Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 17,45.
(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'industria dell'automobile, l'audizione di rappresentanti di Intesa-Bci Unicredito italiano, Capitalia-Banca di Roma e San Paolo IMI.
una formale convocazione, che è stata appunto inviata nel pomeriggio del giorno 9.
hanno seguito con me, in maniera molto puntuale e precisa, i lavori della nostra indagine.
NERIO NESI. Signor presidente, mi associo alle sue considerazioni e intendo esprimere solidarietà piena a lei per questa precisazione, provando ben oltre la semplice meraviglia per l'assenza di rappresentati così importanti. Grazie.
SERGIO GAMBINI. Manifesto eguale disapprovazione per questa assenza e faccio mie e del mio gruppo le parole pronunciate dal presidente.
PRESIDENTE. Ringrazio voi, onorevoli colleghi, e, per la sua presenza, il presidente della Commissione finanze della Camera, Giorgio La Malfa che, evidentemente, avrebbe una competenza diretta per illustrarci profili tematici in audizioni di questa natura, ma - come avevo a lui avuto occasione di spiegare, per i rapporti di grande correttezza istituzionale che intercorrono fra di noi -, ci siamo permessi di chiedere ai rappresentanti degli istituti bancari di venirci a spiegare gli aspetti industriali relativi alla vicenda. Non vogliamo sostituirci ad alcuno, né sottrarre competenze. La presenza dell'onorevole La Malfa in questa sede dimostra anche l'impegno solidale con cui ha seguito i nostri lavori. Non posso che esprimergli i miei più sentiti ringraziamenti.
RAINER MASERA, Presidente di San Paolo IMI. Ringrazio molto il presidente e le Commissioni. Sono convinto che questa indagine conoscitiva sia estremamente importante in un momento così delicato per l'industria, come indicato nella relazione a vostra disposizione. L'intera economia mondiale attraversa una fase complessa, una crisi di sfiducia si sta abbattendo sui mercati e ne sopportano le conseguenze le industrie automobilistiche, le telecomunicazioni, l'industria finanziaria. Quindi, in un contesto come questo, credo sia importante la condivisione delle analisi e degli interventi. E l'iniziativa del Parlamento italiano, relativamente al settore dell'auto, si muove senz'altro nel senso giusto.
empiriche mostrano che i volumi di veicoli venduti sono naturalmente anche legati a numerose variabili economiche, quali l'andamento del prodotti interno lordo di un paese o di un'area continentale, i prezzi del petrolio, i tassi di interesse. Nei modelli econometrici utilizzati per spiegare questo mercato, le variabili connesse alla fiducia sono molto importanti.
sono significativamente minori della media di un milione di unità circa di Mercedes, BMW e Audi.
molto rilevante. E peraltro, è necessario considerare un fatto determinante in questa vicenda: dobbiamo comunque confrontarci con banche italiane che, pur rilevanti e cresciute, hanno mezzi propri relativamente ridotti rispetto a quell'indebitamento. Il problema del gruppo FIAT nasce dal fatto che occorre consolidare o accumulare il debito medesimo. E occorrerà rapportare la capacità di credito della banca al debito complessivo. Tutto ciò costituisce un problema rilevante su cui si innescano, almeno in parte, le difficoltà del gruppo FIAT.
crediti oggetto del prestito «convertendo» in sede di aumento di capitale (ex articolo 2441, comma 7, del codice civile), con l'obbligo delle banche di offrire le azioni ricevute in opzione agli azionisti di FIAT. È peraltro prevista la facoltà di rimborso, totale o parziale, di FIAT in cash, anche precedentemente, qualora i livelli di indebitamento finanziario saranno raggiunti e mantenuti stabilmente e sempre che detto rimborso sia compatibile con il mantenimento di un rating investmet grade di almeno una primaria agenzia di rating.
ALFONSO IOZZO, Amministratore delegato di San Paolo IMI. Italenergia Spa è il veicolo societario attraverso il quale, nel corso del 2001, il gruppo FIAT (con una quota del 38 per cento), tre banche (Banca di Roma, San Paolo IMI e IntesaBci, con una quota complessiva del 23 per cento), la Carlo Tassara Spa (con una quota del 20 per cento) ed EdF (con una quota del 18 per cento), hanno effettuato l'acquisizione - anche mediante offerte pubbliche di acquisto - della maggioranza del capitale di Montedison e di Edison. Si ricorda che la partecipazione delle tre banche ha origine nel possesso di pacchetti Montedison derivanti dal piano di ristrutturazione del debito ex Ferruzzi. A seguito delle varie operazioni eseguite, Italenergia è venuta in possesso rispettivamente del 90 e del 95 per cento delle azioni di Montedison e di Edison.
la legge n. 301 del 2 luglio 2001 -, Italenergia Spa ha assunto un assetto statutario coerente con i vincoli normativi e tale che nessun azionista eserciti alcuna forma di controllo sulla società, come peraltro confermato dalla Consob; in particolare, i diritti di voto di EdF risultano sterilizzati al 2 per cento.
prezzi predeterminati. Ci risulta che analoghi accordi sono previsti tra la Carlo Tassara Spa e la stessa EDF.
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Masera ed il dottor Iozzo e do ora la parola ai colleghi che desiderino intervenire.
NERIO NESI. Vorrei fare una domanda, semplice e molto rapida, che ho già rivolto all'avvocato Fresco: gli accordi tra le banche ed il gruppo FIAT (Giovanni Agnelli) non toccano la proprietà della compagnia di assicurazioni Toro? La seconda domanda è analoga: tali accordi non toccano la proprietà del gruppo Rizzoli-Corriere della sera? Infine, mi rendo conto della posizione peculiare dell'istituto bancario San Paolo di Torino, proprio perché si chiama istituto bancario San Paolo di Torino; tuttavia, proprio per questo, in qualità di deputato torinese la domanda è d'obbligo: nei vostri colloqui e nei vostri contatti - non nei vostri impegni - avete la sensazione che ormai il gruppo automobilistico italiano al più presto non sarà più italiano? È possibile una soluzione diversa, che mantenga in Italia il gruppo automobilistico che da 102 anni è italiano?
STEFANO SAGLIA. Ringrazio il dottor Masera per quest'opportunità di incontro. Lei diceva che, nonostante gli ecoincentivi del Governo, che giudica utili, il secondo semestre comunque non presenterà un cambio di tendenza rispetto alla capacità di ripresa del gruppo; tuttavia, in seguito ha affermato che è necessaria una ristrutturazione che porti, entro il 31 dicembre di quest'anno, al consolidamento del debito al di sotto di 3 miliardi di euro. Se non vi sarà una ripresa del mercato, quindi, si indicava tra le varie ipotesi la cessione di ulteriori asset. La prima domanda che le rivolgo, dottor Masera, è dunque questa: è possibile prevedere, eventualmente, quali siano questi asset? Lo dico perché non credo che lo scenario della scarsa ripresa del mercato che è stato previsto offrirà molte opportunità diverse dalla cessione di ulteriori asset.
forse, l'unica misura che era possibile predisporre in quella fase. Tuttavia, credo che non sia sufficiente che un operatore, dominante nel proprio paese di origine, si trasformi in società per non porsi più come elemento distorsivo del mercato. Vi chiedo pertanto, sulla base della vostra esperienza, se esistano altri strumenti operativi visto e considerato che, come dicevo prima, rischiamo che EdF nel 2005 giunga a detenere il 52 per cento di Italenergia.
MASSIMO POLLEDRI. Sul piano industriale predisposto dal gruppo FIAT ritengo giusta una separazione di responsabilità; tuttavia, è interesse e preoccupazione comune che tale piano sia efficace.
ROBERTO BARBIERI. Approfitto della presenza del dottor Masera, di cui conosco le competenze in materia, per sviluppare un ragionamento su cui dopo desidero avere la sua opinione.
rischio. Pertanto, mi chiedo se non siano proprio questa forma di assetto societario, tipica del capitalismo italiano, e la sottigliezza del mercato finanziario interno, la causa della mancata capacità di investimento del gruppo FIAT.
GIORGIO BENVENUTO. Richiamo alcune questioni evidenziate oggi, ma emerse anche nel corso dell'audizione dell'avvocato Fresco e del dottor Boschetti.
RENATO CAMBURSANO. Leggendo i quotidiani degli ultimi giorni, soprattutto quelli torinesi, si può immaginare - ahimé - soltanto un autunno caldo sul fronte della produzione automobilistica, con una caduta ancora più verticale della produzione stessa. Trascorso l'autunno, come ha detto l'onorevole Benvenuto, c'è il 2003, ed a partire dal gennaio 2004 la FIAT potrà esercitare l'opzione put, anche se non è detto che la General Motors sia interessata al call. Infatti, come ho detto già in un'altra audizione, non fosse altro che per eliminare un concorrente (forse mi esprimo in termini un po' pesanti), sicuramente - mano al portafoglio - lo potrebbe fare. Tuttavia, la situazione non è ovviamente così disastrata, anche se il contributo di Roland Berger ci ha illuminato parecchio, per esempio, sulla sovrapposizione di produzione di auto della General Motors, della Opel o della Daewoo nel mercato europeo rispetto ai segmenti di produzione che sono anche di FIAT Auto.
della produzione di FIAT; produzione che potrebbe, in un futuro non troppo lontano, essere svolta altrove. Se ciò avvenisse anche per altri segmenti della produzione l'occupazione e, soprattutto, la produzione di ricchezza del nostro paese ne risentirebbero in maniera disastrosa.
GIORGIO LA MALFA. Ringrazio il presidente e l'amministratore delegato di San Paolo IMI per l'esposizione puntuale ma anche allarmata in merito al ritardo accumulato dalla FIAT sui migliori segmenti del mercato dell'auto.
PRESIDENTE. Ringrazio il collega La Malfa per il suo intervento, che mi sento di condividere dalla prima all'ultima parola.
durante lo svolgimento dell'audizione, ha fatto un'ottima impressione, mostrando entusiasmo e grande forza; così come la stessa scelta ad amministratore delegato di FIAT Spa di Galateri lascia intravedere la volontà di andare in profondità sul piano della ristrutturazione finanziaria del gruppo, che può anche poggiare su un piano industriale, ma da essa non si può prescindere; il sostegno delle banche è, pertanto, fondamentale per raggiungere questo obiettivo.
fosse molto chiara la posizione che la nostra Commissione ha ripetutamente tenuto nell'arco di questi mesi.
RAINER MASERA, Presidente di San Paolo IMI. Signor presidente, i quesiti posti sono numerosi, importanti e complessi. Certo, insieme cercheremo di fornire delle risposte, ma le risposte dovranno evidentemente venire in parte dal mercato e dalle scelte che non possono che essere affidate, in via primaria, agli attuali azionisti di FIAT, perché è a loro che compete, in primo luogo, dare a noi (ed anche al mercato) indicazioni che consentano di superare questa fase difficile.
impresa italiana (la seconda nel settore) possa diventare una società che abbia anche azionisti esterni senza per questo diventare un'azienda estera. Inoltre, concordo senza alcun timore sul fatto che, se un'azienda pubblica francese venisse quotata per una piccola parte sul mercato, essa rimarrebbe pubblica; ben diverso sarebbe un contesto di vera public company a livello europeo, ma quest'ipotesi non è attualmente in discussione. Quindi, a mio avviso, per quanto riguarda il nostro ruolo, non è detto che la EDF debba conquistare Italenergia (su questo argomento risponderà il dottor Iozzo) e noi, come banche, rappresentiamo un presidio del sistema. Ma qual è l'interesse delle grandi banche italiane? È forse quello di far venire le grandi imprese estere in Italia? Poi avremo il deserto! Il nostro intento, anzi, è quello di presidiare il settore. Certo, non siamo investitori di lunghissima lena: infatti, stiamo svolgendo in parte un ruolo di supplenza in un contesto difficile in cui, come sappiamo, mancano gli investitori istituzionali.
e Montedison - è stata rivolta alla creazione di un gruppo italiano avente caratteristiche e proiezioni internazionali allo scopo di valorizzare la produzione di elettricità e di energia del settore FIAT, contribuendo a risolvere, in parte, alcune problematiche che tali impianti, dispersi nel territorio, ponevano; si è trattato di un'operazione industriale importante che riteniamo possa andare avanti.
ALFONSO IOZZO, Amministratore delegato San Paolo IMI. Vorrei dire brevemente tre cose. Il presidente della Commissione finanze della Camera dei deputati, onorevole La Malfa - che in parte si è già dato la risposta -, ci domandava se potessimo fornire alcuni dati. Credo che un dato, in qualche misura, si possa dare: se c'è l'impressione che questa operazione sia stata compiuta dalle banche a loro favore; vorrei ricordare allora quanto detto dal presidente Masera, e cioè che le banche italiane, per quanto siano fortemente cresciute, non sono in grado di sostenere da sole l'indebitamento del gruppo. Infatti, il debito lordo del gruppo FIAT per metà è collocato sul mercato internazionale sotto forma di obbligazioni, mentre la restante metà è coperta per il 50 per cento dalle banche estere; quindi, solo un quarto di tutto il debito è in mano ad istituti di credito italiani, ed è ripartito in modo molto diffuso tra loro. Dunque, non è vero che esistevano già banche particolarmente esposte; evidentemente, vi sono alcune banche esposte, tuttavia mi sembra che queste cifre possano dare un'idea al riguardo.
PRESIDENTE. Lo speriamo anche noi, anche perché i francesi, invece, continuano ad informarsi se per caso gli italiani non abbiano intenzione di cambiare idea rispetto al decreto di «sterilizzazione» dell'EDF, e quindi credo che siano molto agguerriti nei confronti delle nostre intenzioni. Ciò nonostante, auspichiamo che le forze che si possono mettere insieme siano in grado di realizzare il miracolo di riportare o di trattenere in Italia questa porzione così importante del sistema dell'energia nel nostro paese.
La seduta, sospesa alle 19.30, è ripresa alle 19.35.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'industria
dell'automobile, l'audizione di rappresentanti di Mediobanca Spa - Banca di credito finanziario. Sono presenti il dottor Vincenzo Maranghi, amministratore delegato e direttore generale, ed il dottor Renato Pagliaro, vicedirettore generale.
VINCENZO MARANGHI, Amministratore delegato e direttore generale di Mediobanca Spa. Ringrazio i senatori ed i deputati. L'etichetta vorrebbe che non si ringraziasse per i ringraziamenti, ma io appartengo ad una generazione alla quale, dal sillabario ai testi del liceo, è stato inculcato il senso dello Stato, e quindi sono io ad essere onorato di essere stato convocato dalle Commissioni riunite. Con questa premessa, ritengo che la mia introduzione sarà molto breve: come vedete, infatti, non ho portato con me appunti scritti, dato il ruolo molto limitato che Mediobanca ha avuto nel contesto che forma oggetto di approfondimento da parte delle Commissioni.
è riservata, attraverso gli accordi raggiunti con il gruppo torinese, di schiacciare il bottone dell'operazione nel momento più favorevole per massimizzare il ricavato dell'operazione. Se, come tutti ci auguriamo, vi sarà una maggiore tranquillità sui mercati finanziari, si potrà verificare che la FIAT, oltre all'introito che ha già realizzato entro il 30 di giugno, e che incide sulla situazione dei conti semestrali sia dal punto di vista economico sia da quello finanziario, potrà anche beneficiare dell'eventuale maggior prezzo che si dovesse ricavare in sede di quotazione in Borsa del titolo Ferrari. Per ulteriori dettagli sull'operazione fin da ora sono a disposizione dei componenti delle Commissioni congiunte di Camera e Senato.
Gran Bretagna; ha preso atto che si trattava di un investimento sbagliato ed ha prontamente proceduto a chiudere il rubinetto delle perdite ed oggi sta facendo registrare dei risultati straordinari. Potrei ricordare le situazioni di difficoltà della Renault sei o sette anni fa; la stessa Volkswagen ha avuto dei problemi; abbiamo visto, inoltre, che le condizioni di salute del gruppo Ford non sono certamente floride, e sui giornali si legge che forse anche la General Motors ha qualche problema. Sicuramente, la GM ha un grossissimo problema in Europa chiamato Opel, ed io non so se i problemi della FIAT siano inferiori o superiori a quelli che la General Motors deve gestire per la sua partecipazione totalitaria nella Opel.
PRESIDENTE. La ringrazio, dottor Maranghi. Do ora la parola ai colleghi che intendano rivolgere domande.
GIORGIO BENVENUTO. Sono molto grato al dottor Maranghi per questa occasione di incontro e per la sua esposizione. Immaginavo che questo intervento di Mediobanca per quanto riguarda la Ferrari non costituisse un fatto isolato, ma potesse essere l'occasione di altre prospettive e di altre ipotesi; tuttavia, lei ha praticamente risposto a quella che sarebbe stata una mia domanda, anche se, da questo punto di vista, per esperienza devo ricordare che, nei rapporti tra la FIAT e Mediobanca, le cose sono andate storicamente in un certo modo, nel senso che vi è stato quanto meno un incontro tra le volontà dell'azionista FIAT ed il ruolo di Mediobanca. Premesso ciò, alla luce delle considerazioni che venivano fatte, lei ha parlato dei problemi della General Motors. Questa casa automobilistica ha dei problemi e presenta anche una crisi di liquidità: quanto incide tutto ciò nell'operazione FIAT-General Motors?
STEFANO SAGLIA. Ringrazio anch'io il dottor Maranghi per questa opportunità e vorrei porre alla sua attenzione due questioni. In primo luogo, anche se è stato affermato che non esisterebbe un piano di Mediobanca per la FIAT, immagino tuttavia che esista un piano industriale per quanto concerne la partecipazione in Ferrari. Le cronache giornalistiche si sono un po' sbizzarrite anche sulle simpatie del dottor Maranghi rispetto ad un certo tipo
di auto, ma credo che ciò fosse anche il segnale che da parte di Mediobanca c'è l'idea di voler conferire a questa partecipazione un carattere industriale e non solo finanziario, e dunque potrebbe esservi l'ipotesi che Ferrari possa rappresentare un marchio che un domani possa fare anche qualcosa di più rispetto ad oggi. Ritengo la risposta a questo quesito sicuramente utile per le Commissioni.
PRESIDENTE. Volevo porre al dottor Maranghi una questione che nasce dalle osservazioni che abbiamo ascoltato nella precedente audizione, che vanno ovviamente raccordate con quanto ci ha riferito.
ad un'azione concertata e che non si operi su tavoli distinti; è evidente che il piano industriale debba essere unico e portato avanti da un management, che ci auguriamo sia all'altezza della situazione, ma non c'è dubbio che la cabina di regia deve operare in maniera che tutti i protagonisti dell'operazione siano consapevolmente partecipi; diversamente non va bene. L'assenza odierna dei responsabili delle altre banche coinvolte nel piano di sostegno finanziario alla FIAT non è un fatto diplomatico; così l'ho interpretato. Non è una vicenda che si possa chiudere come uno sgarbo portato al Parlamento e, in questo senso, ho già avuto modo di esprimere la mia opinione al riguardo; piuttosto sembra un gioco, che appare più condizionato da non comprensibili assetti di potere, piuttosto che un problema di convergenza di fronte ad un rischio-paese presente nel settore auto. Credo di aver compreso dal presidente di San Paolo IMI, professor Masera, quali fossero le sue intenzioni, pertanto, desidero al riguardo conoscere anche l'opinione del nostro ospite, perché la considero importante, dopo di che ognuno si assumerà le sue responsabilità. La cabina di regia, a mio avviso, non può essere organizzata dalla Banca d'Italia perché non le spetta; non ho, infatti, appreso che la politica industriale rientri tra le competenze dell'istituto di vigilanza: ciò non si studia, né tantomeno si apprende nelle aule parlamentari.
GIORGIO LA MALFA. Intervengo per svolgere alcune considerazioni. Il Parlamento, di fronte a questa situazione, si pone la domanda che poi è quella che ha posto l'onorevole Nesi: ce la fa o non ce la fa la FIAT a superare questa crisi? Interessati a questa risposta sono i sessantamila lavoratori impiegati nel settore auto in Piemonte e le altre migliaia di lavoratori operanti nell'indotto.
FILIPPO MANCUSO. È mia opinione che sia opportuno porre domande al dottor Maranghi su questioni o materie su cui lo stesso ci può illuminare: né divinazioni,
né valutazioni in ambiti che gli sono estranei o che sono a lui non riservati. In questo senso desidero porre al dottor Maranghi di risolvere quella che, a me, è apparsa una contraddizione; egli ha negato che Mediobanca, a parte valutazioni interne, si sia occupata della situazione patrimoniale e finanziaria della FIAT. Ha più volte ripetuto che a Mediobanca non si possa attribuire una partecipazione a disegni di bonifica della situazione attuale o pregressa del gruppo torinese; però, lo stesso amministratore delegato, ha affermato che, precedentemente, in due occasioni diverse, una pregressa ed una più recente, Mediobanca si è occupata di un progetto di risanamento o comunque di una valutazione degli strumenti di risanamento della Ferrari.
PRESIDENTE. Do ora la parola al dottor Maranghi per le valutazioni che riterrà opportuno fare in ordine ai quesiti posti dai colleghi.
VINCENZO MARANGHI, Amministratore delegato e direttore di Mediobanca Spa. Spero di aver capito bene i quesiti, e se la mia risposta non dovesse essere ritenuta esauriente, sono comunque a vostra disposizione.
i nostri stessi interessi. Vorrei ricordare che Mediobanca è importante azionista della FIAT: dopo la famiglia Agnelli, infatti, è il secondo azionista in ordine di importanza, e vanta anche dei crediti - pochi - nei confronti dell'intero gruppo IFI, IFIL, FIAT ed Italenergia.
RENATO PAGLIARO, Vicedirettore generale di Mediobanca Spa. La FIAT porta a casa 1.500 miliardi di lire in tre giorni!
VINCENZO MARANGHI, Amministratore delegato e direttore di Mediobanca Spa. Infatti, la FIAT ha portato a casa 1.500 miliardi in tre giorni. È stata un'operazione che non è stata trattata sui giornali, ma in uffici, tra persone che hanno maturità professionale e senso di attaccamento alle rispettive aziende, e non è stata discussa sui giornali o con terzi soggetti che non hanno nessun titolo per intervenire sulla sorte presente o futura di un gruppo industriale. Si tratta di un'operazione che ha fissato un valore, che ha dato importante contributo finanziario alla FIAT e che consente di registrare, nel conto economico semestrale della FIAT, una plusvalenza notevolissima perché, se non ricordo male, il 34 per cento era in carico ad almeno 100 milioni di euro, e quindi si esprime una plusvalenza di 600 milioni di euro.
parte del sistema Italia non c'è un presidio forte su quest'area, il rischio è che, come già sta avvenendo, l'Italia si trasformi in un supermercato dove si compra «a sconto», e si comprano «a sconto» cose molto belle: questo lo devo dire con grande amarezza.
Quando abbiamo esaminato i numeri, il dottor Cuccia ebbe la bontà di ricordarmi che allora il debito, tenuto conto del mutato valore della lira, rappresentava la stessa entità che aveva portato alla costituzione dell'IRI a valle della crisi del 1929.
GIORGIO LA MALFA. Si trattava del gruppo Ferruzzi?
VINCENZO MARANGHI, Amministratore delegato e direttore generale di Mediobanca Spa. Esatto.
PRESIDENTE. Era chiaro quale fosse il secondo gruppo industriale italiano: non facciamo dialoghi, per favore.
(Così rimane stabilito).
Al riguardo comunico che sono stati acquisiti l'intesa del Presidente della Camera e l'assenso del Presidente del Senato sulla integrazione del programma dell'indagine conoscitiva, su cui hanno convenuto gli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle due Commissioni nella riunione congiunta del 4 luglio scorso.
Non essendovi obiezioni, il programma dell'indagine conoscitiva, deve pertanto considerarsi integrato con le audizioni all'ordine del giorno della seduta odierna.
È presente a questa audizione il dottor Rainer Masera, presidente di San Paolo IMI, accompagnato dal dottor Alfonso Iozzo, amministratore delegato.
Informo le Commissioni di aver ricevuto ieri una lettera con cui il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, mi ha comunicato di non potere intervenire all'odierna audizione per impegni societari e istituzionali precedentemente assunti, facendo presente che non vi era stato alcun preventivo accordo circa la sua convocazione e restando a disposizione per un eventuale diversa data da comunicargli - con congruo anticipo - per evitare l'assunzione di altri impegni.
Ho immediatamente risposto al dottor Geronzi facendogli presente che la data dell'audizione era stata definita nel corso della riunione congiunta degli uffici di presidenza del 4 luglio scorso, a seguito di sollecitazioni provenute da diversi gruppi, e che le due Commissioni avevano necessità di acquisire il prescritto parere di conformità dei due Presidenti di Camera e Senato. Quindi, a seguito della predetta riunione, avevamo provveduto immediatamente ad attivare contatti telefonici preavvertendo che era in arrivo una convocazione ufficiale.
Tengo adesso a precisare che tutte le banche interessate sono state contattate informalmente dagli uffici tra venerdì 5 e lunedì 8 luglio 2002. Nella giornata di martedì 9, acquisite le prescritte intese, avevamo inviato a tutti gli interessati formale convocazione. Per quanto riguarda in particolare il gruppo Capitalia-Banca di Roma, vi sono stati ripetuti contatti, nelle giornate di lunedì e martedì, con le persone allo scopo indicateci dalla segreteria del dottor Geronzi, nel corso dei quali è stato sottolineato che la conferma della partecipazione, in questa sede, del rappresentante del gruppo bancario Capitalia-Banca di Roma non poteva prescindere da
Per quanto riguarda le altre banche, Unicredito italiano ha inviato due fax nelle giornate del 9 e del 10 luglio, con cui confermava la presenza dei propri rappresentanti alla audizione odierna, spiegando anche quale sarebbe stata la delegazione che avrebbe dovuto essere guidata dal dottor Profumo e dal dottor Pietro Modiano, vicedirettore generale. Era anche annunciata la presenza del dottor Celli. IntesaBci non ha invece inviato nessun fax; ho avuto però contatti diretti con la vice direzione generale, che mi ha comunicato la preparazione di un appunto per il dottor Passera, con il quale ho avuto un colloquio pochi minuti fa, nel quale mi ha assicurato la sua disponibilità.
Ripeto, però, che la convocazione era stata tempestivamente stabilita per la giornata di oggi, anche in ragione delle scadenze dei lavori di questa indagine, tenuto conto che entro lunedì 15 luglio dovrebbe cominciare la discussione sul documento finale. Diversamente, avremmo dovuto riattivare la procedura, chiedendo la proroga alla Camera e al Senato. Ho preso comunque atto dell'impossibilità del dottor Geronzi di intervenire all'odierna audizione. Prendiamo altresì atto che analogo impedimento ha colpito contemporaneamente altro rappresentante del gruppo Capitalia, nonché quelli di IntesaBci e Unicredito.
Ritengo che l'unico ospite presente - che ringraziamo non solo per le proprie competenze professionali specifiche, ma anche per la sua disponibilità e collaborazione - non possa parlare in sostituzione degli altri convocati, esprimendosi in luogo di quelli. Su quali basi, infatti, il presidente di San Paolo-IMI potrebbe rappresentare Unicredito, posto che il primo istituto ha partecipato all'operazione su Italenergia, mentre il secondo ne è rimasto fuori, e noi siamo interessati a conoscere le posizioni degli uni e degli altri, con riferimento alle scelte di politica industriale?
Non stiamo svolgendo un'attività di vigilanza, di altrui competenza. Ma il nostro è un compito istituzionale alto, di tutela degli interessi generali del Paese. Attraverso questa indagine acquisiremo elementi cognitivi per chiarire una vicenda grave, che ha colpito un settore importante dell'economia italiana. In ragione dei risultati porremo le premesse per interventi futuri.
Le Commissioni qui riunite hanno lavorato con serietà e i colleghi presenti ne sono pienamente consapevoli, avendo comunque assicurato la loro partecipazione ai lavori in svolgimento, talvolta anche in orari impossibili, per occuparsi della questione in esame. Debbo dire, in proposito, che segnatamente la Commissione che presiedo, già prima di Natale, cogliendo certi preoccupanti segnali, avvertiva la necessità di fare chiarezza sulla vicenda.
Rammento che il Parlamento agisce in nome di interessi generali. Ritengo doveroso rispettare questa istituzione, allorché si venga convocati. In questa sede, tra l'altro, rappresentiamo 45 deputati ed oltre 20 senatori delle Commissioni X della Camera e 10a del Senato, organi autorevolissimi per la qualità e la competenza alta dei membri che le compongono.
Ebbene, credo che la vicenda odierna costituisca un segnale che interpreto con grande precisione. In risposta affermo che non deve essere consentito a nessuno di pensare che vi sia qualcuno sovraordinato rispetto al Parlamento. Ovviamente, ringrazio il dottor Masera della sua sensibilità: essendo stato ministro della Repubblica, sa bene che il rispetto del Parlamento viene prima di ogni altra cosa. Non ci stiamo divertendo, non è un gioco e non siamo a teatro: non abbiamo avviato questa indagine perché costituisca una sorta di godimento; siamo qui presenti per svolgere il nostro dovere come deputati e senatori della Repubblica, senza vincolo di mandato, con l'intenzione di rispondere agli interessi generali. Questa è la premessa che mi sembrava assolutamente doverosa, per rispetto ai colleghi che
Do ora la parola al dottor Masera, di cui apprezzo la cortesia, la gentilezza e la precisione con cui ha voluto ottemperare a questo invito. Svolgerà ora una relazione, e verrà anche distribuito un documento - certamente molto utile ai fini dell'indagine - ai membri delle Commissioni.
Il suo intervento potrà essere integrato da quello dell'amministratore delegato, qualora si ritenga che questo sia utile.
A nostro avviso, è fondamentale, preliminarmente, esaminare la situazione complessiva del gruppo FIAT, avendo presenti le implicazioni della questione di Italenergia. L'intreccio - ed è ovvio, soprattutto per il presidente Tabacci, che lo ha sottolineato più di una volta - è molto forte, per i motivi che indicheremo. E anzi mi permetterei di chiedere al dottore Iozzo di estrinsecare in particolare la questione relativa ad Italenergia, riverberatasi sul gruppo di Giovanni Agnelli, in ragione di un cumulo di indebitamento che lega molte delle relazioni che andiamo ad affrontare.
Il settore dell'industria automobilistica attraversa una fase generalizzata di rallentamento, sebbene con differenze - anche significative - a macchia di leopardo, tra le diverse aree geografiche, accentuata dai fatti dell'11 settembre. La caduta delle borse di quest'ultimo periodo comporta il rischio di alimentare nuovamente fenomeni capaci di riverberarsi negativamente su questo settore fondamentale del consumo durevole.
In tale contesto, il gruppo FIAT sta risentendo in misura maggiore, rispetto ai principali concorrenti, delle difficoltà di mercato e per farvi fronte ha avviato un piano di riorganizzazione con il sostegno del sistema bancario.
Il settore dell'auto è globale, maturo e ciclico, essendo fortemente correlata all'andamento dell'economia nel suo complesso. Sebbene si tratti di beni durevoli, l'industria automobilistica è influenzata in maniera considerevole dal livello di fiducia dei consumatori e delle imprese. Evidenze
Il settore è inoltre caratterizzato da un eccesso di capacità produttiva, che deriva anche da difficoltà nella chiusura di stabilimenti, con conseguente pressione sui prezzi: l'eccesso di capacità a livello europeo è stimato intorno al 20 per cento ed i prezzi in Europa nel 2002 risultano inferiori del 7 per cento rispetto a cinque anni fa. Se ne aprono forse troppi di nuovi e non si chiudono alcuni esistenti. C'è quindi una pressione strutturale sui prezzi verso il basso. Il livello di competizione estremamente forte impone tempi di sostituzione dei modelli sempre più brevi e una crescente segmentazione del prodotto, mentre l'evoluzione delle scelte dei consumatori porta il product design ad essere un fattore chiave di successo, anche nel comparto delle utilitarie.
Il settore è stato connotato da fenomeni di concentrazione tali da portare i primi sei produttori a livello mondiale a detenere una quota di mercato superiore al 60 per cento (i primi dieci arrivano all'80 per cento), con l'obiettivo di raggiungere economie di scala che, pur offrendo importanti vantaggi, non sono di per sé sufficiente a garantire il successo (anche i grandi colossi - si veda il caso di M & A, Merger & Acquisition -, stanno incontrando grandi difficoltà nella loro implementazione).
L'andamento del mercato a livello mondiale, nel primo semestre del 2002, è stato peggiore rispetto alle previsioni e, a mio avviso, non appare al momento ipotizzabile un'inversione di tendenza per il secondo semestre, ciò che dovrebbe determinare una complessiva flessione a fine anno del 5 per cento circa (va peraltro segnalato che sul mercato americano la tendenza è di un certo miglioramento). L'auspicio che il secondo semestre sarebbe stato più disteso, a mio avviso, stenta a trovare corrispondenza nei fatti. In Europa, l'avvento del mercato unico e dell'euro hanno esaltato la concorrenza dei rispettivi mercati nazionali e, d'altro canto, la prevista crescita dei mercati emergenti, sulla quale anche FIAT aveva contato, è stata evidentemente rallentata dall'alta volatilità degli stessi.
In Italia il settore è stato particolarmente colpito con attese di contrazione delle vendite fino al 15 per cento, le immatricolazioni, nel primo semestre 2002, risultano in flessione del 13,4 per cento (17 per cento giugno su giugno) e il presidente Tabacci ha già ben presente questo dato. Al di là dell'impatto degli incentivi, che ripeto sono opportuni, le possibilità di ripresa sono comunque rinviate al 2003. A fronte di tale trend generale, va rilevata la presenza di importanti redditizie nicchie di mercato (SUV - sport utility wagon - , MPV - multi purpose veichle - mini van, macchine innovative sempre più diffuse, costose, e con alti margini di redditività) in forte controtendenza con elevati tassi di crescita, mentre la produzione nazionale non copre in maniera sufficiente questi segmenti.
In tale scenario la FIAT ha visto ridurre la propria quota di mercato a livello europeo dal 12,5 per cento del primo semestre del 1997 al 9,2 nel secondo semestre 2002 (il 10 per cento è considerata soglia critica).
In Italia, la quota FIAT è scesa a al 29 per cento, su giugno, rispetto al 34 per cento dello scorso anno. Il gruppo ha inoltre perso terreno su alcuni mercati emergenti, caratterizzati come noto da negative congiunture politico-economiche.
A differenza di alcuni dei suoi concorrenti, la FIAT ha tradizionalmente avuto una capacità di penetrazione limitata nei segmenti di gamma più elevata, né è riuscita a svilupparsi adeguatamente in quelli di nicchia più innovativi. Questo ha penalizzato l'azienda in termini relativi. Per quanto riguarda la fascia più alta, si segnala che i volumi di vendita di Alfa e Lancia - pari a circa 350 mila unità l'anno -
Recenti studi di settore indicano come i segmenti executive e luxury, rappresentino il 9 per cento delle unità di volume, il 20 per cento dei ricavi, il 46 per cento della redditività del mercato europeo.
Nelle auto di piccola e media cilindrata, che rappresentano per FIAT i segmenti di maggiore focalizzazione, l'anzianità media dei modelli è ben superiore a quella della concorrenza. L'impatto relativamente modesto di quelli più recenti e le forti pressioni sui prezzi hanno compresso i livelli di redditività e di autofinanziamento, determinando un progressivo e forte deterioramento della posizione finanziaria del gruppo. Ciò, come ben sappiamo, ha avuto effetti negativi sui rating, recentemente abbassati ai limiti dell'investment grade.
Va peraltro segnalato che la FIAT ha un'efficienza industriale ad alto livello, con una produttività del lavoro fra le più elevate del settore. Gli impianti di produzione FIAT in Italia sono, sulla base delle esperienze maturate, nel complesso, più efficienti di quelli di altri grandi produttori europei. Solo alcuni, in ragione di una diversificazione degli impianti stessi, sono al di sotto della media europea.
Il quadro sopra tratteggiato, nel complesso negativo, ha evidenti ricadute sull'indotto, sebbene da qualche anno le principali industrie di componentistica (concentrate per il 52 per cento in Piemonte e Lombardia), abbiano diversificato la base della propria clientela, allargando l'incidenza dell'export (dal 1990 al 2001 il flusso di esportazione è passato da 280 milioni a 11 miliardi di euro).
Al fine di mantenere un adeguato posizionamento competitivo, ricordo (lo sappiamo ma è utile averlo presente), che nel marzo 2000 FIAT ha sottoscritto una serie di accordi con General Motors, dando così inizio a importanti azioni finalizzate a conseguire sinergie ed economie di scala.
L'implementazione di questi accordi, non ancora a regime, potrebbe offrire ulteriori vantaggi a medio termine. Ricordo ancora che gli accordi avevano contemplato l'attribuzione a FIAT di un'opzione put, esercitabile a partire dal primo trimestre del 2004.
Il peggioramento del quadro congiunturale e di risultati aziendali ha indotto il management a pianificare sul piano industriale e commerciale un impegnativo programma di ristrutturazione, basato su: un'immediata azione di contenimento dei costi; la rivitalizzazione della gamma e il suo riposizionamento verso segmenti di mercato più profittevoli; la razionalizzazione delle reti di vendita e di assistenza.
Ogni azione appariva ed appare, peraltro, condizionata in maniera prioritaria al conseguimento della riduzione del livello di debito del gruppo, oggetto degli interventi da parte del sistema bancario.
Da ultimo, l'eventuale integrazione da parte del gruppo FIAT delle attività nel segmento auto con GM porterebbe l'infrastruttura dell'industria automobilistica italiana all'interno del principale produttore mondiale del settore, caratterizzato da una forte vocazione globale. In tale ipotesi, sarebbe comunque necessario concordare un progetto che mantenga e anzi valorizzi le competenze industriali e di servizio in Italia. Ciò anche alla luce del fatto che la produttività degli impianti è buona.
Mi si consenta una piccola digressione. Vi è questo problema molto grave del debito. Qualcuno dice - ed è il mio amico Giuliano Amato - che l'Italia è caratterizzata da nanismo delle imprese e questo è vero, nel senso che l'Italia è il paese delle medie imprese, che peraltro devono crescere per affermarsi nel mercato dell'euro. Tuttavia è altrettanto vero che noi abbiamo cinque grandi gruppi che, per connessione economica - non sto parlando di catene di controllo - hanno dimensioni e aspirazioni globali; si tratta di una concentrazione che, sulla base dei dati resi disponibili, è assai simile a quella di Inghilterra, Francia e Germania. Tali gruppi sono oggi cresciuti a seguito di operazioni complesse.
Nel caso FIAT mi riferisco, evidentemente, ad una serie di acquisizioni fatte, sino ad arrivare, da ultimo, all'operazione Italenergia, dando luogo ad un debito
Riguardo all'ultima grande operazioni nell'energia, peraltro ancora in corso - sono note le vicende recenti dell'acquisizione di Edipower -, occorre svolgere una serie di osservazioni. Il piano di ristrutturazione industriale predisposto da FIAT è incentrato sul superamento delle criticità emerse nel settore automobilistico e, in tale contesto, particolarmente importante diventa il processo di ristrutturazione del portafoglio di business e il piano di risanamento finanziario.
In tale contesto, è stata ritenuta coerente da parte delle principali banche - in questo senso, senza entrare nel merito delle questioni sollevate dal presidente Tabacci, insieme all'amministratore delegato, dottor Alfonso Iozzo, esprimo un punto di vista comune delle principali banche - l'assunzione di impegni, a fronte di impegni altrettanto precisi assunti da FIAT, aventi come obiettivo quello di favorire la realizzazione ed il successo del piano di ristrutturazione industriale avviato dal gruppo torinese.
Il 27 maggio scorso è stato sottoscritto un accordo quadro tra FIAT, San Paolo IMI, Intesa Bci e Banca di Roma, ai quali si è aggiunto anche Unicredito, contenente un articolato piano di iniziative incidenti per FIAT e sul versante finanziario e su quello strategico-industriale.
Sul versante finanziario, l'accordo prevede l'assunzione di impegni da parte del gruppo - peraltro già autonomamente enunciati al mercato da FIAT; impegni che noi non abbiamo forzato o coartato, ma soltanto resi cogenti - a raggiungere determinati parametri, ed in particolare il conseguimento dell'obiettivo di far rientrare, entro l'approvazione del bilancio al 31 dicembre 2002, la posizione finanziaria netta del gruppo al di sotto di 3 miliardi di euro e inoltre a perseguire un percorso che permetta anche la diminuzione dell'indebitamento finanziario lordo attraverso una serie di operazioni di cessioni di assets e di deconsolidamento di debiti finanziari.
Da parte delle banche è stato definito un intervento che consenta la perseguibilità di un ordinato percorso di risanamento con modalità atte ad assicurare il necessario apprezzamento anche da parte delle agenzie di rating. È fondamentale che questi impegni, che FIAT aveva assunto nei confronti del mercato, siano rispettati ed abbiano il puntello del sostegno finanziario delle banche per consentire il mantenimento dell'investment grade del debito del gruppo. In tale ottica, nel rispetto della normativa e con i necessari ed opportuni contatti con le autorità creditizie e del mercato mobiliare, che sono state tenute al corrente dell'evolversi dell'operazione, le quattro banche, in veste di lead arrangers e nella forma di club deal, a cui stanno aderendo anche altre istituzioni creditizie italiane e straniere - al riguardo ricordo, in particolare, l'azione svolta dal San Paolo IMI -, si sono impegnate, attraverso la trasformazione di propri crediti, in prevalenza a breve termine, a sottoscrivere un finanziamento «convertendo» (cioè, che dovrà essere convertito) che, di fatto, garantisce per i prossimi tre anni, ove necessario, un'adeguata ricapitalizzazione di FIAT.
In particolare, il finanziamento è «convertendo» nel senso che, se determinate situazioni finanziarie non saranno rispettate, le banche sono chiamate a convertire tale finanziamento; se, invece, la situazione dovesse migliorare - ciò che noi auspichiamo - non si procederà alla conversione di tale finanziamento. Il prestito è di 3 miliardi di euro, ha una durata massima di tre anni e con rimborso mediante sottoscrizione di azioni ordinarie FIAT, da attuarsi con compensazione dei
Ricordo inoltre che è stato assunto da parte delle banche l'impegno ad acquisire il 51 per cento del sistema Fidis, con il riconoscimento a FIAT di una opzione call per la durata di due anni, fatti comunque salvi gli impegni assunti a suo tempo da FIAT con General Motors; al riguardo, faccio presente che il nostro scopo non è di penetrare nel sistema Fidis, ma quello di deconsolidare il debito lordo che rappresenta uno degli aspetti più rilevanti per il credit rating complessivo.
La FIAT - da qui l'aggancio con l'operazione Italenergia - si è inoltre impegnata a realizzare al più presto, e comunque entro il periodo settembre-dicembre 2002, operazioni tali da far sì che l'indebitamento finanziario del gruppo Italenergia non venga cumulato con quello del gruppo FIAT ai fini della normativa Banca d'Italia in tema di concentrazione dei rischi. In particolare, fin quando questa normativa impone il cumulo, il vincolo imposto da Basilea, a cui prima facevo riferimento, in tema di grandi fidi diventa un vincolo molto stringente sia per il gruppo che rappresento sia anche per le altre grandi banche italiane.
Nel contesto dell'accordo è previsto l'impegno di FIAT a fornire, con cadenza trimestrale, adeguata informativa su piani e budget, risultati finanziari ed industriali, nonché sulle operazioni aventi carattere straordinario.
Infine, mi preme sottolineare che noi siamo entrati volutamente nella scelta del piano industriale di FIAT, ma riteniamo che sarà compito del nuovo management del gruppo, che reputiamo ottimo ed al quale esprimiamo sia la nostra solidarietà per la fase difficile in cui si troverà ad operare sia il convincimento che sarà in grado di farvi fronte, presentarci i necessari ed idonei piani industriali atti a superare l'attuale fase di crisi del gruppo. Pertanto, ribadisco che non abbiamo partecipato ex ante alla definizione di questi piani, anche se attendiamo sollecitamente indicazioni chiare su di essi; le azioni finanziarie intraprese non possono essere di per sé risolutive, ma occorre che il piano industriale - fondamentalmente del comparto auto, dato che gli altri comparti, nel complesso, reggono bene il mercato - sia tale da consentire a questa azione finanziaria di esplicare gli effetti. Tuttavia, ripeto, il nodo fondamentale è quello industriale.
Tale operazione ha consentito al gruppo FIAT - con il concorso dei richiamati partner industriali e finanziari - di dar vita, mediante l'aggregazione dei propri asset energetici con quelli del gruppo Montedison-Edison, al secondo polo nazionale del settore, nell'ambito del processo di apertura e rinnovamento del mercato energetico italiano.
Si ricorda, inoltre, che, anche alla luce dei provvedimenti legislativi - in particolare,
Sempre nel corso del 2001, sono state finalizzate le operazioni di concentrazione societaria tra le varie aziende operative per gruppo Montedison/Edison (sono state effettuate, cioè, le dismissioni di tutte quelle attività che sostanzialmente non erano implicate nel settore dell'energia), dando vita alla attuale Edison quotata, società industriale del gruppo. Nel corso del 2002, è stato avviato un ulteriore processo di razionalizzazione, con l'approvazione - intervenuta nello scorso mese di giugno da parte delle assemblee di Italenergia e di Edison - del progetto di fusione fra le due società, finalizzato alla ottimizzazione della struttura operativa e finanziaria del gruppo. L'iter di tale fusione è in corso di svolgimento e dovrebbe essere completato entro il corrente anno, con la quotazione presso la Borsa italiana della nuova Edison, che nel frattempo, nel quadro dei suoi programmi di investimento, ha anche provveduto ad acquisire dall'ENEL la Genco Edipower. Abbiamo, dunque, un gruppo che può avere capacità rilevanti nel settore energetico.
In parallelo a tale riassetto, gli azionisti di Italenergia hanno impostato una serie di interventi diretti al raggiungimento di alcuni obiettivi essenziali per lo sviluppo industriale ed il rafforzamento patrimoniale e finanziario della società. Tali obiettivi consistono nel potenziamento dell'assetto strutturale di Edison, nella definizione prospettica dei rapporti tra i partner industriali e finanziari ed infine, come accennava il presidente Masera, per consentire il «decumulo», a livello di esposizione creditizia, della posizione del gruppo Italenergia/Edison da quella del gruppo FIAT, così come previsto nell'accordo del 27 maggio scorso, precedentemente ricordato.
Sulla base di intese preliminari, quindi, siglate il 14 giugno - dei cui contenuti è stata data ampia e tempestiva informativa ai mercati ed alla pubblica opinione -, gli azionisti hanno concordato di dare corso alle seguenti operazioni: in primo luogo, la creazione di una nuova società - denominata Italenergia Bis Spa - che, replicando esattamente l'attuale compagine azionaria di Italenergia, svolgerà la funzione di azionista di controllo della nuova Edison; l'assetto statutario del nuovo veicolo - nel quale saranno conferite le partecipazioni attualmente detenute dagli attuali partner di Italenergia - è stato impostato secondo linee analoghe a quelle fin qui operanti nella stessa Italenergia. In secondo luogo, la condivisione di un pacchetto di interventi di natura finanziaria, destinati a consentire il potenziamento patrimoniale del gruppo Edison mediante immissione, entro la fine dell'anno in corso, di 2 miliardi di euro di mezzi propri aggiuntivi come capitale (di cui la metà a carico dell'azionista di controllo di Italenergia Bis e il resto mediante aumento di capitale da collocare sul mercato), in modo da preservare - come è importante anche per questa società, oltre che per il gruppo FIAT - adeguati livelli di rating per la società operativa quotata. Infine, definizione di intese tra gli azionisti aventi ad oggetto, in particolare la cessione da parte di FIAT alle tre banche socie di una interessenza pari al 14 per cento (per un valore globale di circa 570 milioni di euro) e la stipulazione di una serie di opzioni contrattuali relative ai diritti di acquisto/cessione fra soci a partire dal 2005 (quando si pensa che la società sia arrivata alla situazione di stabilità) della partecipazione in Italenergia Bis.
In particolare, per quanto riguarda questi accordi, si precisa che, per effetto della struttura di tali opzioni, le tre banche potranno vendere, a partire dall'inizio del 2005, limitatamente alla loro quota del 23 per cento, ad Electricité de France (EDF) - che avrà una simmetrica facoltà di acquisto - l'originario pacchetto da esse detenuto in Italenergia a parametri e
Quanto sopra, peraltro, non comporta che il futuro assetto proprietario del gruppo energetico sia già stato definito nel senso di un'acquisizione a termine del controllo da parte di EDF. Infatti, sempre sulla base delle richiamate intese, la FIAT avrà una facoltà - non ha l'obbligo, ma ha la facoltà - di cedere a sua volta alla EDF, sempre nell'arco del 2005, il proprio pacchetto residuo, pari al 25 per cento. Tuttavia, è espressamente previsto che la FIAT possa, al contrario, mediante l'esercizio delle facoltà statutarie (la prelazione, essendo tra i soci di Italenergia), acquisire anche il pacchetto che le banche possono vendere ad Electricitè de France: se viene offerto ad Electricitè de France, la FIAT ha il diritto di acquistarlo pro quota. Quindi, in base alle facoltà statutarie di prelazione e contrattuali, è previsto che la FIAT possa acquisire nel 2005 il controllo di Italenergia Bis, assumendo la EDF, in tale occasione, il ruolo di partner industriale o di minoranza, anche quando i soci finanziari siano definitivamente usciti dalla compagine.
Tali intese preliminari, siglate tra i soci il 14 giugno ultimo scorso, sono state subordinate al rilascio delle necessarie autorizzazioni regolamentari, nonché al positivo riscontro di ogni altra condizione atta ad assicurare la piena efficacia degli accordi definiti.
La seconda questione che vorrei porre riguarda Italenergia. Dalle sue considerazioni, dottor Masera, abbiamo tratto anche notizie nuove: il fatto che possa esserci un esercizio di un'opzione put da parte di EDF al 2005, e che ciò corrisponda ad un medesimo accordo da parte della Carlo Tassara Spa, significa che - guardando nella sfera di cristallo e senza voler portare sfortuna a nessuno - se nel 2005 non si verificheranno le condizioni favorevoli previste per il gruppo FIAT, la EDF potrà avere il 52 per cento di Italenergia.
A vostro parere, la possibilità che il Governo francese trasformi EdF in Spa costituisce iniziativa sufficiente per superare la sterilizzazione delle azioni al 2 per cento? Congelamento delle azioni accolto unanimemente dal Parlamento come,
Uno dei problemi che si pone, soprattutto in Europa, è che non è indifferente vendere ad uno o ad un altro; infatti, il problema non è soltanto il come e a che prezzo, ma anche, ripeto, a chi si vende. In tal senso, ai tedeschi non farebbe certo piacere un eventuale ingresso massiccio sul mercato di General Motors; tutto ciò, sicuramente, a mio parere, coinvolge anche la politica. Su questo aspetto, desidererei conoscere la vostra opinione.
Ritengo importanti le considerazioni svolte su Toro assicurazioni, anche perché tale società fino a qualche mese fa intendeva acquisire Fondiaria, sebbene oggi la situazione sia, al riguardo, diversa.
Desidero conoscere l'opinione dei nostri ospiti anche in merito alle quote di FIAT detenute dalle banche (ad esempio, la Banca di Roma detiene circa il 9 per cento, mentre San Paolo IMI il 4,5 per cento); in particolare, domando se è vostra intenzione venderle.
Chiederei inoltre che si approfondissero alcuni aspetti inerenti a Fidis.
Infine, una considerazione finale sugli azionisti di FIAT; evidentemente, le banche erano, in qualche modo, obbligate ad intervenire per salvare quella che è anche una loro proprietà. In particolare, le banche sono intervenute non solo per consolidare il debito di FIAT ma anche allo scopo di mantenere l'assetto societario del gruppo. Ciò, però, ha creato, a mio parere, una situazione di disparità tra gli azionisti; difatti, le banche azioniste hanno, in questo modo, la possibilità di gestire le dismissioni di assets di FIAT mentre gli altri azionisti minori no. Desidero, pertanto, conoscere qual è la vostra opinione al riguardo.
Il dottor Masera nel suo intervento ha svolto una descrizione puntuale ed efficace del settore automobilistico sostenendo che si tratti di un settore maturo, globale e fortemente competitivo, il cui andamento è strettamente correlato a quello generale delle economie e caratterizzato da un consistente grado di rischio. Successivamente, ha passato rapidamente ad esaminare la situazione in cui versa il gruppo FIAT.
Il gruppo FIAT presenta, attualmente, rispetto ai concorrenti, una redditività sotto la media; quote di mercato in diminuzione e, soprattutto, una capacità di innovazione fortemente modesta come, d'altronde, si evince da investimenti in ricerca e sviluppo sotto la media rispetto agli altri operatori del settore. Poiché il settore in questione richiede, al fine di essere sempre competitivi sul mercato attraverso un rinnovo continuo della gamma dei modelli in grado di incrociare le esigenze dei consumatori, una forte capacità di investimento, mi chiedo se - piuttosto che una crisi industriale e di management a cui non attribuirei, in termini di responsabilità, più di tanto - non siamo forse all'interno di un'ultima crisi, in senso temporale, dell'organizzazione del capitalismo italiano; in particolare, di un gruppo che vede ancora oggi una famiglia detenere un cospicuo pacchetto di azioni, che lo pone come un caso unico tra le grandi conglomerate, che invece presentano un azionariato fortemente diversificato con una forte presenza di investitori istituzionali, e dove gli azionisti principali detengono pacchetti azionari modesti che consentono una maggiore suddivisione del
Come italiano, ringrazio le banche intervenute in soccorso di questa azienda con un'operazione che definirei «ponte»; operazione che, se da un lato preserva nel breve periodo l'esposizione creditizia delle banche, dall'altro lato si pone come un'operazione di crowding rispetto ai potenziali impieghi di risorse finanziarie che avrebbero potuto essere effettuati verso altri settori produttivi del paese. Operazione che presenta per il sistema creditizio una certa rischiosità e finisce per attribuirgli un compito, in qualche modo, improprio. Pertanto, mi chiedo se non sia il caso di considerare quest'operazione come un ponte verso una riorganizzazione del mercato finanziario italiano che consenta, a sua volta, di porre fine al corporativismo, che vede protagonisti da un lato il sindacato e dall'altro lato le organizzazioni dei datori di lavoro e la Confindustria, che impedisce nel nostro paese lo sviluppo degli investitori istituzionali, in particolare dei fondi pensione; ciò allo scopo di ottenere assetti societari sufficientemente diversificati, simile a quelli degli altri operatori del settore, che consentano di mantenere il gruppo FIAT sui mercati internazionali ed arrestare il processo di decadenza che interessa non soltanto il gruppo torinese, ma l'intero capitalismo italiano.
In primo luogo, la FIAT possiede alcuni stabilimenti di eccellenza: infatti, Melfi è il quarto stabilimento del mondo per produttività. Mi ha fatto piacere che il dottor Masera abbia sottolineato questo aspetto, soprattutto perché vorrei evidenziare come anche nella sua esposizione non sia emersa quell'osservazione ricorrente secondo la quale la mancanza di competitività o gli errori strategici dell'azienda sarebbero imputabili ad una scarsa produttività del sistema. È vero che vi sono problemi all'Alfa di Arese, ma lo stabilimento di Melfi, lo stabilimento di Cassino ed anche lo stabilimento di Mirafiori presentano indici di produttività significativi.
La seconda questione che intendo richiamare riguarda le osservazioni critiche fatte dal nuovo management (dall'ingegner Boschetti), in particolare l'errore di aver compiuto investimenti eccessivi e squilibrati sulle innovazioni di processo ed investimenti minori sul prodotto, ed una grave carenza per quanto riguarda la politica della commercializzazione, tant'è vero che l'impegno principale è rivolto in tale direzione. Vorrei aggiungere, inoltre, che nutro una grande stima per la Boschetti, perché all'Iveco ha lavorato bene.
Ciò premesso, vorrei svolgere una considerazione. Grazie agli incentivi del Governo, in questo scorcio dell'anno si dovrebbero vendere 100 mila automobili in più, e la quota a beneficio della FIAT, grosso modo, dovrebbe essere di 28 o 29 mila auto; tuttavia, quasi contemporaneamente, c'è stata la messa in cassa integrazione guadagni e devono essere prodotte 40 mila vetture in meno. L'azienda, quindi, ha un problema serio, nonostante questi interventi: è vero che tali provvedimenti limitano la caduta della produzione, ma se non vi fossero, tale caduta sarebbe ancora più rilevante. In un periodo così breve, allora, esiste un piano industriale che, oltre a conseguire il risanamento, sia capace di salvaguardare una proprietà italiana? In un mercato così aggressivo, infatti, i tempi pongono, oltre al risanamento, anche un problema di investimenti. Al riguardo, il professor Guerci, ascoltato dalle Commissioni, ha fornito elementi di valutazione molto interessanti, affermando tra l'altro che è molto difficile che la FIAT possa essere competitiva nelle fasce medio-alte del mercato, mentre è più facile per le aziende automobilistiche che si sono consolidate nelle fasce medio-alte diventare concorrenti temibili nelle fasce basse: è il caso della Mercedes e della BMW.
La questione che pongo, allora, è la seguente: nel primo trimestre del 2004 è previsto l'esercizio dell'opzione put con la General Motors; tuttavia, mi chiedo in quali condizioni si arriverà in quella fase, perché non mi sembra vi sia uno spazio temporale sufficiente per recuperare l'attuale situazione di grande difficoltà e di crisi del mercato. Infatti, qualsiasi nuovo investimento richiede tempi più ampi, ed è prevedibile che non vi sia una ripresa consolidata a livello internazionale. Anche gli Stati Uniti hanno una situazione instabile: la «enronite» - questa malattia che scuote i mercati - pone infatti seri problemi di fiducia! Le domando, allora: il sistema concordato con le banche come affronta la fine del 2003 (perché è tra poco più di un anno)? È compatibile il fatto che vi possa essere, allo stesso tempo, una presenza in Italenergia ed una presenza anche nel settore dell'auto? Oppure, come teme il presidente Tabacci, non è che noi italiani rischiamo di fare la fine dell'asino di Buridano, vale a dire che, per non saper scegliere, finiamo per non avere più né una presenza nazionale nel settore dell'energia, né una presenza nel settore automobilistico?
È vero che FIAT Auto ed Italenergia rappresentano due problemi diversi, ma in qualche modo si intrecciano tra loro. Gli ultimi avvenimenti in casa FIAT, con il cambio di management - che, salvo diverse interpretazioni, mi sembra più indirizzato verso una finanziarizzazione dello stesso gruppo, piuttosto che alla sua continuità industriale - fanno immaginare che la scelta fosse già stata fatta nel recente passato (un passato neanche troppo recente), in primo luogo nel marzo del 2000, con l'accordo con la General Motors, e poi con le scelte successive, quali l'operazione Italenergia ed il tentativo sulla Fondiaria assicurazioni, precedentemente ricordate dai colleghi della maggioranza.
Allora, la sensazione delle banche che la scelta del gruppo FIAT di uscire progressivamente dal settore auto fosse stata già compiuta non ha evidenziato che l'appuntamento del 1o gennaio 2004, con l'impegno su altri fronti (gli investimenti appena ricordati) esponeva, in anticipo rispetto alla scadenza del 2004 o degli anni successivi, in modo piuttosto rischioso lo stesso gruppo, come si è poi rivelato con il passare dei mesi e degli anni? In altre parole, esiste ancora la possibilità - come dicono tutti, dal Governo a tutte le forze politiche - che il sistema-paese Italia non possa fare a meno del settore produttivo dell'auto, per quello che tale settore ha significato e può ancora significare per ciò che trascina in sé in termini di innovazione di prodotto e di processo e di creazione di valore aggiunto e di ricerca?
Occorre far fronte a questa situazione per fare in modo di salvare il comparto FIAT auto, che ha alle spalle una grande storia, ma che rischia adesso di non avere un futuro; non dimentichiamoci che già nell'ambito degli accordi stipulati tra General Motors e FIAT auto una parte notevole della produzione di FIAT auto (circa un terzo della produzione complessiva) risulta concentrata sui motori diesel. Ciò costituisce un forte segnale di diversificazione
Il presidente Masera nel corso del suo intervento ha affermato che le società di rating fanno riferimento al debito lordo oltre che a quello netto; in merito ad essi è stato sempre difficile disporre dei dati. Pertanto, chiedo qual è il debito lordo del gruppo FIAT nei vari comparti e nel suo complesso.
Una seconda domanda; qual è l'esposizione finanziaria complessiva del gruppo FIAT nei confronti delle banche che hanno predisposto il piano di sostegno finanziario? In particolare, è possibile, se non è coperto da riservatezza, conoscere la misura dell'intervento di ciascuna di esse?
Quando l'anno scorso venne effettuata l'operazione di acquisto tramite OPA su Italenergia, i limiti, fissati a Basilea dalla Banca dei regolamenti internazionali, esistevano già oppure sono stati introdotti successivamente? E se questi limiti esistevano già, come mai l'autorità di vigilanza non ha ritenuto dovere imprescindibile di segnalare alle banche che esse non potevano finanziare quella operazione, dato che ciò avrebbe portato il loro debito a livelli eccedenti tali limiti? Limiti che, in tema di concentrazione dei rischi, impongono, in pratica, un'operazione che significa la vendita a EdF del pacchetto della FIAT in Italenergia, salvo la possibilità di rivenirne in possesso qualora il gruppo torinese nel 2005 sia in condizioni di farlo; detto ciò chiedo cosa sia avvenuto che ha imposto di effettuare una drammatica marcia indietro rispetto ad un cammino intrapreso anche con il consenso delle autorità di vigilanza.
Inoltre, chiedo al presidente Masera se, a suo parere, il gruppo FIAT abbia effettivamente la possibilità di venire fuori da questa situazione.
Mi chiedo anche se l'esistenza di un put non costituisca di per sé un elemento di debolezza di un piano industriale. Ma questo problema non dovrebbe essere, in un senso o nell'altro, risolto subito? Inoltre, a chi compete la cabina di regia di questa grande crisi che investe l'Italia? Dico ciò perché la crisi del settore automobilistico costituisce una crisi dell'Italia. Essa è di competenza del Governo? Oppure spetta alla Banca d'Italia? E se spettasse alla Banca d'Italia, a che titolo le spetterebbe, trattandosi di una crisi industriale? Oppure spetta alle banche coinvolte nel loro insieme? O semplicemente ad alcune di esse? O, infine, compete all'azienda FIAT?
Concludo osservando che se i responsabili delle banche oggi assenti non hanno avuto la sensibilità di partecipare a questa audizione, è evidente che debbono avere qualche cosa da rimproverarsi; temevano forse che qualcuno dei parlamentari qui presenti potesse chiedere conto di cosa non hanno fatto. È bene pertanto che rimanga agli atti questo nostro dubbio che, con questo loro comportamento, hanno contribuito ad alimentare.
Prima di dare la parola ai nostri ospiti colgo, l'occasione per svolgere una considerazione alla luce delle vicende avvenute un anno fa. Do atto al presidente Masera di aver svolto una relazione di grande qualità, efficace e seria che, tuttavia, non fuga le questioni e i problemi esistenti. Personalmente sono arrivato a questa conclusione; certamente il cambio del management in seno al gruppo FIAT ha dato indicazioni sulla volontà di cambiare il passo. In tal senso, il dottor Boschetti,
Noi non vogliamo conoscere quali siano gli assets che il gruppo abbia intenzione di vendere, ma sottolineiamo la necessità di un'azione molto incisiva per evitare il verificarsi di conseguenze negative. I tempi per salvare il settore auto, o una parte di esso, così come per trattenere in Italia la Edison (rispetto alla quale siamo fortemente irritati per le posizioni che avevamo indicato un anno fa) sono molto stretti e non ritengo sia possibile giungere fino al 2004 senza assumere importanti decisioni.
Presidente Masera, sono stato uno di coloro, allora isolato, che sostenevano la necessità che la sterilizzazione delle azioni fosse trasferita da EdF ad Italenergia perché all'interno di quest'ultima società la situazione non era chiara: i francesi non avevano intenzione di effettuare un'operazione finanziaria ma si ponevano come azionisti di riferimento. Purtroppo i fatti hanno dimostrato che la realtà è questa.
Allora, si è fatto un portage, vale a dire che è stata effettuata un'operazione che ha consentito, proprio attraverso un portage, di far entrare in Italia i francesi. Non stiamo facendo loro una guerra, tuttavia vogliamo sottolineare che siamo in presenza di un mercato asimmetrico (tra l'altro, il mercato elettrico europeo è forse il business più importante esistente) e che tale asimmetria è scandalosa, perché i francesi - i quali vendono all'Italia energia nucleare - fanno cassa e pretendono di venire a fare shopping in Italia senza condizioni di reciprocità! E con uno scherzetto di questo genere, non solo mettono le mani su Edison, ma anche su un pezzo dell'ENEL, perché nel frattempo la Edison ha acquistato la seconda Genco.
Ecco perché non siamo sereni: perché un anno fa non abbiamo visto chiaro. Qual era la cabina di regia un anno fa? I francesi potranno entrare in Italia solamente quando noi potremo entrare da loro! Rispondo io alla domanda dell'onorevole Saglia: non è sufficente quotare la EDF, perché quotare tale società lasciando il 70 per cento in mano allo Stato, senza liberalizzare il mercato, non significa assolutamente nulla! La questione non è come si privatizza, o come si finge di privatizzare, ma come il mercato è liberalizzato, vale a dire come si può consentire ad altri concorrenti, anche di altri paesi, di entrare nel mercato francese a tutt'oggi, oppure nel 2004, nel 2005 o nel 2006. Al riguardo, si è votato in tal senso, ma non sono prevedibili grandi passi in avanti. D'altro canto, i membri delle Commissioni ricorderanno che in questa sede sono venuti i commissari europei Loyola de Palacio e Monti per spiegarci ciò che si ripromettevano di fare ma che, come è stato evidente al vertice di Barcellona, non è stato possibile ottenere.
Questi sono i punti, e si tratta di punti che non potremo non riaffermare, perché quel 2 per cento è ancora lì. Ora, come fa un gruppo come EDF a compiere un'operazione di questo genere se non ha già in tasca la sicurezza di essere padrona di Edison, visto che è «sterilizzata» e che sa che gli italiani non gradiscono una presenza di questa natura? Vuol dire che ce l'ha già in tasca. Questo, allora, è un pericolo che va scongiurato. Ecco perché occorre un risanamento incisivo: per consentire, se c'è la reciprocità, di ricomprare questo asset italiano, perché non c'è ragione di collocare in Francia la seconda azienda elettrica del paese in assenza di reciprocità; dunque, le cose si tengono.
La sua presenza è rassicurante, ma vi invitiamo ad essere non solo molto accorti, ma anche molto incisivi. Vorremmo che questa cabina di regia partisse anche dalle nostre sollecitazioni. Noi non impartiamo indirizzi precisi, tuttavia vorremmo evitare che accadano alcune cose e vorremmo fare in modo che ne accadessero altre: si tratta di un aspetto riguardo al quale vorrei
Se non vi sono ulteriori domande da parte dei colleghi parlamentari, darei ora la parola al dottor Rainer Masera per la replica ed eventualmente, se lo riterrà opportuno, al dottor Iozzo.
Noi non auspichiamo di diventare, in maniera significativa e «pesante», azionisti della FIAT; tra l'altro, ricordo che San Paolo IMI possiede già una quota, dell'ordine del 2 per cento, che rappresentava l'elemento di intreccio - una parola che a volte non piace - e che, peraltro, rappresenta anche il significato di una posizione comune su molti temi. Dal nostro punto di vista, dunque, la risposta a taluni quesiti di fondo è che spetta al management rinnovato, in pieno accordo con gli azionisti forti, trovare le soluzioni migliori, perché quello scenario negativo che taluni di loro hanno presentato ricadrebbe, evidentemente, in primo luogo sugli azionisti attuali, i quali vedrebbero diluito, ridotto o addirittura ridotto significativamente il loro ruolo. Questa, se mi consente, signor presidente, è la mia prima risposta.
Il secondo elemento di risposta si riferisce al quesito posto dall'onorevole Nesi; tra l'altro, sappiamo che successivamente verrà ascoltato il dottor Maranghi. Anche questo è un leitmotiv, perché ci viene sempre chiesto: avete deciso qualcosa per quanto riguarda la Toro assicurazioni? Vi sono decisioni sulle altre grandi partecipazioni societarie del gruppo (ricordo: FIAT Auto, CNH, Toro assicurazioni, Magneti Marelli, Teksid, Comau, FIAT Engeneering, Iveco, FIAT Avio, Itedi e Ferrari)? Ciò è la dimostrazione del fatto che siamo perfettamente consapevoli sia delle esigenze di trasparenza, sia della necessità di evitare conflitti di interesse. Vorrei dire, soprattutto, che l'interesse per un gruppo come San Paolo IMI è che la FIAT prosperi e che il sistema piemontese e torinese continui ad essere punto di riferimento dell'industria di avanguardia in Italia, perché è vero che l'automobile è un'industria matura, ma la tecnologia, il design e quant'altro presenti in tale settore rappresentano elementi di rilevanza fondamentale.
Il nostro interesse, quindi, è mantenere tutto ciò a Torino, in Piemonte ed in Italia. Allora, non vi sono assolutamente accordi di nessun genere che possano prefigurare cessioni di questa o di quell'altra società, e mi viene bene dirlo perché, in fondo, esisteva un'ipotesi che prevedeva che alcune di queste banche svolgessero un ruolo di lead arranger per quanto riguarda la Ferrari; è intervenuta poi un'offerta da parte di Mediobanca molto valida e molto significativa e tale offerta è stata accettata, come doverosamente è avvenuto. Mi sia consentito di aggiungere che cedere ad uno ad uno i «gioielli di famiglia», a mio avviso, sarebbe la scelta peggiore. Sto andando al di là delle mie competenze: sono convinto che l'attuale management sappia perfettamente ciò, e dunque pensare che qualcuno possa ritenere che la cessione progressiva dei «gioielli di famiglia» possa risolvere i problemi delle banche non è corretto. Quindi, occorrono scelte forti, in tempi molto rapidi, da parte dell'attuale management. In tal modo, rispondo anche all'onorevole Saglia, il quale parlava dell'ipotesi di cedere ulteriori asset.
Per quanto riguarda la questione del 52 per cento di EDF, posta sempre dall'onorevole Saglia, chiederei al dottor Iozzo di rispondere successivamente su questo argomento. Tra l'altro, chiedo ai commissari di vederci anche sotto un altro punto di vista: le tre banche, ed al limite anche la Tassara Spa, rappresentano quel presidio che può consentire che questa grande
Per quanto riguarda i quesiti sulla Fidis, risponderà il dottor Iozzo; per quanto concerne la questione sollevata dall'onorevole Barbieri, invece, vale a dire se si tratti di una debolezza intrinseca del sistema capitalistico italiano, vorrei rispondere che il sistema capitalistico di carattere familiare incontra indubbiamente difficoltà del momento in cui vi sono aggregazioni di grande rilievo; tuttavia il capitalismo familiare risolve anche alcuni di quei nodi e di quei conflitti di interesse che abbiamo riscontrato in altri sistemi, e quindi esprimo un giudizio complesso.
Possiamo osservare che le aziende in cui il management diventa azionista - caratteristica tipica del sistema anglosassone - incontrano delle difficoltà, mentre invece, nel caso di azionista familiare, i conflitti di interesse vengono risolti in maniera diversa. Va riconosciuto al senatore Agnelli il suo attaccamento all'industria dell'auto, che per lui rappresenta la continuità di oltre 100 anni di storia industriale; un attaccamento basato su una fiducia profonda nella capacità di questo settore di rinnovarsi. In tal senso, il nostro ruolo è di favorire, in modo opportuno, questa fase di delicata transizione, pronti a ritornare a svolgere il nostro tradizionale ruolo non appena le condizioni lo permetteranno.
L'onorevole Benvenuto ha fatto riferimento alla buona impressione fatta, in sede di audizione alla Camera, sia del presidente Fresco sia dell'amministratore delegato di FIAT auto Boschetti; capisco l'esigenza di fare chiarezza sul settore in questione, però non instilliamo il dubbio che FIAT possa incontrare difficoltà ancora maggiori di quelli attuali e non essere più il punto di riferimento dell'industria europea dell'auto. Ciò sarebbe completamente errato; gli impianti produttivi di FIAT sono di assoluto rilievo e andranno integrati nel sistema di produzione europea nel modo migliore: da soli, o con un'aggregazione con General Motors anche per il tramite di un asset swap. Al riguardo posso dire, avendo studiato a lungo gli impianti produttivi di Opel, che tali impianti non sono mediamente più produttivi di quelli di FIAT. Pertanto, è nostra esigenza di favorire e mantenere all'interno del sistema Italia tutta la produzione di FIAT mantenendone a Torino il punto di riferimento; altrimenti, corriamo il rischio che si possano manifestare sui mercati degli effetti negativi. Perché, se i consumatori dovessero avvertire il rischio insito nelle difficoltà incontrate dal gruppo FIAT, ciò potrebbe condurre ad una possibile riduzione delle vendite del gruppo e, a mio giudizio, ciò sarebbe completamente fuori luogo; le strade da percorrere sono molte e dipenderà principalmente dal management decidere se esercitare o meno questo put in quanto, dall'altra parte, non c'è un call. Quindi, le carte sono in mano al gruppo FIAT, ed inoltre gli azionisti attuali possono svolgere un ruolo di rilievo, addirittura a livello di General Motors che - ricordiamo - è una public company.
Passo ora a rispondere ai quesiti posti dall'onorevole La Malfa; innanzitutto, la nostra operazione - nei confronti di EdF
L'indicazione del cumulo dell'indebitamento è stata effettuata nel tempo ed esistono oggi le premesse perché il decumulo dello stesso possa avvenire, anzi è stato posto come condizione. Le autorità di vigilanza stanno valutando attentamente il problema che dovrebbe essere risolto in tempi relativamente brevi. Ciò consentirà separatezza nelle decisioni e contribuirà, nelle forme appropriate, con altre banche italiane ed estere a valorizzare appieno questo gruppo che, a mio avviso, ha in sé risorse sia manageriali sia produttive estremamente valide; occorrerà, pertanto, fornirgli strumenti finanziari per consentirne la crescita; l'operazione Edipower in tal senso riveste una notevole importanza. Potremmo anche avere, entro la fine di luglio o di agosto, se questi nodi verranno sciolti, in sede di valutazione di merito del fido complessivo concesso dalle banche, una società Italenergia separata rispetto alla Giovanni Agnelli.
In ordine al quesito posto dall'onorevole Nesi, che chiedeva se la FIAT ce la facesse prima del 2004, posso rispondere che al riguardo esistono i presupposti; in particolare, esiste una capacità produttiva; il marchio Alfa Romeo vende bene grazie anche alla presenza al suo interno di prodotti sicuramente significativi. Non è vero che non esistono nuovi modelli presto verrà lanciato sul mercato un nuovo modello Lancia: nel segmento delle auto di piccola cilindrata e lo stesso Boschetti ha affermato che la FIAT Stilo (di cui è prevista la produzione di un nuovo modello) sarà dotata di contenuti tecnologici diversi da quelli attuali, che la renderanno meno sofisticata ponendola come modello con cui aggredire, nel proprio segmento, il mercato; il giudizio sulla Stilo non è stato presumibilmente oggettivo, perché se è vero che tale modello non è stato un enorme successo, è vero anche che, tenuto conto delle condizioni attuali del mercato, non è stato nemmeno un insuccesso. Pertanto, queste nuove forme di marketing del prodotto hanno tutte le carte in regola per risultare in futuro efficaci. Esiste anche all'interno del gruppo una tecnologia - quella Ferrari - di eccellenza a livello mondiale. Quindi, esistono, come detto, gli ingredienti, ma occorre un ponte relativamente forte, auspicando inoltre che le condizioni macroeconomiche non peggiorino.
Il nostro ruolo è di fungere da ponte senza entrare per ora nelle scelte industriali del gruppo; ciò non vuol dire non essere interessati, anzi, saremo degli attenti valutatori dei piani industriali che ci saranno sottoposti e daremo, entro tempi brevi, gli opportuni suggerimenti, però non intendiamo confondere i ruoli.
La seconda considerazione riguarda gli asset da vendere. Intanto, credo che vi sia trasparenza, perché gli azionisti minori sono tutti «alatissimi»: infatti, se si vende qualcosa, rimane nelle casse degli azionisti minori. Il prezzo della Ferrari è buono, e ciò andrà a vantaggio di tutti gli azionisti; pertanto, non c'è qualcuno che si è preso qualcosa (tra l'altro, ciò non sarebbe possibile per legge). Quindi, credo che in questo caso l'operazione trasparenza sia stata garantita, tanto è vero che l'unico acquisto fatto, la Fidis, è stato citato. Perché proprio la Fidis? La Fidis è un favore che facciamo alla FIAT, proprio perché non conta solo l'indebitamento netto, ma anche l'indebitamento lordo; pertanto, c'era una funzione di finanziamento svolta dalla FIAT attraverso il gruppo Fidis, e se vuole, possiamo svolgerla noi banche. Ciò può essere utile, perché la FIAT è obbligata dagli accordi all'impegno, già annunciato, di ridurre sia l'indebitamento netto, sia l'indebitamento lordo. Una delle vie per ridurre l'indebitamento lordo è la cessione della Fidis, per cui, se la FIAT lo ritiene, possiamo svolgere tale funzione, ma unicamente per favorire la riduzione dell'indebitamento lordo.
Il terzo punto riguarda Italenergia. Credo che la questione Italenergia, come ha già affermato il presidente Masera, abbia consentito di utilizzare e valorizzare le risorse della FIAT, che ha tratto un vantaggio non indifferente, perché ha potuto creare un gruppo importante. Le banche, evidentemente, sono disposte a sostenere tale sforzo. Si tratta di banche che hanno un ruolo finanziario, ed il termine è il 2005. Tale anno non è né troppo vicino, né troppo lontano; tra l'altro, non è un caso che sia il 2005, anziché il 2004. Tuttavia, nel 2005 potremo avere comunque tre elementi. In primo luogo, poiché non sappiamo cosa accadrà nel 2005, la FIAT potrà essere sicuramente in grado di sviluppare tale settore; in secondo luogo, qualora non si verificassero mutamenti legislativi, l'operatore estero voterebbe sempre per il 2 cento (e poi, come dire, finché non ha più del 98 per cento, c'è sempre qualcuno che vota di più; quindi, basta che non compri più del 97 per cento per non avere il controllo, e questo è per assurdo); in terzo luogo, infine, l'accordo - ed è un elemento importante - lascia aperta alla FIAT la strada di trovarsi un partner, se vuole, e ciò non è escluso.
Credo che tutto ciò sia importante; tuttavia, abbiamo sempre avuto la sensazione che, in questa fase, la EDF sia interessata solamente una collaborazione tecnologica, e non ad ottenere la maggioranza, tant'è vero che ha accettato tutte queste clausole, tra cui quella per cui la FIAT può, se vuole, trovarsi anche un partner. Evidentemente, siamo dunque in presenza di un operatore importante, e speriamo tutti che da qui al 2005 il sistema bancario, finanziario, produttivo e degli investitori istituzionali italiano sappia esprimere le sue capacità e sappia proporre, in quel momento, soluzioni diverse.
Ringrazio il presidente e l'amministratore delegato del San Paolo IMI di Torino e dichiaro conclusa l'audizione.
Ringraziamo sentitamente i nostri ospiti per aver accolto il nostro invito. Vorrei ricordare che, come è noto, questa indagine è stata avviata circa 40 giorni fa ed ha avuto tempi molto stretti. Abbiamo lavorato in maniera molto intensa e questo è l'ultimo incontro previsto, perché entro lunedì dobbiamo iniziare a redigere le conclusioni. Questa audizione, quindi, è molto importante anche perché, come è noto, Mediobanca Spa è stata protagonista di una recente operazione che riguarda la Ferrari (uno dei gioielli del gruppo FIAT), ed è significativo che l'indagine conoscitiva si concluda così.
Darò ora la parola al dottor Maranghi per la sua introduzione, ed invito i colleghi parlamentari a svolgere successivamente osservazioni ed a chiedere chiarimenti, al termine dei quali il dottor Maranghi, ed eventualmente il dottor Pagliaro, potranno offrire ulteriori spunti ed elementi. Sono grato loro per quanto diranno ed anche se vorranno confortarci lasciando a disposizione dei documenti; nel caso non li avessero portati, sono pregati di farli pervenire al più presto alle Commissioni, magari nel giro delle prossime ore, poiché siamo nella fase conclusiva dell'indagine.
Do ora la parola al dottor Maranghi, ringraziandolo ancora per aver accolto il nostro invito.
Come voi sapete, siamo intervenuti in questo contesto con l'operazione che riguarda la Ferrari, di cui era stato programmato un collocamento in Borsa. Abbiamo ritenuto di poter fare alla FIAT un'offerta che aveva caratteristiche diverse dall'impostazione iniziale (se abuso della vostra pazienza e del vostro tempo, il presidente è pregato di interrompermi). Ricordo, infatti, che la precedente impostazione prevedeva un collocamento in Borsa a cavallo tra i mesi di settembre ed ottobre; tuttavia, tale schema non dava certezza sia sugli importi, sia sulla realizzabilità dell'offerta. Al riguardo, vorrei segnalare che proprio in questi giorni è stata ritirata un'importante offerta al mercato di un gruppo italiano proprio a causa delle sue attuali condizioni. Mi permetto di ricordarvi che negli ultimi tre giorni le Borse mondiali hanno perso, mediamente, intorno al 7-8 per cento; inoltre, oggi è stata una giornata difficile in Europa, ed è iniziata con un tono molto difficile anche negli Stati Uniti, dopo un'altra giornata terribile come quella di ieri.
Il precedente schema, dunque, non dava certezza della possibilità di realizzare tale operazione, ed al tempo stesso non dava certezza di prezzo. Faccio anche una considerazione: probabilmente, in questo contesto di mercato, molto volatile e perturbato ogni giorno da notizie che sicuramente non incoraggiano una prospettiva di ripresa dei corsi, se la FIAT fosse stata costretta a ritirare l'operazione dal mercato, l'effetto sul rating della FIAT e sui suoi programmi sarebbe stato certamente devastante.
L'offerta di Mediobanca, accettata dalla FIAT, fa parte di quel bagaglio tecnico-professionale al quale la nostra banca è allenata praticamente dalla sua costituzione. Mediobanca ha formato un consorzio per l'assunzione a fermo del pacchetto che fa capo alla FIAT, assicurando un prezzo ed una certezza per la stessa, e si
Per quanto concerne quello che è stato riportato sugli organi di stampa, e cioè l'esistenza di un piano Mediobanca e altri temi di questo genere, desidero far presente ai membri delle Commissioni che i piani generalmente, anzi così dovrebbe essere sempre, li predispongono le imprese: l'imprenditore (come socio di riferimento o di maggioranza relativa) o nel caso in cui, invece, non dovesse esserci l'imprenditore, perché in presenza di società ad azionariato diffuso, il management della società. L'intervento delle banche - in posizione di banche creditrici o, come disse Cuccia a proposito di Mediobanca nel corso di un'audizione, «Mediobanca è un centauro» nel senso che ha due anime, quella di banca che effettua finanziamenti alle imprese e quella di banca d'affari - avviene a valle di un piano che è stato predisposto dall'azionista o dal management della società; ne vagliano e ne approfondiscono gli aspetti di carattere finanziario ed economico, ne valutano le compatibilità con lo stato di salute dell'azienda e con le sue prospettive e sollevano eventuali osservazioni. Da questo dialogo tra i responsabili dell'impresa e delle banche ne scaturisce un progetto, un programma che, se è condiviso dalle banche, ne ha anche necessariamente il sostegno.
Mentre attendevo di essere introdotto ho letto delle agenzie di stampa; in alcune di esse è riportato che esiste un piano, mentre in altre se ne attende con sollecitudine la presentazione. Pertanto, non ho compreso se esiste veramente un piano e se esso sia stato già vagliato dalle banche; quello che posso dire è, in primo luogo, che Mediobanca non ha avuto alcun ruolo in termini di apprestamento o di valutazione di piano, sempreché esso esista; in secondo luogo, non esiste un piano Mediobanca. Naturalmente, non si può affermare che la situazione della FIAT si sia manifestata dalla mattina alla sera; come Mediobanca, in quanto parte del sistema Italia, avevamo al riguardo delle consapevolezze sulle quali, al nostro interno, abbiamo effettuato delle riflessioni ed immaginato dei percorsi, ma da questo ad arrivare ad un nostro coinvolgimento o alla nostra preparazione di un qualsivoglia documento ci corre il mare.
Nel corso di quarant'anni di vita professionale svolta all'interno di Mediobanca ho visto tutto e il contrario di tutto; ho visto grandi gruppi italiani (e tra questi anche la FIAT) e non solo, che periodicamente si sono trovati di fronte a congiunture di mercato o a situazioni interne difficili. Ritengo che sul problema della FIAT si sia drammatizzato molto; meglio sarebbe stato se il tutto fosse stato vagliato ed approfondito con maggior silenzio. Non mi riferisco naturalmente ai lavori svolti dalle due Commissioni parlamentari, che ritengo perfettamente legittimi, dato che la FIAT è stata il campione dell'imprenditoria privata e, come tale, fa parte del sistema Italia, il quale, se non avesse più una FIAT, forse sarebbe un sistema fortemente indebolito. Tuttavia, in questo contesto si è eccessivamente sottolineato, ponendolo in termini drammatici, il problema della FIAT. Difatti, due anni fa il gruppo Peugeot si era trovato ad affrontare un periodo di crisi; oggi, invece, tale gruppo rientra tra le case automobilistiche che ottengono i risultati migliori. Allo stesso modo, i membri della Commissione sono sicuramente al corrente dell'andamento dei conti della BMW, la quale, tempo fa, si era cacciata in una tragica avventura, l'acquisizione della ex Rover in
Inoltre, riscontro nel nostro paese una grave sottovalutazione della situazione internazionale non tanto da parte degli operatori economici - perché devo riconoscere che ho riscontrato un'attenzione in tal senso da parte del presidente della Confindustria e dei responsabili della FIAT -, quanto a livello politico, come, per esempio, da parte del Governo nello stesso Documento di programmazione economico-finanziaria. Mi riferisco al problema dell'andamento delle Borse ed alle conseguenze del caso Enron, che si sta ripetendo. Nel corso di una audizione, infatti, il presidente della Consob Spaventa ha affermato che il caso Enron ha un effetto molto più devastante dell'attentato alle Torri gemelle, e lo stesso concetto è stato ribadito sia dall'avvocato Fresco, sia dal presidente della Confindustria D'Amato. Ritengo giusta, quindi, l'impostazione che è stata adottata per la Ferrari, ma per quanto riguarda la possibilità di risanamento in futuro della FIAT, quanto incide questo andamento dei mercati? E quanto le conseguenze del caso Enron, lungi dall'arrestarsi e che anzi, come lei ricordava, hanno avuto anche effetti recenti?
Vorrei aggiungere che ciò si accompagna, nel nostro paese, ad una crisi della Borsa (ho visto anche i risultati dei fondi d'investimento) ed ad un clima di sfiducia crescente e forte, con il dirottamento di risorse e di risparmio in altre direzioni. Quanto può incidere tutto ciò, allora, su questa operazione di risanamento della FIAT, sulle scelte che devono essere compiute, o anche su un possibile accordo tra la General Motors e la FIAT?
Infine, non incide negativamente il fatto che in Italia non vi siano quei fondi pensione che avrebbero potuto giocare anche un ruolo di maggiore stabilizzazione dei mercati contro le bolle di carattere speculativo?
In secondo luogo, vorrei cogliere l'opportunità della sua presenza per porre una domanda di carattere più generale. In precedenza abbiamo ascoltato i rappresentanti di una delle banche intervenute in FIAT per quanto riguarda l'esposizione debitoria, quindi con un'operazione un po' diversa rispetto a quella operata da Mediobanca in Ferrari. Si afferma spesso che il sistema italiano ha un problema di «nanismo» delle imprese di piccole e medie dimensioni, che hanno bisogno di crescere; tuttavia, dall'altro lato credo che non sia una affermazione fuori luogo dire che anche le banche italiane, seppure con masse critiche completamente diverse, non abbiano raggiunto quella capacità competitiva a livello globale che potrebbe essere ottenuta con livelli di massa critica più elevati. Dall'alto del suo importante osservatorio, dunque, secondo lei le banche italiane sono in grado di sostenere la crescita strutturale del sistema imprenditoriale italiano?
Credo che questo sia un elemento che darà sicuramente un riferimento non solo rispetto al più grande gruppo privato italiano, qual è la FIAT, ma anche in prospettiva, perché è chiaro che se notevoli risorse vengono destinate in quella direzione, magari possono venire a mancare risorse che riguardano più propriamente il sistema-paese.
Sappiamo che il 27 maggio scorso è stato sottoscritto un accordo quadro, tra la FIAT da una parte e dall'altra San Paolo IMI, IntesaBci e Banca di Roma, alle quali si è aggiunto successivamente Unicredito italiano, contenente un articolato piano di iniziative - che non ci è dato conoscere - che per la FIAT sarebbero incidenti sia sul versante finanziario, sia su quello strategico-industriale. In questo quadro - ricordo che l'onorevole La Malfa ha posto precedentemente il problema di «quale cabina di regia» - ed informando le autorità del credito, le stesse quattro banche si sono impegnate, attraverso un'azione di trasformazione dei propri crediti (in prevalenza a breve termine) a sottoscrivere un finanziamento «convertendo», finalizzato ad un'adeguata ricapitalizzazione della FIAT, avendone previsto la formalizzazione nel corso del mese di luglio.
Il presidente di questa Commissione si chiede se queste azioni possano essere raccordate all'azione che Mediobanca ha svolto su Ferrari oppure siano disancorate; se tali azioni si possono raccordare le cose avranno un senso, viceversa la preoccupazione di ridursi crescerebbe, perché non solo il piano industriale non è facile da individuare, ma gli interventi che dovrebbero essere organizzati separatamente, sebbene diretti a risolvere il problema, richiedono un'azione di concertazione che, al momento, non è dato di vedere. Mi pare, quindi, a conclusione di questa indagine conoscitiva, che sia questo il nocciolo della questione.
È evidente che quanto è avvenuto un anno fa (l'OPA su Montedison) - di cui noi non abbiamo certo mancato di evidenziare la pericolosità dell'ingresso in Italia, in condizione di non reciprocità, di un concorrente come EdF - fu resa possibile grazie all'intervento di almeno tre delle quattro banche di cui si parla.
A me non interessano le cronache, le vicende e i contrasti, anche se siamo di fronte ad un rischio-paese che tocca un settore delicato - quello dell'auto - portante per l'economia italiana che vede protagonista il primo complesso industriale paese. Al riguardo la cabina di regia presuppone che in questo caso si dia luogo
Ritengo, quindi, che un'iniziativa in questo senso intrapresa dal Governo potrebbe essere utile ad orientare un intervento coordinato avente lo scopo di tenere, in termini di regia, quanto più possibile il settore dell'auto in Italia. Perché è vero che gli stabilimenti automobilistici in Italia sono di ottimo livello, così come esiste una manodopera di primissima qualità, ma occorre che la «testa» rimanga in Italia. Il problema, pertanto, è come si organizza la regia e come muoversi affinché il comando del gruppo, assieme ad altri non dico in modo esclusivo, rimanga nel nostro paese. Al riguardo trovo che esista un problema di concertazione su cui desidero conoscere il parere dell'amministratore delegato di Mediobanca, dottor Maranghi; anche perché questa mia opinione la considero tutt'altro che peregrina, in quanto mette il dito proprio in mezzo all'ingranaggio.
Nel corso dell'ultimo anno ci siamo sentiti dire che l'acquisizione di Montedison avrebbe rappresentato un'operazione positiva; pertanto, chiedo ai nostri interlocutori: tale acquisizione ha accelerato oppure ritardato la crisi della FIAT? In altre parole, se non ci fosse stata l'acquisizione di Montedison, il gruppo FIAT, tenuto conto dell'andamento del mercato dell'auto, avrebbe fatto registrare una crisi più o meno grave di quella attuale?
A novembre è stato detto che si sarebbe proceduto ad un cambiamento del management del gruppo e che esisteva un piano; a gennaio che era pronto un piano preciso; infine, a giugno si è scoperto che la crisi del gruppo era devastante. Conseguentemente, la domanda che abbiamo il dovere di porre al Governo è questa: esiste un'indicazione, o un'impostazione che renda tranquilli i parlamentari che questo importante asset della vita economica del paese rimanga, oppure il paese rischia di perdere sia il settore dell'energia sia il settore dell'auto?
Infine, a conclusione di questa indagine conoscitiva, chiedo ai componenti delle due Commissioni se abbiano ottenuto risposta a tale domanda oppure si trovino ancora in una situazione di incertezza in ordine alla strada da percorrere.
Chiederei al dottor Maranghi di spiegarci se l'intervento, sia pure intenzionale, sulla situazione della Ferrari non sia già un principio di interessamento alla situazione della FIAT, salvo gli strumenti diversi, perché, data la partecipazione della FIAT in Ferrari, non si può considerare estraneo un interessamento, comunque sia, alla FIAT; tant'è vero che egli ha detto che dei due progetti, uno antico (o comunque precedente) e l'altro in corso (o comunque, vicino a divenire in corso), questo secondo era fermo, cioè si sarebbe pervenuti ad una programmazione dell'intervento su Ferrari, id est su FIAT, assicurando cioè l'impresa Ferrari-FIAT rispetto alla partecipazione di terzi, che sarebbe avvenuta in un secondo tempo.
In sostanza, e conclusivamente, sia pure attraverso l'interessamento alla Ferrari, Mediobanca si è interessata all'evoluzione migliorativa della situazione della FIAT? Perché questi due termini, così come li ho sentiti, mi sembrano contraddittori: essere o non essere interessati a qualcosa, al tutto o alla parte del tutto.
Onorevole Benvenuto, in un suo passaggio mi è parso di cogliere che secondo lei questa operazione rappresenta forse un riavvicinamento-avvicinamento. Allora, mi trovo in una sede seria, e vorrei che i giornali ed il giornalismo fossero corretti. Si tratta di un discorso rispettabilissimo: come loro sanno, ho iniziato la mia carriera professionale come giornalista in un quotidiano economico; tuttavia, ciò che si scrive sui giornali molte volte non ha nessuna attinenza con la realtà. Allora, qui mi preme riaffermare che nei rapporti tra gruppi ci possono essere momenti di dialettica ed anche di non condivisione, ma Mediobanca non aveva bisogno di un «passaporto» per trattare o parlare con la FIAT: Mediobanca ha una storia con la FIAT che comincia dal momento della costituzione della banca, e personalmente io ho una storia di quarant'anni di rapporti con la FIAT. Quindi, l'operazione Ferrari è un discorso che va valutato per sé; poi, risponderò anche all'onorevole Mancuso, anche se in parte forse anticipo alcune risposte, perché gli argomenti sono comuni.
Per quanto riguarda tale operazione, mi sentirei di dire con un certo orgoglio che, fra tutte le operazioni di cui ho letto sui giornali - quindi, non ho diretta contezza -, nella mia personale valutazione l'operazione Ferrari è l'unica operazione positiva per FIAT. Credo di aver spiegato perché, e ritorno sull'argomento; se il presidente me lo consente, per sistematicità della risposta farò dei passaggi che riguardano anche altri interventi. Onorevole Mancuso, la Ferrari non aveva bisogno di essere riorganizzata, salvata o quant'altro; dopo le spiegherò perché crediamo nella Ferrari. Quindi, non è che Mediobanca è intervenuta a favore della Ferrari: l'operazione Ferrari è un operazione molto positiva per la FIAT, ma lo è anche per Mediobanca. Infatti, siamo riusciti a coniugare gli interessi del cliente con quelli della nostra banca, vale a dire
Il nostro intervento su Ferrari, quindi, ha coniugato tutti gli aspetti che riguardavano sia lo stato di salute della FIAT, sia gli interessi di Mediobanca, e rappresenta, dal punto di vista della FIAT, un'operazione molto positiva per le ragioni che ripeto: ha fissato un valore, e debbo ricordare che questo valore...
Torno alle domande poste l'onorevole Benvenuto, che ha parlato di una situazione di crisi di liquidità della General Motors. Non parlerei di crisi di liquidità perché, tradizionalmente, le imprese automobilistiche hanno un livello di indebitamento più elevato rispetto alla media delle aziende a carattere industriale, e concorre a determinare tale condizione il fatto che tutte le imprese automobilistiche dispongono di una propria rete di finanziamento delle vendite al consumatore finale. Quindi, il livello di indebitamento delle imprese automobilistiche ha una sua peculiarità perché, a fronte di tale indebitamento, non vi sono solo gli aspetti di finanziamento delle attività produttive, ma anche il finanziamento della rete di vendita e dell'acquirente. Certamente, come la stessa Ford, la General Motors, anche se non in misura così drammatica, non ha in questo momento una grande floridità di liquidità; tuttavia, ha effettuato un'operazione importante, perché la GM aveva un'attività molto apprezzata nel campo dei media (aveva una specie di rete televisiva), attraverso la quale è riuscita a ridurre il proprio indebitamento prima che si manifestassero anche negli Stati Uniti gli aspetti della crisi congiunturale.
Per quanto riguarda l'andamento dei mercati, onorevole Benvenuto, vorrei dirle che per natura sono pessimista, e facendo questo mestiere, non posso essere un ottimista; certamente, sono tra quelli che non hanno condiviso tutti i segnali di ripresa che sono stati dati non recentemente, ma in un passato prossimo. In occasione di recenti scambi di vedute con colleghi prevalentemente americani della professione, ci siamo rivolti una domanda: questa è una crisi congiunturale o strutturale? Ebbene, né io né i miei interlocutori siamo stati capaci di darci una risposta. Si tratta di una riflessione su cui qualche volta vale la pena di meditare.
Si è parlato anche del possibile ruolo che potrebbero svolgere i fondi pensione; in questo caso non posso non citare Cuccia, il quale affermò che l'Italia era un paese «capitalista senza capitali». Il fatto che nel nostro paese manchino i cosiddetti investitori istituzionali e, in primis, i fondi pensione rende l'Italia un paese rachitico rispetto alla generalità degli altri paesi europei, per non parlare di quelli anglosassoni. Però, permettetemi di dire una cosa: questi fondi vendono e comprano sempre tutti insieme; quindi, contribuiscono a creare le bolle speculative le quali, a loro volta, contribuiscono a deprimere il mercato. Ogni medaglia ha sempre il suo rovescio.
L'onorevole Saglia chiedeva del piano Ferrari. A tale piano Mediobanca crede, anche perché la Ferrari costituisce un unicum che non ha paragone in tutto il mondo; un nome italiano che è conosciuto ed apprezzato: è il campione italiano. La Ferrari è una società che produce 4.500 automobili all'anno; negli Stati Uniti, che rappresentano il 30 per cento del mercato, per avere un auto Ferrari si aspettano anche tre anni. Sono convinto che il presidente della Ferrari al salone di Parigi, dove verrà presentato il nuovo modello (una serie limitata di 349 esemplari), annuncerà che tutta la serie è stata già venduta. La ragione del successo della Ferrari dipende anche dall'esperienza maturata nel reparto corse, che costituisce una punta avanzata di tecnologia che la Ferrari è stata tradizionalmente capace di trasferire su una produzione, sia pure di serie limitata, destinata al consumo. I successi della Ferrari in campo sportivo, quando si verificano, aumentano ulteriormente l'apprezzamento, ma anche quando mancano l'apprezzamento non viene meno. Attualmente la Ferrari è sulla cresta dell'onda ed i suoi margini sui prodotti sono straordinari. Si tenga inoltre presente che esiste per le auto Ferrari un mercato del vintage (cioè delle macchine d'epoca) che esprime dei valori multipli dei prezzi di listino delle auto prodotte attualmente a Maranello. La Ferrari, ripeto, è un unicum e di ciò sono convinto, ed essa continuerà ad essere una grande esperienza irripetibile.
La Ferrari è anche impegnata nell'operazione di rilancio della Maserati; la Maserati è un nome glorioso e, soprattutto negli Stati Uniti, mantiene ancora un'immagine straordinaria. È stata l'unica vettura prodotta in Europa che abbia vinto ad Indianapolis: un mito. I modelli oggi in vendita stanno riscuotendo un notevole successo anche perché tecnicamente sono dei prodotti validi; ciò significa che la Maserati a regime può rappresentare un'azienda automobilistica che si ponga ad un livello leggermente inferiore a quello della Ferrari, con una produzione di 10 mila automobili all'anno. Quest'anno per la Ferrari si prevede di produrre e consegnare un numero di auto superiore grazie a degli accordi di flessibilità stipulati con i meccanici di Maranello; le vendite previste per la Maserati sono perfettamente in budget con i risultati economici che erano stati preventivati.
Esistono però anche degli altri aspetti che occorre tenere presenti e che riguardano la rinegoziazione di tutto ciò che fa parte del cosiddetto circo della formula uno. Mondo questo dove vi è un signore, Ecclestone, molto bravo ed intelligente, ma anche molto avido, che nelle sue trattative usa il divide et impera, riuscendo ad ottenere condizioni straordinarie che vanno tutte a profitto della sua attività. Tuttavia, i cinque produttori di motori di formula uno - Ferrari, Ford, Renault, BMW e Mercedes a cui si aggiungerà la Toyota - hanno costituito una società il cui obiettivo dichiarato è di organizzare, a partire dal 2007, un campionato di formula uno bis; in realtà, il loro obiettivo è di presentarsi compatti ad un tavolo in cui da un lato siedono i costruttori di auto di formula uno e dall'altro lato Ecclestone che, in questo modo, non può più imperare come ha fatto fino ad ora.
Si è parlato anche di nanismo delle imprese italiane; poche sono le imprese italiane aventi una dimensione europea. Vero è che esiste un tessuto di imprese medie, medio-piccole e medio-grandi. Se in questa sede c'è qualche parlamentare del Piemonte, si pensi ad esempio alla famiglia Ferrero: si tratta di un gruppo che fattura più di 10 mila miliardi di lire all'anno, è una delle più belle imprese alimentari esistenti sulla faccia terra ed ha una visione globale, perché il marchio Ferrero è conosciuto in tutto il mondo. Ripeto, questo tessuto è di imprese medie, medio-piccole e medio-grandi ed è molto valido, ma può avere un problema. Molte di queste imprese, infatti, sono nate subito dopo la guerra, e gli imprenditori che le hanno create hanno dedicato al loro lavoro ed alle loro aziende molto della loro vita, ma forse hanno dedicato poco tempo all'educazione dei propri figli. C'è un passaggio generazionale molto delicato: se da
Per quanto riguarda la domanda se le banche siano in grado di sostenere lo sviluppo del sistema italiano, non vorrei eludere il suo quesito, onorevole Saglia, tuttavia ci troviamo in presenza di un tema di carattere generale. Abbiamo idolatrato parametri che oggi vengono completamente rimessi in discussione, e tra questi parametri c'è il cosiddetto ROE (return on equity). Il ROE è il risultato di una divisione: se vi sono dei profitti straordinari, il ROE assume un valore alto anche con un capitale elevato; tuttavia, la tentazione di comprimere il capitale (il divisore) per esprimere un ROE molto elevato, che tanto piace agli analisti finanziari, può portare ad una sottocapitalizzazione non soltanto delle imprese, ma anche delle banche. Voi sapete che a Basilea, forse tardivamente, si sono resi conto che i cosiddetti parametri capital ratio, i parametri di liquidità e via dicendo, sono troppo bassi per i rischi che il sistema bancario assume ovunque nel mondo. Avendo capitale proprio relativamente contenuto, scatta automaticamente il problema della concentrazione dei rischi, perché le regole di Basilea della Banca dei regolamenti internazionali hanno portato al 25 per cento dei mezzi propri delle banche il limite massimo di esposizione nei confronti di ogni singolo gruppo affidato. Tale limite era il 100 per cento non nell'ottocento, ma dieci anni fa. I capitali sono rimasti più o meno quelli - non è successo solo in Italia, ma anche in Europa - ma la capacità da parte dei sistemi bancari europei di sostenere la crescita di gruppi industriali di grandi dimensioni è sostanzialmente diminuita.
Tale diminuzione è avvenuta in un contesto dove esisteva un mercato inefficace, e quindi le imprese non potevano ricorrere al mercato per ottenere capitali a titolo di capitale - scusate il bisticcio di parole -, oppure a titolo di debito, emettendo delle obbligazioni, e dunque sostituire al credito del sistema bancario il credito del mercato. Questo «rachitismo» del sistema certamente può avere penalizzato le imprese, e pro futuro rappresenta un problema. Del resto, gli argomenti che stiamo discutendo oggi sono, in buona misura, collegati al tema sollevato dall'onorevole Saglia.
C'è un passaggio sul quale rispondo al presidente Tabacci ed anche ad una domanda posta dall'onorevole La Malfa. Lei, signor presidente, ha ricordato l'accordo quadro del 27 maggio scorso, mentre l'onorevole La Malfa ha parlato dell'OPA su Montedison. Se ricordate, in esordio ho detto che mi sembrava che la questione della FIAT fosse stata eccessivamente drammatizzata. Allora, mi pongo e vi pongo una domanda alla quale non sono in grado di darmi una risposta: non capisco perché quello che era santo e benedetto l'anno scorso, oggi sia diventato demoniaco, perché quando venne lanciata l'OPA su Montedison, si sapeva quanto costava tale OPA (5 miliardi di euro), si sapeva che la Montedison aveva 7 miliardi di euro di debiti e si sapeva che la Montedison era in corsa per l'acquisizione di una Genco dall'ENEL, cosa che poi è avvenuta. Quindi, che si andasse verso una esposizione del sistema nei confronti di un singolo gruppo lo sapevano tutti: come è che ce ne siamo accorti soltanto in questi giorni? Questa discontinuità di comportamenti da sola può mettere in crisi, ma in crisi terribile, un gruppo industriale! È una domanda che io pongo a me stesso, ma non so dare una risposta e non riesco a capire perché quello che era santo e benedetto l'anno scorso, oggi sia demoniaco. Tuttavia, siccome avete autorità ed autorevolezza per approfondire, questa stessa domanda la rivolgo a voi.
Per quanto concerne la domanda se queste azioni possano raccordarsi vorrei rispondere, signor presidente, che non sono passati dieci anni da quando, in spirito di raccordo, come lei lo ha definito, è stata affrontata una crisi molto forte del secondo gruppo industriale italiano.