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PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cima. Ne ha facoltà.
LAURA CIMA. Signor Presidente, sarò rapidissima, perché sono già intervenuta sul complesso delle proposte emendative.
Noi ci siamo rammaricati del fatto che la legge n. 11 del 2005 (la riforma della cosiddetta legge La Pergola), da noi ritenuta molto importante avendo rappresentato un punto alto di confronto e di elaborazione nel Parlamento, non sia stata di fatto applicata a questa legge comunitaria. Il senso delle nostre proposte emendative, che era quello di denunciare il mancato recepimento delle direttive ambientali più importanti, da tempo in attesa di essere recepite, è stato tuttavia in qualche misura compreso dal Governo, che ci ha convinti a ritirare tali nostre proposte emendative, in virtù dell'impegno, personalmente assunto in quest'aula dal ministro, di recepire tali direttive in via amministrativa, essendo questa la via più veloce per raggiungere tale risultato.
Ciò però non toglie che siamo molto preoccupati del fatto che, in una situazione così difficile per l'Europa, come sta a dimostrare anche il fallimento dell'ultimo vertice europeo, il nostro paese abbia registrato - come ho già avuto modo di denunciare e come la stessa ottima relazione del relatore mette in rilievo - un lungo elenco di violazioni, che tra l'altro, se non risolveremo in fretta tale situazione, si trasformeranno anche in sanzioni pecuniarie. Voi sapete, infatti, che alcune inadempienze di normative comunitarie, qualora (a seguito di più richiami) non vengano rimosse, si trasformano in sanzioni pecuniarie. Al riguardo, al di là di tutte le altre considerazioni che si possono fare, mi pare che le casse del nostro Stato non permettano questi «lussi»!
Quindi, i Verdi si asterranno nella votazione sul provvedimento in esame, nonostante il risultato ottenuto con la promessa di recepimento delle direttive segnalate, perché la situazione risulta ancora molto difficile e discutibile.
Il nostro Governo è il fanalino di coda in Europa anche con riferimento al recepimento delle direttive ed alle procedure di infrazione (il loro numero è elevatissimo).
È una situazione che ci auguriamo il ministro, cui ho rivolto i miei auguri per il suo insediamento e che ha dimostrato molta attenzione al riguardo anche nel corso della discussione in Commissione, riesca a cambiare rapidamente. Non è, infatti, possibile che permanga questa difficoltà in termini di coerenza in un'Europa in difficoltà: poiché siamo uno dei paesi fondatori, dovremmo dimostrare la maggiore coerenza possibile, anche per far sì che gli altri paesi facciano altrettanto.
Questo è il motivo per cui preannunzio la nostra astensione dal voto sul provvedimento in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il relatore per una proposta di coordinamento...
ANTONIO BOCCIA. Onorevole Presidente, aveva chiesto di parlare l'onorevole Mattarella!
PRESIDENTE. Prego, onorevole Mattarella, ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto.
SERGIO MATTARELLA. Signor Presidente, vorrei rappresentare le motivazioni del voto che sarà espresso dai gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e dello SDI. Voteremo a favore del provvedimento in esame, nonché della risoluzione che, subito dopo, concluderà l'esame della relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea.
Inoltre, noi, che pur siamo all'opposizione, nei giorni scorsi abbiamo assicurato sostegno all'azione del Governo, con riferimento al vertice di Bruxelles, sul bilancio comunitario per la duplice linea di difesa delle esigenze dell'Italia e di ricerca di una soluzione condivisa che evitasse all'Europa l'aggravarsi della crisi che attraversa.
Ciò non è stato possibile e la crisi è diventata profonda, come ha ricordato il presidente lussemburghese Juncker. Tale crisi è stata aperta dal referendum francese sul trattato costituzionale, da un voto che, pur se provocato soprattutto da motivi di politica interna, ha comunque riversato interamente sull'Europa le sue conseguenze.
Anche noi, naturalmente, avremmo preferito un Trattato migliore e più avanzato, ma abbiamo votato con convinzione a favore della sua ratifica e chiediamo che si faccia di tutto per salvarne le prospettive: quelle di un Trattato costituzionale che prevede qualcosa in più rispetto ai trattati in vigore in termini di democrazia nell'Unione, di garanzie sociali, di diritti fondamentali, nonché di politica estera comune.
Colleghi, i trattati vigenti sono il termine di paragone e chi si è schierato contro il Trattato, dichiarando di volere di più, si trova ad avere oggi molto di meno.
Se su tale crisi sono state chiare ed adeguate le posizioni assunte dal ministro degli esteri e da quello delle politiche comunitarie, vi sono state altre dichiarazioni da parte di membri del Governo talvolta ambigue, talvolta contraddittorie, talvolta inverosimili. Dichiarazioni stridenti con l'esigenza di ripresa di quello storico processo di pace, di collaborazione, di solidarietà, di integrazione, di sviluppo, di consolidamento della democrazia che ha contrassegnato l'Europa in questi cinquant'anni. Dichiarazioni stridenti con il bisogno di un'Europa che sia protagonista e non soltanto spettatrice della definizione di un nuovo sistema di relazioni internazionali, di cui il mondo è faticosamente alla ricerca.
Non si invochi fuor di luogo la sovranità nazionale, non si può pretendere di contemplarla collocandola in una teca, condannandola in realtà ad una progressiva irrilevanza internazionale, ad un ruolo privo di efficacia, di significato e di influenza. Tale sovranità, al contrario, va difesa fornendole un ruolo efficace, perché comune all'intera Europa.
A tal fine, occorre far riprendere agli europei motivazioni nuove, maggiore convinzione e l'intelligenza di scelte coraggiose, certo innovando. Tuttavia, nessuno si illuda di rendere l'Unione più moderna attraverso il mantenimento di illusori egoismi mercantili che, oggi, il Primo ministro britannico ha finalmente definito quali anomalie da superare, ovvero rimettendo in campo una competizione di stampo nazionalistico, velleitaria e superata dal tempo. Un'Europa, pur grande mercato, che fermasse o, peggio, facesse arretrare l'integrazione politica non sarebbe più moderna, ma al contrario vecchia e inadeguata nella sua frantumazione.
Stridono con queste esigenze, con il livello di questi problemi, posizioni assunte con clamore da membri del Governo. Il Vicepresidente del Consiglio Tremonti, alla notizia dell'esito del referendum francese, ci ha informati che avrebbe festeggiato indossando la Legion d'onore; il ministro del lavoro, Maroni, ha chiesto il ritorno alla lira. Si è chiesto un referendum per uscire dall'euro e si è invocata una lira agganciata al dollaro, senza sapere
che in tal modo si chiedeva di ripetere l'esperienza tragicamente consumata in Argentina. Il ministro per le riforme, Calderoli, ha chiesto di fuggire dall'Europa «prima che il palazzo crolli», e oggi chiede un referendum contro l'Unione europea.
Si tratta di dichiarazioni sconcertanti e dannose. Dannose per l'Italia non solo laddove fossero tradotte realtà, ma già oggi, per il fatto stesso di essere espresse.
Ci troviamo sul filo del rischio nell'apprezzamento della nostra condizione economica da parte dei mercati e delle agenzie di valutazione finanziaria internazionali: il nostro paese non può permettersi che i suoi governanti giochino con questi problemi. Gli italiani ne pagherebbero il prezzo; un prezzo molto alto!
Il presidente dell'Associazione bancaria, nei giorni scorsi, ha ricordato che con l'euro l'Italia risparmia ogni anno, nel bilancio dello Stato, 50 miliardi; in vecchie lire, sarebbero poco meno di 100 mila miliardi, che affosserebbero il bilancio. Ha ricordato, inoltre, che il costo del denaro non è mai stato così basso per i cittadini da sessant'anni e che la stabilità monetaria - assicurata da una moneta solida come l'euro, che è valuta di riserva in ogni parte del mondo - è fondamentale per le imprese e per i consumatori.
Senza l'euro, la nostra moneta e la nostra economia sarebbero crollate dopo i crack Cirio e Parmalat: l'Italia non avrebbe avuto difesa contro l'inflazione, che sarebbe stata galoppante, a danno di stipendi, salari e pensioni, già pesantemente indeboliti dalla politica di questo Governo.
È privo di senso il ritornello, che spesso viene ripetuto da alcuni ministri, contro l'Europa «ostacolo alla crescita», per sfuggire alle loro responsabilità di Governo. Non si dica, come fa spesso il Presidente del Consiglio Berlusconi, che i ministri parlano a titolo personale o che parlano per il loro elettorato. Su questi argomenti, politicamente decisivi, non esiste per i ministri il parlare a titolo personale. Occorre serietà e, da parte del Governo, vi è il dovere di un'immediata chiarezza: gli italiani ne hanno il diritto.
Signor Presidente, ho parlato di Europa perché di Europa parliamo con la legge comunitaria e così dobbiamo fare in questo periodo. In conclusione, vorrei ricordare che qualche giorno fa, sul New York Times, Thomas Friedman ha scritto, evocando il titolo di un vecchio film, che numerosi europei sembrano dire: «Fermate il mondo, voglio scendere»; mentre altrove, in India ad esempio, la popolazione sembra voler dire: «Fermate il mondo, perché vogliamo salirvi». Qui sta, per quanto ci riguarda, la differenza politica rispetto alla storia e di fronte ai nostri concittadini: noi scommettiamo sul futuro; ampia parte della maggioranza di Governo guarda al passato. Occorre chiarezza, non domani ma subito (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-SDI-Unità Socialista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Airaghi. Ne ha facoltà.
MARCO AIRAGHI. Signor Presidente, nel dichiarare il voto favorevole del gruppo di Alleanza nazionale sulla legge comunitaria, vorrei ribadire la validità dei concetti già espressi in sede di discussione generale.
Inoltre, vorrei ricordare che, per la prima volta, la legge comunitaria è stata esaminata dal Parlamento secondo le nuove modalità previste dalla cosiddetta legge Stucchi-Bova, votata ed approvata dallo stesso Parlamento. Si tratta di uno strumento più moderno, che rende più snella ed efficace l'approvazione di tale legge e che consentirà nei prossimi anni - così ci auguriamo - di recuperare in misura sempre maggiore il ritardo nel recepimento delle direttive comunitarie dell'Unione europea, limite che da molto tempo affligge la nostra nazione.
In proposito, vorrei manifestare il mio apprezzamento per l'impegno, assunto dal ministro La Malfa di fronte alla Commissione competente, di provvedere nel più breve tempo possibile ad un'azione del Governo tesa a diminuire il ritardo nel recepimento delle direttive. A nostro modo
di vedere, si tratta di un'operazione essenziale, che il nostro Governo deve compiere. Infatti, è solo quando si ha la coscienza a posto e non si è in ritardo nel recepimento delle direttive che ci si può presentare a testa alta in sede comunitaria, per far valere le proprie idee e le proprie intenzioni.
Noi non siamo «euroscettici», ma neppure «eurosupini». Dopo il grave ed importante risultato dei referendum relativi alla ratifica della Convenzione europea, svoltisi in Francia e nei Paesi Bassi, in questo momento di sbandamento e forse di rallentamento del processo unitario europeo, l'Italia, in qualità di paese fondatore, ha la grande responsabilità di contribuire a costruire un'Europa più vera, più giusta ed efficace per nostri cittadini. Non un macrostato che annulli la specificità dei singoli paesi, non una burocrazia immobilizzata nel pantano del funzionarato di Bruxelles, non l'Europa del Patto di stabilità, ottusamente bloccato, indipendentemente dalle condizioni economiche e congiunturale del nostro continente, e che, al contrario, potrebbe essere un agilissimo e potentissimo strumento di crescita e di avvicinamento del nostro continente alla famosa strategia di Lisbona. Non l'Europa del commissario Mandelson, al quale occorrono oltre 14 mesi per avviare la procedura antidumping e difendere le nostre imprese.
Noi vogliamo che l'Europa sia uno strumento forte, agile ed efficace di sinergia, che unisca e rafforzi le potenzialità dei singoli Stati. Quindi, un'unità nelle diversità, l'Europa dei popoli e delle nazione, di cui da destra parliamo da sempre. Essa sola può aiutarci a superare le durissime sfide di competitività che la grande competizione mondiale e la crescita inarrestabile dell'Oriente ci costringono ad affrontare e che dobbiamo assolutamente vincere (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Riccardo Conti. Ne ha facoltà.
RICCARDO CONTI. Signor Presidente, nell'annunciare il voto favorevole del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Onorevole Riccardo Conti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nan. Ne ha facoltà.
ENRICO NAN. Signor Presidente, nell'annunciare il voto favorevole del gruppo di Forza Italia, esprimo apprezzamento per il provvedimento in esame, che, come è stato ricordato, presenta caratteristiche innovative, in quanto interviene dopo la riforma della cosiddetta legge La Pergola, e che costituisce probabilmente l'ultimo disegno di legge comunitaria approvato in questa legislatura.
Si tratta di un provvedimento importante, più scarno rispetto alle precedenti legge comunitarie. Tuttavia, anche da questo punto di vista, se ne può evidenziare una caratteristica rilevante.
PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Nan. Saluto il ritorno in aula dell'onorevole Castagnetti: ci fa molto piacere, onorevole Castagnetti, e le auguriamo buon lavoro (Generali applausi).
Prego, onorevole Nan.
ENRICO NAN. Il fatto che il contenuto del disegno di legge in esame sia ridotto, rispetto alle precedenti occasioni, costituisce un aspetto qualificante. Ciò significa, infatti, che il processo di adeguamento normativo è proseguito. Anche la disposizione che disciplina l'esercizio delle deleghe legislative è, a mio avviso, significativa sotto il profilo dell'ammodernamento delle normative.
Per quanto concerne la Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, non vi è dubbio che ci troviamo in un momento particolare, a seguito dei risultati
delle consultazioni referendarie in Francia e in Olanda, che rappresentano un motivo di preoccupazione (probabilmente maggiore attenzione e minore premura avrebbero favorito un esito diverso) ma che evidenziano l'esigenza di un ruolo ancora più importante del nostro paese.
Condivido pertanto il richiamo alla necessità di essere meno spettatori e più protagonisti. Credo tuttavia che questa sia stata una caratteristica dell'impegno del nostro Governo, che ha assunto negli ultimi anni un ruolo più rilevante nel panorama della politica internazionale. Ciò è dimostrato dal fatto che la modifica del Patto di stabilità è stata affrontata proprio sulla base di una presa di posizione del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
Condivido altresì l'intervento recentemente svolto dal ministro presso la Commissione, nel quale è stata sottolineata la necessità di individuare le strategie per superare l'attuale momento di difficoltà, con il richiamo alle direttrici individuate nella strategia di Lisbona. Va soprattutto apprezzato il metodo, con la costituzione da parte del ministero di un gruppo di lavoro, nonché l'impegno a riferire al Parlamento sui risultati conseguiti da tale gruppo di lavoro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rodeghiero. Ne ha facoltà.
FLAVIO RODEGHIERO. Signor Presidente, annuncio il voto favorevole del gruppo della Lega Nord Federazione Padana.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
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