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PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulle risoluzioni presentate.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Craxi. Ne ha facoltà.
BOBO CRAXI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, non è senza preoccupazione che ci accingiamo ad assumere una decisione delicata e difficile; questa volta non si tratta solo di enunciare una pur sentita solidarietà al popolo e al Governo degli Stati Uniti, bensì di schierarsi partecipando alla guerra contro il terrorismo. I nostri soldati sono chiamati a difendere i valori di libertà, i diritti umani, i principi della convivenza civile. La guerra, anche quando è combattuta con mezzi tecnologicamente avanzati, anche quando è legittimata dall'offesa arrecata l'11 settembre, essa è di per sé sempre un'incognita e dietro l'angolo esiste sempre il rischio dell'avventura. L'Italia non poteva sottrarsi dall'opera di contrasto nella lotta contro i terrorismi: è così ha fatto. L'Italia deve spendere tutto il suo prestigio internazionale innanzitutto concorrendo alle soluzioni pacifiche dei conflitti nel Medio Oriente; il Governo, ed anche il Parlamento della Repubblica vanno apprezzati per gli sforzi che sono stati operati in questi mesi; ora ci compete un di più, e non ci potrà essere il piano Marshall per la Palestina se non ci sarà prima una conferenza di pace per il Medio Oriente, e il nostro paese dovrà farsene promotore. Per noi è fondamentale il mantenimento di un saldo equilibrio politico ed economico in tutta l'area medio orientale nel rispetto delle sovranità nazionali, delle culture e di tutte le religioni. Mi auguro che questo intervento militare rimanga ispirato alla ragione di giustizia che lo presiede e che l'Italia si contraddistingua, come d'altronde è avvenuto nel passato, anche per il suo contenuto umanitario.
PRESIDENTE. Onorevole Craxi, si avvii a concludere.
BOBO CRAXI. Presidente, sto concludendo. Onorevoli colleghi, l'Italia non è all'anno zero della politica estera, e se essa è rispettata nel mondo lo si deve innanzitutto ai partiti che per un lungo periodo l'hanno governata, in una fase diversa della storia politica italiana che non fu proprio tutta da buttare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.
KARL ZELLER. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, il gruppo della Südtiroler Volkspartei voterà a favore delle risoluzioni che sostengono la missione militare italiana in Afghanistan. Riteniamo infatti che non possiamo far mancare il nostro consenso su una decisione che impegna non solo l'Italia ma tutti gli altri paesi NATO, pur essendo consapevoli della delicatezza di questa impresa.
Il fenomeno Bin Laden non è, infatti, passeggero. L'operazione militare sarà lunga e rischiosa e non potranno essere escluse dolorose perdite anche di soldati italiani. Per tale motivo l'azione deve essere mirata e ben ponderata; non chiediamo, infatti, che bombardamenti a tappeto, di un paese già distrutto dalle precedenti guerre, con centinaia di vittime tra la popolazione civile, portino al desiderato successo.
È, tuttavia, evidente che l'Italia non può chiedere di essere coinvolta in decisioni militari se non è disposta a svolgere la sua parte. Siamo convinti che l'Italia non possa sottrarsi all'assunzione di responsabilità nella lotta contro il terrorismo internazionale. Di fronte all'attacco terroristico agli Stati Uniti, non possiamo restare indifferenti, in quanto è stata aggredita anche la nostra civiltà, il nostro sistema democratico e, in particolare, la nostra libertà.
Non vi può essere alcun dubbio che, anche a voler prescindere dagli obblighi scaturenti dal Patto atlantico, gli Stati Uniti meritino il nostro appoggio e la nostra piena solidarietà. Sia chiaro, però, che si tratta di una lotta contro dittature sanguinose, che fungono da base per cellule terroristiche e non di operazioni belliche contro un paese, una popolazione o una comunità religiosa straniera.
Proprio per evitare qualsivoglia impressione di una guerra tra culture, quella occidentale e quella araba, riteniamo fondamentale il dialogo con gli esponenti
dell'islam, il coinvolgimento dei paesi arabi moderati, il rilancio del processo di pace in Medio Oriente e un forte e massiccio impegno sul fronte degli aiuti umanitari.
Il vero obiettivo dell'azione terroristica è, infatti, la destabilizzazione del mondo arabo e il sovvertimento dei Governi islamici moderati.
Consideriamo positivo anche l'allargamento della coalizione alla Russia e alla Cina, anche se abbiamo l'impressione che tale sostegno non sia sempre fine a se stesso, ma persegua ben altri scopi, vale a dire avere la mano libera per l'oppressione, all'interno dei propri confini, di minoranze etniche o religiose che lottano per i loro sacrosanti diritti.
Tuttavia, comprendiamo anche il disagio e le perplessità di chi non condivide l'azione militare, ma crediamo non sussista un'alternativa valida e concreta.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pecoraro Scanio. Ne ha facoltà.
ALFONSO PECORARO SCANIO. Signor Presidente, esponenti del Governo, colleghi, è evidente che una decisione importante e impegnativa come quella che oggi viene sottoposta al Parlamento, vale a dire l'invio delle truppe italiane in operazioni di guerra, sia una scelta che nessuno può ritenere di poter prendere a cuor leggero.
Credo, soprattutto - rispondendo anche al ministro Martino, il quale evidenziava l'importanza della maggioranza e dell'opposizione e quindi del Parlamento - che il Parlamento abbia un dovere supremo nei confronti del paese, quello di saper rappresentare gli italiani e noi sappiamo, signor Presidente, che gli italiani non sono unanimi nell'usare la guerra e le bombe come strumento contro il terrorismo.
L'Italia è unanime nel condannare Bin Laden, il terrorismo, il barbaro attentato delle Twin Towers. Sappiamo che l'alleanza internazionale è amplissima, di tanti paesi, alcuni dei quali collaborano con operazioni di intelligence e iniziative diplomatiche, altri compiono i bombardamenti e altri ancora, come il nostro, si apprestano a dare un contributo di tipo militare.
È ormai trascorso un mese dall'inizio dei bombardamenti in Afghanistan; in un mese ci sono state centinaia di vittime civili e le organizzazioni internazionali e l'ONU parlano di circa 6 milioni di profughi. In quei paesi sta iniziando l'inverno e per gli aiuti umanitari forse ci sono solo altre due settimane. Ciò è stato confermato dalle donne che sono andate in Pakistan a parlare con le donne afghane, che rappresentano l'unica vera opposizione ai vari sistemi integralisti che rischiano di essere presenti in Afghanistan.
I Verdi ritengono sia un dovere non solo della nostra coscienza, ma anche del nostro compito di rappresentare tutti gli italiani, rappresentare in un Parlamento democratico anche i tantissimi italiani che dicono «no» al terrorismo e che, tuttavia, non ritengono la guerra e le bombe strumenti adatti a contrastarlo.
E lo dicono dopo un mese, dopo un mese di bombardamenti in cui non abbiamo visto alcun terrorista catturato: nessuno dei 3 mila uomini di Bin Laden è stato sottoposto, in realtà, ad un valido intervento internazionale. E continuiamo ad assistere, da un mese, alla propaganda di Bin Laden che istiga gli islamici del mondo, su tutte le televisioni del pianeta, facendo vedere bambini ammazzati in Afghanistan. Si tratta di appelli all'omicidio: stranamente, nessuno pensa che sia possibile, perlomeno, disturbare queste trasmissioni, che non sono interviste giornalistiche, ma appelli all'omicidio a livello internazionale. Non capiamo come mai ci sia tanta disponibilità a bombardare e nessun intervento di intelligence, nemmeno per limitare la vera arma usata da Bin Laden e dal terrorismo: la propaganda a livello internazionale. Questi sono i temi che noi riteniamo centrali, signor Presidente.
Poco fa, qualche minuto fa, il presidente del Pakistan Musharraf ha rivolto un appello agli Stati Uniti ed a tutti i paesi
occidentali perché sospendano i bombardamenti durante il Ramadan. E Musharraf è un componente di quest'alleanza contro il terrorismo. Eppure, ritiene drammatico e molto pericoloso continuare i bombardamenti durante un mese sacro agli islamici di tutto il mondo. Vi invitiamo soltanto a riflettere su questi aspetti. Noi non possiamo che confermare la nostra scelta, come Verdi e come parte dell'Ulivo, che sappiamo su posizioni diverse; tuttavia, la confermiamo, in rappresentanza dei tantissimi italiani che la pensano esattamente come noi. In un Parlamento democratico, dove tutti hanno diritto ad essere rappresentati, anche gli italiani che sono contro l'uso delle bombe e della guerra, noi non possiamo che votare contro la risoluzione del centrodestra che chiede l'invio delle truppe e contro la parte dell'altra risoluzione che fa esplicito riferimento a ciò. Ma poiché l'importante risoluzione dell'Ulivo sarà posta in votazione per parti separate, noi voteremo a favore della parte in cui si chiede, anche in modo rilevante, di evitare conflitti di civiltà, di dare aiuti umanitari e di lavorare per uno Stato indipendente della Palestina. Riteniamo, infatti, che il nostro paese debba fare tutto il possibile per la pace e per la democrazia nel pianeta, anche con l'uso della forza quando essa serve a prendere i criminali, ma senza provocare vittime innocenti e profughi. Noi lo faremo con coscienza. Riteniamo che questo sia un tema di grande rilievo e che siamo tenuti a rispondere all'esigenza di un vero dibattito.
Ad oggi, i bombardamenti non hanno determinato una soluzione dei problemi. Noi temiamo che si rischi di fare un regalo ai terroristi, provocando ulteriori kamikaze in tutto il mondo e, quindi, una sorta di guerriglia planetaria. Oggi rischiamo di rispondere ad un fenomeno nuovo come il terrorismo internazionale con uno strumento vecchio come la guerra, con uno strumento generico che non è intelligence, non è attività per la cattura dei terroristi. Si rischia seriamente di non avere alcuna capacità di risposta al problema.
Quindi, voteremo «no» alla guerra, voteremo «no» al lancio delle bombe. Saremo favorevoli, signor Presidente, a tutte le iniziative umanitarie di pace e riteniamo che, da questa parte, molti degli italiani abbiano la stessa opinione (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boselli. Ne ha facoltà.
ENRICO BOSELLI. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, colleghi, anche noi siamo perfettamente consapevoli del ruolo cui è chiamata l'Italia, insieme ai principali paesi europei, nel confronto politico e militare in atto contro le reti del terrorismo internazionale. Come hanno detto in questo dibattito altri colleghi e lo stesso ministro della difesa, si tratta di un compito del quale non dobbiamo nasconderci difficoltà e pericoli - come dimostrano anche le tragiche e ripetute esperienze del passato per gli inglesi e, per ultimo, per i russi -, ma al quale dobbiamo adempiere nella consapevolezza che non vi sono alternative.
Lo scopo delle azioni militari alle quali stiamo per partecipare non ha mire colonialiste, né imperialiste. Per noi, sono eroi coloro i quali sono caduti nel contrasto militare di polizia contro il terrorismo, coloro che, come i pompieri di New York, hanno dato la vita nel tentativo di salvare altre vite ed anche coloro che, in Pakistan ed in Afghanistan, rischiano ogni sorta di pericolo per cercare di alleviare gravissime sofferenze con aiuti umanitari. Ma il terrorismo che ha colpito le torri di New York e il Pentagono capisce solo le ragioni della forza.
Non dobbiamo mai dimenticare però che la lotta al terrorismo si fa più fronti: politici, diplomatici, di intelligenza, di polizia, militari e finanziari. In primo luogo, nell'agenda internazionale deve restare, come fondamentale, la pace in Medio Oriente, con la creazione di uno Stato palestinese che conviva pacificamente con
lo Stato di Israele in condizioni di reciproca sicurezza. L'azione militare in corso è solo un aspetto di una più generale strategia politica contro il terrorismo, che l'Italia e l'Europa devono sviluppare insieme agli Stati Uniti. La guerra che si sta sviluppando con i bombardamenti in Afghanistan è rivolta solo contro il regime dei talebani, che hanno dato e continuano a dare coperture, aiuti e sostegni a Bin Laden e al suo stato maggiore terroristico. Noi dobbiamo riconfermare la nostra amicizia verso il popolo afgano, verso tutto il mondo arabo che si oppone al terrorismo e verso tutti i musulmani, che sono la stragrande maggioranza e che praticano la propria religione con uno spirito di pace. Tutto ciò è possibile e deve essere fatto per evitare che sul popolo afgano ricadano le gravissime colpe del regime che lo governa dispoticamente: è nostra convinzione che la caduta dei Talebani, come è sperabile, sarebbe già per sé stessa un grande contributo affinché uomini e donne afgane, composti da tante e diverse etnie, possano finalmente avere una vita migliore.
Signor Presidente, il compito che attende le nostre Forze armate è impegnativo e rischioso. Lo scopo è chiaro: sconfiggere il terrorismo e i suoi patrocinatori. In questo senso, noi del gruppo Misto-Socialisti democratici italiani approviamo le comunicazioni rese oggi dal Governo. In questo momento, importante e grave, alle Camere non si chiede solo di dare l'assenso ad una missione militare, ma occorre soprattutto far sentire il pieno sostegno del Parlamento e dei cittadini che rappresentiamo alle nostre forze armate, che saranno impegnate in un teatro di guerra. Per adempiere a questo dovere noi del gruppo Misto-Socialisti democratici italiani abbiamo auspicato in questi giorni la più larga convergenza tra maggioranza e opposizione su un comune testo da approvare e, quindi, ci comporteremo di conseguenza con il nostro voto sulle risoluzioni. Signor Presidente, è nel nome dell'unità nazionale, più volte e giustamente esaltata come valore essenziale dal Capo dello Stato, che confidiamo in un pronunciamento largo, comune e convinto di tutti i deputati (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Socialisti democratici italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, il 9 ottobre scorso ho votato a favore della mozione presentata dalla maggior parte dell'Ulivo e di quella, della parte residua dell'Ulivo, presentata dai gruppi Misto-Verdi-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani, mentre mi sono astenuto sulla mozione della Casa delle libertà. Questa mia scelta, coerente con quelle che avevo già fatto per la Bosnia e il Kosovo, non ha provocato rotture o lacerazioni, come qualcuno temeva. Tra posizioni diverse c'è stato il pieno rispetto reciproco, un dialogo serrato, un confronto aperto, che dura tuttora nel rispetto delle differenti posizioni e delle diverse sensibilità. La cultura delle differenze, il pluralismo politico e culturale non è un limite ma una ricchezza della coalizione dell'Ulivo e anche dell'intero Parlamento, che non è una caserma disciplinata, ma l'espressione piena della sovranità popolare in tutta la sua complessità. Anche nel popolo italiano e in tutti gli altri popoli democratici vi è un pluralismo di posizioni, ansie e sensibilità diverse, desiderio di pace nella giustizia e interrogativi ricorrenti su come si possa, nel migliore dei modi, costruire e mantenere la pace nella giustizia. Dobbiamo rispettare questo pluralismo, riconoscerlo e valorizzarlo, ma dobbiamo anche saper assumere le nostre responsabilità politiche nel contesto internazionale.
L'attacco terroristico dell'11 settembre a New York e Washington, sia pure tardivamente e con giganteschi errori precedenti, ha messo tutto il mondo di fronte alla necessità di riconoscere la minaccia del terrorismo internazionale e di combatterla in modo coerente e determinato fino a sconfiggerla. La lotta contro il terrorismo internazionale deve essere condotta sul piano politico, diplomatico, economico-finanziario, culturale, sociale, con
gli aiuti umanitari, ma anche attraverso l'uso legittimo della forza. Oggi, in coerenza, con il voto del 9 ottobre, siamo chiamati ad autorizzare - anche da parte dell'Italia - l'uso legittimo della forza nel contesto delle alleanze internazionali, ma sarebbe un gravissimo errore non affrontare contestualmente - e non successivamente, ministro Martino - anche l'iniziativa politica e diplomatica per la pace in Medio Oriente, ed un'iniziativa assai più forte ed ampia per gli aiuti umanitari alla popolazione civile dell'Afghanistan.
Voterò a favore della risoluzione dell'Ulivo che prevede, giustamente, sia l'autorizzazione all'uso legittimo della forza, l'impegno del Governo al dialogo con i paesi arabi ed islamici, una rapida soluzione della situazione in Medio Oriente - con la sicurezza per Israele al riconoscimento dello Stato palestinese - sia l'impegno per una più intensa azione umanitaria a favore della popolazione civile e dei profughi dell'Afghanistan.
Mentre sono in corso azioni militari, ma anche politiche e diplomatiche, bisogna costruire una soluzione politica per l'Afghanistan del dopo talebani e nessuna soluzione politica sarà possibile se non sarà riconosciuto il ruolo delle donne afgane e delle loro organizzazioni. La misura del totalitarismo del regime dei talebani sta prima di tutto - e soprattutto - nella totale oppressione della donna, di tutte le donne. Sarà la condizione umana e civile delle donne la misura della civiltà e della democrazia per qualunque soluzione politica nell'Afghanistan del dopo talebani.
Oggi il Parlamento autorizzerà l'Italia all'uso legittimo della forza, ma dobbiamo essere tutti consapevoli che senza l'azione politica, diplomatica, economica ed umanitaria, l'uso della forza non potrà risultare vincente e le conseguenze negative potrebbero essere incalcolabili.
Per questo, nel votare a favore, riconosco e rispetto le posizioni diverse che sono presenti sia in Parlamento sia nel paese. Posizioni che dobbiamo rispettare, con cui dobbiamo dialogare e confrontarci affinché l'Italia possa far fronte alle proprie responsabilità internazionali nella pienezza della sua civiltà e della sua democrazia, nella solidarietà europea ed internazionale (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Socialisti democratici italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Diliberto. Ne ha facoltà.
OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, colleghi, il Parlamento vota oggi l'entrata in guerra dell'Italia e sembra quasi che stiamo ratificando una sorta di atto dovuto, quasi fosse ordinaria amministrazione ed invece è un evento enorme: temo che ci stiamo abituando alla guerra.
Dal 1991 - sono passati ormai dieci anni - la politica estera sembra si possa esercitare quasi solo con le armi, ma proprio questi dieci anni ci avrebbero dovuto insegnare che le guerre sono inefficaci a risolvere i problemi del mondo che restano infatti inalterati, quando non peggiorano.
Le guerre sono inefficaci, controproducenti proprio per debellare il terrorismo che si diffonde e trova il suo alimento, i suoi proseliti grazie alle tragedie, ai massacri, ai profughi, alla fame, alla disperazione.
In questi giorni migliaia di volontari vanno ad arruolarsi nelle armate dei talebani: ciò non ci suggerisce nulla? L'idea di una guerra santa prende corpo e si diffonde in tutto il mondo islamico, destabilizza governi, rende il mondo intero una polveriera.
Noi non vogliamo abituarci alla guerra e tantomeno all'idea che per contare su scala internazionale vi si debba partecipare. Questa è una guerra in cui non si prevedono confini, limiti temporali, obiettivi realistici: una catastrofe umanitaria - come tutti sappiamo - è alle porte.
Noi comunisti siamo contro la guerra e chiediamo l'uso della forza per prelevare e punire i terroristi, ma siamo - lo ripeto - contro la guerra.
In fondo - sembra quasi blasfemo ricordarlo in questo strano clima consociativo
- lo dice la Costituzione repubblicana.
L'Italia, quell'Italia uscita stremata proprio da una guerra, quell'Italia che scrisse la Costituzione antifascista, era un'Italia che ripudia la guerra.
Noi crediamo di rappresentare con questa posizione - certo di minoranza nell'Ulivo - un sentimento diffuso nel popolo italiano, diffuso soprattutto nel popolo dell'Ulivo; un popolo, dunque, molto più grande di quello rappresentato da noi Comunisti italiani e dai Verdi, attraversato da dubbi, da angosce quando non da aperta contrarietà rispetto alla guerra.
Donne e uomini della sinistra, come del mondo cattolico, la tavola della pace, l'ARCI, gli organizzatori della Perugia-Assisi, non dei pericolosi estremisti, chiedono la sospensione dei bombardamenti; Giulio Andreotti ha chiesto la sospensione dei bombardamenti almeno per il mese del Ramadan.
È così stravagante che lo chiediamo noi, Comunisti italiani ed i colleghi verdi?
L'Ulivo, la coalizione di cui facciamo parte, ha assunto un diverso orientamento dal nostro; lo rispettiamo, ma chiediamo che sia rispettato anche il nostro orientamento, che ha altrettanta legittimità. Con la nostra presa di posizione, con il nostro voto parlamentare, che sarà contrario alla partecipazione dell'Italia alla guerra, coerentemente alla nostra contrarietà alla guerra sin dal suo inizio, daremo voce ai tanti che si riconoscono nell'Ulivo ma sono contro la guerra, molto più di quelli rappresentati dai nostri due partiti.
Noi continueremo a batterci, signor Presidente e colleghi, per la pace e contro il terrorismo e a chiedere che vengano risolti i problemi del mondo che alimentano il terrorismo, offrendo argomenti di strumentale propaganda proprio a Bin Laden, dalla Palestina all'Iraq; occorre prosciugare i serbatoi dell'odio e ristabilire i diritti umani calpestati.
Voglio dirvi un'ultima cosa alla quale tengo molto. Occorre anche evitare tra noi un fondamentalismo occidentale simmetrico a quello islamico. Non siamo i depositari della tolleranza e della civiltà. Ad Occidente non ci sono stati soltanto Voltaire e la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, ad Occidente vi è stato anche Auschwitz!
Vorrei che discutessimo e ci interrogassimo su questi temi con serietà, iniziando dalla nostra coalizione, all'interno dell'Ulivo, per noi strategico sistema di alleanze. E vorremmo che se ne discutesse pacatamente, senza anatemi e che ci ricordassimo tutti che proprio l'Ulivo è simbolo di pace.
Oggi, signor Presidente, l'Italia entra in guerra ed è, dunque, un giorno molto triste per il nostro paese. Vorremmo che tutti evitassimo una insopportabile retorica bellicista (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bertinotti. Ne ha facoltà.
FAUSTO BERTINOTTI. Signor Presidente, signore deputate e signori deputati, oggi con questo voto della Camera l'Italia entra in guerra.
Ieri un'autorevole editorialista di uno dei più importanti giornali italiani ha scritto: «l'Italia è impegnata in una guerra senza quartiere quale non abbiamo più combattuto dopo il 1945». Penso che si fatichi persino ad accettare questo dato di novità, forse proprio perché è così inquietante.
Il terrorismo è morte, il terrorismo è un crimine contro l'umanità.
Questo terrorismo, che l'umanità dovrebbe fronteggiare efficacemente, è un disegno politico pericoloso, drammatico ed inquietante. Bisogna essere avversi a questo disegno politico non solo per i mezzi inumani che usa ma per i fini di società che persegue, che, qualora risultassero vincenti, darebbero luogo a forme di oppressione sconosciute. Ma la guerra è una risposta ingiusta ed inefficace, e se ingiusto può essere considerato il prevalere delle ragioni etico-morali sulla politica, a cui la politica potrebbe volersi ribellare in
nome del realismo, inefficace è la categoria principale della politica.
Questa guerra è ingiusta ed inefficace. Ingiusta, come testimoniano i morti incolpevoli, le popolazioni afgane che fuggono la morte, i talebani, ed ora anche le bombe; come testimonia chi, di questa nostra società, tende a testimoniare la sua umanità in Afghanistan, come le donne e gli uomini di Emergency.
Questa guerra è ingiusta ma è inefficace: ormai è più di un mese e tutti gli obiettivi dichiarati sono stati falliti, falsificati, contraddetti; non un solo terrorista è stato preso; al contrario, il fondamentalismo e il fanatismo sono cresciuti in aree a rischio nel mondo.
Paesi il cui Governo è indispensabile nella lotta al terrorismo rischiano di essere pesantemente destabilizzati. Persino le parole giuste e buone rischiano di suonare ipocrite. E molti che, negli scorsi anni, non sapevano neppure trovare una parola di solidarietà con il popolo palestinese, hanno scoperto, dopo la guerra, le sue ragioni e ci hanno proposto una soluzione giusta: due popoli, due Stati. Sennonché, nessuno ferma la macchina da guerra di Israele e persino le proposte di un aiuto a quel popolo e a quei territori vengono smentiti da una spirale di guerra. Addirittura, prendono un suono sinistro le parole che vorrebbero, con gli interventi economici, costringere i palestinesi ad accettare ciò che hanno rifiutato, perché ieri, come domani, inaccettabile.
È cominciata la guerra: dopo mesi di fallimento è cominciato l'ingresso dell'Italia nella guerra, a segnare una escalation ed un protagonismo incomprensibili. È cominciata così la notte della nostra politica, la morte della politica ridotta alla sua protesi militare.
Si è detto che la guerra è cosa troppo seria perché la possano fare i generali; ora, la politica viene fatta dai generali. Tuttavia, questa scelta di guerra non è neppure una scelta innocente: dal momento che, con tutta evidenza, essa non riesce a combattere il terrorismo, per cui, naturalmente, non nego esserci una motivazione soggettiva in chi la promuove, vanno ricercate anche altrove le ragioni di questa guerra. E sono ragioni inquietanti. Esse riguardano la geopolitica, l'ordine mondiale. Risparmiateci davvero la vostra ipocrisia!
L'ONU è distrutta da quello che ha generato questa guerra. L'Europa è spiantata da questa guerra, ridotta ad una pallida comparsa. Persino la NATO, di cui certo non saremo noi a piangere la fine, è sostanzialmente cancellata, come qualsiasi forma di alleanza stabile, sostituita da un'alleanza a geometria variabile, decisa dal governo della globalizzazione e dal suo pivot.
Siamo ormai entrati nella seconda globalizzazione, quella che ha sostituito la presunzione della globalizzazione allo stato nascente con la globalizzazione dello stato di crisi, di cui il terrorismo e la guerra sono le manifestazioni più drammaticamente evidenti.
Siamo entrati in una condizione di instabilità assoluta e di incertezza, in cui questa seconda globalizzazione, che produce nuove ingiustizie ed incertezza, calamita un nuovo ordine delle grandi alleanze triangolari tra gli Stati Uniti d'America, la Russia e la Cina. Questo determina una gara per entrare in guerra, quasi a guadagnarsi uno status, per cui vorrei sottolineare il cinismo di questa gara: l'entrata in guerra, per paesi, nazioni e Stati, sembra essere l'acquisizione di uno status-symbol di potenza, la fissazione di una sorta di gerarchia mondiale, sotto la quale restano l'incertezza, la crisi, l'ingiustizia, che rappresentano il male principale del mondo.
E così la guerra lavora anche rispetto alla crisi economica, che si era manifestata prima della guerra e che è stata accentuata dalla guerra: 450 mila licenziati negli Stati Uniti d'America nel mese di ottobre. Di questo non si parla, come non si parla del diffondersi della crisi, mentre gli stessi Stati Uniti d'America cambiano le loro forme di governo dell'economia - con i sussidi, con un nuovo intervento pubblico, alla faccia delle politiche neoliberiste - e dovunque si cercano delle risposte che, però, non si trovano. Non è alle porte il
New Deal del post-Pearl Harbour; è alle porte una richiesta di union sacrée, dentro alla quale, anche nei paesi europei e nordamericani, vengono calpestate le istanze di giustizia sociale e, in particolare, di quelle del mondo del lavoro.
E la politica tace sul rapporto tra petrolio e sviluppo, tace per pudore o per ipocrisia. Il 65-70 per cento delle risorse petrolifere del mondo stanno tra il Kazakistan e il Mar rosso. Bin Laden, con il suo partito del terrore, punta a diventare il signore di questa rendita petrolifera. Ma quanto conta questa risorsa nella guerra e nella scelta di guerra? Qui c'è il silenzio della politica, qui c'è la parola alla guerra che, anche per questa ragione, non è in grado di dire quando e dove finirà, e c'è il rischio, signore e signori, che si vada verso un conflitto di civiltà.
Non ho alcuna avversione per le manifestazioni, anzi. E neanche giudico le manifestazioni per chi le convoca. Partecipo o mi oppongo a seconda della loro natura e della loro piattaforma. La manifestazione indetta in Italia, a favore degli Stati Uniti d'America, riecheggia il «con me o contro di me», e questo allude - che lo si voglia o no - ad una gerarchia delle civiltà: se ce ne è una che viene per prima, ce ne è un'altra che viene per ultima, e questo è inaccettabile. È inaccettabile mettere una cultura sopra le altre; siamo americani come siamo arabi, siamo europei come mediterranei, siamo bianchi come siamo neri, siamo portatori di ogni diversità. Senza questa accettazione, la guerra rischia di diventare infinita. Perciò, manifestiamo per la pace, per fermare la guerra.
Vorrei dire, concludendo, che io sento come «notte della politica» la grande alleanza, che si determinerà con il voto sul dispositivo di ingresso dell'Italia nella guerra, tra il Governo di centrodestra e la sua maggioranza, da un lato, e la parte prevalente del centrosinistra, dall'altro. Lo sento come la notte della politica, perché penso che la politica sia grandi scelte: pace contro guerra, un modello di sviluppo rispetto ad un altro. Per questo possiede una forza così grande il popolo di Seattle, che parla di un altro mondo possibile. Quando le grandi differenze si occultano, non c'è l'unione del popolo e della patria, c'è l'esclusione dalla politica di tanta parte del popolo, di questo popolo italiano, che ha una vocazione di pace, che, oggi, questo voto tradisce. Per questo noi ci opponiamo.
E per questo vorremmo dire, senza polemiche interne, che si capisce per quali ragioni da questo voto esca così unito e forte il centrodestra, che ha nel suo DNA anche la guerra (Commenti di deputati del gruppo di Alleanza nazionale), mentre invece il centrosinistra esce diviso e lacerato, perché è esposto alla crisi. La guerra ha sempre diviso la sinistra, e la sinistra è ricominciata dall'opposizione alla guerra (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e Misto-Verdi-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO CÈ. Onorevole Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli deputati, siamo chiamati oggi a confermare e a rafforzare un indirizzo al Governo già ampiamente espresso, e condiviso dalla quasi totalità di questo ramo del Parlamento, il 9 ottobre scorso. Si tratta di un passaggio formalmente non indispensabile, ma sostanzialmente doveroso.
Riconosciamo al Governo di agire con grande correttezza e trasparenza. Il ruolo assunto dall'Italia in questa crisi internazionale, nel rispetto dell'articolo 11 della nostra Costituzione, del Patto atlantico e delle risoluzioni ONU, si distingue per la discontinuità con il passato. Lungi da atteggiamenti di attivismo ingiustificato ed esibizionista - che qualche detrattore vorrebbe attribuire al Governo -, finalmente ci stiamo assumendo fino in fondo le responsabilità che ci derivano dal vincolo di appartenenza all'Alleanza atlantica, lasciandoci alle spalle le ambivalenze del passato.
Fra Gand e Londra, c'è tutto l'orgoglio e la maturità di un paese che non accetta
più un ruolo di secondo piano. Gli obiettivi della centrale terroristica che fa capo a Bin Laden appaiono sempre più chiari. L'attacco devastante dell'11 settembre non è stato sferrato solo alla civiltà occidentale - come apparve inizialmente - bensì a tutte le civiltà. L'insistenza del richiamo alla guerra santa, la denuncia degli Stati islamici definiti collaborazionisti dell'occidente, delineano sempre di più con nitidezza il disegno del terrorismo: la creazione di un impero fondamentalista islamico panarabo. È un progetto di impero oscurantista e fanatico che calpesta i diritti fondamentali della persona e vuole cancellare ogni diversità ed ipotesi riformista all'interno del mondo islamico; un impero che si finanzia con la droga e le più moderne tecniche finanziarie. Guai a cadere nella trappola tesa da Bin Laden, ossia far diventare questo conflitto una guerra fra religioni!
La lotta al terrorismo deve essere spietata ma congiunta ad uno sforzo imponente per rafforzare il dialogo, la collaborazione e la ricerca di intese con tutti i paesi a prevalenza islamica, sia con quelli già da tempo incamminati sul sentiero della democrazia e della libertà sia, soprattutto, con quelli che stentatamente si stanno avviando verso le riforme.
Il travaglio del mondo islamico riformista - Katami, in Iran, ne è un esempio - va compreso per le difficoltà di contemperare la religione alla modernità del mondo occidentale, che essi sentono come pervasiva, e sostenuto proprio per isolare le frange estremiste che utilizzano un'interpretazione strumentale dei testi religiosi - vale la pena ripeterlo - per conculcare i diritti fondamentali della persona e perpetrare i propri disegni criminosi di dominio.
Fortunatamente, gli appelli di Bin Laden sono stati respinti unanimemente dai paesi della Lega araba e questo rappresenta un segnale positivo per l'occidente. Nell'impegno al dialogo abbiamo apprezzato l'impegno esplicito del Presidente del Consiglio a svolgere un ruolo di primo piano nella soluzione della crisi tra Israele e palestinesi, vera spina irritativa di ogni conflitto mediorientale.
In questi giorni di intensi bombardamenti, anche se avvengono in un paese tanto lontano, sentiamo angoscia per le popolazioni civili dell'Afghanistan, ostaggio del regime dispotico talebano. Anche noi vorremmo idealmente che i bombardamenti cessassero, ma quale sarebbe la conseguenza? Se fosse possibile un margine di mediazione con terroristi del calibro di Bin Laden, non crediamo che la cessazione dell'intervento militare sia realisticamente possibile. Questo non significa che non si debba, nel limite delle umane possibilità, ridurre al massimo le sofferenze dei civili e che, appena possibile, si debbano prestare i soccorsi sanitari ed alimentari necessari.
La sospensione dei bombardamenti suonerebbe come una sconfitta del fronte alleato e allontanerebbe nel tempo la cattura dei terroristi, esponendo la comunità internazionale, ancora per molto tempo, ad un'insicurezza che sta diventando, di giorno in giorno, sempre più intollerabile.
In questa cornice, pur non volendo, nella gravità del momento, dare troppo spazio alle polemiche di politica interna, è difficile non rilevare l'irresponsabilità che rasenta l'incoscienza di parte dell'opposizione. Prescindendo dal pacifismo apodittico ed oltranzista della sinistra radicale, dei Verdi e dei Comunisti italiani, non comprendiamo la sostenibilità delle posizioni differenziate espresse dai deputati dei Democratici di sinistra e da autorevoli esponenti della Margherita. La coerenza per un parlamentare, signori, non dovrebbe costituire un accessorio (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania): o si è contro l'impegno militare - e, allora, già il 9 ottobre si doveva avere il coraggio di prendere una posizione pacifista sostenendone le ragioni - oppure si devono assumere comportamenti conseguenti rispetto alle posizioni prese il 9 ottobre da questi stessi parlamentari.
Il vostro atteggiamento ambiguo ed ingiustificabile, al grido di «Armiamoci e partite!», danneggia l'immagine del paese
e mette una pietra tombale sulle vostre ambizioni di costituire un'alternativa di Governo credibile per l'Italia.
Caro D'Alema, è questa la classe politica che ha governato il paese per cinque anni? È questa la vostra credibilità internazionale?
Onorevole Rutelli, lo spirito ecumenico da lei evocato in questi giorni come collante della Margherita non può certo nascondere la profonda frattura originatasi ad opera di autorevoli esponenti della sua coalizione sui temi di politica internazionale. È questa la maturità del partito che lei voleva ispirato ai democratici di clintoniana memoria? E poi, onorevole Rutelli - siamo seri! - ma davvero si può arrivare, come lei ha fatto, a chiedere di barattare un voto unanime sulla missione militare con la cancellazione della manifestazione in programma per il 10 novembre a Roma (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)? Quella, onorevole Rutelli, non è né una manifestazione a favore della guerra nè un atto di vassallaggio nei confronti degli Stati Uniti, ma è un segno di solidarietà alle vittime del terrorismo e di concordia di tutta la comunità internazionale (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania e di Alleanza nazionale): è aperta a tutti e dovrebbe rappresentare un momento di unione, non di divisione, se è vero che ci riconosciamo in quei valori comuni che sono alla base della nostra civiltà. Ma - forse lo dimenticavo - avete paura di inimicarvi i bravi ragazzi del Genoa social forum.
I guasti causati dal Governo di centrosinistra sul piano della sicurezza interna del nostro paese sono evidenti a tutti: le continue segnalazioni relative alla presenza sul nostro territorio di terroristi islamici ed alcuni arresti ne sono la prova. L'assenza di un sia pur minimo controllo delle nostre frontiere e la demenziale politica a favore dell'immigrazione extracomunitaria hanno creato condizioni che stanno mettendo seriamente a rischio la nostra sicurezza e, ancor di più, quella dei nostri figli. Si colgono con nettezza i primi segni di intransigenza del fondamentalismo islamico: le dichiarazioni televisive dell'imam di Torino e del presidente dell'unione musulmani d'Italia ne sono una testimonianza illuminante.
Questa nuova cultura, assecondata da una parte della sinistra, sta ponendo le basi per una cancellazione dei riferimenti fondanti della nostra civiltà, che ha le sue radici nell'umanesimo e nel cristianesimo, come ebbe a riconoscere anche Benedetto Croce, un filosofo che non poteva essere sospettato di avere riferimenti confessionali. Onorevole Turco, se il crocifisso nelle scuole le sembra offensivo verso i non cristiani, vuol dire che lei rinnega la storia e la civiltà europee (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza nazionale)! La sua non è tolleranza verso gli stranieri, è solo un connubio di materialismo e di nichilismo (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo - Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania); in ogni caso, noi non siamo d'accordo (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania) e difenderemo con forza le nostre radici e i nostri valori!
La Lega nord Padania ha un rispetto assoluto delle altre culture e civiltà, ma rimarca l'assoluta intransigenza verso chi vuole venire a dettare legge a casa nostra (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania e di Alleanza nazionale)! Il nostro ordinamento giuridico, i nostri usi, i nostri costumi e le nostre tradizioni sono il riflesso...
PRESIDENTE. Onorevole Cè...
ALESSANDRO CÈ. ...di migliaia di anni di storia e di spiritualità; chi viene nel nostro paese deve imparare a rispettarli! E sarà bene che anche gli imam più intolleranti tengano conto di ciò (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania e di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Onorevole Cè, adesso deve proprio concludere.
ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, voglio soltanto inviare un augurio ed un
saluto affettuosi ai giovani chiamati a servire il nostro paese in questo difficile momento. Il compito che li attende è molto complesso (Commenti di deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo)...
Ma state zitti! Vergognatevi!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego. Onorevole Cè, io le sto usando un trattamento del tutto inusuale.
ALESSANDRO CÈ. Ma signor Presidente, hanno disturbato a lungo.
PRESIDENTE. Non direi. A parte adesso, non ha mai disturbato nessuno. Hanno ascoltato in religioso silenzio.
ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, lo sforzo di questi ragazzi sembrerà tanto più accettabile quanto più sarà chiara l'importanza della posta in gioco. E la posta in gioco, signor Presidente, è la conservazione e la crescita di valori che danno senso alla nostra vita e alla nostra civiltà: la libertà, la democrazia e la sicurezza (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Follini. Ne ha facoltà.
MARCO FOLLINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo chiamati a decidere con il voto del Parlamento l'impegno anche militare del nostro paese nella guerra contro il terrorismo. Si tratta di un voto che diamo con piena convinzione, ma anche con sentimento di gravità. Nessuno credo che possa prendere una decisione così forte con animo leggero e senza essersi interrogato fino in fondo sulle ragioni che la rendono doverosa.
Sappiamo bene quale sia oggi la posta in palio. Sappiamo che una grande rete terroristica sta cercando di colpire al cuore la nostra civiltà, la nostra libertà, la nostra vocazione alla pace, la nostra idea della convivenza, che è un'idea - lo dico al collega della Lega nord Padania - di apertura della nostra società (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo). Dobbiamo sapere che difendere tutto questo costa e costerà fatica, tenacia e dolore. Noi facciamo parte della generazione di un paese che ha potuto dare per scontata la sua libertà e la sua pace. Quello che avviene oggi nel mondo ci ricorda invece quanto siano precari questi valori, quanto siano minacciati, quanto impegno occorra per presidiarli.
Contro il terrorismo si è organizzata in queste poche settimane una grande coalizione di paesi e di popoli, una coalizione che ha negli Stati Uniti il suo perno fondamentale e che coinvolge, a pieno titolo, l'Europa, la Russia, la Cina e la gran parte dei paesi arabi. Stare dentro a questa coalizione significa inevitabilmente assumere le responsabilità e condividere i rischi di una scelta di campo. Credo sia giusto che questa scelta l'Italia la faccia fino in fondo senza remore e senza incertezze, sapendo che in quella scelta stanno insieme la nostra sicurezza nazionale e il nostro sentimento di quello che è giusto. L'ancoraggio dell'Italia a questa vasta coalizione è il punto fondamentale, oggi come ieri, della nostra politica internazionale. Passano anche di qui il prestigio e la credibilità del nostro paese. Va dato pieno merito al Governo di avere sempre tenuto fermo questo punto, anche quando poteva riuscire più difficile e più scomodo.
Quasi due mesi fa, nell'attentato a Manhattan, abbiamo visto all'opera la follia e abbiamo sentito dentro di noi il dolore. Quelle bandiere bianche che sventolavano disperate dalle torri, quelle figure, che sembravano quasi irreali, di donne e di uomini che si lanciavano nel vuoto per cercare una morte meno atroce resteranno - credo - nella memoria di tutti noi, così come vi resterà lo strazio di tante donne, vecchi, bambini, in fuga dalla disperazione afgana e dal fanatismo talebano, vittime anche loro, come gli altri, dello stesso delirio terrorista.
Quello che è successo e quello che ancora può succedere pone interrogativi profondi. All'indomani del 1989, caduto il
muro di Berlino, ci illudemmo in tanti che la storia avesse preso una piega più favorevole e più confortevole. Non era così. È passato poco più di un decennio e tutti sentiamo come le nostre certezze fatichino a tenere il passo delle nuove domande e delle nuove angosce che ci sono di fronte.
È stato detto che affrontiamo un nemico senza volto e senza territorio, un nemico tanto lontano da noi da non riuscire quasi ad identificarlo! Tanto più dobbiamo avere chiaro quello che siamo noi, l'idea che abbiamo del mondo, di come si possa cercare di organizzarlo un po' meglio, l'idea che abbiamo di noi stessi, del nostro paese e del compito che ci siamo assegnati.
Sconfiggere il terrorismo significa, inevitabilmente, mettere in campo quella capacità strategica, quella forza militare senza di cui la rete di Al Qaeda avrebbe facilmente, troppo facilmente, ragione di noi, ma sconfiggere il terrorismo significa, altrettanto, e forse di più, mettere in campo le armi della politica: la capacità di persuasione, l'iniziativa diplomatica, il dialogo tra i popoli e tra le culture, in una parola tutto quello che fa da mastice di una coalizione variegata come quella che, in questa occasione, ha preso forma, e tutto quello che assicura a questa coalizione la possibilità di continuare a fare la sua parte nel nuovo ordine mondiale.
Siamo chiamati a difendere, con le unghie e con i denti, la nostra libertà, a difenderla dalla violenza che la minaccia da fuori, a difenderla dalla paura che la minaccia da dentro. Il terrorismo ci vorrebbe sfigurare e paralizzare, ci vorrebbe assimilare a sé o, almeno, ci vorrebbe trasformare in una fortezza assediata. Continuare ad essere quello che siamo, una società aperta, lo ripeto, aperta e movimentata è parte anche questo, della guerra che siamo costretti a combattere. Così come ne è parte quel dovere di solidarietà, di generosità, di cura verso tanti popoli che guardano con invidia, e spesso con rancore, a quello che siamo, e che ci chiedono di accorciare la distanza che separa il nostro benessere dalla loro fame. La consapevolezza che il mondo è uno e uno solo e che non si può dividere lungo la linea della disperazione, è parte della pace che dovrà segnare, prima o poi (più prima che poi) la fine di questa guerra.
Su questi argomenti non credo ci sia, in questo Parlamento una lacerazione. Ho colto nell'azione del Governo, in queste settimane, la piena consapevolezza di questa sfida; ho apprezzato nelle parole del ministro Martino, e in quelle del Presidente Berlusconi, la linearità del nostro impegno, della nostra collocazione dalla parte dei popoli liberi e pacifici e sono d'accordo con l'onorevole Rutelli che, ancora ieri, ha ricordato come tra democrazia e terrorismo non vi sia, non vi possa essere, nessuna via di mezzo. La divisione, se c'è, non passa tra noi e voi, non passa tra il centrodestra e il centrosinistra, passa piuttosto, se così posso dire, tra voi e voi - lo dico senza spirito polemico - passa tra quanti di voi riconoscono nell'impegno militare uno dei doveri imprescindibili dell'azione contro il terrorismo e quanti si illudono che di quel dovere si possa, in qualche modo, fare a meno. Non sta a noi, oggi, criticare quelle opinioni che sono sempre state assai diverse da quelle che abbiamo professato. Sta a noi, piuttosto, sottolineare, con pieno apprezzamento, il punto di convergenza che si realizza in nome della lotta al terrorismo e del modo di condurre questa lotta. È una novità importante e positiva di cui diamo atto a larga parte dell'opposizione. Siamo stati, e non solo da oggi, tra quanti hanno sperato e si sono adoperati perché l'ampia maggioranza, che in questo Parlamento condivide la strategia contro il terrorismo, si esprimesse con una sola voce, votasse una sola risoluzione. Riteniamo fondamentale e di grande valore il fatto che su questo punto decisivo, comune alle due risoluzioni che sono state presentate, si voti insieme e continueremo a ripetere che, per quanto aspre possano essere le nostre controversie, è compito della politica cucire il legame che consente ad un paese di riconoscere quello che ha in comune,
quando i suoi valori fondamentali, il suo stesso modo di essere e di convivere vengono messi in discussione.
Al Governo va il nostro pieno riconoscimento; all'opposizione va il nostro rispetto, ed oggi, il nostro apprezzamento; ai soldati che partiranno va, tutta intera, la nostra solidarietà e la nostra gratitudine (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD-CDU Biancofiore, di Forza Italia, di Alleanza nazionale, della Lega nord Padania e della Margherita, DL-l'Ulivo - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rutelli. Ne ha facoltà.
FRANCESCO RUTELLI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, i momenti più alti della vita parlamentare sono quelli in cui si discute e si decide della politica estera, specialmente di ciò che la nostra nazione è chiamata a fare accanto ai suoi alleati e di fronte ai suoi avversari. Sappiamo che in queste ore gli italiani si interrogano, si chiedono se sia giusto, se sia necessario intervenire, anche con i nostri uomini e mezzi militari, nell'area del conflitto; si chiedono se il modo di intervenire sia quello più efficace; si chiedono se l'Italia stia facendo quello che deve per farsi rispettare e contribuire al successo di una missione così difficile, lunga e pericolosa; si chiedono quali rischi corriamo e, soprattutto, cosa accadrà in futuro. Il compito della politica, signor Presidente, è quello di ascoltare questi interrogativi e rispondere. Non è però soltanto di porre interrogativi, è di decidere, e oggi siamo chiamati a farlo per una semplice ragione: non può esistere il ritiro di fronte alla minaccia del terrorismo internazionale.
Ricordiamoci di Simone Veil, che abbandonò il suo pacifismo integrale, il suo rifiuto assoluto della violenza quando aprì gli occhi ed il cuore di fronte alla minaccia e alla realtà della guerra nazista. Discutiamo certamente sul come, ma non scegliamo di non scegliere, oppure di dare la comoda, troppo comoda risposta del non rispondere. La minaccia del terrorismo è forte, è organizzata, è diffusa. La comunità internazionale deve togliere al terrorismo le basi territoriali, operative, logistiche, finanziarie, che gli permettono di minacciare il mondo, le nostre società, i paesi arabi e musulmani che rigettano il fondamentalismo ed il fanatismo.
Noi, signor Presidente, voteremo oggi a favore della risoluzione presentata dall'Ulivo, e voteremo, assieme con la maggioranza, un testo comune, che approva le comunicazioni del ministro della difesa ed impegna il Governo in continuità con le nostre responsabilità nazionali ed internazionali. Si tratta di una scelta importante e credo sia una scelta giusta. La assumiamo con coscienza limpida e dicendo alcuni «sì» ed alcuni «no».
Innanzitutto, diciamo che siamo accanto ai nostri militari che si accingono a partecipare alla missione Enduring Freedom. Sappiano che hanno dietro di loro il sostegno di larghissima parte del Parlamento; hanno dato buone prove in passato e sono certo che sapranno farlo anche in quest'occasione.
Diciamo «sì» a tre obiettivi prioritari contenuti nella risoluzione che abbiamo presentato: agire energicamente perché l'Europa sia unita e conti (senza l'Europa, l'Italia semplicemente si illuderebbe di contare nel mondo); forzare l'impegno europeo e della comunità internazionale per la soluzione del conflitto israelo-palestinese. Lo ripetiamo da decenni in ogni dibattito: uno Stato per i palestinesi, libertà e sicurezza per Israele. Ma se non maturerà una soluzione per il Medio oriente, nel contesto di questo conflitto avremo più sangue, più terrorismo, più insicurezza in tutto il mondo. Poiché i due attori non sono in grado di risolvere il conflitto in sede bilaterale, li dobbiamo energicamente sospingere a farlo come comunità internazionale. Terzo obiettivo: sostenere le Nazioni Unite per l'effettivo arrivo degli aiuti umanitari in Afghanistan e a favore degli sfollati. Debbo dire quanto non condivida l'umanitarismo che, come un rubinetto, si apre e si chiude a seconda delle stagioni politiche.
Noi siamo per un'azione umanitaria che resta identica quando l'Afghanistan è stato invaso dalle truppe sovietiche, quando l'Afghanistan ha subito l'odiosa dittatura dei talebani ed oggi che gli sfollati tentano la strada della sopravvivenza e della vita. È un fattore umanitario e chi agisce strumentalmente sul piano politico non rende un buon servizio ai valori umanitari (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e di deputati dei gruppi di Forza Italia, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e di Alleanza nazionale).
Signor Presidente, siamo pronti ad accrescere i finanziamenti alle organizzazioni delle Nazioni Unite che sorreggono questo sforzo umanitario. Signor ministro della difesa, con la stessa trasparenza diciamo che noi dell'Ulivo e della Margherita, appartenenti alle forze del centrosinistra, siamo e saremo pronti ad assumerci le responsabilità necessarie per far fronte agli sforzi finanziari connessi a questa azione internazionale.
Tuttavia, diciamo anche tre «no». No alla trasformazione del conflitto in uno scontro generalizzato tra occidente ed Islam in una inconcepibile guerra tra religioni. No alle estensioni immotivate del conflitto; si partecipa in base ad obiettivi precisi per ottenere risultati precisi e condivisi. No ad un'azione solo militare. L'azione militare è indispensabile, ma se non funzionassero le azioni politiche e diplomatiche di intelligence contro il terrorismo e di mantenimento dell'unità dell'alleanza internazionale non ci sarebbero speranze di vittoria.
Non è un caso se in Gran Bretagna, nel paese più impegnato nell'azione militare, i sondaggi ci dicono che l'opinione pubblica chiede esattamente questo e cioè che l'azione militare sia solo una parte dell'iniziativa, che l'azione diplomatica e le sanzioni economiche funzionino e che si punti all'efficacia di questo campo complessivo che impegna la comunità internazionale.
Infine, veniamo al mandato che noi dell'Ulivo assegnamo al Governo italiano. È un mandato di unità della nazione in questa sfida difficile. Non è un mandato in bianco.
Signor Presidente del Consiglio, togliamo di mezzo - e non glielo dico polemicamente - l'idea che l'opposizione non possa rivolgere delle critiche a un Governo che compie degli errori. Lei deve conquistare la fiducia degli italiani nella conduzione di questa crisi ed ottenere la fiducia del Parlamento esattamente come il Presidente americano Bush ha fatto in una diversa situazione: con pazienza e fatica, informando e consultando anche l'opposizione ed accettando le critiche costruttive.
Vorrei non circolasse l'idea che un'opposizione che esprime le sue critiche sia antipatriottica (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani), così come i Governi del centrosinistra avevano il dovere di ascoltare le sue critiche, che non mancarono, e di accogliere, tutte le volte che vi furono, i contributi positivi, i voti favorevoli, le prove di responsabilità nazionale che vennero dall'opposizione.
L'Italia ha bisogno di italiani con la testa sulle spalle e non di interventisti. La nostra storia ha già conosciuto i frutti velenosi dell'interventismo (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
Colleghi deputati, questo non è il momento delle fanfare, delle adunate di piazza o delle bandiere al vento (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani). È il momento della responsabilità e l'Ulivo intende condividerla con il Governo, perché non possiamo chiedere ad altri di difendere la nostra società libera dalla minaccia del terrorismo. È il momento della serietà, una serietà rispettosa dei tanti dubbi che affiorano nelle famiglie italiane e delle molte incertezze sugli obiettivi delle azioni militari in corso. Guai a un Parlamento paralizzato nelle decisioni da queste incertezze, ma guai anche a un Parlamento che non le voglia conoscere o che finga di ignorarle.
Signor Presidente, è soprattutto il momento della politica. Mentre diciamo «sì» alla nostra parte di responsabilità nella coalizione internazionale contro il terrorismo, diciamo con ancora maggior forza che l'Italia deve avere un ruolo più attivo e più ambizioso nel nuovo scenario mondiale.
Il mondo cambia, la geografia dei poteri e dei rapporti internazionali sta cambiando velocemente. L'Italia non può partecipare ad un atlantismo distaccato dall'Europa, essere inadeguata nel dialogo nord-sud, non rigorosa contro le campagne anti islamiche.
Signori del Governo, signor Presidente del Consiglio, vi chiediamo di riconquistare al paese, nelle nuove e drammatiche condizioni, un ruolo che sia e rimanga all'altezza della nostra tradizione di civiltà e cultura. Ecco il terreno, questa politica all'altezza dell'Italia, nel quale è possibile un impegno unitario, al di sopra delle parti. Sono convinto che l'Ulivo, su queste basi, non solo vedrà l'impegno della grande parte dei suoi parlamentari, ma recupererà anche i dubbiosi ed i dissenzienti.
PRESIDENTE. Onorevole Rutelli...
FRANCESCO RUTELLI. Terremo salda la barra di questa politica.
Agli uomini che partono diciamo che siamo loro vicini. Cercheremo di dimostrare che dove hanno voce la politica, il Parlamento, vi è capacità di prendere le decisioni difficili e di assistere la nostra Italia nel cammino che la attende (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani e del deputato La Malfa - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ha fatto bene il Governo - il nostro gruppo gliene dà atto pienamente - a decidere di non fare soltanto una comunicazione, come sarebbe stato necessario ma sufficiente dopo il precedente dibattito, ma volere un voto dai parlamentari che rappresentano oggi l'Italia, un voto per la nuova fase della guerra al terrorismo che ci apprestiamo a combattere più in prima linea di ieri.
IGNAZIO LA RUSSA. Ha fatto bene perché c'è bisogno, innanzitutto, di assumere personalmente e come classe politica la responsabilità di un atto che non è secondario e che non abbiamo visto, per nostra fortuna, negli anni passati, da molti anni.
Immediatamente dopo viene in considerazione la necessità di chiarire le ragioni della nostra partecipazione all'operazione «Libertà duratura», perché, pur essendo semplice e chiaro, sembra che su questo non vi sia totale chiarezza. Certo, qualcuno potrebbe riduttivamente pensare che le ragioni della nostra partecipazione risiedano nella pedissequa applicazione dei trattati, delle convenzioni, dell'articolo 5 del Trattato dell'Alleanza atlantica, ed è vero, ciò ha un significato. Qualcuno potrebbe anche pensare che si faccia questo ulteriore passo per un debito morale - che esiste - nei confronti del paese amico, degli Stati Uniti d'America che, soprattutto negli anni della guerra fredda, hanno molto contribuito a conservare la libertà di tutta l'Europa, minacciata dalla dittatura comunista alle nostre frontiere. O, ancora, si potrebbe pensare - e sarebbe pur giusto - che le ragioni del nostro intervento risiedano nella necessaria reazione alla morte di numerosi italiani che sono caduti insieme al crollo delle torri, uniti nella tragedia a cittadini di 60 e più paesi, non solo americani. Sono tutte ragioni giuste della nostra necessità di intervento, ma non sono la ragione principale, non sono il vero motivo.
IGNAZIO LA RUSSA. Abbiamo la necessità - e ringrazio il Presidente del Consiglio e gli onorevoli ministri di averlo rappresentato egregiamente al Presidente degli Stati Uniti d'America - di compiere questo passo perché dobbiamo tutelare un interesse nazionale. Non è un atto dovuto, deve essere un atto voluto. Si tratta di un interesse nazionale ben preciso, quello della lotta al terrorismo per la tutela della nostra integrità nazionale, dei nostri cittadini, delle nostre leggi e della nostra cultura.
Dunque, si tratta di una lotta al terrorismo che facciamo innanzitutto nel nostro diretto interesse, nel nome dei valori di civiltà e convivenza ai quali apparteniamo come nazione e che ci siamo scelti come principi regolatori della nostra esistenza (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale). Si tratta di una lotta che facciamo a difesa del nostro futuro e della sicurezza dei nostri cittadini. Ha ragione Panebianco quando ieri sul Corriere della sera scriveva che occorreva questo voto come assunzione di responsabilità; difatti, in quest'aula un voto può e deve far sentire che il Governo e l'opposizione, nella forma più unita possibile, dovranno chiarire a tutti che quando si mandano - dice testualmente Panebianco - «uomini e donne a combattere, e forse anche a morire, bisogna stringersi intorno a loro, sorreggerli, dimostrando che nelle retrovie c'è un paese capace di compattezza morale e di compostezza politica chiusa».
Allora, grazie, onorevole Rutelli, per le sue parole pacate; ma, vede, noi abbiamo paura di una cosa sola, che qualche legittima contraddizione, esistente all'interno dell'Ulivo, vi costringa a dire sì, e così lo avete fatto. Dobbiamo avere capacità di ascolto, di comprensione e di unità, nel votare «sì» alla parte finale della nostra risoluzione, anzi, della risoluzione comune (così va correttamente definita); ma poi tanti «ma», perdonatemi, colleghi, ovvi e banali: chi non vuole che gli obiettivi siano delimitati? Chi non vuole che non ci sia un'estensione della guerra? Chi non vuole che ci sia una soluzione della questione mediorientale? Allora, i «ma» detti in maniera enfatica, sembrano voler far diminuire quella pur importantissima adesione ad un comune compatto senso unitario a tutela degli interessi nazionali, che pur con tanti sforzi una parte dell'Ulivo oggi riesce a fare. Se così è, ce la possiamo fare a dare per una volta l'impressione di una larga maggioranza anche se, purtroppo, non dell'unità.
Rimane ancora legittimamente una voce critica in questo Parlamento; Bertinotti e Diliberto hanno detto che non bisogna parlare di retorica bellicista ma ci hanno ammannito un'insulsa retorica pacifista che non vogliamo più sopportare (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, Forza Italia, CCD-CDU Biancofiore, Lega nord Padania). Essi ci hanno ricordato che bisognerebbe sospendere i bombardamenti durante il Ramadam dimenticando che ha legittimità di porsi tale questione solo chi i bombardamenti li ha in qualche modo condivisi e non chi è sempre stato contro sin dall'inizio. (Commenti del deputato Maura Cossutta). Si sono dimenticati che nel recente passato ci hanno riservato le stesse argomentazioni quando si trattava di discutere dell'efficacia, onorevole Bertinotti, della guerra a Milosevic, della guerra nei Balcani, poi dimostratasi necessaria per ristabilire libertà e diritti umani in quella parte del mondo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale); pertanto, non venirci a dire, onorevole Bertinotti, che 450 mila disoccupati li ha provocati la guerra: li ha provocati il terrorismo di Bin Laden! Li ha provocati l'insulsa forma finto unilateralmente pacifista che ha in Italia, in questo momento, il suo vertice, forse mondiale, nell'occidente.
C'è una nota che voglio rivolgere al Governo, fra tre giorni vi sarà una manifestazione che - lo dico assumendomene la responsabilità - potrebbe essere erroneamente intesa come manifestazione di parte. Dopo lo sforzo, che riconosco, di una parte seria dell'Ulivo, credo si debba
dire in maniera chiara che questa manifestazione, non rinviabile, senza crearne un caso politico, debba essere veramente aperta a tutti, senza insegne di partito, senza nessun atteggiamento di distinguo e di divisione: verranno o non verranno, il nostro invito è totale, è sincero e da parte di Alleanza nazionale non giunge all'ultimo minuto.
Caro Presidente, se mi concede un minuto...
PRESIDENTE. Onorevole La Russa, non l'avevo interrotta.
IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, se ho ancora un minuto a disposizione, credo di poter concludere con un argomento che può unirci tutti - parlo della manifestazione -, che può contrapporre a chi, proprio il 10 novembre, ha la pretesa di rappresentare i giovani unilateralmente pacifisti e - li voglio vedere - in realtà, ideologicamente armati, altri giovani. Mi riferisco a quei giovani che - e questa non è retorica, altrimenti sarebbe retorica l'altra - sono in divisa, che stanno partendo, ai carabinieri paracadutisti del battaglione Tuscania, ai marinai della Garibaldi e delle altre unità del nostro gruppo navale, ai piloti e agli avieri dei Tornado, ai fanti autotrasportati, ai carristi dei Centauro, agli altri militari, ai genieri e a tutti i militari delle forze di terra (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia, del CCD-CDU Biancofiore e della Lega nord Padania).
Questi ragazzi in divisa...
RAMON MANTOVANI. E agli imboscati come te!
VINCENZO ZACCHEO. Stai zitto, cretino!
IGNAZIO LA RUSSA. Stai buono tu!
...che partono volontari, che partono per tutti noi e con il nostro mandato, non vanno lì a fare la guerra, perché la guerra ce l'ha già dichiarata il terrorismo. Questi giovani ragazzi vanno a difendere la nostra libertà, la nostra integrità nazionale, il nostro futuro e quello dei nostri figli, ricordiamocelo (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia, del CCD-CDU Biancofiore e della Lega nord Padania - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fassino. Ne ha facoltà.
PIERO FASSINO. Signor Presidente, signor ministro, siamo tutti consapevoli delle decisioni particolarmente delicate e impegnative che stiamo per assumere. Si tratta di decisioni che sono gravide di rischi per il nostro paese, in primo luogo, per i militari che saranno impegnati e dalle quali discendono responsabilità politiche di fronte al paese e alla comunità internazionale. Per tale motivo, va guardata con rispetto la posizione di chi esprime dubbi e di chi, da questi dubbi, trae la scelta di non sostenere le decisioni che stiamo per assumere.
Tutti noi abbiamo il dovere del rispetto e non possiamo non vedere che chi esprime dissenso da queste decisioni lo fa sulla base di motivazioni e di ideali non meno nobili di quelle di chi, invece, convinto dell'ineluttabilità di queste scelte, sta per sostenerle.
Chi, come noi, è convinto che sia ineludibile l'assunzione di responsabilità non lo fa certo a cuor leggero. Chiunque di noi - e sarebbe strano non fosse così - è mosso da sentimenti di inquietudine e di angoscia; tuttavia, l'angoscia non può oscurare la consapevolezza delle sfide che il terrorismo ci ha posto.
L'11 settembre è successo davvero qualcosa e non soltanto una spaventosa ecatombe, nella quale sono periti migliaia e migliaia di cittadini, americani inermi; l'11 settembre abbiamo assistito ad un salto di qualità, alla rottura di ogni limite nell'offensiva terroristica; dopo l'11 settembre ogni uomo e ogni donna di questo pianeta avverte che, se non c'è una risposta adeguata, qualsiasi rischio può accadere. È per questo che la lotta al terrorismo, oggi, è una priorità. È una priorità
contro chi ha ideato o intende ideare attentati; è una priorità lottare contro chi li organizza, chi li sostiene finanziariamente, chi ne è complice come il regime talebano dell'Afghanistan.
Insomma, ad un salto di qualità dell'offensiva del terrorismo, siamo tutti consapevoli debba corrispondere una capacità di risposta della comunità internazionale, che abbia una forza in grado di dissuadere e sconfiggere la furia distruttiva di quel terrorismo. È questo che rende necessario e legittimo l'uso della forza.
Non si tratta di dividerci, qui, tra chi sarebbe per la pace e chi per la guerra. Credo che tutti noi vogliamo la pace. Ma la pace non è soltanto l'assenza di conflitto armato: la pace è il regime che garantisce la democrazia, la pace è il regime che garantisce la libertà, la tutela dei diritti collettivi ed individuali ed il rispetto della persona umana. Ed ogni qual volta democrazia, libertà, diritto, rispetto della persona umana sono negati, si nega la pace. Se così non fosse, dovremmo riscrivere alcune pagine della storia.
Quando ritornò da Monaco, Neville Chamberlain, scendendo dalla scaletta dell'aereo, pronunciò queste prime parole: abbiamo salvato la pace. Tutti abbiamo giudicato che quel patto fu un atto scellerato che aprì le porte dell'Europa ad Hitler, a Mussolini e all'avventura della guerra. Dovremmo allora chiederci perché, più di cinquant'anni fa, uomini e donne democratici di tutto il mondo accorsero in Spagna, per prendere le armi e fare una guerra in difesa di una Repubblica che stava per essere soffocata (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e di deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).
FRANCESCO GIORDANO. La guerra in Spagna!
PIERO FASSINO. Dovremmo chiederci perché una generazione, cinquant'anni fa, prese le armi per fare una guerra finalizzata a far finire prima una guerra. Dovremmo, quindi, riscrivere pagine che hanno segnato l'avvento, il radicamento e la diffusione della democrazia in tutto il mondo.
È con questa consapevolezza che noi ci accingiamo a sostenere l'impegno italiano in un'azione che vede mobilitata tutta la comunità internazionale, un'azione che ha la legittimazione delle Nazioni Unite, un'azione cui ha dato il suo consenso, in modo convinto ed unitario, l'Unione europea, un'azione che ha visto insieme i grandi del mondo. Basterebbe pensare al carattere simbolico del vertice di Shanghai: trovare un punto di intesa e di unità per una grande coalizione contro il terrorismo. Si tratta di un impegno che si è allargato ai paesi arabi moderati e che tende ad unire la comunità internazionale nella lotta al terrorismo, in nome della tutela di quel bene individuale e collettivo che è la sicurezza di ciascuno di noi.
Naturalmente, non ci sfugge affatto che la dimensione militare non è sufficiente; anzi, non ci sfugge affatto che la dimensione militare è esattamente la scelta del terrorismo. E noi, oggi, siamo costretti ad un intervento militare per sconfiggere chi, anziché lo strumento della politica, ha scelto quello della violenza e della morte. Scegliamo la dimensione militare per restituire parola alla politica, per sconfiggere chi, con la violenza, vorrebbe negare alla politica la capacità di affrontare e di risolvere le contraddizioni ed i problemi del mondo.
Proprio per questo, nel momento in cui condividiamo la decisione che si sta per assumere, poniamo, come è già stato detto, l'esigenza del rilancio forte di un'azione politico-diplomatica che non è altra cosa, ma che è, anzi, dimensione complementare alla partecipazione ad un'azione militare. Poniamo l'esigenza di rilanciare con forza un dialogo con i paesi islamici e con i paesi arabi, perché la scelta del nostro paese non venga vissuta come ostile verso questi paesi e non dia luogo ad una terribile lotta fra civiltà o fra religioni. Poniamo il problema di affrontare la tragedia umanitaria e di alleviare le molte sofferenze che il popolo afgano patisce, non da oggi. A questo proposito, ritengo significativo che il ministro Martino abbia
voluto sottolineare qui che l'eventuale impegno di soldati italiani in impieghi di terra è finalizzato, in primo luogo, ad accompagnare e a sostenere l'inoltro e la distribuzione dei soccorsi umanitari.
Chiediamo che vi sia un'azione risoluta - ed abbiamo apprezzato le parole del Presidente del Consiglio su questo punto - per fermare il conflitto in Medio Oriente, per riaprire la strada del negoziato, per costruire una soluzione fondata sul riconoscimento della sicurezza di Israele, che ha diritto di vivere in confini certi, riconosciuti e sicuri, e sulla costituzione, finalmente, di uno Stato palestinese per dare soggettività all'aspirazione di un popolo che da cinquant'anni aspetta di veder riconosciuti i propri diritti nazionali.
Chiediamo - ed è questo motivo non secondario della condivisione di questo impegno - che l'Italia si batta perché ci sia un ruolo attivo dell'Unione europea in quanto tale. Signor Presidente del Consiglio, la cena di Londra ha costituito sicuramente un aspetto positivo se ha rappresentato il superamento della tendenza a un superdirettorio ristretto della politica europea. La tendenza di Francia, Gran Bretagna e Germania a costituirsi in direttorio europeo non è di questa crisi: è ricorrente. Il fatto che anche questa volta questo tentativo non abbia potuto radicarsi è sicuramente positivo. Tuttavia, non può sfuggire a nessuno che quella cena aveva un formato inedito e, per alcuni aspetti, sconcertante. Il problema non è di sostituire a un direttorio una informe aggregazione di paesi, ma di riconquistare per l'Unione europea, in quanto tale, un protagonismo e un ruolo nella definizione degli assetti internazionali (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Socialisti democratici italiani) e chiediamo che l'Italia agisca per questo fine.
Sono queste le molte ragioni della nostra decisione. Si tratta di una decisione che non cambia la collocazione che noi abbiamo nella politica italiana: voi siete il Governo, voi siete la maggioranza di centrodestra; noi siamo l'opposizione. Non muta neanche il giudizio che noi abbiamo dato e diamo sulla condotta del Governo in questa crisi nelle settimane scorse, che spesso ci è apparsa incerta e confusa, più mossa da un'ansia di legittimazione, di cui un grande paese non ha davvero bisogno, che non dalla consapevolezza delle effettive responsabilità che comporta l'essere un grande paese. Così come non ci appare manifestazione di sensibilità aver voluto confermare l'iniziativa di sabato prossimo. Non è in causa il diritto di organizzare una manifestazione, non è neanche in causa il diritto di manifestare la solidarietà agli Stati Uniti, che, peraltro, in Italia è manifestata non soltanto da coloro che parteciperanno a quella manifestazione, ma anche da tanti altri cittadini, tra cui coloro che qui sono seduti e che non parteciperanno alla manifestazione di sabato. È questione di opportunità e di sensibilità, che lasciamo a voi valutare, se sia utile promuovere una manifestazione di parte, nel momento in cui il Parlamento, di fronte ad una decisione così impegnativa, tende ad unirsi.
Tuttavia, questo giudizio severo sulla vostra inadeguatezza non ci porta certo a ritrarci dall'assumerci le responsabilità di fronte al paese. Per questo, voteremo un dispositivo che impegna l'Italia nell'azione militare contro il terrorismo e, nel farlo, manifestiamo solidarietà ai nostri militari che saranno chiamati ad assolvere a questo delicatissimo impegno. Lo facciamo come una forza di pace che sa, come ci ha ricordato ieri il Presidente Ciampi, che la pace non basta evocarla, ma bisogna conquistarla quando non c'è e difenderla quando è in pericolo. Lo facciamo come una forza, il centrosinistra, come ha ricordato Rutelli, consapevole delle responsabilità che competono ad una forza di opposizione che, senza rinunciare ad essere tale, sa far fronte anche a scelte difficili quando corrispondono agli interessi del paese. Lo facciamo come una forza di sinistra che sa bene cosa sia la lotta al terrorismo, che sa bene quanto sangue - da Aldo Moro a Guido Rossa - sia costato sconfiggere il terrorismo qui in Italia, di una sinistra che, proprio nella
lotta al terrorismo qui in Italia, ha saputo dimostrare e ulteriormente riconfermare la nostra funzione insostituibile nella storia della democrazia e dell'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Socialisti democratici italiani).
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