Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 14.25.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, del ministro per le attività produttive, Antonio Marzano, sugli strumenti della programmazione negoziata e sull'attuazione della legge n. 488 del 1992.
ANTONIO MARZANO, Ministro delle attività produttive. Ringrazio il presidente e tutti i colleghi della Commissione per l'invito.
connesse agli investimenti attivati nel 2001 attraverso le agevolazioni, si registrano valori più elevati nel Mezzogiorno.
da quest'ultimo dicastero sono stati orientati da un lato al riavvio della macchina amministrativa - che per alcuni mesi si era sostanzialmente bloccata in relazione ai problemi di passaggio delle competenze - e dall'altro all'introduzione di misure di razionalizzazione, semplificazione e completamento del quadro normativo in grado di rimuovere gli ostacoli burocratici ed amministrativi che per quanto riguarda i patti territoriali ed i contratti d'area, in particolare, avevano negativamente influito sulla gestione di questo tipo di intervento.
da parte dei soggetti responsabili e da parte dell'amministrazione centrale. Tale attività si è tradotta: in una circolare del febbraio 2002, con la quale sono state dettate tra l'altro le necessarie disposizioni operative per la rimodulazione delle risorse rinvenienti da revoche o rinunce delle agevolazioni; si è definito, inoltre, il disciplinare, sottoscritto nel mese di aprile da tutti i soggetti responsabili locali dei patti territoriali e dei contratti d'area (circa 220). Con tale disciplinare, in attuazione del decreto ministeriale 320/2000, sono definiti sia gli obblighi a carico dei predetti soggetti sia le modalità di corresponsione a loro favore del cosiddetto contributo globale, la cui mancata erogazione aveva pesantemente e negativamente influito sulla capacità degli stessi soggetti di dotarsi di una struttura stabile e professionalmente adeguata per la gestione ed il monitoraggio degli interventi. È stato inoltre messo a punto un sistema di monitoraggio che consentirà in tempo reale, collegando tutti i soggetti coinvolti attraverso la rete di Internet, di avere a disposizione le informazioni necessarie
ed alla rimozione degli squilibri economici e sociali. A tal fine lo Stato, ai sensi del citato articolo, può destinare risorse aggiuntive ed effettuare interventi speciali in favore di determinati comuni, province, città metropolitane e regioni. I principi costituzionali in materia consentono di configurare l'intervento statale sotto due distinti profili: quello finanziario, tramite destinazione di risorse aggiuntive; quello attuativo, tramite l'assunzione diretta di compiti gestionali relativi ad interventi speciali.
di ripresa, che si verificherà nella seconda metà di quest'anno. Di fronte a fenomeni di tipo congiunturale ogni singolo paese europeo dispone di un arsenale che, nel tempo, si è progressivamente impoverito. Infatti, la politica monetaria non è più nazionale; le politiche del bilancio pubblico (riecheggio le antiche teorie keynesiane, che siano o meno criticabili) non sono più utilizzabili a fini anticongiunturali se non per quanto riguarda i cosiddetti stabilizzatori automatici, i cui effetti sono molto contenuti, intorno allo 0,5 per cento; il terzo strumento, che il nostro paese ha molto spesso utilizzato, nel bene e nel male (non sto formulando giudizi), cioè il cambio, tra i paesi europei non esiste più e sopravvive soltanto nei rapporti con la Gran Bretagna, gli Stati Uniti ed il Giappone. L'arsenale anticongiunturale da sempre teorizzato dagli economisti e, di fatto, ripetutamente utilizzato dall'Italia ora è molto impoverito. Credo di poter affermare che l'Europa - non il nostro paese - ha scelto un mix di politiche economiche che, finora, hanno privilegiato la stabilità rispetto allo sviluppo. Diverso, ad esempio, il mix scelto dagli Stati Uniti i quali, al contrario, hanno privilegiato lo sviluppo rispetto alla stabilità e, infatti, si trovano con una bilancia commerciale destabilizzata.
PRESIDENTE. Dal momento che il ministro, a causa di impegni di Governo, non potrà trattenersi molto a lungo, invito i colleghi a formulare sintetiche domande alle quali potranno essere fornite altrettanto sintetiche risposte. In questo modo potremo agevolare il lavoro del ministro che in questi giorni immagino sia piuttosto intenso.
ANTONIO BOCCIA. Innanzitutto, a nome del gruppo della Margherita intendo esprimere soddisfazione per l'impostazione data a questa comunicazione. È abbastanza esauriente per le parti che sono state trattate ed il quadro delle iniziative intraprese è abbastanza chiaro. Sicuramente, secondo la tradizione del ministero, potremo avere una documentazione dettagliata in modo da poter utilizzare questa audizione anche per ottenere un quadro di informazioni aggiornato.
risorse. La legge n. 488 del 1992, infatti, è andata via via migliorando, e se è vero che si è trattato di uno strumento molto positivo, presenta un piccolo difetto: ad un certo punto, è diventata un intervento «a pioggia».
l'elenco, degli interventi. Infatti, tale elenco è ormai abbastanza lungo, ma non riusciamo ad avere chiaro il quadro delle iniziative avviate che devono essere concluse, di quelle iniziate che sarebbe opportuno sospendere e di quelle che sarebbe opportuno non intraprendere affatto. Mi consenta una piccola critica, signor ministro: forse avremmo dovuto avviare tale monitoraggio sei o sette mesi fa, quando eravate alle prese con le divisioni sulle competenze. Adesso partiamo un po' in ritardo anche se, a mio avviso, siamo ancora in tempo per ottenere un quadro chiaro e assumere decisioni, perché uno dei rischi della programmazione negoziata è che, in attesa della razionalizzazione, manteniamo ferme risorse che invece, se messe presto in cantiere, potrebbero rimediare al vuoto provocato dall'assenza per un anno del finanziamento degli strumenti della programmazione negoziata. Ciò potrebbe essere realizzato attraverso una sorta di riprogrammazione, così come è stato già sperimentato con successo con i fondi strutturali relativi ai quadri comunitari di sostegno del periodo 1994-1999. Infatti, in questa Commissione decidemmo di avviare con legge il processo di riprogrammazione in presenza di situazioni bloccate, ed abbiamo riscontrato che tale iniziativa ha funzionato; le riprogrammazioni, inoltre, ci hanno salvato anche da penalizzazioni più forti dei mancati «tiraggi» dei fondi comunitari. A mio avviso, dunque, questo potrebbe essere proprio il momento di una riprogrammazione delle risorse; tuttavia, ciò significa disporre di un monitoraggio chiaro, per assumere decisioni non politiche ma tecniche, dotate di un filtro adeguato, e se occorre dire di no a qualcuno, che sia un «no» immediato e chiaro. Tale fase di monitoraggio, dunque, è molto importante.
capitali stranieri che oggi rappresentano il vero deficit da coprire. In questo momento, il compito del ministero dovrebbe essere quello di moltiplicare le risorse aprendosi a capitali nuovi, poiché ho l'impressione che quelli già messi in condizione di entrare nel circuito, dopo tutti i provvedimenti portati avanti dal ministro Tremonti, se non sono partiti in questo anno sarà molto difficile che rispondano ad altre promesse di Eden. Siccome gli effetti della Tremonti-bis sono stati assai limitati, occorre attingere ad altre risorse, e questo è un compito che potrebbe svolgere il Ministero delle attività produttive.
PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Boccia il quale, peraltro, non ha rispettato il mio invito alla sintesi. Agli altri colleghi che desiderano intervenire rinnovo tale invito, motivato dalla necessità di consentire al ministro Marzano di assolvere a tutti gli impegni connessi alla attuale fase di preparazione del documento di programmazione economico-finanziaria.
BENITO SAVO. Signor ministro, nel mio intervento procederò per immagini. Immagino il Mezzogiorno e le regioni depresse come una ferrovia: al meridione d'Italia serve soltanto una rotaia, che si chiama sicurezza, e un'altra rotaia, costituita dalle infrastrutture. Il treno ci potrebbe già essere, almeno come motore, ma è necessaria una accelerazione nel rifornimento ed è quella accelerazione negli investimenti cui lei ha fatto riferimento nella sua relazione. Cerchiamo di mettere subito il carburante e di partire tentando di evitare tutti quei pareri inutili, che provengono da una serie di carrozzoni
che hanno rallentato, anziché accelerare, la crescita del Mezzogiorno, limitandoci a quelli essenziali, efficaci e costruttivi ed evitando tutte quelle pastoie burocratiche, anche sindacali, che rallentano e hanno rallentato tale crescita. Perciò, rapidità negli investimenti. Signor ministro, la ringrazio e condivido la sua relazione.
ALESSANDRO DE FRANCISCIS. Anzitutto, anch'io vorrei esprimere apprezzamento per la relazione del ministro Marzano, unitamente all'apprezzamento per la cortesia e la disponibilità che dimostra con la sua presenza all'audizione di oggi. La prego di credere che a simile disponibilità da parte del Governo e dei ministri in carica, essendo deputato alla prima legislatura, non ho avuto il tempo di abituarmi in questo anno perché, per la verità, in Commissione bilancio ne vediamo pochi e, soprattutto, non vediamo responsabili dei dicasteri economici.
ARNALDO MARIOTTI. Desidero anch'io ringraziare il ministro per la sua relazione e per la disponibilità al confronto, spero che non sia questa l'ultima occasione perché da un confronto tra il Governo e questa Commissione può derivare certamente un miglioramento della situazione. Mi sento abbastanza rassicurato dalla sua relazione rispetto alla salvaguardia del patrimonio avviato con la programmazione negoziata e con alcune leggi che riguardano il Mezzogiorno in termini diversi rispetto al passato, che stimolano anche la vivacità del nostro meridione ed una certa capacità di assunzione di rischio da parte dell'imprenditoria locale e di chi governa quei territori. Naturalmente, oltre a questo, noi puntiamo molto a salvaguardare ed a rilanciare il credito di imposta, il prestito d'onore e le agevolazioni per l'imprenditoria giovanile. Sono iniziative di competenza di un altro ministro e di un altro
dipartimento. Infatti, abbiamo avviato con l'onorevole Micciché questo ragionamento dal momento che, come Commissione, abbiamo il vantaggio di poter ricomporre tutti i filoni, ottenendo una visione unitaria rispetto al problema del Mezzogiorno.
SILVIO LIOTTA. Signor ministro, ricordo che alcuni di noi hanno partecipato, nel 1995, all'introduzione nel sistema normativo italiano della disciplina relativa ai patti territoriali, ai contratti d'area, alle intese istituzionali di programma ed agli accordi di programma quadro. Allora, nel momento in cui si concludeva l'intervento straordinario nel Mezzogiorno, abbiamo ritenuto opportuno individuare strumenti aggiuntivi, capaci di completare ed integrare la disciplina relativa ai contratti di programma che era rimasta ancora in vigore; successivamente, c'è stato lo sviluppo della legge n. 488 del 1992 e le risorse finanziarie destinate a questi incentivi «automatici». Dobbiamo riconoscere, peraltro, l'ottima conduzione del settore da parte dell'allora ministro Bersani, il quale ha certamente messo ordine e disciplina nei bandi ed ha assicurato certezza nella loro emanazione.
GIANFRANCO MORGANDO. Signor ministro, la ringrazio per quanto ha riferito in questa audizione, ma avverto l'esigenza di riprendere la discussione avendo compiuto una lettura più attenta degli argomenti oggi trattati.
GIANFRANCO BLASI. Ringrazio anch'io il ministro per la sua presenza; peraltro, vorrei segnalare che è una giornata intera che in Parlamento si discute del Mezzogiorno, perché questa mattina il dibattito in Assemblea è stato incentrato sul ruolo delle fondazioni bancarie in questo ambito e, più in generale, sulla problematica del Mezzogiorno.
PRESIDENTE. Do la parola al ministro per la replica.
ANTONIO MARZANO, Ministro delle attività produttive. Visto il lungo elenco degli intervenuti, cercherò di rispondere attraverso una specie di panoramica generale.
questo passaggio comporti periodi di inattività, spesso inevitabili quando le competenze passano da un organo istituzionale all'altro. Se riusciremo a fare degli accordi con le regioni, potremmo inserirvi, sotto forma di criteri di gestione, valutazioni frutto della nostra esperienza in modo da segnalare cosa non ha funzionato. Sarà quello, forse, il momento in cui effettuare un monitoraggio e realizzare quei miglioramenti cui faceva riferimento l'onorevole Morgando.
SILVIO LIOTTA. Infatti si stanno adottando dei provvedimenti per permetterne un uso selettivo. Al riguardo, mi sembra che finora lo abbiano utilizzato soprattutto le banche.
ANTONIO MARZANO, Ministro delle attività produttive. Sotto certi aspetti può essere vantaggioso perché non si presta alla discrezionalità del ruolo politico, tuttavia, se si vuol fare un uso selettivo delle risorse, il criterio automatico, oltre ad indubbi vantaggi, possiede anche alcune controindicazioni.
sistema di scelta. I risultati ottenuti segnalano un impatto rilevante dei nuovi strumenti introdotti, che effettivamente spostano tra settori e territori una porzione significativa delle risorse impegnate. Il dato di maggior interesse riguarda l'occupazione aggiuntiva generata dai progetti agevolati: l'impatto delle novità legate al processo di decentramento ha registrato un aumento di circa 10 mila occupati (pari al 14 per cento sul territorio nazionale e al 16 per cento nel Mezzogiorno). L'incremento raggiunge il 25 per cento nel settore manifatturiero e il 18 per cento nella piccola e media impresa.
PRESIDENTE. La ringrazio, tale documentazione sarà pubblicata in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna. Ritengo che il suo intervento sia stato gradito da tutti i commissari. Credo che ci incontreremo di nuovo, a breve, probabilmente in occasione delle audizioni relative al documento di programmazione economico-finanziaria.
La seduta termina alle 15,50.
(Così rimane stabilito).
Ringrazio il ministro per la sua presenza e gli do subito la parola per la relazione introduttiva.
Negli ultimi anni, il sistema degli interventi agevolativi alle imprese è stato caratterizzato da importanti trasformazioni: in primo luogo, l'importante processo di decentramento che ha trovato attuazione tra il 2000 e il 2001; in secondo luogo, la nuova politica 2000-2006 dei fondi strutturali e l'avvio dei programmi nazionali (PON) e regionali (POR e DOCUP); in terzo luogo, il credito di imposta per le aree depresse, previsto dalla finanziaria 2001; inoltre, vi è stato il passaggio delle competenze in materia di programmazione negoziata dal Ministero dell'economia e delle finanze al Ministero delle attività produttive, ed infine è stata approvata la delega al Governo per il riordino e la razionalizzazione del sistema degli incentivi.
Nel 2001 si è registrato un incremento sensibile delle principali variabili, a dimostrazione dell'intensa ripresa di questa politica. Infatti, nel 2001 sono state presentate dalle imprese 177.305 domande di agevolazioni sul complesso delle leggi di incentivazione (nazionali e decentrate); di queste, ne sono state approvate complessivamente 113.494, per complessivi 10.316 milioni di euro in termini di agevolazioni. È forte l'incidenza del tessuto delle piccole e medie imprese per tutte queste variabili: direi proprio che, da quando è entrata nella mia competenza, la politica delle agevolazioni è stata orientata soprattutto verso le piccole e medie imprese. Per quanto attiene al Mezzogiorno, la concentrazione degli incentivi in tale area è più consistente rispetto al passato, e riguarda sia il numero di domande presentate ed approvate, sia le risorse finanziarie utilizzate, gli investimenti e l'occupazione attivati attraverso la politica degli incentivi.
L'ammontare delle agevolazioni approvate ha registrato nel 2001 un incremento complessivo rispetto al 2000 del 112 per cento, e nel Mezzogiorno di oltre il 200 per cento. Ciò è senz'altro attribuibile alle maggiori intensità di aiuto previste per il meridione, ma anche al consistente incremento delle domande connesso ad una reviviscenza dell'attività economica in quella parte del paese. Anche dal punto di vista delle previsioni di incremento occupazionale
La legge n. 488 del 1992 rappresenta ormai da oltre quattro anni il più importante strumento di intervento sia in termini di domande, sia sotto il profilo delle risorse finanziarie movimentate. A partire dal 1996 (anno del primo bando di applicazione della legge) ad oggi sono stati chiusi (intendendo per «chiusi» i bandi per i quali sono state formate le graduatorie) ben 11 bandi, di cui 8 per il settore dell'industria, 2 per il settore turistico-alberghiero ed uno per il settore del commercio. Complessivamente, sono state presentate oltre 70 mila domande; le domande agevolate sono circa 29 mila (di cui 19 mila nelle regioni del sud), e gli investimenti ammessi sono pari a 52 miliardi di euro (di cui 36 miliardi nel Mezzogiorno). Le agevolazioni concesse ammontano a 16 miliardi di euro, di cui buona parte del Mezzogiorno. L'incremento occupazionale che dovrebbe derivare dal completamento di tutte le domande agevolate è stimato in oltre 400 mila unità aggiuntive. Come già accennavo, particolarmente rilevante è la quota di domande riferite alle piccole e medie imprese, pari al 92,6 per cento del totale, le quali attivano il 65 per cento degli investimenti della legge, l'84 per cento degli incrementi occupazionali complessivi e il 78 per cento delle agevolazioni concesse. Significativo è lo stato di avanzamento dei programmi sotto il profilo delle iniziative avviate (17.388, pari al 66 per cento delle iniziative ammesse), degli investimenti realizzati (pari a 23.343 milioni di euro, corrispondenti a circa il 50 per cento di quelli ammessi), delle iniziative concluse (14.207, pari al 53,7 per cento del totale), dell'occupazione attivata (161 mila nuovi occupati). Per quanto riguarda i programmi riferiti al Mezzogiorno, sono stati realizzati investimenti pari a 13.631 milioni di euro e sono state completate 8.146 iniziative. Le erogazioni disposte in favore delle imprese ammontano a 6.674 milioni di euro.
Per quanto riguarda l'ultimo anno, gli interventi del ministro sono stati diretti a semplificare l'intervento, soprattutto per le imprese di minore dimensione, nell'ottica di un'opera complessiva di razionalizzazione e semplificazione. Le misure correttive, in gran parte già definite, riguardano in primo luogo l'introduzione di un meccanismo semplificato di intervento per le imprese artigiane, il cui decreto è attualmente all'esame della Conferenza Stato-regioni. In secondo luogo riguardano una rivisitazione delle direttive generali per l'attuazione della legge finalizzata ad una serie di obiettivi: rimozione dei vincoli esistenti per l'accesso delle imprese di servizi e della net-economy; eliminazione dei meccanismi di rinuncia ad una quota parte delle agevolazioni, che ha determinato, negli ultimi tempi, effetti distorsivi nella selezione delle iniziative ammesse tramite un eccessivo favore per le imprese finanziariamente più strutturate a discapito dell'aggiuntività dell'aiuto.
Nel medio periodo, la normativa dovrà trovare una collocazione adeguata in direzione di un uso sempre più flessibile dello strumento: ciò risulta funzionale alla soluzione di specifici problemi connessi allo sviluppo di particolari aree territoriali o di rilevanti tematiche tecnologiche e produttive. Sotto questo profilo, l'esperienza positiva già maturata nella gestione di alcuni protocolli aggiuntivi ai contratti d'area sarà a breve affiancata da interventi per le isole minori. Per quanto riguarda le tematiche tecnologiche e produttive, è allo studio al ministero un possibile intervento normativo per le imprese dell'indotto FIAT. In secondo luogo si dovrà collocare la legge n. 488 in una posizione intermedia tra gli interventi di grande dimensione, da riservare ai contratti di programma, e quelli di più modesto spessore finanziario, che dovranno essere sorretti da meccanismi fortemente automatici e di tipo fiscale.
Per quanto attiene alla programmazione negoziata, a partire dal novembre 2001, con il passaggio delle competenze dal Ministero dell'economia e delle finanze al Ministero delle attività produttive, gli interventi di accelerazione messi a punto
Complessivamente, alla data del 31 maggio 2002, risultano approvati dal CIPE 66 contratti di programma per un onere a carico dello Stato di 6.056 milioni di euro. I contratti di programma hanno di recente trovato occasione per una positiva rivitalizzazione con l'approvazione di numerosi progetti di investimento: sono stati approvati dal CIPE, su proposta del mio ministero, 9 contratti di programma per circa 430 milioni di euro di agevolazioni; complessivamente la nuova occupazione collegata a tali interventi è pari a 3.035 unità. Tuttavia, con l'approvazione dei 9 contratti di programma, l'importo residuo disponibile per nuovi interventi risulta notevolmente limitato, in quanto pari a 117 milioni di euro. Inoltre, su proposta del Ministero delle attività produttive il CIPE ha approvato ulteriori 9 contratti di programma già deliberati in via programmatica nel corso del 2001. Particolarmente intensa è risultata inoltre l'attività connessa alla stipula dei contratti di programma già approvati dal CIPE. All'atto del trasferimento delle competenze ben 20 contratti di programma risultavano approvati dal CIPE, ma non perfezionati in sede contrattuale: risultavano pertanto bloccate agevolazioni per circa mille milioni di euro; da novembre ad oggi sono stati stipulati 13 contratti di programma e si prevede di procedere nel corso dell'anno alla stipula di tutti i contratti di programma approvati dal CIPE fino all'esercizio in corso. Per quanto riguarda le erogazioni dal novembre 2001, esse sono state disposte in misura pari a circa 300 milioni di euro. Sul futuro dei contratti di programma incombe il sostanziale esaurimento dei fondi a disposizione, che di fatto impedisce l'approvazione di nuovi progetti, blocco che potrà essere rimosso solo con un'adeguata dotazione finanziaria per il triennio 2003-2005.
Vi è poi l'esigenza di introdurre nella gestione dei contratti di valutazioni istruttorie che, lasciati alla competenza regionale gli interventi di minore dimensione, siano orientati all'introduzione di variabili di rottura sotto il profilo della significatività dei progetti da finanziare rispetto allo sviluppo dell'economia meridionale. Va adottata, infine, una griglia di criteri istruttori tramite la definizione di un set di indicatori che, lasciando inalterata la discrezionalità amministrativa connaturata al contenuto negoziale dei contratti, possa facilitare, anche sotto il profilo della trasparenza, la scelta dei progetti che risultano effettivamente migliori rispetto agli obiettivi pubblici perseguiti.
Con riferimento ai patti territoriali a fronte di 220 patti ammissibili alle agevolazioni sulla base delle delibere CIPE: 209 sono stati decretati; le agevolazioni complessivamente concesse ammontano a 5165 milioni di euro; gli investimenti relativi risultano pari a 10.536 milioni di euro; l'occupazione prevista è pari a circa 60 mila unità aggiuntive.
Per quanto riguarda i contratti d'area: i contratti e i protocolli aggiuntivi stipulati sono 27; gli investimenti ammessi ammontano a 3.034 milioni di euro; le agevolazioni concesse sono pari a 2065 milioni di euro; l'occupazione preventivata ammonta a circa 20 mila unità aggiuntive. Le azioni intraprese dal mio ministero sono state indirizzate, come ho più volte sottolineato, alla semplificazione ed alla standardizzazione delle procedure. L'esistenza di un quadro normativo caratterizzato da una produzione eccessivamente sovrabbondante, con una evidente sovrapposizione di diverse fonti normative, ha creato infatti un sistema spesso incerto ed oscuro nell'interpretazione, tale da rendere complessa sia la fase di fruizione dei benefici da parte delle imprese, sia quella di gestione
L'azione di semplificazione è stata accompagnata da una accelerazione delle procedure di spesa: per quanto riguarda i patti territoriali sono stati decretati 31 patti per circa 788 milioni di euro; per i contratti d'area, invece, sono stati stipulati i protocolli aggiuntivi di Messina ed Agrigento per complessivi 63 milioni di euro. Per quanto riguarda le erogazioni, a fronte di 675 milioni di euro per i patti territoriali e 539 milioni di euro per i contratti d'area, si registra una notevole crescita della spesa nei primi 4 mesi del 2002, durante i quali sono stati erogati 183 milioni di euro, con un incremento mensile del 100 per cento rispetto alla media del 2001. Sulla concreta operatività dei patti territoriali pesa in misura consistente l'esistenza di infrastrutture di iniziative finanziariamente non coperte a seguito della programmazione CIPE definita sull'argomento. Il fabbisogno finanziario non coperto risulta infatti pari a circa 775 milioni di euro, alla copertura dei quali si potrà provvedere con una manovra finanziaria incentrata su tre diverse fonti: la legge finanziaria per il 2003, il concorso delle regioni nell'ambito di specifici accordi di programma quadro, il ridimensionamento degli interventi riferiti ai patti esistenti.
Lo sforzo di semplificazione deve essere ovviamente accompagnato dall'adozione di una manovra di più ampio respiro, in grado di corrispondere a due specifiche esigenze che rivestono rilievo anche nell'ambito dell'azione di sviluppo nelle aree depresse e del Mezzogiorno in particolare: la rilevanza dell'innovazione tecnologica; la regionalizzazione dei regimi di aiuto. Per quanto riguarda il fattore legato all'innovazione tecnologica, particolare attenzione deve essere rivolta alla competitività, innovazione e sviluppo dell'apparato produttivo. Infatti, l'Italia continua a presentare, secondo una ormai prolungata tradizione negativa, elementi di particolare debolezza rispetto alla gran parte dei paesi dell'Unione europea, oltre che rispetto agli Stati Uniti ed al Giappone. Sulla base dell'indice dell'innovazione, elaborato dai servizi della Commissione, l'Italia si pone al terz'ultimo posto, seguita solo da Grecia e Portogallo, con un valore negativo di 6 punti rispetto alla media europea. L'obiettivo di un graduale spostamento delle risorse disponibili dagli interventi di sostegno degli investimenti in macchinari ed impianti a quelli riferiti a programmi organici di impresa collegati anche al tema della ricerca e della formazione trovano una prima concreta applicazione nel pacchetto integrato di agevolazioni (PIA), specifica misura inserita nel programma operativo nazionale ammesso al cofinanziamento comunitario nelle aree Obiettivo 1.
Il secondo dei fattori che esercitano una notevole influenza sulla riforma dei regimi di aiuto è quello della regionalizzazione alla luce delle modifiche apportate al titolo V della Costituzione. Gli interventi attuati nelle aree depresse rientrano nelle azioni previste dall'articolo 119, comma quinto della Costituzione, in quanto finalizzati alla promozione dello sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale
In base a tali considerazioni, la regionalizzazione degli strumenti riferiti alle aree depresse può essere improntata a criteri di sufficiente flessibilità per quanto attiene alla concreta organizzazione dei pubblici poteri in materia. Individuati gli interventi che rimangono nella competenza statale, appare, quindi, opportuno rimettere all'accordo tra le parti (Stato e regioni) l'individuazione delle modalità effettive di esercizio delle attività residue. Per quanto riguarda lo Stato, il criterio della competenza nazionale richiede una limitazione della sfera di intervento al finanziamento dei programmi e delle azioni che presentano caratteri di effettiva significatività per lo sviluppo del Mezzogiorno. Sotto questo profilo, potrebbero rientrare in tale categoria la fascia alta dei contratti di programma, gli interventi della legge n. 488 del 1992 legati ai grandi progetti, e quelli attuati tramite graduatorie anche a carattere multiregionale connesse a particolari obiettivi di sviluppo territoriale o produttivo. Questa è una parte che si può pensare rimanga in mano allo Stato centrale.
Le residue attività, in particolare quelle riferite ai patti territoriali e ai contratti d'area, potranno essere regionalizzate ma, io credo, sarebbe opportuno che questo accadesse a valle di criteri che, in qualche modo, regolino la competenza regionale nel rispetto di alcuni principi volti ad affermare l'unitarietà delle politiche di sviluppo territoriale. In altre parole, è bene che alcuni principi siano concordati con le regioni e che queste ultime gestiscano, nell'ambito di tali principi generali, i patti territoriali e i contratti d'area. Il processo di decentramento delle funzioni dovrebbe essere effettuato, comunque, con una qualche gradualità, anche alla luce della già rilevante presenza delle regioni, con riferimento sia alla legge n. 488 del 1992, tramite le graduatorie mirate e le priorità regionali, sia ai contratti di programma, tramite il meccanismo del cofinanziamento. Gli obiettivi di crescita dell'economia e degli investimenti richiedono l'adozione di tutte le misure utili a scoraggiare l'interruzione o il rallentamento delle azioni di sostegno che un trasferimento radicale e improvviso delle funzioni potrebbe, invece, ingenerare. Tale esigenza impone, quindi, un approccio flessibile al tema della regionalizzazione, rimettendo da subito alle regioni il potere di allocazione finanziaria delle risorse, da attribuire ad un unico fondo a regionale, e rimettendo ad accordi di programma quadro l'individuazione di un cronoprogramma ordinato per il progressivo trasferimento delle funzioni.
Questa, signor presidente, la mia relazione. Vorrei aggiungere alcune osservazioni. In più punti mi sono soffermato, ed ho richiamato la vostra attenzione, sull'accelerazione che abbiamo impresso nell'uso di queste agevolazioni, da quando sono entrate a far parte delle competenze del ministero di cui ho la responsabilità. È stata una accelerazione molto forte e ve ne ho fornito i dati: si tratta di un incremento complessivo, rispetto al 2000, del 112 per cento e, per quanto riguarda il Mezzogiorno, di oltre il 200 per cento. Che senso ha questa accelerazione? Da alcuni mesi a questa parte, noi ci siamo trovati di fronte ad una congiuntura difficile, congiuntura che - deve essere chiaro a tutti - dall'Italia è importata. A meno che qualcuno pensi, ma mi sembra una eccessiva presunzione, che il nostro paese possa fungere da «locomotiva» del mondo. Non è così: noi la congiuntura la importiamo, nel bene e nel male.
Fino ad ora questa congiuntura non è stata favorevole, anche se vedo segnali di passaggio dallo stato di convalescenza - diciamo così - dell'economia ad una fase
Nella condizione in cui si trovano, i vari paesi europei possono contare soprattutto su interventi sulla struttura economica, piuttosto che sulla congiuntura. Il problema è rafforzare la struttura. Per questo occorrono riforme, difficili da realizzare; tuttavia è ciò che bisogna fare non soltanto in Italia, ma in tutti paesi europei. Le riforme non sono uno strumento anticongiunturale ma intervengono sulla struttura, però hanno anche un effetto positivo sulla congiuntura, perché quando essa cambiasse, ove nel frattempo fossero state realizzate riforme efficaci, l'economia sarebbe maggiormente in grado di agganciare la svolta congiunturale.
In questo quadro, di cui non sempre c'è piena consapevolezza, di fronte a questa trasformazione storica degli arsenali degli strumenti di politica economica, le iniziative che si possono adottare sono più limitate. Una di esse è, per esempio, quella di cui vi ho riferito e, cioè, l'accelerazione dell'uso degli strumenti finanziari agevolati che, a mio avviso, doveva essere realizzata proprio nei mesi di bassa congiuntura, ai quali la mia relazione si riferisce. Non è stata, quindi, soltanto la ricerca di un obiettivo di maggiore efficienza ad ispirare tale accelerazione ma anche il tentativo di fornire, in questo modo, all'economia un po' più di ossigeno di quanto altrimenti avrebbe avuto.
Giudico positive le indicazioni, relative al percorso che il ministro intende seguire, che sono emerse nel corso questa audizione, seppure un po' generiche.
In un quadro costruttivo, allora, intendo rivolgere alcune domande. Per quanto riguarda la legge n. 488 del 1992, vorrei maggiori chiarimenti sui propositi concreti relativi ai nuovi bandi, sulla base delle risorse disponibili. In relazione a tali nuovi bandi, infatti, si pone un problema che ho più volte sollevato in questa Commissione, che è stato fortemente ripreso anche nei regolamenti comunitari dell'Agenda 2000 e che dovremmo intendere come un obbligo: la concentrazione delle
A mio avviso, si potrebbe fare di più nell'ambito di tale strumento senza arrivare, tuttavia, ad un intervento «a macchia d'olio» che nei complessi «Mezzogiorni» ormai esistenti potrebbe non funzionare più. Infatti, se esistono alcuni «Mezzogiorni» che crescono, forse vale la pena di creare in quelle aree un distretto, un circuito o un volano che dal punto di vista «difensivo» ne permetta la sopravvivenza (e dunque, la tenuta industriale), e da un punto di vista «offensivo» sia in grado di diffondere effetti positivi verso le restanti aree arretrate del territorio. Il rischio che si corre è quello di non creare veri e propri «plessi» strutturali in grado di produrre uno sviluppo autopropulsivo, vale a dire una crescita economica in grado di sostenere da sé la vita o la morte delle imprese, perché la mortalità aziendale, fisiologica per problemi tecnologici o di innovazione, se si verifica nel Mezzogiorno finisce per essere, purtroppo, soltanto «funeraria», dal momento che se muore un'industria non ne nasce un'altra.
Ho portato solo un esempio per indicare ciò che, a mio avviso, andrebbe fatto, vale a dire concentrare le risorse sulle realtà di successo in modo da consolidare i processi di crescita che sono stati avviati. Ciò comporta coraggio, scelte, programmazione, chiarezza di obiettivi ed individuazione dei territori, e comporta anche un giudizio sulla qualità del lavoro svolto ed una valutazione di compatibilità complessiva con le capacità professionali della pubblica amministrazione e del sistema delle imprese laddove la legge n. 488 del 1992 ha operato. Si tratta, insomma, di una scelta che ritengo necessario avviare dopo i primi anni di esperienza di tale legge; al riguardo, mi piacerebbe approfondire maggiormente le linee di sviluppo di tale strumento, perché non vorrei che le parole «flessibilità per area» e «flessibilità per territorio» possano significare un ampliamento dell'intervento «a pioggia», poiché se la flessibilità dovesse essere intesa in tal senso, a mio avviso potrebbe risultare addirittura negativa.
Ritengo ottima l'idea di adottare il principio di concentrazione delle risorse accanto o all'interno dei contratti di programma, perché tra tutti gli strumenti della programmazione negoziata, sono quelli che hanno funzionato meglio, in quanto l'obiettivo era mirato, esisteva una grande impresa che investiva risorse proprie ed il Governo centrale interveniva a supporto. Infatti, dal momento che l'esecutivo ha speso ingenti risorse, anche i controlli procedurali e progettuali sono stati effettuati abbastanza seriamente, tanto è vero che sono pochissimi i contratti di programma falliti, perché funzionano tutti abbastanza bene. Tale ipotesi potrebbe rappresentare una delle soluzioni più adatte ai fini dell'attuazione del principio della concentrazione delle risorse. Il riferimento all'indotto della FIAT corrisponde al senso del mio ragionamento, perché esistono in alcune aree del Mezzogiorno insediamenti della FIAT con un indotto già consolidato e con un sistema «a rete» che sta iniziando a funzionare (dal momento che è ancora relativamente giovane, poiché non ha nemmeno dieci anni). Occorre, allora, mettere tale realtà in condizione di diventare autosufficiente (e quindi autopropulsiva), creandole intorno quanto necessario per poter diventare veramente un'area industriale. Se questa è l'intenzione, esprimo la mia soddisfazione, e chiederei pertanto al ministro alcune indicazioni e chiarimenti su questi temi, perché credo di aver capito che il contratto di programma sia uno strumento che ha intenzione di potenziare. Spero, quindi, che a questa volontà corrisponderanno sia nel prossimo DPEF, sia soprattutto nella prossima legge finanziaria stanziamenti più cospicui rispetto all'ultima finanziaria approvata.
Per quanto riguarda la programmazione negoziata, invece, a mio avviso occorre un monitoraggio alla vecchia maniera: in altri termini, avremmo bisogno di conoscere lo stato di avanzamento, e non
Lei, signor ministro, non ha parlato ad esempio dei patti territoriali dell'agricoltura (ma è passato ormai un anno). Prima di lasciare, il vecchio Governo approvò un corposo elenco di patti territoriali agricoli. Fu una scelta fondamentale, qualificante soprattutto per il Mezzogiorno, tuttavia non si riesce ora a comprendere bene a chi spetti la competenza della gestione di questi patti, e chi ci possa fornire un quadro della situazione. Pertanto, vorrei che il ministro ci fornisse delle delucidazioni al riguardo, poiché si tratta di una azione a fortissima incidenza produttiva ed occupazionale. Il ministro ci ha comunicato che entro l'anno dovrebbero partire tutti i progetti già approvati - personalmente mi auguro che partano soltanto quelli che possono funzionare - vorrei sapere se questo impegno riguarda anche i patti territoriali agricoli.
Non ho sentito parlare dei patti per la sicurezza. Proprio in questa Commissione, per iniziativa anche di chi vi parla, fu lanciata l'idea dei patti della sicurezza, finanziando questa iniziativa - che nelle regioni dell'Obiettivo 1 assume un significato particolare - con 2 mila miliardi. Come sapete, una delle ragioni per le quali abbiamo avuto difficoltà a favorire l'insediamento di imprese internazionali nelle regioni comprese nell'Obiettivo 1 è stata la cattiva fama di cui gode ancora oggi parte del territorio meridionale. I patti per la sicurezza hanno rappresentato un deterrente al consolidamento di questo tipo di convinzioni, per cui ritengo opportuno insistere su di essi, in quanto rappresentano uno strumento che fornisce reali garanzie di sicurezza, soprattutto per gli stranieri che intendano investire in Italia.
Come intende muoversi al riguardo questo Governo che, salvo imprevisti, ha ancora quattro anni davanti a sé? Cosa pensate di fare per permettere l'apertura del Mezzogiorno alle economie del Mediterraneo e dei Balcani? Come si può utilizzare la programmazione negoziata per allargare la platea dei partecipanti agli strumenti, per fare in modo che l'impresa estera che voglia investire sia allettata ad usufruire di questi strumenti, che, secondo me, non conosce bene perché piuttosto farraginosi? Probabilmente l'impresa estera, dopo aver capito di cosa si tratta, è più portata a desistere che ad andare avanti; se poi neanche promuoviamo e garantiamo questa iniziativa, è evidente che corriamo il rischio di non attirare quei
All'inverso ci sono state cose che hanno funzionato: alcuni contratti di programma nel settore turistico; i contratti d'area previsti dalla legge n.219. Si tratta di modelli che, secondo me, andrebbero esportati: un know how italiano che dovremmo diffondere nei mercati delle coste africane del Mediterraneo e delle aree più povere dei Balcani. Se non portiamo un accenno di sviluppo competitivo nel Nord Africa non riusciremo mai a frenare i fenomeni migratori. Dobbiamo spostare in avanti la nostra frontiera, oltre la Puglia e la Sicilia, verso le coste africane. Penso che l'esperienza della programmazione negoziata possa essere esportata, bisognerebbe quindi attivare il ministero anche per diffondere questi strumenti di collaborazione economica. Per quanto riguarda l'innovazione, i tentativi fatti con le università meridionali sono stati piuttosto scarsi: la mia regione ne ha stipulato uno con la Bocconi ed un altro con l'università della Basilicata, soprattutto in relazione alle tematiche agricole, agrobiologiche e sismiche, ma la verità è che si è trattato di esperienze isolate, mentre gli strumenti della programmazione negoziata dovrebbero inserire nel circuito produttivo i centri di eccellenza e le università.
Penso che il ministro abbia avuto molta fortuna, perché, come apparato, il suo ministero funziona ottimamente, lo dimostra anche la sua relazione di oggi. Ciò che non funziona, invece, è la cultura del suo apparato. Come sapete, attraverso una serie di norme, abbiamo portato avanti la riforma della dirigenza introducendo anche la cultura del risultato, ma si tratta di cose in gran parte ancora scritte soltanto sulla carta. Ora, bisognerebbe sapere chi sia il responsabile del procedimento dietro ad ognuno di questi progetti, dandogli un tempo di attuazione prestabilito e mettendolo contemporaneamente nella condizione di fare il «caporale di giornata» rispetto agli ingranaggi del sistema che non funzionano. Tutto questo ancora non si è visto, anche perché il difetto degli interventi statali nel Mezzogiorno è stato fare grandi investimenti senza analizzare i risultati. Se io adesso chiedessi al ministro quale è la differenza tra il numero di occupati previsti e quello realizzato per effetto di tutti gli investimenti della legge n. 488 del 1992 sono sicuro che avrebbe delle difficoltà a fornirmi una risposta, poiché non vi è un monitoraggio a valle. In sostanza, ciò che vorrei sapere è come intende organizzarsi il ministero in riferimento alla modernizzazione dei processi diretti all'incremento della produttività ministeriale.
Lei ha fornito una lettura positiva di questi strumenti della programmazione negoziata previsti dalla legge n. 488 del 1992 i quali, sia pure in qualche piccolo tratto della provincia di Caserta che, peraltro, lei personalmente conosce bene, hanno dato risultati positivi. Dunque, il dato empirico riscontrabile sul territorio e la relazione che questo pomeriggio il ministro presenta alla Commissione bilancio mi pare che coincidano. Questo mi fa piacere e, perciò, esprimo il mio apprezzamento, non senza chiederle se possiamo avere i dati cui ha fatto riferimento.
Vorrei formulare alcune brevissime domande, alle quali spero potrà rispondere in sede di replica. Riallacciandomi ad un passaggio dell'intervento dell'onorevole Boccia a proposito del documento di programmazione economico-finanziaria e della prossima sessione di bilancio, le chiedo se lei ritenga possibile già questo pomeriggio - oppure impegnandosi con la Commissione - compiere uno sforzo per quantificare le esigenze che lei ritiene ci siano, dal punto di vista del suo dicastero e del Governo nel suo complesso, per assicurare la realizzazione di questi programmi nella prossima legge finanziaria. Infatti, mentre lei afferma che c'è stata una accelerazione e ci presenta valori percentuali addirittura prossimi alla duplicazione degli interventi per il Mezzogiorno, ricordo che nella legge finanziaria dello scorso anno vi fu non soltanto una notevole resistenza a finanziare o a rifinanziare questi programmi ma anche, come rilevato dall'onorevole Boccia, la scomparsa di alcune questioni caratterizzanti che nel Mezzogiorno avevano dato risposte positive. Perciò, le domando se possa assumere l'impegno con questa Commissione, dunque in Parlamento, di quantificare le risorse finanziarie che il suo dicastero ritiene necessarie per assicurare ed, eventualmente, accelerare questo tipo di programmi.
Le chiedo anche di aiutarmi a capire meglio in cosa consista la richiesta di maggiore flessibilità alle regioni. Nella seconda parte della sua relazione c'è infatti un riferimento alle regioni alle quali, mi sembra, chiedeva maggiore flessibilità per essere più protagoniste, addirittura - mi è parso di capire - in termini di disponibilità finanziaria o di prima disponibilità finanziaria.
Come ricordato da altri colleghi, possiamo affermare che si è chiusa una prima fase e abbiamo riscontrato positivamente una certa nuova vivacità del nostro meridione. Quindi, come era nell'obiettivo della programmazione negoziata, è possibile rimettere in moto e selezionare una nuova classe dirigente, nel mondo degli imprenditori, delle associazioni e delle amministrazioni. L'accelerazione mi sembra che sia il punto centrale in questo momento: è necessario accelerare la spesa evitando di tenere fondi bloccati, come ricordava anche l'onorevole Boccia, perseguendo la rimodulazione in tempi rapidi. Tuttavia, pur procedendo in direzione della regionalizzazione, che è inevitabile, in un modo concordato con le regioni dobbiamo selezionare gli interventi, per fare in modo che attraverso la spesa e l'incentivo allo sviluppo del Mezzogiorno si giunga alla creazione di sistemi produttivi competitivi, anche attraverso la realizzazione di filiere produttive. Questo mi pare il punto.
Come accennava l'onorevole Boccia, credo che riguardo alla FIAT, al settore auto e a tutto l'indotto dovremmo continuare a ragionare perché ormai il 60-65 per cento di esso è ubicato nel Mezzogiorno d'Italia. Perciò, mi sembra che la scommessa che si sta giocando in questi giorni sul settore dell'automobile in Italia interessi prevalentemente il meridione. Dal momento che siamo in fase di definizione del documento di programmazione economico-finanziaria, se i dati sono quelli che lei ha citato noi ci aspettiamo - e vogliamo in questo senso qualche rassicurazione - che vi siano anche le risorse per finanziare la programmazione negoziata - la legge n. 488 del 1992 - con tutte le innovazioni e gli aggiustamenti necessari. Se è così, non possiamo che apprezzare e sostenere la sua attività.
Oggi, tuttavia, tra molti di coloro che hanno partecipato alla stesura della normativa sulla programmazione negoziata sta maturando la convinzione che sia giunto il momento di operare una selezione tra tutti questi strumenti. Abbiamo il timore, infatti, che il rispetto dei parametri comunitari ci imponga di non destinare più le risorse disponibili ad interventi «a pioggia», ripartendole tra tutti gli strumenti, ma di operare una selezione facendo riferimento alla cultura del risultato. Volevo chiederle, allora, nella sua responsabilità di ministro (che tanto saggiamente ha già posto in evidenza, avendo rappresentato a questa Commissione per la prima volta un quadro completo degli interventi) se il Governo, proprio in base alla cultura del risultato, tra tutti gli strumenti di cui può disporre non ritenga di destinare la maggior parte delle risorse ai contratti di programma ed agli incentivi previsti dalla legge n. 488 del 1992. Sembra infatti, non tanto sulla base dei dati che lei ha riportato, ma dell'esperienza sul campo, che essi possano oggi rappresentare gli strumenti principali per poter dare una risposta efficace in quel mercato globale che ci vincola fortemente, ma sul quale scommettiamo molto.
Il ministro ha parlato soprattutto di due filoni di intervento che hanno storie diverse ed anche un'immagine pubblica diversa: la legge n. 488 del 1992, infatti, gode dell'immagine dell'efficienza, mentre i patti territoriali rappresentano un'immagine negativa dell'intervento nelle aree depresse. D'altra parte, le due modalità di intervento rispondevano ad esigenze diverse e, per quanto ho potuto capire, il limite dei patti territoriali è stato quello di usare uno strumento concepito per la concertazione e per lo sviluppo come un mezzo di incentivazione industriale, dunque come una forma per erogare risorse finanziarie e non come una modalità per costruire l'incontro tra soggetti diversi che operano per la crescita del territorio.
Questo è dunque il quadro di fronte quale ci troviamo; pertanto, rivolgo al ministro la stessa domanda posta dall'onorevole Liotta, ma con un intento diverso. L'onorevole Liotta ha domandato se non sarebbe meglio concentrare le risorse disponibili sulla legge n. 488 del 1992 e sui contratti di programma; io chiedo, invece, se non sia opportuno ripensare la natura degli strumenti tipici della programmazione negoziata (i patti territoriali) e cercare di capire in che modo possa essere seriamente riformata per fare in modo che sia veramente ciò che era stato concepito da coloro che l'avevano elaborata nel 1995. In particolare, la domanda che rivolgo è riferita proprio al rapporto tra la volontà di riformare in profondità tale strumento e la prospettiva della sua regionalizzazione, inevitabile - anzi, giusta ed opportuna -, ma che mi sembra rappresenti, in qualche misura, l'anticamera della conclusione di tale esperienza. Per quanto riesco a comprendere, infatti, le regioni non amano i patti territoriali (se non altro, perché non li hanno inventati loro) e, tutto sommato, hanno in mente altri strumenti ed altre modalità di intervento.
Mi sembra di aver capito che, grazie alle necessarie innovazioni e modifiche, alcuni problemi siano stati già risolti, perché l'accelerazione di cui il ministro ha parlato mi sembra non riguardasse tanto la legge n. 488 del 1992 quanto gli strumenti della programmazione negoziata. Inoltre, ho ascoltato con viva soddisfazione che il problema dell'attuazione del regolamento per i soggetti responsabili dei contratti d'area e dei patti territoriali è stato risolto. Si trattava, infatti, di un'annosa questione che si è trascinata per molto tempo, anche se per ragioni difficilmente comprensibili: a mio avviso - se mi è consentito dirlo - questo è stato un effetto positivo del cambio di amministrazione. Vorrei conoscere, dunque, l'opinione del ministro in ordine alla prospettiva dei patti territoriali e lo stato del rapporto con le regioni, che rappresenta il cuore della riforma di tale strumento.
Abbiamo ascoltato i diversi colleghi discutere, anche se per linee generali, della capacità di attrarre capitali, di sviluppare una cultura d'impresa, di allargare i mercati, di completare l'infrastrutturazione nel meridione: si tratta di un grande progetto per il Mezzogiorno che abbiamo in mente di realizzare con il nostro Governo. Ritengo importante completare e realizzare le grandi infrastrutture per poter guardare ai nuovi mercati; al riguardo, penso ad esempio ad un'idea molto suggestiva e strategica come quella dei cosiddetti «corridoi di risalita»; penso anche al corridoio ionico, alla suggestione del ponte sullo Stretto, al porto di Gioia Tauro, alle vie del mare e di terra.
In questa sede, tuttavia, discutiamo delle politiche di incentivazione e dei loro strumenti. Condivido l'analisi del collega Liotta per quanto riguarda i patti territoriali e mi sembra che anche lei, signor ministro, la approvi. Tutti noi facciamo un passo indietro riguardo agli strumenti della programmazione negoziata, perché siamo preoccupati per ciò che è stato realizzato ed è importante - mi rivolgo al collega Morgando - farlo comprendere anche ai sindacati. I patti territoriali, infatti, sono diventati una sorta di liturgia interistituzionale nella quale i soggetti interessati oppongono resistenza e fanno fatica ad accettare i cambiamenti, perché godono di spazi di cogestione importanti e vivono la riforma di tali strumenti come una perdita di potere. Sarebbe importante se tale sollecitazione venisse anche dall'Ulivo, perché educa sotto il profilo culturale tutti i soggetti al cambiamento.
Signor ministro, per poter fare un passo avanti in questo ambito potremmo immaginare di utilizzare la leva fiscale per sostenere le imprese.
Abbiamo visto come al sud il credito di imposta abbia funzionato bene. È necessario incentivare la nuova imprenditorialità e controllarla nel corso del suo sviluppo; se nel momento in cui effettuiamo questo monitoraggio accertiamo alti livelli di produttività, possiamo, e dobbiamo, sostenerla. In un momento in cui le risorse finanziarie sono scarse, possiamo sostenerla utilizzando la leva fiscale, concedendo risorse a chi si dimostra meritevole senza che in tal modo si verifichi una esposizione del bilancio pubblico, incentivando così un sistema che diventa autopropulsivo. Credo che definire in quale modo bisogna applicare uno strumento del genere possa essere molto utile e pertinente, soprattutto rispetto al cambiamento di cultura che è stato richiesto all'impresa meridionale.
Concordo con l'onorevole Boccia sul criterio della concentrazione. Mi sto rivolgendo verso due tipi di concentrazione: una settoriale ed una regionale. Nelle regioni meridionali, in cui già esiste un movimento sensibile verso lo sviluppo, il problema è quello della concentrazione per tipologia di attività economica. Non dobbiamo dimenticare, però, che vi è anche l'esigenza di concentrare gli sforzi sulle regioni in ritardo, mi riferisco soprattutto alla Calabria. Per questo ho destinato una parte significativa delle risorse alla Calabria che, come sapete, è la regione con il più basso PIL pro capite in Italia. Uno dei criteri introdotti è stato quello della concentrazione delle risorse verso distretti. Devo confessarvi che all'estero - credo sia una caratteristica della globalizzazione il fatto che il ministro delle attività produttive dedichi quasi un terzo del proprio tempo alle missioni all'estero - ci invidiano due cose: le piccole e medie imprese, un fenomeno tipicamente italiano che alcuni paesi ci chiedono addirittura di esportare (mi sono visto rivolgere una domanda del genere nel corso di una mia visita in Iran); il sistema dei distretti, che consente alla piccola impresa che vi partecipa di conservare la sua flessibilità con i vantaggi specifici che ne derivano, realizzando al tempo stesso buona parte delle economie di scala che rappresentano, invece, il vantaggio della grande impresa. Stiamo, quindi, cercando di stimolare la formazione di distretti, preferibilmente in prossimità di centri di ricerca che abbiano caratteristiche dell'eccellenza.
Stiamo realizzando un monitoraggio soprattutto sui patti territoriali, di cui esistono ormai diverse generazioni: mentre le prime generazioni si sono rivelate ottime, quelle successive non sono state altrettanto buone, per cui stiamo compiendo delle accurate selezioni, considerato che si tratta di denaro pubblico. Per la verità ora i patti territoriali passano alle regioni e sto cercando di evitare che
Per quanto riguarda i patti territoriali agricoli, si pone un problema di competenze, poiché essi si collocano a metà strada fra il Ministero delle attività produttive e quello delle politiche agricole. Esistono specifici accordi con il Ministero delle politiche agricole, con riferimento ad alcune iniziative agricole inserite in patti del centro-nord, bloccate a seguito di incerte interpretazioni delle disposizioni comunitarie, tanto che al riguardo c'è un continuo dialogo anche con gli organi comunitari. In più, i cosiddetti patti specializzati per la pesca sono fermi in attesa del prescritto nulla osta sempre da parte del Ministero delle politiche agricole. Stiamo sollecitando la collaborazione tra i due ministeri, tuttavia il fatto che la competenza sia divisa crea inevitabilmente alcuni problemi. Sempre in riferimento al monitoraggio, abbiamo avviato alcune analisi sulla legge n. 488 del 1992. Per il momento posso dire che condivido la tesi che i due strumenti veramente funzionanti siano i contratti di programma e, appunto la legge n. 488. Nell'occasione aggiungo che lo strumento fiscale può essere sicuramente importante, da molti è ritenuto addirittura il migliore perché automatico, tuttavia ha il limite, se volete, di non prestarsi ad usi selettivi delle risorse.
Tornando alle imprese agevolate, debbo dire che quelle che hanno usufruito dei finanziamenti della legge n. 488 presentano indici di bilancio (Roi, Roe, Mol) superiori alle imprese non ammesse alle agevolazioni ed inoltre a conclusione degli investimenti una crescita del fatturato e dell'occupazione significativamente maggiore rispetto agli analoghi valori delle imprese non agevolate, a dimostrazione di una sufficiente addizionalità del meccanismo agevolativo.
Con una ulteriore analisi, poi, abbiamo voluto verificare se la crescita dell'occupazione nelle imprese agevolate abbia avuto effetti positivi nelle aree interessate, ovvero se non sia avvenuta invece a discapito degli investimenti non agevolati (quindi con un effetto di crowding out). È risultato che, in media, la legge n. 488 ha attivato nel 2000 poco più di mille occupati per provincia, cioè lo 0,5 per cento dello stock di occupazione complessivo; se invece si considerano solo le provincie con variazione positiva dell'occupazione (75 su 103), allora l'occupazione creata dagli investimenti agevolati è stata pari al 14 per cento dell'occupazione attivata nell'arco di un anno. L'impatto è quindi molto rilevante, anche se naturalmente varia da provincia a provincia.
Con la terza analisi che abbiamo effettuato, sempre con l'idea di procedere ad un monitoraggio di quanto stiamo realizzando (queste cose le facciamo!), abbiamo voluto individuare l'effetto del processo di decentramento delle politiche di sviluppo, attuato tramite la possibilità, per le regioni, di attivare graduatorie speciali e indicatori di priorità regionali, sulla composizione degli aiuti concessi, valutando in che misura le modifiche introdotte abbiano allocato risorse, investimenti ed incrementi occupazionali sul territorio regionale e tra i settori di attività economica in modo differente rispetto al precedente
L'onorevole Boccia, che mi sembra un esperto in questo campo, ha anticipato alcune iniziative che sto intraprendendo. Sto cercando di capire se sia possibile trovare tutors (analoghi a quelli che abbiamo introdotto in Italia) anche nei paesi mediterranei perché, senza di essi, l'apprendimento delle opportunità è molto difficile. Devo dire, però, che non è una ricerca agevole, perchè devono essere professionisti, società di consulenza. Quindi, alla fine probabilmente ci vedremo costretti ad utilizzare le nostre agenzie. È stato emanato un bando e la procedura si è conclusa con il riconoscimento di un certo numero di candidati.
Rispondendo all'onorevole Savo, confermo che certamente i problemi principali sono il carburante e l'eliminazione delle pastoie burocratiche. Su questo si sta lavorando e molti passi avanti sono stati compiuti. A proposito del treno cui si riferiva, mi è tornata in mente una battuta di Longanesi: in Italia, gli unici trasporti per il pubblico che funzionano sono le giostre! Speriamo di migliorare questo aspetto.
All'onorevole De Franciscis ricordo che il Mezzogiorno, nel programma di Governo, era riconosciuto come una priorità strategica. Quindi, insisterò molto perché, se non nel Documento di programmazione economico-finanziaria - che, secondo la mia impressione, indicherà poche cifre - nella legge finanziaria ci siano stanziamenti adeguati; e, a questo proposito, spero anche nel sostegno dei colleghi che hanno sensibilità per questo problema. In una delle lettere che ho scritto nel corso della preparazione del DPEF ho chiesto che la spesa pubblica aggiuntiva per il sud (non rispetto al passato ma rispetto alla spesa ordinaria) in conto capitale, possa passare da 8,4 a 11 miliardi di euro, nel 2003, per raggiungere i circa 16 miliardi, nel 2006. Queste cifre devono essere considerate indicative perché sono in corso incontri con le parti sociali dai quali si capirà che tipo di riforma fiscale si potrà effettuare, già dal 2003, e quante risorse bisognerà prevedere per gli ammortizzatori sociali. È presto per indicare cifre, dobbiamo capire che cosa emergerà da questa complessa trattativa.
Lascio a disposizione della Commissione una documentazione integrativa relativa agli argomenti oggetto della mia relazione.
Dichiaro conclusa l'audizione.