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PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Agrò. Ne ha facoltà.
LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, il tema è stato oggetto dell'attenzione dell'Assemblea già alcuni mesi fa, nell'ambito dell'esame di analoghe mozioni riguardanti il costo della vita. È stato oggetto anche di un'indagine conoscitiva svolta congiuntamente dalle Commissioni attività produttive di Camera e Senato sulle recenti dinamiche dei prezzi e delle tariffe e sulla tutela del consumatore.
Credo che vi siano problemi sui quali vale la pena soffermarsi. In questi giorni, riscontriamo che l'inflazione, per il mese in corso, raggiunge il tasso del 2,9 per cento, il più alto rispetto agli altri paesi europei. Ciò deve farci riflettere. Infatti, con i cambi fissi e con l'inflazione superiore, il sistema competitivo italiano, naturalmente, ne trae conseguenze negative.
Il secondo aspetto è quello cui ha fatto riferimento anche il sottosegretario quando ha parlato del problema del change over. È vero: probabilmente, su base europea, c'è stata una variazione intorno allo 0,12, 0,29 per cento, ma, vi è la sensazione che il rapporto in Italia sia decisamente superiore; con l'arrotondamento
da 1.936,14 a 2.000 lire per cambio euro, è più facile che vi sia stata effettivamente una tendenza ben superiore rispetto a questi dati che vengono forniti a livello europeo. Anche questo, indubbiamente, determina per il sistema una minore capacità di essere competitivo.
C'è un altro aspetto riguardante l'inflazione osservata e quella percepita. Non è soltanto un problema italiano. Quest'anno sono stato in Portogallo e la gente si sentiva effettivamente tradita dal sistema di rilevazione prezzi che riguarda quel paese. Riteneva che vi fosse un'inflazione ben superiore rispetto a quella che veniva rilevata attraverso i dati ufficiali. Qui, dobbiamo stare molto attenti: ho la sensazione che continuare a toccare questo tasto porti allo stesso meccanismo che ha generato molti abusi edilizi soltanto proclamando la possibilità del condono. Ho la sensazione che continuando a parlare, di fatto, di inflazione percepita, molti furbi facciano in modo che quella osservata possa crescere sempre di più.
C'è un altro aspetto che mi pare degno di considerazione rispetto a quanto avevamo detto nella precedente occasione: il Governo si è attrezzato in maniera diversa. Tanto per intenderci, il nuovo osservatorio dei prezzi voluto dal ministro Marzano è ritenuto valido dallo stesso ISTAT, che ne fa parte, peraltro, ed ha il significato importante, su base locale, ed in relazione ai beni di prima necessità, di informare il cittadino sulle differenze di prezzo per canale distributivo e addirittura per quartiere. Ciò è importante soprattutto nelle grandi città, dove sono state riscontrate variazioni dei prezzi notevoli, per beni di consumo quotidiano, da quartiere a quartiere. È necessario che questi dati vengano rilevati e vengano resi disponibili alla pubblica opinione, la quale, in tal modo, sarà posta in condizione di controllare essa stessa queste situazioni.
C'è, poi, il fatto che, in Italia, come abbiamo visto, quando si tratta di parlare di inflazione, il primo ad essere messo sotto sequestro conservativo è l'ISTAT. Anche sotto questo profilo bisogna cominciare a dire qualcosa di vero. Si afferma che il paniere dell'ISTAT è vecchio. Non risulta assolutamente: è uno dei più aggiornati d'Europa! Siamo, infatti, tra le poche nazioni che rivedono il paniere ogni anno, sulla base di un'indagine che coinvolge ben 27 mila famiglie. Anche questo è un dato su cui riflettere. Bisogna smetterla di continuare a rivangare, a mettere il dito nella piaga, mettendo addirittura in discussione la certificazione effettiva del dato dell'inflazione in Italia!
Si è parlato, poi, di processi di liberalizzazione e privatizzazione che possono avere mostrato carenze per quanto riguarda la capacità di competere nel sistema, di concorrenza (che avrebbe dovuto abbattere i prezzi). Ha fatto benissimo il sottosegretario a dire che, probabilmente, sul tema energetico, ad esempio, siamo stati quelli che hanno anticipato, e abbondantemente, la riforma voluta dal Governo europeo (tra virgolette). Anzi, per alcuni versi, subiamo, da questo punto di vista, alcune ricadute negative. Certo è che dobbiamo stare molto attenti perché ancora non si è perfezionato il cambio di mentalità: un processo di liberalizzazione è diverso da un processo di privatizzazione.
Per esempio, la liberalizzazione o, meglio, la privatizzazione del sistema autostradale conduce, oggi, chi ne ha beneficiato a chiedere immediatamente l'aumento delle tariffe. Qui dobbiamo stare molto attenti perché non vorrei che fossimo passati da un monopolio pubblico ad un oligopolio privato. Il Governo deve controllare con molta attenzione ed ha fatto bene, anche in questo caso, a porre uno stop.
Sempre in tema di liberalizzazione, mi pare che vi siano iniziative ormai consolidate, a livello di grandi comuni, per prestare attenzione al tema degli andamenti dei prezzi, soprattutto a quelli dei beni di prima necessità. Anche tali iniziative sono state frutto di un'opera di sensibilizzazione avviata dal Governo. Il ministro Marzano ha fatto presente che, per alcuni versi, la concorrenzialità nel sistema distributivo del commercio ha grossi limiti perché non è compiuta la riforma Bersani, soprattutto per la parte che doveva
riguardare l'attivazione di normative di liberalizzazione da parte delle stesse regioni.
Se c'è da rivedere il sistema della rete di distribuzione; per alcuni versi, va anche suggerito alle compagnie assicurative di prestare più attenzione all'evoluzione favorevole provocata dalla patente a punti. Il Governo ha già rivolto un appello al riguardo. Il sottosegretario ha fatto presenti le iniziative intraprese dal Governo, come quella di congelare le tariffe dell'energia e del gas, ma dobbiamo ricordare che questo Parlamento ha anche congelato le tariffe RC auto. Non vorremmo, però, che il congelamento diventasse un boomerang domani.
Oggi abbiamo la possibilità di fare una domanda precisa alle compagnie di assicurazione di fronte a quello che è un dato certificato: anche loro si mettano nelle condizioni, pertanto, di venire incontro, in un campo che ha visto un incremento forte dell'andamento dei prezzi, a quelle che sono le esigenze degli utenti.
Un'ultima considerazione: ho la sensazione che chi è a reddito fisso, signor sottosegretario, si trovi in una situazione di grande difficoltà. Io finora ho difeso abbondantemente l'azione di Governo, che è stata secondo me meritoria in questo campo; c'è però in giro la sensazione forte che chi è a reddito fisso stenti effettivamente ad arrivare alla fine del mese. Chi percepisce una pensione ha qualche difficoltà, deve privarsi di qualcosa di cui prima non si privava. C'è una esigenza, pertanto, di guardare con molta attenzione per fare in modo che il paese non si impoverisca, che non venga data a questo Governo, come ho sentito fare da parte dell'opposizione, una connotazione che per alcuni versi potrebbe essere di colore infame, cioè che questo Governo fa politiche industriali, politiche di concorrenza, politiche sociali che vanno ad impoverire il paese. Dobbiamo dimostrare che c'è una idea forte anche nel centrodestra a favore dei ceti sociali, della gente che in ogni caso non è nella condizione di farcela. Va posto quindi il problema serio dei rinnovi contrattuali prossimi venturi; tanto per intenderci, le parti sociali rivedano abbondantemente quella possibilità di concertazione che metta chi è a reddito fisso nelle condizioni di avere l'opportunità di vedere rivalutato effettivamente il salario. Per quanto riguarda la dichiarazione di voto del gruppo, il gruppo dell'UDC si appresta a votare conformemente alle indicazioni date dal Governo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Canelli. Ne ha facoltà.
VINCENZO CANELLI. Signor Presidente, ci stiamo occupando di un fenomeno particolare che influisce sulla vita di molti nostri concittadini. Per la prima volta noi assistiamo al fenomeno di una inflazione che cresce e di un prodotto interno lordo che diminuisce e sta per stagnare. Non siamo ancora fortunatamente in quella fase che gli economisti chiamano di stagflation, pur tuttavia noi ci siamo occupati durante il dibattito di capire quali sono le cause di questa inflazione. Il collega Armani, anche nella discussione generale, in maniera dettagliata, si è prolungato sulla introduzione dell'euro. Indubbiamente l'introduzione dell'euro, a mio avviso, è stata piuttosto affrettata, le circostanze politiche erano tali da poter spingere verso questa introduzione, che non è stata attentamente pubblicizzata. In Francia voglio ricordare che in tutte le famiglie sono stati inviati dei pamphlet per far capire che cosa è l'euro, quali sarebbero stati i vantaggi e gli svantaggi. Lo stesso governatore della Banca d'Italia, in alcune audizioni, ha affermato che in effetti gli arrotondamenti conseguenti all'introduzione dell'euro hanno avuto una influenza sull'inflazione; non meno rilevante, un'influenza sull'inflazione ce l'ha senz'altro la normativa sul commercio; la filiera troppo lunga favorisce indubbiamente, in mancanza di controlli pressanti, la lievitazione dei prezzi. La proposta fatta dal collega Armani di far sì che nella nuova riforma del commercio si consenta agli agricoltori di accedere direttamente ai mercati, a mio avviso,
dovrebbe essere attentamente valutata dal Governo.
Un'ultima considerazione per quanto riguarda l'ISTAT. È sì vero che l'inflazione viene calcolata facendo la media delle medie, ma è anche vero che sarebbe opportuno scindere l'indice dei prezzi dei beni di largo consumo da altri indici, quindi fare dei panieri distinti per verificare qual è l'effettiva inflazione che grava sulle classi meno abbienti. Per quanto riguarda queste ultime, è indubbio che una inflazione che si colloca di circa un punto al di sopra della media europea va a deprimere il potere di acquisto dei ceti più deboli.
Ma questo differenziale di inflazione potrebbe influire anche sugli scambi commerciali dei paesi dell'area dell'euro. Quindi, oltre alle considerazioni svolte e alle proposte fatte di un attento monitoraggio dei prezzi e di una rivisitazione della legge sul commercio e di un attento esame degli aumenti delle tariffe dei servizi di più larga diffusione io ritengo, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, il Governo debba valutare la possibilità, per quanto riguarda le famiglie con reddito più basso, di ampliare la fascia di esenzione ai fini dell'imposta sul reddito; perché, come qualcuno ha già detto, se reddito significa incremento di ricchezza non vedo per quale ragione si debba far pagare un'imposta a persone che alla fine dell'anno si ritroverebbero più povere.
A nome del gruppo parlamentare di Alleanza nazionale preannuncio il voto favorevole sulla mozione (Applausi dei deputati del gruppo dei Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.
MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, quest'Assemblea, forse stanca, oggi discute di un argomento estremamente importante e ne discute con i riti parlamentari, cioè con una tesi, un'antitesi e forse con un'incapacità di arrivare ad una sintesi. Sicuramente, come è stato detto, il tema è importante. Ma chi se ne accorge? Se ne accorgono gli elettori e le persone al di fuori di questo Palazzo che cercano di arrivare con lo stipendio a fine mese. A questo proposito, l'altro giorno ho parlato con un datore di lavoro che mi ha fatto notare come sia nettamente aumentato il numero delle persone che chiedono un anticipo dello stipendio.
Ma di questo argomento come se ne parla? Per l'opposizione questa è una ghiotta occasione per cercare mettere in difficoltà il Governo. Diceva bene il sottosegretario quando affermava: piove, Governo ladro. Tuttavia, al di là della retorica, io imputo alle due mozioni in esame due particolari rilievi. In primo luogo, vi è l'incapacità di autocritica non tanto di una fazione politica ma per come è stato gestito il passaggio all'oggi di un determinato momento storico. In secondo luogo, a furia di continuare a creare questo clima di sfiducia non si rende un servizio al paese ma, al contrario, continuando a minare il rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni e tra i cittadini e il paese si ottiene l'effetto opposto. Molte volte abbiamo notato come nella storia l'effetto psicologico può di più della stessa economia reale. Da qui deriva un invito alla maggioranza a ritrovare un certo smalto e a poter comunicare non solo agli elettori ma al paese un clima di fiducia e di rinascita economica, etica, morale e civile.
In tema di incapacità di autocritica di un modello è opportuno evidenziare che, uscendo da un modello dove lo Stato aveva una partecipazione del 70 per cento, vi è stata di fatto un'incapacità del paese di proporre un nuovo modello. Si imputa una richiesta di una liberalizzazione, in particolare l'onorevole Violante, nelle sue tesi, propone di accelerare i processi di liberalizzazione da due anni completamente bloccati. Cosa vogliamo fare? Vogliamo mettere le mani su qualche municipalizzata in più? Vogliamo forse creare qualche clientela in più? Qualcuno si vuole ricordare di qualche processo di liberalizzazione di questo paese?
Credo che il grande scandalo che ha fatto seguito alla vicenda relativa a Telekom Serbia abbia oscurato un altro scandalo: quello della vendita della Telecom, passata, nel giro di due anni, da circa 30 mila miliardi (questo è quanto lo Stato è riuscito guadagnare) a 90 mila miliardi, e la differenza qualcuno probabilmente se l'è messa in tasca! Non se la sono messa in tasca i poveri o le classi meno abbienti, ma qualche ricco industriale privilegiato che non ha speso una lira in ricerca, perché se una parte di questi soldi fosse stata investita nella ricerca, posso capire, ma di fatto siamo completamente usciti dalla telefonia. Infatti, non produciamo telefoni, non produciamo innovazione tecnologica, e ciò forse grazie a processi di liberalizzazione che, magari, non avrebbe avviato neanche il liberista più acceso.
Tuttavia, in questo caso si vogliono mettere le mani sui servizi pubblici. Ebbene, non so se mettere le mani sui servizi pubblici potrebbe comportare qualche vantaggio: chi ci garantisce che poi non vi saranno aumenti come quelli che si sono verificati, ad esempio, nel settore idrico? Allora, forse occorre considerare anche l'opinione di qualche altro esponente della minoranza, magari più attento. Mi riferisco a Rifondazione comunista, con la quale, al di là dell'impostazione ideologica, è possibile trovare qualche volta elementi in comune quando si riflette sul ruolo dello Stato come garante della soddisfazione di alcuni bisogni fondamentali, come ad esempio il diritto all'acqua o all'energia elettrica.
Per quanto concerne la politica di liberalizzazione, vorrei poi citare qualche altro intervento in favore del contenimento delle tariffe. È vero che questo Governo ha bloccato l'incremento dell'IRPEF regionale per non aumentare il carico fiscale gravante sul cittadino, ed è vero che vi è stato il tentativo di bloccare le tariffe elettriche. Ma quando bloccavamo le tariffe elettriche, come ha ricordato il sottosegretario, il centrosinistra insorgeva, dicendo: ma come vi permettete? Bloccate le tariffe, non sono efficienti! Tranne invocare, adesso, eventuali blocchi delle tariffe!
Vorrei fare anche una breve considerazione a favore degli enti locali. È vero che gli enti locali hanno aumentato l'imposizione, ma è anche vero che su tali enti, in tutte le leggi finanziarie, di solito si abbatte la scure, e vi sono elementi di rigidità che vogliono che si incida proprio su di essi. Non credo che, da questo punto di vista, il centrosinistra possa battere un colpo o andare a trovare travi o pagliuzze nell'occhio del centrodestra, perché di sicuro difetta loro l'autocritica.
Credo che a questo paese debba essere fatto un discorso chiaro. Ritengo che la crisi internazionale che sta colpendo l'Europa debba essere esplicitata in modo chiaro ai cittadini e che debbano essere spiegati chiaramente gli elementi di questa difficoltà economica. Inoltre, deve essere detto, anche in modo chiaro, che forse l'euro non era quella panacea di tutti i mali che ci veniva a ricordare, nelle sue «comparsate» televisive, il non rimpianto Presidente Prodi (almeno per quanto ci riguarda). Forse qualcuno dovrebbe ricordare che questa corsa affannosa ed incredibile per poter arrivare a questa nuova moneta forse avrebbe avuto bisogno non solo di qualche numero, ma di una consistenza di potenza economica che, purtroppo, ci difetta.
Oltre agli elementi monetari, sui quali ovviamente non possiamo più intervenire (poiché la leva monetaria non è più a nostra disposizione), vi sono certamente anche elementi di concorrenza forse impropria. Al riguardo, vorrei ricordare che ieri si è tenuta una bellissima conferenza nel corso della quale abbiamo ascoltato alcuni grandi esperti economici: ebbene, vorrei dire che l'allarme Cina, vale a dire l'allarme concorrenza sleale, si comincia a sentire concretamente pulsare, e non solo nel paese, oppure per bocca del leader della nostra formazione politica. Credo pertanto che, nella prossima legge finanziaria, su questa materia vi debba essere una risposta seria e convincente.
Per quanto concerne i fattori demografici, vorrei dire che è evidente che un paese che invecchia e non fa più figli è un paese debole.
Quindi, gli elementi di forza della sua moneta sono dati da elementi di forza della sua energia, da elementi di forza della sua economia, da elementi di forza della voglia di fare e di saper fare. Pertanto, il messaggio che dobbiamo mandare al paese è di ristabilire un clima di fiducia, di ristabilire un patto serio e di ristabilire anche un modello di sviluppo compatibile che non sia il vecchio statalismo, che non sia un liberalismo selvaggio, ma che sia uno sviluppo veramente compatibile. Questa è la sfida che credo questa maggioranza debba raccogliere.
Tornando alle votazioni sulle mozioni, annuncio il voto contrario, per tutte le premesse politiche svolte, sulla risoluzione Violante ed altri n. 6-00087, che giudichiamo neanche un pannicello caldo, e sulla mozione sicuramente più articolata, quanto meno nelle premesse, Cima ed altri n. 1-00265. Ci asterremo sulle premesse - e, al riguardo, se possibile, chiediamo al Presidente il voto per parti separate - per quanto concerne la mozione Armani ed altri n. 1-00263. Per quanto riguarda le premesse, vorrei solamente rilevare che, quando si parla dei prezzi del servizio locale, forse andrebbe effettuata un'attenta disamina su quanto questo deficit di federalismo fiscale e di federalismo reale sia pagato realmente dai nostri amministratori e dai cittadini; tuttavia, voteremo a favore del dispositivo stesso.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Agostini. Ne ha facoltà.
MAURO AGOSTINI. Signor Presidente, ascoltando la discussione e l'intervento del Governo si ha un po' l'impressione che, da parte del Governo e della maggioranza, si stiano rinverdendo i fasti del famoso personaggio manzoniano che, pure di fronte alla peste conclamata, continuava a sostenere che la peste non esisteva, finché non ne venne in qualche modo contagiato anch'egli.
Questo atteggiamento è singolare perché la mozione che abbiamo proposto - e qui abbiamo ottenuto sicuramente un risultato positivo - aveva come obiettivo riportare al centro dell'attenzione, quanto meno di questo ramo del Parlamento, il tema dell'inflazione. Lo abbiamo proposto con un duplice scopo: il primo è quello di guardare all'inflazione come elemento corrosivo del potere d'acquisto soprattutto, come dirò poi, di alcune fasce sociali e l'altro, che mi è parso invece ampiamente sottovalutato negli interventi che abbiamo appena ascoltato, è quello della competitività del nostro sistema economico.
Credo che questo aspetto vada, invece, considerato fortemente e che si debba partire da qui. In assenza - lo ricordo al collega della Lega che è appena intervenuto - della possibilità di utilizzare la moneta nazionale nel percorso della svalutazione competitiva oggi, essendo tutti all'interno di un'unica moneta, un differenziale di inflazione tra noi e non solo la media europea ma tra noi ed alcuni paesi europei determina un immediato spiazzamento di competitività: immediato, diretto, secco.
Ci è stato ricordato stamattina dal professor Giavazzi, in un articolo sul Corriere della Sera, che il confronto riguardante l'inflazione italiana non va fatto soltanto con la media europea ma soprattutto con alcuni paesi europei. Occorre ricordare, come faceva Giavazzi, che alcuni paesi europei, quelli che hanno un reddito pro capite decisamente inferiore alla media, hanno anche un'inflazione più alta rispetto alla media europea ed a quella italiana. Mi riferisco, naturalmente, al Portogallo, alla Spagna, alla Grecia e agli altri paesi che si sono affacciati più tardi ad un percorso di sviluppo e che, quindi, naturalmente, hanno margini per far crescere sia i loro salari sia i loro prezzi.
Invece, tra gli altri paesi cosiddetti forti si determina una situazione del tutto paradossale: l'Italia ha un'inflazione pari a tre volte quella della Germania. Siccome avete ricordato la situazione internazionale, dovete menzionarla tutta. L'Italia
cresce poco o niente (dello 0,2-0,3 per cento) così come avviene in Germania; tuttavia, la Germania ha un incremento dell'inflazione dell'1 per cento, mentre quello dell'Italia è pari al 2,9 per cento (tre volte tanto!).
Questo - ripeto - significa un immediato spiazzamento di competitività alle nostre merci. Hai voglia a parlare della Cina, caro collega della Lega! La Cina ce l'hai in casa, nel senso che non si riesce a mantenere alcun tipo di competitività nei confronti degli altri paesi direttamente concorrenti in Europa.
La seconda considerazione è riferita al potere d'acquisto. L'inflazione opera non in maniera indifferenziata, ma in maniera molto specifica e colpisce soprattutto alcuni redditi: quelli medi e medio-bassi. Ho letto qualche giorno fa che un comitato presieduto dall'ex ragioniere dello Stato Monorchio ha calcolato che per i redditi familiari e per i pensionati con reddito inferiore a 60 milioni delle vecchie lire il paniere dell'inflazione incide di più che nella media generale. Dai calcoli fatti dal suddetto comitato si stima che l'inflazione per tali fasce sociali sia del 4,7 per cento.
Questo è un dato di fatto, come è un dato di fatto - lo ricordava anche il collega dell'UDC prima - che vi sono ormai aree della società italiana che incontrano serie difficoltà a fare i conti con la nuova situazione determinatasi. Tale situazione non è un flagello di Dio, ma porta nomi e cognomi. Vi è l'incapacità del Governo di fare fronte a tale problema (l'atteggiamento, appunto, alla Don Ferrante). Il ministro Marzano ha avuto anche un elemento di piacevole cortesia sull'argomento. Ha detto: per me l'inflazione è al 2,8-2,9 per cento, ma mia moglie mi dice che è più alta. È stata una battuta simpatica, ma ci sarebbe da auspicare che la signora Marzano diventi ministro delle attività produttive! Forse avrebbe un'attenzione maggiore ai problemi del paese.
Come dicevo, non si tratta di un flagello di Dio che arriva oggi e di cui nessuno sapeva niente. Ci sono provvedimenti che voi, maggioranza e Governo, avete preso in questi anni. Non potete scoprire oggi che gli enti locali riducono i servizi o che oggi bisogna pagare servizi e prestazioni che prima non si pagavano perché tutto questo va ad incidere sul livello di vita e di condizione sociale di un pezzo della società italiana. Ai pensionati, ai lavoratori, ai piccoli imprenditori andrete a dire che i loro problemi nell'arrivare a fine mese sono determinati dalla Cina, come ci veniva ricordato poco fa.
Allora, non scherziamo! State dimostrando l'incapacità ad affrontare tale problema. Signor sottosegretario, non si tratta di monitorare o sensibilizzare, ma di fare politica, di mettere mano ad alcune iniziative che il Governo deve prendere e sviluppare.
È assolutamente incredibile che il Governo non sia d'accordo con il primo punto degli impegni contenuti nella risoluzione del centrosinistra. Mi riferisco, soprattutto, alla parte in cui si dice che «bisogna segnalare gli abusi, le inefficienze e contrastare le rendite di monopolio». Stando a questo Governo in Italia non esistono rendite di monopolio. Oggi abbiamo scoperto questo approccio significativo: il problema delle liberalizzazioni per il Governo di centrodestra non è più un problema in questo paese.
Allora, andrete a spiegare agli imprenditori che non è vero che in Italia l'energia elettrica costa il 25-30 per cento più della media europea e non è vero che in Italia i servizi telefonici costano più che negli altri paesi europei o, per meglio dire, che il loro prezzo è diminuito meno rispetto a quello degli altri paesi europei. Il vostro atteggiamento dimostra che, ormai, non avete più argomenti. Vi siete baloccati con un'idea dell'economia fatta soltanto di una crescita che doveva derivare a tutti dalla riduzione delle tasse. Avete sbattuto il muso contro la responsabilità e la difficoltà del governare e non riuscite più ad articolare un minimo di risposta.
Noi, invece, siamo intenzionati a sviluppare tale ragionamento, a mantenere viva l'attenzione intorno al problema dell'inflazione con l'atteggiamento di chi vuole difendere le fasce medie e medio-basse della popolazione che vengono colpite
in maniera indiscriminata dall'aumento dei prezzi. Quest'ultimo è assolutamente fuori controllo e fuori dalla media europea. Noi abbiamo la sensibilità ai problemi veri della competitività del nostro paese.
Ci sarebbero molti provvedimenti da mettere in campo; il Governo dovrebbe essere più attento alle questioni tariffarie e dovrebbe effettuare un intervento sulle associazioni imprenditoriali e dei commercianti, al fine di dare trasparenza al meccanismo di formazione dei prezzi. Bisognerebbe, inoltre, richiamare il paese su questa attenzione e non «buttarla in politica», come voi fate con la Cina e con l'euro, perché questa strada non porta da nessuna parte. Verrebbe da sorridere se non fosse che abbiamo di fronte, invece, i problemi di gente che soffre, e i problemi della competitività del nostro sistema industriale.
Noi a questi problemi, che sono i problemi del paese, stiamo tentando, anche dall'opposizione, di dare una risposta. Voi siete capaci soltanto di fare demagogia (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Il Governo ha detto che, della nostra mozione, accetta non le premesse - questo lo sospettavo - ma i primi due capoversi (dei dieci) del dispositivo. Ciò dà origine alla nostra richiesta di votazione per parti separate, come a dire: intaschiamo e portiamo a casa.
Mi auguro, tuttavia, che il sottosegretario abbia ben letto i primi due capoversi del dispositivo e l'impegno che ne consegue, perché su di essi noi chiameremo a coerenza il Governo. Il primo capoverso, infatti, chiede un'individuazione degli indici del costo della vita differenziati per fasce sociali. In questo vi è, come ho già spiegato in sede di discussione sulle linee generali, quel rovesciamento concettuale - non oso dire filosofico - di aggettivazione tra inflazione reale e inflazione percepita. Su questo si è esercitato anche il collega D'Agrò, provocando però quel rovesciamento causale, di cui la letteratura mondiale, da Esopo a Fedro e via via risalendo nella storia, si è già occupata; mi riferisco alla storiella dell'agnello e del lupo.
Non è che sostenendo che la vita costa di più si incrementa l'indice di inflazione. Questo è un rovesciamento del rapporto causa-effetto. Allora, proverò a spiegare il concetto con un altro esempio, forse più semplice da comprendere. L'altra sera, partecipando ad una delle tante più o meno simpatiche o noiose trasmissioni televisive, un collega dell'altra parte politica, di fronte alla mia denuncia dell'incremento dell'inflazione diceva: mah, sono andato a Milano al ristorante ed era «pieno così». Io allora gli ho detto: appunto, ciò dimostra esattamente quello che voglio dire; il ristorante dove tu vai, che io peraltro conosco, che è un ristorante se non d'élite certamente di qualità, continua ad essere «pieno così», perché coloro che lo frequentano non percepiscono l'inflazione, in relazione al loro alto reddito, ma gli altri che al ristorante non ci vanno e che al massimo vanno in pizzeria percepiscono, e come, l'inflazione!
Dove sta la realtà? Nella prima categoria sociale o nella seconda? Noi diciamo, non solo per un taglio di classe, ma anche per un rispetto della statistica e delle quantità, che la realtà sta nella seconda percezione. È per questo che insistiamo nella nostra mozione - e capisco che il Governo non l'accetti - sul fatto che la lotta all'inflazione comincia dall'incremento dei salari e delle retribuzioni, e non viceversa, o quantomeno sul fatto che i salari e le retribuzioni non devono perdere potere d'acquisto, in virtù dell'evidente differenza tra inflazione programmata, su cui vengono calcolati, e inflazione reale ufficiale, che peraltro è di gran lunga inferiore all'inflazione percepita. Siamo al 2,9 per cento nel mese di agosto. Allora non ci si può dire che noi stiamo conducendo una battaglia pretestuosa nei confronti dell'ISTAT. In primo luogo non
stiamo conducendo una battaglia nei confronti dell'ISTAT, bensì la stiamo conducendo in favore della verità, che è cosa diversa.
E non è colpa nostra se l'ISTAT, prima nel calcolo del costo dei farmaci e, successivamente, nel calcolo del costo della telefonia, ha sbagliato dello 0,1 per cento, che - come ho già motivato in sede di discussione sulle linee generali - rappresenta un errore nel calcolo dell'inflazione. Tanto è vero che l'ISTAT, seppure a posteriori e tardivamente - nell'ultimo caso addirittura in data 11 agosto 2003, quando le Camere erano chiuse -, ha riconosciuto, dopo averlo negato, l'errore commesso. Oggi, siamo ad una rilevazione ufficiale del 2,9 per cento, l'inflazione programmata non è più la metà, ma meno della metà del 2,9, in quanto 1,4 non è uguale a 1,5; siamo già in questa situazione.
Nella risoluzione unitaria del centrosinistra, ho apprezzato - e ciò originerà l'astensione da parte nostra, che spero sia ricambiata - la scomparsa del peana sulle liberalizzazioni (forse il collega Polledri è un po' disattento e non se ne è accorto, ma ora glielo dico).
Tuttavia, su tale aspetto occorre chiarirsi. Vi è un problema rilevato a livello mondiale e che non riguarda soltanto questo Governo, vale a dire il fatto che la ventata di privatizzazioni e di liberalizzazioni produce una frenata, in quanto in realtà il liberismo puro è più ideologia che politica economica concreta. Il liberismo di questo Governo non è un liberismo puro, è semplicemente un asservimento agli interessi forti delle classi dirigenti, che vengono perseguiti tramite l'ideologia e la pratica del libero mercato e, quando serve - sull'esempio anche di altri paesi ai quali questi governanti si ispirano, come ad esempio gli Stati Uniti d'America -, anche attraverso un pesante e corposo intervento statuale che però è sempre a sostegno degli interessi forti e dei blocchi dominanti (vi rientrano le industrie, le economie e le finanze).
Allora, da sinistra, non ha senso rivendicare una maggiore liberalizzazione; questa è una sciocchezza in termini economici e, con strumentazioni aritmetiche alla mano, simulazioni e calcoli matematici, è dimostrabile che, in base al libero mercato, non esiste un equilibrio dei prezzi soddisfacente. Infatti, se io creo un minimo di libera concorrenza all'inizio, ma poi non mi garantisco che le leve di comando dell'economia siano in mano ad un pensiero non unico ma generale degli interessi della collettività, ricreo in luogo di un monopolio pubblico un oligopolio privato, come è successo nel campo della distribuzione dei supermercati e come rischia di succedere nel campo dell'energia, in cui si smantella l'ENEL permettendo l'introduzione di altri monopoli stranieri nella proprietà dell'energia.
Dunque, non ha senso chiedere che la liberalizzazione dell'energia provochi una diminuzione dei costi delle tariffe elettriche; ciò non avviene né nella telefonia, né nell'energia. Bisogna capovolgere il ragionamento, partendo dai bisogni della popolazione: chi è povero ha diritto o no a telefonare non dico dal telefonino, ma almeno dal telefono stanziale? Sì. Chi è povero ha diritto o no ad accendere la luce elettrica, non dico la lampada solare? Ha diritto o no ad avere uno smaltimento dei rifiuti?
Allora, su questo, rivediamo le tariffe e decidiamo che chi sta nella fascia della povertà - e sono 7,5 milioni di persone - abbia gratis la fornitura di questi consumi essenziali e che gli altri li paghino un po' di più e via via a salire e non a scendere. Chi è più ricco dia di più dal punto di vista fiscale, dal punto di vista della spesa per l'acquisto dei beni. Questo è il senso della nostra mozione.
Allora, incassiamo e portiamo a casa i primi due punti che sono impegnativi per il Governo e insistiamo sulla votazione degli altri. Esprimeremo inoltre un voto favorevole sulla mozione presentata dagli amici Verdi e ci asterremo sulla risoluzione unitaria, per la parte restante, presentata dal centrosinistra (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.
PIER PAOLO CENTO. Grazie Presidente, nei pochi secondi che mi sono concessi, che ovviamente non dipendono da lei ma dal regolamento, voglio confermare il voto favorevole del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo alla mozione a prima firma Cima, Zanella e altri. Voteremo anche la mozione a prima firma dei deputati di Rifondazione comunista, mentre ci asterremo su quella dei colleghi dell'Ulivo.
La ragione della nostra mozione è molto semplice ed è stata già illustrata in sede di discussione generale. Ci troviamo davanti ad una emergenza, determinata da quella che viene comunemente chiamata carovita che non è conseguenza unicamente di un passaggio mal gestito dalla lira all'euro, di cui il Governo italiano porta fino in fondo le responsabilità, ma è anche conseguenza di una mancata attivazione di politiche di controllo sui prezzi e sulle tariffe pubbliche. Non sfugge ad alcuno che, anche nel momento in cui si discute di legge finanziaria, la sottrazione di risorse agli enti locali, alle amministrazioni comunali e provinciali ha, tra gli altri effetti negativi, anche quello di un aumento delle tariffe dei servizi pubblici, che contribuiscono a creare una lievitazione complessiva dei prezzi.
Vi è poi una seconda ragione che io credo vada posta in evidenza: ci sono alcune lobby economiche del nostro paese, lo voglio dire con chiarezza, non certo i piccoli commercianti e non certo i piccoli artigiani, bensì la grande distribuzione che in questo paese fa da regolamentatrice dei prezzi nel mercato senza alcun controllo. Su questo il Governo è stato incapace di attivare serie politiche deflattive e di orientamento dei prezzi di mercato. Verrebbe quasi da dire che se continua questa politica di impoverimento dei ceti sociali più deboli, forse sarà giunto il momento di tornare davanti ai grandi centri di distribuzione e fare una forma di ridistribuzione sociale del profitto che viene invece accumulato da questi centri.
Concludo affrontando il tema delle assicurazioni.
PIER PAOLO CENTO. Anche in questo caso, io credo che non sia pensabile lamentarsi da una parte del carovita se dall'altra non si interviene in maniera seria e rigorosa, rispettando certamente l'attività imprenditoriale, ma anche ponendo dei limiti e predisponendo dei controlli su prezzi e tariffe che non hanno eguali in nessun altro paese d'Europa. Queste sono le ragioni per cui noi del gruppo dei Verdi già al Senato abbiamo preso un'iniziativa simile. Chiediamo e proporremo al Parlamento l'istituzione di una Commissione di indagine sul carovita per accertare le responsabilità politiche di un fatto economico che pesa, in maniera forte, sulla vita di milioni di cittadini. Sono queste le ragioni per cui voteremo la risoluzione presentata dai deputati del gruppo dei Verdi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.
MARIO LETTIERI. L'obiettivo di mettere l'Assemblea in condizione di valutare questa situazione di vera e propria emergenza mi pare sia stata raggiunta. In verità, già alcuni mesi fa era stata approvata un mozione relativa al costo della vita e, quindi, sarebbe stata probabilmente anche superflua la presentazione di una nuova mozione. Ci siamo ritornati sopra perché il Governo non ha fatto assolutamente nulla.
Devo dire, con molta sincerità, che mi ha sorpreso l'elencazione di dati fatta dal sottosegretario Valducci, il quale, tra l'altro, ha attribuito la colpa dell'aumento del costo della vita e dell'inflazione anche all'incremento dei prezzi degli alcoolici, come se gli italiani fossero un popolo di ubriaconi. Siamo seri! Siamo seri! La
responsabilità non si può attribuire certamente agli alcoolici né all'introduzione dell'euro, perché soltanto in Italia ed in Grecia si è verificato un aumento così spropositato. Negli altri paesi europei dell'area euro questo non è accaduto. Ciò si è verificato soltanto in Italia. Quindi, la responsabilità non è dell'euro ma della politica del Governo, che è venuto meno ai suoi doveri di indirizzo, di controllo e di definizione delle politiche economiche volte a favorire lo sviluppo. Questo non c'è stato.
Caro sottosegretario, finanche quando siete riusciti a stipulare un'intesa, pur se limitata, con le compagnie di assicurazioni - e devo dare atto all'onestà dell'onorevole D'Agrò, che vi ha fatto riferimento -, poi non siete stati in grado di far rispettare l'accordo: l'aumento delle tariffe assicurative, nel 2002, ammonta all'8,9 per cento. Lo dice l'ISVAP. Abbiamo un'autorità che denuncia questa situazione. Ma chi deve intervenire è il Governo, il quale, per quanto riguarda la cosiddetta filiera produttiva alimentare, per verificare in quale fase si registrasse l'aumento eccessivo dei prezzi, avrebbe potuto coinvolgere non soltanto i comitati euro - che dovevano funzionare fino al 31 dicembre 2002 e non si sa che fine abbiano fatto - ma anche i comuni, le prefetture e - perché no? - la Guardia di finanza. Il ministro Tremonti ha minacciato di inviare la Guardia di finanza per effettuare le verifiche nei confronti di coloro che avessero deciso di non aderire al condono. Perché non l'ha inviata nei mercati? Probabilmente, la sola presenza della Guardia di finanza sarebbe stata una remora all'aumento dei prezzi. Vi è stata una sostanziale ignavia da parte del Governo.
Riteniamo che, su questo terreno, non bisognasse dividersi, perché la tutela dei risparmiatori e dei consumatori dovrebbe essere un impegno comune. Sta di fatto che, invece, questo impegno non si è registrato nell'intera politica del Governo, né dal punto di vista economico, né dal punto di vista industriale - perché c'è un processo di deindustrializzazione - né, infine, per quanto riguarda l'andamento complessivo dei mercati. Allora, si scaricano le responsabilità sull'euro, sull'aumento degli alcoolici, sul fatto che - magari - c'è un destino cinico e baro. Ma, chi tutela i consumatori, se non lo Stato? Certamente, le liberalizzazioni vanno fatte e vanno fatte con saggezza, in modo tale che il Governo abbia sempre la possibilità di orientare il mercato, perché, altrimenti, il liberismo sfrenato può portare a risultati distorti. Non si avrebbero, dunque, i benefici che le liberalizzazioni dovrebbero portare, a seguito della concorrenza vera.
Non la voglio fare lunga. Dico semplicemente che, in questa situazione, che - lo ripeto - ritengo di emergenza, occorre che il Governo dia qualche segnale, dimostri di esserci e di agire. Nella nostra risoluzione abbiamo indicato alcuni punti precisi. Pare che il Governo ne voglia accettare semplicemente alcuni. Altri - non sappiamo perché - vengono rigettati, mentre, dalle parole dei colleghi della maggioranza, mi è sembrato di cogliere una sostanziale adesione alle preoccupazioni e alle proposte che noi avanziamo. Ma, del tema di cui si discute in quest'aula - non sempre con attenzione, devo dire - si è interessata, ieri sera, anche una grande trasmissione o pseudo tale: Porta a porta.
PRESIDENTE. Onorevole Lettieri...
MARIO LETTIERI. Presidente, mi deve consentire di proseguire. Proprio la sua presenza mi ha indotto a fare questa riflessione, perché il ruolo della RAI, che è un servizio pubblico anche per quanto riguarda i servizi parlamentari, va considerato con attenzione. Signor Presidente, lei non si può tirare indietro. Lei ha un compito: richiedere che la RAI, essendo un servizio pubblico, informi correttamente su quanto avviene in quest'aula, sulle proposte, sulle differenze di posizione e - se volete - anche sui protagonisti.
Non è possibile che il grande cerimoniere Bruno Vespa possa invitare soltanto il rappresentante del Governo e poi magari assistere alla diatriba tra consumatori, produttori e commercianti, mentre le posizioni politiche e le proposte che noi
abbiamo avanzato non si sanno, perché il servizio pubblico le ignora. Lei non può essere complice di questo, perché altrimenti farebbe anche il gioco del Governo, che è interessato a non far capire quali sono le posizioni dell'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
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