COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di marted́ 31 gennaio 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIUSEPPE PALUMBO

La seduta comincia alle 14,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Propongo che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante la trasmissione attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Seguito dell'esame e approvazione del documento conclusivo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'applicazione della legge n. 194 del 1978, recante «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza», in particolare per quanto riguarda le funzioni attribuite dalla legge ai consultori familiari, il seguito dell'esame del documento conclusivo.
Avverto di aver predisposto una seconda versione della proposta di documento conclusivo, alla luce delle considerazioni e delle osservazioni svolte dai colleghi intervenuti nelle precedenti sedute, nonché delle proposte di riformulazione fatte pervenire alla presidenza. Illustrerò quindi, in particolare, le modifiche introdotte nel testo.
Nella premessa è stato precisato che la determinazione di richiedere questa indagine conoscitiva è stata assunta sulla base dell'orientamento favorevole dei gruppi di maggioranza, mentre i rappresentanti dei gruppi di opposizione non hanno partecipato a tale deliberazione.
Nella parte relativa al quadro normativo di riferimento è stata aggiunta la tutela della salute della donna e del concepito, come del resto prescrive la legge. Sono state inoltre inserite alcune integrazioni per rimarcare il contenuto della legge (nella conclusione, svilupperò un discorso più organico al riguardo), laddove si prevede la promozione di ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto. È stata altresì definita meglio la funzione del giudice tutelare che autorizza la donna a decidere da sola, come prescrive la legge.
È stato inserito nel testo anche un preciso ed ampio richiamo alla legge n. 328 del 2000 («Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali») che, nel definire il sistema integrato di interventi e servizi sociali, ha specificato che tale sistema si realizza mediante politiche e prestazioni coordinate nei vari settori della vita sociale, integrando servizi alla famiglia e alla persona con eventuali misure economiche; la legge ha previsto, altresì, che tra i livelli essenziali delle prestazioni sociali erogabili figurino anche misure per il sostegno delle responsabilità familiari, misure di sostegno alle donne in difficoltà, nonché l'informazione e la consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi.
Sono state ricordate, altresì, le dichiarazioni del rappresentante dell'ISTAT sui tassi di abortività. Nel documento è stata anche introdotta un'aggiunta in cui si sottolinea nuovamente come dai dati statistici


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non si conosca il numero di gravidanze che non vengono interrotte successivamente alla richiesta di IVG.
Per quanto riguarda, invece, il fenomeno delle recidive, il dato è stato riferito solamente dal dirigente dell'Ospedale civico di Palermo, mentre gli altri soggetti auditi non hanno citato i dati relativi all'aumento delle recidive.
È stata sottolineata, inoltre, la necessità di una maggiore collaborazione dei servizi sociosanitari con i consultori, fattore indispensabile per una corretta interpretazione della legge.
Per quanto riguarda i questionari, essi devono contenere domande che ci permettano di disporre di maggiori conoscenze scientifiche utili alla prevenzione di eventuali malformazioni e alla loro eventuale cura.
Alcuni degli intervenuti hanno sottolineato l'inadeguata attenzione all'evoluzione dei consultori nell'ambito del complessivo ridisegno dei servizi sociosanitari realizzato nel corso dell'ultimo decennio, anche a seguito della legge n. 328 del 2000.
A questo punto, passo direttamente alle conclusioni, alle quali sono state apportate delle modifiche e di cui darò parziale lettura.
L'estrema importanza del tema dell'interruzione volontaria di gravidanza ha portato più volte il Parlamento a discutere queste tematiche nel corso degli ultimi venti anni, senza tuttavia procedere compiutamente ad un'indagine conoscitiva in materia.
Pertanto, riconfermata l'assoluta volontà di non mettere in discussione i contenuti della legge n. 194 del 1978, si deve valutare positivamente l'iniziativa, assunta dalla Commissione affari sociali, di ascoltare un elevato numero di soggetti (rappresentanti delle istituzioni centrali e regionali, operatori del settore, responsabili delle strutture sociosanitarie di diversa dimensione, sia pubbliche sia private, esperti in materia, associazioni, associazioni di volontari e via dicendo), appartenenti a differenti orientamenti culturali.
La ricchezza dei temi trattati e delle proposte avanzate e il serrato confronto avviato nella Commissione hanno confermato l'utilità dell'indagine finalizzata, è bene ribadirlo ancora una volta, non alla modifica della legge n. 194 - come sottolineato da tutti i parlamentari intervenuti e dallo stesso ministro della salute -, ma alla individuazione dei problemi esistenti nell'attuazione della legge; tutto ciò al fine di individuare gli strumenti atti a fornire la migliore assistenza possibile alla donna e al suo partner, nel momento in cui devono affrontare il dramma dell'interruzione volontaria della gravidanza.
Sebbene non si ponga una questione di una modifica della legge n. 194, vanno comunque considerate le profonde modifiche del contesto istituzionale avvenute nel corso degli ultimi venti anni, a partire dal ruolo sempre più rilevante assunto dalle regioni nella programmazione e gestione della spesa sanitaria.
In sede di attuazione sono emersi numerosi problemi che necessitano di una risposta organica. Le indicazioni contenute nel documento potranno rappresentare un utile contributo per le scelte che il prossimo Parlamento, insieme alle regioni ed agli enti locali, dovrà effettuare per ridurre ancora di più il ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza e contrastare con ogni mezzo il fenomeno dell'aborto clandestino.
Passiamo ora alle proposte migliorative del sistema di rilevazione dei dati sull'IVG e sulle attività delle strutture sociosanitarie.
Proprio l'estrema delicatezza del tema in questione e la necessità di elaborare nuove strategie di intervento impongono una riflessione sulle modalità per migliorare ulteriormente i dati sulla complessiva azione delle strutture pubbliche e private nelle attività di attuazione delle funzioni ad esse attribuite dalle leggi n. 405 del 1975 e n. 194 del 1978 e dal Progetto obiettivo materno infantile. Una migliore conoscenza dei dati rappresenta, infatti, il presupposto per una migliore attuazione di quella parte della legge che regola l'aspetto della prevenzione.
Questo obiettivo potrebbe essere utilmente realizzato attraverso un'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni e province


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autonome, secondo le proposte già formalizzate dal ministro della salute ed acquisite agli atti della Commissione e volte ad una rilevazione periodica sulle attività dei consultori, integrando il questionario trimestrale, già utilizzato per la rilevazione statistica dei casi di IVG. Il rappresentante della Conferenza delle regioni, nel corso dell'indagine, ha espresso la disponibilità delle regioni a concordare le modalità operative per giungere ad un miglioramento della qualità delle informazioni e del sistema di rilevazione dei dati, che richiederanno comunque un forte impegno da parte di tutte le strutture interessate.
Gli ulteriori elementi di conoscenza potrebbero riguardare, in particolare: l'attività di informazione, prevenzione e assistenza svolta dai consultori all'interno delle strutture e al di fuori di esse, nonché gli orari effettivi di apertura; i profili professionali attualmente presenti e i diversi rapporti di lavoro oggi prevalenti; le forme di partecipazione del personale obiettore di coscienza alle attività di prevenzione nell'ambito della procedura prevista dalla legge n. 194; le azioni di supporto (economico, legale, psicologico, assistenziale) attuate, ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 194, direttamente dalla struttura sanitaria, o proposte all'ente locale, volte a rimuovere le cause che hanno portato la donna a richiedere l'IVG; le circostanze indicate dalla donna, ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 194, al momento della richiesta della IVG; il collegamento tra il consultorio e gli altri soggetti che operano sul territorio (medici di famiglia e strutture ospedaliere in cui si praticano le IVG); il ruolo svolto dalle associazioni di volontariato e le convenzioni effettivamente stipulate; i casi di maturazione di una scelta diversa dall'IVG da parte delle donne che hanno avviato tale procedura; un più accurato monitoraggio delle cause alla base delle interruzioni volontarie della gravidanza dopo il novantesimo giorno, in particolare le anomalie o malformazioni del feto che hanno determinato l'IVG e gli esiti dell'eventuale riscontro diagnostico postabortivo.
Altro aspetto importante è quello che riguarda il rilancio dei consultori. Siamo sicuramente in presenza di un patrimonio di esperienze e di professionalità che non vanno assolutamente disperse, ma semmai potenziate tramite specifici indirizzi all'interno dei piani sanitari nazionale e regionali, nonché dei piani degli interventi e servizi sociali di cui alla legge n. 328 del 2000. Ciò consentirebbe un effettivo rilancio delle attività di prevenzione e assistenza, soprattutto nei confronti dei settori della società più deboli e svantaggiati, per i quali non esiste una realistica alternativa al consultorio.
È evidente che il compito più specifico della funzione consultoriale è l'offerta alternativa di consiglio e di aiuto, onde evitare, se possibile, l'aborto. Il rilancio del ruolo dei consultori risulta ancor più necessario se si considerano le nuove problematiche e patologie proprie della società moderna (dalla pedofilia, all'abuso sessuale, al fenomeno dell'alcolismo e dell'uso diffuso di droghe, fino al manifestarsi di rapporti spesso estremamente conflittuali tra genitori e figli), che richiedono una risposta altamente qualificata, anche attraverso un aggiornamento della normativa sui consultori, che risale ad oltre 30 anni fa, come suggerito da alcuni parlamentari intervenuti nel corso del dibattito.
Il rappresentante della Conferenza delle regioni ha sottolineato l'esigenza di garantire l'effettiva gratuità della visita presso i consultori e di somministrare gratuitamente i mezzi anticoncezionali per determinate fasce di popolazione, con particolare riguardo ai minorenni e ai cittadini extracomunitari.
Nel corso delle audizioni sono state avanzate proposte di natura ordinamentale, volte a rilanciare il ruolo del consultorio, anche nell'ambito delle procedure per l'interruzione volontaria di gravidanza di cui alla legge n. 194.
Il colloquio della donna con una pluralità di soggetti previsto dalla procedura per l'IVG, anche nel caso in cui non portasse ad un ripensamento della donna sulla scelta effettuata, riveste in ogni caso un'estrema rilevanza: il passaggio dal consultorio


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crea infatti le premesse per l'instaurazione di un rapporto più duraturo nel tempo, utile per la salute della donna ed anche al fine di evitare il fenomeno di un successivo ricorso all'aborto da parte della medesima persona.
Oggi la legge n. 194 offre diverse alternative per il rilascio del certificato necessario per l'effettuazione dell'intervento: si può ricorrere al medico di famiglia, all'ospedale (pubblico o privato accreditato) ovvero al consultorio. Quest'ultimo appare senza dubbio la struttura più adeguata per garantire quel supporto multidisciplinare alla donna che affronta il dramma dell'interruzione volontaria di gravidanza, anche se l'indagine conoscitiva ha evidenziato come molte realtà ospedaliere si sono attrezzate per assicurare un'assistenza ulteriore e complementare a quella strettamente sanitaria.
Sulla base di tali considerazioni è stato suggerito di prevedere una sorta di «filtro obbligatorio» del consultorio, rendendo quantomeno necessaria in ogni caso la prenotazione dell'intervento per il tramite del consultorio. Alcune esperienze già realizzate in tal senso hanno evidenziato un conseguente, significativo aumento del ricorso alla struttura del consultorio anche per i colloqui preliminari previsti dalla legge con le diverse figure professionali.
Inoltre, si è prospettata l'ipotesi che, in presenza di organizzazioni di volontariato che si propongono di sostenere le maternità difficili o non desiderate, al consultorio venga attribuito il compito di far conoscere alla donna tale possibilità.
In ogni caso, il punto fermo deve essere rappresentato da una stretta collaborazione tra tutte le strutture impegnate su questo tema, inclusi i medici di famiglia (per i quali vanno individuate iniziative di sensibilizzazione su questo tema), al fine di consentire l'apporto delle diverse figure professionali nell'ambito di una efficiente rete di servizi, così come delineata dalla legge quadro n. 328 del 2000.
Per quanto riguarda le politiche sul territorio, molto importante è la cosiddetta prevenzione primaria, in particolare l'educazione sessuale. Al riguardo, alcuni parlamentari hanno suggerito che il Ministero della salute potrebbe promuovere in ogni regione almeno tre corsi annuali di educazione sessuale, da tenersi a cura dei consultori; il percorso didattico delle materie oggetto di insegnamento potrebbe essere indicato dal Ministero della salute, di concerto con il Ministero della pubblica istruzione.
Molti interventi hanno sottolineato l'estrema rilevanza di politiche attive sul territorio, che assicurino un effettivo radicamento dei consultori, anche al fine di raggiungere maggiormente quei soggetti che con più difficoltà individuano in tali strutture il punto di riferimento dal punto di vista socio-sanitario. È essenziale utilizzare a questo proposito tutti i canali disponibili, modulati al fine di penetrare nelle singole realtà presenti nel territorio, spesso assai differenziate.
In particolare, vanno potenziate le attività rivolte alle comunità di donne immigrate. Nel corso degli ultimi anni si sono infatti registrate rilevantissime novità nella dinamica dei flussi di immigrazione. L'Italia è infatti sempre più interessata dalla presenza di cittadini di altri paesi, in particolare di origine extracomunitaria, ma anche provenienti dai Paesi dell'est Europa, nei quali il ricorso all'aborto è molto superiore a quello di altre popolazioni ed ancora considerato come tecnica di controllo delle nascite.
Ma le straniere non costituiscono una realtà omogenea, in quanto provenienti da realtà culturali e sociali assai diversificate. Risulta pertanto essenziale il ricorso alle figure di «mediazione culturale», capaci di favorire il superamento di quella «diffidenza» nei confronti delle strutture sanitarie italiane che spesso si registra da parte di molte donne. Tramite questa mediazione culturale, sarebbe più facile «penetrare» all'interno di comunità spesso troppo chiuse al loro interno, favorendo la conoscenza da parte delle donne straniere dei diritti garantiti dalla legislazione italiana (anche per quanto concerne la normativa sul rispetto della volontà della donna di non essere nominata a seguito della nascita di un bambino)


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e delle opportunità che tutte le strutture impegnate sul territorio possono loro offrire.
Una notevole attenzione va dedicata altresì a contrastare il significativo ricorso all'interruzione volontaria della gravidanza da parte delle minorenni, per le quali l'aborto rappresenta un dramma ancora maggiore rispetto alle donne adulte. Evitare una gravidanza non desiderata risulta per esse importantissimo.
Nell'ambito delle audizioni è stata sottolineata da più parti l'importanza di prevedere l'obbligatorietà della presenza di uno psicologo quando la minorenne avvia la procedura per l'IVG.
Naturalmente per la prevenzione è rilevantissimo il ruolo della scuola, anche in relazione all'approccio sempre più precoce alla sessualità da parte delle minorenni, cui non si accompagna un'adeguata educazione sessuale e per una maternità responsabile. I Ministeri della salute e dell'istruzione hanno già avviato un progetto per l'educazione alla salute nella scuola, tra i cui temi c'è anche quello delle relazioni interpersonali e della sessualità; gli opuscoli realizzati a livello ministeriale, con l'indicazione dei possibili percorsi formativi, costituiscono un utile supporto per l'attività degli insegnanti. Va peraltro precisato che una corretta e adeguata educazione sessuale - che spetta naturalmente anche alle famiglie - non dovrebbe limitarsi ad una mera informazione sui metodi contraccettivi, ma concentrarsi sull'obiettivo di educare i giovani ai valori della persona, della vita, della famiglia, delle relazioni affettive e della procreazione responsabile.
Passiamo ora alle politiche di aiuto alla prosecuzione della gravidanza e a tutela della maternità (quelle che nella prima versione della proposta di documento venivano definite «prevenzione secondaria»). Alla base della scelta di ricorso all'IVG ci sono una pluralità di fattori di natura psicologica, culturale, economica e sociale. La legge n. 194, ai fini di una tutela della maternità, sottolinea, in particolare agli articoli 2 e 5, lo sforzo e l'impegno necessari da parte di tutte le strutture socio-sanitarie, in primis dei consultori, ma anche delle strutture ospedaliere in cui si praticano le IVG e dei medici di famiglia, per individuare le possibili soluzioni ai problemi indicati dalla donna e cercare di rimuovere in questo modo le cause che inducono la donna a ricorrere alla interruzione di gravidanza.
Anche il documento recentemente approvato dal Comitato nazionale di bioetica, «Aiuto alle donne in gravidanza e post partum», sottolinea la necessità di un impegno più accentuato per aiutare la donna che affronta il percorso della maternità; proprio le prime settimane della gravidanza danno luogo infatti a sentimenti contrastanti nella donna, che rendono quanto mai opportuna un'azione di sostegno, soprattutto dal punto di vista psicologico, volta a favorire il superamento di tali difficoltà.
In sede di indagine ci si è più volte soffermati a riflettere su quali siano le possibilità concrete di determinare un ripensamento della donna che abbia intrapreso la procedura per l'IVG, al fine di individuare le misure per incentivare la prosecuzione della gravidanza. Da parte del rappresentante dell'Istituto superiore di sanità sono state avanzate delle stime al riguardo, che indicano una percentuale di circa il 5 per cento di casi in cui la donna, dopo aver richiesto la certificazione, decide di proseguire la gravidanza, a seguito del colloquio presso il consultorio, l'incontro con il giudice tutelare o l'assistenza fornita dai servizi sociali e dalle organizzazioni del volontariato. Altri dati illustrati nel corso dell'indagine (ad esempio, da parte dei rappresentanti del Movimento per la vita) farebbero ipotizzare una percentuale più elevata di casi in cui un'adeguata azione di sostegno alla donna e alla sua famiglia può incidere sulla scelta definitiva.
Al di là delle stime al riguardo, appare comunque indispensabile individuare ogni utile strumento per assistere la donna che deve affrontare tale scelta, perché questo tipo di supporto sarà sempre importantissimo in termini di educazione sanitaria, di prevenzione, di informazione sui suoi diritti e sulle opportunità che l'ordinamento


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italiano, a tutti i livelli, è in grado di garantire. In particolare va ritenuto fondamentale l'aiuto che si offre alla donna nel momento in cui accede al colloquio previsto dall'articolo 5 della legge n. 194, disposizione la cui attuazione sembrerebbe rimasta insufficiente.
Attualmente sono previste una molteplicità di misure volte a favorire la scelta di maternità della donna. Non starò qui ad elencarle, avendole già illustrate in precedenza: sono tutte quelle previste dalla legislazione attuale.
Vorrei concludere il mio intervento parlando del ruolo del volontariato. Nell'ambito delle azioni a favore della famiglia e in particolare della donna in gravidanza, merita una particolare riflessione il pieno utilizzo del potenziale di risorse umane che può essere assicurato dal volontariato, come peraltro prevede l'articolo 2 della legge n. 194. L'indagine conoscitiva ha infatti consentito di porre in evidenza le esperienze molto positive di raccordo tra le strutture socio-sanitarie e le associazioni del volontariato e i risultati proficui realizzati, sottolineati anche dal rappresentante della Conferenza delle regioni; anche se non sono mancate le voci di esponenti del mondo dell'associazionismo che hanno evidenziato situazioni di mancato o insufficiente dialogo tra le diverse realtà.
Il volontariato, nel rispetto del pluralismo culturale, deve svolgere un ruolo di ausilio nell'ambito della rete di servizi a tutela della maternità responsabile; il collegamento in rete delle associazioni di volontariato con le strutture pubbliche consultoriali e ospedaliere e con tutti gli altri servizi socio-sanitari operanti sul territorio appare lo strumento più idoneo - come affermato anche da molti soggetti intervenuti nel corso delle audizioni - a perseguire gli obiettivi di tutela della maternità e di prevenzione affermati solennemente dalla legge n. 194.
Occorre pertanto che le strutture pubbliche svolgano una efficace attività di informazione sull'esistenza e sull'azione svolta dal volontariato sia in generale sia riguardo ai singoli casi in cui viene richiesta l'IVG, lasciando ovviamente libera la donna di avvalersene o meno. In tal senso potrebbe essere auspicabile sia una nuova normativa che preveda incentivi per agevolare forme di collaborazione sempre maggiori fra i consultori e le associazioni di volontariato, sia, come suggerito dal rappresentante delle regioni, la elaborazione, da parte delle singole aziende sanitarie, di protocolli di collaborazione con le organizzazioni di volontariato.
In conclusione, nel ribadire ancora una volta come i dati forniti dall'indagine conoscitiva ci abbiano consentito di acquisire conoscenze utili per l'attività legislativa futura, non mi rimane che ringraziare tutti i colleghi, attivamente partecipi di un lavoro che costituisce, a mio modesto avviso, uno dei punti di forza dell'attività svolta dalla nostra Commissione nel corso della quattordicesima legislatura.
Do quindi la parola ai colleghi che intendano svolgere considerazioni sulla nuova proposta di documento conclusivo.

TIZIANA VALPIANA. Presidente, la ringrazio per aver voluto illustrare anche ai parlamentari della XII Commissione il contenuto della proposta di documento conclusivo in esame, dopo averlo anticipato - almeno così ci è stato detto - ai giornalisti: ritengo che questa sia una scorrettezza notevolissima dal punto di vista istituzionale e vorrei sottolinearlo. Credo fosse infatti necessario e doveroso intanto discutere quella proposta all'interno della Commissione e poi votarla, anziché comunicare in anticipo alla stampa il risultato di un lavoro incompiuto. Ma ormai siamo abituati al fatto che la politica, in questo paese, si faccia sotto i riflettori anziché in concreto, in Parlamento. Annoveriamo quindi anche tale sua scelta tra le prassi a cui ci avete abituato in questi cinque anni.
Entrando nel merito della proposta di documento conclusivo, presentata oggi in seconda versione, vorrei sottolineare come essa costituisca soltanto l'ultimo atto di una più lunga vicenda che non si sta concludendo come chi l'aveva ideata si augurava. Ricordo, in proposito, le iniziali affermazioni del ministro Storace che, nel


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definire i consultori dei distributori di certificati per aborti, aveva sostanzialmente affermato l'esigenza di svuotare la legge n. 194 - quella legge che ha tolto le donne dalle mani delle mammane e ha tutelato la loro salute -, inserendo nelle strutture consultoriali i volontari, quelli che si definiscono «a favore della vita», con il compito preciso di distogliere le donne dall'interruzione volontaria della gravidanza, coartarne la volontà e imporre loro delle scelte compiute da altri.
Questi due obiettivi, dichiarati dal ministro all'atto dell'ideazione dell'indagine conoscitiva, sono stati mancati, come dimostra il testo che lei ci ha appena letto, presidente. Abbiamo così appurato la ricchezza degli ambiti di intervento consultoriale e la grande professionalità degli operatori. Abbiamo verificato, soprattutto, che il loro lavoro, lungi dall'essere quello di distribuire certificati per l'interruzione di gravidanza, è svolto per il 90 per cento in altri ambiti (educazione sessuale, assistenza agli adolescenti, sostegno psicologico ed altro). Solo per il 10 per cento esso riguarda l'interruzione di gravidanza ed è costituito non certo - come ci hanno dimostrato anche ultimamente alcune trasmissioni televisive - dal rilascio di certificazioni tout court, ma da riflessioni, sostegno, aiuto alla donna, pur nel rispetto - e questo, a nostro avviso, è assolutamente indispensabile - delle scelte di vita di ciascuna.
I promotori dell'indagine - quindi l'onorevole Cesa, l'intera UDC di cui è segretario (che ha proposto l'indagine della Commissione), il Presidente Casini (il quale ha avallato l'indagine conoscitiva pur sapendo che sarebbe mancato il tempo per svolgere un lavoro serio e per utilizzarne proficuamente i risultati) e soprattutto il cardinale Ruini, maestro e ideatore di questa campagna ossessiva contro la libertà della donna - non hanno dunque realizzato i loro obiettivi. A proposito del cardinale Ruini, gli auguro di presentarsi alle prossime elezioni, così nella veste di parlamentare potrà finalmente svolgere il suo lavoro politico e influire sulle scelte politiche da un luogo più consono di quello attuale.
Che gli obiettivi auspicati non siano stati raggiunti, ad ogni modo, lo ha dimostrato il silenzio del ministro Storace in occasione della presentazione della proposta di documento conclusivo, alcuni giorni fa. Piuttosto che pronunziarsi al riguardo, egli ha spostato la propria campagna contro le donne su un altro obiettivo: oggi ha cominciato a lavorare contro la RU 486, avendo compreso di essere già stato sconfitto sul precedente terreno. Il ministro ha parlato così della necessità di contrastare l'importazione della pillola RU 486 perché indurrebbe a ricorrere all'aborto: mi chiedo se qualcuno di voi pensi davvero che una donna possa decidere o meno di interrompere la gravidanza soltanto perché esiste un mezzo più facile per farlo! Ritengo che una simile considerazione sia estremamente offensiva per le donne, come lo sono altre che troviamo all'interno del documento conclusivo.
L'indagine conoscitiva ha fallito anche perché l'opposizione, che non ha collaborato ad essa e che non ha votato a favore della sua deliberazione, ha però suggerito una serie di audizioni con cui è stato possibile dar conto della ricchezza delle esperienze presenti nel paese, non solo dei consultori familiari ma anche delle associazioni laiche e cattoliche, impegnate su questo fronte da decine di anni. Soprattutto, si è dato conto dell'impossibilità di risolvere i problemi con le crociate ideologiche: li si affronta, invece, con la creazione di servizi, senza mai giudicare le scelte personali e senza - sono felice, presidente, che lei abbia modificato la formulazione - spacciare per prevenzione secondaria quella che è solo dissuasione. Li si affronta, soprattutto, senza pensare che la vita di donne e bambini rappresenti solo un dato da mettere sul piatto del deficit demografico. Noi, invece, pensiamo che le donne e gli uomini di questo paese siano in grado di gestire e di costruire - non già di subire - la propria vita, quindi riteniamo che il metodo migliore per affrontare i problemi collettivi e individuali sia quello di creare servizi e sostegno e offrire opportunità.


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Di questo il documento dà ben conto: infatti, nell'elencare leggi e servizi presenti, non fa che richiamare tutte iniziative dei Governi di centrosinistra: tali sono la legge n. 328, la n. 285, quella sui congedi parentali e la legge n. 34 del 1996, che - mi piace sempre ricordarlo - è stata una scelta di Rifondazione comunista. Cita, invece, solo incentivi di tipo sostanzialmente economico (i famosi «mille euro», che lasciano le donne più sole e abbandonate che mai), per illustrare le misure messe in campo dal centrodestra. Tuttavia, non è certo con un trasferimento economico che si possono risolvere i problemi! Li si può affrontare solo con un riconoscimento reale del valore sociale della maternità.
Manca il tempo, evidentemente, per affrontare tutti i temi che si vorrebbe. Credo, però, che almeno un'osservazione debba essere espressa a proposito del volontariato. L'indagine conoscitiva che abbiamo svolto ha eliminato definitivamente la possibilità per i volontari di entrare nei consultori familiari, nei quali esistono già le competenze, le professionalità ed il sostegno imparziale, senza giudizio. Tuttavia, credo sia importante parlare non di volontariato, ma di imprese sociali, di ONLUS, perché il volontariato non offre garanzie né affidamento. Il volontariato, spesso, eroga i servizi che vuole erogare, non quelli che servono. Occorre invece, a mio avviso, fare maggiormente affidamento sulle associazioni riconosciute ed istituzionalizzate che diano garanzia sulla preparazione professionale e sulla continuità.
Ritengo, inoltre, che laddove si parla di incentivi al volontariato e ai privati - tema emerso solo nella seconda versione del documento conclusivo - occorra un chiarimento. Credo che i servizi essenziali vadano introdotti nelle ASL, per diventare esigibili, e che quelli in più debbano essere offerti volontariamente, ma davvero volontariamente. Dunque, eliminiamo gli incentivi e le convenzioni, perché non vorremmo che si pensasse che chi spaccia la propria opera di apostolato per volontariato lo faccia, come spesso avviene, per fini di lucro.

PRESIDENTE. Gli incentivi sono diretti ai consultori, non al volontariato.

TIZIANA VALPIANA. Vorrei spendere un'ultima parola sulla grande manifestazione che le donne hanno organizzato a Milano, il 14 gennaio scorso, che sicuramente ha avuto un riflesso su questa indagine conoscitiva. Infatti, chi ha voluto tale indagine si è reso conto che il movimento delle donne combatterà sempre in tal senso. Anche all'interno di questo documento conclusivo è stato ribadito mille volte che nessuno vuole toccare la legge n. 194. Volevate svuotare la legge, ma siete stati sconfitti.

ROSY BINDI. Presidente, sarò brevissima, anche perché più volte ho avuto modo di esprimere il mio punto di vista su questa indagine conoscitiva; l'ho fatto all'inizio, quando (e la ringrazio, presidente, per averlo ricordato nel documento) abbiamo preso le distanze da questa iniziativa, nella quale non ci riconosciamo.
La scorsa settimana ho riconosciuto che, con la redazione della proposta di documento, avete svolto un lavoro corretto, recependo le indicazioni emerse nel corso delle diverse audizioni svoltesi nel breve tempo a nostra disposizione. Il mio punto di vista e quello del gruppo parlamentare della Margherita non sono mutati. A nostro avviso, l'indagine conoscitiva è stata utilizzata dalla maggioranza come un'arma impropria, in maniera cinica. Ci troviamo di fronte all'accanimento su un problema serio, delicatissimo, quale quello della maternità e della vita. Fin dall'inizio abbiamo denunciato l'inutilità dell'indagine conoscitiva; a nostro avviso, si trattava di un atto propagandistico, di un mezzo per riaprire nel paese uno scontro ideologico che non aiuta il mondo politico ad affrontare seriamente problemi così gravi ed importanti.
Il documento al nostro esame dimostra l'inutilità del lavoro svolto, perché non aggiunge nulla a ciò che già sapevamo. Certamente - con ciò non posso che condividere le osservazioni espresse - lo strumento che volevate utilizzare vi si è svuotato tra le mani, grazie alla forza della


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realtà che riesce a fermare i rigurgiti ideologici emersi in questa occasione.
Per questo motivo, presidente, non parteciperemo alla votazione sulla proposta di documento conclusivo. Continuiamo a prendere le distanze nei confronti di un comportamento che, a nostro avviso, non è stato rispettoso della dignità del Parlamento. Non vi daremo neanche la soddisfazione di votare contro alcune affermazioni talmente ovvie e scontate da non essere degne neanche di un voto contrario, sul quale qualcuno potrebbe anche divertirsi ad ironizzare e a fare una vergognosa propaganda, come quella svolta oggi dal gruppo dell'UDC contro il presidente Prodi per le sue dichiarazioni sull'uso della pillola.
Preannuncio quindi che abbandoneremo l'aula al momento del voto, per esprimere il massimo della distanza nei confronti di un uso strumentale del Parlamento e delle istituzioni per i fini della vostra parte politica.

GRAZIA LABATE. Signor presidente, ho letto con molta attenzione il testo della proposta che lei ci ha consegnato. A mio avviso, si tratta di un documento inutile e pretestuoso, perché non offre al Parlamento alcuna possibilità concreta di avvalersi dei risultati di un'indagine conoscitiva che è stata breve e fugace (si è svolta in 31 giorni).
Ai posteri, come attraverso un testamento, si consegnano le riflessioni emerse dalle audizioni e la volontà politica di una parte della Commissione di affrontare temi complessi ed importanti in poco tempo, alla fine della legislatura, senza alcuna possibilità di arrivare ad una proposta concreta che parlasse davvero alle donne italiane di tutela della maternità, di contraccezione e di prevenzione dell'aborto, in coerenza con i principi enunciati nelle importanti leggi n. 405 e n. 194 del nostro ordinamento, senza farne un uso strumentale con l'indagine conoscitiva.
Mi permetto di farle osservare che si può essere anche notai attenti alle situazioni che si verificano e agli elementi conoscitivi, ma non si può concludere alla Ponzio Pilato. Infatti, lasciamo al futuro Parlamento un'eredità in cui non abbiamo chiarito fino fondo cosa realmente si debba fare nel paese per sostenere la maternità e la famiglia. Questo non lo potevate dire, anche se è stato fatto un breve richiamo alle misure ordinamentali di sostegno alle politiche familiari. La inviterei, presidente, a guardare realmente il nostro ordinamento e a capire quale eredità ha lasciato il centrosinistra con l'aumento delle detrazioni dei carichi familiari sino a 516 euro, quale patrimonio in termini di piani nazionali per gli asili nido. A ciò non avete fatto cenno nel documento conclusivo.
Rispetto tutto, per carità, il colore politico della maggioranza, il fatto che voi siate maggioranza, però voi non avete inserito nel documento neanche un minimo accenno autocritico alla circostanza che in questi anni, in costanza delle leggi finanziarie, tutta l'opposizione ha sempre riproposto il rifinanziamento della legge sui consultori, sugli asili nido e sulle misure di sostegno alla maternità, fino all'ultima finanziaria, in cui le misure di sostegno erano rivolte proprio all'attuazione dell'articolo 2 della legge n. 194.
Per questo, signor presidente, dico che si può fare anche il notaio, ma se si finisce alla Ponzio Pilato l'intelligenza delle donne e dei cittadini italiani consentirà loro di comprendere l'inutilità e la strumentalità di questa indagine conoscitiva, che viene consegnata ai posteri come un rigurgito, un tentativo, operato dal 13 dicembre, di rimangiarsi leggi importanti dello Stato, confermate anche dalla volontà dei cittadini. Del resto, la prova del nove l'abbiamo avuta ieri pomeriggio con la conferenza stampa a Firenze del ministro della salute, il quale, nonostante un parere del Consiglio superiore di sanità sulle procedure da adottare per tutelare la salute delle donne, in costanza delle nuove metodologie scientifiche e tecniche, che sono offerte in luogo dell'aborto con anestesia generale o con anestesia parziale o con il metodo Karman, ha annunciato di essere pronto ad emanare un decreto per rivedere le modalità con le quali il nostro paese può approvvigionarsi della pillola RU 486.


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Concludo, presidente, dicendo che avete approfittato troppo della pazienza del Parlamento e del modo di essere delle istituzioni. Ci avete chiesto altre due settimane di lavoro. Mi auguro che nel restante lasso di tempo che ci separa dall'11 febbraio non continuiate a fare degli scempi.

MAURA COSSUTTA. Anch'io intervengo brevemente, signor presidente, perché abbiamo già discusso ed abbiamo cercato di portare le nostre argomentazioni, che peraltro coincidevano totalmente con quelle degli operatori che abbiamo ascoltato, i quali hanno dimostrato innanzitutto quanto strumentale sia stata questa indagine, che «conoscitiva» non è stata. Noi, presidente, abbiamo svolto soltanto delle audizioni, mentre avevamo la necessità di effettuare un'indagine vera, sul posto, parlando con gli operatori e con gli utenti e verificando la coerenza delle scelte dei direttori generali e degli assessori regionali, al fine di valutare le criticità: un'indagine conoscitiva come quelle che, per esempio, abbiamo svolto sulla psichiatria, sulla salute mentale e sulla chiusura dei manicomi.
È stata, dunque, una scelta sciatta, che dimostra la strumentalità e la vostra arroganza. Avevamo infatti ben altri strumenti, concepiti con un lavoro serio, di approfondimento e di competenza, rappresentati dalle relazioni annuali, cioè i contributi presentati al Senato e alla Camera, che invece giacciono senza ricevere la minima attenzione da parte di questa Commissione. Si tratta quindi di una scelta sciatta quanto al merito ed arrogante da un punto di vista istituzionale. È stato un atto politico, del quale da soli vi siete assunti la responsabilità: l'epilogo di un'operazione politica e culturale di questa maggioranza.
Un'operazione politica e culturale molto pericolosa, non soltanto per quello di cui si sta parlando oggi, cioè per la difesa vera della legge n. 194 - io dico della cultura che c'è dietro tale legge -, ma in generale per la tutela di quei diritti fondamentali che sono stati conquistati negli ultimi decenni e che hanno costruito la civiltà del nostro paese. La legge n. 194 ha parlato non soltanto alle donne in un momento dolorosissimo della loro vita, qual è quello che riguarda la possibilità di abortire, ma anche alla società, costruendo una cultura diversa. Ed è proprio questa cultura che voi oggi attaccate.
Questo è l'epilogo, come dicevo, di un'operazione politica e culturale che, in nome della cosiddetta battaglia etica e della cosiddetta battaglia del diritto alla vita e della difesa della vita, è in realtà intrisa di cultura autoritaria. Voi oggi parlate di diritto alla vita, quando avete votato una legge sulla legittima difesa che concede la possibilità di uccidere per difendere il patrimonio! Ma quali battaglie etiche!
Voi non vi potete permettere di parlare di etica e di diritto alla vita. In realtà, il tema dell'embrione è all'interno di un'operazione politica e culturale che noi smaschereremo. Non avete il dovere, né il diritto di parlare in nome dell'etica. Siamo noi che possiamo parlare di diritto alla vita e di diritto alla nascita, perché esattamente in quella legge, la n. 194, è sancito il valore sociale della maternità; quella legge l'abbiamo scritta noi e noi la vogliamo difendere, in tutte le sue parti. Non abbiamo scheletri nell'armadio. Vogliamo mettere al centro la maternità e le politiche pubbliche per la difesa della maternità. Come tutti gli operatori hanno dimostrato, spiegato e ripetutamente argomentato, la prevenzione degli aborti non ha nulla a che vedere con le politiche per la difesa della natalità. Non c'entra nulla! È una sciatteria culturale e di argomentazione insistere su questa strada.
Si tratta dunque di un'operazione della quale vi siete assunti la responsabilità, che non abbiamo condiviso sin dall'inizio e che rispediamo al mittente. È un'operazione non solo inutile e strumentale, ma anche molto pericolosa, perché mette a tema la questione della difesa dei cosiddetti diritti delle madri e pone quindi il controllo dello Stato e della società non sul valore sociale della maternità, bensì sulla scelta della donna. Oggi, mentre leggiamo sui giornali che il Tribunale di Monza, con una sentenza che è giurisprudenza e che è cultura


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nella nostra società, ristabilisce la disparità dei generi rispetto alla riproduzione, quindi anche rispetto alla possibilità di abortire, voi riportate a tema il controllo sociale sulla scelta delle donne! Questo è il tema! È un'operazione pericolosa, perché il cavallo di Troia è esattamente non il ruolo che voi volete far assumere al volontariato di per sé - che da sempre collabora e viene integrato con il lavoro dei servizi sociali -, ma il ruolo sostitutivo che esso potrebbe avere rispetto alla professionalità.
Dunque riteniamo vergognosa un'indagine che è, come dicevo, sciatta ed arrogante. Per questo la rispediamo al mittente e per questo non parteciperemo al voto sul documento conclusivo. Noi svolgeremo i nostri interventi qui in Commissione ed immediatamente dopo andremo a fare una conferenza stampa, perché il nostro referente non è più rappresentato da questa Commissione - e, se mi permette, da lei, presidente, che ha scelto di parlare prima ai giornalisti e poi ai membri di una Commissione istituzionale! -, ma da questa società che si muove, che chiede di garantire diritti, libertà e responsabilità nelle relazioni tra uomini e donne. Noi ci rivolgiamo a questa società e soprattutto a quelle donne che a Milano, con quella straordinaria grande manifestazione, hanno detto con chiarezza che la legge n. 194 non si tocca!

CARLA CASTELLANI. Signor presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per sottolineare che qui si sta svolgendo una «carrellata» di interventi dell'opposizione: per carità, in democrazia è giustissimo, ma vista la ristrettezza dei tempi anche noi della maggioranza vorremmo esprimere correttamente il nostro favorevolissimo parere!

PRESIDENTE. Comunque da questo momento in poi i deputati che devono ancora intervenire sono tutti della maggioranza.

CHIARA MORONI. Credo che il presidente stia semplicemente seguendo l'ordine delle iscrizioni a parlare, quindi non penso ci sia una volontà...

CARLA CASTELLANI. Dovremmo intervenire un po' tutti!

CHIARA MORONI. Certo, ma onestamente credo che bisognerebbe anche avere la possibilità di svolgere un dibattito su un tema così importante.
Sapete che la mia posizione è stata quella di rispedire al mittente l'intero progetto di indagine conoscitiva, non partecipando e non avallando i lavori della Commissione. È un'indagine conoscitiva che, evidentemente, ha tutto il sapore della strumentalità politico-elettorale e che ha mostrato una serie di precise finalità, nell'ambito, appunto, di un certo contesto politico e di un disegno evidente, scandito da alcuni specifici passaggi (prima la legge n. 40 sulla fecondazione medicalmente assistita, quindi l'attacco del ministro Storace alla RU 486 e dunque la sua volontà di inserire nei consultori i volontari del Movimento per la vita).
In Parlamento si fa prevalentemente politica, quindi non potete negare che l'indagine conoscitiva, in questo momento, per come è stata caratterizzata, deliberata sul finire della legislatura, svolta frettolosamente in tre settimane, presenti il sapore della strumentalità politico-elettorale, che io comprendo ma che non posso giustificare su un tema così importante come quello dell'interruzione volontaria della gravidanza. Di fatto, le finalità dell'indagine sono state inserite in un quadro politico e culturale che non posso non caratterizzare come restauratore rispetto alle libertà e ai diritti civili, in particolare delle donne.
Prima di entrare nel merito della proposta di documento conclusivo, vorrei permettermi una breve considerazione (Commenti del deputato Giulio Conti). Colleghi, vi prego di non interrompermi. In questa Commissione si è sempre parlato liberamente e credo che questo sia stato il pregio che possiamo riconoscere ad essa nei cinque anni trascorsi. Pertanto, al di là del fatto che la mia considerazione sia o meno strettamente correlata con l'oggetto in discussione, ritengo di poter intervenire pacatamente ma liberamente, prendendomi


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il tempo che ritengo opportuno, nel rispetto della possibilità da parte di tutti i colleghi di intervenire (Commenti del deputato Anna Maria Leone).
Il fatto che, non ancora terminata l'indagine conoscitiva, sia stata calendarizzata la discussione di una proposta di legge tesa ad abrogare la legge n. 405, istituiva dei consultori, e l'articolo 2 della legge n. 194, credo sia un chiaro segnale della volontà legata a questa indagine conoscitiva. Di fronte ad un'indagine non ancora conclusa, la quale pone chiaramente tra i suoi obiettivi quello di valutare la correttezza dell'applicazione della legge n. 194, soprattutto in merito al funzionamento dei consultori, in questa Commissione si è deciso dunque di calendarizzare una proposta di legge diretta a modificare la disciplina istitutiva dei consultori: non posso non stigmatizzare il fatto che questa sia una chiarissima volontà politica e strumentale rispetto al ruolo consultoriale e all'applicazione della legge n. 194. Ciò è avvenuto secondo un'impostazione culturale non già volta a sostenere la scelta difficile delle donne di fronte ad una questione così delicata, mettendole in condizione di assumere una decisione libera e consapevole, scaturente dalla valutazione di tutte le ipotesi - incluse quelle che possano aiutarle a scegliere diversamente -, ma tesa invece a promuovere interventi dissuasivi rispetto alla scelta grave e difficile dell'interruzione volontaria di gravidanza: questo, a mio avviso, è assolutamente inaccettabile!
Per fortuna, riconosco però come l'indagine conoscitiva, alla fine, non abbia potuto concretizzare in questo documento conclusivo quelle che ritengo fossero le reali finalità politiche, culturali e anche elettorali originarie: infatti, di fronte alla realtà delle audizioni che si sono svolte e di fronte alla realtà di una legge, la n. 194, correttamente applicata e ben funzionante, la proposta al nostro esame, di fatto, non ha potuto dire nulla di significativo. Tale documento dimostra con pienezza e dovizia di particolari come l'indagine conoscitiva sia stata una scelta assolutamente strumentale, perché i dati raccolti attraverso le audizioni non hanno accresciuto la nostra conoscenza più di quanto avrebbe potuto fare la discussione sulla relazione annuale del Ministero della salute e di quello della giustizia sull'applicazione della legge n. 194.
Noto con rammarico che nel documento conclusivo di fatto non figurano proposte concrete da lasciare al futuro Parlamento per migliorare l'assistenza alle donne, concretizzare la consapevolezza e la responsabilità della scelta sulla maternità consapevole (Commenti del deputato Giulio Conti)... Onorevole Conti, non vorrei essere interrotta, la prego! Desidero evidenziare, comunque, che nonostante tutte le posizioni rappresentate nel corso delle audizioni, almeno un paio di passaggi del documento conclusivo vanno nel senso di quelle che io ritengo fossero le reali finalità di questa indagine, cioè la dissuasione rispetto all'interruzione volontaria di gravidanza e il controllo (Commenti)...
Colleghi, prevenzione e dissuasione sono profondamente diverse, non solo dal punto di vista semantico ma anche da quello culturale. La prevenzione comprende tutta una serie di azioni positive - dirette, appunto, a prevenire le gravidanze indesiderate - che si esplicano prevalentemente con i corsi di sessualità consapevole all'interno delle scuole, con la conoscenza e l'uso di misure anticoncezionali e altre iniziative volte a ridurre i casi di gravidanza indesiderata; la dissuasione, invece, è qualcosa di profondamente diverso. Nella prima versione della proposta di documento conclusivo - fortunatamente poi modificata - si parlava di prevenzione primaria e prevenzione secondaria. Personalmente, ritengo che la prevenzione secondaria non esista. Un conto è sostenere le donne dando loro informazioni su tutte le possibilità che lo Stato sociale offre, perché la scelta dell'interruzione volontaria di gravidanza non sia dettata da problemi di tipo sociale ed economico - che lo Stato deve rimuovere -, un altro è pensare che le associazioni di volontariato, incentivate e in rete con i consultori, agiscano in termini di dissuasione, spesso anche colpevolizzando una scelta libera della donna.


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Mi permetta di concludere il mio intervento, presidente, aggiungendo solo alcune brevi considerazioni. Credo sia doveroso svolgere almeno un dibattito ampio su questo problema.

PRESIDENTE. Onorevole Moroni, ricordo di aver già fatto presente all'inizio della seduta che i tempi a nostra disposizione sarebbero stati ristretti. Rinnovo, pertanto, l'invito a contenere gli interventi, affinché sia possibile votare la proposta al nostro esame prima della ripresa dei lavori assembleari.

CHIARA MORONI. Sono perfettamente consapevole di questa esigenza, presidente; vorrei però evidenziare almeno un passaggio contenuto in questo documento, che rimarrà a disposizione del futuro Parlamento: « il compito più specifico della funzione consultoriale è l'offerta alternativa di consiglio e di aiuto onde evitare, se possibile, l'aborto». Questo, a mio avviso, è dissuasione e non sostegno alla donna per una scelta libera e consapevole! Il controllo dello Stato sulla scelta della donna, sulla maternità consapevole è inaccettabile, come lo è la proposta di introdurre un filtro obbligatorio attraverso il consultorio: ciò coarta la volontà della donna, obbligandola a rivolgersi ad alcuni soggetti tra i quali addirittura vorreste inserire il volontariato di una certa matrice! Se, infatti, la proposta di documento conclusivo non afferma esplicitamente che i volontari debbano stare all'interno del consultorio, non afferma neppure il contrario, ponendo anche problemi di pluralismo culturale: non voglio neppure immaginare uno scontro di religioni a dispetto e sulla pelle delle donne, rispetto a chi predica la dissuasione!
Maggiormente mi preoccupa, in concomitanza con l'approvazione del documento al nostro esame - che rimarrà agli atti del futuro Parlamento -, la proposta del ministro Storace di emanare un decreto per modificare le regole di acquisto dei farmaci all'estero, così da incidere direttamente - sempre secondo il ministro - sull'utilizzo della RU 486 negli ospedali italiani (Commenti del deputato Giulio Conti). La pillola, onorevole Conti, non è stata sperimentata in Italia perché non si vuole che ciò avvenga! Ad ogni modo, io non ho interrotto nessuno, onorevole; le chiedo pertanto di lasciarmi parlare. Se continuerà ad interrompermi, mi riterrò libera di destinare più tempo al mio intervento per concluderlo!
La lotta culturale ed ideologica (Commenti del deputato Giulio Conti) ... Non credere, io me lo prendo il tempo! Più mi interrompete, più tempo mi prendo (Commenti del deputato Anna Maria Leone)! Onorevole Leone, non ho partecipato alle diverse audizioni appositamente, perché non desidero avallare questa indagine conoscitiva! Non l'avallo e non voterò questo documento! Credo sia doveroso che rimanga agli atti la mia opinione. Chiedo un po' di rispetto nei confronti non tanto di ciò che dico, quanto della mia facoltà di parlare.
In conclusione, la guerra di religione che il ministro Storace sta conducendo contro la sperimentazione della pillola RU 486 e, quindi, contro la libera scelta del medico, secondo scienza e coscienza, di scegliere il metodo più adatto, per rispetto della legge, e le prestazioni da erogare, sia estremamente pericolosa, perché (lo ricordo, anche se non è stato posto in luce nel documento; ma noi facciamo politica e la politica è a 360 gradi) il provvedimento che il ministro Storace vuole adottare, modificando le procedure di importazione dei farmaci, avrà ripercussioni anche su altri farmaci, anche sulle malattie rare.
Allora, stiamo attenti alle guerre di religione. Stiamo attenti a ciò che lasciamo al prossimo Parlamento, perché questa indagine non solo è stata inutile, non solo non offre concrete indicazioni, ma introduce elementi di pericolo rispetto alla libertà della donna di scegliere consapevolmente la maternità e alla laicità dello Stato e della legge, che credo debba essere difesa.

ANNA MARIA LEONE. In modo telegrafico vorrei rispondere soprattutto all'onorevole Valpiana, che ha dimostrato


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come questa indagine conoscitiva, per la sua intera durata, sia stata un dialogo tra sordi. Dall'inizio alla fine, siamo stati costretti ad ascoltare molti pregiudizi e giudizi espressi anche sui pensieri nascosti di ciascuna forza politica. È stato condotto un processo ai motivi per cui l'UDC ha chiesto questa indagine conoscitiva e si è continuato a farlo, ritenendo per vero il pensiero dell'opposizione, e non certamente il nostro. Dunque, non c'è peggior sordo di chi non vuole ascoltare. Sicuramente, questo è uno dei risultati dell'indagine conoscitiva.
Il gruppo dell'UDC, invece, è soddisfatto del documento proposto, soprattutto perché sono stati accolti suggerimenti e segnalazioni.
L'onorevole Valpiana ha definito «strumentale» la richiesta dell'indagine ed ha stigmatizzato l'assenso del Presidente Casini alla stessa, dimenticando che il Presidente della Camera ha esercitato una funzione, come ha fatto numerose altre volte autorizzando diverse indagini conoscitive.
La sinistra, quando parlano i vescovi ed il Papa, agisce sempre con due pesi e due misure: quando cioè i rappresentanti della Chiesa rilasciano dichiarazioni sulla pace, incensano i frati di Assisi o vanno incontro alle loro istanze, gli esponenti della sinistra sono più «baciabanchi» di noi, appartenenti alla Casa delle libertà; quando, però, gli stessi rappresentanti della Chiesa accusano alcune forze politiche di non voler difendere la vita o di voler eguagliare la famiglia alle coppie di fatto, ai Pacs o a quant'altro, allora non va bene e si arriva all'affermazione becera - una caduta di stile - nei confronti del cardinale Ruini: si candidi, così eserciterà personalmente la funzione politica. I vescovi ed il Papa, sempre, sia quando affrontano argomenti che fanno piacere alla sinistra sia quando tali argomenti non fanno piacere alla sinistra, affermano valori etici, valori pastorali di educazione ed è un loro diritto farlo. Una volta ancora dobbiamo denunciare questo «doppiopesismo» della sinistra.
Per il mio partito rivendico la totale laicità: siamo un partito laico che si rifà agli insegnamenti di De Gasperi. Non abbiamo bisogno di lezioni dalla sinistra. Abbiamo sempre difeso valori, come quello della vita. Rivendichiamo il diritto di difenderli anche attraverso indagini conoscitive e rispettiamo chi non la pensa come noi, ma diciamo «basta» a questa pretesa di superiorità culturale di una parte del Parlamento che ritiene di essere l'unica detentrice della libertà e della tutela per le donne!
Non ci siamo spaventati di fronte alla grande manifestazione milanese; fossero state anche di più le partecipanti, avremmo comunque continuato a difendere i nostri principi ed i nostri valori e rivendichiamo totalmente (finalmente lo posso dire a pieno titolo) il diritto di farlo in tutti i modi e in tutte le sedi, senza subire dalla sinistra lezioni che rispediamo - queste sì - al mittente!

CARLA CASTELLANI. Innanzitutto, dichiaro il voto favorevole del gruppo di Alleanza nazionale sulla proposta di documento conclusivo dell'indagine conoscitiva, anche perché lei, presidente, molto correttamente ha recepito le indicazioni del nostro gruppo di parziale modifica e integrazione del testo iniziale.
Vorrei esprimere una valutazione di carattere politico. Nel corso di questa indagine conoscitiva ci siamo sentiti accusare di aver proceduto in maniera strumentale. Credo, invece, che chi veramente vuole strumentalizzare questo documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sia proprio l'opposizione. Presidente, sa perché hanno tutti abbandonato l'aula? Perché non potevano uscire da una situazione di estremo imbarazzo: come avrebbe votato il gruppo della Margherita? Come avrebbe votato parte dei Democratici di sinistra? Certamente non in linea con quanto detto dall'onorevole Valpiana, non in linea con quanto detto dall'onorevole Maura Cossutta.
A loro avviso, noi saremmo scarsamente democratici. Vorrei evidenziare che l'onorevole Moroni, che appartiene al centrodestra,


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ha dichiarato in maniera leale ed aperta la sua posizione, che è frutto anche della sensibilità politica della componente parlamentare di appartenenza, ma è rimasta in aula, nell'attesa di votare «no» sul documento conclusivo, con grande rispetto della democrazia. E noi, rappresentanti degli altri gruppi di maggioranza, rispettiamo oggettivamente la sua posizione, perché è chiara, netta e realmente democratica in un consesso che la pensa diversamente da lei.
Signor presidente, ritengo che non si possa più sentire parlare le colleghe dell'opposizione come se fossero le rappresentanti della tutela delle donne, perché nel nostro paese le donne possono avere sensibilità diverse e non sentirsi riconosciute negli interventi di alcune nostre colleghe di centrosinistra. Anch'io, come ha sottolineato l'onorevole Leone, se le donne partecipanti alla manifestazione di Milano fossero state il doppio o il triplo, avrei rispettato questa manifestazione, perché è l'espressione di una sensibilità, ma nulla toglie che possano esistere sensibilità diverse che intendiamo fortemente rappresentare.
All'onorevole Moroni vorrei ricordare che Alleanza nazionale, dall'inizio di questa indagine conoscitiva, ha affermato con forza che non vi è alcuna volontà di modificare la legge n. 194. Ma la ragione di questa indagine conoscitiva e la condivisione del documento conclusivo sono legate alla nostra assoluta convinzione che l'indagine stessa, seppur condotta in tempi molto ristretti, abbia evidenziato che la legge n. 194, a tutela della maternità, non è stata e non è applicata nella sua interezza.
Questo è l'obiettivo che con l'indagine conoscitiva abbiamo voluto raggiungere e questo è quanto è contenuto nel documento conclusivo. Non si tratta, dunque, di una battaglia ideologica, ma della volontà di rispettare veramente nel nostro paese le diverse sensibilità, che certamente non sono solo di coloro che esprimono valori di sinistra.

PIERGIORGIO MASSIDDA. Nell'annunciare il voto favorevole del gruppo di Forza Italia, vorrei precisare che il nostro è stato un utile lavoro, che servirà alla prossima legislatura; un lavoro che ci ha consentito di riflettere e di valutare e che ha messo in evidenza come i dati contenuti nelle relazioni presentate al Parlamento non fornissero esattamente l'idea della situazione. Ciò non vuol dire che non debbano essere rispettate entrambe le posizioni. Anche nel nostro partito esistono due differenti approcci alle tematiche contenute in questa legge; tuttavia posso dire che il leader di Forza Italia, Berlusconi, ha sempre dichiarato che nessuno voleva mettere in discussione la legge n. 194, che è una legge per le donne, precisando tuttavia che essa è a tutela della maternità (come risulta dai primi commi).
Ciò che abbiamo riscontrato è che purtroppo dopo tanti anni questa legge necessita di una «manutenzione» maggiore rispetto ad altre normative. Abbiamo inoltre riscontrato che la legge in questione è stata attuata in Italia «a macchia di leopardo» e che le grandi modifiche istituzionali impongono questa «manutenzione», perché abbiamo rilevato che secondo la cultura delle diverse amministrazioni regionali questa legge è stata interpretata come un provvedimento a tutela della maternità o a tutela dell'aborto, che è una cosa totalmente differente.
Per questo motivo ritengo che l'indagine conoscitiva sia stata un patrimonio di tutti, credo anche della sinistra, che accusa noi di averla usata strumentalmente, mentre di fatto l'indagine sta diventando uno dei maggiori strumenti per la sinistra, per creare confusione e per cercare di trovare un'unità su un argomento che divideva l'opposizione. Voteremo quindi a favore, perché crediamo di aver svolto un buon lavoro.

GIULIO CONTI. Vorrei rispondere ad alcune affermazioni dell'onorevole Moroni. Prima di tutto non penso proprio - e mi auguro che non lo pensi neanche lei - che la donna sia in positivo solo se accetta la pillola RU 486. È un diritto


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della donna scegliere la pillola? Penso che questo sia un diritto, o meglio un dovere, del medico e non un diritto della donna. Questo è il massimo della strumentalizzazione di un discorso che è invece di altra natura (Commenti del deputato Chiara Moroni).
Peraltro, la pillola RU 486 non è stata ancora sperimentata in Italia ed è prodotta da un'unica ditta che la esporta in modo esclusivo, con problemi di altra natura che bisognerebbe bene accertare. Ritengo che questa non sia una prova di democrazia. Non credo neanche che il patrocinio della superiorità culturale sia della sinistra, come invece sembra si vada dicendo anche da parte dell'onorevole Moroni.

CHIARA MORONI. Mai detto questo!

GIULIO CONTI. È questo ciò che appare!
All'inizio dell'indagine abbiamo precisato chiaramente, anche per iscritto - mentre purtroppo ciò non è riportato nel documento conclusivo - che la legge n. 194 non deve essere modificata. Questo è un discorso di fondo.
Il secondo discorso, altrettanto chiaro, è che però la legge n. 405 vige dal 1975 ed io ritengo che da allora qualcosa sia accaduto! Non credo esistano leggi immutabili. Tenendo conto dei cambiamenti sociologici, sociali ed economici intervenuti ed anche del tipo di popolazione esistente oggi in Italia, non credo non si possa modificare questa legge. Il solo fatto che il 30 per cento delle donne che abortiscono siano extracomunitarie, gran parte delle quali costrette all'aborto perché prostitute, spesso minorenni, ci suggerisce che qualcosa deve essere cambiato. Ritengo che anche questo sia un discorso di fondo.
È anche vero che, all'interno dei consultori, uno strumento di tutela deve essere garantito. Questo è un tema che ritengo positivo e costruttivo per tutti. Infine, non reputo giusto che chi non condivide l'opinione del Governo o comunque non la pensa in un certo modo vada a fare una conferenza stampa, come stanno facendo ora i deputati dell'opposizione, per accusare noi che stiamo lavorando!

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Vorrei ringraziare il presidente per la proposta di documento conclusivo che ci ha sottoposto. In questo mio ringraziamento è insito il riconoscimento della validità dell'indagine conoscitiva svolta.
Non intendo polemizzare con la sinistra, però vorrei sottolineare che è vergognoso che ci si allontani dalla Commissione, anziché restare qui a votare. Comunque dalla nostra parte abbiamo i cittadini, che ci hanno dato ragione, anche in occasione del recente referendum sulla legge in materia di procreazione medicalmente assistita, sulla necessità di tutelare il concepito.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di intervenire, pongo in votazione la seconda versione della proposta di documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sull'applicazione della legge n. 194 del 1978, recante «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza», in particolare per quanto riguarda le funzioni attribuite dalla legge ai consultori familiari (Vedi allegato).
(È approvata).

Colgo l'occasione per ringraziare nuovamente tutti i colleghi per il contributo fornito.

La seduta termina alle 15,30.


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ALLEGATO


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Indagine conoscitiva sulla applicazione della legge n. 194 del 1978, recante «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza», in particolare per quanto riguarda le funzioni attribuite dalla legge ai consultori familiari.

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

1. PREMESSA

2. QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO
2.1. L'istituzione dei consultori
2.2. Le norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza
2.3. I successivi provvedimenti normativi riguardanti i consultori e l'interruzione volontaria di gravidanza

3. I DATI SULLA INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA E SUI CONSULTORI
3.1. Le interruzioni volontarie di gravidanza
3.2. I consultori e il loro ruolo nell'ambito della procedura dell'IVG
3.3. Gli aspetti penali e la giurisdizione volontaria

4. LE PRINCIPALI PROBLEMATICHE EMERSE NEL CORSO DELL'INDAGINE CONOSCITIVA
4.1. Il sistema di monitoraggio delle IVG
4.2. La realtà dei consultori nelle diverse aree del territorio nazionale
4.3. Il modello consultoriale
4.4. L'attuazione delle procedure sull'interruzione volontaria di gravidanza
4.5. L'aborto clandestino
4.6. Le competenze del giudice tutelare

5. ALCUNE CONCLUSIONI
5.1. La validità della scelta di effettuare un'indagine conoscitiva
5.2. Le proposte migliorative del sistema di rilevazione dei dati sull'IVG e sulle attività delle strutture socio sanitarie
5.3. Il rilancio dei consultori
5.4. Segue: le politiche attive sul territorio
5.5. Le politiche di aiuto alla prosecuzione della gravidanza e a tutela della maternità.



1. PREMESSA

La decisione di dar corso ad una indagine conoscitiva avente ad oggetto lo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978, recante «Norme per la tutela sociale della maternità e sulla interruzione volontaria della gravidanza», in particolare per quanto riguarda le finalità attribuite dalla legge ai consultori familiari, è nata dalla proposta formulata dal gruppo UDC in seno all'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della XII Commissione.
A conclusione di un lungo e vivace dibattito, nella riunione del 30 novembre 2005, l'Ufficio di Presidenza, a maggioranza, ha convenuto, di richiedere al Presidente della Camera l'intesa prevista dall'articolo 144 del regolamento, necessaria ai fini della successiva deliberazione da parte della Commissione medesima. Va precisato che tale determinazione è stata assunta sulla base dell'orientamento favorevole dei gruppi di maggioranza, mentre


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i rappresentanti dei gruppi di opposizione non hanno partecipato a tale deliberazione.
Il Presidente della Camera, con lettera del 2 dicembre 2005, nel fare presente che non sussistevano ragioni ostative allo svolgimento dell'indagine, ha tuttavia sottolineato l'opportunità di integrarne il programma arricchendo il novero dei soggetti da ascoltare, affinché alla Commissione potessero essere rappresentate tutte le principali sensibilità in argomento. Il Presidente della Camera ha altresì evidenziato la necessità che il termine per la conclusione dell'indagine, fissato nel programma al 31 gennaio 2006, fosse tenuto fermo a tale data, considerandolo non suscettibile di proroga per ragioni legate all'approssimarsi della scadenza della legislatura.
Nella successiva riunione del 13 dicembre 2005, l'Ufficio di presidenza della XII Commissione ha quindi ampliato il programma dell'indagine conoscitiva, in modo che l'elenco delle audizioni fosse tale da garantire l'acquisizione di tutte le principali posizioni e opinioni in materia.
Nella medesima data, la XII Commissione, riunitasi in sede plenaria, ha deliberato formalmente l'avvio dell'indagine conoscitiva, inserendo nel programma la precisazione che dagli obiettivi della stessa «esula l'intento di mettere in discussione i contenuti della legge n. 194 del 1978», essendo volta a verificare lo stato di attuazione della legge medesima, con particolare riferimento alle funzioni attribuite ai consultori, e ad acquisire ulteriori elementi di conoscenza rispetto a quanto già contenuto nelle relazioni annuali presentate dal Governo alle Camere, ai sensi dell'articolo 16 della citata legge n. 194.
Nel corso dell'indagine la Commissione ha proceduto alle seguenti audizioni che si sono svolte secondo ritmi particolarmente intensi e serrati:
14 e 15 dicembre 2005: Audizione del Ministro della salute, onorevole Francesco Storace.
15 dicembre 2005: Audizione di rappresentanti dell'Istituto nazionale di statistica e dell'Istituto superiore di sanità.
19 dicembre 2005: Audizione di rappresentanti dei seguenti ospedali in cui si praticano le IVG: Mangiagalli e Regina Elena di Milano, S. Camillo di Roma, Civico di Palermo, Maggiore di Parma, Civile Madonna delle Grazie di Matera, Civile Bernabeo di Ortona e Civile di San Marco Argentano di Castrovillari-CS.
20 dicembre 2005: Audizione di rappresentanti dell'Associazione Ginecologi Consultoriali (A.GI.CO), dell'Associazione Italiana per l'Educazione demografica (AIED), dell'Unione Italiana Centri di Educazione Matrimoniale e Prematrimoniale (UICEMP) e della Confederazione italiana dei consultori familiari di ispirazione cristiana.
21 dicembre 2005: Audizione del sottosegretario di Stato per la giustizia, onorevole Iole Santelli.
22 dicembre 2005: Audizione di rappresentanti dei medici e operatori dei consultori (Società Italiana di Ginecologia e di Ostetricia, Ordine degli Psicologi, Ordine Assistenti Sociali, Sindacato Unitario Nazionale Assistenti Sociali) e della Federazione Italiana Medici di Famiglia (FIMMG).
10 gennaio 2006: Audizione di rappresentanti degli Uffici del Giudice tutelare presso i Tribunali di Roma e Milano;
audizione di rappresentanti della Federazione Nazionale dei Collegi delle Ostetriche;
audizione di rappresentanti dell'Associazione per la tutela della salute femminile-Vita di donna, dell'Associazione Donne in genere, di associazioni di donne immigrate (Associazione donne in rete per lo sviluppo e per la pace e Associazione italiana donne per lo sviluppo-AIDOS), dell'Associazione il Melograno-Centro di informazione maternità e nascita;
audizione di rappresentanti dell'Associazione medici cattolici italiani (AMCI), dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, dell'Associazione di volontariato


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Movimento per la vita, dell'Associazione Progetto Famiglia Onlus e della Caritas Italiana.
11 gennaio 2006: Audizione di rappresentanti dell'Associazione Luca Coscioni, della Società scientifica ANDRIA, dell'Unione Donne in Italia (UDI) e della Federazione Internazionale degli operatori di aborto e contraccezione (FIAPAC).
17 e 18 gennaio 2006: Audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni.

2. QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO

2.1. L' istituzione dei consultori

La legge n. 405 del 19 luglio 1975 ha istituito i consultori familiari.
Tra gli obiettivi del servizio rientrano l'assistenza psicologica e sociale alle coppie e alle famiglie, con particolare riferimento alle problematiche dei minori, la tutela della salute della donna e del concepito e la diffusione delle informazioni volte a promuovere una procreazione responsabile, ivi inclusa la somministrazione di mezzi volti a garantire le scelte delle coppie e del singolo in materia di procreazione responsabile, nel rispetto delle convinzioni etiche e della salute fisica degli utenti.
La legge ha previsto un primo stanziamento a carico del bilancio statale di 10 miliardi di lire annui: i criteri di riparto fanno riferimento sia alla popolazione residente in ciascuna regione che al tasso di natalità e di mortalità infantile. Sono fatti salvi gli ulteriori finanziamenti disposti da regioni ed enti locali, attraverso un programma annuale, concordato con gli enti locali interessati.
La legge stabilisce i principi base della normativa sui consultori, rinviando alle leggi regionali i criteri per la programmazione, il funzionamento, la gestione ed il controllo di tali strutture.
In particolare, la legge n. 405/1975 dispone che i consultori possono essere istituiti direttamente da enti locali ovvero da altre istituzioni, enti pubblici e privati che abbiano finalità sociali, sanitarie e assistenziali senza scopo di lucro. Per le strutture promosse dai comuni, i consultori sono organismi operativi delle ASL e si avvalgono del personale pubblico sanitario; nel secondo caso, gli stessi operano attraverso convenzioni con le ASL.
Il personale di consulenza e di assistenza deve essere in possesso di titoli specifici in una delle seguenti discipline: medicina, psicologia, pedagogia, assistenza sociale; ove prescritto, il personale deve avere l'abilitazione all'esercizio professionale.
Le prestazioni dei consultori sono gratuite per tutti i cittadini italiani e per gli stranieri residenti o che soggiornino, anche temporaneamente, sul territorio italiano, tranne le prescrizioni di prodotti farmaceutici a carico dell'ente o del servizio cui compete l'assistenza sanitaria.
In base al disposto della legge, le Regioni hanno subito provveduto a disciplinare in dettaglio le modalità di funzionamento dei consultori, con particolare riferimento alle seguenti tematiche: attività nel campo della assistenza socio-sanitaria nei confronti della donna, dei genitori e dei neonati; strumenti di programmazione degli interventi, con particolare riferimento all'individuazione del fabbisogno di tali strutture rispetto alla popolazione; figure professionali presenti negli organici ovvero con rapporto di tipo convenzionale; forme di partecipazione sociale degli utenti e delle associazioni operanti nel territorio alla programmazione e controllo dei consultori; procedure di autorizzazione e requisiti richiesti per l'apertura di consultori privati; formazione ed aggiornamento del personale; vigilanza e controllo sulle strutture; finanziamenti integrativi.

2.2. Le norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza

La legge n. 194 del 22 maggio 1978 ha dettato norme a tutela della maternità, ampliando a tal fine le competenze dei


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consultori e aumentando conseguentemente di 50 miliardi di lire annui i fondi a loro disposizione.
Ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 194 è compito dello Stato:
garantire il diritto alla procreazione cosciente e responsabile;
riconoscere il valore sociale della maternità;
tutelare la vita umana dal suo inizio.

Si precisa inoltre che l'interruzione volontaria della gravidanza non costituisce un mezzo per il controllo delle nascite; a tal fine le Istituzioni (Stato, regioni ed enti locali) promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari e tutte le misure volte ad impedire che l'aborto sia impiegato per la limitazione delle nascite.
L'articolo 2 rafforza il ruolo di assistenza alle donne in stato di gravidanza svolto dai consultori. In particolare detti organismi devono:
fornire informazioni alle donne in gravidanza sui diritti loro spettanti, sui servizi sociali, sanitari e assistenziali posti a disposizione dalle strutture operanti sul territorio e sulle norme riguardanti la tutela delle gestanti sul lavoro;
contribuire al superamento delle cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione volontaria della gravidanza.

I Consultori possono avvalersi della collaborazione volontaria di formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, anche al fine di aiutare la donna dopo la nascita.
L'interruzione volontaria della gravidanza è prevista (articolo 4) nei casi in cui la donna accusi circostanze per le quali la gravidanza, il parto o la maternità possono determinare un serio pericolo per la salute fisica o psichica della donna, con riferimento al suo stato di salute, alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, a possibili anomalie o malformazioni del concepito. La donna può rivolgersi alternativamente:
al consultorio;
alla struttura socio sanitaria;
al medico di famiglia.

Il consultorio, la struttura socio-sanitaria ed il medico di famiglia (articolo 5) hanno il compito di esaminare con la donna e con il padre del concepito (ove la donna lo consenta) le possibili soluzioni dei problemi indicati dalla donna e di cercare di rimuovere le cause alla base della richiesta di interruzione di gravidanza, promuovendo ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna e offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto.
Salvo i casi di urgenza, dalla data del primo colloquio devono trascorrere sette giorni, al termine dei quali la donna può presentarsi presso le sedi autorizzate per richiedere l'intervento.
L'interruzione volontaria della gravidanza deve avvenire di norma entro i primi novanta giorni di età gestazionale. L'interruzione può essere praticata dopo novanta giorni (articolo 6) solo nei casi in cui la gravidanza o il parto comportano pericolo per la vita della donna ovvero si riscontrano rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinano un pericolo per la salute della donna.
L'intervento è praticato da un medico (articolo 8) presso le strutture ospedaliere (anche ambulatoriali) pubbliche e presso le case di cura private autorizzate. In questo caso è previsto un numero di interventi massimo annuo. Gli interventi effettuati presso le strutture previste dalla legge sono a carico del Servizio sanitario nazionale (articolo 10). Il medico che esegue l'intervento fornisce alla donna le informazioni sulla regolazione delle nascite e sui procedimenti abortivi (articolo 14).
Il personale sanitario che abbia preventivamente sollevato obiezione di coscienza non è tenuto a partecipare alle procedure previste per l'interruzione volontaria della


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gravidanza, ma non lo esonera dalle procedure di assistenza antecedenti e conseguenti all'intervento (articolo 9).
La richiesta di interruzione di gravidanza è fatta personalmente dalla donna (articolo 12), per le minori è richiesto l'assenso di chi esercita la potestà o la tutela. Nei primi novanta giorni, in presenza di seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione dei suddetti soggetti oppure in caso di rifiuto dell'assenso ovvero di pareri tra loro difformi, il giudice tutelare, previa relazione della struttura sanitaria, del consultorio o del medico di fiducia, autorizza la donna a decidere da sola. Se il medico certifica l'urgenza dell'intervento sulla minore, l'intervento è autorizzato indipendentemente dall'assenso di chi esercita la potestà o la tutela o del giudice. Il giudice decide anche in caso di richiesta di una donna interdetta per infermità mentale e del suo tutore o marito (articolo 13).
Sono previsti corsi di aggiornamento professionale per il personale sanitario sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull'uso di tecniche rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna. Sono altresì previsti incontri per il personale sanitario e le persone interessate ad approfondire le questioni relative all'educazione sessuale (articolo 15).
Il Ministro della salute ed il Ministro della giustizia presentano annualmente due distinte relazioni sulle procedure inerenti l'attuazione della legge, anche in ordine al problema della prevenzione. Le regioni forniscono al Ministro della salute le informazioni necessarie alla redazione della relazione, sulla base di appositi questionari redatti dal Ministro (articolo 16).
Gli articoli da 17 a 21 regolano gli aspetti di carattere penale, individuando i reati e le relative pene.

2.3. I successivi provvedimenti normativi riguardanti i consultori e l'interruzione volontaria di gravidanza

Nel corso degli anni numerosi provvedimenti, sia a livello nazionale che regionale, hanno arricchito le competenze dei consultori, provvedendo altresì ad un ampliamento delle risorse finanziarie a loro disposizione e a disciplinare ulteriormente l'interruzione volontaria di gravidanza.
In particolare, la legge n. 34 del 31 gennaio 1996, nell'ambito dei finanziamenti previsti per le strutture socio sanitarie, ha destinato una quota di 200 miliardi di lire alla costruzione, ristrutturazione e attivazione di consultori familiari, al fine di conseguire l'obiettivo di un consultorio ogni 20.000 abitanti.
Con la legge n. 285 del 28 agosto 1997 si richiama il ruolo dei consultori, nell'ambito dell'attuazione dei progetti a favore dell'infanzia e dell'adolescenza, al cui finanziamento si provvede attraverso l'istituzione di un apposito Fondo.
Numerosi sono altresì i provvedimenti adottati dalle regioni per il sostegno della famiglia e delle scelte di procreazione responsabile, riaffermando il ruolo strategico svolto dai consultori nel campo dell'informazione e educazione sessuale, della prevenzione e dell'assistenza socio sanitaria.
All'interno dei Piani sanitari nazionali e regionali si riscontra un'attenzione specifica per la tutela della salute nell'ambito materno infantile, che si è concretizzata da ultimo nell'adozione del progetto obiettivo di cui al decreto del Ministro della sanità del 24 aprile 2000.
Il progetto materno infantile sottolinea il carattere strategico degli interventi di promozione della salute, di cura e riabilitazione in questo settore, delineando le forme di integrazione tra i diversi livelli istituzionali per l'estensione su tutto il territorio nazionale degli interventi.
Il progetto indica puntualmente le azioni da attuare. Dopo aver individuato le finalità di carattere generale (miglioramento delle condizioni in cui avviene il parto, promozione dell'allattamento al seno, miglioramento dei servizi di emergenza pediatrica, eccetera) il progetto dedica ampia attenzione al ruolo ed alla attività dei consultori (punto 12), affermando che tale struttura costituisce un


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importante strumento per attuare gli interventi previsti a tutela della salute della donna nell'arco dell'intera vita.
Viene sottolineata a tale riguardo la peculiarità del lavoro di équipe, che rende le attività svolte da tali strutture uniche nella rete delle strutture sanitarie e socio-sanitarie, precisando che per lo svolgimento delle sue funzioni il consultorio si avvale, di norma, delle seguenti figure professionali: ginecologo, pediatra, psicologo, ostetrica, assistente sociale, assistente sanitario, infermiere pediatrico (vigilatrice di infanzia), infermiere (infermiere professionale), il cui intervento integrato, proiettato nelle problematiche della prevenzione, ne definisce la fisionomia e specificità rispetto ai presidi di natura ambulatoriale e ospedaliera.
Devono essere inoltre previste, in qualità di consulenti, altre figure professionali quali il sociologo, il legale, il mediatore linguistico-culturale, il neuropsichiatra infantile, l'andrologo e il genetista presenti nella A.S.L. a disposizione dei singoli consultori. Si giudica necessaria l'identificazione di un responsabile che coordini l'attività del consultorio familiare e monitorizzi il conseguimento degli obiettivi, fungendo da garante nei confronti dell'organizzazione dipartimentale.
In ordine all'interruzione volontaria della gravidanza, nel documento si evidenzia la delicatezza dell'azione dei consultori che, da un lato, operano nella necessità di individuare i fattori che inducono la donna all'interruzione volontaria di gravidanza e di promuovere la ricerca degli interventi che potrebbero indurre la donna a tornare indietro rispetto alla via intrapresa; ove ciò non sia possibile, i consultori operano per assistere adeguatamente (sia in ambito sanitario che psicologico) la donna che richiede una IVG. Nel caso la richiesta provenga da minorenne senza assenso dei genitori, o da donna in situazione di disagio sociale o socio-sanitario (ed in particolare per le donne con problemi psichiatrici, tossicodipendenti, immigrate ecc.) l'intervento consultoriale deve garantire, per quanto possibile, il «tutoring» dell'utente, cioè un vero e proprio affiancamento durante l'intero percorso assistenziale.
Le azioni proposte dal progetto obiettivo per la prevenzione dell'interruzione volontaria della gravidanza sono le seguenti:
offrire il colloquio;
garantire il supporto psicologico e sociale; qualora ne esistano le condizioni, devono essere attivati i servizi sociali per gli opportuni interventi di natura sociale e sanitari (anche avvalendosi, nel rispetto della volontà dell'assistito, delle associazioni di volontariato);
per la donna che richiede l'IVG deve essere facilitato il percorso verso le strutture sanitarie, anche al fine di favorire il successivo ritorno al consultorio per la promozione della salute riproduttiva e la prevenzione di successivi ricorsi all'IVG.

A tal fine è opportuno ricordare innanzitutto che il progetto obiettivo materno infantile 1998-2000 è espressamente riportato nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza, da garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale, di cui al decreto del Presidente del consiglio del 29 novembre del 2001. Lo stesso decreto richiama anche le principali leggi statali in cui si disciplina l'attività dei consultori (legge n. 405 del 1975; legge n. 194 del 1978; legge n. 34 del 1996).
Va, inoltre, ricordata la legge n. 328 del 2000 «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali», che nel definire il sistema integrato di interventi e servizi sociali, ha specificato che tale sistema si realizza mediante politiche e prestazioni coordinate nei vari settori della vita sociale, integrando servizi alla famiglia e alla persona con eventuali misure economiche; la legge ha previsto altresì che tra i livelli essenziali delle prestazioni sociali erogabili figurino anche misure per il sostegno delle responsabilità familiari, misure di sostegno alle donne in difficoltà, nonché l'informazione e la consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi.


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Da ultimo, la legge n. 40 del 2004 «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita» ha attribuito ai consultori anche le competenze inerenti l'informazione e l'assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della infertilità umana, alle tecniche di procreazione medicalmente assistita e l'informazione sulle procedure per l'adozione e l'affidamento familiare.

3. I DATI SULLA INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA E SUI CONSULTORI

Nel presente capitolo sono esposti i dati statistici più significativi presenti nelle relazioni annuali dei Ministri della salute e della giustizia, nelle relazioni dei rappresentanti dell'ISTAT e dell'Istituto superiore di sanità e negli altri documenti illustrati nel corso dell'indagine conoscitiva.

3.1. Le interruzioni volontarie di gravidanza

Gli elementi di conoscenza sull'andamento della interruzione volontaria di gravidanza in Italia sono molteplici e consentono una valutazione approfondita del fenomeno.
Il Ministro della salute, nella sua audizione, ha sottolineato il dato sicuramente rilevante relativo al numero complessivo delle interruzioni di gravidanza registratesi in Italia negli anni 1978-2004.
L'analisi dei dati statistici evidenzia che il picco annuale delle IVG si registra nel 1982 (234.801 casi), e, secondo quanto rilevato dal rappresentante dell'ISTAT, trova fondamento anche nell'emersione del fenomeno dell'aborto clandestino. Da allora si è verificato un trend di costante diminuzione del numero dei casi, fino ad arrivare a 132.178 interventi nel 2003 (meno 41,8 per cento tra 1982 e 2003); i primi dati provvisori del 2004 indicano, invece, una leggera crescita rispetto all'anno precedente (136.715 interventi, con un incremento del 3,4 per cento), crescita che riguarda non solo le immigrate ma anche la popolazione residente, come evidenziato dal rappresentante della Conferenza delle regioni nel corso della sua audizione.
È opportuno evidenziare soprattutto i dati relativi al tasso di abortività, cioè al numero delle IVG per 1.000 donne tra i 15 ed i 49 anni, considerato dall'OMS l'indicatore più adeguato a misurare le tendenze sul ricorso all'IVG nei singoli Paesi.
Tale tasso risultava pari 17,2 per 1000 nel 1982; da allora si è registrato un costante declino di tale tasso, fino ad una sostanziale stabilizzazione negli anni Novanta tra 9,3 e 9,6. Nel 2004, a seguito dell'incremento dei casi di IVG, il tasso di abortività è pari a 9,9, con un decremento del 42,4 per cento rispetto al 1982.
Tale dato assume una particolare rilevanza se posto a confronto con quelli disponibili degli altri Paesi: solo l'Olanda, la Germania e la Finlandia vantano un tasso di abortività inferiore a quello italiano.
Con riferimento al rapporto di abortività (che indica il numero delle Interruzioni volontarie di gravidanza per mille nati vivi), nel 2004 esso è pari a 249.4 per 1000, con una riduzione del 34,4 per cento rispetto al 1982.
I dati sovra esposti riflettono naturalmente le tendenze sulla presenza delle donne straniere in Italia, con un tasso di abortività volontario molto più elevato rispetto alle donne italiane. Nel 2003 le straniere hanno fatto ricorso all'IVG 31.825 volte (26 per cento del totale delle IVG) e il loro tasso di abortività è di 35,5 per 1.000.
Proprio l'aumento progressivo delle IVG praticate dalle straniere che vivono in Italia ha compensato la progressiva riduzione degli interventi cui si sottopongono le donne italiane, il cui tasso di abortività è sceso a 8,1.
La maggior presenza in Italia di donne straniere, spesso di giovane età, ha un impatto anche sui dati relativi al trend di crescita, registratosi negli ultimi dieci anni, del ricorso all'IVG da parte delle minorenni e, più in generale delle donne più giovani.


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In conclusione, emerge con chiarezza una riduzione del ricorso all'IVG da parte delle donne italiane, mentre - al contrario - si registra una progressiva crescita del ricorso alle pratiche dell'interruzione da parte delle donne extra comunitarie, la cui presenza in Italia assume con gli anni sempre maggior rilievo.
Inoltre, come sottolineato da diversi soggetti auditi, è opportuno rilevare che il fenomeno della diminuzione del tasso di natalità, registratosi nel nostro Paese, non risulta correlato all'andamento delle interruzioni volontarie di gravidanza. Il rappresentante della Conferenza delle Regioni, a tale riguardo, ha osservato che alla forte riduzione del numero degli aborti registrato dal 1983 ad oggi non ha corrisposto un significativo aumento della natalità.

3.2. I consultori e il loro ruolo nell'ambito della procedura dell'IVG

Le relazioni annuali del Ministro della salute presentano i dati sul numero complessivo dei consultori e sulla loro distribuzione sul territorio. Tali dati peraltro confliggono con quelli contenuti nella documentazione presentata dai rappresentanti dell'ISTAT, che evidenzierebbe una crescita dei consultori fino alla fine degli anni '90 ed una successiva riduzione nei primi anni 2000.
Permangono pertanto incertezze sul numero stesso dei consultori oggi esistenti, sottolineata anche nell'intervento del Ministro della salute, dovute anche ad una mancata raccolta sistematica dei dati al riguardo da parte di molte regioni.
In ogni caso, risulta certo il mancato conseguimento dell'obiettivo indicato dalla legge di 1 consultorio ogni 20.000 abitanti. La media nazionale infatti è di circa 0,86 consultori per 20.000 abitanti. Tale dato risente peraltro di una forte disomogeneità sul territorio: se al Nord e al Centro, infatti, l'obiettivo di 1 consultorio ogni 20.000 abitanti risulta mediamente raggiunto, al sud invece risultano soltanto 0,64 consultori per 20.000 abitanti.
Le relazioni ministeriali non forniscono dati sul personale in servizio e sulle diverse figure professionali impegnate nei consultori. Sono invece presenti alcuni dati, peraltro non aggiornati, sull'obiezione di coscienza, disciplinata dall'articolo 9 della legge n. 194. I dati disponibili evidenzierebbero una media nazionale della obiezione di coscienza pari a 57,8 per cento per i ginecologi, 45,7 per cento per gli anestesisti e 38,1 per cento per il personale non medico.
Il sistema di rilevazione risulta inadeguato anche con riferimento alle attività di prevenzione e assistenza delle strutture sociosanitarie. Qui i dati sono molto carenti e non consentono una valutazione sul reale svolgimento da parte dei consultori e delle strutture socio-sanitarie degli interventi espressamente disposti dalla legge n. 194, e in particolare dagli articoli 2 e 5, al fine di prevenire il ricorso alla interruzione volontaria della gravidanza e tutelare la maternità sin dal suo inizio. Inoltre, non si conosce il numero di gravidanze che non vengono interrotte successivamente alla richiesta di IVG.
Le statistiche forse più significative riguardano le modalità di richiesta di certificazione medica. Nel corso degli ultimi 20 anni si è registrato una progressiva crescita dell'utilizzo, nell'ambito della procedura di IVG, del servizio ostetrico-ginecologico e, soprattutto, dei consultori (negli anni '80 la certificazione dei medici di famiglia rappresentava oltre il 50 per cento dei casi); nel 2003 il consultorio è stato il servizio più utilizzato nell'ambito della procedura di IVG (34 per cento), con picchi molto significativi al Nord ed al Centro (rispettivamente, 45 per cento e 41 per cento). Per quanto concerne l'Italia meridionale, va rimarcato un impegno inadeguato dei medici di famiglia per instaurare un rapporto di collaborazione con i consultori, che potrebbe incidere anche sul rilevante fenomeno delle recidive, come ipotizzato dal dirigente dell'Ospedale civico di Palermo.
Naturalmente, le tabelle riassuntive evidenziano una notevole diversità tra le diverse aree del Paese, con un ricorso al


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consultorio nelle regioni del Centro nord, mentre al sud e nelle Isole la certificazione è prevalentemente richiesta ad altre strutture (anche a causa dei problemi legati alle carenze dei servizi e alle lacune degli organici). Il maggior ricorso ai consultori per la certificazione è influenzato anche in questa fattispecie dalle donne straniere (che vi fanno ricorso nel 50 per cento dei casi) rispetto a quelle italiane (29 per cento), che invece preferiscono ricorrere al medico di famiglia (38 per cento).

3.3. Gli aspetti penali e la giurisdizione volontaria

Per quanto riguarda i profili di competenza del Ministero della giustizia, occorre preliminarmente distinguere tra giurisdizione penale (ossia di repressione delle violazioni delle disposizioni penali della legge n. 194) e giurisdizione volontaria (ossia di richieste al giudice tutelare di autorizzazione ad interrompere la gravidanza da parte di donne minorenni o interdette).
Per quanto riguarda la giurisdizione penale, nel periodo dal 1995 al 2004 il numero di procedimenti per reati commessi in violazione delle norme della legge n. 194 è rimasto pressoché costante. L'area maggiormente interessata è il Nord. I soggetti coinvolti, invece, provengono in misura preponderante dal Sud. Diminuisce, tra i soggetti coinvolti, il numero dei medici e paramedici. Non appare significativo, almeno dai dati giudiziari, il fenomeno dell'associazione finalizzata direttamente alla commissione dei reati in questione. Va peraltro tenuto conto che questo tipo di reati sono verosimilmente commessi in larghissima misura anche dalle organizzazioni criminali dedite allo sfruttamento della prostituzione e alla tratta delle straniere.
Le violazioni riguardano in misura sostanzialmente uguale l'articolo 17 (che punisce chi cagiona nella donna per colpa un'interruzione di gravidanza o un parto prematuro), l'articolo 18 (che punisce chi cagiona l'interruzione della gravidanza senza il consenso della donna o con azioni dirette a provocare lesioni alla donna) e l'articolo 19 (che punisce chi cagiona l'interruzione della gravidanza nella donna senza l'osservanza delle modalità stabilite dalla legge). I reati dolosi - quelli di cui agli articoli 18 e 19 - risultano commessi in misura maggiore da stranieri. Per quanto riguarda l'esito dei procedimenti, la percentuale di archiviazione risulta altissima, riguardando in media il 60 per cento dei casi. Ciò è dovuto, verosimilmente, all'infondatezza di molte notizie di reato e alla difficoltà di trovare elementi di imputazione nella fase delle indagini preliminari.
Per quanto riguarda la giurisdizione volontaria, l'attività del giudice tutelare si espleta quasi esclusivamente nei confronti delle minorenni (fattispecie di cui all'articolo 12 della legge) e pressoché per nulla nei confronti delle interdette (fattispecie di cui all'articolo 13 della legge). Nella quasi totalità dei casi (96,9 per cento dei casi nel 2004), le autorizzazioni richieste vengono concesse.
L'età media delle ragazze che chiedono l'autorizzazione è in lenta ma progressiva diminuzione (nel 2004 è pari a 16 anni e 9 mesi). Per quanto riguarda la composizione demografica, è assai cospicua la quota delle straniere rispetto al complesso delle minorenni che chiedono l'autorizzazione (nel 2004 oltre il 25 per cento, a fronte del 4,5 per cento di stranieri nella popolazione residente in Italia).
Per quanto riguarda le motivazioni addotte, sono preponderanti quelle di carattere psicologico, seguite da quelle di carattere economico; sono invece marginali quelle legate a condizioni di salute. In particolare, la motivazione psicologica si collega alla situazione familiare di appartenenza. In generale, le minorenni che decidono di interrompere la gravidanza provengono da situazioni familiari connotate da grave disagio sociale ed economico. Nella maggior parte dei casi, inoltre, il padre del concepito ha con la minorenne rapporti labili ed occasionali e non apporta alcun sostegno morale né materiale. Per quanto riguarda, più nello specifico, le


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minorenni straniere, la scelta dell'interruzione di gravidanza è spesso motivata dal timore dell'emarginazione da parte della famiglia o della comunità di appartenenza per un giudizio di ordine etnico-culturale.
Non sono disponibili dati relativi ai conflitti tra le minorenni e la famiglia di provenienza. Sembra, tuttavia, dai dati disponibili, che nella maggioranza di casi la minorenne si rivolga direttamente al giudice tutelare, senza prima confidarsi con i genitori: non si rivolge quindi al giudice a causa di un'autorizzazione negata da parte di coloro che esercitano la potestà o la tutela, bensì senza aver provato a chiedere tale autorizzazione. Tale scelta è motivata da un conflitto con i genitori, dalla paura di affrontarli, dal timore di perderne la stima e la fiducia o di essere allontanata dalla famiglia, o da mancanza di dialogo o lontananza ovvero da gravi motivi familiari, quali genitori violenti, in contrasto fra loro, o in gravi condizioni di salute. Peraltro, non esistendo dati di riscontro, tali considerazioni devono basarsi sulle dichiarazioni delle ragazze.

4. LE PRINCIPALI PROBLEMATICHE EMERSE NEL CORSO DELL'INDAGINE CONOSCITIVA

4.1. Il sistema di monitoraggio delle IVG

L'attuale sistema di monitoraggio sulla rilevazione delle IVG e delle caratteristiche degli interventi appare valido e scientificamente molto affidabile.
Tale sistema, coordinato dall'Istituto superiore di sanità (che si avvale della collaborazione del Ministero della salute, dell'ISTAT e delle Regioni), è di carattere esaustivo (e non campionario), ed è basato su modelli di rilevazione dell'Istat.
I dati rilevati sono d'altronde alla base delle relazioni annuali trasmesse dal Ministro della salute al Parlamento, cui si affiancano, per gli aspetti di competenza, le relazioni del Ministro della giustizia. I dati elaborati costituiscono anche la base per ulteriori ricerche volte ad approfondire le caratteristiche del fenomeno.
Se il giudizio sul sistema è complessivamente positivo, l'indagine ha evidenziato però che alcune regioni sono carenti nella trasmissione dei dati, e ciò è dovuto anche alla inadeguatezza degli organici dei responsabili del servizio di trasmissione, che non hanno talora quella conoscenza del sistema dei servizi sociosanitari, fattore indispensabile per una corretta interpretazione dei dati e dei fenomeni ad essi sottesi.
Inoltre, non sono compiutamente rilevati alcuni aspetti del fenomeno dell'interruzione volontaria di gravidanza che meritano un particolare approfondimento, non solo al fine di individuare nuove e più avanzate soluzioni di carattere legislativo o amministrativo, ma anche per disporre di maggiori conoscenze scientifiche utili, ad esempio, alla prevenzione di malformazioni e alla eventuale cura.
Analogamente, come già sopra sottolineato, risultano carenti le informazioni sull'attività effettivamente svolta dai consultori.
A tale riguardo sono state avanzate dal Ministro della salute e da alcuni soggetti intervenuti proposte di integrazione dell'attuale sistema di rilevazione che meritano una particolare attenzione.

4.2. La realtà dei consultori nelle diverse aree del territorio nazionale

I dati ufficiali delle relazioni ministeriali, sopra riportati, indicano che la carenza di consultori si registra soprattutto al sud. Va comunque precisato che la distribuzione dei consultori si è realizzata a «macchia di leopardo», e pertanto risultano zone del territorio, anche nel centro e nord Italia, che risultano sprovviste di un'adeguata rete di consultori.
Va inoltre rimarcato che i dati ufficiali riportati nei prospetti riassuntivi possono talora trarre in inganno: accade, infatti, che all'indicazione sulla carta di un consultorio non corrisponda una presenza effettiva e costante del servizio nel territorio, a causa di gravi problemi di organico, carenza di risorse finanziarie etc. Ad


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esempio, se manca un ginecologo, cioè la figura medica che rilascia la certificazione, la donna sarà portata inevitabilmente a rivolgersi altrove, e andrà persa quella opportunità di confronto e assistenza all'interno dei consultori che pure la legge vuole garantire a tutti.
All'aspetto della carenza dei consultori si affianca ancora, in alcune zone d'Italia, una notevole «diffidenza» nei confronti di tale struttura di una parte della popolazione femminile, che preferisce ricorrere direttamente alla struttura ospedaliera - o al medico di fiducia - per ragioni di carattere socio-culturale.
Le audizioni con i responsabili delle strutture socio sanitarie, situate nelle varie aree del territorio nazionale, hanno evidenziato realtà di funzionamento dei servizi assai diversificato. È emerso talora un rapporto problematico tra strutture sanitarie e consultori, segnalato anche dalle relazioni del ministero della salute.

4.3. Il modello consultoriale

La legge n. 405 del 1975 ha avuto senz'altro una felice intuizione nel definire un modello di struttura, basato sulla sinergia di diverse figure professionali, in grado di garantire un approccio multidisciplinare al singolo caso ed arricchire a vicenda le competenze di tutti gli operatori impegnati in tali strutture.
La validità di tale modello - con cui la struttura ospedaliera, mirata prevalentemente agli aspetti di natura sanitaria, non può per sua natura competere - è stata più volte confermata nel corso del tempo, fino, di recente, dal Progetto obiettivo materno infantile, che ha riaffermato la centralità del consultorio per le politiche di tutela della salute della donna e per le politiche di sostegno alla famiglia, nell'ambito di un adeguamento degli strumenti e delle prestazioni dei servizi socio sanitari alle profonde modifiche del contesto demografico e culturale con cui essi devono oggi confrontarsi.
L'indagine conoscitiva è servita ad apprezzare lo sforzo compiuto da tutti gli operatori nello svolgimento di un compito assai delicato, reso ancor più difficile dalle evidenti carenze del sistema, con riguardo sia al numero delle strutture effettivamente funzionanti, sia agli organici ridotti o incompleti sia alla mancata realizzazione di adeguati programmi di formazione professionale. I consultori, come già sottolineato, esistono spesso solo sulla carta, e non sono in grado di garantire ovunque quel servizio di carattere continuativo per il quale sono stati progettati.
Alcuni degli intervenuti hanno sottolineato una inadeguata attenzione all'evoluzione dei consultori nell'ambito del complessivo ridisegno dei servizi socio sanitari realizzato nel corso dell'ultimo decennio, anche a seguito della legge n. 328 del 2000; è stata lamentata una eccessiva «sanitarizzazione» del servizio, a scapito dei compiti di carattere assistenziale, psicologico e di consulenza giuridica per i quali sono stati ideati.
Ciò ha portato talora ad uno «svilimento» del consultorio e delle funzioni da esso esercitate, anche in relazione all'assenza delle risorse finanziarie e alla fatiscenza delle strutture; la scelta di utilizzare personale precario, con contratti di breve durata, oppure di impiegare personale «ad ore», senza un rapporto stabile e continuo con la struttura è solo una conseguenza di tale impostazione fortemente riduttiva del ruolo del consultorio.
Nonostante le carenze sopra evidenziate, il servizio consultoriale svolge con efficacia le proprie competenze nell'ambito delle procedure previste dalla legge n. 194 per l'interruzione volontaria di gravidanza, che rappresentano - è stato ribadito anche dal rappresentante della Conferenza delle Regioni - solo una percentuale molto bassa delle attività di prevenzione e assistenza complessivamente svolte in base alla normativa vigente.

4.4 L'attuazione delle procedure sull'interruzione volontaria di gravidanza.
Più in generale, va sottolineato che, grazie al contributo di tutte le strutture socio sanitarie, le procedure per l'IVG


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sono rigorosamente rispettate, secondo la tempistica prevista dalla legge.
Il ricorso all'IVG (praticata quasi esclusivamente presso istituti del servizio sanitario nazionale) avviene in tempi relativamente brevi: l'ultima relazione del Ministro della salute evidenzia che nel 62 per cento circa dei casi l'IVG è effettuata entro 14 giorni dalla richiesta, mentre nel 14,5 per cento dei casi richiede un periodo superiore alle 3 settimane.
Il giudizio complessivamente positivo sull'attuazione delle norme sull'IVG non deve far passare inosservati le difficoltà sottolineate da molti interventi, anche in relazione all'obiezione di coscienza da parte delle diverse figure professionali, riconosciuta dalla legge n. 194.
I dati sovra evidenziati si riferiscono alle medie nazionali; ma il massiccio fenomeno dell'obiezione di coscienza in talune realtà territoriali può avere un impatto negativo sulla possibilità di garantire l'effettivo svolgimento continuativo dei servizi, con conseguente fenomeno di mobilità verso altre regioni (nel corso dell'indagine è emerso per esempio il caso della Basilicata, dove in passato si è registrato un significativo fenomeno di «migrazione» verso la regione Puglia delle donne che volevano fare ricorso alla IVG).
Non va inoltre sottovalutato un certo «disinteresse» delle giovani generazioni dei ginecologi nei confronti della problematica dell'IVG, sottolineato nel corso dell'audizione dal rappresentante della Società italiana di ginecologia e ostetricia.

4.5. L'aborto clandestino

Nel corso dell'indagine è stato più volte sottolineata la rilevanza che continua a rivestire nel nostro Paese il fenomeno degli aborti clandestini.
Molti soggetti intervenuti hanno ricordato il caso di donne che arrivano alle strutture del servizio sanitario nazionale in gravissime condizioni di salute a causa del ricorso a pratiche illegali volte a provocare un aborto.
Il rappresentante dell'Istituto superiore di sanità ha fornito stime inquietanti sull'aborto clandestino: se nel 1987 si stimavano 85.000 aborti clandestini l'anno, nel 2001 questi sarebbero ancora pari a oltre 20.000.
Tali stime non trovano conferma nei dati illustrati dal rappresentante del Ministro della giustizia, il quale peraltro ha sottolineato che esiste una «zona grigia», costituita dalle organizzazioni criminali dedite allo sfruttamento della prostituzione, cui si collega inevitabilmente, ed in forma massiccia, l'istigazione all'aborto clandestino effettuato all'interno delle medesime organizzazioni criminali. I dati ufficiali a tale riguardo non consentono di cogliere la realtà nel suo effettivo dispiegarsi, rappresentando soltanto la «punta dell'iceberg», anche perché relativi soltanto all'aspetto giudiziario e non a quello investigativo.
Ai fini della valutazione del fenomeno dell'aborto clandestino non va comunque sottovalutata la paura, ancora esistente in certe fasce della popolazione, soprattutto nei piccoli centri, le quali temono che, andando in ospedale, il ricorso alla IVG possa essere di pubblico dominio, anche se la legge garantisce espressamente l'anonimato.

4.6. Le competenze del giudice tutelare

In via preliminare, occorre ricordare che quella del giudice tutelare è una funzione specializzata del tribunale ordinario volta alla cura delle azioni e situazioni giuridiche relative alle persone incapaci, interdette, inabilitate, soggette ad amministrazione di sostegno o minorenni.
Per quanto riguarda i profili della giurisdizione volontaria afferenti alle richieste di autorizzazione all'interruzione della gravidanza da parte di donne minorenni o interdette, è emerso nel corso dell'indagine conoscitiva - in particolar modo dall'audizione del sottosegretario alla giustizia Santelli - che la prassi applicativa della legge n. 194 è spesso differente a seconda del tribunale e che esistono d'altra parte alcune incertezze applicative.


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Infatti, i giudici tutelari possono affrontare i casi loro sottoposti in modo diverso, nel senso che, a parità di condizioni, giudici diversi possono provvedere in modo diverso. Il giudice tutelare ha infatti un certo margine di discrezionalità. La sua decisione si basa, oltre che sulla relazione trasmessa dal referente sanitario cui la minorenne si è rivolta, su un colloquio con la medesima. A tal proposito, però, risultano esistere significative divergenze applicative, in quanto alcuni giudici ritengono di dover entrare nel merito delle motivazioni addotte dalla minorenne e approfondire il caso, mentre altri giudici ritengono corretto soltanto un sostegno volto ad integrare la volontà non del tutto formatasi, limitandosi ad accertare che la scelta di procedere all'interruzione della gravidanza sia stata presa dalla donna liberamente, senza coercizioni morali.
Elementi integrativi del quadro emerso dall'audizione del sottosegretario Santelli sono stati forniti dai magistrati degli uffici del giudice tutelare presso i tribunali di Roma e Milano (questi ultimi non sono intervenuti in audizione, ma hanno trasmesso una relazione scritta).
L'esperienza dei tribunali di Roma e di Milano è pienamente riconducibile alla casistica generale precedentemente esposta. Nella grande maggioranza dei casi, si rivolgono al giudice tutelare ragazze che hanno scelto di non confidarsi con i genitori e che si presentano, pertanto, per lo più da sole (o comunque accompagnate da qualcuno che non è il genitore). Talvolta la minorenne è accompagnata dalla sola madre, consenziente; praticamente mai dal solo padre. È rarissimo, quindi - almeno in base all'esperienza dei tribunali di Roma e di Milano - che il giudice tutelare sia chiamato ad intervenire a causa del fatto che i genitori, consultati dalla minore, abbiano negato entrambi l'assenso all'interruzione della gravidanza. La casistica evidenzia soprattutto il fenomeno, da un lato, delle ragazze che temono il giudizio negativo dei genitori ovvero che hanno comunque un rapporto difficile con i propri familiari. Va sottolineato che la legge non impone la consultazione dei genitori, in ragione dell'interesse a scongiurare il pericolo che la minorenne ricorra all'aborto clandestino.
Il giudice tutelare basa la sua decisione sulla relazione trasmessa dal referente sanitario al quale la ragazza si è rivolta in prima istanza: nella maggioranza dei casi si tratta del consultorio (meno spesso di una struttura socio-sanitaria, quasi mai del medico di fiducia). La serietà dei motivi per i quali la minore ha scelto di non coinvolgere i genitori vengono valutate dall'assistente sociale o dallo psicologo del consultorio (figura, quest'ultima, peraltro non obbligatoriamente presente nel consultorio).
Gli esperti del consultorio, a conclusione della relazione, formulano un parere, al quale il giudice tutelare - almeno nei tribunali di Milano e di Roma - tende ad attenersi. La decisione del giudice si basa, inoltre, su un diretto colloquio con la minorenne, nel corso del quale vengono discusse le ragioni del mancato coinvolgimento dei genitori, viene ripercorsa la valutazione di merito svolta dal referente sanitario in ordine alle motivazioni che inducono la minore a voler interrompere la gravidanza. Una volta accertato che la scelta dell'aborto sia volontaria e libera, e non dovuta, quindi, a condizionamenti, il giudice autorizza la minore a decidere se interrompere la gravidanza.

5. ALCUNE CONCLUSIONI

5.1. La validità della scelta di effettuare un'indagine conoscitiva

L'estrema importanza del tema dell'interruzione volontaria di gravidanza ha portato più volte il Parlamento a discutere queste tematiche nel corso degli ultimi venti anni, senza tuttavia procedere compiutamente ad una indagine conoscitiva in materia.
Pertanto, riconfermata l'assoluta volontà di non mettere in discussione i contenuti della legge n. 194 del 1978, si deve valutare positivamente l'iniziativa, assunta dalla Commissione affari sociali, di


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ascoltare un elevato numero di soggetti (rappresentanti delle istituzioni centrali e regionali, operatori del settore, responsabili delle strutture sociosanitarie di diversa dimensione, sia pubbliche che private, esperti in materia, associazioni, associazioni di volontari, eccetera), appartenenti a differenti orientamenti culturali.
La ricchezza dei temi trattati, delle proposte avanzate e del serrato confronto avviato nella Commissione hanno confermato l'utilità dell'indagine finalizzata, è bene ribadirlo ancora una volta, non alla modifica della legge n. 194 - come sottolineato da tutti i parlamentari intervenuti e dallo stesso Ministro della salute - ma alla individuazione dei problemi esistenti nell'attuazione della legge: tutto ciò al fine di individuare gli strumenti atti a fornire la migliore assistenza possibile alla donna e al suo partner, nel momento in cui devono affrontare il dramma dell'IVG.
Sebbene non si ponga una questione di una modifica della legge n. 194, vanno comunque considerate le profonde modifiche del contesto istituzionale avvenute nel corso degli ultimi venti anni, a partire dal ruolo sempre più rilevante assunto dalle Regioni nella programmazione e gestione della spesa sanitaria.
In sede di attuazione sono emersi numerosi problemi (e le audizioni lo hanno confermato) che necessitano di una risposta organica. Le indicazioni contenute nel presente documento potranno rappresentare un utile contributo per le scelte che il prossimo Parlamento, insieme alle Regioni ed agli enti locali, dovrà effettuare per ridurre ancora di più il ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza e contrastare con ogni mezzo il fenomeno dell'aborto clandestino.

5.2. Le proposte migliorative del sistema di rilevazione dei dati sull'IVG e sulle attività delle strutture socio sanitarie

Proprio l'estrema delicatezza del tema in questione, e la necessità di elaborare nuove strategie di intervento, impongono una riflessione sulle modalità per migliorare ulteriormente i dati sulla complessiva azione delle strutture pubbliche e private nelle attività di attuazione delle funzioni ad esse attribuite dalle leggi n. 405 del 1975 e n. 194 del 1978 e dal Progetto obiettivo materno infantile. Una migliore conoscenza dei dati rappresenta infatti il presupposto per una migliore attuazione di quella parte della legge che regola l'aspetto della prevenzione.
Questo obiettivo potrebbe essere utilmente realizzato attraverso un'Intesa in sede di Conferenza Stato regioni e province autonome, secondo le proposte già formalizzate dal Ministro della salute e acquisite agli atti della Commissione e volte ad una rilevazione periodica sulle attività dei consultori integrando il questionario trimestrale già utilizzato per la rilevazione statistica dei casi di IVG. Il rappresentante della Conferenza delle Regioni, nel corso dell'indagine, ha espresso la disponibilità delle Regioni a concordare le modalità operative per giungere ad un miglioramento della qualità delle informazioni e del sistema di rilevazione dei dati, che richiederanno comunque un forte impegno da parte di tutte le strutture interessate.
Gli ulteriori elementi di conoscenza - le cui risultanze sarebbero poi ulteriormente elaborate dall'ISTAT e dall'Istituto superiore di sanità - potrebbero riguardare, in particolare:
l'attività di informazione, prevenzione e assistenza svolta dai consultori all'interno delle strutture e al di fuori di esse, nonché gli orari effettivi di apertura;
i profili professionali attualmente presenti e i diversi rapporti di lavoro oggi prevalenti;
le forme di partecipazione del personale obiettore di coscienza alle attività di prevenzione nell'ambito della procedura prevista dalla legge n. 194;
le azioni di supporto (economico, legale, psicologico, assistenziale) attuate, ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 194, direttamente dalla struttura sanitaria, o


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proposte all'ente locale, volte a rimuovere le cause che hanno portato la donna a richiedere l'IVG;
le circostanze indicate dalla donna, ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 194, al momento della richiesta della IVG;
il collegamento tra il consultorio e gli altri soggetti che operano sul territorio (medici di famiglia e strutture ospedaliere in cui si praticano le IVG);
il ruolo svolto dalle associazioni di volontariato e le convenzioni effettivamente stipulate;
i casi di maturazione di una scelta diversa dall'IVG da parte delle donne che hanno avviato tale procedura;
un più accurato monitoraggio delle cause alla base delle interruzioni volontarie della gravidanza dopo il novantesimo giorno, in particolare le anomalie o malformazioni del feto che hanno determinato l'IVG e gli esiti dell'eventuale riscontro diagnostico postabortivo;

5.3. Il rilancio dei consultori

Pur in assenza di dati puntuali, l'indagine conoscitiva è comunque servita a confermare il giudizio positivo sull'impianto della normativa statale e regionale sui consultori e sulle competenze ad esse attribuite.
Siamo in presenza di un patrimonio di esperienze e di professionalità che non vanno assolutamente disperse, ma semmai potenziate tramite specifici indirizzi all'interno dei piani sanitari nazionale e regionali, nonché dei piani degli interventi e servizi sociali di cui alla legge n. 328 del 2000. Ciò consentirebbe un effettivo rilancio delle attività di prevenzione e assistenza, soprattutto nei confronti dei settori della società più deboli e svantaggiati, per i quali non esiste una realistica alternativa al consultorio.
È evidente che il compito più specifico della funzione consultoriale è l'offerta alternativa di consiglio e di aiuto onde evitare, se possibile, l'aborto.
Il rilancio del ruolo dei consultori risulta ancor più necessario se si considerano le nuove problematiche e patologie proprie della società moderna (dalla pedofilia, all'abuso sessuale, al fenomeno dell'alcolismo e dell'uso diffuso di droghe, fino al manifestarsi di rapporti estremamente conflittuali tra genitori e figli) che richiedono una risposta altamente qualificata, anche attraverso un aggiornamento della normativa sui consultori, che risale ad oltre 30 anni fa, come suggerito da alcuni parlamentari intervenuti nel corso del dibattito.
Il nodo delle risorse finanziarie aggiuntive con finanziamenti statali e regionali è ineludibile, come sottolineato più volte nel corso dell'indagine, al fine di migliorare le strutture, far fronte agli evidenti problemi di organico e potenziare i programmi di aggiornamento professionale; in particolare, il rappresentante della Conferenza delle Regioni ha evidenziato la necessità di migliorare l'accessibilità a tali servizi da parte delle differenti fasce della popolazione interessata, anche con l'aumento degli orari di apertura e la loro diversificazione. Il rappresentante della Conferenza delle Regioni ha altresì sottolineato l'esigenza di garantire l'effettiva gratuità della visita presso i consultori e di somministrare gratuitamente i mezzi anticoncezionali per determinate fasce di popolazione, con particolare riguardo ai minorenni e ai cittadini extracomunitari.
Nel corso delle audizioni sono state avanzate proposte di natura ordinamentale, volte a rilanciare il ruolo del consultorio, anche nell'ambito delle procedure per l'interruzione volontaria di gravidanza di cui alla legge n. 194.
Il colloquio della donna con una pluralità di soggetti previsto dalla procedura per l'IVG, anche nel caso in cui non portasse ad un ripensamento della donna sulla scelta effettuata, riveste in ogni caso una estrema rilevanza: il passaggio dal consultorio crea infatti le premesse per l'instaurazione di un rapporto più duraturo


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nel tempo, utile per la salute della donna ed anche al fine di evitare il fenomeno di un successivo ricorso all'aborto da parte della medesima persona.
Oggi la legge n. 194 offre diverse alternative per il rilascio del certificato necessario per l'effettuazione dell'intervento: si può ricorrere al medico di famiglia, all'ospedale (pubblico o privato accreditato) ovvero al consultorio. Quest'ultimo appare senza dubbio la struttura più adeguata per garantire quel supporto multidisciplinare alla donna che affronta il dramma dell'interruzione volontaria di gravidanza, anche se l'indagine conoscitiva ha evidenziato come molte realtà ospedaliere si sono attrezzate per assicurare un'assistenza ulteriore e complementare a quella strettamente sanitaria. Ed è per questo che va sottolineata favorevolmente la crescita del numero di richieste di certificato presso i consultori - mentre si riducono in parallelo le richieste avanzate al medico di famiglia, che appaiono forse meno in grado di svolgere quel ruolo di assistenza alla donna durante tutto il percorso che porta all'interruzione volontaria della gravidanza.
Sulla base di tali considerazioni è stato suggerito di prevedere una sorta di «filtro obbligatorio» del consultorio, rendendo quantomeno necessario in ogni caso la prenotazione dell'intervento per il tramite del consultorio. Alcune esperienze già realizzate in tal senso hanno evidenziato un conseguente, significativo aumento del ricorso alla struttura del consultorio anche per i colloqui preliminari previsti dalla legge con le diverse figure professionali.
Inoltre, si è prospettata l'ipotesi che, in presenza di organizzazioni di volontariato che si propongono di sostenere le maternità difficili o non desiderate, al consultorio venga attribuito il compito di far conoscere alla donna tale possibilità.
In ogni caso, il punto fermo deve essere rappresentato da una stretta collaborazione tra tutte le strutture impegnate su questo tema, inclusi i medici di famiglia (per i quali vanno individuate iniziative di sensibilizzazione su questo tema), al fine di consentire l'apporto delle diverse figure professionali nell'ambito di una efficiente rete di servizi, cosi come delineata dalla legge quadro n. 328 del 2000.

5.4. Segue: le politiche attive sul territorio

Va comunque sottolineato che tutte le altre funzioni assegnate ai consultori (corsi al parto, assistenza durante la gravidanza; visite dopo il parto; pap test e mammografia, corsi di educazione sessuale, eccetera) se realizzate continuativamente, costituiscono un importantissimo mezzo per combattere l'aborto, nell'ambito di un progetto di maternità consapevole. Per quanto riguarda in particolare l'educazione sessuale il Ministero della salute potrebbe promuovere in ogni regione almeno tre corsi annuali di educazione sessuale, da tenersi a cura dei consultori; il percorso didattico delle materie oggetto di insegnamento potrebbe essere indicato dal Ministero della salute di concerto con il Ministero della pubblica istruzione.
Molti interventi hanno sottolineato l'estrema rilevanza di politiche attive sul territorio, che assicurino un effettivo radicamento dei consultori, anche al fine di raggiungere maggiormente quei soggetti che con più difficoltà individuano in tali strutture il punto di riferimento dal punto di vista socio sanitario. È essenziale utilizzare a questo proposito tutti i canali disponibili, modulati al fine di penetrare nelle singole realtà presenti nel territorio, spesso assai differenziate.
In particolare, vanno potenziate le attività rivolte alle comunità di donne immigrate. Nel corso degli ultimi anni si sono infatti registrate rilevantissime novità nella dinamica dei flussi di immigrazione. L'Italia è infatti sempre più interessata dalla presenza di cittadini di altri paesi, in particolare di origine extracomunitaria, ma anche provenienti da Paesi dell'Est Europa, nei quali il ricorso all'aborto è molto superiore a quello di altre popolazioni e ancora considerato come tecnica di controllo delle nascite.
Ma le straniere non costituiscono una realtà omogenea, in quanto provenienti da


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realtà culturali e sociali assai diversificate. Risulta pertanto essenziale il ricorso alle figure di «mediazione culturale», capaci di favorire il superamento di quella «diffidenza» nei confronti delle strutture sanitarie italiane che spesso si registra da parte di molte donne.
Tali figure consentirebbero ai responsabili delle strutture socio sanitarie di conoscere realtà culturali, caratterizzate da un approccio ai problemi della sessualità e ai rapporti all'interno della coppia molto diverso dal nostro. Tramite questa mediazione culturale, sarebbe più facile «penetrare» all'interno di comunità spesso troppo chiuse al loro interno, favorendo la conoscenza da parte delle donne straniere dei diritti garantiti dalla legislazione italiana (anche per quanto concerne la normativa sul rispetto della volontà della donna di non essere nominata a seguito della nascita di un bambino) e delle opportunità che tutte le strutture impegnate sul territorio possono loro offrire.
Come è stato sottolineato nel corso delle audizioni, si può porre talvolta anche il problema di garantire per le donne di taluni paesi extracomunitari la presenza di ginecologi donne, in ragione della loro specifica cultura che porta a rifiutare (o vivere con forte resistenza) il rapporto della donna paziente con il medico uomo.
Una notevole attenzione va dedicata altresì a contrastare il significativo ricorso all'interruzione volontaria della gravidanza da parte delle minorenni, per le quali l'aborto rappresenta un dramma ancora maggiore rispetto alle donne adulte. Evitare una gravidanza non desiderata risulta per esse importantissimo.
Nell'ambito delle audizioni è stata sottolineata da più parti l'importanza di prevedere l'obbligatorietà della presenza di uno psicologo quando la minorenne avvia la procedura per l'IVG.
Per un'efficace azione di prevenzione vanno ancor più potenziate le attività svolte all'interno dei consultori, con i cosiddetti «spazi giovani»: i consultori devono sforzarsi di divenire un interlocutore privilegiato dei più giovani, che possa garantire quel supporto di informazioni e di assistenza anche psicologica che magari non riescono a trovare nella propria famiglia.
Naturalmente per la prevenzione è rilevantissimo il ruolo della scuola, anche in relazione all'approccio sempre più precoce alla sessualità da parte delle minorenni, cui non si accompagna un'adeguata educazione sessuale e per una maternità responsabile. I Ministeri della salute e dell'Istruzione hanno già avviato un progetto per l'educazione alla salute nella scuola, tra i cui temi c'è anche quello delle relazioni interpersonali e della sessualità; gli opuscoli realizzati a livello ministeriale, con l'indicazione dei possibili percorsi formativi, costituisce un utile supporto per l'attività degli insegnanti. Va peraltro precisato che una corretta e adeguata educazione sessuale - che spetta naturalmente anche alle famiglie -, non dovrebbe limitarsi ad una mera informazione sui metodi contraccettivi, ma concentrarsi sull'obiettivo di educare i giovani ai valori della persona, della vita, della famiglia, delle relazioni affettive e della procreazione responsabile.
Resta comunque affidata all'autonomia dei singoli istituti la definizione di ogni altra utile iniziativa per favorire la diffusione delle conoscenze in questo campo, garantendo informazioni corrette e precise ed accrescere la consapevolezza dei più giovani, anche per quanto concerne l'utilizzo corretto dei metodi contraccettivi, avviando ogni opportuna forma di collaborazione con i consultori e con esperti esterni.

5.5. Le politiche di aiuto alla prosecuzione della gravidanza e a tutela della maternità

Alla base della scelta di ricorso all'IVG ci sono una pluralità di fattori di natura psicologica, culturale, economico e sociale. E la legge n. 194, ai fini di una tutela della maternità, sottolinea, in particolare agli articoli 2 e 5, lo sforzo e l'impegno che deve essere compiuto da tutte le strutture socio sanitarie, in primis dai consultori,


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ma anche dalle strutture ospedaliere in cui si praticano le IVG e dai medici di famiglia, per individuare le possibili soluzioni ai problemi indicati dalla donna e cercare di rimuovere in questo modo le cause che inducono la donna a ricorrere alla interruzione di gravidanza.
Anche il documento recentemente approvato dal Comitato nazionale di bioetica «Aiuto alle donne in gravidanza e post partum» sottolinea la necessità di un impegno più accentuato per aiutare la donna che affronta il percorso della maternità; proprio le prime settimane della gravidanza danno luogo infatti a sentimenti contrastanti nella donna, che rendono quanto mai opportuna un'azione di sostegno, soprattutto dal punto di vista psicologico, volta a favorire il superamento di tali difficoltà.
In sede di indagine ci si è più volte soffermati a riflettere su quali siano le possibilità concrete di determinare un ripensamento della donna che abbia intrapreso la procedura per l'IVG, al fine di individuare le misure per incentivare la prosecuzione della gravidanza. Da parte del rappresentante dell'Istituto superiore di sanità sono state avanzate delle stime al riguardo, che indicano una percentuale di circa il 5 per cento di casi in cui la donna, dopo aver richiesto la certificazione, decide di proseguire la gravidanza, a seguito del colloquio presso il consultorio, l'incontro con il giudice tutelare o l'assistenza fornita dai servizi sociali e dalle organizzazioni del volontariato. Altri dati illustrati nel corso dell'indagine (ad esempio, da parte dei rappresentanti del Movimento per la vita) farebbero ipotizzare una percentuale più elevata di casi in cui un'adeguata azione di sostegno alla donna e alla sua famiglia può incidere sulla scelta definitiva.
Al di là delle stime al riguardo, appare comunque indispensabile individuare ogni utile strumento per assistere la donna che deve affrontare tale scelta, perché questo tipo di supporto sarà sempre importantissimo in termini di educazione sanitaria, di prevenzione, di informazione sui suoi diritti e sulle opportunità che l'ordinamento italiano, a tutti i livelli, è in grado di garantire. In particolare va ritenuto fondamentale l'aiuto che si offre alla donna nel momento in cui accede al colloquio previsto dall'articolo 5 della legge n. 194, disposizione la cui attuazione sembrerebbe rimasta insufficiente.
Attualmente sono previste una molteplicità di misure volte a favorire la scelta di maternità della donna.
Vale la pena sottolineare gli sforzi compiuti, anche di recente, per ampliare la rete dei servizi per la prima infanzia, anche attraverso la realizzazione di asili nido aziendali; i contributi economici riconosciuti in occasione della nascita di nuovi bambini; le agevolazioni fiscali per servizi per la prima infanzia e per servizi di baby sitter; i finanziamenti per agevolare l'acquisto della casa o la ricerca di un nuovo alloggio; la revisione della normativa sulle detrazioni per i carichi e famiglia; le risorse finanziarie di cui al Fondo nazionale per le politiche sociali, gestito in larga misura dalle Regioni, che ne destinano una quota rilevante per gli interventi a favore della famiglia. Come segnalato dal rappresentante della Confederazione italiana dei consultori familiari di ispirazione cristiana, sarebbe auspicabile l'istituzione di un Fondo sociale per la maternità.
Accanto a tali misure di carattere socio economico, vanno ricordate le innovazioni nel campo del diritto del lavoro, finalizzate ad una accentuata tutela della lavoratrice madre e alla introduzione di nuove e più flessibili forme di congedo, e favorire una ripartizione più equa tra uomini e donne del lavoro di cura, attraverso la fruizione maschile dei congedi parentali.
Proprio con riferimento alla legislazione sopra richiamata, molti soggetti intervenuti hanno sottolineato l'esigenza di estendere tali strumenti anche a fasce di popolazione che oggi può usufruirne solo marginalmente: un richiamo specifico va fatto, anche in questo caso, alle donne straniere che hanno un lavoro precario oppure non sono regolarizzate, per le quali la maternità determinerebbe quasi inevitabilmente la perdita del lavoro. Nuove e più avanzate forme di tutela nel campo del diritto del lavoro metterebbero


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la donna in grado di vivere la maternità come un momento di gioia e non, come accade per certe fasce della popolazione, come un dramma.

5.6. Il ruolo del volontariato

Nell'ambito delle azioni a favore della famiglia e in particolare della donna in gravidanza, merita una particolare riflessione il pieno utilizzo del potenziale di risorse umane che può essere assicurato dal volontariato, come peraltro prevede l'articolo 2 della legge n. 194.
L'indagine conoscitiva ha infatti consentito di porre in evidenza le esperienze molto positive di raccordo tra le strutture socio sanitarie e le associazioni del volontariato e i risultati proficui realizzati, sottolineati anche dal rappresentante della Conferenza delle Regioni; anche se non sono mancate le voci di esponenti del mondo dell'associazionismo che hanno evidenziato situazioni di mancato o insufficiente dialogo tra le diverse realtà.
Il volontariato, nel rispetto del pluralismo culturale, deve svolgere un ruolo di ausilio nell'ambito della rete di servizi a tutela della maternità responsabile; il collegamento in rete delle associazioni di volontariato con le strutture pubbliche consultoriali e ospedaliere e con tutti gli altri servizi socio-sanitari operanti sul territorio appare lo strumento più idoneo - come affermato anche da molti soggetti intervenuti nel corso delle audizioni - a perseguire gli obiettivi di tutela della maternità e di prevenzione affermati solennemente dalla legge n. 194.
Occorre pertanto che le strutture pubbliche svolgano una efficace attività di informazione sull'esistenza e sull'azione svolta dal volontariato sia in generale sia riguardo ai singoli casi in cui viene richiesta l'IVG, lasciando ovviamente libera la donna di avvalersene o no. In tal senso potrebbe essere auspicabile sia una nuova normativa che preveda incentivi per agevolare forme di collaborazione sempre maggiori fra i consultori e le associazioni di volontariato, sia, come suggerito dal rappresentante delle regioni, la elaborazione, da parte delle singole aziende sanitarie, di protocolli di collaborazione con le organizzazioni di volontariato.
È naturalmente indispensabile definire, in sede di convenzione, i compiti affidati a tali associazioni, al fine di assicurare che la scelta della donna avvenga in autonomia e nella piena consapevolezza di tutti gli strumenti previsti dall'ordinamento.