-bis, commi 1 e 2 del TUF.

 

L’articolo 25-bis del TUF, introdotto dall’articolo 11 del presente progetto di legge, disciplina la sottoscrizione e il collocamento dei prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione, prevedendo l’applicazione degli articoli 21[30] e 23 del TUF, relativi alla disciplina dello svolgimento dei servizi d’investimento.

 

Si ricorda che la lettera o) dell’articolo 14, comma 1, approvata dalla Camera dei deputati, sostituiva integralmente il citato articolo 190 del TUF[31], adeguando la misura della sanzione amministrativa pecuniaria ivi prevista (da mille a centoventicinquemila euro) e rideterminando le modalità della sua applicazione.

 

Ai sensi dell’articolo 190, come approvato dalla Camera, l’applicazione della sanzione avrebbe dovuto essere articolata in tre fasi:

1)      irrogazione della sanzione amministrativa nei riguardi della persona giuridica (eccettuati i casi in cui la violazione sia tipicamente riconducibile a una persona fisica determinata);

2)      obbligo di regresso della persona giuridica nei confronti della persona fisica responsabile da essa individuata;

3)      obbligo di comunicazione dell’avvenuto regresso all’autorità e agli azionisti; in mancanza, sanzione a carico dell’ente che non avesse esercitato il regresso.

La sanzione avrebbe dovuto essere applicata:

-        ai soggetti abilitati, per le fattispecie indicate nel comma 1,

-        alle società di gestione del mercato, alle società di gestione accentrata, agli organizzatori, agli emittenti e agli operatori, ovvero ai soggetti che gestiscono sistemi di compensazione e di garanzia, per le fattispecie indicate nel comma 2.

Il comma 3 stabiliva che le società e gli enti sarebbero stati tenuti a esercitare il diritto di regresso:

-        nei confronti dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione o di direzione e dei loro dipendenti ai quali fossero imputabili le violazioni;

-        nei confronti dei soggetti che svolgono funzioni di controllo nelle società e negli enti, ai quali fossero imputabili le violazioni ovvero che non avessero vigilato, in conformità ai doveri inerenti al loro ufficio, per impedire le violazioni.

Il mancato esercizio del diritto di regresso sarebbe stato punito con una sanzione amministrativa pecuniaria d’importo pari a quello della sanzione per la quale è stato omesso il regresso. Alle società e agli enti era fatto obbligo di comunicare all'autorità che aveva applicato la sanzione l'avvenuto esercizio del diritto di regresso e di darne notizia nella nota integrativa al bilancio, indicando i soggetti nei confronti dei quali esso era stato esercitato.

 

Il comma 1 dell’articolo 14 in esame, nel testo approvato dalla Camera dei deputati, comprendeva anche una lettera r), che è stata soppressa nel corso dell’esame presso il Senato, in conseguenza delle modificazioni apportate all’articolo 190.

 

La lettera r) novellava il comma 9 dell'articolo 195 del TUF[32], riguardante la procedura per l’applicazione delle sanzioni previste per le violazioni della disciplina degli intermediari e dei mercati, prevedendo che il mancato esercizio del prescritto diritto di regresso spettante alle società e agli enti nei confronti dei responsabili avrebbe comportato l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’articolo 190, comma 4, del TUF, nel testo modificato dalla lettera o) del presente articolo 14, comma 1, come approvato dalla Camera dei deputati. Si ricorda che la lettera o) dell’articolo 14, comma 1, è stata poi modificata nel corso dell’esame presso il Senato, il quale, anziché sostituire integralmente l’articolo 190 del TUF, si è limitato a novellarne il comma 2.

 

Si osserva che, a seguito della soppressione del sistema di applicazione delle sanzioni introdotto (nel testo approvato dalla Camera) all’articolo 190 del TUF, sarebbe necessario sopprimere anche la modificazione all’articolo 193, comma 1, recata dalla lettera q), in quanto la disposizione:

1) prevede la sanzione a carico della persona giuridica (società, enti o associazioni), invece che a carico delle persone fisiche svolgenti funzioni di amministrazione, direzione e controllo;

2) contiene il richiamo all’articolo 190, comma 3, correttamente interpretabile soltanto in riferimento alla precedente formulazione di tale articolo.

 

Al medesimo riguardo, si segnala che il comma 1 dell’articolo 193 del TUF è stato modificato dall'articolo 9, comma 1, della legge n. 62 del 2005, con l’inserimento dell’ulteriore richiamo dell’articolo 115-bis del medesimo TUF. Sarebbe quindi necessario inserire tale riferimento, per evitare che rimanga priva di sanzione la violazione degli obblighi previsti dall’articolo 115-bis (tenuta del registro delle persone che hanno accesso ad informazioni privilegiate, agli effetti dell’applicazione della disciplina in materia di abusi di mercato)


Articolo 15
(Responsabilità dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari)

 


1. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 2434, dopo le parole: «dei direttori generali» sono inserite le seguenti: «, dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari»;

b) all’articolo 2635, primo comma, dopo le parole: «i direttori generali,» sono inserite le seguenti: «i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari,»;

c) all’articolo 2638, commi primo e secondo, dopo le parole: «i direttori generali,» sono inserite le seguenti: «i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari,».

2. All’articolo 50-bis, primo comma, numero 5), del codice di procedura civile, dopo le parole: «i direttori generali» sono inserite le seguenti: «, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari».

3. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 32-bis, primo comma, le parole: «e direttore generale» sono sostituite dalle seguenti: «, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari»;

b) all’articolo 35-bis, primo comma, le parole: «e direttore generale» sono sostituite dalle seguenti: «, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari»;

c) all’articolo 622, secondo comma, dopo le parole: «direttori generali,» sono inserite le seguenti: «dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari,».


 

 

L’articolo è stato approvato dal Senato senza modificazioni rispetto al testo del corrispondente articolo 16 approvato dalla Camera.


Articolo 16
(Informazione al mercato in materia di attribuzione di azioni a esponenti aziendali, dipendenti o collaboratori)

 


1. Dopo l’articolo 114 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«Art. 114-bis. - (Informazione al mercato in materia di attribuzione di azioni a esponenti aziendali, dipendenti o collaboratori). – 1.I piani di compensi basati su azioni o strumenti finanziari a favore di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di gestione, di dipendenti o di collaboratori non legati alla società da rapporti di lavoro subordinato, ovvero di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di gestione, di dipendenti o di collaboratori di altre società control­lanti o controllate sono approvati dall’assemblea dei soci. Almeno quindici giorni prima dell’esecuzione dei piani sono rese pubbliche, mediante invio di un comunicato alla CONSOB, alla società di gestione del mercato, che lo mette immedia­tamente a disposizione del pubblico, e ad almeno due agenzie di stampa, le informazioni concernenti:

a) le ragioni che motivano l’adozione del piano;

b) i soggetti destinatari del piano;

c) le modalità e le clausole di attuazione del piano, specificando se la sua attuazione è subordinata al verificarsi di condizioni e, in particolare, al conseguimento di risultati determinati;

d) l’eventuale sostegno del piano da parte del Fondo speciale per l’incentivazione della partecipazione dei lavoratori nelle imprese, di cui all’articolo 4, comma 112, della legge 24 dicembre 2003, n. 350;

e) le modalità per la determi­nazione dei prezzi o dei criteri per la determinazione dei prezzi per la sottoscrizione o per l’acquisto delle azioni;

f) i vincoli di disponibilità gravanti sulle azioni ovvero sui diritti di opzione attribuiti, con particolare riferimento ai termini entro i quali sia consentito o vietato il successivo trasferimento alla stessa società o a terzi.

2. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116.

3. La CONSOB definisce con proprio regolamento:

a) le informazioni, relative agli elementi indicati nel comma 1, che devono essere fornite in relazione alle varie modalità di realizzazione del piano, prevedendo informazioni più dettagliate per piani di particolare rilevanza;

b) cautele volte ad evitare che i piani di cui al comma 1 inducano comportamenti contrastanti con l’interesse della società, anche disci­plinando i criteri per la fissazione del prezzo delle azioni e degli altri strumenti finanziari, le modalità e i termini per l’esercizio dei diritti che essi attribuiscono, i limiti alla loro circolazione».


 

 

L’articolo 16 riguarda i piani di attribuzione di azioni a esponenti aziendali, dipendenti o collaboratori (cosiddette stock options), pratica diffusa anche come strumento di remunerazione aggiuntiva e come incentivo al conseguimento di risultati nella gestione o nell’impresa sociale[33].

 

La disposizione stabilisce obblighi di informazione al mercato in materia di attribuzione di azioni a esponenti aziendali, dipendenti o collaboratori; attualmente, obblighi di informativa sono previsti dal regolamento emittenti della CONSOB (informazione societaria, Allegato 3C, pag. 36).

 

La norma in esame si presenta come novella al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Nella versione precedente alle modifiche apportate dal Senato, si prevedeva l’inserimento di un nuovo articolo 145-bis nel titolo III, capo II, sezione IV del TUF (riguardante la disciplina di particolari emissioni azionarie degli emittenti quotati); la nuova formulazione della novella è invece numerata come articolo 114-bis, da collocarsi nel capo I del titolo III del testo unico, riguardante l’informazione societaria dovuta da parte dei soggetti emittenti.

 

La disposizione, così come modificata dal Senato, prevede che i piani di compensi basati su azioni o strumenti finanziari a favore di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di gestione, di dipendenti o di collaboratori non legati alla società da rapporti di lavoro subordinato, ovvero di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di gestione, di dipendenti o di collaboratori di altre società controllanti o controllate debbano essere approvati dall'assemblea dei soci.

 

Nella versione precedente si faceva riferimento all’approvazione da parte della società, e non in modo specifico da parte dell’assemblea dei soci.

Inoltre, viene ora specificata la nozione di società appartenenti al medesimo gruppo facendo ricorso alle nozioni di società controllanti e di società controllate.

 

La raccomandazione 2004/913/CE, adottata dalla Commissione europea il 14 dicembre 2004, relativamente alle retribuzioni degli amministratori delle società quotate in borsa, la Commissione invita tra l’altro gli Stati membri a stabilire che la parte di remunerazione variabile, ovvero derivante dall’attribuzione di azioni o stock-options, sia subordinata ad una deliberazione dell’assemblea generale degli azionisti, che dovrebbe definire il sistema di remunerazione e le regole da applicare.

 

La norma modificata prosegue stabilendo che almeno quindici giorni prima dell'esecuzione dei piani le informazioni rilevanti devono essere rese pubbliche mediante invio di un comunicato ai seguenti soggetti:

a)      alla CONSOB;

b)       alla società di gestione del mercato, che lo mette immediatamente a disposizione del pubblico;

c)      ad almeno due agenzie di stampa.

 

Si rileva che, a differenza della versione precedente alle modifiche apportate dal Senato, la disposizione attuale garantisce solo la mera conoscibilità delle informazioni rilevanti nei riguardi del pubblico, e non anche l’effettiva pubblicazione sulla stampa nazionale.

 

Il comma 3 del nuovo articolo 114-bis viene integrato con l’aggiunta di una lettera b), che demanda alla CONSOB il compito di definire, con proprio regolamento, oltre alle informazioni che devono essere fornite, anche apposite cautele volte ad evitare che i piani di attribuzione di azioni possano indurre comportamenti contrastanti con l'interesse sociale.

Ciò, in particolare, mediante una disciplina:

a)       dei criteri per la fissazione del prezzo delle azioni e degli altri strumenti finanziari;

b)      delle modalità e dei termini per l'esercizio dei diritti che essi attribuiscono;

c)       dei limiti alla loro circolazione.

 


Articolo 17
(Disposizioni in materia di mediatori creditizi)

 

 

1. I mediatori creditizi iscritti all’albo di cui all’articolo 16 della legge 7 marzo 1996, n. 108, possono svolgere anche l’attività di mediazione e consulenza nella gestione del recupero dei crediti da parte delle banche o di intermediari finanziari di cui all’articolo 107 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.

 

 

L’articolo 17 concede ai mediatori creditizi, regolarmente iscritti nell’apposito albo, la facoltà di esercitare anche l’attività di mediazione e consulenza finalizzata al recupero dei crediti insoluti da parte delle banche o di intermediari finanziari di cui all’articolo 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385[34].

 

Con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 287, ai sensi dell’articolo 16 della legge 7 marzo 1996, n. 108[35], è stato emanato il regolamento concernente l’attività di mediazione creditizia. Ai sensi dell’articolo 2 del citato regolamento il mediatore creditizio è colui che professionalmente, anche se non a titolo esclusivo, ovvero abitualmente, mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza, banche o intermediari finanziari determinati con la potenziale clientela al fine della concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma.

L’articolo 3 disciplina l’istituzione di un apposito albo presso l’Ufficio italiano dei cambi sotto la vigilanza del Ministero dell’economia e delle finanze. In tale albo possono essere iscritte persone fisiche, società con sede legale in Italia e stabili organizzazioni in Italia di società aventi sede legale all'estero.

I requisiti prescritti per l’esercizio dell’attività di mediatore creditizio sono:

1)      per quanto concerne i cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea o di uno Stato con il quale esista trattamento di reciprocità:

a)       domicilio in Italia;

b)       diploma di scuola media superiore ovvero iscrizione nei ruoli di cui alla legge 3 febbraio 1989, n. 39;

c)       onorabilità ai sensi dell’articolo 109 del TUB.

2)      per quanto riguarda, invece, le società con sede legale in Italia e le stabili organizzazioni in Italia di società aventi sede legale all'estero:

a)      oggetto sociale comprendente la mediazione creditizia;

b)      possesso dei citati requisiti di onorabilità, da parte dei soci di controllo, di cui all'articolo 23 del TUB;

c)      possesso dei citati requisiti di onorabilità, da parte dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo;

d)      svolgimento dell'attività di mediazione creditizia per il tramite di soggetti iscritti all'albo.

 

Successivamente, con provvedimento dell’Ufficio italiano dei cambi del 29 aprile 2005 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 20 maggio 2005, n. 116) è stata disciplinata, più in dettaglio, l’attività di mediatore creditizio.

In particolare, come ribadito nel citato provvedimento, ai fini dell’individuazione dei limiti di attività dei mediatori crediti, costituisce concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma l'attività di concessione di crediti, ivi compreso il rilascio di garanzie sostitutive del credito e di impegni di firma. Rientra in tale attività, tra l'altro, ogni tipo di finanziamento connesso con operazioni di locazione finanziaria, acquisto di crediti, credito al consumo (fatta eccezione per la dilazione di pagamento), credito ipotecario, prestito su pegno, rilascio di fidejussioni, avalli, aperture di credito documentarie, accettazioni, girate nonché impegni a concedere credito.

Lo stesso provvedimento stabilisce che, conformemente all'articolo 1754 del codice civile e all'articolo 2, comma 2, del D.P.R. n. 287 del 2000, i mediatori creditizi svolgono la propria attività senza essere legati ad alcuna delle parti da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza.

Ad essi è vietato concludere contratti nonché effettuare, per conto di banche o intermediari finanziari, l'erogazione di finanziamenti e ogni forma di pagamento o di incasso di denaro contante, di altri mezzi di pagamento o di titoli di credito, ad eccezione della mera consegna di assegni non trasferibili, integralmente compilati dall'intermediario o dal cliente.

Non è attività di mediazione creditizia la raccolta, nell'ambito della specifica attività svolta e strumentalmente ad essa, di richieste di finanziamento effettuata sulla base di apposite convenzioni stipulate con banche e intermediari finanziari da parte di:

a)    soggetti iscritti in ruoli, albi o elenchi tenuti da pubbliche autorità, da ordini o da consigli professionali;

b)    fornitori di beni o servizi.

 


Articolo 18
(Modifiche alla disciplina relativa alla revisione dei conti)

 


1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sono apporta­te le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 116, comma 2, dopo la parola: «156,» è inserita la seguente: «160»;

b) l’articolo 159 è sostituito dal seguente:

«Art. 159. - (Conferimento e revoca dell’incarico). – 1. L’assemblea, in occasione dell’approvazione del bilancio o della convocazione annuale prevista dall’articolo 2364-bis, secondo comma, del codice civile, conferisce l’incarico di revisione del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato ad una società di revisione iscritta nell’albo speciale previsto dall’articolo 161 determinan­done il compenso, previo parere del collegio sindacale.

2. L’assemblea revoca l’incarico, previo parere dell’organo di controllo, quando ricorra una giusta causa, provvedendo contestualmente a conferire l’incarico ad altra società di revisione secondo le modalità di cui al comma 1. Non costituisce giusta causa di revoca la divergenza di opinioni rispetto a valutazioni contabili o a procedure di revisione. Le funzioni di controllo contabile continuano ad essere esercitate dalla società revocata fino a quando la deliberazione di conferimento dell’incarico non sia divenuta efficace ovvero fino al conferimento d’ufficio da parte della CONSOB.

3. Alle deliberazioni previste dai commi 1 e 2 adottate dall’assemblea delle società in accomandita per azioni con azioni quotate in mercati regolamentati si applica l’articolo 2459 del codice civile.

4. L’incarico ha durata disei esercizi, è rinnovabile una sola volta e non può essere rinnovato se non siano decorsi almeno tre anni dalla data di cessazione del precedente. In caso di rinnovo il responsabile della revisione deve essere sostituito con altro soggetto.

5. Le deliberazioni previste dai commi 1 e 2 sono trasmesse alla CONSOB entro il termine fissato ai sensi del comma 7, lettera b). La CONSOB, entro venti giorni dalla data di ricevimento della deliberazione di conferimento dell’incarico, può vietarne l’esecuzione qualora accerti l’esistenza di una causa di incompatibilità, ovvero qualora rilevi che la società cui è affidato l’incarico non è tecnicamente idonea ad esercitarlo, in relazione alla sua organizzazione ovvero al numero degli incarichi già assunti. Entro venti giorni dalla data di ricevimento della deliberazione di revoca, la CONSOB può vietarne l’esecuzione qualora rilevi la mancanza di una giusta causa. Le deliberazioni di conferimento e di revoca dell’incarico hanno effetto dalla scadenza dei termini di cui, rispettivamente, al secondo e al terzo periodo, qualora la CONSOB non ne abbia vietata l’esecuzione.

6. La CONSOB dispone d’ufficio la revoca dell’incarico di revisione contabile qualora rilevi una causa di incompatibilità ovvero qualora siano state accertate gravi irregolarità nello svolgimento dell’attività di revisione, anche in relazione ai princìpi e criteri di revisione stabiliti ai sensi dell’articolo 162, comma 2, lettera a). Il provvedimento di revoca è notificato alla società di revisione e comunicato immediatamente alla società interes­sata, con l’invito alla società medesima a deliberare il conferimento dell’incarico ad altra società di revisione, secondo le disposizioni del comma 1, entro trenta giorni dalla data di ricevimento della comunicazione. Qualora la deliberazione non sia adottata entro tale termine, la CONSOB provvede d’ufficio al conferimento dell’incarico entro trenta giorni. Le funzioni di controllo contabile continuano ad essere esercitate dalla società revocata fino a quando la deliberazione di conferimento dell’in­carico non sia divenuta efficace ovvero fino al provvedimento della CONSOB.

7. La CONSOB stabilisce con regolamento:

a) i criteri generali per la determinazione del corrispettivo per l’incarico di revisione contabile. La corresponsione del compenso non può comunque essere subordinata ad alcuna condizione relativa all’esito della revisione, né la misura di esso può dipendere in alcun modo dalla prestazione di servizi aggiuntivi da parte della società di revisione;

b) la documentazione da inviare unitamente alle deliberazioni previste dai commi 1 e 2, le modalità e i termini di trasmissione;

c) le modalità e i termini per l’adozione e la comunicazione agli interessati dei provvedimenti da essa assunti;

d) i termini entro i quali gli amministratori o i membri del consiglio di gestione depositano presso il registro delle imprese le deliberazioni e i provvedimenti indicati ai commi 1, 2, 5 e 6.

8. Non si applica l’articolo 2409-quater del codice civile»;

c) all’articolo 160, il comma 1 è sostituito dai seguenti:

«1. Al fine di assicurare l’indipen­denza della società e del responsabile della revisione, l’incarico non può essere conferito a società di revisione che si trovino in una delle situazioni di incompatibilità stabilite con regolamento dalla CONSOB.

1-bis. Con il regolamento adottato ai sensi del comma 1, la CONSOB individua altresì i criteri per stabilire l’appartenenza di un’entità alla rete di una società di revisione, costituita dalla struttura più ampia cui appartiene la società stessa e che si avvale della medesima denominazione o attraverso la quale vengono condivise risorse professionali, e comprendente comun­que le società che controllano la società di revisione, le società che sono da essa controllate, ad essa collegate o sottoposte con essa a comune controllo; determina le caratteristiche degli incarichi e dei rapporti che possono compromettere l’indipendenza della società di revisione; stabilisce le forme di pubblicità dei compensi che la società di revisione e le entità appartenenti alla sua rete hanno percepito, distintamente, per incarichi di revisione e per la prestazione di altri servizi, indicati per tipo o categoria. Può stabilire altresì prescrizioni e raccomandazioni, rivolte alle società di revisione, per prevenire la possibilità che gli azionisti di queste o delle entità appartenenti alla loro rete nonché i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso le medesime intervengano nell’esercizio dell’attività di revisione in modo tale da compromettere l’indipen­denza e l’obiettività delle persone che la effettuano.

1-ter. La società di revisione e le entità appartenenti alla rete della medesima, i soci, gli amministratori, i componenti degli organi di controllo e i dipendenti della società di revisione stessa e delle società da essa controllate, ad essa collegate o che la controllano o sono sottoposte a comune controllo non possono fornire alcuno dei seguenti servizi alla società che ha conferito l’incarico di revisione e alle società da essa controllate o che la controllano o sono sottoposte a comune controllo:

a) tenuta dei libri contabili e altri servizi relativi alle registrazioni contabili o alle relazioni di bilancio;

b) progettazione e realizzazione dei sistemi informativi contabili;

c) servizi di valutazione e stima ed emissione di pareri pro veritate;

d) servizi attuariali;

e) gestione esterna dei servizi di controllo interno;

f) consulenza e servizi in materia di organizzazione aziendale diretti alla selezione, formazione e gestione del personale;

g) intermediazione di titoli, consu­lenza per l’investimento o servizi bancari d’investimento;

h) prestazione di difesa giudiziale;

i) altri servizi e attività, anche di consulenza, non collegati alla revisione, individuati, in ottemperanza ai princìpi di cui alla ottava direttiva n. 84/253/CEE del Consiglio, del 10 aprile 1984, in tema di indipendenza delle società di revisione, dalla CONSOB con il regolamento adottato ai sensi del comma 1.

1-quater. L’incarico di responsabile della revisione dei bilanci di una stessa società non può essere esercitato dalla medesima persona per un periodo eccedente sei esercizi sociali, né questa persona può assumere nuovamente tale incarico, relativamente alla revisione dei bilanci della medesima società o di società da essa controllate, ad essa collegate, che la controllano o sono sottoposte a comune controllo, neppure per conto di una diversa società di revisione, se non siano decorsi almeno tre anni dalla cessazione del precedente.

1-quinquies. Coloro che hanno preso parte alla revisione del bilancio di una società, i soci, gli amministratori e i componenti degli organi di controllo della società di revisione alla quale è stato conferito l’incarico di revisione e delle società da essa controllate o ad essa collegate o che la controllano non possono esercitare funzioni di amministrazione o controllo nella società che ha conferito l’incarico di revisione e nelle società da essa controllate, ad essa collegate o che la controllano, né possono prestare lavoro autonomo o subordinato in favore delle medesime società, se non sia decorso almeno un triennio dalla scadenza o dalla revoca dell’incarico, ovvero dal momento in cui abbiano cessato di essere soci, amministratori, componenti degli organi di controllo o dipendenti della società di revisione e delle società da essa controllate o ad essa collegate o che la controllano. Si applica la nozione di controllo di cui all’articolo 93.

1-sexies. Coloro che siano stati amministratori, componenti degli organi di controllo, direttori generali o dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari presso una società non possono esercitare la revisione contabile dei bilanci della medesima società né delle società da essa controllate o ad essa collegate o che la controllano, se non sia decorso almeno un triennio dalla cessazione dei suddetti incarichi o rapporti di lavoro.

1-septies. La misura della retribuzione dei dipendenti delle società di revisione che partecipano allo svolgimento delle attività di revisione non può essere in alcun modo determinata, neppure parzialmente, dall’esito delle revisioni da essi compiute né dal numero degli incarichi di revisione ricevuti o dall’entità dei compensi per essi percepiti dalla società.

1-octies. La violazione dei divieti previsti dal presente articolo è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da centomila a cinquecen­tomila euro irrogata dalla CONSOB»;

d) all’articolo 161, comma 4, le parole: «a copertura dei rischi derivanti dall’esercizio dell’attività di revisione contabile» sono sostituite dalle seguenti: «o avere stipulato una polizza di assicurazione della responsabilità civile per negligenze o errori professionali, comprensiva della garanzia per infedeltà dei dipendenti, per la copertura dei rischi derivanti dall’esercizio dell’attività di revisione contabile. L’ammontare della garanzia o della copertura assicurativa è stabilito annualmente dalla CONSOB per classi di volume d’affari e in base agli ulteriori parametri da essa eventualmente individuati con regolamento»;

e) all’articolo 162:

1) al comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nello svolgimento di tale attività, la CONSOB provvede a verificare periodicamente e, comunque, almeno ogni tre anni l’indipendenza e l’idoneità tecnica sia della società, sia dei responsabili della revisione»;

2) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Nell’esercizio della vigilanza, la CONSOB:

a) stabilisce, sentito il parere del Consiglio nazionale dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, i princìpi e i criteri da adottare per la revisione contabile, anche in relazione alla tipologia delle strutture societarie, amministrative e contabili delle società sottoposte a revisione;

b) può richiedere la comunicazione, anche periodica, di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti, fissando i relativi termini;

c) può eseguire ispezioni e assumere notizie e chiarimenti dai soci, dagli amministratori, dai membri degli organi di controllo e dai dirigenti della società di revisione»;

3) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. Le società di revisione, in relazione a ciascun incarico di revisione loro conferito, comunicano alla CONSOB i nomi dei responsabili della revisione entro dieci giorni dalla data in cui essi sono stati designati»;

f) all’articolo 163:

1) il comma 1 è sostituito dai seguenti:

«1. La CONSOB, quando accerta irregolarità nello svolgimento dell’attività di revisione, tenendo conto della loro gravità, può:

a) applicare alla società di revisione una sanzione amministrativa pecuniaria da diecimila a cinquecentomila euro;

b) intimare alle società di revisione di non avvalersi nell’attività di revisione contabile, per un periodo non superiore a cinque anni, del responsabile di una revisione contabile al quale sono ascrivibili le irregolarità;

c) revocare gli incarichi di revisione contabile ai sensi dell’articolo 159, comma 6;

d) vietare alla società di accettare nuovi incarichi di revisione contabile per un periodo non superiore a tre anni.

1-bis. Quando l’irregolarità consista nella violazione delle disposizioni dell’articolo 160, l’irrogazione della sanzione prevista dal comma 1-octies del medesimo articolo non pregiudica l’applicabilità dei provvedimenti indicati nel comma 1 del presente articolo nei riguardi della società di revisione»;

2) al comma 2 è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«c-bis) la violazione attiene al divieto previsto dall’articolo 160, qualora risulti la responsabilità della società. In tutti i casi, la CONSOB comunica i nomi dei soci o dei dipendenti personalmente responsabili della violazione al Ministro della giustizia, il quale ne dispone la cancellazione dal registro dei revisori contabili con il procedimento previsto dall’articolo 10 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88»;

g) all’articolo 165, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. La società incaricata della revisione contabile della società capogruppo quotata è interamente responsabile per la revisione del bilancio consolidato del gruppo. A questo fine, essa riceve i documenti di revisione dalle società incaricate della revisione contabile delle altre società appartenenti al gruppo; può chiedere alle suddette società di revisione o agli amministratori delle società appartenenti al gruppo ulteriori documenti e notizie utili alla revisione, nonché procedere direttamen­te ad accertamenti, ispezioni e controlli presso le medesime società. Ove ravvisi fatti censurabili, ne informa senza indugio la CONSOB e gli organi di controllo della società capogruppo e della società interessata»;

h) nella parte IV, titolo III, capo II, sezione VI, dopo l’articolo 165 è aggiunto il seguente:

«Art. 165-bis. - (Società che controllano società con azioni quotate). – 1. Le disposizioni della presente sezione, ad eccezione dell’articolo 157, si applicano altresì alle società che controllano società con azioni quotate e alle società sottoposte con queste ultime a comune controllo.

2. Alla società incaricata della revi­sione contabile della società capogruppo si applicano le disposizioni dell’articolo 165, comma 1-bis.

3. La CONSOB detta con regolamento disposizioni attuative del presente articolo, stabilendo, in partico­lare, criteri di esenzione per le società sottoposte a comune controllo, di cui al comma 1, che non rivestono significativa rilevanza ai fini del consolidamento, tenuto conto anche dei criteri indicati dall’articolo 28 del decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127».


 

 

L’articolo 18 reca modifiche alla disciplina relativa alla revisione dei conti delle società con azioni quotate in mercati regolamentati intervenendo su alcuni articoli del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

Il presente articolo è stato modificato dal Senato alle lettere b), c) ed e) del comma 1.

 

La lettera b) dell’articolo 18, comma 1, sostituisce integralmente l’articolo 159 del TUF, il quale disciplina il conferimento e la revoca dell’incarico di revisione. Il Senato ha apportato modifiche a tale nuovo testo limitatamente ai commi 1 e 4.

Il comma 1 del nuovo articolo 159 stabilisce che spetta all’assemblea della società il potere di conferire l’incarico di revisione del bilancio di esercizio e consolidato ad una società di revisione iscritta all’albo e di determinare il relativo compenso. È richiesto il previo parere del collegio sindacale.

Il testo approvato dalla Camera dei deputati prevedeva che il parere dell’organo di controllo fosse assunto all’unanimità e fosse vincolante.

 

Il vigente articolo 159 del TUF, al comma 1, prevede che l'assemblea, in occasione dell'approvazione del bilancio o della convocazione annuale prevista dall'articolo 2364-bis, comma 2, del codice civile, conferisce l'incarico di revisione del bilancio d'esercizio e del bilancio consolidato a una società di revisione iscritta nell'albo speciale previsto dall'articolo 161, previo parere del collegio sindacale, e che la stessa assemblea determina il corrispettivo spettante alla società di revisione.

 

La formulazione adottata dal Senato riproduce sostanzialmente il testo vigente.

Tuttavia, nel nuovo testo, appare ambigua la collocazione dell’inciso: “previo parere del collegio sindacale”, potendo risultare dubbio se tale parere sia richiesto per il conferimento dell’incarico di revisione o – come sembrerebbe dalla letterale connessione delle parole – per la sola determinazione del compenso.

 

L’ultimo periodo del comma 1, soppresso dal Senato, prevedeva inoltre che la CONSOB provvedesse d’ufficio al conferimento dell’incarico e alla determinazione del corrispettivo quando esso non fosse stato deliberato.

 

La disposizione, attualmente prevista nel comma 6 del vigente articolo 159, non è riprodotta nel successivo testo della novella (che disciplina il potere sostitutivo della CONSOB soltanto nell’ipotesi di nuovo conferimento conseguente a revoca del precedente revisore).

Sembrerebbe necessario ripristinare tale previsione, la cui soppressione priva di un necessario elemento di chiusura il sistema di nomina del revisore contabile.

 

La nuova formulazione – secondo la relazione presentata dalle Commissioni del Senato all’Assemblea – tiene conto della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati [COM (2004) 177], la cui elaborazione è attualmente in corso da parte dell’Unione europea[36].

 

La richiamata proposta di direttiva europea ìndica nell’assemblea degli azionisti il soggetto competente per la nomina, consentendo tuttavia agli Stati di prevedere che la designazione sia subordinata all’approvazione preventiva di un’autorità di vigilanza o effettuata da un tribunale o altro organismo determinato dall’ordinamento nazionale.

 

Il comma 4 del nuovo articolo 159 stabilisce che l’incarico conferito alla società di revisione ha durata di sei anni, è rinnovabile una sola volta, e non può essere rinnovato se non siano decorsi almeno tre anni dalla data di cessazione del precedente.

 

Il testo approvato dalla Camera dei deputati stabiliva una durata minima dell’incarico di tre esercizi e massima di sei esercizi. Il rinnovo, che non era limitato ad una sola volta, poteva aversi anche in questo caso solo dopo almeno tre anni dalla cessazione del precedente incarico.

La proposta di direttiva europea sopra richiamata prevede che l’organo di revisione legale dei conti sia sostituito al più tardi dopo sette anni e sia riammesso a partecipare alla revisione contabile della stessa società dopo un periodo minimo di due anni.

 

Nella nuova formulazione della disposizione non risulta chiaro se i limiti posti al rinnovo (una sola volta e dopo non meno di tre anni dalla scadenza del precedente incarico) debbano intendersi alternativamente o, come sembrerebbe dalla letterale interpretazione, cumulativamente.

In quest’ultima ipotesi, si osserva che l’esistenza di un esiguo numero di società che esercitano l’attività di revisione potrebbe comportare, in progresso di tempo, l’impossibilità di conferire l’incarico.

 

Il Senato ha inoltre introdotto un periodo finale il quale stabilisce che, in caso di rinnovo (possibile – sembrerebbe – solo dopo tre anni dal precedente incarico) il responsabile della revisione deve essere sostituito con altro soggetto[37].

 

La disposizione appare insufficientemente coordinata con il comma 1-quater dell’articolo 160, introdotto dalla successiva lettera b), il quale – nel testo modificato dal Senato – prevede che il responsabile della revisione possa rivestire tale incarico per non più di sei esercizi sociali, e che possa riassumere lo stesso incarico solo dopo almeno tre anni dalla cessazione del precedente.

 

La lettera c) sostituisce il comma 1 dell’articolo 160 del TUF, relativo alle incompatibilità, con 8 nuovi commi (da 1 a 1-octies).

Il Senato ha apportato modifiche ai commi 1-ter e 1-quater dell’articolo 160 del TUF, rispetto al testo approvato dalla Camera dei deputati.

 

Il nuovo comma 1-ter dell’articolo 160 del TUF elenca una serie di servizi che la società di revisione e le entità appartenenti alla sua rete[38], nonché le persone fisiche aventi relazioni qualificate con essa (soci, amministratori, componenti degli organi di controllo e dipendenti della società di revisione e delle società controllate, collegate, controllanti o sottoposte a comune controllo), non possono fornire alla società che ha conferito l'incarico di revisione e alle società da essa controllate o che la controllano o sono sottoposte a comune controllo.

Il testo approvato dalla Camera dei deputati comprendeva, tra le società che non possono ricevere i suddetti servizi, anche le società collegate con quella sottoposta a revisione. Tale previsione è stata soppressa nel corso dell’esame presso il Senato.

Ulteriori modifiche sono state apportate all’elenco dei servizi che non possono essere prestati:

§      il testo approvato dalla Camera comprendeva la prestazione di assistenza legale, mentre il Senato ha sostituito tale servizio con il più circoscritto servizio di difesa giudiziale (lettera h) del nuovo comma 1-ter);

§      la lettera i) del nuovo comma 1-ter stabilisce che rientrano nell’elenco gli altri servizi e attività, anche di consulenza, non collegati alla revisione, individuati dalla CONSOB con il regolamento di cui al comma 1 dell’articolo 160 del TUF. Il Senato ha specificato il potere regolamentare della CONSOB stabilendo che il suo regolamento dovrà essere emanato in ottemperanza ai princìpi di cui alla ottava direttiva 84/253/CEE del 10 aprile 1984[39], in tema di indipendenza delle società di revisione.

 

Le disposizioni rilevanti contenute nella citata direttiva sembrano essere le seguenti:

articolo 3, secondo cui le autorità di uno Stato membro accordano l'abilitazione all’esercizio del controllo legale dei conti soltanto a persone in possesso dei necessari requisiti di onorabilità e che non esercitino nessuna attività incompatibile, in virtù del diritto di tale Stato membro, con il controllo medesimo;

l’articolo 23, secondo cui gli Stati membri prescrivono che le persone abilitate all’esercizio del controllo legale dei conti non possano effettuare un controllo di legge se non sono indipendenti secondo il diritto dello Stato membro che lo impone;

l’articolo 26, secondo cui gli Stati membri garantiscono che le persone abilitate siano passibili di adeguate sanzioni qualora non effettuino il controllo di legge con diligenza e in forma indipendente;

l’articolo 27, secondo cui gli Stati membri garantiscono che almeno gli associati, gli azionisti e altri soci delle società di revisione abilitate, nonché i membri dell'organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza di dette società che non soddisfano personalmente, in uno Stato membro, ai requisiti previsti per l’accesso all’attività di revisore non intervengano nell'espletamento di funzioni di controllo in modo da compromettere l'indipendenza della persona fisica che effettua il controllo legale dei conti in nome della società di revisione.

La condizione apposta mediante il riferimento alla direttiva 84/253/CEE sembra indeterminata, in quanto la direttiva stessa, per la specificazione dei requisiti d’indipendenza, rinvia al diritto interno di ciascuno Stato membro.

 

La già citata proposta di nuova direttiva europea enunzia più precisi criteri di indipendenza e obiettività, riferiti ai revisori operanti sia individualmente, sia per conto di società di revisione.

Il revisore legale o l'impresa di revisione contabile debbono essere indipendenti dal soggetto sottoposto a revisione e non essere in alcun modo coinvolti nelle decisioni prese dalla sua direzione. Essi debbono certificare nei documenti di revisione i possibili rischi per la loro indipendenza nonché le misure adottate per limitare tali rischi. Non effettuano comunque la revisione legale dei conti di un ente con il quale hanno relazioni finanziarie, d'affari, di lavoro o di altro genere (comprese quelle derivanti dalla prestazione al cliente di taluni servizi aggiuntivi) che potrebbero comprometterne l'indipendenza.

I proprietari o azionisti dell'impresa di revisione contabile e i membri degli organi di amministrazione, di direzione o di vigilanza di detta impresa o di un'affiliata non debbono poter intervenire nell'espletamento della revisione legale dei conti in alcun modo che possa compromettere l'indipendenza e l'obiettività del revisore legale che effettua la revisione legale per conto dell'impresa di revisione contabile.

È previsto che gli Stati membri assicurino regole adeguate che prevedano che gli onorari richiesti per la revisione legale dei conti:

a) siano di livello adeguato a consentire una revisione dei conti di buona qualità;

b) non siano né influenzati né determinati dalla prestazione di servizi aggiuntivi all'ente sottoposto alla revisione contabile;

c) non siano subordinati ad alcuna condizione.

 

Il nuovo comma 1-quater dell’articolo 160 del TUF integra la disciplina relativa all’incompatibilità delle società di revisione con prescrizioni relative alle persone fisiche le quali la esercitano. In particolare, sono previsti limiti temporali per l’esercizio continuativo dell’incarico di responsabile della revisione in relazione ai bilanci di una stessa società.

 

Il Senato ha modificato la durata massima dell’incarico di responsabile della revisione, prolungandola da tre (come nel testo approvato dalla Camera) a sei esercizi sociali, corrispondenti alla durata di ciascun incarico di revisione, stabilita dall’articolo 159, comma 4, come modificato dalla precedente lettera b).

 

Non è stata modificata la disposizione che vieta alla persona di assumere nuovamente lo stesso incarico – neppure per conto di una diversa società di revisione – se non siano decorsi almeno tre anni dalla cessazione del precedente. Il divieto è esteso anche alla revisione dei bilanci delle società controllate, collegate, controllanti o sottoposte a comune controllo.

 

La già citata proposta di direttiva europea prevede che il revisore legale o il socio principale incaricato della revisione legale per conto dell'impresa di revisione contabile siano sostituiti nella funzione di revisione legale dei conti al più tardi dopo cinque anni o, in alternativa, che l'impresa di revisione contabile sia sostituita al più tardi dopo sette anni.

Si ricorda che l’articolo 159, comma 4 [nel testo modificato dalla precedente lettera b)] ha previsto come durata massima dell’incarico di revisione sei esercizi, vietando il rinnovo prima di ulteriori tre anni.

 

La lettera e) dell’articolo 18, comma 1, novella l’articolo 162 del TUF, relativo alla vigilanza sulle società di revisione.

 

Il Senato ha apportato una modifica al numero 2) della citata lettera e), il quale, sostituendo il comma 2 dell’articolo 162 del TUF, prevede che la CONSOB, nell’esercizio della vigilanza, stabilisca i princìpi e i criteri da adottare per la revisione contabile, sentito il parere del Consiglio nazionale dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

 

Il testo approvato dalla Camera dei deputati prevedeva il parere del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e del Consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali.

La modifica ha riferimento alla recente emanazione del decreto legislativo 28 giugno 2005, n. 139, concernente la costituzione dell'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, il quale, all’articolo 59 ha disposto che, a far data dal 1° gennaio 2008, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e il Consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali sono soppressi e, a decorrere dalla medesima data, è istituito il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

 

Si osserva che, poiché il nuovo Ordine sarà costituito e operante dal 1° gennaio 2008, fino a tale data sarebbe formalmente impossibile acquisire il prescritto parere.


Articolo 19
(Banca d’Italia)

 


1. La Banca d’Italia è parte integrante del Sistema europeo di banche centrali ed agisce secondo gli indirizzi e le istruzioni della Banca centrale europea.

2. La Banca d’Italia è istituto di diritto pubblico. La maggioranza delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia è detenuta dallo Stato; la restante parte delle quote può essere detenuta esclusivamente da altri enti pubblici.

3. Le disposizioni normative nazio­nali, di rango primario e secondario, assicurano alla Banca d’Italia ed ai componenti dei suoi organi l’indi­pendenza richiesta dalla normativa comunitaria per il migliore esercizio dei poteri attribuiti nonché per l’assolvimento dei compiti e dei doveri spettanti.

4. La Banca d’Italia, nell’esercizio delle proprie funzioni e con parti­colare riferimento a quelle di vigilanza, opera nel rispetto del prin­cipio di trasparenza, naturale comple­mento dell’indipendenza dell’autorità di vigilanza. Riferisce del suo operato al Parlamento e al Governo con relazione semestrale sulla propria attività.

5. Gli atti emessi dagli organi della Banca d’Italia hanno forma scritta e sono motivati, secondo quanto previsto dal secondo periodo del comma 1 dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Delle riunioni degli organi collegiali viene redatto apposito verbale.

6. Per i provvedimenti di sua competenza aventi rilevanza esterna e per quelli adottati su sua delega il governatore acquisisce in ogni caso il parere preventivo del direttorio. Ai pareri del direttorio si applica quanto previsto dal comma 5. La disposizione contenuta nel primo periodo del presente comma non si applica, comunque, alle decisioni rientranti nelle attribuzioni del Sistema europeo di banche centrali.

7. Il governatore dura in carica sette anni, senza possibilità di rinnovo.

8. Lo statuto della Banca d’Italia è adeguato alle disposizioni contenute nel presente articolo entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le modalità stabilite dal comma 2 dell’articolo 10 del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43. Le istruzioni di vigilanza sono adeguate alle disposizioni contenute nel presente articolo entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

9. Con regolamento del Governo, da adottare ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di attuazione del comma 2 del presente articolo. Dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al trasferimento delle quote di partecipazione in favore dei soggetti indicati al comma 2, i diritti di voto relativi alle quote di partecipazione in possesso di soggetti diversi da quelli indicati nel citato comma 2 sono automati­camente sospesi e vengono esercitati dallo Stato.

10. All’onere derivante dal comma 2, valutato in 800 milioni di euro, si provvede mediante parziale utilizzo delle disponibilità del Fondo di cui all’articolo 2 della legge 27 ottobre 1993, n. 432, e successive modificazioni fermi rimanendo gli obiettivi di riduzione del debito pubblico».


1.  Premessa

L’articolo 19, introdotto dal Senato su emendamento governativo, incide sull’organizzazione e sull’attività della Banca d’Italia.

 

Si segnala che sulle previsioni recate da tale disposizione è intervenuto il parere emesso dalla Banca centrale europea (BCE) in data 6 ottobre 2005(CON/2005/34).

2.  La partecipazione al SEBC

Il comma 1 contiene un enunziato meramente ricognitivo dell’assetto di competenze e di rapporti esistente fra il livello nazionale e il livello europeo, dichiarando che la Banca d’Italia è parte integrante del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) e agisce secondo gli indirizzi e le istruzioni della Banca centrale europea (BCE).

Come è noto, il ruolo svolto dalle banche centrali nazionali (BCN) all’interno del SEBC si esplica sotto un duplice profilo: per un verso, le BCN, tramite la partecipazione dei rispettivi governatori al Consiglio direttivo della BCE, sono chiamate a co-determinare la politica monetaria all’interno dell’area dell’euro; dall’altro, alle BCN viene demandata, secondo una logica di decentramento, l’esecuzione delle operazioni deliberate nell’ambito del SEBC.

In particolare, il meccanismo istituzionale che regola i rapporti all’interno del SEBC si basa sull’emanazione di indirizzi e istruzioni da parte della BCE, in conformità dei quali le BCN pongono in essere le operazioni di competenza del SEBC (articoli 12.1 e 14.3 dello Statuto del SEBC).

 

Il legislatore italiano ha provveduto ad adeguare l'ordinamento nazionale alle disposizioni del trattato istitutivo della Comunità europea in materia di politica monetaria e di SEBC con il decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43.

Ai sensi dell’articolo 1dello statuto della Banca d'Italia, approvato con regio decreto 11 giugno 1936, n. 1067, e successive modificazioni, la Banca d'Italia, banca centrale della Repubblica italiana, è parte integrante del Sistema europeo di banche centrali (SEBC). Essa svolge i compiti e le funzioni che in tale qualità le competono, nel rispetto dello statuto del SEBC e della BCE. Persegue gli obiettivi assegnati al SEBC ai sensi dell'articolo 105 del trattato che istituisce la Comunità europea.

 

In tale contesto organizzativo, l’accentramento decisionale assicura il carattere unitario della politica monetaria dell’area dell’euro, mentre il decentramento operativo, in applicazione del principio di sussidiarietà, riflette le differenze esistenti nella struttura dei mercati finanziari e negli ordinamenti giuridici dei diversi Stati membri.

3.  Natura giuridica e struttura proprietaria

Disposizioni di carattere ordinamentale

Il comma 2 stabilisce che la Banca d’Italia è istituto di diritto pubblico.

La natura pubblicistica dell’ente risulta già prevista dall’articolo 20 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, convertito dalla legge 7 marzo 1938, n. 141, recante “Disposizioni per la difesa del risparmio e per la disciplina della funzione creditizia” (cosiddetta “legge bancaria”), che dichiara la Banca d'Italia, creata con legge 10 agosto 1893, n. 449, “istituto di diritto pubblico”.

L’articolo 1 dello statuto della Banca d'Italia, approvato con regio decreto 11 giugno 1936, n. 1067, ribadisce che essa è un istituto di diritto pubblico ai sensi del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375.

Al riguardo, giova tuttavia osservare che l’individuazione della natura giuridica della Banca d’Italia risulta operazione non semplice, stante la diversità delle funzioni svolte e la complessità del quadro normativo di riferimento.

Infatti, la coesistenza, nell’ordinamento della banca, di componenti tipicamente privatistiche, come lo svolgimento di funzioni “bancarie” ai sensi dell’articolo 1 dello Statuto e l’utilizzo di strumenti negoziali per l’assolvimento dei propri compiti, e di elementi pubblicistici, quali lo svolgimento di funzioni nell’interesse della collettività nell’esercizio di poteri amministrativi attribuiti ex lege, ha fatto sì che l’istituto fosse ricondotto di volta in volta nelle figure organizzatorie dell’organo dello Stato, ovvero dell’ente parastatale, dell’ente strumentale, dell’ente pubblico ovvero dell’ente pubblico economico, dell’autorità indipendente.

La dottrina più recente (R. COSTI, L’ordinamento bancario, Bologna, Il Mulino, 2001, 148) sottolinea che la Banca d’Italia «pur svolgendo attività di impresa non viene considerata un ente pubblico economico, ritenendosi che le funzioni pubbliche, non di impresa, ad essa assegnate abbiano una incidenza preponderante nella configurazione giuridica dell’ente e, comunque, costringano in una posizione non significativa sotto questo profilo l’attività di impresa. Si può convenire sulla preponderanza delle funzioni pubbliche e quindi sulla negazione della qualità di ente pubblico economico alla Banca d’Italia, ma non si può trascurare la dimensione imprenditoriale della banca medesima. (…) Questa connotazione imprenditoriale è posta in tutta evidenza dallo Statuto della Banca d’Italia (…) laddove si precisa che questa “esercita funzioni bancarie”, svolgendo tutte le attività che le competono in qualità di parte integrante del sistema europeo di banche centrali. Più esattamente, la Banca d’Italia adempie alla propria funzione ora con atti amministrativi ora con negozi di diritto privato, dando vita, in questo secondo caso, ad un’attività di impresa che consente l’adempimento della funzione pubblica solo se viene esercitata in rispetto del principio di economicità della gestione. E di questa duplice anima vi è traccia evidente nella struttura organizzativa della Banca stessa».

 

Lo stesso comma 2 dell’articolo 19 qui commentato prevede che la maggioranza delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia sia detenuta dallo Stato, potendo la restante parte delle quote essere detenuta soltanto da altri enti pubblici.

 

L’articolo 20 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, stabilisce che il capitale della Banca è di trecento milioni di lire ed è rappresentato da trecentomila quote di mille lire ciascuna interamente versate.

Ai fini della tutela del pubblico credito e dalla continuità di indirizzo dell'Istituto di emissione, le quote di partecipazione al capitale sono nominative e possono appartenere solamente a:

a) casse di risparmio;

b) istituti di credito di diritto pubblico e banche di interesse nazionale;

c) istituti di previdenza;

d) istituti di assicurazione.

 

Al riguardo, si deve ricordare che la struttura societaria della Banca d’Italia, di tipo privatistico, venne mantenuta inalterata dalla citata legge bancaria del 1936, che pure dichiarava la natura pubblicistica dell’Istituto e procedeva a una sua parziale nazionalizzazione.

Il legislatore stabilì allora, infatti, che “ai fini della tutela del pubblico credito della continuità di indirizzo dell’Istituto di emissione”, gli ex azionisti privati venissero rimborsati integralmente e che il capitale della Banca, pari a 300 milioni di lire interamente versato, e rappresentato da 300 mila quote di partecipazione nominative da lire 1.000 cadauna, potesse essere posseduto esclusivamente da Casse di risparmio, istituti di credito di diritto pubblico, banche di interesse nazionale, istituti di previdenza e di assicurazione[40].

Il processo di trasformazione delle banche pubbliche in società per azioni, che si è verificato nel corso negli anni ’90 del secolo passato ad opera del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, ha influito – di fatto – sulla titolarità delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia[41].

Nella specie, il D.P.R. 6 marzo 1992 ha aggiunto all’articolo 3 dello statuto della Banca d’Italia una disposizione secondo la quale le quote di partecipazione possono essere cedute, previo consenso del Consiglio superiore, solamente da uno ad altro ente compreso nelle categorie sopra indicate. In ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della Banca da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici.

Il successivo decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153,ha quindi disciplinato la partecipazione al capitale della Banca d’Italia da parte delle fondazioni bancarie, enti di diritto privato che avevano effettuato il conferimento delle aziende bancarie alle società nate dal processo di trasformazione delle banche pubbliche.

 

In particolare, l’articolo 27, comma 1, del citato D.Lgs n. 153 del 1999 ha stabilito che le fondazioni che hanno provveduto ad adeguare gli statuti sono incluse tra i soggetti che possono partecipare al capitale della Banca d'Italia, a condizione che:

a) abbiano un patrimonio almeno pari a 50 miliardi;

b) operino, secondo quanto previsto dai rispettivi statuti, in almeno due province ovvero in una delle province autonome di Trento e Bolzano;

c) prevedano nel loro ordinamento che sia devoluta ai fini statutari nei settori rilevanti una parte di reddito superiore al limite minimo stabilito dall'Autorità di vigilanza ai sensi dell'articolo 10 dello stesso decreto.

 

Si può ricordare, infine, che risulta peculiare anche il regime delle modalità di partecipazione del socio alla vita dell’ente, in quanto lo Statuto della Banca d’Italia fissa regole speciali – in deroga alle norme civilistiche sulle società di capitali – in tema di circolazione delle quote, di diritto agli utili della gestione e di diritto di voto in assemblea.

 

Sulla modifica proposta, la BCE osserva nel parere sopra richiamato (punto 10) che “una volta data piena attuazione alla bozza di articolo, lo Stato sarà il partecipante di maggioranza, e forse quasi esclusivo, al capitale. Ai sensi dello statuto della Banca d’Italia, attualmente, i partecipanti al capitale nominano, in assemblee separate presso le sedi della Banca d’Italia, i tredici membri del Consiglio superiore, uno per ciascuna sede. Alla luce dei mutamenti nella composizione dei partecipanti al capitale introdotti dalla bozza di articolo, sarebbe utile chiarire e forse semplificare la procedura di elezione di detti membri. Inoltre, il cambiamento nella struttura dei partecipanti al capitale comporta due conseguenze. In primo luogo, sarà necessario rivedere il ruolo del Consiglio superiore, compresi gli aspetti relativi alla procedura per la nomina e la revoca del Governatore e degli altri componenti del Direttorio, conformemente all’articolo 14.2 dello statuto. In secondo luogo, è necessario preservare l’indipendenza finanziaria della Banca d’Italia, che è attualmente garantita dalle disposizioni del suo statuto riguardanti l’indipendenza dei membri del Consiglio superiore e i limiti alla distribuzione degli utili ai partecipanti al capitale. Pertanto, è necessario modificare l’articolo 54 dello statuto della Banca d’Italia per assicurare che, come nella situazione attuale, possa essere costituito un ammontare sufficiente di riserve ordinarie e, se necessario, straordinarie al fine di garantire che la Banca d’Italia abbia i mezzi finanziari per assolvere i propri compiti statutari”.

 

Il comma 9 demanda a un regolamento governativo, da adottare ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni in esame, il compito di stabilire le modalità di attuazione del comma 2 dell’articolo in esame.

 

Il richiamo operato all’articolo 17 della legge n. 400 del 1988 sembrerebbe potersi specificare con riferimento al comma 1, che disciplina l’emanazione dei regolamenti di esecuzione, attuazione e integrazione delle leggi.

 

È altresì previsto che dalla data di entrata in vigore delle disposizioni in esame e fino al trasferimento delle quote di partecipazione in favore dei soggetti indicati al comma 2, i diritti di voto relativi alle quote di partecipazione in possesso di soggetti diversi da quelli indicati nel citato comma 2 siano sospesi e vengano esercitati dallo Stato.

 

Al riguardo, il citato parere della BCE (CON/2005/34) segnala (punto 7) che “si dovrebbe valutare attentamente la compatibilità di tale attribuzione automatica dei diritti di voto allo Stato fino al trasferimento delle quote con le convenzioni internazionali e il diritto comunitario”.

Copertura dell’onere finanziario

Il comma 10 reca una disposizione per la copertura dell’onere derivante dal riacquisto delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia da parte dello Stato e di altri enti pubblici.

Il relativo importo è valutato in 800 milioni di euro.

 

Si ricorda preliminarmente che, come già detto, la definizione del nuovo assetto proprietario della Banca d’Italia è rimessa dal comma 9 a un regolamento governativo, che dovrà anche dettare i criteri per la determinazione del valore delle partecipazioni.

 

Al riguardo, il citato parere della BCE (CON/2005/34) avverte (punto 8) che “non vi sono indicazioni relative alle modalità di tale trasferimento, in questa fase non è possibile valutare la coerenza di questa operazione con le disposizioni del trattato concernenti il finanziamento monetario (articolo 101 del trattato) e le politiche di bilancio (articolo 104, paragrafo 2, lettera b, del trattato)”.

 

Attualmente le quote di partecipazione alla Banca d’Italia sono detenute in massima parte da banche e risultano iscritte nei rispettivi bilanci in base a criteri di valutazione diversi da istituto a istituto.

Come rilevato dalla nota tecnica d’integrazione della relazione tecnica presentata dal Governo nel corso dell’esame presso il Senato[42], «è estremamente difficile individuare criteri precisi per individuare» il valore delle partecipazioni, «giacché tale questione si inserisce in un quadro normativo e finanziario di rilevante complessità. La cautela è d’obbligo, inoltre, anche perché si incide su voci indicate nei bilanci di società quotate».

Alla suddetta quantificazione di 800 milioni di euro si è pervenuti nel corso dell’esame del provvedimento presso la Commissione bilancio del Senato, adottando il criterio dell’attualizzazione del flusso futuro dei dividendi, secondo le indicazioni fornite dal rappresentate del Governo nella seduta del 13 settembre 2005.

 

In particolare, il rappresentante del Governo ha fatto presente che, in base allo statuto della Banca d’Italia, i diritti patrimoniali associati al possesso delle quote sono di due tipi: una quota di dividendi ed una quota di partecipazione ai frutti degli investimenti delle riserve. Per quanto attiene al primo profilo, i partecipanti al capitale della Banca d’Italia hanno diritto a un dividendo che può al massimo essere pari al 6 per cento del capitale della Banca stessa (che attualmente corrisponde a 156.000 euro). Tale partecipazione ai dividendi può subire un’integrazione al massimo pari al 4 per cento. In totale, quindi, il dividendo complessivo che può essere annualmente distribuito ai partecipanti della Banca d’Italia è pari a 15.600 euro annui che, attualizzato al medesimo tasso di uno swap trentennale, raggiungerebbe un valore di circa 390 mila euro. La partecipazione ai frutti degli investimenti delle riserve, secondo lo statuto della Banca d’Italia, può essere invece al massimo pari al 4 per cento delle riserve. Di fatto, dall’anno 2000 ad oggi è stata stabilita una percentuale annua pari allo 0,5 per cento delle riserve (fino al 2000 la percentuale non ha mai superato lo 0,2 per cento). Nell’ultimo anno, in particolare, il totale delle risorse distribuite ai partecipanti è stato pari a 42 milioni di euro[43] che, attualizzati secondo il metodo sopra indicato, portano ad una stima complessiva delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia pari a 1 miliardo di euro. In relazione alla suddetta stima, occorre tener conto, tuttavia, che lo Stato percepisce un importo corrispondente al 50 per cento degli utili netti[44].

Rispetto a tali indicazioni, la Commissione Bilancio del Senato ha ritenuto di adottare un criterio di attualizzazione basato sul tasso di uno swap ventennale, anziché trentennale, pervenendo così ad una quantificazione di 800 milioni di euro.

 

Il comma 10 prevede che al suddetto onere si provveda mediante parziale utilizzo delle disponibilità del Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, fermi restando gli obiettivi di riduzione del debito pubblico.

 

Il Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato è stato istituito dalla legge 27 ottobre 1993, n. 432 - successivamente modificata dall'articolo 1 del D.L. 8 gennaio 1996, n. 6 (legge n. 110/1996) e dai commi 181-182 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (collegato alla manovra di finanza pubblica per il 1997) - con lo scopo di ridurre la consistenza dei titoli di Stato in circolazione, facendo leva soprattutto sulla destinazione dei proventi delle operazioni di privatizzazione alla riduzione del debito pubblico.

Le norme della citata legge n. 432 del 1993 e le ulteriori disposizioni che regolano l’attività del Fondo sono confluite nel Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico (Testo A), emanato con D.P.R. 30 dicembre 2003, n. 398 (artt. 44-52).

 

Le finalità per le quali possono essere utilizzate le disponibilità del Fondo sono le seguenti (art. 48 del D.P.R. n. 398 del 2003):

-          acquisto sul mercato secondario di titoli del debito pubblico da destinare ad immediato annullamento, in modo da ridurre la consistenza complessiva dei titoli di Stato in circolazione;

-          rimborso di titoli di Stato in scadenza;

-          acquisto di partecipazioni azionarie possedute da società delle quali il Ministero del Tesoro (ora Ministero dell’economia e delle finanze) sia unico azionista, ai fini della loro dismissione[45].

 

Ai sensi dell’articolo 45, del D.P.R. n. 398 del 2003, le risorse finanziarie di cui il Fondo può disporre sono individuate in:

a)       titoli di Stato corrisposti dagli acquirenti come prezzo dovuto per la vendita di beni del patrimonio immobiliare ovvero di partecipazioni dello Stato;

b)       proventi relativi alla vendita di partecipazioni dello Stato; sono esclusi i proventi derivanti dalle dismissioni immobiliari[46];

c)       gettito derivante da entrate straordinarie dello Stato, nei limiti stabiliti dai rispettivi provvedimenti legislativi;

d)       eventuali assegnazioni da parte del Ministero dell’economia e delle finanze;

e)       proventi derivanti da donazioni o da disposizioni testamentarie, comunque destinate al conseguimento delle finalità del Fondo;

f)         proventi derivanti dalla vendita di attività mobiliari e immobiliari confiscate dall'autorità giudiziaria e corrispondenti a somme sottratte illecitamente alla pubblica amministrazione;

g)       importo fino a lire 30.000 miliardi di lire a valere sull'autorizzazione ad emettere titoli pubblici in Italia e all'estero nell’ambito dell’importo massimo pari a 189.000 miliardi di lire, al netto dei titoli da rimborsare, stabilito dall'articolo 3, comma 5, della legge n. 539/1993[47].

 

Le somme destinate al Fondo affluiscono all’entrata del bilancio dello Stato[48], per essere poi trasferite ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’economia (capitolo 9565 dell’U.P.B. 3.3.9.7), ed essere infine conferite al conto istituito presso la Banca d'Italia, intestato appunto al Fondo.

Sulle giacenze del Fondo la Banca centrale corrisponde semestralmente interessi calcolati sulla base di un tasso pari a quello medio dei buoni ordinari del Tesoro emessi nel semestre precedente (articolo 46, comma 3, del D.P.R. n. 398 del 2003).

Gli interessi maturati sulle giacenze, unitamente ai proventi delle dismissioni, costituiscono le voci più rilevanti degli importi che complessivamente affluiscono al Fondo per essere successivamente utilizzati nell'acquisto di titoli di Stato[49].

 

La norma introduce dunque un’ulteriore destinazione delle disponibilità del Fondo istituito nel 1993 con lo scopo di ridurre il debito pubblico.

 

Secondo i dati forniti dal Governo, il Fondo, alla data del 14 settembre 2005, presenta una disponibilità pari a circa 6.790 milioni di euro. Tale dotazione dovrebbe essere incrementata con i proventi derivanti dalla dismissione del quarto gruppo di azioni dell’ENEL, per un ammontare pari a circa 4.000 milioni di euro.

 

Come già ricordato, sono fatti salvi gli obiettivi di riduzione del debito pubblico.

 

Secondo il quadro programmatico indicato nell’ultimo documento di programmazione economico-finanziaria, gli obiettivi di riduzione del debito pubblico sono i seguenti (valori in percentuale del PIL):

 

2005

2006

2007

2008

2009

108,2

107,4

105,2

103,6

100,9

 

 

Secondo la relazione tecnica presentata dal Governo al Senato, la previsione di copertura a valere sul Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato trova giustificazione nel fatto che la trasformazione della Banca d’Italia in istituto di diritto pubblico costituisce un’«operazione inversa rispetto alle privatizzazioni. Per effetto di tale disposizione il livello aggiuntivo delle entrate» - previste dalla normativa vigente - «da far affluire al predetto Fondo, rispetto a quello già programmato per il conseguimento degli obbiettivi programmatici, in materia di rapporto debito pubblico/PIL previsti nei documenti di programmazione economico-finanziaria, dovrà assicurare le risorse necessarie per l’attuazione della presente normativa».

La nota d’integrazione alla relazione tecnica precisa inoltre che «anche se il programma di privatizzazioni necessario per raggiungere gli obiettivi di riduzione del debito pubblico non è ancora compiutamente definito, non appare irragionevole che esso tenga conto anche dell’operazione in questione. Tale considerazione è rafforzata dalla considerazione che la scansione temporale delle operazioni attraverso le quali si delineerà il nuovo assetto proprietario (…) non è, allo stato, previsto e potrebbe avere anche un’articolazione pluriennale.»

 

In base alle relazioni tecniche presentate al Senato, sembrerebbe dunque che la copertura della norma si riferisca a risorse future del Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, da reperirsi nell’ambito dei programmi di privatizzazione posti in essere per la riduzione del debito pubblico. Tali programmi dovrebbero dunque assicurare maggiori entrate per un importo di 800 milioni di euro.

 

Dal punto di vista della formulazione tecnica del testo, si rileva che la disposizione in esame dovrebbe richiamare l’articolo 44 del D.P.R. 30 dicembre 2003, n. 398, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico, anziché l’articolo 2 della legge 27 ottobre 1993, n. 432, che è confluito nel predetto testo unico.

4.  Norme in tema di organizzazione interna e di disciplina dell’attività della Banca d’Italia

Il comma 3 stabilisce che le disposizioni normative nazionali, di rango primario e secondario, devono assicurare alla Banca d’Italia e ai componenti dei suoi organi l’indipendenza richiesta dalla normativa comunitaria.

La finalità della disposizione è indicata nel migliore esercizio dei poteri attribuiti e nell’assolvimento dei compiti e dei doveri spettanti all’Istituto.

A riguardo, si può ricordare come diverse norme del trattato istitutivo della Comunità europea e dello Statuto del SEBC conferiscono alla BCE e alle BCN una piena indipendenza nei confronti di ogni altra istituzione, comunitaria o nazionale.

 

Tale indipendenza viene assicurata innanzitutto grazie alla previsione secondo cui, nell’esercizio dei propri poteri, la BCE, le BCN e i singoli membri dei rispettivi organi decisionali non possono sollecitare o ricevere istruzioni dai Governi degli Stati membri, né dalle istituzioni o dagli organi comunitari (art. 108 del Trattato).

L’autonomia del SEBC è inoltre tutelata dalle norme che garantiscono la stabilità dei componenti degli organi della BCE, prevedendo un’ampia durata della loro carica (otto anni per i membri del comitato esecutivo della BCE e almeno cinque anni per i Governatori delle BCN), nonché regole restrittive in materia di revoca del mandato (articoli 11.2, 11.4 e 14.2 dello Statuto del SEBC).

L’indipendenza si basa anche sulla necessaria autonomia finanziaria. Il trattato stabilisce infatti che la BCE abbia un proprio bilancio, distinto da quello dell’Unione europea e che al capitale della BCE partecipino esclusivamente le BCN, con quote commisurate alla popolazione e al reddito dei rispettivi paesi. Le BCN, sempre in proporzione alla popolazione e al reddito dei rispettivi paesi, conferiscono parte delle proprie riserve valutarie alla BCE, ripartendosi tra le BCN la somma dei rispettivi redditi monetari nonché parte dei profitti e delle perdite della BCE.

 

Ai sensi del comma 4 dell’articolo 19 qui illustrato, la Banca d’Italia, nell’esercizio delle proprie funzioni, con particolare riferimento a quelle di vigilanza, è tenuta ad operare nel rispetto del principio di trasparenza, inteso come naturale complemento dell’indipendenza dell’autorità di vigilanza.

 

Non è chiaro il significato dell’inciso “con particolare riferimento a quelle di vigilanza”, posto che non si specifica l’eventuale diverso modo di operare del principio di trasparenza che pure si vorrebbe prescrivere. Si segnala altresì che princìpi di trasparenza e motivazione degli atti sono stabiliti, con riferimento a tutte le autorità di vigilanza, nei successivi articoli 23 e 24.

 

Lo stesso comma 4 impone alla Banca d’Italia di riferire semestralmente sulla propria attività al Parlamento e al Governo.

Al riguardo, si ricorda che attualmente, oltre alla relazione annuale che il Governatore della Banca d’Italia presenta sull’esercizio annuale dell’Istituto all’Assemblea generale dei partecipanti al capitale, l’articolo 4, comma 4, del D.Lgs. n. 385 del 1993, recante il testo unico bancario (TUB), prevede che la Banca d'Italia pubblichi annualmente una relazione sull'attività di vigilanza.

La Banca, ai sensi dell’articolo 117 del testo unico delle leggi sugli istituti di emissione e sulla circolazione dei biglietti di banca, approvato con regio decreto 28 aprile 1910, n. 204, è inoltre obbligata a comunicare in tempo utile al Ministero dell’economia e delle finanze il conto profitti e perdite.

Ai sensi dell’articolo 8, comma 2, del D.Lgs. n. 43 del 1998 la Banca d'Italia deve trasmettere mensilmente al Ministro dell’economia e delle finanze una situazione dei conti redatta secondo il modello approvato, su proposta della Banca, dallo stesso Ministro, con proprio decreto.

 

Il comma 5 del presente articolo dispone che gli atti emessi dagli organi della Banca d’Italia debbano avere forma scritta e debbano essere motivati.

Si richiama a tal fine quanto disposto dal secondo periodo del comma 1 dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in tema di procedimento amministrativo, secondo cui la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria.

 

Ai sensi dell’articolo 4, commi 2 e 3, del TUB, la Banca d'Italia determina e rende pubblici previamente i princìpi e i criteri dell'attività di vigilanza. Fermi restando i diversi termini fissati da disposizioni di legge, essa stabilisce i termini per provvedere, individua il responsabile del procedimento, ìndica i motivi delle decisioni e pubblica i provvedimenti aventi carattere generale. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge n. 241 del 1990, intendendosi attribuiti al Governatore della Banca d'Italia i poteri per l'adozione degli atti amministrativi generali previsti da dette disposizioni.

 

Gli obblighi di motivazione degli atti sono disciplinati, con riferimento a tutte le autorità di vigilanza, anche nei successivi articoli 23, comma 1 (in relazione agli atti regolamentari e generali) e 24, comma 2 (in relazione ai provvedimenti individuali).

 

Lo stesso comma 5 prescrive inoltre che debba essere redatto apposito verbale delle riunioni degli organi collegiali, al fine di consentire la trasparenza e la sindacabilità del processo decisionale.

 

Il comma 6 obbliga il Governatore ad acquisire il parere preventivo del Direttorio:

a)per i provvedimenti di sua competenza aventi rilevanza esterna;

b) per i provvedimenti adottati su sua delega.

Tale obbligo non si applica, tuttavia, alle decisioni rientranti nelle attribuzioni del SEBC.

 

Il Direttorio è costituito dal governatore, dal direttore generale e da due vice direttori generali.

Ai sensi dell’articolo 5 dello Statuto della Banca d’Italia, infatti, i poteri dell'istituto risiedono:

a) nell'assemblea generale dei partecipanti;

b) nel Consiglio superiore e nel Comitato del Consiglio superiore;

c) nel direttorio, costituito dal Governatore, dal Direttore generale e da due Vice Direttori generali.

 

Ai pareri del Direttorio previsti dal presente comma si applicano le disposizioni del precedente comma 5 (che impone la forma scritta, la motivazione e la redazione di verbale della riunione in cui l’atto è adottato).

 

Si segnala che, nel parere sopra citato, la BCE osserva (punto 14) che “alla luce della pratica diffusa nell’Unione europea per le decisioni in materia di vigilanza, sarebbe auspicabile una modifica dell’attuale bozza di articolo al fine di introdurre il principio di collegialità”.

 

Il comma 7 prevede che il Governatore duri in carica sette anni. Il mandato non è rinnovabile.

Lo Statuto del SEBC richiede per i Governatori delle BCN una durata in carica di almeno cinque anni.

Attualmente, nell’ordinamento italiano, il mandato del Governatore della banca centrale non è soggetto a limiti di durata.

Il Governatore può essere revocato dall’incarico mediante la medesima procedura prevista per la sua nomina, ossia con delibera assunta dal Consiglio superiore della Banca, in seduta straordinaria, e approvata con decreto del Presidente della Repubblica promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Consiglio dei ministri.

Secondo l’articolo 14.2 dello Statuto del SEBC, il Governatore di una BCN può essere sollevato dall’incarico solo se non soddisfa più le condizioni necessarie per l’esercizio delle sue funzioni o se si è reso colpevole di gravi mancanze. La disposizione è divenuta efficace nell’ordinamento italiano in forza dell’ordine di esecuzione contenuto nell’articolo 2 della legge 3 novembre 1992, n. 454, che ha autorizzato la ratifica del Trattato sull'Unione europea, con i 17 protocolli e atto finale, fatto a Maastricht il 7 febbraio 1992.

 

Si segnala che, nel parere sopra citato, la BCE avverte (punto 11) che “le disposizioni del trattato che tutelano la continuità del mandato del Governatore si applicano altresì agli altri componenti degli organi decisionali delle BCN coinvolti nell’assolvimento dei compiti connessi al SEBC. Ciò vale in particolare quando gli altri componenti debbano fare le veci del Governatore”. Rilevato che attualmente non vi sono limiti al mandato degli altri membri del Direttorio, la BCE osserva che, “alla luce dei poteri attribuiti al Direttorio, sarebbe opportuna l’introduzione di una analoga limitazione del mandato”.

La BCE nota inoltre (punto 12) che il provvedimento in esame “non si esprime in merito all’applicazione delle nuove norme all’attuale Governatore della Banca d’Italia. In questo contesto, essa desidera ribadire il parere formulato in precedenza secondo cui qualsiasi regime transitorio dovrebbe essere compatibile con l’articolo 14.2 dello statuto”.

5.  Disposizioni e modalità di attuazione

Il comma 8 dispone l’adeguamento dello statuto della Banca d’Italia alle disposizioni contenute nell’articolo 19, qui illustrato, entro due mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni in esame.

L’adeguamento deve avvenire con le modalità stabilite dal comma 2 dell’articolo 10 del D.Lgs. 10 marzo 1998, n. 43, in base al quale le modifiche dello statuto della Banca sono deliberate dall'assemblea straordinaria dei partecipanti e sono approvate con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

Si prescrive inoltre che le istruzioni di vigilanza debbano essere adeguate alle disposizioni del presente articolo 19 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dello stesso.


Articolo 20
(Coordinamento dell’attività delle Autorità)

 


1. La Banca d’Italia, la CONSOB, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel rispetto della reciproca indipendenza, individuano forme di coordinamento per l’esercizio delle competenze ad essi attribuite anche attraverso protocolli d’intesa o l’istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di comitati di coordinamento.

2. Le forme di coordinamento di cui al comma 1 prevedono la riunione delle Autorità indicate nel medesimo comma almeno una volta l’anno.


 

 

L’articolo 20 dispone che le autorità pubbliche che vigilano, a vario titolo, sui mercati finanziari (la Banca d’Italia, la CONSOB, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato) debbano individuare forme di coordinamento per l’esercizio delle competenze ad essi attribuite.

 

Secondo le modifiche apportate alla disposizione nel corso dell’esame al Senato, le forme di coordinamento possono individuarsi anche attraverso:

a) la stipulazione di protocolli d’intesa;

b) l’istituzione di comitati di coordinamento, senza che ne conseguano maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Nel corso dell’esame presso il Senato sono stati altresì soppressi l’originario comma 2 e il comma 3 dell’articolo in esame, che prevedevano l’istituzione di un apposito comitato di coordinamento composto dal governatore della Banca d’Italia e i presidenti delle autorità di vigilanza, con il compito di definire modelli per lo scambio informativo e di curare la predisposizione di strumenti e archivi da utilizzare in comune.

 

Il nuovo comma 2 (come sostituito dal Senato) stabilisce che le forme di coordinamento realizzate a norma del comma 1 debbono prevedere la riunione delle autorità almeno una volta l’anno.

 

Si può ricordare che la normativa attuale prevede forme di collaborazione fra le autorità che esercitano la vigilanza sui mercati finanziari.

 

In particolare, l’articolo 7 del testo unico bancario (TUB), emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, prevede che la Banca d'Italia, la CONSOB, la COVIP, l'ISVAP e l'UIC collaborano tra loro, anche mediante scambio di informazioni, al fine di agevolare le rispettive funzioni. Detti organismi non possono reciprocamente opporsi il segreto d'ufficio.

La Banca d'Italia collabora, anche mediante scambio di informazioni, con le autorità competenti degli Stati comunitari, al fine di agevolare le rispettive funzioni. Le informazioni ricevute dalla Banca d'Italia possono essere trasmesse alle autorità italiane competenti, a meno di diniego dell'autorità dello Stato comunitario che ha fornito le informazioni.

Nell'ambito di accordi di cooperazione e di equivalenti obblighi di riservatezza, la Banca d'Italia può scambiare informazioni preordinate all'esercizio delle funzioni di vigilanza con le autorità competenti degli Stati extracomunitari; le informazioni che la Banca d'Italia ha ricevuto da un altro Stato comunitario possono essere comunicate soltanto con l'assenso esplicito delle autorità che le hanno fornite.

La Banca d'Italia può scambiare informazioni con autorità amministrative o giudiziarie nell'ambito di procedimenti di liquidazione o di fallimento, in Italia o all'estero, relativi a banche, succursali di banche italiane all'estero o di banche comunitarie o extracomunitarie in Italia, nonché relativi a soggetti inclusi nell'ambito della vigilanza consolidata.

La Banca d'Italia può comunicare ai sistemi di garanzia italiani e, a condizione che sia assicurata la riservatezza, a quelli esteri informazioni e dati in suo possesso necessari al funzionamento dei sistemi stessi. Nel rispetto delle condizioni previste dalle direttive comunitarie applicabili alle banche, la Banca d'Italia può scambiare informazioni con altre autorità e soggetti esteri indicati dalle direttive medesime

Ai sensi dell’articolo 4 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, la Banca d'Italia, la CONSOB, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, l'ISVAP e l'Ufficio italiano dei cambi collaborano tra loro, anche mediante scambio di informazioni, al fine di agevolare le rispettive funzioni. Dette autorità non possono reciprocamente opporsi il segreto d'ufficio.

La Banca d'Italia e la CONSOB collaborano, anche mediante scambio di informazioni, con le autorità competenti dell'Unione Europea e dei singoli Stati comunitari, al fine di agevolare le rispettive funzioni.

Al medesimo fine, la Banca d'Italia e la CONSOB possono cooperare, anche mediante scambio di informazioni, con le autorità competenti degli Stati extracomunitari.

Le informazioni ricevute dalla Banca d'Italia e dalla CONSOB ai sensi delle richiamate disposizioni non possono essere trasmesse a terzi né ad altre autorità italiane, ivi incluso il Ministro dell'economia e delle finanze, senza il consenso dell'autorità che le ha fornite.

La Banca d'Italia e la CONSOB possono scambiare informazioni:

a) con autorità amministrative e giudiziarie nell'ambito di procedimenti di liquidazione o di fallimento, in Italia o all'estero, relativi a soggetti abilitati;

b) con gli organismi preposti all'amministrazione dei sistemi di indennizzo;

c) con gli organismi preposti alla compensazione o al regolamento delle negoziazioni dei mercati;

d) con le società di gestione dei mercati, al fine di garantire il regolare funzionamento nei mercati da esse gestiti.

Lo scambio di informazioni con autorità di Paesi extracomunitari è subordinato all'esistenza di norme in materia di segreto di ufficio.

La Banca d'Italia e la CONSOB possono esercitare i poteri a esse assegnati dall'ordinamento anche ai fini della cooperazione con altre autorità e su richiesta delle medesime. Le autorità competenti di Stati comunitari o extracomunitari possono chiedere alla Banca d'Italia e alla CONSOB di effettuare per loro conto, secondo le norme previste nel presente decreto, un'indagine sul territorio dello Stato. Le predette autorità possono chiedere che venga consentito ad alcuni membri del loro personale di accompagnare il personale della Banca d'Italia e della CONSOB durante l'espletamento dell'indagine. Restano ferme le norme che disciplinano il segreto d'ufficio sulle notizie, i dati e le informazioni in possesso della Banca d'Italia.

La Banca d'Italia può concordare con le autorità di vigilanza di altri Stati comunitari forme di collaborazione, ivi compresa la ripartizione dei compiti di ciascuna autorità, per l'esercizio della vigilanza su base consolidata nei confronti di gruppi operanti in più paesi.

 


Articolo 21
(Collaborazione fra le Autorità)

 


1. La Banca d’Italia, la CONSOB, l’ISVAP, la COVIP e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato collaborano tra loro, anche mediante scambio di informazioni, per agevolare l’esercizio delle rispettive funzioni. Le Autorità non possono reciprocamente opporsi il segreto d’ufficio. Tutti i dati, le informazioni e i documenti comunque comunicati da una ad altra Autorità, anche attraverso l’inserimento in archivi gestiti congiuntamente, restano sottopo­sti al segreto d’ufficio secondo le disposizioni previste dalla legge per l’Autorità che li ha prodotti o acquisiti per prima.


 

 

L’articolo è stato approvato dal Senato senza modificazioni rispetto al testo del corrispondente articolo 20 approvato dalla Camera.

 


Articolo 22
(Collaborazione da parte del Corpo della guardia di finanza)

 


1. Nell’esercizio dei poteri di vigilanza informativa e ispettiva, le Autorità di cui all’articolo 20 possono avvalersi, in relazione alle specifiche finalità degli accertamenti, del Corpo della guardia di finanza, che agisce con i poteri ad esso attribuiti per l’accertamento dell’imposta sul valore aggiunto e delle imposte sui redditi, utilizzando strutture e personale esistenti in modo da non determinare oneri aggiuntivi.

2. Tutte le notizie, le informazioni e i dati acquisiti dal Corpo della guardia di finanza nell’assolvimento dei compiti previsti dal comma 1 sono coperti dal segreto d’ufficio e vengono senza indugiocomunicati esclusivamente alle Autorità competenti.


 

 

L’articolo 22 prevede che la Banca d’Italia, la CONSOB, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato possono avvalersi del Corpo della Guardia di finanza.

 

Secondo le modifiche apportate al comma 1 nel corso dell’esame presso il Senato, le Autorità sopra richiamate possono avvalersi del Corpo della Guardia di finanza soltanto in relazione alle specifiche finalità degli accertamenti, non essendone quindi consentito l’utilizzo per scopi esorbitanti da tale finalità.

 

A séguito delle modifiche apportate dal Senato al comma 2, è stato specificato che le notizie, le informazioni e i dati acquisiti dal Corpo della Guardia di finanza – coperti, come già previsto, da segreto d’ufficio – devono essere da questo comunicati:

a)      senza indugio;

b)      esclusivamente alle autorità competenti.


Articolo 23
(Procedimenti per l’adozione di atti regolamentari e generali)

 


1. I provvedimenti della Banca d’Italia, della CONSOB, dell’ISVAP e della COVIP aventi natura regola­mentare o di contenuto generale, esclusi quelli attinenti all’organizzazione interna, devono essere motivati con riferimento alle scelte di regolazione e di vigilanza del settore ovvero della materia su cui vertono.

2. Gli atti di cui al comma 1 sono accompagnati da una relazione che ne illustra le conseguenze sulla regola­mentazione, sull’attività delle imprese e degli operatori e sugli interessi degli investitori e dei risparmiatori. Nella definizione del contenuto degli atti di regolazione generale, le Autorità di cui al comma 1 tengono conto in ogni caso del principio di proporzionalità, inteso come criterio di esercizio del potere adeguato al raggiungimento del fine, con il minore sacrificio degli interessi dei destinatari. A questo fine, esse consultano gli organismi rappresentativi dei soggetti vigilati, dei prestatori di servizi finanziari e dei consumatori.

3. Le Autorità di cui al comma 1 sottopongono a revisione periodica, almeno ogni tre anni, il contenuto degli atti di regolazione da esse adottati, per adeguarli all’evoluzione delle condizioni del mercato e degli interessi degli investitori e dei risparmiatori.

4. Le Autorità di cui al comma 1 disciplinano con propri regolamenti l’applicazione dei princìpi di cui al presente articolo, indicando altresì i casi di necessità e di urgenza o le ragioni di riservatezza per cui è ammesso derogarvi.


 

 

L’articolo è stato approvato dal Senato senza modificazioni rispetto al testo del corrispondente articolo 22 approvato dalla Camera.

 


Articolo 24
(Procedimenti per l’adozione di provvedimenti individuali)

 


1. Ai procedimenti della Banca d’Italia, della CONSOB, dell’ISVAP e della COVIP volti all’emanazione di provvedimenti individuali si applicano, in quanto compatibili, i princìpi sull’individuazione e sulle funzioni del responsabile del procedimento, sulla partecipazione al procedimento e sull’accesso agli atti amministrativi recati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. I procedimenti di controllo a carattere contenzioso e i procedimenti sanzionatori sono inoltre svolti nel rispetto dei princìpi della facoltà di denunzia di parte, della piena conoscenza degli atti istruttori, del contraddittorio, della verbalizzazione nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione. Le Auto­rità di cui al presente comma disciplinano le modalità organizzative per dare attuazione al principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irroga­zione della sanzione.

2. Gli atti delle Autorità di cui al comma 1 devono essere motivati. La motivazione deve indicare le ragioni giuridiche e i presupposti di fatto che hanno determinato la decisione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.

3. Le Autorità di cui al comma 1 disciplinano con propri regolamenti l’applicazione dei princìpi di cui al presente articolo, indicando altresì i casi di necessità e di urgenza o le ragioni di riservatezza per cui è ammesso derogarvi.

4. Alle sanzioni amministrative irrogate dalla Banca d’Italia, dalla CONSOB, dall’ISVAP, dalla COVIP e dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato non si applicano le disposizioni sul pagamento in misura ridotta contenute nell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, salvo che per le sanzioni indicate dall’articolo 193, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, per la violazione delle disposizioni previste dall’articolo 120, commi 2, 3 e 4, del medesimo testo unico.

5. Avverso gli atti adottati dalle Autorità di cui al comma 4 può essere proposto ricorso giurisdizionale dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio. I termini processuali sono ridotti della metà, con esclusione di quelli previsti per la presentazione del ricorso. Non possono essere nominati consulenti tecnici d’ufficio i dipendenti dell’Autorità sul cui atto verte il ricorso, anche se cessati dal servizio. Restano ferme le disposizioni previste per l’impugnazione dei provvedimenti sanzionatori dall’arti­colo 145, commi 4 e seguenti, del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dall’articolo 195, commi 4 e seguenti, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dall’articolo 6 della legge 5 marzo 2001, n. 57, dagli articoli 12, quinto comma, e 19, settimo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 48, dall’articolo 10, sesto comma, della legge 28 novembre 1984, n. 792, dall’articolo 11, comma 5, della legge 17 febbraio 1992, n. 166, e dall’articolo 18-bis, comma 5-bis, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124.

6. L’appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza o le ordinanze emesse in primo grado non sospende l’esecuzione delle stesse né l’efficacia dei provvedimenti impugnati.


 

 

L’articolo 24 reca disposizioni in materia di disciplina dei procedimenti per l’adozione di provvedimenti individuali da parte della Banca d’Italia, della CONSOB, dell’ISVAP e della COVIP.

 

La modifica apportata nel corso dell’esame presso il Senato riguarda il comma 1, il quale – nel prevedere che ai procedimenti volti all’emanazione di provvedimenti individuali si applicano, in quanto compatibili, i princìpi generali recati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 – prescrive, fra l’altro, che i procedimenti sanzionatorî debbano essere svolti nel rispetto del principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione.

 

La modifica apportata dal Senato aggiunge ora un ulteriore periodo al comma 1, che demanda alle Autorità sopra citate il compito di disciplinare le modalità organizzative volte a dare attuazione al predetto principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie.

 

Si segnala, a questo proposito, che la legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2005), in occasione del recepimento della direttiva europea sugli abusi di mercato, ha introdotto disposizioni analoghe – limitatamente alle sanzioni previste a tale riguardo – nell’articolo 187-septies del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.

Il comma 2 del citato articolo stabilisce infatti che il procedimento sanzionatorio è retto dai princìpi del contraddittorio, della conoscenza degli atti istruttorî, della verbalizzazione nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie.

La stessa formulazione è adottata nel comma 2 dell’articolo 195 del medesimo testo unico, come sostituito dalla citata legge n. 62 del 2005.

 

Per chiarezza e coerenza sistematica, potrebbe considerarsi l’opportunità di rendere omogenea la formulazione del presente articolo con quella delle disposizioni normative sopravvenute.

 

Non sono stati modificati dal Senato i successivi commi da 2 a 6.

 

In relazione al comma 5, che disciplina la competenza giurisdizionale amministrativa per il ricorso avverso gli atti delle autorità, facendo tuttavia salve numerose disposizioni che disciplinano la competenza per l’impugnazione di particolari provvedimenti sanzionatorî, si segnala che alcune fra le leggi ivi indicate risulteranno abrogate a decorrere dal 1° gennaio 2006, a seguito dell’entrata in vigore del codice delle assicurazioni, emanato con decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

Si tratta, in particolare, delle seguenti:

- legge 7 febbraio 1979, n. 48;

- legge 28 novembre 1984, n. 792;

- legge 17 febbraio 1992, n. 166;

- articolo 6 della legge 5 marzo 2001, n. 57.

La materia è regolata dal titolo XVIII, capi VII (articoli 325-328) e VIII (articoli 329-331) del citato decreto legislativo n. 209 del 2005.


Articolo 25
(Competenze in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali delle banche, degli intermediari finanziari, delle assicurazioni e dei fondi pensione)

 


1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 116, comma 2, alinea, le parole: «sentita la Banca d’Italia» sono sostituite dalle seguenti: «sentite la CONSOB e la Banca d’Italia»;

b) all’articolo 117, comma 8, primo periodo, dopo le parole: «La Banca d’Italia» sono inserite le seguenti: «, d’intesa con la CONSOB, »; al terzo periodo, dopo le parole: « della Banca d’Italia » sono aggiunte le seguenti: «, adottate d’intesa con la CONSOB »;

c) all’articolo 127, comma 3, dopo le parole: «Banca d’Italia» sono inserite le seguenti: «, d’intesa con la CONSOB».

2. Le competenze stabilite dal­l’articolo 109, comma 4, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174, con riguardo ai prodotti assicurativi di cui al punto III della lettera A) della tabella di cui all’allegato I del medesimo decreto legislativo sono esercitate dall’ISVAP d’intesa con la CONSOB.

3. Le competenze in materia di trasparenza e di correttezza dei comportamenti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera h), della legge 23 agosto 2004, n. 243, sono esercitate dalla COVIP compatibilmente con le disposizioni per la sollecitazione del pubblico risparmio. Restano ferme le competenze in materia di tutela della concorrenza su tutte le forme pensionistiche complementari attri­buite all’Autorità garante della concorrenza e del mercato dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, e le competenze in materia di sana e prudente gestione delle imprese di assicurazione attribuite all’ISVAP dalla legge 12 agosto 1982, n. 576, incluse quelle relative ai prodotti assicurativi con finalità previdenziali.

4.All’articolo 1, comma 2, lettera h), della legge 23 agosto 2004, n. 243, all’alinea, le parole: «l’unitarietà e» sono soppresse.


 

 

L’articolo 25 reca disposizioni che incidono sulla ripartizione delle competenze fra le diverse autorità di vigilanza di settore in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali delle banche, degli intermediari finanziari, delle assicurazioni e dei fondi pensione.

 

Prima delle modifiche apportate nel corso dell’esame presso il Senato, l’articolo in esame provvedeva a trasferire alla CONSOB le competenze in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali praticate dalle banche, dagli intermediari finanziari, dalle imprese di assicurazione e dai fondi pensione.

 

In conseguenza delle modificazioni apportate dal Senato, la disposizione prevede ora che tali competenze siano esercitate – dai soggetti competenti secondo la normativa vigente - d’intesa con la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB).

 

In particolare, la lettera b) del comma 1 modificando l’articolo 117, comma 8, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, stabilisce che la Banca d’Italia eserciti d’intesa con la CONSOB le proprie competenze in materia di determinazione del contenuto tipico dei contratti o titoli aventi una particolare denominazione.

La lettera c) del comma 1, modificando l’articolo 127, comma 3, del TUB,dispone che il potere di proposta nei riguardi del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) relativamente ad una serie di deliberazioni previste dal titolo VI del medesimo TUB sia esercitato dalla Banca d’Italia d’intesa con la CONSOB.

 

Queste deliberazioni riguardano: individuazione dei servizi da sottoporre a pubblicità, forma e modalità di pubblicità e conservazione degli atti, criteri per l’indicazione dei tassi e il calcolo degli interessi, compresa la produzione d’interessi sugli interessi, e disciplina degli annunzi pubblicitari (articoli 116, comma 3, e 120, comma 2, del testo unico); deroghe alla forma scritta dei contratti (articolo 117, comma 2); disciplina delle comunicazioni periodiche ai clienti e della comunicazione delle variazioni sfavorevoli apportate unilateralmente alle condizioni contrattuali (articoli 118, comma 1, e 119, comma 1); limiti di applicabilità delle norme sul credito al consumo (articolo 121, comma 4, lettera a); modalità di calcolo del tasso annuo effettivo globale per il credito al consumo ed esemplificazione di tale calcolo negli annunzi pubblicitari (articoli 122, comma 2, e 123, comma 2); misura di equa riduzione del costo del credito al consumo in caso di anticipato adempimento (articolo 125, comma 2); determinazione delle autorità competenti per i controlli su taluni soggetti (articolo 128, comma 4).

 

Il Senato ha altresì soppresso la lettera d) del comma 1 dell’articolo 25 in esame, che nella versione approvata dalla Camera trasferiva alla CONSOB i poteri di vigilanza informativa e ispettiva previsti dall’articolo 128 del TUB, prevedendo che la stessa CONSOB potesse avvalersi della collaborazione della Banca d’Italia o dell’UIC. Si trasferiva inoltre alla CONSOB anche il potere di disporre, sentita la Banca d’Italia o l'UIC o le altre autorità, la sospensione dell’attività dell’intermediario in caso di ripetute violazioni delle disposizioni concernenti gli obblighi di pubblicità.

Il richiamato articolo 128 del TUB, nella formulazione vigente, dispone che, al fine di verificare il rispetto delle disposizioni del titolo VI del medesimo TUB, la Banca d'Italia può acquisire informazioni, atti e documenti ed eseguire ispezioni presso le banche e gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale previsto dall'articolo 107.

 

Il Senato ha poi sostituito il comma 2 del presente articolo 25 che, con riguardo al settore delle assicurazioni, riorganizzava la distribuzione dei poteri di vigilanza in materia di trasparenza tra l’ISVAP e la CONSOB.

 

In particolare, la lettera c) trasferiva in toto alla CONSOB, in quanto ritenuto pertinente in modo esclusivo all’applicazione del principio della trasparenza, il potere – previsto dall’articolo 109, comma 4, del D.Lgs. n. 174 del 1995, recante disposizioni per l’attuazione della direttiva 92/96/CEE in materia di assicurazione diretta sulla vita – di prescrivere alle imprese di fornire informazioni supplementari rispetto a quanto stabilito in via generale, qualora ciò risultasse necessario alla piena comprensione degli elementi essenziali del contratto da parte del contraente. In relazione ad altri aspetti, si prevedeva invece soltanto di estendere alla CONSOB i poteri informativi dell’ISVAP.

 

In conformità con quanto disposto dall’articolo 34 della direttiva n. 2002/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, e dall’articolo 29 della direttiva n. 92/49/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, rispettivamente riguardanti l’assicurazione sulla vita e l'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita, la comunicazione degli elementi suddetti non può comunque essere richiesta in via sistematica né configurarsi come approvazione delle condizioni contrattuali, e non costituisce quindi per l'impresa una condizione preliminare all'esercizio della sua attività.

 

Il comma 2, nella nuova formulazione, dispone che le competenze previste dall’articolo 109, comma 4, del D.Lgs. n. 174 del 1995 (si veda sopra) sono esercitate dall’ISVAP d’intesa con la CONSOB, limitatamente ai prodotti assicurativi di cui al punto III della lettera A) della tabella di cui all’allegato I dello stesso decreto.

 

I prodotti assicurativi di cui al punto III della lettera A) della tabella contenuta nell’allegato I del decreto citato sono le assicurazioni sulla durata della vita umana, le assicurazioni di nuzialità e di natalità connesse con fondi di investimento.

 

Si segnala che il decreto legislativo n. 174 del 1995 è compreso fra le disposizioni che saranno abrogate con l’entrata in vigore del codice delle assicurazioni, emanato con decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209. La data di entrata in vigore è stabilita nel 1° gennaio 2006.

Le disposizioni contenute nell’articolo 109, comma 4, sono ora trasfuse nell’articolo 185, comma 4, del codice delle assicurazioni.

 

Il comma 3 riguarda l’esercizio delle competenze in materia di trasparenza e correttezza relativamente alle forme di previdenza complementare.

 

Il testo approvato dalla Camera apportava alcune modificazioni al decreto legislativo n. 124 del 1993, prevedendo che la previa comunicazione delle condizioni di polizza dei contratti assicurativi destinati a costituire forme pensionistiche individuali fosse rivolta alla CONSOB; tale comunicazione è invece attualmente rivolta alla COVIP, come previsto dall’articolo 9-ter del D.Lgs. n. 124 del 1993.

Veniva trasferito alla CONSOB il potere, da esercitarsi comunque secondo gli indirizzi generali stabiliti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di definire, d'intesa con la COVIP e con le autorità di vigilanza dei soggetti abilitati a gestire le risorse dei fondi pensione, schemi-tipo di contratti tra i fondi e i gestori; di autorizzare preventivamente le convenzioni per la gestione delle risorse dei fondi medesimi; di provvedere affinché i fondi assicurino la trasparenza nei rapporti con i partecipanti e nelle comunicazioni periodiche rivolte agli iscritti circa il loro andamento amministrativo e finanziario: ciò mediante la formulazione delle prescrizioni necessarie, la determinazione dei modi di pubblicità e la vigilanza sulla loro attuazione.

 

Secondo le modifiche apportate dal Senato, il comma 3 prevede che le competenze in materia di trasparenza e di correttezza dei comportamenti, di cui all’articolo 1, comma 2, lettera h), della legge n. 243 del 2004, siano esercitate dalla COVIP compatibilmente con le disposizioni per la sollecitazione del pubblico risparmio.

 

Ai sensi del citato articolo 1, comma 2, lettera h), della legge n. 243 del 2004, recante “Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria”, il Governo è delegato a perfezionare l'unitarietà[50] e l'omogeneità del sistema di vigilanza sull'intero settore della previdenza complementare, con riferimento a tutte le forme pensionistiche collettive e individuali previste dall'ordinamento, e semplificare le procedure amministrative tramite:

1) l'esercizio da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell'attività di alta vigilanza mediante l'adozione, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, di direttive generali in materia;

2) l'attribuzione alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione, ferme restando le competenze attualmente ad essa attribuite, del compito di impartire disposizioni volte a garantire la trasparenza delle condizioni contrattuali fra tutte le forme pensionistiche collettive e individuali, ivi comprese quelle di cui all'articolo 9-ter del D.Lgs. n. 124 del 1993, e di disciplinare e di vigilare sulle modalità di offerta al pubblico di tutti i predetti strumenti previdenziali, compatibilmente con le disposizioni per la sollecitazione del pubblico risparmio, al fine di tutelare l'adesione consapevole dei soggetti destinatari;

3) la semplificazione delle procedure di autorizzazione all'esercizio, di riconoscimento della personalità giuridica dei fondi pensione e di approvazione degli statuti e dei regolamenti dei fondi e delle convenzioni per la gestione delle risorse, prevedendo anche la possibilità di utilizzare strumenti quale il silenzio assenso e di escludere l'applicazione di procedure di approvazione preventiva per modifiche conseguenti a sopravvenute disposizioni di legge o regolamentari.

 

Si rileva che sarebbe opportuno chiarire la portata della clausola di compatibilità ivi prevista.

 

Il medesimo comma 3 tiene ferme le competenze in materia di tutela della concorrenza su tutte le forme pensionistiche complementari attribuite all’Autorità garante della concorrenza e del mercato dalla legge n. 287 del 1990, nonché le competenze in materia di sana e prudente gestione delle imprese di assicurazione attribuite all’ISVAP dalla legge n. 576 del 1982, incluse quelle relative ai prodotti assicurativi con finalità previdenziali.

 

In conseguenza delle sopra illustrate modificazioni apportate dal Senato, è stato soppresso l’originario comma 4 dell’articolo 24, che, in relazione all’esercizio di tutte le competenze trasferite alla CONSOB, prevedeva che la stessa CONSOB disponesse dei poteri e applicasse le sanzioni previste dalle leggi che disciplinano la vigilanza sui soggetti indicati.

 

Il nuovo comma 4 (ex comma 5), nel testo approvato dal Senato, modifica l’articolo 1, comma 2, lettera h), della legge 23 agosto 2004, n. 243 (Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria), relativo alla revisione del sistema di vigilanza sulla previdenza complementare (vedi sopra).

Nei principi e criteri di delega a questo fine stabiliti, viene soppresso il riferimento al perfezionamento dell'unitarietà della vigilanza nel settore della previdenza complementare.

 

Il Senato ha invece eliminato la disposizione che abrogava il principio di delega dettato - per la riforma del sistema pensionistico - dall'articolo 1, comma 2, lettera h), numero 2) della legge n. 243 del 2004, secondo cui è attribuito alla COVIP il compito di impartire disposizioni volte a garantire la trasparenza delle condizioni contrattuali fra tutte le forme pensionistiche, nonché di disciplinare e vigilare sulle modalità di offerta al pubblico di tali strumenti previdenziali.

 

Poiché lo schema di decreto legislativo previsto dall’articolo 1, comma 2, della legge n. 243 del 2004 è già stato trasmesso alle Camere per l’espressione del parere parlamentare, ed è prossima la scadenza del termine per l’esercizio della delega, l’efficacia delle modificazioni al criterio di delega sopra descritto potrà esplicarsi limitatamente alle disposizioni integrative e correttive che, ai sensi dell’articolo 1, comma 49, della medesima legge, potranno essere adottate entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi.


Articolo 26
(Trasferimento di funzioni ministeriali e poteri sanzionatori)

 


1. Sono trasferite alla Banca d’Italia le funzioni del Ministro e del Ministero dell’economia e delle finanze previste dagli articoli 14, comma 4, e 45 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.

2. All’articolo 145 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Per le violazioni previste nel presente titolo cui è applicabile una sanzione amministrativa, la Banca d’Italia o l’UIC, nell’ambito delle rispettive competenze, contestati gli addebiti alle persone e alla banca, alla società o all’ente interessati e valutate le deduzioni presentate entro trenta giorni, tenuto conto del complesso delle informazioni raccolte applicano le sanzioni con provvedimento motivato.»;

b) il comma 2 è abrogato;

c) i commi 3 e 4 sono sostituiti dai seguenti:

«3. Il provvedimento di applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 144, commi 3 e 4, è pubblicato, per estratto, entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione, a cura e spese della banca, della società o dell’ente al quale appartengono i responsabili delle viola­zioni, su almeno due quotidiani a diffusione nazionale, di cui uno economico. Il provvedimento di applica­zione delle altre sanzioni previste dal presente titolo è pubblicato per estratto sul bollettino previsto dall’articolo 8.

4. Contro il provvedimento che applica la sanzione è ammessa opposizione alla corte di appello di Roma. L’opposizione deve essere notificata all’autorità che ha emesso il provvedimento nel termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento impugnato e deve essere depositata presso la cancelleria della corte di appello entro trenta giorni dalla notifica.»;

d) il comma 8 è sostituito dal seguente:

«8. Copia del decreto è trasmessa, a cura della cancelleria della corte d’appello, all’autorità che ha emesso il provvedimento, anche ai fini della pubblicazione per estratto nel bollettino previsto dall’articolo 8».

3. Sono trasferite all’ISVAP le funzioni del Ministro delle attività produttive previste dagli articoli 4, sesto comma, e 6, quarto comma, della legge 12 agosto 1982, n. 576, e successive modificazioni, nonché le altre analoghe competenze ministeriali in materia sanzionatoria previste da altre leggi.

4. Sono trasferite alla COVIP le funzioni del Ministro del lavoro e delle politiche sociali previste dall’articolo 18-bis, comma 5-bis, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni.


 

 

L’articolo 26 trasferisce alle autorità di vigilanza sui mercati bancario, finanziario e assicurativo e sui fondi pensione alcuni poteri di autorizzazione all’esercizio di attività, di vigilanza e di applicazione delle sanzioni attualmente spettanti al Ministro o Ministero rispettivamente competente.

 

Le modifiche apportate nel corso dell’esame presso il Senato riguardano il comma 2 dell’articolo 26.

Tale comma, nel testo approvato dalla Camera, disponeva il trasferimento delle funzioni previste dagli articoli 145 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (D.Lgs. n. 385 del 1993: TUB) e 195 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (D.Lgs. n. 58 del 1998: TUF) alla Banca d’Italia, all’UIC o alla CONSOB, secondo le rispettive competenze.

 

Il vigente articolo 145 del TUB prevede che sia il Ministro dell’economia e delle finanze ad applicare le sanzioni comminate dal medesimo testo unico, su proposta delle autorità di vigilanza di settore.

 

Al riguardo, si può ricordare che, da ultimo, l'articolo 9, comma 2, della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004) ha introdotto nel corpo del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) emanato con D.Lgs. n. 58 del 1998 un nuovo articolo 187-septies, a mente del quale le sanzioni amministrative in materia di abusi di mercato sono applicate direttamente dalla CONSOB con provvedimento motivato, previa contestazione degli addebiti agli interessati e valutate le deduzioni da essi presentate nei successivi trenta giorni.

Il medesimo articolo 9 ha sostituito l’articolo 195 del TUF (che precedentemente attribuiva al Ministro dell’economia e delle finanze la competenza a irrogare le sanzioni, su proposta della competente autorità di vigilanza), trasferendo il potere sanzionatorio alla Banca d'Italia o alla CONSOB, secondo le rispettive competenze.

 

Il comma 2, nella nuova formulazione risultante dalle modificazioni del Senato, modifica quindi il solo articolo 145 del TUB, relativo alla procedura di irrogazione delle sanzioni bancarie, adottando, a fini di maggiore chiarezza normativa, il metodo puntuale della novellazione.

 

Il citato articolo 145 prevede, al comma 1, che per le violazioni previste nel presente titolo cui è applicabile una sanzione amministrativa, la Banca d'Italia o l'UIC, nell'ambito delle rispettive competenze, contestati gli addebiti alle persone e alla banca, alla società o all'ente interessati e valutate le deduzioni presentate entro trenta giorni, tenuto conto del complesso delle informazioni raccolte, propongono al Ministro dell'economia e delle finanze l'applicazione delle sanzioni.

Secondo il comma 2, il Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base della proposta della Banca d'Italia o dell'UIC, provvede ad applicare le sanzioni con decreto motivato.

Ai sensi del comma 3, il decreto di applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 144, commi 3 e 4, del TUB è pubblicato per estratto, entro il termine di trenta giorni dalla data della notificazione, a cura e spese della banca, della società o dell'ente al quale appartengono i responsabili delle violazioni, su almeno due quotidiani a diffusione nazionale, di cui uno economico. Il decreto di applicazione delle altre sanzioni previste nel presente titolo, emanato su proposta della Banca d'Italia, è pubblicato, per estratto, sul bollettino previsto dall'articolo 8 del TUB.

Contro il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze è ammessa, ai sensi del comma 4, opposizione alla corte di appello di Roma. L'opposizione deve essere notificata all'autorità che ha proposto il provvedimento nel termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del decreto impugnato e deve essere depositata presso la cancelleria della corte di appello entro trenta giorni dalla notifica. L'autorità che ha proposto il provvedimento trasmette alla corte di appello gli atti ai quali l'opposizione si riferisce, con le sue osservazioni.

L'opposizione, secondo il comma 5, non sospende l'esecuzione del provvedimento. La corte di appello, se ricorrono gravi motivi, può disporre la sospensione con decreto motivato.

Ai sensi del comma 6, la corte di appello, su istanza delle parti, fissa i termini per la presentazione di memorie e documenti, nonché per consentire l'audizione anche personale delle parti. Secondo il comma 7, la corte di appello decide sull'opposizione in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, con decreto motivato.

Il comma 8 dispone che copia del decreto venga trasmessa, a cura della cancelleria della Corte di appello, all'autorità che ha proposto il provvedimento, anche ai fini della pubblicazione, per estratto, nel bollettino previsto dall'articolo 8 del TUB.

 

In particolare, la lettera a)sostituisce quindi il comma 1 dell’articolo 145 del TUB, prevedendo che competa alla Banca d’Italia o all’UIC, nell’ambito delle rispettive competenze, sia contestare gli addebiti sia applicare le sanzioni.

Di conseguenza, la lettera b)abrogail comma 2 dell’articolo 145 del TUB, che affida attualmente al Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base della proposta della Banca d'Italia o dell'UIC, il compito di applicare le sanzioni con decreto motivato.

 

La lettera c)sostituiscei commi 3 e 4 dell’articolo 145 del TUB, al fine di tener conto del trasferimento di competenza per l’applicazione della sanzione dal Ministro dell’economia e delle finanze alla Banca d’Italia.

Pertanto, al comma 3, la denominazione dell’atto d’irrogazione della sanzione è adeguata sostituendo il termine “decreto”, quale atto del Ministro competente, con il termine “provvedimento”.

Il comma 4 viene modificato, non prevedendosi più, ai fini dell’opposizione alla sanzione, la necessità della previa notifica dell’atto di opposizione alla Banca d’Italia quale autorità proponente, che ne dovrebbe poi curare la trasmissione alla corte d’appello, con le osservazioni del caso.

 

Parimenti, la lettera d)del nuovo comma 2 sostituisceil comma 8 dell’articolo 145 del TUB, stabilendo che la cancelleria della corte d’appello debba trasmettere copia del decreto che decide l’opposizione non all’autorità che ha proposto il provvedimento sanzionatorio, come accade nell’attuale procedura, bensì all’autorità che lo ha emesso.


Articolo 27
(Procedure di conciliazione e di arbitrato, sistema di indennizzo e fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per l’istituzione, in materia di servizi di investimento, di procedure di conciliazione e di arbitrato e di un sistema di indennizzo in favore degli investitori e dei risparmiatori, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) previsione di procedure di conciliazione e di arbitrato da svolgere in contraddittorio, tenuto conto di quanto disposto dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, secondo criteri di efficienza, rapidità ed economicità, dinanzi alla CONSOB per la decisione di controversie insorte fra i risparmiatori o gli investitori, esclusi gli investitori professionali, e le banche o gli altri intermediari finanziari circa l’adem­pimento degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con la clientela;

b) previsione dell’indennizzo in favore dei risparmiatori e degli investitori, esclusi gli investitori profes­sionali, da parte delle banche o degli intermediari finanziari responsabili, nei casi in cui, mediante le procedure di cui alla lettera a), la CONSOB abbia accertato l’inadempimento degli obblighi ivi indicati, ferma restando l’applicazione delle sanzioni previste per la violazione dei medesimi obblighi;

c) salvaguardia dell’esercizio del diritto di azione dinanzi agli organi della giurisdizione ordinaria, anche per il risarcimento del danno in misura maggiore rispetto all’indennizzo ricono­sciuto ai sensi della lettera b);

d) salvaguardia in ogni caso del diritto ad agire dinanzi agli organi della giurisdizione ordinaria per le azioni di cui all’articolo 3 della legge 30 luglio 1998, n. 281, e successive modificazioni;

e) attribuzione alla CONSOB, sentita la Banca d’Italia, del potere di emanare disposizioni regolamentari per l’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma.

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per l’istituzione di un fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) destinazione del fondo all’indennizzo, nei limiti delle disponibilità del fondo medesimo, dei danni patrimoniali, causati dalla violazione, accertata con sentenza passata in giudicato, delle norme che disciplinano le attività di cui alla parte II del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, detratti l’ammontare dell’indennizzo di cui al comma 1 eventualmente erogato al soggetto danneggiato e gli importi dallo stesso comunque percepiti a titolo di risarcimento;

b) previsione della surrogazione del fondo nei diritti dell’indennizzato, limitatamente all’ammontare dell’inden­nizzo erogato, e facoltà di rivalsa del fondo stesso nei riguardi della banca o dell’intermediario responsabile;

c) legittimazione della CONSOB ad agire in giudizio, in rappresentanza del fondo, per la tutela dei diritti e l’esercizio della rivalsa ai sensi della lettera b), con la facoltà di farsi rappresentare in giudizio a norma dell’articolo 1, decimo comma, del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, e successive modificazioni, ovvero anche da propri funzionari;

d) finanziamento del fondo esclusi­vamente con il versamento della metà degli importi delle sanzioni irrogate per la violazione delle norme di cui alla lettera a);

e) attribuzione della gestione del fondo alla CONSOB;

f) individuazione dei soggetti che possono fruire dell’indennizzo da parte del fondo, escludendo comunque gli investitori professionali, e determinazione della sua misura massima;

g) attribuzione del potere di emanare disposizioni di attuazione alla CONSOB.

3. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la redazione dello statuto dei risparmiatori e degli investitori, che individua l’insieme dei diritti loro riconosciuti e definisce i criteri idonei a garantire un’efficace diffusione dell’informazione finanziaria tra i risparmiatori, e per la redazione del codice di comportamento degli operatori finanziari.


 

 

L’articolo 27, al comma 1, prevede, mediante il conferimento di apposita delega legislativa al Governo, l’istituzione di procedure di conciliazione e di arbitrato e di un sistema di indennizzo in favore degli investitori e dei risparmiatori.

 

Nel corso dell’esame presso il Senato si è innanzitutto provveduto a specificare che l’istituzione di tali procedure e del sistema di indennizzo viene prevista “in materia di servizi d’investimento”.

 

Ai sensi dell’articolo 1, comma 5, del D.Lgs. n. 58 del 1998, recante il testo unico della finanza (TUF), per «servizi di investimento» si intendono le seguenti attività, quando hanno per oggetto strumenti finanziari:

a) negoziazione per conto proprio;

b) negoziazione per conto terzi;

c) collocamento, con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente;

d) gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi;

e) ricezione e trasmissione di ordini nonché mediazione.

 

È stata poi integrata la previsione della lettera a) del comma 1 dell’articolo 27, stabilendosi che per le procedure di conciliazione e di arbitrato da svolgere in contraddittorio, secondo criteri di efficienza, rapidità ed economicità, si debba tener conto di quanto disposto dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, recante norme in tema di definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366.

 

Secondo l’articolo 1 del richiamato decreto, che delinea il cosiddetto “processo societario”, si osservano le disposizioni dello stesso decreto in tutte le controversie, incluse quelle connesse a norma degli articoli 31, 32, 33, 34, 35 e 36 del codice di procedura civile, relative a:

a) rapporti societari, ivi compresi quelli concernenti le società di fatto, l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i liquidatori e i direttori generali delle società, delle mutue assicuratrici e delle società cooperative nonché contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l'incarico e nei confronti dei terzi danneggiati;

b) trasferimento delle partecipazioni sociali, nonché ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti;

c) patti parasociali, anche diversi da quelli disciplinati dall'articolo 2341-bis del codice civile, e accordi di collaborazione di cui all'articolo 2341-bis, ultimo comma, del codice civile;

d) rapporti in materia di intermediazione mobiliare da chiunque gestita, servizi e contratti di investimento, ivi compresi i servizi accessori, fondi di investimento, gestione collettiva del risparmio e gestione accentrata di strumenti finanziari, vendita di prodotti finanziari, ivi compresa la cartolarizzazione dei crediti, offerte pubbliche di acquisto e di scambio, contratti di borsa;

e) materie di cui al testo unico bancario (TUB), quando la relativa controversia è promossa da una banca nei confronti di altra banca ovvero da o contro associazioni rappresentative di consumatori o camere di commercio;

f) credito per le opere pubbliche.

Restano ferme tutte le norme sulla giurisdizione. Spettano esclusivamente alla corte d'appello tutte le controversie di cui agli articoli 145 del TUB, e 195 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF).

Salvo che nelle controversie di cui alla lettera e), il tribunale giudica in composizione collegiale. Nelle azioni promosse da o contro associazioni rappresentative dei consumatori e dalle camere di commercio il tribunale giudica in composizione collegiale anche se relative alle materie di cui alla lettera e). Per ciò che non sia diversamente disciplinato, si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili.

 

Con riguardo all’istituzione di un fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori, prevista dal comma 2 dell’articolo 27 in esame, è stata dal Senato modificata la lettera d) di tale comma, sopprimendo la previsione del finanziamento del fondo anche con il versamento della metà degli importi delle sanzioni irrogate per la violazione delle disposizioni di cui al titolo VI del TUB, in materia di trasparenza delle operazioni contrattuali e credito al consumo, e del nuovo articolo 120-ter dello stesso TUB (introdotto dall’articolo 14 del progetto approvato dalla Camera, e poi soppresso dal Senato), che riguardava alla devoluzione dei depositi giacenti presso le banche.


Articolo 28
(Disposizioni in materia di personale della CONSOB)

 


1. Al fine di adeguare la dotazione di personale della CONSOB ai nuovi compiti derivanti dalla presente legge, può essere aumentato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze il numero complessivo dei posti della pianta organica prevista dall’articolo 2 del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, e successive modificazioni. La ripartizione dei posti suddetti tra l’aliquota del personale di ruolo a tempo indeterminato e quella del personale a contratto a tempo determinato è stabilita con apposita deliberazione adottata dalla CONSOB con la maggioranza prevista dal nono comma dell’articolo 1 del citato decreto-legge n. 95 del 1974, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 216 del 1974, e successive modificazioni. Resta fermo il disposto di cui al settimo comma del citato articolo 2 del medesimo decreto-legge. Alla copertura degli oneri derivanti dal presente articolo si provvede secondo i criteri, le procedure e con le risorse previsti dall’articolo 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni.


 

 

L’articolo 28, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, reca varie disposizioni in materia di personale della CONSOB.

 

Si prevede, innanzitutto, che possa essere aumentato il numero complessivo dei posti della pianta organica prevista dall’articolo 2 del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, al fine di adeguare la dotazione di personale della CONSOB ai nuovi compiti derivanti dalle norme del provvedimento in esame. L’aumento può essere disposto con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Il citato articolo 2 istituisce un apposito ruolo del personale dipendente della Commissione nazionale per le società e la borsa. Il numero dei posti previsti dalla pianta organica è aumentato fino a trecentocinquanta unità. Il trattamento giuridico ed economico del personale e l'ordinamento delle carriere sono stabiliti dal regolamento di cui all’articolo 1, ottavo comma, dello stesso decreto, in base ai criteri fissati dal contratto collettivo di lavoro in vigore per la Banca d'Italia, tenuto conto delle specifiche esigenze funzionali ed organizzative della Commissione. Il regolamento detta altresì norme per l'adeguamento alle modificazioni del trattamento giuridico ed economico che intervengano nel predetto contratto collettivo, in quanto applicabili.

Il regolamento indicato può prevedere, per il coordinamento degli uffici, la qualifica di direttore generale, determinandone le funzioni. Il direttore generale risponde del proprio operato alla Commissione. La deliberazione relativa alla sua nomina è adottata con non meno di quattro voti favorevoli. Gli incarichi e le qualifiche dirigenziali sono attribuiti dalla Commissione, anche in sede di inquadramento, con deliberazione adottata con non meno di quattro voti favorevoli.

L'assunzione del personale avviene per pubblici concorsi per titoli ed esami con richiesta di rigorosi requisiti di competenza ed esperienza nei settori di attività istituzionali della Commissione. I concorsi sono indetti dalla stessa Commissione nazionale e si svolgono secondo i bandi appositamente emanati.

 

Viene previsto che la ripartizione dei posti suddetti tra l’aliquota del personale di ruolo a tempo indeterminato e quella del personale a contratto a tempo determinato sia stabilita con deliberazione della CONSOB, adottata con la maggioranza prevista dal comma 9 dell’articolo 1 del decreto-legge n. 95 del 1974, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 216 del 1974.

 

Il citato articolo 1, comma 9, prevede che le deliberazioni della Commissione concernenti i regolamenti di cui ai precedenti commi dello stesso articolo 1 sono adottate con non meno di quattro voti favorevoli.

 

È fatto salvo, comunque, il disposto dell’articolo 2, comma 7, del citato decreto-legge n. 95 del 1974, secondo cui la Commissione, per l'esercizio delle proprie attribuzioni, può assumere direttamente dipendenti con contratto a tempo determinato, disciplinato dalle norme di diritto privato, in numero di centoventicinque unità. Le relative deliberazioni sono adottate con non meno di quattro voti favorevoli.

 

Si ricorda che l’articolo 9, comma 8, della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004), al fine di adeguare la dotazione di personale della CONSOB ai nuovi compiti derivanti dalla nuova disciplina in materia di abusi di mercato, ha aumentato di 150 unità (da 450 a 600) il numero complessivo dei posti della pianta organica della medesima autorità, prevedendo che alla copertura degli oneri si provveda mediante le contribuzioni dei soggetti vigilati, secondo i criteri, le procedure e con le risorse previsti dall'articolo 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.

 

Si prevede che gli oneri derivanti dall’eventuale applicazione del presente comma siano coperti secondo i criteri, le procedure e con le risorse previsti dall'articolo 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.

 

Il richiamato articolo 40 reca disposizioni in ordine al sistema di finanziamento della CONSOB.

Nel dettaglio, ai fini del proprio autofinanziamento la Consob segnala al Ministro del tesoro entro il 31 luglio di ciascun anno, a decorrere dal 1995, il fabbisogno finanziario per l'esercizio successivo, nonché la previsione delle entrate, realizzabili nello stesso esercizio, per effetto dell'applicazione delle contribuzioni dei soggetti vigilati.

Sulla base di tale segnalazione, il Ministro dell’economia e delle finanze determina, con proprio decreto, l'ammontare annuo del fondo necessario per assicurare la copertura degli oneri di funzionamento della Consob, non finanziati con le contribuzioni.

Ai sensi del comma 3, entro il limite del fabbisogno finanziario, la Consob determina in ciascun anno l'ammontare delle contribuzioni dovute dai soggetti sottoposti alla sua vigilanza. Nella determinazione delle predette contribuzioni essa adotta criteri di parametrazione che tengono conto dei costi derivanti dal complesso delle attività svolte relativamente a ciascuna categoria di soggetti. Tali contribuzioni sono versate direttamente alla CONSOB in deroga alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, e successive modificazioni, e vengono iscritti in apposita voce del relativo bilancio di previsione. La riscossione coattiva delle contribuzioni avviene tramite ruolo e secondo le modalità di cui all'articolo 67, comma 2, del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43.

 

Si segnala a questo proposito che l’articolo 14 del disegno di legge finanziaria per il 2006, presentato dal Governo (A.S. 3613), prevede che, a decorrere dall’anno 2007, siano soppressi gli stanziamenti in favore della CONSOB a carico del bilancio dello Stato, e che a decorrere dall’anno 2006 al finanziamento delle attività dell’autorità si provveda mediante le contribuzioni del mercato di competenza, secondo le quote fissate con decreto ministeriale.


Articolo 29
(Risoluzione delle controversie in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari)

 


1. Dopo l’articolo 128 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è aggiunto il seguente:

«Art. 128-bis. - (Risoluzione delle controversie). – 1. I soggetti di cui all’articolo 115 aderiscono a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con i consumatori.

2. Con deliberazione del CICR, su proposta della Banca d’Italia, sono determinati i criteri di svolgimento delle procedure di risoluzione delle controversie e di composizione dell’organo decidente, in modo che risulti assicurata l’imparzialità dello stesso e la rappresentatività dei soggetti interessati. Le procedure devono in ogni caso assicurare la rapidità, l’economicità della soluzione delle controversie e l’effettività della tutela.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non pregiudicano per il cliente il ricorso, in qualunque momento, a ogni altro mezzo di tutela previsto dall’ordinamento».


 

 

L’articolo 29 aggiunge un articolo 128-bis nel corpo del D.Lgs. n. 385 del 1993, recante il testo unico bancario (TUB). La norma dispone l’adesione dei soggetti di cui all’articolo 115 del medesimo TUBa sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con i consumatori.

 

Il citato articolo 115 del TUB dispone che le norme del capo I del titolo VI del testo unico si applicano alle attività svolte nel territorio della Repubblica dalle banche e dagli intermediari finanziari. Il Ministro dell'economia e delle finanze può individuare, in considerazione dell'attività svolta, altri soggetti da sottoporre alle norme del presente capo.

 

Secondo la modifica apportata nel corso dell’esame presso il Senato, i criteri di svolgimento delle procedure di risoluzione delle controversie e di composizione dell’organo decidente sono determinati con deliberazione del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), su proposta della Banca d’Italia.

 

Il testo approvato dalla Camera prevedeva che alla determinazione di tali criteri si provvedesse con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

 


Articolo 30
(False comunicazioni sociali)

 


1. L’articolo 2621 del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 2621. - (False comunicazioni sociali). – Salvo quanto previsto dall’articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comuni­cazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni e con l’interdizione da uno a tre anni dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, dal­l’esercizio dell’ufficio di amministra­tore, sindaco, componente del consi­glio di sorveglianza, liquidatore, direttore generale e dirigente prepo­sto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con poteri di rappre­sentanza della persona giuridica o dell’impresa.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

La punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene.

2. L’articolo 2622 del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 2622. – (False comunicazioni sociali delle società che fanno appello al pubblico risparmio). – Gli ammi­nistratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comu­nicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongonofatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettonoinformazioni la cui comunica­zione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatati sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione da due a sei anni e con l’interdizione da uno a cinque anni dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, dall’eser­cizio dell’ufficio di amministratore, sindaco, componente del consiglio di sorveglianza, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con poteri di rappresentanza della persona giuridica o dell’impresa.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardanobeni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

La punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sen­sibile la rappresentazione della situa­zione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene».



Il Titolo V (artt. 30-40), concernente le Modifiche alla disciplina in materia di sanzioni penali e amministrative, si apre conl’articolo 30 che, modificando gli articoli 2621 e 2622 del codice civile, interviene sulla disciplina dei reati di false comunicazioni sociali e false comunicazioni sociali delle società che fanno appello al pubblico risparmio.

 

In particolare, il comma 1 sostituisce l’articolo 2621 del codice civile, aggravando complessivamente le pene applicabili al reato di false comunicazioni sociali e sopprimendo alcune cause di non punibilità applicabili allo stesso.

 

L’articolo 2621 del codice civile, nella vigente formulazione[51], stabilisce che, salvo quanto previsto dal successivo articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale, o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo a indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con l’arresto fino ad un anno e sei mesi.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

La punibilità viene invece esclusa:

-        nel caso in cui le falsità o le omissioni non alterino in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene;

-        nel caso in cui le falsità o le omissioni determinino una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1 per cento;

In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.

 

Nella previsione attuale, pertanto, il reato di false comunicazioni sociali rientra nella categoria delle contravvenzioni: l’articolo 39 del codice penale stabilisce che i reati si distinguono in delitti e contravvenzioni, secondo la diversa specie delle pene per essi rispettivamente stabilite dal codice medesimo. A sua volta l’articolo 17, al comma 2, prevede che le pene principali stabilite per le contravvenzioni siano l’arresto e l’ammenda.

L’esame più dettagliato della fattispecie sopra descritta – anche confrontandone le caratteristiche con la precedente formulazione dell’articolo 2621 – manifesta inoltre che materia dell’esposizione – da parte degli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori – atta a concretare gli estremi della fattispecie criminosa in esame devono essere fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni idonee ad indurre in errore sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene:quest’espressione ha sostituito quella di false informazioni, contenuta nella precedente formulazione della disposizione. Viene inoltre qualificata quale attributo essenziale delle valutazioni citate l'idoneità delle stesse a indurre in errore sulla situazione della società, requisito che, nella versione originaria dell’articolo, è riferito più in generale alla condotta del soggetto attivo del reato.

Viene inoltre precisato che l’omissione (espressione che ha sostituito quella, precedentemente utilizzata, di occultamento) di informazioni, per concretare egualmente la fattispecie criminosa, deve avere ad oggetto informazioni sulla situazione della società, la cui comunicazione sia imposta dalla legge.

Viene poi reso più esplicito il dolo specifico caratterizzante il reato in esame, con la soppressione dell’avverbio “intenzionalmente”, sostituito dalla dizione: “con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico”. È stato quindi recepito in maniera esplicita l’orientamento giurisprudenziale tendente a ravvisare il reato di falso in bilancio nei casi in cui il soggetto attivo abbia agito con la volontà di trarre in errore i soci o i terzi in ordine all’effettiva situazione patrimoniale della società, accompagnata dal proposito di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri, senza peraltro che occorra il proposito di cagionare un danno, essendo sufficiente la previsione di questo come correlativo al profitto. Viene infatti richiesta la finalizzazione della condotta al conseguimento di un ingiusto profitto per sé o per altri.

È infine accolta la c.d. clausola della minima rilevanza, laddove si richiede che le informazioni false od omesse debbano essere tali da alterare sensibilmente la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, anche attraverso la previsione di soglie quantitative.

 

Le modifiche che il Senato ha apportato al testo approvato dalla Camera– che, rispetto all’articolo 2621 attualmente in vigore, inserisce tra i soggetti attivi del reato i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili ed eleva la soglia quantitativa della pena applicabile – concernono:

 

1) la sostituzione della pena dell’arresto fino a due anni con quella della reclusione da uno a cinque anni, con conseguente inquadramento del reato nella categoria dei delitti;

 

La distinzione tra delitti e contravvenzioni ha effetti importanti sul piano della disciplina di diversi istituti, quali il dolo e la colpa, il tentativo, l’abitualità e professionalità nel reato, la prescrizione, l’oblazione, le misure di sicurezza, etc. Va ricordato inoltre che l’unica reale differenza tra esecuzione dell’arresto e esecuzione della reclusione, disciplinati agli articoli 23[52] e 25[53] del codice penale, riguarda la disciplina della semilibertà. ai sensi dell’articolo 50, comma 1, della legge di riforma dell’ordinamento penitenziario n. 354/1975, possono essere espiate in regime di semilibertà la pana dell’arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in prova al servizio sociale: il limite dei sei mesi non è riferibile all’arresto, che è quindi eseguibile in semilibertà per intero.

2) l’introduzione della pena accessoria dell’interdizione da uno a tre anni dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, dall’esercizio dell’ufficio di amministratore, sindaco, componente del consiglio di sorveglianza, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con poteri di rappresentanza della persona giuridica o dell’impresa;

 

3) pur mantenendosi l’esclusione della punibilità nel caso in cui le falsità o le omissioni non alterino in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene (c.d. clausola della minima rilevanza: cfr. supra), sono state soppresse le cause di esclusione della punibilità legate a determinati indici quantitativi e la conseguente irrogazione, in tali casi, di sanzioni amministrative.

 

Il comma 2 sostituisce l’articolo 2622 del codice civile, nuovamente rubricato come false comunicazioni sociali delle società che fanno appello al pubblico risparmio, riferendo la fattispecie criminosa di cui all’articolo citato, alle società di cui al titolo III della parte IV del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e aggravando le sanzioni applicabili alla fattispecie medesima.

 

L’articolo 2622 del codice civile, nella vigente formulazione, è rubricato false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori e contempla la pena della reclusione da sei mesi a tre anni.

 

Pur riproducendo gli elementi costitutivi della fattispecie criminosa delle false comunicazioni sociali di cui all’articolo 2621 (cfr supra), la fattispecie di reato in esame annovera tra i suoi elementi essenziali la circostanza che, attraverso le condotte tipizzate, sia stato cagionato un danno patrimoniale ai soci o ai creditori.

In presenza di tale fattispecie criminosa, occorrerà poi distinguere tra:

-        società non soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, vale a dire le società con azioni non quotate: in questo caso sono stabilite la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e la procedibilità a querela; tale regime risulta applicabile anche se il fatto integra altro delitto, ancorché aggravato a danno del patrimonio di soggetti diversi dai soci e dai creditori, salvo che sia commesso in danno dello Stato, di altri enti pubblici e delle Comunità europee;

-        società con azioni quotate, soggette alle disposizioni sopra citate: in questo caso sono previste la pena della reclusione da uno a quattro anni e la procedibilità d’ufficio.

Analogamente a quanto stabilito per il reato delle false comunicazioni sociali di cui all’articolo 2621, la punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

La punibilità viene invece esclusa:

-        nel caso in cui le falsità o le omissioni non alterino in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene;

-        nel caso in cui le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1 per cento;

In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.

 

Le modifiche apportate dal Senato al testo approvato dalla Camera delineano una fattispecie di reato nella quale soggetti attivi sono gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (artt. 113 e ss., riguardanti gli obblighi degli emittenti)e in cui il reato si perfeziona con la semplice esposizione od omissione di informazioni con le caratteristiche sopra descritte, senza che sia richiesto l’aver cagionato un danno patrimoniale.

 

Il riferimento all’intero titolo III della parte IV del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria sembrerebbe implicare che, oltre agli esponenti di società emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati, possano altresì essere soggetti attivi del reato gli esponenti di società emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante (a norma dell’articolo 116 del medesimo testo unico).

 

Inoltre, eliminata ogni distinzione circa la procedibilità o meno a querela della persona offesa, e stabilita di conseguenza la procedibilità d’ufficio, viene disposto un aggravamento della pena applicabile, determinata nella reclusione da due a sei anni, accompagnata dalla pena accessoria dell’interdizione da uno a cinque anni dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, dall’esercizio dell’ufficio di amministratore, sindaco, componente del consiglio di sorveglianza, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con poteri di rappresentanza della persona giuridica o dell’impresa.

All’unificazione del regime sanzionatorio si accompagna anche – rispetto al testo approvato dalla Camera – la soppressione della circostanza aggravante dell’aver cagionato un grave nocumento ai risparmiatori.

Pur essendo poi mantenuta la clausola della minima rilevanza (richiedente che le falsità o le omissioni alterino in modo sensibile la rappresentazione della società) viene tuttavia eliminata la previsione di soglie quantitative.

 


Articolo 31
(Omessa comunicazione del conflitto d’interessi)

 


1. Nel libro V, titolo XI, capo III, del codice civile, prima dell’articolo 2630 è inserito il seguente:

«Art. 2629-bis.(Omessa comuni­cazione del conflitto d’interessi). – L’amministratore o il componente del consiglio di gestione di una società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altro Stato dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, ovvero di un soggetto sottoposto a vigilanza ai sensi del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, della legge 12 agosto 1982, n. 576, o del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, che vìola gli obblighi previsti dall’articolo 2391, primo comma, è punito con la reclusione da uno a tre anni, se dalla violazione siano derivati danni alla società o a terzi».

2. All’articolo 25-ter, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo le parole: «codice civile» sono inserite le seguenti: «e per il delitto di omessa comunicazione del conflitto d’interessi previsto dall’articolo 2629-bis del codice civile».


 

 

L’articolo è stato approvato dal Senato senza modificazioni rispetto al testo del corrispondente articolo 30 approvato dalla Camera.

 

 


Articolo 32
(Ricorso abusivo al credito)

 


1. L’articolo 218 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:

«Art. 218. - (Ricorso abusivo al credito). – 1. Gli amministratori, i direttori generali, i liquidatori e gli imprenditori esercenti un’attività commerciale che ricorrono o continuano a ricorrere al credito, anche al di fuori dei casi di cui agli articoli precedenti, dissimulando il dissesto o lo stato d’insolvenza sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni.

2. La pena è aumentata nel caso di società soggette alle disposizioni di cui al capo II, titolo III, parte IV, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.

3. Salve le altre pene accessorie di cui al libro I, titolo II, capo III, del codice penale, la condanna importa l’inabili­tazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a tre anni».


 

 

L’articolo è stato approvato dal Senato senza modificazioni rispetto al testo del corrispondente articolo 31 approvato dalla Camera.

 


Articolo 33
(Istituzione del reato di mendacio bancario)

 


1. All’articolo 137 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, al comma 2 è premesso il seguente:

«1-bis. Salvo che il fatto costituisca reato più grave, chi, al fine di ottenere concessioni di credito per sé o per le aziende che amministra, o di mutare le condizioni alle quali il credito venne prima concesso, fornisce dolosamente ad una banca notizie o dati falsi sulla costituzione o sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria delle aziende comunque interessate alla concessione del credito, è punito con la reclusione fino a un anno e con la multa fino ad euro 10.000».


 

 

L’articolo è stato approvato dal Senato senza modificazioni rispetto al testo del corrispondente articolo 32 approvato dalla Camera.

 


Articolo 34
(Falso in prospetto)

 


1. Dopo l’articolo 173 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, è inserito il seguente:

«Art. 173-bis. - (Falso in prospetto). – 1. Chiunque, allo scopo di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei prospetti richiesti per la sollecitazione all’investimento o l’ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, con l’intenzione di ingannare i destinatari del prospetto, espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo a indurre in errore i suddetti destinatari, è punito con la reclusione da uno a cinque anni».

2. L’articolo 2623 del codice civile è abrogato.


 

 

L’articolo è stato approvato dal Senato senza modificazioni rispetto al testo del corrispondente articolo 33 approvato dalla Camera.

 


Articolo 35
(Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni
delle società di revisione)

 


1. Nel testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, alla parte V, titolo I, capo III, all’articolo 175 sono premessi i seguenti:

«Art. 174-bis. - (Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione). – 1. I responsabili della revisione delle società con azioni quotate, delle società da queste controllate e delle società che emettono strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116, i quali, nelle relazioni o in altre comunicazioni, con l’intenzione di ingannare i destinatari, attestano il falso od occultano informazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, dell’ente o del soggetto sottoposto a revisione, in modo idoneo a indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.

2. Nel caso in cui il fatto previsto dal comma 1 sia commesso per denaro o altra utilità data o promessa, ovvero in concorso con gli amministratori, i direttori generali o i sindaci della società assoggettata a revisione, la pena è aumentata fino alla metà.

3. La stessa pena prevista dai commi 1 e 2 si applica a chi dà o promette l’utilità nonché agli amministratori, ai direttori generali e ai sindaci della società assoggettata a revisione, che abbiano concorso a commettere il fatto.

Art. 174-ter. - (Corruzione dei revisori). – 1. Gli amministratori, i soci, i responsabili della revisione contabile e i dipendenti della società di revisione, i quali, nell’esercizio della revisione contabile delle società con azioni quotate, delle società da queste controllate e delle società che emettono strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116, fuori dei casi previsti dall’articolo 174-bis, per denaro o altra utilità data o promessa, compiono od omettono atti in violazione degli obblighi inerenti all’ufficio, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.

2. La stessa pena di cui al comma 1 si applica a chi dà o promette l’utilità».


 

 

L’articolo è stato approvato dal Senato senza modificazioni rispetto al testo del corrispondente articolo 34 approvato dalla Camera.

 


Articolo 36
(False comunicazioni circa l’applicazione delle regole previste nei codici di comportamento delle società quotate)

 


1. Dopo l’articolo 192 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, è inserito il seguente:

«Art. 192-bis. - (False comunicazioni circa l’applicazione delle regole previste nei codici di comportamento delle società quotate). – 1. Salvo che il fatto costituisca reato, gli amministratori, i componenti degli organi di controllo e i direttori generali di società quotate nei mercati regolamentati i quali omettono le comunicazioni prescritte dall’articolo 124-bis ovvero, nelle stesse o in altre comunicazioni rivolte al pubblico, divulgano o lasciano divulgare false informazioni relativamente all’adesione delle stesse società a codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori, ovvero all’applicazione dei medesimi, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da diecimila a trecentomila euro. Il provvedimento sanzionatorio è pubblicato, a spese degli stessi, su almeno due quotidiani, di cui uno economico, aventi diffusione nazionale».


 

 

L’articolo è stato approvato dal Senato senza modificazioni rispetto al testo del corrispondente articolo 35 approvato dalla Camera.

 


Articolo 37
(Omessa comunicazione degli incarichi di componente di organi di amministrazione e controllo)

 


1. All’articolo 193 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modi­ficazioni, il comma 3-bis è sostituito dal seguente:

«3-bis. Salvo che il fatto costituisca reato, i componenti degli organi di controllo, i quali omettano di eseguire nei termini prescritti le comunicazioni di cui all’articolo 148-bis, comma 2, sono puniti con la sanzione amministrativa in misura pari al doppio della retribuzione annuale prevista per l’incarico relativamente al quale è stata omessa la comunicazione. Con il provvedimento sanzionatorio è dichiarata altresì la decadenza dall’incarico».


 

 

L’articolo 37 introduce nell’articolo 193 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, una disposizione sanzionatoria per la violazione dell’obbligo di comunicazione degli incarichi di componente di organi di amministrazione e controllo, previsto dall’articolo 148-bis, comma 2, del medesimo testo unico, introdotto dall’articolo 2, comma 1, lettera b), del presente progetto.

 

Il Senato ha modificato l’alinea del comma 1, prevedendo che il nuovo comma da esso introdotto nell’articolo 193 del testo unico non sia aggiuntivo, bensì sostitutivo rispetto al testo vigente.

Per conseguenza, viene meno la disposizione (introdotta recentemente nel vigente comma 3-bis dell’articolo 193, in sede di recepimento della direttiva europea sugli abusi di mercato, dall’articolo 9 della legge 18 aprile 2005, n. 62) che esclude la possibilità di pagamento in misura ridotta per le violazioni indicate nel medesimo articolo.

 

Si ricorda che la possibilità di pagamento in misura ridotta ai sensi dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è comunque esclusa in via generale dall’articolo 23, comma 4, del presente progetto di legge, per le sanzioni amministrative irrogate dalle autorità di vigilanza, con le sole eccezioni ivi espressamente enunziate.

 


Articolo 38
(Abusive attività finanziarie)

 

1. All’articolo 132, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La stessa pena si applica a chiunque svolge l’attività riservata agli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107, in assenza dell’iscrizione nel medesimo elenco».

 

 

Nel corso dell’esame presso il Senato è stato inserito un nuovo articolo 38 sulle abusive attività finanziarie, costituito da un unico comma, che modifica una disposizione del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.

L’articolo 38 introduce infatti nell’articolo 132, comma 1, del predetto testo unico la previsione per cui la pena in esso contemplata si applica a chiunque svolge l’attività riservata agli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107, in assenza dell’iscrizione nel medesimo elenco.

Il citato articolo 132, al comma 1, commina la sanzione della reclusione da sei a quattro anni e della multa da quattro milioni a venti milioni di lire, a chiunque svolga, nei confronti del pubblico, una o più delle attività finanziarie, previste dall'articolo 106, comma 1, senza essere iscritto nell'elenco previsto dal medesimo articolo.

La stessa pena è, pertanto, applicata a coloro che svolgono attività riservata agli intermediari finanziari senza essere inseriti nell’elenco speciale, tenuto dalla Banca d’Italia, di cui all’articolo 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, relativo agli intermediari finanziari che rispondono a specifici criteri oggettivi, determinati dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB, e riferibili all'attività svolta, alla dimensione e al rapporto tra indebitamento e patrimonio.

La disposizione elimina una lacuna normativa, in conseguenza della quale rimaneva privo di sanzione l’abusivo esercizio delle attività per cui è richiesta l’iscrizione nell’elenco speciale previsto dall’articolo 107 del testo unico bancario.

 


Articolo 39
(Aumento delle sanzioni penali e amministrative)

 


1. Le pene previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dalla legge 12 agosto 1982, n. 576, e dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, sono raddoppiate entro i limiti posti per ciascun tipo di pena dal libro I, titolo II, capo II, del codice penale.

2. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 2625, dopo il secondo comma è inserito il seguente:

«La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58»;

b) all’articolo 2635, dopo il secondo comma è inserito il seguente:

«La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.»;

c) all’articolo 2638, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58».

3. Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dalla legge 12 agosto 1982, n. 576, e dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, che non sono state modificate dalla presente legge, sono quintu­plicate.

4. All’articolo 4, comma 1, lettera h), della legge 29 luglio 2003, n. 229, dopo il numero 1) è inserito il seguente:

«1-bis) raddoppiando la misura delle sanzioni penali e quintuplicando la misura massima delle sanzioni amministrative pecuniarie determinate in una somma di denaro, ad eccezione delle sanzioni previste dalla legge 12 agosto 1982, n. 576, e successive modificazioni».

5. Le sanzioni pecuniarie previste dall’articolo 25-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono raddoppiate.


 

 

L’articolo 39, che dispone l’aumento delle sanzioni penali e amministrative, ha subìto una limitata modifica al comma 1, al fine di specificare che il raddoppio delle pene previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia), dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58(T.U. delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), dalla legge 12 agosto 1982, n. 576 (Riforma della vigilanza sulle assicurazioni), e dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 (Disciplina delle forme pensionistiche complementari, a norma dell'articolo 3, comma 1, lettera v), della L. 23 ottobre 1992, n. 421) sia operato entro i limiti posti per ciascun tipo di pena dal libro I, titolo II, capo II, del codice penale (artt. 22-27 c.p.).

 

I limiti stabiliti dalle citate disposizioni del codice penale sono i seguenti:

1) per i delitti:

reclusione: da quindici giorni a ventiquattro anni (articolo 23);

multa: da lire diecimila (pari a euro 5,16) a lire dieci milioni (pari a euro 5164,57); per i delitti determinati da motivi di lucro, se la legge stabilisce soltanto la pena della reclusione, il giudice può aggiungere la multa da lire diecimila a lire quattro milioni (pari a euro 2065,83) (articolo 24);

2) per le contravvenzioni:

arresto: da cinque giorni a tre anni (articolo 25);

ammenda: da lire quattromila (pari a euro 2,07) a lire due milioni (pari a euro 1032,91) (articolo 26).

 

Si segnala che le sanzioni penali pecuniarie comminate dagli atti legislativi cui dovrebbe applicarsi l’aggravamento di pena previsto dal presente comma, per le fattispecie più gravi, risultano sovente superiori ai massimi stabiliti dal codice penale.

La limitazione introdotta, operando di fatto prevalentemente sulle fattispecie meno gravi, potrebbe pertanto alterare la proporzione fra le diverse pene all’interno del complessivo sistema sanzionatorio.

Si riportano i seguenti esempi riferiti ai testi unici bancario (TUB) e dell’intermediazione finanziaria (TUF):

 

delitti:

 

Articolo

Fattispecie

Sanzione attuale

Nuova sanzione

131 TUB

Abusiva attività bancaria

reclusione da sei mesi a quattro anni e multa da lire quattro milioni a lire venti milioni

reclusione da un anno a otto anni e multa da lire otto milioni a lire venti milioni

131-bis TUB

Abusiva emissione di moneta elettronica

reclusione da sei mesi a quattro anni e multa da 2.066 euro a 10.329 euro

 

 

reclusione da un anno a otto anni e multa da 4.132 euro a 10.329 euro

132 TUB

Abusiva attività finanziaria

reclusione da sei mesi a quattro anni e multa da lire quattro milioni a lire venti milioni

reclusione da un anno a otto anni e multa da lire otto milioni a lire venti milioni

136 TUB

Violazioni relative alle obbligazioni degli esponenti bancari

reclusione da uno a tre anni e multa da 206 a 2.066 euro

reclusione da due a sei anni e multa da 412 a 4.312 euro

 

166.1 TUF

Abusiva prestazione di servizi d’investimento

reclusione da sei mesi a quattro anni e multa da lire quattro milioni a lire venti milioni

reclusione da un anno a otto anni e multa da lire otto milioni a lire venti milioni

170-bis TUF (1)

Ostacolo alle funzioni di vigilanza della CONSOB

reclusione fino a due anni e multa da euro diecimila a euro duecentomila

reclusione fino a quattro anni e multa da euro diecimila a euro duecentomila

 

NOTA:

La sanzione prevista dall’articolo 170-bis del TUF è applicabile fuori dai più gravi casi previsti dall'articolo 2638 del codice civile.

L’articolo 2638 del codice civile, che punisce l’ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, prevede la reclusione da uno a quattro anni.

Il comma 2 del presente articolo dispone il raddoppio della pena prevista dall’articolo 2638 qualora la violazione riguardi società con azioni quotate o strumenti diffusi fra il pubblico in misura rilevante.

172. 1 TUF

Irregolare acquisto di azioni proprie

reclusione da sei mesi a tre anni e multa da lire quattrocentomila a lire due milioni

reclusione da un anno a sei anni e multa da lire ottocentomila a lire quattro milioni

173 TUF

Omessa alienazione di partecipazioni

reclusione fino ad un anno e multa da lire duecentomila a lire due milioni

reclusione fino a due anni e multa da lire quattrocentomila a lire quattro milioni

177 TUF

Illeciti rapporti patrimoniali tra il revisore e la società sottoposta a revisione

reclusione da uno a tre anni e multa da lire quattrocentomila a lire quattro milioni

reclusione da due a sei anni e multa da lire ottocentomila a lire otto milioni

178 TUF

Compensi illegali ai revisori

reclusione da sei mesi a tre anni e multa da lire quattrocentomila a lire due milioni

reclusione da un anno a sei anni e multa da lire ottocentomila a lire quattro milioni

184. 1 TUF

Abuso di informazioni privilegiate (2)

reclusione da uno a sei anni e multa da euro ventimila a euro tre milioni

reclusione da due a dodici anni e multa da euro ventimila a euro tre milioni

185.1 TUF

Manipolazione del mercato (2)

reclusione da uno a sei anni e multa da euro ventimila a euro cinque milioni

reclusione da due a dodici anni e multa da euro ventimila a euro cinque milioni

 

(1) Aggiunto dalla legge 18 aprile 2005, n. 62, art. 9.

(2) Sostituito dalla legge 18 aprile 2005, n. 62, art. 9.

 

Contravvenzioni:

 

Articolo

Fattispecie

Sanzione attuale

Nuova sanzione

130 TUB

Abusiva attività di raccolta del risparmio

arresto da sei mesi a tre anni e ammenda da lire venticinque milioni a lire cento milioni

arresto da un anno a tre anni e ammenda da lire venticinque milioni a lire cento milioni

137. 2 TUB

Falso interno bancario

arresto da sei mesi a tre anni e ammenda fino a lire venti milioni.

arresto da un anno a tre anni e ammenda fino a lire venti milioni.

 

 

 

167 TUF

Gestione infedele

arresto da sei mesi a tre anni e ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni

arresto da un anno a tre anni e ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni

168 TUF

Confusione di patrimoni gestiti

arresto da sei mesi a tre anni e ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni

arresto da un anno a tre anni e ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni

169 TUF

False informazioni sulle partecipazioni al capitale

arresto da sei mesi a tre anni e ammenda da lire dieci milioni a lire cento milioni

arresto da un anno a tre anni e ammenda da lire dieci milioni a lire cento milioni

 

Inoltre, la clausola comporta per l’interprete la necessità di computare singolarmente per ciascuna fattispecie la misura dell’aumento della pena edittale in relazione ai diversi parametri stabiliti.

 

È stato inoltre sostituito il comma 2, che apporta modificazioni al codice civile. Le modificazioni sono state redatte in forma di puntuale novella al codice.

Con riferimento alle fattispecie definite dagli articoli 2625 (Violazione di obblighi incombenti ai liquidatori), 2635 (Omissione dell’iscrizione nel registro delle imprese) e 2638 (Accettazione di retribuzione non dovuta),si prevede il raddoppio della pena quando tali fattispecie riguardino società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

 

Come è segnalato nella relazione delle Commissioni del Senato all’Assemblea, è stata eliminata la limitazione, originariamente prevista nel testo approvato dalla Camera, secondo la quale il raddoppio della pena si sarebbe applicato solo se le condotte fossero state poste in essere dai responsabili del controllo contabile o della revisione.

 

Il comma 3 dell’articolo 39 è stato modificato nel senso di stabilire espressamente che la quintuplicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), al decreto legislativo n. 58 del 1998 (T.U. delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), dalla legge 12 agosto 1982, n. 576 (Riforma della vigilanza sulle assicurazioni), e dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 (Disciplina delle forme pensionistiche complementari, a norma dell'articolo 3, comma 1, lettera v), della L. 23 ottobre 1992, n. 421) abbia luogo limitatamente a quelle che non sono direttamente modificate dalla presente legge.

 

Il presente comma, nel testo approvato dalla Camera, disponeva che fosse quintuplicata solo la misura massima della sanzione amministrativa. La ratio di tale limitazione, secondo la relazione presentata all’Assemblea dalle Commissioni della Camera, risiedeva nell’intendimento di “consentire all'autorità di vigilanza una più ampia possibilità di valutazione circa la gravità della condotta e la qualità del soggetto che l'ha posta in essere, graduando conseguentemente l'entità della sanzione irrogata”.

 

Potrebbe valutarsi l’opportunità di escludere dall’aumento anche le sanzioni recentemente determinate dall’articolo 9 della legge 18 aprile 2005, n. 62, che ha recepito della direttiva europea in materia di abusi di mercato.

 

I commi 4 e 5, che prevedono rispettivamente l’aggravamento delle sanzioni previste in materia assicurativa e il raddoppio delle sanzioni pecuniarie previste per la responsabilità delle persone giuridiche, non sono stati modificati dal Senato.

 

Si osserva che il comma 4 modifica il criterio di delega previsto dall’articolo 4, comma 1, lettera h), della legge n. 229 del 2003, concernente l’emanazione del codice delle assicurazioni.

Poiché per altro il termine per l’esercizio della delega è trascorso, e il codice è stato emanato con decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, il previsto aggravamento non è più suscettibile di realizzazione con tale modalità.


Articolo 40
(Sanzioni accessorie)

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per l’introduzione di sanzioni accessorie alle sanzioni penali e amministrative applicate ai sensi del titolo XI del libro V del codice civile, del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, della legge 12 agosto 1982, n. 576, e del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) applicazione delle sanzioni accessorie e determinazione della loro durata, comunque non superiore a tre anni, in ragione della gravità della violazione, valutata secondo i criteri indicati dall’articolo 133 del codice penale, o della sua reiterazione;

b) previsione della sanzione acces­soria della sospensione o della decadenza dalle cariche o dagli uffici direttivi ricoperti presso banche o altri soggetti operanti nel settore finanziario, ovvero dalle cariche o dagli uffici direttivi ricoperti presso società;

c) previsione della sanzione acces­soria dell’interdizione dalle cariche presso banche e altri intermediari finanziari o dalle cariche societarie;

d) previsione della sanzione acces­soria della pubblicità della sanzione pecuniaria e accessoria, a carico dell’autore della violazione, su quotidiani e altri mezzi di comunicazione a larga diffusione e nei locali aperti al pubblico delle banche e degli altri intermediari finanziari presso i quali l’autore della violazione ricopra cariche societarie o dei quali lo stesso sia dipendente;

e) previsione della sanzione acces­soria della confisca del prodotto o del profitto dell’illecito e dei beni utilizzati per commetterlo, ovvero di beni di valore equivalente.

f) attribuzione della competenza ad irrogare le sanzioni accessorie alla medesima autorità competente ad irrogare la sanzione principale.


 

 

Per quanto concerne l’articolo 40, relativo alle sanzioni accessorie, la modifica apportata dal Senato riguarda l’aggiunta della lettera f), al fine di inserire, nel novero dei princìpi e criteri direttivi previsti per l’esercizio della delega legislativa conferita dal presente articolo, la precisazione secondo cui la competenza ad irrogare le sanzioni accessorie dev’essere attribuita alla medesima autorità competente ad irrogare la sanzione principale.

 


Articolo 41
(Soppressione della Commissione permanente per la vigilanza sull’istituto di emissione e sulla circolazione dei biglietti di banca)

 


1. La Commissione permanente per la vigilanza sull’istituto di emissione e sulla circolazione dei biglietti di banca, di cui all’articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 28 aprile 1910, n. 204, è soppressa.

2. Sono abrogati gli articoli 110 e 112 del testo unico di cui al regio decreto 28 aprile 1910, n. 204, e successive modificazioni. All’articolo 47, secondo periodo, del medesimo testo unico, sono soppresse le parole: «, col parere della Commissione permanente di vigilanza sugli istituti di emissione,».


 

 

L’articolo è stato approvato dal Senato senza modificazioni rispetto al testo del corrispondente articolo 39 approvato dalla Camera.

 


Articolo 42
(Termine per gli adempimenti previsti dalla presente legge)

 


1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le società iscritte nel registro delle imprese alla data di entrata in vigore della presente legge provvedono ad uniformare l’atto costitutivo e lo statuto alle disposizioni da questa introdotte.

2. Fino alla costituzione dell’albo unico dei promotori finanziari ai sensi dell’articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, come modificato dall’articolo 14, comma 1, lettera b), della presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni in materia di albo unico nazionale dei promotori finanziari recate dal citato articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.

3. Le disposizioni contenute negli articoli 165-ter, 165-quater e 165-quinquies del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, introdotti dall’articolo 6, comma 1, della presente legge, si applicano alle società che vi sono soggette, a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

4. La disposizione di cui all’articolo 161, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, come modificato dall’articolo 18, comma 1, lettera d), della presente legge, si applica a decorrere dal 1º gennaio dell’anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge. Fino a tale data, continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo articolo 161, comma 4, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.

5. Gli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e che ricadono in una delle situazioni specifiche di incompatibilità previste dalle disposizioni contenute nell’ar­ticolo 18 per le società di revisioni e le entità appartenenti alla medesima rete, i loro soci, gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i dipendenti della società di revisione stessa e delle società da essa con­trollate, ad essa collegate o che la controllano o sono sottoposte a comune controllo, possono essere portati a definizione secondo i previsti termini contrattuali, senza possibilità di rinnovo. Entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il recesso unilaterale da parte della società, o dei soggetti appartenenti alla mede­sima rete, dall’incarico revisionale o da contratti per lo svolgimento di servizi, giustificato dalla necessità di rimuovere una causa di incompa­tibilità, non comporta obblighi di indennizzo, risarcimento o l’appli­cazione di clausole penali o sanzioni, anche se previste in norme di legge o in clausole contrattuali.


 

 

L’articolo 42 stabilisce alcuni termini relativi agli adempimenti previsti dal presente progetto di legge.

 

Il Senato ha soppresso i commi 4, 5, 6 e 7, in conseguenza della soppressione – in precedenti articoli – delle disposizioni alle quali facevano riferimento.

 

È stato invece aggiunto il comma 5, il quale disciplina l’applicazione delle nuove disposizioni in materia di incompatibilità, riferite alle società di revisione contabile, previste dall’articolo 18, comma 1, lettera c).

È stabilito a questo proposito che gli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, i quali ricadano in una delle situazioni specifiche di incompatibilità previste dalle suddette disposizioni per le società di revisione e le entità appartenenti alla medesima rete, i loro soci, gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i dipendenti della società di revisione stessa e delle società da essa controllate, ad essa collegate o che la controllano o sono sottoposte a comune controllo, possono essere conclusi secondo i previsti termini contrattuali, senza possibilità di rinnovo.

È stabilito altresì che il recesso unilaterale, da parte della società di revisione o dei soggetti appartenenti alla medesima rete, dall'incarico di revisione o da contratti per lo svolgimento di servizi, giustificato dalla necessità di rimuovere una causa di incompatibilità, non comporta obblighi di indennizzo, risarcimento o l'applicazione di clausole penali o sanzioni, anche se previste in norme di legge o in clausole contrattuali, a condizione che intervenga entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 


Articolo 43
(Delega al Governo per il coordinamento legislativo)

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per l’adeguamento del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, e del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, nonché delle altre leggi speciali, alle disposizioni della presente legge, apportando le modifiche necessarie per il coordinamento delle disposizioni stesse.


 

L’articolo è stato approvato dal Senato senza modificazioni rispetto al testo del corrispondente articolo 41 approvato dalla Camera.

 


Articolo 44
(Procedura per l’esercizio delle deleghe legislative)

 


1. Gli schemi dei decreti legislativi previsti dalla presente legge, ciascuno dei quali deve essere corredato di relazione tecnica sugli effetti finanziari delle disposizioni in esso contenute, sono trasmessi alle Camere ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario. Le competenti Commissioni parlamen­tari esprimono il parere entro quaranta giorni dalla data di trasmissione. Qualora il termine per l’espressione del parere decorra inutilmente, i decreti legislativi possono essere comunque adottati. Qualora il termine previsto per l’espres­sione del parere delle Commissioni parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio della delega o successivamente, quest’ultimo è prorogato di novanta giorni.


 

 

L’articolo è stato approvato dal Senato senza modificazioni rispetto al testo del corrispondente articolo 42 approvato dalla Camera.

 

 

 



[1]    Il presente riassunto comprende anche gli articoli non modificati dal Senato. Sono indicati gli articoli aggiunti dal Senato e – in corsivo, dopo la sintesi del contenuto – le principali modificazioni apportate da quel Consesso al testo approvato dalla Camera.

[2]     Vedi bollettino RUE “Ruolo e retribuzioni dei membri degli organi delle società quotate Raccomandazioni della Commissione europea”, del 18 ottobre 2004.

[3]     Vedi bollettino RUE “Direttiva sulla revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati di taluni tipi di società”, del 18 ottobre 2005.

[4]     Con il termine comitatologiao comitologia si designano le procedure mediante le quali la Commissione, in base all’articolo 202 del Trattato CE, esercita i poteri ad essa delegati per l’attuazione degli atti comunitari “legislativi”, vale a dire adottati dal Parlamento e dal Consiglio o dal solo Consiglio secondo una delle procedure decisionali previste dal Trattato CE (consultazione, codecisione, cooperazione, parere conforme). Le quattro procedure di comitatologia (consultazione, gestione, regolamentazione e di salvaguardia), attualmente disciplinate dalla decisione del Consiglio n. 1999/468/CE, prevedono l’obbligo della Commissione di sottoporre i progetti di misure di attuazione a comitati composti da funzionari delle amministrazioni nazionali. L’efficacia del parere del comitato dipende dal tipo di procedura di cui l’atto legislativo dispone di volta in volta l’applicazione.

[5]     Vedi bollettino RUE “Diritti degli azionisti delle società quotate” del 18 maggio 2005.

[6]     La direttiva in questione è compresa nell’allegato della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004). Il Governo è delegato ad adottare il decreto legislativo per dare attuazione alla direttiva entro il 12 novembre 2006.

[7]     Il Comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari (CAERVM o CESR, secondo l’acronimo inglese comunemente utilizzato), istituito con la decisione della Commissione 2001/528/CE, è composto dai presidenti delle autorità nazionali aventi competenze di regolazione e vigilanza sui mercati mobiliari, tra i quali viene eletto il presidente.

[8]     Il cosiddetto metodo Lamfalussy è un modello decisionale che trova applicazione per l’adozione e l’attuazione degli atti legislativi comunitari nel settore dei servizi finanziari. In particolare, il modello prevede l’articolazione del processo decisionale in quattro livelli:

-        al primo livello si colloca l’attività legislativa in senso stretto (adozione di regolamenti o direttive secondo la procedura di codecisione). In questa fase la Commissione consulta, prima di presentare le relative proposte legislative, il Comitato europeo dei valori mobiliari (ESC);

-        al secondo livello intervengono le disposizioni di attuazione poste in essere dalla Commissione, sulla base della delega contenuta nell’atto legislativo, in conformità alle procedure di comitatologia di cui alla decisione 1999/468/CE. A tal fine la Commissione è assistita dal Comitato europeo dei valori mobiliari (ESC), che opera quale comitato di regolamentazione, e consulta il Comitato delle autorità europee di regolamentazione e vigilanza sui valori mobiliari (CESR, cfr. nota 2);

-        il terzo livello decisionale consiste nel coordinamento, in via informale in seno al CESR, delle attività delle autorità nazionali di regolazione e vigilanza sui mercati finanziari, al fine di garantire un recepimento uniforme e coerente delle disposizioni adottate ai primi due livelli;

-        al quarto livello decisionale si colloca, infine, l’attività di attuazione, in via legislativa e amministrativa, delle norme comunitarie da parte degli Stati membri e il relativo controllo della Commissione europea.

[9]     La direttiva è inserita nell’allegato B al ddl comunitaria 2005 attualmente all’esame del Senato in seconda lettura (AS 3509).

[10]    Una prima tabella era stata presentata il 6 luglio (vedi bollettino RUE“Direttive in materia di valori mobiliari” dell’8 luglio 2005).

[11]    Vedi bollettino RUE “Libro verde sui servizi finanziari” del 6 maggio 2005.

[12]    La proposta di direttiva sui sistemi di compensazione e pagamento rientra tra le priorità della Commissione europea nel programma di lavoro per il 2006.

[13]    In particolare, la direttiva 85/611CEE, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (o.i.c.v.m.), come modificata dalle direttive 2001/107/CE e 2001/108/CE.

[14]   Secondo l’articolo 2359, primo comma, del codice civile, sono considerate società controllate:

1)       le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2)       le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3)       le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Il secondo comma dispone che, ai fini dell'applicazione dei precedenti numeri 1) e 2), si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persone interposte; non si computano invece i voti spettanti per conto di terzi.

[15]   Ulteriori integrazioni di carattere settoriale sono state introdotte successivamente:

-        legge 7 marzo 2001, n. 62 (Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali): acquisto, secondo parametri fissati dall'Autorità di vigilanza, su richiesta delle singole istituzioni scolastiche, di prodotti editoriali da devolvere agli istituti scolastici pubblici e privati nell'àmbito del territorio nel quale opera la fondazione, con il vincolo che tali istituti utilizzino i medesimi prodotti editoriali per attuare azioni a sostegno della lettura tra gli studenti e favorire la diffusione della lettura dei giornali quotidiani nelle scuole;

-        legge 1° agosto 2002, n. 166 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti), articolo 7: la realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità rientra tra i settori ammessi all’intervento delle fondazioni.

[16]   In precedenza, il D.L. n. 332 del 1994, convertito dalla legge n. 474 del 1994, aveva rimesso a un decreto del Ministro del tesoro la fissazione dei criteri e delle procedure di carattere generale da adottare per la cessione delle partecipazioni detenute dagli enti conferenti risultanti dalle procedure di trasformazione delle banche, nonché per l'utilizzo dei relativi proventi da impiegare secondo criteri di diversificazione del rischio degli investimenti; la successiva “direttiva Dini” del 1994 aveva disciplinato l’applicazione alla disposizione contenuta nel D.L. n. 332 del 1994. Queste misure non hanno tuttavia determinato l’effettiva dismissione delle partecipazioni detenute dalle fondazioni.

[17]    Si tratta degli atti di indirizzo del Ministro del tesoro 5 agosto 1999, che contiene indicazioni per l'adeguamento degli statuti delle fondazioni alla nuova disciplina, 19 aprile 2001, riguardante la redazione, da parte delle fondazioni bancarie, del bilancio relativo all'esercizio chiuso il 31 dicembre 2000, e 22 maggio 2001, riguardanti, in particolare la questione delle incompatibilità.

[18]    In particolare, il TAR del Lazio, con ordinanza dell’11 gennaio 2002, si è pronunciato in termini critici nei confronti dell’atto di indirizzo del 22 maggio 2001.

Il TAR ha richiamato una sua precedente pronuncia in base alla quale l’articolo 10, comma 3 lettera e) del citato D.Lgs. n. 153/1999, consente “all’Autorità emanante la facoltà di modulare il proprio intervento, con riguardo tanto al contenuto quanto ai destinatari, nella maniera ritenuta più consona agli interessi da realizzare”. Peraltro, tale criterio generale andava considerato alla luce del fatto che gli atti di indirizzo adottabili dall’Autorità di vigilanza non dovrebbero sostanziarsi in “singole e precise statuizioni … ma piuttosto nell’illustrazione delle problematiche connesse all’interpretazione della legge, con puntualizzazioni degli aspetti più rilevanti nonché con esemplificazioni” in modo da orientare l’attività applicativa, in particolare per quanto concerne l’approvazione degli statuti. A giudizio del TAR, l’atto di indirizzo del 22 maggio 2001 (con il quale, tra le altre cose, si è stabilito che coloro i quali abbiano fatto parte degli organi decisionali che hanno concorso alla designazione di membri in carica degli organi delle fondazioni non possono ricoprire funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione e controllo presso le stesse fondazioni, se non sia decorso almeno un anno dalla cessazione della carica dell’organo decisionale), contiene precise prescrizioni e non semplici suggerimenti o indicazioni, come sarebbe confermato dal fatto che si imporrebbe, con immediata precettività delle disposizioni contenute nell’atto stesso, alle fondazioni di uniformarvisi puntualmente mediante modifiche al proprio statuto. La stessa ordinanza del TAR del Lazio afferma che il legislatore, sia delegante che delegato, avrebbe configurato nelle fondazioni un modello di persona giuridica sostanzialmente sovrapponibile a quello privatistico, per cui una “coartazione o, quanto meno, un condizionamento ab externo e di natura autoritativa …….” si porrebbe in contrasto con l’articolo 41 della Costituzione nonché, in termini ancora più gravi, in relazione agli articoli 18 e 2 della Costituzione che tutelano, rispettivamente, il diritto di associazione dei cittadini e i diritti dell’uomo nelle formazioni sociali ammesse dall’ordinamento.

[19]    Oltre a 2 ricorsi proposti dall’ACRI, si tratta dei ricorsi individuali presentati dalla Fondazione Banca Nazionale delle Comunicazioni, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Venezia, dalla Fonazione bancaria Compagnia di San Paolo, dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Roma, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste, nonché di un ricorso proposto dall’Abusdef.

[20]    Si tratta, in particolare, del regolamento di attuazione emanato dall’Autorità di vigilanza recante disposizioni in materia di attività istituzionale delle fondazioni, di composizione e nomina dell’organo di indirizzo, di requisiti di professionalità e onorabilità e alla incompatibilità dei i soggetti che svolgono funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione e controllo, di finalità istituzionali, di partecipazioni bancarie di controllo e di società di gestione del risparmio.

[21]   Secondo l’articolo 2359 c. c., si verifica l’ipotesi del controllo quando:

1)       una società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria di altra società;

2)       una società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria di altra società;

3)       una società esercita influenza dominante su altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

[22]   Sono state soppresse dal Senato le disposizioni, contenute nel testo approvato dalla Camera, che ponevano limiti alla concessione di credito nei riguardi dei soggetti che, svolgendo funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso una banca, fossero anche detentori di partecipazioni nel suo capitale, e che limitavano nei riguardi dei medesimi soggetti la possibilità del pegno di partecipazioni bancarie a garanzia dei crediti loro concessi.

[23]   Questa disposizione, per quanto concerne le società soggette alla legge nazionale, sembra invero meramente confermativa della situazione esistente, la disciplina dell’articolo 2412 del codice civile applicandosi alle loro emissioni obbligazionarie, indipendentemente dal luogo di emissione.

Per quanto attiene invece alle emissioni effettuate da società di diritto estero, oltre alla difficoltà pratica che può incontrare l’accertamento dei presupposti (valore del capitale e delle riserve) per la determinazione del limite di emissione, appare dubbia l’applicabilità di questo limite a soggetti sottoposti a un ordinamento straniero per emissioni effettuate all’estero. In quest’ipotesi, la sola disposizione applicabile sembra riferirsi alla garanzia di solvenza a carico dell’intermediario soggetto al diritto nazionale.

[24]   L’articolo 23 esclude altresì l’applicazione delle disposizioni del titolo VI, capo I, del testo unico bancario, in materia di trasparenza contrattuale ai servizi d’investimento e al servizio accessorio di consulenza. Nel medesimo ambito, stabilisce che agli strumenti finanziari derivati e agli strumenti analoghi non si applichi l'articolo 1933 del codice civile (che nega il diritto di azione per il pagamento di debiti di giuoco o di scommessa, ancorché non proibiti).

[25]   Per credito al consumo s’intende, secondo l’articolo 121 del TUB, la concessione, nell'esercizio di un'attività commerciale o professionale, di credito sotto forma di dilazione di pagamento, di finanziamento o di altra analoga facilitazione finanziaria a favore di una persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta (consumatore).

[26]   Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 87/102/CEE relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo.

[27]   In proposito, si segnala anche il documento della Banca d’Italia concernente “Istruzione per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura”.

[28]   Gli intermediari sono quelli iscritti negli elenchi tenuti dall'Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d'Italia ai sensi degli artt. 106 e 107 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (TUB).

[29]    Il comma che si introduce amplia il novero dei soggetti cui la CONSOB può richiedere che siano resi pubblici notizie e documenti necessari per l’informazione del pubblico.

[30]    Si ricorda che l’articolo 21 del TUF è novellato dalla lettera a) dell’articolo 14, comma 1, in esame.

[31]    Si ricorda che il comma 1 dell’articolo 190 del TUF è stato novellato dall’articolo 9, comma 1, della legge n. 62 del 2005 (legge comunitaria 2004).

[32]    L’articolo 195 del TUF è stato novellato dall’articolo 9, comma 2, della legge n. 62 del 2005 (legge comunitaria 2004), ma il comma 9 di tale articolo 195 è rimasto identico.

[33]   Su tali strumenti v. da ultimo, in dottrina, S. CAPPIELLO, La remunerazione degli amministratori. "Incentivi azionari" e creazione di valore, Milano, Giuffrè, 2005.

[34]    Ai sensi del D.M. 13 maggio 1996 (G.U. 20 maggio 1996, n. 125) sono obbligati ad iscriversi nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del TUB, tenuto dalla Banca d’Italia:

a)       gli intermediari esercenti l'attività di finanziamento sotto qualsiasi forma che abbiano un volume di attività finanziaria pari o superiore a lire 200 miliardi (pari a 103.291.379,82 euro) ovvero mezzi patrimoniali pari o superiori a lire 10 miliardi (pari a 5.164.568,99 euro);

b)       gli intermediari esercenti l'attività di assunzione di partecipazioni che abbiano un volume di attività finanziaria pari o superiore a lire 100 miliardi (pari a 51.645.689,91 euro) ovvero mezzi patrimoniali pari o superiori a lire 50 miliardi (pari a 25.822.844,95 euro);

c)       gli intermediari esercenti l'attività di intermediazione in cambi con assunzione di rischi in proprio;

d)       gli intermediari esercenti l'attività di emissione e gestione di carte di credito e di debito;

e)       gli intermediari per i quali ricorrono le condizioni stabilite dalla Banca d'Italia, in armonia con le disposizioni comunitarie riguardanti il mutuo riconoscimento;

f)         le società per la cartolarizzazione;

g)       gli intermediari incaricati della riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento, previsti dall'articolo 2, comma 3, lettera c), della legge 30 aprile 1999, n. 130;

h)       le altre società per la cartolarizzazione istituite ai sensi di leggi speciali.

[35]   Disposizioni in materia di usura.

[36]    In data 11 ottobre 2005 il Consiglio economico e finanziario (ECOFIN) ha raggiunto l’accordo politico sulla ricordata proposta di direttiva di modifica delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE concernenti, rispettivamente, la revisione legale dei conti annuali di taluni tipi di società e dei conti consolidati.

[37]    Con riferimento alle incompatibilità relative al responsabile della revisione, si veda anche il comma 1-quater dell’articolo 160 del TUF, come modificato dalla successiva lettera c) dell’articolo 18, comma 1, in esame.

[38]    Il nuovo comma 1 dell’articolo 160 del TUF prevede che, per l’individuazione delle situazioni di incompatibilità, la CONSOB emani un regolamento, il cui contenuto è ulteriormente determinato dal successivo comma 1-bis. Tale regolamento deve individuare, tra l’altro, i criteri per stabilire l'appartenenza di un'entità alla rete di una società di revisione.

      La nozione di rete è mutuata dalla già citata proposta di direttiva europea: s’intende con questa denominazione la struttura più ampia cui eventualmente appartenga la società di revisione, avvalentesi della medesima denominazione o attraverso la quale vengano condivise risorse professionali. Il comma 1-bis precisa che sono comunque comprese nella rete le società che controllano la società di revisione, le società che sono da essa controllate, ad essa collegate o sottoposte con essa a comune controllo.

[39]    La direttiva 84/253/CEE è stata recepita nel nostro ordinamento con il D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 27.

[40]    Sull’evoluzione storica della regolamentazione inerente al capitale della Banca d’Italia v. R. DE MATTIA, Storia del capitale della Banca d’Italia e degli istituti predecessori, voll. I e II, Roma, Staderini, 1977-1978.

[41]    Sulla distinzione, ai fini dell’individuazione dei soggetti legittimati a partecipare al capitale della Banca d’Italia, tra banche pubbliche e banche private, cfr. V. CATAPANO, Assetti partecipativi della Banca d’Italia, in AA.VV., Scritti in memoria di Pietro De Vecchis, Roma, Banca d’Italia, 1999.

[42]   Cfr. allegato al Resoconto sommario della 5° Commissione (Bilancio) del Senato n. 735 del 14 settembre 2005.

[43]   Negli esercizi dell’ultimo triennio, a norma dell’articolo 56 dello Statuto della Banca d’Italia, sui frutti degli investimenti delle riserve sono stati distribuiti ai partecipanti i seguenti importi:

 

2002

2003

2004

42.945.000

(0,50 per cento)

45.219.000

(0,50 per cento)

47.478.000

(0,50 per cento)

 

[44]   In realtà, lo Stato percepisce un importo quasi pari al 60 per cento degli utili netti. Infatti, a norma dell’articolo 54 dello statuto della Banca d’Italia, dagli utili netti sono detratti fino al 20 per cento per la riserva ordinaria, fino a un ulteriore 20 per cento per fondi speciali e riserve straordinarie, nonché i dividendi per i partecipanti, fino al 6 per cento del capitale, incrementabile di un ulteriore importo fino al 4 per cento del capitale (si fa riferimento al valore nominale del capitale, ossia a 300 milioni di lire). Il rimanente spetta allo Stato.

      Secondo le relazioni annuali dell’ultimo triennio, risultano i seguenti importi:

     

 

2002

2003

2004

Utile netto

64.302.294

52.397.263

25.454.500

- alla riserva ordinaria (20%)

12.860.459

10.479.453

5.090.900

- alla riserva straordinaria (20%)

12.860.459

10.479.453

5.090.900

- ai partecipanti (6% del capitale)

9.360

9.360

9.360

- ai partecipanti (ulteriore 4% del capitale)

6.240

6.240

6.240

- allo Stato

38.565.776

31.422.757

15.257.100

 

[45]    La disposizione è stata introdotta dal comma 182 dell'articolo 2 della legge n. 662 del 1996 per finanziare il trasferimento al Tesoro della partecipazione nella STET detenuta dall’IRI; a questa operazione ha fatto seguito la privatizzazione della TELECOM.

[46]    Il comma 181 dell'articolo 2 della legge n. 662 del 1996 ha infatti modificato l'articolo 3, comma 1, lettera b), della legge n. 432 del 1993, poi confluito nell’articolo 45 del D.P.R. n. 398 del 2003, nel senso di prevedere tra i conferimenti al Fondo i soli proventi relativi alla vendita di partecipazioni, siano esse regolate in titoli di Stato o in altro modo, escludendo quindi gli altri proventi costituenti il corrispettivo delle alienazioni di beni del patrimonio immobiliare dello Stato (come previsto invece dal testo originario della legge n. 432 del 1993).

[47]    Il comma 4 dell'articolo 1 del D.L. n. 6 del 1996 ha soppresso le lettere c) e d) del comma 1 dell'articolo 3 della legge n. 432 del 1993, che includevano tra i conferimenti al Fondo di ammortamento i dividendi delle società per azioni derivate dalla trasformazione degli Enti pubblici di cui al capo III del D.L. n. 333 del 1992, convertito con modificazioni dalla legge n. 359 del 1992 (lettera c); e gli utili che gli enti pubblici sono tenuti a versare al Tesoro in base a disposizioni normative o statutarie.

[48]    Si tratta dei capitoli 3330 (UPB 6.2.2) e 4055 (UPB 6.3.2) dello stato di previsione dell'entrata.

[49]   A tali disponibilità si è aggiunta l'entrata una tantum costituita dal controvalore delle maggiori emissioni di titoli autorizzati dall'articolo 3 della legge n. 539 del 1993.

[50]   Il comma 4 del presente articolo, nel testo modificato dal Senato, prevede la soppressione delle parole: “l’unitarietà e”.

[51]    Va ricordato che il titolo XI (artt. 2621- 2642) del libro V del codice civile, recante Disposizioni penali in materia di società e di consorzi, è stato interamente sostituito dall’articolo 1 del decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, recante Disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commerciali, a norma dell’articolo 11 della legge 3 ottobre 2001, n. 366.

[52]   L’articolo 23 del codice penale stabilisce che:

la pena della reclusione si estende da quindici giorni a ventiquattro anni, ed è scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati, con l’obbligo del lavoro e con l’isolamento notturno;

il condannato alla reclusione, che ha scontato almeno un anno della pena, può essere ammesso al lavoro all’aperto;

Sono applicabili alla pena della reclusione le disposizioni degli ultimi due capoversi dell’articolo precedente.

[53]   L’articolo 25 del codice penale stabilisce che:

la pena dell’arresto si estende da cinque giorni a tre anni, ed è scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati o in sezioni speciali degli stabilimenti di reclusione, con l’obbligo del lavoro e con l’isolamento notturno.

Il condannato all’arresto può essere addetto a lavori anche diversi da quelli organizzati nello stabilimento, avuto riguardo alle sue attitudini e alle sue precedenti occupazioni.