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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sull'emergenza idrica nel Mezzogiorno.
Dopo l'intervento del sottosegretario per le infrastrutture e i trasporti, onorevole Viceconte, avranno luogo gli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Per ciascun gruppo è previsto un tempo complessivo di dieci minuti; è previsto inoltre un tempo aggiuntivo per il gruppo misto.
Ha facoltà di parlare il sottosegretario per le infrastrutture e i trasporti, onorevole Viceconte.
GUIDO VICECONTE, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, la perdurante siccità che ha interessato le regioni del sud d'Italia negli ultimi due anni è sicuramente la causa principale delle difficoltà dell'erogazione dell'acqua per uso potabile ed irriguo.
La mancanza di precipitazioni nei mesi autunnali ed invernali non ha consentito di raccogliere le quantità di acqua necessarie per i diversi usi.
È risaputo che la precipitazione nei mesi che vanno da ottobre a gennaio sono la condizione essenziale per raccogliere l'acqua nei numerosi invasi, dighe e traverse costruite nel sud del nostro paese. Così è stato per l'anno 2001, la situazione è peraltro peggiorata nel 2002.
Infatti, in molti territori considerati si è avuta la piovosità più bassa degli ultimi 80 anni, basti considerare che in Sicilia le piogge nel 2002 hanno raggiunto una quota pari alla metà di quella raggiunta, nello stesso periodo, del 2001.
La mancanza di adeguate precipitazioni insieme a forme di gestione non adeguate alle difficoltà da superare hanno determinato le difficoltà che si stanno vivendo in questi giorni.
È evidente che sono problemi che vengono da lontano e la cui soluzione richiede tempi adeguati e programmi coraggiosi di modernizzazione delle infrastrutture idriche accompagnate da una spinta decisiva verso la riforma degli enti o delle strutture operanti nel settore in armonia con la legge n. 183 del 1989 sulla tutela e difesa del suolo e la legge n. 36 del 1994 sulla ristrutturazione degli enti acquedottistici (la cosiddetta legge Galli).
Nelle otto regioni del sud (Sardegna, Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata, Molise, Campania, Abruzzo), le condizioni relative alle disponibilità ed ai fabbisogni di acqua per i diversi usi non sono uniformi.
Vi sono regioni ricche d'acqua superficiale, di sorgenti e di falde (Campania, Abruzzo, Basilicata, Calabria); altre il cui rapporto fra fabbisogno e disponibilità registra comunque un saldo positivo (Molise); regioni con mancanza assoluta di acque superficiali (Puglia); regioni la cui piovosità negli anni presenta andamenti discontinui e variabili, per cui solo con la raccolta di acqua nelle annate particolarmente piovose, sarà possibile sopperire alle richieste di acqua delle annate siccitose (Sardegna - Sicilia).
Queste ultime regioni, negli ultimi 15 anni, hanno iniziato la politica dell'immagazzinamento dell'acqua attraverso la costruzione di dighe, invasi, traverse ed altro ad uso pluriennale, per cui sono state programmate e sono in costruzione o in collaudo un notevole numero di invasi che sicuramente nel tempo daranno i risultati sperati, anche perché, nel frattempo, gli enti e le strutture operative operanti sul territorio provvederanno a trasformarsi in società a totale e prevalente capitale privato, ai sensi delle ultime leggi approvate dal Parlamento.
Una spinta decisiva in questa direzione è venuta dai provvedimenti eccezionali adottati nei riguardi di quattro regioni del sud - la Sicilia, la Sardegna, la Puglia e la Basilicata - con la nomina dei rispettivi presidenti delle regioni quali commissari per l'emergenza idrica. Le ordinanze, emesse dalla protezione civile, sono datate 22 marzo 2002 e, quindi, sono operative da poco più di un mese e mezzo.
Per la Sardegna, in realtà, la situazione di emergenza si protrae dal 1995. Con l'ultima ordinanza, si affidano tra l'altro al commissario-presidente della regione poteri per costituire entro l'anno l'autorità di ambito ed approvare il piano tecnico-finanziario preordinato all'affidamento del servizio idrico integrato, ai sensi della legge n. 36 del 1994.
Per la Puglia e la Basilicata esiste già l'autorità di ambito interregionale costituita dai presidenti delle due regioni e da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture. Tale autorità ha elaborato le linee guida da seguire in questa difficile fase di emergenza. L'ordinanza della protezione civile ha affidato poteri eccezionali, con limiti temporali ben definiti. Comunque, per la Puglia e la Basilicata, le difficoltà relative alla distribuzione dell'acqua per uso civile sono contenute e sopportabili, potendo l'acquedotto pugliese disporre di una dotazione idrica di circa 300 litri per abitante al giorno, mentre le difficoltà riguardano l'irrigazione dei campi, soprattutto in Capitanata e nell'arco jonico-pugliese e lucano. La decisione dell'autorità di governo interregionale ha dato priorità all'uso potabile dell'acqua, come peraltro previsto dalle leggi in vigore, mentre per l'agricoltura è stato avviato un programma di interventi che dovrebbero, nell'anno in corso, garantire le culture arboree e la raccolta delle fragole. Tutto questo per quanto riguarda la distribuzione di acqua da parte dei consorzi di bonifica.
Le numerose aziende proprietarie di pozzi privati, invece, continuano ad irrigare, anche se devono sostenere gli oneri di sollevamento. La corresponsabilità nella gestione della risorsa idrica, da parte dei due presidenti - oggi anche commissari dell'emergenza idrica, per quello che riguarda la Puglia e la Basilicata - consentirà di adottare provvedimenti in linea con una soluzione forse risolutiva delle difficoltà appulo-lucane.
Situazioni difficili, ma non da emergenza, si riscontrano in Molise, Campania, Abruzzo e Calabria.
Per quanto riguarda la Sicilia, la stessa ha registrato difficoltà nell'erogazione del servizio idrico per uso potabile ed irriguo nelle province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Palermo e Trapani. Lo stato di calamità per le richiamate province è stato dichiarato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 novembre 1999 e si è protratto negli anni 2000 e 2001. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2002 è stata dichiarata l'emergenza per l'anno in corso e con ordinanza della protezione civile del 22 marzo 2002 sono stati assegnati poteri all'attuale presidente della regione quale commissario per l'emergenza idrica.
Ad oggi la regione Sicilia ha ottemperato a sottoscrivere e porre in essere sia il quadro comunitario di sostegno QCS 2000-2006 sia i POR regionali, approvati dalla Commissione europea. A tale riguardo, per la Sicilia bisogna ricordare che oggi il Consiglio dei ministri ha approvato lo stato di emergenza per tamponare la grave situazione che si è verificata, che prevede l'intervento del genio militare - che dovrà collegare l'invaso di Rosamarina con Palermo - e la costituzione di una task force che permetterà l'utilizzo degli invasi esistenti. Infine, saranno messe a disposizione, in caso di necessità, alcune navi con dissalatori a bordo per poter utilizzare l'acqua salata.
La Sicilia ha sottoscritto l'accordo di programma quadro il 5 ottobre 2001 e, quindi, è nelle condizioni di realizzare le opere strutturali previste nell'accordo. Inoltre, è prevista la costituzione degli ATO, regolati dalla legge n. 36 del 1994, e l'approvazione dei piani d'ambito che dovrebbero consentire di creare nel futuro entità gestionali in linea con le leggi approvate dal Parlamento negli ultimi anni.
Per quanto riguarda l'emergenza idrica delle cinque province siciliane, nei giorni scorsi il commissario per l'emergenza idrica siciliana ha presentato un piano articolato di interventi in linea con l'ordinanza della protezione civile, operativa dal 5 aprile di quest'anno. Il piano è in linea con il precedente provvedimento elaborato dal commissario Jucci ed integrato
dai provvedimenti che si sono avuti negli ultimi mesi, in particolare con l'accordo di programma quadro, che prevede interventi strategici e prioritari per 1.027 milioni di euro. L'accordo è stato stipulato nell'ottobre 2001.
Per quanto riguarda il problema specifico di Palermo, in ordine ai recenti accadimenti connessi alla sospensione dell'erogazione idrica nel quartiere Bellolampo-Borgonuovo, si rappresenta quanto segue. I controlli di routine di qualità delle acque che approvvigionano il sistema acquedottistico della città di Palermo, evidenziavano nelle acque del pozzo Lorenzini il parametro clinico di esaclorobenzene in concentrazione superiore ai limiti previsti dalla normativa vigente per il consumo umano ed un'anomala presenza di metalli pesanti, anche se in concentrazione entro limiti della norma.
Si precisa che il suindicato composto organoclorurato può derivare presumibilmente da attività antropiche ovvero da reazioni chimiche tra composti organici, presenti nelle acque, ed ipoclorito di sodio, utilizzato come disinfettante.
In data 7 maggio 2002, in conseguenza delle risultanze di cui sopra, veniva interrotta l'erogazione idrica nella zona alimentata dal suddetto pozzo, dando, al contempo, comunicazione a tutti gli organi competenti. Nella stessa data, veniva richiesto dall'azienda l'approvvigionamento alternativo tramite le autobotti del comune di Palermo, come da procedura nei casi di assenza dei requisiti di potabilità dell'acqua.
La rete idrica interessata dall'interruzione del servizio idrico è ubicata in una zona periferica che, per dislocazione e posizione altimetrica, non è alimentabile con altre strutture acquedottistiche e serve circa 80 utenze.
In data 14 maggio 2002, in assenza di comunicazione o provvedimenti delle autorità sanitarie proposte al controllo, la società ha richiesto al signor sindaco di Palermo l'emissione di un provvedimento autorizzativo per la distribuzione di acqua non potabile per usi diversi dal consumo umano, al fine di alleviare i disagi conseguenti all'interruzione del servizio idrico e nel contempo consentire di svolgere le attività inerenti il monitoraggio della fonte indicate in oggetto. L'ordinanza del sindaco per la distribuzione di acqua non potabile è stata emessa nella giornata di ieri, 15 maggio 2002.
Per quanto riguarda il problema generale di Palermo, in relazione ai dati richiesti sull'approvvigionamento della città, si comunica che la dotazione pro capite attuale è di circa 220 litri per abitante al giorno e che i volumi in atto presenti negli invasi a servizi della città di Palermo sono le seguenti: Scanzano 1.779.000 metri cubi, Piana degli Albanesi 4.186.000 metri cubi, Poma 7.846.000. Sono volumi molto ridotti, per cui è stato approntato un piano di interventi già operativo che prevede una serie di opere da realizzare nell'arco di un periodo che va da un mese a sei mesi. Gli interventi riguardano: l'incremento dell'emungimento dei pozzi, per circa 100 litri al secondo (lavori già in corso); la riduzione di forniture agli altri comuni (40 litri al secondo); l'attivazione dei pozzi Lo Verde e Giardini; l'eliminazione di alcune perdite, con tempi di realizzazione da uno a sei mesi, e una serie di altre opere fra cui il collegamento - di cui vi parlavo in precedenza - con un bypass, posto in essere in questa condizione di totale emergenza, tra Rosamarina e Risalaimi, di 500 litri al secondo che richiederà un lavoro della durata di circa dieci mesi.
Mi avvio alla conclusione, ricordando che il problema del programma della presidenza della regione siciliana è già stato presentato alla stampa e prevede, fra l'altro, alcune opere già appaltate come il progetto esecutivo dell'acquedotto Favara di Burgio, il progetto esecutivo di dissalazione di Gela Aragona. Le procedure di legge di entrambi i progetti sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 24 gennaio del 2002.
La presidenza della giunta ha posto in essere un preciso programma che consentirà la risoluzione dell'emergenza in tempi rapidi.
Le risorse finanziarie dello Stato, relativamente ai problemi che vanno dal 2000
in avanti, rientrano nel settore idrico e nella definizione degli accordi di programma quadro, nell'ambito delle intese istituzionali programmi. L'impegno finanziario previsto nel settore risorse, nell'ambito degli accordi di programma quadro, è pari a 3.791 milioni di euro e attualmente risultano stipulati gli accordi di programma quadro con le regioni Sardegna, Sicilia e Calabria ed è prevista a breve la stipula dei rimanenti accordi con le regioni Molise, Abruzzo, Campania, Basilicata e Puglia, in un discorso di interconnessione idrica tale che possa consentire il trasferimento di quantità ingenti di risorse da regioni ricche di acqua - come l'Abruzzo, il Molise e la Basilicata - verso regioni che hanno minore quantitativo di acqua. A ciò si farà fronte con l'approvazione di un collegato alla legge finanziaria e con il decreto legislativo che attua la legge obiettivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nicola Rossi. Ne ha facoltà.
NICOLA ROSSI. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole sottosegretario per questa informativa, anche se mi permetto di considerarla un po' burocratica e, forse, se così posso dire, anche sproporzionata rispetto ad alcune questioni emerse in questi giorni, che hanno portato sia a veri e propri moti di piazza in Sicilia sia ad allarmi, credo particolarmente rilevanti, per quanto riguarda la possibilità che organizzazioni criminali possano sfruttare la situazione di emergenza nella quale, in particolare, la Sicilia si trova. Sotto questo profilo, l'elenco di promesse per il futuro che il sottosegretario ci ha fornito urta un po' contro la situazione di gravissima crisi che osserviamo soprattutto in Sicilia.
Naturalmente, è motivo di soddisfazione, per noi, vedere che l'iniziativa che abbiamo assunto ieri, di chiedere al Governo di venire qui per riferire, in realtà un risultato l'ha prodotto, sia pure parziale, in quanto, proprio oggi, il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di calamità in Sicilia, anche se, rispetto ad una situazione grave come quella, l'idea che il provvedimento non sia stato formalizzato per l'assenza del ministro della difesa appare, francamente, peculiare. A parte questo, però, un risultato è stato ottenuto.
Passiamo, ora, al merito della questione. Da questo punto di vista, sia pure con un atteggiamento un po' scolastico, permettetemi di ricordarvi che, in qualunque vocabolario della lingua italiana, al lemma emergenza corrisponde la definizione di situazione pubblica pericolosa, che richiede provvedimenti eccezionali (la definizione testé enunciata è tratta da lo Zingarelli). Ebbene, di fronte ad una situazione così grave, la reazione del Governo, nelle parole del Presidente del Consiglio, è stata di due tipi: da un lato, egli ha osservato che nessuno ha la bacchetta magica, considerazione di buon senso, indubbiamente, ma completamente contrastante con la situazione di fronte alla quale ci troviamo; dall'altro, ma a ciò darò meno risalto, il Presidente del Consiglio dei ministri si è concesso alcune battute, francamente di dubbio gusto (delle quali, quindi, avrebbe potuto fare a meno), sulla ritenzione idrica del presidente Cuffaro.
Il punto vero, però, è un altro. Se oggi ci troviamo in una situazione di emergenza idrica e se a tale situazione hanno contribuito le ridotte precipitazioni degli ultimi due anni, cosa certamente innegabile, ci dobbiamo domandare cos'altro sia accaduto negli anni precedenti. In altre parole, perché si è arrivati ad una situazione nella quale le ridotte precipitazioni hanno fatto - perdonatemi il gioco di parole - precipitare la situazione?
NICOLA ROSSI. Mi sarebbe piaciuto che il sottosegretario ci avesse dato qualche informazione anche su un'altra questione.
Prendo due casi nei quali la situazione dell'emergenza idrica è più grave: in un caso, in relazione all'acqua potabile (come in Sicilia) e, per l'altro, a quella per uso
irriguo (come in Puglia). Orbene, in questi due casi è inutile prendersela con chi c'era prima, perché il centrodestra, in Puglia, governa almeno da sette anni e, salvo la breve parentesi Capodicasa, lo stesso accade in Sicilia. Quindi, non è questione di chi ci fosse prima.
NICHI VENDOLA. Cuffaro c'era sempre!
NICOLA ROSSI. Sì, Cuffaro c'era sempre. Il vero problema è un altro.
Noi sappiamo che, nel 1998, dei fondi europei del programma 1994-99 era stato speso l'8 per cento. La spesa dei fondi europei, dal punto di vista nazionale, è notevolmente cresciuta in questi anni ed ha conosciuto un'accelerazione molto forte, poi, nel corso del 2001. In larga misura, le somme sono state assegnate alle regioni.
La domanda molto banale alla quale ci sarebbe piaciuto avere una risposta è la seguente: questi soldi assegnati alla regione Sicilia e alla regione Puglia, dal momento che il problema idrico delle due regioni era rilevante fin dall'inizio, come sono stati spesi? È stato fatto qualcosa, in questi sette anni passati, per affrontare, per risolvere un problema che poteva sorgere da un momento all'altro? Abbiamo evidenza di quanta parte di quei fondi siano stati spesi per affrontare il problema idrico nelle due regioni? Ne dubito. Francamente, questo è il dato vero che non conosciamo, di cui non abbiamo contezza. Aggiungo anche che non ci viene detto nemmeno, se mai c'è stata una spesa in questa direzione, quale sia stata la qualità di questa spesa. Tutti sanno, ad esempio, che bisogna trattare le acque reflue; ma c'è mai stato un intervento che ha prodotto risultati concreti per la depurazione delle acque reflue fino ad ora? Parte di quei soldi che sono stati spesi fino ad ora sono stati utilizzati a questo fine o no? E se non sono stati utilizzati a questo fine, come mai? E se sono stati utilizzati a questo fine, invece, perché la cosa non funziona? Ecco, questo avremmo voluto capire.
Il Governo, giustamente, ci dice quello che immagina si possa fare in futuro, però il problema vero è che noi abbiamo a che fare con popolazioni che, nei sette anni passati, sapevano benissimo che il problema si sarebbe posto e non hanno visto far nulla per provare a metterci riparo. Vorrei fare un secondo esempio, che ho vissuto da vicino e che quindi, forse, è un buon esempio. Gli agricoltori pugliesi, o almeno di buona parte della Puglia, conoscono ed imputano da tempo ai consorzi di bonifica lo scarso funzionamento del sistema irriguo pugliese. Questo problema, onorevole sottosegretario di Stato, non si è posto quest'anno, si è posto da circa cinque o sei anni ogni estate; ogni estate gli invasi non erano pieni e non perché non piovesse, ma perché - lei lo sa meglio di me - la gestione dei consorzi era straordinariamente fallimentare. E questo lo sappiamo tutti; tutti conosciamo le agitazioni degli agricoltori sotto quel fronte; il punto è: che cosa è stato fatto quando si sono avvicinati i partner privati che si sono offerti di contribuire alla gestione - visto che ne ha parlato proprio ora - di alcuni di quei consorzi, garantendone la posizione debitoria? Qual è stata l'azione della regione? Ora lei mi dirà: io rappresento il Governo nazionale, non posso rispondere per la regione. Invece io le rispondo che quando si arriva ad una situazione di emergenza come questa il Governo nazionale ha il dovere probabilmente di intervenire, anche sostituendosi alla regione, se questa, come in questo caso, è visibilmente incapace di fare qualcosa. Naturalmente poi bisognerà spiegare ai cittadini italiani come è possibile che presidenti di regioni, che sono stati in prima persona coinvolti nella inazione dei sette anni passati, vengano oggi nominati commissari all'emergenza idrica. È un premio per chi non ha saputo fare, e non si capisce con quale ragionamento il Governo pensi che queste persone possano da domani fare qualcosa.
Allora, quando lei mi dice che per risolvere questo problema c'è bisogno di programmi coraggiosi sulle infrastrutture, la cosa può anche essere bella, ma, francamente,
è assai poco credibile, proprio alla luce di quanto è accaduto in passato.
Questo per quanto riguarda la parte infrastrutturale; ma ora c'è un altro problema. Come ho detto prima, per emergenza si intende una situazione che richiede interventi urgenti ed eccezionali. Non più tardi di un mese fa, il 24 aprile, abbiamo presentato una proposta di legge per interventi urgenti di fronte all'emergenza idrica nel settore dell'agricoltura, non riferiti ad una specifica regione, ma riferiti all'intero Mezzogiorno. Quando questo è accaduto, l'assessore regionale all'agricoltura della regione Puglia ci ha detto, per certi versi confortandoci: è inutile che vi andate a infognare in una proposta di legge che chissà quanto tempo prenderà. È pronto un decreto-legge del Governo che risolverà il problema entro le prossime ore.
È passato un mese e noi stiamo ancora aspettando. Ma non noi, perché la questione non riguarda noi; gli agricoltori pugliesi, siciliani, calabresi e della Basilicata stanno ancora aspettando.
Allora, visto che c'è una evidente difficoltà da parte del Governo a capire il da farsi e ad agire di conseguenza, c'è una cosa che abbiamo detto allora e che ripetiamo adesso: prendete la proposta di legge che abbiamo presentato, non vogliamo neanche metterci i nostri nomi, adottatela come tale e fatene un decreto-legge, non c'è problema. Saremo lieti di esaminarla e votarla se non sarà stravolta rispetto a quello che attualmente è, altrimenti ...
PRESIDENTE. Onorevole Nicola Rossi, la invito a concludere.
NICOLA ROSSI. Concludo, signor Presidente.
Altrimenti io qui, formalmente, avanzo la richiesta di un esame, con procedura di urgenza, della proposta di legge atto Camera 2687 sull'emergenza idrica in agricoltura (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Craxi, che aveva chiesto di parlare: si intende che vi abbia rinunciato.
Constato l'assenza dell'onorevole Romano, che aveva chiesto di parlare: si intende che vi abbia rinunciato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.
GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, debbo esprimere amarezza e preoccupazione per la relazione del Governo qui illustrata dal sottosegretario Viceconte. È una relazione generica, burocratica, che non prende per nulla atto della drammaticità che è venuta a determinarsi nel Mezzogiorno e, in modo particolare, in Sicilia per la crisi idrica. Eppure noi, da tempo, abbiamo sollecitato il Governo, abbiamo posto la questione della siccità. Se il Governo avesse avuto cura, sicuramente avrebbe ritrovato tante interpellanze, interrogazioni e mozioni che abbiamo presentato e le risposte, spesso rassicuranti, le stesse, burocratiche, generiche, piene di promesse e di iniziative che anche stasera il Governo ha ripetuto.
Purtroppo ad emergenza si è aggiunta emergenza ed oggi abbiamo un allarme ambientale, c'è una calamità naturale con il definitivo collasso di un comparto produttivo come quello agricolo che avrà gravi ripercussioni di natura sociale quale la perdita di tanti posti di lavoro, ma anche conseguenze ambientali (tanto territorio diventa sempre più desertificato).
In sintesi, voglio richiamare due delle cause che hanno determinato queste problematiche. La prima, si è detto, è rappresentata dai mutamenti climatici. Non negli ultimi mesi, signor sottosegretario, ma da anni c'è un calo di precipitazioni piovose e nevose nel Mezzogiorno, ma ci sono anche carenze infrastrutturali: il non completamento delle dighe, dei collegamenti e delle condotte; l'assenza di un ammodernamento delle reti idriche, per cui oggi, secondo i dati dell'associazione nazionale bonifiche, irrigazione e miglioramento
fondiario, la quantità d'acqua trattenuta negli invasi è ben lontana dalle necessità dei nostri territori.
La situazione è difficile in tutto il Mezzogiorno. Mi si permetta - non è un interesse politico elettorale - di dire che la più difficile e la più grave è quella della Sicilia. In Sicilia orientale non c'è acqua per scopi irrigui e, come ho detto, si rischia di azzerare il settore produttivo, ancora considerato primario, dell'agricoltura. In Sicilia occidentale alle difficoltà per le acque irrigue per l'agricoltura si aggiunge anche la mancanza di acqua potabile. Agrigento e Palermo sono le città che soffrono maggiormente la sete. Il Governo sa che ci sono stati problemi anche di ordine pubblico, ci sono stati arresti e scontri, sono scese in piazza le donne per chiedere l'acqua nelle abitazioni.
Sì, sappiamo, lo dico con onestà, che la regione siciliana sconta ritardi nella gestione delle infrastrutture; non possiamo però sottacere un fatto, un passaggio che non può essere trascurato. Nella fase finale della scorsa legislatura l'allora ministro dell'interno, onorevole Enzo Bianco, nominò un commissario per l'emergenza idrica, il generale Jucci, non un uomo di apparato, non un uomo politico. Il generale Jucci stava svolgendo un ottimo lavoro, anzi ha svolto un ottimo lavoro: un progetto serio per l'emergenza ed anche per la prospettiva. Dopo le elezioni regionali il presidente Cuffaro, riprendendo la bandiera delle prerogative statutarie - in questo caso anacronistiche, datate, fuori luogo - ha determinato la rimozione del generale Jucci.
Dopo la rimozione, il silenzio: il presidente Cuffaro ha fatto trascorrere quattro mesi, probabilmente determinanti. Sappiamo che in questi quattro vi è stata una lotta interna al Polo per scegliere la strada da seguire; alla fine la scelta è caduta su Cuffaro come commissario straordinario. Lo abbiamo detto allora e lo ribadiamo oggi: il presidente della regione era il meno idoneo, intanto per un fatto istituzionale. Egli, infatti, deve lavorare su più fronti e non può pertanto dedicare il proprio tempo esclusivamente alla situazione drammatica della Sicilia in tema di disponibilità di acque irrigue e di acque potabili. Soprattutto, l'onorevole Cuffaro è il meno idoneo perché per cinque anni consecutivamente, nella passata legislatura, è stato assessore all'agricoltura; ebbene, in quel periodo sappiamo che egli ha utilizzato le strutture per i fabbisogni irrigui, che sono fondamentali, ed i consorzi di bonifica, non per superare i problemi che stiamo ora scontando, bensì per fare degli stessi consorzi di bonifica soltanto strumenti di potere, possibilità per un maggiore clientelismo, strumenti per andare avanti con un sistema parassitario.
Ebbene, con Cuffaro presidente e commissario straordinario non si è eseguita alcuna opera di monitoraggio del reale fabbisogno di acqua; è continuata la frammentazione gestionale e organizzativa che il generale Jucci voleva superare (tale obiettivo era alla base sua azione); non si è dato seguito alla legge Galli e non si sono definiti, quindi, gli ambiti territoriali ottimali; non si è seguita la strada della progettazione e della manutenzione (per non parlare della consegna dei lavori). Anzi, stamani il presidente dice - dopo un anno dal suo insediamento - che al più presto si andrà avanti con i collaudi per la fruizione di dieci dighe, un atto amministrativo che il governo della regione avrebbe potuto emanare un anno fa. Certo, era importante per il centrodestra siciliano riprendere il controllo di una preziosa risorsa, economica e politica, perché in una terra in cui si sta facendo di tutto per trasformare i diritti in concessione, avere la possibilità di gestire l'acqua significa poter continuare nella discrezionalità e nell'intermediazione.
No, non vogliamo che la Sicilia abbia ancora questi problemi, e per evitare di avviare solo una sterile polemica, di lanciare solo accuse generiche, vogliamo anche essere propositivi. Diciamo pertanto che il Governo deve assumere alcuni impegni: certo, non può avere la bacchetta magica - il problema della crisi idrica riguarda tutto il Mezzogiorno - però chiediamo di rafforzare l'azione di coordinamento con le strutture competenti, di
lanciare - di concerto con tutte le regioni meridionali - un piano di manutenzione e di ristrutturazione degli impianti per evitare gli sprechi, per ottimizzare l'utilizzo dell'acqua, per riutilizzare le acque reflue. Riteniamo che ci debba essere, soprattutto, un intervento serio all'interno del prossimo documento di programmazione economico-finanziaria. È quella la sede in cui bisognerà individuare le risorse da destinare al Mezzogiorno, per superare la crisi idrica e per dare spazio all'agricoltura. Voglio ricordare che, nonostante le nostre interpellanze, gli agricoltori che quest'anno hanno perso il prodotto, che hanno avuto gravi difficoltà e danni alle strutture agricole, non hanno ancora ricevuto un solo euro; anzi, la latitanza del Governo in materia di agricoltura continua, e non si utilizzano i fondi previsti dalla legge finanziaria per il 2001, varata dal Governo di centrosinistra.
Infine, per la Sicilia si prenda atto dell'eccezionalità della situazione, onorevole sottosegretario Viceconte, e non si continui con i tentennamenti. È stato detto che il Governo opererà in termini di protezione civile; ci auguriamo che non si adotti lo stesso modo di procedere che il Governo ha impiegato riguardo l'emergenza costituita dall'Etna. Allora, in quest'Aula, il ministro dell'interno fece molte promesse, nessuna delle quali fu mantenuta.
Si operi soprattutto guardando alle popolazioni, sapendo che vi è la necessità di acqua potabile per usi civili e si provveda in qualsiasi modo.
Chiediamo che il Governo mobiliti anche l'esercito al fine di consentire il giusto utilizzo di acqua potabile alle popolazioni, in modo da superare le preoccupazioni presenti particolarmente nelle famiglie siciliane delle città di Palermo ed Agrigento; si crei quell'unità di crisi, che è stata predisposta in maniera seria.
Il Governo prenda atto che il passaggio delle competenze al presidente della regione ha peggiorato la situazione: si torni ad individuare un'autorità unica, un commissario al quale attribuire pieni poteri, che possa operare riferendosi agli interessi complessivi dei siciliani, che eviti di utilizzare l'emergenza per fare clientelismo e per trasformare i diritti in concessioni....
PRESIDENTE. Onorevole Burtone, la prego di terminare il suo intervento.
GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Si operi per ridurre gli enti inutili e, soprattutto, si dia vita ad una attività seria per fronteggiare subito l'emergenza della crisi idrica in Sicilia (Applausi dei deputati del gruppo Margherita-DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Angelino Alfano. Ne ha facoltà.
ANGELINO ALFANO. Signor Presidente, avrei svolto un ragionamento diverso se avessi ascoltato solo la parte finale dell'intervento del collega Burtone; quanto affermato dall'onorevole Nicola Rossi e dall'onorevole Burtone mi induce a modificare leggermente i termini del mio ragionamento.
Di fronte a drammatiche vicende come quelle avvenute in queste ore e in questi giorni nel Mezzogiorno e più specificamente in Sicilia, tutto si può fare tranne che giocare con le parole. Non è si può condurre un attacco, come ha fatto l'onorevole Nicola Rossi, al presidente della regione siciliana, l'onorevole Cuffaro, sostenendo che egli è al governo della regione siciliana da molti anni (anche come assessore) ed attribuendogli la responsabilità della crisi idrica in Sicilia mentre, contemporaneamente, si omette, in presenza dei gravissimi fatti di Palermo, di ricordare che chi ha amministrato Palermo per sedici anni ha consegnato la città ai suoi cittadini e all'Italia intera nelle condizioni cui si trova oggi; allora il sindaco non era l'onorevole Diego Cammarata, ma un altro sindaco, per più di un decennio, ha amministrato la città.
Per converso, l'onorevole Burtone ha affermato che la scelta più inidonea è stata quella di nominare il presidente Cuffaro come commissario per l'emergenza idrica, dimenticando che il ministro degli interni da lui stesso citato, l'ex ministro
Bianco, nominò commissario per l'emergenza idrica in Sicilia il presidente della regione diessino, l'onorevole Capodicasa.
Credo che, di fronte a questi fatti, occorra il più possibile mostrare senso della responsabilità istituzionale: o la colpa è del passato - ed il passato riguarda l'ex sindaco Orlando, il presidente Cuffaro ed altri - e quindi essa si divide pro quota (perché fu assessore di governi diversi) oppure guardare al futuro.
Per guardare al futuro, vorrei compiere un passo indietro: negli anni ottanta in Sicilia è stata realizzata una politica delle acque sbagliata, anche perché essa non si è compiuta definitivamente (l'onorevole Bortone può rendere testimonianza di quanto affermo perché in quegli anni ricopriva l'incarico di assessore all'ambiente e al territorio, alla sanità della regione siciliana). Considero tale scelta sbagliata perché essa è stata fondata su una politica degli invasi: lo schema di ragionamento complessivo si basava sulla necessità di costruire luoghi di raccolta dell'acqua piovana da interconnettere attraverso un sistema di adduzione che avrebbe consentito l'erogazione in tutta la Sicilia.
Dato che non si fecero le reti di adduzione, si costruirono gli invasi e non si misero in comunicazione tra di loro. A ciò si aggiunge un piccolo particolare, per quanto riguarda la Sicilia, che l'onorevole Viceconte ha testè citato. Mi riferisco al fatto che ci sono gli invasi, mancano le opere di adduzione e non piove. Il fatto che non piova - capisco che una volta si diceva «piove, Governo ladro» ma «non piove, Governo ladro» mi sembra eccessivo - può essere un elemento determinante per accertare le responsabilità che non sono certamente del Governo Berlusconi o del sottosegretario Viceconte.
Dico ciò come premessa, sebbene il tempo a mia disposizione sia poco, per concludere brevemente in questo modo. Abbiamo due o tre obiettivi da raggiungere: la realizzazione di quanto previsto dal POR; la realizzazione di quanto previsto dal quadro comunitario di sostegno; la realizzazione di quanto previsto in sede di negoziato tra la regione siciliana ed il Governo Berlusconi per quanto riguarda l'accordo di programma quadro sulle risorse idriche. Alcune opere sono già state appaltate e servono a superare la vetustà della rete idrica siciliana, a far sì che vengano potenziate alcune condotte che portano l'acqua dai luoghi in cui esistono i dissalatori a quelli privi di approvvigionamento idrico. Altre opere sono in via di appalto.
Vi è una soluzione radicale per la quale io personalmente, già nel 1995, raccolsi più di 10 mila firme. Mi riferisco alla soluzione dei dissalatori. Il governo Cuffaro la sta valutando con attenzione; non so se vi siano i privati cui faceva riferimento poc'anzi l'onorevole Nicola Rossi pronti ad interessarsi di queste cose. Ovviamente, la politica dei dissalatori va coordinata con la loro sostenibilità economica in funzione del costo di realizzazione dell'opera ed in funzione della sostenibilità del costo al litro d'acqua del cittadino.
Concludo, signor Presidente, signor sottosegretario, dicendo che il Governo Berlusconi sarà valutato dalla Sicilia e dai siciliani in funzione della capacità che avrà di realizzare quanto detto poc'anzi (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Antonio Leone. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, per una questione di metodo vorrei capire se si debba accedere o meno ad alcune tesi: mi riferisco a quelle sostenute dal collega Nicola Rossi e dai colleghi dell'opposizione che mi hanno preceduto. Bisogna o meno prendersela con chi c'era prima? E a quali livelli? Infatti, non ho capito il sillogismo del collega Nicola Rossi. Così come il collega Nicola Rossi vengo da una terra, la Puglia, che ha sete come la Sicilia. Si dice: la colpa è della regione Puglia e di questo Governo perché non fa nulla per risolvere il problema dell'emergenza idrica; però, non bisogna prendersela con chi c'era prima. Se il
livello di cui stiamo discutendo è quello governativo, allora dobbiamo necessariamente riportare la nostra mente a quanto è accaduto nella scorsa legislatura e a cosa ha fatto, o meglio non ha fatto, il Governo di centrosinistra per il problema dell'emergenza idrica in tutto il Mezzogiorno e, aggiungo io, principalmente in Puglia.
Proprio chi vi parla ha sollevato in quest'aula il problema dell'emergenza idrica sin dal 2000, all'epoca del Governo D'Alema, poi seguito dal Governo Amato. Posso dire tranquillamente, come si dice dalle nostre parti, che il grido di dolore lanciato in quest'aula per l'emergenza idrica, da un orecchio è entrato e - mi si passi il termine - dall'altro è uscito. Con un'interrogazione - parlo di question time, addirittura in diretta televisiva - il sottoscritto alzò il polverone sul problema dell'emergenza idrica. A seguire vi sono state una serie di risoluzioni, di ordini del giorno e di interrogazioni proposte da me e dal collega Pepe di Foggia, della Capitanata, altra terra che ha sete. A tutto quello che è stato detto in quest'aula da parte dell'allora opposizione non è seguito nulla.
Dunque, nel momento in cui si dice che questo Governo, insediato da un anno, non ha fatto nulla, mi si deve dire cosa può fare un Governo per affrontare un'emergenza come quella idrica. Non far nulla significa inserire nell'ultima finanziaria prebende per quanto attiene i danni causati dall'emergenza idrica degli agricoltori?
Nel momento in cui si inserisce nel collegato per le infrastrutture tutta una serie di provvedimenti per infrastrutture che debbono essere realizzate per risanare gli acquedotti e per condurre acqua da altri siti nelle regioni che ne hanno bisogno; considerato che il sottosegretario Viceconte, a cui è stata data la delega - e che ringrazio per il lavoro che sta facendo -, è uomo del sud e, quindi, conosce benissimo il problema; nel momento in cui si insediano tavoli tecnici, si fanno conferenze di servizi, accordi di programma con le regioni che hanno l'acqua e che la debbono cedere alle altre regioni; nel momento in cui, sino a questa mattina, il Consiglio dei ministri adotta ulteriori provvedimenti per l'emergenza idrica, in quest'aula si viene a dire che non si risolve il problema dell'emergenza idrica perché il Governo non ha fatto nulla e la colpa è del presidente Fitto o del presidente della regione Sicilia o dei presidenti delle altre regioni governate dal centrodestra.
Nel momento in cui il Governo è pronto, così come lo è stato nel giro di poche ore in altri momenti e come è accaduto per quanto attiene a questo problema e a questa informativa perché, chiamato ieri, puntualmente è venuto a riferire su tale problema, mi si deve dire che cosa avrebbe dovuto fare l'esecutivo e non affermare come fa strumentalmente il collega Folena nelle sue dichiarazioni - e, purtroppo, oggi anche il collega Rossi -, che il Governo si affida solo e soltanto alla danza della pioggia per risolvere il problema dell'emergenza idrica.
Tra l'altro, debbo dire che quella frase mi appartiene perché la pronunciai proprio durante lo svolgimento di un question time, nel momento in cui l'allora ministro Nerio Nesi ebbe a balbettare sul problema fornendo indicazioni che non erano assolutamente pertinenti in riferimento a provvedimenti a cui il Governo non ha mai dato seguito.
Allora, se si deve strumentalmente sfruttare il problema della siccità e dell'emergenza idrica nel sud, questo modo di fare se lo attribuisca pure l'opposizione perché il Governo, invece, responsabilmente, sul piano dell'operatività sta mettendo in atto tutta una serie di provvedimenti che saneranno quello che i Governi di centrosinistra non hanno inteso mai fare, creando infrastrutture, salvando quel poco di acqua che abbiamo a disposizione e che il buon Dio ci manda. Per il futuro non dimentichiamo che il problema dell'emergenza idrica non è legato solo e soltanto alla Puglia, alla Sicilia ma è un problema mondiale e da un microstudio, dato che è parcellizzato, prodotto da americani si desume che nel 2025 ci saranno risorse idriche pari a un terzo di quelle
attuali. Per esempio, la Puglia, da qui a vent'anni, avrebbe solo e soltanto un terzo dell'acqua che oggi il buon Dio ci manda.
Sono queste le argomentazioni che il Governo precedente non ha tenuto in considerazione; non sapeva neanche dell'esistenza di questo studio e non ha dato corso ad alcun provvedimento.
Invece, sono queste le cose che questo Governo ha in debita considerazione e sta operando per risolvere il problema (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vendola. Ne ha facoltà
NICHI VENDOLA. Signor Presidente, è pur vero che tutti i colleghi sono spiritualmente presenti ma il voto di questa Assemblea consegna - lo dico come osservazione preliminare - a tutti noi il problema che non possiamo più considerare una specie di incombenza burocratica le discussioni che sono al centro del dibattito mondiale. L'altra sera, in quella che ho chiamato pantomima notturna, ci siamo occupati della ratifica dei protocolli di Kyoto con una finzione di dibattito e di votazione e questa sera, a ranghi poco serrati, ci occupiamo di acqua.
Per quanto riguarda la seconda osservazione, trovo francamente di un provincialismo insopportabile il rimpallo delle responsabilità tra chi c'era ieri, avant'ieri e oggi, tanto più quando c'è qualcuno che è sempre presente, come Totò Cuffaro che riesce immarcescibile ad essere protagonista di tutte le stagioni: almeno lui avrà una qualche responsabilità.
Stiamo parlando di un problema che angustia il mondo intero, dato che vi sono 1 miliardo e 200 milioni di esseri umani senz'acqua, con una persona ogni venti secondi che muore per l'assenza di acqua.
Le guerre si fanno e si faranno sempre di più per l'acqua piuttosto che per il petrolio.
Molti colleghi, da una parte e dall'altra, non hanno passione per la geografia, non si chiedono, ad esempio, per quale motivo sulle cartine geografiche non debba esistere il Kurdistan; certo, perché siete tutti complici della Turchia che è un partner importante della NATO! In quel territorio ci sono le foci del Tigri e dell'Eufrate, dunque vi è un problema di possesso di questa straordinaria e preziosa risorsa che, sempre di più nel futuro, sarà causa di conflitto.
Emergenza. Vede, signor sottosegretario, quando ero un bambino con i pantaloni corti accompagnavo mio padre, a 20 chilometri dal mio paese, con le taniche e i secchi per recarmi all'unica fontana, dalla quale si approvvigionavano una decina di comuni.
Io, pugliese, sono cresciuto con questa sete, che intreccia la storia del degrado e poi della modernità, la storia dell'incivilimento e anche del suo carattere talvolta corruttivo, la storia del secondo più grande acquedotto del mondo, l'acquedotto pugliese.
In Sicilia, occupandomi in tutti questi anni di criminalità organizzata, ho imparato che l'acqua è stata uno degli strumenti storici che, lungo il corso di un secolo, hanno caratterizzato il dominio mafioso sul territorio, sulle genti. Se dovessimo fare un calcolo delle risorse drenate dalla Sicilia in tutta la sua storia per reti acquedottistiche e invasi, ne risulterebbe una cifra da far spavento. Voi sapete qual è il rozzo detto che si usa in Sicilia: con i soldi per l'acqua molti hanno mangiato, ma nessuno ha bevuto; infatti, il problema è ancora lì davanti ai nostri occhi.
Come dire «emergenza»? Il rischio di questa parola non è soltanto quello di una improprietà semantica, ma quello di trascinarsi appresso logiche di risposta emergenziale.
Signor sottosegretario - glielo dico con estrema cortesia, in amicizia -, quando sono entrato qui ho avuto l'impressione di essere in una sede di acquedotto e di ascoltare la relazione di un tecnico di un acquedotto. Io che frequento spesso le stanze degli uffici dell'acquedotto pugliese per un istante ho detto: ma dove sono, a Montecitorio o a sentire Pallesi e i suoi tecnici?
Avevamo bisogno di un ragionamento più di fondo; invece, il ragionamento, da un lato è tutto schiacciato su un gergo pieno di tecnicalità e, dall'altro, su questo sport - veramente poco entusiasmante -, relativamente a chi, nell'arco di piccole stagioni di Governo, ha fatto peggio o meglio.
Vi è o no un problema che attribuisce una responsabilità a chi governa oggi, ad esempio, la Sicilia o la Puglia? Questa emergenza idrica che ci sta piombando addosso in tutto il Mezzogiorno - e badate si tratta di un'emergenza idrica che ha cominciato a far capolino nelle regioni del nord, che comincia a pesare anche sull'agricoltura del Piemonte o della Toscana - è un fenomeno abbondantemente annunciato. Ma l'Assemblea regionale siciliana - come sapete - brilla per una specie di vacanza permanente, è come se non avesse la massima autorità istituzionale. Un organo che, addirittura, ha il crisma di un Parlamento, grazie alla autonomia siciliana, non ha adottato nessun provvedimento; anzi, l'aula dell'Assemblea regionale siciliana è da tempo vuota per assenza di progetti di legge. Evidentemente, non hanno grandi problemi da affrontare!
E lo stesso dicasi per altre realtà. L'onorevole Antonio Leone sa benissimo che non soltanto la drammatica crisi idrica nelle campagne di Capitanata, ma che anche il cuore di una grande capitale europea, come Bari, è stato per quattro mesi senza acqua, con scene da terzo mondo, con rischi di epidemie. E su questo i commissari straordinari, i due rispettivi governatori, sono stati responsabili di una latitanza e di un silenzio. Come si fa a negare questo aspetto, che è sotto gli occhi di tutti? Signor sottosegretario, ella, che frequenta la Puglia, sa benissimo che il dibattito che appassiona la classe politica di governo in Puglia, da tantissimo tempo, è: a chi vendere l'acquedotto pugliese. È l'esito di una scelta dissennata che mette insieme la responsabilità del centrodestra e del centrosinistra.
Io, per chi mi conosce - e forse il sottosegretario mi conosce -, non sono una persona ossessionata dai propri fantasmi ideologici e penso che tanti beni si possano privatizzare. Privatizzare un bene come l'acqua, senza che questo determini un mercato ed una concorrenza, che garanzie porta in più? Il privato che acquista l'acquedotto, che non ha un concorrente e che ha come specifico interesse quello di realizzare più profitti, che garanzie ci dà in più, dal punto di vista della rete dei depuratori, della manutenzione delle reti, della purezza del prodotto? Sono domande che, in realtà, in questa specie di disfida di Barletta che tanto vi appassiona, rischiano di restare sullo sfondo.
Quindi, la privatizzazione per me è una delle risposte più sbagliate al problema drammatico che abbiamo di fronte. Questa è l'osservazione politica che più mi sta a cuore. Attenti: da tutte le parti può venire la sollecitazione a scelte che, apparentemente, agevolano la situazione e portano un sollievo alle popolazioni assetate ma che, sui tempi medi, aggravano i problemi. Se la soluzione al problema dell'acqua è un miraggio ingegneristico ipertrofico - tutto il potere agli ingegneri, nuove dighe, nuovi invasi, nuove reti acquedottistiche -, noi rischiamo di aggravare ulteriormente il dissesto idrogeologico che è la causa principale del nostro problema. Noi ne abbiamo tanti di invasi in Puglia. È vero, signor sottosegretario? Per quale motivo sono vuoti? Perché non piove. Diciamo: piove meno e piove male. Lei sa che le precipitazioni meteorologiche in Italia sono diminuite lo scorso anno del 20 per cento sull'anno prima e l'anno prima del 20 per cento sull'anno precedente. Davvero dobbiamo fare la danza della pioggia? Non solo. Ma quando piove, piove male: appena piove c'è il rischio Sarno, c'è non il beneficio dell'acqua ma il maleficio del fango. È una specie di sortilegio.
Allora, qual è il problema? Il problema è che non ci sono più gli alberi; il problema è che non c'è più territorio; il problema è che la cementificazione e la devastazione del territorio hanno compromesso
i cicli naturali; il problema è l'inquinamento delle falde. Certamente, so bene che il problema è lo spreco, che raggiunge nel sud una percentuale variabile dal 40 all'80 per cento - picchi incredibili - e che è dovuto alla mancanza di manutenzione delle reti acquedottistiche.
All'acquedotto pugliese, per trent'anni, non hanno fatta alcuna manutenzione. Non parliamo della Sicilia. Bisognerebbe chiedere non agli enti preposti ma al clan D'Anna di Terrasini che si fa pagare dalla regione e che si fa pagare dai cittadini, doppiamente, il prezzo dell'acqua.
PRESIDENTE. Onorevole Vendola, la invito a concludere.
NICHI VENDOLA. Signor Presidente, ho finito. Allora, il punto è che noi rischiamo di inventarci, di volta in volta, un'illusione - diciamo così - che crede di porre rimedio ad un male, aumentando e dilatando, invece, le cause del male. Questa è la discussione che in un'altra sede mi piacerebbe fare sul serio. Signor sottosegretario, dovrebbe chiedere lumi al ministro Lunardi su quali siano i rischi di quel modello di infrastrutture e di grandi opere che egli ci viene proponendo: l'Italia ha bisogno di grandi opere e di grandi infrastrutture, la prima delle quali è il riassetto idrogeologico del territorio, senza di che non c'è una risposta strutturale a questa antica e maledetta sete che ci porteremo ancora per lungo tempo.
PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Pistone e Lion che avevano chiesto di parlare: s'intende che vi abbiano rinunziato.
È così esaurita l'informativa urgente del Governo sull'emergenza idrica nel Mezzogiorno.
Ringrazio il sottosegretario di Stato per le infrastrutture ed i trasporti, onorevole Viceconte.
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