Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 178 del 17/7/2002
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La seduta, sospesa alle 9,40, è ripresa alle 10.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame articolo 7 - A.C. 2032-B)

PRESIDENTE. Avverto che il gruppo di Forza Italia ha ritirato la richiesta di voto nominale che contestualmente la medesima richiesta è stata avanzata dal gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'emendamento Vigni 7.1.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Vigni 7.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Parolo. Ne ha facoltà.

UGO PAROLO. Signor Presidente, intervengo sull'articolo in votazione per evidenziare che si tratta di uno dei punti centrali del provvedimento al nostro esame. L'articolo 7 reca, infatti, modifiche alla legge n. 109 del 1994, legge quadro sui lavori pubblici (cosiddetta legge Merloni); ciò che ne deriva è un testo che non ci trova certamente soddisfatti. Il lavoro svolto con la partecipazione di tutti i gruppi alla Camera...

PRESIDENTE. Onorevole Parolo, mi scusi se la interrompo, stiamo parlando dell'emendamento Vigni 7.1 e non dell'articolo 7.

UGO PAROLO. Però l'emendamento Vigni 7.1 è soppressivo dell'articolo 7 o, in ogni caso, incide in maniera sostanziale sul testo dell'articolo.
Ritengo opportuno ribadire ai colleghi l'importanza di questo articolo che non ci trova del tutto soddisfatti. Le modifiche introdotte alla Camera dei deputati erano già frutto di una mediazione tra il testo originario della legge Merloni e le possibilità di intervenire, in tempi brevi, su un disegno di legge collegato in materia di infrastrutture. Naturalmente, il lavoro


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svolto in prima lettura alla Camera era stato pensato e coordinato in maniera tale da ottenere, comunque, un testo facilmente applicabile. Le modifiche introdotte al Senato hanno, in alcuni casi, certamente migliorato il testo della legge ma, talvolta, hanno anche fatto fare un passo indietro rispetto agli obiettivi che ci eravamo prefissi alla Camera e che, peraltro, sono obiettivi centrali del programma della Casa delle libertà. Vorrei sottolineare che, purtroppo, a seguito delle ulteriori modifiche apportate al Senato, alcune disposizioni, come quella della finanza di progetto, hanno apportato ulteriori restrizioni che, certamente, non renderanno facile l'applicazione ed il rapporto con gli operatori. In particolare, ad esempio, l'introduzione di date fisse per la presentazione dei progetti da parte dei promotori, renderà, certamente, rigida la normativa, anche se, sicuramente, migliorativa rispetto al testo originario della legge n. 109 del 1994.
Un altro punto che, certamente, non ci trova d'accordo è l'eliminazione, avvenuta al Senato, delle semplificazioni per i piccoli lavori. Riteniamo che il Senato abbia accolto, forse senza le dovute riflessioni, i suggerimenti provenienti, soprattutto, dalla Commissione antimafia; suggerimenti che, a nostro modo di vedere, avevano bisogno di un'ulteriore valutazione. Infatti, non crediamo, assolutamente, che l'eliminazione dell'obbligo di trasmissione dei lavori fino a 500.000 euro all'osservatorio dei lavori pubblici e quindi all'autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, possa, in qualche modo, abbassare la soglia di legalità dei lavori pubblici.
Dobbiamo intenderci sul ruolo dell'osservatorio dei lavori pubblici: se tale istituto deve controllare - su tutto il territorio nazionale - ogni più piccolo appalto, considerandolo alla stessa stregua dei grandi appalti anche dal punto di vista dei rischi di infiltrazione mafiosa, riteniamo che il suo ruolo debba essere messo seriamente in discussione. Non comprendiamo, infatti, come l'osservatorio possa controllare le decine di migliaia di segnalazioni che, ogni anno, giungerebbero dalla miriade di stazioni appaltanti presenti sul territorio nazionale; i soli enti locali già rappresentano circa 10 mila stazioni appaltanti e se ognuna di queste dovesse bandire annualmente un centinaio di appalti - ipotesi del tutto fattibile - le segnalazioni e gli incartamenti raggiungerebbero un numero tale da portare ad una paralisi di fatto dell'attività dello stesso osservatorio. Proprio per evitare tutto ciò e ritenendo che l'osservatorio debba invece svolgere un ruolo concreto di controllo sui lavori più significativi, avevamo proposto che fossero ad esso trasmesse tutte le schede dei lavori di importo superiore a 500 mila euro (come prevedeva la legge Merloni). Crediamo che l'osservatorio debba svolgere un ruolo incisivo di controllo proprio su questi lavori e certamente il fatto di non avere a che fare con decine di migliaia di segnalazioni non può che facilitare tale compito.
Oggi ci troviamo di fronte ad una richiesta del Governo di non incidere sulle modifiche apportate a questo provvedimento; nonostante ciò, ribadiamo la necessità di rivedere tali modifiche e di ritornare al testo che, con il contributo decisivo anche della Lega nord, era stato licenziato dalla Camera (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO ENZO LUPI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'emendamento 7.1 a firma dei colleghi Vigni, Abbondanzieri, Bandoli, Chianale, Dameri, Raffaella Mariani, Piglionica, Sandri, Vianello e Zunino, propone una modifica dell'articolo 7; ricordo che tale articolo è uno dei più importanti del collegato, perché con esso si introducono modifiche alla legge n. 109 del 1994, la cosiddetta legge Merloni. Tale legge ha conosciuto diverse versioni: la Merloni uno, la Merloni due, la Merloni-ter: sia chiaro che non è sicuramente nostro intendimento, attraverso queste modifiche, produrre una Merloni-quater. È invece nostra intenzione l'introduzione, attraverso


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modifiche puntuali, di elementi di semplificazione che possano entrare subito in vigore, in attesa che il Governo e la maggioranza redigano un nuovo testo che regoli la materia dei lavori pubblici.
L'emendamento in questione interviene sul comma 1, lettera a), capoverso, comma 3, dell'articolo 7, proponendo un principio che, se fosse accolto, introdurrebbe contenuti che, oltre a non essere condivisi dalla maggioranza, costituirebbero un elemento grave nella nostra legislatura. Cosa prevede l'articolo 7, nel testo approvato dal Senato? Esso prevede che i concessionari di lavori pubblici, proprio perché concessionari di lavori pubblici e quindi sottoposti ad un regime di evidenza pubblica per l'assegnazione di un lavoro pubblico (per l'attuazione e la gestione di un lavoro pubblico), non debbano sottostare alle disposizioni della legge Merloni, ma alle normative europee. Nel testo approvato dalla Camera, giustamente, questa norma era «allargata» a tutti i concessionari titolari di lavori pubblici. Il Senato è voluto intervenire creando una discriminazione tra coloro che sono concessionari di lavori pubblici e coloro che, invece, lo sono prima dell'entrata in vigore della norma.
In questo caso, il Senato ha proposto che per questi soggetti - e solo per essi - almeno il 40 per cento delle opere sia sottoposto al regime previsto dalla legge Merloni recante norme sui lavori pubblici. Qual è la ragione essenziale per cui non siamo assolutamente d'accordo sull'introduzione di questa norma? La questione essenziale su cui dovremmo discutere e confrontarci è se nel nostro paese sia sufficiente che l'evidenza pubblica si estrinsechi nel momento in cui lo Stato, il soggetto pubblico, decide di affidare a un soggetto terzo, ad un privato, la realizzazione, la concessione o l'eventuale gestione di un'opera pubblica (è in quel momento, infatti, che si estrinseca l'evidenza pubblica, consentendo a tutti i soggetti privati di partecipare secondo il principio complessivo della libera concorrenza vigente nell'Unione europea) e se, una volta che ciò è accaduto, il concessionario di lavori pubblici si comporti sul mercato in modo da realizzare lo stesso obiettivo di un soggetto privato, il quale ha e deve avere l'unico interesse dell'efficacia e dell'efficienza del lavoro che svolge.
Altrimenti, qualora introducessimo continuamente balzelli su balzelli (questo era uno dei problemi più grandi introdotti dalla legge Merloni), impediremmo il raggiungimento dell'efficacia e dell'efficienza; con il pretesto della continua evidenza pubblica del procedimento, abbiamo creato balzelli che ci impediscono di raggiungere lo scopo che un'amministrazione pubblica si deve prefissare: l'efficienza e l'efficacia del lavoro, il minor costo ma anche il migliore risultato.

PRESIDENTE. Onorevole Lupi...

MAURIZIO ENZO LUPI. Concludo, signor Presidente, ma interveniamo così poco che, a volte, ci dovrebbe permettere anche di andare leggermente oltre il tempo che ci è assegnato, perché si tratta di un emendamento molto importante...

PRESIDENTE. Vada oltre, ma non troppo!

MAURIZIO ENZO LUPI. Sta bene, signor Presidente, accetto il suo richiamo. Concludo dicendo che, qualora l'emendamento Vigni 7.1 fosse approvato (chiedo, tra l'altro, ai colleghi, di cui conosco la sensibilità, eventualmente di ritirarlo e di non costringerci a bocciare una proposta emendativa che, evidentemente, non ha un suo riferimento logico e puntuale che si inserisce all'interno di una concezione politica della pubblica amministrazione), non solo non semplificheremmo il settore dei lavori pubblici, ma introdurremmo un elemento di tale complessità e gravità che l'efficacia e l'efficienza non sarebbero mai raggiunte nel nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.


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Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vigni 7.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, ciascuno voti per sé (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!

PIETRO ARMANI. Guardati dietro!

UGO PAROLO. Guarda dietro di te!

PRESIDENTE. Ciascuno voti uninominalmente!

Dichiaro chiusa la votazione.
Prendo atto che il dispositivo di voto dell'onorevole Raisi non ha funzionato.
Poiché mancano 10 deputati, la Camera non è in numero legale per deliberare. I presenti sono 222, i figurativi 15, per un totale di 237 deputati. Pertanto, a norma del comma 2 dell'articolo 47 del regolamento, rinvio la seduta di un'ora.
Sospendo la seduta fino alle ore 11,15.

La seduta, sospesa alle 10,15, è ripresa alle 11,15.

PRESIDENTE. Passiamo nuovamente alla votazione dell'emendamento Vigni 7.1 sul quale precedentemente è mancato il numero legale.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vigni 7.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 418
Maggioranza 210
Hanno votato
174
Hanno votato
no 244).

Prendo atto che i dispositivi di voto degli onorevoli Russo Spena, Strano e Carra non hanno funzionato e che l'onorevole Strano avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Vigni 7.8. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

MAURO CHIANALE. No, signor Presidente, insistiamo per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO CHIANALE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la ratio di questo emendamento è quella di evitare che, con il ricorso generalizzato alla concessione, si percorra una via anomala e preferenziale fuori dalla applicazione della legge quadro, la legge Merloni, per la realizzazione delle opere pubbliche.
Con la legge obiettivo si è costituita già una corsia privilegiata a scapito di tutte le garanzie di efficacia, correttezza ed impatto ambientale. L'ulteriore ricorso all'uso della concessione come strumento per non applicare la legge Merloni apre un conflitto che acuisce ancora di più il doppio binario di una razionale ed efficace azione di infrastrutturazione nel nostro paese. Le esigenze non riguardano solo le grandi opere: vi sono forti necessità di opere pubbliche che devono essere realizzate e sono in corso di realizzazione da parte delle autonomie locali. Per quanto riguarda la legge quadro, anche noi siamo disposti a discutere una sua modifica limitatamente ad aspetti di razionalizzazione e di miglioramento. Con la nuova disciplina messa in atto da questo provvedimento, però, la legge quadro varrebbe esclusivamente per la pubblicità dei bandi di gara, per stabilire i termini per concorrere e per la qualificazione degli esecutori dei lavori pubblici.
Nella relazione di accompagnamento al provvedimento in esame, si afferma di voler rivitalizzare l'istituto della concessione che ha trovato, finora, applicazioni


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limitate a causa di vincoli normativi troppo stringenti. I predetti vincoli impediscono, in particolare, la concessione nel meridione ove le infrastrutture servono allo sviluppo economico ma non assicurano allo Stato un ritorno economico adeguato ai rigidi limiti legislativi.
Tuttavia, un eccessivo ricorso alla concessione ci farà sicuramente incorrere in una proliferazione ed in un'immissione nel settore delle infrastrutture di soggetti privati il cui titolo concessorio avrà praticamente durata illimitata. Vi saranno difficoltà estreme da parte del soggetto pubblico concedente a svolgere un'efficace azione di controllo in rapporto alla durata della concessione. Mi riferisco al piano economico e finanziario delle opere da realizzare, a quello della manutenzione, al sistema del price cap ed all'adeguamento delle tariffe.
Vi sarà, inoltre, un aggravio del bilancio pubblico con traslazione di oneri ad esercizi finanziari successivi, la costituzione in breve di soggetti forti in grado di condizionare sia il sistema amministrativo sia il sistema politico nazionale e regionale e la restrizione del mercato ad altri attori con la conseguente creazione di oligopoli o, come nel caso di Autostrade, di possibile abuso di posizione dominante.
Per tali motivi chiediamo di votare a favore del nostro emendamento (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vigni 7.8, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 442
Maggioranza 222
Hanno votato
192
Hanno votato
no 250).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Vigni 7.2.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

MARISA ABBONDANZIERI. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARISA ABBONDANZIERI. L'articolo 7 è uno degli articoli più importanti del collegato sulle infrastrutture e sui trasporti. La miscela che alla fine ne fuoriesce - come già veniva ricordato in sede di discussione sulle linee generali - è molto strana, in quanto penalizza nuovamente le piccole stazioni appaltanti e le piccole e medie imprese; è una miscela che premia fortemente i soggetti forti. Il Senato ha compiuto in tal senso un vero e proprio Blitz, perché di fatto siamo di fronte all'intera riscrittura dell'articolo 2 della legge n. 109 del 1994.
La lettera a) del primo comma dell'articolo 7 del collegato al nostro esame è stata interamente riscritta: è stato ridefinito l'ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della legge Merloni. Vi è poi l'elencazione delle categorie dei soggetti cui la legge quadro si applica: i cosiddetti soggetti o organi pubblici; i concessionari e i gestori di servizi pubblici; i soggetti privati, limitatamente a particolari categorie di lavori. Al comma 3, in particolare, ma anche al comma 4 e al comma 5 (della riscrittura dell'articolo 2 della legge Merloni) vengono previste limitazioni all'applicazione di parti della legge quadro (appunto la legge Merloni) per le seguenti categorie: i concessionari e gestori di servizi pubblici e i soggetti privati (limitatamente, come dicevo, a particolari categorie di lavoro).
Tali modifiche possono essere accorpate sotto i seguenti profili: modifiche riguardanti i concessionari, per quanto attiene alla disciplina applicabile agli affidamenti del concessionario; modifiche riguardanti le imprese collegate e quelle controllate; modifiche sulla quota dei subaffidamenti


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del concessionario; infine, le norme transitorie relative alle concessioni già assentite.
La normativa vigente - sarà il caso di ricordarla - include nel suo testo i concessionari di lavori pubblici, i concessionari di servizi pubblici, i concessionari di esercizio di infrastrutture destinate al pubblico servizio, le aziende speciali e i consorzi, le società per la gestione dei servizi pubblici locali e quant'altro. Di fatto, con il Blitz compiuto al Senato, a tutti questi soggetti si applicherebbero soltanto le norme della legge quadro riguardanti la pubblicità dei bandi di gara e dei termini per concorrere, nonché quelle in materia di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici. In base alla normativa vigente, invece, tutte queste categorie di concessionari erano tenuti, nell'affidamento dei lavori, al rispetto dell'intera legge quadro, ad esclusione dei soli articoli 7, 14, 19, commi 2 e 2-bis, 27, 32 e 33, cioè quelli che noi richiamiamo nell'emendamento Vigni 7.2.
Pertanto le modifiche introdotte dal Senato, condivise da questa maggioranza, hanno la finalità di ridurre l'applicazione della legge quadro ai soli requisiti richiesti dalla normativa comunitaria. Si obietterà che si tratta appunto di normativa comunitaria, ma noi sappiamo che quel vestito, rispetto al quadro dei lavori pubblici italiani, è un vestito per così dire «non a misura» dei problemi che abbiamo dovuto affrontare nel corso di questi anni.
Quindi, ci troveremmo di fronte ad una limitazione dell'obbligo dei concessionari al rispetto delle sole norme in materia di pubblicità dei bandi di gara e dei termini per concorrere e in materia di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici; ciò comporta di fatto che una volta rispettate le norme sulle forme di pubblicità dei bandi di gara e dei relativi termini, l'affidamento dei lavori da parte dei concessionari potrebbe essere effettuato anche al di fuori delle procedure dell'attuale quadro normativo.
È evidente che questa stesura del testo comporta un ulteriore rafforzamento del cosiddetto doppio binario: uno, nel quale le grandi opere o i grandi affari hanno percorsi privilegiati e pochissimi vincoli e, l'altro, nel quale le piccole opere, gli enti locali e le piccole stazioni appaltanti vedono peggiorate, in diversi casi, le loro possibilità operative.
L'articolo e i commi di cui stiamo discutendo costituiscono il cuore del problema; infatti, si dilatano a dismisura le soglie massime del contributo pubblico.
Già da questo momento, sarebbe il caso di pensare che la spesa, da questo punto di vista, è totalmente fuori controllo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di Sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, francamente avrei preferito fornire un contributo utile e costruttivo per il miglioramento di questa normativa, ma l'atteggiamento tenuto dalla maggioranza e dal Governo ha blindato il provvedimento. Dunque, siamo costretti a svolgere alcune osservazioni di carattere generale, sebbene proprio l'emendamento in esame, testè illustrato dalla collega Abbondanzieri, dimostri come non sia vero che, al Senato, questo provvedimento sulle infrastrutture sia stato migliorato. Al contrario, vi sono alcune ombre che peggiorano il quadro normativo.
Con riferimento all'emendamento in esame, vorrei sapere per quale motivo un consorzio di enti locali non debba applicare le normative vigenti in materia di responsabile del procedimento e di programmazione dei lavori pubblici. C'è una risposta, se non quella di una deregulation mal considerata e mal intesa?
Devo dire che su questo provvedimento, che rientra tra quelli relativi al famoso contratto con gli italiani, sono state svolte già diverse considerazioni di carattere generale.
Le ricordo rapidamente. Ci troviamo nell'ennesima situazione nella quale il Governo,


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anziché proseguire su una via di riformismo e di miglioramento della legislazione esistente, ha preferito proporre un proprio criterio rivoluzionario. Forse, anche in questo caso, non è inutile ricordare quanto affermava il famoso giurista Riccardo Orestano, vale a dire che è fatale che i governi usino gli strumenti del passato per governare il futuro, avendo naturalmente l'obbligo di migliorarli. Qui, invece, si è pensato di sovvertirli senza una logica e senza neanche un criterio, una bussola, di carattere costituzionale.
Ieri, in un emendamento riguardante il testo unico sulle espropriazioni, abbiamo affidato al Governo la delega a provvedervi attraverso decreti legislativi. Siamo sicuri che la materia delle espropriazioni, alla luce del nuovo titolo V della Costituzione, sia ancora materia di legislazione statale esclusiva? Dove è stato deciso tutto ciò? Quali sono i principi fondamentali della materia dei lavori pubblici? Ce lo chiediamo in molti in queste aule, ma anche fuori delle stesse; se lo chiedono gli amministratori locali, che si vedono invasi da decisioni assunte in modo centralistico da questo Governo e se lo chiedono - a dire il vero - anche i giudici della Corte costituzionale che, in questo momento, sono investiti da numerosi ricorsi promossi dalle regioni, certamente non solo di centrosinistra.
Dunque, forse si pensa di definire i principi fondamentali di questa materia attraverso il disegno di legge La Loggia che, a sua volta, con una delega, vorrebbe investire il solo Governo della definizione di tali principi?
O lo si vuol fare con il provvedimento del ministro delle riforme istituzionali Bossi, che invece, propone tutt'altro?
Abbiamo bisogno di questi elementi di chiarezza, se vogliamo procedere con tranquillità. Tuttavia, dal punto di vista finanziario devo aggiungere che, come sappiamo bene, le risorse investite nelle infrastrutture per il 2002 sono diminuite del 4,3 per cento e dell'1,1 per cento se consideriamo anche i finanziamenti aggiuntivi, come è stato già messo in evidenza.
Inoltre, vorrei informare l'Assemblea che proprio in questo momento l'ex sottosegretario dimissionato Sgarbi sta presentando al Colosseo una proposta di legge che, una volta per tutte, metta al riparo dalla finanza creativa, propostaci con la costituzione delle società Patrimonio dello Stato Spa e Infrastrutture Spa, almeno i beni culturali di maggior rilievo che segnano l'identità del nostro paese.
Ma, in aggiunta a queste e a tante altre gravi questioni, in parte già illustrate, vorrei ricordare che resta il vizio gravissimo del mancato rispetto dei principi di tutela della concorrenza. Affronterò la questione intervenendo sui prossimi emendamenti per non abusare del tempo concessomi dal Presidente. Con questa normativa, comunque, segniamo un passo indietro nel rispetto della tutela della concorrenza che in questa materia come in altre - ma in questa materia soprattutto - è sinonimo di efficienza oltre che di risparmio per il bilancio dello Stato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vigni 7.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 447
Maggioranza 224
Hanno votato
196
Hanno votato
no 251).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Vigni 7.3.
Chiedo all'onorevole Vigni se accolga l'invito al ritiro del suo emendamento 7.3.

FABRIZIO VIGNI. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


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FABRIZIO VIGNI. Signor Presidente, Governo e maggioranza erano partiti con l'intenzione di modificare la legge 11 febbraio 1994, n. 109, sui lavori pubblici per renderla più semplice. In realtà, hanno ottenuto il risultato esattamente opposto di gettare nel caos il settore e gli operatori. È il caso, ad esempio, di quanto avverrà per le norme sui concessionari di lavori pubblici. Si pensi al fatto che i concessionari di lavori pubblici, in base al testo che noi stiamo per approvare, dovranno agire secondo due diversi sistemi di regole: il primo varrà per i concessionari già in essere, i quali dovranno continuare a rispettare - noi diciamo giustamente - le regole già previste nella legge n. 109 del 1994 per quanto riguarda l'affidamento a terzi di una parte dei lavori di loro competenza; invece, per quanto riguarda le convenzioni che si concluderanno d'ora in poi, i nuovi concessionari potranno eludere le norme della legge n. 109 del 1994 che impongono di affidare i lavori tramite gara.
Come se non bastasse, nel frattempo, con la legge obiettivo si è previsto, di fatto, un terzo binario; quindi non due, ma addirittura tre sistemi: i lavori che rientreranno nell'elenco delle opere cosiddette strategiche, quindi da realizzarsi con le regole della legge obiettivo, ubbidiranno ad un terzo sistema.
Credo che ciò non abbia bisogno di commenti e basti a dimostrare come, in realtà, la situazione sia stata complicata, invece che semplificata, dando vita a diversi e contraddittori sistemi di regole. In questo senso, noi continuiamo a pensare che sarebbe stato opportuno prevedere per l'insieme dei concessionari di lavori pubblici regole che garantissero la trasparenza e l'effettiva tutela della concorrenza nel mercato. Questo è lo scopo del mio emendamento 7.3.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vigni 7.3, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 460
Maggioranza 231
Hanno votato
203
Hanno votato
no 257).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Vigni 7.4 e Realacci 7.5.
Chiedo all'onorevole Vigni se accoglie l'invito al ritiro dell'emendamento Vigni 7.4 rivolto ai presentatori.

FABRIZIO VIGNI. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABRIZIO VIGNI. Signor Presidente, intervengo solo per sottolineare che questo emendamento recepisce un'osservazione pervenuta dal Comitato per la legislazione e si tratta non solo di una necessaria correzione formale, ma anche sostanziale. Infatti, è necessario richiamare non solo le norme della legge n. 109 del 1994, ma in questo caso anche le norme dei suoi regolamenti attuativi.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Realacci 7.5 insistono per la sua votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Vigni 7.4 e Realacci 7.5, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 461
Votanti 460
Astenuti 1
Maggioranza 231
Hanno votato
203
Hanno votato
no 257).


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Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Lion 7.6 e Realacci 7.7.
Chiedo all'onorevole Lion se accoglie l'invito al ritiro dell'emendamento Lion 7.6 rivolto ai presentatori.

MARCO LION. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO LION. Signor Presidente, il Senato ha introdotto modifiche al testo licenziato dalla Camera relativamente all'esplicitazione delle disposizioni in materia di pubblicità di gara, dei termini per concorrere e delle norme che regolano l'esecuzione dei lavori, facendo riferimento esclusivamente a quanto previsto dalla direttiva 93/37/CEE.
Si ricorda all'Assemblea che questa materia è molto ben argomentata e descritta in tutti i suoi particolari, sino all'indicazione delle griglie testuali, dal decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, il quale reca il regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici, che in questa parte del provvedimento, come in altre proposte del Governo viene però inspiegabilmente ignorato. La norma qui riportata sembra, quindi, avere lo scopo precipuo di sottrarre le procedure di appalto del concessionario alla disciplina del regolamento.
Tale recente provvedimento, questo regolamento del 1999, disciplina in maniera molto chiara e trasparente, alla sezione terza, avente per oggetto concessione, costruzione e gestione dei lavori pubblici, argomenti importanti come la procedura di scelta del concessionario dei lavori pubblici all'articolo 84, il bando di gara per l'affidamento della concessione all'articolo 85, lo schema di contratto di cessione all'articolo 86, i contenuti dell'offerta che devono essere indicati nel bando all'articolo 87, le tipologie dei lavori da eseguire in economia all'articolo 88. Inoltre, al capo secondo di questo regolamento viene diffusamente regolata l'esecuzione dei lavori agli articoli 128 e 141.
Con la norma che chiediamo di emendare, nei fatti, invece, si liberalizza, deregolamentandolo, il rapporto di concessione. Pertanto, noi proponiamo di introdurre anche la frase: «e le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554».

PRESIDENTE. Prendo atto che anche i presentatori dell'emendamento Realacci 7.7 insistono per la sua votazione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duca. Ne ha facoltà.

EUGENIO DUCA. Signor Presidente, giustamente viene proposto un emendamento per meglio regolamentare le concessioni di costruzione e gestione di questo provvedimento di legge molto importante che recita «Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti». Ora, se noi vediamo l'elenco di infrastrutture e trasporti che è previsto in questo disegno di legge, in esso si fa una serie di infrastrutture importanti. Infatti, si prevede della realizzazione del prolungamento della strada statale Cimpello-Sequals fino a Gemona, ma non è prevista la strada da Campello sul Clitunno fino a Foligno. È prevista la progettazione e la messa in sicurezza della strada statale ex n. 668 tra Lonato e Orzinuovi, ma non è previsto nulla per il viadotto di San Valeriano che ad ogni pioggia si allarga.
È prevista la progettazione e la messa in sicurezza della strada statale ex numero 668 Lonato-Orzinuovi, ma non è previsto nulla per il viadotto di San Valeriano, che ad ogni pioggia si allaga. È prevista la progettazione, la messa in sicurezza e il miglioramento della viabilità delle strade statali n. 36 e n. 38, ma non della n. 18 e della n. 19: ci troviamo ad elencare strade amiche ed avverse. Si danno soldi alla provincia di Lecco per il collegamento dello svincolo di Dervio, ma non vi è nulla per il collegamento dello svincolo dell'Aspio, che pure è importante alla stesso modo.
Potremmo continuare: si danno soldi alla provincia di Sondrio per la messa in sicurezza della strada statale n. 38, ma


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non vi è nulla per la strada statale n. 16 dove, ogni giorno, muoiono diverse persone a causa di incidenti stradali. Vi sono poi interventi per la strada n. 639 e - pensate un po' - per la strada n. 342 tra Bergamo e Lecco, questa, sì, molto importante; ma non vi è nulla che riguardi l'altrettanto importante comune di Serra San Quirico, per il quale non prevedete neanche un intervento, neanche piccolo e pensare che in questo comune vi è un'importantissima reliquia che non può essere visitata perché la strada sta franando.

GIORGIO BORNACIN, Relatore per la IX Commissione. Che c'entra? Di cosa sta parlando, signor Presidente?

MAURIZIO ENZO LUPI. Di cosa sta parlando?

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 11,42)

EUGENIO DUCA. A quali infrastrutture pensate, cari colleghi del Governo? Avete previsto la progettazione e la realizzazione del ponte sul lago del Corlo, ma non avete previsto nulla per il lago Trasimeno. Dovete sapere che su quest'ultimo le acque stanno scendendo vertiginosamente, ma non avete previsto alcunché, voi non siete un Governo della Repubblica, siete un Governo che si occupa di piccole strade, di piccole opere e di marciapiedi e sottopassi. Perché non avete previsto nulla per i marciapiedi di via Conca, di via Podesti, di corso Carlo Alberto (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e del Misto-Comunisti italiani)? Perché no, visto che è così importante? Potremmo continuare, caro Governo degli imbrogli e delle tre carte (Vivi commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)! Potremmo continuare perché vi sono altri importantissimi interventi. Potete anche urlare e belare, che è molto più comodo, ma bisogna proseguire nell'elenco degli interventi. Essi sono importantissimi per la politica delle infrastrutture e dei trasporti, infatti...

PRESIDENTE. Onorevole Duca, bisogna che parli attenendosi un po' più al tema e con un po' più di silenzio in aula. Lei è un po' fuori tema, onorevole Duca, ha un po' deragliato.

EUGENIO DUCA. Signor Presidente, grazie del deragliamento.

PRESIDENTE. Onorevole Duca, lei teorizza che sto deragliando io?

EUGENIO DUCA. No, no, signor Presidente! L'ho ringraziata dell'avviso sul deragliamento perché non voglio deragliare, ma, invece, vi è qualcuno che raglia (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Buffone!

MARCO ZACCHERA. Buffone! Perché non l'hai fatto tu?

UGO LISI. Presidente, non è possibile (Deputati del gruppo di Alleanza nazionale abbandonano l'aula)!

PRESIDENTE. Onorevole Duca: deragliare, non ragliare.

EUGENIO DUCA. Questo è un Parlamento di muti, di blindati e di raglioni! Concludo il mio intervento in un minuto perché la cosa importante è quella del bypass del ponte Visconte: perché non vi è il bypass del conte granduca? Perché non vi è il bypass del conte granduca e solo del principe visconte?

PRESIDENTE. Onorevole Duca, ha terminato il tempo a sua disposizione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Parolo. Ne ha facoltà.

UGO PAROLO. Signor Presidente, spero di dare un contributo di serenità ricordando al collega che ha appena parlato che siamo solo al primo anno di Governo e che le importantissime segnalazioni che lui ha fatto verranno tenute in


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debita considerazione per i prossimi anni: vedremo di rimediare. Non disperiamo, questa volta siamo stati un po' più bravi noi, la prossima volta, magari, sarete più bravi voi. Quello che è certo è che questo Governo sta dando risposte anche alle comunità locali, in riferimento ai piccoli interventi che per troppo tempo sono stati dimenticati, inascoltati dal precedente Governo dell'Ulivo. Quindi noi di questo siamo orgogliosi e continueremo su questa strada.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO ENZO LUPI. Signor Presidente, al di là del tono e dei contenuti, mi sembra che l'intervento del collega Duca sia fuori contesto. Il problema essenziale è che il suo intervento non c'entrava assolutamente nulla con l'emendamento del quale stiamo discutendo. Forse, il collega Duca si riferiva all'articolo 19 con riferimento al quale il Senato - e lo sottolineo -, grazie anche a tutti gli emendamenti proposti dall'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia), e sottolineo dall'opposizione, ha introdotto, rispetto ad una linea che abbiamo voluto mantenere alla Camera dei deputati, esattamente questo mercimonio; l'opposizione al Senato ha voluto prevedere le stradette, le stradine (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia) e quant'altro, mentre noi, con responsabilità (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo), avremmo voluto evitare che nel collegato ciò accadesse.
In primo luogo, l'onorevole Duca, oltre ad essere maleducato e non rispettoso della sede in cui siamo (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia), deve assolutamente informarsi...

RENZO INNOCENTI. Falla finita!

MAURIZIO ENZO LUPI. ...perché la maleducazione diventa ancora più grave quando è ignoranza (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia - Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)! Detto ciò...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, adesso basta!

MAURIZIO ENZO LUPI. Detto ciò, signor Presidente, vorrei ritornare sugli emendamenti in esame che si propongono un altro obiettivo pertinente, come ha affermato il collega Vigni; mi riferisco agli identici emendamenti Lion 7.6, sottoscritto anche dagli onorevoli Pecoraro Scanio, Boato, Bulgarelli, Cento, Cima e Zanella, e Realacci 7.7, sottoscritto anche dagli onorevoli Iannuzzi, Reduzzi, Vigni, Vianello, Abbondanzieri e Raffaella Mariani.
Questi emendamenti introducono al comma 3, lettera a), talune previsioni. Come ha sottolineato la collega Abbondanzieri, al comma 3 si cominciano ad individuare le eccezioni alla legge n. 109 del 1994, rispetto all'applicazione delle norme previste. Il suddetto comma è stato modificato dal Senato, ampliando, da una parte, la materia e specificando, dall'altra, le materie in esso contenute.
Il nostro voto su tali emendamenti, proposti dai due colleghi, sarà contrario proprio perché, nella sostanza, non vengono introdotte modifiche; si andrebbe però a modificare complessivamente il collegato consentendo una sua nuova rilettura che ci sembra in questo caso superflua.

IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, la ringrazio per avermi concesso di intervenire.
Vorrei semplicemente segnalarle che vi è un limite oltre il quale, per evitare incidenti e contrasti, possiamo anche ritenere di non votare. Lei pensa che sia possibile, per un collega che di nobile ha solo il cognome, Duca (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di


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Forza Italia e della Lega nord Padania - Applausi polemici di deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)...

RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, chiedo la parola!

IGNAZIO LA RUSSA. ...valutare tranquillamente l'operato del Governo (operato di marioli, truffatori e non so che altro), nell'assoluta tranquillità, affermando successivamente che, da questa parte dell'emiciclo, vi sono ragliatori, cioè asini, cioè animali, mentre lei risponde, con un sorriso equidistante, dicendo: lei è andato fuori tema, fate silenzio? Non possiamo fare silenzio se lei non interviene per placare questa sorta di elegantissima e nobile attività (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia e della Lega nord Padania).
Noi rientriamo naturalmente in aula, ma la invitiamo ad essere attento a queste nobili frasi (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. La ringrazio anch'io, onorevole La Russa. Come ha potuto notare, avevo appena sostituito il Vicepresidente Biondi e, pertanto, non mi sono ben reso conto di ciò che lei ha detto sia accaduto. Non mi sono francamente reso conto di ciò.

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, intervengo soltanto per ribadire che, nel corso di queste ultime settimane di lavoro, dovremo esaminare provvedimenti importanti e «caldi», sui quali è fisiologico ed anche positivo che vi sia un aspro confronto politico nel merito delle questioni.
Sarebbe però opportuno, e credo ci si debba richiamare tutti indistintamente, fare in modo che questo confronto non travalichi mai il limite dell'offesa personale. Questo limite è stato più volte travalicato nel corso di questa legislatura.
Non è nostra intenzione riaprire una polemica su episodi già accaduti; tuttavia, temiamo che questo possa continuare a verificarsi. Invitiamo pertanto tutti i colleghi, naturalmente anche quelli dell'opposizione, a fare in modo che il confronto, anche aspro, sia sulla polemica politica sia nel merito dei provvedimenti, non travalichi in offese rivolte ai colleghi della maggioranza e del Governo.
Questo sarebbe inaccettabile ed è pertanto doveroso richiamare l'Ufficio di Presidenza affinchè assuma provvedimenti - è già accaduto in passato -, che mi paiono in questa legislatura piuttosto tenui (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, intervengo per dire che in quest'aula vi sono momenti nei quali la polemica è aspra e talvolta la parola è piuttosto «forte», come messaggio, ma mai è fuori tema.
Infatti, il collega che stamani è intervenuto a nome del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo ha soltanto richiamato alcuni aspetti del provvedimento inseriti a pagina sessantadue del fascicolo. Richiamava questo.

GIORGIO BORNACIN, Relatore per la IX Commissione. E che non hanno niente a che vedere con l'articolo 7!

TINO IANNUZZI. Era una interpretazione estensiva!

RENZO INNOCENTI. Non era quindi una questione fuori tema. Se qualche collega della maggioranza si sente particolarmente colpito dal fatto che qualcuno gli ricordi quello che è stato da loro approvato al Senato o in prima lettura alla Camera, sono affari dei colleghi della maggioranza. Non è un problema di fuori tema!


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Quanto poi alla questione delle offese, onorevole Vito, prima di lei ho ascoltato un capogruppo che ha offeso un collega componente di questa Assemblea. Credo questo sia inaccettabile, come è altrettanto inaccettabile che avvenga su altre cose. Se vogliamo richiamarci, credo sia bene che le anime candide stiano calme; ci ricordiamo, infatti, i toni con cui sono state apostrofate colleghe donne più di una volta, ad esempio in occasione della discussione sul disegno di legge sull'immigrazione; credo che chi fa le prediche dal pulpito faccia bene a rimanere un po' più tranquillo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo e del deputato Cima).

LUIGINO VASCON. Le ho chiamate galline, se erano galline...

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Signor Presidente, concordiamo anche noi, come gruppo delle Lega nord Padania, sul fatto che non sia assolutamente questo il modo di porsi in aula. Lo abbiamo già segnalato più di una volta e siamo contenti che i colleghi, anche della nostra maggioranza, abbiano preso atto che alcuni comportamenti non possono essere tollerati.
Questi inviti li abbiamo rivolti costantemente alla Presidenza ed abbiamo sottolineato come talvolta vi fosse una sorta di atteggiamento di benevolenza nei confronti degli esponenti dell'opposizione che si possono permettere espressioni di un determinato tipo.
Lo abbiamo sottolineato nel corso del dibattito sul disegno di legge sull'immigrazione, quando il termine «razzista» ed altri termini sono stati usati costantemente in maniera assolutamente denigratoria nei confronti di deputati di questo Parlamento appartenenti alla maggioranza.
Rinnoviamo dunque alla Presidenza l'invito ad essere più attenta su queste situazioni che portano poi a reazioni spesso vivaci che turbano il corretto svolgimento dei lavori (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ringrazio anche tutti coloro che hanno richiamato ad una maggiore correttezza di rapporti, indipendentemente dalla naturale animosità della nostra discussione politica. Torniamo agli identici emendamenti Lion 7.6 e Realacci 7.7 al nostro esame.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Abbondanzieri.

MARISA ABBONDANZIERI. Signor Presidente, vorrei sottolineare l'importanza dell'emendamento Realacci 7.7 per quanto concerne le questioni di merito, ricordando due pronunciamenti. L'altro giorno, l'onorevole La Russa, durante il dibattito sulle dimissioni del ministro Scajola, richiamava l'opposizione a parlare di merito. Lunedì, il ministro Lunardi ha rilasciato una vergognosa intervista, nella quale faceva riferimento ad un'opposizione che non parla di merito. La nostra esasperazione, relativa a questo provvedimento, deriva proprio dal fatto che voi non avete mai parlato di merito! Non avete mai dato risposte alle questioni che vi abbiamo posto su un tema delicatissimo, alle quali non solo andava risposto, ma che dovevano essere anche approfondite.
Vorrei far notare all'Assemblea che l'improvvisazione generale su questo provvedimento è nata con la legge obiettivo, si è dipanata con questo disegno di legge, dopodiché avete avuto la necessità...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Abbondanzieri.

MARISA ABBONDANZIERI. ...di inserire le norme nel decreto-legge sulle infrastrutture...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Abbondanzieri.


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MARISA ABBONDANZIERI. ...e, da ultimo, l'ANAS...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Abbondanzieri. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Vigni 7.6 e Realacci 7.7, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 479
Votanti 478
Astenuti 1
Maggioranza 240
Hanno votato
214
Hanno votato
no 264).

Passiamo all'emendamento Vigni 7.9.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Vigni 7.9.

MICHELE VIANELLO. No, signor Presidente, insistiamo per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELE VIANELLO. Signor Presidente, un anno fa, il ministro Lunardi ed il Governo avevano iniziato un processo di riforma della normativa in materia di lavori pubblici ed uno degli scopi che si erano prefissi era quello di dare certezza agli operatori e rendere più trasparenti le procedure. Ora noi ci troviamo in presenza, invece, di due problemi che, contemporaneamente, possono rendere più difficile la vita degli operatori e più incerto il modo di procedere per la costruzione di opere pubbliche (anche di grandi opere pubbliche).
In primo luogo, come voi tutti sapete, si apre un contenzioso con le regioni, perché ci si potrebbe trovare in presenza di regole diverse per ogni singola regione, dal momento che non è stato assolutamente chiarito, all'interno dei processi legislativi, quali saranno le norme per gli appalti, ad esempio, in Piemonte, quali saranno in Lombardia, quali in Campania. Quindi, la grande preoccupazione degli operatori è quella di trovarsi in presenza di più mercati.
Inoltre, l'articolo 7, che con l'emendamento Vigni 7.9 noi vogliamo emendare, determinerà un ulteriore problema fra i vecchi e i nuovi concessionari: i vecchi concessionari potrebbero continuare ad agire con le norme legate alla vecchia legge Merloni, mentre i nuovi concessionari si troveranno ad operare con le norme della legge obiettivo. Quindi, come quest'Assemblea capirà, non ci troveremo in presenza di una semplificazione, di una maggiore trasparenza, della possibilità di agire meglio e in modo più celere, per gli operatori impegnati nella costruzione di grandi opere pubbliche, ma di una situazione ancora più complicata e più difficile: ogni regione con il suo sistema di appalti, i vecchi concessionari da un lato ed i nuovi concessionari dall'altro.
Questo Governo e questo ministro delle infrastrutture, che vorrebbero agire per dare trasparenza, per dare autonomia alle imprese, per creare certezze, per iniziare finalmente un'opera di modernizzazione del nostro paese, ci porteranno sicuramente all'interno di guazzabugli amministrativi, di ricorsi al TAR, di situazioni geografiche completamente diverse!
Cari colleghi, oltre ai problemi che poc'anzi il collega Duca sottolineava, sui quali ritorneremo quando discuteremo dell'articolo 18, vale a dire una sorta di trattamento differenziato per i lavori pubblici nelle diverse parti del paese, ci troveremo anche in presenza di trattamenti differenziati per i singoli operatori. Tra qualche mese vedremo che cosa succederà con la maggior parte delle opere che vi siete prefissi di costruire. Il ministro Lunardi dice che l'apertura del cantiere non avviene quando si pone la prima pietra, ma quando si inizia la progettazione: lui se ne intende perché, naturalmente, da professionista


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della progettazione, è interessato più a quella che alla realizzazione delle opere. Lo vedremo tranquillamente nei prossimi mesi (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vigni 7.9, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 480
Votanti 472
Astenuti 8
Maggioranza 237
Hanno votato
206
Hanno votato
no 266).

Avverto che i deputati della componente dei Verdi del gruppo Misto che hanno partecipato alla votazione hanno erroneamente espresso un voto favorevole mentre volevano astenersi.
Passiamo all'emendamento Vigni 7.10.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Vigni 6.10.

MICHELE VIANELLO. No, signor Presidente, insistiamo per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELE VIANELLO. Signor Presidente, vorrei tornare nuovamente sul seguente concetto: si distingue tra vecchie e nuove concessioni. Quando parliamo di vecchie concessioni in materia di opere pubbliche, non ci riferiamo a qualche piccola operazione od opera (ad un segmento di strada, per esempio), ma a concessioni autostradali e ferroviarie. Il tema prevalente riguarda il mondo degli appalti.
Al Senato è stata messa in atto un'operazione, soprattutto da parte della maggioranza; vorrei ricordare - mi spiace soprattutto per il relatore - che qui alla Camera, in prima lettura, sono state svolte alcune osservazioni anche dai colleghi della maggioranza alle quali era stata fornita una risposta: non è impossibile portarle a casa. Poi, in realtà, la stessa maggioranza, al Senato, ha mutato le stesse regole. Quindi, probabilmente la maggioranza al Senato ha un peso ed un potere diverso rispetto a quella della Camera dei deputati. Quindi una serie di norme, soprattutto in materia di appalti, che, in prima lettura alla Camera, segnalammo come perniciose e scarsamente trasparenti, durante l'esame al Senato sono state modificate e la cosa ci fa molto piacere. Ma, attraverso quest'emendamento, vogliamo apportare una modifica estremamente importante. Non è possibile che, in materia di appalti, si sia previsto un diverso trattamento fra le vecchie e le nuove concessioni! Non è possibile che una parte del mondo delle piccole e medie imprese edili, riceva un determinato trattamento, rispetto alle opere delle vecchie concessioni, ed un altro rispetto a quelle delle nuove concessioni. Comprendete che, in questo modo, mettete in seria difficoltà una parte importante delle imprese edili veneziane? Quest'emendamento non è un'invenzione dell'opposizione, delle nostre forze politiche; esso è il frutto delle richieste provenienti dall'ANCE, dalla Lega delle cooperative, dagli artigiani, vale a dire dagli operatori; essi ci chiedono di mettere mano ed una legge che rende meno trasparente il settore degli appalti (sappiamo bene cosa significhi, nel nostro paese, soprattutto nel sud, avere scarsa trasparenza nel mondo degli appalti), di dar loro maggiori certezze, la possibilità di lavorare e di non mettere tutto in mano a dieci, quindici grandi aziende che, da sole, determinano il futuro dei lavori pubblici in Italia.


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, il tema della tutela della concorrenza è fondamentale. Noi paghiamo un caro-bolletta assolutamente sproporzionato rispetto a quello degli altri paesi europei. Inoltre, siamo indietro nell'ambito della concorrenza sulle telecomunicazioni. A questo punto, non si capisce la necessità di compiere passi indietro nella concorrenza, anche in materia di lavori pubblici. In questo settore - è del tutto intuitivo - i maggiori vantaggi economici, i ribassi d'asta, i progetti e le opere più importanti derivano proprio dalla concorrenza.
Il collega Vianello ha già illustrato l'assurdità di questo doppio regime in materia di concessioni, oggetto di questo emendamento. Devo, tuttavia, ricordare che, più in generale, vi sono degli esempi assai gravi di normative anticoncorrenziali. Lo stesso modello del general contractor lo è, perché per interventi di grandissime dimensioni si dà la possibilità ai general contractor di affidare liberamente l'esecuzione dei lavori di realizzazione, ponendo in grave difficoltà il mondo delle piccole e medie imprese italiane che, attraverso l'ANCE, hanno giustamente fatto sentire la propria voce, ma in modo evidentemente insufficiente rispetto alle modifiche necessarie.
Poi, abbiamo l'espansione dell'appalto integrato, la rottura del principio di separazione tra chi progetta e chi costruisce, il ritorno all'incubo delle varianti in corso d'opera ed anche la mortificazione di un mercato dei servizi di progettazione e di analisi di fattibilità, che era esploso in Italia, come segnalano le statistiche, negli anni recenti. Si prevedono ancora: la possibilità di realizzare direttamente le opere, cioè senza gara, a scomputo degli oneri di urbanizzazione, per importi al di sotto della soglia comunitaria; l'estensione ad libitum delle concessioni di opere pubbliche al di là dei 30 anni, con la possibilità, peraltro, di dare un corrispettivo ai concessionari oltre il limite del 50 per cento; la modifica delle società di trasformazione urbana, per cui i partner possono eseguire direttamente, senza gara, le opere di competenza delle società. Insomma, siamo di fronte ad un complesso di misure che, insieme a quella alla quale si riferisce l'emendamento Vigni 7.10, contribuiscono a determinare un arretramento notevolissimo dei principi a presidio di quella libera concorrenza che è imposta dagli articoli 4 e 81 del Trattato istitutivo della Comunità europea.
Noi siamo preoccupati per due motivi: questo sarà il secondo impegno non mantenuto da questo Governo tra quelli scritti nel noto contratto con gli italiani; il primo è, evidentemente - l'avete già detto voi, ma affronteremo il tema tra breve, quando esamineremo il decreto omnibus -, la riduzione delle tasse, che non vi sarà nella misura che era stata scritta del contratto, così come non si realizzerà, alla fine della legislatura, il sogno rappresentato dalle opere pubbliche. Inoltre, siamo preoccupati perché, con questo sistema e con la mortificazione della concorrenza, stiamo tornando esattamente a quell'Italia delle incompiute ben descritta nel libro di Guido Gentili, L'incompiuta. Dalle dighe mobili di Venezia allo stretto di Messina: storie di un paese bloccato, a quell'Italia fatta di inefficienze e di sprechi, di varianti in corso d'opera e di orde fameliche che concorrono a non realizzare le opere e le infrastrutture di cui il paese ha bisogno.
Ne siamo preoccupati seriamente, nell'interesse dell'Italia.

ALFREDO BIONDI. Avete governato per vent'anni! Di cosa vi lamentate?

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vigni 7.10, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.


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Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 478
Maggioranza 240
Hanno votato
216
Hanno votato
no 262).

Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Iannuzzi 7.11 non accedono all'invito al ritiro loro rivolto dal relatore; passiamo, dunque, alla sua votazione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duca. Ne ha facoltà.

EUGENIO DUCA. Signor Presidente, poc'anzi, il collega Mantini ha segnalato come questo insieme di disposizioni, lungi dal costituire un'innovazione, comporti un ritorno a pratiche già conosciute: i meccanismi previsti sembrano ricopiati da concessioni che hanno avuto un grande sviluppo, in Italia, all'inizio degli anni settanta e che hanno portato ad una serie di fenomeni che, alla fine degli anni ottanta, sono degenerati, tanto che il Parlamento è dovuto intervenire ripetutamente con leggi per cercare di tornare, possibilmente, ad una gestione normale.
Vengono previste: la possibilità di concedere al general contractor ed al concessionario varianti in corso d'opera e persino prima ancora che i lavori abbiano inizio; la possibilità di esecuzione pluriennale delle opere oltre i venticinque ed i trent'anni; la possibilità di anticipazioni fino al 50 per cento degli importi ed anche oltre. Vengono previste, cioè, norme come quelle che hanno riguardato i piani di ricostruzione postbellica, serviti non già a realizzare le opere medesime, ma ad allungare i tempi di esecuzione, a triplicare o quadruplicare i costi rispetto a quelli di mercato.
Insomma, si fa davvero dell'Italia quello che è stato definito il paese delle incompiute!
Gli unici a trarre vantaggio da quelle opere erano appunto i concessionari, i loro sponsor, i loro amici, i loro sostenitori. Quindi, è quanto mai importante che questo articolo venga respinto e gli emendamenti approvati.
Colgo l'occasione, signor Presidente, per ringraziare il collega Parolo per il precedente intervento, e spero che nei prossimi anni l'elenco si possa allungare.
Devo invece manifestare una certa sorpresa per gli interventi del collega Lupi, il quale ha sbagliato in più di una occasione, perché nell'elenco che io ho citato, collega Lupi, ho fatto riferimento esclusivamente a quegli interventi licenziati dalla Camera, non sono ancora arrivato a quello del Senato. Quindi lei ha sbagliato, onorevole Lupi.

MAURIZIO ENZO LUPI. No!

EUGENIO DUCA. Sì, può leggere benissimo il resoconto. Non solo, lei ha sbagliato anche quando si è richiamato all'educazione o alla maleducazione perché, come potrà vedere dal resoconto, il mio intervento potrà essere stato sì ironico, ma non aveva nulla di offensivo; anzi se leggete quello che hanno scritto i resocontisti, vedrete quanti insulti sono piovuti da quella parte nei confronti di chi parlava. Andate pure a vedere.
Comunque, sul problema dell'educazione, penso che il dibattito sia aperto; adesso abbiamo il presidente della RAI che si sta preparando a fare il ministro dell'educazione del nostro paese; credo sia già arrivato a dire che ci sono state tante favolette nel passato, come l'olocausto e i campi di concentramento. Quindi, di questo modo di fare educazione ne avremo in futuro.
Per quanto riguarda invece il collega La Russa, non ho parole; abbiamo visto La Russa in opera in Assemblea e fuori. Lo abbiamo visto comportarsi in modo del tutto signorile anche nei confronti di alcune signore; lo ricordiamo tutti.

CESARE RIZZI. Presidente, ma insomma!

PRESIDENTE. Onorevole Rizzi, l'onorevole Duca ha ancora 50 secondi.

CESARE RIZZI. Va bene, ma sto parlando di tutta la Camera, Presidente.


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PRESIDENTE. Ho capito, ma se io adesso mi metto a sindacare quello che ciascuno dice sui vari problemi, qui si rischia che non parli più nessuno. Onorevole Duca, può andare avanti.

EUGENIO DUCA. Ho concluso, Presidente.

PRESIDENTE. Bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Iannuzzi 7.11, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 469
Maggioranza 235
Hanno votato
215
Hanno votato
no 254).

Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'emendamento Vigni 7.12.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vigni 7.12, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 463
Votanti 462
Astenuti 1
Maggioranza 232
Hanno votato
210
Hanno votato
no 252).

Prendo atto che non ha funzionato il dispositivo di voto dell'onorevole Bornacin.
Ricordo che l'emendamento Mondello 7.26 è stato ritirato.
Chiedo all'onorevole Chianale se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Vigni 7.13, di cui è cofirmatario, rivolto ai presentatori.

MAURO CHIANALE. Signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO CHIANALE. Le modifiche apportate al Senato, in particolare l'eliminazione dell'innalzamento della soglia di qualificazione, come facoltà offerta alle regioni e relativa ai soli appalti di competenza regionale mantenendo la soglia nazionale a 150 mila euro, sono positive. Le ragioni sono evidenti anche per i motivi ben rilevati dalla Commissione antimafia e per la necessaria armonizzazione del mercato, già in forte stato confusionale per la ridda di norme di modifica delle disposizioni dei lavori pubblici, disorganizzate e già in conflitto forte tra di loro.
Negli intenti di questo Governo queste norme avrebbero dovuto essere di accelerazione ed invece sono di forte freno e danno; lo sono anche su un aspetto innovativo e di forte spinta positiva messo in essere dall'articolo 8 della legge n. 109 del 1994, che ha istituito il nuovo sistema di qualificazione e di certificazione delle imprese ai fini della loro partecipazione alle procedure per l'affidamento dei lavori pubblici fino ai 150 mila euro, attuato da specifici organismi di diritto privato, le SOA, con il compito di attestare i requisiti richiesti. L'innalzamento della soglia di 258 mila euro e l'estensione a cinque anni della durata dell'efficacia della certificazione, seppure con una verifica entro il terzo anno, ha indebolito fortemente le società di qualificazione, che, avendo già pianificato loro attività sul termine di tre anni, sono in grave difficoltà.
Il sistema di qualificazione è garanzia di efficacia e di qualità dell'opera pubblica. Con il superamento delle fittizie categorie di iscrizione all'albo nazionale costruttori si presupponeva e si presuppone ancora adesso che sia necessario un


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forte incentivo a questi organismi di diritto privato, che magari potranno svolgere attività di qualificazione generica: manuali della qualità, consulenze in merito alla ottimizzazione delle attività produttive in campo edilizio o altre attività tese a migliorare l'organizzazione imprenditoriale, con chiarezza di compiti e di non influenza sulle attestazioni da produrre per la partecipazione agli appalti e sulle attività generiche di qualificazione.
È un ulteriore colpo al miglioramento delle imprese e quindi un ritorno ai rischi di una volta, quando le opere pubbliche mal fatte, magari, costavano anche di più (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi è proprio vero che non c'è mai un limite al peggio.
Oggi celebriamo una data che forse a molti sfugge: ricorre l'anniversario dell'emanazione del cosiddetto decreto Biondi.

ALFREDO BIONDI. Grazie!

LORENZO ACQUARONE. Quando quel decreto venne emanato, fu, anche da parte mia, criticato pesantemente. Ebbene, il decreto Biondi rispetto a ciò che sta facendo oggi la Commissione giustizia è opera giustinianea (Applausi di deputati del gruppo di Forza Italia).
Detto questo e venendo all'argomento specifico dell'emendamento, mi chiedo se sia possibile, nel momento in cui verifichiamo che in America le borse crollano e l'economia trema perché le società di attestazione sono tutte molto criticate e giustamente criticabili, introdurre una norma grazie alla quale le società di attestazione possono fare anche altre cose.

FRANCESCO STRADELLA, Relatore per l'VIII Commissione. Ditelo a Bargone!

LORENZO ACQUARONE. Francamente, mi associo pienamente a quanto detto poco fa dal collega Chianale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vigni 7.13, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 456
Votanti 453
Astenuti 3
Maggioranza 227
Hanno votato
205
Hanno votato
no 248).

Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito a ritirare l'emendamento Iannuzzi 7.14.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Iannuzzi 7.14, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 449
Votanti 446
Astenuti 3
Maggioranza 224
Hanno votato
193
Hanno votato
no 253).

Prendo atto che il dispositivo di voto dell'onorevole Carbonella non ha funzionato.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito a ritirare l'emendamento Vigni 7.15.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vigni 7.15, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 455
Votanti 450
Astenuti 5
Maggioranza 226
Hanno votato
200
Hanno votato
no 250).

Chiedo all'onorevole Vigni se acceda all'invito a ritirare il suo emendamento 7.16.

FABRIZIO VIGNI. No, Presidente, insisto per la votazione e chiedo di intervenire per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABRIZIO VIGNI. Signor Presidente, con questo emendamento si propone di sopprimere una norma introdotta al Senato che complica, inutilmente, la vita alle piccole amministrazioni locali, prevedendo l'obbligo di intervento del responsabile del procedimento anche nel caso di affidamento di progettazione al di sotto dei 100 mila euro. Noi ne proponiamo l'abrogazione per non complicare inutilmente la vita alle piccole amministrazioni e mi sembra anche l'occasione giusta per far notare il terribile pasticcio cui Governo e maggioranza danno vita. Con questo provvedimento, infatti, si procede ad una deregulation per i grandi lavori, laddove, invece, sarebbe necessario garantire il controllo della pubblica amministrazione sulla qualità dell'opera, sui costi e sui tempi di esecuzione. Al tempo stesso, invece, si complicano le cose, rendendole addirittura più rigide rispetto alla legge Merloni, per quanto riguarda le piccole amministrazioni e le piccolissime imprese, cioè si fa esattamente il contrario di ciò che si sarebbe dovuto fare. Se vi era un aspetto della legge Merloni che doveva essere semplificato - e in parte era necessario - era quello riguardante i piccoli lavori, le piccole amministrazioni, le piccole imprese. Invece, state facendo esattamente il contrario. È un amaro calice, come lo ha definito il relatore, che dovete bere, ma, faccio notare che è un amaro calice che vi siete riempiti con le vostre mani.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vigni 7.16, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 454
Votanti 451
Astenuti 3
Maggioranza 226
Hanno votato
200
Hanno votato
no 251).

Chiedo all'onorevole Abbondanzieri se acceda all'invito a ritirare l'emendamento Vigni 7.17 di cui è cofirmataria.

MARISA ABBONDANZIERI. No, Presidente, insisto per la votazione e chiedo di intervenire per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARISA ABBONDANZIERI. Signor Presidente, signor sottosegretario e ministro Lunardi, intervengo sempre nel merito dei contenuti.
L'emendamento Vigni 7.17 intende sopprimere una modifica apportata al Senato che, di nuovo, penalizza le piccole stazioni appaltanti, i piccoli comuni, nonostante le preoccupazioni manifestate dal vicepresidente dell'ANCI, onorevole Napoli, il quale, però, non ha fatto seguire alle sue dichiarazioni alcuna iniziativa emendativa che pure aveva, quasi in via definitiva, promesso. Per le piccole stazioni appaltanti, dunque per i piccoli comuni, si aggiunge l'onere, pesante, dei costi eccessivi relativi alle progettazioni.
Davvero non capiamo perché la maggioranza abbia voluto compiere questo


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Blitz al Senato, soprattutto in considerazione del fatto che la giustizia amministrativa ha adottato alcuni provvedimenti sospensivi in questo senso e che, pertanto, sarebbe stato opportuno attendere l'esito definitivo. Non si è voluto attendere ed è stata inserita questa norma. L'ANCI, lo sapete, ha fortemente protestato; voi, invece, avete fatto finta di accogliere quanto vi è stato detto e, però, nulla è accaduto.
Dato che l'emendamento verrà bocciato, mi aspetterei che il vicepresidente dell'ANCI, l'onorevole Napoli, volesse almeno sottoscrivere un ordine del giorno con il quale impegnare il Governo ad affrontare tale questione in un altro provvedimento (quando si è voluto, questa strada è stata infatti percorsa).
Il ministro ritiene di aver costruito un reticolo di leggi, di disposizioni e di regolamenti che permetterà la realizzazione delle opere. Ebbene, vorrei dire al ministro - che oggi non è presente in aula: evidentemente considera il lavoro su tale provvedimento di pertinenza di altra categoria di persone - che sarebbe forse il caso di monitorare, con i suoi tecnici, la produzione legislativa di cui si è reso protagonista, a partire dalla legge n. 443 per venire ai provvedimenti di questi giorni ed al prossimo decreto-legge (che arriverà domani). Probabilmente il monitoraggio, se si tratta di ministro che ha messo a disposizione del Governo la sua professionalità e la sua onestà, gli permetterebbe di accorgersi del pericolo di «incartamento» in cui rischia di finire. Non so però se lui abbia messo a disposizione esclusivamente la sua professionalità, o anche dell'altro. Ritengo, pertanto, che farebbe bene a domandarsi, invece di rilasciare interviste anche assai approssimative circa i contenuti delle norme legislative approvate dal Parlamento, dove stia andando, perché siamo oramai di fronte a numerose sovrapposizioni. Come ho già avuto modo di dire, non è infatti così certo chi farà e che cosa farà, così come non è affatto sicuro che le opere della delibera CIPE prenderanno corpo e si concluderanno nel prossimo quinquennio. Anche lui, benché tecnico, dovrà renderne conto al paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vigni 7.17, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Onorevoli colleghi, per cortesia! A sinistra, come a destra, che ognuno voti per sé! Vedo mani «plurime» ovunque!

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 446
Votanti 444
Astenuti 2
Maggioranza 223
Hanno votato
195
Hanno votato
no 249).

Passiamo agli identici emendamenti Iannuzzi 7.18 e Vigni 7.19.
Chiedo ai presentatori dell'emendamento Iannuzzi 7.18 se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

TINO IANNUZZI. Signor Presidente, insisto per la votazione del mio emendamento 7.18 e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TINO IANNUZZI. Signor Presidente, onorevole colleghi, questo emendamento tende a sottolineare una questione che dovrebbe formare oggetto di estrema e responsabile attenzione, da parte dell'intera Assemblea. È un emendamento che riguarda alcune modifiche introdotte dal Senato all'articolo 19 della legge n. 109 del 1994, la cosiddetta legge Merloni.
Si tratta, più specificamente, dell'ampliamento dell'ambito delle ipotesi nelle quali è consentito il ricorso all'appalto integrato, che si configura come una


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forma di appalto, in qualche misura, di natura eccezionale nel sistema di realizzazione dei lavori pubblici, perché porta al cumulo, nel medesimo soggetto, di due attività che sono sempre state distinte, autonome e separate: da un lato, l'attività di progettazione esecutiva dell'opera e, dall'altro, l'attività di costruzione e di realizzazione del lavoro pubblico.
Ebbene, già nel corso della prima lettura alla Camera abbiamo svolto un intenso confronto per cercare di raggiungere un punto di equilibrio soddisfacente, che consentisse di prevedere la possibilità di ricorrere all'appalto integrato, accanto alle due ipotesi già previste dal comma 1 dell'attuale articolo 19 della legge n. 109 del 1994, soltanto per le opere pubbliche di più consistente rilevanza dal punto di vista economico, vale a dire soltanto per gli appalti che si collocano al di sopra dei 10 milioni di euro, ossia al di sopra o in corrispondenza di un valore di circa 20 miliardi di lire.
In prima lettura è stato compiuto questo sforzo, perché il cumulo delle due attività nel medesimo soggetto rappresenta una circostanza che dovrebbe essere circoscritta in termini assolutamente rigorosi e severi, così come è sempre avvenuto nella tradizione della legislazione dei lavori pubblici nel nostro paese. Infatti, per un principio generale e consolidato, la progettazione esecutiva è di spettanza della pubblica amministrazione, che conserva la facoltà di seguirla e controllarla in tutte le sue fasi, mentre l'attività di costruzione dell'opera pubblica è di spettanza del soggetto aggiudicatario al termine della procedura di incanto.
Invece, con la modifica che è stata apportata al Senato, si è creata un'autentica confusione legislativa e si è realizzato un autentico mostro legislativo: vi è, infatti, la possibilità di ricorrere all'appalto integrato, ai sensi del comma 1, lettera l), numero 1), per i lavori di importo inferiore a 200 mila euro (cioè al di sotto di 400 milioni di lire) e, ai sensi del comma 1, lettera l), numero 4), per i lavori di importo pari o superiore a 10 milioni di euro (cioè a circa 20 miliardi di lire).
Allora, delle due l'una: o l'appalto integrato serve per la realizzazione di opere di più piccole dimensioni o serve per quelle di più grandi dimensioni; non può servire a tutto e al contrario di tutto; non può servire, contestualmente, per gli appalti più piccoli e per quelli di dimensioni e rilevanza economica più consistente.
Questo è un modo di procedere, dal punto di vista della redazione delle norme legislative - consentitemi di dirlo - che dimostra l'assenza di ogni responsabilità, di ogni oculatezza e di ogni capacità del Governo e della maggioranza di dirigere la produzione di norme legislative serie, giuste ed equilibrate. Voi estendete l'appalto integrato in due direzioni diametralmente e intrinsecamente opposte. Non è possibile conservare una norma di questo genere, che appartiene sicuramente ad un modo di produrre legislazione non adeguato, non degno e non serio in questo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Prendo atto che anche i presentatori dell'emendamento Vigni 7.19 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Iannuzzi 7.18 e Vigni 7.19, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 451
Votanti 446
Astenuti 5
Maggioranza 224
Hanno votato
195
Hanno votato
no 251).

Chiedo ai presentatori dell'emendamento Vigni 7.20 se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.


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FABRIZIO VIGNI. No, Signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABRIZIO VIGNI. Signor Presidente, per quanto riguarda l'appalto integrato, mi piacerebbe sapere dal viceministro Martinat e dal relatore quale sia, a loro parere, il senso logico della riscrittura delle norme sull'appalto integrato nel testo che ci accingiamo ad approvare.
Come se non bastasse ciò che ha appena rilevato il collega Iannuzzi - ossia l'assoluta illogicità di prevedere questo strumento, da un lato, per i lavori di piccolissimo importo e, dall'altro, per quelli di grande importo - si aggiunge il fatto che, si badi bene, proprio per quella tipologia di lavori e, cioè, per i lavori ad elevata componente tecnologica o impiantistica, per i quali la legge Merloni già prevedeva l'appalto integrato, paradossalmente si rende più difficile il ricorso a questo strumento, perché viene elevata la quota relativa alla componente tecnologica o impiantistica dal 50 al 60 per cento.
Questo è l'aspetto ridicolo: per un verso si estende l'appalto integrato e poi lo si rende di più difficile applicazione proprio per quelle tipologie di lavori ad alta componente tecnologica ed impiantistica per i quali tale strumento era stato previsto dalla legge Merloni.
Credo che anche questo non abbia bisogno di alcun commento, ma mi piacerebbe poter conoscere una motivazione dal viceministro e dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vigni 7.20, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 456
Votanti 452
Astenuti 4
Maggioranza 227
Hanno votato
206
Hanno votato
no 246).

Prendo atto che i dispositivi di voto degli onorevoli Giuseppe Gianni e Grillo non hanno funzionato.
Prendo atto che i presentatori degli emendamenti Lion 7.21, Vigni 7.22, 7.23 e 7.24 e Realacci 7.25 non accedono all'invito al ritiro rivolto loro dal relatore.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lion 7.21, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 455
Votanti 451
Astenuti 4
Maggioranza 226
Hanno votato
197
Hanno votato
no 254).

Onorevole Lion, mi dispiace se prima non le ho dato la parola. Vorrà dire che non vedo qualcuno anche dell'opposizione, non solo della maggioranza.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vigni 7.22, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 460
Votanti 456
Astenuti 4
Maggioranza 229
Hanno votato
203
Hanno votato
no 253).


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Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vigni 7.23, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 461
Votanti 457
Astenuti 4
Maggioranza 229
Hanno votato
200
Hanno votato
no 257).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vigni 7.24, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 459
Votanti 455
Astenuti 4
Maggioranza 228
Hanno votato
203
Hanno votato
no 252).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Realacci 7.25, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 459
Votanti 456
Astenuti 3
Maggioranza 229
Hanno votato
197
Hanno votato
no 259).

Passiamo alla votazione dell'articolo 7.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vigni. Ne ha facoltà.

FABRIZIO VIGNI. Questo è l'articolo più impegnativo dell'intero provvedimento e, francamente, non so trovare altro termine per descrivere il comportamento della maggioranza e del Governo se non quello di «schizofrenia». Infatti, abbiamo il centrodestra della Camera che critica aspramente il centrodestra del Senato che dichiara di votare una legge che non piace. In queste stesse ore, mentre attraverso questo provvedimento si modifica la legge n. 109 del 1994, in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici il presidente, nonché relatore del parere sul DPEF, chiede al Governo di riscrivere nuove norme della legge stessa. In pratica, altro giro, altra corsa. Come capite bene, dunque, il termine «schizofrenia» è perfino benevolo.
Siamo arrivati a questo punto perché la maggioranza, anziché scegliere la via - questa sì necessaria - di procedere ad un lavoro di manutenzione legislativa, di semplificazione, di aggiornamento della legge n. 109 del 1994, facendone salvi i pilastri fondamentali, ha scelto la via di una destrutturazione feroce e di una deregulation. In seguito, però, non avendo una bussola precisa da seguire ed inseguendo di volta in volta interessi e richieste particolari, si è trovata di fronte a posizioni, al suo interno, di segno esattamente opposto che al Senato hanno portato, talvolta, ad irrigidire norme della legge Merloni. In tal modo, la regolazione dei lavori pubblici e la loro esecuzione è stata resa più complicata per quanto riguarda soprattutto le piccole amministrazioni e le piccolissime imprese.
A questo punto credo vi siano solo due commenti da fare per motivare la nostra dichiarazione di voto contrario. In primo luogo, avete la grave responsabilità di aver gettato il settore dei lavori pubblici di nuovo in una situazione di incertezza. In tal modo arrecate un danno serio a tutti gli operatori del settore e ritardate l'esecuzione di lavori pubblici. Inoltre, vorrei commentare questo articolo citando le


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parole usate nei giorni scorsi dal presidente dell'ANIEM, l'associazione delle piccole e medie imprese aderenti alla CONFAPI, che così ha commentato l'articolo 7: il testo uscito dal Senato sembra avere ulteriormente arginato il progetto governativo di destrutturazione dell'impianto normativo. Questo sostanziale insuccesso di una iniziativa fortemente pubblicizzata dal Dicastero delle infrastrutture costituisce un'ulteriore e definitiva conferma del fallimento della politica del ministro Lunardi.
Una politica - prosegue il presidente dell'ANIEM - caratterizzata da un totale isolamento, completamente indifferente alle istanze di un settore costituito per il 90 per cento da piccole e medie imprese e assolutamente priva di qualsiasi forma di confronto con le rappresentanze imprenditoriali e sindacali, fatti salvi alcuni fisiologici «contatti» con il mondo della grande impresa.
Questo, cari colleghi, è il giudizio senza appello proveniente anche dal mondo delle imprese sul terribile pasticcio e sulla mostruosità giuridica che state compiendo con queste modifiche «senza capo né coda» alla legge n. 109 del 1994.
Queste sono le ragioni per le quali esprimeremo un voto contrario sull'articolo 7.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannuzzi. Ne ha facoltà.

TINO IANNUZZI. Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, l'articolo 7 rappresenta indubbiamente una delle disposizioni di maggiore significato e pregnanza dell'intero provvedimento legislativo al nostro esame. Con tale articolo si realizza un tassello di quello strano destino, che questi primi 14 mesi di legislatura il Governo e la maggioranza hanno voluto imprimere alla disciplina legislativa dei lavori pubblici nel nostro paese. Si tratta infatti di uno strano - per certi versi bizzarro - destino, che rischia di essere drammatico per il comparto dei lavori pubblici nel nostro paese. Infatti in questi 14 mesi il Governo ha avuto in questa materia una serie di atteggiamenti estremamente articolati - per usare un'espressione nobile -, ondivaghi, confusi e contraddittori, che si riconducono sostanzialmente ad una scelta di fondo: quella di non avere un principio ispiratore chiaro, coerente ed organico nella materia della riscrittura delle regole così delicate di un settore nevralgico come quello degli appalti delle opere pubbliche.
Difatti, in questi primi 14 mesi abbiamo avuto dapprima la legge Lunardi (la legge n. 443 del 2001), con la quale per le grandi infrastrutture - che nella delibera CIPE del 21 dicembre scorso sono diventate ben 300 (quindi sono grandi, medie o micro infrastrutture) - e per una categoria misteriosa, dai contorni non ancora ben definiti, cioè gli insediamenti produttivi strategici di preminente interesse nazionale, il Governo ha ricevuto la delega da parte del Parlamento al fine di riformare, attraverso l'adozione di decreti legislativi, tutta una serie di punti qualificanti e decisivi della preesistente legislazione Merloni sui lavori pubblici. Peraltro proprio in queste settimane il Parlamento ha ricevuto lo schema di decreto legislativo del ministro Lunardi, per il relativo parere parlamentare. Mentre, pertanto, si è disegnato così un primo binario di riforme e di riscrittura della legislazione sui lavori pubblici, per le due tipologie di interventi cui accennavo prima (grandi infrastrutture e insediamenti produttivi strategici), è intervenuto il collegato alla Finanziaria per il 2002 in tema di infrastrutture e trasporti. In esso, all'articolo 7, si è operata una miniriforma «a pioggia», in maniera del tutto confusa e scoordinata della legge Merloni: siamo infatti partiti con un testo del Governo, completamente modificato, in prima lettura alla Camera, dalla XI Commissione e dall'Assemblea; al Senato, poi, vi è stata una riscrittura del testo già riscritto dalla Commissione e dall'Assemblea a Montecitorio; oggi infine abbiamo questo testo blindato.
Si tratta di una miniriforma della legislazione sugli appalti, che non si coordina con lo schema di decreto legislativo


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(in attuazione della legge Lunardi) all'esame delle competenti Commissioni parlamentari proprio in questi giorni.
Inoltre, proprio mentre ci stavamo accingendo a terminare la terza lettura del collegato in tema di infrastrutture e trasporti, in una serie di interviste il viceministro Martinat ci ha detto che per la fine dell'anno in corso si approssima una Merloni-quater, un ulteriore intervento legislativo per riscrivere e modificare le regole in materia di appalti di lavori pubblici. E questo sarebbe il quarto intervento in appena 14 mesi. La conseguenza di tutto questo coacervo di scelte di posizione e di interventi legislativi del Governo è che non si ha nessuna chiara scelta di fondo in questo campo.
Rispetto al lavoro del Senato vi sono, certamente, aspetti positivi, come l'eliminazione della norma che consentiva alle regioni di elevare fino a 500 milioni gli appalti esenti dal controllo di qualificazione delle imprese. Sono state eliminate le norme pericolose in materia di subappalto, elevando dal 30 al 50 per cento il valore massimo e con un diverso sistema di computo dei noli a freddo.
Vi sono, poi, vari aspetti negativi, che permangono o si aggravano. Dal riferimento già fatto alla disciplina incomprensibile ed illogica dell'appalto integrato al permanere del criterio di giudica degli appalti pubblici mediante il sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa, con la possibilità di introdurre modifiche e integrazioni al progetto posto a base della gara di appalto.
Con questo inserimento nell'articolo 21 della legge n. 109, facciamo rivivere il vecchio sistema dell'articolo 24, lettera b), della legge n. 584 del 1977, che ha condotto a conseguenze pericolose, negative e a patologie ed illegalità.
Rimane anche una riscrittura delle norme sugli incarichi di progettazione che, ammettendo il concorso delle società di ingegneria e di professionisti per tutti gli incarichi, anche per quelli di importo economico più ridotto, dà un colpo mortale al mercato delle libere professioni individuali e all'accesso ai giovani professionisti.
Per questo motivo il nostro giudizio sull'articolo 7 è totalmente negativo. State compiendo una scelta di assoluta confusione e contraddittorietà, che porterà il mercato dei lavori pubblici del nostro paese in un caos e in un'incertezza completa!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Parolo. Ne ha facoltà.

UGO PAROLO. Signor Presidente, ritengo sia doveroso da parte nostra fornire spiegazioni e replicare su alcune affermazioni emerse durante il dibattito sull'articolo 7, che sono o completamente infondate o travisanti rispetto alla normativa che stiamo approvando.
Intendo evidenziare alcune semplificazioni introdotte per le piccole stazioni appaltanti e per i piccoli lavori, senza dimenticare in premessa che questo disegno di legge, con tutte le sue contraddizioni, frutto di un lavoro difficile e svolto in tempi ristretti, ha comunque migliorato in senso generale tutta la normativa sui lavori pubblici.
In particolare, voglio ricordare la norma che migliora la durata delle società di attestazione a 5 anni con una verifica intermedia e vorrei correggere i colleghi precedentemente intervenuti, ricordando che per le SOA è prevista l'esclusività del lavoro e non la possibilità di svolgere altri tipi di attività. Inoltre, vorrei ricordare: le norme sulla finanza di progetto, che semplificano ed incentivano gli operatori privati ad intervenire nell'esecuzione delle opere pubbliche, pur mantenendo le garanzie e la trasparenza dovuta per la pubblica amministrazione; la disciplina delle concessioni, che prevede, sì, la possibilità di andare oltre i 30 anni previsti originariamente dalla legge Merloni, ma con una serie di garanzie e prerogative che devono essere verificate; l'incentivazione all'istituzione dei consorzi stabili; l'aumento di potere dell'attività svolta dall'Autorità


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di vigilanza nei lavori pubblici sulle SOA, nel caso in cui queste ultime non dovessero svolgere il loro lavoro in modo ottimale; l'introduzione della garanzia totale, la performance bond, su tutti i lavori superiori ad una certa entità. Tutto ciò per affermare che, sul piano generale, il disegno di legge è stato sicuramente migliorato.
Per quanto riguarda la semplificazione dei piccoli lavori, mi limito a ricordare che, grazie a norme approvate dalla Camera e dal Senato, oggi le stazioni appaltanti non hanno più l'obbligo di trasmettere all'osservatorio dei lavori pubblici tutti gli stati di avanzamento dei lavori inferiori a 500 mila euro, dovendo trasmettere solo l'informativa rispetto alla gara di appalto iniziale.
La Lega aveva chiesto ed ottenuto alla Camera che venisse trasmesso un elenco annuale di queste informazioni, anche per garantire un migliore lavoro dell'osservatorio; ma, inspiegabilmente, questa disposizione è stata soppressa al Senato.
Per quanto riguarda il piano triennale delle opere pubbliche, per i piccoli lavori fino ad 100 mila euro è previsto l'esonero e fino a un milione di euro le amministrazioni sono esonerate dal redigere il progetto preliminare contestualmente alle opere da inserire nel piano triennale.
Ricordo la possibilità di svolgere, finalmente, la trattativa privata per i lavori sino a 100 mila euro; a questa proposito, vorrei rivolgere una piccola critica anche alla Commissione antimafia che si è soffermata su altre questione ma ha taciuto, come tace l'opposizione, riguardo al fatto che, purtroppo, con la norma che stiamo per approvare, la trattativa privata sarà possibile senza nemmeno una gara informale. Quindi, le amministrazioni potranno assegnare direttamente i lavori sino a 100 mila euro senza alcun tipo di garanzia; noi della Lega nord, che siamo stati fautori della trattativa privata fino a 100 mila euro, riteniamo, però, che una gara informale avrebbe dovuto essere garantita, come previsto dal testo licenziato dalla Camera.
Ricordiamo che la validazione dei progetti deve avvenire soltanto sul piano tecnico, evitando di verificare altre questioni che causano seri problemi soprattutto per le piccole stazioni appaltanti. A proposito della possibilità di svolgere l'appalto integrato fino a 200 mila euro, vorrei richiamare gli interventi polemici svolti poc'anzi dai colleghi dell'opposizione: non è una contraddizione prevedere che l'appalto integrato possa essere svolto, oltre che per i grandi lavori, dove vi è una componente tecnica molto elevata, anche per i piccoli lavori. Infatti, per le stazioni appaltanti soprattutto di piccole dimensioni spesso è difficoltoso poter ottemperare a tutte le operazioni previste dalla legge Merloni. Ricordo anche che per lavori sino a 200 mila euro un progetto definitivo è già in grado di definire un adeguato livello di dettaglio e di garantire la corretta esecuzione dei lavori; in ogni caso, il testo che stiamo per approvare prevede la responsabilità del costruttore, in caso di varianti che dovessero determinarsi a causa di una non corretta progettazione preliminare, e l'obbligo di individuare il progettista dell'esecutivo già in sede di gara.
Quindi, crediamo che tutte le accuse strumentali rivolteci siano da respingere al mittente; in ogni caso, vi è l'impegno formale dell'VIII Commissione Lavori pubblici della Camera a prevedere una modifica organica della legge n. 109 del 1994 di iniziativa parlamentare, come già scritto nel parere - che oggi voteremo - sul decreto delegato riferito alla legge obiettivo. Questo anche per porre rimedio alle contraddizioni ricordate che, in gran parte, sono frutto anche del lavoro ostruzionistico portato avanti al Senato dall'opposizione; altrimenti, non si potrebbero spiegare i 3 mila emendamenti presentati al Senato sul provvedimento.

PRESIDENTE. Onorevole Parolo, ha parlato un minuto e 27 secondi in più. Lei è della maggioranza, per cui vede l'indulgenza straordinaria del Presidente.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vendola. Ne ha facoltà. Onorevole Vendola, adesso a lei


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rivolgerò un richiamo subito, dopo cinque minuti.

NICHI VENDOLA. Signor Presidente, sarò telegrafico. L'articolo 7 è una radiografia che ci consente di vedere lo scheletro dell'intero provvedimento: è la radiografia di un'autentica regressione allo stato di caos nel settore degli appalti. Siamo al ritorno ad una giungla che consentirà a molte note belve del sottobosco dell'affarismo, della malapolitica e della malavita di tornare a ruggire.
Come è stato più volte sottolineato, il provvedimento è anche un notevole esempio di sciatteria legislativa. Fa veramente specie notare come le insensatezza di scrittura e le insensatezze normative, che sono state sottolineate, abbiano trovato riscontro anche nella consapevolezza di settori del centrodestra: nonostante le argomentazioni del collega Parolo, che assomigliano ad un'arrampicata sugli specchi, il provvedimento è nel suo complesso una formidabile opera di deregolamentazione per le grandi opere. Viceversa, vi è un insensato irrigidimento normativo per le piccole opere.
Dunque, siamo dinanzi ad una vicenda che è anche sintomatica della insensibilità del centrodestra nei confronti di quella che possiamo chiamare democrazia del territorio, insensibile agli appelli che giungono dall'ANCI, insensibile alle necessità dei piccoli operatori della vita economica. Aggiungo che essa è figlia di un sublime e paradossale ping-pong polemico tra il centrodestra della Camera e il centrodestra del Senato. Ma questo ping-pong, questa sciatteria, questa caoticità non debbono trarci in inganno, perché altrimenti ci sfugge la sostanza di un provvedimento.
Tutto quello che noi possiamo ascrivere agli errori di grammatica e di sintassi del legislatore, in realtà sono sintomi rivelatori di una realtà assai prosaica. In questo senso, oltre all'improvvisazione televisiva del ministro che non c'è, del ministro che non ci ritiene degni di interlocuzione, del tecnocrate che preferisce interloquire via etere, oltre alla facciata della sua sublime retorica sviluppista, c'è un progetto che è un danno per il paese, un danno per il drammatico bisogno di infrastrutture del paese. Resta il ministro Lunardi e la sua legislazione a mezzo stampa, che ne fanno sicuramente la Vanna Marchi delle grandi opere.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 464
Votanti 459
Astenuti 5
Maggioranza 230
Hanno votato
253
Hanno votato
no 206).

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