Allegato A
Seduta n. 707 del 17/11/2005


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(Sezione 4 - Questioni relative all'importazione di concentrato di pomodoro cinese)

  D)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali, per sapere - premesso che:
sono più di 150.000 le tonnellate di concentrato di pomodoro cinese che ogni anno entrano in Italia per essere trasformate, ma che in realtà molto spesso vengono immesse in commercio nel circuito nazionale;
la disciplina comunitaria cosiddetta sul «regime tpa» (traffico di perfezionamento attivo) consente, infatti, alle industrie italiane di importare temporaneamente concentrato di pomodoro cinese, di lavorarlo (diluendolo) e poi di rivenderlo nei Paesi extra-europei, evitando così di pagare il dazio di importazione (o al massimo di pagarne uno ridotto);
c'è, tuttavia, il sospetto che una parte del prodotto che dovrebbe essere riesportato venga, invece, miscelato con il pomodoro italiano per essere commercializzato nel circuito nazionale;
le cifre disponibili parlano di un'importazione di 157 mila tonnellate di concentrato di pomodoro nel 2004, di cui 146 mila destinate al circuito tpa, mentre il restante 9 per cento sarebbe commercializzato a regime ordinario e, quindi, destinato al circuito interno;
vi è, peraltro, il timore diffuso, confermato da alcune recenti prove documentali, che in Italia, accanto alla filiera a norma di legge, ne esista un'altra, che utilizza il pomodoro cinese miscelandolo con quello italiano, al fine di ridurre i costi di produzione;
negli ultimi anni, infatti, si sono registrate alcune violazioni doganali e sono scattate sanzioni per alcune aziende per illeciti nel settore della lavorazione del pomodoro, legati all'impiego di pomodoro cinese;
di recente, inoltre, sono emerse anche preoccupazioni sanitarie sulla qualità e la sicurezza del concentrato di pomodoro proveniente dalla Cina, soprattutto a seguito della morte sospetta per botulino avvenuta nel centro Italia e probabilmente imputabile ad una conserva di pomodoro cinese;
sulla qualità alimentare delle passate e conserve prodotte con il pomodoro cinese gli stessi esperti di nutrizione esprimono, infatti, numerosi dubbi e perplessità: dai test fatti sulle passate «pseudoitaliane» distribuite in Senegal è emerso che il prodotto alimentare contiene conservanti, coloranti, residui di pesticidi e fertilizzanti; anche il contenuto nutrizionale è molto inferiore a quello del pomodoro italiano, mentre aumenta notevolmente il contenuto chimico;
il continuo aumento nelle importazioni di concentrato cinese (pari ad un tasso di circa il 30 per cento, a partire dal 2000) e la preoccupazione per il relativo contenuto nutrizionale hanno di recente sollecitato un intervento anche da parte dei funzionari del Governo italiano che operano a livello comunitario; ad inizio del mese di ottobre 2005, infatti, nel corso della riunione del comitato dei regimi doganali dell'Unione europea, i rappresentanti dell'Esecutivo italiano hanno sollecitato una rapida sospensione di tutte le


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attuali e future autorizzazioni alle importazioni temporanee di concentrato di pomodoro cinese;
la posizione dei funzionari del Governo italiano è stata argomentata anche sulla base di alcune recenti statistiche, che testimoniano che il prodotto grezzo cinese è costato nell'anno in corso un po' di più di quello pagato agli agricoltori italiani, in quanto, nonostante il differenziale tra l'Italia e la Cina legato al costo del lavoro e dell'energia, sull'aumento del prezzo del pomodoro cinese incide negativamente anche il costo del trasporto del prodotto in Italia; in termini quantitativi, il concentrato cinese costerebbe quest'anno 0,4883 euro al chilo, a fronte degli 0,4640 euro al chilo di quello italiano;
per far fronte ai problemi legati all'importazione di concentrato di pomodoro cinese, l'attuale Governo ha recentemente adottato, in attuazione del decreto legge 24 giugno 2004, n. 157, il decreto ministeriale del 23 settembre 2005, recante la definizione di passata di pomodoro: grazie a questo intervento legislativo, si è riusciti a garantire che la denominazione di vendita «passata di pomodoro» sia riservata al prodotto ottenuto direttamente da pomodoro fresco, con l'eventuale aggiunta di spezie, erbe, piante aromatiche e sale, ma con una presenza di bucce e semi non superiore al 4 per cento del prodotto finito;
sia le associazioni di categoria degli agricoltori e dei produttori che le associazioni di tutela dei consumatori ritengono, tuttavia, che tale intervento non sia sufficiente: a maggiore garanzia della qualità e sicurezza finale del prodotto: è, infatti, necessario introdurre l'obbligo di indicare in etichetta l'origine del pomodoro impiegato, al fine di evitare che venga spacciato come made in Italy un prodotto straniero e che si verifichino anche per la passata di pomodoro emergenze sanitarie, come quelle legate alla mucca pazza o all'influenza aviaria -:
quali controlli igienico-sanitari il Governo intenda predisporre al fine di garantire la sicurezza e la qualità dei lavorati del pomodoro, come le passate o le conserve, che arrivano quotidianamente sulle tavole degli italiani, e di escludere così possibili miscelazioni con materie prime di dubbia provenienza;
quali iniziative normative il Governo intenda adottare al fine di introdurre al più presto in Italia l'obbligo di indicare sull'etichetta del prodotto l'origine del pomodoro impiegato;
quali indirizzi politici il Governo intenda seguire a livello comunitario, al fine di limitare e contenere i pericoli economici e sanitari legati all'importazione massiccia di concentrato di pomodoro cinese.
(2-01696) «Polledri, Gibelli».
(24 ottobre 2005)