COMITATO PARITETICO
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 19.
(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che il gruppo Margherita, DL-l'Ulivo ha designato il deputato Roberto Giachetti, che è entrato a far parte della IX Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera, quale componente del Comitato paritetico costituito per l'indagine conoscitiva sulla sicurezza del trasporto aereo, in sostituzione del deputato Lapo Pistelli, il quale ha cessato di far parte della medesima Commissione.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla sicurezza del trasporto aereo, l'audizione dei rappresentanti dell'Associazione nazionale vettori e operatori del trasporto aereo-Assaereo e dei rappresentanti dell'Associazione dei vettori esteri-IBAR.
FAUSTO CERETI, Presidente dell'Associazione nazionale vettori e operatori del trasporto aereo - Assaereo. In base alle indicazioni ricevute con la convocazione, ritengo che il problema fondamentale in trattazione sia la sicurezza nel sistema del trasporto aereo e il modo in cui possa essere assicurata e garantita. Mi limiterò strettamente a questo tema, rimanendo a disposizione, ovviamente, per qualsiasi genere di domanda che rientri nelle nostre competenze. Sono presenti, insieme a me, il dottor Cesare Stumpo, direttore generale della nostra associazione, e il comandante Silvano Manera, nella duplice veste di capo del comitato per la sicurezza della medesima associazione e presidente dell'Italian flight safety committee (IFSC), organizzazione che non comprende soltanto
le imprese di Assaereo ma anche enti di controllo, tra cui l'ENAV, imprese di costruzione e così via. Il comandante Manera potrà illustrarvi più ampiamente i problemi della sicurezza da un punto di vista tecnico.
alcuni mesi fa al Parlamento, in base al quale dovrebbe essere sviluppato un programma di ricerca - si è addirittura ipotizzato di costituire un istituto di ricerca per i trasporti - tra i temi da affrontare ci sia la questione della sicurezza.
sky for Europe; il tentativo che si vuole compiere consiste nell'unificare le attività di tutti i fornitori di sistemi di controllo aereo, da realizzare senza procedere ad una fusione dei vari enti, ma attraverso l'istituzione di un unico ente di regolamentazione. Naturalmente le funzioni di controllo dell'ente sarebbero onnicomprensive ma si arresterebbero sulla soglia di interventi superiori dell'esecutivo e del potere giudiziario.
potrebbe causare quegli incidenti, inattesi o prevedibili, che invece il coordinamento probabilmente eviterebbe.
SILVANO MANERA, Presidente dell'Italian flight safety committee (IFSC). Nella veste di tecnico della sicurezza del volo mi sono premunito di depositare, a vostro beneficio, una documentazione di sintesi in merito alle tecniche e alle informazioni necessarie al fine di migliorare in Italia la sicurezza del volo a partire dall'8 ottobre 2001 (giorno in cui è avvenuto l'incidente all'aeroporto di Linate); ciò per comprendere che cosa è opportuno fare per prevenire nel settore del trasporto aereo incidenti, anziché analizzare quelli ormai avvenuti.
PRESIDENTE. Comandante Manera, la prego di condurre la sua illustrazione un po' più velocemente; riusciremo a seguirla ugualmente.
SILVANO MANERA, Presidente dell'Italian flight safety committee (IFSC). Chiedo scusa, signor presidente.
e la sua frequenza. Il dato stabilizzato, ormai da cinquant'anni, e valevole per ogni settore industriale, rivela che per ogni incidente grave si sono verificati almeno trenta incidents, vale a dire potenzialità di incidente, alcune centinaia di situazioni di rischio ed un numero non quantificabile di mishaps, vale a dire piccoli difetti di produzione che non sono conoscibili.
l'espressione) seppelliti in un luogo da cui non esce più nulla. Gli operatori che intervengono quotidianamente hanno necessità di conoscere le indicazioni di miglioramento. Il reporting system è uno strumento uniformato con quello degli altri 157 Stati membri dell'ICAO e da alcuni anni accettato come standard internazionale.
GIORGIO PANATTONI. I dati che ci ha fornito sono numeri assoluti?
SILVANO MANERA, Presidente dell'Italian flight safety committee (IFSC). Si tratta di segnalazioni che sono state volontariamente effettuate da persone che, in quel momento, operavano in aeroporto e, come detto, riguardano vettori italiani.
particolare per gli aspetti concernenti l'obbligatorietà, la volontarietà e la riservatezza. In questo sistema, che sta funzionando in assenza di normative, il ruolo ricoperto dal cosiddetto riportatore è fondamentale; pertanto, se non si protegge chi riporta le segnalazioni, queste prima o poi cesseranno.
PRESIDENTE. Ringrazio il comandante Manera per aver illustrato in maniera molto articolata la problematica relativa alla sicurezza del trasporto aereo.
GIORGIO PANATTONI. Anche riservate!
PRESIDENTE. Anche riservate; sarà poi cura e responsabilità dei commissari utilizzare, negli stessi termini di riservatezza, tale documentazione; dico questo perché altrimenti finiremmo per svolgere un lavoro molto bello ed articolato, ma anche molto generico che non consentirebbe di giungere a nessun risultato.
SILVANO MANERA, Presidente dell'Italian flight safety committee (IFSC). Condivido quanto appena detto dal presidente Romani in merito alla riservatezza della documentazione messa a disposizione del Comitato, anche perché i dati contenuti nella mia relazione depositata sono assolutamente riservati.
CLAUDIO BALZARINI, Presidente dell'Associazione dei vettori esteri-IBAR. Nella veste di presidente dell'IBAR - associazione che raggruppa 75 compagnie aeree, italiane ed estere, operanti in Italia - dico che, in tema di sicurezza del traffico aereo dopo l'incidente avvenuto a Linate, si è sentito e visto di tutto. In particolare, le domande che tutti si ponevano concernevano la sicurezza degli aeroporti, del volo e delle compagnie aeree.
LIVIA MAGRONE, Consulente dell'Associazione dei vettori esteri-IBAR. Accolgo volentieri l'invito fattoci dal presidente Romani ad essere, nell'esporre le problematiche relative alla sicurezza del traffico aereo, molto concreti.
PRESIDENTE. Il documento sarà pubblica in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 2).
LIVIA MAGRONE, Consulente dell'Associazione dei vettori esteri-IBAR. Inizio ad esaminare i vari aspetti, prima citati, partendo dal disastro di Linate, il quale ha portato all'attenzione dell'opinione pubblica la presenza negli aeroporti italiani - in particolare negli aeroporti milanesi - di alcune carenze, sia strutturali sia procedurali, carenze riconducibili alla mancata ottemperanza di prescrizioni predisposte dal ministro dei trasporti nel gennaio 1998 con cui si recepiva quanto disposto nell'allegato 14-ICAO in merito ad operazioni effettuate in condizioni di bassa visibilità.
MASSIMO FERRO. Come può trarre queste conclusioni?
PRESIDENTE. Colleghi, consentiamo all'avvocato Magrone di concludere, poi potrete intervenire.
LIVIA MAGRONE, Consulente dell'Associazione dei vettori esteri-IBAR. Non intendo giungere ad alcuna conclusione. Affermo soltanto che si è riscontrato per tabulas, documentalmente, che l'atto di indirizzo del ministro non era stato attuato. Anzi, una successiva circolare dell'ENAC, del novembre 1999, aveva prorogato un termine già scaduto, dato che quello fissato dal ministro era di sei mesi, modificando anche le prescrizioni e rendendole più aderenti all'allegato 14 alla Convenzione dell'ICAO.
PRESIDENTE. Mi perdoni, avvocato Magrone, ma in questa sede dobbiamo valutare la situazione attuale. Mi consentirà di osservare che non siamo molto interessati a conoscere il suo parere riguardo a provvedimenti oggi in discussione alla Camera e dei quali siamo perfettamente a conoscenza. I possibili correttivi, o addirittura le sue opinioni riguardo ai provvedimenti legislativi in questione, mi sembrano temi estranei alle domande che le abbiamo posto. La prego, perciò, di limitare la sua relazione alla situazione attuale.
LIVIA MAGRONE, Consulente dell'Associazione dei vettori esteri-IBAR. Mi scuso,
signor presidente, tuttavia ritengo che l'affidamento delle gestioni aeroportuali debba essere effettuato scegliendo i migliori tra i concorrenti, essendo nell'interesse di tutti che ad essi sia affidata la gestione e, quindi, la gara è lo strumento di elezione. La scelta del migliore, infatti, garantisce maggiore sicurezza.
LUIGI MURATORI. Non c'è una condanna!
LIVIA MAGRONE, Consulente dell'Associazione dei vettori esteri-IBAR. C'è un invito all'Italia ad adeguarsi entro due mesi. Si tratta di un parere motivato che rileva la contrarietà di questa norma al trattato di Roma, quindi una condanna del nostro paese per inosservanza degli obblighi derivanti dal trattato. A prescindere dalla eventualità che segua o meno l'adeguamento, o un ricorso alla Corte di giustizia, comunque l'opinione della Commissione è che l'Italia abbia violato il trattato. A mio avviso, comunque lo si voglia definire, il rilievo è grave.
PRESIDENTE. Presidente Cereti, intende aggiungere qualcosa?
FAUSTO CERETI, Presidente dell'Associazione nazionale vettori e operatori del trasporto aereo - Assaereo. Desidero fornire soltanto una sintetica risposta alla sua richiesta di maggior precisione in merito al
problema della sicurezza. Come ho cercato di anticipare, e come anche ricordato dal comandante Manera, riteniamo che in Italia ci siano tutti gli elementi per garantire una buona sicurezza. L'insieme delle procedure rispettate dai singoli operatori è accettabile in riferimento agli standard internazionali. Tuttavia, manca il coordinamento del sistema. In parte, questo rientra nelle responsabilità dell'esecutivo.
PRESIDENTE. Do adesso la parola ai deputati e ai senatori che intendano porre domande o formulare richieste di chiarimento.
LUIGI MARTINI. Ringrazio gli ospiti intervenuti per la chiara esposizione delle loro relazioni. Il comandante Manera nell'illustrare i dati è stato molto preciso, anche se mi rendo conto che risulta molto difficile che in una seduta di breve durata si possa recepire quanto questi dati significano. Pongo comunque una domanda al comandante, in virtù anche della sua grande esperienza internazionale che gli consente di confrontare i sistemi, sia europei che non: in Italia gli operatori che sono istituzionalmente preposti al controllo e alla gestione del traffico aereo posseggono mediamente la cultura ed i mezzi di cui dispongono gli altri operatori internazionali? In caso di risposta negativa, perché?
GIORGIO PASETTO. Ringrazio anch'io gli ospiti intervenuti. Ritengo corretta la premessa da cui siete partiti, cioè considerare anzitutto chi opera sul campo. Per quanto concerne le domande, la prima è questa: qual è lo scarto tra le direttive europee e le indicazioni dell'ECAC ed il sistema italiano? Di quanto eventualmente siamo «fuori linea»?
MASSIMO FERRO. Ringrazio anch'io i nostri ospiti e pongo una domanda al comandante Manera: lei ha detto che il reporting system viene «seppellito». Da chi? Voi inviate il reporting system all'ENAV e all'ENAC. Dal documento che ha messo a nostra disposizione, emerge una sua opinione molto negativa non tanto sui compiti dell'Agenzia per la sicurezza del volto - che sono fra l'altro delineati nel decreto costitutivo della stessa - ma sul modo in cui essa vi ottemperi.
PIETRO TIDEI. Devo dire di non condividere alcuni interventi che ho ascoltato, anche perché ritengo che questo Comitato di indagine debba avvalersi soprattutto dell'opinione più o meno qualificata degli esperti che ha deciso di ascoltare. Quindi credo che coloro che sono stati convocati debbono liberamente esprimere la propria opinione, che spetta a noi valutare; il voler sentire soltanto quello che ci può fare più o meno comodo mi sembra che non sia un atteggiamento corretto; d'altra parte, ritengo che ognuno sia in grado di esprimere non solo orientamenti ma anche conoscenze che ha potuto acquisire per riferirle in questa sede competente ed autorevole.
essere pericoloso, e perché? Si tratta di una affermazione grave che, fra l'altro, incide su un provvedimento il cui esame da parte nostra proprio questa sera è arrivato pressoché alla conclusione.
GIULIO ANTONIO LA STARZA. Intendo svolgere soltanto una riflessione e rivolgere una domanda all'ingegner Cereti. Il comandante Manera nella sua esposizione ha detto di non aver ricevuto dall'Agenzia per la sicurezza del volo alcuna informativa per prevenire eventuali incidenti. Pertanto, sono stati spesi per questa Agenzia soldi dei contribuenti, senza ottenere alcun risultato: mi chiedo come questo sia possibile.
LUIGI MURATORI. Vorrei un chiarimento in merito alla relazione svolta dal comandante Manera; se ho capito bene, la IFSC invia dei reporting system all'ENAV e all'ENAC, su cui non riceve risposta. Vorrei pertanto che chiarisse questo aspetto.
GIORGIO PANATTONI. Ringrazio gli ospiti, cui rivolgo alcune domande per chiarire i molti dubbi che mi sono rimasti.
EUGENIO DUCA. Nella precedente audizione, abbiamo avuto modo di ascoltare i rappresentanti delle organizzazioni sindacali del trasporto aereo; tra questi vi è stato qualcuno che ha osservato che esiste una compagnia che rispetta le norme vigenti in tema di trasporto aereo, si preoccupa di formare il personale e lo sottopone a controlli, mentre gli altri vettori non fanno lo stesso. Ovviamente, nessuno
dei presenti ha fatto i nomi delle compagnie aeree che rispettano le regole e di quelle che non le rispettano, ma alla fine i nomi sono venuti fuori: in particolare, la compagnia aerea che rispetta le regole sarebbe l'Alitalia.
PRESIDENTE. Ritengo che alcune risposte possano essere fornite in questa sede mentre quelle più complesse ed articolate potremo riceverle a mezzo di memorie scritte, che consentirebbero anche un maggiore approfondimento.
LIVIA MAGRONE, Consulente dell'Associazione dei vettori esteri-IBAR. Signor presidente, se lei consente, e se lo ritiene opportuno, vorrei fornire risposte su altri punti.
PRESIDENTE. Certamente, ma prima desidero organizzare i lavori, in quanto le domande sono molte e sono rivolte a diversi interlocutori: il comandante Manera è stato evocato più di una volta, ed anche lei, avvocato Magrone. Perciò propongo di iniziare da lei, avvocato, e, a seguire, il comandante Manera.
LIVIA MAGRONE, Consulente dell'Associazione dei vettori esteri-IBAR. Cercherò di essere molto sintetica. Per quanto riguarda l'articolo 14 del decreto legislativo n. 18 del 1999, vorrei rispondere all'onorevole Ferro che mi sono trovata in possesso di un documento contenente un accordo tra sindacati e ministero per l'interpretazione di tale articolo nel senso che l'obbligo permanesse a tempo indeterminato. Questo è all'origine della mia preoccupazione: se non dovesse essercene più ragione, tanto di guadagnato.
SILVANO MANERA, Presidente dell'Italian flight safety committee (IFSC). Mi scuso per la estrema sinteticità delle risposte che sto per fornire.
GIORGIO PANATTONI. Questo è federalismo, o devolution!
SILVANO MANERA, Presidente dell'Italian flight safety committee (IFSC). Ad esempio, un volo in partenza da Venezia, rilasciato dal Flow management control di Bruxelles, che dispone di uno slot e dell'autorizzazione a partire, non può decollare senza il rilascio anche da parte del controllo aereo di Padova. L'aeromobile deve ottenere, quindi, un doppio rilascio e non se ne comprende la ragione.
poiché i sistemi di controllo previsti dalle normative aeronautiche sono utilizzati anche in sistemi di autocontrollo, ovviamente certificati, da tutti gli operatori. In questo, la normativa europea JAR Operations 1 è la più avanzata nel mondo in quanto struttura le operazioni di trasporto aereo, seppur non completamente, obbligando tutti i vettori europei che intendano operare nel trasporto aereo, da Cipro alla Svezia, dalla Finlandia al Portogallo, fino alla Polonia, a dotarsi di un sistema certificato di controllo di qualità. Si tratta di un fattore estremamente positivo e in questo siamo più avanzati degli Stati Uniti.
LUIGI MARTINI. L'Agenzia ce lo potrebbe dire.
SILVANO MANERA, Presidente dell'Italian flight safety committee (IFSC). Sicuramente, ma credo che l'investigatore dell'Agenzia lavori insieme ai magistrati di Milano.
PRESIDENTE. Questo dipende dalla circostanza che l'Agenzia è CTU del magistrato?
SILVANO MANERA, Presidente dell'Italian flight safety committee (IFSC). Esattamente, è CTU dei magistrati di Milano.
PRESIDENTE. Mi sembra, tuttavia, che una situazione del genere, verificatasi in questa occasione, non si ripeta abitualmente. Si tratta di un caso anomalo rispetto alla regola.
SILVANO MANERA, Presidente dell'Italian flight safety committee (IFSC). Assolutamente, è un caso anomalo rispetto al resto del mondo aeronautico che, però, ci impedisce di avere la factual information e cioè - ripeto - una misurazione dei dati senza alcun tipo di commento, per ipotizzare interventi.
FAUSTO CERETI, Presidente dell'Associazione nazionale vettori e operatori del trasporto aereo - Assaereo. Intendo fornire alcune risposte alle domande che mi sono state poste. La prima, dell'onorevole La Starza, era in merito al recepimento immediato della normativa ICAO. Noi in realtà diamo per assunto che l'Italia abbia recepito tale normativa; esistono poi dei cavilli giuridici secondo cui si sostiene che non esista un atto formale di recepimento di tale normativa; però, poiché l'Italia è membro dell'ICAO e, per statuto, tale ente obbliga gli Stati aderenti ad utilizzare la sua normativa, noi riteniamo che tale normativa debba essere utilizzata. Se poi ciò dovesse richiedere un qualche atto giuridico italiano aggiuntivo, avendo io per molto tempo lavorato nel settore della difesa, ricordo che la NATO aveva fatto in modo che le sue norme si applicassero immediatamente in Italia, e non so se l'ICAO abbia agito allo stesso modo. Tuttavia, ripeto, che secondo noi tale normativa dovrebbe essere recepita. Resta il fatto, comunque, che quando tale normativa è recepita le cose risultano marciare abbastanza bene; quando ciò non accade succedono quei fatti che tutti conosciamo.
di auditing che viene poi utilizzato addirittura fra le grandi compagnie quando si conclude una alleanza. L'Alitalia è stata soggetta ad audit da parte di Delta e di Air France e, a sua volta, ha svolto questo compito presso tali compagnie (Delta e Air France) allo scopo di essere sicuri che le norme di sicurezza e anche altre normative riguardanti il rapporto con i clienti siano rispettate. Questo però non esclude che possa esistere qualche compagnia «sommersa»; però, per le compagnie iscritte all'Assaereo possiamo mettere la mano sul fuoco. Inoltre, esiste il comitato presieduto dal comandante Manera che serve proprio a trasmettere il know how.
GIORGIO PANATTONI. In funzione dell'aumento del traffico aereo ci sono dei «pezzi» che non vanno bene: ce lo dica chiaramente!
FAUSTO CERETI, Presidente dell'Associazione nazionale vettori e operatori del trasporto aereo - Assaereo. Sicuramente ci saranno dei «pezzi» che non andranno bene, che possono produrre degli inconvenienti, per esempio in tema di ritardi dei voli. Però queste compagnie operano con penalizzazione del traffico, ma garantendo la sicurezza. Quando parlo di «pezzi» che funzionano bene intendo riferirmi all'aspetto concernente la sicurezza. La sicurezza viene garantita, ad esempio se una strada è troppo stretta, procedendo in fila indiana, in modo tale da garantire che non vi siano pericoli; ma evidentemente ci vuole molto più tempo per arrivare, causando così un inconveniente. Dal punto di vista del funzionamento, esistono gravi lacune nel sistema infrastrutturale italiano, ma non solo in quello aereo, e di questo ce ne rendiamo perfettamente conto tutti. Questo però non significa che venga ad essere intaccata la sicurezza.
soli sei mesi. Noi riteniamo possa essere utile una iniezione di imprenditorialità anche nel controllo del traffico aereo, perché, non essendoci nessun sistema per eliminare il monopolio, bisognerà trovare qualche altro rimedio; però, il price cap e tutte le altre cose che vengono raccomandate dall'Unione europea io non li vedo oggi applicati; e credo che quanto ha detto prima l'avvocato Magrone, non riguarda il fatto che vengono privatizzati e a chi vengono dati, ma che vengono dati con la regola di venderli alla massimo prezzo possibile. Dopo però diamogli la possibilità di fare ciò. Una cosa simile è successa soltanto in Argentina, dove hanno liberalizzato completamente le tariffe aeroportuali per poter vendere ad un alto prezzo le azioni degli aeroporti: il risultato ottenuto è stato che la compagnia aerea nazionale è fallita e che hanno dovuto abbassare le tariffe aeroportuali perché il traffico aereo stava morendo.
GIORGIO PANATTONI. In quel caso è fallita anche l'Argentina!
CLAUDIO BALZARINI, Presidente dell'Associazione dei vettori esteri - IBAR. Intervengo brevemente per sostenere quanto ha appena detto il presidente Cereti, anche se non possiamo dire che tutte le compagnie aeree abbiano degli standard di sicurezza uguali e che ci può essere qualche compagnia che non sia allineata alle altre; comunque, devo dire che il livello di allineamento, di sicurezza, di auditing, di controllo è molto simile, e soprattutto molto elevato. È ovvio anche che le tecniche di controllo sono diverse: io lavoro, ad esempio, per una compagnia che opera ben 2.500 voli al giorno ed occupa 10 mila piloti - la United Airlines - che, ovviamente, ha le sue tecniche e i suoi sistemi di controllo. Pertanto non si può paragonare con una compagnia aerea che magari dispone di soltanto 20 aeroplani, ma sicuramente anche quest'ultima compagnia apprende dalle compagnie maggiori e addirittura le utilizza per poter avere un livello di manutenzione, un livello di addestramento dei piloti e del personale idoneo alla sicurezza.
PRESIDENTE. Ringrazio gli ospiti intervenuti e osservo che potremo fornire loro gli atti di questa audizione, perché sarebbe opportuno avere un supplemento in merito a vostri rilievi e anche riguardo alle molte cose che sono state dette. Prima ho citato alcuni temi non tanto perché fosse importante definire se una determinata cosa fosse vera oppure no, ma in quanto emblematica di uno stato di malessere complessivo. Ora, poiché voi rappresentate gli interlocutori naturali di chi ci ha fornito queste indicazioni, ritengo che valga la pena di conoscere la vostra opinione, non solo sul macro problema, ma anche sui piccoli problemi di tutti giorni. Non so se sia il sistema o i singoli pezzi del sistema, come invocava prima l'onorevole Panattoni; il problema è che a me il malessere sembra diffuso e che forse non sempre si ha la voglia di dichiarare tutto ciò che non funziona. Può darsi che una sede più riservata possa risultare la sede più naturale.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla sicurezza del trasporto aereo, l'audizione dei rappresentanti dell'Associazione italiana gestori aeroporti-Assaeroporti. Sono presenti il presidente dell'associazione, dottor Giovanni Maniscalco, i vicepresidenti, dottor Federico Nucci, dottor Marco Lodigiani e dottor Marco Franchini, e i direttori degli Aeroporti di Roma, dottoressa Federica Alatri e ingegner Riccardo Raimondi.
GIOVANNI MANISCALCO, Presidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. Procederò ad una breve introduzione generale e rimarrò, poi, a vostra disposizione per eventuali approfondimenti o risposte a specifiche tematiche.
PRESIDENTE. La ringrazio per il quadro che ha delineato e per averci evidenziato le aspettative della vostra associazione rispetto alla futura normativa. Tuttavia, il Comitato ha bisogno di capire quale sia il vostro punto di vista sull'attuale situazione anche in relazione alla sicurezza, tanto più che sono presenti alcuni responsabili della ADR e della SEA. Gradiremmo conoscere meglio se, secondo voi, qualcosa non ha funzionato. Il dottor Maniscalco si è riferito alla frammentazione di responsabilità, evocata in più di una occasione. Ricordo anche a voi che, nel corso di una audizione tormentata, da parte degli operatori - tra cui piloti e controllori di volo - sono state denunciate molte disfunzioni. Ritengo non sia ancora chiaro a chi debba essere attribuita la responsabilità - al di là della frammentazione delle competenza e della mancanza di un unico organo - e che cosa, attualmente, non funzioni e per quale motivo. Infine, è opportuno comprendere la ragione - dal momento che stiamo procedendo ad una audizione - per cui spesso questo Comitato si trova a rilevare un processo di deresponsabilizzazione degli enti rispetto alla fondamentale questione della sicurezza intesa non limitatamente alla attività di polizia ed al controllo dei bagagli ma in relazione a ben altro tipo di problemi, quali si sono verificati in occasione dell'incidente di Linate che, lo ricordo, è il nostro punto di partenza.
GIOVANNI MANISCALCO, Presidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti- Assaeroporti. Ritengo che i nostri aeroporti siano sicuri in termini assoluti e non presentino effettivi problemi di sicurezza in misura maggiore rispetto ad altri dell'Unione europea, o internazionali in genere, al di là del singolo caso e della singola fattispecie (Linate, come qualsiasi aeroporto nazionale). Il problema - sembrerà banale - è causato dal fatto che un determinato impianto di luci è di proprietà di un ente, la sua gestione è compito di un altro soggetto ed il controllo è appannaggio di un altro ancora. Allora - per riferire uno scambio di battute di poco
fa, prima di questa audizione - se una lampadina non funziona, chi la deve controllare? Quando la deve controllare? Chi è eventualmente responsabile del mancato controllo?
FEDERICO NUCCI, Vicepresidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti-Assaeroporti. Premetto che faccio parte della società Aeroporti di Roma. Devo dire che in alcuni casi la situazione è complessa, mentre in altri ci troviamo di fronte quasi ad un paradosso.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano porre domande o richieste di chiarimento.
EUGENIO DUCA. Mi sembra che finora si sia appurato che sul tema della sicurezza del trasporto aereo sono competenti tre soggetti: l'ENAC, l'ENAV e le società di gestione.
MASSIMO FERRO. Anche i vettori!
EUGENIO DUCA. Sto parlando della sicurezza nell'aeroporto.
fossero effettuate, si verificano all'improvviso oppure sono annunciate in anticipo? Insomma, si fa una prova vera per valutare come funzioni il meccanismo di allarme e di soccorso oppure no? Pensiamo al caso di Linate: il lasso di tempo trascorso dall'incidente al momento dell'intervento è stato di circa 30 minuti, durante i quali i mezzi di soccorso non sapevano neanche dove andare.
PRESIDENTE. Vorrei leggere cosa ci è stato detto nel corso dell'audizione che abbiamo tenuto con i rappresentati delle associazioni sindacali dei lavoratori del trasporto aereo. Uno di essi ha detto: «Faccio l'esempio dei sistemi di rilevazione di windshear, su cui ritengo che si stia veramente abusando dell'intelligenza dei piloti, come risulta evidente dal fatto di aver installato nell'aeroporto di Palermo» - mi sembra che lei, dottor Maniscalco, sia direttore di quell'aeroporto - «un sistema di rilevazione ormai obsoleto, sebbene ne esistano di completamente nuovi, mentre il sistema installato a Palermo permette un calcolo di probabilità di presenza del fenomeno di windshear solamente fino a dieci metri di altezza». È vero o no? Lei ne è al corrente o no?
PIETRO TIDEI. Ho sentito parlare - non solo qui ma anche in altre sedi - di eccessiva parcellizzazione e di sovrapposizione delle competenze; mi pare che si auspichi - soprattutto in relazione alla sicurezza degli aeroporti - la creazione di un'unica Authority che riassuma in sé tali competenze e che eviti il conflitto che qualche volta potrebbe generare situazioni di insicurezza negli aeroporti ed in volo. Voi avete in mente un modello che sia stato realizzato in qualche luogo di quest'autorità unica?
GIORGIO PASETTO. Vorrei anzitutto concordare sull'opportunità di svolgere un'audizione specifica sui problemi delle gestioni aeroportuali, viste le novità ed i giudizi emersi questa sera.
di un rappresentante della SEA, che ci fosse fornita qualche altra indicazione, o quantomeno che fossero posti in rilievo, da parte della società di gestione o dell'Assaeroporti, i principali problemi nonché le valutazioni rispetto a quell'incidente. Partendo da queste ultime, la Commissione potrà proseguire i suoi lavori alla luce di nuovi elementi di conoscenza, che potranno essere estremamente utili soprattutto mettendo a confronto diverse esperienze.
GIOVANNI MANISCALCO, Presidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti- Assaeroporti. Forse è opportuno consentire una risposta, innanzitutto, ai due vicepresidenti della nostra associazione, che sono qui anche in rappresentanza degli aeroporti di Roma e di Milano, a cui potrò aggiungere, a corollario, un ragionamento più generale, comprendente anche considerazioni sugli aeroporti del Mezzogiorno e delle isole.
PRESIDENTE. Le ricordo, dottor Maniscalco, che mi deve anche una risposta riguardo all'aeroporto di Palermo.
FEDERICO NUCCI, Vicepresidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti-Assaeroporti. Onorevole Duca, le sue domande sui sistemi di simulazione sono molto precise: a Fiumicino li sperimentiamo molto spesso ma sono coordinati dal direttore dell'aeroporto, non avendo noi tale facoltà (ad esempio, i vigili del fuoco, in quanto dipendenti da una amministrazione dello Stato, possono essere coordinati soltanto dal direttore dell'aeroporto). Comunque, vorrei tranquillizzarla in proposito, ricordando che nel nostro aeroporto simuliamo persino l'emergenza neve, una o due volte all'anno, sebbene, per fortuna, si tratti di una eventualità piuttosto rara, se si pensa che l'ultima nevicata risale a oltre dieci anni fa. Tuttavia, ci siamo adeguati per coprire il 50 per cento del picco massimo di presenza.
EUGENIO DUCA. Questo è il caso dell'aeroporto di Roma; altri casi?
FEDERICO NUCCI, Vicepresidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. Non li conosco direttamente
però temo che si tratti di casi simili: cioè, il coordinamento e la gestione compete al direttore dell'aeroporto.
EUGENIO DUCA. Dappertutto?
FEDERICO NUCCI, Vicepresidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. Immagino sia così dappertutto.
EUGENIO DUCA. Ho chiesto un elenco relativo agli ultimi tre anni: è possibile ottenerlo?
FEDERICO NUCCI, Vicepresidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. Si può provare.
MASSIMO FERRO. Questi dati li fornisce l'ENAC. Il «regista» dell'aeroporto è l'ENAC.
EUGENIO DUCA. Ritengo che la società Aeroporti di Roma abbia qualche responsabilità in più.
GIOVANNI MANISCALCO, Presidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. I piani di sicurezza, interni ed esterni, cui si riferisce l'onorevole Duca, sono presenti, sicuramente, in tutti gli aeroporti del territorio nazionale, in quanto obbligatori per legge. Ovviamente, non posso essere in grado di affermare quante volte siano effettuate simulazioni. La responsabilità dell'attuazione di questi piani è di ENAC. Desidero precisare, non per discarico di responsabilità, che il piano di sicurezza è obbligatorio per qualsiasi soggetto che operi all'interno di un aeroporto. La società di gestione aeroportuale deve predisporre e presentare ad ENAC il proprio piano, al pari di tutti gli altri operatori: tutti sono approvati, riuniti e gestiti da ENAC in un unico piano aeroportuale. Quello della società di gestione, cioè, si somma a quello degli altri soggetti presenti in ambito aeroportuale. Posso senz'altro affermare che esistono i piani di tutte le società di gestione aeroportuale; ma anche, presumo, degli altri operatori.
FELICE LODIGIANI, Vicepresidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. Sono un dipendente della SEA. Le domande che ho ascoltato sono molto precise. Ricordo che a Linate è stato attuato, nel luglio di quest'anno, un piano di emergenza di simulazione di un crash.
PRESIDENTE. L'onorevole Duca ha ricordato - mi perdoni, onorevole, se interpreto il suo pensiero - che, a Linate, sono stati impiegati undici minuti per accorgersi che un aereo si era schiantato e altri nove minuti sono trascorsi prima dell'arrivo dei vigili del fuoco.
FELICE LODIGIANI, Vicepresidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. A me non risulta che le cose siano andate esattamente in questi termini; naturalmente, sono circostanze che la magistratura dovrà accertare. Come consigliere di SEA, avverto sulle mie spalle il peso delle 118 persone che sono morte in casa nostra. L'8 ottobre ho trascorso l'intero pomeriggio sul piazzale per rendermi conto esattamente della dinamica dell'incidente. Abbiamo messo a disposizione tutto quanto umanamente possibile, vale a dire una sala per i passeggeri, quindi per la SAS, una per i nostri dipendenti e un'altra per la stampa, affinché rimanesse lontana e non creasse confusione. Per tutto il pomeriggio ho constatato
che l'attività di recupero si è svolta regolarmente, senza intralci e con ampio dispiego di mezzi.
PIETRO TIDEI. La domanda era un'altra, non mi pare che fosse questa!
EUGENIO DUCA. Sta ricostruendo lo stato d'animo che c'era in quel momento!
FELICE LODIGIANI, Vicepresidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. No, sto rappresentando il mio personale stato d'animo. Tuttavia, ho accertato che il gestore ha compiuto ogni sforzo possibile.
GIORGIO PASETTO. Non si tratta di un commento della stampa: qualcosa a proposito della segnaletica si legge nella parte del rapporto della commissione ministeriale di indagine, che dalla stampa è stato riprodotto.
FELICE LODIGIANI, Vicepresidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. Mi riferisco alla stampa perché tali notizie le ho tratte da essa: non ho letto quegli atti.
PRESIDENTE. Per la costruzione, non per...
FELICE LODIGIANI, Vicepresidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. Per la costruzione, però anche per tutte le modifiche, come per esempio un capannone nuovo, l'iter è abbastanza complesso.
PRESIDENTE. Lei ci provi, poi noi trarremo le conclusioni...!
GIOVANNI MANISCALCO, Presidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. Non è per controbattere, ma io, in quanto amministratore della società di gestione di Palermo, non sono il responsabile dell'aeroporto.
PRESIDENTE. Lo so perfettamente. Volevo sapere se lei, nell'esercizio delle sue funzioni, è al corrente di queste problematiche oppure no. Volevo capire questo.
GIOVANNI MANISCALCO, Presidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. Questa tematica è di assoluto compito dell'ENAV.
PRESIDENTE. Mi perdoni, dottore: lo sa o non lo sa? È vero o non è vero?
GIOVANNI MANISCALCO, Presidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. Non lo so e non lo posso venire a sapere, perché non posso andare a verificare in casa ENAV la validità...
PRESIDENTE. E nessuno glielo ha detto? Nessuno l'ha avvertita che si stava installando un apparato obsoleto?
GIOVANNI MANISCALCO, Presidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. Mi scusi, ma la situazione, purtroppo, è ancora più paradossale. Quando ENAV deve effettuare dei lavori in ambito aeroportuale, non è obbligata a darne comunicazione, a raccordarsi con la società di gestione aeroportuale.
PRESIDENTE. Ho capito. Perdoni, presidente, ma lei avrà occasione di parlare con un controllore di volo, con un pilota, con qualcuno che gestisce questo apparato... Dico in maniera informale, non formalmente.
GIOVANNI MANISCALCO, Presidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. Allora torno all'assioma iniziale. Nel momento in cui, in maniera informale, mi vedo con il responsabile ENAV di un qualunque aeroporto del territorio italiano, posso venirne a conoscenza, ma soltanto ed esclusivamente in maniera informale e se, in quel momento, il responsabile ENAV me lo vuole dire. Ma non è obbligato a dirmelo e non si deve raccordare con la società di gestione.
PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo. Lei prima ha indicato il caso di un aeroporto, non citandolo espressamente, parlando però di un fatto che potrebbe accadere in caso di un buon rapporto personale, come lei lo ha definito, tra il responsabile dell'aeroporto, quello dell'ENAV e così via. Laddove esiste questo buon rapporto personale, suppongo che le cose che non vanno bene si sappiano. A questo punto deduco che lei non ha un buon rapporto personale con gli altri responsabili, visto che non l'hanno messa al corrente di un fatto che non so se sia vero, ma che, se lo fosse, sarebbe grave.
GIOVANNI MANISCALCO, Presidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. Nel particolare, queste attrezzature che sono state montate soltanto nell'aeroporto di Palermo - almeno così ho sentito -, e non anche negli altri quattro aeroporti, funzionano - come è stato riportato dagli organi di stampa - per il 68 per cento della loro potenzialità, credo. Quand'anche lo venissi a sapere in maniera ufficiosa, in maniera «cordiale», credo che il problema si fermerebbe in ogni caso lì, non avrebbe una soluzione. Non voglio non dare una risposta, ma purtroppo non sono in grado di darla.
PRESIDENTE. Le sto chiedendo se lei lo sapeva. Posso almeno sapere questo? Lei lo sa che a Palermo si sta montando o si è montata una tecnologia superata, sì o no?
GIOVANNI MANISCALCO, Presidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti -
Assaeroporti. È stata montata a Palermo, credo, cinque anni addietro.
PRESIDENTE. Le chiedevo se fosse vero ciò che hanno affermato in questa occasione i rappresentanti dei controllori di volo.
GIOVANNI MANISCALCO, Presidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. No, questo non lo so.
PRESIDENTE. Non lo sa?
GIOVANNI MANISCALCO, Presidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. No.
PRESIDENTE. Voglio capire soltanto il tipo di rapporto che, nella situazione attuale, che mi sembra drammatica, si crea, al punto da determinare delle barriere di comunicazione fra chi è responsabile di un certo settore...
GIOVANNI MANISCALCO, Presidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. È proprio così, purtroppo. Giustissimo.
PRESIDENTE. Quindi, lei oggi rischia di dirigere un aeroporto che ha un apparato obsoleto, pericoloso, e per di più di recente installazione, mi sembra (e quindi non i cinque anni che lei citava), e sul quale, nel caso, laddove dovesse accadere qualcosa - ma tutti facciamo gli scongiuri che non accada -, può darsi possa essere chiamato non dico a rispondere, ma quanto meno ad esprimere una sua opinione, essendo stato montato un apparato non adeguato alla tecnologia di oggi.
GIOVANNI MANISCALCO, Presidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. Sì, perché non partecipo ad alcuna delle varie fasi, dall'individuazione del fabbisogno, alla progettazione ed alla realizzazione di quel determinato impianto.
PRESIDENTE. Va bene. Potete continuare a rispondere alle altre domande.
MASSIMO FERRO. Vorrei dare una mia informazione personale sull'intervento dei vigili del fuoco a Milano. Vi sono due situazioni. Negli aeroporti militari aperti al traffico civile autorizzati, con servizio antincendio dell'aeronautica militare, i mezzi e il personale sono a bordo pista, in punti prestabiliti, in modo che, se si verifica l'incidente, il mezzo è pronto. In quelli civili, invece, i vigili del fuoco stanno in caserma. Quando scatta l'allarme, essendo la pista lunga tre chilometri e trecento metri, prima che arrivino al punto più lontano passa un po' di tempo. Non so cosa accada all'estero, ma ho chiesto all'AC Europe di sapere come si effettua il servizio antincendio, cioè se vi siano dei presidi sulla pista. In Italia, comunque, negli aeroporti civili i vigili del fuoco stanno in caserma, mentre in quelli militari il servizio antincendio militare è collocato in determinati punti della pista, cioè all'inizio, a metà e alla fine. Credo che una disposizione che renda obbligatorio un presidio potrebbe garantire interventi più rapidi.
GIORGIO PASETTO. Il punto che, se non sono in grado di farlo stasera, potranno chiarirci per iscritto è che noi da questa associazione, che si presume debba
avere comunque un ampliamento non dico delle responsabilità, ma almeno di funzioni, dovremmo avere delle indicazioni sulla base degli eventi che hanno vissuto a Linate e in tutti gli altri aeroporti d'Italia.
GIOVANNI MANISCALCO, Presidente dell'Associazione italiana gestori aeroporti - Assaeroporti. Ritengo di poter rispondere con buona certezza. Dal momento in cui l'aereo tocca terra e si ferma fino al momento in cui riparte, dovrebbero (nel senso di dovere) applicarsi tutte le procedure a carico di una società di gestione posta nelle condizioni di essere autorità aeroportuale. Questo è quello che noi riteniamo un risultato ottimale in una situazione prospettica. Oggi, al di là della diversificazione tra gestioni totali ed ex articolo 17 (gestioni parziali e quant'altro), la segnaletica verticale in un determinato aeroporto è di competenza dell'ENAV, in un altro della società di gestione. Questi, purtroppo, non sono esempi particolari, bensì un risultato dell'attuale normativa. Mi scuso se cito di nuovo l'esempio di Palermo, ma lì la segnaletica verticale non può essere effettuata dalla società di gestione, essendo di competenza ENAV. Laddove la titolarità, avendone i mezzi, è in capo ad una società - che riteniamo possa essere quella che gestisce l'aeroporto -, questo risultato può realizzarsi. Non è che noi lo vorremmo perché così acquisiremmo maggior potere o maggiore gloria, ma perché, stando sul campo giorno per giorno, constatiamo come effettivamente, ai fini dell'effettuazione di un servizio a livelli ottimali, affinché il sistema aeroportuale possa essere ritenuto sia dagli esperti sia dai passeggeri una struttura sicura, è necessario che vi sia questo ente. Solo con una sicurezza reale, anche psicologica, del passeggero si può avere uno sviluppo in ambito aeroportuale. È nostro dovere, sia in quanto svolgiamo un servizio di interesse pubblico sia perché, oltre a ciò, esercitiamo un'azione di natura imprenditoriale, e quindi abbiamo il massimo interesse a che il sistema funzioni, dare fiducia al cliente.
a quanto ricavato dai diritti, la parte relativa agli investimenti, e quindi alle fonti di finanziamento, sicuramente è deficitaria. Voglio ricordare che le nostre tasse ed i diritti aeroportuali sono tra i più bassi d'Europa. Il gestore italiano non incassa di più del gestore inglese o francese sebbene sia obbligato - e noi vorremmo che lo fosse - a sopportare maggiori doveri e responsabilità.
(Così rimane stabilito).
Sono presenti, per l'Associazione dei vettori esteri-IBAR, il signor Claudio Balzarini, che ne è il presidente, il dottor Caratozzolo e l'avvocato Livia Magrone; per l'Associazione nazionale vettori e operatori del trasporto aereo-Assaereo, l'ingegner Fausto Cereti, presidente, il dottor Cesare Stumpo, il dottor Alcide Leali, il comandante Vincenzo Soddu e il dottor Giovanni Sebastiani.
Informo che, nell'ambito della delegazione dei rappresentanti della Associazione nazionale vettori e operatori del trasporto aereo-Assaereo, è presente il comandante Silvano Manera, il quale interviene anche in qualità di presidente dell'Italian flight safety committee (IFSC), associazione che riunisce al suo interno i maggiori esperti di sicurezza del volo del trasporto aereo italiano.
Do la parola ai nostri ospiti.
Mi limiterò, quindi, ad esporre il punto di vista delle compagnie aeree, per le quali la sicurezza del passeggero - assicurata a partire dal momento in cui si presenta al check-in, cioè dal momento in cui si affida alla compagnia, e fino a quando lascia l'aerostazione di arrivo - è sempre stata la prima priorità, talmente importante, ma anche talmente suscettibile di creare apprensione nel grande pubblico, da determinare un certo pudore a parlarne pubblicamente. Sappiamo, infatti, che parte del pubblico è vittima di inconsci timori, che sono eccitati ogniqualvolta si senta parlare di questi problemi. La prova è fornita dalla diminuzione della propensione a volare in seguito agli incidenti verificatisi negli ultimi tempi.
Nei fatti - credo sia a voi noto - quello aereo è il più sicuro tra i mezzi di trasporto, qualsiasi sia l'indice o il parametro con cui si voglia misurare la sicurezza (per chilometro, per numero di persone trasportate, e così via). Ciononostante, ogni incidente richiama una quasi morbosa attenzione da parte dei media, certi di solleticare in tal modo la curiosità dei lettori, perché qualsiasi evento del genere fa notizia e finisce sulle prime pagine dei giornali.
In passato si è riusciti a mantenerne bassa la frequenza, poiché ogni anno si è guadagnato molto in termini di sicurezza: il numero di incidenti per chilometri percorsi e per numero di passeggeri trasportati è diminuito rapidamente. Come tutte le curve di miglioramento, tuttavia, anche questa è divenuta quasi asintotica - è più facile, cioè, guadagnare il 10 per cento su mille che l'1 per cento su dieci - e, pertanto, il numero di volte in cui sono comparse sui giornali notizie di incidenti aerei, in tutto il mondo, è aumentato.
Di fronte alla attuale crescita del traffico, è stato calcolato che, a parità di condizioni, tra qualche anno ogni settimana le prime pagine riporteranno la notizia di un grave incidente aereo. Perciò, tutte le compagnie aeree e tutti i paesi interessati hanno compiuto enormi sforzi per cercare di comprimere questa incidentalità. Ad esempio, negli Stati Uniti sono stati stanziati 500 milioni di dollari all'anno, ed è stato predisposto dal Presidente Clinton un programma, gestito dal vicepresidente, Al Gore, per cercare di ridurre ulteriormente l'incidentalità. Gli sforzi sono stati concentrati sulle cause principali di possibili incidenti.
Tutto ciò discende dalla grande attenzione sempre prestata dalle compagnie nei confronti sia dei loro passeggeri, che rappresentano la principale ricchezza di cui dispongono (soltanto se i passeggeri volano esse hanno ragione di esistere) sia, naturalmente, del loro personale (gli equipaggi di guida e gli equipaggi di cabina sono dipendenti delle compagnie). Tuttavia, vi è anche una semplice ed egoistica ragione commerciale. La sicurezza è una necessità non solo tecnica - con cui da sempre convive chi opera nel mondo aeronautico - ma anche commerciale: tanto è vero che ogni volta che una compagnia subisce un incidente si verifica una caduta nel traffico ed uno spostamento di passeggeri verso le concorrenti.
In molti paesi sono stati avviati programmi di ricerca. Anche in Italia qualche sforzo è stato compiuto, nonostante le compagnie aeree auspichino un impegno maggiore, mediante l'impiego di fondi di ricerca. In questo senso si sono adoperati, negli anni scorsi, sia il CNR, con il programma trasporti, sia il CIRA (Centro italiano per la ricerca aerospaziale). Molte compagnie, tra cui l'Alitalia, hanno partecipato a questo sforzo mettendo a disposizione i propri files e le proprie documentazioni, effettuando ricerche e curando l'addestramento di personale. Il comandante Manera, che ha preso parte ad uno di tali programmi, vi potrà ulteriormente delucidare in proposito.
Noi auspichiamo che, nell'ambito del piano nazionale dei trasporti, presentato
Tuttavia, l'argomento di maggiore interesse per questa Commissione, per quanto ho potuto capire dalla presentazione, credo che sia in che modo governare il sistema aereo, sempre ai fini della sicurezza, la cui gestione e garanzia, in ogni fase del processo operativo del trasporto aereo, è responsabilità primaria dell'operatore che se ne occupa. Perciò, nell'ambito del volo, per quanto riguarda i passeggeri imbarcati, compete al vettore aereo; sarà l'Alitalia, cioè, o altra compagnia che operi il volo, a farsi carico di garantire il massimo della sicurezza possibile. Lo stesso vale per chi fornisce l'assistenza aeroportuale, per chi gestisce l'aeroporto e per chi controlla il traffico aereo.
In sostanza, noi riteniamo che il soggetto responsabile della sicurezza sia quello che materialmente opera. Ovviamente, è necessario un controllo che deve essere organizzato nell'ambito dei rapporti tra i vari operatori in quanto - come ben sapete - nessuno di essi è indipendente nel suo funzionamento.
Ritengo di poter evidenziare due aspetti essenziali del problema. Il primo attiene alla definizione delle regole ed al controllo del loro rispetto da parte di tutti coloro che possono interagire per la sicurezza del volo: in sostanza, è necessario individuare chi debba fissare le regole e definire i mezzi con cui possa agire. Il secondo aspetto, molto importante, è la raccolta di quante più informazioni tecniche sia possibile per rafforzare continuamente la conoscenza dei rischi ed i metodi e le procedure per evitarli.
Quanto al primo aspetto, relativo alla normativa ed al controllo, l'esperienza internazionale - che tutti noi maturiamo continuamente nel settore del trasporto aereo, dato che operiamo nell'ambito di associazioni europee e mondiali - con i suoi successi e le sue difficoltà, ha dimostrato l'opportunità che un solo organismo - ente, autorità o dipartimento che sia - abbia la responsabilità dell'emissione delle regole e del controllo sia della loro applicazione sia dell'idoneità di tutti gli operatori che hanno influenza sulla sicurezza, a terra e in volo: aerolinee, aeroporti e loro concessionari, fornitori di controllo del traffico aereo e via dicendo.
Questo ente unico dovrà operare nel quadro delle più vaste organizzazioni regionali dell'Unione europea (l'ECAC, costituito dai responsabili dei vari paesi che aderiscono alla politica aeronautica europea, cioè, i paesi dell'Unione europea e quelli che intendono prima o poi aderirvi) e mondiali (essenzialmente l'ICAO) cui l'Italia aderisce.
Tale ente peraltro non dovrebbe svolgere attività diretta come fornitore di servizi per non trovarsi nella posizione di controllore-controllato; aspetto questo molto importante non solo a livello nazionale ma anche a livello internazionale, come si è rinvenuto nel caso di Eurocontrol, costituito come ente senza però che si possa comprendere se di regolamentazione, di coordinamento o di fornitura diretta di servizi.
Un aspetto fondamentale, da sempre ribadito dall'Associazione europea delle aereolinee e condiviso anche dal commissario europeo ai trasporti, concerne l'opportunità di separare le due funzioni, separazione che, in qualche modo e con delle sbavature (eliminabili), già esiste nel nostro paese, come risulta dall'affidamento di alcune di tali funzioni all'ENAC nella veste di ente di regolamentazione, mentre altre funzioni sono state affidate all'ENAV come ente di fornitura di servizi.
Il modello qui proposto è stato unanimemente riconosciuto come il più idoneo dopo ampie discussioni nell'ambito dell'Associazione europea delle aereolinee (AEA) e raccomandato come tale anche in sede comunitaria come linea ispiratrice della costituenda Agenzia europea per il traffico aereo e per la sicurezza, anche in relazione al problema noto come single
Un secondo aspetto su cui intendo soffermarmi concerne la raccolta delle informazioni su possibili rischi. Dato l'elevato livello di sicurezza già acquisito dal sistema, la possibilità di aumentare ulteriormente la sicurezza è fortemente dipendente dalla disponibilità di tutti i dati sui rischi che si corrono operando in qualsiasi fase del trasporto. Affinché questa raccolta di informazioni sia effettivamente la più completa possibile essa dev'essere aperta e sincera, cioè deve essere puramente tecnica e non aperta ad eventuali procedimenti che tendano a definire le colpe o le responsabilità di quello che è successo. Ciò costituisce uno degli aspetti fondamentali, tant'è che è stata emanata una direttiva europea dove si stabilisce che ogni Stato si deve dotare di un ente il cui compito consista nel raccogliere tutti i dati possibili sui cosiddetti «quasi incidenti», in modo da metterli a disposizione, in termini anonimi, di coloro che sono preposti a studiare come migliorare il sistema. Ogni aerolinea svolge al suo interno analisi di questo genere, anche nel quadro di progetti volontari internazionali spinti e patrocinati anche a livello di Comunità europea.
Per i casi più gravi esistono in ogni paese apposite agenzie per la sicurezza dei trasporti, con compiti di identificazione delle cause tecniche di incidenti o di pericoli gravi. Tali agenzie sono divenute obbligatorie per i paesi membri dell'Unione europea, prevedendosi fra l'altro che, in caso di incidente aereo, se un paese membro non ha proceduto all'istituzione dell'agenzia, le indagini in merito a quell'incidente saranno affidate all'agenzia per la sicurezza del volo dello Stato più vicino a quello inadempiente rendendo, in tal modo, sempre possibile l'analisi dell'incidente e, allo stesso tempo, lasciando alle autorità giudiziarie competenti il compito relativo all'accertamento di eventuali colpe o responsabilità, espletato a scopo repressivo e non preventivo.
Dev'essere chiaro anche che l'efficacia del lavoro di queste agenzie è tanto maggiore quanto più sono rispettati i principi sopra esposti. L'agenzia per la sicurezza serve per la prevenzione dei rischi futuri e per l'aumento continuo della sicurezza, e non per «scoprire» i buoni e i cattivi. Ciò è stato più volte ribadito soprattutto perché l'Agenzia per la sicurezza del volo istituita in Italia tende, nello svolgere la sua attività, più a cercare di scoprire chi è incorso in qualche colpa - perché è più facile e dà più notorietà giudicare i guai accaduti nel passato - che a prevenire guai per il futuro, dimenticando che la sicurezza del traffico aereo dipende proprio dall'attività di prevenzione.
In ogni paese questo problema è all'ordine del giorno, a partire dagli Stati Uniti d'America, ma in Italia è particolarmente difficile da affrontare per il ben noto principio dell'obbligatorietà dell'azione penale che pone dei vincoli; pertanto, anche a livello legislativo nel nostro paese non si potrà avere tutta quella libertà richiesta a livello europeo.
Infine, l'esperienza sulla sicurezza accumulata nel trasporto aereo è talmente ampia e ricca che viene messa disposizione anche di altri sistemi di trasporto; per esempio, negli Stati Uniti d'America il National trasportation safety board, nato originariamente nel settore aeronautico, è stato esteso, con grande successo, a tutti gli altri sistemi di trasporto.
Riteniamo, come compagnie aeree, che la sicurezza del traffico aereo costituisca il nostro bene maggiore, il quale deve essere difeso in ogni modo. Riteniamo inoltre che in Italia, al momento, esista un grado di sicurezza elevato. I dubbi semmai concernono il coordinamento tra i vari operatori del settore; la mancanza di coordinamento, non quindi la conoscenza o la volontà da parte dei singoli operatori,
Rimaniamo comunque a disposizione per qualsiasi domanda.
Nel mio intervento farò riferimento, allo scopo di dare una visione organica del problema della sicurezza, a tutta una serie di dati. In generale, in un anno vengono effettuati nell'ambito del trasporto aereo mondiale circa 23 milioni di voli (in Italia i voli effettuati in un anno sono circa 500 mila: l'1,7 per cento del totale); questo dato ci dà l'idea della dimensione del trasporto aereo e, allo stesso tempo, ci è utile - tenuto conto che le cause degli incidenti e le tipologie degli stessi sono uguali in tutto il mondo - per apprendere quello che accade nel restante 98 per cento del settore: fare tesoro dell'esperienza maturata da altri è, nel trasporto aereo, una necessità assoluta; anche se, come accennava prima il presidente Cereti, in tale settore vige una forte concorrenza su tutto, tranne che sul tema della sicurezza del traffico.
I dati che citerò fanno riferimento al numero di incidenti (quando parlo di incidente intendo riferirmi all'accident , cioè ad un incidente grave) per milione di voli; migliorare questi dati - buoni e allo stesso tempo preoccupanti - richiede, soprattutto a livello internazionale, un difficile sforzo comune.
Nel mondo, la sicurezza del traffico aereo non risulta uguale in tutti i paesi; come detto, se misuriamo tale sicurezza per numero di incidenti per milione di voli, dai dati in nostro possesso possiamo osservare che: in America latina si registrano 3,4 incidenti ogni milione di voli; 0,4 incidenti nel Nord America (compreso il Canada); 2 incidenti in Cina; 2,2 nel sud-est asiatico; 0,2 in Oceania (compresa la Nuova Zelanda); 8,1 incidenti per l'Africa. Non abbiamo disponibili dati per i paesi dell'ex Unione Sovietica; saranno disponibili solo fra qualche anno, una volta che in quel paese si saranno adeguati alle logiche e alle tecniche che vengono impiegate nel resto del mondo.
Questi dati sono essenziali tenuto conto che le compagnie aeree italiane volano in tutto il mondo e, come tali, sono soggette ai livelli di sicurezza espressi dall'insieme socio-economico e organizzativo del continente in cui si vola: essere sicuri a Roma ha poco senso se poi si vola anche in Africa o nel sud-est asiatico. Rammento a questo proposito che l'8 ottobre uno dei due aerei coinvolti nell'incidente di Linate apparteneva ad una compagnia aerea svedese sicurissima, l'altro aereo era tedesco, mentre l'incidente è accaduto in Italia; quindi, la sicurezza della compagnia aerea svedese ha poco senso se si trova a dover volare in condizioni che non la proteggono da eventuali o possibili errori.
I dati relativi agli incidenti avvenuti in Europa sono i seguenti: per l'Europa intesa come Comunità europea allargata - 27 paesi aderenti alla Joint aviation authority - la percentuale è pari allo 0,4 per cento, assolutamente equiparabile alle migliori percentuali internazionali relative al Nord America e all'Australia. In Italia il dato riscontrabile, prima dell'8 ottobre, era pari allo 0,3 per cento; dopo l'incidente - anche a causa del numero di voli effettuati - registriamo 2 incidenti per milione di voli, quindi siamo abbastanza lontani da quella che costituisce la media europea; in questa classifica, peggio dell'Italia si colloca, in questo momento, la Svizzera, mentre ci precede la Francia. Il resto dell'Europa - quei paesi che non si sono dotati, in tema di sicurezza, delle regole comuni - registra 4 incidenti per milione di voli.
Al momento l'Italia si trova e si troverà per un paio d'anni - visto il mezzo milione di voli effettuati nell'anno - a dover rimontare la china, anche se occorre far presente che il valore fatto registrare dal nostro paese dimostra che il numero degli incidenti di per sé è scarsamente indicativo. A tale scopo in Italia si voleva introdurre, sulla base di una relazione presentata un anno fa dall'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo in Commissione trasporti, uno stesso criterio che fosse applicabile a tutte le compagnie aeree.
Se il denominatore della frazione è un milione e una compagnia aerea effettua 50 mila voli ogni anno, il rateo di incidenti per milione di tratte non è assolutamente significativo, perché un incidente pregiudica la statistica annuale di una compagnia per circa 20 anni.
Per capire che cosa sia accaduto nel trasporto aereo nel corso degli anni è utile questo grafico (vedi allegato 1) nel quale noi, come nazione, ci riconosciamo in pieno. La linea continua mostra il numero di incidenti per milione di voli negli ultimi quarant'anni. Questo periodo lo possiamo dividere in tre parti. Fino all'inizio degli anni settanta il rateo si attestava intorno a 16 incidenti per milione di voli, grazie a un notevole miglioramento dovuto alla standardizzazione delle tecniche di addestramento e alla immissione di nuova tecnologia. In questa fase, quindi, l'innovazione tecnologica ed organizzativa ha avuto un ruolo preminente. Nel periodo che va dagli anni settanta fino al 1984, in corrispondenza del quale il grafico mostra un picco verso il basso, si è raggiunto e stabilizzato un rateo di circa un incidente per milione di voli, considerando l'industria del trasporto aereo nel suo complesso. Da quell'anno non c'è stato più alcun miglioramento. Perciò, dopo aver consolidato un eccellente risultato, si è mantenuta una situazione di sostanziale livellamento, come accennato poc'anzi dall'ingegner Cereti. Migliorare oggi quest'ultimo dato, di un incidente per milione di voli, è estremamente difficile.
Osservando la seconda curva, che rappresenta i milioni di voli effettuati ogni anno, emerge un ulteriore elemento di preoccupazione poiché il traffico è in continuo aumento, nonostante le fasi recessive. Come ho già ricordato, attualmente detti voli sono circa 23 milioni. Se il rateo dovesse rimanere costante, quale è da 15 anni, assumendo cioè che per ogni milione di voli ci sarà un incidente, si verificheranno prevedibilmente 23 incidenti gravi ogni anno, come mostra la curva a destra nel grafico. Questo è l'effetto dell'aumento dei voli. Se considerate che in un anno ci sono 52 settimane, si verificherà in media ogni due settimane un evento di cui, per lungo tempo, i mass media riporteranno notizia e che influirà sulla percezione pubblica della sicurezza del volo. È difficile sostenere che tutto va bene quando la rete televisiva CNN o altri mezzi di comunicazione ci informano immediatamente di un ipotetico incidente avvenuto in Argentina o in Nuova Guinea, magari con le fotografie del disastro.
Dunque, i fattori di miglioramento sono stati tecnologia ed addestramento. In Italia stiamo applicando metodi che ci hanno consentito di superare il sistema di sicurezza reattiva, che consiste nell'apprendere dagli incidenti: quando se ne verifica uno, si effettua una investigazione, si individuano i problemi, si emettono raccomandazioni; cioè, si apprende da quanto accaduto. Tale è il lavoro dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo. Vorrei far presente che nel 1999 le raccomandazioni di miglioramento sono state pari a zero, lo stesso nel 2000; quanto all'anno 2001, attenendosi all'unica informazione pervenuta a noi operatori, fino ad oggi l'unica raccomandazione di miglioramento si è riferita al problema causato dalla mancata compilazione di un certo modulo da parte dei piloti, peraltro inventato 20 anni fa, prima della adozione dei sistemi di trasmissione elettronica, Internet e quant'altro. Questa è l'unica indicazione di miglioramento ricevuta negli ultimi tre anni.
Da tale approccio al problema del miglioramento della sicurezza, di tipo reattivo, si è passati a quello di tipo proattivo che consiste nel non aspettare che si verifichi un incidente, per adottare misure di sicurezza, ma di lavorare quotidianamente per poterle identificare.
L'apprendimento è avvenuto soprattutto in base alla conoscenza di quelli che possono essere definiti errori. L'error management è ampiamente diffuso in tutti i trattati di gestione della sicurezza industriale, non soltanto, quindi, nel trasporto aereo. L'approccio può essere di due tipi: considerare l'errore alla stregua di un fatto da censurare e da reprimere, ovvero di un'opportunità. La sua conoscenza, prima che produca un danno o un effetto negativo, costituisce una opportunità di miglioramento. I colleghi inglesi sostengono che l'errore sia il primo gradino per migliorare la conoscenza.
Nella relazione che ho depositato abbiamo illustrato come il trasporto aereo sia un sistema complesso e la sua qualità dipenda dall'efficienza dell'insieme, non potendosi scindere nelle qualità delle singole componenti. Al contempo, la criticità non risiede in una singola componente ma nell'interazione tra le parti del sistema. Il vantaggio è che la criticità dell'interfaccia ha due caratteristiche: è misurabile ed è quantificabile in termini di rischio, vale a dire è possibile definire quale peso abbia ogni singolo evento in termini di potenzialità di incidente.
Il sistema italiano di trasporto aereo - in termini macro - è sostanzialmente composto di quattro parti: un soggetto che lo regola, alcuni altri che operano mediante aeroplani, i quali sono serviti da un sistema di controllo e atterrano nelle infrastrutture fisse al suolo, gli aeroporti. Appare evidente a tutti - ed emergerà anche dalle risultanze dell'inchiesta sull'incidente di Linate, quando sarà conclusa - che le criticità si trovano proprio negli spazi vuoti tra queste quattro componenti.
Anche considerando il problema per ogni singolo volo - cioè in termini micro - la situazione è identica, dato che le criticità risiedono nelle quattro componenti: l'operatore di torre di controllo, il pilota e le norme che deve applicare per far volare un aeroplano, magari in un ambiente quale potrebbe essere un aeroporto di notte e con la nebbia. Queste quattro componenti sono potenziali cause di tutti gli incidenti. Affermare, come in occasione di quello dell'8 ottobre scorso, che è stato dovuto, probabilmente, ad errore umano comporta due conseguenze negative. In primo luogo, dal momento che errare è umano, non consente di scoprire nulla di nuovo; semmai questo dovrebbe essere il punto di partenza di una investigazione. In secondo luogo, una dichiarazione del genere ad investigazione ancora in corso è perlomeno metodologicamente scorretta, dal momento che si ritiene di conoscere la conclusione quando ancora non si è misurato nulla. Questa dichiarazione, ahimé, è stata resa quella mattina ancora prima di aprire l'inchiesta.
La complicazione consiste nel fatto che la componente umana è un'interfaccia piuttosto complessa, perché a bordo di un aeroplano ci sono più persone che agiscono. Dall'incidente della Crossair di Zurigo e da quello di Linate dell'8 ottobre scorso emerge il problema di una non efficace comunicazione tra i membri dell'equipaggio, così come, del resto, da tutti gli altri incidenti. Rammentiamo che le runway collision, come quella di Linate, si verificano sia a Taiwan con la Singapore Airlines, sia a Parigi, sia in qualsiasi altro aeroporto del mondo.
Come ricordato, gli eventi hanno sempre quattro potenziali cause: fattore umano, macchine, procedure e sistemi di controllo. Il loro effetto, tuttavia, è diverso. Heinrich ha studiato, negli anni, il rapporto esistente tra la gravità di un incidente
Dell'incidente siamo a conoscenza ma, ahimè, una volta accaduto non lo possiamo gestire. Anche gli incidents sono conoscibili ed esiste un'ampia normativa in materia; vi ho fornito copia delle norme sul reporting obbligatorio degli incidenti. Quanto alle situazioni di rischio quotidiane, che si verificano a prescindere dall'esecuzione degli atti dovuti da parte degli attori della sicurezza, sono note solo occasionalmente, a discrezione di chi ne riporti notizia, dipendendo, quindi, dalla cultura e dalla consapevolezza dell'utilità di riferire tali eventi. Altrimenti rimangono sconosciuti e rientrano nella parte bassa della piramide. Se riuscissimo a lavorare su quest'ultima parte, avremmo la speranza di abbassare questo iceberg al di sotto del pelo dell'acqua.
Per misurare il rischio è necessario, innanzitutto, identificare gli eventi. Esistono consolidate banche dati. Grazie all'Italian flight safety committee (scusate se cito me stesso) tutti gli operatori italiani dispongono di una banca dati contenente informazioni sugli eventi relativi alla sicurezza identica a quelle disponibili nel resto del mondo e, quindi, sono in grado di scambiare dati con gli Stati Uniti o con l'Australia e di beneficiare, reciprocamente, di informazioni.
Come esempio concreto, ricordo che l'estate scorsa, l'11 luglio, un aeromobile è atterrato all'aeroporto di Roma Fiumicino con un carrello retratto a causa di un qualche evento. Benché sia stata avviata un'inchiesta, da allora non abbiamo saputo più nulla su che cosa sia accaduto e quali ne siano state la cause. A seguito di uno scambio di informazioni attraverso la citata banca dati, abbiamo scoperto che altri simili incidenti erano avvenuti in Spagna, Svezia e Nuova Zelanda. Da un controllo con il costruttore è emerso che tutti le parti danneggiate provenivano da un medesimo fornitore. Perciò, come probabile causa abbiamo identificato il difetto di forgiatura di un componente; l'impresa fabbricante - una delle due sole rimaste al mondo - ha eliminato le forniture e con ciò riteniamo di aver risolto il problema. Tuttavia, tutto questo è scaturito da una spontanea iniziativa dell'industria del trasporto aereo perché da parte dei responsabili dell'inchiesta perdura il silenzio fin dall'11 luglio scorso.
Vi ho fornito anche un documento relativo all'importanza della separazione tra le inchieste tecniche e quelle della magistratura, poiché chi opera nella sicurezza per poter intervenire, e intervenire subito, ha bisogno - ma gli sono anche sufficienti - di ragionevoli dubbi, non necessariamente di certezze.
Dunque, l'Italian flight safety committee identifica i dati analogamente a quello che avviene in tutto il resto del mondo, li misura con un sistema semplice - una matrice a due valori con una scala da 1 a 5, dove il primo valore rappresenta il livello minimo di rischio ed il secondo il livello massimo - e interviene secondo un criterio di priorità presso le singole compagnie aeree, effettuando investigazioni ed emettendo raccomandazioni. Manca un sistema del genere a livello nazionale. Nei confronti della compagnia per la quale lavoro, lo scorso anno, sono state emesse sessantasette raccomandazioni di miglioramento e sono stati identificati quattrocento punti deboli su cui intervenire. Non posso citare dati precisi relativi ad altre compagnie.
L'intervento per priorità segue un criterio di gradualità in relazione alla gravità dei fenomeni conosciuti ed il sistema funziona attraverso un reporting system, regolamentato da norme italiane emesse dall'ENAC. La confusione è ingenerata dalla coesistenza di una normativa ENAV in merito all'obbligo di riferire ad un ente, già autorità pubblica, in quanto gli eventi ad esso riportati non hanno alcun successivo riscontro, rimanendo (perdonatemi
Il reporting system nazionale, predisposto da un'associazione privata, prende in considerazione le segnalazioni definite di ground miss (mancato scontro fra aeroplani, e aeroplani e mezzi al suolo). Da quanto emerge dai dati in nostro possesso nel periodo preso come riferimento si sono registrate una settantina di segnalazioni che sono state trasmesse all'ENAC o all'ENAV. Se consideriamo adesso la gravità - il cosiddetto risk level - delle singole segnalazioni possiamo osservare che nel 1998, anno in cui si è cominciato a raccogliere i dati a livello nazionale, si ha un solo caso classificato come di bassa rischiosità; nel 1999 sono stati registrati tre casi di alta rischiosità, e così via. L'aumento nel corso degli anni delle segnalazioni non significa che sono aumentati gli elementi di rischio, ma dimostra invece che si sta sviluppando la cultura del riporto delle segnalazioni: aumentano le segnalazioni e ciò permette di migliorare la nostra conoscenza in materia di sicurezza.
Vediamo dove avvengono questi reporting; la banca dati a nostra disposizione ci consente di segmentare per tipo di aeromobile, per località, per ora del giorno e, in generale, per qualsiasi tipo di evento. Ad esempio, all'aeroporto di Milano-Malpensa si sono registrate dal 1999 trentasei segnalazioni suddivise nel tempo in maniera abbastanza stabile; mentre l'aeroporto di Milano-Linate ha in passato registrato due segnalazioni. All'aeroporto Charles de Gaulle di Parigi - rientrante tra gli scali cosiddetti critici - si sono registrate dieci segnalazioni riferite agli aeromobili italiani. Faccio osservare inoltre che nel prossimo futuro, a livello mondiale, le maggiori preoccupazioni deriveranno da quelle che vengono definite come ground operations, non solo per l'aumento del traffico, ma perché le normative prevedono l'utilizzo simultaneo di piste che si intersecano tra di loro (aeromobili che atterrano e decollano da piste che si incrociano, oppure operanti contestualmente sulla stessa pista: un aereo decolla e un altro atterra). Ricordo che all'aeroporto di Milano-Malpensa recentemente un aereo straniero si è allineato per decollare su un raccordo - sul raccordo si rulla - mentre rullavano altri aeroplani; un'altra segnalazione, per la quale non conosciamo l'esito delle indagini, ha interessato un aereo italiano e uno egiziano: sulla stessa pista il primo decollava, l'altro rullava; e all'aeroporto di Parigi un incidente ha causato anche dei morti. Pertanto, la frequenza delle segnalazioni, in qualche modo, è correlabile, come sosteneva William Heinrich, agli incidenti gravi.
La banca dati a nostra disposizione permette di segmentare le segnalazioni per frequenza di voli e, quindi, di dedimensionare il valore relativo alle segnalazioni; altrimenti alcuni aeroporti, tra cui quello di Linate, in cui si effettuano il maggior numero di voli, sarebbero sempre primi per numero di segnalazioni. Se dedimensioniamo in termini di numero di voli, alcuni aeroporti, tra cui quello di Fiumicino, non compaiono tra quelli con maggior numero di segnalazioni. In tal caso rimarrebbero gli aeroporti di Milano-Malpensa, di Madrid-Barajas (che casualmente presenta due piste che si intersecano), di Francoforte e di San Paolo (questa, tenuto conto della frequenza dei voli, tre a settimana, rappresenta una segnalazione grave).
Ricordo infine che in Italia mancano norme che regolano il reporting system, in
Come Italian flight safety committee riteniamo che, in tema di sicurezza, il problema che si pone sia non solo di tipo organizzativo ma anche culturale; rammento infatti che nel nostro paese non esiste per i controllori di volo e per i piloti l'insegnamento, con metodi e tecniche ad hoc, della sicurezza del volo che, invece, noi riteniamo dovrebbe essere, al pari delle altre materie, studiata da chi opera nel settore aereo.
Faccio presente agli ospiti intervenuti che abbiamo effettuato una tormentata audizione dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori del trasporto aereo; desidero adesso leggervi alcune delle questioni emerse in quella audizione: un controllore di volo sosteneva che all'aeroporto di Fiumicino è stato soppresso il radar ATCR 2 di avvicinamento e che al suo posto attualmente viene utilizzato un radar di navigazione; un altro rappresentante sollevava il problema dell'esistenza di troppe competenze disarticolate; un pilota sosteneva - portando ad esempio il sistema delle cosiddette luci intelligenti che, a detta di questi, nei nostri aeroporti non esiste - che il livello di servizi di cui si usufruisce, nell'ambito della cooperazione europea, è scadente; altri rappresentanti si sono soffermati sul quadro normativo, considerato da loro fatiscente; infine, altre segnalazioni hanno riguardato la mancanza dei sistemi di windshear o di rilevazione di contaminazione delle piste: si atterra su piste senza conoscere l'entità dell'elemento contaminante, e così via.
È ovvio che in questa sede sia difficile sottolineare gli aspetti più complicati del tema in questione; pertanto si potrà, a mio avviso, svolgere un buon lavoro soltanto se si approfondiranno le problematiche per quello che sono, in modo da comprendere a che punto e in che situazione complessivamente ci troviamo attualmente in Italia in tema di sicurezza del trasporto aereo. Nulla toglie che, tenuto conto delle dichiarazioni rilasciate dagli operatori del trasporto aereo, ci si possa trovare in una situazione largamente scadente.
Ringrazio ancora il comandante Manera; tuttavia devo confessare che, dal suo intervento, non ho compreso se nel nostro paese ci troviamo, in tema di sicurezza del traffico aereo, effettivamente in una grave situazione, come quanto accaduto a Linate sembrerebbe far credere. Conseguentemente, le audizioni che stiamo svolgendo saranno utili ai fini della nostra indagine solo se ci consentiranno di giungere ad una verifica oggettiva e selettiva di tutto ciò che in questo settore non funziona. Pertanto, pregherei gli ospiti di radicalizzare, per così dire, nei loro interventi i problemi, sebbene voi abbiate già avuto modo sicuramente di riferire le vostre impressioni ed osservazioni nei colloqui svolti in sede riservata, presso il Ministero dei trasporti. Il Comitato paritetico ha compreso l'articolazione complessiva del problema sicurezza; tuttavia necessita di sapere qualcosa di più. Ribadisco inoltre che nel caso di questioni particolarmente impegnative siamo disponibili ad accettare documentazioni più approfondite.
Condivido la posizione espressa, nel corso del suo intervento, dal comandante Manera secondo cui nel nostro paese c'è sicurezza nel trasporto aereo, anche se si può ancora migliorare. I vettori sono i soggetti che stanno pagando più degli altri lo scotto di volare in sicurezza, perché penalizzati dalle varie misure adottate al fine di evitare, dopo Linate, ulteriori incidenti. Queste misure hanno comportato una penalizzazione e un declassamento e, infine, una riclassificazione degli aeroporti del nord Italia; un'ulteriore conseguenza è stata la riduzione della movimentazione in condizioni di bassa visibilità.
Risulta pertanto evidente che occorra, affinché gli aeroporti italiani non siano penalizzati nel numero dei voli e nella movimentazione in condizioni di bassa visibilità, effettuare degli investimenti nel settore per consentire di implementare i radar di terra e per migliorare il sistema delle luci e i tempi di risposta degli AVL (aiuti visivi luminosi); allo stesso tempo è anche necessario ottemperare all'annesso 14 ICAO. Su tutto ciò aspettiamo, da parte delle autorità competenti, delle risposte concrete che riguardino tutti gli aeroporti italiani.
L'indagine parlamentare nella quale si inquadra la presente audizione ha la sua origine nella tragedia di Linate, pertanto nasce come indagine sulla sicurezza del volo in Italia; sicurezza nel settore aereo che non è determinata soltanto dalla normativa che la concerne, ma anche, come giustamente ha sottolineato nel precedente intervento il presidente Cereti, dalla struttura che disciplina gli organi che operano nell'ambito dell'aviazione civile, dalle metodologie di affidamento e dal monitoraggio delle gestioni aeroportuali e dall'organizzazione del controllo aereo in quota; infine, possono anche influire sulla sicurezza fenomeni come la privatizzazione delle società di gestione o la liberalizzazione del mercato aereo.
Esaminerò rapidamente, nel corso del mio intervento, tali aspetti per vedere quale rilevanza essi abbiano in relazione alla sicurezza del traffico aereo; chiedo inoltre che il documento che ho già depositato costituisca parte integrante del verbale dell'audizione odierna.
Non si tratta di conclusioni ma di dati di fatto, tanto è vero che, a causa della mancanza di un efficiente sistema di illuminazione della pista, l'ENAV e l'ENAC hanno ritenuto necessario declassificare gli aeroporti del nord, proibendo le operazioni di seconda e terza categoria, che sono proprio quelle in condizioni di bassa visibilità. Perciò è stata presa coscienza immediatamente del rischio che si stava correndo e si è corsi ai ripari.
In sostanza, mancava il sistema di monitoraggio automatico che deve sorvegliare le luci di pista, le luci di rullaggio e le luci di avvicinamento, rilevare immediatamente i guasti e consentire l'entrata in funzione di una secondary power unit, un generatore di corrente sussidiario che deve ovviare alla eventuale mancanza di tali luci.
Per quanto riguarda l'origine di questa indagine ritengo di fermarmi qui. Quanto ai vari profili che incidono sulla sicurezza, invece, vorrei soffermarmi sul programma di riorganizzazione del sistema dell'aviazione civile. È stato presentato un disegno di legge che prevede l'istituzione di una Autorità unica dell'aviazione civile, cui l'ingegner Cereti ha dato il benvenuto, giustamente ritenendo che la pluralità di competenze e di organi presente fino ad oggi non abbia conseguito risultati positivi. Determinante è l'esempio dell'atto di indirizzo del ministro. Alcuni Stati stranieri offrono modelli di perfetto funzionamento del sistema, come accade nel Regno Unito, dove la Civil aviation authority (CAA), organo regolamentare unico, risponde soltanto al ministero dei trasporti mentre una società denominata NATS, praticamente corrispondente all'ENAV, provvede ai servizi di controllo del traffico aereo. Si tratta di una società a partecipazione mista, statale e delle compagnie aeree, del tutto indipendente, non essendo organo dello Stato. L'esempio britannico mette in luce come in altri paesi - mi permetto di affermare più evoluti, sotto questo profilo, di quanto non sia l'Italia - il vettore, che è il principale interessato alla sicurezza dei voli, giuochi un ruolo determinante nell'operatività dei sistemi di controllo.
Il secondo profilo rilevante è quello dell'affidamento delle gestioni aeroportuali. Anche su questa materia è stato presentato un disegno di legge che prevede la gestione da parte dell'ENAC del demanio aeroportuale ai fini dell'affidamento in concessione alle società che attualmente gestiscono gli aeroporti in regime precario. Tale affidamento avverrebbe senza esperimento di gara. Vorrei rilevare, nell'interesse dell'IBAR, che non c'è alcuna ragione che impedisca allo Stato di provvedere direttamente all'affidamento dei sedimi aeroportuali in base a gare pubbliche di appalto che rispondano alle prescrizioni europee.
Per quanto attiene all'ulteriore profilo della privatizzazione, abbiamo assistito, a Roma, all'alienazione della partecipazione dell'IRI a favore della società Aeroporti di Roma, seguita dalla fusione per incorporazione di quest'ultima nella società Leonardo, acquirente, con accollo, da parte della società risultante dalla fusione, dell'ingente debito contratto per l'acquisizione delle partecipazioni in Aeroporti di Roma. Anche questo - lei potrebbe rilevare, signor presidente - forse è fuori tema ma a me sembra che il risultato finale sia un cospicuo indebitamento della società di gestione suscettibile, in qualche modo, di bloccare i necessari autofinanziamenti per il miglioramento dell'infrastruttura. A mio avviso, si tratta di un aspetto rilevante per valutare il grado di sicurezza che siamo in grado di raggiungere in Italia.
Un altro argomento è quello della liberalizzazione dei servizi di assistenza a terra. Anche in questo caso abbiamo assistito ad una serie di interventi sia normativi sia di altra natura che hanno bloccato il processo di liberalizzazione. Ciò è significativo, sotto il profilo della sicurezza, in quanto gli oneri impropri che gravano sui vettori aerei, ovviamente, incidono sulla possibilità per questi ultimi di aumentare le protezioni di sicurezza che sono inclini ad adottare. Uno dei gravissimi oneri impropri attribuiti ai nuovi entranti nel mercato dei servizi di assistenza a terra è rappresentato dall'obbligo di assumere personale dipendente dal gestore in misura proporzionale alla quota di mercato acquisita. Peraltro, questo obbligo, derivante dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 18 del 1999, dovrebbe cessare a seguito di un parere motivato della Commissione europea del 18 luglio 2001, che ha ritenuto simile obbligo una barriera all'ingresso, condannando l'Italia per averne consentito l'inserimento nel decreto di recepimento.
L'ultimo profilo interessante ed importante riguarda il sistema del controllo aereo. Ci sono, in Italia, 50 centri regionali di controllo che non sono integrati in un sistema. Ricordo che negli Stati Uniti ne esistono 19 e sono perfettamente integrati tra di loro. Questo crea discrasie e mancanze di comunicazione che incidono sulla sicurezza generale. Fortunatamente, è in atto la realizzazione del programma Eurocontrol e, nell'immediato futuro, speriamo di poter disporre di un sistema satellitare di controllo in quota unificato per tutta l'Europa che consentirà sia l'integrazione tra i vari punti di controllo sia l'interfaccia con il controllo aereo militare. Infatti, non dobbiamo dimenticare che accanto all'aviazione civile si svolgono, contemporaneamente, operazioni militari e mi sembra che, di recente, la contemporaneità di queste attività abbia causato alcuni problemi.
Come lei accennava, giustamente, noi rendiamo continuamente note queste carenze agli enti operativi. In questa sede, mi sono limitato ad evidenziare i due punti che noi riteniamo fondamentali tra quelli rientranti nella competenza del legislatore, e cioè la esatta definizione delle responsabilità sia di chi può emanare norme sia di chi controlla, nonché la attribuzione a questi soggetti di poteri di intervento. In mancanza, resterebbe loro soltanto la possibilità di raccomandare l'applicazione delle norme esistenti, senza molto successo. Per questo, abbiamo evidenziato la necessità che vi sia un unico ente di controllo.
Secondariamente, non c'è risposta a quanto è stato evidenziato dai piloti, dai controllori di volo e così via. Noi ci adoperiamo per individuare i problemi, quali ad esempio la necessità di installare le luci verdi, da lei giustamente ricordate, presenti in qualsiasi aeroporto europeo. Tuttavia, in Italia, seguendo il principio de minimis non curat praetor, si spendono, magari, 60 miliardi per costruire la torre di controllo o il grande radar, salvo poi non posizionare un faro a terra, perché si tratta soltanto di una luce. Questo è dovuto, secondo noi, alla circostanza che il reporting, ricordato dal comandante Manera, è indirizzato ad enti che - mi permetta - se ne fregano nel modo più assoluto!
Queste sono le due priorità: responsabilizzare, su tali problemi, sia chi emana le normative sia coloro che devono eseguirle. Credo che, alla fine, i risarcimenti per danni che verranno richiesti, in relazione ad alcuni di questi incidenti, costituiranno l'incentivo per raddrizzare molte disfunzioni. É triste che si debba incorrere in figuracce dinanzi al resto d'Europa e porre i rimedi sotto la minaccia della frusta e soltanto perché chi ha la responsabilità di questi adempimenti sa di incorrere in sanzioni. Noi riteniamo che senza la polizia stradale difficilmente ci sarebbe sicurezza sulle strade: perciò, ci vorrà qualche polizia anche da noi. Non è sufficiente che ci si preoccupi di realizzare interventi in materia di sicurezza soltanto perché il comandante Manera, in sede di Comitato di sicurezza della IATA, non vuole incorrere in figuracce nei confronti degli altri. Questo a me sembra molto grave. La sicurezza dovrebbe essere garantita dall'allineamento dell'Italia agli obblighi internazionali e credo che, su questo, la Commissione possa pronunciarsi in modo molto chiaro e preciso.
Una seconda questione. È stato detto che i piloti si limitano a fornire un unico rapporto che consiste nel riempire dei moduli; abbiamo capito che il sistema sicurezza, nel suo complesso, non comunica. Volevo capire in particolare che cosa significa ciò: oltre a riempire i moduli i piloti che cosa potrebbero fare?
Un altro problema, emerso dalla relazione svolta dalla dottoressa Magrone, è quanto abbia inciso il processo di deregulation che si è avuto negli ultimi anni. Sarebbe possibile fornirci un dato che chiarisca questo aspetto?
Con l'IBAR, rappresentato dall'avvocato Magrone, non voglio fare polemica: i servizi di assistenza a terra i vettori possono autoprodurli da anni, perché il sistema è liberalizzato in tutti i maggiori aeroporti. Ritengo però che una liberalizzazione eccessiva possa condurre ad una sorta di far west, come l'ha definito qualcuno. Di conseguenza, per aeroporti di medie dimensioni, un certo ragionamento va svolto fino in fondo.
Infine, quanto all'applicazione dell'articolo 14, si tratta di una norma di salvaguardia sociale che aveva effetti limitati per un determinato periodo di tempo. Ora, a prescindere dal fatto che sia contro la libera concorrenza, essa non avrebbe più efficacia, secondo alcuni; lo dico soltanto per evitare equivoci e per far sì che leggendo questi documenti qualche collega si faccia un'opinione non corretta. Quindi, l'autoproduzione (o meglio il servizio di handling) i vettori possono autoprodurli da anni. Per quanto concerne l'articolo 14 del decreto legislativo n. 18 del 1999, che prevedeva che chi assumesse una quota trasferita di servizi a terra assumesse anche la relativa quota di personale, esso può avere un'efficacia limitata e risulta comunque superato.
La domanda che pongo è questa: nella relazione dell'avvocato Magrone sono state fatte delle affermazioni forti (ritengo che lei stessa ne sia convinta). Stiamo affrontando in questi giorni il problema della gestione aeroportuale e mi sembra di cogliere una sua preoccupazione per il fatto che una gestione privatistica senza gare, cioè senza concorrenza, finisca per danneggiare i vettori. Lei stessa afferma che la prospettiva delle privatizzazioni imminenti ha dettato una strategia di normazione volta a garantire alle gestioni aeroportuali rendite di posizione ingenti e durature, con grave danno per i vettori. Inoltre, sostiene che non sempre la privatizzazione è il toccasana delle gestioni aeroportuali e che, al contrario, può essere un passaggio pericoloso per la funzionalità degli aeroporti e la conseguente sicurezza del trasporto aereo. Vorrei che lei, avvocato Magrone, ci dicesse quali sono i gravi danni che hanno subito i vettori da questa contrapposizione alle rendite di posizione ingenti e durature dei gestori. Dall'altro lato, lei afferma che questo può essere un passaggio pericoloso per la funzionalità degli aeroporti; le chiedo: in che misura può
All'ingegner Cereti volevo chiedere se non ritenga che il recepimento integrale delle normative ICAO possa rivelarsi utile nell'immediato: come più volte abbiamo detto, gli aeromobili volano tutti giorni, e tali normative possono servire alla salvaguardia della sicurezza.
Prima questione. È stato affermato che i singoli comparti della sicurezza funzionano. Pertanto direi, contrariamente ad altre affermazioni che ho sentito, che non sono necessari investimenti aggiuntivi o trasformazioni particolarmente rilevanti, tranne evidentemente quelli concernenti l'evoluzione tecnologica. Chiedo se ciò sia esatto o meno.
Seconda questione. Si è fatto cenno ad una mancanza di coordinamento, che traduco come una mancanza di responsabilità nelle «zone di confine», che risultano quindi pericolose. In altri termini, non esiste un vero sistema: i «singoli pezzi» vanno bene, ma dal punto di vista della sicurezza generale, mancando il sistema, si determina una situazione a rischio; chiedo se sia vero o falso.
Terza questione. Si propone che un solo ente predisponga le regole e svolga il controllo, e soprattutto di dotare tale ente di un grande potere di intervento (cosa che mi trova completamente d'accordo). Potete illustrarci che cosa effettivamente cambierebbe e quali siano le aree più critiche che avete individuato, sempre che sia vera la diagnosi relativa al punto precedente?
Quarta questione. Se realizzo queste premesse di sistema, è rilevante che il meccanismo sia privato, pubblico o misto. O ciò è vero soltanto nella situazione attuale? Si chiede di fare intervenire qualcuno perché oggi vi sono insufficienze, oppure - se garantiamo un sistema che funziona bene e che elimina le aree grigie di confine - tale intervento non è più necessario come ritengo sia? Si tratta di un punto importante, perché indirizza in due direzioni molto diverse i possibili interventi anche dal punto di vista legislativo.
Infine, un'ultima questione. Si chiede da varie parti del sistema la partecipazione delle compagnie aeree ma essa viene concepita come ingresso nel capitale delle singole società. È necessario fare questa operazione, oppure le compagnie aeree possono restare al di fuori di tutto e puntare ad una partecipazione nel sistema della sicurezza? Qual è il vostro punto di vista sotto questo profilo? Resto molto perplesso quando vedo che l'intervento adottato per garantire un certo tipo di funzionamento è solo di tipo finanziario. Su questo aspetto gradirei da voi qualche delucidazione.
Dal momento che è qui presente una associazione che rappresenta numerose compagnie aeree, vorrei sapere se i livelli di istruzione, aggiornamento e controllo degli status stanno a cuore a tutti gli operatori nella stessa misura in cui interessano ad uno di essi, o se questa notizia, che a noi è stata riferita, non corrisponde al vero.
Constato l'assenza dell'onorevole Tidei, al quale devo una risposta. Sono intervenuto durante l'esposizione dell'avvocato Magrone che ha evocato oralmente, in relazione alla questione delle privatizzazioni, una proposta di legge richiamata anche nella nota scritta che ci ha consegnato. Mi sembrava irrituale che si discutesse di una delle due iniziative legislative di un parlamentare oggi in discussione in sede di Commissione. Quando avremo necessità di ascoltare una opinione sull'argomento - e forse ce ne sarà bisogno - procederemo ad una audizione sul merito di tali provvedimenti, di cui uno, appunto, in discussione e l'altro ancora allo stadio di proposta di legge. Desideravo che si discutesse dell'attuale situazione.
Avvocato Magrone, non posso consentirle di intervenire in risposta a questa considerazione.
L'onorevole Ferro sostiene che vi sia stata una ampia liberalizzazione dell'handling. Non ne sono testimone. Credo che l'unica gara esperita sino ad oggi negli aeroporti limitati sia stata quella di Fiumicino. Ci sono pochissimi handlers indipendenti. Vi riporto una esperienza diretta, maturata da uno dei miei clienti, relativa all'aeroporto di Bologna: ottenere il servizio di handling in un aeroporto richiede un anno di defatiganti procedimenti, dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria ed a quella amministrativa.
Quanto ai danni derivanti dalla mancata liberalizzazione, la politica normativa - se me lo consente, signor presidente - a favore delle gestioni aeroportuali ha prodotto un indiscriminato aumento dei diritti aeroportuali mentre non c'è mai stata né una effettiva separazione contabile - per quanto obbligatoria, sia in base alla direttiva comunitaria sia in base al decreto di recepimento - né un concreto accertamento dei costi e, quindi, non si è mai riusciti ad avere una tariffazione corretta dei servizi resi in aeroporto dal gestore aeroportuale. A mio avviso, vi è stata una strategia, sia normativa sia degli organi di controllo, che ha condotto ad un risultato aberrante per i vettori, i quali si trovano oggi nelle condizioni che tutti conosciamo.
Rispondo, infine, all'ultima questione, attinente alle ragioni per cui auspichiamo sia creata la nuova struttura, cioè l'organo unico. L'incidente di Linate e la mancata esecuzione dell'atto di indirizzo del ministro hanno evidenziato come una pluralità di organi conduca ad una pluralità di responsabilità indefinite. È necessario un unico organo responsabile della regolamentazione e del controllo, che disponga anche di un potere sanzionatorio. Il decreto legislativo che istituisce l'ENAC prevede alcune attribuzioni in tal senso ma non definisce le sanzioni, che devono essere tipiche. L'unico potere sanzionatorio resta nelle mani del direttore dell'aeroporto. A mio parere, L'ENAC non è potuto intervenire non disponendo di detti poteri. Ben venga una nuova struttura che dovrebbe disporre di poteri sanzionatori, senza più rimbalzi di responsabilità, e che dovrebbe essere di derivazione parlamentare - mi perdoni, signor presidente, se esprimo nuovamente un'opinione personale - come tutte le authorities che operano nel nostro paese. Infatti, la migliore garanzia di neutralità è fornita proprio dalla designazione parlamentare mentre l'autorità che si è ipotizzato di costituire avrebbe una derivazione diretta dall'esecutivo e soffrirebbe di nuovo delle difficoltà già incontrate dall'ENAC e dall'ENAV, organi di derivazione governativa.
I controllori lavorano al massimo delle loro capacità e sono encomiabili per il loro impegno. Posso soltanto richiamare alcuni dati.
Le loro licenze sono rilasciate dallo stesso ENAV, che possiamo considerare il datore di lavoro, e non sono controllate dall'esterno. Ritengo che questa sia una anomalia. Quanto ai risultati, devo notare che in tutta Europa si vola con un unico codice di trasponder, qualunque sia la nazione di provenienza, che sia la Svezia o il Portogallo: dai confini dell'Italia fino a Roma si deve cambiare la frequenza dello stesso trasponder per ben quattro volte. Se ne deduce che tutti i centri di controllo riescono a dialogare e ad accordarsi tra loro nell'attribuire ad un determinato volo un solo codice, valido in tutta Europa; mentre da Milano a Venezia lo si cambia per tre volte.
Recentemente, in un aeroporto maggiore del nord Italia, da parte di ENAV sono state istituite procedure relative alla fase di decollo che appesantiscono le comunicazioni dei piloti proprio nella fase più delicata in cui, invece, ci dovrebbe essere il silenzio. Si tratta di anomalie rispetto al resto d'Europa: non sto affermando che tali procedure siano migliori o peggiori, soltanto che sono diverse. Insisto: non c'è una lista dei buoni o dei cattivi ma un elenco di miglioramenti da apportare nonché di differenze oggettive.
Relativamente allo scarto rispetto al resto d'Europa, dovremmo essere preoccupati non dei risultati, che - come ricordato dall'ingegner Cereti - sono positivi ed in linea con gli altri paesi, ma di come si raggiungono e di quale sia il metodo, il presidio epidemiologico per combattere i germi presenti nel sistema, per evitare che essi si combinino in un incidente. Quando se ne verifica uno, scopriamo che i germi erano presenti, magari, da anni e che si possono misurare tutti i giorni.
Quanto alla deregulation, i dati dimostrano che le nazioni che vi abbiano già proceduto, dopo un iniziale periodo di crisi, sono divenute le più sicure, in termini di risultati. Tuttavia, questo è possibile
Purtroppo, i regolamenti aeronautici non disciplinano tutte le procedure, nel senso che gli operatori aeroportuali forniscono alle compagnie servizi regolamentati sul ricevente - che è la compagnia - e non sul fornitore, che spesso opera in regime di monopolio. Questo è un problema di completezza e di regolamentazione.
Per quanto riguarda il reporting seppellito presso ENAV ed ENAC, in realtà i dati ci sono e sono forniti ma potrebbero essere ordinati in maniera più sistematica. Credo che alla base ci sia un problema di tipo organizzativo e di tipo culturale: cioè, è necessario riconoscere che i dati di misurazione del funzionamento quotidiano del sistema sono l'elemento fondamentale per renderlo più resistente. I dati sono forniti (seppelliti è una definizione non appropriata) ma, nel caso di ENAV, sono conservati per uso interno ed il resto del sistema non può beneficiare di indicazioni ed informazioni che - insisto - sono vitali (nello scambio di informazioni nel mondo, contribuiamo nella misura dell'1,7 per cento). È importante sapere che cosa avviene in casa nostra. Siamo a conoscenza delle informazioni di cui dispongono gli omologhi enti inglese, americano, canadese, di Hong Kong, neozelandese ed australiano, corrispondenti ai nostri ENAV ed ENAC, mentre delle segnalazioni inviate ad ENAV non abbiamo più notizia, se non dietro specifica richiesta. A domanda, rispondono; ma non forniscono gli andamenti statistici, perché li conservano solo per usi interni. Per quanto riguarda l'ENAC, il sistema c'è, e si svolge anche una attività routinaria di controllo, ma non si utilizza la ricchezza delle informazioni. Perciò, insisto sull'aspetto culturale.
Sul tema dei rapporti e dell'indipendenza tra l'inchiesta tecnica e quella della magistratura, ribadisco che i tempi di quest'ultima, che si basa sulle certezze giuridiche, aeronauticamente parlando sono biblici. Noi abbiamo bisogno di sapere subito che cosa avviene per poter intervenire.
Vi menziono due esempi, l'uno relativo all'incidente del volo American Airlines 587, l'altro a quello della Scandinavian Airlines a Linate. In relazione al primo, in termini di factual reporting, quindi senza alcuna anticipazione sulle cause, disponiamo di un report quotidiano da parte del National safety transportation board, che mette a disposizione di tutto il mondo aeronautico fotografie ed informazioni derivanti dalle misurazioni che vengono effettuate ogni giorno, senza commenti né indicazioni di cause. Di quanto accaduto l'8 ottobre scorso, pur essendo piuttosto informato, non so assolutamente nulla, perché l'inchiesta è condotta congiuntamente alla magistratura, che secreta ogni documento. Se non si separano le inchieste, non si può conoscere in tempo e velocemente ciò che può essere utile, anche se non necessariamente determinante. Del resto, un dubbio a noi è sufficiente per intervenire.
Mentre in merito al volo American Airlines 587, caduto a New York, disponiamo di una notevole quantità di - consentitemi l'espressione - «cibo per i pensieri», per studiare le possibili modifiche nelle procedure, uno specifico addestramento e tecniche di recupero dell'aeromobile da assetti inusuali, relativamente all'incidente di Linate, e ad altri che sono avvenuti in passato in Italia, non abbiamo nessuna indicazione su cui lavorare per poter migliorare.
Per quanto riguarda la richiesta volta a sapere se i «pezzi» del sistema vanno bene, la risposta è assolutamente no, non ho fatto questa affermazione; d'altronde non era compito mio né mia intenzione attribuire qualificazione ai pezzi del sistema. Volevo semplicemente dire che anche che laddove tutti i «pezzi» funzionassero, che anche laddove tutti rispettassero i regolamenti e le norme, non avremmo nessuna garanzia di avere la sicurezza.
L'onorevole Duca sollevava la questione relativa al modo di procedere in termini di rispetto delle regole da parte delle compagnie aeree; certamente, esiste una differenza di procedure e di normative fra una compagnia che deve gestire 2 mila piloti e un'altra che ne deve gestire soltanto 200; però la normativa di gestione, soprattutto per quanto concerne la qualifica dei piloti, è soggetta a precise norme dell'ENAC, per cui, da questo punto di vista, riteniamo che da parte di tutte le compagnie ci sia il rispetto delle norme. D'altra parte, conosco come effettivamente vengono gestite alcune compagnie, e pertanto potrei garantire che, nonostante siano di piccole dimensioni, funzionano perfettamente. Comunque, per ovviare a possibili inconvenienti di questo genere, siccome tutte le compagnie aeree sono iscritte alla IATA, ricordo che da due o tre anni la IATA stessa prevede un esame per associare le varie compagnie.
Tale esame viene effettuato dal personale prestato da altre compagnie e si accompagna ad un programma definito big back, per cui le compagnie principali si assumono la responsabilità di insegnare, di trasmettere alle compagnie minori - nel proprio paese o anche in paesi terzi - il know how in questo campo. A livello di compagnie aeree, pertanto, esiste un sistema
L'onorevole Panattoni sollevava la questione dei vari «pezzi» che garantiscono la sicurezza; se i «pezzi» vanno bene non servono grandi investimenti. I grandi investimenti di cui parliamo servono per sviluppare il sistema infrastrutturale italiano in modo da poter reggere la crescita del traffico aereo. Ad esempio, i ritardi nel sistema della precisione dei voli sono in gran parte dovuti al fatto che gli investimenti nel controllo del traffico aereo non seguono la stessa tendenza del numero dei voli: ci auguriamo che questa crisi che ha abbattuto il traffico aereo - speriamo per un periodo breve...
Il sistema come ho detto risulta carente anche oggi e credo che un unico ente migliorerà la situazione. Con ciò rispondo anche alla domanda posta dall'onorevole Pasetto che poneva un confronto con l'Europa; in molti casi, le norme del nostro sistema non sono molto diverse da quelle del resto dell'Europa, perché anche lì esistono dei problemi. Però dobbiamo tener conto del carattere nazionale; allora, la collaborazione che negli altri paesi avviene soprattutto perchè due enti pubblici non si sognano nemmeno di danneggiare l'interesse pubblico a seguito di loro battaglie interne, in Italia può non esserci. Per cui, la vostra responsabilità - scusate se mi permetto di dire questo - è molto più grande, perché dovete tenere conto che le regole italiane devono essere in sostanza «a prova di imbecille», cioè a prova di gente che le applica senza conoscerne lo spirito. Per questo io dico che un sistema serve. Riguardo alla questione dell'ente unico, la situazione cambierebbe nel senso che non ci sarebbe il controllo dei piloti ogni sei mesi e dei controllori di volo ogni quattro anni: un controllore di volo viene controllato dal suo capo per cui è molto diverso da quello che accade nel nostro paese, dove ci sono dei controllori che provengono dall'esterno. Pertanto io ripeto e torno a dire che è il sistema che non funziona.
Sono anche convinto che non occorra assolutamente una ripartecipazione; è stato citato il caso della partecipazione, ma l'unico caso che esista di partecipazione dell'aerolinea nella privatizzazione di un sistema di controllo del traffico aereo si ha in Inghilterra con il NATS; anche lì, comunque, bisognerà vedere se funzionerà, in quanto è stato realizzato da
Infine, vorrei aggiungere che gli investimenti sono sicuramente necessari per lo sviluppo aeroportuale, altrimenti si manterrà la sicurezza, perché costituisce una priorità, ma saremo penalizzati in termini di operatività, con ritardi e con tutto quello che in questo periodo si sta sperimentando.
Ringrazio nuovamente gli ospiti intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.
Immagino che conosciate i compiti di questo Comitato, perciò non ve li ricorderò e vi do subito la parola.
Possiamo sintetizzare la posizione della associazione che riunisce i gestori di tutti gli aeroporti italiani in alcuni punti essenziali. Nel recente passato, si è assistito ad una carenza di indirizzo politico determinata dalla circostanza che negli ultimi cinque anni si sono succeduti quattro diversi ministri dei trasporti. Ciò ha comportato una politica poco chiara e incerta da parte del Governo, a causa di indirizzi tra loro diversi e, talvolta, contrastanti. A nostro avviso, l'attenzione rivolta al mondo aeroportuale è stata concentrata, soprattutto, sul settore del vettore aereo e, in questo ambito, sulla compagnia di bandiera. Questo ha determinato, oltre alla citata frammentazione, una scarsa visione d'insieme di un sistema nel quale operano altri attori egualmente importanti quali le società di gestione aeroportuale, i piloti, i soggetti che erogano servizi diversi, come il catering, e così via. Perciò, riteniamo utile sottoporre alla vostra attenzione alcune problematiche.
La prima è di natura istituzionale e attiene, principalmente, alla riforma dell'aviazione civile. Noi auspichiamo la istituzione di una authority nazionale che abbia compiti chiari ed essenziali di indirizzo, di vigilanza, di controllo e non anche di gestione. Accanto ad essa, una authority aeroportuale che, con uguale chiarezza, assuma le responsabilità ed i compiti che la prima avrà avuto modo di individuare. Ne dovrebbe conseguire la trasformazione delle società di gestione aeroportuali in airport operator.
Inoltre, sarebbe auspicabile una riforma della legislazione relativamente alla parte del codice della navigazione che disciplina la demanialità dei terreni e dei beni aeroportuali. A questo proposito, esistono ancora numerose situazioni di stallo che non hanno consentito la conclusione dell'iter che dovrebbe consentire la gestione totale, presupposto fondamentale per una serie di azioni proprie delle società. Attualmente, sul territorio nazionale, assistiamo a posizioni diverse tra i vari aeroporti. Solo alcuni hanno ricevuto da tempo l'autorizzazione a tale gestione, ad esempio Roma, Milano, Torino e Venezia; altri, invece, ancora non ne beneficiano.
Perciò, si determina una disparità tra i vari gestori aeroportuali e l'impossibilità di progettare e realizzare investimenti, dal momento che, attualmente, la gestione è concessa per soli tre anni, periodo che, ovviamente, non consente investimenti né infrastrutture, in particolare nel settore della sicurezza, che trovino una giusta remunerazione in senso economico. Del resto, nella nostra veste di società per azioni siamo obbligati sia a fornire servizi con uno standard elevato sia, nello stesso tempo, a conseguire un risultato di esercizio. A ciò si aggiunga il problema della privatizzazione: è cosa diversa porre sul mercato una società titolare di una concessione per soli tre anni ed una - lo ripeto, già esistono sul territorio nazionale - autorizzata per un periodo ben più lungo. In sintesi, non tutti abbiamo ottenuto la gestione totale e una concessione solo per tre anni comporta differenziazioni e incapacità gestionali per quanto riguarda gli investimenti.
Passando al più specifico problema della sicurezza del volo, noi lamentiamo, o almeno constatiamo, e ci permettiamo di rappresentare a questo Comitato, una eccessiva frammentazione di poteri, una proliferazione di enti di controllo e, quindi, una mancanza di attribuzione di specifiche responsabilità. Riteniamo assolutamente necessario, oltre alla nostra doverosa preparazione e capacità, conoscere quali siano gli adempimenti affinché la sicurezza non sia considerata una problematica di ogni giorno ma una tematica da affrontare, certamente con la massima attenzione, ma anche con una buona capacità di risposta.
Inoltre, più nello specifico, ci permettiamo di ricordare che dopo il 31 dicembre prossimo i gestori aeroportuali non potranno più effettuare i controlli di sicurezza dei passeggeri e dei bagagli a mano. Sarebbe auspicabile che fosse rinnovata la relativa autorizzazione, altrimenti ci mancherebbe la titolarità per poterli effettuare mentre, nello stesso tempo, le forze dell'ordine, in particolare la polizia di frontiera, non sono attrezzate a questo scopo.
Attualmente, si assiste ad una diversità di azione, sul territorio nazionale, anche per quanto attiene al controllo dei bagagli da stiva. A fronte di un obbligo comunitario che ci imporrà, a partire dal 1o gennaio 2003, il controllo del cento per cento di questi bagagli, alcuni aeroporti già lo effettuano, altri in misura minore ed altri ancora non vi procedono affatto. Anche in questo caso, riteniamo auspicabile un chiaro indirizzo da parte degli enti preposti affinché le società di gestione aeroportuale possano sapere con certezza come agire e possano, se competeranno ad esse, effettuare investimenti - le cui modalità, in tal caso, dovranno essere verificate - ed avere la disponibilità degli strumenti di gestione di tali controlli, ad esempio, estendendo le tariffe già utilizzate a Roma, in occasione del Giubileo, a tutto il territorio nazionale.
Sintetizzato in brevi passaggi, ho illustrato il contributo che abbiamo inteso recare a questa Commissione. Siamo disponibili - i miei colleghi ed io - a rispondere alle vostre domande e, se lo riterrete necessario, a presentare, nelle prossime ore, un appunto che rappresenti la nostra posizione in funzione delle vostre esigenze. Per tale motivo, non vi abbiamo preventivamente consegnato alcun documento, ritenendo opportuno ragionare anche sugli altri temi che vorrete sottoporci.
Pertanto, chiedo a lei, o a qualcuno dei suoi collaboratori, un approfondimento su questo tema, prima di cedere la parola ai colleghi.
Riteniamo che il problema maggiore sia la frammentazione dei compiti e non tanto il fatto che un determinato impianto non funzioni o che un certo macchinario non sia installato nell'aeroporto. Come può rapportarsi nei confronti di ENAV il direttore dell'aeroporto (che è la massima autorità all'interno del sedime aeroportuale, dal momento che ha sostanzialmente un potere di tipo prefettizio)?
Vorrei fare un esempio. Laddove esiste - come negli aeroporti piccoli e medi - una forte sinergia tra il direttore, il responsabile della società di gestione ed il responsabile dell'ENAV - nel senso che c'è un rapporto, anche personale, positivo - il raccordo tra i vari soggetti che operano nell'aeroporto è molto efficace. Tuttavia ciò dipende dai casi: a Palermo questo può verificarsi, perché ci si vede quotidianamente (si tratta infatti di un aeroporto di medie dimensioni), per cui la mancanza di procedure predefinite viene superata mediante l'attuazione di certi comportamenti a valle.
Il problema è che a nostro avviso non si può delegare la sicurezza alla buona volontà dei soggetti. Comunque, penso che anche i miei colleghi possano aggiungere qualcosa a questo riguardo.
Faccio un esempio. Ho letto sui giornali che a Fiumicino c'è un radar di terra ed un altro che dovrebbe entrare in funzione dal 1o gennaio. Noi non abbiamo alcun accesso ad informazioni relative a quanto avviene nel mondo ENAV, al di là dei rapporti interpersonali e della buona volontà dei singoli. Siamo particolarmente fortunati perché il direttore del nostro aeroporto è incredibilmente energico - esprimo un giudizio personale - e cerca di supplire alla mancanza di coordinamento del sistema aeroportuale, ad una lacuna che a mio avviso andrebbe assolutamente colmata. In fin dei conti, l'ENAC - ovvero il direttore dell'aeroporto - coordina tutti gli enti di Stato, ma credo che questa capacità di coordinamento sia inferiore nel mondo dell'ENAV. Ciò pone grossi problemi.
Non mi sembra che la vostra relazione introduttiva abbia fornito un contributo rilevante al lavoro di indagine di questo Comitato. Non vorrei dilungarmi sui temi della privatizzazione; al riguardo rivolgo una sola domanda: nei casi di privatizzazione in corso, relativamente ad aeroporti per cui siano stati stanziati o già erogati consistenti finanziamenti da parte dello Stato, si procede ad una ricapitalizzazione di pari entità anche per i soci privati? In altre parole, se oggi l'aeroporto vale 50 miliardi e lo Stato eroga un finanziamento di altri 100 miliardi per potenziarlo, quest'ultima somma viene ricapitalizzata anche nei confronti dei soci privati, oppure chi aveva il 30 per cento di quei 50 miliardi si ritrova ad avere il 30 per cento di 150 senza tirar fuori una lira?
Per quanto riguarda invece la sicurezza, vi chiedo se esista negli aeroporti un piano di sicurezza interna ed esterna. Ad esempio, negli ultimi tre anni sono state effettuate prove di allarme? Se sì, quante? In quanti aeroporti? Qualora queste prove
Quando le strisce di segnalazione a terra sono scarsamente visibili si interviene o no? C'è un piano per la loro manutenzione, affinché la vigilanza sia la migliore possibile? Quando le luci non funzionano si aspetta che un terzo lo dica oppure, dopo la segnalazione del pilota, c'è qualcuno che interviene? Quando - come nel caso di Milano - sono state emanate raccomandazioni dall'Agenzia per la sicurezza del volo, esse pervengono ai destinatari? Sono seguite o comunque c'è un'interlocuzione con gli altri enti addetti alla sicurezza? La vettura di ausilio in caso di nebbia è a disposizione solo su richiesta del comandante di bordo oppure no?
Credo che il Comitato abbia bisogno di dati come questi: poi verranno i suggerimenti di tipo normativo (peraltro ne abbiamo ricevuti già molti). Vi chiedo se la prevenzione sia fra i temi alla vostra attenzione: quante attività di prevenzione vengono predisposte? Quanti finti incidenti vengono allestiti? Quante prove di soccorso, per verificare se i vigili del fuoco siano in grado di intervenire in 5, 10 o 20 minuti e se sappiano dove andare e come comportarsi?
Credo che il Comitato abbia bisogno di ottenere, da chi gestisce gli aeroporti, questo genere di dati per verificare lo stato della sicurezza del trasporto aereo in Italia e valutare se e come sia possibile migliorarlo.
Vengo alla seconda domanda, che per certi aspetti desta in me maggiori preoccupazioni. Le nostre audizioni in questa sede hanno una finalità specifica, quella di realizzare un'indagine conoscitiva sulla sicurezza del trasporto aereo. Nel corso delle audizioni è emersa - poiché nessuno degli auditi si è limitato ad intervenire specificamente sul tema dell'indagine, spaziando sulle problematiche generali del settore - una situazione di conflitto o comunque un'azione che non si svolge all'unisono nell'ambito delle competenze di ciascuno ed anche una sorta di mancato rispetto e di scarsa considerazione reciproca fra i vari soggetti che operano nel comparto. Un soggetto esterno al vostro mondo, e probabilmente anche qualcuno che non sia particolarmente competente, ha l'impressione che fra di voi non regni armonia ma, al contrario, prevalga una forte conflittualità la quale, in un aeroporto, crea sempre qualche problema di sicurezza.
Ci stiamo occupando in questi giorni di alcuni provvedimenti che hanno la finalità di riorganizzare le gestioni aeroportuali, che risultano attualmente piuttosto carenti; la precarietà delle concessioni impedisce di fatto di attuare un complesso di investimenti che riguarda non solo la sicurezza, ma anche il miglioramento delle attività aeroportuali.
Vorrei leggervi quanto è stato affermato da uno dei partecipanti all'audizione che si è svolta poco fa: «La prospettiva delle privatizzazioni imminenti ha dettato una strategia di normazione volta a garantire alle gestioni aeroportuali rendite di posizione ingenti e durature, con grave danno per i vettori, la cui situazione di crisi, precedente agli avvenimenti dell'11 settembre 2001, denuncia gli scompensi del sistema, del tutto concorrenziale nel settore del trasporto e del tutto monopolistico nel settore delle gestioni, tanto da ritardare di anni la liberalizzazione dei servizi a terra e da affidare ai gestori - anche qui senza l'esperimento della gara - persino i servizi di sicurezza in aeroporto, tanto quelli dismessi dalla Polizia di Stato che altri. Gli avvenimenti recenti, relativi alla cessione di partecipazioni in Aeroporti di Roma, con la successiva fusione per incorporazione nella società in cui si è trasformato il Consorzio acquirente dell'acquisita, che ha riportato sulla società risultante dalla fusione l'ingente debito contratto dall'acquirente, con conseguente prevedibile blocco degli investimenti, pur già finanziati con esplicita destinazione dall'aumento considerevole dei diritti aeroportuali, insegna che la privatizzazione non è il toccasana delle gestioni aeroportuali. Può al contrario essere un passaggio pericoloso per la funzionalità degli aeroporti e la conseguente sicurezza del trasporto aereo». Condividete queste affermazioni?
In questi giorni - come qualcuno di voi sa - mi sono recato in sede di Aeroporti di Roma per sostenere la battaglia che circa 400 lavoratori stanno conducendo perché hanno ricevuto dalla Ligabue 311 licenziamenti, cui si accodano altri 80 ad essi conseguenti. Non sarà forse che la gestione - monopolistica, come dicono alcuni - determina situazioni di scompenso nel sistema e soprattutto tende a fare cassa sulla pelle dei lavoratori e quindi a far guadagnare (anche se in questo caso mi pare che almeno Aeroporti di Roma ci rimetta: forse altri ci guadagnano) le società di gestione?
Si sta pensando di portare il periodo di concessione a 40 anni: la privatizzazione esasperata rischia però di determinare situazioni di precarietà per gli addetti a questi servizi.
Credo però che non sia questo il tema dell'audizione di oggi, la quale si colloca nell'ambito di una indagine conoscitiva sui problemi della sicurezza.
Sarebbe utile, invece, conoscere la vostra opinione, che rappresenta il punto di partenza e di arrivo del sistema, attraverso una nota scritta che rilevi i fenomeni secondo la vostra visione. Credo sia opportuno per voi ed agevolerebbe i lavori della Commissione.
Questa indagine prende avvio dall'incidente di Linate dell'8 ottobre scorso. Al di là delle valutazioni politiche (a mio avviso, il lavoro fin qui svolto non ha subito né forzature né strumentalizzazioni), credo che non si possa parlare, a questo punto, solo di errore umano, non essendo ancora in una fase conclusiva. Mi sembra che anche il presidente abbia rilevato la presenza di ulteriori elementi, oltre l'errore umano.
Siamo d'accordo sul problema del radar non funzionante. Tuttavia, ne emergono altri attinenti alla segnaletica orizzontale, a quella luminosa e così via. Sarebbe sufficiente leggere lo stralcio della relazione della commissione ministeriale, riportata, in buona parte, su una intera pagina de Il Messaggero di ieri, per rilevare una serie di responsabilità anche - non dico «soltanto» - nella gestione dell'aeroporto. Sarebbe opportuno, vista la presenza
Un'altra considerazione, sempre a proposito di Linate, nasce da quanto emerso nell'illustrazione di questa sera in merito alle difficoltà dovute al suo congestionamento. Desidero saperne un po' di più. In particolare, vorrei capire se ritenete questo aeroporto ottimale dal punto di vista della sicurezza oppure se vi siano problemi che attengano alla gestione ovvero rientrino nelle attribuzioni di altri enti competenti ad intervenire in materia di sicurezza.
Da ultimo, in relazione all'evento dell'8 ottobre scorso, che non può essere certamente accantonato sia per la sua gravità sia perché la magistratura deve ancora procedere all'individuazione delle responsabilità, vorrei sapere se ne possiamo ricavare una esperienza - del resto, siamo qui per questo - al fine di evitare che simili incidenti si ripetano.
Per concludere, desidero, se possibile, non una panoramica, che richiederebbe troppo tempo, ma almeno sapere se vi sia una differenza, dal punto di vista qualitativo, tra gli aeroporti del centro-nord e quelli del Mezzogiorno e delle isole, in particolare delle isole minori, in relazione alla sicurezza.
Simuliamo ogni tipo di emergenza: quella dell'aereo in mare (nello scorso mese di settembre o di ottobre, non ricordo esattamente la data), la simulazione anti-terrorismo nella ipotesi di aereo a terra, e così via.
Tuttavia, rispondendo alla sua affermazione che ciò rientra nella nostra responsabilità, devo ricordare che noi siamo gli attori e non il regista, in questo caso. A Fiumicino opera un servitore dello Stato, il direttore dell'aeroporto, particolarmente attento a queste problematiche, a cui prestiamo tutta la nostra collaborazione. Ma, ripeto, non siamo noi il regista: siamo semplicemente attori.
Quanto alle simulazioni - lo aveva chiesto specificamente, onorevole Duca - sono tutte senza preavviso.
Sappiamo in che modo funziona Fiumicino: possiamo avere, come è stato richiesto, una panoramica di interesse generale? Interesse generale è sapere se esista un piano di sicurezza, se sia interno o esterno, quale tipo di simulazioni siano effettuate. Tutto sembra correttamente eseguito. Ciononostante, in occasione dell'incidente di Milano, i soccorsi sono giunti con un ritardo di mezz'ora: anche in questo caso la responsabilità è del direttore dell'aeroporto?
È inutile che vi ripeta la dinamica dell'incidente, poiché già la conoscete. La magistratura dovrà accertare le responsabilità. Le pratiche e le norme che si devono osservare in un sedime aeroportuale non sono state rispettate: tutto qui. C'è qualcosa di poco chiaro ma non credo di dover entrare nel dettaglio, a meno che voi non siate interessati ad invadere l'ambito degli accertamenti cui la magistratura sta procedendo, anche mediante il sequestro delle comunicazioni con la torre di controllo ed altri documenti.
Per inciso, e per maggiore chiarezza, vorrei ricordare che il Cessna non è partito dal gestore SEA ma dal gestore ATA. Non posso rispondere alla domanda relativa a chi abbia controllato se i piloti avessero o meno i brevetti per pilotare in condizioni di scarsa visibilità. C'è anche da chiedersi se il Cessna, un piccolo velivolo, disponesse della strumentazione idonea per operare decolli e atterraggi in tutta sicurezza. Su tutto questo posso proporvi domande, non fornirvi risposte.
Quanto all'obbligo del gestore di approntare una corretta segnaletica, mi sono rivolto ai nostri tecnici per ottenere informazioni. A Linate, la segnaletica è stata rinnovata su tutto il sedime aeroportuale nel luglio scorso. Non credo che in pochi mesi si sia deteriorata così tanto, come la stampa afferma.
Ad ogni modo, nel caso in cui sia necessario rinnovare la segnaletica, la procedura prevede che SEA richieda ad ENAC l'autorizzazione ai lavori, ricevendo un codice. Dopodiché ENAC chiede il permesso ad ENAV, fornendo il medesimo codice. Il cerchio si chiude quando SEA contatta ENAV e fornisce il codice, ottenuto da ENAC, tanto all'inizio quanto al termine dei lavori.
Come diceva il collega prima, siamo degli esecutori (o degli attori, come preferite), nel senso che non possiamo andare in pista o sui piazzali quando vogliamo. Pertanto, ciò che ha detto prima il presidente dell'associazione, riguardo alla frammentazione dei compiti e quindi delle responsabilità, è un dato effettivo che si rileva in qualsiasi operazione che avvenga sul sedime aeroportuale.
Cito un altro dato che riguarda un caso particolare, cioè la costruzione di Malpensa 2000, quindi non un fatto di ordinaria amministrazione. Per Malpensa 2000 abbiamo dovuto sottostare a 26 passaggi procedurali coinvolgendo 29 enti, come risulta documentato ente per ente. C'erano problemi di impatto ambientale sui comuni limitrofi e la questione era più complessa...
Non so se ho risposto a tutto per quanto riguarda Linate e Malpensa.
Vorrei che il presidente Maniscalco mi desse quella risposta su Palermo. Vorrei capire se, come responsabile dell'aeroporto, ne è al corrente o meno.
I gestori aeroportuali si sentono in grado di diventare autorità aeroportuali con tutte le responsabilità a ciò connesse? Le situazioni citate dal presidente Romani sono ancor più aggravate nell'aeroporto in gestione parziale, perché le procedure citate dal dottore e quelle della SEA riguardano un aeroporto che è già privilegiato. Il gestore precario parziale, per fare le famose strisce gialle, ha procedure ancora più lunghe rispetto al gestore totale, che si avvale di una titolarità diversa. Il sistema delle imprese negli aeroporti italiani, secondo voi, è in grado di assumersi questa responsabilità? È necessario porre mano alla riforma e individuare un responsabile che risponda integralmente di un determinato processo.
Se pongo il problema del Mezzogiorno e delle isole, non lo faccio a caso, ma perché conosco benissimo la condizione degli aeroporti in queste aree del nostro paese. Ma è chiaro che non possiamo procedere per sentito dire. Dobbiamo sapere il loro punto di vista, visto che gli aeroporti, in Italia, sono quelli di Linate e di Malpensa, ma anche quelli di Pantelleria e di Lampedusa. Non è che gli aeroporti sono tutti uguali e che dappertutto ci sono gli stessi sistemi di sicurezza. Quindi, per noi è importante conoscere questa situazione. Non siamo la magistratura, siamo un Comitato di indagine e vogliamo arrivare ad un certo risultato, valutando quali interventi sono necessari. Non siamo qui per individuare responsabilità personali, ma per capire meglio la situazione.
Per quanto riguarda la privatizzazione, la si deve innanzitutto inquadrare, verificando quali compiti, nell'ambito dell'ente che viene a essere privatizzato, sono definiti. Faccio un esempio. Determinate situazioni di sicurezza, il controllo operativo della sicurezza, fino a pochi mesi fa era demandato, di fatto, alla polizia di frontiera, essendo proprio della polizia di Stato il dovere di creare strutture adibite a compiti di sicurezza. Non credo che la privatizzazione debba condurre ad una monetizzazione - come per certi versi il processo è stato definito - o ad una immediata realizzazione di cassa: gli investimenti sul sedime aeroportuale sono di varia natura e quelli relativi alla sicurezza e alle infrastrutture operative necessitano di svariati miliardi. Il rifacimento di piste e di bretelle, cioè le vie di rullaggio e i collegamenti tra piazzale e pista, comportano spese che richiedono ingenti fonti di finanziamento, che non possono trovare copertura, certamente, nella attività esercitata, ad oggi, dalle società di gestione aeroportuale, siano esse le attività di core business derivanti dai diritti o quelle relative all'utilizzo della struttura per esercizi commerciali, quali negozi e così via.
È chiaro che una società si deve specializzare anche nelle attività diverse dal core business, puramente commerciali. Tuttavia, se la gestione delle infrastrutture sicuramente può tendere al pareggio grazie