COMMISSIONI RIUNITE
XIII (AGRICOLTURA) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
E 9a (AGRICOLTURA E PRODUZIONE AGROALIMENTARE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 4 giugno 2002


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La seduta comincia alle 14.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del ministro delle politiche agricole e forestali, Giovanni Alemanno, sulle iniziative per la tutela della qualità del latte fresco.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento della Camera dei deputati, del ministro delle politiche agricole e forestali, Giovanni Alemanno, sulle iniziative per la tutela della qualità del latte fresco. Avverto che il presidente della 9a Commissione permanente del Senato, senatore Ronconi, ci raggiungerà più tardi ma mi ha invitato a dare comunque corso all'audizione. Avverto inoltre che l'audizione dovrà concludersi entro le 15.30 in quanto, a partire da quell'ora, sono previste votazioni in Assemblea.
Ringrazio il ministro Alemanno per avere aderito all'invito delle Commissioni su un tema così attuale e cruciale per il comparto produttivo primario e lo invito a fare la sua esposizione.

GIOVANNI ALEMANNO, Ministro delle politiche agricole e forestali. Vorrei riferirvi sullo stato dell'arte relativo alla questione del latte fresco e del relativo procedimento di microfiltrazione. Permettetemi un breve riassunto in maniera da arrivare alla situazione attuale con una maggiore chiarezza di prospettive.
Come sapete, lo scorso 2 agosto il Ministero delle attività produttive ha emanato una circolare che, interpretando una direttiva europea, autorizzava l'immissione in commercio di un latte denominato fresco sulla base di una - definiamola così - assunzione di responsabilità da parte del produttore circa la durabilità. Cioè, a differenza di quanto sancito dalla legge n. 169 del 1989, questa circolare disponeva che il termine di scadenza ai fini della commercializzazione e del consumo del latte fosse sostanzialmente affidato alla buona fede ed alla responsabilità del produttore. Sulla base di tale circolare, l'industria Parmalat ha iniziato la distribuzione in Italia di latte prodotto in Germania con il metodo della microfiltrazione, recante la denominazione di latte fresco, rientrando così nell'ambito delle previsioni della citata legge n. 169.
Verificato il contenuto del disposto legislativo, abbiamo ritenuto che la circolare del 2 agosto sopra ricordata contravvenisse ad una legge dello Stato, che non era stata posta in discussione né tantomeno annullata in sede di Comunità europea. In base agli accertamenti compiuti presso la Commissione europea e ai pareri raccolti, tra cui quello del Consiglio di Stato, possiamo oggi affermare la piena vigenza ed applicabilità della legge n. 169 del 1989. A seguito di questa constatazione, siamo intervenuti presso la Parmalat per far sospendere la commercializzazione di questo latte microfiltrato e l'abbiamo invitata ad ottemperare agli obblighi previsti dalla legge sopra ricordata che, come sapete, ammette due tipi di trattamento per il latte, quello di pastorizzazione e quello di


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sterilizzazione, aggiungendo che altri trattamenti equivalenti possono essere ammessi in base alla valutazione di una commissione istituita congiuntamente dai Ministeri della salute e delle politiche agricole e forestali. Pertanto, abbiamo istituito tale commissione, che ha operato per circa due mesi. I risultati ottenuti sono a voi noti in quanto ho trasmesso sia ai Presidenti di Camera e Senato, sia a queste Commissioni, la relazione prodotta dalla suddetta commissione, in maniera tale da consentirne l'esame in vista di questa audizione.
La commissione scientifica ritiene che la produzione di latte microfiltrato sia compatibile con la definizione di latte fresco pastorizzato contenuta nella legge n.169 del 1989, ovviamente rispettando i termini da essa esplicitamente previsti, vale a dire, per quanto riguarda il trattamento del latte fresco, 48 ore dalla mungitura e, sia per il latte fresco sia per quello pastorizzato, quattro giorni più uno di durabilità. La commissione ritiene, quindi, che se sono rispettati i due termini richiamati questo latte sia compatibile con le procedure indicate dalla legge n. 169 già citata.
Rispetto al lavoro della commissione scientifica, noi abbiamo svolto un'audizione dei vari rappresentanti della filiera del latte e dei consumatori, i quali hanno formulato controdeduzioni ed osservazioni, che entro domani depositerò presso queste Commissioni insieme alla replica della commissione scientifica.
Passando al merito della questione, le osservazioni avanzate dai rappresentanti della filiera del latte e dei consumatori possono essere riportate ad alcuni tipi, facilmente individuabili. Il primo è relativo alla circostanza che le prove sono state effettuate dalla commissione scientifica utilizzando campioni forniti dalla Parmalat e che il procedimento è stato quello depositato dalla Parmalat quale procedimento seguito. Sostanzialmente, si afferma che tale azienda potrebbe avere depositato un procedimento diverso da quello effettivamente seguito ovvero prodotto campioni ad hoc per ottenere un esito positivo da questa prova.
Tale osservazione, ovviamente, può essere pertinente; però, è assolutamente evidente che quando si tratta di autorizzare un nuovo procedimento tecnologico non si può non operare per prototipi. Ad esempio, è chiaro che, se dobbiamo omologare un'autovettura, non possiamo prima metterla in circolazione e poi procedere con la omologazione ma, al contrario, prima la omologhiamo e poi la mettiamo in circolazione. Quindi, rispetto a queste osservazioni, rileviamo che la prassi corrente in tutti i processi di certificazione di nuove tecnologie prevede che si operi su prototipi e sulla presunzione di buona fede da parte della casa di produzione che deposita un disciplinare di produzione. È altrettanto evidente - questo è un impegno specifico che dovrà essere assunto dalle autorità vigilanti, il Ministero della salute e il Ministero delle politiche agricole e forestali - che è necessario effettuare verifiche, una volta immesso in commercio su larga scala questo latte, su campioni raccolti casualmente sul mercato, in maniera tale da verificare se il prodotto sia uguale a quello fornito in forma di prototipo. Ugualmente, devono essere possibili le verifiche negli impianti di produzione, in modo tale da accertare che il procedimento depositato sia quello dichiarato all'atto della prova della commissione, non diversamente da come si procede in un contesto in cui si deve verificare un disciplinare.
È evidente che, nel momento in cui ci poniamo il problema di produrre il latte, dobbiamo presupporre la buona fede, che deve essere successivamente verificata sia da parte delle autorità vigilanti dal punto di vista amministrativo, sia da qualsiasi tribunale che valuti denunce presentate da privati o associazioni.
È stata avanzata una seconda osservazione, riguardante il fatto che il procedimento presentato dalla Parmalat sarebbe comunque caratterizzato da due passaggi termici o, ancora, che la separazione tra la parte che viene microfiltrata e la parte


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grassa che viene soltanto omogeneizzata prima della pastorizzazione verrebbe ottenuta tramite un meccanismo difforme rispetto a quello previsto dalla legge n. 169 del 1989.
In realtà, secondo il disciplinare depositato dalla Parmalat, il latte, prima di essere separato, viene soltanto riscaldato ad una temperatura al di sotto dei 55 gradi, inferiore dunque a quella di termizzazione, che corrisponde al grado più blando di trattamento; quindi, sostanzialmente, non si può parlare di doppio procedimento termico perché l'unico procedimento termico, secondo il disciplinare depositato dalla Parmalat, è quello che avviene con la pastorizzazione successiva alla «riunificazione» del latte. Il latte viene portato ad una temperatura che si aggira intorno ai 50 gradi, viene diviso e la parte grassa è sottoposta al processo di omogeneizzazione, la parte magra a quello di microfiltrazione: il latte viene poi riunito e sottoposto a pastorizzazione. Tutte le prove condotte sui campioni confermano questo procedimento: vi sono prove che lasciano una memoria del processo tracciato, non soltanto del prodotto finito.
L'indicazione della commissione è positiva: le osservazioni che sono state presentate dalla filiera del latte non sono in grado, obiettivamente, di mettere in discussione questo lavoro.
Dopo la fase della verifica scientifica si apre quella della decisione politica. Da un lato, essa prevede che, superata questa prova, il Ministero della salute e quello delle politiche agricole e forestali adottino un decreto sulla base dei risultati e, quindi, in relazione alla compatibilità del processo di microfiltrazione con la legge n.169 del 1989. A questo riguardo si sovrappongono due principi: il primo è quello relativo ai diritti del consumatore, il secondo concerne la difesa degli interessi dei produttori agricoli.
Sotto il profilo dei diritti del consumatore, è evidente che il processo di microfiltrazione, ancorché compatibile con la legge n. 169 del 1989, rappresenta comunque un novum rispetto ad un procedimento largamente presente nella storia e nella coscienza collettiva del nostro paese: è evidente che, nel momento in cui si deve varare un decreto, bisogna fare in modo che il consumatore sia consapevole del prodotto che acquista che, pur potendosi fregiare del termine «fresco», o anche, eventualmente, di quello «fresco pastorizzato», deve comunque risultare diverso rispetto al latte fresco pastorizzato classico. Dobbiamo definire un processo di etichettatura, tramite un decreto adottato congiuntamente al Ministero delle attività produttive, in modo che il consumatore possa distinguere il latte «classico» dall'altro tipo di latte.
Il secondo ragionamento è quello relativo agli interessi della produzione. È evidente che il latte microfiltrato, essendo sottoposto ad un'azione antibatteriologica molto forte, può essere esposto all'accusa di essere un latte in cui la qualità e la sicurezza alimentare vengono ottenute più in sede di trasformazione industriale che in sede di stalla. Questo tipo di problema potrebbe comportare il rischio che l'introduzione del latte microfiltrato indebolisca la nostra produzione. Ritengo che attraverso i provvedimenti che sarà necessario adottare si debba stabilire un principio di tracciabilità, cercando di indurre un accordo sulla produzione in Italia di questo latte. Con l'introduzione del principio di tracciabilità si stabiliranno il luogo e la data di mungitura: tutti i produttori di latte dovranno rendere noti questi dati in modo che il consumatore possa distinguere il latte «classico» da quello microfiltrato.
La convocazione della commissione congiunta (che non si riunisce da parecchio tempo), istituita presso i Ministeri delle politiche agricole e forestali e della salute, per una riclassificazione della qualità del latte crudo, può costituire un importante intervento a difesa del produttore; in quella sede si potrà giungere ad un accordo interprofessionale per la determinazione del prezzo, ridefinendo uno standard preciso della qualità del latte destinato all'alimentazione umana. Si tratta di un elemento che garantisce, a livello di stalla, questo processo.


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La situazione che abbiamo di fronte riguarda tre ministeri, il Ministero delle politiche agricole e forestali, il Ministero della salute e il Ministero delle attività produttive; i primi due sono interessati sotto il profilo dell'autorizzazione del trattamento, a seguito del risultato del lavoro della già citata commissione, quello delle attività produttive è coinvolto riguardo alle decisioni sull'etichettatura. La nostra intenzione è quella di definire un quadro unitario, in modo tale che, oltre ai diritti della produzione agricola, vengano difesi anche quelli dei consumatori.
Nel frattempo, con lo stesso procedimento impiegato nei confronti della Parmalat, siamo intervenuti anche presso le altre imprese che commercializzano il latte con una durabilità più lunga dei cosiddetti quattro giorni più uno: si tratta della Granarolo e della Müller. Riguardo alla prima, questo intervento ha portato al sequestro degli incarti; oggi la camera di commercio di Bologna è intervenuta contro il provvedimento ed ha dissequestrato le carte, in ottemperanza alla circolare n. 167 del 2 agosto 2001. Sostanzialmente, il nostro impegno, anche con il ritiro della circolare citata, mira a ricondurre tutte le produzioni di latte all'interno dei canoni fissati dalla legge n.169 del 1989.
I decreti del Ministero delle politiche agricole e forestali, del Ministero delle attività produttive e del Ministero della salute non possono, in ogni caso, derogare al termine delle 48 ore dalla mungitura per quanto riguarda il latte fresco, né a quello dei quattro giorni più uno, perché questi termini sono stabiliti dalla legge.
È evidente che si apre un nuovo capitolo, non più riconducibile all'attività ministeriale ma di carattere legislativo. Infatti, nel momento in cui si ritiene valido il processo di microfiltrazione, si deve ritenere anche che il latte possa durare più a lungo e quindi si offre al consumatore una sorta di latte intermedio tra quello normale e quello a lunga conservazione (questo può valere per la Parmalat, per la Granarolo e per chiunque depositi procedimenti che possono garantire una maggiore durabilità del latte).
Si tratta di decisioni prevalentemente di carattere politico, che possono essere poste come condizioni per chiudere il «pacchetto» di cui parlavo.
Oggi possiamo anche approfondire, sempre sul piano della tutela del consumatore e del produttore agricolo, i dati risultanti dal lavoro della commissione, acquisendo altro tempo. Dopo i risultati che ho citato, però, siamo obbligati ad autorizzare il trattamento che, ripeto, rimane bloccato alla soglia dei cosiddetti quattro giorni più uno. Il problema del prolungamento della durata del latte dal punto di vista legislativo comporta una scelta politica, nell'ambito della quale, a nostro avviso, si deve chiudere il «pacchetto» per tutelare il consumatore ed il produttore agricolo. Questa è la situazione complessiva.
Rilevo un paradosso entro il quale ci muoviamo: la legge n. 169 del 1989 ha tutelato sicuramente il latte, ma presenta anche aspetti contraddittori, che non sono soltanto provocati da quanto è avvenuto successivamente sul piano tecnologico o della definizione di normative comunitarie. Oggi ci troviamo di fronte a questo paradosso perché la legge citata definisce la pastorizzazione e la sterilizzazione.
In base a tale definizione vengono contemplate quattro categorie: latte pastorizzato, latte fresco pastorizzato e due tipi di latte a lunga conservazione. Tuttavia, si prevede che possano essere autorizzati altri trattamenti, senza però definirli. La legge afferma semplicemente che questi ulteriori procedimenti verranno autorizzati, ma non specifica come definire il nuovo tipo di latte in base al nuovo procedimento autorizzato. Questo vuoto legislativo è il campo all'interno del quale ci dobbiamo muovere oggi. Ci troviamo sicuramente di fronte ad un latte che possiede caratteristiche diverse rispetto al latte fresco pastorizzato, ma dobbiamo in qualche modo definirlo in base agli elementi forniti dalla legge n.169. Magari, forzando un poco i termini, potremmo definirlo «latte fresco microfiltrato» senza usare la denominazione «latte fresco pastorizzato


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microfiltrato»; tuttavia noi dobbiamo sostanzialmente operare nell'ambito di questo tipo di etichettature.
Ferme restando le verifiche di carattere comunitario, il discorso ruota intorno alla legge n.169, la quale, per essere salvata nel suo spirito essenziale, probabilmente deve essere rivista ed approfondita, poiché rischia di vacillare sotto i colpi inferti da tre diversi fattori: le nuove tecnologie; le direttive comunitarie; le nuove tendenze di consumo. Bisogna, inoltre, ricordare la tendenza europea, che si sta manifestando anche in Italia, ad un progressivo passaggio dal consumo di latte fresco a quello di latte a lunga conservazione. Per tale motivo, la presenza di un tipo di latte intermedio con una capacità di conservazione più lunga non va tanto a futuro discapito del latte fresco, quanto piuttosto della crescita di quote di mercato del latte a lunga conservazione.
Questi sono i problemi che abbiamo di fronte. Ritengo sia assolutamente necessario ascoltare i pareri dei gruppi parlamentari al riguardo, poiché vi è una fase di carattere scientifico ma ve ne è anche una di carattere politico, su cui bisognerebbe cercare di trovare, se possibile, un punto d'intesa.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro e do la parola ai commissari che desiderino intervenire.

DANIELE FRANZ. Signor ministro, sicuramente non la invidio in questo momento perché la scelta politica che il Governo - con l'ausilio del Parlamento, se lo stesso Governo lo riterrà opportuno - sarà chiamato a compiere non è banale e farà comunque molto discutere.
Nel citare la legge n.169 è importante, però, fare una certa chiarezza innanzitutto sul termine «fresco». Si tratta di un termine che appartiene, come ha detto lei prima, alla coscienza collettiva e che possiede nell'immaginario collettivo tutta una serie di implicazioni. Il latte microfiltrato può essere definito fresco? Non si tratta di compiere una valutazione soltanto di tipo tecnico, ma anche di carattere politico.
Vorrei sapere, inoltre, quali posizioni ha assunto sul problema il tavolo della filiera. Bisognerebbe poi verificare le posizioni dei paesi europei al riguardo e se esistono legislazioni in ambito europeo sulla materia (anche se non credo ve ne siano). La mia preoccupazione, e sicuramente anche la sua, è che seguendo quella che dovrebbe essere una naturale evoluzione - perché la scienza e le tecniche non si fermano, guai se così fosse! - si arrivi invece allo scardinamento del sistema attuale, faticosamente costruito, sia nella coscienza dei tecnici del settore sia in quella dei consumatori, con l'intenzione di dirigere l'agricoltura verso una scelta di qualità. Mi sembra che non ci sia niente di qualitativamente meno elevato di un prodotto agricolo che viene sottoposto a trattamenti tecnici di questo tipo.
Si tratta di un procedimento oggettivamente nuovo, che non credo fornisca a priori tutte le garanzie richieste dalla legge n.169. Non vi sono dubbi che, se il processo produttivo verrà mantenuto nell'ambito di tale legge, nulla si potrà fare; in realtà sarà estremamente complicato stabilire che ciò avvenga: come si fa, ad esempio, a garantire che un latte che viene scomposto e poi successivamente ricomposto non sia mischiato con del latte diverso? Il procedimento crea tutta una serie di problemi, perciò credo sia necessario raggiungere un nuovo equilibrio ed ottenere il maggior consenso possibile su un problema oggettivamente serio. Non vorrei che iniziando da questa vicenda, inesorabilmente, anche contro la nostra volontà, si passasse poi al latte italiano che viene utilizzato per le produzioni di pregio e in altri settori particolari.
Sono convinto che la via da lei indicata sia quella corretta. Bisogna tutelare il mondo produttivo ed i consumatori, ma con un occhio di riguardo verso le innovazioni scientifiche. Tuttavia, raggiungere un equilibrio sarà estremamente complicato. Non ho dubbi che alla fine riusciremo a fare la scelta migliore, ma a mio modesto avviso è assolutamente necessario il massimo coordinamento fra organi parlamentari e Governo, perché questa deve


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essere una scelta condivisa, se possibile, a larghissima maggioranza. Abbiamo l'onere di decidere; certamente lei lo ha più di me, perché governare significa anche assumersi delle responsabilità, ma il settore su cui dovremo incidere è estremamente delicato e per anni è stato uno dei settori portanti della nostra agricoltura.
Posto ciò, le ribadisco due domande. La prima è: il latte microfiltrato può essere considerato un latte fresco? Sarebbe divertente proporre alla Parmalat, che sicuramente non gradirebbe, la denominazione «latte pastorizzato microfiltrato» escludendo il termine «fresco»; potrebbe essere già un segnale, naturalmente a meno che non si dimostri effettivamente che il latte microfiltrato è ancora un latte fresco. Con buona pace delle valutazioni tecniche, che io rispetto ma che per definizione sono asessuate, si impone una scelta politica. La seconda domanda è: quali posizioni hanno espresso i rappresentanti della filiera produttiva e le associazioni dei consumatori?

SERGIO AGONI. Signor presidente, intervengo come rappresentante della Lega nord Padania e soprattutto perché, essendo di Brescia, provengo da una zona dove si produce latte in misura pari all'80 per cento della produzione nazionale.
Il latte in questione si potrebbe, a mio parere, denominare latte a media conservazione anziché a lunga conservazione. In particolare, intendo soffermarmi sull'aspetto politico della questione. Noi oggi discutiamo di latte microfiltrato prodotto in Germania che si inserisce, fra l'altro, in una situazione del settore che tende verso la liberalizzazione, ma non possiamo dimenticare che vigono per il latte le quote di produzione e che sono state tolte le quote al Grana padano e al Parmigiano reggiano.
È mia intenzione, ripeto, evidenziare l'aspetto politico della questione perché lo ritengo importantissimo; con tutto quello che si è verificato nel comparto zootecnico in termini di quote, di BSE, di afta epizootica, ed oggi di latte fresco, mi sembra di assistere alla distruzione della produzione nazionale del latte in favore di quello prodotto dagli altri paesi della Comunità europea, tenuto conto che al nostro paese si applicano le quote di produzione mentre per gli altri paesi le quote si applicano sulle eccedenze.
Signor ministro, attualmente il settore, come sicuramente gli operatori della filiera del latte avranno avuto modo di farle presente, sta registrando una grave crisi; altrettanto grave è la situazione in merito alle produzioni di Grana padano, di Parmigiano reggiano e di provolone. Bisogna anche tenere conto della commercializzazione in nero del latte, all'interno del paese e con l'estero, e della produzione di Grana padano realizzata e venduta estero su estero (il prodotto viene importato in bianco e marchiato in Italia).
Signor ministro, se non si approfondiranno queste vicende si corre il rischio di distruggere il comparto zootecnico; come auspicava l'onorevole Franz, anch'io ritengo che, in tema di latte, un confronto a livello politico sia necessario e vada effettuato a 360 gradi. Se invece ci soffermeremo sul singolo provvedimento adottato in questo comparto dalla Comunità europea rischieremo, ripeto, di distruggere la produzione del settore zootecnico.
In particolare, vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi sulla ormai imminente apertura della Comunità europea ai paesi ex PECO, che, a mio parere, avrà effetti devastanti per il nostro paese. Tra le produzioni agricole del nostro paese che si salveranno vi sono quelle in cui si utilizzano le fattrici; e tra queste produzioni vi è sicuramente quella del latte, dato che per produrre questo alimento è necessaria una certa professionalità, che va al di là di quella che si acquisisce sui banchi di scuola. Così facendo, però, si rischia di perdere professionalità in questo settore perché stiamo allontanando i giovani da tali attività (i livelli che si registrano sono già bassissimi).
Il signor ministro è sicuramente a conoscenza che attualmente il prezzo del latte è in forte discesa e che da circa otto anni le nostre cooperative fanno fatica a


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vendere il Grana padano (mi riferisco ai prodotti tipici dotati di DOP). Pertanto, stiamo attenti a liberalizzare la produzione e la commercializzazione di questo prodotto perché ciò rappresenterebbe, a mio avviso, un'ulteriore bastonata per le nostre centrali del latte.
Con riferimento alla legge n.169 del 1989, ho partecipato, come membro di un sindacato, alla sua stesura; all'epoca, l'indirizzo seguito era quello di distinguere il latte fresco attraverso la fissazione di un termine massimo di 48 ore fra la mungitura e il trattamento, che aveva lo scopo di impedire che si potesse utilizzare latte tedesco per produrre latte fresco.
Oggi esiste una tecnica diversa - che non metto in discussione - però bisogna stare attenti; all'epoca, il nostro obiettivo era che, con il latte fresco, il consumatore avesse l'impressione che si trattasse di latte della stalla, munto il giorno prima. Ed è proprio per raggiungere questa finalità che si intende porre sulla confezione la dicitura «latte fresco», falsando, a mio parere, il credo del consumatore. Non c'è molto da fare: si cambi il nome! Lo si può denominare latte a media conservazione invece che a lunga conservazione; anche perché la denominazione latte fresco, oltre ad avere implicazioni di carattere tecnico, ha riflessi di tipo politico perché consente di differenziare il nostro latte da quello degli altri paesi.
Signor ministro, la invito per il futuro a ricercare la massima collaborazione con gli organi parlamentari, in particolare con le Commissioni agricoltura di Camera e Senato, anche perché riteniamo di possedere delle capacità e delle conoscenze tecniche e siamo in questa sede per realizzare qualcosa di positivo per la nostra agricoltura. Il problema del latte va affrontato nella sua globalità; se venisse affrontato solo parzialmente, correremmo il rischio di fare del male al settore agricolo del nostro paese, che difficilmente potrebbe riprendersi.

ALDO PREDA. Signor presidente, intervengo per manifestare la mia forte delusione per la relazione svolta dal ministro Alemanno, in particolare rispetto alle conclusioni a cui egli è giunto.
La questione sottoposta oggi alla nostra attenzione è particolarmente difficile e ritengo non possa essere affrontata - come invece ritiene il ministro - con un decreto interministeriale che coinvolga i Ministeri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole e forestali. Non è forse il ministro della salute, Girolamo Sirchia, che intende applicare i bollini di qualità predisposti dai commercianti ai prodotti agricoli?

GIOVANNI ALEMANNO, Ministro delle politiche agricole e forestali. Non l'ho deciso io!

ALDO PREDA. Lo decide il ministro Sirchia, annunciandolo insieme al presidente della Confcommercio, Billè; ma lei è il primo interlocutore del ministro Sirchia! Il secondo interlocutore è costituito dagli esponenti politici del Minitero delle attività produttive che sono, tra l'altro, quelli che hanno creato il caos nel comparto del latte con la circolare del 2 agosto 2001, n. 167.
Signor ministro, le Commissioni riunite X e XII della Camera, hanno appoggiato, con una risoluzione concordata ed approvata all'unanimità, i suoi intendimenti perché li ritenevano giusti e corretti; lei è forte di questa risoluzione - mentre, a mio parere, è debole nei confronti del ministro Sirchia (in merito alla questione dei «bollini blu») e dei rappresentanti del Ministero delle attività produttive -, così come è forte del sostegno che potrà avere dalle Commissioni agricoltura di Camera e Senato, e lo è, infine, anche sfruttando gli intendimenti della filiera del latte.
Insieme al collega Franz ho partecipato ad un incontro con i rappresentanti della filiera del latte; ritengo che le questioni emerse in tale incontro siano ampiamente condivisibili dai membri delle Commissioni e, tra l'altro, alcune di esse sono state riprese dal collega Franz nel suo intervento. Tali questioni mi trovano totalmente d'accordo.
La sua forza, sul problema del latte, è data dalle Commissioni agricoltura, dalla


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filiera del latte e dalle organizzazioni agricole. Ciò in quanto il vero grande problema - sul quale dobbiamo chiarirci fino in fondo - è che il latte microfiltrato è figlio dell'industria, mentre il latte fresco è figlio del produttore. In passato, quando non abbiamo operato tale distinzione, abbiamo commesso degli errori. Al riguardo, vorrei citare l'esempio del ristorante del Senato, dove si usa l'aceto balsamico di Modena proveniente dalle acetaie; anche alla mensa della Camera c'è l'aceto balsamico, ma è quello prodotto dall'industria: in tal caso, la differenza è sostanziale.
Oggi, con l'aceto balsamico, abbiamo creato confusione al consumatore; con il Grana padano non abbiamo forse fatto la stessa cosa, malgrado le risoluzioni che sono state approvate in passato dalle Commissioni agricoltura di Camera e Senato? Ed ancora: l'acqua microfiltrata non crea forse confusione nei consumatori, anche se la parola acqua è scritta senza «c»?
Allora, signor ministro, lei può sfruttare la grande alleanza che può stringere con le Commissioni agricoltura di Camera e Senato, con la filiera del latte e con i consumatori. Ciò al fine di rispettare la legge n. 169 del 1989, ma anche per non adottare un decreto interministeriale - lei da solo, con gli altri due ministri che le fan la pelle - ed, altresì, per attivare un procedimento legislativo urgente. Il gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo ha già presentato una proposta di legge sull'etichettatura del latte; con saggezza ed equilibrio ritengo, infatti, sia possibile coniugare le nuove tecnologie di trattamento con l'esigenza di segmentare l'offerta di latti alimentari e di consumo diretto: ciò che è importante è che questi nuovi latti non assumano la denominazione di latte fresco. Ad esempio, mi sta benissimo che un latte microfiltrato sia denominato «latte microfiltrato»: è figlio dell'industria, ha una sua legittimità ed è un latte sano e commestibile. Non mi va bene, invece, che venga etichettato con la dicitura «latte fresco». Ritengo, pertanto, che i due tipi di latte vadano denominati in modo diverso e, quindi, regolamentati in maniera differente.
Se lei, signor ministro, seguirà questa strada, avrà senz'altro dalla sua parte le Commissioni agricoltura di Camera e Senato, tutta la filiera del latte e tutti i consumatori; se invece non vorrà seguirla, penso che il suo ruolo sarà estremamente debole e perderemo, creando ulteriore confusione.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Questa è, signor ministro, una problematica essenziale e, come lei ha giustamente detto, vi sono due interessi sostanziali, ambedue importanti: la difesa dei consumatori e la difesa dei produttori. Il primo è un interesse ovvio, in quanto sappiamo che oggi gran parte dei consumatori si indirizzano spontaneamente verso i prodotti di maggiore qualità, verso le produzioni biologiche e le filiere sempre più corte e quindi più identificabili. D'altronde, lei stesso, signor ministro, quando parla di principi di tracciabilità (e quindi di identificazione, di luogo e data di mungitura, e così via) evidentemente attribuisce a questi aspetti un significato importante.
Però, signor ministro, la difesa dei consumatori è difficile con questa denominazione così confusionaria, perché non c'è dubbio che la dicitura «latte fresco» si presta ad una confusione sostanziale. Come già hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto, la denominazione «latte fresco» inevitabilmente fa pensare alla stalla dietro l'angolo, sita nel villaggio o nell'azienda agricola, magari nel raggio di poche centinaia di chilometri (se non di decine di chilometri). Ma, evidentemente, così non è: le scelte delle grandi industrie e dei grandi gruppi economici (che oggi sempre più tendono a concentrare il mercato delle produzioni agricole, delle trasformazioni e delle commercializzazioni) rispondono ad interessi e a finalità differenti. Pertanto, a nostro avviso, la difesa del consumatore non si sposa perfettamente con questa denominazione.


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Ciò che maggiormente ci preoccupa è, però, l'altro aspetto, quello della difesa dei produttori. Sappiamo che i vari settori produttivi che caratterizzano l'agricoltura italiana - la stessa agricoltura settentrionale non è affatto estranea a questi drammi - evidenziano, rispetto ad altri sistemi produttivi europei, una struttura debole, che registra una serie di problemi.
Ebbene, dobbiamo stare attenti e dobbiamo cercare di mettere in atto - questa è un'indicazione forte che le proviene, signor ministro, dall'audizione di oggi - tutto quanto è possibile per difendere la nostra produzione. Peraltro, dopo aver investito delle risorse - anche da un punto di vista di fenomenologia culturale - ed aver effettuato tanti sforzi per sostenere il principio della qualità sempre e comunque, adesso corriamo il rischio di imbatterci in produzioni industriali che, per la caratterizzazione stessa dei procedimenti, evidentemente rendono vana, o comunque scarsamente significativa, la ricerca della qualità.
Non vorrei usare i toni apodittici del collega Preda, che ha parlato di fortissima delusione, perché nella sua relazione, signor ministro, così come nella sua espressione, mi sembra di notare una fondata preoccupazione. Sono convinto che la preoccupazione che ha animato le sue dichiarazioni nelle scorse settimane - ma anche quella che traspare nella odierna audizione - si tradurrà in un atteggiamento forte, concreto, che sicuramente troverà la solidarietà delle forze politiche (al di là del criterio di appartenenza), ma soprattutto quella dei produttori italiani e dei consumatori.
Sono fortemente preoccupato della situazione in atto; ciò in quanto da una scelta di questo genere - una scelta che il Ministero delle politiche agricole e forestali potrebbe anche subire, così come potrebbe sostanziarla di interessi o di culture diverse, come quelle delle attività produttive o di altri settori meno attenti al variegato ma difficile mondo agricolo e zootecnico - l'agricoltura e la zootecnia italiana (che vivono sempre maggiori problemi, con una costante e continua riduzione della fascia percentuale di mercato) potrebbero essere danneggiate.
Per questo motivo invitiamo con forza il Governo e soprattutto lei, signor ministro, a trovare il giusto equilibrio che riesca a salvaguardare le regole e gli interessi (anche comunitari), ma, soprattutto, la difesa dei consumatori e di quei produttori che, giorno dopo giorno, vedono ridursi le fasce di mercato e conseguentemente la possibilità di una dignitosa esistenza sul mercato.
Siamo convinti, signor ministro, che questo tema non possa essere risolto facilmente; sicuramente sarà necessaria una mediazione, ma per quanto ci riguarda siamo pronti a fare la nostra parte.
Se il Governo dovesse scegliere una strada incisiva, attraverso la decretazione d'urgenza o un disegno di legge dotato di una «corsia preferenziale», che possa dare maggiore forza alla politica del ministero da lei guidato, sono convinto che le forze politiche rappresentate nelle Commissioni agricoltura di Camera e Senato non si sottrarranno alle loro responsabilità.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.25.