Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 13.55.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della normativa sull'esercizio della libera professione medica intramuraria, l'audizione di Commissari IRCCS: Ospedale «Casa sollievo della sofferenza» di San Giovanni Rotondo, Istituto Auxologico italiano, Fondazione Santa Lucia di Roma, Fondazione Istituto neurologico Casimiro Mondino di Pavia, Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia, Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor, Istituto Tumori di Genova e Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori di Milano.
Sono presenti Gianni Locatelli, commissario straordinario dell'Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori di Milano, Luigi Amadio, direttore generale della Fondazione Santa Lucia di Roma, Roberto Mazzuconi, direttore sanitario della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor, Raffaele Ciuffreda, capo divisione affari generali e concorsi dell'Ospedale «Casa sollievo della sofferenza» di San Giovanni Rotondo, Giancarlo Corioni, direttore amministrativo della Fondazione Istituto neurologico Casimiro Mondino di Pavia, Domenico Francesco Crupi, direttore amministrativo dell'Istituto tumori di Genova, Mario Colombo, direttore generale dell'Istituto Auxologico italiano e Marco Capsoni responsabile dell'ufficio del personale della Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia.
Do subito la parola ai nostri ospiti.
GIANNI LOCATELLI, Commissario straordinario dell'Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori di Milano. L'istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori di Milano presenta il vantaggio di avere internamente una struttura autonoma dedicata ai pazienti cosiddetti solventi.
Con l'introduzione del decreto legislativo n. 229 del 1999 è stato perciò facile applicare l'istituzione dell'attività libero professionale per i nostri medici, per la degenza medica, per quella chirurgica ed, in parte, anche per le attività ambulatoriali. Ovviamente, i medici, hanno aderito alla libera professione all'unanimità, accettando l'esclusività e le norme previste.
Un gruppo di medici, che disponeva di un proprio ambulatorio esterno, ha chiesto inoltre l'autorizzazione prevista per svolgere l'attività libero professionale, con l'emissione di notula per conto ed a nome dell'istituto stesso, ottenendo la nostra concessione a tale fine.
Comunque, il gradimento sia dei chirurghi sia dei medici è stato pressoché totale, potendo rendere più efficace la loro assistenza, stante che il paziente, ricoverato in regime solvente, è sempre a carico
del medico curante; ciò permette di rimanere nella propria unità operativa e di avere in un altro ambito della struttura ospedaliera la «clinica» per solventi. I professionisti ottengono pertanto un vantaggio notevole sia logistico sia operativo, al fine soprattutto di garantire al paziente la migliore prestazione possibile.
Per quanto concerne la tipologia dei pazienti che usufruiscono dell'assistenza del nostro istituto, è stata decisa la loro separazione in due settori: il primo riguardante i pazienti assistiti direttamente dal medico o che giungono presso il nostro istituto attraverso le convenzioni stipulate dall'istituto stesso con associazioni, mutue, o assicurazioni private; il secondo - nonostante la normativa consentisse di prelevare oltre il 60 per cento dai DRG - prevede l'applicazione di un tipo di solvenza «pura», senza operare prelievi dai DRG, affinché tutte le risorse del servizio sanitario nazionale, pagate attraverso i rimborsi dai DRG, fossero riservate ai pazienti curati dal servizio sanitario nazionale. Il paziente solvente paga completamente la sua tariffa, per la prestazione medica, per la prestazione diagnostica e per la parte ospedaliera, mentre le risorse del servizio sanitario nazionale sono devolute solo ai pazienti del servizio stesso.
Queste sono le regole con cui ci siamo mossi; l'efficacia dell'intervento è stata immediata ed i medici ne hanno beneficiato in maniera ampia.
Il controllo di gestione dimostra che la nostra attività ha avuto un andamento positivo. I dati del consuntivo del 2001 sono i seguenti: i letti del reparto solventi erano 38, i pazienti trattati 1.775, il ricavo lordo di circa 34 miliardi e netto di circa 4 miliardi.
LUIGI AMADIO, Direttore generale della Fondazione Santa Lucia di Roma. L'istituto ha cominciato l'attività libero professionale intramuraria sin da quando sono stati previsti gli obblighi di legge ed ha adottato vari regolamenti, l'ultimo dei quali risale al primo ottobre 2001.
La situazione odierna è la seguente: due medici svolgono attività extra moenia, mentre 35 medici hanno aderito all'attività intramuraria insieme a due biologi, dieci psicologi, tre logopedisti, sette fisioterapisti, tre infermieri e due tecnici di radiologia. L'attività libero professionale, al nostro interno, è riferita soltanto alle attività del poliambulatorio ed alle prestazioni polispecialistiche, perché sinora la struttura ospedaliera non era adeguata. In questi giorni è stata completata la costruzione del nuovo ospedale, che utilizzeremo a partire da dopodomani, dove sarà possibile svolgere l'attività libero professionale che, nel nostro caso, riguarda degenze relative alla riabilitazione neuromotoria.
Questa attività si svolge regolarmente da diversi anni con notevole soddisfazione anche da parte dei medici. Abbiamo, inoltre, convenzionato quattro studi medici esterni dei nostri professionisti.
ROBERTO MAZZUCONI, Direttore sanitario della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor. L'istituto scientifico San Raffaele è una struttura con figura giuridica di diritto privato che, da sempre, ha mostrato particolare attenzione alla necessità di regolamentare ed eseguire attività libero professionale per conto dei propri medici dipendenti. Nel dicembre del 1999 la struttura è stata accreditata presso la regione Lombardia ed in questo contesto abbiamo realizzato 47 posti letto esclusivamente dedicati all'attività relativa ai pazienti solventi e libero professionale su un totale di 1.068 posti letto, di cui 50 dedicati al day hospital (circa il 5 per cento dei posti letto della struttura è esclusivamente dedicata ad attività solventi).
Per quanto riguarda il personale, su un totale di 702 figure, in prevalenza medici (i ricercatori sono circa un centinaio), 587 colleghi hanno optato per l'intra moenia, pari a circa l'83 per cento del corpo medico presente nella struttura. Oltre ai 47 posti letto dedicati alla degenza, che permettono di prestare assistenza a circa 2.200 pazienti solventi ogni anno, la struttura offre 134 ambulatori sia per l'attività
del servizio sanitario nazionale, sia per l'attività svolta in orari dedicati alla libera professione.
In questi 134 ambulatori vengono svolte in poco meno di un anno (il dato riguarda il periodo da gennaio a novembre) circa 110.000 ore di attività, di cui 30.000 circa sono dedicate esclusivamente alla libera professionale, pari a circa il 30 per cento. L'attività di ricovero comporta, inoltre, altre attività anch'esse svolte in regime libero professionale relative ai servizi collegati alla degenza.
Il gradimento da parte dei colleghi legato alla presenza di ambulatori all'interno della struttura dedicati all'attività libero professionale è stato molto elevato.
RAFFAELE CIUFFREDA, Capo divisione affari generali e concorsi dell'Ospedale «Casa sollievo della sofferenza» di San Giovanni Rotondo. Sul fronte dell'attività libero professionale del personale medico abbiamo un problema «istituzionale», legato alla volontà del fondatore di non attivare camere a pagamento, solventi al 100 per cento. Perciò, con il personale sanitario si è in fase di stipula di una regolamentazione che prevede lo svolgimento dell'attività libero professionale soltanto per il day hospital ed il day surgery estendendo il più possibile l'attività libero professionale ambulatoriale, in particolare visite a pagamento, sia all'interno sia in forma allargata presso studi professionali privati o convenzionati.
Il personale che ha aderito al rapporto esclusivo è pari, per quanto riguarda il 2001, a circa il 93 per cento e, per il 2002, al 95 per cento su un totale di 490 medici circa; quindi il personale che ha optato per l'attività è ridotto al minimo. Fra l'altro, tutti i ruoli speciali (i laureati non medici) sono in intra moenia. Coloro che hanno optato per l'extra moenia si concentrano su specializzazioni che offrono maggiori opportunità di svolgere tale attività all'esterno, come ad esempio gli ostetrici, gli otorini e gli oculisti.
La regolamentazione, limitandoci soltanto al day hospital ed al day surgery, non crea la necessità di attivare strutture specifiche, perché è possibile svolgere quelle attività all'interno dell'ospedale e l'apertura di un nuovo poliambulatorio, avvenuto circa sei mesi fa, dovrebbe offrire ampi spazi.
Stiamo cercando anche di concordare con il personale medico intese, affinché sia possibile svolgere prestazioni di tipo strumentale al fine, essenzialmente, di ridurre le liste di attesa. Abbiamo delle lista di attesa che comportano dei problemi soprattutto nel settore della radiologia e degli esami specialistici (TAC e risonanze), per ridurre le quali si tenta di utilizzare lo strumento della attività libero professionale - dopo le attività istituzionali - ovviamente a pagamento.
Infine sono a disposizione della Commissione per ulteriori chiarimenti e per l'invio di documentazione più dettagliata, riguardante il tema oggetto dell'audizione odierna.
GIANCARLO CORIONI, Direttore amministrativo della Fondazione Istituto neurologico Casimiro Mondino di Pavia. La nostra è una fondazione di diritto comune riconosciuta come istituto di ricerca e cura a carattere scientifico. Durante il periodo di vigenza della precedente normativa, presso il nostro istituto l'intra moenia era già attiva ancor prima che entrasse in vigore il decreto legislativo n. 229 del 1999.
In precedenza per lo svolgimento dell'attività intra moenia erogavamo ai nostri medici una somma quale modesta incentivazione. Quindi, ancor prima dell'introduzione del decreto legislativo n. 229, esisteva già una forma di incentivazione del personale, anche se in misura notevolmente più ridotta. Per l'istituto era interessante avere dei medici che svolgevano questa attività all'interno di nostri locali dedicati; infatti grazie a quest'attività vengono raccolti dei dati utilizzati ai fini della ricerca. Le visite dei pazienti all'interno di nostri locali - anche se in intra moenia - permettono dunque una raccolta di dati nel sistema informatico che favorisce la ricerca. Si tratta quindi di un elemento che già in precedenza comportava per noi
aspetti positivi ed ancor più adesso. Si trattava, quindi, di una attività già esistente, seppure in misura ridotta, per la quale prevedevamo delle piccole misure di incentivazione.
Negli anni l'andamento delle attività intra moenia è stato costante. La situazione delle liste d'attesa (obiettivo del decreto legislativo n. 229) è rimasta invariata: le liste di attesa che prima registravano una situazione di sofferenza la registrano ancora adesso. Per quanto riguarda la risonanza magnetica, la TAC e la radiologia in generale la lista d'attesa è veramente in grosse difficoltà. Abbiamo comunque risolto il problema attraverso una delibera della regione Lombardia, che ha previsto le cosiddette aree a pagamento. Si tratta di un meccanismo molto semplice e diretto: al medico che svolge queste prestazioni al di fuori dell'orario di lavoro viene riconosciuto un quantum sulla tariffa pagata dall'utente; le tariffe applicate sono quelle del sistema sanitario nazionale, non quelle dell'intra moenia, cioè determinate ad hoc.
PRESIDENTE. Quindi l'utente non deve sostenere spese ulteriori?
GIANCARLO CORIONI, Direttore amministrativo della Fondazione Istituto neurologico Casimiro Mondino di Pavia. Esatto. L'utente si presenta normalmente con l'impegnativa e una parte di quanto paga all'istituto viene conferita al medico. Pertanto, grazie alle richiamate aree a pagamento istituite in base ad una delibera della regione Lombardia, riusciamo a ottenere dei risultati, anche se abbiamo chiesto una deroga.
Per quanto riguarda le liste d'attesa nell'intra moenia, il discorso diventa più delicato. Non possiamo dire agli utenti che non vogliono pagare per una prestazione che, a causa della lista d'attesa, devono ricorrere al servizio a pagamento. Nonostante le liste d'attesa l'utente che non vuole pagare deve poter comunque usufruire delle prestazioni non a pagamento. Anzi, il discorso è molto delicato, tanto che nel nostro regolamento abbiamo previsto un attento monitoraggio - questo è il problema di fondo - e trimestralmente compiamo una verifica sull'esistenza di complicazioni, pericolose per la loro possibile liceità.
Il problema nato con l'applicazione del decreto legislativo n. 229 del 1999 è soprattutto di carattere economico; proprio perché mentre prima il medico veniva incentivato grazie ai riflessi della sua attività sulla ricerca, adesso è scattato un meccanismo economico. A questo punto l'indennità di esclusività da riconoscere ai medici comporta un impegno finanziario rilevante per il nostro ente.
Abbiamo comunque raggiunto un accordo, anche molto conflittuale, riconoscendo a tutti i medici una percentuale rispetto al compenso di cui all'articolo 5, pari circa al 30 per cento. Abbiamo quindi dato attuazione alla normativa perché era un nostro obbligo, ma con l'intesa che se in futuro ci fosse stata un'integrazione da parte del sistema nazionale allora avremmo potuto aumentare le erogazioni, altrimenti avremmo fatto tutto ciò che era nelle nostre possibilità.
Infine evidenzio che non abbiamo attivato il sistema dei ricoveri perché ci sembrava un meccanismo troppo elaborato e per noi oneroso ma abbiano avviato l'attività di poliambulatorio, di visite e diagnostica.
DOMENICO FRANCESCO CRUPI, Direttore amministrativo dell'Istituto tumori di Genova. Anzitutto porgo alla Commissione le scuse del nostro commissario straordinario, dottor Mauri, che non è potuto intervenire in quanto da tempo era stata programmata per oggi la prima visita presso il nostro istituto a Genova del nuovo assessore alla sanità della regione Liguria.
Per inquadrare la problematica della libera professione penso sia importante valutare le dimensioni dell'istituto, che, in relazione all'assistenza, sono molto contenute. L'istituto oggi dispone di circa 80 posti letto, assolutamente insufficienti. Infatti, ancorché tutti gli indicatori dei posti letti siano positivi, in termini assoluti non
consentono di raggiungere un equilibrio economico per l'assistenza. Non era e non è pensabile allo stato attuale ipotizzare qualunque forma di attività libero professionale riguardante le degenze in istituto.
Lavorare sui meccanismi dell'offerta per la riduzione dei tempi di attesa, rende perplessi quantomeno gli economisti sanitari per il meccanismo dell'offerta che genera domanda e per le modalità con cui i bisogni sanitari vengono tradotti in domanda espressa. Sarebbe strategicamente più opportuno lavorare magari sulla domanda.
In previsione di tutto ciò nel progetto presentato recentemente al Ministero della salute e alla regione Liguria (relativo ai fondi previsti dall'articolo 20 della legge n. 67 del 1988) nella ristrutturazione è previsto un piano per la libera professione, pensata più che altro come una opzione che una azienda deve dare ai cittadini che ad essa si rivolgono in termini di servizi.
Per quanto riguarda le cifre, ricordo che su 222 medici, 205 sono a rapporto esclusivo e 17 a rapporto non esclusivo. La libera professione viene svolta essenzialmente in strutture private esterne, tranne che per le prestazioni strumentali (radioterapia e radiologia), per le quali uno degli acquirenti dell'attività libero professionale è lo stesso istituto; questo può servire per controllare i propri tempi di attesa; noi essenzialmente garantiamo le visite ambulatoriali all'interno dell'istituto attraverso la libera professione. La parte più importante è svolta in cliniche ed istituti convenzionati con l'istituto tumori.
Fornisco ora dei dati economici non significativi ma che rappresentano comunque degli elementi tendenziali. Nel 2000 gli incassi sono stati pari a 386 mila euro, nel 2001 ad un milione e 365 mila euro e i dati per il 2002 aggiornati al mese di novembre ci dicono che gli incassi sono stati pari ad un milione e 37 mila euro.
MARIO COLOMBO, Direttore generale dell'Istituto Auxologico italiano. Il nostro è un ente di diritto privato; l'attività libero professionale nelle forme disciplinate dalla normativa vigente è attiva nell'istituto da oltre dieci anni e l'istituto non ha particolari problemi nell'attuazione della normativa, in quanto dispone di strutture recenti idonee ad ospitare l'attività libero professionale.
Il personale medico assicura anche le forme di attività libero professionale ulteriore, previste dalla regione Lombardia: mi riferisco alla richiesta al personale medico di orario aggiuntivo per far fronte alle attività in regime di servizio sanitario nazionale.
Ciò che l'istituto rileva sulla libera professione è che, con l'applicazione del decreto legislativo n. 229 del 1999 e del contratto collettivo nazionale di lavoro pubblico conseguente, gli istituti di diritto privato hanno avuto il trasferimento dell'onere gravoso dell'indennità di esclusività del rapporto di lavoro, che presso gli istituti di diritto privato era già regolata dal rapporto di lavoro in essere. Gli istituti di diritto privato, pertanto, hanno avuto solamente un onere ulteriore, senza un ritorno di attività.
L'attività libero professionale è, complessivamente, attuata dalle professioni sanitarie dell'istituto senza particolari problemi.
PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per i loro interventi introduttivi.
Do ora la parola ai colleghi che intendano porre questioni e chiedere chiarimenti.
GRAZIA LABATE. Ho ascoltato con molta attenzione gli interventi dei rappresentanti degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico sul tema dell'applicazione del regime della libera professione.
La prima domanda che vorrei rivolgere è se, nel momento in cui è stata approvata la legge con tale disposizione, abbiano adito i fondi previsti per le ristrutturazioni interne per attivare la libera professione intramuraria: ho sentito, infatti, che molti hanno cominciato utilizzando strutture interne, con regimi di tipo convenzionale.
Nelle precedenti audizioni si è appreso che altri istituti di ricovero e cura a carattere scientifico non conoscevano la
possibilità di utilizzare i 1.800 miliardi della finanziaria 2002 per ristrutturare o costruire ex novo, da dedicare alla libera professione.
Non ho compreso bene, a parte l'istituto dei tumori di Milano, quale sia il rapporto costo - beneficio per le aziende laddove si è svolta l'attività libero professionale intramuraria, confrontando i costi che, comunque, per l'avvio di tale istituto si sono sostenuti. Apprendo con soddisfazione che nella maggior parte delle realtà c'è una massiccia adesione del personale medico alla libera professione intramuraria, per cui vorrei sapere meglio perché, nonostante le prestazioni ordinarie e quelle a regime di libera professione, esistono ancora le liste d'attesa. I rappresentanti dell'istituto San Matteo di Pavia e dell'ospedale maggiore di Milano, nella scorsa audizione, hanno affermato che anche nella regione Lombardia, dove il sistema è molto liberalizzato, l'eccesso di offerta non comporta la diminuzione delle liste d'attesa. Vorremmo, quindi, sapere la vostra opinione su ciò per capire quali possano essere gli strumenti migliori al fine di arrivare vicino all'equilibrio tra la domanda e l'offerta.
AUGUSTO BATTAGLIA. La mia idea è che, laddove vi si è creduto e si è gestito lo strumento normativo in esame, i risultati sono stati raggiunti, mentre dove tale facoltà è stata utilizzata semplicemente come un'opportunità in più per il professionista, al di fuori della programmazione aziendale, i risultati sono a volte negativi ed in altri casi non incoraggianti.
L'attività intra moenia può essere utile per le aziende? Chiedo ciò al di là dell'aspetto economico, prescindendo dall'analisi di tale elemento ragionieristico, che ci condiziona, sebbene sia, purtroppo, necessario. Si tratta di uno strumento flessibile per l'attività? Può essere un elemento per raggiungere obiettivi finalizzati alla salute del paziente e per avere risorse aggiuntive professionali, nella soluzione di emergenze e di particolari situazioni, come la limitazione delle liste d'attesa? Per l'evoluzione di tale strumento, stante anche la fase di dibattito sull'esclusività di rapporto, può lo stesso essere considerato vantaggioso per l'azienda?
Al di là dei blitz nell'ambito delle leggi finanziarie, ambiremmo ad una sede che discuta serenamente, sulla base delle vostre esperienze, l'esclusività di rapporto, l'intra moenia, e gli altri strumenti previsti, per apportare, laddove fosse necessario, i miglioramenti occorrenti alla normativa per renderla sempre più efficace e rispondente alle esigenze dell'utenza e del servizio sanitario nazionale.
PRESIDENTE. Come diceva bene l'onorevole Battaglia, ci siamo fatti un'idea dell'attuazione della normativa in questione, in particolare sull'aspetto che stiamo esaminando. Che il 90 per cento dei medici abbia scelto l'attività professionale intra moenia è un dato di fatto riconosciuto in generale.
Come ha detto il professor Colombo, a fronte dell'aumento automaticamente corrisposto per questo 90 per cento in intra moenia, in alcuni casi non si sono verificati il conseguente aumento dell'attività che avrebbe dovuto portare introiti, quindi vantaggi economici, né i vantaggi relativi alla diminuzione delle liste di attesa. Di fronte ad un pagamento di 2.300 miliardi l'anno, vi è un incasso medio di circa 200 miliardi l'anno.
Emergono sostanziali differenze tra quanto affermato da voi e quanto sostenuto dalle ASL. Ad esempio, l'istituto tumori di Milano è sorto anche con l'intento di istituire una sezione solventi.
Vorrei, in primo luogo dal dottor Locatelli, un chiarimento: ad un paziente ricoverato all'istituto tumori di Milano è richiesto in ogni caso il DRG per la prestazione svolta in aggiunta alla tariffa a pagamento? Inoltre, le tariffe prescritte per le prestazioni sono onnicomprensive o riguardano soltanto la prestazione medica?
Riallacciandomi a quanto affermato dall'onorevole Labate sull'utilizzo di fondi per costruire strutture idonee, osservo che molti si sono lamentati perché non hanno
le strutture per svolgere l'attività intra moenia, mentre il medico preferisce esercitare l'attività libero professionale all'interno della struttura ospedaliera in cui presta la propria attività.
Come ha già affermato l'onorevole Battaglia, ci troviamo in un momento particolare (oggi siamo in presenza di uno sciopero del settore, i cui motivi non sono del tutto chiari); se dovessimo modificare la norma, ed eventualmente inserire la possibilità di una opzione tra intra moenia ed extra moenia, ciò potrebbe rappresentare un vantaggio per gli istituti e le aziende?
Infine, trovo interessante, per giungere alla riduzione delle liste di attesa, quanto realizzato nella regione Lombardia, cioè l'area a pagamento. Potrebbe rappresentare un incentivo l'ipotesi che, pur rimanendo nell'ambito dei DRG, l'utente non paghi nulla ed una piccola parte del DRG sia devoluta al medico o a chi lavora in una determinata struttura. Ciò potrebbe essere realizzato direttamente dalle regioni nell'ambito della riforma della devolution all'esame delle Camere in questi giorni.
Do ora la parola ai nostri ospiti per le risposte.
GIANNI LOCATELLI, Commissario straordinario dell'Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori di Milano. Le domande che avete posto riguardano spesso situazioni di esperienza quotidiana. Per quanto riguarda la domanda posta dall'onorevole Labate relativa ai fondi, essendo essi finalizzati alla riorganizzazione o addirittura alla costruzione di attrezzature, non abbiamo avuto l'esigenza di accedervi perché l'istituto le aveva già funzionanti e nuove. Si tratta di capire se essi debbano essere rivolti solo a tale finalità o se, rimanendo dei residui, possano essere diretti verso altre finalità ed altri settori. Questo è il problema legato all'utilizzazione dei fondi previsti dall'articolo 20 della legge n. 67 del 1988.
Per quanto riguarda il rapporto costi-benefici, una delle condizioni che ci siamo sempre posti per la realizzazione dell'attività libero professionale è che essa fosse profittevole per l'istituto. Grazie al risultato positivo dell'attività libero professionale, infatti, l'istituto può acquistare risorse da distribuire al personale. Quindi ogni anno abbiamo un risultato netto, anche perché vi è un controllo di gestione che comincia a funzionare.
PRESIDENTE. Pensate che in presenza di ricavi destinerete dei fondi alla ricerca?
GIANNI LOCATELLI, Commissario straordinario dell'Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori di Milano. Abbiamo un'area per la ricerca ed una per la cura, quindi stabiliamo quote di risorse prelevate dai ricavi che, dopo accordi con i sindacati, destiniamo anche alla ricerca. Riteniamo che tutti debbano partecipare per rendere possibile questo tipo di attività. Chiaramente, pensiamo che il rapporto costi benefici debba essere necessariamente positivo; qualora non lo fosse, si dovrebbe intervenire al riguardo.
Per quanto riguarda le liste di attesa, devo dire che la disposizione della regione Lombardia è stata estremamente efficace da questo punto di vista. È stato deciso, infatti, che il paziente non deve pagare nulla, perché la regione avrebbe rimborsato la tariffa anche per attività extra orario. Abbiamo fatto dei calcoli, soprattutto per l'attività diagnostica, ed abbiamo verificato che, avendo delle attrezzature disponibili e potendo lavorare sui costi marginali, in alcuni settori si perde ma in altri vi è un guadagno: pertanto il risultato netto è positivo e va a vantaggio del personale ma soprattutto dei pazienti. Quindi, il successo è stato molto elevato, anche perché si rendevano disponibili delle prestazioni in orari che gli utenti gradivano particolarmente.
Però questo non ha ridotto definitivamente il problema delle liste di attesa, che sono diminuite nel primo mese per riaumentare subito dopo a causa dell'alta domanda.
La regione ha poi sostenuto che il sistema ha funzionato talmente bene che avrebbe attuato dei tagli... (Commenti), tant'è che per difendere l'istituzione ho fatto ricorso al TAR.
Vengo ora alle osservazioni dell'onorevole Battaglia in merito alle opportunità per l'istituto. Credo che in effetti vi sia un'opportunità economica, ma anche dal punto di vista della qualità del servizio per il paziente. Tutto ciò riguarda poi un tipo di cura non diversa qualitativamente da quella svolta nel servizio sanitario nazionale, ma che può essere invece differente per un certo tipo di complessità alla quale è più confacente un trattamento definibile banalmente «alberghiero», più adatto ad un certo tipo di malattia e per un certo tipo di paziente.
Il discorso vero sul tema della libera professione è che ciascuno vive una realtà diversa. È chiaro che una realtà come il nord, in particolare Milano, per questo tipo di patologia è fortemente concorrenziale: se non me ne occupo io lo farà qualche altro concorrente. In secondo luogo, vi è una forte domanda per prestazioni in libera professione, o per pazienti solventi, a causa del crescente numero di soggetti che usufruiscono di mutue private. Questi soggetti hanno necessità di avere determinate prestazioni; al riguardo la domanda è molto forte e si dovrebbe ricorre ad un maggior numero di convenzioni.
Vi è poi il tema del tariffario; preciso che viene utilizzato il tariffario dell'istituto concordato con il medico e accettato dalla convenzione. Il medico che accetta per iscritto questa convenzione accetta anche le tariffe ed il paziente che usufruisce di queste convenzioni ha diritto a tale trattamento.
Le tariffe sono suddivise in diagnostiche, alberghiere e mediche. Sostanzialmente il paziente viene all'istituto con determinate necessità ed usufruendo di determinate mutue. Chi viene per questo trattamento paga il prezzo completo, oppure paga di tasca propria o si fa rimborsare i costi dalla propria mutua; ma noi alla regione non chiediamo nulla. Dovrebbe essere un meccanismo a somma zero, nel senso che quello che non ci dà il DRG dovrebbe pagarlo il paziente. L'ipotesi era di destinare i soldi del DRG ai pazienti istituzionali.
Credo poi - ma è un'opinione personale - che l'esclusività nel pubblico dovrebbe essere un elemento di rispetto reciproco estremamente importante. Credo tuttavia che dovrebbe essere una decisione non definitiva. Non dico di porre un limite di tre mesi, ma come medico penso che un termine di almeno tre anni sia più corretto anche per l'istituto. Dal punto di vista delle responsabilità gestionali, poi, siccome siamo organizzati tramite dipartimenti i cui vertici gestiscono risorse economiche e di personale di cui devono rendere conto, credo che sarebbe più etico un rapporto di esclusività per chi detiene una responsabilità.
Sono invece d'accordo sia sul tema delle opzioni sia su una soluzione importante sotto il profilo fiscale. Tutti i medici che hanno scelto la libera professione sono trattati come dipendenti e usufruiscono quindi di un percorso istituzionale. Vi sono poi i medici, per così dire più significativi sotto il profilo della professione, che - non certo per nascondere dei redditi - gradiscono avere un rapporto, una partita IVA per il loro studio. Oggi non possono farlo; se ci fosse questa possibilità sarebbe vantaggioso per l'istituto.
PRESIDENTE. Si ricorre all'intra moenia allargata?
GIANNI LOCATELLI, Commissario straordinario dell'Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori di Milano. Sono d'accordo con lei, signor presidente, si ricorre all'intra moenia allargata. La risposta del Ministero dell'economia e delle finanze al riguardo è stata che non è possibile avere due trattamenti diversi per una stessa tipologia di soggetto. Dal punto di vista formale può anche essere così, ma dal punto di vista sostanziale, pratico, ciò crea del malumore ed il ricorso a sotterfugi; personalmente non posso fare il poliziotto e controllare tutte le fatture: se ne occupi chi di dovere.
RAFFAELE CIUFFREDA, Capo divisione affari generali e concorsi dell'Ospedale «Casa sollievo della sofferenza» di San Giovanni Rotondo. Premetto
che gli istituti di diritto privato, soprattutto se provengono da enti ecclesiastici o da ospedali classificati, prima delle previsioni della finanziaria 2002 non avevano accesso ai finanziamenti pubblici; l'articolo 63 di quel provvedimento ha previsto finalmente l'estensione agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico privati ed agli enti ecclesiastici della possibilità di accedere ai fondi della legge n. 67 del 1988.
La scelta del rapporto di lavoro esclusivo non comporta necessariamente l'espletamento della libera attività professionale. Il nostro istituto non ha paganti in proprio per i ricoveri, quindi nella medicina specialistica si trovano aree non «appetibili» (anestesisti o chirurghi), e pertanto l'attività libero professionale si svolge quasi esclusivamente come all'esterno, cioè sotto forma di visite o di convenzioni per piccoli interventi. Certo, l'attività libero professionale, quindi, l'intra moenia, è utile per l'istituzione; si amplia infatti l'area di domanda e si fornisce un valore aggiunto, soprattutto, se con il personale si conviene la possibilità di svolgere delle attività aggiuntive al normale orario, il che rappresenta l'unica via per un ridimensionamento delle liste di attesa.
Sulla facoltà di scelta sono favorevole alla reversibilità da parte del professionista, che preferirei fosse annuale.
GIANNI LOCATELLI, Commissario straordinario dell'Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori di Milano. Ma è difficile da gestire.
RAFFAELE CIUFFREDA, Capo divisione affari generali e concorsi dell'Ospedale «Casa sollievo della sofferenza» di San Giovanni Rotondo. Ad oggi, abbiamo sostenuto gli oneri dell'indennità di esclusività senza ricevere risorse da alcuno, né sotto forma di modifica od incremento delle tariffe né di percentuali di finanziamento sui DRG; in Puglia, siamo fermi al 95 per cento, pur essendo il nostro un istituto convenzionato con la Cattolica di Milano, che svolge attività di ricerca universitaria con i propri specializzandi, mentre esistono strutture universitarie che sono giunte al 105 - 106 per cento.
Non abbiamo, quindi, modifiche di tariffe, ed accesso ai DRG maggiorati, come previsto per le strutture universitarie: sosteniamo interamente gli oneri dell'indennità di esclusività.
Tale indennità è stata applicata al 50 per cento, provocando la protesta del personale sanitario, che, chiaramente, vuole il riconoscimento dell'intera somma, e ciò ha provocato l'intervento della prefettura.
Alcuni istituti privati non hanno applicato la norma dell'indennità; chi però vi ha provveduto deve sostenere oneri, inseriti nei bilanci come debito nei confronti del personale, a fronte di un finanziamento mai giunto. Gli impegni sono stati presi, così pure le promesse, e le delibere della Conferenza Stato - Regioni; tuttavia, gli enti locali, se non ricevono i finanziamenti specifici, non danno alcuna risorsa.
PRESIDENTE. Ho capito che siete stati obbligati a fornire l'indennità intra moenia a tutti; anche a chi di fatto non porta alcun vantaggio con l'attività in questione.
RAFFAELE CIUFFREDA, Capo divisione affari generali e concorsi dell'Ospedale «Casa sollievo della sofferenza» di San Giovanni Rotondo. Certo, nel momento in cui si fa la scelta, sono tenuto, contrattualmente, ad erogare tale indennità.
LUIGI AMADIO, Direttore generale della Fondazione Santa Lucia di Roma. La questione delle liste di attesa riguarda le prestazioni convenzionate, perché per quelle private in intra moenia la stessa è inesistente. Tale problema, però, non è dovuto all'aumento dell'offerta, bensì è il sistema con i ricoveri in DRG (che determinano una riduzione dei posti letto per acuti ed una diminuzione delle giornate di degenza) a comportare che siano effettuati numerosi esami, prima e dopo i ricoveri, aumentando di molto il numero delle prestazioni specialistiche. Nel nostro caso, le prestazioni del servizio sanitario nazionale
e quelle intra moenia aumentano per tali motivi del 50 per cento da un anno all'altro.
Per quel che riguarda il servizio sanitario nazionale, saremo in grado, come istituto privato, di azzerare le liste d'attesa; tuttavia, per il contingentamento regionale della spesa, non c'è il riconoscimento di tutte le prestazioni. In alcuni casi le liste potrebbero essere ridotte o annullate con delle prestazioni «a vista»; tuttavia, se le stesse non sono riconosciute dalla regione, non possiamo erogarle. È necessario, quindi, investire qualche risorsa in più, altrimenti le liste non possono essere annullate.
Per quanto riguarda l'aggiornamento delle spese per l'intra moenia, il nostro poliambulatorio è stato costruito in previsione di tale attività, per cui essa non ha comportato aggiunte di spesa; per la costruzione di una nuova struttura ospedaliera, che sta entrando in funzione, abbiamo previsto, invece, un onere del 15-20 per cento sull'investimento. Abbiamo richiesto, inoltre, la contribuzione prevista nell'articolo 20 della legge n. 67 del 1988, ma non c'è stato alcun riscontro.
ROBERTO MAZZUCONI, Direttore sanitario della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor. Quanto detto da chi mi ha preceduto vale e lo sottoscrivo al 100 per cento, soprattutto l'intervento del dottor Locatelli.
L'istituzione della libera professione è sicuramente utile per la struttura, anche perché accresce il senso di appartenenza del medico, andando oltre gli aspetti economici e pratici.
Gli istituti di ricovero e cura di diritto privato non godono dei finanziamenti che hanno, invece, quelli di diritto pubblico, o le strutture aziendali pubbliche: e faccio riferimento allo specifico finanziamento per le indennità di esclusività di rapporto.
Nel nostro istituto, in cui l'adesione all'attività libero professionale è collegata all'esercizio effettivo, siamo in una situazione paradossale e contraria a quella descritta dal dottor Ciuffreda. Il nostro istituto non eroga, infatti, un'indennità di esclusività del rapporto a fronte di medici che esercitano effettivamente la libera professione, in quanto tale onere sarebbe tale da dissestare il nostro bilancio.
A fronte di volumi altissimi di attività libero professionale, siamo nelle condizioni di non avere finanziamenti per soddisfare le giuste esigenze dei colleghi.
RAFFAELE CIUFFREDA, Capo divisione affari generali e concorsi dell'Ospedale «Casa sollievo della sofferenza» di San Giovanni Rotondo. Cambia il territorio.
ROBERTO MAZZUCONI, Direttore sanitario della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor. Certamente, ma abbiamo addirittura liste di attesa per entrare nel reparto solventi; non riusciamo però a fronte di tali disponibilità a soddisfare le giuste rivendicazioni dei colleghi.
Naturalmente, abbiamo dovuto raggiungere un accordo sindacale interno secondo il quale viene tutto «congelato» in attesa dei fondi promessi dalla Conferenza Stato-regioni, di cui però non abbiamo più avuto notizie.
Per quanto riguarda l'opzione, secondo me sarebbe giusto e democratico introdurre tale elemento all'interno della regolamentazione.
Infine, relativamente al regime fiscale, non è possibile impedire ad alcuni professionisti, anche di alto livello, di avere la partita IVA. Per favorire la libera professione presso le strutture sarebbe preferibile mantenere la possibilità di non essere vincolati lasciando la facoltà di optare per il mantenimento della partita IVA.
DOMENICO FRANCESCO CRUPI, Direttore amministrativo dell'Istituto tumori di Genova. Molto spesso, purtroppo, dimentichiamo che nell'azienda sanitaria pubblica bisogna affrontare problemi che non sono comuni ad alcun altro modello organizzativo aziendale. In particolare, bisogna affrontare il problema che al management più «prezioso» dell'azienda dobbiamo cedere una parte del core business.
Quando ero più giovane, si studiava, analizzava e sviscerava nelle scuole di management il discorso che l'attuale Presidente del Consiglio tenne il giorno in cui acquistò la Standa, un mirabile intervento, finalizzato però all'obiettivo di legare il management all'azienda, senza creare opportunità di reddito alternative, perché esse devono intervenire all'interno dell'azienda.
La finalità della libera professione, da sempre (come emerge studiando la storia delle relazioni sindacali in Italia), è stata vista come un'opportunità reddituale per la classe medica, legittima perché le aziende sanitarie operano con professionisti che hanno - non tutti - un alto valore di mercato. Però, per una strana contraddizione, se essi non hanno un retroterra professionale nel settore pubblico, il mercato tendenzialmente li ignora.
GRAZIA LABATE. Questa è la tendenza del mercato, perché per pubblico si intendono anche le università.
DOMENICO FRANCESCO CRUPI, Direttore amministrativo dell'Istituto tumori di Genova. In precedenza, signor presidente, ero un convinto assertore della libera professione, perché non si può chiedere l'esclusività ad un professionista senza fornire opportunità di reddito all'interno dell'azienda. Leggo con sorpresa e con piacere su un giornale di un sindacato che dallo svolgimento di un'indagine risulta che l'unica azienda, in Liguria, che aveva attivato la casa di salute era l'azienda da me diretta a Portofino con venti stanze fornite di aria condizionata, «vista mare» ed altro. Dico ciò per sostenere che la libera professione è intimamente legata all'esclusività del rapporto per fornire opportunità reddituali ai professionisti medici, che sono professionisti di valore.
Per quanto riguarda la ricaduta economica sull'azienda, se consideriamo i vincoli esistenti di contabilità, che costringevano alla chiusura in pareggio e prevedevano un intervento regionale, peraltro mai avvenuto, su quelle tariffe, non credo che la libera professione debba essere attivata per un ritorno economico, ma per dare opportunità - ovviamente pareggiando i costi - ai medici. Un altro aspetto previsto da una legge, non ricordo esattamente quale, era che le tariffe fossero concordate dal direttore generale con il professionista e quest'ultimo doveva considerare la propria remunerazione e quella del personale di supporto. L'azienda non deve pensare al risultato economico, ma alla possibilità di fornire un'opzione di prestazione e di scelta ad un cittadino in un mercato in cui vi sia una reale concorrenza tra pubblico e privato.
MARIO COLOMBO, Direttore generale dell'Istituto Auxologico italiano. In primo luogo vorrei evidenziare la forte distinzione tra l'attività medica e quella chirurgica. Nel nostro istituto si svolge prevalentemente attività medica e la libera professione in questo settore, considerando la degenza o l'attività riabilitativa, è difficile da attivare. Le attese del paziente e quelle del medico spesso non portano alla possibilità di offrire un pacchetto che si distingua in maniera sostanziale rispetto al regime del ricovero all'interno del servizio sanitario nazionale.
Inoltre, il nostro istituto non considera la libera professione una fonte di reddito. Abbiamo svolto un'analisi statistica su tre anni di attività ed il ricavo per giornata degli enti assicurativi o dei fondi di categoria è risultato essere molte volte inferiore a quello offerto dalla regione. La sostanziale differenza è che in un caso le fatture sono pagate immediatamente, mentre nell'altro sono pagate con forti ritardi. Non considero la libera professione come una modalità per la riduzione delle liste di attesa; trattandosi di una situazione di «vasi comunicanti», avviene che quando un istituto offre prestazioni in un tempo accettabile, il mese dopo - come già detto in precedenza - la lista di attesa si allunga nuovamente.
In sostanza, la libera professione è considerata da noi come una forma di giusta incentivazione del medico; nel nostro istituto l'opzione non è stata chiesta
da nessuno, ma di fatto tutti la svolgono e la maggior soddisfazione è vedere che chi, provenendo dall'ambito universitario, è legato ad altre abitudini, quando arriva nel nostro istituto, impegna totalmente la propria attività in esso.
GIANCARLO CORIONI, Direttore amministrativo della Fondazione Istituto neurologico Casimiro Mondino di Pavia. Tra le finalità iniziali dell'articolo previsto dal decreto legislativo n. 229 del 1999, poi ripreso dal contratto, vi era anche quella di trattenere il medico, in particolare quando viene presa in considerazione l'esclusività del rapporto. Il medico bravo e capace, invece, rimane se ha un'incentivazione prevista contrattualmente.
La seconda finalità, riguardante la riduzione delle liste di attesa, non si è realizzata per le motivazioni che ho già illustrato in precedenza. Quindi, secondo me, non c'è questa grossa necessità che il binomio esclusività del rapporto ed intra moenia sia regolamentato a livello di contratto. Nel contratto bisognerebbe piuttosto disciplinare il rapporto col medico ma l'esclusività è già presente nel codice civile, non è un'invenzione; basterebbe soltanto prevederne una certa forma nel contratto individuale senza mettere insieme i due aspetti.
PRESIDENTE. Sono tanto d'accordo con lei da pensare che, se un domani passasse un provvedimento che richiedesse di compiere una scelta, nessuno rinuncerebbe a questa attività.
Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15.15.