Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 16,45.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla violazione dei diritti umani nel mondo, l'audizione dell'avvocato Shirin Ebadi, Premio Nobel per la pace 2003.
È per me un onore dare il benvenuto, a nome del Comitato permanente per i diritti umani e della Commissione esteri della Camera dei deputati, alla signora Ebadi: è un onore per il Parlamento ma anche per l'Italia averla qui; in proposito, esprimo il mio più sentito ringraziamento anche al rettore dell'università degli studi di Roma tre, di cui ella è ospite per l'inaugurazione dell'anno accademico di imminente apertura.
La signora Shirin Ebadi è stata insignita del premio Nobel per il suo impegno in favore della democrazia e dei diritti umani, fronti su cui si batte non soltanto in Iran ma in tutto il mondo. Come è noto, domani, in Iran, si terranno le elezioni, ma lo si farà in un clima particolarmente difficile. In data 11 febbraio, il Consiglio dei guardiani, il quale agisce in qualità di longa manus della guida spirituale Khamenei, ha bocciato oltre duemila candidati riformisti alle elezioni; ciò ha causato forte disappunto da parte della società civile iraniana e sicuramente, come quasi tutti gli osservatori sottolineano in questi giorni, produrrà un notevole astensionismo.
Lo scontro in Iran tra conservatori e riformatori è particolarmente acceso; il Presidente Khatami si sta profondendo, dal 1997, in sforzi assolutamente coraggiosi per cercare di modernizzare il paese e ciò significa soprattutto inserire dosi massicce di democrazia nella società iraniana e nella politica di quello Stato. Tuttavia, l'impegno dimostrato sin qui è stato piuttosto vanificato dal potere che i conservatori esercitano. Le Forze armate, i pasdaran in particolare, la magistratura, sono saldamente nelle mani della guida spirituale e tutte le riforme a cui ha proceduto fino ad oggi il Majlis, il Parlamento iraniano, sono state rigettate dal Consiglio dei guardiani della rivoluzione, autorità di ultima istanza in Iran.
La condizione sociale è molto complessa, contraddittoria, e ne ho preso atto io stesso un mese fa a Teheran, dove mi sono recato con la delegazione di cui facevano parte anche alcuni colleghi parlamentari oggi qui presenti, quali l'onorevole Baldi e l'onorevole Emerenzio Barbieri; la delegazione era guidata dall'onorevole Luciano Violante (presidente del gruppo di amicizia Italia-Iran), il quale peraltro mi prega di salutarla, porgendole le sue scuse per l'impossibilità, a causa di urgenze improrogabili, di essere presente oggi in questa sede.
In quella occasione ci siamo resi conto delle difficoltà della società iraniana di procedere verso uno sviluppo ordinato. I diritti umani, soprattutto, non sono salvaguardati. Abbiamo incontrato esponenti della Commissione per i diritti umani, in particolare il suo presidente Zaifar, che ci hanno presentato una situazione assolutamente disperata. Recentemente, si sono infatti verificati episodi particolarmente gravi; è stato aggredito nella città di Yazd il presidente della Commissione affari esteri del Majlis, l'onorevole Mirdamadi, con conseguenze non soltanto fisiche. Qualche mese fu assassinata la dissidente Zahra Kazemi, la cui famiglia viene fra l'altro assistita dall'avvocato Ebadi; è stata condannata a morte la giovane Norouzi e, sebbene la condanna sia stata sospesa in questa settimana, questa rimane una vicenda particolarmente oscura, mentre è ignoto in quali carceri sia rinchiusa.
La signora Ebadi rappresenta, come tutti i giornali occidentali hanno scritto, un inedito fenomeno nella comunità musulmana, la umma, che cerca una nuova identità. Ricordo che ella è la prima donna musulmana ad essere stata insignita del premio Nobel per la pace, che ha ricevuto il 3 dicembre scorso. Laureatasi in giurisprudenza nel 1969 a Teheran, è stata anche la prima donna a diventare presidente di una sezione di tribunale della capitale. Dopo la rivoluzione islamica del 1979, fu costretta a lasciare, come tante altre sue connazionali, il posto che occupava nell'amministrazione dello Stato, cominciando a difendere soprattutto coloro i quali venivano offesi nei diritti di libertà, e in particolare di libertà di espressione. Dopo l'ascesa di Khatami, si è battuta come avvocato di parte civile contro alcuni agenti dei servizi segreti, cominciando a scrivere e agire nel mondo per rappresentare la situazione iraniana, soprattutto in Occidente. Ricordo che nel 2000 ha partecipato alla conferenza a Berlino sul processo di democratizzazione in Iran, organizzata da una fondazione vicina al gruppo dei verdi tedeschi. Il conferimento del premio Nobel ha rappresentato motivo di conforto per molti iraniani ed il regime si è affrettato naturalmente a plaudire all'evento, come dimostra il fatto che al suo ritorno a Teheran la signora Ebadi è stata ricevuta dal Presidente della Repubblica Khatami e dalle più alte cariche dello Stato: eccetto la guida spirituale Khamenei e il Consiglio dei guardiani, si sono tutti felicitati con lei per il prestigioso conferimento.
La signora Ebadi, oggi, è qui con noi per rispondere agli interrogativi che la situazione iraniana suscita. A lei porgo ancora il benvenuto, chiedendole di esprimerci il suo pensiero circa l'attuale situazione del suo paese, con particolare riferimento alla condizione dei diritti umani. Le do pertanto la parola.
SHIRIN EBADI, Premio Nobel per la pace 2003. Saluto tutti gli onorevoli presenti. Sono molto felice di essere oggi qui tra voi. Vi sono molto grata per l'interesse dimostrato nei confronti dell'Iran e della democrazia nel mio paese. Domani si terranno, in Iran, le elezioni al Parlamento. La prima regola della democrazia è che la gente possa votare chi voglia. In merito, anche la nostra Costituzione afferma che i rappresentanti del popolo debbano essere eletti direttamente da questo.
Il Consiglio dei guardiani deve soltanto sorvegliare il corretto svolgimento delle elezioni, cioè, che non ci siano irregolarità nel corso delle elezioni ma, da ormai qualche anno, è andato oltre tale attribuzione: invece di esercitare la funzione di sorveglianza sul corretto svolgimento delle elezioni, interferisce nelle ammissioni, accertando e confermando l'idoneità dei candidati: e così ammette solo chi preferisce, rigettando senza nessun motivo tutti gli altri candidati.
In queste ultime elezioni, il numero di coloro che non sono stati ritenuti idonei dal Consiglio è altissimo, seppure molti degli interessati siano già membri dell'attuale Parlamento. Il numero di persone ritenute non idonee è talmente alto che in alcune seggi elettorali non esiste
più la competizione (non esistono i riformisti); il Consiglio dei guardiani, infatti, dice: «Siete liberi di votare chi vogliamo noi»!
In realtà, tutti sono contrari a questo meccanismo, sia il Presidente Khatami, sia il Consiglio dei ministri, come anche gli intellettuali e gli elettori. I membri del Parlamento si sono opposti a tale decisione e sono stati promotori di un sit in che è durato un mese. La situazione attuale è a favore solo di una piccolissima minoranza di conservatori del nostro paese, e forse vi chiederete come una minoranza così bassa possa imporsi sulla decisione dell'intero popolo iraniano. Il motivo principale è che il popolo iraniano, dopo otto anni di guerra contro l'Iraq, è stanco di spargimenti di sangue e di reazioni violente e così i conservatori ne hanno approfittato. Costoro possiedono il controllo dei punti strategici economici del paese e sappiamo bene che i detentori della ricchezza sono anche i detentori del potere.
La minoranza conservatrice si presenta alle elezioni in un numero irrisorio, che né aumenta né diminuisce: anche alle elezioni dei consigli comunali, tenutesi l'anno scorso, la popolazione non ha partecipato, eppure i conservatori - sempre in percentuale molto esigua - hanno comunque vinto. Temiamo, pertanto, anche per le elezioni politiche il ripetersi di questo risultato, che danneggerà senz'altro la democrazia in Iran.
Il mondo, ormai, è divenuto un intero villaggio comune; ogni evento, in qualunque parte del pianeta, ripercuote i suoi effetti su tutta la comunità globale. Un giorno, i Talebani sono arrivati al potere in Afghanistan: nessuno, allora, pensava che il loro governo potesse cambiare così tanto il mondo e influire tanto profondamente sugli eventi mondiali; adesso, possiamo verificare direttamente quello che quel regime ha prodotto, non soltanto in Afghanistan, ma in tutto il globo.
Ciò che accade all'interno di un paese, ormai, appartiene all'intera comunità internazionale, specialmente se si tratta della democrazia e del rispetto dei diritti umani.
Voglio ancora ringraziarvi dell'interesse dimostrato per il rispetto dei diritti umani in Iran; in merito, mi preme osservare che la collaborazione sui diritti umani è molto più importante dell'intrattenimento di rapporti di natura economica. Con i contratti commerciali otterrete i profitti in breve ma anche risultati poco durevoli; i risultati che invece si ottengono difendendo i diritti umani sono molto più durevoli e più importanti. Grazie.
PRESIDENTE. Siamo noi che ringraziamo lei, signora Ebadi, per le sue parole e la rappresentazione che ci ha dato della situazione politica in Iran. Personalmente, ritenendo con ciò di poter interpretare anche il pensiero dei colleghi, la ringrazio ancor più per quest'ultima considerazione che ci ha voluto donare: la difesa dei diritti umani è molto più importante di qualsiasi accordo economico-commerciale.
Ritengo che, fino a quando le democrazie occidentali non si convinceranno di questo, conosceremo altri tiranni sanguinari per debellare i quali, probabilmente, non basterà un bombardamento, poiché i risultati che avranno ottenuto saranno stati devastanti e non reversibili per i loro popoli e per l'umanità, complessivamente intesa. Nel porgerle ancora una volta il nostro saluto, ribadisco i ringraziamenti al professor Guido Fabiani, rettore dell'università degli studi di Roma tre, per averci fornito l'opportunità di avere Shirin Ebadi con noi. Ricordo che il professore è accompagnato dalla professoressa Ilaria Carracci, prorettore dell'università.
Il presidente della Commissione affari esteri della Camera dei deputati, onorevole Gustavo Selva, le rivolgerà ora il suo saluto.
GUSTAVO SELVA. Ringrazio la signora Ebadi a nome dell'intera Commissione che ho l'onore di presiedere; la parte più importante e significativa dei nostri lavori è proprio quella che ci consente di seguire
più da vicino il problema fondamentale dei diritti umani nel mondo. Intendo ringraziarla per la sua presenza, la sua battaglia ed il coraggio dimostrato. Ringrazio il presidente del Comitato, il collega Malgieri, di avermi voluto impegnare in questo saluto che porgo volentieri, preferendo, per il resto, lasciare la parola agli altri colleghi della Commissione rimanendo in ascolto delle loro domande e delle sue risposte.
PRESIDENTE. Nel ringraziare il presidente Selva per il suo saluto, do la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire, pregandoli di contenere i tempi dei loro interventi.
GIOVANNI BIANCHI. Signor presidente, sarò breve. Ringrazio la signora Ebadi per il suo impegno nella tutela dei diritti umani e per la chiarezza con la quale ci ha esposto il problema del suo paese. Il conflitto iracheno, la guerra al terrorismo sono ovviamente presenti nella regione nella quale insiste quel paese. A suo parere, quale frazione interna è più favorita dall'apertura di queste ostilità e dal permanere della situazione attuale? Inoltre, quale fazione interna al suo paese è avvantaggiata dalla condizione complessiva dell'Iraq?
Riguardo alle elezioni, è stata avanzata una proposta di astensionismo; a proposito di ciò, le chiedo quali saranno gli effetti sul paese, secondo il suo parere.
PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Bianchi per il suo intervento. Do ora la parola all'onorevole Baldi, che ha partecipato insieme al sottoscritto e ad altri colleghi al viaggio in territorio iraniano, visitando le città di Teheran, Shiraz ed Isfahan, dove abbiamo potuto constatare quale sia la reale situazione in quell'area.
MONICA STEFANIA BALDI. Mi unisco veramente di cuore ai ringraziamenti dei colleghi, perché l'avvocato Shirin Ebadi sta conducendo una lotta meritevole sui diritti umani, a fronte di una situazione particolarmente complessa. Lei, giustamente, ha parlato in questa sede delle previsioni per la prossima campagna elettorale. Domani gli elettori si recheranno alle urne, e avrei interesse a conoscere in quali percentuali ciò avverrà, e se si ripeterà quanto è avvenuto per le elezioni amministrative di Teheran. Qualora ciò si verificasse, l'esito dell'astensionismo porterebbe, dunque, soltanto una quota esigua dell'elettorato a riconoscere i risultati della prossima elezione: le sarei grata di conoscere il suo parere riguardo a questi temi.
Vorrei poi rivolgerle due domande di altra natura. Lei sta combattendo molto per i diritti umani, specie nell'esercizio della sua professione di avvocato. Insieme al presidente Malgieri, all'onorevole Barbieri e al presidente Violante, abbiamo avuto modo di incontrare i membri del comitato islamico dei diritti umani, fermandoci a riflettere sulla denominazione «islamico»: cosa pensa a proposito di questa specificazione, quanto può incidere sulle sue attività? Il lavoro svolto dal comitato è sufficiente? Riesce, lei, ad intrattenere una collaborazione stretta con questo organismo? A proposito della discriminazione nei confronti della donna, nel corso della nostra visita al Parlamento, abbiamo avuto modo di incontrare alcune delle 13 deputate a Teheran, le quali ci hanno detto che stavano lavorando ad una legge organica composta da 25 articoli per combattere la discriminazione femminile. Siamo rimasti perplessi nell'apprendere che dei 25 articoli ne sono passati solamente cinque, per cui sarà affidato al futuro Parlamento neo-eletto il compito di procedere in questo lavoro. Vorremmo chiederle quale sia la motivazione di ciò, a suo parere. Non si corre il rischio di chiudere una discussione per poi riaprirla su alcune tematiche che potrebbero risultare successivamente superate?
Vengo, infine, all'educazione. Più volte, lei ha ricordato - come riporta la stampa italiana - che la discriminazione nei confronti delle donne è dovuta principalmente all'educazione familiare impartita dalla madre. Cosa significa per lei? È necessario
forse promuovere un processo formativo nei confronti delle donne in questa situazione?
RAMON MANTOVANI. Vorrei anch'io come i colleghi esprimere gratitudine e considerazione per il suo lavoro e le congratulazioni per il premio che lei ha ricevuto l'anno scorso. Sarò brevissimo ponendo soltanto due domande, una di ordine generale e l'altra più specifica.
Condivido totalmente le ultime parole da lei lette nella sua relazione. Diversi governi europei nei fatti non condividono le sue parole. Le chiedo esplicitamente quindi quale sia la sua opinione su come concretamente l'Unione europea e i singoli governi europei dovrebbero comportarsi nelle relazioni con l'Iran, secondo l'ispirazione che lei ha illustrato nelle ultime sue frasi.
Ci sono esuli sparsi in tutto il mondo e anche in Europa, perseguitati dal regime teocratico iraniano come individui e come organizzazioni politiche e politico-militari di opposizione. Non le chiedo un giudizio su questa vasta area di opposizione, ma esiste oggi, all'indomani della guerra in Irak, il problema dei mujaidin del popolo, che sono peraltro in maggioranza donne, e che rischiano di essere estradati dal territorio iracheno. Per tutti costoro ci sono rischi seri per la loro vita. Qual è la sua opinione sul questa specifica questione?
SHIRIN EBADI, Premio Nobel per la pace 2003. Comincio dalla domanda sulle elezioni: come ho già detto, in molti seggi non c'è competizione, perché tutti i candidati ritenuti idonei appartengono ad un solo gruppo, ci sono soltanto conservatori.
Molti in Iran credono che non partecipando al voto sottolineino l'illegalità di queste elezioni, mentre la loro partecipazione non cambierebbe assolutamente nulla.
Sulla seconda domanda, sui gruppi avvantaggiati dal terrorismo e quelli che possono aiutare i terroristi. Se questo fosse vero, e se qualcuno potesse veramente aiutare il terrorismo, si tratterebbe di gruppi vicini ai talebani. È chiaro che i riformisti non sono vicini ai talebani.
Riguardo ai «diritti umani islamici» devo dire questo: alcuni credono che i diritti umani non sono compatibili con l'Islam e approfittano di questa scusa per violarli. Ecco perché è stata scritta la dichiarazione islamica dei diritti umani, così i paesi islamici, non rispettando i diritti umani, possono avere anche una motivazione.
Le commissioni islamiche dei diritti umani sono state create nei paesi islamici. Questa mentalità è assolutamente sbagliata. Il diritto umano è unico: musulmani, cristiani ed ebrei non devono avere diritti umani diversi. Se i musulmani hanno i loro diritti umani, ogni gruppo religioso può avere i propri. Non rimane quindi nulla del vero diritto umano che deve essere universale. Personalmente io non credo nella categoria dei diritti umani islamici e non accetto l'esistenza di una commissione. Penso che questa sia una buona scusa per non rispettare i diritti umani.
Il sesto parlamento ha cercato di far approvare leggi democratiche, ma purtroppo il Consiglio dei guardiani lo ha impedito. Il parlamento ha approvato l'adesione alla convention contro la tortura e quella contro la discriminazione della donna, ma il Consiglio ha sostenuto che tutto ciò andava contro l'Islam.
Questo è un grande errore. Quindi, il Consiglio dei guardiani sosterrebbe che l'Islam accetta le torture e la discriminazione?! Loro abusano della parola «Islam».
Vorrei fare un cenno alla cultura patriarcale che è molto forte in Oriente: tale cultura non si basa sul principio di uguaglianza delle persone; i fatti vengono interpretati e presentati a favore di questa cultura. Per esempio, in psicologia si afferma che le donne sono più emotive e non possono quindi diventare giudici, in medicina si afferma che la materia grigia dell'uomo è maggiore rispetto a quella della donna e quindi l'uomo è più intelligente.
Quando parlano poi della religione questa è sempre a favore dell'uomo. Per esempio, quando si versa il sangue di una donna questo vale la metà del sangue di un uomo. Nulla di ciò è vero.
Questa cultura patriarcale non appartiene soltanto agli uomini. Le donne, che sono le prime vittime di questa cultura, sono esse stesse le prime ad essere portatrici di tali valori. Io paragono la cultura patriarcale all'emofilia: le donne non si ammalano di emofilia ma la trasmettono ai loro figli maschi ed è quello che succede con questa cultura. Non dimentichiamo che ogni uomo prepotente è stata cresciuto nel grembo di una donna. Quindi abbiamo bisogno di una evoluzione culturale, ed è naturale che questa evoluzione inizi dall'educazione.
Per quel che riguarda i mujaidin, le cifre ci parlano di 6 mila mujaidin in Iraq. Il Governo iraniano ha annunciato che è disposto a concedere la grazia a molti di loro, ma essi temono che poi in realtà questo non rispetti la parola data. Secondo me, il modo migliore è quello che questa grazia sia concessa con la mediazione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati politici, poiché in questo modo i mujaidin saranno sicuri del fatto che l'Iran rispetterà la parola data e il Governo iraniano dimostrerà la propria sincerità a riguardo.
Per quel che riguarda gli Stati europei e i diritti umani: è vantaggioso anche per voi pensare al futuro. I talebani sono stati protetti perché, per un breve periodo, all'America economicamente conveniva. Però si è dimostrato di come quel breve vantaggio è divenuto un danno nel lungo periodo. Pensate al beneficio a lungo termine. Beneficio a lungo termine per l'Europa e per l'Iran si riassume in una solo cosa, cioè la democrazia. Grazie.
GIOVANNA MELANDRI. Anch'io mi associo alle parole di benvenuto e di stima nei confronti di una donna che abbiamo ammirato moltissimo. Ho tre domande brevi da fare.
I commentatori, nel raccontare questo braccio di ferro che anche lei ha descritto tra conservatori e riformisti alla vigilia di queste elezioni, hanno sottolineato come la fiducia di un'ampia parte della società civile iraniana e anche degli studenti che abbiamo visto manifestare mesi fa, verso l'avvio di una riforma, la via del Presidente Khatami, fosse oggetto di una certa disillusione. Le chiedo quanto secondo lei si sia esaurita o se si stia esaurendo la fiducia verso questa via riformatrice in Iran.
La seconda domanda riguarda il ruolo che a suo giudizio sta svolgendo l'ex presidente Rafsanjani in questo braccio di ferro in corso.
La terza domanda, che si ricollega ad un precedente intervento, riguarda il suo punto di vista sulla crisi irachena e su uno degli sbocchi politici di quella crisi, ossia sulla possibilità di una creazione in Iraq di stati distinti, uniformi sotto il profilo etico e religioso, tra cui uno sciita. Vorrei sapere quali sarebbero le ripercussioni di questa possibile realtà nel vicino Iran.
UMBERTO RANIERI. È un grande onore incontrarla. Conosciamo il suo impegno nella lotta per il rispetto della difesa dei diritti civili e della condizione della donna nel suo paese.
Vorrei rivolgerle due domande. Lei ha deciso di non recarsi alle urne per il rinnovo del Parlamento iraniano, scelta estrema e per molti versi drammatica. Ciò è il segno di una sfiducia anche nei confronti del gruppo riformista che si è raccolto intorno al Presidente Khatami. Quali sono le critiche che lei rivolge a questo gruppo?
L'altra domanda è quale sia il suo giudizio sulla tormentata vicenda irachena. Ritiene che nel corso di questi mesi, per sconfiggere Saddam Hussein, fosse inevitabile il ricorso alla forza o invece, a suo giudizio, poteva essere seguita una strada alternativa?
LUANA ZANELLA. Ringrazio la nostra ospite per aver accettato l'invito e aver dato a noi l'occasione di incontrare una donna che, non solo ammiriamo, ma che fa onore a tutte le donne. Volevo chiedere
se l'astensionismo, che quasi sicuramente sarà la caratteristica di questa tornata elettorale in Iran, è da leggere come risposta all'estromissione di molti candidati riformisti dalla possibilità di candidarsi oppure se comunque ci sarebbe stato a causa di una delusione più profonda della cittadinanza, dovuta ad aspettative non corrisposte e alla politica condotta dagli stessi riformisti.
Vorrei inoltre sapere se esiste un ruolo propulsivo delle donne nel processo di democratizzazione e modernizzazione del paese.
Vorrei infine sapere se tra i mujaidin del popolo, che dovrebbero rientrare, ci sono anche persone per le quali è stata richiesta l'estradizione.
GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Vorrei innanzitutto sapere qual è il ruolo politico ed economico del regime autocratico iraniano nel sostegno al terrorismo internazionale.
Abbiamo saputo che il generale Musharraf ha ammesso che vi è stata cessione di informazioni segrete per quel che riguarda le proprietà nucleari. Lei considera il regime iraniano una minaccia nucleare per la pace mondiale?
Come terza ed ultima domanda, per quale ragione la componente riformista iraniana, cui va il nostro appoggio, non ha ritenuto di poter chiedere il sostegno di osservatori internazionali per garantire la corretta democrazia nella prossima tornata elettorale?
SHIRIN EBADI, Premio Nobel per la pace 2003. Vorrei subito rispondere alle domande sulle elezioni. Perché dobbiamo chiedere gli osservatori internazionali? Gli errori commessi dal Consiglio dei guardiani sono così evidenti che non hanno bisogno di osservatori, perché noi possiamo dire di aver subito un torto anche senza questi osservatori. Il popolo iraniano non partecipa alle elezioni perché non vuole legittimarle. Non per opporsi ai riformisti, ma al sistema.
Il 90 per cento dei riformisti nel Parlamento sono stati estromessi dalle elezioni. Però la gente obbietta qualcosa anche ai riformisti, in quanto si ritiene che riformisti già presenti in Parlamento e anche il presidente Khatami non hanno agito con forza necessaria.
Per quel che riguarda l'Iraq, mi è stato chiesto se l'unico modo per mandare via Saddam Hussein fosse con una guerra. Vorrei rispondere in un altro modo a questa domanda.
Saddam Hussein ha combattuto per otto anni contro l'Iran usando anche le bombe chimiche. Ha sganciato le bombe chimiche anche sulla sua popolazione curda. Aveva armi tali da poter occupare il Kuwait in quarantotto ore, ma chi era Saddam Hussein? Se non fosse stato aiutato dall'America e dall'Europa, Saddam non avrebbe potuto fare nulla di quello che ha fatto. Le bombe chimiche che hanno ucciso il mio popolo sono americane ed europee.
Ecco perché dico di guardare ai vostri vantaggi nel lungo periodo, perché non molto tempo fa Saddam vi dava il suo petrolio con molta facilità, ma quel petrolio ha avuto un prezzo altissimo in termini di vite umane. Saddam, se non fosse stato aiutato dall'Occidente moltissimi anni fa, sarebbe stato rovesciato dal proprio popolo.
Le donne iraniane hanno un ruolo molto importante nella democrazia del paese. Il 63 per cento dei nostri studenti universitari sono ragazze e per noi è motivo di orgoglio.
Ma la situazione giuridica delle donne non è positiva: abbiamo ancora la poligamia nel nostro paese. Un uomo, senza alcun motivo, può ripudiare la moglie. Al contrario, per una donna ottenere il divorzio è molto difficile.
La testimonianza di un uomo vale quanto la testimonianza di due donne. Abbiamo anche molte altre leggi negative: non è giusto che ci siano in una società dove il 63 per cento degli studenti universitari sono donne. Per questo motivo le donne in Iran sono molto scontente della loro situazione e i movimenti femministi sono forti e estesi. Ci aspettiamo grandi
cambiamenti nella situazione della donna in Iran. L'oppressione contro le donne non può continuare.
Il fatto di creare in Iraq uno Stato sciita non mi soddisfa: sono personalmente contraria ad una qualsiasi disintegrazione non solo dell'Iraq ma di qualunque altro paese. La disintegrazione porta all'indebolimento di una nazione. Secondo voi, se l'America non fosse stata formata da 50 Stati, sarebbe stata così forte? Anche l'Unione Europea è formata da più Stati e sta crescendo ancora. L'unione fa la forza. Allora, perché dobbiamo proporre la disintegrazione di un paese.
Ritorno per un momento sul discorso fatto prima. Naturalmente ci sono alcuni mujaidin ai quali il Governo iraniano non vuole concedere la grazia; che quindi devono rimanere come rifugiati politici nei paesi dove attualmente si trovano.
Coloro che otterranno la grazia del Governo, se questo sarà fatto tramite l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati politici, credo che avranno meno problemi e comunque è una cosa positiva. Il signor Rafsanjani è un personaggio molto potente nel nostro paese, ma non è molto amato. I giovani non hanno ben accolto queste elezioni: l'associazione degli studenti iraniani ha annunciato che non parteciperà alle elezioni.
Per la domanda se l'Iran può essere un pericolo nucleare, io credo di no. Penso che si tratti di un gioco politico: l'Iran è molto lontano dalla bomba atomica e secondo me all'Iran non servono gli armamenti nucleari. E comunque non dimenticate che la bomba atomica non serve a nessuna nazione del mondo. La bomba atomica non risolve i problemi dell'umanità.
ELETTRA DEIANA. Anch'io la ringrazio, avvocato Ebadi, per la sua presenza e le esprimo la mia solidarietà e ammirazione.
La prima domanda riguarda la politica del suo paese. Vorrei sapere se esista una costituzione che legittima l'esistenza del Consiglio della rivoluzione o se questo organismo abbia una forza extraistituzionale.
La seconda domanda riguarda il fenomeno di scelta del non voto per delegittimare le elezioni. Vorrei capire se su questo fenomeno incide un atteggiamento passivo da parte dell'elettorato della popolazione. Chi vuole delegittimare ha idee alternative?
L'altra domanda riguarda il disordine che si è creato in due anni e mezzo di guerra molto pesanti. Vorrei capire in che modo questo riassetto nell'area, con una massiccia e diretta presenza dell'Occidente, abbia influenzato le dinamiche interne all'Iran.
PIETRO FOLENA. Tralascio i convenevoli soltanto per una questione di tempo e le rivolgo solo una domanda. Il riformismo in Iran è in crisi e si è dimostrato alla prova dei fatti più debole di quanto molti, anche in Italia e nel nostro Parlamento, anche della nostra parte politica, avevano pensato. Penso che sia in crisi perché ha messo in discussione uno Stato democratico in cui non c'è il pluralismo di partiti. Dopo l'esito elettorale, di fronte ad una massiccia astensione che terrà fuori i riformisti, non è forse il momento di aprire una vera battaglia per una riforma costituzionale e istituzionale, magari attraverso un referendum come viene suggerito anche da qualche partito politico italiano?
CLAUDIO AZZOLINI. Mi limito ad esprimere apprezzamento nei confronti dell'avvocato Ebadi, per l'impegno e il riconoscimento conferitole in rapporto alla qualità di tale impegno.
Le cose che ha detto mi hanno fatto rendere conto di quale futuro aspetti un paese che personalmente ho lasciato 34 anni fa, ma posso solo dirle che oggettivamente lei stessa ha indicato le difficoltà che dovrà affrontare. Dovrà intervenire un cambiamento culturale cui dovranno contribuire due aspetti che mi sono vicini. Infatti, come il presidente Malgieri, faccio parte insieme ad altri politici della delegazione
parlamentare presso l'Assemblea del Consiglio d'Europa - della quale ho l'onore e l'onere di essere presidente - la cui attività vede i propri capisaldi nei diritti umani da una parte e nella democrazia dall'altra.
Credo che lei dovrà portare avanti questi due principi per determinare il cambiamento che necessariamente dovrà avvenire.
EMERENZIO BARBIERI. Anch'io eviterò i preamboli e, dopo aver ringraziato, porrò una domanda ed esprimerò un'osservazione.
La domanda è la seguente: lei ha sostenuto, nell'ottobre dello scorso anno, che se le donne musulmane sono oppresse nei paesi islamici, cito testualmente le sue parole, «ciò dipende dalla cultura del dominio maschile e non dalla religione». Io ho un'opinione diametralmente opposta: credo che tutto dipenda esclusivamente dalla religione musulmana, non conoscendo un solo paese al mondo in cui, essendo prevalente la religione musulmana, le donne abbiano un ruolo simile alle nostre donne occidentali.
La seconda è un'osservazione: per tutto quello che lei ha detto e per quello che ho visto in Iran, ho l'impressione che, riformisti o conservatori, vi sia bisogno di un'altra rivoluzione dopo quella del 1979, ammesso e non concesso che nel 1979 sia avvenuta una rivoluzione che abbia migliorato le condizioni degli iraniani.
SHIRIN EBADI, Premio Nobel per la pace 2003. Voglio partire dall'ultima cosa che ha detto lei. Nei paesi islamici la situazione della donna non è buona e lo stesso discorso vale per la democrazia. I governi islamici hanno questa grande scusa, dichiarando che l'Islam vuole questo, azzittendo così gli obbiettori.
Nei paesi islamici, se qualcuno sostiene che non c'è democrazia, la risposta è che si sta combattendo contro Dio; e in questo modo si scoraggiano le persone che vogliono cambiare le cose. È più facile combattere un nemico terrestre che Dio. Quindi, la soluzione è dimostrare ai popoli dei paesi islamici che l'Islam non è quello che dicono i loro governi, i quali esercitano prepotenza in nome dell'Islam. In questo modo la gente trova coraggio e combatte. L'Islam, come qualunque altra ideologia, può essere interpretata in vari modi. Il socialismo non era un'ideologia religiosa. Secondo voi, l'ex Unione sovietica era governata come si sta governando la Cina? Cuba è governata come una volta si governava l'Albania? Ogni ideologia ha varie interpretazioni e questo vale anche per l'Islam.
Mentre alcuni (musulmani) credono che la donna non possa uscire di casa senza il permesso del marito, altri ritengono che la donna può diventare anche un leader religioso come, per esempio, il signor Khamenei. Quindi, è importante vedere come viene interpretato l'Islam.
L'Islam, come qualunque altra ideologia, è come un'arma, con cui si può uccidere un ladro o un amico. Il problema non è l'Islam in sé, quanto la dittatura che dietro l'Islam si nasconde. Il compito di noi musulmani è mostrare questo pericolo.
I riformisti sono in crisi in Iran, è vero. Hanno agito con debolezza, anche a causa di quanto dispone la nostra Costituzione. La molteplicità dei centri di potere, previsti dalla nostra Costituzione, ha causato dei problemi. Certamente la Costituzione può essere modificata, perché una volta ciò è stato fatto, però si tratta prima di tutto di individuare quella forza capace di portare a compimento questo intento.
Concludendo il mio intervento, vorrei soffermarmi sui comportamenti dei riformisti in Parlamento. Il Presidente Khatami ha presentato all'Assemblea parlamentare una proposta di legge grazie alla quale ad ogni cittadino veniva riconosciuto il diritto di votare secondo le proprie preferenze. Questa proposta è stata approvata dal Parlamento ma il Consiglio dei guardiani l'ha respinta. I nostri parlamentari, allora, avrebbero dovuto fare il sit-in al Parlamento e protestare. E se avessero fatto così allora, sarebbero stati sostenuti di più dal popolo iraniano. Ma costoro hanno preferito attendere e tenere il sit-in solo quando il Consiglio dei guardiani ha respinto
le candidature elettorali. E a quel punto, la nostra gente non li ha sostenuti più, accusandoli di proteggere i loro interessi e non quelli nazionali. Infatti, la reazione del Parlamento era buona ma è arrivata troppo in ritardo; il frutto va raccolto quando è maturo e non quando si rovina. Ciò vale anche per le occasioni politiche.
PRESIDENTE. Ringrazio la signora Shirin Ebadi a nome dei colleghi tutti, e in particolare dei membri del Comitato permanente sui diritti umani. Siamo orgogliosi di averla avuta qui, questo pomeriggio, augurando le migliori fortune a lei e al suo popolo, con la speranza di poterla rivedere in Italia, in condizioni migliori dal punto di vista politico e dei diritti umani in Iran.
La seduta termina alle 18,40.