Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 197 del 3/10/2002
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La seduta, sospesa alle 17,50, è ripresa alle 19,05.

Informativa urgente del Governo su un documento riguardante la situazione nelle carceri.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo su un documento riguardante la situazione nelle carceri.
Dopo l'intervento del ministro della giustizia, avranno luogo gli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha facoltà di parlare il ministro della giustizia, senatore Castelli.

ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Signor Presidente, onorevoli deputati, negli ultimi tempi la situazione carceraria è stata rappresentata su numerosi


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organi di stampa e da molti esponenti politici in modo distorto o, quanto meno, strumentale.
Ritengo, pertanto, di fare cosa utile nell'illustrarvi la situazione quale essa realmente è, in modo che ciascuno possa poi trarne le conclusioni che crede, senza infingimenti o strumentalizzazioni.
Il quadro che abbiamo trovato poco più di un anno fa è il seguente: dal 1996 al 30 giugno 2001, la popolazione carceraria è passata da 48.528 a 55.261 unità. A fronte di un aumento di 6.733 detenuti, nei cinque anni di governo dell'Ulivo sono stati realizzati sei nuovi istituti penitenziari e ne sono stati dismessi dodici. Mentre alcuni di essi erano effettivamente obsoleti, altri erano, invece, perfettamente funzionanti: tra questi ricordo quelli di Pianosa e de L'Asinara. Mentre la popolazione carceraria un anno fa ammontava, come dicevo, a 55.261 unità - in realtà è poco più di un anno, perché mi riferisco ai dati del 30 giugno 2001 -, in base al regolamento penitenziario la disponibilità di posti, sempre alla stessa data del 30 giugno 2001, risultava pari a 40.829 unità, quindi con un saldo negativo pari a 14.432 unità.
È del tutto evidente, pertanto, che il sovraffollamento dei nostri penitenziari è un dato che non si può assolutamente imputare a questo Governo ma che nasce sostanzialmente dal fatto che, a fronte del grande aumento della popolazione penitenziaria dal 1996 al 2001 - come prima dicevo -, non vi è stato pari aumento di posti disponibili. Insulti, mistificazioni, menzogne e girotondi non bastano a nascondere la realtà: il sovraffollamento dei penitenziari è una pesante eredità lasciataci dall'Ulivo.
Uno dei primissimi impegni del Governo della Casa delle libertà sul fronte della giustizia è stato proprio quello di far fronte a questa situazione, anche in considerazione del fatto che in uno degli obiettivi fondamentali del suo programma, il punto 3 delle grandi strategie per migliorare la vita degli italiani, sta scritto che occorre rendere la pena effettiva, riorganizzare e costruire nuove carceri, in modo che ci siano distinzioni a seconda dei reati commessi, dell'età di chi sta in carcere e della durata della pena da scontare.
In quest'anno di governo sono stati approntati sia singoli interventi sia un piano generale di edilizia penitenziaria, che prevede un investimento di 51 milioni 646 mila euro per il 2003 e di 327 milioni 950 mila euro per il 2004. Tra i singoli interventi già compiuti, ricordo l'avvio operativo del carcere di Bollate, che rimaneva vuoto ad oltre un anno dalla sua inaugurazione e la cui apertura ha permesso di risolvere la grave situazione di San Vittore. Nel carcere milanese, infatti, sempre al 30 giugno 2001, si trovavano circa 2.200 detenuti; oggi sono presenti 1.086 uomini, 235 donne e 64 ricoverati, per un numero totale, quindi, intorno alle 1.300 persone, nettamente inferiore alle 2.200 che avevamo trovato. Entro la fine dell'anno il totale dei detenuti sarà intorno alle mille unità.
La situazione complessiva, al momento, è la seguente: a fronte di una capienza regolamentare di 41.798 posti, sono presenti 55.881 detenuti. Occorre, però, precisare che l'apparente diminuzione della capienza è dovuta alla provvisoria indisponibilità di circa 4 mila posti a causa di lavori di adeguamento e di manutenzione; oltre a tutto ciò, è stato compiuto un efficace lavoro di razionalizzazione degli spazi detentivi, che ci consente oggi un'accresciuta vivibilità degli ambienti carcerari. Tutto questo, insieme all'incremento delle attività trattamentali, ha determinato un sostanziale miglioramento delle condizioni della vita detentiva.
A riscontro di ciò va rilevato che il dato relativo ai suicidi ha subito un significato e consistente calo. Nei primi nove mesi di quest'anno si sono registrati 39 suicidi, a fronte di 49 registratisi nello stesso periodo del 2001, con una diminuzione di oltre il 20 per cento.
L'impegno del Governo è anche quello di favorire l'attività lavorativa all'interno delle carceri, anche in vista del reinserimento dei detenuti nella società. Nell'ambito del settore del trattamento e lavoro rispetto al dicembre 2001, data in cui il


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numero complessivo dei detenuti impegnati in attività lavorativa era pari a 12.085 unità, l'impegno profuso ha consentito di ottenere un consistente incremento di occupati che al giugno del 2002 sono cresciuti sino a una quota di 14.348 lavoratori, con un incremento del 15 per cento. In questo ambito va precisato che, dentro gli istituti, molti detenuti vengono impiegati in attività domestiche ma, all'interno del dato complessivo che ho appena citato, l'aspetto più rilevante riguarda i detenuti non dipendenti dall'amministrazione penitenziaria, ossia coloro che svolgono - consentitemi di dirlo tra virgolette - un «vero» lavoro, parificato a quello che si svolge all'esterno e che maggiormente contribuisce al reinserimento del detenuto nella società dopo l'espiazione della pena, in linea con quanto previsto dall'articolo 27 della Costituzione. Ebbene, il numero dei detenuti che svolgono lavoro subordinato è passato nello stesso periodo di riferimento da 1.684 a 2.211 unità con incremento percentuale di oltre il 30 per cento. A titolo di esempio ricordo: il protocollo d'intesa sottoscritto con l'associazione artigiani di Vicenza che prevede, oltre all'attività formativa, l'inserimento di detenuti nelle aziende artigiane operanti sul territorio; l'accordo con una importante società della new economy per la creazione di laboratori informatici e per la formazione gratuita di detenuti, finalizzata a una possibile assunzione al momento del rilascio; accordi con alcuni enti locali per lo svolgimento da parte di detenuti di lavori di pubblica utilità; il protocollo d'intesa firmato con la regione Sardegna che consentirà la creazione di opportunità di lavoro per la popolazione detenuta nelle case di reclusione di Is Arenas, Isili e Mamone, favorendo l'attuazione di quei progetti riguardanti le aziende agricole e la lavorazione di quanto prodotto. Questo risultato diventa ancora più importante se si considera che si è data effettiva applicazione alla legge n. 193 del 2000, fissando termini e criteri per i rimborsi fiscali e previdenziali delle società che offrono lavoro a chi è ristretto in carcere. Ci attendiamo, quindi, ulteriori miglioramenti nel trend di crescita del lavoro dei detenuti.
Contemporaneamente, è stata predisposta ed inviata a tutti gli istituti e provveditorati una bozza di accordo quadro utilizzabile dalle direzioni degli istituti penitenziari per l'affidamento a soggetti esterni (imprese e cooperative) della gestione delle lavorazioni penitenziarie ai fini di una miglior resa in termini di occupazione e produttività. Entro il 31 dicembre 2002 saranno, inoltre, avviati 10 interventi edilizi in altrettanti istituti che mirano ad un adeguamento e potenziamento delle strutture destinate al lavoro dei detenuti. Infine, per quanto attiene alle attività istruttive e formative, in considerazione dell'elevata valenza trattamentale che riveste l'istruzione ai fini della rieducazione e della risocializzazione dei detenuti, il Ministero ha avviato un'opera di riorganizzazione dei corsi scolastici e di formazione professionale negli istituti penitenziari. Il nostro impegno è rivolto alla razionalizzazione dei corsi scolastici negli istituti penitenziari per tutto il territorio nazionale, da un lato, per assicurare la scuola dell'obbligo in tutti gli istituti e, dall'altro, per ampliare la gamma di possibilità di istruzione universitaria attraverso la realizzazione di nuovi poli universitari oltre a quelli già esistenti a Torino e a Bologna.
Quanto alla gestione dei detenuti, è stato introdotto un sistema di informatizzazione delle presenze in carcere che ha consentito l'immissione e la rilevazione quotidiana del numero dei presenti in istituto, uno strumento efficace nell'opera di razionalizzazione di cui si è parlato. Infine, per quanto attiene alla gestione della massima sicurezza, è stato smaltito l'arretrato sui decreti 41-bis - regime a tutt'oggi applicato a 683 detenuti - e sono stati rinvenuti e allestiti nuovi spazi detentivi di massima sicurezza lontano dalle zone ad alta influenza mafiosa.
I risultati provenienti dal settore sanità sono anche essi di tutto riguardo, a nostro avviso, specie se commisurati ad una situazione critica. Al giugno 2002, infatti, un terzo della popolazione carceraria si dichiara


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tossicodipendente o ex tossicodipendente: i pazienti affetti da HIV sono 1.401, di cui 192 con AIDS conclamato; si stimano circa 15 mila detenuti portatori di virus epatici; sempre più numerosi sono i soggetti che manifestano disagio psichico. A fronte di questo scenario disponiamo di strutture penitenziarie, tutte dotate di infermeria e di 15 centri clinici.
Il personale conta 350 medici incaricati, 1.181 medici di guardia, 665 infermieri di ruolo, 1.368 infermieri a parcella, 23 ausiliari sociosanitari, 101 tecnici e numerosi rapporti con personale specialistico a convenzione.
Sul fronte delle patologie di natura infettiva sono stati realizzati reparti specializzati per i detenuti affetti da HIV come, ad esempio, il reparto inaugurato quest'anno nella casa circondariale di Modena.
Grande attenzione è stata inoltre rivolta all'assistenza psichiatrica per la quale si è potenziata la struttura presente sul territorio, con una distribuzione regionale delle unità operative più importanti.
Infine, per quanto attiene al potenziamento dei posti letto per il ricovero, ricordo il recente avvio di un reparto presso l'ospedale San Paolo di Milano, che finora ha consentito 372 ricoveri, e a breve sarà operativa una nuova unità di degenza presso l'ospedale di Viterbo.
In definitiva, se da un lato abbiamo scelto una linea gestionale basata sull'efficienza degli strumenti, dall'altro non v'è dubbio che l'operazione di razionalizzazione degli spazi detentivi va affiancata alla costruzione di nuovi penitenziari nelle aree più sovraffollate. Come accennavo prima, il Governo ha già avviato lo scorso anno un vasto piano di edilizia penitenziaria che continuerà quest'anno e nei prossimi. Nella seconda metà del 2001 è stato dato un notevole impulso all'attività volta al risanamento del patrimonio edilizio esistente attraverso interventi di ristrutturazione e potenziamento dei manufatti destinati ai detenuti, potenziando anche la sicurezza interna degli istituti stessi. Sulla base del programma edilizio del 2001 sono già stati appaltati 55 interventi rivolti anche al miglioramento delle strutture di formazione del personale e di quelle di residenza. Con i fondi 2001 sono stati programmati ulteriori 88 interventi, alcuni in fase di appalto mentre per molti siamo in fase di avanzata progettazione. A ciò si aggiunga la recente approvazione del decreto-legge n. 201 del 2002 che prevede uno stanziamento di oltre 93 milioni di euro, che consentirà di ampliare il penitenziario di Milano Bollate per ulteriori 400 posti e la costruzione di due nuovi istituti penitenziari, con tempi di realizzazione che, grazie allo strumento della locazione finanziaria, passeranno da 10 a 4 anni. Infine, è stato emanato il decreto interministeriale per l'impiego di finanziamenti già previsti dalla finanziaria 2002, con i quali si prevede di avviare la realizzazione di 9 nuovi penitenziari di cui due - Marsala e Rieti - già nel 2002 e gli altri 7 a partire dal 2004.
Nonostante gli sforzi fatti, il fenomeno del sovraffollamento comunque persiste e la popolazione detenuta cresce in modo costante, soprattutto per quel che riguarda il numero degli stranieri: ad oggi siamo a quota 17.146, oltre il 30 per cento del totale. Una presenza così massiccia, oltre a creare una situazione di disagio all'interno dei penitenziari, rappresenta anche un esborso notevole per le casse dello Stato, se consideriamo che ogni detenuto costa mediamente 241 mila delle vecchie lire al giorno. In considerazione di questi dati il Governo ha avviato un'efficace politica di cooperazione penitenziaria internazionale. Un esempio è l'accordo bilaterale firmato con l'Albania lo scorso aprile, che prevede il trasferimento dei detenuti stranieri (indipendentemente dalla loro volontà) nei paesi di origine per scontarvi la pena.
Molti organi di stampa e diversi parlamentari, anche con toni inaccettabili, cercano di accreditare l'idea che la politica di questo Governo avrebbe portato nell'ultimo anno ad un aumento del sovraffollamento delle carceri. Le cifre che ho appena illustrato dimostrano invece che la situazione è stazionaria rispetto all'inizio dell'attuale legislatura, poiché all'apertura


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di due nuove carceri, Bollate e Caltagirone, è corrisposto un aumento della popolazione penitenziaria di 620 unità. Possiamo invece affermare che le politiche intraprese da questo Ministero hanno portato un miglioramento della condizione carceraria sotto diversi profili, come testimoniato dai dati che ho citato in precedenza.
Il numero dei detenuti, a nostro avviso, non è destinato a diminuire, poiché la politica del Governo mira a garantire la sicurezza dei cittadini e il rigore nell'espiazione della pena, ma l'attuale capacità dei penitenziari è inadeguata e per questo motivo - come dicevo prima - abbiamo approntato un grande piano di edilizia carceraria che prima vi ho illustrato.
Un altro punto sul quale occorre soffermarci è il regolamento. Ho dichiarato più volte che si tratta di un testo contenente disposizioni praticamente impossibili da calare nella realtà italiana. Si raccomanda, ad esempio, la separazione dei detenuti fumatori da quelli non fumatori; è prescritta la preparazione dei pasti in base ai dettami delle diverse fedi religiose.
Ritengo interessante riportare testualmente un passo del regolamento stesso e segnatamente l'articolo 7: «I servizi igienici sono collocati in un vano annesso alla camera. I vani in cui sono collocati i servizi igienici forniti di acqua corrente, calda e fredda, sono dotati di lavabo, di doccia ed, in particolare, negli istituti o sezioni femminili, anche di bidet, per le esigenze igieniche dei detenuti ed internati. Servizi igienici, lavabi e docce, in numero adeguato devono essere, inoltre, collocati nelle adiacenze dei locali e delle aree dove si svolgono attività in comune».

PIER PAOLO CENTO. Cosa c'è di strano, ministro?

PRESIDENTE. Calma, calma.

PIER PAOLO CENTO. Un po' di rispetto per la dignità umana!

PRESIDENTE. Onorevole Cento, potrà successivamente intervenire. Faccia concludere il ministro.

PIER PAOLO CENTO. Non si può accettare che un ministro venga qui a ledere la dignità delle persone!

PRESIDENTE. Onorevole Cento, faccia concludere il ministro.

ALESSANDRO CÈ. Cento, basta!

PRESIDENTE. Ministro, vada avanti!

ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Spiego subito (Commenti del deputato Giachetti)...

PRESIDENTE. Vada avanti, ministro Castelli.

ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Spiego subito all'onorevole Cento che evidentemente....

PIER PAOLO CENTO. Ma come si fa?!

PRESIDENTE. Onorevole Cento, la prego!

PIER PAOLO CENTO. Almeno il rispetto delle persone!

PRESIDENTE. Onorevole Cento, la prego. Vada avanti, ministro Castelli, per cortesia.

ROBERTO GIACHETTI. Alberghi a 5 stelle...

ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Vede, onorevole Cento, il problema è che nei vecchi penitenziari che vi sono nel paese ciò non è possibile, non è minimamente possibile.

PIER PAOLO CENTO. Bisogna impegnarsi per farlo!

ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Ma nei vecchi penitenziari non è...


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PIER PAOLO CENTO. Questo ci aspettiamo da un ministro, sia di destra sia di sinistra!

ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Nei vecchi penitenziari ciò non è semplicemente possibile. Se lei è così intelligente (Commenti del deputato Cento)... Visto che lei è così intelligente...

PIER PAOLO CENTO. No, io non sono intelligente, sono normale!

ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. ... ci proponga un piano secondo cui è possibile calare ciò nella realtà dei penitenziari esistenti e noi lo metteremo subito in funzione.

PIER PAOLO CENTO. Ma non è una battuta!

ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Visto, quindi, che lei è così bravo ed intelligente, prendo l'impegno di fronte al Parlamento...

ROBERTO GIACHETTI. Lei non può parlare così, è un fatto di civiltà!

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia! Onorevole Cento, la prego! Il ministro sta svolgendo la sua relazione, successivamente avrete la possibilità di dire quello che ritenete, ma adesso dovete consentire al ministro di intervenire.

ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Onorevole Cento, conosciamo tutti la sua grande intelligenza e la sua grande cultura...

PRESIDENTE. Per cortesia, ministro, non si lasci trascinare, continui a svolgere la sua relazione.

ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Lei ha tutte le possibilità di proporre al ministro la soluzione per intervenire nei carceri esistenti secondo quanto dettato dal regolamento...

PIER PAOLO CENTO. Lo farò!

ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. ...e le garantisco che noi sicuramente lo esamineremo. Stia tranquillo! Mi aspetto, quindi, che lei avanzi una proposta operativa, anziché criticare sul nulla.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Facciamo un progettino!

ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Partendo da questo regolamento, lo scorso 15 agosto, durante una visita al carcere Buoncammino di Cagliari, ebbi a dichiarare (cito l'agenzia): «Il regolamento va rivisto e modificato. Era stato pensato come se il carcere fosse un grande albergo. C'è pure, in ogni cella, la televisione a colori. Il nostro obiettivo è quello di garantire la dignità dei detenuti, non di farli vivere nel lusso». Questo conferma che non ho mai detto, come stato affermato più volte, che nei penitenziari si vive nel lusso o come nei grandi hotel. Questo è quanto ho dichiarato e che confermo.
Quanto alle polemiche sollevate da alcune mie dichiarazioni relative alle attività di alcuni esponenti politici volte a fomentare il malcontento nelle carceri, poiché anche in questo caso mi sono trovato di fronte a menzogne e a strumentalizzazioni, cito testualmente ciò che ho dichiarato a Copenaghen, come correttamente è stato riportato dalle agenzie di stampa: «Non vorrei,» - ripeto: non vorrei, - «e vorrei che la sinistra mi smentisse» - lo ripeto: vorrei che la sinistra mi smentisse - «che, dopo le manifestazioni di piazza della CGIL, dopo i girotondi, pensassero all'arma delle rivolte nelle carceri. Sarebbe veramente irresponsabile». Quindi, era l'auspicio che la mia preoccupazione venisse smentita. Da che cosa derivava la mia preoccupazione? Sostanzialmente, da un attento monitoraggio della situazione che denunciava un'attività di ispezione nei penitenziari da parte di esponenti politici assai più numerosa ed intensa della norma. A ciò si aggiungevano preoccupazioni espresse da alcuni direttori e una attività di protesta da parte dei detenuti sempre più intensa ed organizzata.


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Onorevoli colleghi, ho ritenuto doveroso intervenire, poiché la materia in questione è troppo importante e delicata e non è possibile lasciare spazio non solo alle strumentalizzazioni, ma nemmeno a sospetti di strumentalizzazioni. Devo precisare che la mia massima preoccupazione era legata all'incolumità delle decine di migliaia di operatori presenti all'interno dei penitenziari, siano essi agenti di polizia penitenziaria o personale amministrativo, che qui, pubblicamente, ringrazio per il loro grande impegno.
Desidero altresì aggiungere che, relativamente alle dichiarazioni di un importante quotidiano, secondo le quali avrei agito sulla base di un documento scritto stilato dal DAP, ciò non è esatto. In realtà, ho deciso di fare le mie dichiarazioni sulla base di un attento monitoraggio della situazione in costante collegamento con i miei collaboratori e anche sulla base di esperienze dirette.
In ogni caso, possiamo dire che la situazione oggi è sotto controllo, le proteste stanno rientrando e chi ha inteso strumentalizzare la situazione attraverso menzogne e mistificazioni della realtà è rimasto isolato nei fatti.
Mi riferisco all'importante testimonianza data con il voto in Commissione giustizia al Senato, dove è stato approvato all'unanimità l'atto Senato n. 1487, meglio noto come provvedimento di proroga dell'articolo 41-bis. Voto che testimonia senza alcun dubbio la volontà del Parlamento di assumere una posizione severa e ferma nei confronti della questione penitenziaria, privilegiando al di sopra di tutto la legalità e la sicurezza dei cittadini.
Onorevoli colleghi, ho più volte sottolineato - e il Presidente del Consiglio lo ha recentemente ribadito - che è lecito per lo Stato togliere a chi delinque la libertà, ma non la dignità. Questo è il criterio che ci guida ogni giorno nel difficile compito di governare la realtà penitenziaria italiana (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mazzoni. Ne ha facoltà.

ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, credo che la discussione aperta potrebbe essere iscritta fra le tante querelle inutili, se continuiamo in questo modo, e se essa non viene tradotta prontamente - e questa credo possa essere la sede giusta - in un momento di seria riflessione volto alla ricerca della soluzione.
Sono gravi le dichiarazioni - le tante dichiarazioni - apparse sulla stampa e altrettanto gravi possono apparire le repliche. Credo che in questo momento occorra chiedersi a chi giovino queste schermaglie e cosa producano accuse ed aggressioni fra rappresentanti istituzionali.
Credo sia doveroso un chiarimento e ringrazio il ministro per la sua presenza volta a rendere questo chiarimento; credo sia necessario un confronto aperto, ma realmente aperto e sereno in grado di condurre a qualcosa di produttivo.
Le riserve politiche non aiutano e non devono trovare spazio quando si parla della gravissima situazione nelle carceri. Non ripeto le cifre che il ministro ci ha reso in quest'aula. Sono sicuramente cifre allarmanti, sulle quali noi rappresentanti istituzionali non possiamo permetterci distrazioni; esse richiedono un intervento serio.
Rispetto a tali cifre ritengo irrispettoso della dignità umana affrontare il problema per farne oggetto di uno sterile gioco delle parti; se vogliamo essere seri, dobbiamo partire - e questo credo sia un dato oggettivo - dal confermare che le cifre che vengono riportate non possono sicuramente essere attribuite ad un solo anno di gestione, non possono essere datate 2001.
Come è stato dichiarato da più parti e sicuramente da soggetti non coinvolti nel gioco politico, questa situazione carceraria si trascina da più di dieci anni. Vi è quindi una responsabilità di tutti, che tutti dobbiamo accollarci e che ci impone di lavorare tutti insieme.
Se vogliamo veramente ascoltare il grido di protesta che viene dalle strutture penitenziarie per quello che sta accadendo, è chiaro che dobbiamo abbassare i


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toni, altrimenti non saremo in grado di ascoltare ciò che realmente ci vogliono trasmettere.
Ripetere frasi fuori contesto, continuare a dare in pasto alla stampa parole sopra le righe, non aiuta la soluzione della questione gravissima delle strutture penitenziarie. Senza quindi riprodurre tali dichiarazioni ed entrare così nella polemica, vorrei dire che qualcosa sicuramente è emerso da questo dibattito e deve servire quale punto di partenza per una soluzione del problema.
I gravi problemi sono sicuramente rappresentati dal sovraffollamento, dal quale consegue la non dignitosa condizione umana dei detenuti, dalla carenza numerica del personale penitenziario e dalla necessità di una riorganizzazione compiuta del personale stesso. Le soluzioni avviate, su iniziativa del Governo - lo ripeto -, sono state dettagliatamente enunciate dal Governo stesso; credo rappresentino vie positivamente intraprese che sicuramente devono trovare il loro percorso compiuto.
A queste si aggiungono le iniziative che sono state già attivate in sede parlamentare e che sicuramente vanno tutte nella direzione della risoluzione di questi tre gravi problemi - poiché credo che lì si trovi la sintesi - che vanno affrontati prontamente.
Quindi, oltre ad enunciare quanto fino ad oggi si è fatto, quello che la maggioranza e il Governo hanno fatto in un anno e mezzo di legislatura, è necessario - e forse su questo avrei gradito una maggiore chiarezza da parte del ministro - trovare risposta sui tempi, sull'urgenza, sul tipo di priorità che si vuole garantire, che il Governo vuole garantire alle riforme che il ministro ha già avviato, se si vuole veramente trovare un canale privilegiato per queste riforme.
Su queste e su tante altre, come ho già detto, stiamo lavorando anche in sede parlamentare. Il Comitato permanente per la risoluzione dei problemi penitenziari sta lavorando, con l'egregia presidenza dell'onorevole Pisapia, e sta affrontando tutti questi temi.

PRESIDENTE. Onorevole Mazzoni, la prego di concludere.

ERMINIA MAZZONI. Cominciando da una fase di consultazione, stiamo tentando di ascoltare tutti i protagonisti della vicenda carceraria, come i rappresentanti dell'associazione «Papillon»; quindi abbiamo sentito la voce diretta su quello che accade nelle strutture penitenziarie e abbiamo raccolto le loro proposte. Alcune di esse già trovano risposta in alcune iniziative messe in campo; altre saranno da valutare, ma sicuramente occorre un impegno...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole collega...

ERMINIA MAZZONI. ...occorre un impegno da parte di tutti. Concludo rivolgendo un appello, visto che sono stata la prima ad intervenire, a tutti quelli che parleranno dopo di me, a mitigare i toni, ad essere più produttivi e a cercare di ricondurre i nostri interventi verso due obiettivi fondamentali, verso la tutela di quei diritti che noi riteniamo di dover rappresentare: i diritti umani e i diritti di giustizia.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mazzoni...

ERMINIA MAZZONI. Al ministro vorrei dire che la politica della sicurezza e del rigore a cui ha fatto cenno deve e può essere coniugata con la tutela di questi diritti fondamentali (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (CCD-CDU), di Forza Italia e della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Biondi. Ne ha facoltà.

ALFREDO BIONDI. Signor Presidente, signor ministro, io sono un uomo solidale e sincero e devo dire, nella chiave di solidarietà, che le cose che lei ha detto sono importanti, nel senso che provengono da una fonte autorevole, quella del ministro della giustizia, che ha a disposizione


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gli strumenti per la verifica e per l'individuazione dei problemi, per l'impostazione delle soluzioni, per la consapevolezza degli strumenti di cui dispone. Di questo le sono grato (lei ha detto che non bisogna avere una visione distorta e strumentale).
Io so - per averne fatto esperienza - cosa significhi il rapporto tra il ministro della giustizia e gli infiniti problemi che si affollano davanti a lui, ogni giorno e ogni notte. Quindi sarò l'ultimo a dolermi non dico di incompletezze, ma di una non completa valutazione di problemi così importanti che forse cinquant'anni di esperienza professionale - la laurea nel 1951, procuratore e avvocato nel 1952 - mi consentono di vedere, forse anche con qualche sofferenza di vita vissuta.
Io credo di poter dire che il dramma delle carceri non è colpa di questo Governo e forse nemmeno dei governi che lo hanno preceduto. È colpa di un sistema antiquato, di una visione sbagliata dei delitti e delle pene. È una specie di crudeltà residuale, per cui di fronte all'impotenza dello Stato di fare fronte alla congerie di delitti che avvengono - la maggior parte impuniti - sembra quasi che, ad un certo punto, debba verificarsi una manifestazione di presenza su quello scampolo residuo, che pure è elevato, che finisce in carcere.
Vede, io ho votato contro tutti i provvedimenti di condono che si sono avvicendati nel nostro paese. Io sono alla Camera dal 1968, con alterne vicende - 1972 e 1976 - e ho votato sempre contro, anche quando il mio partito - talvolta al Governo, non sempre - votava a favore. E per quale ragione votavo contro? Perché in questo slalom gigante e speciale di amnistie e indulti (o condoni che dir si voglia) vedo la possibilità per i più furbi, i più idonei, i più adatti alla discesa verso il crimine di evitare le responsabilità del tempo, individuando il momento in cui è più facile commettere un reato piuttosto che un altro.
Si sono avvicendati, fin dal 1989 una quarantina di provvedimenti di clemenza. Allora, è successo veramente che fosse uno «sfiatatoio», qualche volta anche di interesse per il buon andamento di alcune cose, che la vicenda non solo carceraria, ma giudiziaria potesse avere una sorta di stasi.
È dal 1989, signor ministro (forse dal 1988, non ricordo), che si dice che il provvedimento di indulto servisse a questo o a quello, ma a me non importa, perché non appartengo a quella categoria che crede che le leggi del Parlamento possano essere asservite a questa o a quella finalità: sono leggi, c'è chi se ne avvantaggia e chi no. E nessuno può dire che, se la cosa è giusta, diventa ingiusta perché se ne avvantaggia qualcuno: questa è una comodità. Trasformare uno ius generale in uno ius singulare è una comodità intellettuale, se è intellettuale, mentre in altri casi, invece, può essere una comodità propagandistica.
Quindi, credo che lei debba riflettere sul problema che noi ed alcuni colleghi di diversa posizione politica abbiamo posto all'attenzione del Parlamento affinché, tredici anni dopo, si possa vedere, tra i delitti e le pene, qual è la situazione attuale, ma non come una soluzione... Lo so che il carcere è una pentola di Papin che (Commenti del ministro della giustizia). Prego, onorevole ministro, io ascolto sempre con grande ammirazione, talvolta.

ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. È una decisione del Parlamento, non certo mia, quella dell'amnistia!

ALFREDO BIONDI. Sto esprimendo la mia opinione; se potessi immaginare ciò che pensa lei, mi considererei un uomo fortunato!
Io, invece, ritengo di poter dire ciò che io penso e credo, proprio perché ero contrario a tutti i precedenti provvedimenti...

PRESIDENTE. Onorevole Biondi...

ALFREDO BIONDI. ...di poter dire oggi che, per poter arrivare alle riforme che lei ha indicato, e che io sottoscrivo e condivido, anche dal punto di vista della severità


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della vita carceraria, si debba costruire una struttura o una serie di strutture che distinguano, ad esempio, i minori, i detenuti in attesa di giudizio, i contravventori e via dicendo. Poi, stiamo lavorando per la riforma del codice.
Devo anche dire...

PRESIDENTE. Onorevole Biondi, la invito a concludere.

ALFREDO BIONDI. Mi scusi, signor Presidente, quanto tempo ho ancora a disposizione?

PRESIDENTE. Sono previsti 5 minuti per ogni gruppo.

ALFREDO BIONDI. Mi scusi, signor Presidente, credevo fossero 10: vede che l'ottimismo della volontà non si stanca di combattere?
Volevo dire che una soluzione che noi indichiamo non è una soluzione di comodo, ma può servire alle riforme che lei ha indicato. E non credo che, per esempio, discuterne in Commissione giustizia possa rappresentare qualcosa che turba la suprema armonia dei rapporti di maggioranza. Sono stato al Governo, e le assicuro che i rapporti di maggioranza li ho vissuti con una difficoltà maggiore rispetto a quella che lei affronta in questo momento. Tuttavia, li ho affrontati, mantenendo certamente le mie opinioni, ma rispettando anche quelle degli altri. Ed è una buona regola, per un Governo liberaldemocratico, ritenere che ascoltare anche ciò che pensano gli altri possa servire, specie se quello che si pensa si dice in Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, della Margherita, DL-l'Ulivo, dell'UDC (CCD-CDU) e Misto-Verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.

RUGGERO RUGGERI. Signor ministro, anche la mia forza politica - una forza moderata, non radicale - frequenta le carceri. Proprio quest'anno, abbiamo intrapreso un'iniziativa per ascoltare le persone, per ascoltare questo mondo, per sentire, ed abbiamo ancora sentito sulla pelle il clima di grande delusione che il mondo del carcere prova nei confronti di noi politici, tutti!
Lei qui è venuto ad accusare e a discolparsi, affermando che la situazione non è colpa sua, ma dell'Ulivo! Al detenuto non interessa che la colpa sia dell'uno o dell'altro, interessa che chi governa governi ed attui una giustizia più vera!
Troppe forze politiche non hanno avuto e non hanno il coraggio, la responsabilità e la lungimiranza di affrontare la situazione e di approvare - seguendo il suggerimento che anche oggi ha dato il Presidente Biondi - misure di clemenza, intelligenti ed accompagnate da progetti di reinserimento. Troppe forze politiche, compresa la sua, signor ministro, pensano di creare sicurezza solo aumentando le pene ed il numero delle carceri. Ho ascoltato un'informativa che mi sembrava fatta dal ministro dei lavori pubblici!
La strada del recupero e del reinserimento è più difficile ed è più costosa sul mercato elettorale, ma per noi è la strada maestra per avere più sicurezza e più giustizia. Per noi il problema è prima di tutto culturale.
Non si può, secondo noi, prescindere dal pensiero di Aldo Moro sul senso della pena: e qui la parola «senso» va intesa proprio come orientamento, come bussola che guidi alla ricerca della migliore umanità possibile ed al rispetto della dignità di ogni persona umana.
La situazione delle nostre carceri - anche lei lo ha riconosciuto - è tale che, per darne un'idea, non è idonea neanche la parola «inferno»: il sovraffollamento, di cui certamente non la incolpo, è un gravissimo problema reale che abbiamo davanti e che potremmo risolvere, magari trovando insieme qualche soluzione. Il sovraffollamento (che ha ormai raggiunto il suo massimo storico) e la promiscuità sono i problemi più macroscopici, ma non i soli. Un altro problema gravissimo è quello dei tossicodipendenti. Questi ragazzi non possono stare in carcere: non è


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il loro posto, quello, perché hanno bisogno di cure mediche e di relazioni interpersonali!
Ma vi sono altri problemi nel mondo carcerario ai quali lei non ha accennato. C'è il problema della polizia penitenziaria, il cui organico, evidentemente sottodimensionato, è afflitto anche da una situazione di sottoservizio esasperante (di circa il 30 per cento). Ebbene, c'è un progetto che riguarda la polizia penitenziaria: consideriamoli lavoratori che svolgono un'attività usurante e riserviamo, quindi, un'attenzione particolare a questa categoria di persone che, spesso, si fanno carico di un'attività di assistenza sociale che va ben oltre i loro doveri di servizio.
C'è il problema dei suicidi. Probabilmente, quest'anno sono diminuiti, però non si è fatto niente. Occorrono progetti di prima accoglienza per coloro che entrano nelle carceri, perché è nel primo anno che avvengono i suicidi! Ancora oggi, il tasso di suicidi è di 19 a 1: per ogni persona che si suicida fuori dal carcere ve ne sono 19 che si suicidano in carcere! C'è questo problema? Nulla viene fatto! Di più: nulla viene proposto!
C'è il problema dell'assistenza sanitaria, determinato dalla carenza di risorse finanziarie. Sarà colpa di Tremonti? Non lo so. Di fatto, abbiamo una riduzione del 30 per cento dei servizi di guardia medica, del 20 per cento dell'assistenza infermieristica, del 50 per cento dei servizi specialistici e del 70 per cento di apparecchiature e strumentazioni sanitarie.
Vogliamo affrontare anche il tema dei giudici di sorveglianza? Questa magistratura, spesso considerata di serie B, va rimotivata! Si tratta di persone che non dispongono di strumenti, di risorse finanziarie o di personale. Spesso, sono costrette a giudicare della vita o della morte...

PRESIDENTE. Onorevole Ruggeri...

RUGGERO RUGGERI. ...(della morte in senso figurato, ovviamente) sulla base di documenti cartacei, senza neppure conoscere le persone!
Ebbene, noi proponiamo che questo «inferno» divenga altro: abbiamo programmi di prevenzione, di prima accoglienza, di aumento del personale che opera all'interno delle carceri e programmi di attività lavorative. A proposito, signor ministro, dove sono i lavoratori nelle nostre carceri? Vi sarà qualche isola felice ma, di fatto, non si lavora, non si produce, non vi sono offerte di lavoro.
È meglio, allora, imboccare la strada delle misure alternative: prevediamo un trattamento diverso e separato per quanto riguarda i tossicodipendenti e utilizziamo le misure alternative!
In questo ferragosto la Margherita, con la sua iniziativa, ha voluto contribuire ad accendere i fari, ma non ha acceso né fuochi né ha gettato benzina sul fuoco. Noi abbiamo un concetto della giustizia penitenziaria che è quello del reinserimento, del recupero; il tema della pena riguarda la dignità della persona, al di là dell'aumento delle pene e dell'edilizia carceraria.

PRESIDENTE. Onorevole, la invito a concludere.

RUGGERO RUGGERI. E noi saremo qui accanto alla polizia penitenziaria, ai magistrati, ai direttori, ai volontari e, non ultimi, ai detenuti, la maggior parte dei quali, dentro e fuori, ha tutto ristretto fuorché la dignità, la voglia di cambiare e la sete di giustizia e di umanità. Noi lavoreremo per migliorare il mondo delle carceri, anche con lei.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, colleghe e colleghi, mi interesso da troppo tempo - forse anche per l'età - di condizione carceraria per lasciarmi trascinare in polemiche e proteste pretestuose (poi per quanto riguarda il 41-bis ed altri provvedimenti ne discuteremo in Commissione giustizia e in Assemblea quando arriveranno alla Camera dei deputati). Quindi i miei toni, come al solito, saranno molto radicali come idealità ma anche


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molto bassi. A me interessa cogliere infatti questa occasione per un primo importante confronto. La realtà delle carceri infatti è aspra, drammatica, la conosciamo da tanti anni e, certamente, non la imputiamo ad un Governo che è in carica da un anno.
L'illuminista Voltaire fu solito affermare: la condizione carceraria è il metro con cui si misura la civiltà di un paese; noi la pensiamo allo stesso modo e sentiamo un dovere, anzi, in questo senso. Non a caso le voglio ricordare, ministro, che l'articolo 67 dell'ordinamento penitenziario prevede i poteri di visita dei parlamentari proprio perché il legislatore ha avvertito la necessità che le carceri, luoghi di afflizione e sofferenza, siano visitate e monitorate. Lo abbiamo fatto, lo facciamo, lo faremo, non per fomentare rivolte - preoccupazione risibile - , ma per essere testimoni di un disagio e di una sofferenza (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo).

ALFREDO BIONDI. Lo dice anche il Vangelo: visitate i carcerati.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Sì, ma lo dice anche l'ordinamento penitenziario. Il ministro, del resto, è stato corretto - detto da me mi pare sia un fatto da cogliere come inedito -, come lo stesso Presidente del Consiglio (domenica scorsa) ed autorevoli parlamentari della maggioranza (abbiamo sentito anche qua il collega Biondi). Ne prenda atto! In realtà la protesta pacifica ed intelligente dei detenuti su una piattaforma seria, che va dal sovraffollamento a riforme della giustizia penale, ha riaperto - questo mi interessa sottolineare - una discussione che nel paese era stata soffocata. Oggi il quadro in poche settimane è completamente mutato, bisogna cogliere questo dinamismo; per esempio, il nostro gruppo accoglie con favore il fatto che il presidente della Commissione giustizia, che mi pare non vada bloccato con dichiarazioni un po' goffe o con dilazioni, abbia ritenuto matura l'apertura dei lavori della Commissione stessa sulle proposte di legge presentate, oltre che dal nostro gruppo, da parlamentari sia della maggioranza sia dell'opposizione - questa è per sua natura una discussione trasversale -, sul tema dell'amnistia e dell'indulto. Noi - lo diciamo da subito, ufficialmente, senza settarismi ed egoismi di gruppo - incitiamo ad andare avanti presto - lo faccia l'onorevole Pecorella - per giungere a proposte condivise che contemperino più umanità nelle carceri, maggiore tutela della collettività e della sua sicurezza, diminuzione della recidiva. Ci pare in tal senso particolarmente rilevante la proposta del collega Pisapia che, prevedendo una sospensione dell'esecuzione della pena carceraria fino a tre anni per i reati commessi prima del 31 dicembre 2000, può evitare peraltro che sia indispensabile raggiungere quella maggioranza particolarmente ampia prevista dall'articolo 79 della Costituzione. Anche questa, comunque, è una proposta in discussione in I Commissione.
Occorre in definitiva - questo è il punto - impostare un rapporto diverso tra carcere e società, non solo per i detenuti ma per tutti coloro che quotidianamente operano e lavorano all'interno delle carceri.
Siamo ormai, infatti - questo è il punto, Governo di centrodestra o di centrosinistra (forse le responsabilità sono molteplici) -, a livelli di sovraffollamento raggiunti solo alla fine degli anni quaranta e bisogna, con sofferenza, dirlo e non accontentarsi (ha ragione il collega che mi ha preceduto), quasi fossimo un Ministero dei lavori pubblici, del piano di costruzione di nuove carceri, tra l'altro, trasformando il carcere in un business, in un affare, con l'ingresso dei capitali privati nelle carceri, cosa che a noi pare gravissima.
Prendiamo atto che nelle carceri vi è la costrizione, quasi classista ormai, dell'emarginazione sociale; prendiamo atto che il carcere è metafora di problemi che la società imprigiona invece di affrontare; prendiamo atto che, per i tre quarti, nelle carceri vi sono migranti, tossicodipendenti,


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malati di AIDS e procediamo, quindi, a riforme che riguardino sia il sovraffollamento (lo ha detto anche il collega Biondi) sia il confronto parlamentare.

PRESIDENTE. Onorevole Russo Spena, la invito a concludere.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Sto concludendo.
Le riforme: depenalizzazione dei reati minori, misure alternative al carcere, decarcerizzazione dei tossicodipendenti e comunità, estensione della liberazione anticipata sino a 60 giorni per semestre, piena applicazione della legge di riforma della sanità penitenziaria. In questi giorni - ed è questo il messaggio che voglio lanciare per avviare un confronto sereno che proseguiremo con tutti i deputati della maggioranza oltre che dell'opposizione (ve ne sono tanti disponibili su questo tema) - è caduta, finalmente (e questo è un dato positivo), la disperante opacità che aveva avvolto la condizione carceraria e non dobbiamo lasciarci bloccare, colleghi e colleghe, di nuovo, da cupi messaggi giustizialisti che a volte, mi dispiace dirlo, vengono anche dal Ministero.
Certe dichiarazioni sono cupi messaggi per il mondo del carcere; chi conosce il mondo del carcere sa come vengono accolti quei messaggi e come vengono accolti con attenzione da parte dei detenuti. Quindi è giunto il tempo, mi pare, di riforme condivise, al di là della maggioranza e della minoranza, improntate alla civiltà giuridica. Questo è il problema del carcere oggi (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.
Onorevole Cento, le ricordo che lei ha a disposizione qualche minuto in meno rispetto agli altri colleghi, non perché lo abbia utilizzato nel suo conflitto verbale col ministro, ma perché è così. Ne tenga conto.

PIER PAOLO CENTO. Perché sono cattivo!

GABRIELLA PISTONE. Siamo comunisti, caro. È una sottospecie!

PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, ovviamente in tre minuti non posso rispondere al ministro e non posso fornire gli atti relativi a ciò che si potrebbe fare per applicare il regolamento penitenziario.
Credo che in questi giorni sia stato raggiunto un risultato politico importante. Politico ed umano, perché in questa vicenda, oltre al dibattito politico astratto, vi è un intreccio con le condizioni materiali di vita di chi sta in carcere, non solo dei detenuti, ma del complesso degli operatori penitenziari. Finalmente si è riaperta la discussione sulla condizione carceraria e sulla possibilità di individuare strumenti capaci di intervenire per superare il sovraffollamento e creare le condizioni per il rispetto della norma costituzionale che prevede il reinserimento del detenuto e non solo la sua detenzione all'interno di una struttura chiusa.
Indulto, indulto condizionato di tre anni, sospensione della pena, amnistia: ritengo grave che il ministro della giustizia non abbia detto una parola su questo aspetto. Compito del Parlamento è promuovere iniziative legislative ed approvarle per fare in modo che ad una richiesta proveniente da un mondo significativo come quello delle carceri il Parlamento dia risposte legislative.
Il ministro non ha detto una parola su quale sia l'orientamento del Governo relativamente alle diverse proposte di indulto, amnistia o condoni, qui sì (e non in altri campi) quanto mai necessari per affrontare l'emergenza carceraria. Credo che gli errori e i ritardi che ci sono stati da parte dei ministri del centrosinistra non possano valere come giustificazione per perseverare. Certo, anche il centrosinistra ha sottovalutato, nel corso dei cinque anni della legislatura precedente, il problema delle carceri e si è fatto prendere da una rincorsa sbagliata con il centrodestra a chi più e meglio rappresentava


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e calcolava il ritorno elettorale di una politica (Commenti del deputato Filippo Mancuso)... di una politica tesa a garantire, in maniera inefficace, la sicurezza dei cittadini.
Io dico e sostengo che, oggi, affrontare i problemi delle carceri e della detenzione nel nostro paese è un modo conveniente per garantire la sicurezza dei cittadini.
Se si esce dalle carceri e si torna a delinquere, vuol dire che non si è risolto il problema della criminalità, ma che si è rimesso in circuito l'autore di un reato che incide sulla vita e sulla sicurezza dei cittadini.

PRESIDENTE. Onorevole Cento, la invito a concludere.

PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, mi avvio a concludere.
Ritengo che sull'aspetto dell'indulto sia necessario cogliere l'opportunità che ci è stata data anche dalla protesta pacifica dei detenuti, alla quale credo - mi sia consentito aggiungere solo questo - i parlamentari non abbiano dato sponda né incitamento, poiché hanno solo espletato un loro diritto-dovere: quello di andare nelle carceri. C'è chi lo fa abitualmente, vi è chi lo ha fatto in occasione di questa vicenda perché i detenuti chiedevano un confronto in ordine alle proposte legislative che potevano essere presentate in Parlamento. Quella protesta ha riaperto comunque una discussione: il Governo non si faccia prendere - le elezioni sono lontane - dalla paura strumentale di affrontare una questione che è decisiva per la civiltà di un paese come il nostro. Ritengo che la Commissione giustizia farà bene ad iniziare l'esame dei diversi provvedimenti di indulto che sono stati presentati e che il Governo debba garantire - mi sarebbe piaciuto che il ministro lo avesse detto nel suo intervento ....

PRESIDENTE. Onorevole Cento, deve concludere.

PIER PAOLO CENTO. Il Governo deve garantire che questa ripresa del dibattito in Commissione giustizia avvenga con il suo ausilio, il suo aiuto ed il suo contributo tecnico e politico. Questa è la sfida che abbiamo davanti, se vogliamo affrontare seriamente la questione carceraria (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Carboni. Ne ha facoltà.

FRANCESCO CARBONI. Signor ministro, ero certo, già prima dell'inizio del suo intervento, che lei avrebbe detto ciò che in effetti abbiamo ascoltato: la storiella, ormai rancida tanto è rimasticata, delle responsabilità del precedente Governo ed un programma che, lo ha osservato anche l'onorevole Biondi, nulla ha detto in ordine a tempi ed interventi specifici. Questo perché ella, per un anno, ha dimenticato completamente di essere ministro della giustizia con competenze anche sulle carceri, con l'eccezione, forse, della colonia penale di Is Arenas - a tal proposito ho presentato due interrogazioni - dove ella ha trascorso un mese di vacanza sia nel 2001 sia quest'anno.
La invito a leggere il testo delle risposte che ha reso, mi sembra il 19 luglio, il dottor Tinebra nel corso di un'audizione in Commissione giustizia. Signor Presidente, il ministro può anche non ascoltare, ma vorrei che non fossero altri ad indurlo a non farlo....

PRESIDENTE. Collega, la prego, consenta al ministro di ascoltare l'intervento dell'onorevole Carboni.

FRANCESCO CARBONI. Se il ministro porrà un po' di attenzione a quanto sostenuto dal dottor Tinebra nel corso dell'audizione in Commissione giustizia constaterà che ciò che egli ha detto questa sera differisce totalmente da quelle affermazioni. Infatti, i problemi che ha posto il dottor Tinebra, con cognizione di causa, con dati, con elementi, dimostrando di conoscere le situazioni, il ministro li dà invece per risolti. Anch'io, come i colleghi, non attribuisco certo a lei la responsabilità


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dell'attuale situazione penitenziaria, ma nella scorsa legislatura - negli ultimi due anni - un indirizzo era stato dato e tangibili sono i risultati da esso prodotti in termini di finanziamenti ed interventi. Quello che noi, come forza di opposizione, contestiamo al ministro è l'arresto completo di quell'indirizzo, con la contestuale involuzione, con un'inversione di tendenza del tutto negativa: quindi, la rimodulazione dei finanziamenti già definiti con l'ultima legge finanziaria; quindi, l'assenza totale di interventi sul lavoro.
Signor ministro, il recupero di un detenuto non avviene all'interno del carcere, ciò non è possibile. Il lavoro all'interno del carcere è una preparazione per ciò che potrà accadere all'esterno. Lei ha richiamato il protocollo sottoscritto dal provveditore regionale e dall'assessore al lavoro della Sardegna (quelle sono le attività che consentono successivamente un trattamento).
Ministro, in Italia lavorano, con proiezioni di lavoro all'esterno, 2000 persone, mentre sono 10 mila le persone impegnate nelle attività domestiche all'interno del carcere; si tratta di quel lavoro che l'ha tanto preoccupata, perché, se i detenuti avessero deciso di non sostenere le attività lavorative, avrebbero paralizzato le attività penitenziarie. Ciò che le contestiamo e non condividiamo è un'inversione di tendenza culturale rispetto al problema delle carceri.
Lei ci ha parlato di tanti interventi: quelli di manutenzione ordinaria sono ovvi e sono realizzati su iniziativa dei direttori e dei provveditori. La conoscenza dei problemi giunge dalla periferia (certamente non dal Ministero) al dipartimento per l'amministrazione penitenziaria e da lì vengono i finanziamenti. Tuttavia, non è questo che dà qualità ad un anno di lavoro. Infatti, durante quest'anno in cui si è svolta la sua attività la questione delle carceri è stata rimossa e sepolta: questo è il problema. Ed è un problema che lei oggi ha dovuto affrontare perché vi è stata un'iniziativa legittima, giusta e corretta di tanti parlamentari. In un anno credo di averle rivolto forse una dozzina di interrogazioni sui problemi delle carceri, segnatamente in Sardegna, realtà che conosco benissimo. Non ho ottenuto risposta, neanche quando ella venne in vacanza nella colonia penale di Is Arenas.
Signor Presidente, concludo. Ciò che le contestiamo è che ella abbia segnato un'inversione di tendenza, che è testimoniata da tutte le sue dichiarazioni. A tal proposito, signor ministro, le segnalo che le televisioni nelle celle sono a colori dal 1992 e che non se ne trovano più in bianco e nero (necessariamente sono quelle). Mi riferisco anche alle carceri come alberghi. Vogliamo che l'intervento del ministro sia finalizzato a risolvere i problemi e che non utilizzi - questo sì strumentalmente - il diritto che i parlamentari legittimamente esercitano per sollevare e segnalare problemi che il ministro non vuole vedere.
Il fatto che sia stato esercitato correttamente un diritto è testimoniato dalle dichiarazioni del dottor Tinebra e di tanti direttori penitenziari, non ultimi quelli che abbiamo audito la scorsa settimana in Commissione giustizia; mi riferisco alla direttrice del Pagliarelli e al direttore di San Vittore, i quali hanno detto che la protesta, lo sciopero, la manifestazione sono stati civilissimi e che non hanno prodotto un minimo problema di sicurezza all'interno della struttura penitenziaria.
Signor ministro, concludo dicendo che, se non vuole ascoltare ciò che dice l'opposizione, ponga almeno attenzione a quanto stasera hanno detto con grande buon senso i parlamentari della maggioranza e, segnatamente, la collega Mazzoni e l'onorevole Biondi (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, innanzitutto vorrei ringraziare il ministro per la consueta trasparenza, la pragmaticità e la coerenza che hanno


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contraddistinto la sua esposizione dei fatti, evidenziando con chiarezza quella che attualmente è la reale situazione delle carceri in Italia e ciò che questo Governo intende fare per tentare di porre rimedio alla situazione che ha ereditato.
Prima di entrare nel merito delle polemiche di queste ultime settimane, così come sono rimbalzate dagli organi di stampa, è bene ribadire che, se è vero che esiste un problema carceri, riteniamo che sia assolutamente improprio e che corrisponda alla volontà di enfatizzare la situazione parlare di allarme carceri e, soprattutto, attribuire la responsabilità di uno stato di malessere e agitazione diffuso all'interno dei nostri penitenziari (dettato da condizioni di vita oggettive non sempre - questo è vero - rispettose della dignità umana) all'operato del ministro Castelli che - torno a ripeterlo - la situazione attuale l'ha ereditata.
Infatti, l'emergenza carceri nasce da lontano; è una questione che si trascina da anni - almeno quindici - come è stato riconosciuto anche dai componenti dell'associazione «Papillon» nel corso dell'audizione tenutasi in Commissione giustizia della Camera, tanto che alcuni parlano del sovraffollamento come di un fenomeno connaturato al sistema penitenziario.
Idealmente il sistema carcerario è ispirato al principio costituzionale dettato dall'articolo 27 della Costituzione, secondo il quale ogni pena deve tendere alla rieducazione del condannato, ma nella pratica la situazione è ben diversa. La certezza della pena è stata per molti anni poco più che un principio astratto. Il ricorso alla custodia cautelare ha riempito le carceri di detenuti in attesa di giudizio mentre, talvolta, la lentezza dei processi ha restituito alla libertà criminali pericolosi. L'esito ultimo è il rischio del fallimento della Costituzione per cui la pena o non viene espiata o viene espiata in strutture, condizioni e forme che non corrispondono al principio di rieducazione dei detenuti.
Attualmente, dai dati forniti dal Ministero ricaviamo che la situazione penitenziaria si può riassumere in queste cifre: i posti disponibili, come ha detto il ministro, secondo gli standard attuali sono 45 mila, a fronte di un numero di detenuti pari a 57 mila, di cui 17 mila extracomunitari. Ebbene, adesso la sinistra vuole utilizzare strumentalmente queste cifre con il solito ritornello per cui all'origine di tutti i mali che affliggono il nostro paese ci sarebbero gli esponenti dell'attuale Governo della Casa delle libertà, dimenticandosi delle proprie colpe e responsabilità e che le condizioni attuali sono state determinate proprio dalle scelte politiche di chi oggi alimenta il fuoco delle polemiche.

GABRIELLA PISTONE. Ma eri da un'altra parte?

CAROLINA LUSSANA. Autorevoli colleghi della sinistra e dei Verdi lamentano che le carceri scoppiano dimenticando, però, che quando, nelle passate legislature, fu studiato ed iniziato un piano di costruzione di nuove strutture carcerarie insorsero contro quello che definivano un potenziamento dei mezzi repressivi. Chiesero il ricorso ai soliti indefiniti sistemi alternativi di recupero ottenendo la chiusura di numerosi penitenziari: Pianosa è un caso emblematico. O ancora dimenticano che l'eccedenza che rende sovraffollate le nostre carceri coincide esattamente con il numero di detenuti extracomunitari, a dimostrazione che il sensibile aumento della criminalità verificatosi negli ultimi anni trova origine nel fallimento delle politiche di controllo dell'immigrazione clandestina portate avanti dal centrosinistra nella scorsa legislatura. Per fortuna, adesso c'è la legge Bossi-Fini. Anche di tutto questo chi adesso polemizza e vuole politicizzare la questione carceri si dimentica o finge di dimenticarsi.
Per questo riteniamo fondate le preoccupazioni del ministro Castelli che ravvisava la possibilità che in certi ambienti politici, seppure limitati, potesse essere in atto un tentativo di utilizzare il malcontento diffuso nelle carceri per aprire un ulteriore fronte di scontro con il Governo. Onorevoli colleghi del centrosinistra, una cosa è il legittimo esercizio della funzione


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di parlamentare, che nessuno ha mai inteso censurare in alcun modo, altra cosa è avvalersi della possibilità di avere il libero accesso negli istituti penitenziari per cercare fra la popolazione carceraria possibili «girotondini». Queste strumentalizzazioni politiche non aiutano i detenuti e non portano certo vantaggio alla protesta mirata solo ad ottenere un miglioramento delle condizioni carcerarie e non certo a far cadere il Governo come, invece, vorrebbe la sinistra.
Tuttavia, come è sbagliato cavalcare il malessere in atto - un malessere, ribadisco, causato da scelte politiche precedenti - per sferrare attacchi al ministro della giustizia ed al Governo attuale, allo stesso modo è sbagliato, e qui suggerisco una riflessione ai colleghi della Casa delle libertà, forzare il dibattito su provvedimenti quali l'amnistia o l'indulto, condizionati o meno che si vogliano. Ai nostri elettori abbiamo promesso la certezza della pena.
Dunque, rinnovando la nostra piena fiducia al ministro Castelli, lo sproniamo a proseguire lungo la strada intrapresa ed a portare quegli interventi urgenti adesso tanto invocati, ma in precedenza mai realizzati (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Garnero Santanchè. Ne ha facoltà.

DANIELA GARNERO SANTANCHÈ. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, con senso di grande responsabilità prendo oggi la parola a nome del mio gruppo per parlare di un argomento che mi sta particolarmente a cuore perché da anni, e molto prima del mio impegno politico, mi occupo dell'universo carcere, organizzando attività lavorative che hanno come unico fine il recupero dell'individuo che deve pagare il suo debito con la giustizia.
La certezza della pena, per la quale il mio partito non ammette deroghe, non può essere garantita nelle condizioni in cui il nostro Governo ha trovato le carceri italiane.
Quando è stata stabilita, per noi parlamentari, la possibilità di ingresso negli istituti di pena, ciò è stato certamente fatto per fare in modo che noi vigilassimo sul loro buon funzionamento. Ebbene, dobbiamo avere il coraggio morale di dire, senza essere né di destra né di sinistra, né di maggioranza né di opposizione, che di fronte al collasso del sistema carcerario lo Stato ha fallito. Ha fallito la sinistra, che ha avuto la responsabilità negli ultimi anni, ma rischiamo oggi di fallire tutti insieme se non abbiamo l'umiltà necessaria per fare un passo indietro e per vedere la fotografia esatta della situazione all'interno degli istituti di pena: condizioni igieniche e ambientali riprovevoli, dovute ad un sovraffollamento censurato anche dagli organismi europei; un numero impressionante di malattie infettive, dovute ad una promiscuità inaccettabile; ordinamenti penitenziari mai attuati; e, soprattutto, mancanza di applicazione di parte della normativa vigente tesa a rasserenare il clima all'interno delle carceri. Ma soprattutto è stato completamente disatteso lo spirito della nostra Costituzione, che parla di reinserimento dei detenuti nel tessuto sociale.
Tutto ciò, signor ministro, come lei ben sa, è dovuto principalmente ad un sovraffollamento che rende impossibile la vita nelle carceri, nonostante lo sforzo del suo Ministero. Di questo dobbiamo parlare, e non di altro. Per noi di Alleanza nazionale occuparci delle carceri non significa solo pensare ai detenuti, ma anche a tutti coloro che operano all'interno delle stesse, dai magistrati di sorveglianza ai dirigenti del DAP, fino al valoroso corpo degli agenti di polizia penitenziaria, costretti purtroppo a svolgere il loro lavoro in condizioni davvero impossibili, sopportando disagi non consoni per la loro qualifica; ed è bene dire a gran voce che se non fosse per la loro opera quotidiana di intelligente vigilanza, il sistema carcerario sarebbe già esploso da tempo, con conseguenze che uno Stato civile non potrebbe accettare.
Coniugare quindi la certezza della pena con il rispetto della dignità dell'uomo deve


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essere la linea guida da seguire. Non servono - anche perché si sono rilevati ad oggi solo utopici - programmi di edilizia carceraria: siamo ormai oltre l'emergenza e questa non può essere, allo stato attuale, la soluzione. Serve invece un salto di qualità tra le forze politiche nell'individuare con serenità una soluzione intelligente per una situazione che sta sfuggendo dal controllo, secondo quanto stanno constatando i direttori di molti istituti di pena.
Comunque, una cosa dobbiamo tutti evitare di fare: non dobbiamo più creare illusioni e aspettative se non abbiamo la volontà politica comune di affrontare temi particolarmente delicati, che hanno implicazioni umane gravissime. Questo sarebbe infatti ancora più grave ed esaspererebbe ulteriormente gli animi.
Nel confermare la linea del mio partito in ordine alla certezza della pena, dico pure con convinzione che Alleanza nazionale è pronta a fornire un contributo serio e costruttivo per trovare una soluzione al dibattito in corso, che ponga al primo posto, come ha recentemente detto il nostro Presidente del Consiglio, la dignità dell'uomo, sia esso prigioniero, sia esso libero, che vive all'interno del carcere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pistone. Ne ha facoltà.

GABRIELLA PISTONE. Intervengo semplicemente per testimoniare che questa seduta mi è parsa importante anche per le voci che si sono levate dai vari schieramenti e che mi auguro possano avere a cuore un unico fine: quello di migliorare le condizioni delle carceri italiane. Questo è il grande obiettivo che hanno perseguito anche i detenuti con la loro rivolta pacifica e con il loro sciopero della fame: con tale azione essi hanno evidenziato un problema serissimo, sollevato non da loro, bensì da ben altre autorità nel settore, ma che loro subivano sulla propria pelle.
Ritengo che dovere del parlamentare, del politico e del Governo in carica - qualunque esso sia - sia saper ascoltare. Ciò mi sono permessa di affermare quando il ministro ha, purtroppo, reagito in maniera abbastanza sguaiata rispetto ai fatti.
Da questo dobbiamo trarre insegnamento ed andare avanti, comprendendo realmente quale sia la situazione che abbiamo più volte denunciato.
Spero che il Parlamento - anche attraverso le decisioni assunte in Commissione giustizia dal presidente Pecorella, in ordine alla possibilità di affrontare il problema nel Comitato carceri presieduto dall'onorevole Pisapia - possa giungere, quanto prima, alla definizione di un quadro completo, anche attraverso le audizioni.
Si tratta di un problema che deve interessare tutti noi e, in primo luogo, il ministro. Da questa «emergenzialità»- definiamola così - è derivato uno spunto positivo. Ritengo sia fondamentale individuare e studiare misure alternative - perché le condizioni sono quelle che sono: c'è un sovraffollamento, ci sono i tossicodipendenti e i malati di AIDS, per i quali il carcere non è certo il luogo adatto per essere reinseriti e curati - ed anche verificare tutti gli aspetti relativi alla polizia penitenziaria, che svolge all'interno delle carceri un lavoro estremamente duro. Inoltre, sappiamo che non tutte le carceri italiane sono allo stesso livello: ce ne sono alcune ad un livello più avanzato.
Ritengo sia dovere del ministro avere un quadro complessivo della situazione e prendere atto della stessa. Si tratta di una richiesta che rivolgiamo non come opposizione, ma come parlamentari.
Vede, signor ministro, la prima volta che sono stata eletta in Parlamento, nel 1994, sono andata a visitare il carcere di Regina Coeli: non l'ho fatto solo io, ma lo hanno fatto anche tanti altri miei colleghi.

ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Io ci vivo a Regina Coeli!

GABRIELLA PISTONE. Lei, signor ministro, ci vive perché è il ministro della giustizia, io non ho mai avuto questo onore. Lo dico perché ritengo sia nostro


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compito andare a visitare le carceri; non è un nostro vezzo per andare ad aizzare i carcerati; è nostro dovere andare a trovarli, per comprendere e verificare le condizioni in cui si trovano, parlando con i direttori, con le guardie carcerarie, con tutto il personale che ha a che fare con le carceri. Ecco perché ritengo che, in quest'aula, non vi siano state provocazioni, se non da parte di alcuni colleghi - purtroppo, appartenenti al suo partito - che, probabilmente, leggevano uno scritto di qualche giorno fa, assolutamente inattuale rispetto all'odierna informativa.

PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo su un documento riguardante la situazione nelle carceri.

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