Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 643 del 22/6/2005
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Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico. - A.C. 5882)

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono iniziati gli interventi sul complesso delle proposte emendative.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Zunino. Ne ha facoltà.

MASSIMO ZUNINO. Abbiamo già espresso in sede di discussione sulle linee generali il nostro giudizio su questo provvedimento. È un giudizio di grave insufficienza, così come risultano assolutamente insufficienti le soluzioni proposte dal Governo, oggi come in questi quattro anni, sul tema delle politiche sociali per la casa.
Abbiamo più volte sottolineato, sia in Commissione sia in Assemblea, cosa intendiamo con l'espressione politica sociale per la casa. Si tratta di affrontare con urgenza il problema dell'emergenza abitativa, per fornire una risposta reale alle famiglie in ordine al problema delle locazioni. È una risposta urgente, di un'urgenza drammatica, che non si fornisce dicendo «costruiremo nuove case», perché questo tipo di emergenza non aspetta. È un'emergenza alla quale si risponde solo attraverso il rifinanziamento del Fondo sociale, che deve diventare, come abbiamo ripetuto più volte, uno strumento stabile di intervento nelle politiche sociali, capace di fornire risposte immediate e certe: già oggi lo fa, intervenendo su 350 mila famiglie. Come ha già ricordato l'onorevole Sandri in sede di discussione sulle linee generali, il Governo ha risposto, su questo terreno, riducendo il finanziamento di 100 milioni di euro, tagliando così l'assistenza a 80 mila famiglie. Una bella risposta all'emergenza abitativa, non c'è che dire!


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Il secondo pilastro di una politica sociale per la casa dovrebbe essere, come abbiamo più volte cercato di dire sia in Commissione sia in Assemblea, quello dell'incremento del patrimonio immobiliare pubblico, attraverso piani e progetti straordinari, a partire dalla necessità di adottare misure per favorire la riqualificazione e la valorizzazione del patrimonio pubblico esistente. Se il Governo avesse proceduto in questi quattro anni in tale modo, se cioè si fosse dato obiettivi certi e credibili su questo terreno, avrebbe lavorato concretamente per il completamento della riforma che regola l'intervento pubblico in materia di politiche sociali della casa. Ma così non è stato.
La riforma delle politiche sociali per la casa è iniziata nel 1996, con l'accordo tra il Governo e le parti sociali, nel quale si stabilì che il fondo GESCAL cessava la sua attività e, con essa, il prelievo a carico dei lavoratori e delle imprese. Il cambiamento è continuato con i Governi di centrosinistra, con l'approvazione della legge n. 431 del 1998, che ha chiuso la fase in cui lo Stato, attraverso l'equo canone, stabiliva il canone di affitto sul libero mercato, trasferendo sul proprietario dell'alloggio il costo sociale dell'intervento. La nuova legge ha introdotto il doppio regime, il canone libero e il canone concordato, trasferendo sul bilancio dello Stato l'agevolazione fiscale per il proprietario ed il bonus per l'inquilino, nel caso che le parti, avendone i requisiti, optino per il canone concordato.
Nel 1996, il centrosinistra introdusse la suddivisione delle funzioni tra ministero e regioni, le quali venivano responsabilizzate nella programmazione delle risorse e nei programmi attuativi. Il ministero, attraverso il CER, fissava solo i criteri generali. La legge Bassanini completò il quadro, assegnando le politiche sociali della casa alla competenza del sistema locale. Questo è ciò che è stato fatto in quegli anni.
Il Governo avrebbe potuto innovare, modificare, migliorare, tenendo ben presente le esigenze cui prima ho fatto riferimento: il Fondo sociale, l'emergenza e la politica di sviluppo e di miglioramento del patrimonio edilizio pubblico. Tuttavia, in questi quattro anni, il Governo ci ha riproposto costantemente la stessa situazione di incertezza e di precarietà, aggiungendo da parte sua scarsa professionalità e molto disinteresse. Infatti, le poche cose realizzate il più delle volte sono state scombinate e in contraddizione con i propositi enunciati.
È evidente - e ciò emerge con chiarezza dalla lettura dei provvedimenti e dalle iniziative intraprese su tale terreno in questi quattro anni - che non vi è una linea, non vi è un'idea. È ormai assodato che la questione casa, nella sua dimensione sociale, nel centrodestra non riscuote alcuna attenzione.
Altra cosa è ciò che emerge sul versante delle istituzioni; i comuni, soprattutto quelli delle grandi aree urbane, suonano l'allarme e le associazioni degli inquilini ci segnalano il riproporsi di forme nuove del problema casa. In primo luogo, l'elevato costo dell'affitto, la sua costante crescita, a fronte di redditi da lavoro o pensionistici più o meno stabili e per di più intaccati da una spinta inflazionistica. Un mix che porta migliaia di famiglie al di sotto della soglia di povertà.
Risulta cioè sempre più evidente la divaricazione tra il problema sociale ed il progetto, vale a dire la capacità che questo Governo mette in campo per governarlo. È nostra convinzione che occorra aggiustare e completare il processo riformatore avviato - cosa che non è stata realizzata in questi anni -, accompagnandolo, se necessario, con misure di intervento straordinario a sostegno dei picchi di criticità più elevati.
La domanda che vi poniamo anche in occasione della discussione del presente provvedimento, alla quale continuate a non fornire risposta, è come intendete intervenire rispetto al nuovo disagio abitativo. Certamente, non è con provvedimenti come quello oggi all'esame dell'Assemblea che si possono fornire risposte credibili e certe in tempi rapidi.


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In merito al provvedimento in esame, svolgerò solo poche considerazioni; altri colleghi, dopo di me, interverranno sui singoli emendamenti.
È un decreto-legge che non fornisce risposte all'emergenza, è un provvedimento sbagliato. Rispetto al precedente decreto-legge, il n. 240 del 2004, viene tagliato ulteriormente il numero di famiglie alle quali il provvedimento si rivolge. Rispetto all'ipotetico numero di 26 mila famiglie previsto nel 2004 dalla relazione tecnica, i soggetti appartenenti a categorie socialmente deboli (anziani ultrasessantacinquenni, portatori di handicap e soggetti con problemi economici) sono fortemente ridotti.
Tale riduzione avviene perché il numero degli aventi diritto al contributo è significativamente inferiore rispetto agli ipotetici 26 mila previsti. Infatti, si tratta di dati sicuramente più bassi perché gli aventi diritto ai contributi, ai sensi degli articoli 2 e 3, non sono residenti in tutti i comuni ad alta tensione abitativa, ma solo nei 14 capoluoghi di aree metropolitane ed in quelli ad alta tensione abitativa con questi confinanti. Non vi sono numeri certi allegati alla relazione, ma comunque stiamo parlando di un numero sensibilmente inferiore.
In merito al punto B), relativo alla proroga della sospensione degli sfratti, sempre facendo riferimento ai dati relativi della relazione tecnica e, quindi, ai comuni in cui le procedure in corso sono superiori a 400, esso riguarda un numero totale di casi stimato in 1.664 unità. Quindi, si tratta di un provvedimento che assolutamente non fornisce risposte credibili e concrete all'emergenza e che non configura alcun disegno organico, ma si limita a prevedere ancora una volta soltanto una proroga, senza contenere risposte compiute né progetti di riferimento.
Vorrei concludere ribadendo che non esiste alcuna politica della casa, né proposte sulle politiche abitative. Si continua a lavorare nell'improvvisazione, alimentando l'inefficienza con provvedimenti simili, che non possono che trovare il nostro fermo voto contrario perché non forniscono risposte concrete alle politiche abitative del nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Reduzzi. Ne ha facoltà.

GIULIANA REDUZZI. Signor Presidente, sono quattro anni che affrontiamo in Commissione e in Assemblea il problema degli sfratti esecutivi. Ogni volta ci impegniamo a proporre soluzioni serie, lungimiranti, risolutive dei problemi del disagio abitativo. Fino ad ora, tuttavia, sono stati adottati soltanto provvedimenti-tampone, soltanto proroghe, soltanto rinvii.
Intanto, si fa sempre più grave la situazione dei cittadini che non sono più in grado di sostenere le spese per la casa. Non ci riferiamo solo agli sfrattati con particolari difficoltà economiche o di salute, e quindi agli anziani o ai nuclei familiari che vedono la presenza di handicappati, ma pensiamo anche alle famiglie costrette a scegliere tra affitto e spese primarie. Alludiamo anche ai tanti pensionati che vedono consumata la propria pensione dalle spese di affitto e di condominio.
Pertanto, urge una politica della casa che affronti con serietà e determinazione l'emergenza abitativa e sappia contemperare saggiamente le esigenze diverse dei proprietari e degli inquilini. Urge una politica della casa che destini risorse adeguate al bisogno e che assegni alle regioni fondi idonei a gestire in loco le problematiche della casa. Occorrono risorse per nuovi appartamenti di edilizia popolare, occorre una politica che promuova l'edilizia agevolata, occorre un'organica, articolata, previdente, concreta politica atta a ridurre il disagio abitativo, che esiste e diventa sempre più grave ed urgente.
Ma anche il provvedimento in esame entra nel merito delle esigenze di una limitata categoria di persone ed è destinato a sostenere soltanto la soluzione di problematiche presenti in aree metropolitane. Diventa così iniquo, perché esclude


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altre famiglie ed altri comuni aventi gli stessi diritti dei beneficiari delle norme in esso contenute. Il provvedimento in oggetto, inoltre, rinvia ancora una volta l'elaborazione dei princìpi e dei criteri dell'attesa legge sulla casa.
Gli emendamenti da noi presentati, ovviamente, mirano a migliorare il testo originario. Siamo particolarmente critici rispetto alla proposta di destinare ad altre finalità le eventuali risorse rimanenti dopo l'adeguamento dei contributi destinati ai beneficiari di questo decreto. Quindi, chiediamo all'Assemblea di prestare particolare attenzione, affinché si collabori insieme a produrre un testo legislativo meno iniquo e, quindi, più giusto (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, finalmente si affronta con un provvedimento, che non ripete strade già percorse per anni, la questione dell'emergenza abitativa, in particolare nelle grandi città. Ritengo, al pari dei colleghi che mi hanno preceduto, che il decreto-legge in esame non risolva il problema e sia insufficiente di fronte alla complessità del problema stesso, ma si tratta di un passo in avanti.
Tuttavia, senza una sensibilità complessiva delle forze che sostengono il Governo ed anche dell'opposizione, ci troveremo ad assistere passivamente al dramma degli sfratti forzati. In questi giorni a Roma - lo denuncio con forza - si sta procedendo a decine di sfratti nei confronti di persone che hanno superato i sessanta anni di età, e i più spietati non sono i privati, che legittimamente vorrebbero rientrare in possesso della loro casa, magari comprata per i figli e per il futuro della propria famiglia, bensì i cosiddetti enti privatizzati. Dunque, coloro che hanno costruito case con il denaro pubblico e con l'aiuto pubblico oggi procedono all'esecuzione di sfratti senza alcun senso di umanità.
Invito il Governo, onorevole Martinat, a creare un osservatorio, in quanto ritengo assolutamente immorale che si proceda allo sfratto forzato per vendere a terzi, senza dare all'inquilino la possibilità di acquistare l'immobile. Tali case costituiscono un bene sociale, non sono il frutto di investimenti privati. Si pensi, ad esempio, al caso dell'ENPAF, l'Ente nazionale di previdenza e assistenza dei farmacisti: tale ente, onorevole Martinat - mi rivolgo a lei quale rappresentante del Governo - vive nell'illegalità, perché l'ENPAF aveva il dovere, per legge, di vendere il proprio patrimonio abitativo entro il 2001; non ha ottemperato agli obblighi di legge ed è stato privatizzato soltanto nell'ottobre 2000.
Dunque, dal 1996 al 2000 l'ENPAF era un ente pubblico, e ha violato la legge: non credo che la politica possa privilegiare amministratori che hanno volontariamente violato la legge, nella certezza di avere chissà quali santi in paradiso e chissà quali coperture. Ritengo che il Governo, di fronte a tanta arroganza, debba intervenire, seppure certamente con equilibrio.
Se non fermeremo questa catena, non sarà certo un decreto del Governo o il provvedimento di un sindaco a poter far fronte - in particolare nelle grandi città - all'emergenza abitativa. Credo sia anche necessaria una legge quadro per la casa (mi auguro sia possibile ottenerla entro la fine della legislatura).
Mi rivolgo anche ai colleghi della sinistra. Se in occasione della cancellazione della legge sull'equo canone fossero stati posti dei paletti a tutela dei cittadini, probabilmente non ci troveremmo nella situazione attuale. Ad esempio, a Roma l'affitto di un appartamento di due camere e cucina - anche in periferia - comporta una spesa non inferiore a 400 o 500 euro.
Dobbiamo porci, allora, il problema di come un nostro connazionale che abbia entrate mensili di circa mille euro possa far fronte all'esigenza abitativa. Colleghi, l'emergenza abitativa comporta un costo per tutti i cittadini. Infatti, per far fronte a tale emergenza debbono intervenire comuni,


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regioni e Governo. In Italia, il bene casa è un valore, non rappresenta solo un tetto oppure «quattro mura». Nella cultura italiana la casa è un bene essenziale e indispensabile!
Occorre una politica che ponga fine agli sperperi. Ho presentato un emendamento in tal senso e ringrazio la Commissione per averlo accolto. È inutile che Stato e regioni continuino a varare finanziamenti per costruire nuove abitazioni in assenza di un controllo della spesa! Vorrei citare il caso di alcuni comuni, come quello di Roma, che ha ottenuto finanziamenti dalla regione Lazio ma non ha costruito un solo metro quadro di case. Vogliamo ricordarlo! Oppure dobbiamo ricordare che sono alcuni costruttori ad indirizzare gli acquisti delle case?
Proprio a Roma si sta verificando lo sradicamento di migliaia di famiglie, perché il comune acquista case a Guidonia, ad Albano o Aprilia (in comuni lontani da Roma), e per migliaia di famiglie questo comporta un disagio. Non parliamo poi del danno cagionato ai giovani, che improvvisamente debbono lasciare il proprio quartiere, la propria città, perché il loro comune li sbatte in altri centri urbani, come se fossero dei disperati!
Mi rivolgo agli scettici, a coloro che pensano solo alla durata degli interventi in quest'aula: invito costoro ad accompagnarmi in giro per la città e verificare di persona cosa accade nelle case di alcuni anziani e il dramma che subiscono gli agenti delle forze dell'ordine, costretti a fermare degli ultrasettantenni e a sbatterli fuori casa, sapendo che nessuno assicurerà loro un tetto! Si vergognino quei colleghi che con superficialità affrontano questi problemi, siano essi di destra, di centro o di sinistra! Certo, forse alcuni pensano che queste problematiche riguardino altri, come se queste persone non abbiano un volto!
Allora, andatelo a fare questo giro: basta andare nell'ufficio dei funzionari che debbono procedere agli sfratti. Fatevi un giro per i commissariati, dove assisterete al dramma del commissario che deve dare l'ordine di sfrattare una settantenne in presenza della pressione di coloro che sono vicini a questa persona e che dicono: «Dottore, rinvii di una settimana, forse abbiamo trovato...».
In questi giorni, onorevole viceministro, nella zona dell'Eur sono stati effettuati alcuni sfratti nei confronti di famiglie che avevano fatto ricorso alla giustizia ordinaria; ancor prima che i giudici emettano la sentenza si arriva a «cacciarli» da casa: è possibile istituire un osservatorio per sapere dalla questura quante siano le richieste di sfratto, quale sia l'età dei cittadini che ne vengono colpiti e che cosa accade loro il giorno dopo? Chi pensa a dare a costoro un tetto ed una assistenza? Sapete quante famiglie (composte soprattutto da persone anziane) perdono l'affidamento dei nipoti perché questi ragazzi senza genitori, a causa dello sfratto, vengono sottratti alla potestà dei nonni, che non hanno più una casa? Di questo si parla!

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 17,30)

TEODORO BUONTEMPO. A tale proposito, nel mio emendamento chiedo che si venga a riferire in Parlamento. Non possiamo continuare a varare provvedimenti per la casa senza alcun risultato e senza che nessuno controlli cosa accada. Invito i colleghi della maggioranza e dell'opposizione a sostenere la necessità di tali controlli, anche per evitare che, in nome del disagio sociale esistente (e su questo ho già detto qualcosa), si possa invece favorire la speculazione edilizia da parte di taluni costruttori, considerato peraltro che, una volta costruite, quelle case non vanno agli sfrattati ma divengono un nuovo affare, per i costruttori, che costruiscono su terreni prima non edificabili ma che poi lo diventano a causa del disagio sociale. Chi controlla tutto questo?
Il provvedimento in esame affronta in parte tale problema attraverso la previsione del fondo di intervento. A tale proposito, onorevoli colleghi, conoscete i dati circa l'utilizzo di questo fondo? È vero o no


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che tale utilizzo è stato fallimentare a causa della scarsa informazione o della esigua conoscenza, nonché della mancanza di soldi da aggiungere a quelli provenienti dal fondo? Se tali fondi non vengono utilizzati, dobbiamo fare in modo di trovare una soluzione diversa per la loro utilizzazione.
Noi abbiamo sbloccato il blocco, dando la possibilità anche al piccolo proprietario di rientrare in possesso della casa, ma guai a noi se per dare un diritto ne cancelliamo migliaia di altri! E anche da questo punto di vista ritengo che occorra raccomandare ai prefetti e alle questure che, in presenza di uno sfratto, la pubblica amministrazione garantisca alla persona che lo subisce un riparo per la notte; infatti, se giungessimo ad avere uno Stato in cui tali persone vengono lasciate in balìa degli eventi, la politica avrebbe svolto un pessimo servizio.
Credo, onorevoli colleghi, che la questione della casa - e concludo - non debba più essere oggetto di leggi occasionali, ad intermittenza, di leggi adottate per l'emergenza, considerando anche la sua incidenza sull'aspetto demografico: non ci si sposa più perché non si riesce più a dare una casa alla famiglia che si intende costruire. Dobbiamo far fronte a tale domanda, se non vogliamo un impoverimento del nostro paese!
In altri paesi europei è abolita quella tassa delle tasse (mi dispiace per il mio amico notaio, ottimo parlamentare) che è rappresentata dalla percentuale del notaio!
In altri paesi europei si paga la tariffa professionale e basta! Occorre, quindi, evitare che il cittadino italiano che mette insieme gli euro necessari per l'acquisto della casa si debba trovare nella situazione di non poter concludere l'acquisto perché il costo del notaio è alto.

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, concluda.

TEODORO BUONTEMPO. Concludo, Presidente. È inutile continuare a fare interventi per abbattere gli interessi passivi sui mutui se poi le banche non si accontentano delle ipoteche sulla casa. Al cittadino che non dispone di eredità, di poderi o conti in banca, le banche negano la concessione del mutuo anche se l'immobile potrebbe coprire tutto il valore del prestito erogato. Questo è un altro degli interventi possibili che ritengo opportuno si debba effettuare.
Mi auguro che con questo provvedimento nasca una diversa attenzione verso il problema casa (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi informo che è presente in tribuna il ministro dell'ambiente della Repubblica di Romania, la signora Sulfina Barbu, che saluto (Applausi). A suo tempo ho ricoperto anch'io l'incarico di ministro dell'ambiente e, per questo motivo, la saluto ancora più volentieri.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cima. Ne ha facoltà.

LAURA CIMA. Signor Presidente, trovo il provvedimento al nostro esame completamente insoddisfacente e non rispondente alle esigenze drammatiche che ogni giorno si pongono nel nostro paese.
La grave situazione attuale deriva, da un lato, dall'impoverimento di fasce della popolazione e da un cambiamento del modello di famiglia (le famiglie monoreddito, anche con un capofamiglia donna, sono sempre più numerose), dall'altro, dall'aumento sconsiderato del prezzo degli alloggi. Oggi gli investimenti si concentrano tutti nel settore immobiliare; infatti, chi vuole fare speculazioni o semplicemente investire in sicurezza i propri risparmi non ha a disposizione altre alternative. Tutto ciò ha fatto sì che il mercato immobiliare abbia registrato in questi anni un incredibile aumento dei prezzi degli alloggi, cui ha fatto seguito una lievitazione incredibile dei canoni di affitto degli immobili. Data questa situazione, chi intenda conseguire con i propri risparmi una rendita o intenda salvaguardare il valore del proprio capitale investito acquista


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una o più proprietà immobiliari. Questo stato di cose fa sì che chi investe nel settore immobiliare non scenda sotto determinati livelli in ordine al canone di affitto.
Con la liberalizzazione del mercato degli affitti si è creata una situazione che rende quasi impossibile ai giovani lasciare le loro famiglie di origine per mettere su una nuova famiglia e sposarsi. Ciò avviene, in primo luogo, perché questi giovani, in molti casi, non hanno un lavoro sicuro e, quindi, un reddito che permetta loro di pagare il canone di affitto.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 17,40)

LAURA CIMA. In secondo luogo, perché il costo di acquisto delle case è divenuto non alla portata di tutti.
A tutto ciò bisogna aggiungere quanto ho detto all'inizio del mio intervento, e cioè l'impoverimento di fasce sempre più larghe della popolazione, la crescita delle famiglie monoreddito e il numero crescente dei pensionati e dei disoccupati. Tutto ciò fa sì che fasce sempre più grandi della popolazione vivano in condizione di povertà; anche i cosiddetti ceti medi si sono impoveriti e rischiano, magari per la perdita improvvisa del posto di lavoro, di trovarsi impossibilitati a pagare l'affitto dell'alloggio in cui abitano.
In questa situazione, che ognuno di noi conosce bene (basti vedere il lievitare degli sfratti), il provvedimento in esame non risolve assolutamente i problemi, ma appresta soltanto qualche palliativo.
Ad ogni modo, anche se la Commissione ha modificato in modo minimale e peggiorativo il decreto-legge originario (si abbia riguardo, ad esempio, all'articolo 3, là dove si stabilisce che la misura del contributo può essere al massimo di 10 mila o 5 mila euro, a seconda dei casi), il testo sottoposto all'esame dell'Assemblea può costituire un terreno di discussione: la possibilità di migliorarlo è legata all'accoglimento di alcuni emendamenti; nel caso di specie, non si pone, infatti, il problema dei tempi che spesso viene addotto come motivo ostativo all'approvazione di modifiche nel corso dell'esame. Si tratta di manifestare una volontà politica nei confronti del paese, si tratta di compiere una scelta di civiltà, perché la casa è, insieme al cibo, uno dei bisogni primari, dalla soddisfazione dei quali dipende, signor Presidente, la salvaguardia della dignità di chiunque viva nel nostro paese.
Non parliamo, poi, delle situazioni che riguardano gli immigrati, anche quelli non clandestini, i quali devono fare i conti con difficoltà incredibili. Sappiamo di situazioni estreme di convivenza, di nove o dieci persone in una stanza che si alternano nell'uso dello stesso letto secondo i turni di lavoro: una vera barbarie!
Ovviamente, noi abbiamo presentato alcune proposte emendative, di cui voglio illustrare brevemente lo spirito.
Anzitutto, proponiamo di sostituire i commi 2 e 3 dell'articolo 4, prevedendo il differimento del termine per l'esecuzione dei provvedimenti di sfratto, nei comuni ad alta tensione abitativa, al 30 giugno 2006 o, in subordine, al 31 dicembre 2005.
Inoltre, proponiamo di aggiungere all'articolo 1, infine, un comma 3-bis, con il quale si destina uno stanziamento aggiuntivo di 60 milioni di euro, in ragione di anno, per gli anni 2005, 2006 e 2007, al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione di cui all'articolo 11 della legge n. 431 del 1998.
Ancora, proponiamo di ampliare la casistica di cui al comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge, ove si fa riferimento soltanto agli ultrasessantacinquenni ed agli handicappati gravi, ai soggetti gravemente malati o con figli minori o che appartengono a famiglie monoreddito (si tratta quasi sempre, come ho già accennato, di donne capofamiglia con figli, che hanno grosse difficoltà a far quadrare il bilancio familiare).
Naturalmente, l'articolo 1 ci sembra costituzionalmente non corretto là dove limita l'applicazione delle disposizioni del decreto-legge ai soli residenti nei comuni


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capoluogo delle aree metropolitane specificate, nonché nei comuni ad alta tensione abitativa ad essi confinanti. Pertanto, proponiamo di sopprimere tale limitazione, che discende da una scelta del Governo arbitraria ed ingiustificata: non si comprendono, infatti, le ragioni dell'estromissione di molti comuni elencati nella delibera CIPE del 13 novembre 2003. Quindi, è assurdo prevedere l'individuazione dei soggetti beneficiari solo nei comuni capoluogo delle aree metropolitane e nei comuni ad alta tensione abitativa ad esse confinanti.
La sensibile riduzione degli aventi diritto determina una forte problematica anche nelle città sedi delle università, nelle quali si registra un'alta pressione abitativa. Normalmente, gli studenti vivono in una situazione di disagio. Tra l'altro, i dati riguardanti il numero degli studenti stranieri che arrivano in Italia per motivi di studio sono vergognosamente bassi, perché non si consente un facile accesso agli affitti che possa rispondere alle esigenze di questi giovani studenti. Inoltre, non vi sono campus in cui gli studenti possano alloggiare spendendo poco e frequentando le nostre università.
Abbiamo chiesto che l'individuazione delle modalità di erogazione delle risorse sia oggetto di un confronto in sede di Conferenza unificata. In tal senso, abbiamo proposto di aggiungere, all'articolo 2, comma 4, le parole: «di intesa con la Conferenza unificata».
Infine, chiediamo la soppressione del comma 3 dell'articolo 5, perché il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione (il cosiddetto buono casa), istituito dall'articolo 11 della legge n. 431 del 1998, doveva offrire ai cittadini meno abbienti un contributo per accedere al mercato privato delle locazioni. A fronte della riduzione costante di tale fondo, sarebbe opportuno adottare misure efficaci, perché lo stesso sia riportato alla sua dotazione originaria o ampliato, ove si consideri la difficile situazione in cui ci troviamo.
Questi sono i motivi per i quali abbiamo presentato un numero consistente di proposte emendative. Ovviamente, il nostro voto favorevole su questo provvedimento sarà condizionato dalla approvazione o meno delle nostre proposte emendative.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Duca. Ne ha facoltà.

EUGENIO DUCA. Signor Presidente, ho ascoltato gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, in particolare quello dell'onorevole Buontempo, il quale invocava, come un prerequisito, il rispetto delle leggi. Al collega Buontempo e ad altri colleghi che hanno affrontato questo argomento ricordo che stiamo parlando, nell'ambito delle deleghe di competenza, del ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che è il primo a non rispettare le leggi! Noi abbiamo un ministro illegale! Circa un'ora e mezzo fa, in sede di esame di un atto di sindacato ispettivo del collega Susini riguardante l'autorità portuale di Livorno, abbiamo ascoltato la risposta di un viceministro per dire che il ministro assume un comportamento illegale! Mi riferisco al ministro Pietro Lunardi.
Il Parlamento, in sede di conversione in legge di un decreto-legge, ha approvato i meccanismi di nomina delle autorità portuali e la legge prevede che, quando non c'è un'intesa tra il ministro e la regione, il ministro sceglie nell'ambito di una terna predisposta dalla regione.
La regione Toscana, ormai da molti mesi, ha trasmesso la terna di nomi al ministro, il quale, tuttavia, non ottempera; chiede un parere al Consiglio di Stato, che si pronuncia nel senso che la scelta andrebbe effettuata dal ministro nell'ambito della terna. Ma il ministro «illegale», ricattato da un altro ministro, non decide; pertanto, l'autorità portuale di Livorno - uno dei principali porti italiani, non un porticciolo - è commissariata da oltre due anni, con evidenti danni, dei quali il Governo ed il ministro dovrebbero rispondere.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Cosa c'entra con il provvedimento?


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EUGENIO DUCA. Caro collega Buontempo, come vuole che rispetti le leggi un ministro «illegale», il quale, ricattato da un altro ministro (guarda caso, della tua parte politica), non ottempera alla legge benché un ordine del giorno presentato in questa Camera e accolto dal Governo impegnava quest'ultimo a procedere alla nomina nell'ambito della terna?
È dunque difficile gridare alla luna; è difficile, caro collega, chiedere a questo Governo di rispettare le leggi quando ne fa parte un ministro «illegale», che compie atti illegali, su ricatto di un altro ministro, ed in modo vergognoso non ottempera alla legge danneggiando in modo indecente una comunità ed un porto quali quelli di Livorno (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
Non si occupa della politica della casa, come emerge in questa occasione, né di quella dei trasporti; non solo, ma è anche, appunto, un ministro «illegale», ricattato da un altro ministro. Mi rivolgo anche al signor Presidente della Camera, rilevando che questi atteggiamenti devono terminare.
Per tornare al tema, ci troviamo dinanzi ad un Governo che non persegue alcuna politica per la casa, se non quella di lasciar correre i costi: i costi degli acquisti, delle tassazioni, degli affitti; le poche politiche della casa già esistenti vengono via via smantellate.
Il Governo dell'allora centrosinistra ha abolito la trattenuta ex-GESCAL, che gravava solo sui lavoratori dipendenti; non si capisce perché la politica della casa debba gravare solo su questi ultimi e sul costo del lavoro. Quindi, il Governo di allora aveva assunto una giusta iniziativa cui però non è seguito alcun atteggiamento conseguente. Anzi, il fondo sociale per gli affitti, nel giro di tre anni, è stato dimezzato, e, solo nel corso del 2005, si passa da 350 a 250 milioni. Si colpiscono, in tal modo, circa 80 mila famiglie che beneficiavano del contributo; dei fondi ERP da inviare alle regioni si è fatto cassa con l'intervento del ministro dell'economia e delle finanze.
Quelli degli affitti, della casa e via dicendo non sono problemi del Governo, del ministro, di questo ineffabile ministro delle gallerie e dei ponti, ovvero, più correttamente, dei progetti delle gallerie e dei ponti, visto che non realizza, poi, alcuna opera. Tutto ciò non è un problema che riguardi la politica del ministro e del Governo; la casa non interessa: non vi sono progetti per le proprie società da poter finanziare e quindi la casa non interessa. Ci si concentra sui tunnel e sui ponti; i progetti, quelli sì, sono importanti: i progetti, non la realizzazione delle opere. L'importante è che si facciano i progetti. Quindi, siamo in assenza di una politica del Governo (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
Caro collega, porterò un esempio specifico. Ho parlato di sfratti, ma voglio porre in evidenza un problema specifico che si sta verificando in questi giorni nella città di Benevento, dove un costruttore, un certo signor Zamparini, sta realizzando un centro commerciale. Siccome ci sono un paio di imprese che gli danno fastidio - perché deve arrivare lì con il centro commerciale -, gli sta scavando attorno e gli sta togliendo il territorio sul quale sono collocate, in modo che tali aziende franino, liberandosi di loro. Dove non si riesce con le buone, si riesce con le cattive: io ti scavo la terra attorno, così crolla (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

ANTONINO LO PRESTI. Ma cosa sono queste stupidaggini?

EUGENIO DUCA. C'è qualcosa che non ti va bene?

ANTONINO LO PRESTI. È una vergogna parlare di un imprenditore (Commenti) ...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, scusate...

EUGENIO DUCA. C'è qualcosa che non ti va bene (Commenti del deputato Lo Presti)?


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PRESIDENTE. Onorevole Lo Presti, la richiamo all'ordine!

ANDREA RONCHI. Dovrebbe richiamare lui!

EUGENIO DUCA. C'è qualcosa che non ti va bene (Commenti del deputato Lo Presti)?

PRESIDENTE. Coraggio, onorevole Duca: non raccolga (Commenti del deputato Lo Presti)... Onorevole Lo Presti, la richiamo all'ordine per la seconda ....

ANTONINO LO PRESTI. Richiama all'ordine me? Lui...!

UGO PAROLO. È fuori tema, Presidente!

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Lo Presti (Commenti del deputato Lo Presti).... Scusate, colleghi, l'onorevole Duca sta parlando: lasciatelo terminare, dopodiché...

ANTONINO LO PRESTI. Non può offendere le persone (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Scusate, tra l'altro, se urlate non capisco cosa sta succedendo (Commenti)...

ANDREA RONCHI. Perché non lo richiama, allora?

UGO PAROLO. È fuori tema, Presidente!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ciascuno risponde delle affermazioni che rende in quest'aula! Onestamente, non ho seguito ciò che l'onorevole Duca ha detto, ma le sue parole rimarranno agli atti ed egli risponderà, evidentemente, delle sue affermazioni: non si tratta di un motivo sufficiente per non farlo terminare!

EUGENIO DUCA. La ringrazio, signor Presidente! Se leggerà gli atti, non troverà nulla di particolarmente strano. Non capisco perché ci sia questa animosità da parte dei colleghi!
Sto dicendo che, in questi giorni, sta accadendo che, attorno a fabbricati che ospitano alcune società, delle ruspe stanno scavando in modo che quel territorio diventi insicuro e che, quindi, intervenga l'autorità per farlo sgomberare. In questo modo, nelle cose in cui questo signor imprenditore non riesce con le buone, ci riesce con le cattive!
Non capisco perché il collega Lo Presti si debba scaldare tanto! Non so se faccia l'avvocato di Zamparini o di chi altri; peraltro si tratta di una circostanza per me del tutto ininfluente (Commenti)!
Ma andiamo avanti, perché - e poi terminerò, signor Presidente, così il collega Lo Presti sarà tranquillo! - vorrei leggere un accordo sostitutivo, ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 241 del 1990 (si tratta, quindi, di un atto pubblico), stipulato tra il comune di Benevento e la ditta individuale Maurizio Zamparini (Commenti). Non credo che il Presidente non mi possa autorizzare a leggere un documento pubblico! Ebbene, con tale documento il comune di Benevento si mette d'accordo con il signor Zamparini, che ha realizzato tre fabbricati abusivi in una zona...

PRESIDENTE. Onorevole Duca, mi scusi...

EUGENIO DUCA. Sto leggendo, signor Presidente...

PRESIDENTE. L'ho capito, però le voglio dire una cosa: questo, invece, compete a me...

EUGENIO DUCA. Sì!

PRESIDENTE. Si attenga, per favore, al tema del decreto-legge! C'è qualcosa che riguarda...

EUGENIO DUCA. Sì!

PRESIDENTE. Insomma, via...!

EUGENIO DUCA. Signor Presidente, mi sto attenendo al decreto-legge ed all'intervento svolto dal collega Buontempo sul


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richiamo al rispetto delle leggi! Ora, ho già detto che abbiamo un ministro che non rispetta le leggi: se andiamo avanti, le dimostro che vi è un'altra occasione in cui non solo non si rispettano le normative, ma si va palesemente contro la legge! In questo caso, si provoca lo sfratto di una abitazione e di due attività imprenditoriali che coinvolgono sei famiglie che vivono di tale lavoro! Mi sembra che siamo pienamente nel tema (Commenti)!
Come stavo dicendo, si stringe un accordo per demolire tre capannoni, realizzati abusivamente in una zona definita parco fluviale, sostituendoli con un parcheggio da mille posti auto; in altri termini, si realizza non un parco fluviale, ma un parcheggio fluviale! Questo, caro collega Buontempo, è ciò che avviene oggi, 22 giugno, grazie ad un accordo tra il comune di Benevento e la ditta Zamparini, su un'area sottoposta a tutela dalla soprintendenza e quindi del Ministero. Si tratta di un'area già definita parco fluviale - e mi sembra che ciò rientri nelle competenze del ministero! -, in cui si stanno costringendo, con le minacce, famiglie e attività imprenditoriali allo sgombero forzato: è quanto il collega Buontempo ha precedentemente richiamato!
Su ciò, signor Presidente, presenterò uno specifico atto di sindacato ispettivo, al quale poi, il ministero sicuramente ottempererà, dal ministero, così come avviene per tutti gli ordini del giorno che la Camera dei deputati ha approvato! Le ricordo che, a fronte di tutti gli ordini del giorno approvati dalla Camera dei deputati, il ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha ottemperato ad un numero pari a zero (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)! In quattro anni, a fronte - ripeto - di tutti gli ordini del giorno approvati dalla Camera dei deputati, il ministro delle infrastrutture e dei trasporti non ha ottemperato a nessuno di essi! Questo è il livello di partecipazione richiesto dal collega Buontempo! Questo è il rispetto che il ministro delle infrastrutture e dei trasporti nutre per la Camera dei deputati! Signor Presidente, la prego di intervenire anche su ciò, se possibile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tocci. Ne ha facoltà.

WALTER TOCCI. Signor Presidente, aggiungo una questione particolare, ma molto rilevante, soprattutto nella capitale. Mi riferisco alla gestione degli enti privatizzati. È stato presentato, in materia, un ordine del giorno a prima firma della collega Pistone. Voglio, comunque, richiamare l'attenzione del Governo su tale argomento.
Gli enti privatizzati stanno procedendo a migliaia di sfratti nella nostra città. In molti casi, tali procedure di sfratto si riferiscono a persone anziane ed a famiglie a basso reddito. Detti enti stanno, quindi, dando un contributo molto alto - purtroppo! - alla drammatizzazione del problema casa in una grande città quale Roma. Richiamo l'attenzione del Governo su tale aspetto, perché in una precedente occasione, lo scorso anno, in Commissione finanze, allorché si discuteva la conversione in legge del decreto-legge sulle vendite degli enti previdenziali, il Governo, rappresentato dal sottosegretario Armosino, aveva assunto impegni ben precisi, impegnandosi appunto a convocare i presidenti degli enti privatizzati per svolgere un'opera di convincimento volta ad allentare la tensione e ad evitare di ricorrere agli sfratti. Ebbene, domando al viceministro Martinat cosa ne è di tale impegno assunto dal Governo, per effetto di una risoluzione della Commissione finanze votata all'unanimità. Sarebbe bene che, nel prosieguo del dibattito, lei, onorevole Martinat, ci informasse sulle iniziative adottate dal Governo e sulle risposte date dai presidenti degli enti privatizzati: in altre parole, su cosa avete fatto in adempimento della citata risoluzione approvata dalla Commissione finanze.
Desidero inoltre sottolineare che gli enti privatizzati, in tale discussione, recitano spesso due parti nella commedia, nel senso che tengono a sottolineare il loro status


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di soggetti privati allorché si tratta di effettuare sfratti e di sostenere la loro - pur legittima - politica di locazione e tengono, invece, a sottolineare il loro status pubblico allorché si tratta di ricevere dall'amministrazione fiscale alcune agevolazioni. Ricordo che, anche recentemente, con la legge Tremonti, si è riconosciuta un'agevolazione fiscale agli enti privatizzati e, quindi, si è loro riconosciuto un interesse anche pubblico. Ebbene, non credo che si possa continuare ad interpretare due parti in commedia: quando conviene ci si presenta come ente di interesse pubblico e quando invece non conviene ci si ritira nello status di soggetto privato.
In Commissione finanze abbiamo sottolineato la necessità di introdurre norme che impediscano questa doppia parte in commedia ed in questa occasione torniamo a proporre tale tema all'attenzione del Governo, ma anche di tutti i colleghi, anche della maggioranza. È una soluzione molto semplice: a quegli enti privatizzati che ricorrono all'agevolazione fiscale e che ne traggono beneficio dovrebbe, però, essere attribuito anche l'obbligo di utilizzare i contratti in affitto concordato. Ciò in modo tale che, qualora venga riconosciuto loro questo interesse pubblico fino al punto di ottenere una agevolazione fiscale, si preveda per questi enti anche il dovere di attuare una politica di attenzione e di sensibilità sociale.
In questo modo, si lascerebbero gli enti privatizzati assolutamente liberi di scegliere. Non si imporrebbe loro un obbligo: potrebbero, infatti, continuare ad avere le mani libere, gestendo il patrimonio abitativo in piena autonomia, ma in questo caso dovrebbero rinunciare alle agevolazioni fiscali. Delle due l'una: o questi enti sono sempre privati oppure non lo sono; non è più possibile considerarli una volta privati ed un'altra pubblici.
Richiamo l'attenzione del Governo su una questione già abbondantemente dibattuta in sede di Commissione finanze, e sarebbe bene che lo stesso si esprimesse su entrambi i punti che ho rappresentato, sia rispetto agli impegni assunti in quell'occasione sia rispetto alla soluzione tecnica che ho proposto in questa sede.
Infine, vorrei ricordare che, in molti casi, è vero che questi enti sono privatizzati, ma è anche vero che hanno maturato obblighi - soprattutto quando si tratta dell'alienazione del patrimonio - che derivano da legislazioni precedenti al passaggio allo status privatistico. Mi riferisco a legislazioni del 1996 e del 1997, che avevano attribuito a tutti gli enti previdenziali determinati obblighi nel caso di vendita degli alloggi.
In una risoluzione del Consiglio di Stato molto impegnativa si afferma che tali enti portano in eredità, per così dire, anche nella fase privatistica, questo obbligo di vendere secondo le leggi stabilite dallo Stato. Si tratta di una presa di posizione del Consiglio di Stato che dovrebbe rappresentare un punto di riferimento per tutti noi, per l'attività legislativa e per la gestione corrente di tali enti. In particolar modo, la risoluzione del Consiglio di Stato si riferisce alla Cassa dei farmacisti, ma si può estendere a tutti gli altri enti privatizzati.
Si possono intraprendere molte iniziative. Il Governo, finora, si è trincerato dietro l'impossibilità di intervenire, mentre - come ho già detto con questo mio breve intervento - vi sono molti interventi che si possono realizzare.
D'altro canto, gli enti privatizzati, in una città come Roma, stanno determinando migliaia di sfratti e convincerli a moderare le loro pretese significa avere un minimo di attenzione e di sensibilità sociale. Non credo che rinviare questi sfratti possa significare un danno per i bilanci degli enti e, quindi, per la funzione certamente prioritaria ed importante quale quella prettamente previdenziale. Si possono benissimo contemperare le loro funzioni primarie, quelle previdenziali, con un minimo di sensibilità sociale, che eviti l'aggravarsi della dinamica degli sfratti soprattutto nelle grandi città.
Il Governo può fare qualcosa se ne ha la volontà. Può farlo con un'opera di convincimento, ma anche con degli interventi


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tecnici, amministrativi e, se del caso, anche legislativi nel senso che ho illustrato in precedenza.
Mi aspetto dal Governo, quindi, durante l'esame degli emendamenti, risposte convincenti su tali aspetti; ma soprattutto se le aspettano le famiglie che abitano nelle case della Cassa forense, della Cassa dei ragionieri e degli altri enti e che vivono nell'angoscia anziché avere la tranquillità che sarebbe necessaria (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iannuzzi. Ne ha facoltà.

TINO IANNUZZI. Signor Presidente, è all'attenzione di questa Assemblea il decreto-legge n. 86 del 27 maggio 2005, recante misure urgenti di sostegno nelle aree metropolitane per i conduttori di immobili che versino in condizioni di particolare disagio abitativo e di allarme sociale. Questa è l'occasione per compiere una valutazione approfondita e un dibattito interessante sulla conduzione della politica della casa nel nostro paese e sui diversi aspetti connessi alla questione abitativa, perché tale decreto-legge investe questioni che riguardano gli interessi veri, generali e profondi di una comunità.
Il nostro giudizio nei confronti del provvedimento, come già è stato evidenziato dal collega Giachetti e, poc'anzi, dalla collega Reduzzi, è negativo, poiché si tratta di un decreto-legge che ha un contenuto contraddittorio, del tutto insufficiente e deludente e, soprattutto, al di sotto di un'attenzione legislativa doverosa verso una questione di grande rilievo.
Vogliamo subito dire con grande franchezza che il giudizio negativo sulle misure che l'esecutivo di centrodestra sta sostenendo da quattro anni si accompagna alla consapevolezza che da parte di tutte le componenti di questo Parlamento e di tutte le forze politiche occorre affrontare con maggiore forza e determinazione i temi legati al rilancio della politica della casa.
Per molto tempo le discussioni sulla questione abitativa, in qualche misura, sono cadute in una fase di disattenzione inaccettabile. In realtà, invece, c'è un nuovo, forte e rilevante bisogno di rilanciare una politica attiva dello Stato in questa direzione, in un concerto fruttuoso e positivo con le regioni e con il sistema delle autonomie locali, valorizzando innanzitutto le competenze del sistema regionale.
Vi è la necessità, in questo contesto, anche di dedicare una nuova e più forte attenzione alla politica di edilizia residenziale pubblica. Nel nostro paese c'è stata sicuramente una diffusione importante e molto positiva della cerchia delle persone e delle famiglie che hanno potuto accedere all'acquisto della casa di abitazione, ma rimangono fasce sociali che vivono in una condizione drammatica di difficoltà e disagio, nei confronti delle quali occorre porsi con attenzione, soprattutto con interventi incisivi.
Il rilancio della politica di edilizia residenziale passa attraverso un programma straordinario di interventi fondato sul recupero, sulla ristrutturazione e sulla riutilizzazione del patrimonio immobiliare, che spesso versa in condizioni di fatiscenza, di degrado e, comunque, di inutilizzabilità perché non vi è un adeguato decoro abitativo. Tale programma necessita anche della realizzazione di una nuova edificazione residenziale, per rispondere alle nuove esigenze sociali e, nei limiti di queste esigenze, tenendo conto delle ipotesi e delle possibilità di intervento che ha delineato il mondo degli operatori economici e degli imprenditori del settore.
Si tratta di realizzare un sistema e una serie di programmi di nuova edilizia residenziale fondati sull'integrazione tra risorse private, finanziamento pubblico e incentivazioni fiscali, con la previsione di una serie di alloggi da poter acquistare a prezzi calmierati o da allocare sul mercato immobiliare con canoni in qualche misura ridotti e contenuti.
In questo contesto, vogliamo sottolineare come sia del tutto assente ogni progetto politico preciso da parte del Governo ed ogni iniziativa organica che sappia


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dare una risposta adeguata e di alto profilo alle suddette esigenze, che dobbiamo porre con forza all'attenzione della pubblica opinione, in vista della battaglia per la conquista del Governo del paese nel 2006, e che sicuramente dovranno entrare con incisività nel programma dell'Unione.
Sul contenuto del decreto-legge n. 86 del 2005 esprimiamo un giudizio critico e negativo. Il provvedimento, che doveva far fronte alla giurisprudenza della Corte costituzionale, che ha sottolineato come non sia possibile addivenire ad una serie sistematica e sine die di proroghe del regime degli sfratti e delle locazioni immobiliari, ha una linea estremamente confusa e contraddittoria. Si identificano soltanto 13 aree metropolitane ad alta tensione abitativa, riservando la possibilità della proroga al 30 settembre solo a quei comuni, nell'ambito delle suddette aree, che abbiano complessivamente un numero superiore a 400 di procedure esecutive di rilascio di immobili relativi a conduttori che versino in condizioni di particolare disagio familiare, economico e sociale. Quindi, si circoscrive molto l'ambito di operatività di tale parte del decreto-legge.
Poco razionale appare la misura prevista dal comma 3 dell'articolo 1, secondo cui: «Le risorse non utilizzate per le finalità di cui al comma 1, alla data del 31 ottobre 2005, sono destinate al finanziamento di interventi speciali finalizzati alla realizzazione di alloggi sperimentali e a progetti speciali per aumentare la disponibilità di alloggi di edilizia sociale nei comuni capoluogo di maggiore emergenza abitativa (...)». Bisognava rafforzare gli interventi dello Stato nei confronti di tutti i nuclei familiari che versano in condizioni di grave disagio per la loro situazione abitativa, a prescindere se siano collocati nelle aree metropolitane di maggiore tensione abitativa ed a prescindere dal fatto che il numero delle procedure di rilascio superi o sia al di sotto della soglia fatidica identificata nel decreto-legge. Le suddette risorse, anziché essere utilizzate a 360 gradi per venire incontro a tali esigenze sociali, che sono tutte degne di rilievo ed esigono un intervento dello Stato senza inutili restrizioni ed ingiustificate disparità, vengono destinate a programmi di realizzazione di un numero comunque ridotto di alloggi, che sicuramente vedranno la luce solo tra alcuni anni, nella migliore delle ipotesi, e quindi non potranno portare nell'immediato un beneficio per le situazioni di disagio abitativo diffuse in tutto il paese e per i nuclei familiari che le subiscono e le soffrono.
Da tale punto di vista, vorrei sottolineare come tutto l'impianto della politica e dell'azione del Governo, e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in particolare, si sia ispirato, in questi quattro anni, a criteri confusi, contraddittori e senza una linea precisa di orientamento. Vediamo come siano già profondamente diverse le misure ipotizzate in questo decreto-legge rispetto a quelle previste nel decreto-legge con cui fu varata la proroga su cui oggi si interviene. In quest'ultimo provvedimento, si ipotizzava di riscrivere nuove forme contrattuali, da incentivare per venire incontro alle condizioni di disagio abitativo. Oggi si modifica nuovamente la linea del Governo.
È evidente che, in questi quattro anni, vi è stato soltanto l'abbandono progressivo di una serie di scelte compiute nella scorsa legislatura, che si erano caratterizzate per lo sforzo di superare i patti in deroga e il fondo GESCAL e di introdurre il Fondo sociale di accesso alla locazione, che è stato fortemente indebolito e pregiudicato dall'azione del Governo, il quale ne ha ridotto progressivamente i finanziamenti e le risorse a disposizione. Erano stati, inoltre, introdotti i buoni casa e trasferiti poteri e risorse finanziarie alle regioni. Rispetto ai fondi già previsti nella scorsa legislatura, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è intervenuto soltanto per stabilire centralizzazioni in capo allo Stato ed al ministero indebolendo, anche in questo caso, il ruolo strategico e le competenze delle regioni, che esigono adeguate risorse finanziarie per poter operare con compiutezza.
Sono questi gli aspetti che ci inducono ad esprimere un giudizio negativo. È nostra intenzione sottolineare come in questo


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campo non si possa procedere attraverso misure episodiche, o comunque con provvedimenti che non hanno una linea di orientamento ferma, precisa e convincente. Occorre invece mettere in campo un progetto complessivo, una politica generale, una serie di interventi coerenti ed organici dal punto di vista del rapporto tra Stato e regioni, delle risorse finanziarie da investire e della valorizzazione di strumenti importanti, come il Fondo sociale e tutte le altre misure che erano state messe in campo.
Occorre anche porsi l'obiettivo, non prospettato in questi anni, di rispondere alla nuova esigenza abitativa emersa nel nostro paese, che è per certi versi differente da quella del passato, investendo anche nuove emergenze sociali, come le giovani coppie in cerca di abitazione, i lavoratori e gli studenti fuori sede, gli immigrati regolarizzati, i single che desiderano avere una propria abitazione, diversa da quella del proprio nucleo familiare di origine. Rispetto a tali nuove esigenze, occorre mettere in campo il rilancio di un'organica e precisa politica di edilizia residenziale, fondata innanzi tutto sul recupero del patrimonio immobiliare fatiscente, nonché sulla realizzazione di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica, valorizzando la possibilità di un apporto operoso e concreto, soprattutto in termini di risorse finanziarie, da parte degli operatori privati e degli imprenditori.
È giusto tornare ad avere una precisa politica in questo campo, valorizzando con risposte adeguate la questione abitativa. Con questo provvedimento siamo invece sicuramente sulla linea dell'approssimazione, della confusione e della totale insufficienza (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

TOMMASO FOTI, Relatore. La Commissione esprime parere favorevole sugli emendamenti Folena 1.7, Buontempo 1.24, Stradella 2.2 e Folena 4.2. Raccomanda inoltre l'approvazione del suo articolo aggiuntivo 5.050 ed invita al ritiro di tutte le altre proposte emendative, altrimenti esprimendo sulle stesse parere contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

UGO MARTINAT, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Il Governo accetta l'articolo aggiuntivo 5.050 della Commissione ed esprime parere conforme a quello del relatore sulle restanti proposte emendative.

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Cento 1.21 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore e dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cento 1.21, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 418
Maggioranza 210
Hanno votato
200
Hanno votato
no 218).

Prendo atto che l'onorevole Buontempo non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Prendo altresì atto che il dispositivo di voto dell'onorevole Provera non ha funzionato; prego i commessi di verificarne il funzionamento.
Passiamo all'emendamento Folena 1.1.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore e dal Governo.

GIOVANNI RUSSO SPENA. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto (Commenti).


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PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Vorrei far notare alle colleghe ed ai colleghi, affinché abbiano il senso delle proporzioni e delle tattiche parlamentari, che, non essendo noi intervenuti in sede di illustrazione delle proposte emendative, evidentemente interverremo in sede di dichiarazione di voto sulle singole proposte emendative: quindi, è inutile vociare! Credo che un provvedimento così importante sia da analizzare nel merito, punto per punto.
L'articolo 1, che vogliamo emendare, rappresenta il tratto distintivo di un provvedimento che consideriamo - come dimostreremo con i nostri interventi - molto modesto e mediocre, adottato peraltro in maniera tardiva sull'onda di un'emergenza molto grave.
Si tratta di un provvedimento sbagliato perché fondato, di fatto, sulla riduzione dei finanziamenti per i piani abitativi di edilizia popolare, nonché sulla concessione di contributi, che sono tesi ad una pura mercificazione di situazioni e di narrazioni drammatiche e dolorose di disagio abitativo.
Da tempo, avevamo chiesto, anche in quest'aula, nell'orizzonte di un provvedimento organico che era già in fase di discussione nelle Commissioni, un testo che prevedesse la moratoria degli sfratti, un testo semplice, equo, addirittura di «igiene istituzionale», non a caso richiesto non solo dai sindacati degli inquilini e dei pensionati - che hanno anche tenuto diverse manifestazioni su questo punto -, ma anche dalle associazioni di tutti gli enti locali. Perfino importanti prefetti di città metropolitane, come Roma e Napoli, hanno giudicato questo provvedimento di moratoria degli sfratti urgente e importante.
Invece, il Governo ha di fatto declassato la questione abitativa ad un problema di ordine pubblico, addossando la problematica sociale sui comuni, senza adeguati strumenti e risorse finanziarie. L'onorevole Buontempo, mentre «a valle» parla giustamente di un disagio abitativo esistente, «a monte» tende a non vedere le responsabilità del Governo, addossandole agli enti locali.
Il risultato di tutto ciò è che la già gravissima situazione di precarietà abitativa che investe certe fasce sociali del nostro paese è stata ulteriormente aggravata. Se ne è addirittura, interessata la Commissione diritti umani delle Nazioni Unite nella sessione del novembre 2004, in occasione della verifica dell'applicazione effettiva del Trattato internazionale sui diritti umani, economici e culturali.
A Roma, come in altre città metropolitane, la tenuta democratica di fronte a questo gravissimo problema è stata assicurata soltanto dai sindacati degli inquilini, dai movimenti di lotta e da altre associazioni, che sono intervenute per evitare gli sfratti di famiglie deboli senza alcuna alternativa alloggiativa. Di fronte a ciò, il Governo non solo è stato in silenzio, ma ha dato vita alla liberalizzazione dei canoni, con la conseguenza che la stragrande maggioranza degli sfratti sono avvenuti per morosità, nonché alle cartolarizzazioni, che hanno costretto le famiglie ad acquistare attraverso mutui onerosi, peggiorando le proprie condizioni di vita.
Noi, al contrario, proponiamo misure eque, come ad esempio una temporanea moratoria degli sfratti. Ciò non perché la moratoria risolva i problemi, ma perché può far sì che il diritto alla casa si sedimenti in provvedimenti di rilancio di una politica della casa e di una politica dei fitti equi, davvero rapportati al reddito delle cittadine e dei cittadini, prevedendo, quando è necessario, lo sfratto per morosità e il passaggio da casa a casa. A tale proposito, vorrei ricordare al collega Buontempo che Roma è stata l'unica metropoli che ha adottato un provvedimento molto serio, ponendosi il problema del passaggio da casa a casa.
Quindi, con l'emendamento in esame, che ho presentato insieme al collega Folena, puntiamo ad una sorta di riduzione del danno. Infatti, il decreto-legge fa riferimento a famiglie con redditi bassi, inferiori ai 20 mila euro lordi, composte da ultrasessantacinquenni e da portatori di handicap, ma riteniamo altrettanto rilevante


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anche la situazione di famiglie con uguale reddito e con la presenza di minori. E l'impatto sui minori degli sfratti forzosi è enorme dal punto di vista non solo psicologico, ma anche formativo. Si pensi che lo sfratto impedisce o interrompe bruscamente perfino il percorso scolastico avviato.
Riteniamo dunque l'emendamento in esame non solo equo ed idoneo a realizzare la riduzione del danno, ma anche indispensabile nelle metropoli italiane per venire incontro alle gravi esigenze delle famiglie con minori (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Folena 1.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 425
Votanti 424
Astenuti 1
Maggioranza 213
Hanno votato
205
Hanno votato
no 219).

Avverto che il relatore ha comunicato alla Presidenza di aver erroneamente espresso parere favorevole sull'emendamento Folena 1.7, mentre tale parere deve intendersi riferito all'emendamento Folena 1.2. Pertanto, il relatore invita i presentatori al ritiro dell'emendamento Folena 1.7, altrimenti il parere è contrario.
Prendo, altresì, atto che in proposito il parere del Governo risulta conforme a quello del relatore.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Folena 1.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Folena. Ne ha facoltà.

PIETRO FOLENA. Signor Presidente, avevo salutato con molto favore il parere espresso dal relatore in merito al mio emendamento 1.7. Su tale emendamento, che si riferisce alle città non comprese nelle aree metropolitane, ritorneremo in seguito; quando arriveremo alla votazione di tale proposta emendativa, dimostreremo con i dati che alcune di tali città soffrono per gli sfratti in misura maggiore rispetto alle grandi aree metropolitane.
Comunque, accolgo positivamente il parere favorevole sul mio emendamento 1.2, ringraziando in proposito la Commissione competente ed il relatore Foti. Tuttavia, parliamoci chiaro: esso riguarda solo poche decine di famiglie. Infatti, si prevede che la norma sia valida fino all'entrata in vigore della legge di conversione, recuperando quindi i 60 giorni che intercorrono tra l'adozione del decreto-legge e la sua conversione in legge definitiva. Si tratta quindi di poche decine di famiglie, che tuttavia potrebbero diventare molto numerose se gli altri emendamenti da noi presentati, soprattutto quelli in merito alla fascia di reddito, verranno presi in considerazione.
In proposito, invito l'Assemblea a riflettere sull'aumento vertiginoso delle sentenze di sfratto avvenuto nel 2004. Al distratto viceministro Martinat vorrei suggerire di visitare il sito ufficiale del Ministero dell'interno, ed in particolare l'Osservatorio sugli sfratti, relativamente all'andamento delle procedure di rilascio di immobili ad uso abitativo. Si tratta, quindi, di dati ufficiali e non fabbricati dalla «propaganda comunista», forniti dal Ministero dell'interno e dal ministro Pisanu.
Tali dati indicano che, nel primo semestre del 2004, le sentenze emesse in merito agli sfratti sono state 24.100. Tuttavia, si tratta comunque di numeri incompleti, perché mancano quelli riferiti alle città di Milano, Venezia e Napoli. Pertanto, il totale è sicuramente superiore a 24.100 sfratti. Ebbene, è interessante analizzare la composizione di questi sfratti: 378 sono causati da necessità, 7.168 da finita locazione, quasi 17.000 da morosità.


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Nel nostro paese sta scoppiando un'enorme questione sociale, relativa alle famiglie con un reddito che non permette loro di restare all'interno del libero mercato degli affitti, tagliandole del tutto fuori.
Le sentenze di sfratto sono aumentate del 25 per cento rispetto al primo semestre dell'anno precedente. Tuttavia, i dati diventano ancora più preoccupanti se vengono articolati territorialmente: a Roma, le sentenze di sfratto sono aumentate in un anno del 72 per cento; a Trento del 20 per cento; a Pordenone del 78 per cento; a Genova del 58 per cento; a Modena del 24 per cento; ad Ancona del 56 per cento; a Campobasso del 240 per cento; a Catanzaro del 108 per cento; a Catania del 140 per cento. E non voglio continuare oltre.
Pertanto, è del tutto evidente che il problema non riguarda le grandi aree urbane, ma che gli sfratti per morosità raccontano la condizione drammatica di famiglie operaie, di insegnanti a reddito basso, ma anche a reddito medio-basso, con cifre che, pur raggiungendo i 35.000, 40.000 e 50.000 euro, non riescono ad essere sufficienti in questa situazione.
Onorevoli colleghi, per tali ragioni, vi invito, oltre che a votare tutti in senso favorevole alla proposta emendativa in esame, su cui la Commissione ed il Governo hanno espresso parere favorevole, anche a prendere in considerazione gli altri emendamenti che permettono di mettere mano in maniera più seria, con una proroga più lunga, ad un piano per la casa in Italia, rilanciando l'investimento pubblico, completamente dismesso negli anni del Governo Berlusconi (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

FRANCESCO GIORDANO. Presidente, vorremmo un po' più di attenzione! Si tratta di un problema sociale drammatico! Il Governo non ha ascoltato per nulla!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, già è difficile presiedere, se debbo anche verificare se il Governo ascolta...Auspico che il Governo ascolti sempre!
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Folena 1.2, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 424
Votanti 417
Astenuti 7
Maggioranza 209
Hanno votato
408
Hanno votato
no 9).

Passiamo all'emendamento Folena 1.3.
Chiedo all'onorevole Folena se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore e dal Governo.

PIETRO FOLENA. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto (Commenti).

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIETRO FOLENA. Non mi fermo, colleghi, dal momento che non siamo intervenuti sul complesso degli emendamenti...

PRESIDENTE. Parli pure tranquillamente, onorevole Folena, in quanto il tempo a sua disposizione glielo consente.

PIETRO FOLENA. Signor Presidente, ci stiamo occupando del livello di reddito - si tratta di un argomento che dovrebbe interessare anche i colleghi della Lega, che è un partito popolare - previsto per poter usufruire delle norme contenute nel decreto-legge in esame, della proroga - di soli tre mesi, va ricordato - e del contributo di 10 mila euro, limitatamente alle grandi città con oltre 400 sfratti, vale a dire, secondo quanto è stato fatto intendere, Roma e Napoli.
Ebbene, il limite di 20 mila euro lordi annui è una presa in giro, perché rischia


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di limitare in modo drastico le famiglie da tutelare. Ciò rientra nella politica riduzionistica perseguita dal Governo sulla questione degli sfratti, vista l'incidenza, sulla quale siamo precedentemente intervenuti, degli sfratti per morosità e l'impoverimento massiccio delle fasce di reddito medio-basso del nostro paese.
La proposta che formuliamo è volta a salvaguardare le famiglie di quello che un tempo si chiamava «ceto medio», ma che oggi è fortemente impoverito, e le famiglie con redditi inferiori alla soglia di decadenza dall'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, che si colloca intorno ai 35 mila euro lordi. Dunque, l'emendamento in esame prevede che il tetto sia elevato da 20 mila euro a 35 mila euro. Infatti, le famiglie che hanno redditi compresi fra 20 mila e 35 mila euro lordi, da un lato, sono considerate troppo ricche per partecipare ai bandi per le case popolari, dall'altro, sono troppo povere per affittare gli alloggi sul libero mercato e per accedere ai mutui.
D'altro canto, se il Governo propone agli sfrattati di rinnovare i contratti sul libero mercato sulla base del codice civile nel caso di redditi fino a 1000 euro netti al mese (ciò è impossibile e non riduce gli sfratti), può essere probabilmente utile, per ridurre gli sfratti, consentire a famiglie con redditi medio-bassi di trovare una soluzione, anche se temporanea, al problema abitativo.
Ho già osservato che gli sfratti per morosità, nel secondo semestre del 2004, sono stati 17 mila. È interessante analizzare alcuni dati. Ebbene, il 74 per cento delle famiglie con un reddito da 10 mila a 30 mila euro ha un rapporto fra canone e reddito superiore al 30 per cento. Si tratta di dati forniti dal CRESME e dall'ANCI, presentati in una conferenza stampa svoltasi alcuni giorni fa; dell'ANCI fanno parte amministrazioni comunali di tutti colori politici. Non si tratta, dunque, di una questione di sinistra o di destra, bensì di una questione che riguarda tutti i territori e tutte le amministrazioni. Passando alla fascia successiva, vale a dire alle famiglie con un reddito da 20 mila a 30 mila euro, si riscontra che il 22 per cento di tali famiglie ha un rapporto tra canone e reddito superiore al 30 per cento.
Inoltre, raffrontando le retribuzioni medie dei lavoratori al costo medio degli affitti, emerge una situazione ancora più allarmante.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 18,40)

PIETRO FOLENA. Ho ascoltato alcune valutazioni molto ottimistiche del collega Buontempo, sul costo degli affitti: non stiamo parlando delle nostre sensazioni - chi fra noi lavora nei quartieri popolari sa come vive la gente -, ma dei dati forniti dal CRESME. Ebbene, tali dati evidenziano che il canone di locazione medio è pari, nei grandi comuni, a 1074 euro, nelle altre città capoluogo di provincia a 806 euro e nei piccoli comuni esterni alla cintura urbana a 338 euro.
In Italia la retribuzione media netta di un operaio è di 1.132 euro, di un impiegato è di 1.370 euro, di un ausiliario di ministero è di 1.032 euro e di un operatore sanitario è di 1.085 euro. Potremmo andare avanti!
A Roma, onorevole Buontempo, il costo medio dell'affitto al libero mercato è di 1.440 euro mensili ad appartamento, a Milano è di 1.650 euro ed a Venezia è di 1.520 euro. Siamo, evidentemente, di fronte ad un allarme non paragonabile con quello che pure abbiamo affrontato negli anni Novanta, quando, nel complesso, eravamo in un periodo di relativa crescita dell'economia. Siamo di fronte ad una precipitazione della situazione perché gli stipendi dei lavoratori sono rimasti gli stessi ed, anzi, hanno perso potere d'acquisto rispetto agli altri paesi europei, mentre gli affitti sono schizzati in alto e oggi sono diventati assolutamente insostenibili.
Per tali motivazioni, invito i colleghi ad approvare questo emendamento, che propone di estendere sino a 35 mila euro il limite di reddito per aver diritto a quanto previsto dall'articolo 1 (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pistone. Ne ha facoltà.

GABRIELLA PISTONE. Signor Presidente, desidero sottoscrivere l'emendamento Folena 1.3 e sottolineare l'importanza dell'innalzamento del limite di reddito per poter usufruire della possibilità di evitare lo sfratto.
I dati citati dal collega Folena sono forniti dalle varie istituzioni pubbliche che in questi mesi e anni hanno monitorato l'andamento del mercato immobiliare italiano. Si tratta, pertanto, di dati molto dettagliati, che riguardano una situazione riconducibile a problematiche divenute centrali per un numero sempre crescente di famiglie italiane.
Il limite di reddito di 20 mila euro, necessario per non essere sottoposti a sfratto, è attualmente divenuto risibile. Sappiamo bene, inoltre, che gli alloggi costruiti con aiuti statali sono diminuiti, passando dai 34 mila del 1984 ai 1.900 del 2004. I canoni di affitto, inoltre, nel periodo tra il 2000 e il 2005 sono aumentati in media del 49 per cento, con punte che giungono sino a oltre l'80 per cento.
Noi, ipotizzando l'allargamento della platea degli aventi diritto alle disposizioni in oggetto, non facciamo altro che introdurre esclusivamente un principio di equità e opportunità per moltissime famiglie italiane, le quali altrimenti non sarebbero in grado di pagare il canone d'affitto e, praticamente, sarebbero costrette a divenire morose. Tale situazione di morosità, inoltre, comporterebbe per queste famiglie lo sfratto. È questo il circolo vizioso - certamente non virtuoso - cui viene costretto un numero ormai sempre più elevato di famiglie italiane.
Come ho già ricordato, nel periodo 2000-2005 i canoni di affitto sono aumentati in media del 49 per cento, registrando punte particolarmente alte a Venezia, dove l'aumento dei canoni di affitto è stato del 139 per cento, a Napoli, dove è stato pari al 105 per cento, a Milano, dove tale aumento è stato del 92 per cento, ed a Roma, dove è stato del 91 per cento.
Guarda caso, si tratta delle città dove non sono conteggiate le sentenze di sfratto emesse e sono proprio Milano, Venezia e Napoli, la cui situazione si andrebbe ad aggiungere alle 24.100 sentenze emesse nel primo semestre del 2004 negli altri capoluoghi italiani! Questo ragionamento impone al Governo e anche ai colleghi di essere realistici, di assumere atteggiamenti - lo dico con molto rispetto - non demagogici bensì realistici, che diano davvero un senso alla politica.
Il problema della casa e dell'affitto sta diventando, anzi è diventato, un problema centrale; oggi non si può fare a meno di considerarlo un tema sociale che sta emergendo in tutta la sua gravità: di questo si tratta! Stiamo parlando di un provvedimento che riguarda un blocco parziale degli sfratti e cioè un rinvio per qualche mese per una fascia molto parziale di persone. Volete capire, caro sottosegretario Martinat, cari componenti del Governo e cari colleghi della maggioranza, che il problema della casa non è risolubile con norme tampone, ma è molto più serio e riguarda una impostazione politica differente che deve essere assunta come centrale nell'ambito delle politiche sociali? È questo il tema che abbiamo oggi all'ordine del giorno!
Ritengo che sarebbe molto responsabile che la politica italiana e questo Governo affrontassero il tema...

PRESIDENTE. Onorevole Pistone...

GABRIELLA PISTONE. ...nella sua gravità - ho concluso, Presidente - ammettendo che questo provvedimento risolve solo parzialmente ed anche in maniera del tutto insufficiente un problema che va invece affrontato dalla prossima settimana, nel prossimo Documento di programmazione economico-finanziaria, nella prossima legge finanziaria con molta serietà, dotando il capitolo della casa, quello degli affitti, nonché quello della casa intesa in senso sociale, di fondi e dotazioni degni di questo nome, che siano davvero utili ed idonei a risolvere un problema che sta diventando esplosivo e che deve uscire


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una volta per tutte dalla logica dell'emergenza nella quale ormai si trova da troppo tempo (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Folena 1.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti414
Maggioranza 208
Hanno votato
203
Hanno votato
no 211).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.6 Sandri.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

MAURO CHIANALE. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO CHIANALE. Signor Presidente, innanzitutto direi che tornare a discutere, a pochi mesi di distanza da un grande dibattito che svolgemmo nel novembre 2004 sullo stesso tema, dopo avere già approvato tre proroghe negli anni successivi, di misure così parziali e specifiche che riguardano soltanto una parte del problema degli sfratti in Italia, e cioè quella delle categorie più disagiate, dà il segno della sensibilità e della inefficienza di quello che è stato fatto fino ad oggi, perché, se così non fosse, oggi non saremmo qui a discutere di questo decreto-legge.
Ricordo le parole del viceministro che, in quella occasione, a proposito della discussione sul decreto-legge n. 240 del 2004, sosteneva, con tono determinato, che avremmo risolto il problema e messo in condizione di risolvere quello del disagio abitativo.
Abbiamo «sprecato» parole...! Abbiamo contrastato con determinazione il decreto-legge di allora dicendo che era sbagliato, inefficace e che assolutamente non poteva risolvere i problemi in modo chiaro perché estremamente confuso. Abbiamo lamentato la farraginosità delle procedure, l'istituzione degli sportelli per gli sfratti presso le prefetture; abbiamo lamentato le procedure di semplificazione di contratti nuovi che, in qualche modo, erano assolutamente non comprensibili e non chiari per gli utenti. Tant'è che questo sostanzialmente si è avverato perché le domande sono state solo venti a fronte di 26 mila potenziali utenti di quel decreto-legge. Tornare a discutere di quel provvedimento dà quindi il segno della inefficienza di quello che è stato fatto fino ad oggi.
Il provvedimento alla nostra attenzione fa riferimento ad una situazione molto parziale in ordine al problema casa. Problema, questo, sul quale avremmo voluto tornare a discutere, così come avremmo desiderato tornare a discutere anche della legge n. 431 del 1998, che riteniamo essere, in questa materia, una norma fondamentale.
Le nostre intenzioni sono sempre quelle di riportare in questo quadro anche l'aspetto degli sfratti relativi a delle categorie speciali. Ci sono alcune questioni contenute nell'emendamento presentato - Sandri 1.6 - e riprese anche dagli emendamenti successivi (Folena 1.7 e gli identici emendamenti Realacci 1.9, Pistone 1.10 e Cima 1.23) che pongono un problema vero a cui vorrei che il ministro o il relatore dessero una risposta. In primo luogo, non si comprende perché si compia la scelta di applicare quanto disposto da questo decreto-legge solo ai comuni capoluogo delle aree metropolitane (quindi, solo per 13 comuni). Si torna ad operare


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una delimitazione specifica quando invece il decreto-legge n. 240 del 2004 era applicato su tutto il territorio nazionale.
In secondo luogo, mi chiedo perché si definiscano i comuni ad alta densione abitativa e quelli ad essi confinanti, dando così una terminologia quasi geografica solo per dire che si intende limitare la possibilità di intervento. Così facendo, un comune poco distante da un'altra realtà non è posto nella condizione di poter utilizzare le agevolazioni previste da questo decreto-legge. In altre parole, una famiglia che vive in un comune dove si registra un disagio abitativo ma che non inserito nelle città metropolitane non ha diritto a quelle agevolazioni come invece ha diritto una famiglia che vive a Torino, a Milano o a Venezia. Questo è un dato, a nostro avviso, assolutamente incomprensibile: non si comprende il motivo di questa scelta riduttiva sebbene nella stessa relazione che accompagna il provvedimento si dica che avanzano 50 milioni di euro. Allora, perché ridurre, se avanzano 50 milioni di euro? E ancora, perché non incrementare i contributi da erogare in modo da creare le condizioni testè rappresentate? Per cosa si vuole utilizzare questi 50 milioni di euro? Per altri progetti speciali, come dichiarato nella stessa relazione ed indicato addirittura nel decreto-legge? Progetti speciali, fra l'altro, non ancora elaborati. Questi progetti speciali che finalità hanno? Quella di distribuire 3 milioni di euro per ogni area, vale a dire, 60 o 70 appartamenti per ogni area, quando poi si applica questo decreto-legge solo per quei comuni che hanno 400 sfratti esecutivi?
In altre parole, a fronte di 400 sfratti in atto, si promuove la costruzione di settanta appartamenti sulla base della ripartizione di questi fondi residui. Ma insomma, neanche nel più piccolo comune si usa accantonare dei fondi per poi destinarli a futura memoria senza sapere cosa farne. Questa è davvero una cosa incomprensibile! Su questo aspetto desidererei una spiegazione e chiedo siano forniti elementi che magari ci potrebbero far cambiare idea.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sandri 1.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo, e sul quale V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 414
Votanti 412
Astenuti 2
Maggioranza 207
Hanno votato
196
Hanno votato
no 216).

Prendo atto che l'onorevole Daniele Galli non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo all'emendamento Folena 1.7.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

PIETRO FOLENA. Signor Presidente, al comma 2 dell'articolo 1 si indicano le grandi aree urbane e i comuni confinanti, che dovrebbero poi essere precisati con un decreto ministeriale successivo, nei quali si applicano le agevolazioni previste dal decreto-legge in esame.
Desidererei che i colleghi che non hanno seguito l'iter del provvedimento in questione avessero chiaro quanto lo stesso prevede: proroga fino al 30 settembre e contributo una tantum di diecimila euro a chi è in possesso di quei requisiti; ma questa previsione si applica solo nelle grandi aree urbane e nei comuni contermini nei quali ci siano state più di 400 sentenze di sfratto.
Questa è la costruzione, invero molto complessa.
Devo dare atto al relatore Foti di avere proposto, in sede di replica, lunedì sera, un'interpretazione più corretta della sentenza della Corte costituzionale n. 155 del 2004, talvolta evocata come una sorta di


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impedimento a poter operare: non siamo di fronte ad una decisione che impedisce tout court qualsivoglia proroga, ma siamo di fronte ad una pronuncia secondo la quale non si può più procedere di proroga in proroga in modo generico, ma bisogna preparare, in qualche modo, una prospettiva di fuoriuscita da tale situazione. È evidente, quindi, che una proroga preordinata all'avvio di una politica diversa - l'ultima - può essere disposta e può essere più consistente ove sia accompagnata da un piano positivo di ricostruzione di una politica pubblica nel settore (di ciò parleremo più ampiamente nel prosieguo).
Piuttosto, per quale ragione dobbiamo creare una sorta di disparità tra la famiglia con reddito sotto i 20 mila euro con ultrasessantacinquenne o portatore di handicap che abita a Roma o a Napoli o in un comune vicino e le famiglie che risiedono in altre città, ma che si trovano esattamente nella medesima condizione?
Vorrei che i colleghi sapessero - cito quella che è la nostra «Bibbia» in materia di sfratti: l'Osservatorio sfratti del Ministero dell'interno - che in testa alla graduatoria degli sfratti non c'è una grande città e nemmeno una grande città del Mezzogiorno, ma Novara. Secondo il Ministero dell'interno, Novara è al primo posto, con 600 sfratti emessi e 143.152 famiglie residenti (uno sfratto ogni 238 famiglie); a Trieste (disponiamo dei dati del 2003), c'è uno sfratto ogni 263 famiglie; a Palermo (anche in questo caso, i dati sono del 2003), uno ogni 270 famiglie; a Rimini (in questo caso, i dati sono relativi al 2004), uno ogni 310 famiglie; a Roma, uno ogni 347 famiglie; a Milano, uno ogni 648; a Firenze, uno ogni 350; e così via.
Allora, se vogliamo dare una corretta interpretazione della sentenza della Corte - beninteso, non siamo favorevoli alla logica delle proroghe (Commenti del deputato Rizzi) - e fare in modo che questa proroga permetta effettivamente di rispondere al problema sociale sottostante, dobbiamo prevedere, evidentemente, una proroga temporalmente consistente e dobbiamo avere la possibilità di intervenire rispetto a cittadini e famiglie che hanno, di fronte alla legge, esattamente gli stessi diritti dei cittadini di Roma e di Napoli nelle stesse condizioni di reddito.
Insomma, inviterei i colleghi a considerare che il richiamo alla delibera CIPE del 13 novembre 2003 non è formale, ma sostanziale.

PRESIDENTE. Onorevole Folena ...

PIETRO FOLENA. Del resto - e concludo - il riferimento ai 400 sfratti si basa tutto sulla dichiarazione irrevocabile di cui al precedente decreto-legge, che differiva gli sfratti al 30 marzo.
Quel decreto-legge è stato, come ha rilevato il collega Chianale poco fa, un vero fallimento! Siamo di fronte ad un fallimento della politica del Governo in questo settore: soltanto venti contratti risultano essere stati stipulati, mentre gli sportelli presso gli Istituti autonomi per le case popolari e le Aziende territoriali per l'edilizia residenziale sono stati aperti, a causa dell'inerzia del Governo, soltanto una settimana prima della scadenza del 30 marzo! È evidente, quindi, che qualcosa non ha funzionato, sia dal punto di vista della logica generale sia di quella amministrativa.
Insomma, chiedo che la famiglia monoreddito operaia in situazione difficile di Novara venga trattata allo stesso modo di quella di Roma o di Napoli se si trova di fronte ad uno sfratto maturato per le stesse ragioni (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani)!

CESARE RIZZI. Chiedilo a Scalfaro!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere l'emendamento Folena 1.7, il cui contenuto è analogo a quello degli emendamenti successivi (ed è anche scritto meglio: quindi,


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onore agli amici Folena e Russo Spena che lo hanno proposto) e per porre l'accento sulla questione che l'onorevole Folena ha prospettato poc'anzi.
Sono rimasto sorpreso, quando, in un primo momento, il relatore Foti ha espresso un parere favorevole sull'emendamento in questione, che non risolve i limiti del provvedimento (limiti che, da più parti, sono stati segnalati), ma che affronta una questione specifica rilevante.
Al di là della retorica, sappiamo tutti che, in questo momento, in Italia, alcune fasce di cittadini sono sospinte verso la soglia della povertà in una situazione di grande difficoltà economica. Ciò dipende da molti fattori, ma uno di essi è legato alla proprietà della casa in cui si abita. Gli italiani sono grandi possessori di case, quindi, il ragionamento non vale in generale. Tuttavia, c'è chi è costretto a pagare un affitto (non ha redditi in nero, non evade il fisco, non ha entrate illegali), percependo redditi da lavoro dipendente. Anche quella che una volta era la piccola o la media borghesia incontra enormi difficoltà economiche.
Certamente, tali difficoltà non sono concentrate solo nelle grandi aree metropolitane, ma si estendono a molte aree del paese. Ovunque - come, appunto, recita l'emendamento in esame e gli identici successivi - un'alta tensione abitativa spinge in alto il livello dei prezzi dei fitti.
Questa alta tensione abitativa è connessa alla particolare situazione economica. Nel momento in cui l'economia non tira, sul mercato del mattone si concentrano investimenti di carattere finanziario che fanno lievitare il prezzo delle case, determinando situazioni di ulteriore disagio.
Ebbene, il provvedimento che ci accingiamo a votare, che tra l'altro risolve la questione degli sfratti solo fino al 15 settembre anche per le sole aree metropolitane, non riguarda tante altre aree del paese in cui questa alta tensione abitativa, legata ai fattori più vari (il Presidente Biondi conosce bene la città di Pisa, in cui la tensione abitativa è determinata anche da una forte presenza di studenti), genera condizioni particolari di disagio e di sofferenza. Francamente, concentrarsi sulle aree metropolitane sembra più legato alla massa critica di protesta, che può essere generata dal fenomeno degli sfratti, che non all'individuazione di un punto vero di sofferenza e di disagio che colpisce categorie oggi molto più ampie che nel passato; sarebbe compito di tutti cercare di affrontarle.
Nessuno ha la bacchetta magica per risolvere tale questione, perché le politiche sono di medio-lungo periodo, ma sicuramente è compito di tutti affrontare le condizioni di particolare disagio personale e familiare che rendono la vita difficile ai tanti nostri concittadini.
Per questo motivo, l'emendamento in esame aiuterebbe tante città e tante famiglie a compiere passi avanti verso la speranza (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.

RUGGERO RUGGERI. Signor Presidente, vorrei aggiungere la mia firma all'emendamento 1.7 dell'onorevole Folena perché ne condivido il contenuto. Tuttavia, vorrei ricordare che rimane una discriminazione. Il problema, infatti, riguarda le persone sfrattate, indipendentemente dal fatto che abitino in un comune ad alta tensione abitativa (il problema concreto dello sfratto può sorgere anche in una realtà con una bassa tensione abitativa). Certamente, l'emendamento dell'onorevole Folena va a sanare un aspetto non disciplinato dalla legge, ma rimane la discriminazione nei confronti di cittadini che risiedono in determinati comuni e non in altri. Si parla di cittadini che hanno un bisogno concreto (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Signor Presidente, sostengo l'emendamento 1.7 dell'onorevole


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Folena, perché mira ad evitare una discriminazione odiosa tra le fasce di persone povere, tra gli sfrattati. Lo sfrattato in un'area metropolitana viene agevolato, invece quello di un'area non metropolitana viene discriminato.
Ciò è davvero intollerabile; piuttosto, a mio avviso, il problema della casa andrebbe considerato complessivamente, ponendo fine ad una situazione che certamente, da anni, in città come Roma, Napoli o Milano, ha punte di vera e propria drammaticità in quanto il Governo non ha perseguito una politica tale da favorire l'accesso alla proprietà dell'abitazione o ad un affitto equo della stessa. Mi riferisco, ad esempio, al processo di cartolarizzazione, sul quale, in questa sede, sono poc'anzi intervenuti i colleghi Pistone e Buontempo; un processo che si è bloccato. Peraltro, anche in quella occasione, si è compiuta una discriminazione attraverso la vicende delle cosiddette case di pregio (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Onorevole Lettieri, mi spiace ma ha esaurito il tempo a sua disposizione; tuttavia, il senso del suo intervento è chiaro.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pistone. Ne ha facoltà.

GABRIELLA PISTONE. Signor Presidente, intervengo per aggiungere la mia firma all'emendamento Folena 1.7; una proposta di contenuto analogo è contenuta nell'emendamento a mia firma 1.10, ma anch'io riconosco che è più precisa la formulazione dell'emendamento 1.7. Sarebbe, pertanto, molto importante se il Governo rivedesse il parere espresso sulla proposta in esame; ciò infatti, costituirebbe un primo passo nella direzione, dianzi cennata, di una politica della casa, argomento divenuto ormai un tema sociale di grande, grandissima rilevanza. In proposito, a mio avviso, vi è una precisa colpa dell'Esecutivo.
Ricordo al collega Buontempo che la dotazione del fondo nazionale di sostegno alla locazione è scesa dai 440 milioni di euro del 2000 ai 236 milioni di euro del 2005; inoltre, il mercato degli affitti, in Italia, è uno dei più deboli in Europa nel senso che, sostanzialmente, in affitto sono solo il 19 per cento delle abitazioni a fronte del 55 per cento in Germania, del 45 per cento in Olanda e del 38 per cento in Francia.
Come bene scriveva, l'altro giorno, un giornalista, Ivo Diamanti, su la Repubblica, noi siamo sostanzialmente un paese immobile da tale punto di vista: tutte le famiglie tendono ad acquistare l'alloggio perché lo ritengono un bene primario ed un bene sociale di cui non potere fare a meno. Perciò, con questa politica dell'immobilismo appunto immobiliare, e anche di questi affitti da capogiro, altro che mobilità del lavoro e prospettive di flessibilità positiva e propositiva del lavoratore! Niente di ciò!
Nulla è più fisso che abitare una stessa abitazione senza lasciarla mai, assicurandosi in tal modo una certa sicurezza. Questa è la politica dell'Italia; la politica di questo Governo che, anziché invertire la tendenza, non è intervenuto in alcun modo (non solo quest'anno ma anche in quelli precedenti).
Ecco perché voglio invitare i colleghi più sensibili della maggioranza, e in particolare gli onorevoli Buontempo e lo stesso relatore Foti - che si sono sempre occupati di tali problemi - a prendere atto dell'esistenza di quanto vi sia di sbagliato nell'azione perseguita. Non si tratta solo di bloccare gli sfratti, misura pur assolutamente necessaria...

PRESIDENTE. Onorevole...

GABRIELLA PISTONE. ... piuttosto, si deve rivedere totalmente la politica della casa, che da questo Governo non è stata mai perseguita, neanche una volta (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.


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PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, sottoscrivo anch'io l'emendamento Folena 1.7. Ricordo che vi sono ulteriori emendamenti presentati dai colleghi dell'opposizione, tra cui quelli a prima firma dei colleghi Realacci, Pistone, Vigni e Cima. Invito i colleghi della maggioranza a riflettere sul problema posto dall'emendamento in esame.
Stiamo per realizzare una sorta di discriminazione sul territorio nazionale relativamente al problema degli sfratti. Questo emendamento, come quelli successivi, pone un limite: non vogliamo estendere il provvedimento a tutto il territorio nazionale, ma poniamo il problema dei comuni ad alta tensione abitativa. Ribadisco, dunque, l'invito rivolto ai colleghi che non sono espressione solo delle zone di Roma e di Napoli a valutare bene questo emendamento, perché rispetto al loro territorio l'approvazione dello stesso risolverebbe una serie di problemi che riguardano molti comuni del territorio nazionale ad alta tensione abitativa e che vivono in prima persona il problema degli sfratti e dell'emergenza abitativa.
Lo ricordava in precedenza la collega Pistone: purtroppo ciò è l'effetto di una politica che, dal 2000 al 2005, ha ridotto al 48 per cento il Fondo sociale per la casa, determinando una situazione in cui anche le famiglie che precedentemente potevano garantirsi il pagamento dell'affitto oggi non sono più in grado di poterlo fare correttamente. Da un lato, si è, dunque, ridotto il Fondo sociale per la casa e, dall'altro, non vi è più alcuna rete protettiva in centinaia e centinaia di comuni del territorio nazionale.
Credo pertanto che occorra correggere i contenuti di questo provvedimento. Invito dunque anche i colleghi della maggioranza che provengono da zone ad alta tensione abitativa a votare a favore di questo emendamento, che rappresenta un correttivo assolutamente giusto ed utile a risolvere i problemi del nostro territorio.

CESARE RIZZI. Hanno copiato tutti da D'Alema!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sandri. Ne ha facoltà.

ALFREDO SANDRI. Onorevole rappresentante del Governo, voglio rivolgerle una domanda importante. Già i colleghi Chianale e Ruzzante si erano chiesti perché, nello scorso novembre, si è varato un decreto-legge su questi casi sociali, prevedendo che i 100 milioni di euro stanziati fossero spalmati su tutto il territorio nazionale. Oggi, visto che tale provvedimento è fallito, perché è stato costruito in modo tale da essere utilizzato, in pratica, solo da 20 famiglie, riprendete quei fondi e riproponete un altro modello che vuole intervenire solo nelle aree metropolitane, mentre i fondi che rimangono sono destinati alla costruzione di alloggi.
In altre parole, avete ricevuto dal bilancio dello Stato 100 milioni di euro per intervenire sui casi sociali previsti, ed ora limitate le aree territoriali, per poter fare fronte probabilmente, ad alcuni impegni presi dal ministro in altra sede. Di questo stiamo parlando! È scorretto ciò che si sta facendo. I fondi sono stati messi a disposizione per intervenire su casi sociali presenti nel territorio italiano (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e di Rifondazione comunista)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Falanga. Ne ha facoltà.

CIRO FALANGA. Signor Presidente, non posso non condividere che, per beneficiare di un provvedimento di proroga, si debba tener conto, da un lato, del presupposto di ordine soggettivo - e, quindi, delle indicazioni fornite nel provvedimento in esame - e, dall'altro, della densità abitativa. Altri presupposti non riesco ad individuarne.
Per tale ragione, forse per la mia capacità di leggere diversamente - e, forse, con maggiore attenzione - il provvedimento in esame, non posso che condividere l'emendamento Folena 1.7, sul quale annunzio il mio voto favorevole.


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TOMMASO FOTI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI, Relatore. Signor Presidente, mi permetto di svolgere una riflessione.
Forse, non è stato sottolineato a sufficienza, ma sull'emendamento in esame vi è il parere contrario della Commissione bilancio. Si tratta di un emendamento che, di fatto, vanifica l'applicazione del decreto-legge - lo dico al collega Falanga - non soltanto per le zone interessate dal provvedimento, ma per tutte le aree.
Tale scelta è stata dettata da una prescrizione di una sentenza della Corte costituzionale che, non dichiarando l'illegittimità costituzionale di una norma valutata in relazione a quel momento (ossia, al momento in cui la stessa era stata approvata), ha però evidenziato come un provvedimento di tipo generalista o generalizzato sarebbe stato soggetto a successive censure.
Allora, mi permetto soltanto di dire che insistere per l'approvazione di questa norma significa, di fatto, impedire l'approvazione del provvedimento in esame. Ciò si può anche fare sotto il profilo politico; poi, però, bisognerà spiegarlo a coloro i quali oggi ne beneficiano e domani non potranno più beneficiarne, poiché il decreto-legge non potrà neanche essere reiterato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Chianale. Ne ha facoltà.

MAURO CHIANALE. Signor Presidente, intervengo per una precisazione.
Non capisco - e mi rivolgo al relatore Foti - perché, con riferimento al decreto-legge n. 240 del 2004, la Commissione bilancio non ha espresso alcuna difficoltà; esso è stato approvato così com'era e riguardava tutto il territorio nazionale.

TOMMASO FOTI, Relatore. La Commissione bilancio ha espresso parere contrario: è agli atti!

MAURO CHIANALE. Per quanto riguarda la sentenza della Corte costituzionale, è stato semplicemente detto che non vi può essere una proroga sic et simpliciter, ma che la stessa deve essere argomentata. Tale norma rientra in questo caso, per cui davvero non capisco le motivazioni che sono state addotte.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Folena 1.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 434
Maggioranza 218
Hanno votato
213
Hanno votato
no 221).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Realacci 1.9, Pistone 1.10 e Cima 1.23.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore e dal Governo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Signor Presidente, intervengo per completare il ragionamento che avevo cominciato, forse anche in maniera disorganica, e che lei, facendo rispettare correttamente le norme regolamentari, mi ha sostanzialmente impedito di concludere.
Facevo riferimento alle inadempienze del Governo per quanto riguarda la cartolarizzazione del patrimonio pubblico: mi riferisco alle famose SCIP 1, SCIP 2 e SCIP 3, che hanno scippato sicuramente a molti la serenità, la tranquillità e la certezza di continuare a rimanere nell'abitazione nella quale hanno vissuto, magari per oltre


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un trentennio, garantendo nel contempo lauti introiti ai grandi immobiliaristi. Tra parentesi, nessuno sa chi c'è dietro a queste SCIP. Sarebbe interessante saperlo, anche se ormai gli immobiliaristi stanno diventando protagonisti della vita economico-finanziaria di questo paese. Ma questo è un discorso sul quale il Parlamento farebbe bene a discutere con il ministro dell'economia e delle finanze e con lo stesso Presidente del Consiglio in una seduta appositamente dedicata e tale argomento.
Ora parliamo di un problema drammatico, quello degli sfratti, che riguarda migliaia di persone che non possono essere discriminate, dovunque esse si trovino: a Roma, a Napoli, a Milano, ma anche nel paesino più lontano della Calabria o della Basilicata. Vi sono cittadini di province, come Isernia, Potenza o Matera, che vivono lo stesso problema. Certo, non lo vivono le famiglie agiate, bensì quelle più disagiate, e non possiamo ignorarlo. Anzi, dovremmo partire dalla tutela dei più deboli che, ancora una volta, anche con questo provvedimento, si intende discriminare.
Sappiamo bene che le famiglie deboli oggi non sono solo quelle dei pensionati al minimo e dei lavoratori a reddito fisso o monoreddito, ma anche quelle che prima si consideravano più o meno agiate perché disponevano di due stipendi. Con 2mila o 3mila euro al mese, in una grande città come Napoli, come si fa a vivere, quando si deve pagare un affitto che ha raggiunto livelli altissimi perché nel corso di questi ultimi anni la lievitazione degli affitti è stata intollerabile, così come intollerabile è diventato il costo degli immobili?
Si provi a consultare le varie agenzie immobiliari e ci si renderà conto che una famiglia o un lavoratore normale, anche con due redditi, non può assolutamente diventare proprietario di un'abitazione. Eppure, il diritto alla casa è sancito dalla nostra Costituzione e fa parte della nostra cultura. L'Italia, per fortuna, ha una percentuale alta di proprietari di case, e noi dobbiamo interpretare bene la cultura del nostro popolo, favorendo l'accesso all'abitazione.
Ovviamente, tutto si tiene. In un momento di grande crisi economica, a soffrire sono sempre le fasce più deboli e coloro che hanno lo sfratto vivono davvero il momento più drammatico e non dormono sonni tranquilli. Ad essi occorre dare una risposta, anche emergenziale come quella fornita dal decreto-legge in esame, che, tuttavia, va integrato.
Pertanto, chiedo al collega Foti di farsi interprete di queste esigenze e di esprimere un parere favorevole sugli emendamenti che sono stati presentati dall'opposizione, perché essi tendono a rendere più equo il provvedimento nel suo complesso (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Condivido la protesta fatta poc'anzi dall'ottimo collega Lettieri. Tuttavia, credo che in politica, se si vuole fare il bene di coloro che non hanno voce nelle aule del Parlamento, si devono cogliere tutte le opportunità per raggiungere tutti gli obiettivi possibili.
Con questo provvedimento, viene approvato un principio che un domani si potrà estendere ad altri soggetti. Se tale decreto-legge dovesse per caso decadere, non faremmo il bene dei soggetti che si trovano nella grave situazione che, giustamente, ha descritto il collega Lettieri. Se questo provvedimento fosse bocciato, metteremmo anche i cittadini delle grandi aree urbane nelle stesse condizioni delle quali lei, onorevole Lettieri, ha poc'anzi rappresentato le necessità.
Sarei non solo d'accordo, ma d'accordissimo ad estendere il provvedimento ad altre fasce di popolazione e ad altri territori.

MARILDE PROVERA. Perché non l'hai votato?


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TEODORO BUONTEMPO. Questo provvedimento, comunque, fa fronte ad alcune emergenze. Quindi, va bene rappresentare altri diritti che nel testo non sono ricompresi, ma stiamo attenti, perché tale provvedimento porta alla vittoria dell'attenzione nei confronti delle grandi città, che finora i precedenti Governi non hanno mai avuto! Vorrei ricordare, infatti, che sulle cartolarizzazioni qualche battaglia l'ho fatta, ma la legge per la vendita del patrimonio immobiliare pubblico fu pensata dall'onorevole Prodi per stendere un velo pietoso su «Affittopoli» (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
Questo fu il provvedimento che venne adottato: a un certo punto, vi furono lo scandalo di «Affittopoli» e l'uso indecente del patrimonio pubblico di questo paese, che fu consegnato in maniera clientelare causando decine di processi in tutta Italia. I Governi di sinistra ebbero la grande idea, per mettere fine allo scandalo, di autorizzare la vendita di quel patrimonio agli stessi soggetti che erano dietro la speculazione edilizia del nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
Quindi, sono d'accordo sul fatto che la cartolarizzazione potesse essere fatta diversamente, ma la legge della vendita l'hanno fatta altri, non noi! È sacrosantamente vero che ci sono affitti impossibili, sui quali non basta parlare del passato ma bisogna intervenire per il futuro. Però, chi cancellò la legge sull'equo canone non è il centrodestra, ma il centrosinistra (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)! Con questo non voglio aprire un «ping pong», ma almeno non si diano ad altri le colpe che personalmente si hanno (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giacco. Ne ha facoltà.

LUIGI GIACCO. Signor Presidente, a me sembra abbastanza strana la situazione che si viene a creare. Se possiamo essere d'accordo sul criterio del reddito, mi chiedo come si possa essere d'accordo sul fatto che le categorie più deboli - in questo caso facciamo riferimento agli ultrasessantacinquenni ed ai disabili - siano discriminate a seconda del territorio in cui abitano. Infatti, anziani e disabili che non abitano all'interno di quei dati territori non possono godere del diritto in questione: di nuovo, si creano cittadini di serie A e cittadini di serie B.
Dunque - ripeto - possiamo essere d'accordo sul criterio del reddito, ma dobbiamo fare in modo che le categorie deboli possano avere gli stessi diritti e godere delle stesse prestazioni in tutto il territorio nazionale. Abbiamo fatto presente tale concetto anche all'interno della Commissione quando abbiamo espresso il nostro parere. Vogliamo dire non solo con le parole, ma con i fatti che le fasce più deboli della popolazione vanno salvaguardate. In questo modo, invece, discriminiamo gli anziani ed i disabili (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, intervengo solo per replicare rapidamente al collega Buontempo, di cui apprezziamo sempre la passione e l'impegno. Prodi non c'entra proprio niente, cerchiamo di rimettere le cose in ordine. Qui c'entra una politica sull'alienazione del patrimonio pubblico che è di lunga durata - ricordo la legge n. 590 del 1993 - e che ha sempre un criterio regolatore: vendere le case alle categorie legittimate per evitare che il peso delle ristrutturazioni e gli oneri di gestione gravino sugli enti. Questo è stato il criterio regolatore dal quale siete usciti proprio con le cartolarizzazioni fatte a società spesso sconosciute, tema su cui si è già intrattenuto pregevolmente il collega Lettieri.
Torniamo a quella politica perché l'emergenza casa è un problema enorme a cui non state dando risposta, e non è con


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le polemiche ed i polveroni che riuscirete a farlo (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Realacci 1.9, Pistone 1.10 e Cima 1.23, non accettati dalla Commissione né dal Governo e sui quali la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 419
Maggioranza 210
Hanno votato
200
Hanno votato
no 219).

Prendo atto che l'onorevole Dorina Bianchi non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Prendo atto altresì che l'onorevole Buontempo non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo all'emendamento Folena 1.12. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

GIOVANNI RUSSO SPENA. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Si tratta, signor Presidente, di un emendamento importante, che si propone di sostituire completamente l'attuale comma 3 dell'articolo 1 del decreto-legge, che rappresenta un comma rilevante nell'ambito del provvedimento in esame. Non voglio riprendere la polemica del collega Buontempo, un po' anche approssimativa, ma per qualche verso giusta - nel senso che non mi sottraggo certamente, essendo stato il nostro anche allora un gruppo all'opposizione, alla critica di provvedimenti (come abbiamo fatto all'epoca) che sono stati adottati dal centrosinistra in tema di liberalizzazioni, privatizzazioni e cartolarizzazioni -, tuttavia occorre dire che allora furono aperti dei varchi, attraverso i quali sono state però le politiche organiche del centrodestra a portare alla situazione attuale. In questo senso, il collega Buontempo, in quanto vuole opporsi alle politiche di liberalizzazione varate dal centrosinistra, vota provvedimenti che sono però di appoggio assoluto e completo alla grande rendita immobiliare che il centrodestra sta portando avanti! È questa la sua schizofrenia.
Lo invitiamo allora a guardare attentamente a questo nostro emendamento, che intende sostituire interamente il comma 3 richiamando la necessità di iniziative che non siano provvedimenti tampone; né tanto meno si tratta di un riduzionismo appunto economicista, come il Governo tenta di fare sostituendo al diritto costituzionale alla casa e all'abitazione e a un diritto universale, qual è quello dello Stato sociale, un contributo da Stato caritativo ed assistenziale, perché di questo si tratta, collega Buontempo! Con il nostro emendamento, noi diciamo che occorre un piano nazionale straordinario finalizzato alla realizzazione di alloggi di edilizia sovvenzionata a canone sociale e di edilizia agevolata a canone agevolato, di cui al comma 3 dell'articolo 2 della legge n. 431 del 1998. Ciò in quanto la situazione non può essere affrontata con provvedimenti tampone.
D'altronde, le proroghe degli sfratti non rappresentano la realizzazione del diritto alla casa, ma costituiscono solo un punto di passaggio - su questo sono d'accordo - verso una politica abitativa più organica. Al tempo stesso, esse sono anche la rappresentazione del fallimento delle politiche abitative basate sulla liberalizzazione degli affitti e sulla privatizzazione dei patrimoni immobiliari pubblici. Altrimenti come interpretare il fatto che oltre il 60 per cento degli sfratti è per morosità, come ci siamo sforzati di dire in tutti gli interventi?


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Diversamente da quanto ritiene il Governo, noi pensiamo che si debba procedere ad una vera e congrua proroga di tutti gli sfratti che interessano le famiglie con redditi medio-bassi. Tuttavia, per essere efficace e per non procrastinare il problema, essa deve essere accompagnata da un piano nazionale straordinario per lo sviluppo dell'offerta di alloggi in locazione a canone sociale e concordato. Tale piano deve essere concertato con le regioni e con i comuni, sentiti i sindacati degli inquilini, oltre che sostenuto ovviamente da adeguati finanziamenti. Deve essere un piano che deve puntare prioritariamente ad offrire un alloggio stabile, a costi sostenibili, sia agli sfrattati sia alle 600 mila famiglie utilmente collocate nella graduatoria per le case popolari nei comuni di tutta Italia.
Ecco perché con questo emendamento, onorevoli colleghe e colleghi, proponiamo che il Governo, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, approvi il piano in questione, dopo un confronto con la Conferenza unificata. Proponiamo, inoltre, che tale piano sia finanziato con le risorse inutilizzate nel presente decreto, con appositi finanziamenti da parte delle regioni e dei comuni e con stanziamenti definiti in sede di approvazione della legge finanziaria.
In ultimo, ma è questione importante, proponiamo di abbattere la detrazione forfettaria per i contratti stipulati a libero mercato. Riteniamo che tale detrazione debba restare, e magari essere aumentata, per i contratti a canone concordato, ma che non abbia invece ragione di esistere per quelli a libero mercato. Infatti, come il collega Foti sa benissimo, la detrazione forfettaria del 15 per cento aveva un senso per i contratti stipulati in passato ad equo canone, ovvero con un canone stabilito per legge, ma oggi è un'inutile ed odioso regalo alla grande rendita immobiliare. Tra l'altro, si potrebbero in tal modo recuperare 700 milioni di euro da destinare al piano nazionale straordinario che proponiamo di varare.
Quindi, proponiamo una politica organica. Non si tratta di un problema di risorse ma, come sempre, di scelte politiche - collega Buontempo -, e voi, signori del Governo, avete scelto la grande rendita immobiliare anche in questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Folena 1.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione - Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

CESARE RIZZI. Guarda dietro di te! Trombone!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 420
Maggioranza 211
Hanno votato
200
Hanno votato
no 220).

Passiamo all'emendamento Sandri 1.20.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sandri. Ne ha facoltà.

ALFREDO SANDRI. Con il presente emendamento proponiamo di utilizzare i fondi residui presenti nel fondo sociale. Il vostro testo propone di ripartire tali somme sulle tredici città per interventi di carattere strutturale, ossia per realizzare 700-800 alloggi.
Vi proponiamo dunque di riprendere il filo del fondo sociale. Infatti, in questi anni, il punto che ci ha sostanzialmente differenziato dalle iniziative assunte dal


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centrodestra sulle questioni relative alla casa è stato proprio il tema del fondo sociale per l'affitto.
Vorrei ricordare a tutti i colleghi che, nel 1998, con la legge n. 431, sostenuta da tutti i gruppi, si superò il regime dell'equo canone e dei patti in deroga, ossia, quel regime contrattuale che - come più volte è stato ricordato - poneva a carico del proprietario dell'alloggio il cosiddetto problema sociale. Dunque, per legge veniva imposto il canone. Quella norma fu superata con la legge n. 431, che introdusse una nuova tipologia contrattuale, ed in tal modo migliaia e migliaia di famiglie entrarono nel libero mercato, anche quelle a reddito basso. A supporto di tali famiglie venne introdotto il fondo sociale, riportando a carico dello Stato e della fiscalità generale il problema sociale.
I 700 miliardi di vecchie lire destinati per il triennio al fondo sociale sono stati incrementati dalla partecipazione dei comuni e delle regioni. Al punto che fino ad un anno fa, con l'Osservatorio delle regioni, le famiglie che potevano utilizzare il buono per l'affitto in Italia erano 450 mila. Per fare un raffronto, gli alloggi delle case popolari sono 800 mila, e con il fondo sociale si è intervenuto su 450 mila famiglie. Tale fondo costituì in sostanza la risposta alla liberalizzazione del mercato dell'affitto. Continuando a ridurre il fondo sociale, il centrodestra non fa altro che accentuare il problema dell'affitto per le fasce medio-basse, togliendo il supporto alle famiglie a basso reddito.
Questo è il punto sul quale in questi anni abbiamo discusso con voi, perché riducendo il fondo e continuando a distrarre somme da tale destinazione, sostanzialmente annullate la scelta fatta con la legge n. 431 del 1998, che voi stessi avete sostenuto.
Quindi, si crea una situazione tale per cui in Italia, come ricordato, il mercato degli affitti privati è costantemente in fibrillazione. In proposito, vorrei ricordare che in Europa Stati come la Germania, la Francia, il Regno Unito e così via hanno due modelli di intervento: politiche sociali per la realizzazione di alloggi ed interventi sul reddito con strumenti flessibili che intervengono quando il reddito, rispetto all'affitto, crea una situazione di particolare disagio.
Continuando a togliere somme dal fondo sociale, voi intaccate uno dei punti essenziali della riforma avviata a metà degli anni Novanta. Stiamo parlando di pochi euro; tuttavia, se le somme che residuano dall'utilizzo del decreto vengono collocate sul fondo sociale, come prevede l'emendamento in esame da noi presentato, poniamo riparo a quanto avete fatto in questi anni con la riduzione sistematica del fondo sociale suddetto. Con la proposta emendativa in oggetto vi proponiamo di ripristinarne in parte la capienza, compiendo una scelta politica coerente con un modello di intervento sociale sulla politica della casa (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sandri 1.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo e su cui la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 421
Votanti 418
Astenuti 3
Maggioranza 210
Hanno votato
203
Hanno votato
no 215).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Buontempo 1.24, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni - Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

(Presenti 418
Votanti 413
Astenuti 5
Maggioranza 207
Hanno votato
406
Hanno votato
no 7).

Passiamo all'emendamento Cento 1.22. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cento 1.22, non accettato dalla Commissione né dal Governo e su cui la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 418
Votanti 415
Astenuti 3
Maggioranza 208
Hanno votato
200
Hanno votato
no 215).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Stradella 2.2, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni - Applausi).

(Presenti 427
Votanti 420
Astenuti 7
Maggioranza 211
Hanno votato
420).

Passiamo all'emendamento Folena 2.3. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Folena. Ne ha facoltà.

PIETRO FOLENA. Signor Presidente, prima ho citato il caso dei venti contratti stipulati dal 30 marzo, ovvero il fallimento dello strumento fin qui individuato. La ragione di questo fallimento deriva dal fatto che stiamo parlando di contratti stipulati a libero mercato, mentre in realtà ci rivolgiamo a famiglie con redditi netti inferiori a 1.000 euro mensili. Diamo loro 10.000 euro di contributo una tantum per il primo anno (ricordo che siamo parlando di famiglie con 1.000 euro al mese di reddito) quando le cifre che girano sul libero mercato per un affitto medio nelle grandi città sono pari a circa 1.100 euro. È evidente che se il contributo vale solo per il primo anno, al secondo tali famiglie diventeranno morose e bisognerà emanare un nuovo decreto per evitare che vengano sfrattate.
Da questo punto di vista non si può sfuggire alla logica e, quindi, noi indichiamo una soluzione concreta, pragmatica, possibile. Visto che ci rivolgiamo a famiglie con redditi inferiori a 1.000 euro, vogliamo che i contratti siano stipulati (nell'emendamento in esame scriviamo «anche», mentre nel mio successivo emendamento 2.4 scriviamo «solo», ma in ogni caso è importante rendere possibile tale eventualità) sulla base dei contratti agevolati e non di quelli a libero mercato.
I canoni dei contratti agevolati sono stati stabiliti in tutte le città attraverso gli accordi tra i sindacati degli inquilini e le associazioni della proprietà, ed intendiamo venire incontro alle esigenze dei proprietari. Osservo incidentalmente che, dietro la maggior parte degli sfratti e delle pressioni che vengono esercitate sulle Forze dell'ordine


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e sulla magistratura, non vi sono i piccoli proprietari, bensì le grandi imprese immobiliari, che intendono svuotare interi quartieri per compiere gigantesche operazioni. I contratti agevolati consentono di stare nel mercato, ma in una forma calmierata, che tutela gli interessi dei cittadini e dei proprietari.
Dunque, proponiamo, per venire incontro alle esigenze dei proprietari e per sviluppare tali contratti, che l'ulteriore detrazione prevista dalla legge n. 431 del 1998, pari al 30 per cento, sia elevata al 70 per cento. Il proprietario che affitta l'appartamento con contratto agevolato potrà quindi usufruire di una detrazione pari al 70 per cento.
Abbiamo ascoltato un po' di retorica da parte dei colleghi della maggioranza - «non vogliamo proletari, ma proprietari» -, che hanno enfatizzato il fatto che in Italia, secondo quanto riportato anche dai dati del CRESME, l'80 per cento delle famiglie ha la casa di proprietà. Tale dato, tuttavia, è ampiamente «drogato» dal fatto che le giovani coppie e i ragazzi restano a carico delle loro famiglie, rinviano il momento del matrimonio, non possono accedere al diritto alla casa. In ogni caso, dal momento che viene usato uno slogan così demagogico - «non più proletari, ma proprietari» -, veniamo incontro ai proprietari, altrimenti, onorevole Foti, trasformerete in proletari anche i piccoli proprietari, che si troveranno nell'impossibilità di affittare gli appartamenti sul libero mercato, in quanto le famiglie impoverite non potranno accedervi, e dunque si troveranno con gli appartamenti sfitti. È nella convenienza di tutti lavorare in questa direzione.
Abbiamo ascoltato il richiamo dell'onorevole Buontempo alla responsabilità dei Governi precedenti. Come ho osservato nel corso della discussione sulle linee generali, il problema della casa è talmente rilevante da non consentire a nessuno di lavarsene le mani. Non trovo elegante che rappresentanti della maggioranza scarichino il problema sui comuni, così come non troverei elegante, da parte dell'opposizione, affermare che il problema si è determinato con il Governo Berlusconi: ciò non è vero, si tratta di una questione estremamente rilevante, e a giudizio del gruppo di Rifondazione comunista si impone la necessità di una riflessione critica sulle politiche per la casa perseguite nel corso degli anni Novanta. Ne discuteremo, per quanto riguarda l'Unione, in sede di elaborazione del programma.
Tuttavia, un conto è discutere su quanto di pubblico vi debba essere nell'intervento sulla casa, un conto è negare la realtà, la quale ci dice che, pur essendo nel nostro paese il livello delle abitazioni costruite con sovvenzioni pubbliche estremamente basso dal 1990 in poi, esso è cresciuto fino a circa 6000 unità ogni anno - dunque, pochissime - negli anni 1996-1997 e fino al 2001, quando è stata raggiunta una sorta di picco, salvo poi crollare in modo evidente - si tratta di dati del CRESME - fino al 2004, con 1900 abitazioni costruite con sovvenzioni pubbliche.

PRESIDENTE. Onorevole Folena, la prego di concludere.

PIETRO FOLENA. Concludo, signor Presidente.
Nel nostro paese vi è la percentuale di abitazioni sociali più bassa d'Europa, e ciò crea le condizioni dell'attuale squilibrio del mercato.
Raccomando pertanto l'approvazione del mio emendamento 2.3.

IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, la precedente votazione sull'emendamento Folena 2.2 ha fatto registrare un risultato molto raro nella storia del Parlamento, in quanto l'emendamento stesso - se non erro - è stato approvato praticamente all'unanimità. A tale votazione ha fatto seguito l'intervento appassionato dell'onorevole Folena.


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Nel frattempo, mancano ormai dieci minuti alle 20 e ritengo che l'esame di un provvedimento che verte su materia così importante meriti il giusto spazio. Propongo quindi di interrompere a questo punto i nostri lavori, rinviando a domani il seguito dell'esame del provvedimento (Applausi).

FRANCESCO GIORDANO. Votiamo questo emendamento!

PRESIDENTE. Onorevole La Russa, siamo nella fase delle dichiarazioni di voto; potrebbe eventualmente chiedere l'accantonamento dell'emendamento in esame. Poi acquisiremo il parere del relatore e dei rappresentanti dei gruppi parlamentari (Commenti).
Se cosi non è, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Folena 2.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 423
Votanti 422
Astenuti 1
Maggioranza 212
Hanno votato
203
Hanno votato
no 219).

Aderendo alla proposta del deputato La Russa, che mi sembra condivisa dall'Assemblea, il seguito dell'esame è rinviato ad altra seduta.

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