AUDIZIONE
La seduta comincia alle 14.35.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, del ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Pietro Lunardi, sugli orientamenti programmatici del suo dicastero nel settore delle infrastrutture e dei lavori pubblici.
PIETRO LUNARDI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. La ringrazio, signor presidente. Ritengo utile, sia per la veste istituzionale che ricopro, sia per la rilevanza della tematica che intendo affrontare in questa sede, seguire un approccio che vorrei definire laico, libero cioè tanto da prese di posizione preconcette, quanto da opzioni di schieramento. Senza voler identificare responsabilità, intendo solo riportare alcuni dati oggettivi che, da soli, denunciano lo stato di reale emergenza e di criticità che il paese vive nelle due aree che caratterizzano il mio dicastero: le infrastrutture e i trasporti.
ancora come un semplice tessuto geografico privo di ogni segnale di integrazione.
assetto geografico ad assetto geoeconomico, della «risorsa territorio» del nostro paese.
l'offerta di servizi obbligati, deve, per evitare la formazione di nuovi monopoli privati incontrollati, essere accompagnato da forme di vigilanza e verifica dei livelli di efficienza, di efficacia e di qualità.
Infatti, l'abbattimento dei confini e la liberalizzazione dei processi di scambio hanno determinato l'integrazione del sistema dei trasporti in Europa. In tal senso, interpretato in una logica di sistema, il trasporto è la griglia su cui vengono a disegnarsi, in concreto, tutti i processi di liberalizzazione e di armonizzazione.
di esame in sede parlamentare, che mantenendo inalterati i vincoli procedurali previsti in direttive dell'Unione europea consente una rivisitazione sostanziale dei principi fondamentali regolanti la procedura di programmazione, progettazione, approvazione e realizzazione delle infrastrutture strategiche di interesse nazionale.
a dieci anni fa, avevano al loro interno aree caratterizzate da gravi crisi socio-economiche.
PRESIDENTE. Signor ministro, la ringrazio per la sua esposizione, che mi sembra di grande impegno e prospettiva. I ritardi che abbiamo accumulato, che sono stati puntualmente elencati, dimostrano quanta strada dobbiamo percorrere, con tempi probabilmente molto più stretti di quanto non sarebbero stati qualora gli impegni europei, e soprattutto la concorrenza e la competizione con gli altri paesi dell'Unione europea, oggi non ce li avessero imposti.
FABRIZIO VIGNI. Il fatto di rappresentare l'opposizione non mi impedisce di augurare buon lavoro al nuovo ministro. Partiamo da una comune convinzione: il nostro paese ha bisogno di un programma molto vasto e ambizioso nel campo delle infrastrutture e delle opere pubbliche, e occorre recuperare un deficit infrastrutturale rispetto ad altri paesi europei. Comune è anche la convinzione, credo, che tale sforzo non sarà di breve periodo, ma
sarà molto complesso e il suo arco temporale - come è stato detto - va ben al di là di una singola legislatura. Sono presenti, altresì, nella relazione del ministro un insieme di obiettivi condivisibili. Tuttavia vi sono sicuramente punti di vista diversi su come realizzare tali obiettivi, sulle priorità, sulle infrastrutture di cui l'Italia ha particolarmente bisogno; in altre parole, su quale debba essere lo sviluppo del paese. Vorrei indicare qualche esempio, senza mettere in alternativa tra loro opere tutte necessarie.
PRESIDENTE. Le Commissioni sono ancora due!
FABRIZIO VIGNI. Le Commissioni sono ancora due, ma credo che vi abbiamo lasciato in eredità una buona riforma: riunificare in un unico ministero, in una visione di insieme, il sistema delle infrastrutture credo sia un passo avanti importante. Il fatto che il nostro paese non abbia avuto per lungo tempo una seria programmazione è la causa di molti dei nostri guai, dal deficit infrastrutturale agli squilibri territoriali e tra le diverse modalità. Negli ultimi anni si è cercato di recuperare questo deficit di programmazione e il piano generale dei trasporti ne è stato la tappa principale. Naturalmente non lo consideriamo come la Bibbia, immodificabile, tuttavia rappresenta uno sforzo di programmazione integrata del sistema dei trasporti. Anche gli stessi piani triennali per la viabilità sono stati, almeno dal 1995, più commisurati alle risorse
effettivamente disponibili. Poiché non ho sentito citare il piano generale dei trasporti né in tale sede, né nel Documento di programmazione economico-finanziaria, nè in altre occasioni, chiedo al ministro cosa se ne voglia fare. Vorrei sapere se il Governo considera il piano generale dei trasporti, che - come lei sa - non è stato soltanto un atto politico ma anche il frutto di un lungo lavoro tecnico con le regioni, ancora un punto di riferimento.
PIETRO LUNARDI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Era escluso il problema idrogeologico.
FABRIZIO VIGNI. Lei oggi ha parlato di 236 mila miliardi e tuttavia nel Documento di programmazione economico-finanziaria, su cui ci siamo espressi ieri, si indica la cifra di 100 mila miliardi come complesso di investimenti pubblici (e devo ritenere che in tale categoria rientrino tutti gli interventi, e non solo quelli di cui parliamo stasera), di cui 50 mila a carico del bilancio dello Stato. Chiedo di sapere quale sia, tra tali cifre un po' ballerine, la più attendibile.
PRESIDENTE. Ballerino è il buco del bilancio!
FABRIZIO VIGNI. La terza domanda è più specifica ed è relativa ai temi della riqualificazione urbana e del recupero edilizio. Vorrei sapere se il Governo intenda proseguire, eventualmente apportando modifiche (se è così in quali termini) l'esperienza positiva già avviata in questi anni degli incentivi fiscali per favorire le ristrutturazioni edilizie (il 41 per cento prima e il 36 per cento dopo ), che credo abbia avuto il merito di rimettere in moto il settore dell'edilizia e di favorire anche il recupero del nostro patrimonio abitativo.
OSVALDO NAPOLI. Una legge non applicata!
FABRIZIO VIGNI. É una disposizione del testo unico degli enti locali, una legge dello Stato che credo venga applicata sul territorio nazionale e corrisponde a un giusto principio etico. Ritengo che la prima cosa che il Parlamento dovrebbe conoscere, per ragioni di trasparenza e di correttezza, è quale sia, oggi, l'esatta situazione riguardante la sua attività nelle società che a lei fanno riferimento (naturalmente in relazione alle opere che hanno
una connessione con il ruolo del suo ministero) e in quale modo si intenda risolvere in maniera netta e inequivocabile tale situazione. Mi permetterà di sottolineare che questa non è una nostra fissazione ma un'esigenza che corrisponde ad uno dei principi fondamentali delle democrazie liberali.
OSVALDO NAPOLI. Con riferimento a quanto diceva il collega Vigni riguardo al testo unico degli enti locali che impedisce ai professionisti di diventare assessori o sindaci, non esiste in Italia (lo dico anche come vicepresidente dell'ANCI) un solo caso di un sindaco dimessosi in quanto professionista: il sindaco, o l'assessore, continua ad operare come tale perché è sufficiente - come avviene sempre in Italia - ritirare la firma su qualsiasi atto del proprio ufficio per poter di continuare la propria attività. Non dico che ciò sia o meno un bene, dico soltanto che la legge non è stata applicata neanche in un caso: forse vale il principio per cui fatta la legge trovato l'inganno! I professionisti continuano ad operare tranquillamente come amministratori, come sempre è avvenuto in precedenza. Nel caso ci fosse un episodio di segno contrario mi piacerebbe conoscerlo, ma per quanto mi riguarda in tutto il Piemonte, così come in tutta Italia, non vi è stata una sola applicazione di quella normativa.
una velocizzazione del progetto che dovrebbe andare incontro anche ad esigenze degli enti locali. Se così non fosse, sarebbe grave. Tengo a dire che questa valle (certamente è una valle di transito, ed ha duramente pagato ciò in passato) dovrebbe avere in cambio opere, specialmente nel settore idrogeologico, importantissime. Bisogna che il Governo stesso si impegni a far sì che vi sia un ritorno per gli abitanti della valle. Si tratta di piccole cose, ma di importanza nazionale.
MARIO PEPE. Non so, signor ministro, se le è mai capitato di trovarsi in quell'inferno rappresentato dalla tratta autostradale Salerno-Reggio Calabria - come è avvenuto all'ex ministro, l'onorevole Nesi - e particolarmente dal tratto che va da Salerno fino ad Eboli. So che questa autostrada ha una priorità assoluta nel programma del Governo Berlusconi, anche per il significato politico che tale arteria riveste, essendo l'unica via di collegamento con il sud. Debbo sottolineare che gli automobilisti non amano questa autostrada (pericolosissima in molti tratti), dove non è possibile effettuare opere di miglioramento. In alcuni tratti esiste una sola corsia per senso di marcia, non essendo stata possibile la costruzione di due corsie (figuriamoci tre).
PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Mario Pepe. Mi rendo conto che l'Italia è il paese degli 8.100 campanili e che ciascuno di noi pensa alle esigenze del proprio collegio...
MARIO PEPE. Mi scusi, signor presidente, ma non si tratta del mio collegio elettorale!
PRESIDENTE. Cerchiamo comunque di mantenere il dibattito ad un livello adeguato.
ERMETE REALACCI. Il ministro ha fatto una relazione sufficientemente ampia - sarà il caso di leggerla con calma - e, a settembre, occorrerà capire, anche in risposta alle obiezioni che le faremo, come alcuni degli obiettivi da lei indicati, indubbiamente condivisibili (ad esempio ridurre del 20 per cento la mortalità sulle strade o aumentare del 40 per cento la quota del trasporto pubblico in città) saranno concretizzati, certamente nel lungo periodo, perché la bacchetta magica non ce l'ha nessuno, neanche il Governo Berlusconi.
PRESIDENTE. Non mettiamo limiti...!
ERMETE REALACCI. Lo so che il Presidente del Consiglio ritiene di non avere limiti, ma noi pensiamo che dei limiti esistano e la cronaca, prima ancora della storia, lo dimostrerà.
PRESIDENTE. I limiti sono le risorse finanziarie.
ERMETE REALACCI. Intendo svolgere alcune considerazioni di principio, per poi affrontare due quesiti specifici. Lei, signor
ministro, ha detto molte cose condivisibili. La prima volta l'ho ascoltata a Pisa, in occasione della riapertura della torre. Condivido, anche culturalmente, il richiamo all'orgoglio italiano del «saper fare» e vorrei che, anche nelle nostre discussioni, evitassimo di assumere sempre un atteggiamento da Calimero. Leggevo, qualche giorno fa, una statistica sulle regioni italiane relativa al prodotto interno lordo pro capite in Europa. Ebbene, l'aggregato del centro-nord Italia, che comprende il Lazio, è di gran lunga, in Europa, il più compatto tra quelli con il prodotto interno lordo più elevato. Non è vero che il nostro paese è così disastrato; ha dei problemi.
- ha aumentato di molto, anziché diminuire, le emissioni di CO2 rispetto al 1990) degli obiettivi ambiziosi. Si tratta di ridurre le emissioni di anidride carbonica nella nostra nazione di molti punti percentuali da qui al 2008-2012. Ebbene, uno dei settori in cui le emissioni sono maggiormente aumentate e più difficile è il contenimento è quello dei trasporti.
PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Realacci, che, come sempre, ha dato un contributo importante al dibattito della Commissione. L'indagine conoscitiva su Kyoto prevede già un'audizione del ministro Lunardi riguardante questi temi. Inoltre, in precedenza dovremo esaminare la legge obiettivo, che dopo l'esame al Senato passerà alla Camera: anche in tale sede approfondiremo le priorità a cui l'onorevole Realacci ha fatto riferimento.
MAURIZIO ENZO LUPI. Ringrazio il ministro per la relazione puntuale svolta. Intendo sottolineare alcuni temi che mi sembra (forse per questioni di tempo ed anche per la stessa formazione del ministro) non siano stati toccati nel suo intervento e dovrebbero essere affrontati nel prosieguo dei lavori.
un sistema monco, che non avrà la possibilità di procedere. Ad esempio, è giusto considerare come prioritaria nella legge obiettivo la realizzazione delle grandi infrastrutture, ma non risolveremmo il problema se non considerassimo che i procedimenti che permettono di realizzare in maniera più celere le grandi infrastrutture debbono essere validi anche per la realizzazione, a livello decentrato e locale, delle infrastrutture stesse. Costruire il ponte sullo stretto di Messina risolve certamente un problema specifico ed anche generale, ma non risolve la questione della competitività e della risposta ai bisogni che il paese e le singole regioni hanno. Secondo me, sarebbe un errore non utilizzare quell'esempio come modello per un cambiamento normativo. Questo è un grosso limite della legge obiettivo, su cui il Parlamento dovrà confrontarsi.
PRESIDENTE. Considerato l'elevato numero di colleghi che hanno già chiesto di parlare, ritengo opportuno che il ministro risponda intanto alle domande poste fin qui, in considerazione del fatto che fra pochi minuti dovrà lasciare la Commissione. Compatibilmente con gli impegni del ministro e con la programmazione dei lavori dell'Assemblea, vedremo se sarà possibile prevedere il seguito dello svolgimento della presente audizione già per la prossima settimana.
PIETRO LUNARDI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Con riferimento a quanto detto dall'onorevole Vigni sul piano generale dei trasporti, vorrei anzitutto far presente che il Governo lo ha attentamente considerato. Riteniamo che rappresenti un buon risultato ed un primo
esempio di programmazione seria, fatta in Italia: infatti, lo abbiamo preso come base di riferimento per i programmi futuri, perché non si può certamente accantonare un lavoro di quel tipo.
PRESIDENTE. Anche il dato contenuto nel DPEF fa riferimento proprio al quinquennio.
FABRIZIO VIGNI. Mentre i 237 mila miliardi farebbero riferimento a quanti anni?
PIETRO LUNARDI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Non al quinquennio 2002-2006, perché per tale quinquennio la cifra relativa è di 100 mila miliardi, vale a dire circa 20 mila miliardi di spesa all'anno.
PRESIDENTE. Rappresenterebbero circa l'1,2 per cento del PIL.
PIETRO LUNARDI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Con riferimento al quesito posto sul problema della riqualificazione urbana, vorrei far presente che il Governo è impegnato su questo tema sotto tutti i profili, con particolare riguardo al recupero della mobilità urbana, importante per i problemi di inquinamento ambientale che ne derivano. È intenzione del Governo, infatti, potenziare i trasporti sulla guida vincolata, come ad esempio le metropolitane. Ciò deve avvenire a tutti i livelli, anche nelle città di importanza minore, pur avendo stabilito delle priorità, che vedono i grandi centri urbani come Roma, Napoli, Bologna, Torino, Palermo e Genova sicuramente al primo posto. Vi è, inoltre, il problema della riqualificazione delle periferie dei centri urbani, su cui il Governo punta molto, perché oltre ai centri storici, già attentamente seguiti e protetti, occorre riqualificare soprattutto le periferie, da sempre trascurate. Pertanto, il discorso della riqualificazione va riferito a tutto il centro urbano: al centro storico, così come alla periferia. Per quanto riguarda gli incentivi fiscali, non sono ancora in grado
di fornire una risposta perché il Governo sta tuttora affrontando questo tema, ma propongo che si riprenda la questione a settembre, al fine di poter fornire dati più precisi.
FRANCESCO STRADELLA. È proprio per quello che non va bene: è una legge di polizia!
PIETRO LUNARDI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Personalmente, ritengo che abrogare oggi una legge di quel tipo risulterebbe difficile; piuttosto, è necessario procedere ad una sua modifica in modo tale da renderla più attuale, nonché maggiormente conforme alle normative europee. Ad esempio, parlando ieri a Bruxelles con il commissario De Palacio, ho avuto proprio l'impressione che, su questi temi, il nostro paese non sia molto allineato con le tendenze europee.
scusa dei nostri ritardi c'è il rischio che i francesi passino a nord delle Alpi e ci lascino fuori dall'asse est-ovest. È un problema importante e serio; in proposito domani sarò a Parigi per parlare con il ministro Gayssot e cercherò di capire quali siano gli orientamenti in materia. Mentre i francesi hanno un atteggiamento passivo sulla Torino-Lione, tentano invece di accelerare i tempi per la realizzazione del tratto che passa a nord delle Alpi.
PRESIDENTE. È il sistema paese che la perde!
(Così rimane stabilito).
Saluto il ministro, ringraziandolo della sua presenza e gli do immediatamente la parola.
È utile ricordare, ancora una volta, una serie di indicatori essenziali perché, proprio dal loro attento esame, mi sembra emergere chiaramente che non vi è spazio per costruire possibili antagonismi o gratuite terapie di rinvio dei processi risolutori. L'approfondimento di tali dati, d'altra parte, ci consentirà proprio l'identificazione di quelle azioni strategiche che, in un arco temporale certo, ci consentiranno di superare un simile rischioso stato di emergenza.
Esaminiamo ora il nuovo contesto nazionale ed internazionale. Prima ancora di entrare nel merito delle criticità e delle emergenze è opportuno, a mio avviso, prendere in considerazione una serie di fenomeni che, negli ultimi dieci anni, hanno sconvolto la configurazione sia di alcuni parametri considerati classici del nostro sistema economico, sia di alcune evoluzioni scontate dello sviluppo del paese.
Ebbene, i fenomeni più significativi possono essere sintetizzati come di seguito.
Il 1o gennaio 1993 doveva essere una data fondamentale per l'integrazione dei paesi membri dell'Unione europea. Era una scadenza definita sin dal 1984, che aveva caricato tutti gli Stati membri di un pieno convincimento di cambiamento ed a cui si arrivava carichi di normative e di direttive. Ad otto anni da tale data, i singoli Stati membri continuano spesso ad eludere o ad evadere le varie direttive. L'Europa, che nel suo contesto geoeconomico doveva essere il nuovo teatro degli interessi comuni, spesso si caratterizza
In secondo luogo, le attività essenziali nella costruzione del prodotto interno lordo diventano sempre più quelle del terziario, mentre l'industria e l'agricoltura si attestano su un valore ormai vicino allo zoccolo minimo; ma proprio questo valore limite impone, necessariamente, un'enorme rivisitazione delle componenti che consentono alla produzione di generare valore aggiunto.
In terzo luogo, il mondo del lavoro non trova più alcuna correlazione tra investimento e nuova occupazione, tra il mantenimento delle attività imprenditoriali e quello dei livelli occupazionali; questa assenza di biunivocità non è legata solo alle tecnologie avanzate ed ai processi di automazione spinta, ma ad una spasmodica ricerca del contenimento dei costi della produzione e dell'aumento dei livelli di produttività, con un'attenzione ancora insufficiente alla qualità del prodotto e delle risorse umane.
Il quarto punto riguarda le autonomie territoriali, intendendo non solo quelle istituzionali e costituzionali, ma anche quelle legate alla capacità imprenditoriale di identificare «autonomamente» aree geografiche capaci di aggregare convenienze. Le regioni, le aree metropolitane, le province ed i comuni rischiano, in un simile contesto, di inseguire utopici luoghi fisici estranei alla loro gestione strategica.
In quinto luogo, il processo di armonizzazione ed il concetto di interoperabilità sono grammaticalmente estranei alla mentalità di tutti i soggetti preposti, all'interno dei singoli Stati, alla gestione di servizi. Tutti i processi di interoperabilità rimangono ancora fermi alla burocratica fase dell'identificazione dei codici. Sembra, cioè, che all'interno del paese e dell'Unione europea sia scattato, su queste due tematiche, un cosciente innamoramento per l'inerzia.
Come sesto punto, l'obbligo di servizio, concepito in passato come naturale garanzia dello Stato ad erogare servizi ed ad assumersi automaticamente i rispettivi costi, viene letto finalmente con una lente economica che ne verifica sia i livelli di indispensabilità, sia le fasce di utenza da salvaguardare; ma questo cambiamento concettuale non trova facile attuazione, se non prende corpo un'immediata e capillare riforma dei soggetti preposti all'erogazione dei servizi.
Ancora, la pubblica utilità intesa come volontà dello Stato o, in modo più diffuso, delle istituzioni di dare concretezza a specifiche scelte strategiche non risponde ancora a canoni automatici. Cioè, per gli interventi in cui è oggettivo l'interesse nazionale e addirittura, in alcuni casi, l'interesse dell'Unione europea, è inammissibile che l'esasperato localismo continui ad essere, ancora, un ostacolo al processo attuativo.
L'ottavo punto riguarda la concorrenza o, ancora meglio, il mercato: un tema che non può assolutamente concepire condizioni, sia di privilegio, sia di penalizzazione, per chi offre un servizio. Ebbene, questo rappresenta forse il fenomeno che, in quest'ultimo periodo, ha conosciuto forti distanze da un sano e corretto liberismo. Ad esempio, privilegiare determinate modalità di trasporto a scapito di altre significa disperdere il valore aggiunto generato dal servizio di trasporto ed abbattere i margini di convenienza della produzione.
Infine, dobbiamo considerare lo sconvolgimento delle abitudini: da paese caratterizzato da grandi fenomeni migratori a paese sede di inarrestabile e continua immigrazione; da paese entusiasta di grandi assetti metropolitani a paese in cui la tendenza residenziale si sposta sempre più verso medie e piccole realtà urbane; da paese disinformato a paese sempre più interessato all'uso di sistemi informativi più avanzati; da paese disinteressato alla problematica ambientale a paese cosciente e convinto che tale problematica sia condizione determinante in ogni processo di scelta.
In un simile nuovo contesto, la qualità dei servizi, la loro capacità ed efficienza costituisce senza dubbio l'unica condizione che consente il cambiamento, da vero
Entriamo quindi nel merito degli indicatori che caratterizzano l'attuale sistema dell'offerta infrastrutturale, ricordando che le scelte da attuare necessariamente sono mirate ad un rilancio dei livelli di produzione, di competitività e di efficienza del paese. Quindi non una scelta prettamente legata ad un settore, ma essenzialmente legata alle strategie di carattere economico che si vogliono definire nella politica del Governo. Per quanto riguarda gli indicatori oggettivi dell'emergenza, una serie di indicatori e di condizioni - come dicevo prima - motivano tali volontà: innanzitutto, lo stretto rapporto tra crescita della domanda di trasporto e della sua efficienza e del prodotto interno lordo. Per una produzione organizzata ormai just in time, l'assenza di un sistema di trasporti efficiente compromette in modo sostanziale la crescita del PIL; tale correlazione è stata più volte dimostrata ed è stato ampiamente verificato che le attività, sia del secondario sia del terziario, entrano automaticamente in crisi, perché vengono meno le condizioni di concorrenzialità della produzione a livello internazionale e le condizioni di ottimizzazione dei cicli produttivi. È sufficiente un dato, per capire quanto sia stata sottovalutata questa correlazione: nel corso del decennio appena trascorso, nel nostro paese sono stati investiti 205 mila miliardi in meno rispetto alla media europea.
Il secondo punto riguarda il fatto che le interazioni tra il nostro paese e l'Europa sono ormai vicine alla saturazione; in proposito sono utili pochi dati. Nel 1967, attraverso i nostri valichi sono transitati 19 milioni di tonnellate di merci; nel 1999, ne sono transitati circa centoventi milioni e, nel 2005 (prendendo come riferimento previsioni pessimistiche) transiteranno circa 135 milioni di tonnellate. Se si tiene conto che due paesi dell'arco alpino, quali l'Austria e la Svizzera (realtà territoriali attraverso cui transita oltre il 56 per cento della movimentazione prima riportata) hanno da tempo penalizzato il transito su strada del proprio territorio e se si prende atto che il 2006 rappresenta l'anno in cui si raggiungerà il livello di saturazione dei transiti su strada con la Francia, si evince chiaramente l'improcrastinabile necessità di realizzare nuovi valichi ferroviari.
Inoltre, il nostro paese ha un'ulteriore atipicità: oltre 58 per cento della popolazione vive in grandi aggregazioni urbane (in Francia solo il 22 per cento, in Germania solo il 26 per cento, in Spagna solo il 24 per cento) e, sempre in tali aggregazioni urbane, si concentra oltre il 45 per cento delle attività industriali ed oltre l'85 per cento delle attività del terziario; ebbene, pur in presenza di tale singolarità, i servizi di trasporto nelle nostre realtà urbane sono inesistenti (siamo all'ultimo posto nell'Unione europea, per quanto concerne la dotazione di reti di trasporto su guida vincolata). Il trasporto pubblico locale costituisce così una crescente voce di diseconomie e di debito pubblico. Tale carenza di servizi mette in crisi le attività del terziario e, soprattutto, genera costi energetici patologici (il costo della congestione nelle grandi realtà urbane ha superato, nel 1999, i 14 mila miliardi di lire, solo a Roma 1.600 miliardi), inquinamento atmosferico e tassi di incidentalità elevatissimi. Le metropolitane e l'uso ottimale del trasporto ferroviario locale diventano quindi una scelta obbligata.
In quarto luogo, su strada si movimentano oltre l'85 per cento delle merci e su ferrovia solo il 12 per cento; il cabotaggio è una modalità non sufficientemente sviluppata, pur se dotata di rilevanti potenzialità. Sulla modalità ferroviaria, in Francia ed in Germania si concentra, rispettivamente, oltre il 20 per cento e il 32 per cento delle merci movimentate. Questo squilibrio modale genera costi energetici enormi (oltre il 36 per cento del consumo energetico globale è generato dal trasporto su strada), inquinamento acustico ed atmosferico, costi enormi generati dall'elevato tasso di incidentalità. Il ricorso alla modalità ferroviaria ed al cabotaggio diventano così scelte strategiche finalizzate al contenimento dei costi ed all'aumento di efficienza dei processi produttivi.
In quinto luogo, il modello socioeconomico attuale è ormai irreversibilmente caratterizzato da una crescita rilevante del valore del tempo e da una costante contrazione dello spazio. I collegamenti veloci nelle brevi e medie distanze andranno assicurati da reti ferroviarie efficienti, mentre i collegamenti nel medio-lungo raggio da un trasporto aereo e marittimo funzionale. La realizzazione di una rete ferroviaria veloce, integrata con quella europea, e l'ammodernamento del nostro sistema aeroportuale diventano, quindi, occasioni obbligate per mantenere livelli economici propri di una realtà industriale avanzata.
Infine, la continua emergenza di tre essenziali componenti del sistema infrastrutturale del paese - quello idrogeologico, quello idrico e quello energetico - è riassunta in alcuni dati: i danni causati da calamità naturali superano ogni anno i 12 mila miliardi di lire ed il dissesto idrogeologico incide su tale valore per oltre il 70 per cento; esiste un'incapacità di garantire, per oltre il 45 per cento del territorio nazionale, i livelli adeguati ad un paese industrialmente avanzato per quanto concerne le esigenze idriche per abitante (400-500 litri al giorno); vi è l'inadeguatezza dei sistemi irrigui ad assicurare l'autonomia idrica durante i periodi di prolungata siccità in oltre il 40 per cento del territorio nazionale, pur in presenza di fattori climatici pressoché ottimali; lo squilibrio tra domanda ed offerta di energia elettrica e l'assenza di un quadro strategico sulla politica energetica nazionale (PEN) determinano un costo sempre più elevato dell'energia e la contestuale perdita di competitività della produzione nazionale. L'avvio del processo di liberalizzazione del settore renderà ancora più precaria tale situazione.
La presenza di tali negatività emerge anche da un'indagine effettuata dall'OCSE sul livello di dotazione di infrastrutture nel comparto energetico: se si comparano i livelli del 1985 con quelli del 1999 si evince che, fatto 100 il livello di infrastruttura - sempre nel comparto dell'energia - dei dieci paesi che nel 1985 componevano l'Unione europea, l'Italia era settima con un indicatore pari a 80 (quando la Francia aveva un indicatore pari a centottanta). Nel 1999 l'Italia ha raggiunto il livello pari a 89; tuttavia, si trova sempre al settimo posto.
Le sei emergenze che ho evidenziato costituiscono veri bisogni del cittadino utente e contribuente, dell'imprenditore e di tutti gli operatori economici; l'intervento pubblico, quindi, non può rimanere solo all'interno di un processo di rilancio dell'offerta infrastrutturale, ma deve diventare il catalizzatore determinante per un coinvolgimento di rilevanti risorse private finalizzate al riassetto funzionale del comparto, che provocherà un rilevante indotto industriale, ma che, a regime, amplificherà gli utili e le convenienze: per la comunità, i trasporti e la logistica sono dunque i motori portanti dello sviluppo. Occorre così impostare una nuova politica dei trasporti, tenendo presente che ci troviamo di fronte ad un cambiamento sostanziale del contesto in cui operare.
Tra le nuove condizioni di tale contesto vi è, in primo luogo, l'Europa. La normativa comunitaria, le direttive dell'Unione europea che fino a pochi anni fa si proponevano come semplici indicazioni, oggi hanno diretta incidenza normativa. Inoltre, il numero degli Stati membri dell'Unione europea aumenta di anno in anno e, ben presto, le aree rientranti negli obiettivi 1 e 2, ossia le aree in cui è possibile invocare i fondi strutturali e le quote comunitarie di sostegno (QCS), non saranno più motivo di incentivazione finanziaria. Infine, un sistema così strutturato, richiede un master plan comunitario dei trasporti. È dunque limitativo, a mio avviso, continuare a redigere piani dei trasporti solo su scala nazionale.
Un'altra nuova condizione è rappresentata dalla liberalizzazione. Il processo di trasferimento a soggetti privati di aziende dello Stato, che offrono servizi di trasporto, ha praticamente frantumato e reso non più adeguato il vecchio sistema di controllo statale sui soggetti erogatori di servizi. Sarebbe bene ricordare che aver ceduto ad aziende private la produzione e
Una terza nuova condizione sono le regioni. La legge n. 59 del 1997 (legge Bassanini) ed i decreti legislativi n. 422 del 1997 e n. 400 del 1999, relativi al comparto trasporti, hanno praticamente trasferito alle regioni non solo competenze di natura strategica, ma addirittura competenze patrimoniali, quali le reti ferroviarie e stradali. In particolare, con la legge n. 388 del 2000 (la finanziaria del 2001), sin da quest'anno, circa 15 mila chilometri della rete stradale dell'ANAS sono passati alle regioni.
Altrettanto è accaduto per la rete delle ferrovie concesse con il passaggio di circa 3.500 chilometri.
La Conferenza Stato-regioni ha assunto in quest'ultimo anno un ruolo incisivo e strategico, che diventerà sempre più rilevante; da quest'anno, infatti, ogni regione approverà il suo documento di politica economica e finanziaria regionale.
Con riferimento al tema della competitività dei mercati, il trasporto e la logistica nel nostro paese hanno un costo superiore di oltre il 20 per cento rispetto alla media degli altri paesi dell'Unione europea. Tale criticità sostanziale è essenzialmente dovuta alla drammatica carenza infrastrutturale dell'Italia, come emerge dall'analisi dell'OCSE in merito alla stasi che ha caratterizzato negli ultimi anni il processo di infrastrutturazione del paese. L'analisi condotta sui livelli di dotazione delle infrastrutture nei primi dieci paesi della CEE dal 1985 al 1999 evidenzia che la dotazione infrastrutturale in Italia è rimasta, dopo 15 anni, pressoché invariata, mentre in Francia e in Germania è cresciuta di oltre il 50 per cento e nel Regno Unito di oltre il 35 per cento.
Tale stato di cose è confermato da un recente rapporto di Business International che colloca l'Italia al quindicesimo posto tra i 17 paesi più industrializzati dell'OCSE, quanto a dotazione di infrastrutture. A frenare lo sviluppo, secondo il rapporto, è soprattutto la inadeguatezza della nostra dotazione infrastrutturale, che si riflette in modo pesante sull'efficienza del sistema dei trasporti, proprio quando quest'ultimo, per effetto della rivoluzione logistica e dell'introduzione su vasta scala dell'informatica e della telematica, assume un ruolo decisivo nei rapporti commerciali internazionali.
Prendono corpo così una serie di obiettivi chiave che diventano elemento portante dell'intero programma di Governo. In particolare: l'obiettivo di colmare il gap quantitativo ed eliminare gli squilibri della dotazione infrastrutturale del nostro paese rispetto a quella degli altri grandi paesi dell'Unione europea; contribuire, attraverso investimenti in infrastrutture, all'incremento del PIL e dell'occupazione (secondo stime attendibili 10 mila miliardi di lire di investimenti in infrastrutture determinerebbero un incremento del PIL intorno allo 0,6 per cento); dare al nostro territorio unitarietà ed integrazione con il grande territorio comunitario, scongiurando il rischio della sua emarginazione fisica dall'Europa; accreditare l'Italia per il ruolo, di grande rilevanza geopolitica, di ponte fra l'Unione europea ed i paesi del bacino del Mediterraneo e di cerniera fra ovest ed est d'Europa; esprimere l'impegno delle forze politiche di Governo per determinare un salto di qualità che esalti l'orgoglio, il prestigio e la volontà di competere dell'Italia.
Per raggiungere questi macro obiettivi occorre identificare precise condizioni di fattibilità.
La condizione primaria di fattibilità è senza dubbio quella legata all'efficienza delle strutture preposte all'attuazione di un simile quadro programmatico. Il nuovo dicastero non sarà una sommatoria dei preesistenti ministeri e delle passate competenze, ma sarà un nuovo soggetto in grado di attuare il programma per perseguire gli obiettivi elencati. La struttura del dicastero deve, quindi, essere ridisegnata per rispondere alle seguenti esigenze. Mi riferisco, in primo luogo, all'esigenza di interazione sistematica con l'Unione europea e con l'intero sistema internazionale.
In secondo luogo, c'è un'esigenza di monitoraggio sistematico e di definizione, attraverso il continuo coordinamento con gli altri dicasteri competenti e con gli enti locali, di apposite procedure per la realizzazione e la gestione di tutte le infrastrutture che insistono sul territorio nazionale.
In terzo luogo, occorre effettuare una vigilanza sulle aziende preposte alla gestione e alla erogazione dei servizi di trasporto; una vigilanza di tipo sostanziale, soprattutto legata al rispetto delle clausole contrattuali, stipulando quindi contratti di programma e contratti di servizio; pertanto non semplici protocolli d'intenti, ma veri atti contrattuali suscettibili di condurre alla risoluzione, in caso di inadempienza.
In quarto luogo, occorre verificare i livelli di sicurezza nelle varie modalità di trasporto. In particolare, per quanto concerne la mobilità su strada, occorre non essere più semplici erogatori di abilitazione alla guida (le patenti), bensì soggetti capaci di abbattere la incidentalità attraverso un articolato processo educativo, un rivisitato sistema di controllo tecnologico dei veicoli, la creazione di vere griglie sensoriali sulla rete capaci di canalizzare e controllare i flussi di traffico anche attraverso i più recenti sistemi, come l'ITS (Intelligent transport system). Per quanto concerne, invece, la rete su guida vincolata, come le ferrovie e le metropolitane, occorre non solo essere garanti dei livelli di sicurezza ma essere, per l'esperienza acquisita nel tempo, in grado di produrre ricerca mirata alla prevenzione e alla innovazione tecnologica, soprattutto per quanto concerne il sistema della diagnostica e dell'autodiagnostica.
Per quanto riguarda il settore aereo, ci si trova in realtà di fronte ad una vera rivoluzione copernicana in quanto il sistema GNSS (Global navigation satellite system), che entro il prossimo triennio potrebbe diventare operativo anche nel nostro sistema continentale, oltre ad aumentare i livelli di sicurezza del controllo del traffico aereo, rivisita integralmente le funzioni e i ruoli dell'attuale ENAV. Lavorerò, quindi, ad un riassetto integrale di tale comparto, il quale genererà da solo, in termini di produzione e di gestione di tecnologie avanzate, un volano economico superiore a 6.500 miliardi di lire e contestualmente imporrà un forte processo di aggiornamento dell'attuale management. Con riferimento al controllo della sicurezza degli aeromobili, sarà necessario sempre più, a livello internazionale, rafforzare l'Agenzia della sicurezza del trasporto aereo, recentemente istituita, per il controllo sistematico degli aeromobili in circolazione e, altresì, rafforzare i codici di collaudo degli stessi in modo da deprimere inutili contenziosi.
Per quanto riguarda il controllo della sicurezza nel comparto marittimo, la messa in funzione del VTS (Vessels travel system) consentirà un arricchimento dei sistemi di controllo del traffico via mare e, quindi, la possibilità di identificare mezzi non rispondenti alla normativa internazionale vigente, ma soprattutto particolare attenzione andrà posta nei confronti delle navi con elevata anzianità, per evitare rischi di inquinamento.
Sempre con riferimento alle esigenze cui dovrà rispondere la struttura ridisegnata del dicastero, vi è quella della realizzazione delle grandi infrastrutture di trasporto. In proposito, il ministero verrà riorganizzato in modo da affrontare la realizzazione delle grandi opere infrastrutturali, la cui complessità attualmente deriva per il 20 per cento da elementi ingegneristici, per il 40 per cento da elementi economico-finanziari e per il restante 40 per cento da elementi legati al processo autorizzativo. Si eviteranno così inerzie che generano incertezze paralizzanti, ritardi inaccettabili, lievitazioni proibitive dei costi e, al limite, impraticabilità del project financing.
Vi è, inoltre, l'esigenza di rendere efficienti non segmenti di trasporto delle merci, bensì un organico sistema logistico. In proposito, la intermodalità, la interportualità ed in genere tutti i processi di gestione della movimentazione delle merci stanno subendo proprio in questi anni un cambiamento davvero inimmaginabile solo un biennio fa; la new economy senza dubbio diventerà concreta e misurabile prioritariamente su tale ambito operativo. Ebbene, l'autotrasporto, il sistema cargo, il trasporto via ferro e via mare delle merci andranno a far parte di un'unica filiera, di un unico processo gestionale legato direttamente alla produzione ed al mercato. Quindi, la dirigenza del ministero non potrà limitarsi ad osservare il fenomeno ma dovrà necessariamente evitare che i punti critici, infrastrutturali e strutturali, del sistema trasporti possano mettere in crisi la forza produttiva e la competitività del paese.
Infine, un'ulteriore esigenza è quella di garantire, sull'intero territorio nazionale, livelli di efficienza e di qualità dell'offerta di servizi di trasporto pubblico locale. Questa è una delle azioni più recenti, soprattutto nelle grandi aree urbane del paese. È sufficiente in proposito citare un solo dato: a Roma il 20 per cento di cittadini usa il mezzo pubblico, la parte restante usa il mezzo privato spendendo oltre cinque milioni a testa l'anno di carburante. Ciò, oltre a creare problemi di inquinamento, genera un forte danno alla spesa delle famiglie e incide in modo sostanziale nella formazione del PIL. Occorre, quindi, che a livello centrale ci sia un continuo rapporto con gli enti territoriali per incentivare in modo sostanziale il trasporto pubblico locale ed al tempo stesso per consentire, attraverso appositi progetti su scala nazionale, la realizzazione di interventi mirati al successo del trasporto rapido di massa.
Sempre in tema di condizioni di fattibilità, la seconda condizione è quella legata alla mobilitazione delle risorse finanziarie necessarie. Si tratta di risorse sia pubbliche che private. Con riferimento a quelle pubbliche, pur tenendo conto dei vincoli derivanti dal patto di stabilità fra i paesi dell'Unione europea e degli obiettivi di riduzione della pressione fiscale, si accrescerà la quota di risorse, tuttora troppo limitata (3,6 per cento), del bilancio dello Stato da destinare a nuovi investimenti. Si ricorda che in tale bilancio, dal 1990 al 2000, la spesa corrente al netto degli interessi è cresciuta dell'11 per cento, mentre la spesa per infrastrutture è diminuita del 24 per cento.
Si riconsidererà, inoltre, come conseguenza, il limite delle cosiddette autorizzazioni di cassa. Verrà poi massimizzato l'utilizzo delle disponibilità di bilancio di soggetti pubblici e privati, diversi dallo Stato, che sono i nuovi e maggiori operatori nel settore degli investimenti in infrastrutture: l'Unione europea, le regioni, le province, i comuni, i grandi erogatori e concessionari di servizi come l'ENEL, l'FS, l'ANAS, le società autostradali, le società aeroportuali e così via.
Con riferimento alle fonti di finanziamento private, verranno privilegiati, tra i programmi di investimenti in infrastrutture, e non solo di grandi dimensioni, quelli suscettibili di essere realizzati in project financing o con altre forme di partenariato pubblico o privato. Verranno sciolti, poi, i nodi normativi e procedurali che limitano fortemente la propensione degli operatori al finanziamento privato di opere pubbliche o addirittura rendono impraticabile la finanza di progetto che postula certezza dei tempi e dei costi di realizzazione dei lavori. In proposito, abbiamo preso atto con soddisfazione del parere della Commissione sul DPEF e intendiamo muoverci in sintonia con quanto definito dalla Commissione stessa.
La terza condizione di fattibilità è quella relativa alla revisione, su basi nuove, del processo decisorio e autorizzativo per la realizzazione di grandi infrastrutture. Attualmente tali processi, come ho più volte ricordato, generano incertezze paralizzanti, ritardi inaccettabili, lievitazioni proibitive dei costi e impraticabilità del project financing. Per evitare questa stasi, occorrerà approvare lo strumento legislativo della «legge obiettivo», in corso
La quarta condizione di fattibilità è quella relativa al superamento dell'attuale limitata capacità della spesa, che non ha fin qui consentito ai grandi enti centrali, quali FS ed ANAS, realizzazioni superiori ai 6.000-7.000 miliardi di lire in un anno, limiti che vanno invece superati.
L'impegno del Governo intende qualificarsi, sul versante della committenza, affiancando al committente, per la realizzazione delle grandi infrastrutture, un advisor dotato di competenze progettuali e di direzione e controllo di progetto, sostituendo inoltre, ove possibile, il committente pubblico con un committente privato attraverso la finanza di progetto.
Sul versante della realizzazione, invece, il Governo si impegnerà approvando per le grandi infrastrutture la «legge obiettivo» che prevede un general contractor cui è affidata la progettazione definitiva ed esecutiva, l'acquisizione delle aree di sedime, l'esecuzione diretta e indiretta delle opere e la direzione dei lavori, ed affiancando al general contractor un advisor, come già detto per la committenza.
Per ciò che concerne la missione del nuovo dicastero, in presenza delle condizioni di fattibilità suesposte, essa sarà quella di definire con gli altri paesi dell'Unione europea un master plan dei trasporti e costituire un adeguato fondo per gli interventi infrastrutturali di rilevanza comunitaria. Si tratterà, inoltre, di attivare nel prossimo quinquennio, il 2002-2006, un volume globale di investimenti pari a circa 236 mila miliardi di lire (investimento che comprende anche quelli relativi alle opere legate alle risorse idriche e all'idrogeologia), di cui circa 65 mila miliardi dovrebbero essere finanziati direttamente dal capitale privato, circa 50 mila miliardi attraverso i fondi strutturali della Unione europea (i cosiddetti QCS) e circa 92 mila miliardi con finanziamenti pubblici. Sono previsti, in leggi pluriennali di spesa, circa 28 mila miliardi: quindi, le risorse da reperire nell'ambito della finanza pubblica ammontano a circa 56 mila miliardi di lire.
In particolare, gli interventi che il Governo intende attuare sono quelli già previsti dal documento programmatico presentato al Parlamento dal Presidente del Consiglio Berlusconi e saranno inseriti in un pacchetto coordinato secondo logiche che privilegiano il completamento di interi sistemi infrastrutturali, la continuità e l'unitarietà del territorio nazionale e la sua integrazione nel territorio comunitario, il riequilibrio modale ed il coinvolgimento di capitali privati. Questi interventi saranno pertanto finalizzati ai seguenti obiettivi: la realizzazione di grandi collegamenti, in particolare il sistema dei valichi ed il ponte sullo stretto di Messina; la realizzazione degli anelli mancanti della rete stradale e ferroviaria nazionale; la realizzazione di sistemi integrati di trasporto nelle grandi aggregazioni urbane; la realizzazione di HUB portuali, interportuali ed aeroportuali in grado di far interagire in modo funzionale le varie modalità di trasporto; il riassetto del sistema idrico, idrogeologico e dei sistemi irrigui.
Sottoporrò alla vostra attenzione tale quadro organico di azioni alla ripresa delle attività parlamentari dopo la sospensione estiva. Insieme a tale documento, sottoporrò alla vostra attenzione anche un apposito crash programme relativo a tutti quegli interventi che potranno, attraverso una serie di azioni procedurali, essere portati a termine entro il prossimo biennio.
Ulteriore missione del nuovo dicastero sarà quella di rinnovare, di concerto con gli enti locali, le strutture urbane sia per consentire il superamento degli attuali livelli di qualità e di efficienza funzionale, sia per garantire adeguati livelli di sicurezza delle strutture abitative, nonché un sistematico processo manutentivo dei beni immobili di particolare pregio.
Altra missione del dicastero sarà: quella di redigere ed attuare, di concerto con tutti gli altri dicasteri e le regioni interessate, un progetto organico mirato ad assicurare sia il recupero di risorse idriche disponibili in aree di crisi dell'intero territorio nazionale, sia il miglioramento e la protezione ambientale. Gli interventi dovranno essere finalizzati all'eliminazione delle perdite, all'incremento di efficienza della distribuzione ed al risanamento delle gestioni, nonché alla realizzazione e al completamento di opere di interconnessione. Occorrerà poi recepire le esigenze avanzate dal dicastero competente in termini di infrastrutturazione del sistema energetico del paese al fine di consentire non solo la identificazione di tali infrastrutture tra quelle di interesse strategico, ma anche per fare emergere la stretta correlazione tra organizzazione dell'offerta energetica e attività logistiche e produttive a scala territoriale. Si dovrà aggiornare, di concerto con i dicasteri competenti, la mappa idrogeologica nazionale con contestuale realizzazione di una griglia sensoriale capace di monitorare in modo sistematico l'assetto idrogeologico dell'intero territorio, con particolare attenzione alle aree definite a rischio, di preallertare le strutture preposte alla manutenzione ordinaria e straordinaria dell'assetto idrogeologico in prossimità di situazioni di possibile dissesto ed infine capace di progettare e realizzare, nel rispetto di un programma adeguatamente supportato finanziariamente, gli interventi necessari per abbattere gli elevatissimi costi derivanti da dissesti idrogeologici e per uscire dall'esistente sistematica situazione di emergenza.
Ulteriori missioni saranno quella di abbattere nel prossimo quinquennio di almeno il 20 per cento la mortalità sulle strade; di portare, nel prossimo quinquennio l'uso del trasporto pubblico locale dall'attuale valore pari al 25 per cento ad almeno il 40 per cento; di abbattere l'incidenza dei costi della logistica di almeno il 40 per cento rispetto a quelli attuali, ottimizzando i processi di accesso sia ai nodi portuali, interportuali, aeroportuali, sia alle grandi aggregazioni urbane; quella infine di rivisitare tutti contratti di servizio, tutti i contratti di programma e tutte le concessioni, al fine di ottenere condizioni migliori per l'utenza, in termini di costo e di qualità del servizio.
Il comune denominatore dell'intera operazione che il Governo intende attivare è lo sviluppo compatibile. Il trasporto, in particolare, vive oggi un momento molto delicato che per alcuni versi può essere definito paradossale.
L'utente (cittadino, imprenditore, gestore di sistemi complessi, eccetera) definisce ormai da solo gli itinerari e le modalità di trasporto più rispondenti alle proprie esigenze. Ci troviamo cioè in presenza di una miriade di micropianificazioni. Tale spontaneismo programmatico non è legato a processi di ottimizzazione dell'offerta di trasporto in funzione della domanda, ma è solo legato ad una spasmodica ricerca, da parte della domanda, di una ipotetica offerta di trasporto. Questa assurda forma di organizzazione spontanea è la vera patologia del sistema e, soprattutto, rappresenta l'elemento più rischioso per ciò che definiamo sviluppo compatibile. La difesa dell'ambiente, infatti, avviene sia rispettando precisi vincoli sia evitando che l'assenza di interventi e di azioni mirate porti al caos nella gestione del territorio.
Auspico che le forze dell'opposizione parlamentare diano atto della valenza oggettiva della mia analisi e convengano, quindi, sul tipo di azioni che ho proposto, anche perché tali azioni sono estremamente urgenti. Mi attendo, in tale sede, un contributo costruttivo che aiuti il Governo del paese a rispondere alle aspettative dei cittadini. Questi ultimi non vogliono più essere contribuenti e non utenti dei servizi. Gli operatori economici non vogliono vedere i propri margini azzerati dal rilevante costo della logistica. Le varie realtà territoriali non vogliono più essere identificate, nel terzo millennio, con l'appellativo di aree forti e di aree deboli. Il diritto alla omogeneità territoriale è ormai acquisito anche in paesi dell'Unione europea come la Spagna e la Grecia che, solo fino
Tale affascinante sfida di riassetto infrastrutturale (una sfida che cerca, finalmente, di perseguire un obiettivo possibile: consentire al nostro paese di essere soggetto determinante nel processo di sviluppo della nuova Europa) non può essere vissuta solo all'interno del mio dicastero: si tratta di una sfida che, per la sua essenzialità, per la sua rilevanza e per la sua incisività nel tessuto economico nazionale ed internazionale, Governo e Parlamento devono necessariamente condividere e monitorare in ogni sua fase evolutiva. Un dicastero non può assumere atteggiamenti di arroganza e di autosufficienza quando cerca di traguardare un obiettivo così affascinante e ambizioso. Una condizione determinante per il successo di questo grosso impegno programmatico è l'importanza che tutti noi, nelle differenti responsabilità istituzionali, daremo al fattore tempo. È sempre più reale e vicino, infatti, il rischio che il nostro paese sia avvii verso un processo irreversibile di stasi della propria offerta infrastrutturale, di blocco delle proprie risorse territoriali e di degrado dei propri assetti urbani. Insieme, quindi, dobbiamo dare consistenza ad una vera e propria ricostruzione organica del paese, ed in tale importante compito dobbiamo coinvolgere l'opinione pubblica, perché possa finalmente riscoprire quei valori di appartenenza e di fiducia nelle proprie capacità realizzative.
Mentre il ministro parlava riflettevo sull'impegno drammatico che abbiamo di fronte per recuperare il tempo perduto e su come sia importante partire bene sotto ogni profilo. Quasi certamente dovremo, nel corso del tempo, registrare non dico qualche battuta d'arresto, ma qualche rallentamento. Se partiamo bene, però, fin dall'inizio, con la legge obiettivo, con tutti gli interventi di carattere amministrativo, burocratico e di raccordo tra i diversi livelli di governo di questo paese (non soltanto il Governo centrale ma anche i governi regionali, provinciali e locali) potremmo quanto meno rendere meno rischiosi i rallentamenti e le eventuali difficoltà che potranno verificarsi nel corso della realizzazione di tale programma.
Ringrazio nuovamente il ministro perché ha dato un contributo veramente significativo. Mi rendo conto che per certi aspetti questo programma potrebbe anche traguardare la legislatura; anzi certamente così avverrà perché quanto meno le opere pubbliche (il ponte sullo Stretto o altre importanti opere di carattere strategico), non si realizzano, se non altro per ragioni obiettive e di costruzione, nell'arco di cinque anni, bensì in tempi più lunghi. A mio avviso, però, è la prima volta che impostiamo un programma serio che stabilisce almeno il punto di arrivo. Dobbiamo cercare di raggiungerlo in un arco di tempo ragionevolmente ridotto e adeguare, anno dopo anno, i nostri traguardi in relazione al tasso di realizzazione dell'anno precedente. Mi pare che tale impegno sia molto significativo.
Do ora la parola ai colleghi per le domande e le richieste di chiarimenti.
Ritengo, ad esempio, che la questione dell'assetto idrogeologico, della prevenzione del relativo rischio e della difesa del suolo possa oggi essere considerata, per certi versi, la più grande opera pubblica di cui il nostro paese ha bisogno. Indico un altro esempio: non credo che oggi si possa avere delle opere pubbliche la stessa visione di trenta o quarant'anni fa, anche in relazione allo sviluppo economico. Per dirlo con una battuta, oggi la competitività e lo sviluppo economico di un'area dipendono dalle autostrade informatiche immateriali non meno che dalle autostrade materiali. Terzo e ultimo esempio: pensiamo con particolare convinzione che si debba imboccare la via dello sviluppo ambientalmente sostenibile. Da tale punto di vista vorrei dire al ministro che non ha di fronte posizioni definibili di ambientalismo fondamentalista: credo che una prima regola sia quella di non farci caricature a vicenda. La nostra opinione è che le opere pubbliche vadano fatte e in tempi più rapidi possibili, tuttavia vanno realizzate con il massimo di tutela ambientale e soprattutto in un quadro di programmazione e di riequilibrio del sistema dei trasporti. Tra i dati che lei indicava vi è, ad esempio, quell'85 per cento del trasporto delle merci su strada che - come lei sa - segna una delle nostre disparità rispetto agli altri paesi europei, che pure in media non sono in una condizione positiva sotto tale profilo.
Detto ciò, avremo naturalmente modo di valutare strada facendo il suo operato e di confrontarci sui singoli provvedimenti, a cominciare dalla legge obiettivo, che noi riteniamo per certi versi sbagliata e per altri inadeguata a raggiungere gli obiettivi. La nostra non sarà una opposizione pregiudiziale: ci confronteremo nel merito.
Vorrei fare quattro domande al ministro riguardanti i settori più di nostra diretta competenza. La prima è relativa alle infrastrutture di trasporto e, in particolare, al piano generale dei trasporti. Per molto tempo l'Italia non ha avuto una seria programmazione e ciò almeno fino a metà degli anni novanta: quella precedente era spesso una pseudoprogrammazione (penso, ad esempio, ai famigerati piani decennali per la grande viabilità negli anni ottanta, che erano lunghi elenchi di opere con un fabbisogno del tutto sproporzionato rispetto alle risorse realmente disponibili, senza una visione d'insieme). Vorrei ricordare un aspetto che peraltro il ministro conosce benissimo: fino alla passata legislatura vi era un ministro che veniva alla VIII Commissione ad illustrare le proprie intenzioni a proposito delle strade e un altro ministro che, in un'altra Commissione, esponeva i programmi concernenti le ferrovie, i porti e gli aeroporti.
La seconda domanda riguarda le risorse: ne servono sicuramente molte, sia pubbliche sia private. Credo, naturalmente, che sia giusto prevedere, oltre all'utilizzo di risorse pubbliche, anche l'impiego di fondi comunitari e di risorse private, attraverso molteplici forme innovative. Devo dire che non è chiaro quante risorse esattamente il Governo pensi di poter mettere in campo nel quinquennio. Nell'arco di poche settimane, se non ricordo male, abbiamo ascoltato il suo intervento all'assemblea dell'ANCE, in cui si parlava di 180 mila miliardi...
L'ultima questione, infine, è riferita alla sua personale situazione. Siamo costretti a riproporre una domanda che finora non ha trovato risposte soddisfacenti in altra sede e relativa alla sua situazione di conflitto di interessi, quanto meno potenziale. Non è naturalmente - come lei capisce - una questione di carattere personale, ma essa ha un fondamento oggettivo. Tanto è vero ciò che lei per primo - cito a memoria dalle numerose interviste che lei ha rilasciato nelle settimane passate e nei primi giorni di giugno, ad esempio, a Libero e al Corriere della sera - affermava che nel caso avesse assunto l'incarico di ministro avrebbe risolto, in ventiquattro ore, questo problema o vendendo o comunque rinunciando alle attività svolte nel nostro paese. Mi è già capitato di ricordare in sede parlamentare che esiste nell'ordinamento non soltanto un principio etico, ma persino una legge dello Stato - il testo unico per gli enti locali - in base alla quale nessun professionista del campo della progettazione, della consulenza e della realizzazione di opere pubbliche può assumere la carica di assessore ai lavori pubblici o all'urbanistica, neppure nel più piccolo comune d'Italia.
Certamente, signor ministro, l'aumento della spesa corrente dell'11 per cento confrontata con la diminuzione di quella per gli investimenti e l'obiettivo di abbattere del 20 per cento la mortalità sulle strade nel quinquennio sono alcuni dati importanti. Il presidente Armani ha rappresentato una visione chiara e completa della situazione, io voglio sottolineare tre o quattro necessità, che riguardano l'aspetto nazionale, ma di riflesso anche quello locale. Sentiamo spesso parlare di project financing e vorrei evidenziare la complessità della relativa normativa, finora poco applicata (basterebbe leggere i dati percentuali) in quanto troppo complicata; gli enti locali, in modo particolare, non ne usufruiscono per tale motivo. La legge Merloni doveva coinvolgere i privati nelle opere pubbliche e, invece, rallenta addirittura le procedure ed è troppo costosa: o in tempi brevissimi modifichiamo tale situazione, oppure gli investimenti che arriveranno dagli enti locali diventeranno molto esigui.
La seconda questione: dato che vi sono tanti soldi disponibili dalla parte privata, specialmente riguardo alle opere autostradali, qualora fosse impossibile ricorrere al project financing, occorrerà considerare l'ipotesi di aumentare il numero di anni di concessione per quei soggetti seri e che danno garanzie, in modo tale che alcune opere si possano realizzare in tempi molto rapidi (anche se qualcuno dice che l'Europa non lo permette mentre poi i francesi o altri lo fanno).
Per quanto riguarda i programmi nazionali che hanno riflessi però, anche su quelli locali, in Piemonte abbiamo un problema riguardante le Olimpiadi del 2006: è necessario disporre di fondi per coprire le opere viarie connesse. Sono in totale circa 650 miliardi, di cui 450 riguardanti tali opere - penso che lei conosca la situazione - sia in Val Chisone sia in Val di Susa, mentre altri 150 miliardi sono invece destinati gli impianti di risalita. Il sottosegretario Martinat conosce a fondo la problematica. Se non si prevedono tali fondi, nella legge finanziaria o altrove, raggiungere i siti olimpici sarà quasi impossibile.
Pensate che in un tratto - ripeto: sto parlando di una strada statale - che da Oulx arriva a Cesana, per varie cause, giudiziarie o meno, da dieci anni abbiamo code che, nel fine settimana, costringono a percorrere 11 chilometri di strada in 2 ore: si tratta di strade che collegano siti olimpici e che portano in Francia attraverso il Monginevro.
Per quanto riguarda la Val di Susa, lei, signor ministro, sa che sarà attraversata dalle linee ferroviarie dell'alta velocità. Lei già ne aveva parlato nella precedente audizione e, proprio oggi, su giornali a tiratura nazionale, legge che questo tratto dovrebbe essere pronto entro il 2012 (come da lei precedentemente detto), con
La mia mentalità medica mi spinge a considerare che di fronte ad un'arteria lesionata in più punti, esiste soltanto la soluzione del bypass. Quindi, signor ministro, perché non prevedere una variante di valico che da Mercato San Severino si ricongiunga all'autostrada nel territorio lucano? I vantaggi derivanti sarebbero vari: intervenire nelle montagne degli Alburni, per fare la terza corsia, provocherebbe un ampio spreco di risorse, mentre costruire una variante per la fondovalle Calore, permetterebbe un risparmio di 600 miliardi. In secondo luogo, si avrebbe uno snellimento della circolazione, perché limiteremmo il traffico di Salerno, Battipaglia, Eboli e quello diretto in Lucania. In terzo luogo, favoriremmo lo sviluppo e la sicurezza delle zone del Cilento, i cui abitanti impiegano tre ore e mezzo per raggiungere Salerno.
Signor ministro, ho letto il piano per la viabilità del 2006. Ebbene, il sud è penalizzato: servono idee e progetti nuovi, altrimenti il meridione si allontanerà sempre più dall'Europa per essere fatalmente attratto dall'Africa.
Dal punto di vista dell'organicità che, purtroppo, si ferma alle soglie del meridione, nessuna regione europea ha una compattezza simile a quest'area. Nella stessa Germania, le aree di maggiore sviluppo sono caratterizzate da una fisionomia a macchia di leopardo. Le caratteristiche della competitività italiana devono essere meglio verificate, perché si collocano in un ambito che non è fatto soltanto di ingredienti tradizionali; anche il giusto richiamo alla intermodalità per favorire la snellezza dei trasporti deve tenere conto delle caratteristiche specifiche della competitività italiana. Dirò una cosa banale: dal punto di vista del prodotto interno lordo, il fattore quantitativo delle merci trasportate non sempre è determinante, né è quello principale, neanche in prospettiva. L'Italia, l'anno scorso, ha esportato l'equivalente di 5 mila miliardi di lire di vino: si tratta di una cifra di gran lunga superiore a quella di 15 anni fa - prima della crisi del metanolo -, ma che corrisponde ad una quantità di prodotto inferiore.
Per la competitività italiana la qualità e la valorizzazione dei più straordinari prodotti dal nostro paese sono fattori indispensabili. La capacità tecnica dimostrata dall'Italia nei lavori di consolidamento della torre di Pisa produrrà, con tutto il valore simbolico di tale evento, in termini di prodotto interno lordo, molto di più di quanto produrranno tanti insediamenti produttivi sparsi per il paese. La competitività italiana si colloca nel quadro delle grandi sfide che tutti i paesi devono affrontare, ma deve avvalersi anche della conservazione degli elementi di qualità, che hanno fatto dell'Italia un paese unico, anche nella peculiarità del proprio sistema produttivo. Non sono richiami generici; soltanto non vorrei che trattassimo il nostro paese come fosse la pianura dell'Arizona, perché non ne trarremmo vantaggio alcuno.
Richiedo, quindi, grande attenzione a tali qualità italiane, da cui discende una lista di priorità. Aspetto di leggere la sua relazione, signor ministro, per capire quale sia l'indice delle priorità da lei proposto, anche in termini operativi e di investimenti. Mi associo alle cose dette dall'onorevole Vigni relativamente al piano generale dei trasporti. In generale, non ho una passione per le pianificazioni «megagalattiche», ma quello - con tutti i suoi limiti - è stato un tentativo serio di individuare una lista di priorità. Risulta evidente, già dal dibattito in Commissione, che se sommassimo le singole richieste dei parlamentari verrebbe fuori una lista della spesa più simile ad una marmellata che non ad una pianificazione. È molto importante fissare un ordine: tra il cabotaggio, il trasporto pubblico nelle grandi aree urbane, il trasporto ferroviario qual è l'ordine di priorità? Dev'essere stabilita una gerarchia, perché non basta dire che sono tutte priorità. Il nostro paese non è in grado di attuare tutto, sia economicamente, sia operativamente.
Le pongo ancora un'altra questione. Il presidente ha proposto di avviare un'indagine conoscitiva sulle politiche necessarie da attuare per raggiungere gli obiettivi fissati negli accordi di Kyoto. A Bonn è stata trovata una soluzione per evitare una fase ulteriore di stallo. Il risultato ottenuto a Bonn, la cui importanza è maggiore sul piano politico che sul piano tecnico (infatti, è stato necessario un forte ridimensionamento sia degli obiettivi sia delle modalità del loro raggiungimento), pone all'Italia (che - anche per responsabilità del centrosinistra, lo riconosco per primo
Perciò, anche in relazione all'indagine che stiamo avviando, avrei piacere, signor ministro, che, quando lei ci parlerà delle priorità, delle modalità, degli strumenti e delle linee programmatiche da lei indicate - ci dicesse anche cosa tutto ciò comporterà rispetto al conseguimento di quell'obiettivo. È evidente che se questo obiettivo non fosse fatto proprio da tutti i settori politici, alla fine non vi sarà nessuno che potrà, con una bacchetta magica, abbattere le emissioni di CO2 del 10 per cento nei prossimi anni. Tutto ciò favorisce politiche virtuose, perché, per abbattere le emissioni di anidride carbonica - come è noto -, bisogna trasferire il traffico merci dalla gomma alla rotaia, ridurre il trasporto privato nelle città ed abbattere, anche, le emissioni dei singoli automezzi. Signor ministro, la invito a proporci, dopo l'estate, una pianificazione che quantifichi anche le conseguenze dell'evoluzione del sistema dei trasporti nel nostro paese, non solo in relazione agli indirizzi del piano dei trasporti, ma anche in relazione al contenimento delle emissioni, previsto a Kyoto.
Ha ragione l'onorevole Realacci a dire che non bisogna votarsi allo spirito del flagellamento nel nostro paese; tuttavia i dati presentati dal ministro evidenziano una tendenza presente negli ultimi anni in Italia che ha reso impossibile destinare - o comunque ha determinato chi governava ad agire così - le risorse pubbliche ad alcuni settori piuttosto che ad altri. I dati citati dal ministro (come la graduatoria OCSE o il rapporto sui grandi investimenti infrastrutturali effettuati con il prodotto interno lordo che nel 2000 è pari all'1,5 per cento, contro il 2,5 per cento della media europea) evidenziano che si è scelto di destinare risorse pubbliche in alcuni settori piuttosto che in altri, e che si sono considerati - questa credo sia la questione politica di fondo e strategica su cui confrontarci - gli investimenti infrastrutturali solamente dal punto di vista dei costi e non valutando che essi permettono di rispondere ad un bisogno e di rendere il paese maggiormente competitivo. La destinazione della spesa pubblica ad un settore può rendere più o meno competitivo il paese: si tratta di considerare non soltanto il deficit, ma anche lo sviluppo legato alla destinazione diversificata di risorse. Sia la relazione del ministro, sia il programma della Casa delle libertà pongono attenzione ai temi ambientali, ma altrettanta attenzione alla possibilità di rendere il paese, il sistema Italia, più competitivo.
Dopo questa considerazione generale, affronto le tre questioni che debbono essere vagliate in maniera più precisa. In primo luogo, se è vero quanto affermato, deve essere chiaro che l'investimento della risorsa pubblica o la scelta strategica del Governo di liberare alcune risorse o semplificare determinate norme non valgono soltanto per l'investimento della risorsa pubblica, ma debbono permettere, contemporaneamente, di liberare tutte le risorse del paese. Altrimenti, si costruisce
La seconda considerazione riguarda un altro punto altrettanto strategico del programma della Casa delle libertà, oltre alla realizzazione delle grandi infrastrutture: la semplificazione normativa.
Se le risorse, sia pubbliche, sia private, non sono state adeguate, vuol dire che occorre rivedere la normativa. La legge Merloni, che ha avuto sicuramente alcuni pregi, anche perché approvata dal Parlamento in un periodo particolare come quello del dopo Tangentopoli, presenta oggi i suoi limiti. Non ho sentito nella sua relazione, signor ministro - sicuramente per motivi legati alla ristrettezza dei tempi -, indicare come obiettivo strategico quello della revisione complessiva di tale legge. Mi sembra, invece, che questo debba essere uno dei punti fondamentali.
L'altra osservazione che vorrei fare, alla quale ha già accennato l'onorevole Vigni, ma credo sia condivisibile da tutti, è relativa al grande tema della riqualificazione urbana, di cui dovrà occuparsi il dicastero che lei, signor ministro, dirige. In proposito, mi sembra necessario approfondire quali siano i punti strategici fondamentali che il Governo pensa di attuare, affinché la riqualificazione urbana, attraverso l'attribuzione dei poteri alle regioni e agli altri enti locali, possa procedere nella giusta direzione. I precedenti Governi - non siamo pregiudizialmente contro tutto quello che è stato fatto in precedenza - hanno attuato alcune interessanti e intelligenti sperimentazioni dal punto di vista urbanistico (mi riferisco ai piani di riqualificazione urbana e ai PRUSST), i quali avevano una certa logica. Bisogna, pertanto, capire come questo Governo intende procedere e quali azioni vuole attuare.
Per concludere, vorrei far presente che non è stato trattato un tema che invece ritengo sia molto importante e che ha occupato in modo rilevante la precedente legislatura ma che il Parlamento, pur affrontandolo da tanti anni, non ha ancora risolto. Vedo qui alcuni parlamentari che hanno presentato sul tema delle proposte di legge: mi riferisco alla riforma della legge urbanistica. Le chiedo pertanto, signor ministro, di darci in merito una risposta, ovviamente non puntuale ma strategico-programmatica, perché questa prima audizione deve toccare tutti gli aspetti importanti della materia di nostra competenza.
Ci sarebbero forse altre considerazioni di carattere generale da effettuare, ma ritengo sufficiente in questa prima fase che siano chiariti gli aspetti di cui sopra.
Vorrei, però, aggiungere che all'interno del piano generale dei trasporti, che comprende tutti gli interventi che il nostro paese dovrà attuare nei prossimi vent'anni, abbiamo fatto una cernita identificando tre tipologie differenti di opere, in base alle priorità, alla tempistica di intervento e ai problemi di mobilità esistenti nel nostro paese: opere di emergenza, opere di criticità e opere prioritarie, tenendo conto che il termine «prioritario» perde, oggi, di significato, in quanto attualmente non si discute più di priorità o meno di una opera, bensì di una vera e propria emergenza. Si tratta, infatti, di opere che il nostro paese avrebbe dovuto effettuare 10-15 anni fa. Ci troviamo, pertanto, in una situazione di piena emergenza, tale da indurci ad affrontare l'esecuzione di queste opere con lo stesso spirito con cui si affronta un incidente di protezione civile. Quindi abbiamo enucleato, all'interno di questo piano generale dei trasporti, le opere di emergenza vera e propria ed abbiamo affiancato ad esse un elenco di altre opere identificate nel programma di Governo della Casa delle libertà.
Sulla base di ciò, abbiamo proceduto ad effettuare delle valutazioni economiche e di tempistica, compilando delle schede tecniche per ciascuna opera per comprendere quale sia lo stato di avanzamento dei progetti (preliminare, definitivo o esecutivo), secondo le specifiche della legge Merloni. Le valutazioni economiche contenute in queste schede tecniche ci hanno poi consentito di effettuare un piano finanziario, ai fini del reperimento delle risorse necessarie. In proposito, le cifre fondamentali da tener presente sono: 180 mila miliardi e 236 mila miliardi, rispettivamente non comprensivi e comprensivi degli stanziamenti per gli interventi in tema di risorse idriche e idrogeologiche, a cui prima facevo riferimento nella mia relazione. All'interno di queste cifre sono compresi i 100 mila miliardi, che rappresentano la copertura delle opere da avviare nel quinquennio 2002-2006, reperite per circa il 50 per cento da risorse private mentre per il restante 50 per cento da risorse pubbliche.
Con riferimento al conflitto di interessi, posso affermare che ventiquattr'ore prima di giurare nelle mani del Presidente della Repubblica mi sono dimesso dalla mia società: ne sono, pertanto, completamente al di fuori. Sul futuro della società, invece, nel momento in cui sarà approvata la legge sul conflitto di interessi, mi adeguerò. Per il momento non aggiungo altro.
Con riferimento a quanto detto dall'onorevole Napoli relativamente al project financing e alla legge Merloni, come si può ricavare dalla mia relazione, si tratta di normative che vanno sicuramente riviste. In proposito, abbiamo già proceduto ad istituire, all'interno del ministero, una commissione che si sta occupando della revisione della legge Merloni con il contributo proveniente da tutti gli interessati: l'ANCE, l'AGI, l'OICE e così via. Sono, peraltro, disponibile ad accettare vostri suggerimenti su altri soggetti che possano fornire un contributo per la revisione di questa legge, che attualmente risulta paralizzante; forse poteva andare bene quando è stata approvata, in un periodo di caccia alle streghe...
Sarebbe, pertanto, opportuno che l'Italia si adeguasse alla normativa europea: potremmo, allora, cominciare a parlare di project financing, di general contractor e così via. Vorrei aggiungere che quando ieri ho fatto presente al commissario De Palacio gli sforzi che stiamo facendo per creare questo nuovo strumento, la legge obiettivo, al fine di rilanciare le opere effettivamente necessarie, ella ha apprezzato molto i nostri sforzi e mi ha accennato la sua intenzione di accogliere, anche in sede europea, come punto di riferimento i suggerimenti sulla legge obiettivo. Pertanto, se qualcuno temeva che questo strumento potesse presentare delle incompatibilità con la normativa comunitaria vorrei rassicurarlo: sembra invece che a livello europeo vi sia la massima apertura in questo senso, proprio perchè anche gli altri paesi hanno gli stessi problemi. Quando infatti negli altri paesi devono essere compiute grandi opere, nasce il problema di effettuarle in tempi brevi senza danneggiare l'ambiente e le prerogative degli enti locali. Pertanto questo è un tema su cui occorre lavorare tutti insieme a livello europeo, perché è conveniente per tutti trovare una soluzione.
Sul discorso delle Olimpiadi invernali del 2006 a Torino, il Governo è consapevole che si tratta di un aspetto importantissimo che va attentamente seguito. Sul fronte dei finanziamenti cercheremo di trovare, all'interno delle prossime leggi finanziarie, da qui al 2006, la forma opportuna per finanziare sia gli impianti di risalita sia le opere viarie.
Con riguardo al progetto Alpetunnel della Val di Susa, la commissione intergovernativa che si è riunita ieri ha recepito il suggerimento del Governo di ridurre i tempi della progettazione da sei a tre anni. Però, i francesi stanno assumendo un atteggiamento, anche se non proprio ostruzionistico, comunque di disattenzione. Ho saputo proprio ieri che i francesi stanno cercando di potenziare la linea a nord delle Alpi e ciò anche a causa dei ritardi del nostro paese; difatti - e in proposito proprio questa mattina ho sollecitato le Ferrovie dello Stato - i francesi ci hanno incolpato di non aver fornito i tracciati definitivi in Italia e, per questo hanno ritardato tutto l'iter. Quindi, con la
Ritengo che ciò rappresenterebbe un danno enorme per tutti. Occorre, pertanto, sia da parte del Governo sia da parte delle forze di opposizione, che vi sia uno sforzo comune perché altrimenti il nostro paese rischia di perdere una grande occasione.