AUDIZIONE
La seduta comincia alle 15.20.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, del ministro degli affari esteri, Renato Ruggiero, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
potrà avvenire con il contributo, con l'adesione, con il voto di tutti noi, sarò il primo ad esserne assolutamente soddisfatto. In questo spirito mi accingo a dare la parola al ministro Renato Ruggiero, formulandogli i migliori auguri di buon lavoro, anche a nome di tutti i membri della Commissione.
RAMON MANTOVANI. Non tutti!
PRESIDENTE. Molti sono d'accordo con me: speravo di poterla «conquistare», onorevole Mantovani, ma evidentemente lei ha un orecchio molto attento...
bene la problematicità delle relazioni con gli Stati Uniti d'America riguardo al protocollo sull'ambiente firmato a Kyoto. Tuttavia, l'esame di tali questioni è stato preceduto da uno studio attento e caratterizzato dalla passione di chi vuole risolvere i problemi e non solamente elencarli. Proprio l'intelligenza dei problemi ed il giusto modo di affrontarli ha determinato, stamattina, in sede di discussione delle mozioni, il convergere di un largo consenso (ben più ampio della attuale maggioranza di Governo) su tali temi.
RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Signor presidente, onorevoli deputati, ringrazio la Commissione per l'invito rivoltomi, che mi offre l'opportunità di esporre le linee principali cui intendo attenermi nell'assolvimento del mio incarico di Governo. Ringrazio particolarmente lei, signor presidente, per le parole estremamente generose che ha voluto rivolgermi: le parole generose sono sempre piacevoli per chi le ascolta e tuttavia è poi un impegno arduo dimostrare di esserne all'altezza. Al riguardo, senza dubbio alcuno curerò i rapporti del dicastero e del Governo con la Commissione con l'impegno più ampio possibile. Non vi nascondo di nutrire un complesso di inferiorità per non condividere con voi la stessa investitura democratica, e quindi la sola circostanza di trovarmi al cospetto degli eletti mi gratifica moltissimo e mi sollecita a provare che sono alla loro altezza. Quindi, da tutti i punti di vista manterrò frequenti contatti con la Commissione, alle cui audizioni spero di essere spesso presente. Quando non potrò, sarà soltanto per ragioni obiettive e mio malgrado.
cattivi, ricchi e poveri, ci troviamo in una situazione estremamente più complessa e più fluida; una situazione nella quale è sufficiente che, in un certo momento, nel Messico vi sia una crisi finanziaria perché gli Stati Uniti tremino di fronte alle sue ripercussioni e la crisi medesima si propaghi in vastissima parte del mondo. Lo stesso potrebbe dirsi riguardo alle vicende economiche della pur piccola Thailandia da dove ha potuto prendere avvio una crisi mondiale. Quindi, il vero problema è l'interdipendenza che oggi ci lega: nessun sistema è indipendente, nessuno Stato e nessuna economia possono non tener conto di quanto succede nel resto del globo. È chiaro che la politica, finché opera nei confini nazionali, non è attrezzata per poter governare tutta la complessa rete di interdipendenza e, quindi, non riesce ancora a porre un valido riparo ai nuovi problemi che, poi, sconvolgono la coscienza civile della gente; intanto la sconvolgono in quanto vi è la globalizzazione ed infatti, se questa non vi fosse, mancherebbe anche la globalizzazione della consapevolezza dei problemi. Basterebbe ricostituire le frontiere nazionali: ognuno di noi penserebbe alle vicende del proprio paese e a quelle della propria ricchezza e del proprio benessere mentre nessuno si occuperebbe degli altri.
vertici cui ho partecipato eravamo ancora in pochi - era presente qualche rappresentante del Ministero del tesoro, ma ognuno di noi rappresentanti dei Ministeri degli esteri cercava di mantenere il controllo della preparazione - in seguito essi hanno registrato una partecipazione burocratica molto estesa. Ciò è avvenuto anche perché quando nel vertice si affrontavano temi particolari, quali ad esempio l'ambiente o il commercio con l'estero, i ministeri competenti chiedevano sempre di essere presenti con propri rappresentanti. Oramai in questi incontri si discute di un insieme molto vasto di problemi, e nel tempo si è dato vita ad una notevole macchina burocratica. Tuttavia nessuno di noi, in coscienza, ha mai ritenuto che questi vertici potessero risolversi in un dialogo esclusivo tra i partecipanti.
della sanità; la liberalizzazione del commercio nei confronti dei paesi più poveri per l'Organizzazione mondiale del commercio; le politiche di sostegno allo sviluppo per quanto invece riguarda la Banca mondiale. Si tratta quindi di inviti fatti con uno scopo ben preciso: far discutere queste organizzazioni per capire cosa possono fare e di cosa hanno bisogno.
dall'onorevole Boato e da altri. Ad esempio, non è possibile estendere l'azzeramento ai crediti della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale: se ciò avvenisse, infatti, sarebbe impossibile per queste istituzioni proseguire i loro programmi di sostegno finanziario nei confronti dei paesi più poveri. L'unico modo per ovviare alla situazione di scarsità di risorse proprie in cui questi organismi si verrebbero a trovare sarebbe quello di chiedere ai paesi membri di aumentare i loro contributi, cosa non realistica.
che avere una base più larga di partecipazione sia un fatto estremamente importante.
Non posso dire, però, la stessa cosa per quanto riguarda il Medio Oriente. L'elemento positivo, infatti, per la situazione mediorientale, è che per la prima volta l'Unione europea, gli Stati Uniti, i palestinesi, gli israeliani, il Segretario generale delle Nazioni Unite, sono tutti - sulla carta - formalmente d'accordo che il processo di pace nel Medio Oriente debba ripartire oggi sulle basi del rapporto Mitchell e su quelle del processo per sorvegliare il cessate il fuoco avviato da Tenet: gli elementi, quindi, che dovrebbero condurre ad una ripresa del processo di pace sono concordati.
PRESIDENTE. Grazie, signor ministro; credo di doverla ringraziare doppiamente: non solo per la disponibilità immediata che lei ha dato alla Commissione ad illustrare la sua relazione, ma anche per il modo in cui ha impostato, sul piano concreto del metodo di lavoro, che forse era sconosciuto nei suoi dettagli, il vertice del G8 e gli sbocchi che questo si propone.
MARCO ZACCHERA. Signor presidente, sarò molto breve, anche perché ritengo che tutti i colleghi abbiano il diritto di fare delle domande.
politica della cooperazione, in questo modo avremmo la possibilità di entrare nello specifico e di elaborare delle proposte. Ciò in quanto mi sembra un peccato buttare via tutto il lavoro fin qui svolto; però, allo stesso tempo, ritengo opportuno stabilire un minimo di chiarezza sull'argomento. La netta impressione che ho avuto sul finire della scorsa legislatura era di caos all'interno del Ministero degli affari esteri, nel senso che nessuno aveva un'idea su cosa si dovesse fare, tant'è vero che in passato in Commissione abbiamo registrato offensive e ritirate strategiche al termine delle quali siamo rimasti, come dicevo prima, con la «patata bollente» in mano della riforma della cooperazione.
RAMON MANTOVANI. Signor presidente, ringrazio il ministro per la capacità di sintesi e di chiarezza dimostrata nel suo intervento. Tuttavia, vorrei sottolineare il nostro dissenso dalle sue proposte programmatiche relative al vertice del G8 e, a tale scopo, svolgerò alcune brevi considerazioni.
Non a caso, sulla questione di Kyoto, dopo che sono stati già assunti in altra sede degli orientamenti ed avendo verificato che due dei paesi membri del G7 sono restii a procedere alla ratifica di quelle decisioni, in sede di G7 si procede ad una ridiscussione dei problemi cercando presumibilmente di concertare una posizione comune. Non so se ci si riuscirà o meno, tuttavia sono lieto che l'Italia, anche se forse contrariamente a quanto aveva annunciato improvvidamente il Presidente Berlusconi in un primo momento, abbia assunto una posizione coerente con quanto previsto dal protocollo di Kyoto. Però è presumibile che, se concertazione vi sarà su questo tema, sarà tendente a soddisfare le posizioni che non esito a definire anti-Kyoto degli Stati Uniti e del Giappone. Ancora una volta, si dimostra che in quella sede si concordano orientamenti che poi non si rivelano efficaci per il governo reale del mondo. Ritengo che bisognerebbe procedere in tutt'altra direzione se volessimo dare un governo e non porci il problema della governabilità, perché si tratta di due cose diverse.
(il suo allargamento ad est selezionando i paesi che vi entrano a far parte secondo un criterio piuttosto che un altro e, soprattutto, la sua natura che non è più quella difensiva), per non parlare poi del vertice di Nizza che ha licenziato una carta dei diritti che lascia nel cielo delle buone intenzioni i diritti sociali e che, invece, programmaticamente e politicamente interviene pesantemente per quanto attiene alla liberalizzazione e al governo della moneta attraverso la Banca centrale, e così via, non possiamo - dicevo - non rilevare come tutti questi processi ci stiamo consegnando un'Europa sempre meno politica e democratica, ma sempre più tecnocratica e sempre più semplice parte territoriale di un più vasto mercato mondiale e, più specificatamente, transatlantico. Quando dico di essere contrario alla NATO e a favore dell'Unione europea, è perché penso sinceramente che le due cose siano fra loro alternative e non l'una un aspetto dell'altra. Capisco pure di essere in minoranza nel rappresentare queste posizioni, tuttavia credo che nonostante queste differenze e divisioni profonde che intercorrono fra noi si possano, su punti specifici, trovare forme di collaborazione, come già avvenuto, con i governi che hanno preceduto il vostro.
PRESIDENTE. Onorevole Mantovani, deve avviarsi a concludere.
RAMON MANTOVANI. Ho concluso, signor presidente. Noi siamo sempre a disposizione per trovare punti di accordo, ma allo stesso modo siamo convinti delle nostre posizioni e, pertanto, signor ministro, con riguardo al suo discorso programmatico, svilupperemo per quanto ci è possibile il massimo dell'opposizione.
PRESIDENTE. Do atto all'onorevole Mantovani di tenere una posizione radicalmente diversa da quella della unanimità che io avevo, forse imprudentemente o forse troppo speranzoso, indicato. Conosco benissimo le sue posizioni, delle quali, beninteso, ha tutto il diritto di essere fiero.
GIANANTONIO ARNOLDI. Signor presidente, signor ministro, nelle ultime settimane, negli ultimi mesi, abbiamo un po' tutti notato che l'attenzione, da parte della stampa e dell'opinione pubblica, non è stata diretta verso i temi del vertice del G8 ma, bensì, verso la questione dell'ordine pubblico.
nuovo Governo, siano stati sostituiti o siano rimasti gli stessi, continuando a lavorare in sintonia con le linee del Governo precedente.
VALERIO CALZOLAIO. Signor presidente, concordo con la sua proposta di evitare una relazione globale sugli indirizzi di politica estera, che sarebbe stata troppo generica, e concentrare invece l'attenzione sulle questioni più rilevanti.
altre commissioni ed altri ministri; abbiamo riscontrato come la questione, proprio grazie alle recenti notizie provenienti dagli Stati Uniti, resti di attualità e ritengo che anche il Ministero degli affari esteri dovrebbe fare il punto della situazione, magari coordinandosi con i ministeri della difesa e dell'ambiente.
GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Signor presidente, signor ministro, vorrei soffermarmi sul punto focale dell'agenda del G8 che è la strategia per la lotta alla povertà; in tale ambito saranno tre i pilastri fondamentali sui quali ci si confronterà: le misure commerciali - tra le quali si inserisce l'iniziativa comunitaria Everything but arms - l'incentivazione degli investimenti diretti e gli investimenti sociali con particolare riferimento ai settori della sanità, educazione, formazione professionale e nutrizione.
mobilitando risorse 72 volte superiori al commercio mondiale di merci e servizi. Secondo questa interpretazione il ruolo dei Governi nazionali nella programmazione economica viene ridimensionato, consentendo ad ingenti flussi di capitali di spostarsi in tempo reale e senza regole.
PRESIDENTE. Colleghi, poiché il ministro dovrà allontanarsi alle 17,15 (si è dichiarato disponibile a ritornare la prossima settimana), non tutti gli iscritti a parlare potranno intervenire nel prosieguo della seduta odierna. Gli oratori che hanno chiesto di parlare, ma non potranno farlo, interverranno nella prossima seduta, quando il ministro risponderà a tutti.
VALDO SPINI. Signor presidente, poiché ho esperienza come presidente di Commissione, vorrei sottolineare che la seduta è iniziata alle 15,30. Detto ciò,
vorrei introdurre qualche considerazione di politica generale.
piano di Powell sulla tregua è stato, di fatto, rotto. Credo sarebbe quanto mai utile e calzante anche un'espressione italiana di preoccupazione ferma e di allarme verso ciò che sta avvenendo.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Spini. Mi permetta di dirle che lei è stato esemplare nella sintesi e nell'efficacia del suo intervento. Mi scuso per il ritardo con cui ha avuto inizio la seduta: per la precisione storica (non mi consideri troppo pignolo) è iniziata alle 15,20: quindi si sono aggiunti cinque minuti al quarto d'ora accademico, che, forse, sono accettabili per la prima seduta.
SERGIO MATTARELLA. Vorrei ringraziare il ministro Ruggiero per la sua presenza e formulare gli auguri per il suo lavoro. Il fatto di essere stati insieme per alcuni anni nel Consiglio dei ministri non attenua la circostanza che adesso apparteniamo a due schieramenti contrapposti, ma questo non mi impedisce di rivolgergli gli rivolga gli auguri di buon lavoro nell'interesse del nostro paese.
Questo è uno dei tanti aspetti che sottolineano quanto ha detto il ministro sul tema della globalizzazione come interdipendenza ineludibile che, affinché sia positiva, deve essere governata, ma che comunque non può essere cancellata per mero desiderio.
Mi auguro che ciò possa ripetersi sovente, come lo stesso presidente della Commissione ha auspicato.
PRESIDENTE. L'onorevole Mattarella ha sollevato problemi importantissimi, quali quelli che si riferiscono ai nostri tempi di lavoro.
ALBERTO MICHELINI. Il gruppo al quale appartengo esprime un particolare apprezzamento per la relazione del ministro, la quale rappresenta un intervento insolito, informale e frutto anche di una sua consolidata esperienza pluriennale a livello internazionale. Al tempo stesso esprimiamo apprezzamento anche per la disponibilità del ministro ad un dialogo continuo e serrato con la Commissione.
non vi fosse da parte del nostro paese un'adeguata iniziativa nei confronti del Mediterraneo, che invece sarebbe opportuno adottare. Mi auguro che queste domande possano avere una risposta, eventualmente nel prossimo incontro che avremo con il ministro.
PRESIDENTE. Come avevo già in precedenza annunciato, il ministro Ruggiero deve lasciarci per altri impegni. Pertanto questa audizione avrà un seguito in una seduta che fisseremo per la prossima settimana. In quella sede i tempi dovranno essere sufficientemente ampi per consentire a tutti coloro che vogliono intervenire di farlo. Avevo indicato un programma, per così dire, «dei 100 giorni», ma sono stati sollevati altri temi di analogo e anche più rilevante interesse. Pertanto sarà necessario assicurare un tempo sufficiente per lo svolgimento del dibattito.
RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Sono molto grato per tutte le questioni che mi sono state poste, ma si tratta di poco meno dello scibile umano! Considerate che mi sono appena insediato al Ministero degli esteri e mi sono subito imbattuto nel grande problema del G8. Tale questione, nelle prossime due settimane, occuperà quasi totalmente il mio tempo in quanto incontrerò diversi soggetti, tra i quali i sindacati, e quindi avrò un'agenda molto fitta che comprenderà anche il dibattito al Senato. Vorrei, per tale motivo, restringere un po', se possibile, l'ambito delle questioni e, d'accordo con il presidente, cercare di scegliere due o tre argomenti. Per esempio, lei, onorevole Landi di Chiavenna, ha posto un insieme di domande molto interessanti che, però, richiedono risposte che richiederanno molto tempo, sempre che si voglia rispondere, come voglio fare, adeguatamente.
PRESIDENTE. Nella giornata di domani l'ufficio di presidenza integrato dai rappresentati dei gruppi potrà stabilire i temi da porre all'attenzione del ministro, temi che verranno poi comunicati allo stesso ministro, in modo da definire, per la prossima seduta, un'agenda molto chiara e precisa.
SAVERIO VERTONE. Se non si fissa un limite temporale per gli interventi questi dibattiti sono destinati inevitabilmente a durare all'infinito. Non capisco perché ci si ostini, sia in Assemblea sia nelle Commissioni, a non porre tale limite temporale: in sette minuti si può dire tutto il necessario, ciò che va oltre è cosmologia, è ricostruzione della storia dell'universo, che finisce nel vuoto, e impedisce, peraltro, la dialettica tra le diverse posizioni, che è il sale della democrazia. Ritengo che bisognerebbe istituire il principio comportante un limite massimo di cinque o sette minuti per ciascun intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Vertone, lei con me sfonda una porta non aperta ma apertissima, per così dire. Temo, però, che le nostre siano voci che parlano nel deserto. Ho presieduto la Commissione affari costituzionali della Camera e il gruppo parlamentare di Alleanza nazionale (anche nelle riunioni di quest'ultimo si tenta di farlo) e quindi ho una certa esperienza. Sono quindi completamente d'accordo con lei: non voglio evocare il mio background giornalistico, ma facevo dei commenti di due minuti, che peraltro avevano una qualche incidenza.
(Così rimane stabilito).
Colleghi, questa prima seduta della Commissione affari esteri della XIV legislatura vede un alto numero di presenti: mi auguro che ciò costituisca un ottimo precedente perché ai nostri lavori partecipino sempre tutti i membri della Commissione stessa.
Ringrazio il ministro degli affari esteri, ambasciatore Renato Ruggiero, per aver accettato subito di effettuare l'esposizione delle linee programmatiche riguardanti la politica internazionale in questa audizione decisa dall'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi della Commissione.
Il ministro viene giornalisticamente definito come un tecnico, dizione sulla quale naturalmente si potrebbe discutere; è certo che l'ambasciatore Ruggiero - della cui amicizia mi onoro ormai da moltissimi anni, dai tempi in cui a Bruxelles lavoravo come corrispondente estero della RAI - è persona di grande capacità, che ha ricoperto tutti i ruoli della carriera diplomatica, fino ad arrivare alla Segreteria generale, massimo incarico che un diplomatico può assumere alla Farnesina. Come tutti sapete, naturalmente, egli ha ricoperto altri importantissimi ruoli: ricordo in particolare quello di commissario europeo e quello di ministro per il commercio estero in vari Governi della nostra Repubblica; ricordo poi in modo particolare, ultimo in ordine di tempo per quanto riguarda i suoi impegni internazionali, la carica di direttore generale del WTO, l'Organizzazione per il commercio mondiale. In questo momento l'Italia non poteva sperare di avere un ministro degli esteri migliore dell'ambasciatore Ruggiero. Egli comunque (nonostante, ripeto, venga definito un tecnico) evidentemente condivide, poiché ha accettato l'altissimo incarico di guidare la politica estera dell'Italia, l'impostazione data dal Presidente del Consiglio Berlusconi con riguardo alle linee di politica internazionale.
La figura dell'ambasciatore Ruggiero ci permette di sperare, o perlomeno lo consente a me, che la nostra politica internazionale si svolgerà lungo binari bipartisan tutte le volte che sarà possibile difendere gli interessi ed i valori dell'Italia, dell'Europa e della pace, che ci debbono vedere impegnati soprattutto nell'aiuto ai popoli di quei paesi, che costituiscono larga parte del mondo, che hanno condizioni di vita non degne del rispetto che dobbiamo all'essere umano: questo è l'indirizzo sul quale noi - ed io in prima persona - ci impegneremo. Se tutto ciò
Ritengo che dalla particolare natura della nostra Commissione (che, come le altre, svolge funzioni istruttorie e a volte deliberanti) derivino due compiti particolarmente importanti ed originali. Mi riferisco in particolare alla definizione di indirizzi relativi alle grandi linee della politica internazionale: non parlo soltanto delle scelte che concernono l'Unione europea e l'Alleanza atlantica, sulle quali non mi soffermo poiché credo che su questi temi ci troviamo quasi tutti d'accordo...
Dirò allora che una grande maggioranza concorda su scelte che il Parlamento ha compiuto, pur in una relazione dialettica con l'opposizione, relazione che è il «sale» del lavoro parlamentare.
Saremo molto attenti nello svolgimento della funzione di indirizzo: infatti questa Commissione può - senza contraddire l'indicazione del Presidente Berlusconi sulla prevalenza della politica del fare - integrare, diciamo così, il dire ed il fare, poiché nella politica internazionale questi termini hanno un valore quasi equivalente; il «dire» può riguardare i nostri alleati o, se parliamo di questioni di carattere economico, i nostri concorrenti.
Quindi, fondamentale sarà la politica di indirizzo della Commissione, come estremamente esigente ed attenta sarà quella di controllo. Invero, signor ministro, mi permetto di sollecitare la sua attenzione sugli inviti a riferire che la Commissione, quando lo riterrà necessario, le rivolgerà: auspico che, se possibile, venga lei di persona. Davvero non vogliamo sottovalutare il lavoro prezioso svolto dai sottosegretari - anzi, ci onoriamo di avere tra i presenti deputati che hanno assolto tale funzione nel precedente Governo - ma la sua presenza in questa sede non solo qualifica il nostro lavoro ma, soprattutto, ha lo scopo di impegnare il Governo al massimo livello nella sua azione, alla quale la Commissione vuole, certo, fornire la più ampia collaborazione.
Nella seduta odierna, signor ministro, la Commissione avrebbe piacere che lei riferisse sui seguenti temi: il G8, la situazione in Medio Oriente e quella nei Balcani, con particolare attenzione a quanto succede in Macedonia.
Per quanto afferisce al primo argomento, tra ieri ed oggi l'Assemblea di questo ramo del Parlamento ha già avuto modo di discutere e votare alcuni atti di indirizzo; tuttavia, mi permetterei di chiedere al ministro di approfondire ancor più, nel merito, l'esame dell'azione dei Governi precedenti e di quello scaturito dalle elezioni del 13 maggio. Infatti, sembra che tutta l'attenzione, quasi si trattasse di una sfida, si concentri - lo dico anche a quanti esercitano oggi la stessa professione da me svolta per alcuni decenni - sul verificarsi o meno di incidenti a Genova. Ebbene, non è questo il tema per cui credo di poter suggerire ai colleghi di dedicare all'istituzione G8 almeno la medesima attenzione portata alla detta eventualità, eventualità, certo, non auspicabile ma possibile. Invero, l'organismo ha piena legittimità (quanti la mettono in dubbio mi sembra sbaglino); soprattutto, ha il merito di avere affrontato, istruendoli (con opportuni documenti) e tentando soluzioni, i grandi problemi del nostro tempo: le aree di povertà; le aree di sottosviluppo; le malattie che - disseminando morte in interi continenti, specie nell'infanzia - affliggono, immiserendola e svilendone la dignità, la vita di quattro quinti della popolazione mondiale. Di tutto questo si discute: di ciò si sta decidendo.
Per quanto riguarda l'ambiente, ci rendiamo conto delle difficoltà e conosciamo
Ritengo quindi che tali questioni impegneranno i prossimi sei mesi del lavoro della Commissione in un ruolo, da un lato, di iniziativa e di stimolo e, dall'altro, di controllo. Verificheremo, quindi, se gli argomenti che ella, signor ministro, avrà sottoposto alla nostra attenzione troveranno corrispondenza e concretizzazione nelle sedi internazionali, nella politica dei fatti.
Infine, ricordo la particolare attenzione che si deve avere nei rapporti con i paesi vicini, specie quelli, come la Slovenia e la Croazia, che chiedono di poter aderire all'Unione europea. Al riguardo, in linea di principio non ho nessuna obiezione da sollevare sul loro ingresso, avendo, anzi, sempre sostenuto che questo sia il modo migliore di superare anche le buie stagioni del dopoguerra e della guerra fredda. Tuttavia, in tale direzione si può procedere solo dopo aver superato ostacoli tuttora sussistenti (mi riferisco, per quanto riguarda i detti paesi, all'indennizzo da corrispondere a coloro i quali hanno perso i loro beni per aver dovuto abbandonare la terra d'origine).
Assicurandole la collaborazione non solo della maggioranza, ma spero anche della larghissima parte della nostra Commissione, e auspicando che da ciò ella possa trarre conforto nel suo lavoro, le rivolgo i migliori auguri e le do senz'altro la parola.
Ella, presidente, ha citato alcuni temi ma vorrei ricordare, semplicemente come promemoria, un altro grandissimo tema che certamente occuperà la nostra attenzione: mi riferisco al futuro dell'Europa. È un argomento trattato, come voi sapete, nella Conferenza intergovernativa di Nizza; si richiede ora che la discussione su tale tema sia portata nei Parlamenti nazionali e, quindi, nella società civile. Credo che al tema del futuro dell'Europa, nelle forme che verranno stabilite, dovremo dedicare certamente grande parte del nostro tempo.
L'altro punto (collegato al tema del G8) è come migliorare la governabilità del sistema che definiamo globalizzazione e che forse sarebbe più proprio definire interdipendenza. È a causa di questa crescente interdipendenza che registriamo la generalizzazione su scala mondiale dei problemi. Direi che la globalizzazione è proprio il risultato di questa grande conquista della società mondiale che si chiama interdipendenza. Parlo di una grande conquista perché, contrariamente alla descrizione manichea, che taluni fanno, di un mondo diviso in buoni e
Quindi, direi che quella distinzione manichea non corrisponde per nulla alla realtà: anzi, poiché i problemi non mancano (sono tanti e conosciuti ed accertati da tutti), inventarne di altri non credo sia la strada migliore da seguire. Scusatemi se ho voluto fare questa prima precisazione, ma il tema della governabilità di un mondo globalizzato merita una seria riflessione: siamo passati da un mondo diviso in due ad un mondo interdipendente e quindi la gestione delle nuove società è oggi possibile solo in forme nuove.
Ella, signor presidente, mi ha chiesto di parlare in primo luogo del G8. Debbo dire che sono stato molto onorato e felice di aver partecipato, col mio intervento, al dibattito interessante, esteso e completo che in Assemblea si è svolto tra ieri pomeriggio e stamattina e dove si sono espresse tutte le rappresentanze delle forze politiche. Ho accolto con enorme favore il fatto che la grandissima parte delle forze politiche presenti nel Parlamento italiano siano state capaci di convergere su una base di consenso molto ampia, anche se non si è potuta adottare la soluzione migliore, e cioè l'approvazione di un unico documento. Certamente, però, con il voto di stamattina abbiamo assicurato un'ampia intesa delle forze politiche. Ciò conterà molto nel rapporto tra il Governo italiano e le forze sociali nell'ambito stesso del vertice degli otto paesi più industrializzati del mondo. Non vorrei ora ripetere quanto ci siamo detti in questi due giorni: cercherò, piuttosto, di fare una puntualizzazione sulle dinamiche sottostanti a tali organismi: che cosa sia in realtà il G8 e come funzioni. Solo così si potrà cercare di contribuire al suo miglioramento.
Ricordo che il dibattito sul G8 in Parlamento non è nuovo; al contrario, è in corso da anni e, già molto attuale, lo sarà forse ancor più dopo il vertice di Genova. Vorrei cercare di spiegarvi brevemente il meccanismo in base al quale funziona questa istituzione. Tutto parte dalla nomina di alcuni alti funzionari chiamati sherpa: tale denominazione deriva dalla circostanza che, quando cominciarono ad effettuarsi i vertici negli anni '70, i Capi di Stato e di Governo (allora appena cinque, poi si arrivò a sette) nominarono un loro rappresentante - ma in quel caso si trattava veramente di un rappresentante personale - per cercare di preparare ed istruire la riunione. Ciò avveniva in un paio di incontri fra tali funzionari che, effettivamente, esprimevano ciascuno il pensiero del proprio Capo di Stato e di Governo. Un giornale, l'Economist, li definì gli sherpa perché consentivano ai propri rappresentati di arrivare preparati al vertice.
Ho personalmente partecipato a sette vertici, tre negli anni '70 e quattro negli anni '80, ed ho potuto rilevare come vi sia stato un cambiamento radicale nella loro preparazione. Infatti, mentre nei primi
Ricordo benissimo come ai miei tempi fosse di particolare attualità il problema del debito estero con i paesi dell'America latina a causa dalla crisi petrolifera; viaggiavo molto, recandomi spesso in visita in quei paesi ed in quelli dell'Africa: dialogando con i Capi di Stato chiedevo cosa si potesse fare per loro e se avessero messaggi particolari da far conoscere ai partecipanti del vertice. Insomma, la preparazione di un vertice non è mai stata avulsa dal resto del mondo: pensare che esso si risolva in un incontro burocratico, nascosto, in cui ci si riunisce alla chetichella senza che nessun altro possa averne notizia, significa nutrire un'opinione errata. In realtà si cerca sempre di coagulare il massimo dei consensi prima di queste riunioni. Inoltre, nell'ambito delle organizzazioni internazionali si svolge sempre un dibattito prima dei vertici per stabilire quale debba essere il «messaggio» che si vuole mandare, alla formulazione del quale partecipano anche i paesi in via di sviluppo.
Non si tratta quindi di tematiche discusse nel buio più assoluto, anche se non c'è alcun dubbio che la procedura relativa a questi incontri non sia perfetta e necessiti anzi di molti miglioramenti. Rimane il fatto che si tratta di un'istituzione che stabilisce una serie di contatti con l'esterno, e che nel tempo ha subito un'evoluzione particolare.
In pratica il prossimo vertice si articolerà in cinque riunioni. La prima, cui non parteciperà il rappresentante della Russia, sarà quella dei ministri delle finanze che discuteranno dell'economia mondiale e dei problemi ad essa attinenti: questa riunione avverrà tra pochi giorni.
La seconda riunione sarà quella dei ministri degli esteri, che si terrà a Roma il 18 e il 19 luglio; affronterà più temi, e sarà aperta anche al rappresentante della Russia. In riferimento a questa ho inviato a tutti i partecipanti una lettera nella quale ho chiesto di avviare una discussione finalizzata a trovare una risposta politica alle manifestazioni e al malessere diffuso cui esse danno voce; credo, infatti, che di fronte a problemi di questo genere la risposta non possa essere data solo in termini di polizia e di sicurezza, ma si debba cercare di capire come trovare altre soluzioni.
Nella riunione discuteremo certamente anche delle crisi in Macedonia ed in Medio Oriente - di cui parleremo anche oggi - ma senza una preparazione burocratica, poiché, in quanto ministri degli esteri, siamo persone a conoscenza dei problemi del mondo ed è nostro compito definire le indicazioni da comunicare ai Capi di Stato e di Governo.
La terza riunione si terrà il primo giorno del vertice, e consisterà in un incontro presieduto dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, al quale parteciperanno - oltre al Presidente di turno dell'Unione europea ed al Presidente della Commissione - il Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan e i direttori generali della FAO, dell'Organizzazione mondiale della sanità, dell'Organizzazione mondiale del commercio e della Banca mondiale. È chiaro che ognuno di questi rappresentanti è invitato per discutere di problemi rientranti nell'ambito delle proprie competenze: il problema della fame nel mondo per quanto riguarda la FAO; il problema dell'AIDS e delle altre malattie endemiche per l'Organizzazione mondiale
Alla riunione parteciperanno naturalmente i Capi di Stato e di Governo degli otto paesi industrializzati più alcuni personaggi che hanno una funzione di raccordo con i grandi problemi dello sviluppo: in primo luogo il Presidente della Repubblica della Nigeria Obasanjo, il Presidente della Repubblica del Sudafrica Mbeki, il Presidente della Repubblica di Algeria Bouteflika. Sono stati questi Capi di Stato a lanciare l'iniziativa del partenariato del millennio per il rinnovamento dell'Africa, quindi essi svolgono una funzione rappresentativa di grande importanza in quel continente. Saranno presenti inoltre il Presidente della Repubblica del Mali, il quale rappresenta non solo l'Africa francofona ma anche quella più povera, nonché il Presidente della Repubblica del Bangladesh Hasina, a nome dei 49 paesi meno sviluppati al mondo.
È chiaro che questa riunione non sarà sufficiente: non basta dedicare un pomeriggio alla discussione di questi problemi, ma dire che si tratterà di un incontro di soli ricchi è falso. Al riguardo il Segretario generale delle Nazioni Unite ha scritto una lettera ai Capi di Stato e di Governo presenti al vertice, in cui chiede, a nome della comunità internazionale, che vengano discussi il tema della povertà e delle sue possibili relazioni con la liberalizzazione del commercio, quello della creazione di un fondo per combattere l'AIDS e quello della protezione dell'ambiente.
Ci troviamo quindi di fronte ad un processo che non sarà perfetto ma che rappresenta pur sempre un grande cambiamento rispetto ai vertici degli anni '70 ed '80, ai quali ho partecipato, in cui erano soltanto i sette grandi a dialogare tra loro, anche se discutevano non per imporre al mondo delle decisioni ma per stabilire come potessero essere risolti i problemi che si manifestavano allora.
Nel corso della seconda giornata del vertice ci sarà il G7: i sette Capi di Stato e di Governo si riuniranno per parlare dei problemi economici. La loro agenda è cioè costituita principalmente dalla discussione sui grandi problemi dell'economia mondiale in questo momento: come aumentare lo sviluppo e l'occupazione; il problema dell'energia; il lancio di un nuovo negoziato commerciale multilaterale; il miglioramento del coordinamento dell'azione delle banche regionali, problema quest'ultimo molto importante, perché proprio nella lotta contro gli squilibri economici nel mondo bisogna cercare di coniugare l'unitarietà dell'intervento e la flessibilità dell'azione delle banche regionali.
Al termine vi sarà la riunione che prevede la partecipazione della Russia, il cosiddetto G8; i temi in agenda sono quelli suggeriti da Kofi Annan, ma che comunque erano già stati individuati in precedenza poiché i Capi di Stato e di Governo erano consapevoli che proprio quelli erano i problemi da trattare. Si tratta di una vittoria: per la prima volta abbiamo una agenda completamente concentrata sul problema della povertà, che in pratica risulta l'unica vera questione trattata, insieme all'ambiente.
I temi collegati a quello della povertà sono essenzialmente tre: l'apertura degli scambi, l'annullamento del debito, la creazione del fondo per combattere l'AIDS e le altre malattie endemiche. Su questi tre temi l'Italia vanta un magnifico record: siamo un paese all'avanguardia nella liberalizzazione, ma anche per quanto riguarda il problema dell'azzeramento del debito, e questo anche grazie alle prese di posizione del Parlamento italiano. Credo che possiamo considerarci orgogliosamente nel plotone di testa, e possiamo avere quindi la forza per cercare di ottenere dagli altri paesi una maggiore solidarietà per compiere ulteriori progressi.
Purtroppo nel corso del dibattito in Assemblea di questa mattina non ho potuto accettare a nome del Governo alcune richieste contenute nella mozione presentata
La nostra posizione non è statica ma dinamica, nel senso che non si tratta di rimanere fermi al punto in cui siamo giunti finora. Abbiamo azzerato 54 dei 74 miliardi di dollari che costituiscono il debito complessivo dei paesi meno avanzati. Per quanto riguarda la cifra mancante, si tratta della somma dei debiti di 11 paesi che attualmente sono coinvolti in conflitti bellici. Lo scopo dell'Italia è cercare di convincere questi paesi che è loro interesse cessare le ostilità, poiché solo in quel caso azzereremo i loro debiti. Mi sembra si tratti di un'azione che rientra nella logica di un paese che vuole una politica di pace e di sviluppo: se qualcuno sostiene che tutto ciò non è vero, credo debba anche motivare tale affermazione.
Allo stesso modo il Governo non ha potuto accettare l'invito ad azzerare anche i debiti dei cosiddetti paesi in via di sviluppo; tra l'altro non sarebbe logico sacrificare somme rilevantissime alla soluzione di questo problema, lasciando irrisolti i tanti bisogni dei paesi più poveri.
Voglio ricordare inoltre che anche per quanto riguarda la costituzione del fondo per l'AIDS siamo certamente tra i principali contribuenti. Quindi, sotto tutti i punti di vista l'Italia si presenta a questa conferenza in una posizione di primissimo piano.
L'altro grande tema del vertice del G8 sarà certamente rappresentato dalla questione dell'ambiente e di Kyoto. Sapete, infatti, che non solo gli americani, ma ora anche i giapponesi, hanno assunto un atteggiamento negativo: è un problema estremamente importante, ma l'Italia va avanti, come abbiamo detto, nell'impegno di ratificare il protocollo di Kyoto, insieme con gli altri paesi europei, sebbene la logica delle cose ci ispiri, come abbiamo sostenuto nella mozione di stamattina, a continuare il dialogo con gli Stati Uniti e con il Giappone. Di fronte a questi problemi, l'obiettivo di un controllo della situazione attuale è un fatto assolutamente imprescindibile, e vogliamo vedere che cosa significano nuove vie o altre vie o altre soluzioni, che possono rispondere a questo problema.
Questo è il quadro burocratico delle prossime riunioni, e ho voluto tracciarlo anche perché vi rendiate conto che certamente il processo è da rivedere, da ristudiare, da ripensare: su questo non vi è dubbio, mentre sostenere che bisogna annullarlo, che non sia utile, non risponde al vero. Infatti, come sarebbe possibile? Creeremmo solo un mondo in cui i paesi poveri parlano dei loro problemi. Che cosa significherebbe ciò? Sono i paesi ricchi che ad un certo momento debbono dire quali sono i sacrifici che sono pronti a fare, per cui questi sistemi sono fatti apposta per creare pressioni sui paesi ricchi affinché diano il loro contributo.
Ciò detto, sono personalmente convinto, e lo dico da anni, che il vertice del G8 si debba ancora riunire: oltre ad esso, si deve costituire un vertice del G20, perché oggi esiste un gruppo di 20 paesi che si riuniscono una volta all'anno, con i loro ministri delle finanze, e sono rappresentativi di tutti i paesi del mondo attraverso le cosiddette constituencies del Fondo monetario internazionale. Anche questo non è un sistema perfetto, ma permette che tutti i paesi del mondo si sentano rappresentati. Non dico che sia il sistema migliore, ma con 187 paesi riuniti è un po' difficile avere una vera discussione. Se invece sono 20, e rappresentativi ognuno di un gruppo di paesi, a rotazione, allora si può riuscire nello scopo. E credo che così si potrebbe passare ad una fase successiva: perché certamente, come ho fatto nel passato e continuerò a fare anche ora nella mia nuova veste, cercherò di spingere in questa direzione, essendo convinto
Non vorrei parlare più di quanto ho già fatto, perché credo che il resto degli argomenti siano da voi conosciuti: preferirei ascoltare e poi rispondere. Poiché mi è stato chiesto, comunque, mi soffermerò anche sulla situazione in Macedonia. Sapevo di dover venire con una buona notizia, perché ad un certo momento si poteva dire che questo ministro non era piaciuto: uno infatti deve avere sempre qualcosa di buono nel sacco... Sono arrivato, ed i miei collaboratori mi hanno comunicato una notizia AGI: Skopje, 4 luglio, il Presidente della Macedonia, Boris Trajkovski, ha annunciato la ripresa dei negoziati tra i partiti politici slavi ed albanesi, bloccati ormai da due settimane. Onestamente, questo fatto già lo conoscevo da stamattina, ma l'ho voluto portare come una notizia ufficiale.
È un passo in avanti importante, perché è stato compiuto in un quadro diverso da quelli precedenti. Avevamo già avuto in altri casi un inizio del negoziato tra Trajkovski e i rappresentanti delle due forze politiche albanesi, però questi negoziati dopo poco tempo si fermavano, sempre sul solito problema di come garantire la minoranza albanese. Trajkovski aveva fatto una concessione abbastanza ampia, accettando la possibilità di cambiare la costituzione per garantire questa minoranza. Gli albanesi però avevano risposto che volevano uno stato, anzi in pratica due stati: la minoranza albanese, infatti, deve avere il diritto di veto su tutte le decisioni assunte, creando una situazione di una repubblica consensuale molto difficile. E così il negoziato si bloccò.
Che cosa è successo in seguito? Abbiamo mandato Badinter, uno dei costituzionalisti europei più importanti, con una grandissima conoscenza del meccanismo che regola i giochi delle minoranze, il quale ha detto che non portava una soluzione, ma presentava tutti i casi in Europa riguardanti problemi di grande sensibilità per le minoranze che sono stati risolti nei modi più opportuni. Per cui ora sta cercando di convincerli che possono scegliere tra varie formule, senza subire imposizioni.
Il secondo fatto, molto importante, è che abbiamo mandato, a richiesta del Governo macedone, Léotard, ex ministro della difesa francese, che conosce bene tutta la dinamica dei paesi balcanici. Léotard, Badinter e l'ambasciatore americano, che è un altro grande conoscitore della situazione balcanica, stanno lavorando insieme per spingere il Governo macedone a riprendere il dialogo, ma su basi nuove.
Il punto è, quindi, che si riparte, non più sulle basi precedenti, ed aiutati, inoltre, da autorevoli «facilitatori», e non suggeritori. Ciò ha fatto sì che il negoziato ripartisse: ma nessuno è in grado di dire se ciò sarà anche la via d'uscita; tuttavia possiamo augurarci che, quando le armi tacciono e gli uomini ricominciano a parlare, questo sia un buon segno.
Accanto a questo, esiste sempre una richiesta, avanzata alla NATO sia da parte del NLA, The National Liberation Army, sia da parte del governo Trajkovski, di inviare un contingente di truppe per sorvegliare le fasi di disarmo, che dovrebbero aver luogo quando il cessate il fuoco diventerà la norma e quando ci sarà l'accordo politico per la tutela delle minoranze. In questo caso, gli estremisti albanesi si sono dichiarati pronti a cedere le armi: non le vogliono cedere ai macedoni, ma chiedono che siano le truppe della NATO a ritirarle ed a conservarle, piuttosto che consegnarle all'esercito regolare macedone.
L'Italia si sta preparando, insieme ad altri paesi, a questa possibile missione. Tuttavia è chiaro che, nel momento in cui ci fossero e maturassero le condizioni, il Governo dovrà informare il Parlamento per le vie normali: si tratterebbe di inviare un contingente di 450 uomini, che dovrebbe avere, nelle nostre valutazioni, un mandato estremamente limitato - per un periodo di alcune settimane - al ritiro delle armi, e quindi concludere la sua azione. Sul fronte macedone, dunque, mi sembra che ci siano notizie soddisfacenti.
Un altro fatto positivo è che, per la prima volta, l'Unione europea è un partner principale nella ricerca del processo di pace: essa non è più un elemento in seconda linea, ma si presenta con la propria forza e la propria carica di unione di Stati, che vuole davvero favorire lo sviluppo del processo di pace.
Quali sono gli elementi attuali della discussione? Il problema è come far partire il treno. Sharon afferma che il treno può partire se esiste un periodo di almeno sette o dieci giorni di completo cessate il fuoco. Solo allora possiamo cominciare a parlare di azione di raffreddamento della situazione e di misure per migliorare la fiducia, includendo tra queste anche la fine degli insediamenti ebraici. Gli altri rispondono, però, che non è possibile garantire questi sette o dieci giorni, perché siamo in una situazione tale per cui, se non otteniamo subito qualcosa, è difficilissimo fermare questa spirale di violenza.
Si pensava che la visita di Colin Powell avesse potuto portare ad un accordo. Per il momento, però, non ce ne sono i segni, anche se è chiaro che qualcosa si sta muovendo. La situazione non è più come era prima: ci sono momenti in cui la tensione è molto forte, altri in cui è più debole, ma tutti sono convinti che la strada da seguire sia questa, e non ve ne sia un'altra.
Purtroppo leggo, come tutti con molta apprensione, che Shimon Peres si ritirerebbe se il processo di pace non andasse avanti: questo sarebbe un elemento drammatico. Speriamo, quindi, che questa pressione faccia sì che il treno possa ripartire e sia quello della pace.
Colleghi, il ministro si è dichiarato disponibile ad essere presente per rispondere alle domande per un'ora. Invito pertanto i colleghi ad iscriversi subito a parlare, in modo da poter regolare l'ordine degli interventi.
Signor ministro, uno degli argomenti che in questa Commissione abbiamo trattato a lungo sul finire della scorsa legislatura è stata la riforma della cooperazione. Ci siamo trovati questa «patata bollente» in mano, per cui la domanda che mi viene spontaneo porle - «senza rete», nel senso che non ne abbiamo ancora discusso a livello politico - è questa: signor ministro, il Ministero degli affari esteri come intende, al di là dei contenuti su cui poi andremo ovviamente a confrontarci e a discutere, riprendere la discussione su tale aspetto? Il fatto che si sia conclusa la legislatura non significa che sia stato risolto il problema della riforma della cooperazione.
Su questo aspetto ritengo sia opportuno fissare, se possibile, uno scadenzario dei tempi, una sorta di modus operandi, e rivolgo tale proposta anche al presidente Selva. Ritengo che all'interno della Commissione dovremmo anche costituire, sperando che vi sia una nutrita partecipazione dei colleghi su tutti gli argomenti, dei gruppi tematici; per esempio, se un gruppo costituito da esponenti della maggioranza e dell'opposizione si occupasse di
In conclusione, signor ministro, la domanda che le pongo è questa: quali pensa che siano le linee della riforma della cooperazione e come intende impostarla dal punto di vista legislativo? Riproponiamo una legge sulla base del testo del Senato? La riformuliamo ex novo? Oppure ci sarà una pausa di riflessione e poi un provvedimento governativo già organico proposto sotto forma di disegno di legge? Signor ministro, avrei altre domande da porle, ma credo che per oggi ne basti una.
Signor presidente, vorrei rilevare, senza alcuna vis polemica, che del suo discorso introduttivo - non nella parte descrittiva della figura prestigiosa del signor ministro - alcune sue affermazioni non mi trovano consenziente, in quanto esse non dovrebbero, a mio parere, appartenere alla presidenza della Commissione: mi riferisco, per esempio, all'espressione: abbiamo ricevuto un mandato dal Presidente Berlusconi. Lo dico per proteggere la correttezza delle nostre relazioni che credo si debbano sviluppare, oltre che nell'amicizia e nel rispetto personale, anche nell'ambito di un attentissimo rispetto delle regole e delle competenze che spettano alla maggioranza e all'opposizione, le quali consegnano alla presidenza una funzione di garanzia che deve essere assicurata alla Commissione nel suo insieme.
Signor ministro, per quanto concerne il vertice del G8, ritengo che esso in realtà costituisca uno degli assi fondamentali per la costruzione di un governo reale del mondo. Sebbene non vi si prendano decisioni formali, in esso si decidono orientamenti che, per l'autorevolezza e per la potenza sia economica sia militare dei paesi che vi fanno parte, precostituiscono un indirizzo che poi deve essere tenuto in considerazione dai singoli Governi nazionali di tutti i paesi del mondo e da parte delle istituzioni internazionali (mi riferisco alle istituzioni nelle quali sono rappresentati effettivamente tutti i paesi del mondo). Quindi, possiamo ben dire che in quella sede si assumono orientamenti che tendono a governare - infatti, lei stesso parla di problema di governabilità - il mondo intero.
A livello simbolico - con una graziosa concessione - si invitano alcuni rappresentanti di istituzioni come il Segretario generale delle Nazioni Unite o i rappresentanti di paesi non appartenenti al club dei paesi più ricchi perché possano, in apertura della sessione del G8, fare ascoltare la propria voce e, forse, per alcuni manifestare i loro bisogni; dopodiché la riunione si sviluppa fra i sette paesi più ricchi del mondo, cioè i più industrializzati (quelli con il PIL più alto) con l'esclusione della Russia che non partecipa a queste discussioni.
Signor ministro, mi sa spiegare come mai la Russia e, per esempio, non l'India fa parte del gruppo dei paesi del G8? Fra l'altro l'agenda dei lavori comprende la discussione di temi che, ove si costituissero degli orientamenti definiti dai sette paesi, ci farebbero operare nel senso di pregiudicare o comunque di condizionare pesantemente il lavoro che spetta ad istituzioni quali le Nazioni Unite e le loro agenzie.
Credo che, all'indomani della caduta del muro di Berlino e della mancanza di una contrapposizione fra i due blocchi (per i quali non nutro alcuna nostalgia, e la mia storia personale non mi ha mai portato ad identificarmi con i paesi dell'est) il mondo avrebbe avuto bisogno di incamminarsi verso un multipolarismo e di riformare le Nazioni Unite. In quest'ultimo caso ritengo che dovremmo cercare di mantenerci fedeli ad una nostra impostazione nazionale con una riforma del Consiglio di sicurezza dell'ONU che, anche se limitatamente, teneva in considerazione questo aspetto a fronte di una posizione degli Stati Uniti, della Germania, del Giappone e della Francia, che non sono di questo avviso; paesi peraltro intenzionati invece ad aggiungere nel Consiglio di sicurezza due delle potenze sconfitte nella seconda guerra mondiale.
Penso che avremmo avuto bisogno di potenziare enormemente la funzione delle Nazioni Unite, non solo attraverso una riforma che rendesse il Consiglio di sicurezza più multipolare e più rappresentativo delle diverse aree del mondo, ma anche potenziando quelle istituzioni connesse alle Nazioni Unite nelle quali trovano rappresentanza tutti i paesi. Invece, nel corso di questi ultimi dieci anni, abbiamo assistito ad un progressivo declino delle funzioni delle Nazioni Unite e ad una patente crisi, anche di credibilità, delle stesse. Crisi che non è provocata da fenomeni naturali (alluvioni, terremoti), ma da una precisa azione che è stata svolta al fine di ottenere questo risultato, in primis da parte degli Stati Uniti che sono, com'è noto, vergognosamente morosi nei confronti delle Nazioni Unite nell'intento di provocare gravi problemi al funzionamento di quel consesso, e sono stati inoltre fra i protagonisti di azioni politico-militari che non hanno ottenuto l'avallo del Consiglio di sicurezza se non a posteriori: mi riferisco alle azioni militari nell'Iraq e alla guerra nei Balcani. Pertanto, noi ci troviamo di fronte ad un processo non oggettivo al quale dobbiamo - almeno questa è la nostra opinione - partecipare cercando, da una parte, di essere caritatevoli con quelli che sono colpiti dai processi di globalizzazione capitalistica e, dall'altra parte, di trovare degli accorgimenti per migliorare tecnicamente la capacità di governabilità di queste strutture che non sono formali o istituzionali e tantomeno sono rappresentative di tutti i paesi del mondo. Credo che bisognerebbe ricercare un'alternativa e, cioè, quella che ho detto: indirizzarsi verso il multipolarismo e nel contempo potenziare le Nazioni Unite e le sue agenzie.
Esiste anche una terza questione che andrebbe affrontata. Quando poco fa mi sono permesso amichevolmente di interrompere il presidente ricordando che non tutti siamo d'accordo su quei due assi che egli ha indicato - Unione europea e NATO - intendevo riferirmi alla non unanimità sulla NATO, in quanto noi siamo convinti sostenitori della necessità della costruzione di una Europa unita. Tuttavia, non possiamo non verificare come lo stesso vertice del G8, la strada che ha intrapreso la NATO come alleanza politico-militare
Ritengo non si possa ridurre questo importante avvenimento ad una questione di mera politica interna, acuendo addirittura il problema della sicurezza ed il disagio della città di Genova; altri, in occasioni diverse, avranno modo di discutere sui temi della sicurezza.
Signor ministro, lei oggi ha ricordato che i temi in discussione nella riunione del vertice del G8 sono temi umanitari e che fra gli obiettivi di cui si discuterà vi sono la riduzione della povertà nel mondo e l'abolizione del debito dei paesi poveri. Ritengo che tutto ciò debba essere portato a conoscenza quanto meno degli italiani - che sono i più diretti interessati - affinché sia chiaro quali saranno gli argomenti all'ordine del giorno del vertice di Genova.
Per quanto riguarda l'abolizione del debito sono d'accordo con chi afferma che esso non debba essere azzerato per quei paesi impegnati in conflitti militari; si rischierebbe infatti di ridare credibilità economica e finanziaria a nazioni che potrebbero sfruttarle per reinvestire nel commercio di armi.
A proposito della ipotesi di una copertura sanitaria a livello mondiale, è mia opinione che tale obiettivo non debba trasformarsi in un'elemosina per i paesi del terzo mondo, ma rappresentare un concreto aiuto nella costruzione di un sistema sanitario autonomo.
Questi sono i temi umanitari che debbono essere divulgati, si deve far sapere che noi stiamo tentando di ridurre la povertà nel mondo e non, onorevole Mantovani, di ridurci tutti in povertà!
Un'altra domanda che desidero rivolgere al ministro Ruggiero riguarda la questione degli sherpa che hanno lavorato alla preparazione degli appelli finali che saranno proposti nel vertice del G8: vorrei sapere se, in seguito all'insediamento del
Infine concludo con una richiesta: auspico che ci venga fornita l'occasione di ridiscutere, nel prossimo futuro, i temi e le modalità dell'investimento italiano nella cooperazione, magari prima della discussione della prossima legge finanziaria per capire se, dopo un periodo buio, potremo riavvicinarci ai tetti di investimenti nella cooperazione che ci sono richiesti.
Ho apprezzato la relazione sobria e completa del ministro Ruggiero, al quale vorrei chiedere un chiarimento relativamente al vertice del G8 ed al protocollo di Kyoto: esattamente negli stessi giorni del vertice di Genova si tengono, a Bonn, i «tempi supplementari» della Conferenza delle parti finanziarie sulla convenzione sui cambiamenti climatici: non credo sia una coincidenza. È possibile prevedere che la Conferenza di Bonn non avrà esito, senza nemmeno l'intesa sui protocolli aggiuntivi al protocollo di Kyoto.
Vorrei sapere, visto che si sta predisponendo il testo finale del vertice di Genova, se verrà confermato il testo concordato a Trieste dai ministri dell'ambiente, compreso il nuovo rappresentante dell'amministrazione Bush; questo testo, nonostante l'evoluzione della situazione negli Stati Uniti, riconferma l'attualità e la rilevanza del protocollo di Kyoto. Se di tutto ciò a Genova non si terrà conto, dovremo prendere atto di una dinamica nuova; ricordo che anche in questo caso abbiamo l'impegno di considerare vincolante quel protocollo almeno fino al vertice di Johannesburg, dobbiamo cioè verificare la situazione nei paesi che hanno ratificato gli accordi, controllando il totale delle loro emissioni inquinanti non prima del vertice di Johannesburg.
Vorrei sottolineare al riguardo le decisioni in questo senso di alcuni paesi europei come la Danimarca e la Norvegia; oltretutto il vertice di Johannesburg non sarà rilevante solamente per il protocollo di Kyoto, ma svolgerà un'analisi complessiva su altri aspetti tra i quali la convenzione globale sulla desertificazione.
Un'altra domanda riguarda i meccanismi flessibili del protocollo di Kyoto, che consentono cooperazioni bilaterali o multilaterali (relativamente alla riduzione dei gas serra) tra paesi o singole imprese. Vi sono state molte sperimentazioni in questo settore, in particolare sulla joint implementation; noto che l'Italia, seppure in ritardo, si è avviata su quella strada, e sarei lieto, magari non in questa occasione, di ottenere su tale punto un impegno del Governo ad accentuare in modo convinto questa tendenza.
Condivido, pertanto, l'intervento dell'onorevole Zacchera sulla cooperazione e lo sviluppo, ovviamente ipotizzando tempi stretti nel raggiungere gli obiettivi.
Signor ministro, a novembre si terrà a Roma il vertice della FAO sull'alimentazione; ovviamente sarà un appuntamento importante visto che vedrà la presenza di molti Capi di Stato, tra i quali Fidel Castro. Ricordo peraltro che alcuni temi di questo vertice sono strettamente connessi con quelli del G8; è proprio per questo che vorrei ricordare al presidente Selva che la FAO ha proposto una grande giornata mondiale di riflessione su tali temi. A mio avviso la nostra Commissione potrebbe farsi carico di esaminare tale proposta, mentre vorrei sapere dal ministro Ruggiero come si possa preparare insieme il vertice della FAO che si svolgerà a novembre.
Il secondo argomento sul quale vorrei conoscere la posizione del ministro è il partenariato euro-mediterraneo ed in particolare l'iniziativa ionico-adriatica che ha grande rilievo anche per la cooperazione, la pace e la sicurezza dei nostri mari e per il controllo dei flussi di immigrazione.
La terza questione riguarda l'uranio impoverito: ricordo che nella precedente legislatura se ne sono occupate prevalentemente
Lei, signor ministro, ci ha ricordato che, finora, su 37 paesi, 23 hanno raggiunto il punto di decisione e altri tre potrebbero raggiungerlo entro la fine dell'anno, ma solo l'Uganda ha raggiunto tale punto. Ci ha parlato poi di cifre intorno ai 54 miliardi di dollari pari cioè ad oltre il 70 per cento dello stock iniziale del debito, che ammonta complessivamente a 74 miliardi di dollari. Secondo l'unità di misura indicata dalla Banca mondiale un paese povero è in condizioni disperate ed ha bisogno di aiuto quando il servizio del suo debito eccede dell'80 per cento il prodotto interno lordo e del 220 per cento le esportazioni. Per esempio gli interessi sul debito della Tanzania e dello Zambia continuano a superare il 480 per cento e quelli del Congo addirittura il 731 per cento.
È possibile in queste condizioni risolvere il problema del debito africano? Verosimilmente no. A questo punto, la prima domanda che le rivolgo, anche per non dare l'impressione che vi sia un metus reverentialis nei confronti di queste grandi forme di contestazione verso il G7 o il G8 sui rilevanti temi della globalizzazione (e la ringrazio perché all'inizio del suo intervento lei ha voluto, significativamente, valorizzare il ruolo strategico della globalizzazione e gli effetti positivi che essa determina anche a favore dei paesi in via di sviluppo di quelli poveri) è la seguente: i paesi beneficiati dall'azzeramento del debito come investiranno questo denaro risparmiato? Costruiranno scuole, ospedali, infrastrutture per favorire lo sviluppo?
Intendo ricordarle, signor ministro, che con le prime riduzioni del debito in Nigeria è stato costruito uno stadio da 350 milioni di dollari. Quindi, è certamente necessaria una strategia più efficace e complessiva di riduzione della povertà (e ciò comporta evidentemente maggiori finanziamenti multilaterali), ma dobbiamo avere presente che il sottosviluppo non è dovuto soltanto ad una scarsa dotazione di risorse produttive e di mezzi finanziari, bensì anche ad una insufficienza di capitale umano, di strutture formative, di validi ordinamenti giuridici e di modelli comportamentali. È necessario un percorso virtuoso di crescita, di cultura sociale e di un tasso di democrazia.
Mi chiedo e le chiedo (perché questa è la posizione da valorizzare secondo la componente politica cui appartengo) di tracciare una linea definita e ben precisa nei confronti dei paesi poveri e dei paesi in via di sviluppo, perché assumano impegni seri e definiti nei confronti dei paesi ricchi, affinché lo sforzo da questi prodotto nell'azzeramento del debito non venga reso evanescente dalla mancanza di un serio approccio politico, culturale, sociale ed economico.
La sinistra - come abbiamo avuto modo di sentire nella discussione sulle mozioni avvenuta in questi giorni in aula - afferma che, negli ultimi tre decenni, abbiamo assistito ad un progressivo allontanamento dell'economia finanziaria da quella reale. Oggi si sostiene, signor ministro, che più del 95 per cento delle transazioni finanziarie avvengono nell'arco di una giornata ed ogni giorno 1,8 trilioni di dollari sono scambiati sui mercati valutari. Tali dati consentirebbero, secondo l'orientamento della sinistra, di poter affermare che la finanza governa l'economia,
Le chiedo, signor ministro, se lei condivida questa linea di pensiero tracciata ed esposta dalle sinistre e quali implicazioni discenderebbero sulla capacità di sviluppo e di crescita dei paesi poveri, qualora questo percorso culturale e politico delle sinistre fosse definito. Le chiedo ancora se la liberalizzazione dei movimenti di capitale sia fra le cause dirette della sperequazione di ricchezza tra paesi industriali e paesi poveri o viceversa se il sistema globalizzato dell'economia (e quindi anche del sistema delle transazioni finanziarie) possa spingere a migliorare le condizioni sociali, economiche e culturali dei paesi poveri o in via di sviluppo. Esiste, ed in tal caso qual è, il mezzo o il nesso di causa-effetto tra libero mercato e lo sviluppo o non sviluppo delle economie dei paesi poveri e di quelli in via di sviluppo? Le domando ancora se lei condivida, sempre seguendo il ragionamento svolto dalle sinistre, la necessità di ritornare ad un dirigismo della politica economica internazionale attraverso un più forte coinvolgimento della cultura dell'economia di Stato o se sia a favore del primato della politica sull'economia e se questa possa essere la ricetta auspicabile per ridurre il gap tra paesi ricchi e paesi poveri.
Il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale hanno sicuramente delle responsabilità, in quanto hanno mantenuto un approccio più economicistico e finanziario che non, forse, umanitario e solidaristico. Lei condivide questa valutazione? Ritiene che sia necessario intervenire anche sulle strategie operative di questi organismi finanziari? Le chiedo anche se la cancellazione integrale dei debiti contratti dai paesi poveri non assuma più effetti emotivi che di efficacia reale del problema. A suo avviso, sarà sufficiente la cancellazione del debito per poter dare un forte impulso, un forte recupero di competitività, al di là della necessaria politica di abbattimento delle barriere doganali? Anche qui, come lei ha detto chiaramente, siamo in presenza di un paradosso: paesi industriali ricchi che si pongono il problema di come ridurre il gap tra paesi ricchi e poveri, poi, a fronte della necessaria politica di apertura delle barriere doganali, si chiudono in una politica di forte protezionismo: anche su ciò, il Governo italiano dovrà esprimere una posizione molto netta.
Credo, signor ministro, sia sicuramente necessario cancellare il debito; però, senza intervenire sulle cause strutturali che fanno implodere i paesi poveri, ciò potrebbe essere un rimedio etico o moralistico, ma insufficientemente adeguato ai veri grandi problemi.
Un'ultima domanda: la sinistra chiede l'applicazione della Tobin tax. Lei ritiene che questo sia un rimedio efficace e che l'applicazione della Tobin tax alle transazioni finanziarie a breve possa in qualche modo aiutare il processo di crescita dei paesi in via di sviluppo o che anche questa sia una forma ideologica delle sinistre per cercare, comunque, di arrestare, bloccare, ridurre, frenare in qualche modo il processo di globalizzazione del sistema economico? Dobbiamo ricordare che la globalizzazione non è soltanto economia o finanza, ma, come lei giustamente ha detto, è un grande momento di incontro e di sviluppo di tutte le società, anche dal punto di vista sociale e culturale.
Non vi è dubbio che l'opposizione democratica si auguri una politica estera bipartisan e siamo disponibili a tale confronto, ma a certe condizioni: che la politica estera italiana sia orientata ad essere una politica estera dei principi e delle responsabilità. Vorrei dire al collega Landi di Chiavenna che questa specie di interrogatorio che ha rivolto al ministro non si indirizza verso la ricerca di un accordo. Il ministro, sicuramente, su certe cose ci darà ragione e su altre torto (si tratta di una persona indipendente), ma non credo sia giusto iniziare la seduta con questa specie di autodafè. Credo che possiamo confrontarci in modo molto più tranquillo e disteso.
Parlo non a caso di una politica estera di principi e delle responsabilità, perché viviamo anche una situazione particolare a livello internazionale. Si era pensato - a torto od a ragione - che la vittoria della nuova amministrazione Bush negli Stati Uniti avrebbe provocato un atteggiamento più riservato su alcune questioni internazionali: meno interventismo in Medio Oriente e nei Balcani. Dopo qualche settimana, i fatti si sono già incaricati ad abundantiam di smentire questa ipotesi: Colin Powell si trova in Medio Oriente ed i Balcani richiedono un intervento. Non credo si possa abbandonare una politica dei valori e delle responsabilità: i problemi del mondo sono talmente gravi che, certamente, hanno bisogno di un impegno attivo.
Il ministro ha, in qualche modo, affrontato tre problemi emergenti: il G8, la Macedonia ed il Medio Oriente. Sarà interessante, anche la prossima volta, avere una filosofia della collocazione italiana nei mutamenti che avvengono a livello internazionale. L'Italia, proprio in quanto paese medio, deve giocare sino in fondo questo ruolo di collaborazione, di integrazione e di cooperazione internazionale: ciò è nei valori e nei principi, ma credo corrisponda anche ai nostri interessi nazionali. I criteri di valori e di principi corrispondono anche all'interesse nazionale di un paese medio come il nostro che può affermarsi anche nella misura in cui gioca un ruolo di cooperazione ed integrazione. Lo valuteremo anche in Europa dove ci troviamo dinanzi a piani francesi, piani tedeschi, al cui interno dovremo trovare la dimensione italiana di intervento.
Rivolgo al ministro tre quesiti puntuali. Saluto positivamente quello che, nel gergo diplomatico è stato chiamato l'outreach, cioè che vi sia, nell'ambito del G8, una giornata preliminare in cui i Capi di Stato ed i responsabili delle agenzie internazionali si confrontino. Però, senza confusioni di responsabilità (non sarebbe bene coinvolgere l'ONU in responsabilità che non gli appartengono), mi chiedo se non sarebbe un elemento di riguardo che il Segretario generale delle Nazioni Unite venisse invitato in qualità di osservatore anche al resto del vertice e non soltanto alla pur prestigiosa giornata preparatoria.
In relazione al secondo tema, la Macedonia (sottolineo rapidamente, alla luce della mia esperienza in Commissione difesa, condivisa con l'onorevole Mattarella ed altri, che è naturale che, quando le nostre truppe vanno in missione, vada fatta una comunicazione parlamentare) mi domando, rinviando ad altra sede una serie di quesiti (come ad esempio per quale motivo l'UCK avesse tutte quelle armi), quale sviluppo stia prendendo l'idea di un patto di stabilità nei Balcani. Oggi non esiste nessun governo con cui non si possa colloquiare e quindi il problema delle minoranze assumerebbe un aspetto notevolmente diverso se fosse affrontato paese per paese o, con tutto il tempo necessario, trovasse una collocazione in un ambito più vasto. Cosa pensa il ministro di ciò?
Riguardo al terzo tema, il Medio Oriente, saluto positivamente l'ingresso dell'Unione europea in tale ambito, perché per troppo tempo siamo stati, come europei, assenti da queste vicende. Condivido anch'io, però, la drammaticità della situazione: se un uomo come Shimon Peres non desse più una cauzione al processo di pace, vi sarebbe da temere. Lo stesso
Chiudo, signor ministro, come ho iniziato: se si inaugurasse un aspetto bipartisan della politica estera italiana, mi lasci dire, anche per la vecchia conoscenza che ci accomuna, che lei sarebbe la persona più adatta per provarci.
Ringrazio il ministro anche per la sua disponibilità al confronto, che certamente dovrà svilupparsi in maniera più ampia di quanto oggi non sia avvenuto. Mi rendo conto, infatti, che la presenza, oggi in Commissione, del ministro Ruggiero, dopo una intera giornata trascorsa alla Camera, non poteva che essere condizionata. Ma credo che questa audizione debba essere proseguita in altra seduta, affinché l'argomento posto all'ordine giorno possa essere trattato in termini più generali ed esaustivi.
Vorrei anch'io, garbatamente ma con chiarezza, riprendere un concetto espresso dal collega Spini. Nel corso di queste prime sedute in Assemblea, ho avuto l'impressione che da parte della maggioranza ciascuna discussione venisse intesa come un dibattito sull'opposizione. In proposito, vorrei sommessamente suggerire che, se si vuole un confronto parlamentare costruttivo, ciò non deve accadere. D'altronde, per l'opposizione può anche essere gratificante, perché viene posta al centro di ogni dibattito. Ma i dibattiti vertono sull'oggetto all'ordine del giorno e non sull'opposizione, come invece anche oggi sembra accadere, in questa sede, alla luce dell'intervento di qualche collega.
Vorrei dire al ministro Ruggiero, il quale ha parlato in particolare della questione del G8 - il che era comprensibile, dopo il dibattito svoltosi in aula questa mattina -, che anch'io ritengo non senza significato il coinvolgimento, nella preparazione dello svolgimento dell'incontro, dell'ONU e dei Capi di Stato dei paesi in via di sviluppo. Non credo si tratti di un paravento, bensì della presa di coscienza del carattere non esaustivo della composizione di base del G8. Né credo, a differenza del collega Mantovani, che il G8 possa contribuire a condurre alla disarticolazione dell'ONU, che non ha ancora, purtroppo, una struttura così solida ed efficace tale da poter essere disarticolata. Piuttosto ritengo che il G8 possa essere, pur con i suoi limiti, ma anche nella sua importanza, l'occasione per scongiurare atteggiamenti solitari da parte di alcuni paesi particolarmente influenti. Inoltre, do atto al ministro Ruggiero di aver parlato dell'Italia come di un paese all'avanguardia, per molti aspetti di politica estera, sottolineando in questo modo l'esigenza di continuità su di essi.
Vorrei altresì dire, con riferimento all'intervento che ho appena ascoltato, che è sicuramente giusto chiedere ai paesi poveri nei cui confronti si cancella il debito di assumere degli impegni, come è stato detto, «seri e definiti», così come d'altronde viene fatto per i paesi che si trovano in condizioni di guerra e di violenza. Ma credo che altrettanto rigore andrebbe rivolto ai paesi ricchi, con una richiesta di impegni del pari seri e definiti, ad esempio sul tema dei diritti dei minori e del rispetto della loro condizione.
A tale riguardo, vorrei aggiungere che non sono la sinistra, né i moralisti, a parlare dell'esigenza di regolamentare i flussi finanziari internazionali. In tutti i più autorevoli circoli finanziari del mondo, anche quelli più conservatori, da alcuni anni si parla della esigenza di tale regolamentazione che sia a garanzia non solo degli Stati e della loro sovranità - il che, di per sé, rappresenterebbe già un argomento meritevole di interesse -, ma anche della comunità internazionale, rispetto ad una situazione in cui si verificano flussi finanziari senza alcuna regola e con troppi spazi lasciati alla speculazione internazionale. Queste valutazioni sono da anni evidenziate in sede di convegni internazionali, da parte di tanti economisti non di sinistra.
Non vorrei aggiungere altro, anche perché mi rendo conto, come ho già detto, del fatto che l'audizione non poteva che limitarsi allo svolgimento degli argomenti trattati questa mattina in aula, anche se all'ordine del giorno della nostra seduta era l'audizione del ministro degli esteri sulle linee programmatiche del suo ministero, le quali ovviamente non riguardano solamente il problema del G8, della Macedonia e del Medio Oriente, argomenti sui quali il ministro ci ha detto cose interessanti. È necessario che il ministro ritorni in Commissione, al fine di esporre compiutamente e in modo organico la linea del suo ministero con riguardo a tutta una serie di problematiche. Mi riferisco in particolare ai Balcani e alle prospettive dell'intervento in tale area; all'atteggiamento che si prevede che gli Stati Uniti adottino con riferimento a tale situazione; a quanto sta accadendo in Bosnia, con riguardo ai problemi esistenti con la componente etnica croata; allo status del Kosovo; alla condizione interna jugoslava dopo l'arresto di Milosevic. Ci sono tanti problemi aperti che vanno adeguatamente considerati sulla base di un'esposizione più compiuta che il ministro dovrà fare in questa sede.
Così come sarà interessante ascoltare il ministro, quando lo riterrà opportuno, ma comunque con qualche sollecitudine, sul tema della difesa missilistica e sulla posizione che il Governo del nostro paese intende assumere al riguardo, nonché su argomenti come l'Unione europea, il referendum irlandese, il dopo Nizza, cioè su temi importanti sottolineati ieri dal Presidente della Repubblica.
Vorrei infine aggiungere un'ulteriore considerazione che riguarda ciò che avviene nei Balcani con riferimento alle difficoltà di convivenza etnica. Il nostro paese da diversi anni si presenta sulla scena internazionale con la credenziale di chi ha risolto al suo interno un importante problema riguardante una minoranza etnica, quella altoatesina, indicando ad altri paesi (e venendo, altresì, indicato da altri paesi, in molte sedi internazionali come un esempio) una possibilità per superare le difficoltà riguardanti le minoranze etniche. Giorni fa, due ministri dell'attuale Governo si sono recati a Bolzano, affermando l'esigenza di modificare alcuni punti della normativa che regola tali rapporti etnici e linguistici. In proposito, hanno parlato di una modifica unilaterale. Trattandosi di argomenti e questioni che riguardano lo statuto e il pacchetto normativo - sul quale vi è stata anche, come è noto, una quietanza liberatoria in sede di Nazioni Unite -, le chiedo, signor ministro, di tenere presente questo argomento al fine di affrontarlo, anche se non in questa sede, affinché non debbano sorgere per il nostro paese difficoltà di carattere internazionale tali da far sì che l'Italia possa essere vista, anziché come un soggetto capace di indicare un modo per risolvere i problemi tra gruppi linguistici differenti, piuttosto come un paese nei cui confronti va effettuato qualche richiamo.
Concludo ringraziandola, signor ministro, del suo intervento e della sua presenza.
Vorrei sottolineare il fatto che il bicameralismo perfetto presenta delle grosse complicazioni per il lavoro dei ministri. Infatti, il ministro Ruggiero la settimana prossima sarà chiamato a ripetere al Senato quanto ha detto qui. In proposito, anche se non è questa la sede appropriata, vorrei suggerire l'ipotesi di valutare l'opportunità di effettuare delle sedute congiunte delle Commissioni esteri di Camera e Senato. Per esempio, con riferimento ai problemi sollevati dall'onorevole Mattarella sul tema della difesa, si potrebbero svolgere sedute congiunte delle Commissioni difesa, affari esteri e politiche dell'unione europea. In caso contrario, ci troveremmo in una situazione in cui non si riuscirebbe ad essere pienamente soddisfatti delle risposte, data la ristrettezza dei tempi, ed inoltre il ministro sarebbe costretto a ripetere più o meno le stesse cose alla Camera e al Senato. In quest'ultima ipotesi la decisione spetta ovviamente ai Presidenti della Camera e del Senato, ma vorrei lanciare questa idea, quasi come provocazione, perché mi sembra possa essere fruttuosa.
Ho apprezzato molto l'uso della parola «interdipendenza», la quale richiede, come valore in quanto tale, la solidarietà come altra faccia della medaglia. Ciò apre la strada ad un discorso importantissimo, che riguarda non solo i temi di cui stiamo discutendo, ma anche le richieste avanzate da altri colleghi in tema di cooperazione ed il ruolo che l'Italia deve svolgere in un campo così importante. La realtà attuale è caratterizzata - e questo è un grande paradosso - da molte carte di diritti dell'uomo e, allo stesso tempo, dalla violazione di tali diritti. Sembra che, dal secondo dopoguerra ad oggi, quante più carte ci sono, tanto più questi diritti sono violati: è un'amara constatazione, ma è la verità.
Per aver personalmente partecipato ad alcune assise internazionali dell'ONU su certi temi, ho avuto modo di vedere che spesso la sostanza dei documenti è condizionata da funzionari, soprattutto di nazionalità americana, che impongono alcune idee ed anche alcune parole nuove - mi riferisco ad esempio al gender con riferimento alle tipologie dei sessi. Dobbiamo essere tutti molto attenti. Lei, signor ministro, prima diceva che bisogna globalizzare la consapevolezza dei problemi, così come bisogna migliorare la governabilità del sistema. Siamo d'accordo e pensiamo che il G8 abbia la competenza per intervenire in materia. Lei giustamente aggiunge che i paesi ricchi devono poter dire quali sono i sacrifici che possono fare. Peraltro, fa piacere sapere che l'Italia, come lei accennava, è all'avanguardia su tante di queste sfide che ci troviamo ad affrontare, a partire dalla tragedia dell'AIDS in Africa.
Sempre sul tema della cooperazione, qual è il ruolo oggi del nostro paese? È come se tutto fosse bloccato, congelato; è come se noi subissimo ancora le conseguenze di una pagina non chiara del nostro passato su questo tema. Riteniamo però che la cooperazione vada rilanciata con un nuovo dinamismo.
Un altro aspetto su cui vorrei soffermarmi riguarda il ruolo dell'Italia nel Mediterraneo. Dobbiamo dire che si tratta di una nostra vocazione naturale, ma vedo che altri paesi mediterranei, in particolare mi riferisco alla Spagna, svolgono per loro iniziativa dei ruoli che sono molto più importanti del nostro. Quindi, è come se
Vi sono, quindi, questioni alle quali posso rispondere subito, mentre per altre dobbiamo rinviare la trattazione ad altre occasioni, al fine di poter svolgere un dibattito serio e completo. Dico ciò per cercare di non rispondervi in modo affrettato, bensì con serietà.