AUDIZIONE
La seduta comincia alle 10,05.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali, Paolo Scarpa Bonazza Buora, sullo stato di crisi del settore produttivo agricolo derivante dalla situazione di siccità e gelo.
Ringrazio il sottosegretario Scarpa per aver accolto l'invito della Commissione a riferire su un tema di attualità e di importanza cruciale per il comparto produttivo primario.
La Commissione agricoltura ha già svolto alcune audizioni sulla emergenza idrica che hanno riguardato principalmente il Mezzogiorno, con l'intervento del commissario per l'emergenza idrica in Sicilia, generale Roberto Jucci, e del presidente della regione Puglia, Raffaele Fitto. Abbiamo sentito anche le organizzazioni professionali agricole.
Nel frattempo il perdurare della siccità ha portato ad una situazione di crisi e di emergenza anche in tutto il centro-nord, perché, a parte la pioggia di ieri e di stamane, era da 100 giorni che nelle regioni centrali e settentrionali non si vedevano piogge, per cui si era creata una situazione di estrema preoccupazione, non solo contingente, ma soprattutto per quello che potrà verificarsi nei mesi successivi.
Voglio ricordare che in questi mesi si è registrato un continuo abbassamento della falda sotterranea e, quindi, c'è anche grossa preoccupazione per la capacità di sollevamento di acqua di tanti pozzi.
La pianura padana ha anche una caratteristica particolare, quella di essere non solo il centro degli insediamenti agricoli più importanti del nostro paese, ma anche il bacino che raccoglie quasi tutti gli insediamenti produttivi e buona parte di quelli abitativi; la coesistenza di queste tre realtà - attività agricola ed industriale e insediamenti abitativi - necessita, indubbiamente, di una grossa capacità di compensazione idrica.
In questo momento c'è preoccupazione perché il continuo approvvigionamento di acqua dal sottosuolo, se non compensato da restituzioni derivanti dalle piogge, potrebbe determinare nei prossimi mesi non pochi problemi.
Abbiamo quindi ritenuto opportuno ascoltare il sottosegretario Scarpa Bonazza Buora, che ha la delega su questi argomenti, a cui do immediatamente la parola.
PAOLO SCARPA BONAZZA BUORA, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali. Signor presidente,
credo che i colleghi debbano riconoscere che l'azione del Governo ha portato ad abbondanti piogge nella giornata di ieri; tuttavia, se vi fosse stata quella collaborazione che a volte si riscontra anche da parte dell'opposizione, probabilmente la pioggia sarebbe stata più abbondante! Mi sono permesso questa battuta per sdrammatizzare una situazione che si sta di per sé stessa sdrammatizzando.
Il presidente, giustamente, ha ricordato l'importante azione che questa Commissione sta svolgendo, analogamente alla 9a Commissione del Senato. Sicuramente viene valutata con grande interesse l'azione svolta dal Parlamento in questo periodo al fine di fornire elementi di riflessione e anche possibili soluzioni al Governo, per la parte che gli compete.
Signor presidente, in merito alla situazione di siccità e gelo che ha generato lo stato di crisi che il settore primario si trova a dover affrontare e alle iniziative concrete da intraprendere per far fronte a tale situazione, si considera quanto di seguito riportato.
Oggi il nostro paese si trova a dover fronteggiare, nei due territori siti rispettivamente al nord e al sud della penisola, due tipologie di problemi apparentemente diverse, ma entrambe frutto del fenomeno di cambiamento del clima che sta coinvolgendo l'intero pianeta.
Con riferimento al fenomeno della siccità, va detto che la situazione meteorologica delineatasi negli ultimi anni, caratterizzata da una diminuzione delle precipitazioni nel periodo autunno-invernale e, in maniera inconsueta, da un aumento delle precipitazioni nella tarda primavera, non ha permesso un ottimale riempimento degli invasi limitando, di fatto, soprattutto in alcune regioni meridionali, l'approvvigionamento idrico sia per l'agricoltura sia per gli altri settori produttivi.
Questa situazione è stata tanto più critica nelle regioni che dipendono in maniera quasi esclusiva dalla risorsa accumulata nei serbatoi artificiali e nelle quali si era già giunti alla stagione irrigua 2001 dopo un anno, quello scorso, contrassegnato anch'esso da uno stato perdurante di siccità.
Proprio nelle regioni come Puglia, Sardegna, Sicilia e Basilicata, infatti, si sono registrate le maggiori conseguenze per il settore agricolo, e in particolare per il comparto irriguo, dovute ad una diminuzione delle risorse accumulate nei corpi idrici artificiali. Nelle altre regioni meridionali non sono stati rilevati particolari problemi, ad eccezione di rari casi e di piccole aree comprensoriali dei consorzi di bonifica.
Per sottoporre a costante monitoraggio lo stato degli accumuli di acqua registrati nei principali invasi dell'Italia meridionale e l'andamento della stagione irrigua nei territori amministrati dai consorzi di bonifica, il ministero che rappresento ha commissionato all'INEA un'attività di monitoraggio costante, che si esplica sotto forma di rapporti mensili e di note informative. Devo dire che finora la collaborazione tra il Ministero delle politiche agricole e forestali e l'INEA è stata ottimale.
L'attività di monitoraggio è stata condotta sulle regioni Puglia, Sicilia, Sardegna e Basilicata, che più di altre hanno già risentito dell'andamento negativo della stagione irrigua 2000 e che si presentavano all'inizio della stagione 2001 con un patrimonio idrico intaccato dall'andamento siccitoso dell'anno precedente.
Dallo studio è emerso che sin dall'inizio della stagione irrigua 2001 si è delineato un quadro poco confortante relativo alle disponibilità idriche negli invasi delle regioni meridionali, per i quali i volumi di acqua accumulati si sono attestati su valori prossimi a quelli registrati nello stesso periodo dell'anno precedente che, come innanzi detto, è stato contraddistinto da uno stato di notevole carenza idrica.
In particolare, in Puglia la situazione meteorologica che ha caratterizzato la stagione invernale 2000-2001 è stata contraddistinta da scarsissime precipitazioni, che non hanno contribuito alla ricostituzione delle riserve idriche negli invasi pugliesi.
L'assenza di piogge efficaci, le elevate temperature che sono state registrate per tutto il periodo estivo e autunnale e lo stato fortemente deficitario degli invasi lucani, dai quali la Puglia riceve buona parte delle risorse idriche per l'irrigazione e per l'uso idropotabile, hanno fatto emergere in tutta la sua drammaticità il problema della carenza idrica, con gravissime ripercussioni non solo per il settore primario ma anche per gli altri settori, in particolare per quello civile.
La crisi idrica che ha contraddistinto la passata stagione irrigua ha provocato su tutto il territorio consortile un incremento del numero di pozzi attivi con relativo aumento dei prelievi dalla falda, una forte riduzione del volume di acqua disponibile per ettaro attrezzato ed il passaggio da un'irrigazione sistematica ad una di soccorso per molte colture arboree (oliveto, vigneto da vino ed in alcuni casi anche vigneto da tavola).
Inoltre, a causa del fenomeno della carenza idrica, si sono avute sensibili diminuzioni delle rese unitarie delle principali colture praticate, quali il pomodoro, il grano duro, l'uva da vino e da tavola.
Il pomodoro è stato la coltura più danneggiata in assoluto; i mancati investimenti (meno del 20-30 per cento) per la prospettiva della mancanza di acqua, la bassa produzione (meno del 40-50 per cento) ed i campi completamente abbandonati per la carenza idrica, hanno comportato una diminuzione stimata della produzione del 50-60 per cento, pari a circa 12-15 milioni di quintali.
Dopo il pomodoro, la coltura più colpita dalla carenza idrica è stata il grano duro, le cui produzioni sono diminuite del 40-50 per cento nel foggiano (da 8 a 4,3 milioni di quintali) e del 20-30 per cento nel barese.
Infine, per l'uva da tavola e da vino si è stimata una riduzione della produzione del 20-30 per cento. In questo caso la riduzione di produzione è stata più contenuta di quanto preventivato, poiché è aumentato notevolmente il ricorso all'acqua di falda, sia con la trivellazione di nuovi pozzi (circa 1000 nella sola Capitanata), sia con il ripristino dei pozzi in disuso.
In Sicilia l'andamento meteorologico durante il periodo inverno-primavera 2000-2001 è stato caratterizzato da poche piogge, tra l'altro concentrate maggiormente in alcune aree occidentali della regione, che hanno, tuttavia, generato un lieve e diffuso aumento dei volumi di acqua accumulati nei corpi idrici regionali rispetto allo scorso anno, ma pur sempre poco efficaci per apportare volumi idrici consistenti negli invasi della Sicilia orientale, in corrispondenza della quale la stagione irrigua si è presentata durante tutto il suo decorso particolarmente difficile.
Nel complesso la passata stagione irrigua, peraltro iniziata dopo il periodo siccitoso che ha contraddistinto l'autunno e l'inverno scorsi, ha assunto aspetti drammatici soprattutto per gli agrumi, che rappresentano la coltura predominante in molti territori.
L'intera risorsa derivabile da queste fonti è stata, pertanto, destinata esclusivamente e in maniera assolutamente insufficiente all'irrigazione degli aranceti, con gravi ripercussioni per le altre colture stagionali come ortaggi, carciofi, estensive da foraggio, per le quali la richiesta d'acqua è rimasta inevasa con gravi conseguenze per l'economia dell'area.
La notevole contrazione della durata del periodo di irrigazione, ormai divenuta ricorrente a causa dei frequenti deficit idrici annuali, ha peraltro comportato alcune conseguenze. Innanzitutto, il ricorso da parte degli agricoltori all'utilizzo di acque alternative (generalmente pozzi privati) per ridurre il disagio alle colture determinando, per contro, rilevanti aggravi nei costi di produzione.
In secondo luogo, un forte calo della produzione agrumicola, che peraltro accusa un marcato scadimento qualitativo, soprattutto in ordine alla pezzatura dei frutti, con ovvia conseguente perdita di valore. Infine, una contrazione delle superfici destinate alle coltivazioni erbacee più significative (soprattutto ortive da
pieno campo). La presenza di queste colture si è limitata a poche aziende fornite di autonome fonti idriche.
È evidente, comunque, che il protrarsi della siccità e le elevate temperature hanno procurato gravi squilibri fisiologici alle colture con fioriture extrastagionali e determinato la presenza di parassiti, per cui da più parti (organizzazioni professionali, associazioni di categoria) si è iniziato a richiedere che venga proclamato lo stato di calamità naturale.
Per quanto riguarda gli invasi, tranne alcuni situati nella parte occidentale della Sicilia che riescono ancora a fornire irrigazioni di soccorso (Garcia, Rosamarina), la maggior parte di essi è ormai quasi vuoto e, considerando che gli invasi siciliani sono a riempimento pluriennale, si comprende come la situazione del comparto agricolo si presenti, ove non avvengano, come è presumibile, eventi piovosi di rilevanza eccezionale, compromessa anche per gli anni futuri.
Tutto ciò sta determinando negli imprenditori uno scoraggiamento che porta, nei casi più drammatici, all'abbandono produttivo di vaste aree che, oltre ad avere gravi conseguenze sull'assetto idrogeologico del territorio, potrebbe determinare una negativa ricaduta su tutta l'economia dell'isola. La Sardegna, tra quelle più a rischio, è stata una delle regioni che ha meno risentito dell'andamento meteorologico siccitoso durante la stagione irrigua. Infatti, il patrimonio idrico che durante l'inverno 2000-2001 è stato costituito negli invasi regionali ha permesso di giungere all'avvio della stagione irrigua con una soddisfacente disponibilità idrica. Considerando l'andamento generale della passata stagione irrigua, non si può parlare di particolari danni alle colture irrigue o di diminuzione delle rese delle medesime conseguenti a deficit irrigui. Per gli agrumi e i fruttiferi in genere sono state ottenute buone produzioni. Si può invece affermare che il fortissimo deficit idrico del 2000 abbia influenzato negativamente le scelte colturali degli imprenditori agricoli, in modo particolare di quelli tradizionalmente orientati verso le colture industriali e il riso che, in Sardegna, costituisce una realtà territorialmente delimitata a poche ma importanti aree. L'incertezza, al momento delle semine, sulla possibilità di disporre nel corso del ciclo produttivo dell'acqua necessaria ha indotto molti imprenditori ad un atteggiamento forse eccessivamente prudente. Per alcune coltivazioni (barbabietola da zucchero, pomodoro da industria, riso) ciò ha comportato una sensibile riduzione delle superfici.
Per la Basilicata la situazione relativa alle disponibilità idriche invasate nelle dighe lucane ha raggiunto livelli di massima criticità. L'andamento delle disponibilità complessivamente registrate nel periodo da giugno a novembre fa emergere lo stato di emergenza idrica, che ha influito non solo sugli utilizzi in Basilicata ma anche sui trasferimenti di risorsa alle regioni limitrofe - in particolare, alla Puglia - e ha comportato gravi ripercussioni per il settore agricolo, nel quale si sono registrate da almeno due anni a questa parte sensibili riduzioni delle rese produttive e delle superfici destinate alla coltivazione di orticole primaverili-estive e influisce tuttora sulle colture frutticole, sulle orticole autunno-vernine e sulle foraggere.
Infine, per tutte le regioni meridionali, oltre che della siccità - che naturalmente riduce le disponibilità idriche alle fonti di approvvigionamento - va tenuto conto anche dello stato in cui versa la rete di adduzione e distribuzione idrica, dalle fonti ai comprensori irrigui sottesi ai bacini che di fatto, in molti casi - in troppi casi - aumenta i problemi collegati all'uso efficiente della risorsa disponibile. Molti invasi presentano problemi strutturali o di interrimento. In altri casi, pur esistendo opere di accumulo, mancano i sistemi di adduzione e/o collegamento tra le fonti. La rete di distribuzione gestita dai consorzi di bonifica si presenta, spesso, tecnologicamente obsoleta e non rispondente alle moderne tecniche irrigue, determinando gravi perdite di risorsa idrica alla distribuzione. Pochi sono i comprensori in cui è stata riscontrata la presenza di misuratori
di portata, pertanto non sempre è stato possibile stabilire il volume di acqua effettivamente derivato e distribuito.
Inoltre, la scarsa manutenzione straordinaria e ordinaria della rete rende inutilizzabile parte della disponibilità di acqua al consorzio. Altre cause si possono individuare negli scarsi lavori di sistemazione idraulico-forestale a monte delle dighe (causa, in quasi tutte, di fenomeni di interrimento) o nella mancata connessione di alcune dighe, il cui collegamento permetterebbe di trasportare le eccedenze di alcuni invasi in quelli con maggiori fabbisogni. Infine, andrebbe potenziato il coordinamento tra gli enti di gestione per permettere di individuare tempestivamente le priorità dei sistemi idrici e di programmare e gestire le risorse idriche secondo un'efficiente ripartizione tra gli usi civili, irrigui ed industriali.
Alla scarsa efficienza della rete di distribuzione appena descritta si aggiunge la poca attenzione che, talvolta, gli utenti mostrano nei confronti del risparmio idrico. In alcuni casi si irriga con volumi eccessivi di acqua e con sistemi irrigui tradizionali che non permettono un uso sostenibile della risorsa.
Diversa la situazione, invece, che sta caratterizzando le regioni dell'area del centro-nord. Va precisato che quanto è accaduto nei mesi scorsi nell'area del centro-nord ha certamente carattere di eccezionalità, nel senso che i fenomeni stagionali che annualmente si presentano in tali territori si riferiscono generalmente ai disastri alluvionali provocati dall'eccesso di precipitazioni e dal disordine idrogeologico e territoriale, piuttosto che a carenza di risorse idriche.
È difficile, quindi, preventivare fenomeni di siccità e di emergenza idrica nei territori del centro-nord, per cui le attuali condizioni trovano unica spiegazione nell'eccezionale e persistente andamento climatico in atto, accompagnato dall'abnorme abbassamento delle temperature.
Tali eccezionalità hanno di fatto stravolto i regimi di deflusso e disponibilità idrica, sia per le acque superficiali sia per quelle sotterranee. Di conseguenza, l'abbassamento delle temperature ed i limiti climatici raggiunti hanno determinato un drammatico blocco della ridotta risorsa disponibile con conseguenti gravi problemi perfino per il primario uso civile. A questo proposito, voglio, però, ricordare la considerazione, sempre valida, del compianto presidente nazionale dei consorzi di bonifica, senatore Medici, che, parecchi decenni fa, ammonendoci, ricordava che se la siccità è connaturata alla situazione del centro-sud - e, perciò, deve essere combattuta con azioni coerenti del Governo nazionale e dei governi locali - è un fatto assolutamente eccezionale al nord. Gli episodi verificabili al nord non sono paragonabili allo stato di disastro perenne che invece esiste al centro-sud perché al nord, comunque, poi piove. È quanto è accaduto, e quindi nell'Italia settentrionale la situazione può essere anche difficile, per certi versi drammatica, ma assolutamente non raffrontabile con quella purtroppo caratteristica del Mezzogiorno.
Per quanto, in particolare, attiene al settore agricolo, non sarebbero emersi danni ingenti e generalizzati, sia perchè gran parte delle colture autunno-vernine sono in stasi vegetativa, sia perche il ricorso, oggi diffuso ovunque, alle coltivazioni in serra riscaldata per colture di pregio sta permettendo, comunque, di avere delle produzioni (naturalmente, a costi superiori). Per inciso, devo confessarvi che trovo ridicoli certi servizi televisivi che parlano di danni ingenti alle colture cerealicole del nord, al mais (che, come tutti sanno, si semina tra qualche mese), alla soia e a quant'altro. Forse sarebbe meglio circoscrivere l'attenzione per canalizzarla verso obiettivi reali piuttosto che verso obiettivi presunti. Tuttavia sussistono condizioni di danno e di precarietà produttiva a carico delle colture protette non riscaldate, per quelle in pieno campo, comprese le colture cerealicole a ciclo autunno-vernino, nonché per le risorse pascolive dell'Italia centro-meridionale.
Un riconoscimento è certamente dovuto all'attività svolta dal ministero nel corso degli ultimi anni nel settore delle grandi
opere irrigue. La realizzazione di grandi invasi nell'Italia meridionale e in Piemonte (Ostola, Ingagna, Ravasanella), in Toscana, Umbria e Lazio (Chiascio, Montedoglio Elvella), nelle Marche (diga di Castreccioni), nell'Emilia Romagna (canale emiliano-romagnolo), e via dicendo, nonché le grandi canalizzazioni realizzate in Lombardia, nel Veneto e nell'Agro romano, hanno permesso disponibilità idriche soprattutto in particolari calamità ambientali, quali i numerosi incendi boschivi che si sono verificati nel nord in concomitanza con le condizioni siccitose del terreno.
Questa situazione, come è noto, ha comportato l'eccezionale rincaro dei prezzi dei prodotti agricoli del quale si è tanto discusso nelle settimane scorse. È stato stimato dalle organizzazioni professionali che la siccità e il gelo abbiano provocato, all'agricoltura, circa 250 milioni di euro di danni e, forse, si tratta di una stima approssimata per difetto. L'ISMEA ha rilevato che gli effetti di questi accadimenti si sono riscontrati nei listini dei prezzi alla produzione, che in poco tempo hanno visto decollare i prezzi di alcuni prodotti. Si è trattato solo di alcuni di essi, per esempio, il radicchio su Verona (più 180 per cento, alla produzione), la lattuga su Siracusa (più 170 per cento, alla produzione), il carciofo su Foggia (più 120 per cento, sempre alla produzione). Un incremento si è riscontrato anche nei prezzi all'ingrosso, a volte moltiplicati, sicché deve concludersi che ogni operatore ha finito col contribuire all'aumento finale.
Ad aggravare questa situazione, già di per sé complessa, sono intervenute le azioni di speculazione messe in opera da molti operatori del settore. Le cose, però, stanno migliorando, anzitutto perché le condizioni climatiche sono mutate, e poi per l'importante azione svolta dall'opinione pubblica, dai mezzi di informazione nonché, voglio ricordarlo, dal ministero; il ministro, in particolare, ha denunciato i rischi di aggiotaggio. Occorre anche ricordare l'opera importante svolta dal nucleo carabinieri del Ministero delle politiche agricole e forestali e l'azione repressiva e di controllo che è stata ed è tuttora svolta da alcune procure della Repubblica, in piena collaborazione con i carabinieri e con la Guardia di finanza.
Pertanto, in riferimento ai problemi di natura infrastrutturale, sono consapevole che sino ad oggi sono mancate azioni di coordinamento tra i soggetti istituzionalmente competenti ai fini di una migliore programmazione. Ciò ha creato situazioni in cui vi è assenza di sistemi di adduzione e/o collegamento tra invasi anche in presenza di opere di accumulo, o addirittura invasi costruiti senza i necessari lavori di protezione, caratterizzati da fenomeni di interrimento e quindi poco funzionali; aggiungo che, come è noto, a volte gli invasi così realizzati non sono stati neppure collaudati.
Per far fronte al ripetersi di dette situazioni di emergenza e di grave disagio per le popolazioni, il Ministero delle politiche agricole e forestali ha all'esame varie iniziative che contemplano la realizzazione e la ristrutturazione di grandi schemi idrici e di infrastrutture di accumulo, inserendo tali opere nel programma operativo dei grandi interventi disposti dal Governo sia con la cosiddetta legge-obiettivo sia con il programma di opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In particolare, per combattere l'emergenza idrica il Governo si appresta a varare provvedimenti per circa 1.000 miliardi di lire per la realizzazione di opere irrigue.
Nel contempo, mentre sono in corso gli interventi di questo ministero, resi possibili dagli stanziamenti degli ultimi anni, è in corso di formalizzazione il programma di opere pubbliche idrauliche consentito dagli stanziamenti della legge finanziaria per il 2001, cui farà seguito quello previsto dalla legge finanziaria per il 2002.
In modo aggiuntivo, con riferimento all'area meridionale del paese, vanno altresì considerati gli interventi dell'ex Agensud; essi, infatti, hanno consentito di affrontare e risolvere particolari necessità di approvvigionamento idrico e vieppiù lo consentiranno nel prossimo futuro, tenuto anche conto delle possibilità offerte dall'articolo
73, comma 1, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002).
Sicuramente nuovi interventi infrastrutturali, particolarmente di ammodernamento, completamento e riconversione strutturale, sono necessari su gran parte del territorio nazionale, ma ciò richiede una ricognizione attenta e ragionata. Ed è in quest'ottica che il ministero che rappresento ha iniziato una decisa e continua attività di confronto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con gli uffici competenti delle rispettive amministrazioni e con le regioni. Già alcuni interventi di emergenza sono stati predisposti, in particolare per la regione Puglia, che abbiamo visto risentire particolarmente degli eventi siccitosi in atto. A tale proposito, tengo a ricordare un accordo di programma siglato, qualche mese fa, tra il Ministero delle politiche agricole e forestali, la regione Puglia e l'Agensud. Inoltre, con il Ministero dell'ambiente, è in corso di preparazione la norma, tanto attesa, per il riutilizzo dei reflui in agricoltura, attualmente bloccata sui valori massimi dei parametri della qualità delle acque in uscita dai depuratori. A volte, occorre anche combattere con certe mentalità persistenti che vorrebbero che gli agricoltori usassero, per le proprie attività irrigue, acqua San Pellegrino! Certe mentalità vanno combattute e di ciò si stanno occupando alcuni uffici del mio dicastero, di concerto con gli omologhi uffici del Ministero dell'ambiente.
Fra gli interventi immediati, il ministro ha già attivato le procedure per l'utilizzo del fondo di solidarietà nazionale, che quest'anno stanzia 350 miliardi, circa 80 in più rispetto all'anno scorso.
La prospettiva è però quella di rafforzare il sistema delle assicurazioni attraverso le polizze multirischio che, con gli stessi fondi, garantiscono una copertura molto più alta per gli agricoltori e contemporaneamente riducono notevolmente il rischio legato agli eventi calamitosi.
Inoltre, in sede di Consiglio dei ministri dell'Unione europea, il ministro Alemanno ha avanzato la richiesta, accolta dalla Presidenza, di istituire un fondo di solidarietà nazionale a livello comunitario e ha sollecitato anche in quella sede l'individuazione di strumenti assicurativi adatti a coprire questi rischi climatici.
Concludendo, desidero rimarcare un aspetto particolarmente significativo sul piano istituzionale, e quindi non tanto politico quanto pratico: è assolutamente indispensabile - ferma restando l'evoluzione, da tutti auspicata, degli assetti istituzionali verso un sempre maggiore decentramento di competenze - che venga mantenuta sia una capacità di coordinamento tra le regioni attraverso piani interregionali sia una presenza dello Stato con funzioni di indirizzo, cofinanziamento e coordinamento. In passato non sempre ciò è avvenuto; occorre riconoscere, infatti, che, in determinate situazioni, anche attraverso motivazioni un po' speciose e limitate alle contingenze politiche, è mancata la collaborazione tra le regioni vicine, collaborazione che, invero, avrebbe potuto, in tempi più accettabili, risolvere (o almeno attenuare) i problemi degli agricoltori in situazioni di grave carenza idrica. Siamo tutti convinti che il regionalismo o, meglio, l'applicazione di un sano decentramento alle realtà locali sia la strada maestra; però, occorre assolutamente convincersi che determinate problematiche - quali, ad esempio, quelle dell'acqua - non possano che essere affrontate ricorrendo ad un pieno coordinamento tra le regioni e tra queste ed il livello centrale di governo. Sono altresì necessari grande collaborazione e grande coordinamento tra le amministrazioni a livello ministeriale; ci stiamo adoperando in tal senso ma abbiamo ereditato una situazione difficile, che - devo dirlo con la massima franchezza - non è nemmeno imputabile agli ultimi Governi; la si deve ascrivere, a volte, anche a fenomeni di malcostume che risalgono parecchio indietro nel tempo e che finora nessuno ha avuto la forza di sradicare. Credo che queste problematiche, soprattutto la necessità di un maggiore coordinamento tra le amministrazioni, possano essere risolte non solamente con un'azione incisiva e attiva da parte del
Governo centrale, ma anche con la collaborazione piena delle regioni e tra tutte le forze parlamentari.
PRESIDENTE. La ringrazio, sottosegretario Scarpa Bonazza Buora, per la relazione esaustiva da lei svolta, che ha evidenziato una situazione complessiva di disagio con sfaccettature diverse tra le problematiche e la situazione del centro-sud ed alcune situazioni del nord.
Ho apprezzato molto, inoltre, il suo richiamo al Fondo di solidarietà nazionale e alla necessità di trovare nuovi mezzi di copertura per fare fronte non solo alla grandine, ma anche a tutte le altre calamità che, purtroppo, in questi anni stanno danneggiando la capacità produttiva del settore primario del nostro paese.
Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o spunti di approfondimento.
GIUSEPPE ROSSIELLO. Anch'io ringrazio il sottosegretario Scarpa Bonazza Buora per la completezza della sua informativa; vorrei però sollevare alcune questioni di carattere più generale.
Indubbiamente l'acqua è una risorsa preziosa, anzi è la più preziosa, e purtroppo non è rinnovabile, se è vero - senza voler formulare retropensieri - che stanno nascendo anche le multinazionali dell'acqua, perché si è capito che lì c'è l'affare prossimo venturo, se non addirittura un affare già in atto.
Signor sottosegretario, penso che l'attenzione debba essere innanzitutto rivolta dal Parlamento e dal Governo ad una iniziativa politica che coinvolga l'Europa, nel rispetto degli accordi e protocolli di carattere internazionale. È la stessa situazione di Chernobyl; dopo lo scoppio, ci si chiese: «La nube atomica la fermiamo in Ucraina oppure arriva anche da noi?»
Le questioni qui sollevate in ordine alle ragioni del cambiamento climatico devono essere oggetto di politiche internazionali; va combattuto l'egoismo di chi ritiene che con il clima si possa far valere un interesse tutto personale dello Stato-nazione.
È del tutto evidente il progresso negli anni della siccità, in particolar modo nell'Italia meridionale (tant'è che si parla di «saharizzazione»: forse si tratta di un termine eccessivo, ma la realtà è questa). Le foto di terreni spaccati che appaiono sui giornali evocano eventi biblici, per cui le politiche ambientali devono diventare sul serio un elemento di iniziativa politica forte in Europa, soprattutto da parte degli Stati meridionali del continente che hanno un interesse oggettivo a coalizzarsi per portare avanti politiche di questo tipo.
È del tutto evidente, infatti, che in ogni organismo, soprattutto in quelli in cui il controllo democratico si fa sempre più frantumato - non fosse altro perché l'elettore dell'Europa è più distante -, occorre iniziare seriamente a mettere in campo politiche di alleanza con la Spagna, con il Portogallo, con la Grecia e con quei paesi che vivono sulla propria pelle il disastro di questo mutamento climatico, che non avviene perché è necessitato, ma perché le politiche ambientali lasciano, purtroppo, troppo spazio alle parole e pochissimo ad iniziative concrete.
In secondo luogo, è del tutto evidente, signor sottosegretario, che, - come emerge dalla sua relazione, in particolar modo per il Mezzogiorno di questo paese la siccità non è più un fatto che riveste carattere eccezionale.
Se partiamo da questo assunto, cioè che non si tratta più di un fatto eccezionale perché a ciò si risponde con strumenti eccezionali, cioè dichiarando lo stato di calamità, allora dobbiamo adottare precise politiche e non solo atti di emergenza. A proposito, è stato dichiarato lo stato di calamità per la Puglia e la Sicilia? Mi piacerebbe saperlo, perché l'ultimo stato di calamità fu dichiarato lo scorso anno per la Puglia, poco prima che finisse la XIII legislatura.
Signor sottosegretario, lei ha già citato alcune iniziative. Io mi permetto di indicare sostanzialmente un metodo di lavoro, che consiste nello stabilire cosa fare in ordine all'insieme delle risorse che si mettono in campo; purtroppo, per questo tipo di fenomeno, l'Europa non ne impiega molte ed esse diventano ancora meno quando le regioni non riescono a spenderle:
si è detto, infatti, a livello più generale, che spesso perdiamo quote di finanziamento per colpa della nostra impreparazione.
Quindi, rispetto a un budget di risorse, che possono anche essere inizialmente di carattere eccezionale, ma che devono poi essere programmate negli anni, occorre mettere in campo un progetto globale e stabilirne i tempi di realizzazione. Vede, signor sottosegretario, nella sua relazione ho colto una notevole capacità di diagnosi, una discreta capacità di «proposta terapeutica», ma manca la posologia, che non è cosa da poco!
Questo esula dall'ambito delle cose che lei può controllare: me ne rendo oggettivamente conto.
Detto questo, credo che dobbiamo partire da un progetto generale di risanamento delle condotte; noi perdiamo molta acqua perché queste non funzionano! Ora è del tutto evidente che quando c'è abbondanza di acqua nessuno se ne preoccupa, ma quando il bene diventa sul serio raro e prezioso, allora - cifre alla mano - dinanzi ai nostri occhi si palesa il disastro della quantità di acqua perduta.
Occorre, quindi, un progetto complessivo di risanamento delle condotte, che certo comporta costi notevoli. Soprattutto - me lo lasci dire con una nota polemica che non attiene né a questo né ai passati Governi - c'è l'allegra gestione dei consorzi di bonifica. Essi, signor sottosegretario, in particolar modo al sud, sono un insieme di «allegre brigate» che hanno accumulato miliardi e miliardi di debiti e che, spesso, fanno pagare ai produttori servizi che non erogano: in buona sostanza, in Puglia può accadere di pagare l'acqua che non si ha, magari solo perché il proprio campicello rientra nel bacino del consorzio; quindi si paga, anche se non si sa bene cosa!
PAOLO SCARPA BONAZZA BUORA, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali. Un po' come il canone RAI!
GIUSEPPE ROSSIELLO. Più o meno. A proposito di cose sciagurate in televisione, abbiamo visto quello che è accaduto ieri sera in una nota trasmissione televisiva in cui aleggiava una vaga atmosfera di necrofilia nel discutere del caso, verificatosi in Sicilia, di BSE trasmessa all'uomo.
Tornando a noi, dicevo che occorre, innanzitutto, una normativa di carattere più generale, che metta i consorzi nelle condizioni di assolvere, possibilmente bene, al loro compito.
Per quanto riguarda il risanamento delle condotte, bisogna evitare, in particolar modo - come in genere accade alle squadre di calcio che, dopo aver subito un goal, nel tentativo di recuperare partono all'attacco ma poi finiscono per prenderne un altro in contropiede -, ulteriori trivellazioni di carattere clandestino che abbassino ancora di più il livello delle falde.
L'Italia, ci piaccia o meno, è una penisola - questo abbiamo imparato dai testi di geografia -, quindi le nostre terre non sono, tranne che in Padania, assai distanti dalle coste, per cui nel momento in cui si trivella e si abbassa la falda, si ha penetrazione di acqua marina e così dai pozzi esce fuori acqua salata: è la rovina totale! È come voler scappare tutti assieme dallo stadio dall'unica porta: il risultato sicuro è la strage! Questo infatti è accaduto e sta accadendo: la salinizzazione di tantissimi pozzi.
Mi trova d'accordo la sua valutazione circa la necessità, rispetto a un bene così prezioso, di un qualche coordinamento di carattere nazionale, soprattutto quando si attivano meccanismi idioti - e sottolineo idioti - di «campanile» e di «casacche».
Lei parlava di uso sostenibile delle risorse: mi trova, su tale terreno, perfettamente d'accordo, ma uso sostenibile significa anche sapere programmare la multifunzionalità dell'acqua; acque già usate, infatti, possono essere riutilizzate più volte.
Per quanto riguarda l'uso virtuoso di centrali di depurazione delle acque, nel Mezzogiorno siamo ancora assai lontani da condizioni accettabili; in buona sostanza, non ho alcuna difficoltà ad asserire che, nel Mezzogiorno, su cento depuratori, venti non funzionano perché non
sono stati ancora collaudati, mentre trenta o quaranta non «devono» funzionare. È anche un affare, non farli funzionare! Per essere più preciso, spesso non si tratta di cattiva volontà politica ma di ben altro: il depuratore si deve guastare così come, ad esempio, si deve guastare, in un laboratorio di analisi di un ospedale, qualche apparecchiatura perché è molto più chic sostare nei laboratori privati provvisti di sale di attesa, salottini e quant'altro.
Anche sulla base di quanto lei in questa sede ha riferito, occorrerebbe una autorità di coordinamento tra i Ministeri delle politiche agricole e forestali, dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti; al riguardo, devo confessarle che gradirei molto potesse assolvere lei ad una tale funzione.
Peraltro, se da anni non registravamo temperature così rigide, quasi non vi fosse più la stagione invernale, è pure vero che le stagioni sono tutte utili. Certo, se alla siccità si aggiunge il fenomeno delle gelate, ne segue che al danno si somma altro danno; in questo senso, onorevole sottosegretario, il fenomeno rientra nella fattispecie della calamità e dell'eccezionalità. Non so se l'incremento dei fondi stanziati nella legge finanziaria per il rifinanziamento del provvedimento legislativo n. 185 del 2000 basteranno; penso di no, considerata la gravità del fenomeno verificatosi. Infatti, è del tutto evidente, al di là di quanto da lei molto correttamente riferito, che si sono verificati non solo aumenti dei prezzi alla produzione ma anche altri meccanismi, quali la disaffezione - indotta dalla forte lievitazione dei prezzi - dei consumatori (specie dei più poveri, ovviamente) nei confronti di certi prodotti nonché la circostanza che, molto probabilmente, quando arriverà - e sta per arrivare - sui banchi dell'ortofrutta la produzione anticipata in serra, essa avrà sicuramente un impatto ex ante, non ex post. Mi spiegherò meglio con un esempio; non so chi di voi stamattina ha visto la trasmissione televisiva Uno mattina, dove si dibatteva il problema della BSE. Ebbene, in tale caso si sta determinando, per così dire, un impatto ex post, nel senso che ci si chiede cosa potrà accadere a chi ha mangiato la carne anni fa, e si scopre che alcune morti avvenute nel recente passato potrebbero ex post ricondursi alla variante umana della malattia di Creutzfeldt-Jacob. Nel nostro caso, invece, l'impatto sarà, per così dire, ex ante, nel senso che, in qualche modo, abbiamo il tempo di programmarlo e pilotarlo.
Ho apprezzato, da veneto, la sua onestà intellettuale quando ha parlato di un monitoraggio complessivo, che può rappresentare un elemento decisivo per capire dove vi siano state perdite effettive. È vero che, specie nel Mezzogiorno, molte imprese agricole legate alla viticoltura, alla agrumicoltura o alla olivicoltura rischiano sul serio la disperazione. Qualcuno, tentando di salvare la produzione, ha provveduto persino a comperarsi l'acqua a sue spese; costoro hanno, ovviamente, aggravato in tale modo i costi e non avendo ottenuto reddito sono letteralmente in ginocchio. Penso che dovremmo farci interpreti anche e soprattutto di questo grido di dolore che viene dal mondo cui noi, vista la nostra presenza in questa Commissione, dobbiamo guardare con maggiore attenzione.
FRANCESCO ZAMA. Mi rammarico, essendo arrivato tardi, di non avere potuto ascoltare la relazione dell'onorevole sottosegretario ma sono stato male informato sull'orario dell'audizione; me ne dispiace e mi scuso.
Colgo comunque alcuni spunti riguardanti soprattutto la Sardegna, dove l'emergenza idrica è un problema di sempre; a tale riguardo, volevo chiedere se vi sia stata la richiesta dello stato di calamità naturale. Volevo, altresì, domandare all'onorevole sottosegretario se eventualmente, nel fissare le provvidenze per la calamità naturale in Sardegna, si possa tenere conto anche della bieticoltura. In Sardegna, come ha anche sottolineato il collega Rossiello, si perde il 40 per cento dell'acqua a causa delle condizioni di inefficienza in cui versano le condotte; inoltre, la capacità degli invasi viene utilizzata solamente per un terzo: vi è una
capacità di invaso di circa 1.400.000.000 di metri cubi ma, per il fatto che le dighe non sono collaudate, ne vengono utilizzati circa 600.000.000. Quando piove - e non è vero che non piova mai -, l'acqua che gli invasi non possono contenere viene fatta confluire nel mare; da tutto ciò consegue che, nei periodi di siccità, ci si lamenta del fatto che manchi l'acqua per le coltivazioni e anche per gli usi civili. Essendo questi i drammi della Sardegna, penso si renda necessario un intervento di coordinamento - del resto invocato anche dall'onorevole sottosegretario - attraverso l'adozione di direttive di carattere nazionale.
GIUSEPPE ROMELE. Innanzitutto, debbo esprimere apprezzamento per il dibattito molto approfondito che ha visto seguire, all'intervento dell'onorevole sottosegretario, le osservazioni dell'onorevole Rossiello e, quindi, dell'onorevole Zama. Da anni anche la gente che non conosce a fondo la realtà del centro-sud avvertiva i termini del problema; a tale riguardo, ritengo che la Commissione non debba perdere, oggi, la grande occasione di lanciare, anche tramite il sottosegretario - con decisione unanimemente presa e con le forme che il presidente riterrà opportune -, un prezioso segnale al Governo, ed in particolare al ministero competente, affinché veramente si istituisca un'autorità di coordinamento nazionale.
Si parla tanto, oggi, di coordinamenti regionali, della riforma del titolo V della Costituzione e via dicendo, ma è soprattutto in tale ambito che si impone un intervento, se veramente vogliamo - e dobbiamo farlo - risolvere il problema. Chi conosce un po' di storia sa che da secoli il sud ha tali difficoltà; i primi invasi risalgono ai secoli XVIII e XIX. Ebbene, se per le infrastrutture e le opere pubbliche in senso lato si parla di alta velocità, di nuove infrastrutture autostradali e di quant'altro, perché non parlare, in agricoltura, di qualcosa di analogo, ovvero di un'opera strategica? Gli anni più recenti ci stanno dimostrando che si deve intervenire con un'azione - a breve, a medio e a lungo termine - di rilancio dell'irrigazione quale momento strategico per l'economia del paese a fianco della viabilità, delle infrastrutture e via dicendo.
Auspico veramente che oggi parta dalla XIII Commissione della Camera, con il contributo del presidente e alla presenza dell'onorevole sottosegretario, un forte segnale, che dovrebbe tradursi in un punto significativo del programma di governo. Per la verità nessuno, in questa sede, potrà negare che si tratta di un aspetto già affrontato dal Presidente Berlusconi quando ha parlato di coordinamento dei consorzi irrigui, delle opere idraulico-forestali e di quant'altro. Si pone, dunque, la necessità di istituire, nelle forme che il Governo ed il ministero decideranno, una tale autorità, politica prima che istituzionale, di coordinamento. In caso contrario, probabilmente ne parleremo ancora fra sei o dodici mesi, fra tre anni come fra trenta.
Parlando più dettagliatamente dell'ortofrutta, si nota sempre di più che essa rappresenta un patrimonio, un bene indispensabile per le nostre cucine, per i nostri appuntamenti giornalieri. Se è vero che buona parte dell'ortofrutta di un certo tipo la importiamo dall'estero, perché non possiamo - lancio un altro segnale forte, con modalità da studiare per la sua attuazione - rilanciare le serre?
Ciò, tra l'altro, al sud potrebbe essere molto efficace, visto che c'è anche un microclima ottimizzato che potrebbe consentire un costo inferiore di gestione del bene ortofrutta all'interno della serra.
Perché non immaginare, allora, anche per i futuri appuntamenti in sede di Unione europea e di PAC, che l'Italia possa proporre anche il rilancio delle attività di serra? Abbiamo già avuto esperienze di questo tipo, per esempio nella floricoltura in alcune zone della Liguria e della Toscana.
Questo potrebbe essere un elemento molto importante per dare un po' di respiro anche alla nostra attività tradizionale ed assicurare una forte integrazione di reddito.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor presidente, onorevole sottosegretario, questa è una buona giornata, perché la relazione del sottosegretario Scarpa è stata abbastanza precisa e puntuale, ma anche perché il segno degli interventi che ho potuto finora ascoltare va, a mio avviso, in un'unica direzione.
Certamente ci troviamo di fronte a cambiamenti climatici nei cui confronti poco o nulla è stato fatto finora, perché ciò dipende anche dalla politica mondiale dell'ambiente e, quindi, dell'economia.
L'insegnamento del positivismo e la stessa consapevolezza dei destini progressivi dell'umanità ci devono certamente fare riflettere, perché una maggiore attenzione nei confronti dell'uomo e del nostro pianeta avrebbe evitato o potrebbe ancora evitare una serie di guasti.
Al di là di queste riflessioni, condivido quanto affermato dall'onorevole Rossiello circa l'interesse a privilegiare un rapporto con quei paesi del Mediterraneo con cui esistono una serie di problematiche comuni afferenti alla nostra storia, alla nostra cultura, ma anche, nello specifico, alle questioni che stiamo trattando, in quanto sono situati nella nostra stessa fascia climatica, hanno le nostre stesse produzioni e, molto spesso, le nostre stesse difficoltà.
Sono contento che Rossiello abbia indicato questa strategia di politica europea e internazionale e che, di fatto, condivida quello che mi sembra stia facendo nelle ultime settimane e negli ultimi mesi il nostro Governo e, in particolare, il Presidente del Consiglio; proprio con questi paesi si sta cercando di creare un asse privilegiato, dando un segnale forte di discontinuità con quanto, invece, in altri momenti era stato fatto.
Per quanto riguarda poi la politica dell'acqua in senso più generale, tutti sappiamo dei guasti dei consorzi, dell'inadeguatezza della legge Serpieri e di tutto ciò che ne deriva; anche in quel caso dobbiamo fare tutti autocritica, perché è vero che i consorzi sono stati molto spesso un'occasione di gestione politica - nell'accezione deteriore e non in quella nobile del termine - dell'agricoltura, ma in quei momenti, dentro la greppia dei consorzi, purtroppo c'erano tutti, al di là della coloritura politica.
Andando in giro per la mia regione, nelle assemblee di agricoltori, che evidentemente sono interessati ad un solo bene, cioè l'acqua, ancora oggi sento discorsi di veteropolitica e di veterosindacalismo, di destra e di sinistra, senza eccezione alcuna, che praticamente auspicano una gestione del consorzio in termini democratici, immaginando «parlamentini» che la nostra storia cinquantennale dimostra essere stati, molto spesso, proprio la genesi del dissesto dei consorzi in quanto tali.
È arrivato il momento di riflettere seriamente su queste cose e, a mio avviso, proprio chi si occupa di politica agraria, al di là delle pregiudiziali ideologiche, dovrebbe capire che è arrivato il momento di proporre una legge quadro complessiva sull'intera materia e, quindi, di costituire authority che possano gestire una risorsa essenziale per la nostra economia agricola e per le possibilità di sviluppo futuro.
L'acqua è un bene troppo prezioso; non possiamo più giocare con queste cose, ma dobbiamo trovare delle soluzioni. Una valida, indubbiamente, può essere quella delle autorità, dei gestori unici che affrontino il tema della risorsa acqua in tutti i suoi usi, da quelli civici a quelli agricoli, quelli, cioè, che nella fattispecie ci interessano di più.
Certo, sappiamo tutti delle condotte che non funzionano, degli invasi interrati, della mancanza di sistemi di interconnessione tra un invaso e l'altro e - come diceva giustamente il collega Zama - dello scempio che accade in alcune regioni meridionali (ad esempio nella mia provincia, che è interessata molto da questo fenomeno), con grandissime masse d'acqua che durante i mesi invernali si disperdono in mare e che non vengono incanalate e invasate.
Ma anche a tale riguardo bisogna essere ancora una volta seri e determinati sulle cose da fare; abbiamo il compito, caro sottosegretario, di individuare le risorse per rimediare a questi guasti, per
curare i lavori di manutenzione delle condotte e degli invasi esistenti e, se possibile, per crearne di nuovi.
Dobbiamo confrontarci con estrema chiarezza con coloro i quali, interessati da false politiche ambientali, pongono talvolta steccati di fronte a problematiche di questo genere. In proposito, vorrei ricordare quello che è avvenuto proprio in Sicilia: il grande disastro della diga dell'Ancipa, una diga, cari colleghi, che avrebbe dovuto invasare 100 milioni di metri cubi e, quindi, alleggerire di circa l'8-9 per cento l'intero sistema idrico siciliano, dando acqua a una delle province più disastrate, quella di Caltanissetta, e ad una parte della provincia di Enna. Ebbene, i lavori sono rimasti fermi per ben 15 anni per una serie di ricorsi di tipo amministrativo che non avevano niente a che vedere con l'agricoltura, con l'acqua e nemmeno con l'ambiente, ma che nascevano da ripicche politiche di chi dell'ambientalismo non ha fatto un credo o una scelta ideologica, ma molto spesso l'ha utilizzato per il raggiungimento di fini o di risultati politici.
Anche su queste cose dobbiamo avere il coraggio, al di là delle differenziazioni ideologiche e degli steccati, di dire le cose come stanno e vedere se sia praticabile una strada che porti ad un'intesa più ampia per far capire, anche al di fuori di queste stanze, le problematiche del comparto.
Molto spesso, infatti, non esiste una differenziazione sulle cose sostanziali tra maggioranza e opposizione; al di fuori di questa sede, però, questo comparto trova difficoltà a parlare e a farsi ascoltare, anche dai nostri stessi partiti, sia di maggioranza sia di opposizione.
Ritengo, quindi, che un'intesa maggiore, un tavolo di trattativa che porti a buon fine proposte serie e concrete con una larga intesa possa sicuramente contribuire a fornire una soluzione, o comunque una svolta, per aprire un periodo completamente nuovo.
È chiaro che bisogna immediatamente dichiarare lo stato di calamità; il sottosegretario è stato onestissimo quando ha criticato certi spot e messaggi televisivi che, in maniera surrettizia, hanno creato o comunque propagandato falsi problemi.
Per quanto mi riguarda, sono stato «pirandellianamente» contento di questi programmi televisivi, perché quando noi meridionali parliamo di siccità, al di fuori delle nostre province e regioni, non siamo creduti; se, finalmente, gli spettatori italiani capiscono che c'è un problema siccità in Piemonte, anziché in Lombardia o nel Veneto, allora forse questa realtà diventa concreta.
Vedo Rossiello che sorride, ma purtroppo è così. Paradossalmente sono stato contento di una pubblicità di questo genere, non in base al principio del «mal comune mezzo gaudio» - caro collega Romele - ma perché quando noi meridionali parliamo di una calamità molto spesso veniamo individuati come coloro i quali chiedono assistenza, mentre se la questione assume natura più ampia, allora si comincia a discuterne.
A proposito di mezzi di comunicazione, apro una piccola parentesi per dire che la gestione da parte dell'informazione sia della vicenda «mucca pazza» sia della sciagura capitata alla ragazza colpita dalla malattia dimostrano chiaramente come ci sia qualcosa da rivedere. Ho intrapreso proprio oggi iniziative nei confronti del Ministero della sanità, per verificare dove e come sia avvenuta la fuga di notizie che ha «sbattuto il mostro in prima pagina», e fino a che punto i mezzi di informazione abbiano il diritto di creare situazioni di questo genere (che hanno implicazioni gravissime, a partire da quelle morali), che poi producono effetti economici in tutti i settori.
Poco fa parlavo di ortofrutta e di serre con il collega Romele che in effetti ha ragione. Proprio due settimane fa una trasmissione televisiva improvvida ha creato una crisi di mercato in tutta Italia, ma soprattutto sui mercati di Roma, nella distribuzione e vendita dei prodotti di serra, dando luogo ad un danno non enorme, ma comunque di una certa entità; i prodotti provenienti prevalentemente dal
meridione d'Italia sono arrivati sui mercati romani e sono stati mandati al macero perché rimasti invenduti.
La settimana precedente, caro sottosegretario - glielo dico, visto che lei ha anche la delega alla pesca -, una trasmissione analoga ha causato una diminuzione improvvisa dei consumi del pesce fresco proveniente dal Mediterraneo di circa il 50-60 per cento.
Entrambe le «inchieste» televisive sono state fatte dal servizio pubblico, da noi pagato; bisogna, quindi, capire fino a che punto questi signori possano essere gli artefici delle fortune anche economiche di intere categorie. Queste sono cose sulle quali ci dobbiamo interrogare e su cui dobbiamo essere estremamente seri e determinati.
Nell'avviarmi a concludere, vorrei riprendere quanto diceva Romele sulla necessità di inviare un segnale forte - vedremo con quale mezzo, eventualmente elaborando un documento da inviare al Governo e a chi di competenza - per sollecitare grandi opere infrastrutturali, in maniera tale che l'agricoltura non resti fuori dal programma triennale delle grandi opere pubbliche o dalle leggi obiettivo. Un'iniziativa della Commissione in tal senso mi vedrebbe disponibile e interessato.
Inoltre, sarebbe opportuno che la Commissione di tanto in tanto uscisse fuori dal palazzo, per verificare alcune situazioni di emergenza sul territorio nazionale; ho l'impressione che in tal modo potremmo intenderci meglio con gli interessati sulle soluzioni o, comunque, sui percorsi comuni da seguire.
Ricollegandomi a quanto detto dall'onorevole Rossiello a proposito della siccità (cui, in alcune regioni, è seguito il disastro delle gelate), debbo riconoscere che essa ha messo in ginocchio alcuni settori, specie la zootecnia. Addirittura, in alcune province siciliane, stiamo attivando le prefetture e la protezione civile perché vi sono intere province dove non si riesce più a produrre il foraggio. Ciò è potuto avvenire per due ordini di motivi: in principio, vi è stata una produzione scarsa dovuta alla siccità; quindi, a causa delle gelate, è mancata la possibilità che i pascoli si ricostituissero. Pertanto, si registrano non solo un aumento dei prezzi enorme e spaventoso, tale da mettere in ginocchio la zootecnia dal punto di vista economico, ma anche difficoltà a reperire il prodotto. Addirittura si ipotizza, per quanto riguarda la Sicilia, un'importazione del foraggio; voi del settore sapete che, dal punto di vista economico, questa sarebbe una vera follia.
Spero, in conclusione, di avere rappresentato, all'amico sottosegretario e a voi tutti, la gravità del fenomeno.
LUCA MARCORA. Il mio, signor presidente, sarà un intervento breve in quanto condivido molti degli argomenti portati dai colleghi che mi hanno preceduto. In particolare, vorrei associarmi al grido disperato di allarme dell'onorevole Rossiello per la gravità del problema che, a causa della siccità, sta interessando tutto il meridione. Detto ciò, non vorrei guastare il clima alquanto idilliaco che sta caratterizzando i rapporti tra maggioranza e minoranza in questa audizione, un clima di comunanza di intenti e di proposte; tuttavia vorrei sottolineare alcuni punti.
Per provvedere adeguatamente alla soluzione del problema occorrono risorse; questo è il punto che il Governo - dal momento che le somme stanziate al riguardo in finanziaria sono ormai insufficienti - deve chiarire. Ovviamente, nessuno può ascrivere alla responsabilità del Governo lo stato meteorologico che ha interessato, in modo così grave, tutta l'Italia, e in particolare il sud. È vero che sono stati stanziati 80 miliardi in più rispetto alla legge finanziaria precedente, ma è altresì vero che quest'ultima destinava fondi per eventi straordinari in un quadro che per il resto era ordinario. Quanto avvenuto nel 2001 ha invece dimostrato l'insufficienza di quei fondi. Dobbiamo aggiungere che gli 80 miliardi previsti dalla legge finanziaria per il 2002 serviranno appena a coprire i «buchi» creatisi nel 2001. Quindi non si tratta, onorevole sottosegretario, di risorse aggiuntive; sono,
piuttosto, somme che servono a coprire gli eventi calamitosi già registrati nel 2001. Bisogna, dunque, porsi l'obiettivo di trovare nuove risorse; il sottosegretario ha annunciato tale intenzione ma è necessario che dai buoni propositi si passi alla loro realizzazione. In particolare, siamo interessati a sapere se e dove verrà dichiarato lo stato di calamità e come, con risorse adeguate, si farà fronte alle esigenze delle zone così individuate. Apprezziamo i buoni propositi del Governo; vorremmo, però, qualcosa di più.
Sono d'accordo con quanto detto dall'onorevole Rossiello circa il fatto che l'acqua diventerà il business del futuro, per cui dall'«oro nero» si passerà all'«oro blu». Anche a Porto Alegre è stato lanciato un grido d'allarme; si tratta di un problema che sicuramente riguarderà le sorti future della popolazione mondiale. Concordo anche con chi ha sottolineato - mi riferisco in particolare all'onorevole Romele - la necessità di istituire una autorità nazionale di controllo sull'acqua.
Nel rispetto delle competenze delle regioni fissate con nettezza, rispetto all'ambito qui considerato, dalla riforma del titolo V della Costituzione, tale autorità dovrebbe assicurare una progettualità nazionale ed un coordinamento tra le diverse regioni. È necessario un investimento molto sostanzioso; a tale riguardo, ancora una volta sono d'accordo con il collega Romele quando sostiene che il corrispondente dell'alta velocità, in agricoltura, è l'acqua. Mi spiace, però, dover sottolineare che nella legge obiettivo, tra le grandi opere previste, non si includono quelle afferenti il nostro ambito.
PAOLO SCARPA BONAZZA BUORA, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali. Non è vero: esiste un elenco preciso, che le invierò.
LUCA MARCORA. Bene. Anche a tale proposito, però, devo far presente che circolano diverse liste delle opere previste dalla legge obiettivo. Da 19 siamo arrivati a 200 e adesso addirittura a 500 opere. Se la legge obiettivo ha un senso, è quello di fissare delle priorità; se si prevedono 500 opere è come se non si prevedesse nulla, anche se è possibile che nell'ultimo elenco di 500 opere sia compresa anche qualche iniziativa riguardante l'approvvigionamento idrico, le infrastrutture e gli invasi necessari per l'irrigazione. Però, associandomi a Romele nel dire che l'acqua è l'alta velocità dell'agricoltura, ricordo che è stata appunto approvata una legge obiettivo per le grandi opere senza tenere in considerazione tale circostanza.
Per concludere, apprezzo che si provveda al monitoraggio e giudico positivamente il proposito di trovare le risorse finanziarie; chiedo però se sarà dichiarato lo stato di calamità, per quali zone, e a quali risorse si attingerà in caso di decisione positiva. Esiste veramente l'intenzione di costituire un'autorità di coordinamento e progettazione nazionale sull'acqua? Quali sono le intenzioni del Governo circa la riforma del sistema dei consorzi di bonifica?
SAURO SEDIOLI. Era inevitabile che in questa discussione la nostra attenzione fosse anzitutto rivolta agli aspetti di carattere strategico, ed in particolare agli effetti dei mutamenti climatici. I problemi relativi all'acqua si verificheranno non solo nel contingente ma, soprattutto, nel futuro, quando la situazione si aggraverà ulteriormente. Voglio ricordare, a tale riguardo, la disattenzione dimostrata dal Governo rispetto ad iniziative di carattere internazionale quali il protocollo di Kyoto, che poi fortunatamente è «rientrata». Penso non sia indifferente la collocazione del Governo rispetto alle grandi occasioni di carattere internazionale, cruciali per la soluzione del problema che cercano di affrontare alla radice.
Ho apprezzato molto la proposta di istituire un'autorità di coordinamento che si occupi di tali questioni; ho ascoltato con molta attenzione l'intervento dell'onorevole Zama che, con l'efficacia e la sintesi tipiche di chi ha operato nell'impresa, ha portato l'esempio della Sardegna, dove, per questioni legate al collaudo, alcune strutture non sono funzionanti. Onorevole
Zama, purtroppo tali evenienze non si verificano solo nelle isole o soltanto al sud; io vengo da una regione, l'Emilia Romagna, nella quale non si può utilizzare il canale emiliano-romagnolo perché mancano le opere di adduzione. Per rimanere nel settore bieticolo-saccarifero, un imprenditore di un grosso zuccherificio mi ha detto che, al di là della questione «quote» e di altri aspetti, il problema strategico per la bieticoltura è l'irrigazione; se non si risolverà non riusciremmo a competere con la Spagna.
Si è parlato di legge obiettivo; considerata la crescita del numero dei progetti, nel momento in cui si dovrà effettuare una selezione imposta dalle risorse a disposizione, il problema dell'acqua e quello delle opere di adduzione per trattenerla e poterla utilizzare nei periodi di siccità dovrebbero, a mio avviso, essere considerati prioritari. L'esperienza vissuta dovrebbe essere tenuta presente nella legge obiettivo, anche perché le questioni si pongono in tutto il paese e non solo al sud.
Credo quindi che si ponga una questione di strategie e di interventi a medio termine; penso, altresì, che se vogliamo dare credibilità, prospettive ed anche valore strategico al nostro intervento bisogna dare al coltivatore delle certezze; diversamente, non crederà più agli impegni che assumeremo in futuro.
Le risorse sono scarse e bisogna aumentarle; però, si pone anche il problema di come vengono utilizzate quelle poche che sono a disposizione. I finanziamenti arrivano in ritardo, la burocrazia è inefficiente, le procedure vanno snellite. Ricordo alla Commissione che non è stato colpito soltanto chi coltivava l'insalata o gli ortaggi; vi sono colture - nel settore sementiero o in quello viticolo - i cui danni si manifesteranno solo in futuro, nel momento in cui matureranno le relative produzioni. So, per esempio, che un settore strategico quale quello sementiero è stato colpito enormemente dalla siccità; rischiamo un danno enorme.
Ho colto le buone intenzioni del sottosegretario Scarpa Bonazza Buora; credo però che sia necessaria una conoscenza più approfondita - più che un maggiore controllo - del problema della siccità. Immagino che le province e le regioni stiano facendo ancora i rilevamenti necessari al fine di chiedere lo stato di calamità: nell'immediato, quindi, non possiamo ancora avere la percezione esatta di quale sia il danno. Bisognerà procedere con rapidità alle rilevazioni e, quanto conosceremo la dimensione del danno, sarà bene che il Governo informi subito la Commissione sugli interventi da effettuare nell'immediato. Credo che il Governo possa assumere tale impegno anche per far sì che i dibattiti in questa sede non abbiano solo un carattere generale ma siano rivolti anche a risolvere i problemi pratici del settore agricolo.
PRESIDENTE. Ringrazio tutti i colleghi che hanno arricchito di contenuti l'audizione odierna; i temi in esame sono stati trattati con la dovuta attenzione ed in modo approfondito. Questa audizione aveva anche lo scopo di evidenziare una situazione che è stata eccezionale per quest'anno, ma che sicuramente si ripeterà nei prossimi anni, stante la mutazione climatica che stiamo affrontando in maniera sempre più difficile.
La Conferenza dell'Aja del 2000 ha evidenziato come nei prossimi vent'anni il 53 per cento delle terre attualmente irrigate per l'agricoltura non potranno più esserlo; quindi è estremamente importante, come si è detto oggi, non disperdere le risorse. È necessario potenziare e migliorare tutti i punti di contenimento e di invaso, perché non possiamo più permetterci la dispersione di acqua nelle condotte che avviene in questo momento in misura percentualmente così elevata.
Sono stati toccati due punti estremamente importanti, che pongo all'attenzione del sottosegretario Scarpa. Il primo riguarda il fatto che l'uso plurimo delle acque - che è anche stabilito dalla legge Galli del 1994 - deve essere effettivamente attuato; ma soprattutto dobbiamo ricordarci che, essendo un bene così prezioso, l'acqua può essere utilizzata più volte, prima di essere avviata definitivamente a
mare. Quindi è necessario che ci siano collegamenti tra usi industriali, agricoli e civili e che gli impianti di depurazione funzionino veramente bene, per consentire il riutilizzo delle acque.
Inoltre, è estremamente importante che venga previsto un unico gestore delle acque in quanto tante volte (non solo nei periodi di siccità, ma anche in caso di fenomeno inverso) abbiamo rimarcato come la mancanza di un unico gestore di tutto il patrimonio idrico determini grossi problemi.
Ricordo, in proposito, quello che è avvenuto durante le alluvioni del 1994 e del 2000, quando ci sono stati rimpalli di competenze senza che nessuno si assumesse le responsabilità; in questo momento, infatti, troppe competenze si vanno a sovrapporre.
Voglio anche ricordare che nel programma di questo Governo l'emergenza idrica è stata evidenziata in tutti i modi, dalla campagna elettorale in poi, e sono sicuro che attraverso opere mirate si metterà veramente mano ad un riordino fondamentale per evitare che nel nostro paese, che è un enorme stivale con 3 mila 800 chilometri di coste, il problema della sanità dei pozzi evidenziato dal collega Rossiello si accentui e ne consegua una desertificazione ancora maggiore di quella che l'andamento climatico di questi ultimi anni sta determinando.
Do ora la parola al sottosegretario Scarpa Bonazza Buora per la replica.
PAOLO SCARPA BONAZZA BUORA, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali. Signor presidente, condivido le sue ultime considerazioni che, tra l'altro, avevo in parte espresso nella mia relazione introduttiva.
Cercherò di essere breve, soprattutto perché non ritengo che valga la pena di soffermarsi punto per punto su tutte le cose dette dai colleghi, molte delle quali sono assolutamente condivise dal Governo. Desidero però ringraziare tutti gli intervenuti, non solo per i modi e per i toni usati, ma soprattutto per i contenuti esposti; in particolare, mi è parso particolarmente incisivo e coraggioso l'intervento dell'onorevole Rossiello, il quale ha fatto riferimento alla necessità di costruire politiche internazionali ed ha lanciato, opportunamente, il tema del maggiore coordinamento tra i paesi dell'area del Mediterraneo.
È un obiettivo che mi fa piacere sia condiviso e proposto in questa sede dall'opposizione; posso assicurare all'onorevole Rossiello e a tutti i colleghi che esso rappresenta un impegno preciso che il Governo sta attuando.
Siamo quindi lieti di avere, almeno su questo profilo, l'appoggio di tutte le forze che rappresentano in Parlamento i settori dell'agricoltura e della pesca. Oggi non parliamo di pesca - che, come qualcuno ha ricordato, è una materia su cui ho la delega -, ma vorrei ricordare che, nel corso di uno degli ultimi Consigli europei della pesca, è stato firmato un protocollo di intesa tra i paesi dell'area del Mediterraneo per spostare a sud la politica comunitaria del settore, che oggi invece è orientata altrove.
È un esempio: ce ne sono anche altri che dovranno sostanziarsi, sempre di più e meglio, per quanto riguarda non solo la riforma della politica agricola comunitaria, ma anche gli interventi di carattere strutturale che dovranno essere disposti.
Aggiungo che, come veniva ricordato da qualche collega, il Presidente del Consiglio, nonché ministro degli esteri, ha intrapreso un'azione forte di coordinamento sul piano politico generale tra i paesi dell'area del Mediterraneo, sia con quelli che fanno parte dell'Unione europea, sia con quelli che stanno dall'altra parte del Mediterraneo.
Ricordo, in proposito, che proprio alla fine di questo mese si terrà a Tunisi un'importante convegno sull'argomento specifico delle opere irrigue e della lotta alla siccità, organizzato con la collaborazione del Ministero delle politiche agricole e forestali - in particolare da chi vi parla, che rappresenterà il nostro paese in quella sede -, del governo tunisino, della fiera di Palermo e di quella di Verona.
Questo è un tema che evidentemente non produce contenzioso tra i paesi rivieraschi del Mediterraneo; altri temi potrebbero essere oggettivamente più delicati in questa fase, ma comunque dovranno essere affrontati nel tempo e sono già alla nostra attenzione.
Credo però che un'azione di collaborazione e di cooperazione vera, concreta, non declamata, ma praticata tra i paesi del Mediterraneo possa essere uno strumento utile, anche per fare tesoro nei programmi di sviluppo del settore, che oggi abbiamo considerato, degli esempi stranieri; è fin troppo semplice ricorrere al caso di Israele, che ha portato a risultati straordinari nei contesti agricoli locali. Ma non esiste solamente Israele. Si tratta quindi di un impegno preciso del Governo che - lo ripeto - mi fa piacere che sia fortemente voluto e condiviso anche dall'opposizione.
Detto questo, siamo tutti d'accordo che le politiche ambientali vadano declamate meno e praticate di più, che si debba passare da un ambientalismo d'accatto ad una politica ambientale forte e strettamente connessa allo sviluppo economico e alla sostenibilità sociale ed economica; credo che debba essere questo il quadro di riferimento in cui tutti quanti dobbiamo muoverci. E sicuramente questo Governo lo fa.
L'onorevole Rossiello dice che occorre stabilire le cose da fare. Alcune di esse sono già state stabilite, ma naturalmente siamo aperti al contributo della maggioranza e dell'opposizione per migliorare, emendare ed implementare il quadro di riferimento costruito in questi primi mesi di governo e che è stato poi oggetto di una decisione, adottata in una sede preliminare a quella del CIPE e poi da esso formalizzata, in ordine ad una serie di interventi programmati nella legge obiettivo.
A questo riguardo, siccome non desidero essere omissivo, sarà mia cura - lo farò oggi stesso - far pervenire al presidente della Commissione l'elenco delle opere disposte dalla legge obiettivo. In proposito, proprio per essere concreti e pratici, se lo riterrà potrà aprire una discussione e un confronto per valutare, visto che vi è una conoscenza diffusa del territorio nazionale anche da parte dei parlamentari, se sia il caso di immaginare variazioni o considerare ordini di priorità diversi. Da questo punto di vista c'è la massima apertura da parte del Governo; certamente non ci si può rimproverare (e del resto non lo si è fatto) di essere stati latitanti o, omissivi nella costruzione di un ordine di priorità. Un ordine di priorità è stato costruito, e c'è una legge obiettivo, che deve essere ovviamente valutata con il contributo di tutte le forze parlamentari.
Per quanto riguarda il progetto globale, sono perfettamente d'accordo sul fatto che i tempi costituiscono, a volte (anzi, il più delle volte), l'aspetto fondamentale. Vorrei brevemente raccontarvi, in proposito, l'esperienza di cui mi sono trovato ad essere protagonista per quanto riguarda l'emergenza idrica in Capitanata, che abbiamo cercato di fronteggiare con un intervento di soccorso di svariate decine di miliardi - non ricordo la cifra esatta, tuttavia su questo aspetto sono in grado di fornire una precisa documentazione - attraverso un accordo di programma.
La responsabilità primaria in materia di infrastrutture irrigue - su questo bisogna essere assolutamente chiari -, come del resto è stato ricordato molto correttamente dall'onorevole Rossiello, non è in capo al Ministero delle politiche agricole e forestali ma, evidentemente, a quello delle infrastrutture e dei trasporti; comunque non è che per questo io voglia fare lo scaricabarile.
A volte si riscontrano discontinuità operative a livello locale. Anche qui non voglio fare lo scaricabarile, però talvolta le migliori intenzioni dei ministeri interessati, in questo caso anche dell'Agensud e della regione protagonista, vengono non dico vanificati - in questo caso non lo sono stati affatto -, ma rallentati da comportamenti locali, a volte afferenti anche i consorzi di bonifica, che rischiano di ridurre notevolmente l'applicazione degli interventi programmati e finanziati.
Tutti i fenomeni che sono stati descritti in ordine alla salinizzazione sono reali; è un problema gravissimo che in alcune zone della Puglia è addirittura drammatico, perché arreca un danno che non si ripercuote solo su uno o due anni, ma determina una vera e propria distruzione di superficie agricola.
Per quanto riguarda l'autorità di coordinamento, siamo convinti che debba sicuramente esistere un organismo di coordinamento; sarà una scelta che il Governo opererà. Posso aggiungere che il ministro Lunardi ha delegato per le opere irrigue il sottosegretario Viceconte, mentre per quanto riguarda il Ministero delle politiche agricole il delegato sono io.
Esiste un pieno coordinamento tra i ministri, che si sono più volte incontrati, gli interessati ed i sottosegretari delegati; evidentemente serve che il Ministero dell'economia e delle finanze non consideri quanto richiesto dal mondo agricolo - dalle organizzazioni di settore e da quanti, in Parlamento e nel Governo, si occupano di agricoltura - come il frutto di un atteggiamento assistenzialistico e «piagnone». Esso dovrà dimostrare in futuro - lo dico con la massima serenità e decisione - una sensibilità ancora maggiore nel considerare che tra i programmi dell'attuale Governo - e questo è stato detto un'infinità di volte dal Presidente del Consiglio -, ai primi posti tra gli interventi da realizzare nel Mezzogiorno d'Italia figurano quelli volti a fronteggiare il problema della carenza idrica. Sono impegni precisi del Governo, che devono essere assolutamente realizzati, e penso che così avverrà.
L'onorevole Rossiello mi scuserà se, per mancanza di tempo, non mi soffermerò ulteriormente sul suo intervento, ma ribadisco l'interesse straordinario che le sue parole hanno rivestito e rivestono anche per la mia azione futura.
Altrettanto importanti sono stati gli interventi degli altri colleghi, ad esempio quello dell'onorevole Zama sulla Sardegna. Sullo stato di calamità voglio essere molto preciso. Come forse vi sarete accorti, cerco di essere rispettoso dei diversi livelli istituzionali e delle loro attribuzioni. Sono stato delegato ad occuparmi, nell'ambito delle competenze del mio dicastero, di infrastrutture ad uso irriguo. È evidente che ogni altra decisione che riguardi la dichiarazione dello stato di calamità deve scaturire da una previa richiesta delle regioni e delle province autonome. Ho notato in passato - anche nelle realtà che conosco e pratico di più - qualche ritardo al riguardo; d'altra parte, non è possibile non verificare ritardi anche da parte dell'amministrazione centrale. Spesso all'interno delle diverse amministrazioni locali e nazionali, in assenza di una rotazione adeguata degli incarichi - che auspico -, i dipendenti restano sempre nello stesso ufficio, adottando metodi di lavoro che non sono assolutamente compatibili con le esigenze del mondo agricolo. Non ho alcuna difficoltà ad asserire che il settore deve essere fortemente rivisto; però, a questo riguardo, mi consentirete di essere un po' più laconico di quanto dovrei essere.
All'onorevole Romele rispondo che il settore bieticolo in Sardegna va sostenuto attraverso l'attività di indirizzo, che il Ministero delle politiche agricole e forestali deve mantenere anche in una situazione di decentramento. Quest'ultimo, da tutti auspicato, è del resto già intervenuto; si tratta, cioè, di un fenomeno ormai in atto, a fronte del quale deve essere - lo ripeto - mantenuta quantomeno un'attività di coordinamento e di indirizzo da parte del ministero. È nostra assoluta convinzione che la bieticoltura debba essere sostenuta non solo al nord ma anche al centro ed in alcune aree del sud d'Italia e delle isole. Il bacino bieticolo sardo è prezioso, come lo sono, del resto, altri bacini bieticoli dell'Italia centrale e meridionale (mi riferisco, ad esempio, alla Puglia e ad alcune zone della Basilicata); quindi è dovere del Governo favorire, per quanto di sua competenza, la creazione di condizioni idonee alla permanenza di un bacino bieticolo in grado di offrire alternative di reddito agli agricoltori. Si tratta di lavoratori che cercano non tanto certezze - siamo consapevoli, infatti, che il quadro di riferimento internazionale non
è in grado di offrirle - quanto alternative colturali indispensabili a costruire imprenditorialmente reddito. Al riguardo, quindi, sono in grado di dare rassicurazioni alla Commissione.
L'onorevole Romele ha parlato delle serre. A tale proposito, si devono porre in essere politiche più a livello regionale che nazionale; però, sicuramente, anche lo Stato, in pieno coordinamento con le regioni, può intervenire. Anche l'onorevole Romele parla di un'autorità politica di coordinamento; in proposito, voglio ripetere che non so se sia giusta la strada dell'authority.
Sulle modalità di intervento si può anche discutere; bisogna, però, farlo rapidamente e non alla fine della legislatura. Certo, non si può dubitare della necessità di un coordinamento o del fatto che l'acqua - un bene, come giustamente hanno ricordato tutti, prezioso e limitato - non sia proprietà di un consorzio di bonifica o di una regione; si tratta, infatti, di una risorsa di tutti. L'utilizzazione agricola dell'acqua è considerata proprio dalla legge n. 36 del 1994, la cosiddetta legge Galli, come la seconda priorità dopo l'uso civile; è, quindi, evidente il perseguimento di un interesse generale. Proprio in tale ottica va tenuto in considerazione il ripetersi di situazioni che non sono più emergenze ma, piuttosto, un fatto connaturato al nostro sistema agricolo. Bisogna anche pensare in modo pragmatico a superare determinati steccati di tipo istituzionale o politico che determinano inefficienze. Quindi, senza assolutamente rinnegare il nostro regionalismo, il nostro federalismo, il nostro autonomismo, la nostra ricerca di decentramento e di modalità di applicazione sostanziale del principio di sussidiarietà - principio nel quale, credo, molti di noi si ritrovino - bisogna pensare in maniera molto concreta al coordinamento ed all'assunzione di responsabilità, proprio per evitare scarichi di responsabilità e fatti il più delle volte deprecabili quali quelli appena ricordati.
L'onorevole Marinello - che ringrazio - ha preso atto del clima di collaborazione esistente, che naturalmente viene valutato positivamente anche dal Governo; il riferimento alla politica ambientale mondiale è importante. Anche l'onorevole Marinello si riferisce, poi, all'asse privilegiato delle imprese nel Mediterraneo.
Al presidente ed all'onorevole Sedioli rispondo che vi è stato, quest'anno, un grave fenomeno di siccità anche al nord, addirittura a Cortina d'Ampezzo; però tra le priorità affrontate da un Governo e da un Parlamento seri, la siccità che si determina ogni anno in Sicilia, in Puglia e nell'Italia centromeridionale in genere deve ricevere una diversa considerazione rispetto a quella che si può verificare un singolo anno a San Martino di Castrozza o a Madonna di Campiglio. L'approccio da parte del Governo deve essere diverso perché al nord può non piovere solo per qualche mese; ricordo, peraltro, che nel settentrione molto spesso, a parte il frumento e l'orzo, si produce ben poco in campagna nei mesi di novembre, dicembre e gennaio. Insomma, non prendiamoci in giro, il problema del nord è, semmai, un altro: il più delle volte, si tratta di un problema di bonifiche. È vero che anche al nord esistono bacini di bonifica che non sono irrigui; io stesso mi trovo come agricoltore ad operare in un bacino non irriguo, per scelte di errata programmazione. Però non è questa l'emergenza; anche in bacini non irrigui un agricoltore può produrre decorosamente barbabietole - certo, ne produrrebbe molte di più se avesse la sicurezza dell'irrigazione -, soia, mais ed altro. Al sud, invece, senza acqua non si produce nulla; tra l'altro, la politica della qualità - che il ministro Alemanno, il Governo e tutti noi giudichiamo un fattore strategico di sviluppo e di difesa dell'agricoltura nazionale - è strettamente connessa alla disponibilità di acqua, perché è piuttosto evidente che senza acqua non si garantisce alcuna qualità.
L'onorevole Marcora è stato un po' pungente nella sua esposizione e lo ringrazio anche di questo. Il suo intervento ha rappresentato un elemento di stimolo; chi si trova ad avere responsabilità di Governo ringrazia anche chi, opportunamente - si tratta, infatti, di una delle
funzioni dell'opposizione -, stimola un'azione sempre più incisiva dell'esecutivo. Ringrazio quindi l'onorevole Marcora per le sue osservazioni; vorrei però ricordargli che non ci siamo limitati al monitoraggio ed ai buoni propositi. Il monitoraggio l'abbiamo dovuto fare perché qualcuno prima di noi non vi aveva proceduto, tanto per essere chiari. I buoni propositi, inoltre, sono alla base di un'azione intellettualmente onesta che deve essere, come giustamente lei rilevava, seguita da azioni concrete.
Sullo stato di calamità mi sono già espresso; quindi, a tale tipo di richiesta risponderà, se sollecitato, il ministro, che non ha delegato questa materia; se delegato dal ministro, sarò ben lieto di poterlo fare personalmente.
Sui consorzi di bonifica si aprirebbe una discussione che richiederebbe lo svolgimento di una indagine conoscitiva specifica o, almeno, di molte altre audizioni. È indubitabile l'esistenza di disfunzioni ma non è possibile parlare sommariamente dell'argomento: ve ne sono alcuni che funzionano perfettamente e danno un servizio eccellente agli agricoltori. Altri offrono prestazioni commisurate anche allo sforzo economico che viene richiesto dagli utenti; altri ancora, definiti «allegre brigate» dall'onorevole Rossiello, non sono in grado, a volte, di offrire un servizio accettabile agli utenti, siano essi agricoli o meno. Credo che questo sia un tema sul quale misurarci in futuro con un confronto, anche aspro, critico e meno amichevole di quello intercorso oggi tra maggioranza ed opposizione. Auspico, tuttavia, che i futuri confronti siano sempre forieri di interventi concreti, che - tutti ne possiamo convenire - non possono essere ulteriormente rimandati.
In conclusione, ringrazio il presidente e ognuno di voi per l'attenzione prestata alla mia esposizione.
PRESIDENTE. A nome della Commissione, ringrazio il sottosegretario.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 12.