COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) - IV (DIFESA) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E 3a (AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE) - 4a (DIFESA) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 23 ottobre 2001


Pag. 3

La seduta comincia alle 13,25.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
(Cosi rimane stabilito).

Comunicazioni del Governo sugli sviluppi della crisi internazionale.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca comunicazioni del Governo sugli sviluppi della crisi internazionale.
Analogamente a quanto convenuto per le precedenti sedute delle quattro Commissioni, dopo le comunicazioni del Governo si procederà ad un dibattito nel quale potrà intervenire un parlamentare per ciascun gruppo per non più di cinque minuti. I gruppi hanno naturalmente facoltà di suddividere al proprio interno i 5 minuti a disposizione. Ciascuna componente del gruppo misto ha a disposizione due minuti. La ristrettezza dei tempi è essenzialmente dovuta alla necessità di contenere la durata della seduta entro la ripresa dei lavori dell'Assemblea della Camera e all'esigenza del ministro che intende svolgere la sua relazione in modo esauriente per una durata di 40 minuti circa. Avverto inoltre che al termine della seduta delle quattro Commissioni sono convocate le Commissioni affari esteri e difesa della Camera per lo svolgimento delle proprie sedute. Invece le Commissioni esteri e difesa del Senato sono convocate alle ore 15 per l'esame del decreto-legge per la proroga della partecipazione di un contingente di militari italiani alla missione di pace in Macedonia.
Ringrazio il ministro della difesa, Antonio Martino, per essere intervenuto, proseguendo in una linea molto chiara che rende giustizia delle tante illazioni comparse sugli organi di informazione, al fine di informare costantemente, attraverso le Commissioni riunite, il Parlamento sugli sviluppi della situazione provocata dai fatti dell'11 settembre.
Do ora la parola al ministro della difesa, Antonio Martino.

ANTONIO MARTINO, Ministro della difesa. Signori presidenti, onorevoli senatrici, onorevoli senatori, colleghe e colleghi, sulla base dell'impegno ad una costante e tempestiva informazione al Parlamento, riferisco oggi, alle Commissioni riunite, sugli sviluppi della crisi internazionale e sui più recenti passi che il Governo ha compiuto in materia.
Si tratta di informazioni oggi possibili e doverose nei confronti innanzitutto del Parlamento e, suo tramite, della pubblica opinione nazionale, che, pur in una situazione di riserbo assai superiore che in precedenti conflitti, devono disporre di un quadro chiaro della situazione, per sostenere con la necessaria fiducia l'azione del Governo.
Ciò consentirà, dunque, di dare alcune risposte ai molti interrogativi che, proprio in assenza di informazioni precise, troppo frequentemente portano a validare, come


Pag. 4

linee di azione consolidate, ipotesi del tutto infondate. Una tendenza, questa, che deve essere rifuggita, per evitare incomprensioni od allarmismi in una fase tanto grave quanto delicata.
Ad un mese e mezzo di distanza, il mondo civile, il mondo intero, è ancora sotto shock per accadimenti la cui portata non è ancora esattamente definita. Non possiamo quindi, credo, anche in questa occasione, affrontare l'argomento senza prima rinnovare i nostri sentimenti di orrore, di cordoglio e di solidarietà con gli Stati Uniti e con quanti sono stati colpiti dall'immane tragedia. Sono questi sentimenti che hanno ispirato le nostre parole e che guidano, oggi, le nostre azioni.
Dall'11 settembre abbiamo sviluppato, sul piano interno ed internazionale, una serie di passaggi graduali, misurati e coerenti con la gravità della crisi che siamo chiamati a fronteggiare e con scenari e responsabilità fino a ieri non immaginabili.
Il passaggio parlamentare più recente ed importante è, certamente, quello del 9 ottobre, quando il Governo informò il Senato e la Camera sul quadro generale della situazione internazionale conseguente agli eventi dell'11 settembre. Sulla situazione generale ed, in particolare, sulle decisioni assunte in ambito Nazioni Unite, Alleanza atlantica ed Unione europea non mi soffermerò ulteriormente, pur ricordando che in quei consessi si sono determinate e si continuano a determinare nuove iniziative, come, d'altra parte è successo nel corso del vertice dell'APEC, tenutosi nei giorni scorsi a Shanghai, che ha registrato - ed è circostanza di straordinaria valenza - significative convergenze tra Stati Uniti, Russia e Cina.
Ritornando al 9 ottobre, ricordo che con diverse risoluzioni Senato e Camera hanno voluto impegnare l'esecutivo al sostegno di ogni più idonea forma di lotta al terrorismo internazionale, compreso l'uso della forza armata, inteso ad evitare tragedie più grandi.
È sulla base di quel chiaro riferimento politico che il Governo si è mosso con una fitta serie di incontri in ambito internazionale, nel quadro delle organizzazioni e delle alleanze delle quali facciamo parte.
Particolarmente intensi sono stati i recenti contatti con l'amministrazione degli Stati Uniti. Vorrei ricordarne alcuni: quello dell'onorevole Berlusconi con il Presidente Bush avvenuto il 15 ottobre, quando il Presidente del Consiglio dichiarò di essersi recato negli Stati Uniti per «portare la chiara testimonianza e la garanzia della nostra partecipazione morale e materiale alla lotta contro il terrorismo, contro i suoi esecutori, i suoi mandanti ed i suoi protettori»; quello del 20 ottobre, fra il Vicepresidente del Consiglio Fini ed il Vicepresidente Cheney.
Questi incontri hanno confermato un atteggiamento prudente e misurato dell'amministrazione americana nei confronti della crisi. Hanno confermato che la lotta al terrorismo deve articolarsi in un quadro multidimensionale, sul piano politico, sociale, culturale, economico, finanziario, umanitario, oltre che militare. E che l'intervento militare deve colpire obiettivi predeterminati ed identificati come terroristici, facendo tutto il possibile per evitare vittime civili. Hanno confermato l'esigenza che l'azione militare sia sostenuta e partecipata da una coalizione più ampia possibile. Hanno confermato, ancora, che la lotta al terrorismo non è e non può essere considerata una guerra di religione, di cultura o di civiltà. Tutto ciò ha configurato un quadro di riferimento coerente ed univoco in cui è stato definito il possibile contributo di forze nazionali all'operazione militare Enduring freedom, in atto in Afghanistan. Tale contributo è stato oggetto di approfondimento nel corso della mia ultima visita negli Stati Uniti e, in particolare, del mio incontro, il 18 ottobre, con il Segretario di Stato alla difesa Donald Rumsfeld.
È stata, quella, una visita caratterizzata da un clima di grande cordialità e da


Pag. 5

totale identità di vedute sugli sviluppi militari della crisi. Rumsfeld ha detto, nella circostanza, che ero il primo ministro della difesa di un paese NATO a recarsi al Pentagono dopo l'11 settembre. Lo ricordo non per vantare un primato temporale - che giudico del tutto insignificante e del tutto fuori luogo - quanto per rispondere a chi, nei giorni scorsi, ha creduto di confondere la nostra prudenza con un immobilismo sul piano internazionale e la serietà del nostro percorso con una ipotetica emarginazione che non c'è mai stata.
In ordine al nostro contributo desidero precisare che da parte di molti paesi è stata manifestata disponibilità agli Stati Uniti in termini di apporti militari. Tali disponibilità si configurano, per i paesi dell'Alleanza atlantica, come complementari a quelle oggetto del sostegno collettivo fornito dall'Alleanza stessa, sul quale tornerò fra breve. Si tratta preliminarmente di disponibilità commisurate alle effettive capacità militari dei vari paesi partecipanti. Esse non rispondono al momento a formali richieste degli Stati Uniti nei confronti dei paesi alleati ed amici, che non sono state ancora avanzate.
Le offerte dei singoli paesi rappresentano, dunque, una dichiarazione di disponibilità in termini di capacità operative, espresse sulla base delle esigenze ipotizzabili per le diverse successive fasi di intervento, atteso che non si tratterà di una campagna breve, né di un conflitto militare di tipo classico. Sarà sulla base dell'evoluzione della situazione strategica che gli Stati Uniti potranno avanzare ai singoli paesi specifiche richieste, nel quadro dei contributi operativi da questi preventivamente offerti.
Proprio allo scopo di stabilire, in modo organicamente coerente ed operativamente efficace, i vari contributi nazionali all'operazione, gli Stati Uniti hanno richiesto l'attivazione di team nazionali di coordinamento presso il Comando americano di Tampa, in Florida, dove è installato il quartier generale del comando centrale statunitense, che esercita la responsabilità operativa delle forze in campo. La cellula italiana è composta da una decina di unità, alle dipendenze di un generale di brigata aerea e con rappresentanti delle varie componenti delle Forze armate, esperti nei settori informativi e nella pianificazione delle forze.
A Tampa, oltre alla cellula italiana, sono, ad oggi, presenti le rappresentanze di Regno Unito, Francia, Germania, Canada, Turchia, Australia, Nuova Zelanda, Giordania e Qatar, con consistenze variabili, in funzione del tipo di partecipazione prevedibile per i rispettivi paesi. La nostra cellula ha già avuto le informazioni iniziali sulla condotta delle operazioni e sulle prospettive future del conflitto.
Per quanto riguarda tale sviluppo delle operazioni, si tratta di materia, evidentemente, coperta dal riserbo, oltre che in costante evoluzione. Ciò che è possibile sapere, ad oggi, soprattutto in relazione alle unità operative che potrebbero essere oggetto di contributo dei contingenti nazionali alle attività angloamericane, è che la prima fase, che prevedeva lo schieramento degli assetti navali ed aerei e l'avvio delle operazioni delle forze speciali in Afghanistan, è da considerarsi già completata.
La seconda fase, che è in atto, riguarda la campagna aerea sull'Afghanistan contro gli obiettivi di maggiore interesse del regime dei talebani e di Al Qaeda. Questa fase non dovrebbe avere tempi lunghissimi, tenuto conto della limitata consistenza dell'ordine di battaglia dell'avversario e del complesso degli obiettivi individuabili. Gli assetti aerei, che potrebbero essere richiesti, riguardano principalmente quelli per la ricognizione ed il trasporto tattico, per il rifornimento in volo e, se disponibili, quelli per il bombardamento di precisione. In questa fase, potrebbero anche essere richieste unità navali con capacità multifunzionali, unità di scorta ravvicinata ed unità rifornitrici.


Pag. 6


Le fasi successive non sono ancora ben delineate, ma, quando i combattimenti saranno terminati, si potrà passare alle fasi di stabilizzazione e pacificazione dell'Afghanistan. In questa fase, in cui si realizzerà l'obiettivo prioritario degli aiuti umanitari, si può prevedere, ancora, l'impiego di mezzi aerei da ricognizione tattica e di unità navali di scorta ravvicinata e di supporto. È, inoltre, possibile l'impiego di unità di terra ad alta mobilità, anche per assicurare le operazioni sul territorio delle forze umanitarie.
Desidero, ora, dare maggiori contributi di informazione circa la consistenza del contributo di forze nazionali, della cui disponibilità ho dato assicurazione alle autorità statunitensi, che l'hanno accolta con grande soddisfazione.
Si tratta di una componente aerea, che può intervenire sin dalla fase in atto, limitata quantitativamente ed impiegata nei ruoli di ricognizione tattica, trasporto e rifornimento in volo. Essa potrebbe essere composta da sei od otto Tornado, per la ricognizione tattica, un B707 per il rifornimento in volo ed un C130 per il trasporto tattico.
Ricordo che il Tornado è un velivolo ottimizzato per le missioni di attacco al suolo, che può anche svolgere missioni di ricognizione armata. L'equipaggio è composto da un pilota e da un navigatore. Le caratteristiche principali sono l'avionica per l'attacco ognitempo, il sistema per il volo automatizzato a bassissima quota, sistemi per il rilascio di precisione dell'armamento.
Il Boeing 707 è di derivazione commerciale, modificato per svolgere, oltre a quello di trasporto aereo a lungo raggio, anche compiti di tanker, con possibilità di rifornimento carburante, in volo, di tre velivoli contemporaneamente. Il solo equipaggio è composto da cinque membri, tra piloti e specialisti.
Il C130 è in grado di svolgere numerosi tipi di missione, quali il trasporto logistico, il trasporto tattico e l'aviolancio di personale e di mezzi. Anche questo velivolo impiega un equipaggio di cinque membri, tra piloti e specialisti.
Per ciò che riguarda la componente navale, essa andrebbe ad inserirsi nel dispositivo che opera a nord del Mar Arabico e potrebbe essere composta di una unità, con capacità multifunzionale di difesa aerea di zona, di due unità di scorta ravvicinata e di una nave rifornitrice.
La prima sarebbe una unità di tipo cacciatorpediniere multifunzionale, concepita per l'impiego in ambiente di minaccia tridimensionale - subacquea, di superficie ed aerea - ed in ambiti di forze complesse. Ha in dotazione elicotteri imbarcati e può svolgere compiti di difesa aerea di zona, nell'ambito di gruppi navali e/o di convogli mercantili, di contrasto antisommergibile, di interdizione contro naviglio di superficie. Per quanto riguarda tale assetto operativo, proprio tenendo conto della possibile evoluzione strategica ed in risposta a specifica richiesta, in tal senso, del comando centrale, potrebbe rendersi necessario sostituire questo cacciatorpediniere con la unità portaeromobili della Marina militare, il Garibaldi. Tale unità, con i propri aeromobili ad ala fissa e rotante, sarebbe in grado di assicurare una più efficace capacità di sea control, di interdizione ed intercettazione di forze avversarie e di concorso ad operazioni anfibie e terrestri.
Le unità di scorta sono della classe fregate e possono svolgere compiti di protezione diretta ed indiretta, nei confronti di minacce subacquea, aerea e missilistica, nell'ambito di formazioni navali complesse; di interdizione delle linee di comunicazione avversarie e di contrasto contro unità di superficie; di appoggio ad operazioni anfibie. Hanno in dotazione due elicotteri AB212.
L'unità navale rifornitrice è destinata al supporto logistico di gruppi di altura, anche a notevole distanza dalle basi. Oltre alle notevoli capacità di carico, è anche in grado di fornire assistenza sanitaria ed


Pag. 7

interventi di riparazione e manutenzione, grazie alle officine meccaniche, elettroniche ed elettromeccaniche. È, inoltre, dotata di depositi per munizioni, ricambi, viveri e materiale vario di consumo.
Infine, la componente terrestre, il cui impiego potrebbe essere prevedibile, in una fase successiva, con compiti di scorta armata e supporto alle organizzazioni umanitarie. Essa potrebbe essere composta da un reggimento blindato, quattro elicotteri A129, una compagnia del genio, unità per la bonifica di ordigni esplosivi, una compagnia di difesa NBC (nucleare, biologica e chimica), unità di supporto logistico ed una compagnia di carabinieri paracadutisti del reggimento Tuscania.
Il reggimento blindato è una unità composta da due squadroni della consistenza di 284 uomini, equipaggiati con blindo Centauro, ed una compagnia di fanteria, della consistenza di 106 uomini. Il reggimento è dotato di buona versatilità di impiego e, nel contempo, può effettuare azioni dinamiche su ampi spazi, sfruttando, soprattutto, la velocità e la mobilità su terreno vario.
L'A129 è un elicottero d'attacco, particolarmente idoneo a realizzare rapide e precise concentrazioni di fuoco. Può essere impiegato per effettuare penetrazione nel dispositivo avversario, attività di esplorazione tattica, missioni offensive nei confronti delle forze avversarie.
La compagnia genio è costituita da 122 uomini ed è equipaggiata con mezzi ed attrezzature idonee a compiti di supporto al combattimento.
Le unità per la bonifica di ordigni esplosivi operano, normalmente, in nuclei composti da quattro specialisti, particolarmente addestrati ed equipaggiati.
La compagnia di difesa nucleare, biologica e chimica ha una consistenza di 116 uomini ed è equipaggiata con veicoli speciali. L'unità opera per squadre, con capacità di verifica della presenza di aggressivi chimici e dei livelli di radioattività; delimitazione di aree contaminate ed analisi di agenti contaminanti; controlli chimici e radioattivi su persone, mezzi e materiali; decontaminazione e bonifica di emergenza; contrasto alla minaccia biologica, limitata al prelievo di campioni per le analisi.
L'unità di supporto logistico è provvista di dotazioni tecniche e materiali necessarie a fornire sostegno logistico alle forze nazionali in teatro.
La compagnia di carabinieri paracadutisti è idonea a condurre operazioni rapide e spregiudicate, avioportate ed aviomobili, in particolare di interdizione nelle prime fase di interventi fuori area. Essa, inoltre, può assicurare attività di polizia militare.
I tempi per lo schieramento delle componenti possono variare da 15 a 60 giorni, in funzione delle possibilità di supporto logistico, nell'area di operazione.
Di tale complesso di unità ed assetti è stata verificata, preventivamente, la rispondenza tecnico-operativa in termini di possibilità di impiego e sostenibilità temporale dell'operazione ed è stata assicurata, sotto l'aspetto tecnico-militare, la compatibilità con gli attuali impegni, che sono molti ed in tutto il mondo. A tale riguardo, ricordo che siamo presenti in Bosnia con 1.415 uomini, in Kossovo con 5.392 uomini, nella ex Repubblica jugoslava di Macedonia con 160 uomini, in Albania con 811 uomini ed ancora, con consistenze numeriche inferiori, in Palestina, India, Pakistan, Iraq, Israele, Egitto, Libano, Malta, Congo, Etiopia, Eritrea, Marocco e Stati Uniti.
Il totale dei nostri militari impiegati in missioni ed operazioni all'estero è oggi di circa 8400 unità. Mi scuso per essere stato eccessivamente analitico, ma ho ritenuto doveroso informare nel modo più preciso possibile le Commissioni.
Per quanto riguarda i Balcani, in particolare, desidero precisare che non è in atto un disimpegno totale da parte statunitense. Gli Stati Uniti sanno bene, ne ho avuto molte conferme nel mio viaggio, della delicatezza e della precarietà della


Pag. 8

situazione balcanica. In quei paesi il terrorismo potrebbe allignare, rivolgendosi contro i contingenti multinazionali, ovvero transitando in forma occulta o violenta verso i paesi occidentali. Resta dunque nell'area una condivisione delle responsabilità, anche da parte degli Stati Uniti.
Ciò che è in discussione è una graduale trasformazione della missione militare dalla funzione combattente a quella della institution building, cioè il rafforzamento delle istituzioni e della società civile: questo è un punto sul quale il segretario alla difesa Rumsfeld ha molto insistito, sottolineando il fatto che una stabilità garantita soltanto in presenza delle forze militari dell'alleanza sarebbe prima o poi destinata a rivelarsi precaria; bisogna, viceversa, piantare fino in fondo le radici di una stabilità che sia endogena, cioè propria dei paesi di cui parliamo. Il rafforzamento delle istituzioni e della società civile ha caratteristiche non meno impegnative di quelle della funzione combattente, ma operativamente diverse. In tale quadro, in cui potrà essere riconsiderata la partecipazione dei vari contingenti nazionali, l'Italia si è resa disponibile a farsi carico di alcuni compiti specialistici, quali la ricerca e il soccorso, l'intervento medico-sanitario, l'impegno nei settori del genio, delle trasmissioni, della guerra nucleare e biologico-chimica.
Signori presidenti, onorevoli senatori, onorevoli deputati, sul piano interno, sin dai primi momenti della crisi sono state prese, e via via incrementate, molteplici misure precauzionali delle quali il Governo ha più volte riferito in Parlamento.
Le misure di competenza della difesa sono riconducibili all'elevazione dello stato di allertamento delle nostre unità sul territorio nazionale e all'estero, all'incremento delle attività di intelligence, al generale rafforzamento del dispositivo di difesa. Di particolare importanza è il recente decreto che prevede, in relazione ad eccezionali esigenze ed al fine di consentire che il personale delle forze di polizia venga impiegato nel diretto contrasto alla criminalità, specifici programmi di utilizzazione da parte dei prefetti di contingenti di personale militare delle forze armate, nel numero massimo di 4000 unità, da impiegare per la sorveglianza ed il controllo di obiettivi sensibili. Si tratta, più specificamente, di obiettivi fissi, quali aree esterne a basi, installazioni e caserme NATO e/o statunitensi, centri di trasmissione e di comunicazione, impianti di erogazione di servizi di pubblica utilità e relativi snodi, aree esterne a strutture portuali, aeroportuali e ferroviarie e, ove occorra, su disposizione del prefetto, anche all'interno delle medesime strutture. Il relativo decreto-legge è stato trasmesso al Parlamento per il previsto parere delle Commissioni competenti e credo che sia già oggi inserito nel calendario della Commissione difesa della Camera.
Per quanto riguarda le più importanti novità successive alle comunicazioni del Governo del 9 ottobre, per completezza di informazione rispetto alle iniziative dell'alleanza, ricordo che sulle singole misure operative assunte dal Consiglio atlantico ho già riferito in quella occasione. Si tratta di misure di supporto, diretto o indiretto, sul piano della sicurezza, dell'assistenza, della logistica, basate su alcune richieste a suo tempo formulate dagli Stati Uniti. In particolare, vorrei ricordare che sono destinate ad incrementare lo scambio e la cooperazione nel campo informativo, a fornire assistenza ai paesi soggetti ad una maggiore minaccia terroristica, ad incrementare le misure di sicurezza a favore di infrastrutture statunitensi e degli alleati, a sostituire specifiche unità della NATO impegnate in operazioni contro il terrorismo, a fornire una permanente clearance diplomatica per i velivoli militari assegnati alla lotta al terrorismo, ad utilizzare porti ed aeroporti sul territorio dell'alleanza.
Circa alcune precise misure militari di tipo collettivo assunte dall'alleanza, sulla base delle specifiche richieste delle autorità militari americane, ricordo che è stata


Pag. 9

fornita la disponibilità: a dislocare alla fine di ottobre, nel Mediterraneo orientale, la forza navale permanente della NATO, nell'ambito della quale opera la fregata italiana Aliseo, con 240 uomini di equipaggio; a dislocare, alla fine di novembre, nel Mediterraneo orientale la forza navale permanente della NATO di contromisure mine, nell'ambito della quale opera il cacciamine italiano Viareggio, con 47 uomini di equipaggio; a dislocare, a fine novembre, nel Mediterraneo orientale la forza navale permanente della NATO dell'Atlantico, alla quale sarà prevedibilmente aggregata un'unità navale italiana; ad impiegare, in operazioni di supporto contro il terrorismo, gli Awacs, cioè gli aerei di sorveglianza stanziati in Germania, sui quali opera personale italiano nel numero complessivo di 49 unità tra piloti ed equipaggio.
Abbiamo già detto, e confermiamo, che le nostre forze armate sono pronte e ben preparate per il complesso dei compiti che emerge dagli impegni internazionali assunti dal Governo. Si tratta, comunque, di impegni gravosi che esigeranno uno sforzo straordinario della nostra componente militare. La stessa previsione di una crisi di portata variabile e di lungo periodo rende necessario pensare a misure adeguate sul piano organizzativo, finanziario, dell'adeguamento dei mezzi e del personale. Di fronte alle Commissioni parlamentari competenti ritengo, per questo, doveroso ricordare che il Governo ha in corso un generale approfondimento sulle scelte programmatiche che si rendono necessarie per il nostro strumento militare nazionale. Alcune di queste scelte sono già chiare. Sul piano del personale, il transito ad un sistema militare completamente professionale è funzionale alle nuove esigenze. Il Governo lo porterà avanti con il massimo impegno. Parimenti, sarà perseguita una maggiore valorizzazione della condizione militare per assicurare le spinte motivazionali necessarie agli impegni che aspettano i nostri uomini. Non vorrei anticipare in modo imprudente quanto intendiamo realizzare, ma faremo il possibile perché la transizione ad un esercito professionale abbia luogo in tempi più ravvicinati rispetto a quelli previsti da coloro che lo hanno introdotto.
Sul piano organizzativo stiamo mettendo mano all'intero corpo normativo, per dare ulteriore impulso al riordino delle strutture, oltre che alla completa attuazione delle riforme.
Sul piano dei mezzi intendiamo accelerare i seguenti programmi già avviati: una componente informativa di sorveglianza satellitare, con capacità di intelligence strategica tramite telerilevamento effettuato con sensori ottici e radar; un'unità navale di supporto polivalente, con capacità di intercettazione delle comunicazioni anche in ambiente elettromagnetico avverso; una componente informativa aerotrasportata con capacità di intelligence anche in campo tattico; un sistema di sensori aerotrasportati ed eliportati per la sorveglianza terrestre, mirata a dotare l'alleanza di una propria capacità supportata da sistemi nazionali interoperabili; sottosistemi nazionali di sorveglianza e di acquisizione obiettivi per le unità dell'esercito; una nuova linea di aerei per la sorveglianza marittima in grado di assicurare anche il monitoraggio del traffico mercantile, il concorso nel controllo delle attività economiche marittime, la sorveglianza antinquinamento, la lotta ai traffici illegali ed all'immigrazione clandestina; una linea di volo per la sorveglianza aerea, per garantire un'adeguata ed efficace copertura radar delle aree di interesse, nonché l'avvistamento lontano della minaccia aerea anche a bassa quota.
Infine, sul piano internazionale vorrei spendere due parole per l'alleanza, per segnalare come le dichiarazioni del Consiglio atlantico abbiano rappresentato una delle più ampie manifestazioni di solidarietà politica della storia recente. Il ricorso all'articolo 5 del trattato di Washington, che è stato al centro della coesione alleata


Pag. 10

per mezzo secolo, consente ancora oggi all'alleanza di esprimere tutta la portata dissuasiva della sua forza. Tuttavia, sta cambiando la dimensione e la stessa ragion d'essere dell'alleanza che, come ho più volte ricordato, si è trasformata da sistema di difesa, e cioè esclusivo, ossia orientato contro un potenziale nemico, in sistema di sicurezza inclusivo, ossia destinato ad ampliare il numero degli attori per far fronte a minacce dai contorni meno definiti: guerre etniche, instabilità, conflitti a bassa intensità.
Signori presidenti, colleghe e colleghi, oggi il Governo è pienamente consapevole del fatto che l'ambito delle responsabilità è cambiato: si è enormemente allargato. Viviamo in una fase storica in cui, di fatto, stiamo costruendo una nuova dimensione di sicurezza comune, finora ben incarnata dall'Alleanza atlantica e che oggi trova riferimenti anche nelle Nazioni Unite così come nell'Unione europea. Di fronte al terrorismo, le istituzioni internazionali si affermano quali vere e proprie comunità di valori, punti di riferimento per tutti i paesi ed i popoli che pongono la democrazia come sistema politico, la libertà, il diritto, la crescita dell'individuo, al centro della propria vita e delle proprie dinamiche sociali, culturali ed economiche. È in questo quadro che riteniamo giusto interpretare la nostra partecipazione alla lotta al terrorismo, quale tutela di un sistema di valori che è fondamento della civiltà che condividiamo con i paesi a noi alleati ed amici, ma anche quale difesa degli interessi e delle attese più particolari della nostra comunità nazionale, dei nostri ambiti più ristretti, delle nostre famiglie, di ciascuno di noi come individuo.

PRESIDENTE. Grazie, signor ministro. Do ora la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o richieste di chiarimento.

MARCO MINNITI. Ringrazio il signor ministro per le informazioni che ci ha fornito; tuttavia, ritengo utile richiamare il Governo ad una maggiore sobrietà nella trattazione di questioni così delicate (non mi riferisco alla comunicazione fornitaci oggi dal signor ministro, nè all'attività complessiva dello stesso). Pur tuttavia, non vi è dubbio che in questi giorni abbiamo assistito ad un notevole abuso di dichiarazioni virgolettate da parte di esponenti del Governo e da parte di ufficiali di stato maggiore. In una situazione così delicata - al fine di non compromettere il rapporto tra Governo e Parlamento, che entrambi hanno ricercato - è necessario, a mio parere, attenersi a principi di rigore, riservatezza e sobrietà; principi, purtroppo, troppo spesso, soprattutto nell'ultima settimana, violati.
Seconda questione. Prendiamo atto della disponibilità che il Governo ha manifestato nei confronti dell'amministrazione degli Stati Uniti d'America; disponibilità che ritengo rientri tra i poteri e le prerogative del Governo, anche se non ho la competenza tecnica per poter giudicare (ognuno di noi conosce più o meno bene gli argomenti su cui il signor ministro nel suo intervento si è soffermato). È utile sottolineare che tale disponibilità non si configura come una nostra messa a disposizione dell'Alleanza atlantica, di cui pure facciamo parte; perché se essa si configurasse come tale ci troveremmo di fronte ad un atto per noi particolarmente impegnativo. Come è noto, nel momento in cui delle forze armate italiane siano messe a disposizione di tale Alleanza, esse ricadrebbero nella piena sovranità della stessa, e non più in quella nazionale. Al momento, stiamo parlando di una disponibilità da parte del Governo italiano verso un Governo alleato, impegnato in una missione delicata - la lotta al terrorismo - diretta a colpire i colpevoli di quel drammatico gesto di sfida all'umanità quale si configura l'attentato alle Twin towers di New York e al Pentagono. Qualora poi ci dovessimo trovare di fronte a formali richieste - il ministro ci ha appena detto che al momento non vi sono tali richieste


Pag. 11

- mi sembra giusto ricordare, al Governo e a tutti quanti noi, che affinché tali formali richieste divengano disponibilità effettive da parte del nostro paese, occorre il voto del Parlamento.
Per quanto riguarda l'impegno italiano in Kosovo e, in generale, nei Balcani, mi sia consentito svolgere rapidamente un'osservazione. Un'eventuale integrazione del contingente militare presente in Kosovo con truppe europee e, quindi, anche italiane, non deve essere intesa come sostituzione totale delle truppe USA. Credo che questa non sia la volontà dell'amministrazione americana; in ogni caso, ritengo che l'Italia e l'Europa debbano lavorare affinché si possa prevedere una riduzione del contingente militare americano, ma non un loro disimpegno totale nei Balcani. Ciò per ovvie ragioni; non si tratta soltanto di presenza di truppe, ma anche di sistemi informativi molto complicati che la presenza degli USA consente di disporre come una sorta di ombrello. Questo la dice lunga sulla necessità di sviluppare un progetto di difesa e di sicurezza comune europea; questione sulla quale brevemente vorrei soffermare la mia attenzione. Noi dobbiamo lavorare anche nei Balcani in rapporto con gli altri paesi europei.
Sollecito formalmente il Governo a rafforzare, anche in queste ore, il rapporto con gli altri partner europei; un rapporto che mi è parso particolarmente indebolito e messo in discussione dalle vicende relative al prevertice di Gand; faccio riferimento, anche in questo caso, ad una chiacchiera eccessiva (utilizzo le parole nella loro più stretta accezione) che si è svolta intorno a programmi europei di carattere militare, particolarmente rilevanti, programmi che abbisognavano ed abbisognano di una discussione impegnata in Parlamento e nel Governo, e non di chiacchiere giornalistiche che arrecano un danno molto serio al nostro paese e alle prospettive dell'industria nazionale. Non c'è dubbio che qualora si dovesse discutere di scelte unilaterali del nostro paese, in riferimento a programmi così impegnativi, dovremmo discuterne in sedi formali, sapendo che la cooperazione industriale costituisce un punto essenziale per quanto riguarda la possibilità di realizzare una comune politica di difesa e di sicurezza europea: se non c'è cooperazione industriale non esiste nemmeno una politica di difesa e di sicurezza europea.
Mi sia consentito, inoltre, di soffermarmi su altre due questioni. Nel corso del dibattito parlamentare, qualora dovesse essere avanzata una richiesta formale, risulta chiaro che occorrerà discutere anche della configurazione della missione in ordine agli eventuali impegni delle forze italiane e alle regole di ingaggio. Il signor ministro nel suo intervento non ne ha fatto cenno, perché si tratta al momento di una disponibilità che non costituisce ancora richiesta formale di impegno.
Infine, ritengo che sia compito del Parlamento ed anche del Governo italiano valutare gli effetti dell'iniziativa umanitaria in territorio afgano. È opportuno che il Governo italiano si attivi in sede di Nazioni Unite, in rapporto con gli Stati Uniti d'America e con gli altri partners dell'Unione europea, allo scopo di prendere seriamente in considerazione il programma straordinario di sostegno ai profughi situati lungo il confine con il Pakistan. Occorre un intervento più efficace di quello sin qui realizzato; mi riferisco in particolare agli aviolanci di materiale umanitario paracadutati sul territorio afgano i quali, soprattutto in una prima fase, ma ancora oggi, sono serviti soltanto a sostenere le milizie che si combattono sul campo, ma non sicuramente la popolazione civile.
Come italiani dobbiamo porre, nelle sedi internazionali, la questione di come garantire il sostegno umanitario a coloro che sono protagonisti inconsapevoli di questa guerra. È pertanto utile richiamare il ministro della difesa - in quanto qui presente -, il Governo nella sua complessità


Pag. 12

e il ministro degli affari esteri affinché intorno a questi temi si possa intraprendere un'iniziativa rapida e urgente, che veda l'Italia protagonista anche di questo passaggio che ritengo assolutamente essenziale.

ANTONIO MARTINO, Ministro della difesa. Ho dimenticato di dire, in apertura del mio intervento, che il ministro Ruggiero si scusa per la sua assenza, ma è impegnato all'estero.

ELETTRA DEIANA. Signor ministro, noi di Rifondazione comunista esprimiamo un giudizio molto negativo sulla disponibilità che il Governo ha in più occasioni espresso all'amministrazione americana per un impegno più diretto del nostro paese. Il giudizio non è negativo per ragioni di metodo - mi riferisco alle numerose esternazioni del ministro in questi giorni - ma per ragioni di merito: crediamo che oramai sia chiaro che ci troviamo di fronte ad un'azione di guerra, con tutte le caratteristiche e le conseguenze negative che ne derivano. Il terribile eufemismo «effetti collaterali» viene sempre più utilizzato, visto che i bombardamenti indiscriminati rappresentano la caratteristica fondamentale di questa operazione, con l'obiettivo ovvio e scontato, come in tutte le guerre, di seminare terrore nella popolazione civile.
Al cordoglio, che rinnoviamo, per le vittime innocenti della strage terroristica di New York aggiungiamo oggi il cordoglio per le vittime innocenti della guerra che gli anglo-americani stanno portando avanti. C'è un punto che voglio sottolineare con particolare forza: a me sembra che stia crescendo il gap tra le intenzioni dichiarate (colpire i terroristi, eliminare Bin Laden) e le forze messe in campo con le dinamiche che si sono attivate e le possibili conseguenze, a partire da una crescente destabilizzazione dell'area, che potrebbe avere conseguenze devastanti andando ad alimentare e legittimare, presso crescenti settori delle popolazioni musulmane, quello stesso terrorismo che si dice di voler combattere.
La domanda che le vorrei rivolgere investe complessivamente tutta la nuova concezione della difesa, cui lei fa costantemente riferimento, che è stata messa a punto e discussa in una fase in cui non era così drammatico e pregnante il rapporto tra l'azione del terrorismo e la risposta che l'Occidente deve fornire nei confronti di questa azione per salvaguardare la propria sicurezza, i propri confini, la capacità di controllare i settori strategici e le risorse (come afferma l'articolo 24 del nuovo concetto strategico della NATO); quindi una domanda che investe la necessità che il Parlamento rimetta in discussione le strategia di difesa alla luce delle novità che provengono da questa connessione, di inusitata violenza, tra azione terroristica e reazione da parte dell'Occidente. La domanda è: qual è il reale obiettivo che, sfruttando l'evento terroristico, viene oggi perseguito dall'azione di guerra che la NATO e gli Stati Uniti stanno sviluppando in quell'area del mondo? Snidare i terroristi oppure compiere un altro passo verso la costruzione di quella strategia di controllo e protettorato di zone del mondo ritenute strategicamente fondamentali per la sicurezza occidentale?
Credo che si tratti di una questione fondamentale, di cui bisogna investire il Parlamento. Noi chiediamo che il Governo blocchi tutti gli impegni di aiuto militare e si faccia tramite di un'azione forte in sede internazionale per ottenere la cessazione immediata dei bombardamenti contro la popolazione civile. Crediamo sia oramai insopportabile che i mass media ci rendano edotti di avvenimenti terribili che colpiscono donne e bambini inermi, che provocano disastri tra la popolazione civile, disastri tra l'altro denunciati anche dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite, che paventa il rischio di una catastrofe umana in quelle zone. Pensiamo che


Pag. 13

sia ormai intollerabile che esponenti del Governo, ma non solo, continuino ad indicare come palliativo per questa tragedia umana che si sta consumando aiuti gettati dagli aeroplani (olio, burro di arachidi o alimenti del genere).
Occorre chiedere l'immediata cessazione dei bombardamenti; soltanto in tale modo si potrà cominciare a capire, visto il fallimento dell'azione militare nello snidare i terroristi protetti dai talebani, come raggiungere questo obiettivo investendo in maniera seria le Nazioni Unite del problema e cercando di mettere in atto un dispositivo internazionale di cooperazione, di diplomazia, di pressione politica. Se l'obiettivo è la lotta al terrorismo, come noi pensiamo, ci deve essere un'azione dell'Occidente e dell'Italia affinché il problema venga assunto con consapevolezza da tutta la comunità internazionale, ma evidentemente ciò può avvenire soltanto attraverso un'azione preventiva di richiesta e di attuazione della cessazione dei bombardamenti.

ALBERTO DI LUCA. Vorrei esprimere il mio apprezzamento per le puntuali informazioni che il ministro ha portato alle Commissioni parlamentari, soprattutto perché molto precise; mi permetto di dissentire da lui, che quasi voleva scusarsi del carattere analitico della sua relazione, perché l'analiticità elimina possibilità di equivoco, ma soprattutto ci permette di essere tempestivamente aggiornati in un momento così grave per il nostro paese.
Ministro, il rapporto che vediamo svilupparsi quotidianamente con gli Stati Uniti va evidentemente interpretato in termini assolutamente positivi. È bene che sia così e ci piacerebbe pensare che oltre al profilo strettamente militare vi sia un prosieguo di collaborazione con gli Stati Uniti in un'ottica di solidarietà per affrontare anche temi legati alla diplomazia e, in fase successiva, agli aspetti umanitari.
In un intervento che mi ha preceduto ho sentito parlare di cooperazione industriale (credo con un leggero tono polemico legato a ciò che è accaduto nei giorni scorsi a Gand); al riguardo invito il Governo a continuare a porgere la massima attenzione alla cooperazione industriale, senza che questa diventi però a senso unico, facendo sì che abbia una logica di reciprocità, e che comunque non sia penalizzante per il nostro paese.
Concludo il mio intervento con una domanda tecnica. Ministro, lei ci ha parlato di una serie di mezzi e di personale che potrebbero essere coinvolti, nel momento in cui ne dovessimo ricevere formale richiesta. Mi pare che ci siano 16 o 18 Centauro in fase di test in America e sembra che gli americani possano essere interessati ad averne a disposizione nel teatro delle operazioni un numero intorno a cinquanta: i mezzi saranno affidati a personale italiano o saranno semplicemente concessi?

MARCO ZACCHERA. Intervengo anche in rappresentanza del gruppo di Alleanza nazionale per esprimere soddisfazione per il rapporto, molto puntuale, che il Governo sta avendo in questo momento con il Parlamento. Vi sono già stati diversi incontri e, di volta in volta, sono stati sottolineati determinati aspetti oppure eventuali evoluzioni della situazione.
Oggi in gran parte l'attenzione è concentrata sull'aspetto militare, ma dovremmo soffermarci, per un attimo, su temi di carattere politico; ritengo che in questi ultimi giorni siano emersi, sullo scenario internazionale, degli elementi estremamente rilevanti come, ad esempio, l'incontro di Shanghai e la conseguente configurazione di un rapporto molto più stretto (a causa anche dell'emergenza di questi giorni) tra Russia, Stati Uniti e Cina. Questi sviluppi impongono all'Europa una maggiore attenzione per questi nuovi scenari, evitando di rimanere ai margini di un discorso molto importante relativo anche alla situazione futura, a quando cioè, sarà terminata la guerra «guerreggiata». Il problema è che - come diceva prima il collega dei Democratici di


Pag. 14

sinistra - si deve prestare molta attenzione all'interno dello scenario europeo perché l'Italia deve, con fierezza e con forza, svolgere la propria parte.
Quando lei, signor ministro, poc'anzi ci ha illustrato dettagliatamente la situazione relativa alle nostre disponibilità militari, abbiamo potuto renderci conto di come questo sia per noi uno sforzo abbastanza ingente e notevole ma anche, rispetto alla macchina da guerra doverosamente messa in campo dagli Stati Uniti e parzialmente anche dalla Gran Bretagna, di quanto siano limitati i mezzi a nostra disposizione. Ritengo comunque che mettere a disposizione quanto è nelle nostre possibilità significhi dare una risposta in termini di credibilità del nostro paese; credibilità che, qualche volta, viene messa in dubbio da certe prese di posizione politiche (legittime perché naturalmente tutte le opinioni sono legittime, come quelle della collega che mi ha preceduto) che noi non condividiamo e che tendono anche a compromettere l'immagine dell'Italia all'estero, allorché non si riesce bene a capire quale sia poi l'effettiva posizione del nostro paese. Noi crediamo che l'effettiva posizione dell'Italia sia quella indicata dal ministro Martino e dal Governo.
Vorrei ora rivolgere brevemente alcune domande e delle raccomandazioni. La prima raccomandazione riguarda il tema del piano umanitario. Ripeto testualmente quanto affermato durante il primo intervento. Ritengo che l'Italia debba qualificarsi e procedere per tempo a stabilire, in vista dell'inverno, un piano umanitario che interessi le zone intorno all'Afghanistan, creando in qualche modo un cordone intorno a questo paese, dove la situazione è veramente molto difficile ed è destinata a diventarlo sempre di più. Noi, che non abbiamo molti soldati né le portaerei, possiamo però fare molto sul campo in questo senso.
Sul secondo aspetto - a mio avviso il più importante - vorrei rivolgere una domanda al signor ministro. Mi riferisco al settore della difesa, che forse presenta dei risvolti anche di politica interna: l'altro grande fronte su cui sono impegnati gli Stati Uniti è la guerra batteriologica; sembra ormai accertato che gli attentati - che stanno proseguendo anche in questi giorni - abbiano assunto le caratteristiche di attacco biologico (abbiamo tutti presente quanto sta succedendo in quel paese). Vorrei sapere dal signor ministro come si pone il nostro paese rispetto a questo tema; è vero che è un problema di ordine pubblico, ed anche sanitario, ma dobbiamo anche tener presente - con scienza e coscienza - che qualora questi non siano soltanto fenomeni isolati (e quindi tutto sommato controllabili) e dovessero estendersi anche ad altre parti del mondo, l'Italia si troverebbe - temo - in prima fila.
Ritengo che su questo tema sia necessaria qualche ulteriore sottolineatura, anche se non in questa seduta, dato che il tema specifico di oggi è la nostra disponibilità militare; dico ciò perché dobbiamo guardare avanti in modo da farci trovare preparati di fronte ad una potenziale minaccia che sottolinea, a mio avviso, non soltanto come il terrorismo sia diabolico e perverso, ma come abbia pianificato questi attacchi batteriologici ben prima dell'11 settembre. Queste azioni non sono - come qualche parte politica ha affermato - una risposta ai bombardamenti degli Stati Uniti; esse erano state «coltivate» ed organizzate prima, ed erano a disposizione dei terroristi come seconda fase dopo il bestiale attentato dell'11 settembre. Condivido, pertanto, con soddisfazione quanto affermato dal Governo e ringrazio il signor ministro se vorrà fornire anche queste delucidazioni.

LAMBERTO DINI. Onorevoli presidenti, onorevole signor ministro, apprezziamo lo sforzo del Governo nel voler dare concretezza alla disponibilità - manifestata a più riprese - del sostegno (anche mediante forze militari) agli Stati Uniti nella lotta al terrorismo, qualora questo


Pag. 15

venisse richiesto. Auspichiamo che gli Stati Uniti possano raggiungere rapidamente gli obiettivi più immediati che si sono prefissati (condivisi da una vasta coalizione di nazioni, compresa l'Italia) cioè distruggere le basi terroristiche in Afghanistan, catturare possibilmente Bin Laden, prodursi in uno sforzo massiccio per portare aiuti umanitari alle popolazioni e costruire un nuovo Governo di larga coalizione. Al di là dello strumento militare l'Italia è impegnata - dalle risoluzioni delle Nazioni Unite 1368 e 1373 e dalla decisione del Consiglio europeo del 21 settembre - nel prestare una collaborazione negli altri campi, ossia nell'uso degli altri strumenti necessari per sconfiggere il terrorismo e che comportano la cooperazione a livello di intelligence, di polizia giudiziaria e anche l'attivazione di strumenti finanziari per bloccare e prosciugare le fonti di finanziamento delle basi o delle cellule terroristiche sparse nel mondo e presenti probabilmente anche nel nostro paese. A questo riguardo vorrei chiedere quali siano le iniziative che il nostro Governo ha adottato, o intende adottare, per rispondere a quelle risoluzioni ed a quelle richieste di cooperazione nei campi - escluso quello militare - che ho poc'anzi indicato.
Il Governo ha anche manifestato, sia nei giorni scorsi sia durante la visita del Presidente Berlusconi a Washington, la disponibilità a contribuire alla possibile sostituzione di forze militari americane nei Balcani (sottolineo che si parla «di forze» e non «delle forze»); condivido quanto affermato dall'onorevole Minniti, e cioè che l'abbandono della presenza militare americana nel Balcani non sarebbe nostro interesse. Dico ciò perché i nostri contingenti militari verrebbero così privati di strumenti indispensabili per la loro attività. Il Presidente Berlusconi aveva indicato la disponibilità a dare un contributo a tale sostituzione qualora gli americani ritengano necessario dover ritirare il loro contingente, di stanza nei Balcani, composto da circa 4.500 militari. Ora il ministro ci ha confermato che gli Stati Uniti non hanno ancora richiesto un contributo operativo ma che potrebbero farlo in fasi successive a quella attualmente in atto in Afghanistan. Se guardiamo l'elenco illustratoci dal ministro, relativo alla consistenza delle forze che potrebbero essere rese disponibili nei vari settori (aereo, navale e anche terrestre), notiamo come queste non siano forze che si presterebbero alla sostituzione dei soldati dell'esercito, e sottolineo esercito, americano presente attualmente nel Balcani; sono forze specialistiche che non comportano un largo numero di addetti ma direi un numero piuttosto limitato.
Ho avuto modo di evidenziare, davanti alla Commissione difesa del Senato, come la legge finanziaria per il 2002 non privilegi minimamente la funzione difesa; infatti il bilancio della difesa che ci è stato presentato grosso modo ricalca quello del 2001 con piccoli cambiamenti relativi ad aumenti di spesa, i quali interessano principalmente aumenti di stipendi per determinate categorie militari ma non un incremento che, invece, la nuova situazione sembrerebbe richiedere. Ora noi sappiamo che le forze italiane impegnate nei Balcani (8.400 unità) non sono finanziate direttamente attraverso il bilancio della funzione difesa ma attraverso provvedimenti particolari. Vorrei sottolineare che i nuovi impegni operativi dovrebbero essere finanziati attraverso provvedimenti specifici, da approvare da parte del Parlamento in contemporanea alla decisione sull'assunzione di nuove responsabilità operative.

GIULIO ANDREOTTI. Signor presidente, penso sia stato molto opportuno il viaggio del signor ministro - che ringrazio per la esposizione testè svolta - negli Stati Uniti, opportuno anche per contribuire a rimuovere il sentimento espresso, proprio dalle collettività italo-americane, ai nostri colleghi ivi recatisi in occasione della cerimonia per le vittime. Con il mio intervento, vorrei solo accennare a temi sui


Pag. 16

quali penso avremo, nei prossimi giorni, occasione di sviluppare il dibattito parlamentare.
È molto difficile orientarsi nell'attuale frangente perché si tratta di un tipo di conflitto straordinario; basti pensare che nessuna logica porterebbe a pensare che, in una situazione di questo genere, il prezzo del petrolio diminuisca; viene da domandarsi il perché. Vi sono, in tal caso, dei 'tirafili' molto diversi dai canoni ordinari con i quali noi interpretiamo i fatti. Poc'anzi, abbiamo parlato della NATO; a tale riguardo, ricordo che si è riconosciuta l'applicabilità, nell'odierna situazione, dell'articolo 5 del trattato di Washington, concernente i casi di attacco - evenienze che certamente, nel 1949, nessuno pensava potessero essere di questo tipo - portato contro uno dei paesi aderenti. Di fatto, però, si stanno realizzando anche una serie di novità che portano rapidamente verso alcuni ripensamenti. Lo stesso ministro ha parlato prima di una ridiscussione sulla NATO: ciò è indispensabile considerato il significato dello schieramento, anche visivo, di Stati Uniti, Cina e Russia verificatosi proprio negli ultimi giorni. Vorrei sottolineare anche l'effetto positivo - può sembrare un paradosso - di tale situazione. Infatti, probabilmente, la necessità di una lotta globale al terrorismo fa riconsiderare anche agli americani la loro posizione.
Per carità, non sono un cultore particolare del comunismo cinese. Tuttavia, il discorso fatto, nel mese di agosto, da Jiang Zemin è stato di grandissima importanza per l'apertura all'ONU e per tutta una serie di aspetti.
Dunque, il mondo si sta trasformando e ritengo, perciò, che dobbiamo ridiscutere la NATO anche sotto tale aspetto. Infatti, anche se vi è stato l'allargamento e poi un semiallargamento verso la Russia, tutto ciò è forse superato dagli eventi; le contingenze, però, non devono farci ritenere che tutto sia cambiato.
Vorrei ancora accennare alle seguenti questioni. Uno dei nostri compiti è difendere la linea, da noi sempre seguita, di non attribuire facilmente caratteristiche demoniache agli uni o gli altri dei contendenti. Sono contento che il ministro Ruggiero ieri sia andato, e forse lì si trovi tuttora, in Iran; anche a tal proposito vorrei ricordare, in una sede pubblica qual è il Parlamento, che le prime vittime dei talebani sono stati gli iraniani. Non so se ricordate, qualche anno fa, l'uccisione di un gruppo di diplomatici iraniani ad opera dei talebani. Siccome erano iraniani, non hanno commosso moltissima gente; tuttavia, siccome in queste sedi, ogni tanto, si lavora non solo sulla cronaca, sull'attualità e sulle previsioni ma anche sul passato, forse conviene che qualche volta noi richiamiamo quest'ultimo.
Vorrei, infine, svolgere un'ultima considerazione sui Balcani, territori circa i quali noi abbiamo delle responsabilità. Assolutamente non credo che l'interesse degli americani sia lasciare i Balcani; possono avere alcune esigenze ma hanno creato, fra l'altro, strutture tali che penso sia poco ipotizzabile che abbandonino quei luoghi. Devo dire che ricorre fra poco il ramadan, un evento di estrema delicatezza; perciò, anche chi pianifica deve, a mio avviso, tenere conto di quello che sarà l'effetto, poi, in tutto il mondo islamico, di una eventuale violazione o di un non sufficiente rispetto del ramadan.
Certamente, se siamo in grado di farlo, dobbiamo occuparci dei rifugiati afghani ma facciamoci anche carico, per i Balcani, di quanto non ha funzionato. Gli accordi di Dayton stabilivano che i rifugiati dell'Ucraina dovessero tornare nella loro sede, ma non hanno funzionato. È pur vero che non può più protestare, occupato in altre vicende, Milosevic, che era il firmatario. Vi è, dunque, una confusione globale che credo meriti di essere presa un momento in considerazione.
Termino il mio intervento evidenziando un altro aspetto. Il ministro ha dato rassicurazioni,


Pag. 17

per chi tiene a queste cose, circa il proseguimento nella tecnicizzazione e professionalizzazione dell'esercito. A tale proposito, vorrei ricordare che non è stata modificata la Carta costituzionale, dalla quale viene prescritta l'obbligatorietà del servizio militare, ma si provvide con una certa forzatura. Ebbene, penso sia stato utile non averla modificata visto che ora ci troviamo proprio in un momento nel quale - Dio ci eviti ciò - abbiamo maggiori esigenze di carattere militare. Infatti, a chi obiettò la forzatura della Costituzione, ricordo che si rispose che, tutto sommato, in tempo di guerra, sarebbe pur sempre rimasto l'obbligo di prestare il servizio militare.

STEFANO BOCO. Signor presidente, cercherò di porre due questioni e affrontare due temi. Non ho bisogno, signor ministro, di richiamare la nostra posizione a proposito dell'intervento, presa, credo, con maturità, con dolore ma anche con convinzione: il dibattito del 9 ottobre ci ha coinvolto tutti e tutti abbiamo cercato di agire nel modo migliore. Esistono sedi deputate all'informazione e l'odierna riunione delle Commissioni è una di esse; esistono, poi, sedi deputate alla decisione, nelle quali si deciderà, un giorno, come affrontare il problema delle regole di ingaggio. Ovviamente, non si discuterà, allora, quanto oggi lei ha rappresentato alle Commissioni riunite, cioè la disponibilità del paese. Vorrei soffermarmi proprio su tale posizione, ringraziandola, signor ministro, di averla esposta con chiarezza.
Non ho bisogno, lo dicevo prima, di dare un giudizio sulla disponibilità del nostro paese; rappresento, in questa sede, una voce critica rispetto all'intervento. Piuttosto, le domanderei, signor ministro - avendola ascoltata con attenzione, come tutti i colleghi: lo dico con grande rispetto di tutti quanti - se sia verosimile pensare che, a fronte di tale dispiegamento e disponibilità di una delle forze più importanti del pianeta (qual è l'Italia), vi sia solo l'Afghanistan. Personalmente, ho cercato di sollevare l'argomento nel dibattito svoltosi al Senato; infatti, è questa la preoccupazione. Il quadro che noi stiamo vedendo in evoluzione, settimana dopo settimana - e forse, purtroppo, mese dopo mese - incomincia sempre più a chiarirsi come un quadro che amplifica oggettivamente il territorio coinvolto dalla lotta, dalla contesa, da questa guerra, perché così si deve chiamarla. Se si trattasse solo dell'Afghanistan, signor ministro - lo dico con grande rispetto e lo ripeto - non si giustificherebbe, ovviamente, un tale aumento di forze, sempre che le disponibilità manifestate fossero, ovviamente, accettate e messe in campo; mi riferisco anche al dispiegamento della NATO. Credo che questo sia uno dei corni del problema, una delle discussioni che dobbiamo affrontare. Alla base di tutto ciò vi è, da un lato, una società che - ne sono convinto - tutti vogliono «ripulire» da questo efferato, folle e assassino terrorismo e, dall'altro, la preoccupazione che le azioni amplifichino sempre più lo scontro.
Anche il presidente Andreotti nel suo intervento ricordava, in modo prezioso, la capacità e la possibilità - che credo coinvolga tutti - di non vedere l'Islam moderato sempre più in pericolo. Anch'io, quindi, ho preso conoscenza con piacere della visita del ministro Ruggiero in Iran, paese strategicamente importante e delicatissimo per molti motivi. Credo che i dubbi rimarranno e la discussione in tutto il mondo occidentale continuerà su quali siano le migliori azioni per risolvere il problema.
Concludo il mio intervento, signor presidente, con una seconda valutazione. Si parla molto dell'intelligenza delle nostre armi, del nostro esistere: non scenderò sul facile terreno di dimostrare la stupidità delle bombe, ma vorrei che l'intelligenza tecnologica che ci appartiene, signor ministro, fosse anche rivolta alla richiesta internazionale di individuare, con i satelliti che definiscono e ovviamente riconoscono il luogo del cosiddetto obiettivo sensibile, i


Pag. 18

due milioni di afgani che vagano all'interno dell'Afghanistan (credo che ciò riguardi tutti noi). Si tratta di uomini, donne, vecchi e bambini, islamici, comunque cittadini di un paese e sicuramente lontani - credo in gran parte - dalle riflessioni assassine di Bin Laden: stretti dai confini chiusi dei paesi limitrofi, conducono una vita che mi sembra destinata a durare poco. Credo che in Afghanistan vi sia anche tale grande emergenza umanitaria. Non esiste né buonismo né la sua antitesi: esiste la dimensione dei grandi paesi democratici del pianeta che, contemporaneamente e anche attraverso un dibattito ricco come quello che vi è nel nostro paese, utilizzano le loro possibilità per la definizione di tale situazione e per aiutare i profughi.

ROBERTO LAVAGNINI. Signor presidente, cercherò di essere sintetico. Le alleanze stanno cambiando e a livello internazionale si verificano significative convergenze - come ha detto il ministro - tra Stati Uniti, Russia e Cina. Vi è anche stato un grande apporto da parte di tutti paesi occidentali e arabi moderati al fine di risolvere questa gravissima crisi. Siamo stati criticati per i nostri comportamenti e il ministro ha giustamente detto che prudenza non significa immobilismo. Ci troviamo in un periodo di transizione nel quale si passa da un esercito di leva ad uno professionale: tale cambiamento non è ancora avvenuto ed è previsto per il 2007. Non disponiamo numericamente di uomini e mezzi adeguati a causa della politica tenuta in passato nei confronti della difesa italiana e, quindi, cerchiamo di ottenere il massimo consenso da parte dei nostri alleati mettendo in campo tutto quello che abbiamo.
Vorrei riferirmi a quanto detto dall'onorevole Minniti circa la maggiore sobrietà, rigore e riservatezza: in questi momenti i nostri ministri, i sottosegretari e l'intero apparato della difesa sono purtroppo accerchiati dai giornalisti che vogliono notizie. È sufficiente che a qualcuno sfugga mezza parola affinché essa diventi un articolo di giornale o un intervento televisivo. Vorrei ricordare all'onorevole Minniti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel Governo D'Alema, che proprio in occasione della guerra in Kosovo, mentre gli aerei italiani già volavano sulla Jugoslavia, il Parlamento non era informato e i giornali ne davano ampia comunicazione. È facile, quindi, criticare tali comportamenti ma è difficile riuscire ad agire adeguatamente.
Per quanto riguarda il nostro impegno, credo che siamo tra i pochi paesi che fanno parte del team di coordinamento presso il Pentagono e ciò rappresenta un altro punto a nostro favore in riferimento al nostro comportamento nei confronti degli Stati Uniti. Ricordo ai colleghi che dovremmo rispondere ad una richiesta di intervento da parte non soltanto degli Stati Uniti, ma anche della NATO in quanto - se non erro - l'Alleanza atlantica ha già ribadito più volte che l'articolo 5 del trattato istitutivo è stato attivato: quindi anche se la NATO ci chiede di intervenire dovremmo svolgere esattamente il nostro compito e il nostro lavoro.

CESARE RIZZI. Signor presidente, la Lega nord non può che esprimere piena soddisfazione per l'accurata analisi e il dettagliato piano del nostro Governo per fronteggiare l'attuale situazione di crisi, ovviamente con una particolare attenzione ad un'eventuale attuazione di interventi umanitari. Signor presidente, signor ministro, mi compiaccio in quanto per la prima volta un Governo si rivolge alle Camere e alle Commissioni competenti spiegando un piano di azione. Ricordo che nella passata legislatura, durante la guerra dei Balcani, il Governo è venuto a riferire sempre dopo l'accadimento degli eventi, mentre in questo caso si tratta della prima volta che un Governo riferisce con precisione in Parlamento circa le azioni da compiere.
Vorrei chiedere al ministro una particolare attenzione al controllo dei Balcani:


Pag. 19

non vorrei che ci dimenticassimo che in quei territori si trova la maggiore componente di delinquenza organizzata. Pertanto sarebbe opportuno mantenere forze militari in tali zone e impedire il proliferare della delinquenza.
Vorrei coinvolgere il ministro in relazione ad un altro importante aspetto che mi ha molto colpito. Il ministro ha detto chiaramente che ha intenzione di anticipare la riforma dell'esercito professionale. Considerato che tale riforma entrerà a regime nel 2007 e che siamo nel 2001, vi sono sei anni di tempo. Vorrei capire qualcosa di più e vorrei che il ministro fornisse qualche delucidazione. La Lega nord ha sempre preferito un esercito misto ed è stata sempre piuttosto contraria all'esercito di professionisti; tuttavia, considerato che fra sei anni si attuerà tale soluzione, vorremmo capire per quale motivo e in quale modo il ministro intende anticipare questa riforma.

SAVERIO VERTONE. Parlerò per meno di un minuto, soltanto per porre una domanda brevissima, telegrafica. Mi sarei aspettato dalla relazione del ministro, peraltro esauriente sotto molti punti di vista, anche un accenno al progetto della difesa europea che probabilmente è stato messo in crisi dagli eventi succedutisi negli ultimi due mesi, ma di cui occorrerebbe sapere qualcosa di più. Anche la questione del progetto Airbus, dal quale ci siamo ritirati, non favorisce il rafforzamento dei legami interni tra i paesi europei per la costruzione di una forza comune di difesa. Le sarei grato, signor ministro, se ci potesse dire qualcosa sulle prospettive, sulla crisi che sembra subire il processo di formazione di un esercito europeo e sulla possibilità di superamento di tale situazione.

ALESSANDRO FORLANI. Credo che la relazione presentata oggi dal ministro, i fatti di questi giorni, il viaggio di cui ci ha illustrato i risultati e gli interventi che sono stati deliberati confermino il sostegno deciso del nostro paese e del nostro Governo alla risposta americana ai gravissimi attentati del settembre scorso. Dico ciò con riferimento alle polemiche, un po' strumentali, registratesi nelle scorse settimane sul ruolo dell'Italia, su come l'Italia fosse considerata un alleato non completamente affidabile o non del tutto convinto del suo sostegno, nonché alleato di serie B rispetto ad altre potenze mondiali.
Condivido la considerazione del ministro sulla grande manifestazione di solidarietà dimostrata dall'Alleanza atlantica in questa occasione. Credo che questa sia stata una delle prove più difficili dalla sua costituzione ad oggi: una prova concreta di impegno a cui sono stati chiamati gli alleati, di fronte alla quale la risposta dell'Alleanza atlantica ha dimostrato una grande capacità di tenuta e di solidarietà.
Anch'io credo, in linea con gran parte degli interventi che mi hanno preceduto, che una vicenda così drammatica come quella che hanno vissuto sulla propria pelle gli Stati Uniti, ma non solo, richiedesse una risposta concreta, drastica e precisa che non si prestasse ad equivoci.
Abbiamo condiviso la tesi di un intervento militare mirato, limitato negli obiettivi. Questi ultimi dovevano essere la lotta e la distruzione della rete terroristica, così come lo smantellamento del regime talebano, che si era rifiutato di consegnare i terroristi, che ospita e protegge, e che da cinque anni applica disposizioni gravemente lesive dei diritti umani nel territorio della Afghanistan.
Credo, tuttavia, che ogni riflessione, ogni decisione, ogni comportamento di politica internazionale debba monitorare quotidianamente quanto accade; così come debba tenere conto dei risultati e di quanto, anche involontariamente, può verificarsi, in modo da introdurre dei correttivi.
Arrivano continuamente notizie di vittime civili, spesso inevitabili in questi casi, di obiettivi civili e residenziali che vengono


Pag. 20

colpiti, di profughi disperati respinti alle frontiere (dato che il Pakistan non è più in grado o non ha più la volontà di ospitare questo flusso così forte di disperati che fuggono dalla guerra e dai bombardamenti), di peggioramento delle condizioni economico-sanitarie, già gravi di per sé prima dell'inizio dei bombardamenti, così come di difficoltà sempre maggiori per gli interventi umanitari da parte sia della comunità occidentale, sia degli altri paesi arabi moderati, fintanto che l'azione militare è in atto.
Le considerazioni ulteriori che possono creare un certo allarme sono quelle di alcuni osservatori in questi giorni: sembra che sempre più, intensificandosi i bombardamenti e la distruzione degli obiettivi militari, prevalga nei talebani la scelta della guerriglia contro le truppe americane, una volta che queste siano passate all'attacco di terra. Si parla sempre più dei tempi lunghi dei bombardamenti, nonostante l'intensità dell'azione militare anglo-americana. Si parla, inoltre, della possibilità di un nuovo Vietnam, con riferimento alle eventuali azioni sul territorio e ai tempi sempre più lunghi. Ricordiamo bene la vicenda dello scontro in Vietnam degli americani contro i cosiddetti vietcong. Si parla anche di una vicenda simile a quella che caratterizzò lo scontro fra i guerriglieri afghani e gli occupanti sovietici: tutte vicende lunghe, logoranti e destabilizzanti, che producono vittime e impoveriscono ulteriormente quell'area del mondo.
Credo che comunque la solidarietà verso gli Stati Uniti, così duramente colpiti, la fedeltà al trattato di Alleanza e la volontà di colpire il terrorismo non debbano precludere una costante attenzione alle quotidiane evoluzioni dell'intervento, rettificando volta per volta le scelte e verificandone progressivamente l'idoneità rispetto agli obiettivi.
Siamo certi che la strada che abbiamo intrapreso e che sosteniamo sia la più idonea per raggiungere l'obiettivo in una ottica di equilibri mondiali, di pacificazione mondiale e di ripresa del dialogo tra quelle che sembrano essere sempre più due culture tendenti a contrapporsi. È possibile ancora una sospensione, come ha chiesto l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati?

PRESIDENTE. Mi dispiace, senatore Forlani, ma sono costretto a dirle che il tempo a sua disposizione è terminato.
Ringraziando gli onorevoli deputati e senatori per gli interventi effettuati, do ora la parola al ministro Martino per la replica.

ANTONIO MARTINO, Ministro della difesa. Mi scuso del fatto che la ristrettezza dei tempi abbia compresso il dibattito, ma è stata mia precisa volontà che questa informativa al Parlamento si svolgesse il più presto possibile.
Mi scuso inoltre se non risponderò a tutte le domande, perché non c'è tempo sufficiente.
In primo luogo vorrei fornire il chiarimento sollecitato dall'onorevole Di Luca. Il discorso relativo al Centauro, che si inquadra nel fatto che le notizie della stampa vanno prese con beneficio di inventario, rappresenta la ragione per cui siamo orgogliosi della nostra industria nazionale. Si tratta infatti di una normale transazione: l'esercito degli Stati Uniti acquista dall'esercito italiano altri 44 Centauro, oltre ai 16 che ha già in dotazione, perché ne ha bisogno immediato e l'industria non glieli può fornire nei tempi brevi richiesti. Pertanto, non c'è personale italiano implicato, né sappiamo come li useranno, proprio perché saranno di proprietà dell'esercito americano, che ne farà l'uso che vorrà.
All'onorevole Minniti, che ha sollevato alcune questioni davvero molto importanti, vorrei dire che condivido in pieno il suo richiamo alla sobrietà, alla riservatezza e al rigore e mi considero personalmente vittima del fatto che tali aspetti


Pag. 21

siano stati violati. Quando la persona che parla è un politico la questione è grave, ma non è sempre seria; quando invece si tratta di un alto ufficiale la questione è non solo seria, ma anche gravissima. Poiché sui giornali e sugli altri organi di informazione sono apparse molte notizie, alcune del tutto destituite di fondamento, mentre altre fondate, devo pormi, come ministro della difesa, il quesito se ciò sia compatibile con i doveri di un alto ufficiale.
Con riferimento al problema della formale richiesta e quindi del passaggio parlamentare, forse in termini meno aulici del testo scritto, posso rispondere che esistono tre livelli. Quello della disponibilità: abbiamo cioè dichiarato quali risorse potevamo mettere a disposizione nel caso in cui ci venisse richiesto. Quello dell'offerta, che ho fatto al segretario della difesa Rumsfeld, nei termini che ho prima illustrato. Infine quello dell'impiego, vale a dire che l'effettivo utilizzo di quelle risorse militari dipende dalle decisioni che verranno assunte. È ovvio che a quel punto ci sarà il passaggio parlamentare come da lei richiesto.
Non vorrei fare un processo alle intenzioni, perché lei non lo ha detto esplicitamente, ma dato che l'onorevole Veltroni lo ha detto, poi, apertis verbis facendo riferimento alla difesa europea e al problema dei velivoli da trasporto A400M, vorrei dire che con riferimento a questi ultimi potrò fornire le relative informazioni in un'occasione ad hoc o anche in risposta alle interpellanze che anche lei ha presentato. Personalmente, ritengo che la difesa europea sia stata, non a caso, storicamente, il primo degli obiettivi europei ad essere perseguito. Che poi la CED sia fallita nel 1954 è un altro discorso, ma per usare il gergo degli economisti la difesa rappresenta certamente un bene pubblico a livello nazionale (perché solo lo Stato la può fornire), così come a livello europeo, perché vi sono degli indubbi vantaggi a perseguire questo obiettivo a tale livello rispetto a quanto possono fare i singoli Stati nazionali. Così come sono pienamente d'accordo che sia essenziale, in quell'ottica, dar vita a una difesa europea. Il quesito è un altro (e vedremo nei dettagli perché): se cioè effettivamente questo specifico progetto persegua in modo conveniente ed efficace quegli obiettivi. Personalmente ho molti e profondi dubbi, dei quali in privato ho informato anche qualche esponente dell'opposizione. Se capiterà l'occasione, risponderò in modo più esplicito.
A proposito di questo particolare caso...

MARCO MINNITI. Lei non ha parlato della questione, ma lo hanno fatto altri esponenti del Governo.

ANTONIO MARTINO, Ministro della difesa. Le dirò di più. Ieri, dopo l'incontro con il mio amico Javier Solana, in conferenza stampa sono stato «bombardato» da domande sull'argomento ed ho dovuto rifugiarmi in una mia vecchia passione, cioè la figura del Presidente degli Stati Uniti Calvin Coolidge (per me uno dei più grandi Presidenti degli Stati Uniti), il quale ad una domanda di un giornalista rispose: «Non ho nulla da dichiarare e questo è strettamente off the record». So che lei è perfettamente consapevole che sono stato vittima di quella mancanza di sobrietà e che non è stata una mia responsabilità. La ringrazio comunque per le sue molte sollecitazioni.
Per quanto riguarda il problema sollevato dal collega Zacchera sulla guerra batteriologica in Italia, rispondo che il Ministero della salute ha già avviato una serie di iniziative, predisponendo anche l'ausilio di un numero verde. Sull'argomento sarebbe comunque più qualificata una risposta del collega Sirchia.
Mi dispiace che il senatore Dini sia andato via, perché ha sollevato diverse questioni importanti sia sulla necessità di finanziare un eventuale impiego di queste risorse, prevedendo allora in tempi brevi


Pag. 22

una iniziativa del Parlamento, sia sulla parziale sostituzione dei contingenti americani nei Balcani. Ha affermato che alcune forze non sono adatte, ma credo che per la componente terrestre ci sia ampio spazio per operare eventualmente una sostituzione.
Ringrazio il senatore Andreotti, che ha ricordato l'utilità del mio viaggio. La comunità italoamericana aveva «bombardato» la nostra ambasciata di Washington con 3 mila messaggi di insulti contro di me perché un'agenzia aveva riportato - inventandola del tutto - una mia presunta dichiarazione di indisponibilità dell'Italia a collaborare nello sforzo comune contro il terrorismo. Per fortuna il giorno prima avevo telefonato al segretario di Stato americano per la difesa Rumsfeld, che ha poi dichiarato ad un giornalista di aver parlato con me e che le cose stavano nei termini corretti. Oltretutto, devo riconoscere che è stato molto cortese ad incontrarmi, dato che si trattava di un viaggio informale determinato da un altro fine.
Il problema della riforma della NATO, sollevato dal senatore Andreotti, un giorno dovrà essere affrontato. Ritengo però che sia un tema di competenza del collega Ruggiero.
L'argomento della leva, richiamato dal collega Rizzi, deve essere compreso in una discussione più ampia sulle nuove esigenze della difesa che richiedono personale professionalmente molto qualificato. Sono finiti i tempi in cui lo Zar Nicola II, deciso a partecipare alla prima guerra mondiale, ai suoi generali che gli fecero presente di non avere armi rispose che le loro armi erano i petti dei soldati: mandarono i soldati disarmati a farsi massacrare dal nemico. Oggi invece c'è un forte bisogno di investire nel capitale umano, che con un esercito di leva sarebbe difficile poter fare. Comunque non si viola la Costituzione e, come del resto lei ha ricordato, in caso di guerra vale l'obbligo costituzionalmente sancito che prevede, in caso di bisogno, un ampio impiego di truppe, anche se non particolarmente qualificate. Forse sarebbe stato più opportuno modificare la Costituzione.
Sui due argomenti trattati dal senatore Boco, rispondo che la disponibilità dell'Italia è dettata dalle stesse ragioni che ispirano la disponibilità di tutti gli altri paesi. Il terrorismo internazionale è infatti una minaccia totale nei confronti dell'intera comunità internazionale, che ha percepito la gravità di questa minaccia. Non è allora per passione, per usare la forza o per un entusiasmo di guerra, che si è deciso di intervenire, bensì per sradicare questa autentica minaccia per la convivenza civile. Il dramma degli afgani nomadi in Afghanistan rappresenta una delle nostre preoccupazioni principali - se non la principale, insieme con quella dei rifugiati - che ispirerà l'azione umanitaria una volta che la sconfitta della organizzazione di Bin Laden si sarà compiuta.
All'onorevole Deiana ribadisco ancora una volta che siamo tutti d'accordo sul fatto che non siamo d'accordo, ma ciò non è una novità.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro della difesa Antonio Martino per la sua relazione ed i colleghi per la loro partecipazione e dichiaro conclusa la seduta.

La seduta termina alle 15.