Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 324 del 17/6/2003
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(Veridicità di un documento relativo alla vicenda del rapimento di Aldo Moro - n. 3-00976)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, onorevole Berselli, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Pinotti n. 3-00976 (vedi l'allegato A - Interrogazioni sezione 6).

FILIPPO BERSELLI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il servizio per l'informazione e la sicurezza militare ha confermato che non disponeva di alcuna notizia preventiva circa il sequestro dell'onorevole Moro. Pertanto, rimane valido quanto già rappresentato nella relazione che il Sismi predispose sulla base di specifici quesiti posti dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulla strage di via Fani e sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro, ove si afferma che «...nel periodo antecedente la strage di via Fani non risulta che il Sismi abbia mai raccolto elementi che potessero far in qualche modo prevedere l'insorgere della vicenda Moro, sia sotto il profilo dell'acquisizione di informazioni su possibili e dirette azioni terroristiche e sia dal punto di vista dell'esistenza di semplici minacce ed avvertimenti nei confronti del parlamentare...»
Inoltre, il servizio ha precisato che, relativamente all'ordine che il Ministero della difesa avrebbe impartito il 2 marzo 1978 a tale Antonio Arconte di consegnare ai suoi superiori a Beirut un'autorizzazione a prendere contatto con i movimenti di liberazione del Medio Oriente per ottenere collaborazione ed informazioni utili alla liberazione dell'onorevole Aldo Moro, nulla risulta in atti.
La vicenda richiamata dall'interrogante potrebbe originare da un documento pubblicato da Antonino Arconte su un sito Internet statunitense tratto dal proprio libro L'ultima missione. Al riguardo il Sismi ha svolto un accurato approfondimento del contenuto di tale documento, anche attraverso la consultazione di tutte le amministrazioni, 11 tra dicasteri ed organismi esterni al servizio, evocate direttamente o indirettamente dal testo, ed ha potuto accertare, tra l'altro, che è da escludere che l'Arconte sia appartenuto al Sismi o sia stato oggetto di interesse da parte del servizio stesso per il suo reclutamento nella disciolta Stay Behind.
Non sono emersi riscontri che avvalorino quanto asserito dall'autore, mentre risultano «palesemente falsi» e/o «visibilmente modificati» documenti particolarmente significativi pubblicati dall'Arconte. Il Sismi in particolare non ha mai utilizzato stampati «ordine a distruzione immediata» quale quello in data 2 marzo 1978, cui fa riferimento l'interrogante.

PRESIDENTE. L'onorevole Pinotti ha facoltà di replicare.

ROBERTA PINOTTI. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Berselli, sono soddisfatta della risposta strettamente inerente al quesito che ho proposto, ma, certamente, la notizia data dalla stampa, comunque seguita dalla Commissione preposta, e la pubblicazione di questo documento anche su alcuni quotidiani nazionali in fotocopia aveva ingenerato di nuovo nella popolazione e nei lettori dubbi, che purtroppo non sono ancora totalmente dissipati, non tanto sul documento - io mi dichiaro soddisfatta di quanto enunciato dal sottosegretario in merito al fatto che non era in uso al Sismi utilizzare documenti di questo tipo e, quindi, da questo punto di vista non ho notizie differenti o difformi che possano far supporre che invece il documento sia veritiero - quanto sul fatto che possano esistere personaggi che hanno fatto parte di Gladio, che in qualche modo, con dichiarazioni, possono riportare in discussione il rapimento e poi l'omicidio di Aldo Moro. Fa riflettere quindi non tanto l'interrogazione in sé quanto il significato complessivo della vicenda.
Dal 1978, quindi, dall'anno in cui è stato rapito e ucciso Aldo Moro si sono svolti moltissimi lavori parlamentari ed approfondimenti; purtroppo, i punti oscuri di quella vicenda risultano ancora molti.


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Riguardo a quella vicenda si fanno illazioni e invenzioni - questo io non lo so - tuttavia, il sottosegretario, onorevole Berselli, ha affermato che il documento in questione non esiste e, pertanto, mi affido a quanto da lui detto anche perché non ho motivi per dubitare della sua parola. Tutto ciò, comunque, riporta in discussione quella vicenda anche perché troppo poco di essa è stato chiarito.
Nel 1978, quando l'onorevole Aldo Moro fu rapito, avevo 17 anni; mi trovavo a scuola, frequentavo la quarta liceo scientifico, e ricordo che il nostro professore di matematica, da noi molto temuto, verso le 11 del mattino entrò in classe e ci invitò ad uscire perché era successa una cosa terribile. Ci disse che il presidente della Democrazia cristiana era stato rapito e ciò significava un momento terribile per il paese, dicendoci, anche, di tornare a casa perché lì, forse, saremmo stati più al sicuro. Preoccupati e molto agitati, siamo usciti da scuola e ci siamo avviati verso casa. Io sono di Genova ed abito a Sampierdarena, vicino all'Ansaldo; fra l'altro, risaliva a poche settimane prima l'episodio di cui era rimasto vittima il papà di una mia amica il quale era stato gambizzato dalle brigate rosse: l'unica sua colpa era quella di essere un ingegnere dell'Ansaldo e un militante della Democrazia Cristiana. Si trattava, pertanto, di un momento tragico e drammatico e coinvolgente dal punto di vista emotivo.
Ricordo anche di aver incontrato un ragazzo, di sei o sette anni più grande di me, che avevo conosciuto e frequentato in gruppi che si occupavano di volontariato, che mi pareva una persona buona e credibile e desideravo commentare con lui l'avvenimento appena accaduto. Ricordo, come se fosse ora, che la sua risposta mi colpì moltissimo perché, di fronte a una dimensione emotiva molto forte, lui disse: sì, forse sono compagni che sbagliano, però, si tratta sempre di una lotta e rispetto a queste cose bisogna anche immaginare che vi possano essere anche coloro che possono cadere. Io sono rimasta sconvolta da questa sua risposta proprio perché proveniva da una persona che pensavo facesse cose simili a quelle che facevo io a quell'epoca nella città in cui abitavo. In quel momento ho capito la profonda differenza tra chi immagina percorsi democratici e, quindi, pensa che la battaglia politica si conduca anche presentando delle interrogazioni e attraverso lo svolgimento dell'attività politica e chi, invece, in un certo momento, pensava di poter modificare le cose in questo modo così terribile. Genova, fra l'altro, è la città in cui poi è stato ucciso Guido Rossa.
A me dispiace, però, che oggi - fra l'altro, sono anche una parlamentare - a tanti anni di distanza, e tenuto conto che i giovani di oggi queste cose le possono studiare sui libri, ancora, su questo e su tanti altri fatti che hanno insanguinato l'Italia, non sia stata fornita una parola certa e non sia stata fatta chiarezza. Sarebbe bene, pertanto, che il Parlamento su tante cose riuscisse a farlo, sebbene le apposite Commissioni non lo abbiano fatto.

PRESIDENTE. Onorevole Pinotti, si avvii a concludere.

ROBERTA PINOTTI. Concludo, Presidente. Dico ciò perché molti sono i dubbi che aleggiano su tante vicende. In questo modo, consegniamo alla storia confusione e, quindi, consegniamo ai ragazzi, che in futuro saranno la classe dirigente di questo paese, una storia dove troppe cose non sono state chiarite.
Ieri qualcuno - il responsabile di Gladio - sosteneva sugli organi di stampa che sarebbe il momento di restituire un certo valore morale a quello che è stata Gladio in questo paese. A questo riguardo ritengo che non sia questo il momento per fare ciò, ritengo, invece, che sarebbe il momento di costruire insieme la verità.

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