XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Titolo: Custodia degli animali selvatici negli zoo - Schema d.lgs. n. 418 (art.1, L. 31 ottobre 2003, n. 306)
Serie: Pareri al Governo    Numero: 355
Data: 08/11/04
Abstract:    Scheda di sintesi; scheda di lettura; schema di d.lgs. n. 418; normativa di riferimento; documenti.
Descrittori:
DIRETTIVE DELL'UNIONE EUROPEA   TUTELA DELLA FAUNA
ZOO     
Organi della Camera: XIII-Agricoltura

Servizio studi

 

pareri al governo

Custodia degli animali selvatici

negli zoo

Schema di D.Lgs. n.418

(art.1, L. 31 ottobre 2003, n. 306)

n. 355

 


xiv legislatura

8 novembre 2004

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

Il presente dossier è stato redatto in collaborazione con il dipartimento Ambiente

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Agricoltura

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: Ag0219

 


INDICE

 

 

Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni e pareri allegati5

Elementi per l’istruttoria legislativa  7

§      Conformità con la norma di delega  7

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  8

§      Compatibilità comunitaria  8

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  9

§      Impatto sui destinatari delle norme  9

§      Formulazione del testo  9

Scheda di lettura                                                                          11

Schema di decreto legislativo n. 418

Custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici15

Normativa di riferimento

Normativa nazionale

§      Costituzione (artt. 76, 87 e 117)55

§      D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320 Regolamento di polizia veterinaria (art. 24)59

§      L. 5 agosto 1978, n. 468 Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio  (art. 11)61

§      L. 10 giugno 1982, n. 348 Costituzione di cauzioni con polizze fidejussorie a garanzia di obbligazioni verso lo Stato ed altri enti pubblici65

§      L. 28 febbraio 1985, n. 47  Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie  67

§      L. 16 aprile 1987, n. 183  Coordinamento delle politiche riguardanti l'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari (art. 19)107

§      D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311 Regolamento per la semplificazione dei procedimenti relativi ad autorizzazioni per lo svolgimento di attività disciplinate dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza nonché al riconoscimento della qualifica di agente di pubblica sicurezza (numeri 77, 78 e 108, allegato 1 della L. n. 59/1997 e numeri 18, 19, 20 e 35, allegato 1 della L. n. 50/1999).109

§      L. 07-02-1992 n. 150 Disciplina dei reati relativi all'applicazione in Italia della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, di cui alla L. 19 dicembre 1975, n. 874, e del regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, nonché norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica. (art. 6)115

§      L. 11 febbraio 1992, n. 157 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio  117

§      L. 14-02-1994 n. 124 Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla biodiversità, con annessi, fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992. (art.9)147

§      D.Lgs. 28-08-1997 n. 281  Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. (art. 8)149

§      D.Lgs. 31-03-1998 n. 112 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59. (art. 69)151

§      D.Lgs. 30-07-1999 n. 300 Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59 (art. 35)153

§      D.M. 08-01-2002 Istituzione del registro di detenzione delle specie animali e vegetali.155

§      L. 31-10-2003 n. 306 Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2003. (art. 1 e all. B)159

Normativa comunitaria

§      Dir. 1999/22/CE del 29 marzo 1999  Direttiva del Consiglio relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici163

§      SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA (Quarta Sezione) 10 giugno 2004 (1) «Inadempimento di uno Stato – Direttiva 1999/22/CE – Custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici – Mancata trasposizione nel termine prescritto»  169

Documenti

§      EAZA Standards for Accommodation and Care of Animals in Zoos  175

 


Scheda di sintesi
per l'istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero dello schema di decreto legislativo

418

Titolo

Custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici

Norma di delega

Art. 1 della L. 31 ottobre 2003, n. 306

Settore d’intervento

Agricoltura

Numero di articoli

11

Date

 

§       presentazione

26 ottobre 2004

§       assegnazione

27 ottobre 2004

§       termine per l’espressione del parere

6 dicembre 2004

§       scadenza della delega

 

Commissione competente

XIII Commissione (Agricoltura)

Rilievi di altre Commissioni

XIV Commissione Politiche dell’unione europea

 


Struttura e oggetto

Contenuto

Lo schema di decreto legislativo in esame introduce una disciplina in materia di custodia degli animali selvatici nei giardini  zoologici,

Il provvedimento è volto a dare attuazione alla direttiva 1999/22/CE, che ha introdotto una disciplina generale della materia in ambito comunitario.

 

Merita evidenziare che per la mancata attuazione della direttiva 1999/22/CE, il cui termine di recepimento è scaduto il 9 aprile 2002, l’Italia è stata condannata con sentenza del 10 giugno 2004 della Corte di giustizia delle Comunità europee.

 

Il provvedimento si compone di 11 articoli e 4 allegati.

 

L’articolo 1 individua le finalità del provvedimento, consistenti nella protezione della fauna selvatica nei giardini zoologici e nella salvaguardia della diversità biologica.

 

L’articolo 2 fornisce la definizione di giardino zoologico e delinea l’ambito applicativo del provvedimento.

 

L’articolo 3  individua, anche mediante rinvio agli allegati A), B) e C), i requisiti che devono avere i giardini zoologici per il rilascio della licenza di cui all’articolo 4. I requisiti attengono, in particolare, al benessere e alla salute degli animali e degli ambienti che li ospitano, anche in un’ottica di conservazione della biodiversità, allo svolgimento di attività di ricerca e di educazione del pubblico, nonché alla qualificazione professionale degli operatori. Viene previsto, inoltre, l’obbligo di La licenza, che sostituisce la vigente dichiarazione di idoneità, viene rilasciata a seguito di una istruttoria, il cui procedimento è definito nel dettaglio all’allegato D). La licenza può essere revocata o modificata, previa contestazione delle irregolarità e fissazione di un termine per l’adozione delle misure necessarie, nel caso in cui vengano a mancare i requisiti richiesti.

 

L’articolo 5 detta disposizioni a tutela degli animali ospitati in strutture a cui sia stata negata o revocata la licenza, obbligando i titolari, anche mediante la previa costituzione di una apposita garanzia finanziaria quale requisito per il rilascio della licenza, a garantirne comunque a proprie spese la tutela e il benessere fino all’eventuale trasferimento ad altra sede idonea.

 

L’articolo 6 disciplina l’attività di controllo, prevedendone la periodicità almeno annuale ed individuando i soggetti competenti ad esercitarla.

 

L’articolo 7 prevede l’istituzione presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, di un registro dei giardini zoologici titolari di licenza.

 

L’articolo 8 stabilisce le sanzioni per le violazioni degli obblighi previsti dal provvedimento.

 

L’articolo 9 prevede che le spese relative al rilascio e al rinnovo della licenza, nonché all’espletamento dei controlli sulle strutture, siano a carico dei soggetti richiedenti, secondo tariffe stabilite con DM del Ministro dell’ambiente e del territorio calcolate in base all’effettivo costo del servizio.

 

L’articolo 10 detta la disciplina transitoria, prevedendo che le strutture già operanti possano adeguarsi alle prescrizioni del provvedimento entro due anni dalla sua entrata in vigore.

 

L’articolo 11 fa salve le competenze previste in materia di vigilanza veterinaria. Prevede, infine, che con successivi decreti ministeriali possano essere apportate modifiche tecniche agli allegati.

Relazioni e pareri allegati

Allo schema risultano allegati la relazione illustrativa e il parere della Conferenza Stato regioni.

 

La Conferenza Stato-regioni ha espresso parere favorevole (23 settembre 2004), evidenziando, tuttavia, la necessità di inserire una disposizione (riportata in allegato al parere stesso) volta a fare salve le competenze in materia delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano.

 

Allo schema non risultano allegate, invece, le schede sull’Analisi tecnico normativa (ATN) e sull’Analisi di impatto della regolamentazione (AIR), come richiesto dalla Direttiva del Presidente del consiglio del 27 marzo 2000[1].

Non risulta allegata, infine, la relazione tecnica, in quanto, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, il provvedimento non comporta nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Conformità con la norma di delega

Il provvedimento è volto a dare attuazione all’articolo 1 della legge n.306 del 2003 (legge comunitaria 2003), che ha delegato il Governo, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, ad adottare i decreti legislativi per l’attuazione delle direttive comprese negli elenchi ad essa allegati.

Per l’attuazione della direttiva 1999/22/CE, inserita nell’allegato B, si prevede che lo schema di decreti legislativo venga trasmesso, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica perché su di essi sia espresso, entro quaranta giorni dalla data di trasmissione, il parere dei competenti organi parlamentari. Decorso tale termine i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Si prevede, inoltre, che entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, il Governo possa emanare, con la medesima procedura, disposizioni integrative e correttive.

 

La direttiva 1999/22/CE del Consiglio del 29 marzo 1999 ha l’obiettivo di adottare norme minime per la custodia degli animali nei giardini zoologici e rafforzare il ruolo dei giardini zoologici per la salvaguardia della biodiversità, nonché per la promozione dell'istruzione del pubblico e della ricerca scientifica.

La direttiva reca la definizione di "giardino zoologico" come qualsiasi complesso permanente nel quale vengono tenuti a scopo di esposizione, per almeno sette giorni l'anno, animali vivi di specie selvatiche ad esclusione dei circhi, dei negozi di animali da compagnia e degli stabilimenti che gli Stati membri non assoggettano ai requisiti della presente direttiva per il fatto che non espongono un numero significativo di animali o di specie e che tale esenzione non compromette gli obiettivi della direttiva.

Gli Stati membri garantiscono che tutti i giardini zoologici attuino le seguenti misure di conservazione:

·         partecipazione a ricerche e a scambi di informazioni in materia di conservazione delle specie (allevamento in cattività, ripopolamento, reintroduzione di specie nella vita selvatica);

·         promozione dell'educazione e della sensibilizzazione del pubblico alla conservazione della biodiversità (informazioni sulle specie e sui loro habitat naturali);

·         sistemazione degli animali in condizioni che soddisfino le loro esigenze biologiche (programma di cure veterinarie);

·         prevenzione della fuga degli animali;

·         tenuta dei registri aggiornati degli ospiti del giardino zoologico.

Per tutti i giardini zoologici è previsto l’obbligo di disporre di un’apposita licenza (entro quattro anni dall'entrata in vigore della direttiva ovvero, nel caso dei giardini zoologici nuovi, prima dell'apertura al pubblico) che contenga i requisiti previsti all'articolo 3 della direttiva ed il cui rispetto sarà soggetto a sorveglianza mediante ispezioni regolari.

Le autorità competenti degli Stati membri procedono a un'ispezione prima di concedere, negare, prorogare o modificare sensibilmente una licenza.

In caso di mancato rispetto dei requisiti legali, il giardino zoologico o parte di esso viene chiuso al pubblico dall'autorità competente.

Nel caso in cui un giardino zoologico o parte di esso sia chiuso, l'autorità competente accerta che gli animali interessati vengano trattati o rimossi in condizioni che lo Stato membro reputa appropriati e conformi alle disposizioni della direttiva.

Il termine ultimo per l'attuazione della normativa comunitaria negli Stati membri è scaduto il 9 aprile 2002.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le disposizioni recate dal provvedimento appaiono riconducibili alle materie “tutela dell’ambiente” e “dell’ecosistema” (che l’art.117, co.2, lett.s), rimette alla competenza esclusiva statale), nonché alla materia “tutela della salute”, (che l’art.117, co.3, rimette alla potestà concorrente Stato-regioni).

 

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Il provvedimento non presenta aspetti problematici, in quanto è volto a recepire, mutuandone in buona parte i contenuti, la direttiva 1999/22/CE.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria

(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

 

Con sentenza del 10 giugno 2004 (procedura 2002/260, Causa C302/2003) la Corte di giustizia delle Comunità europee ha condannato l’Italia per la mancata attuazione della direttiva 1999/22/CE. La direttiva avrebbe dovuto essere attuata entro il 9 aprile 2002.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

L’articolo 6, comma 2, rimette a un decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto e da aggiornare ogni due anni, la determinazione delle tariffe volte a far fronte alle spese per il rilascio delle licenze e per l’espletamento dei controlli, nonché le modalità di versamento al bilancio dello Stato.

 

L’articolo 11, comma 2, prevede che con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri della salute e delle politiche agricole e forestali, sentita la Conferenza unificata, possano essere apportate modifiche di ordine tecnico agli allegati al decreto.

 

Impatto sui destinatari delle norme

Si evidenzia la necessità di valutare le implicazioni di carattere finanziario connesse al sistema di finanziamento dei controlli ispettivi delineato all’articolo 9.

Tale disposizione, infatti, nel prevedere che, oltre alle spese per il rilascio della licenza (analogamente a quanto previsto anche in altri ambiti normativi), siano a carico dei titolari delle strutture anche le spese relative all’espletamento dei controlli, configura la possibilità di un impatto finanziario di rilevanti dimensioni sulla loro attività (peraltro destinato a riverberarsi sugli utenti), posto che il numero delle visite ispettive (che l’articolo 6 prevede con cadenza “almeno annuale”) rientra nella esclusiva discrezionalità della amministrazione titolare della funzione di controllo.

Formulazione del testo

All’articolo 8, comma 1, il riferimento al DPR 23 maggio 2002, n.311 non appare corretto (dovendosi piuttosto intendere al DPR 28 maggio 2001, n.311).

 

All’articolo 8, comma 2, andrebbe specificato a quale obbligo si intende fare riferimento mediante il rinvia all’articolo 5 (tale articolo prevede, infatti, sia la chiusura della struttura in caso di inadempienze, a seguito della revoca della licenza, sia l’obbligo per i titolari della struttura medesima di provvedere, a proprie spese, a mantenere comunque gli animali in condizioni idonee a garantirne il benessere).


Scheda di lettura

 

 

 


NOTA ILLUSTRATIVA

 

La disciplina dei giardini zoologici è principalmente recata dalla legge 7 febbraio 1992, n.150.

L’esercizio dell’attività è disciplinato dall’articolo 6, comma 6, ove si prevede che per la detenzione degli animali nei giardini zoologici sia necessaria una dichiarazione di idoneità rilasciata dalla Commissione scientifica istituita presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sulla base di criteri generali fissati previamente dalla commissione stessa. Tale organismo - istituito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, adottato di concerto con i ministri delle politiche agricole e forestali e del commercio con l'estero - ha come compito istituzionale l'applicazione della Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973.

In attuazione dell’articolo 5, comma 5, con  decreto del ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 8 gennaio 2002 è stato invece istituito un registro per la detenzione degli esemplari di specie animali e vegetali. Tale registro – alla cui compilazione sono tenuti, secondo l’articolo 2, lettera b) di tale decreto, tra gli altri, i giardini zoologici - si riferisce agli esemplari vivi o morti di specie animali e vegetali e alle parti di specie animali e vegetali, incluse negli allegati A e B del regolamento (CE) 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996.

 

Per quanto concerne gli aspetti veterinari, l’articolo 24 del regolamento di polizia veterinaria (DPR 8 febbraio 1954 n. 320) sottopone a vigilanza veterinaria diversi impianti speciali adibiti al concentramento di animali che possono costituire pericolo per la diffusione di malattie infettive e diffusive, tra cui i giardini zoologici. Inoltre, la norma ricorda che l’attivazione degli impianti indicati, come i giardini zoologici, è subordinata al preventivo nulla osta del prefetto, al quale gli interessati devono rivolgere domanda. Infine, le installazioni suindicate devono soddisfare le esigenze igieniche, essere facilmente disinfettabili nonché dotate di apposito locale o reparto di isolamento.

 

Merita rilevare, infine, che secondo dati di un recente censimento del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, in Italia si contano 56 parchi faunistici, così suddivisi:

§      27 zoo;

§      4 safari park;

§      4 vivari;

§      18 acquari-delfinari;

§      3 insectari.

Nei parchi nazionali, regionali e nelle aree protette sono inoltre operanti 18 centri visita, che mantengono a fini didattici animali selvatici.


Schema di decreto legislativo n. 418

 

 


 

Normativa nazionale

 


Costituzione (artt. 76, 87 e 117)

(omissis)

76. L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato [Cost. 72] al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.

(omissis)

87. Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.

Può inviare messaggi alle Camere [Cost. 74].

Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione [Cost. 61].

Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo [Cost. 71].

Promulga le leggi [Cost. 73, 74, 138] ed emana i decreti aventi valore di legge [Cost. 76, 77] e i regolamenti.

Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione [Cost. 75, 138].

Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.

Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere [Cost. 80].

Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere [Cost. 78].

Presiede il Consiglio superiore della magistratura [Cost. 104].

Può concedere grazia e commutare le pene.

Conferisce le onorificenze della Repubblica (1).

(omissis)

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(1) Con D.P.R. 9 ottobre 2000 (Gazz. Uff. 14 ottobre 2000, n. 241) è stato approvato il modello dello stendardo del Presidente della Repubblica.

(omissis)

117. La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

n) norme generali sull'istruzione;

o) previdenza sociale;

p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;

s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.

La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.

Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato (1).

 

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 3, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Per l'attuazione delle norme contenute nel presente articolo vedi la L. 5 giugno 2003, n. 131. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «117. La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni: ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione; circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale; fiere e mercati; beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera; istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica; musei e biblioteche di enti locali; urbanistica; turismo ed industria alberghiera; tramvie e linee automobilistiche di interesse regionale; viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale; navigazione e porti lacuali; acque minerali e termali; cave e torbiere; caccia; pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste; artigianato. Altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione».

 


D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320
Regolamento di polizia veterinaria (art. 24)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 giugno 1954, n. 142, S.O.

(2) In seguito all'istituzione del Ministero della sanità (L. 13 marzo 1958, n. 296, riportata alla voce Ministero della sanità) le competenze dell'Alto Commissario per l'igiene e la sanità pubblica sono state trasferite al Ministro della sanità; quelle del prefetto (esclusi i provvedimenti contingibili ed urgenti: vedi art. 6 legge citata) al medico o al veterinario provinciale.

(2/a) Vedi, anche, il D.P.R. 23 gennaio 1975, n. 845, riportato al n. A/LXXI-bis.

(omissis)

Articolo 24

Sono sottoposti a vigilanza veterinaria i seguenti impianti speciali adibiti al concentramento di animali e che possono costituire pericolo per la diffusione di malattie infettive e diffusive:

a) ricoveri animali degli istituti per la preparazione di prodotti biologici;

b) scuderie e annesse dipendenze degli ippodromi;

c) canili e annesse dipendenze dei cinodromi;

d) serragli e circhi equestri;

e) allevamenti di suini annessi a caseifici o ad altri stabilimenti per la lavorazione di prodotti alimentari ed allevamenti a carattere industriale o commerciale che utilizzano rifiuti alimentari di qualsiasi provenienza;

f) canili gestiti da privati o da enti a scopo di ricovero, di commercio o di addestramento;

g) allevamenti industriali di animali da pelliccia e di animali destinati al ripopolamento di riserve di caccia;

h) giardini zoologici.

L'attivazione degli impianti di cui alle lettere e), f), g), h), è subordinata a preventivo nulla osta del prefetto, al quale gli interessati devono rivolgere domanda.

Le installazioni suindicate devono soddisfare alle esigenze igieniche ed essere facilmente disinfettabili e dotate di apposito locale o reparto di isolamento, fatta eccezione degli impianti di cui alla lettera d).

L'attivazione dei parchi quarantenari e di acclimatazione per animali esotici è subordinata a nulla osta dell'Alto Commissario per l'igiene e la sanità pubblica (17).

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(17) In seguito all'istituzione del Ministero della sanità (L. 13 marzo 1958, n. 296, riportata alla voce Ministero della sanità) le competenze dell'Alto Commissario per l'igiene e la sanità pubblica sono state trasferite al Ministro della sanità; quelle del prefetto (esclusi i provvedimenti contingibili ed urgenti: vedi art. 6 legge citata) al medico o al veterinario provinciale.

(omissis)


L. 5 agosto 1978, n. 468
Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio  (art. 11)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 22 agosto 1978, n. 233.

(1/a) Vedi, anche, il D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 279, riportato al n. A/CLXIII.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 6 febbraio 1998, n. 16/98;

- Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Circ. 15 maggio 1998, n. 44; Circ. 2 agosto 1999, n. 42; Circ. 3 aprile 2000, n. 17; Circ. 27 marzo 2001, n. 19; Circ. 20 marzo 2001, n. 16;

- Ministero del tesoro: Circ. 16 dicembre 1996, n. 223057; Circ. 26 maggio 1997, n. 149569; Circ. 2 giugno 1997, n. 42; Circ. 22 agosto 1997, n. 65; Circ. 25 settembre 1997, n. 191614; Circ. 22 gennaio 1998, n. 4;

- Ministero dell'economia e delle finanze: Circ. 16 ottobre 2001, n. 33; Circ. 25 marzo 2002, n. 15; Circ. 15 novembre 2002, n. 35; Circ. 26 febbraio 2003, n. 11; Circ. 2 aprile 2003, n. 22; Ris. 2 dicembre 2003, n. 216/E;

- Ministero dell'interno: Circ. 12 dicembre 1998, n. F.L.35/98;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 24 maggio 1996, n. 202; Circ. 15 luglio 1996, n. 345; Circ. 20 gennaio 1998, n. 23;

- Ministero delle finanze: Circ. 15 ottobre 1997, n. 265/P; Circ. 16 marzo 1998, n. 86/D;

- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 29 aprile 1997, n. 7;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 24 agosto 1998, n. DIE/ARE/1/3123; Circ. 25 settembre 1998, n. DIE/ARE/1/3484;

- Ragioneria generale dello Stato: Circ. 18 marzo 1996, n. 27; Circ. 6 giugno 1996, n. 46; Circ. 21 marzo 1997, n. 22; Circ. 28 marzo 1997, n. 26.

(omissis)

 

11. Legge finanziaria.

1. Il Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro delle finanze, presenta al Parlamento, entro il mese di settembre, il disegno di legge finanziaria.

2. La legge finanziaria, in coerenza con gli obiettivi di cui al comma 2 dell'articolo 3, dispone annualmente il quadro di riferimento finanziario per il periodo compreso nel bilancio pluriennale e provvede, per il medesimo periodo, alla regolazione annuale delle grandezze previste dalla legislazione vigente al fine di adeguarne gli effetti finanziari agli obiettivi.

3. La legge finanziaria non può contenere norme di delega o di carattere ordinamentale ovvero organizzatorio. Essa contiene esclusivamente norme tese a realizzare effetti finanziari con decorrenza dal primo anno considerato nel bilancio pluriennale e in particolare (17/a):

a) il livello massimo del ricorso al mercato finanziario e del saldo netto da finanziare in termini di competenza, per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale comprese le eventuali regolazioni contabili pregresse specificamente indicate (17/b);

b) le variazioni delle aliquote, delle detrazioni e degli scaglioni, le altre misure che incidono sulla determinazione del quantum della prestazione, afferenti imposte indirette, tasse, canoni, tariffe e contributi in vigore, con effetto, di norma, dal 1° gennaio dell'anno cui essa si riferisce, nonché le correzioni delle imposte conseguenti all'andamento dell'inflazione (17/b);

c) la determinazione, in apposita tabella, per le leggi che dispongono spese a carattere pluriennale, delle quote destinate a gravare su ciascuno degli anni considerati;

d) la determinazione, in apposita tabella, della quota da iscrivere nel bilancio di ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale per le leggi di spesa permanente, di natura corrente e in conto capitale, la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria (17/c);

e) la determinazione, in apposita tabella, delle riduzioni, per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale, di autorizzazioni legislative di spesa;

f) gli stanziamenti di spesa, in apposita tabella, per il rifinanziamento, per non più di un anno, di norme vigenti classificate tra le spese in conto capitale e per le quali nell'ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza, nonché per il rifinanziamento, qualora la legge lo preveda, per uno o più degli anni considerati dal bilancio pluriennale, di norme vigenti che prevedono interventi di sostegno dell'economia classificati tra le spese in conto capitale (17/d);

g) gli importi dei fondi speciali previsti dall'articolo 11-bis e le corrispondenti tabelle;

h) l'importo complessivo massimo destinato, in ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego, a norma dell'articolo 15 della legge 29 marzo 1983, n. 93, ed alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente da pubbliche amministrazioni non compreso nel regime contrattuale;

i) altre regolazioni meramente quantitative rinviate alla legge finanziaria dalle leggi vigenti;

i-bis) norme che comportano aumenti di entrata o riduzioni di spesa, restando escluse quelle a carattere ordinamentale ovvero organizzatorio, salvo che esse si caratterizzino per un rilevante contenuto di miglioramento dei saldi di cui alla lettera a) (17/e);

i-ter) norme che comportano aumenti di spesa o riduzioni di entrata ed il cui contenuto sia finalizzato direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia, con esclusione di interventi di carattere localistico o microsettoriale (17/f);

i-quater) norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi di cui all'articolo 11-ter, comma 7 (17/g).

4. La legge finanziaria indica altresì quale quota delle nuove o maggiori entrate per ciascun anno compreso nel bilancio pluriennale non può essere utilizzata per la copertura di nuove o maggiori spese.

5. In attuazione dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, la legge finanziaria può disporre, per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, nuove o maggiori spese correnti, riduzioni di entrata e nuove finalizzazioni nette da iscrivere, ai sensi dell'articolo 11-bis, nel fondo speciale di parte corrente, nei limiti delle nuove o maggiori entrate tributarie, extratributarie e contributive e delle riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente.

6. In ogni caso, ferme restando le modalità di copertura di cui al comma 5, le nuove o maggiori spese disposte con la legge finanziaria non possono concorrere a determinare tassi di evoluzione delle spese medesime, sia correnti che in conto capitale, incompatibili con le regole determinate, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, lettera e), nel documento di programmazione economico-finanziaria, come deliberato dal Parlamento (18).

6-bis. In allegato alla relazione al disegno di legge finanziaria sono indicati i provvedimenti legislativi adottati nel corso dell'esercizio ai sensi dell'articolo 11-ter, comma 7, con i relativi effetti finanziari, nonché le ulteriori misure correttive da adottare ai sensi del comma 3, lettera i-quater) (18/a).

(omissis)

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(17/a) Alinea così sostituito dall'art. 2, comma 13, L. 25 giugno 1999, n. 208, riportata al n. A/CLXXXV.

(17/b) Lettera così sostituita dall'art. 2, comma 14, L. 25 giugno 1999, n. 208, riportata al n. A/CLXXXV.

(17/b) Lettera così sostituita dall'art. 2, comma 14, L. 25 giugno 1999, n. 208, riportata al n. A/CLXXXV.

(17/c) Lettera così sostituita dall'art. 2, comma 15, L. 25 giugno 1999, n. 208, riportata al n. A/CLXXXV.

(17/d) Lettera così sostituita dall'art. 2, comma 16, L. 25 giugno 1999, n. 208, riportata al n. A/CLXXXV.

(17/e) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 17, L. 25 giugno 1999, n. 208, riportata al n. A/CLXXXV.

(17/f) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 17, L. 25 giugno 1999, n. 208, riportata al n. A/CLXXXV.

(17/g) Lettera aggiunta dall'art. 1, D.L. 6 settembre 2002, n. 194, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(18) Articolo così sostituito dall'art. 5, L. 23 agosto 1988, n. 362 (Gazz. Uff. 25 agosto 1988, n. 199, S.O.).

(18/a) Comma aggiunto dall'art. 1, D.L. 6 settembre 2002, n. 194, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.


L. 10 giugno 1982, n. 348
Costituzione di cauzioni con polizze fidejussorie a garanzia di obbligazioni verso lo Stato ed altri enti pubblici

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 14 giugno 1982, n. 161.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- Ministero del commercio con l'estero: Circ. 10 febbraio 2000, n. 763189;

- Ministero delle finanze: Circ. 8 maggio 1997, n. 129/E; Circ. 8 agosto 1997, n. 235/E; Circ. 12 marzo 1998, n. 84/E; Circ. 10 giugno 1998, n. 146/E;

- Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato: Circ. 29 luglio 1998, n. 900309; Circ. 25 settembre 1998, n. 1068586.

 

1. In tutti i casi in cui è prevista la costituzione di una cauzione a favore dello Stato o altro ente pubblico, questa può essere costituita in uno dei seguenti modi:

a) da reale e valida cauzione, ai sensi dell'articolo 54 del regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato, approvato con regio decreto 23 maggio 1924, n. 827 (2), e successive modificazioni;

b) la fidejussione bancaria rilasciata da aziende di credito di cui all'articolo 5 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375 (3), e successive modifiche ed integrazioni;

c) da polizza assicurativa rilasciata da imprese di assicurazione debitamente autorizzata all'esercizio del ramo cauzioni ed operante nel territorio della Repubblica in regime di libertà di stabilimento o di libertà di prestazione di servizi (4).

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(2) Riportato al n. A/II.

(3) Riportato alla voce Istituti di credito.

(4) Lettera così sostituita dall'art. 128, D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 175, riportato alla voce Assicurazioni private.

 

2. Diritti ed azioni, di cui godeva il creditore beneficiario della prestazione garantita da cauzione costituita in uno dei modi sopra detti, si trasferiscono in surrogazione a chi ha prestato la cauzione a seguito di inadempienza del debitore principale ed incameramento della cauzione.


L. 28 febbraio 1985, n. 47
Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 2 marzo 1985, n. 53, S.O.

(1/a) Vedi, anche, il D.L. 23 aprile 1985, n. 146, il D.M. 15 maggio 1985, riportato al n. A/XXVII e l'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione. Inoltre, con D.M. 19 luglio 1985 (Gazz. Uff. 29 luglio 1985, n. 177), modificato dal D.M. 12 settembre 1985 (Gazz. Uff. 18 settembre 1985, n. 220), sono stati approvati i modelli della domanda di concessione edilizia o di autorizzazione in sanatoria di cui alla presente legge.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

-

I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 23 luglio 1998, n. 166;

- Ministero delle finanze: Circ. 7 marzo 1996, n. 53/T; Circ. 31 ottobre 1997, n. 283/E;

- Ufficio Italiano Cambi: Circ. 19 settembre 1997, n. 403.

 

Capo I - Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia. Sanzioni amministrative e penali

1. Legge-quadro.

Fermo restando quanto previsto dal capo IV, le regioni emanano norme in materia di controllo dell'attività urbanistica ed edilizia e di sanzioni amministrative in conformità ai princìpi definiti dai capi I, II e III della presente legge.

Fino all'emanazione delle norme regionali si applicano le norme della presente legge.

Sono in ogni caso fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

2. Sostituzione di norme.

Le disposizioni di cui al capo I della presente legge sostituiscono quelle di cui all'art. 32, L. 17 agosto 1942, n. 1150 (2), ed agli articoli 15 e 17, L. 28 gennaio 1977, n. 10 (3) (3/a).

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(2) Riportata al n. A/I.

(3) Riportata al n. A/XXII.

(3/a) Vedi, anche, per il testo dell'art. 17, L. 28 gennaio 1977, n. 10, la sostituzione specifica disposta dall'art. 20 della presente legge.

 

3. Ritardato od omesso versamento del contributo afferente alla concessione.

[Le regioni determinano le sanzioni per il ritardato o mancato versamento del contributo di concessione in misura non inferiore a quanto previsto nel presente articolo e non superiore al doppio.

Il mancato versamento, nei termini di legge, del contributo di concessione di cui agli articoli 3, 5, 6 e 10, L. 28 gennaio 1977, n. 10 (3), comporta:

a) l'aumento del contributo in misura pari al 20 per cento qualora il versamento del contributo sia effettuato nei successivi centoventi giorni;

b) l'aumento del contributo in misura pari al 50 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera a), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni;

c) l'aumento del contributo in misura pari al 100 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera b), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni.

Le misure di cui alle lettere precedenti non si cumulano.

Nel caso di pagamento rateizzato le norme di cui al secondo comma si applicano ai ritardi nei pagamenti delle singole rate.

Decorso inutilmente il termine di cui alla lettera c) del secondo comma il comune provvede alla riscossione coattiva del complessivo credito nei modi previsti dall'art. 16 della presente legge.

Fino all'entrata in vigore delle leggi regionali che determineranno la misura delle sanzioni di cui al presente articolo, queste saranno applicate nelle misure indicate nel secondo comma] (3/b).

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(3) Riportata al n. A/XXII.

(3/b) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 42 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

4. Vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia.

[Il sindaco esercita la vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nella concessione o nell'autorizzazione.

Il sindaco, quando accerti l'inizio di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 167 (4), e successive modificazioni ed integrazioni, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi. Qualora si tratti di aree assoggettate alla tutela di cui al R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267 (5), o appartenenti ai beni disciplinati dalla L. 16 giugno 1927, n. 1766 (6), nonché delle aree di cui alle leggi 1 giugno 1939, n. 1089 (7), e 29 giugno 1939, n. 1497 (7), e successive modificazioni ed integrazioni, il sindaco provvede alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi, previa comunicazione alle amministrazioni competenti le quali possono eventualmente intervenire, ai fini della demolizione, anche di propria iniziativa.

Ferma rimanendo l'ipotesi prevista dal precedente comma, qualora sia constatata, dai competenti uffici comunali, l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità di cui al primo comma, il sindaco ordina l'immediata sospensione dei lavori, che ha effetto fino all'adozione dei provvedimenti definitivi di cui ai successivi articoli, da adottare e notificare entro quarantacinque giorni dall'ordine di sospensione dei lavori.

Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, ove nei luoghi in cui vengono realizzate le opere non sia esibita la concessione ovvero non sia stato apposto il prescritto cartello, ovvero in tutti gli altri casi di presunta violazione urbanistico-edilizia, ne danno immediata comunicazione all'autorità giudiziaria, al presidente della giunta regionale ed al sindaco, il quale verifica entro trenta giorni la regolarità delle opere e dispone gli atti conseguenti] (7/a).

 

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(4) Riportata alla voce Case popolari ed economiche.

(5) Riportata alla voce Boschi, foreste e territori montani.

(6) Riportata alla voce Usi civili.

(7) Riportata alla voce Antichità, belle arti, mostre d'arte e musei.

(7) Riportata alla voce Antichità, belle arti, mostre d'arte e musei.

(7/a) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 27 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

5. Opere di amministrazioni statali.

[Per le opere eseguite da amministrazioni statali, qualora ricorrano le ipotesi di cui al precedente articolo 4, il sindaco, ai sensi dell'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, informa immediatamente il presidente della giunta regionale e il Ministro dei lavori pubblici, al quale compete, d'intesa con il presidente della giunta regionale, la adozione dei provvedimenti previsti dal suddetto articolo 4] (7/b).

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(7/b) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 28 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

6. Responsabilità del titolare della concessione, del committente, del costruttore e del direttore dei lavori.

[Il titolare della concessione, il committente e il costruttore sono responsabili, ai fini e per gli effetti delle norme contenute nel presente capo, della conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano nonché - unitamente al direttore dei lavori - a quelle della concessione ad edificare e alle modalità esecutive stabilite dalla medesima. Essi sono, altresì, tenuti al pagamento delle sanzioni pecuniarie e solidalmente alle spese per l'esecuzione in danno, in caso di demolizione delle opere abusivamente realizzate, salvo che dimostrino di non essere responsabili dell'abuso (8).

Il direttore dei lavori non è responsabile qualora abbia contestato agli altri soggetti la violazione delle prescrizioni della concessione edilizia, con esclusione delle varianti in corso d'opera di cui all'articolo 15, fornendo al sindaco contemporanea e motivata comunicazione della violazione stessa. Nei casi di totale difformità o di variazione essenziale rispetto alla concessione, il direttore dei lavori deve inoltre rinunziare all'incarico contestualmente alla comunicazione resa al sindaco. In caso contrario il sindaco segnala al consiglio dell'ordine professionale di appartenenza la violazione in cui è incorso il direttore dei lavori, che è passibile di sospensione dall'albo professionale da tre mesi a due anni] (8/a).

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(8) Comma così sostituito dall'art. 5-bis, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(8/a) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nei commi 1 e 2 dell'art. 29 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

 

 

7. Opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformità o con variazioni essenziali.

[Sono opere eseguite in totale difformità dalla concessione quelle che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto della concessione stessa, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile.

Il sindaco, accertata l'esecuzione di opere in assenza di concessione, in totale difformità dalla medesima ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi del successivo articolo 8, ingiunge la demolizione.

Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.

L'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al precedente comma, previa notifica all'interessato, costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.

L'opera acquisita deve essere demolita con ordinanza del sindaco a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali.

Per le opere abusivamente eseguite su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionali, a vincolo di inedificabilità, l'acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all'ingiunzione di demolizione, si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull'osservanza del vincolo. Tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell'abuso. Nella ipotesi di concorso dei vincoli, l'acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune (8/b).

Il segretario comunale redige e pubblica mensilmente, mediante affissione nell'albo comunale, l'elenco dei rapporti comunicati dagli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria riguardanti opere o lottizzazioni realizzate abusivamente e delle relative ordinanze di sospensione e lo trasmette all'autorità giudiziaria competente, al presidente della giunta regionale e, tramite la competente prefettura, al Ministro dei lavori pubblici (8/c).

In caso d'inerzia, protrattasi per quindici giorni dalla data di constatazione della inosservanza delle disposizioni di cui al primo comma dell'art. 4 ovvero protrattasi oltre il termine stabilito dal terzo comma del medesimo articolo 4, il presidente della giunta regionale, nei successivi trenta giorni, adotta i provvedimenti eventualmente necessari dandone contestuale comunicazione alla competente autorità giudiziaria ai fini dell'esercizio dell'azione penale.

Per le opere abusive di cui al presente articolo, il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all'articolo 17, lettera b), della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (9), come modificato dal successivo articolo 20 della presente legge, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita (8/cost)] (9/a).

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(8/b) Vedi, anche, l'art. 2, L. 9 dicembre 1998, n. 426, riportata alla voce Ministero dell'ambiente.

(8/c) Comma così sostituito dall'art. 2, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(9) Riportata al n. A/XXII.

(8/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 9-22 luglio 1998, n. 307 (Gazz. Uff. 2 settembre 1998, n. 35, Serie speciale), e con ordinanza 10-22 febbraio 2000, n. 64 (Gazz. Uff. 1° marzo 2000, n. 10, serie speciale) ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 7, ultimo comma, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 103 della Costituzione.

(9/a) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 31 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

8. Determinazione delle variazioni essenziali.

[Fermo restando quanto disposto dal primo comma del precedente articolo 7, le regioni stabiliscono quali siano le variazioni essenziali al progetto approvato, tenuto conto che l'essenzialità ricorre esclusivamente quando si verifica una o più delle seguenti condizioni:

a) mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968 (10), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968;

b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;

c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;

d) mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito in relazione alla classificazione dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457;

e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.

Non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.

Gli interventi di cui al precedente primo comma, effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico ed ambientale nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dalla concessione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 7 e 20 della presente legge. Tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni essenziali] (11).

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(10) Riportato al n. A/X.

(11) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 32 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

9. Interventi di ristrutturazione edilizia.

[Fermo restando quanto disposto dal successivo articolo 26, le opere di ristrutturazione edilizia, come definite dalla lettera d) del primo comma dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, eseguite in assenza di concessione o in totale difformità da essa, sono demolite ovvero rimosse e gli edifici sono resi conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistico-edilizi entro il termine stabilito dal sindaco con propria ordinanza, decorso il quale l'ordinanza stessa è eseguita a cura del comune e a spese dei responsabili dell'abuso.

Qualora, sulla base di motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il sindaco irroga una sanzione pecunaria pari al doppio dell'aumento di valore dell'immobile, conseguente alla realizzazione delle opere, determinato, con riferimento alla data di ultimazione dei lavori, in base ai criteri previsti dalla legge 27 luglio 1978, n. 392 (11/a), con la esclusione, per i comuni non tenuti all'applicazione della legge medesima, del parametro relativo all'ubicazione e con l'equiparazione alla categoria A/l delle categorie non comprese nell'articolo 16 della medesima legge. Per gli edifici adibiti ad uso diverso da quello di abitazione la sanzione è pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile, determinato a cura dell'ufficio tecnico erariale.

Qualora le opere siano state eseguite su immobili vincolati ai sensi delle leggi 1 giugno 1939, n. 1089, e 29 giugno 1939, n. 1497, l'amministrazione competente a vigilare sull'osservanza del vincolo, salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, ordina la restituzione in pristino a cura e spese del responsabile dell'abuso, indicando criteri e modalità diretti a ricostituire l'originario organismo edilizio, ed irroga una sanzione pecuniaria da lire un milione a lire dieci milioni.

Qualora le opere siano state eseguite su immobili, anche non vincolati, compresi nelle zone indicate nella lettera A dell'articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968 (10), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, il sindaco richiede all'amministrazione competente alla tutela dei beni culturali ed ambientali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al precedente comma. Qualora il parere non venga reso entro centoventi giorni dalla richiesta il sindaco provvede autonomamente.

Si applicano le disposizioni di cui al comma ottavo dell'articolo 7.

È comunque dovuto il contributo di concessione di cui agli articoli 3, 5, 6 e 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (9)] (12).

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(11/a) Riportata alla voce Locazione di immobili urbani.

(10) Riportato al n. A/X.

(9) Riportata al n. A/XXII.

(12) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 33 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

10. Opere eseguite senza autorizzazione.

[Fermo restando quanto disposto dal successivo articolo 26, l'esecuzione di opere in assenza dell'autorizzazione prevista dalla normativa vigente o in difformità da essa comporta la sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione delle opere stesse e comunque in misura non inferiore a lire cinquecentomila. In caso di richiesta dell'autorizzazione in sanatoria in corso di esecuzione delle opere, la sanzione è applicata nella misura minima. Qualora le opere siano eseguite in assenza di autorizzazione in dipendenza di calamità naturali o di avversità atmosferiche dichiarate di carattere eccezionale la sanzione non è dovuta.

La mancata richiesta di autorizzazione di cui al presente articolo non comporta l'applicazione delle norme previste dall'articolo 17 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (9), come sostituito dall'articolo 20 della presente legge.

Quando le opere realizzate senza autorizzazione consistono in interventi di restauro e di risanamento conservativo, di cui alla lettera c) del primo comma dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457 (12/a), eseguiti su immobili comunque vincolati da leggi statali e regionali nonché dalle altre norme urbanistiche vigenti, l'autorità competente a vigilare sull'osservanza del vincolo, salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, può ordinare la restituzione in pristino a cura e spese del contravventore ed irroga una sanzione pecuniaria da lire un milione a lire venti milioni.

Qualora gli interventi di cui al comma precedente vengano eseguiti su immobili, anche non vincolati, compresi nelle zone indicate nella lettera A dell'articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968 (12/b), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, il sindaco richiede all'amministrazione competente alla tutela dei beni culturali ed ambientali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al primo comma. Qualora il parere non venga reso entro centoventi giorni dalla richiesta, il sindaco provvede autonomamente. In tali casi non trova applicazione la sanzione pecuniaria da lire un milione a lire venti milioni di cui al comma precedente] (12/c).

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(9) Riportata al n. A/XXII.

(12/a) Riportata alla voce Case popolari ed economiche.

(12/b) Riportato al n. A/XI.

(12/c) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 37 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

11. Annullamento della concessione.

[In caso di annullamento della concessione, qualora non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il sindaco applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'ufficio tecnico erariale. La valutazione dell'ufficio tecnico è notificata alla parte dal comune e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa.

L'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti della concessione di cui all'articolo 13] (13).

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(13) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 38 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

12. Opere eseguite in parziale difformità dalla concessione.

[Le opere eseguite in parziale difformità dalla concessione sono demolite a cura e spese dei responsabili dell'abuso entro il termine congruo, e comunque non oltre centoventi giorni, fissato dalla relativa ordinanza del sindaco. Dopo tale termine sono demolite a cura del comune e a spese dei medesimi responsabili dell'abuso.

Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il sindaco applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dalla concessione, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura dell'ufficio tecnico erariale, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale] (13/a).

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(13/a) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 34 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

13. Accertamento di conformità.

[Fino alla scadenza del termine di cui all'articolo 7, terzo comma per i casi di opere eseguite in assenza di concessione o in totale difformità o con variazioni essenziali, o dei termini stabiliti nell'ordinanza del sindaco di cui al primo comma dell'articolo 9, nonché, nei casi di parziale difformità, nel termine di cui al primo comma dell'articolo 12, ovvero nel caso di opere eseguite in assenza di autorizzazione ai sensi dell'articolo 10 e comunque fino alla irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell'abuso può ottenere la concessione o l'autorizzazione in sanatoria quando l'opera eseguita in assenza della concessione o l'autorizzazione è conforme agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati e non in contrasto con quelli adottati sia al momento della realizzazione dell'opera, sia al momento della presentazione della domanda.

Sulla richiesta di concessione o di autorizzazione in sanatoria il sindaco si pronuncia entro sessanta giorni, trascorsi i quali la richiesta si intende respinta.

Il rilascio della concessione in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di concessione in misura doppia, ovvero, nei soli casi di gratuità della concessione a norma di legge, in misura pari a quella prevista dagli articoli 3, 5, 6 e 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.

Per i casi di parziale difformità l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dalla concessione.

L'autorizzazione in sanatoria è subordinata al pagamento di una somma determinata dal sindaco nella misura da lire cinquecentomila a lire due milioni (20/cost)] (13/b).

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(20/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 21 febbraio-6 marzo 2001, n. 46 (Gazz. Uff. 14 marzo 2001, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 13 e 22 sollevata in riferimento all'art. 3, primo comma, della Cost.

(13/b) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 36 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

14. Opere eseguite su suoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici.

[Qualora sia accertata l'esecuzione di opere da parte di soggetti diversi da quelli di cui al precedente articolo 5 in assenza di concessione ad edificare, ovvero in totale o parziale difformità dalla medesima, su suoli del demanio o del patrimonio dello Stato o di enti pubblici, il sindaco ordina, dandone comunicazione all'ente proprietario del suolo, previa diffida non rinnovabile al responsabile dell'abuso, la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi.

La demolizione è eseguita a cura del comune ed a spese dei responsabili dell'abuso] (13/c).

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(13/c) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nei commi 1 e 2, dell'art. 35 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

15. Varianti in corso d'opera.

[Non si procede alla demolizione ovvero all'applicazione delle sanzioni di cui agli articoli precedenti nel caso di realizzazione di varianti, purché esse siano conformi agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti e non in contrasto con quelli adottati, non comportino modifiche della sagoma né delle superfici utili e non modifichino la destinazione d'uso delle costruzioni e delle singole unità immobiliari, nonché il numero di queste ultime, e sempre che non si tratti di immobili vincolati ai sensi delle leggi 1 giugno 1939, n. 1089 (14), e 29 giugno 1939, n. 1497 (14), e successive modificazioni e integrazioni.

Le varianti non devono comunque riguardare interventi di restauro, come definiti dall'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457 (14/a).

L'approvazione della variante deve comunque essere richiesta prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori.

La mancata richiesta di approvazione delle varianti di cui al presente articolo non comporta l'applicazione delle norme previste nell'articolo 17 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (14/b), come modificato dall'articolo 20 della presente legge] (14/c).

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(14) Riportata alla voce Antichità, belle arti, mostre d'arte e musei.

(14) Riportata alla voce Antichità, belle arti, mostre d'arte e musei.

(14/a) Riportata alla voce Case popolari ed economiche.

(14/b) Riportata al n. A/XXII.

(14/c) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto.

 

16. Riscossione.

[I contributi, le sanzioni e le spese di cui alla L. 28 gennaio 1977, n. 10 (14/b), e alla presente legge vengono riscossi con ingiunzione emessa dal sindaco a norma degli artt. 2 e seguenti del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639] (14/d).

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(14/b) Riportata al n. A/XXII.

(14/d) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 43 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

17. Nullità degli atti giuridici relativi ad edifici.

[Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo l'entrata in vigore della presente legge, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della concessione ad edificare o della concessione in sanatoria rilasciata ai sensi dell'articolo 13. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù.

Nel caso in cui sia prevista, ai sensi del presente art. 11, l'irrogazione di una sanzione soltanto pecuniaria, ma non il rilascio della concessione in sanatoria, agli atti di cui al primo comma deve essere allegata la prova dell'integrale pagamento della sanzione medesima (15).

La sentenza che accerta la nullità degli atti di cui al primo comma non pregiudica i diritti di garanzia o di servitù acquisiti in base ad un atto iscritto o trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda diretta a far accertare la nullità degli atti.

Se la mancata indicazione in atto degli estremi non sia dipesa dalla insussistenza della concessione al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa.

Le nullità di cui al presente articolo non si applicano agli atti derivanti da procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali. L'aggiudicatario, qualora l'immobile si trovi nelle condizioni di cui all'articolo 13 della presente legge, dovrà presentare domanda di concessione in sanatoria entro 120 giorni dalla notifica del decreto emesso dalla autorità giudiziaria (15/a)] (15/b).

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(15) Comma così modificato dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(15/a) Comma aggiunto dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI. Vedi, anche, l'art. 43, comma 6, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(15/b) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 46 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

18. Lottizzazione.

[Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio.

Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni sono nulli e non possono essere stipulati né trascritti nei pubblici registri immobiliari ove agli atti stessi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti l'area interessata. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano quando i terreni costituiscano pertinenze di edifici censiti nel nuovo catasto edilizio urbano, purché la superficie complessiva dell'area di pertinenza medesima sia inferiore a 5.000 metri quadrati (15/c).

Il certificato di destinazione urbanistica deve essere rilasciato dal sindaco entro il termine perentorio di trenta giorni dalla presentazione della relativa domanda. Esso conserva validità per un anno dalla data di rilascio se, per dichiarazione dell'alienante o di uno dei condividenti, non siano intervenute modificazioni degli strumenti urbanistici.

In caso di mancato rilascio del suddetto certificato nel termine previsto, esso può essere sostituito da una dichiarazione dell'alienante o di uno dei conviventi attestante l'avvenuta presentazione della domanda, nonché la destinazione urbanistica dei terreni secondo gli strumenti urbanistici vigenti o adottati, ovvero l'inesistenza di questi ovvero la prescrizione, da parte dello strumento urbanistico generale approvato, di strumenti attuativi (15/d).

I frazionamenti catastali dei terreni non possono essere approvati dall'ufficio tecnico erariale se non è allegata copia del tipo dal quale risulti, per attestazione degli uffici comunali, che il tipo medesimo è stato depositato presso il comune (15/e).

I pubblici ufficiali che ricevono o autenticano atti aventi per oggetto il trasferimento, anche senza frazionamento catastale, di appezzamenti di terreno di superficie inferiore a diecimila metri quadrati devono trasmettere, entro trenta giorni dalla data di registrazione, copia dell'atto da loro ricevuto o autenticato al sindaco del comune ove è sito l'immobile.

Nel caso in cui il sindaco accerti l'effettuazione di lottizzazione di terreni a scopo edificatorio senza la prescritta autorizzazione, con ordinanza da notificare ai proprietari delle aree ed agli altri soggetti indicati nel primo comma dell'articolo 6, ne dispone la sospensione. Il provvedimento comporta l'immediata interruzione delle opere in corso ed il divieto di disporre dei suoli e delle opere stesse con atti tra vivi, e deve essere trascritto a tal fine nei registri immobiliari (15/cost).

Trascorsi novanta giorni, ove non intervenga la revoca del provvedimento di cui al comma precedente, le aree lottizzate sono acquisite di diritto al patrimonio disponibile del comune il cui sindaco deve provvedere alla demolizione delle opere. In caso di inerzia del sindaco si applicano le disposizioni concernenti i poteri sostitutivi di cui all'articolo 7 (15/cost).

Gli atti aventi per oggetto lotti di terreno, per i quali sia stato emesso il provvedimento previsto dal settimo comma, sono nulli e non possono essere stipulati, né in forma pubblica né in forma privata, dopo la trascrizione di cui allo stesso comma e prima della sua eventuale cancellazione o della sopravvenuta inefficacia del provvedimento del sindaco (15/cost).

Il quarto comma dell'articolo 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (16), modificato dall'articolo 10 della legge 6 agosto 1967, n. 765, è abrogato.

Le disposizioni di cui sopra si applicano agli atti stipulati ed ai frazionamenti presentati ai competenti uffici del catasto dopo l'entrata in vigore della presente legge, e non si applicano comunque alle divisioni ereditarie, alle donazioni fra coniugi e fra parenti in linea retta ed ai testamenti, nonché agli atti costitutivi, modificativi od estintivi di diritti reali di garanzia e di servitù (17)] (17/a).

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(15/c) Comma così sostituito dall'art. 7-bis, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(15/d) Comma così modificato dall'art. 7-bis, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(15/e) Comma così sostituito dall'art. 1, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(15/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 20-26 maggio 1998, n. 187 (Gazz. Uff. 3 giugno 1998, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 18, settimo, ottavo e nono comma, e 19, sollevate in riferimento agli artt. 3, 9, 24, 101, secondo comma, e 102 della Costituzione.

(15/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 20-26 maggio 1998, n. 187 (Gazz. Uff. 3 giugno 1998, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 18, settimo, ottavo e nono comma, e 19, sollevate in riferimento agli artt. 3, 9, 24, 101, secondo comma, e 102 della Costituzione.

(15/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 20-26 maggio 1998, n. 187 (Gazz. Uff. 3 giugno 1998, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 18, settimo, ottavo e nono comma, e 19, sollevate in riferimento agli artt. 3, 9, 24, 101, secondo comma, e 102 della Costituzione.

(16) Riportata al n. A/I.

(17) Comma così modificato dall'art. 7-bis, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI. Vedi, anche, l'art. 2, comma 57, L. 23 dicembre 1996, n. 662, riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato e l'art. 43, comma 6, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(17/a) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 30 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

19. Confisca dei terreni.

[La sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite.

Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione abusiva.

La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari (15/cost)] (17/b).

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(15/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 20-26 maggio 1998, n. 187 (Gazz. Uff. 3 giugno 1998, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 18, settimo, ottavo e nono comma, e 19, sollevate in riferimento agli artt. 3, 9, 24, 101, secondo comma, e 102 della Costituzione.

(17/b) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto.

 

20. Sanzioni penali.

[Salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica:

a) l'ammenda fino a lire 20 milioni per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dalla presente legge, dalla L. 17 agosto 1942, n. 1150 (16), e successive modificazioni e integrazioni, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dalla concessione (17/c);

b) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da lire 10 milioni a lire 100 milioni nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza della concessione o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione;

c) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da lire 30 milioni a lire 100 milioni nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell'articolo 18. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza della concessione (17/d).

Le disposizioni di cui al comma precedente sostituiscono quelle di cui all'articolo 17 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (18)] (18/a).

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(16) Riportata al n. A/I.

(17/c) Lettera così sostituita dall'art. 3, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(17/d) Vedi, anche, l'art. 39, comma 12, L. 23 dicembre 1994, n. 724, riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.

(18) Vedi, anche, l'art. 10 , L. 21 novembre 2000, n. 353.

(18/a) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 44 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

21. Sanzioni a carico dei notai.

[Il ricevimento e l'autenticazione da parte dei notai di atti nulli previsti dagli articoli 17 e 18 e non convalidabili costituisce violazione dell'articolo 28 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, e successive modificazioni, e comporta l'applicazione delle sanzioni previste dalla legge medesima.

Tutti i pubblici ufficiali, ottemperando a quanto disposto dall'articolo 18, sono esonerati da responsabilità inerente al trasferimento o alla divisione dei terreni; l'osservanza della formalità prevista dal sesto comma dello stesso articolo 18 tiene anche luogo del rapporto di cui all'articolo 2 del codice di procedura penale] (18/b).

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(18/b) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 47 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

22. Norme relative all'azione penale.

[L'azione penale relativa alle violazioni edilizie rimane sospesa finché non siano stati esauriti i procedimenti amministrativi di sanatoria di cui al presente capo (18/cost).

Nel caso di ricorso giurisdizionale avverso il diniego della concessione in sanatoria di cui all'articolo 13, l'udienza viene fissata d'ufficio dal presidente del tribunale amministrativo regionale per una data compresa entro il terzo mese dalla presentazione del ricorso.

Il rilascio in sanatoria delle concessioni estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti (19/cost) (20/cost)] (19).

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(18/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 9-22 luglio 1998, n. 309 (Gazz. Uff. 2 settembre 1998, n. 35, Serie speciale), e con ordinanza 19-26 giugno 2000, n. 247 (Gazz. Uff. 5 luglio 2000, n. 28, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, primo comma, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(19/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 18-22 luglio 1996, n. 294 (Gazz. Uff. 14 agosto 1996, n. 33, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte costituzionale, con ordinanza 26-30 aprile 1999, n. 149 (Gazz. Uff. 5 maggio 1999, n. 18, Serie speciale) e con ordinanza 11-21 luglio 2000, n. 327 (Gazz. Uff. 26 luglio 2000, n. 31, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, terzo comma, sollevata in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione.

(20/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 21 febbraio-6 marzo 2001, n. 46 (Gazz. Uff. 14 marzo 2001, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 13 e 22 sollevata in riferimento all'art. 3, primo comma, della Cost.

(19) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 45 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

23. Controlli periodici mediante rilevamenti aerofotogrammetrici.

Le regioni stabiliscono, con proprie leggi, quali aree del territorio debbano essere assoggettate a particolare controllo periodico dell'attività urbanistica ed edilizia anche mediante rilevamenti aerofotogrammetrici, ed il conseguente aggiornamento delle scritture catastali.

Le leggi regionali agevolano altresì la costituzione di consorzi tra comuni per la esecuzione dei rilevamenti e dei controlli di cui al presente articolo.

Lo Stato contribuisce ad integrare i fabbisogni finanziari per l'applicazione delle disposizioni del presente articolo con quota parte degli introiti di competenza statale di cui al capo IV.

Con la legge finanziaria si provvede alla determinazione della quota da destinare alla finalità suddetta.

 

Capo II - Snellimento delle procedure urbanistiche ed edilizie

 

24. Strumenti per cui non è richiesta l'approvazione regionale.

Salvo che per le aree e per gli ambiti territoriali individuati dalle regioni come di interesse regionale in sede di piano territoriale di coordinamento o, in mancanza, con specifica deliberazione, non è soggetto ad approvazione regionale lo strumento attuativo di strumenti urbanistici generali, compresi i piani per l'edilizia economica e popolare nonché i piani per gli insediamenti produttivi.

Le regioni emanano norme cui i comuni debbono attenersi per l'approvazione degli strumenti di cui al comma precedente, al fine di garantire la snellezza del procedimento e le necessarie forme di pubblicità e di partecipazione dei soggetti pubblici e privati. I comuni sono comunque tenuti a trasmettere alla regione, entro sessanta giorni, copia degli strumenti attuativi di cui al presente articolo. Sulle eventuali osservazioni della regione i comuni devono esprimersi con motivazioni puntuali.

 

25. Semplificazione delle procedure.

Le regioni entro centottanta giorni dalla entrata in vigore della presente legge emanano norme che:

a) prevedono procedure semplificate per la approvazione degli strumenti attuativi in variante agli strumenti urbanistici generali;

b) definiscono criteri ed indirizzi per garantire l'unificazione ed il coordinamento dei contenuti dei regolamenti edilizi comunali, nonché per accelerare l'esame delle domande di concessione e di autorizzazione edilizia;

c) prevedono procedure semplificate per la approvazione di varianti agli strumenti urbanistici generali finalizzate all'adeguamento degli standards urbanistici posti da disposizioni statali o regionali.

Le norme di cui al comma precedente devono garantire le necessarie forme di pubblicità e la partecipazione dei soggetti pubblici e privati, nonché i termini, non superiori a centoventi giorni, entro i quali la regione deve comunicare al comune le proprie determinazioni. Trascorsi tali termini i provvedimenti di cui al precedente comma si intendono approvati.

Le varianti agli strumenti urbanistici non sono soggette alla preventiva autorizzazione della regione.

[Le leggi regionali stabiliscono quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti, subordinare a concessione, e quali mutamenti, connessi e non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti siano subordinati ad autorizzazione] (19/a).

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(19/a) Comma prima sostituito dall'art. 4, D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, riportato alla voce Occupazione (Incremento della), nel testo sostituito dall'art. 2, comma 60, L. 23 dicembre 1996, n. 662, riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato e, successivamente, abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente comma sono ora contenute nel comma 2 dell'art. 10 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

26. Opere interne.

[Non sono soggette a concessione né ad autorizzazione le opere interne alle costruzioni che non siano in contrasto con gli strumenti urbanistici adottati o approvati e con i regolamenti edilizi vigenti, non comportino modifiche della sagoma, della costruzione, dei prospetti né aumento delle superfici utili e del numero delle unità immobiliari, non modifichino la destinazione d'uso delle costruzioni e delle singole unità immobiliari, non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile e, per quanto riguarda gli immobili compresi nelle zone indicate alla lettera A dell'articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968 (20), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, rispettino le originarie caratteristiche costruttive. Ai fini dell'applicazione del presente articolo non è considerato aumento delle superfici utili l'eliminazione o lo spostamento di pareti interne o di parti di esse (20/a).

Nei casi di cui al comma precedente, contestualmente all'inizio dei lavori, il proprietario dell'unità immobiliare deve presentare al sindaco una relazione, a firma di un professionista abilitato alla progettazione, che asseveri le opere da compiersi e il rispetto delle norme di sicurezza e delle norme igienico-sanitarie vigenti.

Le sanzioni di cui al precedente articolo 10, ridotte di un terzo, si applicano anche nel caso di mancata presentazione della relazione di cui al precedente comma (20/b).

Le disposizioni di cui ai commi precedenti non si applicano nel caso di immobili vincolati ai sensi delle leggi 1 giugno 1939, n. 1089 (21), e 29 giugno 1939, n. 1497 (21), e successive modificazioni ed integrazioni.

Gli spazi di cui all'articolo 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765, costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli articoli 817, 818 e 819 del codice civile] (22).

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(20) Riportato al n. A/IX.

(20/a) Comma così modificato dall'art. 3-bis, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(20/b) Comma aggiunto dall'art. 3-bis, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(21) Riportata alla voce Antichità, belle arti, mostre d'arte e musei.

(21) Riportata alla voce Antichità, belle arti, mostre d'arte e musei.

(22) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto.

 

27. Demolizione di opere.

[In tutti i casi in cui la demolizione deve avvenire a cura del comune, essa è disposta dal sindaco su valutazione tecnico-economica approvata dalla giunta comunale.

I relativi lavori sono affidati, anche a trattativa privata, ad imprese tecnicamente e finanziariamente idonee iscritte all'albo nazionale dei costruttori, indicate in numero di almeno cinque dal provveditore regionale alle opere pubbliche.

Nel caso di impossibilità di affidamento dei lavori, il sindaco ne dà notizia al prefetto, il quale provvede alla demolizione con i mezzi a disposizione della pubblica amministrazione, ovvero tramite impresa iscritta all'albo nazionale dei costruttori se i lavori non siano eseguibili in gestione diretta.

Il rifiuto ingiustificato da parte dell'impresa di eseguire i lavori comporta la sospensione dall'albo per un anno] (22/a).

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(22/a) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nei commi 1, 2 e 3 dell'art. 41 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 

28. Valore venale dell'immobile.

L'ufficio tecnico erariale è tenuto a determinare, entro centoventi giorni dalla richiesta del comune, il valore venale degli immobili in relazione alla applicazione delle sanzioni previste dalla presente legge.

 

Capo III - Recupero urbanistico di insediamenti abusivi

29. Varianti agli strumenti urbanistici e poteri normativi delle regioni.

Entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge le regioni disciplinano con proprie leggi la formazione, adozione e approvazione delle varianti agli strumenti urbanistici generali finalizzati al recupero urbanistico degli insediamenti abusivi, esistenti al 1 ottobre 1983, entro un quadro di convenienza economica e sociale. Le varianti devono tener conto dei seguenti princìpi fondamentali:

a) realizzare una adeguata urbanizzazione primaria e secondaria;

b) rispettare gli interessi di carattere storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, idrogeologico;

c) realizzare un razionale inserimento territoriale ed urbano dell'insediamento.

La legge regionale stabilisce altresì:

a) i criteri e i termini ai quali devono attenersi i comuni per la individuazione e la perimetrazione degli insediamenti abusivi;

b) i criteri ai quali devono attenersi i comuni qualora gli insediamenti abusivi ricadano in zona dichiarata sismica;

c) i casi in cui la formazione delle varianti è obbligatoria;

d) le procedure per l'approvazione delle varianti, precisando i casi nei quali non è richiesta l'approvazione regionale;

e) i criteri per la formazione di consorzi, anche obbligatori, fra proprietari di immobili;

f) il programma finanziario per la attuazione degli interventi previsti con carattere pluriennale;

g) la definizione degli oneri di urbanizzazione e le modalità di pagamento degli stessi in relazione alla tipologia edilizia, alla destinazione d'uso, alla ubicazione, al convenzionamento, anche mediante atto unilaterale d'obbligo, da parte dei proprietari degli immobili.

Decorso il termine di novanta giorni, di cui al primo comma, e fino alla emanazione delle leggi regionali, gli insediamenti avvenuti in tutto o in parte abusivamente, fermi restando gli effetti della mancata presentazione dell'istanza di sanatoria previsti dall'articolo 40, possono formare oggetto di apposite varianti agli strumenti urbanistici al fine del loro recupero urbanistico, nel rispetto comunque dei princìpi di cui al primo comma e delle previsioni di cui alle lettere e), f) e g) del precedente secondo comma.

Le proposte di varianti di recupero urbanistico possono essere presentate da parte di soggetti pubblici e privati, con allegato un piano di fattibilità tecnico, economico, giuridico e amministrativo, finalizzato al finanziamento, alla realizzazione e alla gestione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e per il recupero urbanistico ed edilizio, volto al raggiungimento della sostenibilità ambientale, economica e sociale, alla coesione degli abitanti dei nuclei edilizi inseriti nelle varianti e alla rivitalizzazione delle aree interessate dall'abusivismo edilizio (22/b).

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(22/b) Comma così sostituito dal comma 42 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

 

30. Facoltà e obblighi dei comuni.

In luogo della indennità di esproprio, i proprietari di lotti di terreno, vincolati a destinazioni pubbliche a seguito delle varianti di cui all'articolo 29, possono chiedere che vengano loro assegnati equivalenti lotti disponibili nell'ambito dei piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 (23), per costruirvi, singolarmente o riuniti in cooperativa, la propria prima abitazione. Per i fini previsti dal presente comma e dal successivo secondo comma, i comuni che procedono all'adozione delle varianti di cui all'articolo 29 devono comunque provvedere, anche se non obbligati ai sensi delle norme vigenti, alla formazione dei piani di zona previsti dalla legge 18 aprile 1962, n. 167 (23), senza tener conto del limite minimo del quaranta per cento di cui all'articolo 2, terzo comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (23/a), ovvero procedere agli opportuni ampliamenti dei piani già approvati. I proprietari di terreni, coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale, possono chiedere al comune, in luogo dell'indennità di esproprio, l'assegnazione in proprietà di equivalenti terreni, facenti parte del patrimonio disponibile delle singole amministrazioni comunali, per continuare l'esercizio dell'attività agricola.

I proprietari degli edifici per i quali è prevista la demolizione possono chiedere l'assegnazione di un lotto nell'ambito dei piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 (23), per costruirvi la propria prima abitazione.

I soggetti abitanti, a titolo di proprietà o di locazione decorrente da data certa, anteriore all'entrata in vigore della presente legge, in edifici, ultimati ai sensi del secondo comma dell'articolo 31 della presente legge, alla data del 1 ottobre 1983, dei quali è prevista la demolizione, a seguito dell'approvazione degli strumenti di recupero urbanistico, sono preferiti, purché abbiano versato i contributi ex Gescal per almeno cinque anni, a parità di punteggio nella graduatoria di assegnazione in locazione di alloggi cui abbiano titolo a norma di legge.

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 (23) Riportata alla voce Case popolari ed economiche.

(23/a) Riportata al n. A/XXII.

 

Capo IV - Opere sanabili. Soggetti legittimati. Conservazione dei rapporti sorti sulla base di decreti-legge non convertiti (23/b) (23/cost)

 

 

31. Sanatoria delle opere abusive.

Possono, su loro richiesta, conseguire la concessione o la autorizzazione in sanatoria i proprietari di costruzioni e di altre opere che risultino essere state ultimate entro la data del 1 ottobre 1983 ed eseguite:

a) senza licenza o concessione edilizia o autorizzazione a costruire prescritte da norme di legge o di regolamento, ovvero in difformità dalle stesse;

b) in base a licenza o concessione edilizia o autorizzazione annullata, decaduta o comunque divenuta inefficace, ovvero nei cui confronti sia in corso procedimento di annullamento o di declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o amministrativa.

Ai fini delle disposizioni del comma precedente, si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente.

Alla richiesta di sanatoria ed agli adempimenti relativi possono altresì provvedere coloro che hanno titolo, ai sensi della L. 28 gennaio 1977, n. 10 (24), a richiedere la concessione edilizia o l'autorizzazione nonché, salvo rivalsa nei confronti del proprietario, ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria medesima.

Conservano efficacia gli atti ed i provvedimenti adottati in applicazione delle disposizioni dell'art. 6 del D.L. 31 luglio 1982, n. 486 (25), dell'art. 9 del D.L. 30 settembre 1982, n. 688 (25/a), e del D.L. 5 ottobre 1983, n. 529 (25), non convertiti in legge. Restano fermi i rapporti giuridici sorti sulla base delle medesime disposizioni anche ai fini dei provvedimenti che i comuni, in ordine alle richieste di sanatoria già presentate, devono adottare per la definitiva determinazione della oblazione ai sensi della presente legge.

Per le opere ultimate anteriormente al 1 settembre 1967 per le quali era richiesto, ai sensi dell'art. 31, primo comma, della L. 17 agosto 1942, n. 1150, e dei regolamenti edilizi comunali, il rilascio della licenza di costruzione, i soggetti di cui ai commi primo e terzo del presente articolo conseguono la concessione in sanatoria previo pagamento, a titolo di oblazione, della somma determinata a norma dell'articolo 34 della presente legge (26) (23/cost).

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(23/b) Vedi, anche, l'art. 39, L. 23 dicembre 1994, n. 724, l'art. 2, commi 40, 41 e 42, L. 23 dicembre 1996, n. 662 e il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(24) Riportata al n. A/XXII.

(25) Il D.L. 31 luglio 1982, n. 486 e il D.L. 5 ottobre 1983, n. 529, non sono stati convertiti in legge.

(25/a) Riportato alla voce Imposte e tasse in genere.

(25) Il D.L. 31 luglio 1982, n. 486 e il D.L. 5 ottobre 1983, n. 529, non sono stati convertiti in legge.

(26) Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

32. Opere costruite su aree sottoposte a vincolo.

1. Fatte salve le fattispecie previste dall'articolo 33, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Qualora tale parere non venga formulato dalle suddette amministrazioni entro centottanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere, il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto. Il rilascio del titolo abilitativo edilizio estingue anche il reato per la violazione del vincolo. Il parere non è richiesto quando si tratti di violazioni riguardanti l'altezza, i distacchi, la cubatura o la superficie coperta che non eccedano il 2 per cento delle misure prescritte.

2. Sono suscettibili di sanatoria, alle condizioni sottoindicate, le opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione e che risultino:

a) in difformità dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64, e successive modificazioni, e dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, quando possano essere collaudate secondo il disposto del quarto comma dell'articolo 35;

b) in contrasto con le norme urbanistiche che prevedono la destinazione ad edifici pubblici od a spazi pubblici, purché non in contrasto con le previsioni delle varianti di recupero di cui al capo III;

c) in contrasto con le norme del D.M. 1° aprile 1968, n. 1404, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 13 aprile 1968, e con gli articoli 16, 17 e 18 della legge 13 giugno 1991, n. 190, e successive modificazioni, sempre che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico.

3. Qualora non si verifichino le condizioni di cui al comma 2, si applicano le disposizioni dell'articolo 33.

4. Ai fini dell'acquisizione del parere di cui al comma 1 si applica quanto previsto dall'articolo 20, comma 6, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Il motivato dissenso espresso da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, ivi inclusa la soprintendenza competente, alla tutela del patrimonio storico artistico o alla tutela della salute preclude il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria.

5. Per le opere eseguite da terzi su aree di proprietà di enti pubblici territoriali, in assenza di un titolo che abiliti al godimento del suolo, il rilascio della concessione o dell'autorizzazione in sanatoria è subordinato anche alla disponibilità dell'ente proprietario a concedere onerosamente, alle condizioni previste dalle leggi statali o regionali vigenti, l'uso del suolo su cui insiste la costruzione. La disponibilità all'uso del suolo, anche se gravato di usi civici, viene espressa dagli enti pubblici territoriali proprietari entro il termine di centottanta giorni dalla richiesta. La richiesta di disponibilità all'uso del suolo deve essere limitata alla superficie occupata dalle costruzioni oggetto della sanatoria e alle pertinenze strettamente necessarie, con un massimo di tre volte rispetto all'area coperta dal fabbricato. Salve le condizioni previste da leggi regionali, il valore è stabilito dalla filiale dell'Agenzia del demanio competente per territorio per gli immobili oggetto di sanatoria ai sensi della presente legge e dell'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, con riguardo al valore del terreno come risultava all'epoca della costruzione aumentato dell'importo corrispondente alla variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, al momento della determinazione di detto valore. L'atto di disponibilità, regolato con convenzione di cessione del diritto di superficie per una durata massima di anni sessanta, è stabilito dall'ente proprietario non oltre sei mesi dal versamento dell'importo come sopra determinato.

6. Per le costruzioni che ricadono in aree comprese fra quelle di cui all'art. 21 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, il rilascio della concessione o della autorizzazione in sanatoria è subordinato alla acquisizione della proprietà dell'area stessa previo versamento del prezzo, che è determinato dall'Agenzia del territorio in rapporto al vantaggio derivante dall'incorporamento dell'area.

7. Per le opere non suscettibili di sanatoria ai sensi del presente articolo si applicano le sanzioni previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (27) (23/cost).

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(27) Articolo prima modificato dall'art. 4, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, dagli artt. 2 e 12, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, dall'art. 39, L. 23 dicembre 1994, n. 724, dall'art. 2, commi 43 e 44, L. 23 dicembre 1996, n. 662 e poi così sostituito dal comma 43 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, il comma 25 dello stesso articolo 32.

(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

33. Opere non suscettibili di sanatoria.

Le opere di cui all'articolo 31 non sono suscettibili di sanatoria quando siano in contrasto con i seguenti vincoli, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse:

a) vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici;

b) vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali;

c) vincoli imposti a tutela di interessi della difesa militare e della sicurezza interna;

d) ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree.

Sono altresì escluse dalla sanatoria le opere realizzate su edifici ed immobili assoggettati alla tutela della L. 1 giugno 1939, n. 1089, e che non siano compatibili con la tutela medesima.

Per le opere non suscettibili di sanatoria ai sensi del presente articolo si applicano le sanzioni previste dal capo I (28).

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(28) Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

 

34. Somma da corrispondere a titolo di oblazione.

I soggetti di cui al primo e terzo comma dell'articolo 31 hanno titolo, fermo il disposto di cui all'articolo 37, a conseguire la concessione o l'autorizzazione in sanatoria delle opere abusive previo versamento all'erario, a titolo di oblazione, di una somma determinata, con riferimento alla parte abusivamente realizzata, secondo le prescrizioni dell'allegata tabella, in relazione al tipo di abuso commesso e al tempo in cui l'opera abusiva è stata ultimata.

Salvo i casi di cui al quinto comma del presente articolo, la somma dovuta a titolo di oblazione di cui all'allegata tabella è moltiplicata per 1,2, per 2 o per 3, a seconda che le opere abusive abbiano una superficie complessiva superiore, rispettivamente, a 400, 800 o 1.200 metri quadrati.

Qualora l'opera abusiva sia stata eseguita od acquistata al solo scopo di essere destinata a prima abitazione del richiedente la sanatoria e questi vi risieda all'atto dell'entrata in vigore della presente legge, la somma dovuta a titolo di oblazione è ridotta di un terzo. Tale riduzione si applica anche ai casi in cui l'alloggio destinato a prima abitazione, ancorché ultimato ai sensi del secondo comma dell'articolo 31 della presente legge, non sia ancora abitabile. Sono escluse da tale agevolazione le abitazioni qualificate di lusso ai sensi del decreto ministeriale 2 agosto 1969 (29), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, nonché quelle classificate catastalmente nella categoria A/1. Tale agevolazione si applica per i primi 150 metri quadrati di superficie complessiva.

Qualora ricorrano le condizioni e non sussistano le esclusioni di cui al comma precedente, i soggetti che stipulino con il comune la convenzione o sottoscrivano l'atto unilaterale d'obbligo di cui agli articoli 7 e 8 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (29/a), sono tenuti alla corresponsione dell'oblazione nella misura del 50 per cento di quella determinata ai sensi del terzo comma del presente articolo (30).

Qualora l'opera abusiva sia stata eseguita od acquisita nel territorio del comune ove il richiedente la sanatoria abbia la residenza, o in comune contermine, per essere adibita a prima abitazione di parenti di primo grado, l'ammontare dell'oblazione è ridotto nelle misure indicate ai commi terzo e quarto, sempre che non sussistano le esclusioni di cui ai medesimi commi e venga sottoscritto atto unilaterale d'obbligo ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 7 della L. 28 gennaio 1977, n. 10 (30/a).

Le disposizioni del terzo comma si applicano anche in caso di ampliamento della abitazione e di effettuazione degli interventi di cui alle lettere c) e d) dell'art. 21, primo comma, della L. 5 agosto 1978, n. 457, sempre che ricorrano le condizioni di cui allo stesso terzo comma (30/a).

Nei casi appresso indicati gli importi di cui all'allegata tabella sono ridotti del 50 per cento e l'oblazione è determinata come segue:

a) è ridotta di un terzo qualora le opere abusive riguardino costruzioni o impianti destinati all'attività industriale o artigianale con una superficie coperta complessiva inferiore a 3.000 metri quadrati; è invece moltiplicata per 1,5 qualora tale superficie sia superiore a 6.000 metri quadrati;

b) è ridotta di un terzo qualora le opere abusive riguardino costruzioni destinate ad attività di commercio con una superficie complessiva inferiore a 50 metri quadrati o con l'eventuale superficie minima prevista a norma di legge; è invece moltiplicata per 1,5 o per 2 qualora tale superficie sia superiore, rispettivamente, a 500 metri quadrati o a 1.500 metri quadrati;

c) è ridotta di un terzo qualora l'opera abusiva sia destinata ad attività sportiva, culturale o sanitaria, o ad opere religiose o a servizio di culto (30/b);

d) è ridotta di un terzo qualora l'opera abusiva sia destinata ad attività turistico-ricettiva o agri-turistica ed abbia una superficie utile complessiva non superiore a 500 metri quadrati; è invece moltiplicata per 1,5 qualora tale superficie sia superiore a 800 metri quadrati;

e) è ridotta del 50 per cento qualora l'opera abusiva sia realizzata nelle zone agricole in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze produttive dei coltivatori diretti o degli imprenditori agricoli a titolo principale (30/c) (23/cost).

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(29) Riportato alla voce Case popolari ed economiche.

(29/a) Riportata al n. A/XXII.

(30) Comma così modificato dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI. Per la proroga del termine al 31 marzo 1986 e per le relative modalità, vedi l'art. 1, D.L. 20 novembre 1985, n. 656, riportato al n. A/XXVIII. Per una ulteriore proroga, vedi l'art. 1, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(30/a) Comma aggiunto dall'art. 3, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX. Vedi, anche, l'art. 2, comma 39, L. 23 dicembre 1996, n. 662.

(30/a) Comma aggiunto dall'art. 3, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX. Vedi, anche, l'art. 2, comma 39, L. 23 dicembre 1996, n. 662.

(30/b) Per l'aumento della riduzione al 50%, vedi l'art. 39, L. 23 dicembre 1994, n. 724.

(30/c) Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

35. Procedimento per la sanatoria.

La domanda di concessione o di autorizzazione in sanatoria deve essere presentata al comune interessato entro il termine perentorio del 30 novembre 1985 (30/d). La domanda è corredata dalla prova dell'eseguito versamento dell'oblazione, nella misura dovuta secondo l'allegata tabella, ovvero di una somma pari ad un terzo dell'oblazione, quale prima rata.

Per le costruzioni ed altre opere, ultimate entro il 1 ottobre 1983, la cui licenza, concessione od autorizzazione venga annullata, ovvero dichiarata decaduta o inefficace successivamente all'entrata in vigore della presente legge, il decorso del termine di centoventi giorni inizia dal giorno della notificazione o comunicazione alla parte interessata del relativo provvedimento.

Alla domanda devono essere allegati (30/e):

a) una descrizione delle opere per le quali si chiede la concessione o l'autorizzazione in sanatoria;

b) una apposita dichiarazione, corredata di documentazione fotografica, dalla quale risulti lo stato dei lavori relativi; quando l'opera abusiva supera i 450 metri cubi, devono altresì essere presentati, entro il termine stabilito per il versamento della seconda rata della oblazione, una perizia giurata sulle dimensioni e sullo stato delle opere e una certificazione redatta da un tecnico abilitato all'esercizio della professione attestante l'idoneità statica delle opere eseguite (30/f). Qualora l'opera per la quale viene presentata istanza di sanatoria sia stata in precedenza collaudata, tale certificazione non è necessaria se non è oggetto di richiesta motivata da parte del sindaco (30/g);

c) un certificato di residenza, di data non anteriore a tre mesi nell'ipotesi di cui al terzo comma dell'articolo 34, nonché copia della dichiarazione dei redditi nell'ipotesi di cui al primo e al secondo comma dell'articolo 36;

d) un certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di data non anteriore a tre mesi, da cui risulti che la sede dell'impresa è situata nei locali per i quali si chiede la concessione in sanatoria, nelle ipotesi previste dal quinto comma dell'articolo 34;

e) (30/h).

Con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro per il coordinamento della protezione civile, sono determinati entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, gli accertamenti da eseguire al fine della certificazione di cui alla lettera b) del comma precedente anche in deroga alla legge 9 luglio 1908, n. 445, e successive modificazioni, alla legge 5 novembre 1971, n. 1086, alla legge 2 febbraio 1974, n. 64 (31), e alla legge 14 maggio 1981, n. 219 (31), e relative norme tecniche. Con lo stesso decreto possono essere previste deroghe anche alle disposizioni della legge 2 febbraio 1974, n. 64 (31), riguardanti le altezze degli edifici anche in rapporto alla larghezza stradale e sono determinate altresì le disposizioni per l'adeguamento antisismico degli edifici, tenuto conto dei criteri tecnici già stabiliti con le ordinanze concernenti la riparazione degli immobili colpiti dal terremoto (32). Per le costruzioni realizzate prima della dichiarazione di sismicità della zona, gli accertamenti sono eseguiti senza tener conto della dichiarazione stessa (32/a).

Nei casi di non idoneità statica delle costruzioni esistenti in zone non dichiarate sismiche deve altresì essere presentato al comune un progetto di completo adeguamento redatto da un professionista abilitato ai sensi della legge 2 febbraio 1974, n. 64, da realizzare entro tre anni dalla data di presentazione della domanda di concessione in sanatoria. In tal caso la certificazione di cui alla lettera b) del terzo comma deve essere presentata al comune entro trenta giorni dalla data dell'ultimazione dell'intervento di adeguamento (32/b).

Nei casi di costruzioni di cui all'articolo 1 della legge 5 novembre 1971, n. 1086, deve essere effettuato il deposito del progetto di completo adeguamento nei termini e nei modi prescritti dagli articoli 4 e 7 della legge medesima. Il certificato di idoneità statica è depositato negli stessi termini quando non occorra procedere all'adeguamento; negli altri casi, nel termine di cui al comma precedente (32/b).

Per le costruzioni eseguite nei comuni dichiarati sismici dopo la realizzazione delle costruzioni stesse si applicano le disposizioni di cui al precedente comma e per esse non si tiene conto delle disposizioni in materia, ai sensi dell'art. 2 del D.L. 20 novembre 1985, n. 656, convertito dalla L. 24 dicembre 1985, n. 780 (32/b).

Per le costruzioni eseguite nelle zone sottoposte a vincolo sismico prima della realizzazione delle costruzioni stesse, nel progetto di adeguamento, da redigersi in caso di inidoneità sismica delle strutture e da presentarsi al comune prima dell'inizio dei lavori, si deve tener conto, qualunque sia la loro volumetria, del grado di sismicità della zona su cui esse sorgono, tenendo presenti le disposizioni emanate con il decreto di cui al quarto comma. Per l'esecuzione dei suddetti lavori di adeguamento, da completarsi entro tre anni dalla data di presentazione della domanda di concessione in sanatoria, non occorre alcuna autorizzazione da parte dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo sismico. Nella fattispecie, la certificazione, da presentare al comune entro trenta giorni dalla data di ultimazione dell'intervento, con la quale l'idoneità sismica della costruzione viene attestata da un professionista abilitato, sostituisce a tutti gli effetti il certificato prescritto dalle disposizioni vigenti in materia sismica (32/c).

Il rilascio della concessione o dell'autorizzazzione in sanatoria, qualsivoglia sia la struttura della costruzione, è subordinato, per quanto riguarda il vincolo sismico, soltanto al deposito presso l'amministrazione preposta alla tutela del vincolo stesso sia dell'eventuale progetto di adeguamento prima dell'inizio dei lavori che della predetta certificazione di idoneità sismica entro trenta giorni dalla data di ultimazione dei lavori stessi. Una copia di quest'ultima con l'attestazione dell'avvenuto deposito verrà restituita all'interessato (32/c).

Le disposizioni di cui ai commi precedenti valgono anche per quelle costruzioni in zona sismica per le quali il reato è stato dichiarato estinto per qualsiasi causa. Ove all'adeguamento sismico prescritto non si provveda nei termini previsti dalla legge il sindaco, ha facoltà di fare eseguire i lavori in danno degli inadempienti (32/c).

Entro centoventi giorni dalla presentazione della domanda, l'interessato integra, ove necessario, la domanda a suo tempo presentata e provvede a versare la seconda rata dell'oblazione dovuta, pari ad un terzo dell'intero, maggiorato del 10 per cento, in ragione d'anno. La terza e ultima rata, maggiorata del 10 per cento, è versata entro i successivi sessanta giorni (32/d).

Per le costruzioni ed altre opere di cui al primo comma dell'art. 31, realizzate in comprensori la cui lottizzazione sarebbe dovuta avvenire a norma dell'art. 8 della legge 6 agosto 1967, n. 765 (33), il versamento dovuto per l'oblazione di cui all'art. 31 non costituisce titolo per ottenere il rilascio della concessione edilizia in sanatoria, che resta subordinata anche all'impegno di partecipare pro quota agli oneri di urbanizzazione dell'intero comprensorio in sede di stipula della convenzione.

Decorsi centoventi giorni dalla presentazione della domanda e, comunque, dopo il versamento della seconda rata dell'oblazione, il presentatore dell'istanza di concessione o autorizzazione in sanatoria può completare sotto la propria responsabilità le opere di cui all'articolo 31 non comprese tra quelle indicate dall'articolo 33. A tal fine l'interessato notifica al comune il proprio intendimento, allegando perizia giurata ovvero documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi, ed inizia i lavori non prima di trenta giorni dalla data della notificazione. L'avvenuto versamento della prima e della seconda rata, seguito da garanzia fideiussoria per il residuo, abilita gli istituti di credito a concedere mutui fondiari ed edilizi. I lavori per il completamento delle opere di cui all'articolo 32 possono essere eseguiti solo dopo che siano stati espressi i pareri delle competenti amministrazioni. I lavori per il completamento delle opere di cui al quarto comma dell'articolo 32 possono essere eseguiti solo dopo che sia stata dichiarata la disponibilità dell'ente proprietario a concedere l'uso del suolo.

Il sindaco, esaminata la domanda di concessione o di autorizzazione, previ i necessari accertamenti, invita, ove lo ritenga necessario, l'interessato a produrre l'ulteriore documentazione; quindi determina in via definitiva l'importo dell'oblazione e rilascia, salvo in ogni caso il disposto dell'articolo 37, la concessione o l'autorizzazione in sanatoria contestualmente alla esibizione da parte dell'interessato della ricevuta del versamento all'erario delle somme a conguaglio nonché della prova dell'avvenuta presentazione all'ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria ai fini dell'accatastamento (32/c) (33/a).

Il diniego di sanatoria è notificato al richiedente.

Ogni controversia relativa all'oblazione è devoluta alla competenza dei tribunali amministrativi regionali, i quali possono disporre dei mezzi di prova previsti dall'articolo 16 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (33/b).

Fermo il disposto del primo comma dell'articolo 40 e con l'esclusione dei casi di cui all'articolo 33, decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest'ultima si intende accolta ove l'interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed alla presentazione all'ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all'accatastamento. Trascorsi trentasei mesi si prescrive l'eventuale diritto al conguaglio o al rimborso spettanti (33/a).

Nelle ipotesi previste nell'articolo 32 il termine di cui al dodicesimo comma del presente articolo decorre dall'emissione del parere previsto dal primo comma dello stesso articolo 32.

A seguito della concessione o autorizzazione in sanatoria viene altresì rilasciato il certificato di abitabilità o agibilità anche in deroga ai requisiti fissati da norme regolamentari, qualora le opere sanate non contrastino con le disposizioni vigenti in materia di sicurezza statica, attestata dal certificato di idoneità di cui alla lettera b) del terzo comma e di prevenzione degli incendi e degli infortuni (33/c) (33/cost).

Le modalità di versamento dell'oblazione sono determinate con decreto del Ministro delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge (33/d).

Qualora dall'esame della documentazione risulti un credito a favore del presentatore della domanda di concessione in sanatoria, certificato con l'attestazione rilasciata dal sindaco, interessato può presentare istanza di rimborso all'intendenza di finanza territorialmente competente (33/e) (33/f) (23/cost).

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(30/d) Comma così modificato dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI. Per la proroga del termine al 31 marzo 1986 e per le relative modalità vedi l'art. 1, D.L. 20 novembre 1985, n. 656, riportato al n. A/XXVIII. Per una ulteriore proroga, vedi l'art. 1, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(30/e) Per quanto riguarda la documentazione prevista dal presente comma, vedi l'art. 39, comma 4, L. 23 dicembre 1994, n. 724, riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.

(30/f) Comma così modificato dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI. Per la proroga del termine al 31 marzo 1986 e per le relative modalità vedi l'art. 1, D.L. 20 novembre 1985, n. 656, riportato al n. A/XXVIII. Per una ulteriore proroga, vedi l'art. 1, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(30/g) Periodo aggiunto dall'art. 4, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(30/h) Lettera soppressa dall'art. 4, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(31) Riportata alla voce Terremoti.

(32) Gli attuali primi due periodi così sostituiscono l'originario primo periodo per effetto dell'art. 4, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(32/a) Periodo aggiunto dall'art. 2, D.L. 20 novembre 1985, n. 656, riportato al n. A/XXVIII.

(32/b) Gli attuali commi dal quinto al decimo così sostituiscono il comma quinto per effetto dell'art. 4, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(32/b) Gli attuali commi dal quinto al decimo così sostituiscono il comma quinto per effetto dell'art. 4, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(32/b) Gli attuali commi dal quinto al decimo così sostituiscono il comma quinto per effetto dell'art. 4, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(32/c) Gli attuali commi dal quinto al decimo così sostituiscono il comma quinto per effetto dell'art. 4, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(32/c) Gli attuali commi dal quinto al decimo così sostituiscono il comma quinto per effetto dell'art. 4, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(32/c) Gli attuali commi dal quinto al decimo così sostituiscono il comma quinto per effetto dell'art. 4, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(32/d) Comma così modificato dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(33) Riportata al n. A/V.

(32/c) Gli attuali commi dal quinto al decimo così sostituiscono il comma quinto per effetto dell'art. 4, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/ XXIX.

(33/a) Comma così modificato dall'art. 4, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. a/XXIX.

(33/b) Riportata al n. A/XXII.

(33/a) Comma così modificato dall'art. 4, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(33/c) Comma così sostituito dall'art. 4, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(33/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 10-18 luglio 1996, n. 256 (Gazz. Uff. 31 luglio 1996, n. 31, Serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 38 e 35, ventesimo comma, sollevata in riferimento all'art. 32, primo comma, della Costituzione.

(33/d) Vedi il D.M. 16 aprile 1985, riportato al n. A/XXV.

(33/e) Comma aggiunto dall'art. 4, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(33/f) Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

36. Rateizzazione.

Nella ipotesi di cui al terzo e quarto comma dell'articolo 34 i soggetti che posseggono, alla data di entrata in vigore della presente legge, i requisiti di reddito per essere assegnatari in locazione di un alloggio di edilizia pubblica sovvenzionata, possono, allegando l'ultima dichiarazione dei redditi presentata da ciascun componente del nucleo familiare, versare all'atto della presentazione della domanda la prima rata in misura pari ad un ventesimo dell'oblazione determinata secondo il disposto dei menzionati commi. La restante parte dell'oblazione, determinata in via provvisoria, è suddivisa fino ad un massimo di diciannove rate trimestrali di eguale importo (33/g).

Nella ipotesi di cui al terzo e al quarto comma dell'articolo 34 i soggetti che posseggono, alla data di entrata in vigore della presente legge, i requisiti di reddito per accedere ai mutui agevolati dell'edilizia residenziale pubblica possono versare la prima rata in misura pari ad un dodicesimo di quella dell'oblazione determinata secondo il disposto dei menzionati commi. La restante parte dell'oblazione è suddivisa fino ad un massimo di undici rate trimestrali di eguale importo (33/h).

Per coloro che godono delle agevolazioni di cui ai commi precedenti, le rate successive alla prima sono maggiorate del tasso di interesse del 10 per cento in ragione d'anno (33/i).

Le rate di cui ai commi precedenti non possono comunque essere inferiori a lire 150.000.

Il nominativo dei beneficiari è trasmesso dal comune al Ministero delle finanze per l'inserimento nelle categorie di cui ai decreti concernenti i criteri per l'effettuazione dei controlli fiscali globali (33/l).

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(33/g) Comma così sostituito dall'art. 5, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(33/h) Comma così sostituito dall'art. 5, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(33/i) Comma così sostituito dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(33/l) Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

 

37. Contributo di concessione.

Il versamento dell'oblazione non esime i soggetti di cui all'art. 31, primo e terzo comma, alla corresponsione al comune, ai fini del rilascio della concessione, del contributo previsto dall'art. 3 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, ove dovuto.

Le regioni possono modificare, ai fini della sanatoria, le norme di attuazione degli articoli 5, 6 e 10, L. 28 gennaio 1977, n. 10, la misura del contributo di concessione, in relazione alla tipologia delle costruzioni, alla loro destinazione d'uso ed alla loro localizzazione in riferimento all'ampiezza e all'andamento demografico dei comuni, nonché alle loro caratteristiche geografiche, non può risultare inferiore al 50 per cento di quello determinato secondo le disposizioni vigenti all'entrata in vigore della presente legge (33/m).

Le regioni possono inoltre prevedere la corresponsione di un contributo ai fini del rilascio della concessione in sanatoria per opere realizzate dopo il 1° settembre 1967 e prima del 30 gennaio 1977, in misura non superiore, comunque, a quello previsto per le opere di urbanizzazione; sempreché tali opere non siano state già eseguite a cura e spese degli interessati. A scomputo totale o parziale della quota dovuta il concessionario, o i concessionari eventualmente riuniti in consorzio, possono obbligarsi a realizzare direttamente opere di urbanizzazione indicate dal comune, con le modalità e le garanzie da questo stabilite.

Il potere di legiferare ai sensi del secondo e terzo comma è esercitato entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge; decorso inutilmente tale termine si applicano le norme vigenti all'entrata in vigore della presente legge (33/n) (33/o).

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(33/m) Comma così modificato dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI. Vedi, anche, il comma 34 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(33/n) Comma così modificato dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(33/o) Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

 

38. Effetti della oblazione e della concessione in sanatoria.

La presentazione entro il termine perentorio della domanda di cui all'articolo 31, accompagnata dalla attestazione del versamento della somma di cui al primo comma dell'articolo 35, sospende il procedimento penale e quello per le sanzioni amministrative (34).

L'oblazione interamente corrisposta estingue i reati di cui all'articolo 41 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (34/a), e successive modificazioni, e all'articolo 17 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (34/b), come modificato dall'art. 20 della presente legge, nonché quelli di cui all'art. 221 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 (35), e agli articoli 13, primo comma, 14, 15, 16 e 17 della legge 5 novembre 1971, n. 1086. Essa estingue altresì i reati di cui all'articolo 20 della legge 2 febbraio 1974, n. 64, nonché i procedimenti di esecuzione delle sanzioni amministrative. Qualora l'immobile appartenga a più proprietari, l'oblazione versata da uno di essi estingue il reato anche nei confronti degli altri comproprietari (35/a) (35/b).

Ove nei confronti del richiedente la sanatoria sia intervenuta sentenza definitiva di condanna per i reati previsti dal comma precedente, viene fatta annotazione della oblazione nel casellario giudiziale. In tale caso non si tiene conto della condanna ai fini dell'applicazione della recidiva e del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Concessa la sanatoria, non si applicano le sanzioni amministrative, ivi comprese le pene pecuniarie e le sovrattasse previste per le violazioni delle disposizioni in materia di imposte sui redditi relativamente ai fabbricati abusivamente eseguiti, sempre che le somme dovute a titolo di oblazione siano state corrisposte per intero. Copia del provvedimento di sanatoria viene trasmessa dal sindaco al competente ufficio distrettuale delle imposte dirette (35/c).

I soggetti indicati all'articolo 6 della presente legge, diversi dal proprietario, che intendano fruire dei benefìci penali di cui al presente articolo ovvero di quelli di cui al successivo articolo 39, devono presentare al comune autonoma domanda di oblazione, con le modalità di cui all'articolo 35.

La somma dovuta viene determinata nella misura del 30 per cento rispetto a quella applicabile al proprietario ai sensi dell'articolo 34.

Si applicano le procedure previste dagli articoli 35 e 36 (35/d) (33/cost).

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(34) Vedi il D.M. 16 aprile 1985, riportato al n. A/XXV.

(34/a) Riportata al n. A/I.

(34/b) Riportata al n. A/XXV.

(35) Riportato alla voce Sanità pubblica.

(35/a) Comma così sostituito dall'art. 5, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI. Per l'interpretazione autentica del presente comma, vedi l'art. 24, L. 30 aprile 1999, n. 136, riportata alla voce Case popolari ed economiche.

(35/b) Gli ultimi due periodi sono stati aggiunti dall'art. 6, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(35/c) Periodo aggiunto dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(35/d) Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(33/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 10-18 luglio 1996, n. 256 (Gazz. Uff. 31 luglio 1996, n. 31, Serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 38 e 35, ventesimo comma, sollevata in riferimento all'art. 32, primo comma, della Costituzione.

 

39. Effetti del diniego di sanatoria.

L'effettuazione dell'oblazione, qualora le opere non possano conseguire la sanatoria, estingue i reati contravvenzionali, di cui all'articolo 38. Le sanzioni amministrative consistenti nel pagamento di una somma di danaro sono ridotte in misura corrispondente all'oblazione versata se l'interessato dichiari di rinunciare al rimborso (35/e) (23/cost).

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(35/e) Così modificato dall'art. 6, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI. Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

40. Mancata presentazione dell'istanza.

Se nel termine prescritto non viene presentata la domanda di cui all'art. 31 per opere abusive realizzate in totale difformità o in assenza della licenza o concessione, ovvero se la domanda presentata, per la rilevanza delle omissioni o delle inesattezze riscontrate, deve ritenersi dolosamente infedele, si applicano le sanzioni di cui al capo I. Le stesse sanzioni si applicano se, presentata la domanda, non viene effettuata la oblazione dovuta. [In ogni altra ipotesi di abusivismo, la presentazione della domanda dopo il termine del 30 settembre 1986, e comunque non oltre il 31 marzo 1987, comporta il pagamento di una somma pari al doppio dell'oblazione] (35/f) (35/g).

Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'articolo 31 ovvero se agli atti stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione di cui al sesto comma dell'articolo 35. Per le opere iniziate anteriormente al 1 settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15 (36), attestante che l'opera risulti iniziata in data anteriore al 1 settembre 1967. Tale dichiarazione può essere ricevuta e inserita nello stesso atto, ovvero in documento separato da allegarsi all'atto medesimo. Per gli edifici di proprietà comunale, in luogo degli estremi della licenza edilizia o della concessione di edificare, possono essere prodotti quelli della deliberazione con la quale il progetto è stato approvato o l'opera autorizzata (36/a).

Se la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti, rispettivamente da indicarsi o da allegarsi, non sia dipesa dall'insussistenza della licenza o della concessione o dalla inesistenza della domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, ovvero dal fatto che la costruzione sia stata iniziata successivamente al 1 settembre 1967, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa o al quale siano allegate la dichiarazione sostitutiva di atto notorio o la copia della domanda indicate al comma precedente (36/b).

Si applica in ogni caso il disposto del terzo comma dell'articolo 17 e del primo comma dell'art. 21 (36/c).

Le nullità di cui al secondo comma del presente articolo non si applicano ai trasferimenti derivanti da procedure esecutive immobiliari individuali o concorsuali nonché a quelli derivanti da procedure di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta amministrativa (36/d).

Nella ipotesi in cui l'immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall'atto di trasferimento dell'immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all'entrata in vigore della presente legge (36/e) (36/f) (23/cost).

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(35/f) Comma così modificato dall'art. 8-bis, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI e dall'art. 1, D.L. 20 novembre 1985, n. 656, riportato al n. A/XXVIII.

(35/g) Periodo abrogato dall'art. 1, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(36) Riportata alla voce Documentazioni amministrative e legalizzazione di firme.

(36/a) Comma così modificato dall'art. 8-bis, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI e dall'art. 7, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX. Vedi, anche, l'art. 2, commi 57 e 58, L. 23 dicembre 1996, n. 662, riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.

(36/b) Comma così sostituito dall'art. 8-bis, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(36/c) Comma così modificato dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(36/d) Comma aggiunto dall'art. 8-bis, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI. L'ultimo comma è stato poi così sostituito dall'art. 7, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX. Vedi, anche, l'art. 2, comma 59, L. 23 dicembre 1996, n. 662, riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.

(36/e) Comma aggiunto dall'art. 8-bis, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI. L'ultimo comma è stato poi così sostituito dall'art. 7, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX. Vedi, anche, l'art. 2, comma 59, L. 23 dicembre 1996, n. 662, riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato e l'art. 43, comma 6, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(36/f) Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

 

41. Esecuzione delle sanzioni ai fini della commerciabilità dei beni.

Ai fini della commerciabilità dei beni, possono essere stipulati gli atti aventi per oggetto diritti reali relativi ad immobili la cui costruzione sia stata iniziata successivamente al 1 settembre 1967 per i quali sia esibita idonea certificazione rilasciata dall'autorità competente che attesti l'avvenuto integrale adempimento delle prescrizioni dei provvedimenti sanzionatori adottati ai sensi dell'art. 41 della L. 17 agosto 1942, n. 1150, modificato dall'art. 13 della L. 6 agosto 1967, n. 765 (37), per il caso di opere eseguite senza la licenza di costruzione o in base a licenza annullata, e ai sensi del nono comma dell'art. 15 della L. 28 gennaio 1977, n. 10. Degli estremi dei documenti esibiti dovrà farsi menzione in atto; si applica in ogni caso il disposto dell'ultimo comma dell'art. 17 e del primo comma dell'art. 21 della presente legge (38).

Il pagamento delle sanzioni pecuniarie produce gli effetti di cui al penultimo comma dell'articolo 35.

La certificazione di cui al primo comma è rilasciata dalla competente autorità entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, trascorso inutilmente tale termine, essa può essere sostituita da una dichiarazione dell'alienante attestante l'avvenuto integrale adempimento delle prescrizioni dei provvedimenti di cui al primo comma, accompagnata dalla copia conforme della domanda di rilascio della certificazione.

Le disposizioni di cui sopra non si applicano comunque agli atti costitutivi, modificativi od estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù (38/a) (38/b) (23/cost).

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(37) Riportata al n. A/V.

(38) Comma così modificato dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(38/a) Comma aggiunto dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI. Vedi, anche, l'art. 43, comma 6, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(38/b) Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

42. Prevalenza sulle leggi speciali.

Le disposizioni del presente capo prevalgono sulla diversa disciplina procedimentale stabilita dalla legge 16 aprile 1973, n. 171, e dal D.P.R. 20 settembre 1973, n. 791 (38/c) (23/cost).

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(38/c) Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

43. Procedimenti in corso.

L'esistenza di provvedimenti sanzionatori non ancora eseguiti, ovvero ancora impugnabili o nei cui confronti pende l'impugnazione, non impedisce il conseguimento della sanatoria (39).

Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si considerano inoppugnabili i provvedimenti per i quali è intervenuta sentenza del Consiglio di Stato ancorché sia pendente il termine per il ricorso alla Corte di cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione.

In ogni caso non sono ripetibili le somme già riscosse e restano ferme le altre sanzioni già eseguite, ancorché in forza di provvedimenti non ancora inoppugnabili.

Le somme versate si scomputano dal contributo di concessione.

Possono ottenere la sanatoria le opere non ultimate per effetto di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali limitatamente alle strutture realizzate e ai lavori che siano strettamente necessari alla loro funzionalità. Il tempo di commissione dell'abuso e di riferimento per la determinazione dell'oblazione sarà individuato nella data del primo provvedimento amministrativo o giurisdizionale. La medesima disposizione per determinare l'oblazione è applicabile in ogni altro caso in cui i suddetti provvedimenti abbiano interrotto le attività edificatorie (39/a) (23/cost).

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(39) Per l'interpretazione autentica del presente comma, vedi l'art. 12-bis, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(39/a) Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

44. Sospensione dei procedimenti.

Dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino alla scadenza dei termini fissati dall'articolo 35, sono sospesi i procedimenti amministrativi e giurisdizionali e la loro esecuzione, quelli penali nonché quelli connessi all'applicazione dell'articolo 15 della L. 6 agosto 1967, n. 765, attinenti al presente capo (39/b).

La sospensione di cui al comma precedente non si applica ai procedimenti cautelari avanti agli organi di giurisdizione amministrativa, previsti dall'articolo 21, ultimo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (39/c).

Decorso il termine del 30 settembre 1986 senza che sia stata presentata domanda di concessione o autorizzazione in sanatoria, la sospensione di cui al precedente primo comma perde efficacia (39/d).

I procedimenti sospesi possono essere ripresi a richiesta degli interessati (39/e) (39/f) (23/cost).

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(39/b) Così modificato dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(39/c) Comma aggiunto dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI. Peraltro, l'ultimo comma è stato così sostituito dall'art. 3, D.L. 20 novembre 1985, n. 656, riportato al n. A/XXVIII.

(39/d) Comma aggiunto dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI. Peraltro, l'ultimo comma è stato così sostituito dall'art. 3, D.L. 20 novembre 1985, n. 656, riportato al n. A/XXVIII.

(39/e) Comma aggiunto dall'art. 8, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX.

(39/f) Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

Capo V - Disposizioni finali (23/cost) (39/g)

45. Aziende erogatrici di servizi pubblici.

[È vietato a tutte le aziende erogatrici di servizi pubblici somministrare le loro forniture per l'esecuzione di opere prive di concessione, nonché ad opere prive di concessione ad edificare iniziate dopo il 30 gennaio 1977 e per le quali non siano stati stipulati contratti di somministrazione anteriormente all'entrata in vigore della presente legge.

Il richiedente il servizio è tenuto ad allegare alla domanda una dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi e per gli effetti dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, indicante gli estremi della concessione ad edificare, o, per le opere abusive, gli estremi della concessione in sanatoria ovvero copia della domanda di concessione in sanatoria corredata della prova del pagamento delle somme dovute a titolo di oblazione per intero nell'ipotesi dell'articolo 13 e limitatamente alle prime due rate nell'ipotesi dell'articolo 35. Il contratto stipulato in difetto di tali dichiarazioni è nullo e il funzionario della azienda erogatrice, cui sia imputabile la stipulazione del contratto stesso, è soggetto ad una sanzione pecuniaria da lire 5 milioni a lire 15 milioni. Per le opere che già usufruiscono di un servizio pubblico, in luogo della documentazione di cui al precedente comma, può essere prodotta copia di una fattura, emessa dall'azienda erogante il servizio, dalla quale risulti che l'opera già usufruisce di un pubblico servizio.

Per le opere iniziate anteriormente al 30 gennaio 1977, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l'opera è stata iniziata in data anteriore al 30 gennaio 1977. Tale dichiarazione può essere ricevuta e inserita nello stesso contratto, ovvero in documento separato da allegarsi al contratto medesimo (23/cost)] (39/h).

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(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(39/g) Vedi, anche, l'art. 39, L. 23 dicembre 1994, n. 724 e il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(39/h) Articolo prima sostituito dall'art. 7, D.L. 23 aprile 1985, n. 146 e poi abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 48 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001. Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

 

46. Benefici fiscali.

[In deroga alle disposizioni di cui all'articolo 41-ter della legge 17 agosto 1942, n. 1150, introdotto dall'articolo 15 della legge 6 agosto 1967, n. 765, le agevolazioni tributarie in materia di tasse ed imposte indirette sugli affari si applicano agli atti stipulati dopo l'entrata in vigore della presente legge, qualora ricorrano tutti i requisiti previsti dalle vigenti disposizioni agevolative ed a condizione che copia conforme del provvedimento di sanatoria venga presentata, contestualmente all'atto da registrare, all'amministrazione cui compete la registrazione. In mancanza del provvedimento definitivo di sanatoria, per conseguire in via provvisoria le agevolazioni deve essere prodotta, al momento della registrazione dell'atto, copia della domanda di concessione o di autorizzazione in sanatoria presentata al comune, con la relativa ricevuta rilasciata dal comune stesso. L'interessato, a pena di decadenza dai benefìci, deve presentare all'ufficio del registro copia del provvedimento definitivo di sanatoria entro sei mesi dalla sua notifica o, nel caso che questo non sia intervenuto, a richiesta dell'ufficio, dichiarazione del comune che attesti che la domanda non ha ancora ottenuto definizione (39/i) (39/l).

In deroga alle disposizioni di cui al citato articolo 41-ter della legge 17 agosto 1942, n. 1150, per i fabbricati costruiti senza licenza o in contrasto con la stessa ovvero sulla base di licenza successivamente annullata si applica la esenzione dall'imposta locale sui redditi, qualora ricorrano i requisiti tipologici di inizio e ultimazione delle opere in virtù dei quali sarebbe spettata, per il periodo di dieci anni a decorrere dall'entrata in vigore della presente legge. L'esenzione si applica a condizione che l'interessato ne faccia richiesta all'ufficio distrettuale delle imposte dirette del suo domicilio fiscale, allegando copia della domanda indicata nel comma precedente con la relativa ricevuta rilasciata dal comune. Alla scadenza di ogni anno dal giorno della presentazione della domanda suddetta, l'interessato, a pena di decadenza dai benefìci, deve presentare, entro novanta giorni da tale scadenza, all'ufficio distrettuale delle imposte dirette copia del provvedimento definitivo di sanatoria, o in mancanza di questo, una dichiarazione del comune, ovvero una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, attestante che la domanda non ha ancora ottenuto definizione (39/m).

La omessa o tardiva presentazione del provvedimento di sanatoria comporta il pagamento dell'imposta locale sui redditi e delle altre imposte dovute nella misura ordinaria, nonché degli interessi di mora stabiliti per i singoli tributi.

Il rilascio, ai sensi delle disposizioni di cui al precedente capo IV, della concessione e della autorizzazione in sanatoria, per le opere o le parti di opere abusivamente realizzate, produce automaticamente, qualora ricorrano tutti i requisiti previsti dalle vigenti disposizioni agevolative, la cessazione degli effetti dei provvedimenti di revoca o di decadenza previsti dall'articolo 15 della legge 6 agosto 1967, n. 765.

In attesa del provvedimento definitivo di sanatoria, per il conseguimento in via provvisoria degli effetti previsti dal comma precedente, deve essere prodotta da parte dell'interessato alle amministrazioni finanziarie competenti copia autenticata della domanda di concessione o di autorizzazione in sanatoria, corredata della prova del pagamento delle somme dovute fino al momento della presentazione della istanza di cui al presente comma.

Non si fa comunque luogo al rimborso dell'imposta locale sui redditi e delle altre imposte eventualmente già pagate (23/cost)] (40).

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(39/i) Periodo così sostituito dall'art. 9, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX. Inoltre, l'art. 2-quinquies, D.L. 30 settembre 1994, n. 564, riportato alla voce Imposte e tasse in genere, ha così sostituito l'ultimo periodo del primo comma del presente art. 46, al fine della eliminazione delle liti in tema di perdita dei benefìci fiscali prevista dallo stesso articolo 46.

(39/l) Per la fissazione del termine al 31 dicembre 1990, vedi l'art. 10, L. 31 maggio 1990, n. 128, riportata alla voce Termini di prescrizione e decadenza (Sospensione di). Per la riapertura del termine fino al 31 maggio 1999, vedi l'art. 16, L. 18 febbraio 1999, n. 28, riportata alla voce Imposte e tasse in genere.

(39/m) Periodo così sostituito dall'art. 9, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX. Inoltre, l'art. 2-quinquies, D.L. 30 settembre 1994, n. 564, riportato alla voce Imposte e tasse in genere, ha così sostituito l'ultimo periodo del primo comma del presente art. 46, al fine della eliminazione delle liti in tema di perdita dei benefìci fiscali prevista dallo stesso articolo 46.

(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(40) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 50 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001. Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

 

47. Diritti dell'acquirente.

[L'acquirente di un immobile o di parte di esso, anche sulla base di contratto preliminare di vendita con sottoscrizioni autenticate, ha diritto di prendere visione presso gli uffici comunali di qualsiasi documento relativo all'immobile stesso e di ottenere ogni certificazione relativa.

L'eventuale rifiuto da parte degli uffici comunali deve constare da atto scritto (23/cost)] (40/a).

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(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(40/a) Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

 

47-bis. Dichiarazioni dei rappresentanti.

Tutte le dichiarazioni da rendersi ai sensi della presente legge, anche agli effetti della legge 4 gennaio 1968, n. 15, dai proprietari o da altri aventi titolo, possono essere rilasciate anche da rappresentanti legali o volontari (23/cost) (40/b).

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(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(40/b) Articolo aggiunto dall'art. 8-ter, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI. Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

 

48. Disposizione transitoria.

[Per le opere interne alle costruzioni, definite dall'articolo 26, realizzate prima dell'entrata in vigore della presente legge o in corso di realizzazione alla medesima data, il proprietario della costruzione o dell'unità immobiliare deve inviare al sindaco, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, una relazione descrittiva delle opere realizzate, entro il termine del 31 dicembre 1985 (23/cost)] (40/c).

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(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(40/c) Articolo prima sostituito dall'art. 1, D.L. 23 aprile 1985, n. 146 e poi abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

 

49. Sanatorie regionali.

Coloro che abbiano già conseguito sanatorie in base alla normativa regionale vigente hanno diritto a detrarre l'importo delle somme versate dal contributo di cui al primo comma dell'articolo 37 della presente legge (40/d) (23/cost).

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(40/d) Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

50. Variazioni di bilancio.

Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (40/e) (23/cost).

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(40/e) Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

51. Determinazione delle superfici.

Ai fini del calcolo dell'oblazione, i riferimenti alle superfici, previsti dalla presente legge, sono computati in conformità ai parametri di cui agli articoli 2 e 3 del decreto ministeriale 10 maggio 1977 (41), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 31 maggio 1977 (41/a).

Le superfici delle opere che beneficiano della riduzione di cui al precedente articolo 34, quinto comma, lettera e), sono considerate superfici per servizi e accessori, ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale di cui al precedente comma, senza l'applicazione di alcun incremento (41/b).

Ai fini del calcolo dell'oblazione non sono computati i volumi tecnici delle costruzioni nonché quelli relativi a serbatoi, cabine o simili realizzati nell'ambito di stabilimenti soggetti a regime di concessione di pubblica utilità o servizio pubblico, la cui realizzazione sia prevista dal decreto di concessione emesso previo consenso dell'amministrazione comunale (41/c) (23/cost).

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(41) Riportato al n. A/XXIII.

(41/a) Comma così sostituito dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(41/b) Comma così inserito dall'art. 8, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI.

(41/c) Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con ordinanza 16-24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

52. Iscrizione al catasto.

[Alla domanda per il rilascio del certificato di abitabilità o di agibilità deve essere allegata copia della dichiarazione presentata per la iscrizione in catasto, redatta in conformità alle disposizioni dell'articolo 6 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, e successive modificazioni e integrazioni] (42).

Le opere ultimate entro la data di entrata in vigore della presente legge che non siano state iscritte al catasto, ovvero le variazioni non registrate, devono essere denunciate, ai sensi degli articoli 3 e 20 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, e successive modificazioni e integrazioni, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, previa corresponsione dei diritti dovuti nella misura vigente (42/a).

Per le dichiarazioni di cui al comma precedente, presentate successivamente al 31 dicembre 1986, l'ammenda prevista dall'articolo 31 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, nella legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni e integrazioni, è elevata a L. 250.000 (42/b) (42/c) (23/cost).

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(42) Comma abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente comma sono ora contenute nel comma 4 dell'art. 24 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

(42/a) Il termine di cui al presente comma è stato prorogato al 31 dicembre 1985, dall'art. 1, D.L. 23 aprile 1985, n. 146, riportato al n. A/XXVI; al 31 dicembre 1986, dall'art. 1, D.L. 20 novembre 1985, n. 656, riportato al n. A/XXVIII; al 30 giugno 1989 dall'art. 1, D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, riportato al n. A/XXIX; al 31 dicembre 1989 dall'art. 9, L. 10 febbraio 1989, n. 48, riportata alla voce Termini di prescrizioni e decadenza (Sospensione di); al 31 dicembre 1991 dall'art. 12, L. 31 maggio 1990, n. 128, riportata alla stessa voce; al 31 dicembre 1992 dall'art. 3, D.L. 30 dicembre 1991, n. 417, riportato alla voce Valore aggiunto (Imposta sul); al 31 dicembre 1993 dall'art. 14, D.L. 18 gennaio 1993, n. 8, riportato alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato e dall'art. 1, D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, riportato alla voce Redditi delle persone fisiche e delle persone giuridiche (Imposte sui); al 31 dicembre 1995 con l'art. 9, D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, riportato alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato; al 31 dicembre 1996 dall'art. 1, D.L. 28 giugno 1995, n. 250, riportato alla voce Imposte e tasse in genere; al 31 dicembre 1997 dall'art. 3, comma 156, L. 23 dicembre 1996, n. 662, riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato; al 31 dicembre 1998 dall'art. 14, comma 13, L. 27 dicembre 1997, n. 449; al 31 dicembre 1999 dall'art. 6, comma 4, L. 23 dicembre 1998, n. 448, riportate alla stessa voce; al 31 dicembre 2000 dall'art. 7, comma 5, L. 23 dicembre 1999, n. 488 e al 31 dicembre 2001 dall'art. 64, comma 4, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(42/b) Comma così sostituito dall'art. 4, D.L. 20 novembre 1985, n. 656, riportato al n. A/XXVIII.

(42/c) Vedi, anche, il comma 25 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(23/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-16 maggio 1995, n. 176 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, D.L. 27 settembre 1994, n. 551, e, in quanto da questo richiamate e fatte proprie, delle disposizioni di cui ai capi IV e V, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 3, 79, 112, 117, 118, 128 e 42 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con sentenza 6-12 settembre 1995, n. 427 (Gazz. Uff. 20 settembre 1995, n. 39, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 41, 42, 79, 112, 119 e 128 della Costituzione;

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai Capi IV e V, e successive modifiche ed integrazioni, sollevata in riferimento agli artt. 117, 118 e 128 della Costituzione;

non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Successivamente, ancora, la stessa Corte, con O.M. 16 maggio 1996, n. 169 e O.M. 24 maggio 1996, n. 169 (Gazz. Uff. 29 maggio 1996, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(omissis)

 


L. 16 aprile 1987, n. 183
Coordinamento delle politiche riguardanti l'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari (art. 19)

 

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(1) Pubblicata nel Suppl. Ord. alla Gazz. Uff. 13 maggio 1987, n. 109.

(1/a) Vedi, anche, l'art. 2, D.P.R. 13 giugno 1988, n. 396, riportato alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello stato.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente istruzione:

- Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Nota 25 febbraio 2002, n. 525.

(omissis)

 

19. Commissione per il recepimento delle normative comunitarie.

1. Al fine di favorire il sollecito recepimento delle normative comunitarie è autorizzata la costituzione di una commissione, presso il Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie, formata da funzionari del Dipartimento stesso e delle Amministrazioni dello Stato interessate e da un magistrato del Consiglio di Stato, nominati con decreto del Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie.

2. Al personale chiamato a far parte della commissione di cui al comma 1 sarà corrisposto un compenso da stabilirsi con decreto del Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie di concerto con il Ministro del tesoro.

3. Al relativo onere si farà fronte con uno stanziamento di lire 60 milioni sul capitolo 6921 dello stato di previsione della spesa della Presidenza del Consiglio dei ministri - rubrica 37 - per l'esercizio finanziario 1987, mediante corrispondente riduzione della dotazione iscritta al capitolo 6942 della rubrica stessa (8/a).

 

(omissis)

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(8/a) Vedi, anche, l'art. 76, L. 19 febbraio 1992, n. 142, riportata al n. G/IV.


D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311
Regolamento per la semplificazione dei procedimenti relativi ad autorizzazioni per lo svolgimento di attività disciplinate dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza nonché al riconoscimento della qualifica di agente di pubblica sicurezza (numeri 77, 78 e 108, allegato 1 della L. n. 59/1997 e numeri 18, 19, 20 e 35, allegato 1 della L. n. 50/1999).

 

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 2 agosto 2001, n. 178.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

 

Visto l'articolo 87, comma quinto, della Costituzione;

 

Visto l'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, allegato 1, numeri 77, 78 e 108, e successive modificazioni;

 

Visto l'articolo 1 della legge 8 marzo 1999, n. 50, allegato 1, numeri 18, 19, 20 e 35;

 

Visti il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, ed il relativo regolamento di esecuzione, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635;

 

Visti il testo unico della legge sugli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 31 agosto 1907, n. 690, ed il relativo regolamento speciale per gli ufficiali ed impiegati di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 20 agosto 1909, n. 666;

 

Vista la legge 18 marzo 1968, n. 337;

 

Vista la legge 18 aprile 1975, n. 110;

 

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;

 

Vista la legge 6 ottobre 1995, n. 425;

 

Visto il decreto legislativo 8 gennaio 1998, n. 3;

 

Visto l'articolo 231 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51;

Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

 

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 7 luglio 2000;

 

Sentita la Conferenza unificata;

 

Udito il parere del Consiglio di Stato espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 9 ottobre 2000;

 

Acquisito il parere delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 26 gennaio 2001;

 

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 2 febbraio 2001, concernente il «regolamento per la semplificazione dei procedimenti relativi ad autorizzazioni per lo svolgimento di attività disciplinate dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, nonché al riconoscimento della qualifica di agente di pubblica sicurezza»;

 

Visto il rilievo n. 73 dell'Ufficio di controllo di legittimità su atti dei Ministeri istituzionali della Corte dei conti, in data 5 aprile 2001;

 

Considerata l'opportunità di accogliere il suddetto rilievo;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 maggio 2001;

 

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri dell'interno, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero, della sanità, delle finanze, per i beni e le attività culturali e per gli affari regionali;

 

Emana

 

il seguente regolamento:

 

1. Campo di applicazione.

1. Il presente regolamento concerne la semplificazione dei seguenti procedimenti disciplinati dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e dal relativo regolamento di esecuzione, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635:

a) procedimenti per il rilascio e rinnovo delle autorizzazioni di pubblica sicurezza per lo svolgimento di industrie, mestieri, esercizi ed attività imprenditoriali di cui al titolo III del predetto testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, e la tenuta dei relativi registri;

b) procedimenti per il rilascio della licenza di porto d'armi comuni da sparo, di cui all'articolo 42 del predetto testo unico;

c) procedimento per il rilascio della licenza di collezione delle armi comuni da sparo di cui all'articolo 10 della legge 18 aprile 1975, n. 110;

d) procedimenti per la concessione dell'agibilità dei locali di pubblico spettacolo di cui all'articolo 80 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza;

e) procedimenti e obblighi previsti dagli articoli 126 e 128 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

2. Il presente regolamento concerne anche la semplificazione del procedimento per l'attribuzione della qualità di agente di pubblica sicurezza agli agenti di custodia e guardie notturne dipendenti da amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 43 del testo unico della legge sugli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 31 agosto 1907, n. 690, e dell'articolo 81 del relativo regolamento speciale per gli ufficiali ed impiegati di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 20 agosto 1909, n. 666.

 

 

2. Semplificazioni a carattere generale.

1. Al regolamento di esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) (2);

b) (3);

c) (4);

d) (5);

e) all'articolo 15, primo comma, le parole «conforme alla legge sul bollo», sono sostituite dalle seguenti: «conforme alla legge sul bollo, se prescritto»;

f) (6);

g) (7);

h) (8);

i) (9);

 

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(2) Aggiunge due commi all'art. 11, R.D. 6 maggio 1940, n. 635.

(3) Sostituisce l'art. 12, R.D. 6 maggio 1940, n. 635.

(4) Aggiunge l'art. 12-bis al R.D. 6 maggio 1940, n. 635.

5) Sostituisce l'art. 14, R.D. 6 maggio 1940, n. 635.

(6) Aggiunge un comma all'art. 16, R.D. 6 maggio 1940, n. 635.

(7) Sostituisce il secondo comma dell'art. 152, R.D. 6 maggio 1940, n. 635.

(8) Sostituisce il secondo comma dell'art. 195, R.D. 6 maggio 1940, n. 635.

(9) Aggiunge un comma all'art. 247, R.D. 6 maggio 1940, n. 635.

 

3. Semplificazioni concernenti autorizzazioni in materia di armi ed esplosivi.

1. Al regolamento di esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, sono apportate le seguenti ulteriori modificazioni:

a) (10);

b) all'articolo 61 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al comma 1, le parole «in cui il richiedente ha la sua residenza,» sono sostituite dalle seguenti: «in cui il richiedente, appartenente ad uno dei Paesi dell'Unione europea, ha la sua residenza o il domicilio,»;

2) (11).

 

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(10) Sostituisce il secondo comma dell'art. 47, R.D. 6 maggio 1940, n. 635.

(11) Aggiunge un comma, dopo il primo, all'art. 61, R.D. 6 maggio 1940, n. 635.

 

4. Semplificazioni dei procedimenti concernenti i locali di pubblico spettacolo.

1. Al regolamento di esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, sono apportate le seguenti ulteriori modificazioni:

a) (12);

b) (13);

c) al secondo comma dell'articolo 144, le parole «articolo 142, n. 3», sono sostituite dalle seguenti: «articolo 141, primo comma, lettera e)».

 

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(12) Sostituisce il primo comma dell'art. 116, R.D. 6 maggio 1940, n. 635.

(13) La presente lettera, rettificata con Comunicato 24 settembre 2001 (Gazz. Uff. 24 settembre 2001, n. 222), sostituisce, con gli articoli 141, 141-bis e 142, gli originari artt. 141 e 142, R.D. 6 maggio 1940, n. 635.

 

5. Semplificazioni dei procedimenti concernenti il riconoscimento della qualifica di agente di pubblica sicurezza.

1. (14).

 

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(14) Aggiunge l'art. 4-bis al R.D. 6 maggio 1940, n. 635.

 

 

6. Abrogazioni.

1. Ai sensi dell'articolo 20, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, dalla data di entrata in vigore del presente regolamento sono abrogati:

a) l'articolo 81 del regolamento speciale per gli ufficiali ed impiegati di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 20 agosto 1909, n. 666;

b) gli articoli 84, 93, primo comma, 94, 102, 103, 108, primo comma, limitatamente alla previsione che richiede, per l'esercizio delle attività ivi indicate, la preventiva dichiarazione all'autorità di pubblica sicurezza, 108, secondo comma, 121, primo e secondo comma, 122, 124 e 125 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;

c) gli articoli 154, 157, 188, secondo e terzo comma, 190 e 192, nonché gli articoli da 224 a 229 compresi, e gli articoli 232 e 233 del regolamento di esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635.

 

7. Disposizioni transitorie.

1. I procedimenti avviati alla data di entrata in vigore del presente regolamento sono perfezionati con l'osservanza delle norme previgenti.

2. Le domande per l'attribuzione della qualifica di agente di pubblica sicurezza a norma dell'articolo 43 del testo unico della legge sugli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 31 agosto 1907, n. 690, in corso di istruttoria alla data di entrata in vigore del presente regolamento, sono trasferite d'ufficio alle prefetture competenti per territorio per la loro definizione ai sensi dell'articolo 5.

 

8. Disposizione finale.

1. Ai sensi dell'articolo 20, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, come modificato dall'articolo 2, comma 1, lettera b), della legge 8 marzo 1999, n. 50, il presente regolamento entra in vigore il quindicesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.


L. 07-02-1992 n. 150
Disciplina dei reati relativi all'applicazione in Italia della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, di cui alla L. 19 dicembre 1975, n. 874, e del regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, nonché norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica. (art. 6)

 

________________

Pubblicata nella Gazz. Uff. 22 febbraio 1992, n. 44. 

(omissis)

 

6. 1. Fatto salvo quanto previsto dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, è vietato a chiunque detenere esemplari vivi di mammiferi e rettili di specie selvatica ed esemplari vivi di mammiferi e rettili provenienti da riproduzioni in cattività che costituiscano pericolo per la salute e per l'incolumità pubblica.

2. Il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'interno, con il Ministro della sanità e con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, stabilisce con proprio decreto i criteri da applicare nell'individuazione delle specie di cui al comma 1 e predispone di conseguenza l'elenco di tali esemplari, prevedendo altresì opportune forme di diffusione dello stesso anche con l'ausilio di associazioni aventi il fine della protezione delle specie (9).

3. Fermo restando quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 5, coloro che alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di cui al comma 2 detengono esemplari vivi di mammiferi o rettili di specie selvatica ed esemplari vivi di mammiferi o rettili provenienti da riproduzioni in cattività compresi nell'elenco stesso, sono tenuti a farne denuncia alla prefettura territorialmente competente entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2. Il prefetto, d'intesa con le autorità sanitarie competenti, può autorizzare la detenzione dei suddetti esemplari previa verifica della idoneità delle relative strutture di custodia, in funzione della corretta sopravvivenza degli stessi, della salute e dell'incolumità pubblica (9/a).

4. Chiunque contravviene alle disposizioni di cui al comma 1 è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da lire quindici milioni a lire duecento milioni.

5. Chiunque contravviene alle disposizioni di cui al comma 3 è punito con la sanzione amministrativa da lire dieci milioni a lire sessanta milioni.

6. Le disposizioni dei commi 1, 3, 4 e 5 non si applicano: a) nei confronti dei giardini zoologici, delle aree protette, dei parchi nazionali, degli acquari e delfinari, dichiarati idonei dalla commissione scientifica di cui all'articolo 4, comma 2, sulla base dei criteri generali fissati previamente dalla commissione stessa; b) nei confronti dei circhi e delle mostre faunistiche permanenti o viaggianti, dichiarati idonei dalle autorità competenti in materia di salute e incolumità pubblica, sulla base dei criteri generali fissati previamente dalla commissione scientifica di cui all'articolo 4, comma 2 (9/b). Le istituzioni scientifiche e di ricerca iscritte nel registro istituito dall'articolo 5-bis, comma 8, non sono sottoposte alla previa verifica di idoneità da parte della commissione (10).

(omissis)

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(9) Con D.M. 18 maggio 1992 (Gazz. Uff. 4 giugno 1992, n. 130) sono state individuate le specie di mammiferi e rettili selvatici pericolosi per la salute e l'incolumità pubblica. Con D.M. 19 aprile 1996, riportato al n. I/VII, è stato approvato l'elenco delle specie animali pericolose per la salute e l'incolumità pubblica e di cui è proibita la detenzione. Vedi, anche, l'art. 1, D.L. 3 luglio 2003, n. 159.

(9/a) Vedi, anche, l'art. 1, D.L. 3 luglio 2003, n. 159, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(9/b) Periodo così sostituito dall'art. 4, comma 13, L. 9 dicembre 1998, n. 426, riportata alla voce Ministero dell'ambiente.

(10) Articolo così sostituito dall'art. 5, D.L. 12 gennaio 1993, n. 2, riportato al n. I/III, a sua volta modificato dalla relativa legge di conversione.


L. 11 febbraio 1992, n. 157
Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio

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Pubblicata nella Gazz. Uff. 25 febbraio 1992, n. 46, S.O.

Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero dell'economia e delle finanze: Ris. 9 settembre 2002, n. 291/E;

- Ministero dell'interno: Circ. 6 maggio 1997, n. 559/C-50.065-E-97;

- Ministero delle finanze: Circ. 26 agosto 1999, n. 180/E;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 20 febbraio 1996, n. 1637.

1. Fauna selvatica.

1. La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale.

2. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole.

3. Le regioni a statuto ordinario provvedono ad emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica in conformità alla presente legge, alle convenzioni internazionali ed alle direttive comunitarie. Le regioni a statuto speciale e le province autonome provvedono in base alle competenze esclusive nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti. Le province attuano la disciplina regionale ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lettera f), della legge 8 giugno 1990, n. 142 (2).

4. Le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991, con i relativi allegati, concernenti la conservazione degli uccelli selvatici, sono integralmente recepite ed attuate nei modi e nei termini previsti dalla presente legge la quale costituisce inoltre attuazione della Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950, resa esecutiva con legge 24 novembre 1978, n. 812 (3), e della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503 (4).

5. Le regioni e le province autonome in attuazione delle citate direttive 79/409/CEE, 85/411/CEE e 91/244/CEE provvedono ad istituire lungo le rotte di migrazione dell'avifauna, segnalate dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica di cui all'articolo 7 entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, zone di protezione finalizzate al mantenimento ed alla sistemazione, conforme alle esigenze ecologiche, degli habitat interni a tali zone e ad esse limitrofi, provvedono al ripristino dei biotopi distrutti e alla creazione dei biotopi. Tali attività concernono particolarmente e prioritariamente le specie di cui all'elenco allegato alla citata direttiva 79/409/CEE, come sostituito dalle citate direttive 85/411/CEE e 91/244/CEE. In caso di inerzia delle regioni e delle province autonome per un anno dopo la segnalazione da parte dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, provvedono con controllo sostitutivo, d'intesa, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste e il Ministro dell'ambiente (4/a).

6. Le regioni e le province autonome trasmettono annualmente al Ministro dell'agricoltura e delle foreste e al Ministro dell'ambiente una relazione sulle misure adottate ai sensi del comma 5 e sui loro effetti rilevabili.

7. Ai sensi dell'articolo 2 della legge 9 marzo 1989, n. 86 (5), il Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie, di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste e con il Ministro dell'ambiente, verifica, con la collaborazione delle regioni e delle province autonome e sentiti il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale di cui all'articolo 8 e l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, lo stato di conformità della presente legge e delle leggi regionali e provinciali in materia agli atti emanati dalle istituzioni delle Comunità europee volti alla conservazione della fauna selvatica.

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(2) Riportata alla voce Comuni e province.

(3) Riportata alla voce Zootecnia.

(4) Ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, D.P.R. 1° dicembre 2000, n. 425 (Gazz. Uff. 22 gennaio 2001, n. 17), in relazione alle specie di uccelli selvatici da proteggere in modo particolare e prioritario, il riferimento all'Allegato I della direttiva 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, di cui al presente comma, è sostituito dal riferimento all'Allegato I della direttiva 97/49/CE della Commissione del 29 luglio 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee L 223 del 13 agosto 1997.

(4/a) Ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, D.P.R. 1° dicembre 2000, n. 425 (Gazz. Uff. 22 gennaio 2001, n. 17), in relazione alle specie di uccelli selvatici da proteggere in modo particolare e prioritario, il riferimento all'Allegato I della direttiva 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, di cui al presente comma, è sostituito dal riferimento all'Allegato I della direttiva 97/49/CE della Commissione del 29 luglio 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee L 223 del 13 agosto 1997.

(5) Riportata alla voce Comunità europee.

2. Oggetto della tutela.

1. Fanno parte della fauna selvatica oggetto della tutela della presente legge le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale. Sono particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio, le seguenti specie:

a) mammiferi: lupo (Canis lupus), sciacallo dorato (Canis aureus), orso (Ursus arctos), martora (Martes martes), puzzola (Mustela putorius), lontra (Lutra lutra), gatto selvatico (Felis sylvestris), lince (Lyn lyn), foca monaca (Monachus monachus), tutte le specie di cetacei (Cetacea), cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus), camoscio d'Abruzzo (Rupicapra pyrenaica);

b) uccelli: marangone minore (Phalacrocorax pigmeus), marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis), tutte le specie di pellicani (Pelecanidae), tarabuso (Botaurus stellaris), tutte le specie di cicogne (Ciconiidae), spatola (Platalea leucorodia), mignattaio (Plegadis falcinellus), fenicottero (Phoenicopterus ruber), cigno reale (Cygnus olor), cigno selvatico (Cygnus cygnus), volpoca (Tadorna tadorna), fistione turco (Netta rufina), gobbo rugginoso (Oxyura leucocephala), tutte le specie di rapaci diurni (Accipitriformes e falconiformes), pollo sultano (Porphyrio porphyrio), otarda (Otis tarda), gallina prataiola (Tetrax tetrax), gru (Grus grus), piviere tortolino (Eudromias morinellus), avocetta (Recurvirostra avosetta), cavaliere d'Italia, (Himantopus himantopus), occhione (Burhinus oedicnemus), pernice di mare (Glareola pratincola), gabbiano corso (Larus audouinii), gabbiano corallino (Larus melanocephalus), gabbiano roseo (Larus genei), sterna zampenere (Gelochelidon nilotica), sterna maggiore (Sterna caspia), tutte le specie di rapaci notturni (Strigiformes), ghiandaia marina (Coracias garrulus), tutte le specie di picchi (Picidae), gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax);

c) tutte le altre specie che direttive comunitarie o convenzioni internazionali o apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri indicano come minacciate di estinzione.

2. Le norme della presente legge non si applicano alle talpe, ai ratti, ai topi propriamente detti, alle arvicole.

3. Il controllo del livello di popolazione degli uccelli negli aeroporti, ai fini della sicurezza aerea, è affidato al Ministro dei trasporti.

3. Divieto di uccellagione.

1. È vietata in tutto il territorio nazionale ogni forma di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.

4. Cattura temporanea e inanellamento.

1. Le regioni, su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, possono autorizzare esclusivamente gli istituti scientifici delle università e del Consiglio nazionale delle ricerche e i musei di storia naturale ad effettuare, a scopo di studio e ricerca scientifica, la cattura e l'utilizzazione di mammiferi ed uccelli, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.

2. L'attività di cattura temporanea per l'inanellamento degli uccelli a scopo scientifico è organizzata e coordinata sull'intero territorio nazionale dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica; tale attività funge da schema nazionale di inanellamento in seno all'Unione europea per l'inanellamento (EURING). L'attività di inanellamento può essere svolta esclusivamente da titolari di specifica autorizzazione, rilasciata dalle regioni su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica; l'espressione di tale parere è subordinata alla partecipazione a specifici corsi di istruzione, organizzati dallo stesso Istituto, ed al superamento del relativo esame finale.

3. L'attività di cattura per l'inanellamento e per la cessione a fini di richiamo può essere svolta esclusivamente da impianti della cui autorizzazione siano titolari le province e che siano gestiti da personale qualificato e valutato idoneo dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica. L'autorizzazione alla gestione di tali impianti è concessa dalle regioni su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, il quale svolge altresì compiti di controllo e di certificazione dell'attività svolta dagli impianti stessi e ne determina il periodo di attività.

4. La cattura per la cessione a fini di richiamo è consentita solo per esemplari appartenenti alle seguenti specie: allodola; cesena; tordo sassello; tordo bottaccio; merlo; pavoncella e colombaccio. Gli esemplari appartenenti ad altre specie eventualmente catturati devono essere inanellati ed immediatamente liberati (5/a).

5. È fatto obbligo a chiunque abbatte, cattura o rinviene uccelli inanellati di darne notizia all'Istituto nazionale per la fauna selvatica o al comune nel cui territorio è avvenuto il fatto, il quale provvede ad informare il predetto Istituto.

6. Le regioni emanano norme in ordine al soccorso, alla detenzione temporanea e alla successiva liberazione di fauna selvatica in difficoltà.

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(5/a) Comma così sostituito dall'art. 34, L. 1° marzo 2002, n. 39 - Legge comunitaria 2001.

5. Esercizio venatorio da appostamento fisso e richiami vivi.

1. Le regioni, su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, emanano norme per regolamentare l'allevamento, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili, nonché il loro uso in funzione di richiami.

2. Le regioni emanano altresì norme relative alla costituzione e gestione del patrimonio di richiami vivi di cattura appartenenti alle specie di cui all'articolo 4, comma 4, consentendo, ad ogni cacciatore che eserciti l'attività venatoria ai sensi dell'articolo 12, comma 5, lettera b), la detenzione di un numero massimo di dieci unità per ogni specie, fino ad un massimo complessivo di quaranta unità. Per i cacciatori che esercitano l'attività venatoria da appostamento temporaneo con richiami vivi, il patrimonio di cui sopra non potrà superare il numero massimo complessivo di dieci unità.

3. Le regioni emanano norme per l'autorizzazione degli appostamenti fissi, che le province rilasciano in numero non superiore a quello rilasciato nell'annata venatoria 1989-1990.

4. L'autorizzazione di cui al comma 3 può essere richiesta da coloro che ne erano in possesso nell'annata venatoria 1989-1990. Ove si realizzi una possibile capienza, l'autorizzazione può essere richiesta dagli ultrasessantenni nel rispetto delle priorità definite dalle norme regionali.

5. Non sono considerati fissi ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 12, comma 5, gli appostamenti per la caccia agli ungulati e ai colombacci e gli appostamenti di cui all'articolo 14, comma 12.

6. L'accesso con armi proprie all'appostamento fisso con l'uso di richiami vivi è consentito unicamente a coloro che hanno optato per la forma di caccia di cui all'articolo 12, comma 5, lettera b). Oltre al titolare; possono accedere all'appostamento fisso le persone autorizzate dal titolare medesimo.

7. È vietato l'uso di richiami che non siano identificabili mediante anello inamovibile, numerato secondo le norme regionali che disciplinano anche la procedura in materia.

8. La sostituzione di un richiamo può avvenire soltanto dietro presentazione all'ente competente del richiamo morto da sostituire.

9. È vietata la vendita di uccelli di cattura utilizzabili come richiami vivi per l'attività venatoria.

6. Tassidermia.

1. Le regioni, sulla base di apposito regolamento, disciplinano l'attività di tassidermia ed imbalsamazione e la detenzione o il possesso di preparazioni tassidermiche e trofei.

2. I tassidermisti autorizzati devono segnalare all'autorità competente le richieste di impagliare o imbalsamare spoglie di specie protette o comunque non cacciabili ovvero le richieste relative a spoglie di specie cacciabili avanzate in periodi diversi da quelli previsti nel calendario venatorio per la caccia della specie in questione.

3. L'inadempienza alle disposizioni di cui al comma 2 comporta la revoca dell'autorizzazione a svolgere l'attività di tassidermista, oltre alle sanzioni previste per chi detiene illecitamente esemplari di specie protette o per chi cattura esemplari cacciabili al di fuori dei periodi fissati nel calendario venatorio.

4. Le regioni provvedono ad emanare, non oltre un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un regolamento atto a disciplinare l'attività di tassidermia ed imbalsamazione di cui al comma 1.

7. Istituto nazionale per la fauna selvatica.

1. L'Istituto nazionale di biologia della selvaggina di cui all'articolo 35 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 (6), dalla data di entrata in vigore della presente legge assume la denominazione di Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) ed opera quale organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le regioni e le province.

2. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica, con sede centrale in Ozzano dell'Emilia (Bologna), è sottoposto alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Presidente del Consiglio dei ministri, di intesa con le regioni, definisce nelle norme regolamentari dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica l'istituzione di unità operative tecniche consultive decentrate che forniscono alle regioni supporto per la predisposizione dei piani regionali (6/a).

3. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica ha il compito di censire il patrimonio ambientale costituito dalla fauna selvatica, di studiarne lo stato, l'evoluzione ed i rapporti con le altre componenti ambientali, di elaborare progetti di intervento ricostitutivo o migliorativo sia delle comunità animali sia degli ambienti al fine della riqualificazione faunistica del territorio nazionale, di effettuare e di coordinare l'attività di inanellamento a scopo scientifico sull'intero territorio italiano, di collaborare con gli organismi stranieri ed in particolare con quelli dei Paesi della Comunità economica europea aventi analoghi compiti e finalità, di collaborare con le università e gli altri organismi di ricerca nazionali, di controllare e valutare gli interventi faunistici operati dalle regioni e dalle province autonome, di esprimere i pareri tecnico-scientifici richiesti dallo Stato, dalle regioni e dalle province autonome.

4. Presso l'Istituto nazionale per la fauna selvatica sono istituiti una scuola di specializzazione post-universitaria sulla biologia e la conservazione della fauna selvatica e corsi di preparazione professionale per la gestione della fauna selvatica per tecnici diplomati. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge una commissione istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, composta da un rappresentante del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, da un rappresentante del Ministro dell'ambiente, da un rappresentante del Ministro della sanità e dal direttore generale dell'Istituto nazionale di biologia della selvaggina in carica alla data di entrata in vigore della presente legge, provvede ad adeguare lo statuto e la pianta organica dell'Istituto ai nuovi compiti previsti dal presente articolo e li sottopone al Presidente del Consiglio dei ministri, che li approva con proprio decreto.

5. Per l'attuazione dei propri fini istituzionali, l'Istituto nazionale per la fauna selvatica provvede direttamente alle attività di cui all'articolo 4.

6. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica è rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato nei giudizi attivi e passivi aventi l'autorità giudiziaria, i collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali.

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(6) Riportata al n. XXII.

(6/a) Vedi, anche, l'art. 6, comma 2, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 419.

8. Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale.

1. Presso il Ministero dell'agricoltura e delle foreste è istituito il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale (CTFVN) composto da tre rappresentanti nominati dal Ministro dell'agricoltura e delle foreste, da tre rappresentanti nominati dal Ministro dell'ambiente, da tre rappresentanti delle regioni nominati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da tre rappresentanti delle province nominati dall'Unione delle province d'Italia, dal direttore dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, da un rappresentante per ogni associazione venatoria nazionale riconosciuta, da tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, da quattro rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente, da un rappresentante dell'Unione zoologica italiana, da un rappresentante dell'Ente nazionale per la cinofilia italiana, da un rappresentante del Consiglio internazionale della caccia e della conservazione della selvaggina, da un rappresentante dell'Ente nazionale per la protezione degli animali, da un rappresentante del Club alpino italiano.

2. Il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale è costituito, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulla base delle designazioni delle organizzazioni ed associazioni di cui al comma 1 ed è presieduto dal Ministro dell'agricoltura e delle foreste o da un suo delegato.

3. Al Comitato sono conferiti compiti di organo tecnico consultivo per tutto quello che concerne l'applicazione della presente legge.

4. Il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale viene rinnovato ogni cinque anni.

9. Funzioni amministrative.

1. Le regioni esercitano le funzioni amministrative di programmazione e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistico-venatoria di cui all'articolo 10 e svolgono i compiti di orientamento, di controllo e sostitutivi previsti dalla presente legge e dagli statuti regionali. Alle province spettano le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna secondo quanto previsto dalla legge 8 giugno 1990, n. 142 (7), che esercitano nel rispetto della presente legge.

2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome esercitano le funzioni amministrative in materia di caccia in base alle competenze esclusive nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti.

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(7) Riportata alla voce Comuni e province.

10. Piani faunistico-venatori.

1. Tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle effettive capacità riproduttive e al contenimento naturale di altre specie e, per quanto riguarda le altre specie, al conseguimento della densità ottimale e alla sua conservazione mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.

2. Le regioni e le province, con le modalità previste nei commi 7 e 10, realizzano la pianificazione di cui al comma 1 mediante la destinazione differenziata del territorio.

3. Il territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione è destinato per una quota dal 20 al 30 per cento a protezione della fauna selvatica, fatta eccezione per il territorio delle Alpi di ciascuna regione, che costituisce zona faunistica a sé stante ed è destinato a protezione nella percentuale dal 10 al 20 per cento. In dette percentuali sono compresi i territori ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni (6/cost).

4. Il territorio di protezione di cui al comma 3 comprende anche i territori di cui al comma 8, lettere a), b), e c). Si intende per protezione il divieto di abbattimento e cattura a fini venatori accompagnato da provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna, la riproduzione, la cura della prole.

5. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale può essere destinato nella percentuale massima globale del 15 per cento a caccia riservata a gestione privata ai sensi dell'articolo 16, comma 1, e a centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.

6. Sul rimanente territorio agro-silvo-pastorale le regioni promuovono forme di gestione programmata della caccia, secondo le modalità stabilite dall'articolo 14.

7. Ai fini della pianificazione generale del territorio agro-silvo-pastorale le province predispongono, articolandoli per comprensori omogenei, piani faunistico-venatori. Le province predispongono altresì piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la riproduzione naturale di fauna selvatica nonché piani di immissione di fauna selvatica anche tramite la cattura di selvatici presenti in soprannumero nei parchi nazionali e regionali e in altri ambiti faunistici, salvo accertamento delle compatibilità genetiche da parte dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica e sentite le organizzazioni professionali agricole presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale tramite le loro strutture regionali.

8. I piani faunistico-venatori di cui al comma 7 comprendono:

a) le oasi di protezione, destinate al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica;

b) le zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio;

c) i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, ai fini di ricostituzione delle popolazioni autoctone;

d) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, ove è vietato l'esercizio dell'attività venatoria ed è consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti della stessa e di persone nominativamente indicate;

e) le zone e i periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani anche su fauna selvatica naturale o con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili, la cui gestione può essere affidata ad associazioni venatorie e cinofile ovvero ad imprenditori agricoli singoli o associati;

f) i criteri per la determinazione del risarcimento in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b), e c);

g) i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici, singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali e all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b);

h) l'identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi.

9. Ogni zona dovrà essere indicata da tabelle perimetrali, esenti da tasse, secondo le disposizioni impartite dalle regioni, apposte a cura dell'ente, associazione o privato che sia preposto o incaricato della gestione della singola zona.

10. Le regioni attuano la pianificazione faunistico-venatoria mediante il coordinamento dei piani provinciali di cui al comma 7 secondo criteri dei quali l'Istituto nazionale per la fauna selvatica garantisce la omogeneità e la congruenza a norma del comma 11, nonché con l'esercizio di poteri sostitutivi nel caso di mancato adempimento da parte delle province dopo dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

11. Entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Istituto nazionale per la fauna selvatica trasmette al Ministro dell'agricoltura e delle foreste e al Ministro dell'ambiente il primo documento orientativo circa i criteri di omogeneità e congruenza che orienteranno la pianificazione faunistico-venatoria. I Ministri, d'intesa, trasmettono alle regioni con proprie osservazioni i criteri della programmazione, che deve essere basata anche sulla conoscenza delle risorse e della consistenza faunistica, da conseguirsi anche mediante modalità omogenee di rilevazione e di censimento.

12. Il piano faunistico-venatorio regionale determina i criteri per la individuazione dei territori da destinare alla costituzione di aziende faunistico-venatorie, di aziende agri-turistico-venatorie e di centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.

13. La deliberazione che determina il perimetro delle zone da vincolare, come indicato al comma 8, lettere a), b) e c), deve essere notificata ai proprietari o conduttori dei fondi interessati e pubblicata mediante affissione all'albo pretorio dei comuni territorialmente interessati.

14. Qualora nei successivi sessanta giorni sia presentanta opposizione motivata, in carta semplice ed esente da oneri fiscali, da parte dei proprietari o conduttori dei fondi costituenti almeno il 40 per cento della superficie complessiva che si intende vincolare, la zona non può essere istituita.

15. Il consenso si intende validamente accordato anche nel caso in cui non sia stata presentata formale opposizione.

16. Le regioni, in via eccezionale, ed in vista di particolari necessità ambientali, possono disporre la costituzione coattiva di oasi di protezione e di zone di ripopolamento e cattura, nonché l'attuazione dei piani di miglioramento ambientale di cui al comma 7.

17. Nelle zone non vincolate per la opposizione manifestata dai proprietari o conduttori di fondi interessati, resta, in ogni caso, precluso l'esercizio dell'attività venatoria. Le regioni possono destinare le suddette aree ad altro uso nell'ambito della pianificazione faunistico-venatoria.

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(6/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 16-30 dicembre 1997, n. 448 (Gazz. Uff. 7 gennaio 1998, n. 1, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 97, primo comma, della Costituzione.

11. Zona faunistica delle Alpi.

1. Agli effetti della presente legge il territorio delle Alpi, individuabile nella consistente presenza della tipica flora e fauna alpina, è considerato zona faunistica a sé stante.

2. Le regioni interessate, entro i limiti territoriali di cui al comma 1, emanano, nel rispetto dei principi generali della presente legge e degli accordi internazionali, norme particolari al fine di proteggere la caratteristica fauna e disciplinare l'attività venatoria, tenute presenti le consuetudini e le tradizioni locali.

3. Al fine di ripristinare l'integrità del biotopo animale, nei territori ove sia esclusivamente presente la tipica fauna alpina è consentita la immissione di specie autoctone previo parere favorevole dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica.

4. Le regioni nei cui territori sono compresi quelli alpini, d'intesa con le regioni a statuto speciale e con le province autonome di Trento e di Bolzano, determinano i confini della zona faunistica delle Alpi con l'apposizione di tabelle esenti da tasse.

12. Esercizio dell'attività venatoria.

1. L'attività venatoria si svolge per una concessione che lo Stato rilascia ai cittadini che la richiedano e che posseggano i requisiti previsti dalla presente legge.

2. Costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante l'impiego dei mezzi di cui all'articolo 13.

3. È considerato altresì esercizio venatorio il vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla.

4. Ogni altro modo di abbattimento è vietato, salvo che non avvenga per caso fortuito o per forza maggiore.

5. Fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco o con il falco, l'esercizio venatorio stesso può essere praticato in via esclusiva in una delle seguenti forme:

a) vagante in zona Alpi;

b) da appostamento fisso;

c) nell'insieme delle altre forme di attività venatoria consentite dalla presente legge e praticate nel rimanente territorio destinato all'attività venatoria programmata.

6. La fauna selvatica abbattuta durante l'esercizio venatorio nel rispetto delle disposizioni della presente legge appartiene a colui che l'ha cacciata.

7. Non costituisce esercizio venatorio il prelievo di fauna selvatica ai fini di impresa agricola di cui all'articolo 10, comma 8, lettera d).

8. L'attività venatoria può essere esercitata da chi abbia compiuto il diciottesimo anno di età e sia munito di licenza di porto di fucile per uso di caccia, di polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi derivante dall'uso delle armi o degli arnesi utili all'attività venatoria, con massimale di lire un miliardo per ogni sinistro, di cui lire 750 milioni per ogni persona danneggiata e lire 250 milioni per danni ad animali ed a cose, nonché di polizza assicurativa per infortuni correlata all'esercizio dell'attività venatoria, con massimale di lire 100 milioni per morte o invalidità permanente.

9. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, sentito il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale, provvede ogni quattro anni, con proprio decreto, ad aggiornare i massimali suddetti.

10. In caso di sinistro colui che ha subito il danno può procedere ad azione diretta nei confronti della compagnia di assicurazione presso la quale colui che ha causato il danno ha contratto la relativa polizza.

11. La licenza di porto di fucile per uso di caccia ha validità su tutto il territorio nazionale e consente l'esercizio venatorio nel rispetto delle norme di cui alla presente legge e delle norme emanate dalle regioni.

12. Ai fini dell'esercizio dell'attività venatoria è altresì necessario il possesso di un apposito tesserino rilasciato dalla regione di residenza, ove sono indicate le specifiche norme inerenti il calendario regionale, nonché le forme di cui al comma 5 e gli ambiti territoriali di caccia ove è consentita l'attività venatoria. Per l'esercizio della caccia in regioni diverse da quella di residenza è necessario che, a cura di quest'ultima, vengano apposte sul predetto tesserino le indicazioni sopramenzionate.

13. Mezzi per l'esercizio dell'attività venatoria.

1. L'attività venatoria è consentita con l'uso del fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi, a ripetizione e semiautomatico, con caricatore contenente non più di due cartucce, di calibro non superiore al 12, nonché con fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40.

2. È consentito, altresì, l'uso del fucile a due o tre canne (combinato), di cui una o due ad anima liscia di calibro non superiore al 12 ed una o due ad anima rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6, nonché l'uso dell'arco e del falco.

3. I bossoli delle cartucce devono essere recuperati dal cacciatore e non lasciati sul luogo di caccia.

4. Nella zona faunistica delle Alpi è vietato l'uso del fucile con canna ad anima liscia a ripetizione semiautomatica salvo che il relativo caricatore sia adattato in modo da non contenere più di un colpo.

5. Sono vietati tutte le armi e tutti i mezzi per l'esercizio venatorio non esplicitamente ammessi dal presente articolo.

6. Il titolare della licenza di porto di fucile anche per uso di caccia è autorizzato, per l'esercizio venatorio, a portare, oltre alle armi consentite, gli utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie (7/cost).

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(7/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 20-30 marzo 1995, n. 95 (Gazz. Uff. 5 aprile 1995, n. 14, Serie speciale), ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30, primo comma, lett. h), e dell'art. 13, sollevata in riferimento agli artt. 25, secondo comma e 3 della Costituzione.

14. Gestione programmata della caccia.

1. Le regioni, con apposite norme, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e le province interessate, ripartiscono il territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata ai sensi dell'articolo 10, comma 6, in ambiti territoriali di caccia, di dimensioni subprovinciali, possibilmente omogenei e delimitati da confini naturali.

2. Le regioni tra loro confinanti, per esigenze motivate, possono, altresì, individuare ambiti territoriali di caccia interessanti anche due o più province contigue.

3. Il Ministero dell'agricoltura e delle foreste stabilisce con periodicità quinquennale, sulla base dei dati censuari, l'indice di densità venatoria minima per ogni ambito territoriale di caccia. Tale indice è costituito dal rapporto fra il numero dei cacciatori, ivi compresi quelli che praticano l'esercizio venatorio da appostamento fisso, ed il territorio agro-silvo-pastorale nazionale (7/a).

4. Il Ministero dell'agricoltura e delle foreste stabilisce altresì l'indice di densità venatoria minima per il territorio compreso nella zona faunistica delle Alpi che è organizzato in comprensori secondo le consuetudini e tradizioni locali. Tale indice è costituito dal rapporto tra il numero dei cacciatori, ivi compresi quelli che praticano l'esercizio venatorio da appostamento fisso, e il territorio regionale compreso, ai sensi dell'articolo 11, comma 4, nella zona faunistica delle Alpi (7/a).

5. Sulla base di norme regionali, ogni cacciatore, previa domanda all'amministrazione competente, ha diritto all'accesso in un ambito territoriale di caccia o in un comprensorio alpino compreso nella regione in cui risiede e può aver accesso ad altri ambiti o ad altri comprensori anche compresi in una diversa regione, previo consenso dei relativi organi di gestione.

6. Entro il 30 novembre 1993 i cacciatori comunicano alla provincia di residenza la propria opzione ai sensi dell'articolo 12. Entro il 31 dicembre 1993 le province trasmettono i relativi dati al Ministero dell'agricoltura e delle foreste.

7. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 6, il Ministero dell'agricoltura e delle foreste comunica alle regioni e alle province gli indici di densità minima di cui ai commi 3 e 4. Nei successivi novanta giorni le regioni approvano e pubblicano il piano faunistico-venatorio e il regolamento di attuazione, che non può prevedere indici di densità venatoria inferiori a quelli stabiliti dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste. Il regolamento di attuazione del piano faunistico-venatorio deve prevedere, tra l'altro, le modalità di prima costituzione degli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini, la loro durata in carica nonché le norme relative alla loro prima elezione e ai successivi rinnovi. Le regioni provvedono ad eventuali modifiche o revisioni del piano faunistico-venatorio e del regolamento di attuazione con periodicità quinquennale.

8. È facoltà degli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini, con delibera motivata, di ammettere nei rispettivi territori di competenza un numero di cacciatori superiore a quello fissato dal regolamento di attuazione, purché si siano accertate, anche mediante censimenti, modificazioni positive della popolazione faunistica e siano stabiliti con legge regionale i criteri di priorità per l'ammissibilità ai sensi del presente comma.

9. Le regioni stabiliscono con legge le forme di partecipazione, anche economica, dei cacciatori alla gestione, per finalità faunistico-venatorie, dei territori compresi negli ambiti territoriali di caccia e nei comprensori alpini ed, inoltre, sentiti i relativi organi, definiscono il numero dei cacciatori non residenti ammissibili e ne regolamentano l'accesso.

10. Negli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia deve essere assicurata la presenza paritaria, in misura pari complessivamente al 60 per cento dei componenti, dei rappresentanti di strutture locali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni venatorie nazionali riconosciute, ove presenti in forma organizzata sul territorio. Il 20 per cento dei componenti è costituito da rappresentanti di associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente e il 20 per cento da rappresentanti degli enti locali.

11. Negli ambiti territoriali di caccia l'organismo di gestione promuove e organizza le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica, programma agli interventi per il miglioramento degli habitat, provvede all'attribuzione di incentivi economici ai conduttori dei fondi rustici per:

a) la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale per il territorio; le coltivazioni per l'alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli soprattutto nei terreni dismessi da interventi agricoli ai sensi del regolamento (CEE) n. 1094/88 del Consiglio del 25 aprile 1988; il ripristino di zone umide e di fossati; la differenziazione delle colture; la coltivazione di siepi, cespugli, alberi adatti alla nidificazione;

b) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica nonché dei riproduttori;

c) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica.

12. Le province autorizzano la costituzione ed il mantenimento degli appostamenti fissi senza richiami vivi, la cui ubicazione non deve comunque ostacolare l'attuazione del piano faunistico-venatorio. Per gli appostamenti che importino preparazione del sito con modificazione e occupazione stabile del terreno, è necessario il consenso del proprietario o del conduttore del fondo, lago o stagno privato. Agli appostamenti fissi, costituiti alla data di entrata in vigore della presente legge, per la durata che sarà definita dalle norme regionali, non è applicabile l'articolo 10, comma 8, lettera h).

13. L'appostamento temporaneo è inteso come caccia vagante ed è consentito a condizione che non si produca modifica di sito.

14. L'organo di gestione degli ambiti territoriali di caccia provvede, altresì, all'erogazione di contributi per il risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e dall'esercizio dell'attività venatoria nonché alla erogazione di contributi per interventi, previamente concordati, ai fini della prevenzione dei danni medesimi.

15. In caso di inerzia delle regioni negli adempimenti di cui al presente articolo, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, di concerto con il Ministro dell'ambiente, assegna ad esse il termine di novanta giorni per provvedere, decorso inutilmente il quale il Presidente del Consiglio dei ministri provvede in via sostitutiva, previa deliberazione del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, di concerto con il Ministro dell'ambiente.

16. A partire dalla stagione venatoria 1995-1996 i calendari venatori delle province devono indicare le zone dove l'attività venatoria è consentita in forma programmata, quelle riservate alla gestione venatoria privata e le zone dove l'esercizio venatorio non è consentito.

17. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, in base alle loro competenze esclusive, nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti ed ai sensi dell'articolo 9 della legge 9 marzo 1989, n. 86 (8), e nel rispetto dei principi della presente legge, provvedono alla pianificazione faunistico-venatoria, alla suddivisione territoriale, alla determinazione della densità venatoria, nonché alla regolamentazione per l'esercizio di caccia nel territorio di competenza.

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(7/a) Il D.M. 30 gennaio 1993 (Gazz. Uff. 15 febbraio 1993, n. 37), sostituendo il precedente D.M. 31 dicembre 1992 (Gazz. Uff. 20 gennaio 1993, n. 15), ha così disposto:

«Art. 1. L'indice di densità venatoria minima, di cui all'art. 14, comma 3, della L. 11 febbraio 1992, n. 157, in sede di prima attuazione e per ogni ambito territoriale di caccia, già fissato con D.M. 31 dicembre 1992, è ridefinito pari a 0,0526 cacciatori/ettaro, ovvero 19,01 ettari/cacciatore.

Art. 2. L'indice di densità venatoria minima, di cui all'art. 14, comma 4, della L. 11 febbraio 1992, n. 157, in sede di prima attuazione e per il territorio compreso nella zona faunistica delle Alpi è ridefinito pari a 0,0518 cacciatori/ettaro, ovvero 19,30 ettari/cacciatore».

(7/a) Il D.M. 30 gennaio 1993 (Gazz. Uff. 15 febbraio 1993, n. 37), sostituendo il precedente D.M. 31 dicembre 1992 (Gazz. Uff. 20 gennaio 1993, n. 15), ha così disposto:

«Art. 1. L'indice di densità venatoria minima, di cui all'art. 14, comma 3, della L. 11 febbraio 1992, n. 157, in sede di prima attuazione e per ogni ambito territoriale di caccia, già fissato con D.M. 31 dicembre 1992, è ridefinito pari a 0,0526 cacciatori/ettaro, ovvero 19,01 ettari/cacciatore.

Art. 2. L'indice di densità venatoria minima, di cui all'art. 14, comma 4, della L. 11 febbraio 1992, n. 157, in sede di prima attuazione e per il territorio compreso nella zona faunistica delle Alpi è ridefinito pari a 0,0518 cacciatori/ettaro, ovvero 19,30 ettari/cacciatore».

(8) Riportata alla voce Comunità europee.

15. Utilizzazione dei fondi ai fini della gestione programmata della caccia.

1. Per l'utilizzazione dei fondi inclusi nel piano faunistico-venatorio regionale ai fini della gestione programmata della caccia, è dovuto ai proprietari o conduttori un contributo da determinarsi a cura della amministrazione regionale in relazione alla estensione, alle condizioni agronomiche, alle misure dirette alla tutela e alla valorizzazione dell'ambiente.

2. All'onere derivante dalla erogazione del contributo di cui al comma 1, si provvede con il gettito derivante dalla istituzione delle tasse di concessione regionale di cui all'articolo 23.

3. Il proprietario o conduttore di un fondo che intenda vietare sullo stesso l'esercizio dell'attività venatoria deve inoltrare, entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico-venatorio, al presidente della giunta regionale richiesta motivata che, ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (9), dalla stessa è esaminata entro sessanta giorni.

4. La richiesta è accolta se non ostacola l'attuazione della pianificazione faunistico-venatoria di cui all'articolo 10. È altresì accolta, in casi specificatamente individuati con norme regionali, quando l'attività venatoria sia in contrasto con l'esigenza di salvaguardia di colture agricole specializzate nonché di produzioni agricole condotte con sistemi sperimentali o a fine di ricerca scientifica, ovvero quando sia motivo di danno o di disturbo ad attività di rilevante interesse economico, sociale o ambientale.

5. Il divieto è reso noto mediante l'apposizione di tabelle, esenti da tasse, a cura del proprietario o conduttore del fondo, le quali delimitino in maniera chiara e visibile il perimetro dell'area interessata.

6. Nei fondi sottratti alla gestione programmata della caccia è vietato a chiunque, compreso il proprietario o il conduttore, esercitare l'attività venatoria fino al venir meno delle ragioni del divieto.

7. L'esercizio venatorio è, comunque, vietato in forma vagante sui terreni in attualità di coltivazione. Si considerano in attualità di coltivazione: i terreni con coltivazioni erbacee da seme; i frutteti specializzati; i vigneti e gli uliveti specializzati fino alla data del raccolto; i terreni coltivati a soia e a riso, nonché a mais per la produzione di seme fino alla data del raccolto. L'esercizio venatorio in forma vagante è inoltre vietato sui terreni in attualità di coltivazione individuati dalle regioni, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro strutture regionali, in relazione all'esigenza di protezione di altre colture specializzate o intensive.

8. L'esercizio venatorio è vietato a chiunque nei fondi chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura, di altezza non inferiore a metri 1,20, o da corsi o specchi d'acqua perenni il cui letto abbia la profondità di almeno metri 1,50 e la larghezza di almeno 3 metri. I fondi chiusi esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge e quelli che si intenderà successivamente istituire devono essere notificati ai competenti uffici regionali. I proprietari o i conduttori dei fondi di cui al presente comma provvedono ad apporre a loro carico adeguate tabellazioni esenti da tasse.

9. La superficie dei fondi di cui al comma 8 entra a far parte della quota dal 20 al 30 per cento del territorio agro-silvo-pastorale di cui all'articolo 10, comma 3.

10. Le regioni regolamentano l'esercizio venatorio nei fondi con presenza di bestiame allo stato brado o semibrado, secondo le particolari caratteristiche ambientali e di carico per ettaro, e stabiliscono i parametri entro i quali tale esercizio è vietato nonché le modalità di delimitazione dei fondi stessi.

11. Scaduti i termini di cui all'articolo 36, commi 5 e 6, fissati per l'adozione degli atti che consentano la piena attuazione della presente legge nella stagione venatoria 1994-1995, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste provvede in via sostitutiva secondo le modalità di cui all'articolo 14, comma 15. Comunque, a partire dal 31 luglio 1997 le disposizioni di cui al primo comma dell'articolo 842 del codice civile si applicano esclusivamente nei territori sottoposti al regime di gestione programmata della caccia ai sensi degli articoli 10 e 14 (9/a).

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(9) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.

(9/a) Comma così modificato dall'art. 11-bis, D.L. 23 ottobre 1996, n. 542, riportato alla voce Termini di prescrizione e decadenza (Sospensione di). Lo stesso articolo ha, inoltre, disposto che non sono punibili i fatti commessi, in violazione delle presenti norme, in data anteriore a quella di entrata in vigore della legge di conversione del suddetto decreto-legge.

16. Aziende faunistico-venatorie e aziende agri-turistico-venatorie.

1. Le regioni, su richiesta degli interessati e sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, entro i limiti del 15 per cento del proprio territorio agro-silvo-pastorale, possono:

a) autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di aziende faunistico-venatorie, senza fini di lucro, soggette a tassa di concessione regionale, per prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche con particolare riferimento alla tipica fauna alpina e appenninica, alla grossa fauna europea e a quella acquatica; dette concessioni devono essere corredate di programmi di conservazione e di ripristino ambientale al fine di garantire l'obiettivo naturalistico e faunistico. In tali aziende la caccia è consentita nelle giornate indicate dal calendario venatorio secondo i piani di assestamento e di abbattimento. In ogni caso, nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto;

b) autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di aziende agri-turistico-venatorie, ai fini di impresa agricola, soggette a tassa di concessione regionale, nelle quali sono consentiti l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica di allevamento.

2. Le aziende agri-turistico-venatorie devono:

a) essere preferibilmente situate nei territori di scarso rilievo faunistico;

b) coincidere preferibilmente con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del citato regolamento (CEE) n. 1094/88.

3. Le aziende agri-turistico-venatorie nelle zone umide e vallive possono essere autorizzate solo se comprendono bacini artificiali e fauna acquatica di allevamento, nel rispetto delle convenzioni internazionali.

4. L'esercizio dell'attività venatoria nelle aziende di cui al comma 1 è consentito nel rispetto delle norme della presente legge con la esclusione dei limiti di cui all'articolo 12, comma 5.

17. Allevamenti.

1. Le regioni autorizzano, regolamentandolo, l'allevamento di fauna selvatica a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale.

2. Le regioni, ferme restando le competenze dell'Ente nazionale per la cinofilia italiana, dettano altresì norme per gli allevamenti dei cani da caccia.

3. Nel caso in cui l'allevamento di cui al comma 1 sia esercitato dal titolare di un'impresa agricola, questi è tenuto a dare semplice comunicazione alla competente autorità provinciale nel rispetto delle norme regionali.

4. Le regioni, ai fini dell'esercizio dell'allevamento a scopo di ripopolamento, organizzato in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, possono consentire al titolare, nel rispetto delle norme della presente legge, il prelievo di mammiferi ed uccelli in stato di cattività con i mezzi di cui all'articolo 13.

18. Specie cacciabili e periodi di attività venatoria.

1. Ai fini dell'esercizio venatorio è consentito abbattere esemplari di fauna selvatica appartenenti alle seguenti specie e per i periodi sottoindicati:

a) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al 31 dicembre: quaglia (Coturnix coturnix); tortora (Streptopeia turtur); merlo (Turdus merula); [passero (Passer italiae)] (9/b); [passera mattugia (Passer montanus)] (9/b); [passera oltremontana (Passer domesticus)] (9/b); allodola (Alauda arvensis); [colino della Virginia (Colinus virginianus)] (9/b); starna (Perdix perdix); pernice rossa (Alectoris rufa); pernice sarda (Alectoris barbara); lepre comune (Lepus europaeus); lepre sarda (Lepus capensis); coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus); minilepre (Silvilagus floridamus);

b) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio: [storno (Sturnus vulgaris)] (9/b); cesena (Turdus pilaris); tordo bottaccio (Turdus philomelos); tordo sassello (Turdus iliacus); fagiano (Phasianus colchicus); germano reale (Anas platyrhynchos); folaga (Fulica atra); gallinella d'acqua (Gallinula chloropus); alzavola (Anas crecca); canapiglia (Anas strepera); porciglione (Rallus aquaticus); fischione (Anas penelope); codone (Anas acuta); marzaiola (Anas querquedula); mestolone (Anas clypeata); moriglione (Aythya ferina); moretta (Aythya fuligula); beccaccino (Gallinago gallinago); colombaccio (Columba palumbus); frullino (Lymnocryptes minimus); [fringuello (Fringilla coelebs)] (9/c); [peppola (Fringilla montifringilla)] (9/c); combattente (Philomachus pugnax); beccaccia (Scolopax rusticola); [taccola (Corvus monedula)] (9/b); [corvo (Corvus frugilegus)] (9/b); cornacchia nera (Corvus corone); pavoncella (Vanellus vanellus); [pittima reale (Limosa limosa)] (9/b); cornacchia grigia (Corvus corone cornix); ghiandaia (Garrulus glandarius); gazza (Pica pica); volpe (Vulpes vulpes);

c) specie cacciabili dal 1 ottobre al 30 novembre: pernice bianca (Lagopus mutus); fagiano di monte (Tetrao tetrix); [francolino di monte (Bonasa bonasia)] (9/b); coturnice (Alectoris graeca); camoscio alpino (Rupicapra rupicapra); capriolo (Capreolus capreolus); cervo (Cervus elaphus); daino (Dama dama); muflone (Ovis musimon); con esclusione della popolazione sarda; lepre bianca (Lepus timidus);

d) specie cacciabili dal 1 ottobre al 31 dicembre o dal 1 novembre al 31 gennaio: cinghiale (Sus scrofa);

e) specie cacciabili dal 15 ottobre al 30 novembre limitatamente alla popolazione di Sicilia: Lepre italica (Lepus corsicanus) (9/d).

2. I termini di cui al comma 1 possono essere modificati per determinate specie in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realtà territoriali. Le regioni autorizzano le modifiche previo parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. I termini devono essere comunque contenuti tra il 1 settembre ed il 31 gennaio dell'anno nel rispetto dell'arco temporale massimo indicato al comma 1. L'autorizzazione regionale è condizionata alla preventiva predisposizione di adeguati piani faunistico-venatori. La stessa disciplina si applica anche per la caccia di selezione degli ungulati, sulla base di piani di abbattimento selettivi approvati dalle regioni; la caccia di selezione agli ungulati può essere autorizzata a far tempo dal 1 agosto nel rispetto dell'arco temporale di cui al comma 1.

3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, d'intesa con il Ministro dell'ambiente, vengono recepiti i nuovi elenchi delle specie di cui al comma 1, entro sessanta giorni dall'avvenuta approvazione comunitaria o dall'entrata in vigore delle convenzioni internazionali. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, d'intesa con il Ministro dell'ambiente, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, dispone variazioni dell'elenco delle specie cacciabili in conformità alle vigenti direttive comunitarie e alle convenzioni internazionali sottoscritte, tenendo conto della consistenza delle singole specie sul territorio.

4. Le regioni, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, pubblicano, entro e non oltre il 15 giugno, il calendario regionale e il regolamento relativi all'intera annata venatoria, nel rispetto di quanto stabilito ai commi 1, 2 e 3, e con l'indicazione del numero massimo di capi da abbattere in ciascuna giornata di attività venatoria.

5. Il numero delle giornate di caccia settimanali non può essere superiore a tre. Le regioni possono consentirne la libera scelta al cacciatore, escludendo i giorni di martedì e venerdì, nei quali l'esercizio dell'attività venatoria è in ogni caso sospeso.

6. Fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedì e venerdì, le regioni, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica e tenuto conto delle consuetudini locali, possono, anche in deroga al comma 5, regolamentare diversamente l'esercizio venatorio da appostamento alla fauna selvatica migratoria nei periodi intercorrenti fra il 1 ottobre e il 30 novembre.

7. La caccia è consentita da un'ora prima del sorgere del sole fino al tramonto. La caccia di selezione agli ungulati è consentita fino ad un'ora dopo il tramonto.

8. Non è consentita la posta alla beccaccia né la caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino.

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(9/b) Il D.P.C.M. 21 marzo 1997 (Gazz. Uff. 29 aprile 1997, n. 98), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ha escluso dall'elenco la presente specie. L'art. 3 dello stesso decreto ha disposto che le Regioni provvedano ai rispettivi atti legislativi ed amministrativi.

(9/c) Il D.P.C.M. 22 novembre 1993 (Gazz. Uff. 1 aprile 1994, n. 76) ha escluso dall'elenco la presente specie. L'art. 3 dello stesso decreto ha disposto che le Regioni provvedano ai rispettivi atti legislativi e amministrativi.

(9/d) Lettera aggiunta dall'articolo unico, D.P.C.M. 7 maggio 2003 (Gazz. Uff. 3 luglio 2003, n. 152).

19. Controllo della fauna selvatica.

1. Le regioni possono vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all'articolo 18, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità.

2. Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio.

3. Le province autonome di Trento e di Bolzano possono attuare i piani di cui al comma 2 anche avvalendosi di altre persone, purché munite di licenza per l'esercizio venatorio.

19-bis. Esercizio delle deroghe previste dall'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE.

1. Le regioni disciplinano l'esercizio delle deroghe previste dalla direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, conformandosi alle prescrizioni dell'articolo 9, ai princìpi e alle finalità degli articoli 1 e 2 della stessa direttiva ed alle disposizioni della presente legge.

2. Le deroghe, in assenza di altre soluzioni soddisfacenti, possono essere disposte solo per le finalità indicate dall'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 79/409/CEE e devono menzionare le specie che ne formano oggetto, i mezzi, gli impianti e i metodi di prelievo autorizzati, le condizioni di rischio, le circostanze di tempo e di luogo del prelievo, il numero dei capi giornalmente e complessivamente prelevabili nel periodo, i controlli e le forme di vigilanza cui il prelievo è soggetto e gli organi incaricati della stessa, fermo restando quanto previsto dall'articolo 27, comma 2. I soggetti abilitati al prelievo in deroga vengono individuati dalle regioni, d'intesa con gli àmbiti territoriali di caccia (ATC) ed i comprensori alpini.

3. Le deroghe di cui al comma 1 sono applicate per periodi determinati, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS), o gli istituti riconosciuti a livello regionale, e non possono avere comunque ad oggetto specie la cui consistenza numerica sia in grave diminuzione.

4. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa delibera del Consiglio dei Ministri, può annullare, dopo aver diffidato la regione interessata, i provvedimenti di deroga da questa posti in essere in violazione delle disposizioni della presente legge e della direttiva 79/409/CEE.

5. Entro il 30 giugno di ogni anno, ciascuna regione trasmette al Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero al Ministro per gli affari regionali ove nominato, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle politiche agricole e forestali, al Ministro per le politiche comunitarie, nonché all'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS), una relazione sull'attuazione delle deroghe di cui al presente articolo; detta relazione è altresì trasmessa alle competenti Commissioni parlamentari. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio trasmette annualmente alla Commissione europea la relazione di cui all'articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 79/409/CEE (9/c).

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(9/c) Articolo aggiunto dall'art. 1, L. 3 ottobre 2002, n. 221 (Gazz. Uff. 11 ottobre 2002, n. 239).

20. Introduzione di fauna selvatica dall'estero.

1. L'introduzione dall'estero di fauna selvatica viva, purché appartenente alle specie autoctone, può effettuarsi solo a scopo di ripopolamento e di miglioramento genetico.

2. I permessi d'importazione possono essere rilasciati unicamente a ditte che dispongono di adeguate strutture ed attrezzature per ogni singola specie di selvatici, al fine di avere le opportune garanzie per controlli, eventuali quarantene e relativi controlli sanitari.

3. Le autorizzazioni per le attività di cui al comma 1 sono rilasciate dal Ministro dell'agricoltura e delle foreste su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, nel rispetto delle convenzioni internazionali.

21. Divieti.

1. È vietato a chiunque:

a) l'esercizio venatorio nei giardini, nei parchi pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti ad attività sportive;

b) l'esercizio venatorio nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali conformemente alla legislazione nazionale in materia di parchi e riserve naturali. Nei parchi naturali regionali costituiti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (10), le regioni adeguano la propria legislazione al disposto dell'articolo 22, comma 6, della predetta legge entro il 31 gennaio 1997, provvedendo nel frattempo all'eventuale riperimetrazione dei parchi naturali regionali anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 32, comma 3, della legge medesima (10/a);

c) l'esercizio venatorio nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica, nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che, secondo le disposizioni regionali, sentito il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, non presentino condizioni favorevoli alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica;

d) l'esercizio venatorio ove vi siano opere di difesa dello Stato ed ove il divieto sia richiesto a giudizio insindacabile dell'autorità militare, o dove esistano beni monumentali, purché dette zone siano delimitate da tabelle esenti da tasse indicanti il divieto;

e) l'esercizio venatorio nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali; nelle zone comprese nel raggio di cento metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro e a distanza inferiore a cinquanta metri da vie di comunicazione ferroviaria e da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali ed interpoderali;

f) sparare da distanza inferiore a centocinquanta metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezza la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro; di vie di comunicazione ferroviaria e di strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali ed interpoderali; di funivie, filovie ed altri impianti di trasporto a sospensione; di stabbi, stazzi, recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero ed all'alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione agro-silvo-pastorale;

g) il trasporto, all'interno dei centri abitati e delle altre zone ove è vietata l'attività venatoria, ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere e comunque nei giorni non consentiti per l'esercizio venatorio dalla presente legge e dalle disposizioni regionali, di armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche e in custodia;

h) cacciare a rastrello in più di tre persone ovvero utilizzare, a scopo venatorio, scafandri o tute impermeabili da sommozzatore negli specchi o corsi d'acqua;

i) cacciare sparando da veicoli a motore o da natanti o da aeromobili;

l) cacciare a distanza inferiore a cento metri da macchine operatrici agricole in funzione;

m) cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve, salvo che nella zona faunistica delle Alpi, secondo le disposizioni emanante dalle regioni interessate;

n) cacciare negli stagni, nelle paludi e negli specchi d'acqua artificiali in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio e su terreni allagati da piene di fiume;

o) prendere e detenere uova, nidi e piccoli nati di mammiferi e uccelli appartenenti alla fauna selvatica, salvo che nei casi previsti all'articolo 4, comma 1, o nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica e nelle oasi di protezione per sottrarli a sicura distruzione o morte, purché, in tale ultimo caso, se ne dia pronto avviso nelle ventiquattro ore successive alla competente amministrazione provinciale;

p) usare richiami vivi, al di fuori dei casi previsti dall'articolo 5;

q) usare richiami vivi non provenienti da allevamento nella caccia agli acquatici;

r) usare a fini di richiamo uccelli vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali e richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, con o senza amplificazione del suono;

s) cacciare negli specchi d'acqua ove si esercita l'industria della pesca o dell'acquacoltura, nonché nei canali delle valli da pesca, quando il possessore le circondi con tabelle, esenti da tasse, indicanti il divieto di caccia;

t) commerciare fauna selvatica morta non proveniente da allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere gastronomico;

u) usare munizione spezzata nella caccia agli ungulati; usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni similari; fare impiego di civette; usare armi da sparo munite di silenziatore o impostate con scatto provocato dalla preda; fare impiego di balestre;

v) vendere a privati e detenere da parte di questi reti da uccellagione;

z) produrre, vendere e detenere trappole per la fauna selvatica;

aa) l'esercizio in qualunque forma del tiro al volo su uccelli a partire dal 1 gennaio 1994, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 10, comma 8, lettera e);

bb) vendere, detenere per vendere, acquistare uccelli vivi o morti, nonché loro parti o prodotti derivati facilmente riconoscibili, appartenenti alla fauna selvatica, che non appartengano alle seguenti specie: germano reale (anas platyrhynchos); pernice rossa (alectoris rufa); pernice di Sardegna (alectoris barbara); starna (perdix perdix); fagiano (phasianus colchicus); colombaccio (columba palumbus);

cc) il commercio di esemplari vivi di specie di avifauna selvatica nazionale non proveniente da allevamenti;

dd) rimuovere, danneggiare o comunque rendere inidonee al loro fine le tabelle legittimamente apposte ai sensi della presente legge o delle disposizioni regionali a specifici ambiti territoriali, ferma restando l'applicazione dell'articolo 635 del codice penale;

ee) detenere, acquistare e vendere esemplari di fauna selvatica, ad eccezione dei capi utilizzati come richiami vivi nel rispetto delle modalità previste dalla presente legge e della fauna selvatica lecitamente abbattuta, la cui detenzione viene regolamentata dalle regioni anche con le norme sulla tassidermia;

ff) l'uso dei segugi per la caccia al camoscio.

2. Se le regioni non provvedono entro il termine previsto dall'articolo 1, comma 5, ad istituire le zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell'avifauna, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste assegna alle regioni stesse novanta giorni per provvedere. Decorso inutilmente tale termine è vietato cacciare lungo le suddette rotte a meno di cinquecento metri dalla costa marina del continente e delle due isole maggiori; le regioni provvedono a delimitare tali aree con apposite tabelle esenti da tasse.

3. La caccia è vietata su tutti i valichi montani interessati dalle rotte di migrazione dell'avifauna, per una distanza di mille metri dagli stessi.

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(10) Riportata alla voce Ministero dell'ambiente.

(10/a) Lettera così modificata dall'art. 11-bis, D.L. 23 ottobre 1996, n. 542, riportato alla voce Termini di prescrizione e decadenza (Sospensione di). Lo stesso articolo ha, inoltre, disposto che non sono punibili i fatti commessi, in violazione delle presenti norme, in data anteriore a quella di entrata in vigore della legge di conversione del suddetto decreto-legge.

22. Licenza di porto di fucile per uso di caccia e abilitazione all'esercizio venatorio.

1. La licenza di porto di fucile per uso di caccia è rilasciata in conformità alle leggi di pubblica sicurezza.

2. Il primo rilascio avviene dopo che il richiedente ha conseguito l'abilitazione all'esercizio venatorio a seguito di esami pubblici dinanzi ad apposita commissione nominata dalla regione in ciascun capoluogo di provincia.

3. La commissione di cui al comma 2 è composta da esperti qualificati in ciascuna delle materie indicate al comma 4, di cui almeno un laureato in scienze biologiche o in scienze naturali esperto in vertebrati omeotermi.

4. Le regioni stabiliscono le modalità per lo svolgimento degli esami, che devono in particolare riguardare nozioni nelle seguenti materie:

a) legislazione venatoria;

b) zoologia applicata alla caccia con prove pratiche di riconoscimento delle specie cacciabili;

c) armi e munizioni da caccia e relativa legislazione;

d) tutela della natura e principi di salvaguardia della produzione agricola;

e) norme di pronto soccorso.

5. L'abilitazione è concessa se il giudizio è favorevole in tutti e cinque gli esami elencati al comma 4.

6. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni promuovono corsi di aggiornamento sulle caratteristiche innovative della legge stessa.

7. L'abilitazione all'esercizio venatorio è necessaria, oltre che per il primo rilascio della licenza, anche per il rinnovo della stessa in caso di revoca.

8. Per sostenere gli esami il candidato deve essere munito del certificato medico di idoneità.

9. La licenza di porto di fucile per uso di caccia ha la durata di sei anni e può essere rinnovata su domanda del titolare corredata di un nuovo certificato medico di idoneità di data non anteriore a tre mesi dalla domanda stessa.

10. Nei dodici mesi successivi al rilascio della prima licenza il cacciatore può praticare l'esercizio venatorio solo se accompagnato da cacciatore in possesso di licenza rilasciata da almeno tre anni che non abbia commesso violazioni alle norme della presente legge comportanti la sospensione o la revoca della licenza ai sensi dell'articolo 32.

11. Le norme di cui al presente articolo si applicano anche per l'esercizio della caccia mediante l'uso dell'arco e del falco.

23. Tasse di concessione regionale.

1. Le regioni, per conseguire i mezzi finanziari necessari per realizzare i fini previsti dalla presente legge e dalle leggi regionali in materia, sono autorizzate ad istituire una tassa di concessione regionale, ai sensi dell'articolo 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281 (11), e successive modificazioni, per il rilascio dell'abilitazione all'esercizio venatorio di cui all'articolo 22.

2. La tassa di cui al comma 1 è soggetta al rinnovo annuale e può essere fissata in misura non inferiore al 50 per cento e non superiore al 100 per cento della tassa erariale di cui al numero 26, sottonumero I), della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641 (12), e successive modificazioni. Essa non è dovuta qualora durante l'anno il cacciatore eserciti l'attività venatoria esclusivamente all'estero.

3. Nel caso di diniego della licenza di porto di fucile per uso di caccia la tassa regionale deve essere rimborsata. La tassa di concessione regionale viene rimborsata anche al cacciatore che rinunci all'assegnazione dell'ambito territoriale di caccia. La tassa di rinnovo non è dovuta qualora non si eserciti la caccia durante l'anno.

4. I proventi della tassa di cui al comma 1 sono utilizzati anche per il finanziamento o il concorso nel finanziamento di progetti di valorizzazione del territorio presentati anche da singoli proprietari o conduttori di fondi, che, nell'ambito della programmazione regionale, contemplino, tra l'altro, la creazione di strutture per l'allevamento di fauna selvatica nonché dei riproduttori nel periodo autunnale; la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica; l'adozione di forme di lotta integrata e di lotta guidata; il ricorso a tecniche colturali e tecnologie innovative non pregiudizievoli per l'ambiente; la valorizzazione agri-turistica di percorsi per l'accesso alla natura e alla conoscenza scientifica e culturale della fauna ospite; la manutenzione e pulizia dei boschi anche al fine di prevenire incendi.

5. Gli appostamenti fissi, i centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, le aziende faunistico-venatorie e le aziende agri-turistico-venatorie sono soggetti a tasse regionali.

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(11) Riportata alla voce Regioni.

(12) Riportato alla voce Concessioni governative (Tasse sulle).

24. Fondo presso il Ministero del tesoro.

1. A decorrere dall'anno 1992 presso il Ministero del tesoro è istituito un fondo la cui dotazione è alimentata da una addizionale di lire 10.000 alla tassa di cui al numero 26, sottonumero I), della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641 (12), e successive modificazioni.

2. Le disponibilità del fondo sono ripartite entro il 31 marzo di ciascun anno con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con i Ministri delle finanze e dell'agricoltura e delle foreste, nel seguente modo:

a) 4 per cento per il funzionamento e l'espletamento dei compiti istituzionali del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale;

b) 1 per cento per il pagamento della quota di adesione dello Stato italiano al Consiglio internazionale della caccia e della conservazione della selvaggina;

c) 95 per cento fra le associazioni venatorie nazionali riconosciute, in proporzione alla rispettiva, documentata consistenza associativa.

3. L'addizionale di cui al presente articolo non è computata ai fini di quanto previsto all'articolo 23, comma 2.

4. L'attribuzione della dotazione prevista dal presente articolo alle associazioni venatorie nazionali riconosciute non comporta l'assoggettamento delle stesse al controllo previsto dalla legge 21 marzo 1958, n. 259 (13).

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(12) Riportato alla voce Concessioni governative (Tasse sulle).

(13) Riportata alla voce Corte dei Conti.

25. Fondo di garanzia per le vittime della caccia.

1. È costituito presso l'Istituto nazionale delle assicurazioni un Fondo di garanzia per le vittime della caccia per il risarcimento dei danni a terzi causati dall'esercizio dell'attività venatoria nei seguenti casi:

a) l'esercente l'attività venatoria responsabile dei danni non sia identificato;

b) l'esercente l'attività venatoria responsabile dei danni non risulti coperto dall'assicurazione per la responsabilità civile verso terzi di cui all'articolo 12, comma 8 (14).

2. Nell'ipotesi di cui alla lettera a) del comma 1 il risarcimento è dovuto per i soli danni alla persona che abbiano comportato la morte od un'invalidità permanente superiore al 20 per cento, con il limite massimo previsto per ogni persona sinistrata dall'articolo 12, comma 8. Nell'ipotesi di cui alla lettera b) del comma 1 il risarcimento è dovuto per i danni alla persona, con il medesimo limite massimo di cui al citato articolo 12, comma 8, nonché per i danni alle cose il cui ammontare sia superiore a lire un milione e per la parte eccedente tale ammontare, sempre con il limite massimo di cui al citato articolo 12, comma 8. La percentuale di invalidità permanente, la qualifica di vivente a carico e la percentuale di reddito del sinistrato da calcolare a favore di ciascuno dei viventi a carico sono determinate in base alle norme del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, recante il testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

3. Le modalità di gestione da parte dell'Istituto nazionale delle assicurazioni del Fondo di garanzia per le vittime della caccia sono stabilite con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

4. Le imprese esercenti l'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile di cui all'articolo 12, comma 8, sono tenute a versare annualmente all'Istituto nazionale delle assicurazioni, gestione autonoma del Fondo di garanzia per le vittime della caccia, un contributo da determinarsi in una percentuale dei premi incassati per la predetta assicurazione. La misura del contributo è determinata annualmente con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato nel limite massimo del 5 per cento dei predetti premi. Con lo stesso decreto sono stabilite le modalità di versamento del contributo. Nel primo anno di applicazione della presente legge il contributo predetto è stabilito nella misura dello 0,5 per cento dei premi del ramo responsabilità civile generale risultanti dall'ultimo bilancio approvato, da conguagliarsi l'anno successivo sulla base dell'aliquota che sarà stabilita dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, applicata ai premi dell'assicurazione di cui all'articolo 12, comma 8 (14/a).

5. L'Istituto nazionale delle assicurazioni, gestione autonoma del Fondo di garanzia per le vittime della caccia, che, anche in via di transazione, abbia risarcito il danno nei casi previsti dal comma 1, ha azione di regresso nei confronti del responsabile del sinistro per il recupero dell'indennizzo pagato nonché dei relativi interessi e spese (15/cost).

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(14) La Corte costituzionale, con sentenza 23 ottobre-6 novembre 2000, n. 470 (Gazz. Uff. 15 novembre 2000, n. 47 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui non prevede il risarcimento dei danni alla persona da parte del Fondo di garanzia per le vittime della caccia nel caso in cui colui che ha causato il danno risulti assicurato presso un'impresa assicuratrice che al momento del sinistro si trovi in stato di liquidazione coatta o vi venga posta successivamente.

(14/a) Per la determinazione del contributo e delle modalità di versamento di cui al presente comma, vedi il D.M. 12 ottobre 1993, riportato al n. XXXIII.

(15/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 17-24 giugno 2002, n. 278 (Gazz. Uff. 3 luglio 2002, n. 26, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 25 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

26. Risarcimento dei danni prodotti dalla fauna selvatica e dall'attività venatoria.

1. Per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola e alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo dalla fauna selvatica, in particolare da quella protetta, e dall'attività venatoria, è costituito a cura di ogni regione un fondo destinato alla prevenzione e ai risarcimenti, al quale affluisce anche una percentuale dei proventi di cui all'articolo 23.

2. Le regioni provvedono, con apposite disposizioni, a regolare il funzionamento del fondo di cui al comma 1, prevedendo per la relativa gestione un comitato in cui siano presenti rappresentanti di strutture provinciali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e rappresentanti delle associazioni venatorie nazionali riconosciute maggiormente rappresentative.

3. Il proprietario o il conduttore del fondo è tenuto a denunciare tempestivamente i danni al comitato di cui al comma 2, che procede entro trenta giorni alle relative verifiche anche mediante sopralluogo e ispezioni e nei centottanta giorni successivi alla liquidazione.

4. Per le domande di prevenzione dei danni, il termine entro cui il procedimento deve concludersi è direttamente disposto con norma regionale (14/cost).

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(14/cost) La Corte costituzionale con ordinanza 15-29 dicembre 2000, n. 581 (Gazz. Uff. 3 gennaio 2001, n. 1, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, sollevata in riferimento agli artt. 3, 32, primo comma, e 42, secondo comma, della Cost.

27. Vigilanza venatoria.

1. La vigilanza sulla applicazione della presente legge e delle leggi regionali è affidata:

a) agli agenti dipendenti degli enti locali delegati dalle regioni. A tali agenti è riconosciuta, ai sensi della legislazione vigente, la qualifica di agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza. Detti agenti possono portare durante il servizio e per i compiti di istituto le armi da caccia di cui all'articolo 13 nonché armi con proiettili a narcotico. Le armi di cui sopra sono portate e detenute in conformità al regolamento di cui all'articolo 5, comma 5, della legge 7 marzo 1986, n. 65 (15);

b) alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale nazionali presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale e a quelle delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente, alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (16).

2. La vigilanza di cui al comma 1 è, altresì, affidata agli ufficiali, sottufficiali e guardie del Corpo forestale dello Stato, alle guardie addette a parchi nazionali e regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, alle guardie giurate comunali, forestali e campestri ed alle guardie private riconosciute ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza; è affidata altresì alle guardie ecologiche e zoofile riconosciute da leggi regionali.

3. Gli agenti svolgono le proprie funzioni, di norma, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza.

4. La qualifica di guardia volontaria può essere concessa, a norma del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, a cittadini in possesso di un attestato di idoneità rilasciato dalle regioni previo superamento di apposito esame. Le regioni disciplinano la composizione delle commissioni preposte a tale esame garantendo in esse la presenza tra loro paritaria di rappresentanti di associazioni venatorie, agricole ed ambientaliste.

5. Agli agenti di cui ai commi 1 e 2 con compiti di vigilanza è vietato l'esercizio venatorio nell'ambito del territorio in cui esercitano le funzioni. Alle guardie venatorie volontarie è vietato l'esercizio venatorio durante l'esercizio delle loro funzioni.

6. I corsi di preparazione e di aggiornamento delle guardie per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza sull'esercizio venatorio, sulla tutela dell'ambiente e della fauna e sulla salvaguardia delle produzioni agricole, possono essere organizzati anche dalle associazioni di cui al comma 1, lettera b), sotto il controllo della regione.

7. Le province coordinano l'attività delle guardie volontarie delle associazioni agricole, venatorie ed ambientaliste.

8. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, d'intesa con il Ministro dell'ambiente, garantisce il coordinamento in ordine alle attività delle associazioni di cui al comma 1, lettera b), rivolte alla preparazione, aggiornamento ed utilizzazione delle guardie volontarie.

9. I cittadini in possesso, a norma del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, della qualifica di guardia venatoria volontaria alla data di entrata in vigore della presente legge, non necessitano dell'attestato di idoneità di cui al comma 4 (16/a).

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(15) Riportata alla voce Comuni e province.

(16) Riportato alla voce Sicurezza pubblica.

(16/a) Vedi, anche, l'art. 163, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, riportato alla voce Regioni.

28. Poteri e compiti degli addetti alla vigilanza venatoria.

1. I soggetti preposti alla vigilanza venatoria ai sensi dell'articolo 27 possono chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio o in attitudine di caccia, la esibizione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, del tesserino di cui all'articolo 12, comma 12, del contrassegno della polizza di assicurazione nonché della fauna selvatica abbattuta o catturata.

2. Nei casi previsti dall'articolo 30, gli ufficiali ed agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati. In caso di condanna per le ipotesi di cui al medesimo articolo 30, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), le armi e i suddetti mezzi sono in ogni caso confiscati.

3. Quando è sequestrata fauna selvatica, viva o morta, gli ufficiali o agenti la consegnano all'ente pubblico localmente preposto alla disciplina dell'attività venatoria il quale, nel caso di fauna viva, provvede a liberarla in località adatta ovvero, qualora non risulti liberabile, a consegnarla ad un organismo in grado di provvedere alla sua riabilitazione e cura ed alla successiva reintroduzione nel suo ambiente naturale; in caso di fauna viva sequestrata in campagna, e che risulti liberabile, la liberazione è effettuata sul posto dagli agenti accertatori. Nel caso di fauna morta, l'ente pubblico provvede alla sua vendita tenendo la somma ricavata a disposizione della persona cui è contestata l'infrazione ove si accerti successivamente che l'illecito non sussiste; se, al contrario, l'illecito sussiste, l'importo relativo deve essere versato su un conto corrente intestato alla regione.

4. Della consegna o della liberazione di cui al comma 3, gli ufficiali o agenti danno atto in apposito verbale nel quale sono descritte le specie e le condizioni degli esemplari sequestrati, e quant'altro possa avere rilievo ai fini penali.

5. Gli organi di vigilanza che non esercitano funzioni di polizia giudiziaria, i quali accertino, anche a seguito di denuncia, violazioni delle disposizioni sull'attività venatoria, redigono verbali, conformi alla legislazione vigente, nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore, e li trasmettono all'ente da cui dipendono ed all'autorità competente ai sensi delle disposizioni vigenti.

6. Gli agenti venatori dipendenti degli enti locali che abbiano prestato servizio sostitutivo ai sensi della legge 15 dicembre 1972, n. 772 (17), e successive modifiche e integrazioni, non sono ammessi all'esercizio di funzioni di pubblica sicurezza, fatto salvo il divieto di cui all'articolo 9 della medesima legge.

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(17) Riportata alla voce Forze armate.

29. Agenti dipendenti degli enti locali.

1. Ferme restando le altre disposizioni della legge 7 marzo 1986, n. 65 (18), gli agenti dipendenti degli enti locali, cui sono conferite a norma di legge le funzioni di agente di polizia giudiziaria e di agente di pubblica sicurezza per lo svolgimento dell'attività di vigilanza venatoria, esercitano tali attribuzioni nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei luoghi nei quali sono comandati a prestare servizio, e portano senza licenza le armi di cui sono dotati nei luoghi predetti ed in quelli attraversati per raggiungerli e per farvi ritorno.

2. Gli stessi agenti possono redigere i verbali di contestazione delle violazioni e degli illeciti amministrativi previsti dalla presente legge, e gli altri atti indicati dall'articolo 28, anche fuori dall'orario di servizio.

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(18) Riportata alla voce Comuni e province.

30. Sanzioni penali.

1. Per le violazioni delle disposizioni, della presente legge e delle leggi regionali si applicano le seguenti sanzioni:

a) l'arresto da tre mesi ad un anno o l'ammenda da lire 1.800.000 a lire 5.000.000 per chi esercita la caccia in periodo di divieto generale, intercorrente tra la data di chiusura e la data di apertura fissata dall'articolo 18;

b) l'arresto da due a otto mesi o l'ammenda da lire 1.500.000 a lire 4.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene mammiferi o uccelli compresi nell'elenco di cui all'articolo 2;

c) l'arresto da tre mesi ad un anno e l'ammenda da lire 2.000.000 a lire 12.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene esemplari di orso, stambecco, camoscio d'Abruzzo, muflone sardo;

d) l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda da lire 900.000 a lire 3.000.000 per chi esercita la caccia nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali, nelle riserve naturali, nelle oasi di protezione, nelle zone di ripopolamento e cattura, nei parchi e giardini urbani, nei terreni adibiti ad attività sportive;

e) l'arresto fino ad un anno o l'ammenda da lire 1.500.000 a lire 4.000.000 per chi esercita l'uccellagione;

f) l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda fino a lire 1.000.000 per chi esercita la caccia nei giorni di silenzio venatorio;

g) l'ammenda fino a lire 6.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene esemplari appartenenti alla tipica fauna stanziale alpina, non contemplati nella lettera b), della quale sia vietato l'abbattimento;

h) l'ammenda fino a lire 3.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene specie di mammiferi o uccelli nei cui confronti la caccia non è consentita o fringillidi in numero superiore a cinque o per chi esercita la caccia con mezzi vietati. La stessa pena si applica a chi esercita la caccia con l'ausilio di richiami vietati di cui all'articolo 21, comma 1, lettera r). Nel caso di tale infrazione si applica altresì la misura della confisca dei richiami (7/cost);

i) l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda fino a lire 4.000.000 per chi esercita la caccia sparando da autoveicoli, da natanti o da aeromobili;

l) l'arresto da due a sei mesi o l'ammenda da lire 1.000.000 a lire 4.000.000 per chi pone in commercio o detiene a tal fine fauna selvatica in violazione della presente legge. Se il fatto riguarda la fauna di cui alle lettere b), c) e g), le pene sono raddoppiate.

2. Per la violazione delle disposizioni della presente legge in materia di imbalsamazione e tassidermia si applicano le medesime sanzioni che sono comminate per l'abbattimento degli animali le cui spoglie sono oggetto del trattamento descritto. Le regioni possono prevedere i casi e le modalità di sospensione e revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di tassidermia e imbalsamazione.

3. Nei casi di cui al comma 1 non si applicano gli articoli 624, 625 e 626 del codice penale (18/cost). Salvo quanto espressamente previsto dalla presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni di legge e di regolamento in materia di armi.

4. Ai sensi dell'articolo 23 del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (19), le sanzioni penali stabilite dal presente articolo si applicano alle corrispondenti fattispecie come disciplinate dalle leggi provinciali (19/cost).

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(7/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 20-30 marzo 1995, n. 95 (Gazz. Uff. 5 aprile 1995, n. 14, Serie speciale), ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30, primo comma, lett. h), e dell'art. 13, sollevata in riferimento agli artt. 25, secondo comma e 3 della Costituzione.

(18/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-12 febbraio 1996, n. 32 (Gazz. Uff. 21 febbraio 1996, n. 8, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 30, comma 3, primo periodo, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 9 della Costituzione.

(19) Riportato alla voce Trentino-Alto Adige.

(19/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-19 gennaio 1995 n. 25 (Gazz. Uff. 25 gennaio 1995, n. 4, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 30 e 31, sollevata in riferimento agli artt. 3, 9 e 42 della Costituzione.

31. Sanzioni amministrative.

1. Per le violazioni delle disposizioni della presente legge e delle leggi regionali, salvo che il fatto sia previsto dalla legge come reato, si applicano le seguenti sanzioni amministrative:

a) sanzione amministrativa da lire 400.000 a lire 2.400.000 per chi esercita la caccia in una forma diversa da quella prescelta ai sensi dell'articolo 12, comma 5;

b) sanzione amministrativa da lire 200.000 a lire 1.200.000 per chi esercita la caccia senza avere stipulato la polizza di assicurazione; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da lire 400.000 a lire 2.400.000;

c) sanzione amministrativa da lire 300.000 a lire 1.800.000 per chi esercita la caccia senza aver effettuato il versamento delle tasse di concessione governativa o regionale; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da lire 500.000 a lire 3.000.000;

d) sanzione amministrativa da lire 300.000 a lire 1.800.000 per chi esercita senza autorizzazione la caccia all'interno delle aziende faunistico-venatorie, nei centri pubblici o privati di riproduzione e negli ambiti e comprensori destinati alla caccia programmata; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da lire 500.000 a lire 3.000.000; in caso di ulteriore violazione la sanzione è da lire 700.000 a lire 4.200.000. Le sanzioni previste dalla presente lettera sono ridotte di un terzo se il fatto è commesso mediante sconfinamento in un comprensorio o in un ambito territoriale di caccia viciniore a quello autorizzato;

e) sanzione amministrativa da lire 200.000 a lire 1.200.000 per chi esercita la caccia in zone di divieto non diversamente sanzionate; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da lire 500.000 a lire 3.000.000;

f) sanzione amministrativa da lire 200.000 a lire 1.200.000 per chi esercita la caccia in fondo chiuso, ovvero nel caso di violazione delle disposizioni emanate dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano per la protezione delle coltivazioni agricole; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da lire 500.000 a lire 3.000.000;

g) sanzione amministrativa da lire 200.000 a lire 1.200.000 per chi esercita la caccia in violazione degli orari consentiti o abbatte, cattura o detiene fringillidi in numero non superiore a cinque; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da lire 400.000 a lire 2.400.000;

h) sanzione amministrativa da lire 300.000 a lire 1.800.000 per chi si avvale di richiami non autorizzati, ovvero in violazione delle disposizioni emanate dalle regioni ai sensi dell'articolo 5, comma 1; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da lire 500.000 a lire 3.000.000;

i) sanzione amministrativa da lire 150.000 a lire 900.000 per chi non esegue le prescritte annotazioni sul tesserino regionale;

l) sanzione amministrativa da lire 150.000 a lire 900.000 per ciascun capo, per chi importa fauna selvatica senza l'autorizzazione di cui all'articolo 20, comma 2; alla violazione consegue la revoca di eventuali autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 20 per altre introduzioni;

m) sanzione amministrativa da lire 50.000 a lire 300.000 per chi, pur essendone munito, non esibisce, se legittimamente richiesto, la licenza, la polizza di assicurazione o il tesserino regionale; la sanzione è applicata nel minimo se l'interessato esibisce il documento entro cinque giorni.

2. Le leggi regionali prevedono sanzioni per gli abusi e l'uso improprio della tabellazione dei terreni.

3. Le regioni prevedono la sospensione dell'apposito tesserino di cui all'articolo 12, comma 12, per particolari infrazioni o violazioni delle norme regionali sull'esercizio venatorio.

4. Resta salva l'applicazione delle norme di legge e di regolamento per la disciplina delle armi e in materia fiscale e doganale.

5. Nei casi previsti dal presente articolo non si applicano gli articoli 624, 625 e 626 del codice penale.

6. Per quanto non altrimenti previsto dalla presente legge, si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 (20), e successive modificazioni (19/cost).

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(20) Riportata alla voce Ordinamento giudiziario.

(19/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-19 gennaio 1995 n. 25 (Gazz. Uff. 25 gennaio 1995, n. 4, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 30 e 31, sollevata in riferimento agli artt. 3, 9 e 42 della Costituzione.

32. Sospensione, revoca e divieto di rilascio della licenza di porto di fucile per uso di caccia. Chiusura o sospensione dell'esercizio.

1. Oltre alle sanzioni penali previste dall'articolo 30, nei confronti di chi riporta sentenza di condanna definitiva o decreto penale di condanna divenuto esecutivo per una delle violazioni di cui al comma 1 dello stesso articolo, l'autorità amministrativa dispone:

a) la sospensione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, per un periodo da uno a tre anni, nei casi previsti dal predetto articolo 30, comma 1, lettere a), b), d), ed i), nonché, relativamente ai fatti previsti dallo stesso comma, lettere f), g) e h), limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1, del codice penale;

b) la revoca della licenza di porto di fucile per uso di caccia ed il divieto di rilascio per un periodo di dieci anni, nei casi previsti dal predetto articolo 30, comma 1, lettere c) ed e), nonché, relativamente ai fatti previsti dallo stesso comma, lettere d) ed i), limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1, del codice penale;

c) l'esclusione definitiva della concessione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, nei casi previsti dal predetto articolo 30, comma 1, lettere a), b), c) ed e), limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1, del codice penale;

d) la chiusura dell'esercizio o la sospensione del relativo provvedimento autorizzatorio per un periodo di un mese, nel caso previsto dal predetto articolo 30, comma 1, lettera l); nelle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1, del codice penale, la chiusura o la sospensione è disposta per un periodo da due a quattro mesi.

2. I provvedimenti indicati nel comma 1 sono adottati dal questore della provincia del luogo di residenza del contravventore, a seguito della comunicazione del competente ufficio giudiziario, quando è effettuata l'oblazione ovvero quando diviene definitivo il provvedimento di condanna.

3. Se l'oblazione non è ammessa, o non è effettuata nei trenta giorni successivi all'accertamento, l'organo accertatore dà notizia delle contestazioni effettuate a norma dell'articolo 30, comma 1, lettere a), b), c), d), e) ed i), al questore, il quale può disporre la sospensione cautelare ed il ritiro temporaneo della licenza a norma delle leggi di pubblica sicurezza.

4. Oltre alle sanzioni amministrative previste dall'articolo 31, si applica il provvedimento di sospensione per un anno della licenza di porto di fucile per uso di caccia nei casi indicati dallo stesso articolo 31, comma 1, lettera a), nonché, laddove la violazione sia nuovamente commessa, nei casi indicati alle lettere b), d), f) e g) del medesimo comma. Se la violazione di cui alla citata lettera a) è nuovamente commessa, la sospensione è disposta per un periodo di tre anni.

5. Il provvedimento di sospensione della licenza di porto di fucile per uso di caccia di cui al comma 4 è adottato dal questore della provincia del luogo di residenza di chi ha commesso l'infrazione, previa comunicazione, da parte dell'autorità amministrativa competente, che è stato effettuato il pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria o che non è stata proposta opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione ovvero che è stato definito il relativo giudizio.

6. L'organo accertatore dà notizia delle contestazioni effettuate a norma del comma 4 al questore, il quale può valutare il fatto ai fini della sospensione e del ritiro temporaneo della licenza a norma delle leggi di pubblica sicurezza.

33. Rapporti sull'attività di vigilanza.

1. Nell'esercizio delle funzioni amministrative di cui all'articolo 9 le regioni, entro il mese di maggio di ciascun anno a decorrere dal 1993, trasmettono al Ministro dell'agricoltura e delle foreste un rapporto informativo nel quale, sulla base di dettagliate relazioni fornite dalle province, è riportato lo stato dei servizi preposti alla vigilanza, il numero degli accertamenti effettuati in relazione alle singole fattispecie di illecito e un prospetto riepilogativo delle sanzioni amministrative e delle misure accessorie applicate. A tal fine il questore comunica tempestivamente all'autorità regionale, entro il mese di aprile di ciascun anno, i dati numerici inerenti alle misure accessorie applicate nell'anno precedente.

2. I rapporti di cui al comma 1 sono trasmessi al Parlamento entro il mese di ottobre di ciascun anno.

34. Associazioni venatorie.

1. Le associazioni venatorie sono libere.

2. Le associazioni venatorie istituite per atto pubblico possono chiedere di essere riconosciute agli effetti della presente legge, purché posseggano i seguenti requisiti:

a) abbiano finalità ricreative, formative e tecnico-venatorie;

b) abbiano ordinamento democratico e posseggano una stabile organizzazione a carattere nazionale, con adeguati organi periferici;

c) dimostrino di avere un numero di iscritti non inferiore ad un quindicesimo del totale dei cacciatori calcolato dall'Istituto nazionale di statistica, riferito al 31 dicembre dell'anno precedente quello in cui avviene la presentazione della domanda di riconoscimento.

3. Le associazioni di cui al comma 2 sono riconosciute con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste di concerto con il Ministro dell'interno, sentito il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale.

4. Qualora vengano meno i requisiti previsti per il riconoscimento, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste dispone con decreto la revoca del riconoscimento stesso.

5. Si considerano riconosciute agli effetti della presente legge la Federazione italiana della caccia e le associazioni venatorie nazionali (Associazione migratoristi italiani, Associazione nazionale libera caccia, ARCI-Caccia, Unione nazionale Enalcaccia pesca e tiro, Ente produttori selvaggina, Associazione italiana della caccia - Italcaccia) già riconosciute ed operanti ai sensi dell'articolo 86 del testo unico delle norme per la protezione della selvaggina e per l'esercizio della caccia, approvata con regio decreto 5 giugno 1939, n. 1016 (21), come sostituito dall'articolo 35 della legge 2 agosto 1967, n. 799.

6. Le associazioni venatorie nazionali riconosciute sono sottoposte alla vigilanza del Ministro dell'agricoltura e delle foreste.

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(21) Riportato al n. I.

35. Relazione sullo stato di attuazione della legge.

1. Al termine dell'annata venatoria 1994-1995 le regioni trasmettono al Ministro dell'agricoltura e delle foreste e al Ministro dell'ambiente una relazione sull'attuazione della presente legge.

2. Sulla base della relazioni di cui al comma 1, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, d'intesa con il Ministro dell'ambiente, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, presenta al Parlamento una relazione complessiva sullo stato di attuazione della presente legge.

36. Disposizioni transitorie.

1. Le aziende faunistico-venatorie autorizzate dalle regioni ai sensi dell'articolo 36 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 (22), fino alla naturale scadenza della concessione sono regolate in base al provvedimento di concessione.

2. Su richiesta del concessionario, le regioni possono trasformare le aziende faunistico-venatorie di cui al comma 1 in aziende agri-turistico-venatorie.

3. Coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, detengano richiami vivi appartenenti a specie non consentite ovvero, se appartenenti a specie consentite, ne detengano un numero superiore a quello stabilito dalla presente legge, sono tenuti a farne denuncia all'ente competente.

4. In sede di prima attuazione, il Ministero dell'agricoltura e delle foreste definisce l'indice di densità venatoria minima di cui all'articolo 14, commi 3 e 4, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

5. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste sono fissati i termini per l'adozione, da parte dei soggetti partecipanti al procedimento di programmazione ai sensi della presente legge, degli atti di rispettiva competenza, secondo modalità che consentano la piena attuazione della legge stessa nella stagione venatoria 1994-1995 (23).

6. Le regioni adeguano la propria legislazione ai princìpi ed alle norme stabiliti dalla presente legge entro e non oltre il 31 luglio 1997 (24).

7. Le regioni a statuto speciale e le province autonome, entro il medesimo termine di cui al comma 6, adeguano la propria legislazione ai princìpi ed alle norme stabiliti dalla presente legge nei limiti della Costituzione e dei rispettivi statuti.

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(22) Riportata al n. XXII.

(23) Vedi il D.M. 12 agosto 1992, riportato al n. XXX.

(24) Comma così modificato dall'art. 11-bis, D.L. 23 ottobre 1996, n. 542, riportato alla voce Termini di prescrizione e decadenza (Sospensione di). Lo stesso articolo ha, inoltre, disposto che non sono punibili i fatti commessi, in violazione delle presenti norme, in data anteriore a quella di entrata in vigore della legge di conversione del suddetto decreto-legge.

37. Disposizioni finali.

1. È abrogata la legge 27 dicembre 1977, n. 968 (22), ed ogni altra disposizione in contrasto con la presente legge.

2. Il limite per la detenzione delle armi da caccia di cui al sesto comma dell'articolo 10 della legge 18 aprile 1975, n. 110 (25), come modificato dall'articolo 1 della legge 25 marzo 1986, n. 85, e dall'articolo 4 della legge 21 febbraio 1990, n. 36, è soppresso.

3. Ferme restando le disposizioni che disciplinano l'attività dell'Ente nazionale per la protezione degli animali, le guardie zoofile volontarie che prestano servizio presso di esso esercitano la vigilanza sull'applicazione della presente legge e delle leggi regionali in materia di caccia a norma dell'articolo 27, comma 1, lettera b).

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(22) Riportata al n. XXII.

(25) Riportata alla voce Sicurezza pubblica.


L. 14-02-1994 n. 124
Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla biodiversità, con annessi, fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992. (art.9)

 

___________________

Pubblicata nella Gazz. Uff. 23 febbraio 1994, n. 44, S.O. 

 

(omissis)

Articolo 9

Conservazione ex situ

Ciascuna Parte contraente, nella misura del possibile e come opportuno, ed innanzitutto ai fini di integrare i provvedimenti per la conservazione in situ:

a) adotta provvedimenti per la conservazione ex situ dei componenti della diversità biologica, di preferenza nel paese di origine di tali componenti;

b) installa e mantiene strutture per la conservazione ex situ e la ricerca su piante, animali e microorganismi, di preferenza nel paese di origine delle risorse genetiche;

c) adotta misure per assicurare la ricostituzione ed il risanamento delle specie minacciate ed il reinsediamento di queste specie nei loro habitat naturali in condizioni appropriate;

d) regolamenta e gestisce la raccolta delle risorse biologiche negli habitat naturali ai fini della conservazione ex situ in maniera da evitare che siano minacciati gli eco-sistemi e le popolazioni di specie in situ, in particolare se provvedimenti speciali ex situ sono necessari in base al sottoparagrafo c) precedente;

e) coopera nel fornire un sostegno finanziario e di altro genere per la conservazione ex situ di cui ai sotto-paragrafi a) a d) precedenti e per l'instaurazione ed il mantenimento di mezzi di conservazione ex situ nei paesi in via di sviluppo.

(omissis)

 


D.Lgs. 28-08-1997 n. 281
Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. (art. 8)

 

‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑

Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 agosto 1997, n. 202. 

 

(omissis)

Capo III - Conferenza unificata

8. Conferenza Stato-città ed autonomie locali e Conferenza unificata.

1. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni (2/cost).

2. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, dal Ministro dell'interno o dal Ministro per gli affari regionali; ne fanno parte altresì il Ministro del tesoro e del bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il Ministro della sanità, il presidente dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il presidente dell'Unione province d'Italia - UPI ed il presidente dell'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani - UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati dall'ANCI e sei presidenti di provincia designati dall'UPI. Dei quattordici sindaci designati dall'ANCI cinque rappresentano le città individuate dall'articolo 17 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (7). Alle riunioni possono essere invitati altri membri del Governo, nonché rappresentanti di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici.

3. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi il presidente ne ravvisi la necessità o qualora ne faccia richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM (7/a).

4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 è convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se tale incarico non è conferito, dal Ministro dell'interno (2/cost).

(omissis)

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(2/cost) La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(7) Riportata alla voce Comuni e province.

(7/a) Vedi, anche, l'art. 28, L. 8 marzo 2000, n. 53.

(2/cost) La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

 


D.Lgs. 31-03-1998 n. 112
Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59. (art. 69)

 

_________________

Pubblicato nella Gazz. Uff. 21 aprile 1998, n. 92, S.O. Nel presente decreto sono state riportate le correzioni indicate nell'avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 21 maggio 1998, n. 116. 

 

(omissis)

69. Compiti di rilievo nazionale.

1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59 (88), sono compiti di rilievo nazionale per la tutela dell'ambiente quelli relativi:

a) al recepimento delle convenzioni internazionali e delle direttive comunitarie relative alla tutela dell'ambiente e alla conseguente definizione di obiettivi e delle iniziative necessarie per la loro attuazione nell'ordinamento nazionale;

b) alla conservazione e alla valorizzazione delle aree naturali protette, terrestri e marine ivi comprese le zone umide, riconosciute di importanza internazionale o nazionale, nonché alla tutela della biodiversità, della fauna e della flora specificamente protette da accordi e convenzioni e dalla normativa comunitaria;

c) alla relazione generale sullo stato dell'ambiente;

d) alla protezione, alla sicurezza e all'osservazione della qualità dell'ambiente marino;

e) alla determinazione di valori limite, standard, obiettivi di qualità e sicurezza e norme tecniche necessari al raggiungimento di un livello adeguato di tutela dell'ambiente sul territorio nazionale;

f) alla prestazione di supporto tecnico alla progettazione in campo ambientale, nelle materie di competenza statale;

g) all'esercizio dei poteri statali di cui all'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349 (89);

h) all'acquisto, al noleggio e all'utilizzazione di navi e aerei speciali per interventi di tutela dell'ambiente di rilievo nazionale;

i) alle variazioni dell'elenco delle specie cacciabili, ai sensi dell'articolo 18, comma 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (90);

l) all'indicazione delle specie della fauna e della flora terrestre e marine minacciate di estinzione;

m) all'autorizzazione in ordine all'importazione e all'esportazione di fauna selvatica viva appartenente alle specie autoctone;

n) all'elencazione dei mammiferi e rettili pericolosi;

o) all'adozione della carta della natura;

p) alle funzioni di cui alle lettere a), b), c) ed e) dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 (91), come risultano modificate dall'articolo 1, comma 8, della legge 19 maggio 1997, n. 137 (92), nonché quelle attualmente esercitate dallo Stato fino all'attuazione degli accordi di programma di cui all'articolo 72.

2. Lo Stato continua a svolgere, in via concorrente con le regioni, le funzioni relative:

a) alla informazione ed educazione ambientale;

b) alla promozione di tecnologie pulite e di politiche di sviluppo sostenibile;

c) alle decisioni di urgenza a fini di prevenzione del danno ambientale;

d) alla protezione dell'ambiente costiero.

3. Sono altresì mantenute allo Stato le attività di vigilanza, sorveglianza monitoraggio e controllo finalizzate all'esercizio delle funzioni e dei compiti di cui al comma 1, ivi comprese le attività di vigilanza sull'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA) e sull'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM).

4. I compiti di cui al comma 1, lettere b) e p), sono esercitati, sentita la Conferenza unificata e i compiti di cui al comma 1, lettera o) sono esercitati previa intesa con la Conferenza Stato-regioni.

(omissis)

------------------------

(88) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.

(89) Riportata alla voce Ministero dell'ambiente.

(90) Riportata alla voce Caccia.

(91) Riportato alla voce Infortuni sul lavoro e malattie professionali (Assicurazione obbligatoria contro gli).

(92) Riportata alla voce Infortuni sul lavoro e malattie professionali (Assicurazione obbligatoria contro gli).


D.Lgs. 30-07-1999 n. 300
Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59(art. 35)

 

‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑

Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 agosto 1999, n. 203, S.O. 

(omissis)

 

Capo VIII - Il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio

 

35. Istituzione del ministero e attribuzioni.

1. È istituito il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

2. Al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato relativi alla tutela dell'ambiente, del territorio e dell'ecosistema, con particolare riguardo alle seguenti materie:

a) individuazione, conservazione e valorizzazione delle aree naturali protette, tutela della biodiversità e della biosicurezza, della fauna e della flora, attuazione e gestione, fatte salve le competenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero degli affari esteri, della Convenzione di Washington (CITES) e dei relativi regolamenti comunitari, della difesa del mare e dell'ambiente costiero, e della comunicazione ambientale;

b) gestione dei rifiuti ed interventi di bonifica dei siti inquinati; tutela delle risorse idriche e relativa gestione, fatta salva la competenza del Ministero delle politiche agricole e forestali;

c) promozione di politiche di sviluppo durevole e sostenibile, nazionali e internazionali;

d) sorveglianza, monitoraggio e recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettività e all'impatto sull'ambiente, con particolare riferimento alla prevenzione e repressione delle violazioni compiute in danno dell'ambiente, prevenzione e protezione dall'inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico e dai rischi industriali;

e) difesa e assetto del territorio con riferimento ai valori naturali e ambientali (18/b).

3. Al ministero sono trasferite, con le inerenti risorse, le funzioni e i compiti dei ministeri dell'ambiente e dei lavori pubblici, eccettuate quelle attribuite, anche dal presente decreto, ad altri ministeri o agenzie e fatte in ogni caso salve le funzioni conferite alle regioni e agli enti locali anche ai sensi e per gli effetti degli articoli 1, comma 2, e 3, comma 1, lettere a) e b), della legge 15 marzo 1997, n. 59; sono altresì trasferite le funzioni e i compiti attribuiti al ministero delle politiche agricole in materia di polizia forestale ambientale (19).

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(18/b) Comma così sostituito dall'art. 3, D.Lgs. 6 dicembre 2002, n. 287 (Gazz. Uff. 30 dicembre 2002, n. 304).

(19) Per la decorrenza dell'operatività delle disposizioni contenute nel presente comma vedi l'art. 1, D.P.C.M. 10 aprile 2001. Per il regolamento di organizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio vedi il D.P.R. 17 giugno 2003, n. 261.


D.M. 08-01-2002
Istituzione del registro di detenzione delle specie animali e vegetali.

 

___________________

Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 gennaio 2002, n. 15. 

 

IL MINISTRO DELL'AMBIENTE

E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO

di concerto con

IL MINISTRO DELLE POLITICHE

AGRICOLE E FORESTALI

Vista la convenzione sul commercio internazionale di specie di fauna e flora selvatiche in pericolo di estinzione (CITES), firmata a Washington il 3 marzo 1973, e ratificata con legge 19 dicembre 1975, n. 874;

Visto il regolamento (CE) 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio, ed in particolare l'art. 3 relativo al campo di applicazione dello stesso;

Visto il regolamento (CE) 1808/2001 della Commissione del 30 agosto 2001, e successive attuazioni e modificazioni, recante modalità d'applicazione del regolamento (CE) 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio, che sostituisce integralmente il regolamento (CE) 939/97 della Commissione del 26 maggio 1997, e successive attuazioni e modificazioni;

Visto l'art. 4, comma 1, lettera b) della legge 9 dicembre 1998, n. 426, che inserisce il comma 5-bis all'art. 5 della legge 7 febbraio 1992, n. 150, prevedendo che il Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministero delle politiche agricole e forestali emani il presente decreto per istituire il registro di detenzione degli esemplari di cui agli articoli 1 e 2 della legge 7 febbraio 1992, n. 150;

Considerato che il Ministero dell'ambiente, ai sensi dell'art. 8 della legge 7 febbraio 1992, n. 150, cura l'adempimento della convenzione di Washington, potendosi avvalere delle esistenti strutture del Corpo forestale dello Stato;

Visto l'art. 8-quinquies, comma 3-quinquies, della legge 7 febbraio 1992, n. 150, che demanda al Ministero delle politiche agricole e forestali, tramite il Corpo forestale dello Stato, l'effettuazione delle certificazioni e dei controlli previsti dalla citata convenzione di Washington e dai citati regolamenti comunitari;

Sentito il parere della Commissione scientifica di cui all'art. 4, comma 5, della legge 7 febbraio 1992, n. 150;

Visto il D.M. 3 maggio 2001 del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 112 del 16 maggio 2001, con il quale è stato istituito il registro di detenzione degli esemplari di specie animali e vegetali;

Ritenuto che, a seguito dell'esigenza di fornire una più articolata indicazione dei soggetti tenuti alla compilazione del registro, nonché delle difficoltà oggettive riscontrate per il ritiro e la compilazione dello stesso nei termini indicati dal D.M. 3 maggio 2001, si rende necessario sostituire il su citato decreto interministeriale;

Decreta:

 

1. 1. È istituito il registro di detenzione degli esemplari di specie animali e vegetali previsto dall'art. 5, comma 5-bis, della legge 7 febbraio 1992, n. 150. Il registro si riferisce agli esemplari vivi o morti di specie animali e vegetali e alle parti di specie animali e vegetali, incluse negli allegati A e B del regolamento (CE) 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, così come definiti dall'art. 8-sexies della legge 7 febbraio 1992, n. 150, e dall'art. 2 del regolamento (CE) 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, con l'esclusione di esemplari di specie vegetali riprodotte artificialmente ai sensi dell'art. 26 del regolamento (CE) 1808/2001 della Commissione del 30 agosto 2001, e successive modificazioni, incluse nell'allegato B del regolamento (CE) 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nel caso di specie che saranno incluse negli allegati A e B del regolamento (CE) 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministero delle politiche agricole e forestali, predispone il registro di cui al comma 1, secondo i modelli riportati negli allegati al D.M. 3 maggio 2001.

 

2. 1. Sono tenuti alla compilazione del registro di cui al comma 1, i seguenti soggetti:

a) le imprese commerciali in qualsiasi forma costituite e le strutture che esercitano attività circense, con l'esclusione dei soggetti di cui all'art. 3, comma 1, lettera d) del presente decreto;

b) i giardini zoologici, gli orti botanici, gli acquari, le mostre faunistiche permanenti e itineranti, le istituzioni scientifiche e di ricerca pubbliche e private che detengono esemplari da museo e da erbario con l'esclusione di quelle di cui all'art. 3, comma 1, lettera b) del presente decreto;

c) chiunque utilizzi, detenga o esponga esemplari a scopo di lucro o ponga in essere atti di disposizione finalizzati allo scambio, alla locazione, alla permuta o alla cessione a fini commerciali di qualsiasi natura e titolo, ivi compreso chiunque ottenga esemplari provenienti da sequestro, confisca, affidamento, fatte salve le disposizioni della legge 11 febbraio 1992, n. 157.

 

3. 1. Sono esclusi dall'obbligo della tenuta del registro:

a) le istituzioni scientifiche e di ricerca pubbliche e private autorizzate ai sensi dell'art. 12 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 116;

b) le istituzioni scientifiche e di ricerca pubbliche e private registrate ai sensi dell'art. 1 del D.M. 23 marzo 1994 del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità e con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica;

c) i soggetti detentori di esemplari appartenenti a specie incluse nell'allegato VIII del regolamento (CE) 1808/2001 della Commissione del 30 agosto 2001, e successive attuazioni e modificazioni, in conformità delle disposizioni dell'art. 32, comma 1, lettera a) dello stesso regolamento (CE);

d) limitatamente agli esemplari morti di specie animali e vegetali ed alle parti di esemplari di specie animali e vegetali, coloro che esercitano il commercio al dettaglio, in conformità alla definizione di cui all'art. 4, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e successive modifiche ed integrazioni, nonché coloro che effettuano lavorazioni per conto terzi.

 

4. 1. Gli esemplari vivi o morti di specie animali e vegetali e le parti di specie animali e vegetali di cui al comma 1 dell'art. 1, detenuti alla data di consegna del registro di detenzione, devono essere iscritti nel medesimo registro entro il 31 gennaio 2002.

2. Le disposizioni del presente decreto si applicano altresì a coloro che risulteranno tenuti alla compilazione del registro, ai sensi del precedente art. 2, successivamente alla data del 31 gennaio 2002.

3. Per gli esemplari vivi o morti di specie animali e vegetali e per le parti di specie animali e vegetali di cui al comma 1 dell'art. 1, acquisiti o detenuti a qualsiasi titolo dopo il 31 gennaio 2002, l'iscrizione nel registro dovrà avvenire entro quindici giorni dall'acquisizione o detenzione stessa.

4. L'iscrizione nel registro di qualsiasi variazione degli esemplari detenuti andrà riportata entro quindici giorni dalla variazione medesima. Sono fatte salve le disposizioni della legge 7 febbraio 1992, n. 150, e successive modificazioni.

5. Per le parti di esemplari di specie di cui al comma 1 dell'art. 1, qualora risultino registrate in schede di carico e scarico vidimate dal Corpo forestale dello Stato alla data del 31 dicembre 2001, il saldo delle schede stesse deve essere riportato nella tabella di carico del registro di cui all'allegato 3 del D.M. 3 maggio 2001.

6. Il registro di cui all'art. 1, comma 1, del presente decreto, è compilato dal detentore degli esemplari con le modalità indicate negli allegati al D.M. 3 maggio 2001.

 

5. 1. I soggetti di cui all'art. 2, comma 1, del presente decreto, devono richiedere il registro di detenzione al servizio certificazione CITES del Corpo forestale dello Stato competente territorialmente, che provvederà alla vidimazione dello stesso su ogni pagina. Il registro dovrà essere esibito ad ogni richiesta delle autorità preposte ai controlli. Qualora esistano procedure informatiche che consentano la compilazione del suddetto registro, le stesse possono essere utilizzate dai soggetti tenuti alla compilazione in luogo del registro cartaceo, ferma restando la vidimazione da parte del Corpo forestale dello Stato.

2. Il registro relativo agli esemplari vivi o morti di specie dell'allegato A al D.M. 3 maggio 2001, una volta compilato, secondo le procedure di cui all'art. 4, comma 1, del presente decreto, dovrà essere consegnato al servizio certificazione CITES del Corpo forestale dello Stato competente territorialmente, che ne farà copia e riconsegnerà l'originale al richiedente. La stessa procedura si applica al momento del completamento del registro di cui al presente comma.

3. Ai fini della gestione delle attività di conservazione su specie di particolare interesse, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio può richiedere al Corpo forestale dello Stato copia dei registri di cui al precedente comma.

 

6. 1. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque violi le disposizioni del presente decreto è punito con le sanzioni amministrative previste all'art. 5, comma 6, della legge 7 febbraio 1992, n. 150.

 

 

 

7. 1. Il presente decreto sostituisce il D.M. 3 maggio 2001 del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali, fatti salvi i relativi allegati che sono integrati al punto 10) con il codice F=altro.

2. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.


L. 31-10-2003 n. 306
Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2003. (art. 1 e all. B)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 15 novembre 2003, n. 266, S.O.

 

Capo I - Disposizioni generali sui procedimenti per l'adempimento degli obblighi comunitari

1. Delega al Governo per l'attuazione di direttive comunitarie.

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B.

2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto della direttiva.

3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese nell'elenco di cui all'allegato B, nonché, qualora sia previsto il ricorso a sanzioni penali, quelli relativi all'attuazione delle direttive elencate nell'allegato A, sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica perché su di essi sia espresso, entro quaranta giorni dalla data di trasmissione, il parere dei competenti organi parlamentari. Decorso tale termine i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine previsto per il parere dei competenti organi parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini previsti ai commi 1 o 4 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di novanta giorni.

4. Entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo può emanare, con la procedura indicata nei commi 2 e 3, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del comma 1.

5. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, i decreti legislativi eventualmente adottati nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano entrano in vigore, per le regioni e le province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di attuazione, alla data di scadenza del termine stabilito per l'attuazione della normativa comunitaria e perdono comunque efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna regione e provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei princìpi fondamentali stabiliti dalla legislazione dello Stato.


Allegato B

(Articolo 1, commi 1 e 3)

(omissis)

1999/22/CE del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici.

(omissis)

 


Normativa comunitaria

 


Dir. 1999/22/CE del 29 marzo 1999
Direttiva del Consiglio relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici

 

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 9 aprile 1999, n. L 94. Entrata in vigore il 9 aprile 1999.

(2) Termine di recepimento: 9 aprile 2002.

 

 

Il Consiglio dell'Unione europea,

 

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 S, paragrafo 1,

 

vista la proposta della Commissione,

 

visto il parere del Comitato economico e sociale (3),

 

deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (4),

 

considerando che il regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio, richiede che sia dimostrata la disponibilità di adeguati impianti per la sistemazione e il mantenimento di esemplari viventi di un gran numero di specie prima che ne sia permessa l'importazione nella Comunità; che esso vieta inoltre l'esposizione al pubblico per scopi commerciali delle specie elencate nell'allegato A, salvo deroga specifica accordata per fini didattici, di ricerca o di allevamento;

 

considerando che la direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, e la direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, vietano la cattura, il possesso e il commercio di un gran numero di specie, ma ammettono deroghe per motivi specifici, ad esempio per fini didattici e di ricerca, di ripopolamento, di reintroduzione e di allevamento;

 

considerando che la corretta applicazione della normativa comunitaria presente e futura sulla conservazione della fauna selvatica e l'esigenza che i giardini zoologici svolgano adeguatamente il loro importante ruolo nell'ambito della conservazione delle specie, dell'istruzione pubblica e/o della ricerca scientifica rendono necessaria una base comune per la normativa degli Stati membri in merito al rilascio di licenze e all'ispezione dei giardini zoologici, alla custodia degli animali in dette strutture, alla formazione del personale e all'istruzione dei visitatori;

 

considerando che occorre un'azione sul piano comunitario affinché i giardini zoologici, in tutta la Comunità, contribuiscano alla salvaguardia della biodiversità, seguono gli obblighi di adottare misure per la conservazione ex situ assunti a norma dell'articolo 9 della convenzione sulla diversità biologica;

 

considerando che numerose organizzazioni, quali l'Associazione europea dei giardini zoologici e degli acquari, hanno elaborato orientamenti per il mantenimento e la sistemazione degli animali nei giardini zoologici che potrebbero servire, se del caso, per l'elaborazione e l'adozione di norme nazionali,

 

ha adottato la presente direttiva:

 

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(3) G.U.C.E. 15 luglio 1996, n. C 204.

(4) Parere del Parlamento europeo 29 gennaio 1998 (G.U.C.E. 23 febbraio 1998, n. C 56). Posizione comune del Consiglio 20 luglio 1998 (G.U.C.E. 25 novembre 1998, n. C 364) e decisione del Parlamento europeo 10 febbraio 1999.

 

 

Articolo 1

Obiettivi.

La presente direttiva ha lo scopo di proteggere la fauna selvatica e di salvaguardare la biodiversità prevedendo che gli Stati membri adottino misure in materia di licenze e ispezioni dei giardini zoologici nella Comunità, potenziando così il ruolo dei giardini zoologici in fatto di conservazione della biodiversità.

 

 

Articolo 2

Definizione.

Ai fini della presente direttiva, per giardino zoologico si intende qualsiasi complesso permanente nel quale vengono tenuti a scopo di esposizione, per almeno sette giorni l'anno, animali vivi di specie selvatiche ad esclusione dei circhi, dei negozi di animali da compagnia e dei complessi che gli Stati membri non assoggettano ai requisiti della presente direttiva per il fatto che non espongono un numero significativo di animali o di specie e che tale esenzione non compromette gli obiettivi della presente direttiva.

 

 

Articolo 3

Requisiti applicabili ai giardini zoologici.

Gli Stati membri adottano misure, a norma degli articoli 4, 5, 6 e 7 volte a garantire che tutti i giardini zoologici attuino le seguenti misure di conservazione:

- partecipare a ricerche da cui risultino vantaggi per la conservazione delle specie e/o ad azioni di formazione nelle pertinenti tecniche di conservazione e/o a scambi di informazioni circa la conservazione delle specie e/o, se del caso, l'allevamento in cattività, il ripopolamento o la reintroduzione di specie nella vita selvatica;

 

- promuovere l'istruzione e la sensibilità del pubblico quanto alla conservazione della biodiversità, in particolare fornendo informazioni sulle specie esposte e sui loro habitat naturali;

- sistemare gli animali in condizioni volte a soddisfare le esigenze biologiche e di conservazione delle singole specie, in particolare provvedendo ad un arricchimento specifico delle zone recintate sotto il profilo della specie e mantenere un elevato livello qualitativo nella custodia degli animali grazie ad un vasto programma di trattamenti veterinari preventivi e curativi e di alimentazione;

- impedire la fuga degli animali per evitare eventuali minacce ecologiche per le specie indigene ed impedire il diffondersi di parassiti provenienti dall'esterno;

- tenere registri aggiornati degli ospiti del giardino zoologico, per le singole specie.

 

 

Articolo 4

Licenze e ispezioni.

1. Gli Stati membri adottano misure per il rilascio di licenze e l'ispezione dei giardini zoologici, esistenti e di futura creazione, al fine di garantire il rispetto dei requisiti di cui all'articolo 3.

2. Tutti i giardini zoologici devono disporre di una licenza entro quattro anni dall'entrata in vigore della presente direttiva ovvero, nel caso dei giardini zoologici nuovi, prima dell'apertura al pubblico.

3. Ciascuna licenza contiene condizioni volte a far osservare i requisiti di cui all'articolo 3. Il rispetto delle condizioni è soggetto a sorveglianza, tra l'altro mediante ispezioni regolari; vengono adottate misure appropriate volte a garantire tale rispetto.

4. Prima di concedere, negare, prorogare o modificare sensibilmente una licenza, viene svolta dalle autorità competenti degli Stati membri un'ispezione al fine di accertare se siano state rispettate o no le condizioni della licenza, sia quelle già esistenti che quelle proposte.

5. Se il giardino zoologico non ha una licenza a norma della presente direttiva o le condizioni della licenza non sono rispettate, il giardino zoologico o parte di esso:

a) viene chiuso al pubblico dall'autorità competente; e/o

b) si conforma ai requisiti imposti dall'autorità competente per garantire che le condizioni della licenza siano rispettate.

In caso di mancata conformità a tali requisiti entro un termine appropriato non superiore a due anni stabilito dall'autorità competente, quest'ultima revoca o modifica la licenza e chiude il giardino zoologico o parte di esso.

 

 

Articolo 5

I requisiti per il rilascio della licenza di cui all'articolo 4 non si applicano quando uno Stato membro può dimostrare, con prova considerata soddisfacente dalla Commissione, che l'obiettivo della presente direttiva, definito nell'articolo 1, e che i requisiti applicabili ai giardini zoologici, stabiliti nell'articolo 3, sono realizzati e costantemente rispettati mediante un sistema di regolamentazione e registrazione. Un tale sistema dovrebbe, tra l'altro, contenere disposizioni relative all'ispezione ed alla chiusura dei giardini zoologici equivalenti a quelle di cui ai paragrafi 4 e 5 dell'articolo 4.

 

 

Articolo 6

Chiusura di giardini zoologici.

Nel caso in cui un giardino zoologico o parte di essi sia chiuso, l'autorità competente accerta che gli animali interessati vengano trattati o rimossi in condizioni che lo Stato membro reputa appropriata e conformi alle finalità e alle disposizioni della presente direttiva.

 

 

Articolo 7

Autorità competenti.

Gli Stati membri designano le autorità competenti ai fini della presente direttiva.

 

 

Articolo 8

Sanzioni.

Gli Stati membri stabiliscono le sanzioni applicabili in caso di infrazione alle disposizioni nazionali adottate in base alla presente direttiva. Le sanzioni stabilite sono efficaci, proporzionate e dissuasive.

 

 

Articolo 9

Attuazione.

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 9 aprile 2002. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

 

 

Articolo 10

Entrata in vigore.

La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

 

Articolo 11

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

 

Fatto a Bruxelles, il 29 marzo 1999.

 

Per il Consiglio

Il presidente

F. Müntefering

 

 


SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA (Quarta Sezione)
10 giugno 2004 (1)
«Inadempimento di uno Stato – Direttiva 1999/22/CE – Custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici – Mancata trasposizione nel termine prescritto»

 

Nella causa C-302/03,

 

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. M. van Beek e R. Amorosi, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

 

contro

 

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. G. de Bellis, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

 

 

diretta a far constatare che, non avendo adottato le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio 29 marzo 1999, 1999/22/CE, relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici (GU L 94, pag. 24), o, comunque, non avendo comunicato tali disposizioni alla Commissione, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi incombentile in forza della detta direttiva,

 

 

LA CORTE (Quarta Sezione),

 

 

composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues (relatore), presidente di Sezione, e dai sigg. J.-P. Puissochet e K. Lenaerts, giudici,

 

avvocato generale: sig. P. Léger

cancelliere: sig. R. Grass

 

vista la relazione del giudice relatore,

 

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale, di decidere la causa senza conclusioni,

 

ha pronunciato la seguente

 

 

Sentenza

 

1

Con atto introduttivo depositato in cancelleria il 14 luglio 2003, la Commissione delle Comunità europee ha proposto alla Corte, ai sensi dell’art. 226 CE, un ricorso diretto a far constatare che, non avendo adottato le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio 29 marzo 1999, 1999/22/CE, relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici (GU L 94, pag. 24), o non avendole comunque comunicato siffatte disposizioni, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tale direttiva.

 

 

Contesto normativo

 

2

Conformemente all’art. 9, n. 1, primo comma, della direttiva 1999/22, gli Stati membri dovevano mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla detta direttiva entro il 9 aprile 2002 e informarne immediatamente la Commissione.

 

La fase precontenziosa del procedimento

 

3

Il 6 giugno 2002 la Commissione, non avendo ricevuto comunicazione di provvedimenti nazionali di trasposizione della direttiva 1999/22, indirizzava alla Repubblica italiana, conformemente al procedimento previsto dall’art. 226 CE, una lettera di diffida con la quale la invitava a presentare le sue osservazioni entro il termine di due mesi a partire dal ricevimento della stessa.

 

4

Poiché il detto termine scadeva senza che fosse ricevuta alcuna risposta, la Commissione, con lettera 23 ottobre 2002, indirizzava alla Repubblica italiana un parere motivato, con il quale la invitava ad adottare le misure richieste al fine di conformarsi alla direttiva 1999/22 entro il termine di due mesi a partire dalla notifica di tale parere.

 

5

Le autorità italiane si astenevano dal rispondere al parere motivato e la Commissione, non disponendo di alcun’altra informazione che le consentisse di concludere che fosse stato adottato il testo definitivo delle disposizioni di trasposizione della direttiva 1999/22, decideva di proporre il presente ricorso.

Sull’inadempimento

 

6

La Repubblica italiana non nega l’inadempimento rimproveratole. Si limita a sostenere che le misure di trasposizione della direttiva 1999/22 sono in corso di adozione.

 

7

Secondo una costante giurisprudenza, l’esistenza di un inadempimento dev’essere valutata in funzione della situazione dello Stato membro quale si presentava allo scadere del termine impartito nel parere motivato (v., tra l’altro, sentenze 20 marzo 2003, causa C143/02, Commissione/Italia, Racc. pag. I2877, punto 11, e 12 giugno 2003, causa C446/01, Commissione/Spagna, Racc. pag. I6053, punto 15).

 

8

Poiché la trasposizione della direttiva 1999/22 non è stata realizzata entro il termine impartito nel parere motivato, il ricorso proposto dalla Commissione deve ritenersi fondato.

 

9

Di conseguenza, si deve constatare che, non avendo adottato nel termine prescritto le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie a conformarsi alla direttiva 1999/22, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tale direttiva.

 

Sulle spese

 

10

A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

 

 

Per questi motivi,

 

LA CORTE (Quarta Sezione)

 

dichiara e statuisce:

 

1) Non avendo adottato le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio 29 marzo 1999, 1999/22/CE, relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della detta direttiva.

 

2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.

 

 

Cunha Rodrigues                  Puissochet                              Lenaerts

 

Così deciso e pronunciato in Lussemburgo il 10 giugno 2004.

 

 

Il cancelliere                                                 Il presidente della Quarta Sezione

R. Grass                                                     J.N. Cunha Rodrigues


Documenti

 


 

 

 

 

 

 



[1]     Dir.P.C.M. 27 marzo 2000 “Analisi tecnico-normativa e analisi dell'impatto e della regolamentazione” (Pubblicata nella Gazz. Uff. 23 maggio 2000, n. 118). L’art.2, concernente l’ATN, prevede che l'ATN verifica l'incidenza della normativa proposta sull'ordinamento giuridico vigente, dà conto della sua conformità alla Costituzione e alla disciplina comunitaria nonché dei profili attinenti al rispetto delle competenze delle regioni e delle autonomie locali e ai precedenti interventi di delegificazione. L'ATN, inoltre, dà conto della correttezza delle definizioni e dei riferimenti normativi contenuti nel testo della normativa proposta, nonché delle tecniche di modificazione e abrogazione delle disposizioni vigenti, riportando eventuali soluzioni alternative prese in considerazione ed escluse. L'analisi è condotta anche alla luce della giurisprudenza esistente e di eventuali progetti di modifica della stessa materia già in corso di esame. L’art.3, concernente l’AIR, prevede che l'AIR è uno strumento per stabilire la necessità di un intervento di regolamentazione e per scegliere quello più efficace. L'AIR consiste nella valutazione dell'impatto della regolamentazione sull'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e nella valutazione dell'impatto della regolamentazione sui cittadini e sulle imprese. L'AIR contiene la descrizione degli obiettivi del provvedimento di regolamentazione la cui eventuale adozione è in discussione e delle opzioni alternative, nonché la valutazione dei benefìci e dei costi derivanti dalla misura regolatoria.