Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 41 del 9/10/2001
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TESTO AGGIORNATO AL 12 OTTOBRE 2001


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(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulle risoluzioni presentate.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Craxi. Ne ha facoltà

BOBO CRAXI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, le decisioni che stiamo per assumere, mi auguro con il più ampio consenso parlamentare, giungono ad un mese dall'inizio di vicende internazionali drammatiche e complesse che hanno modificato la vita di milioni di uomini e donne nel pianeta. Noi di questi siamo una piccola parte, tuttavia non possiamo non formulare da parte nostra un auspicio sincero che il conflitto in atto possa essere risolutivo, che sia limitato e che sia ridottissimo il numero delle vittime civili o militari; che apra la strada ad un ampio negoziato nelle zone teatro di violenze, di soprusi e di cancellazione dei più elementari diritti civili e delle libertà; che la campagna definita all'origine «giustizia infinita» sappia anche accorgersi delle ingiustizie infinite che hanno reso, in queste settimane, il mondo più insicuro e più inquieto nelle sue prospettive di prosperità e benessere e più precaria la stabilità politica e la pace nel mondo. Che questa campagna avviata abbia ben chiari, definiti e giustificati i propri obiettivi, continuando ad utilizzare la cautela e la prudenza fino ad oggi dimostrate. Questo è ciò che ci possiamo attendere; questo è quello che ci possiamo augurare ed è ciò cui noi dobbiamo tendere aderendo con il nostro sostegno all'azione angloamericana e dei suoi alleati.


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Il ruolo che può e che deve continuare a svolgere l'Italia non deve essere marginale; c'è il doveroso senso di amicizia che dobbiamo verso gli Stati Uniti, il concreto sostegno all'azione di contrasto nei confronti del terrorismo fanatico, ma c'è anche la necessità di non abbandonare il nostro tradizionale ruolo ed impegno politico nell'area del mondo a noi confinante, nonché il rapporto solidale con i paesi arabi amici, oggi alle prese con una difficilissima prova interna ed internazionale. A questo riguardo è giusto riaffermare una volta per tutte che l'Italia non intende in alcun modo partecipare ad una lotta indiscriminata contro i paesi arabi sovrani e contro il mondo arabo in generale.
Signor Presidente del Consiglio, sulla Palestina abbiamo ascoltato parole chiare; diamo una possibilità di pace e di sviluppo, nella sicurezza per Israele, al popolo palestinese. So bene che queste non sono solo affermazioni di principio, ma precisi impegni del Governo italiano. Approviamo la linea di condotta del Governo e lo sosteniamo nella responsabilità che in nome di tutti gli italiani esso si assume. Il Parlamento dovrà sempre avere il diritto di esprimere la propria opinione democratica e di indicare gli indirizzi politici che il nostro paese intenderà assumersi nel caso il conflitto si protragga. Anche la sinistra, in Europa e nel mondo, è chiamata al proprio senso di responsabilità, senza mai venire meno alla vocazione pacifista che la deve sorreggere, purché non sia a senso unico; oggi, senza rinunciare al proprio ruolo tradizionale, sostiene nella stragrande maggioranza dei casi le azioni dei governi coinvolti, sapendo indicare sempre i rischi, le incognite, i pericoli che sempre un'azione militare comporta. I socialisti hanno sottoscritto la mozione della maggioranza nell'interesse della nazione ed a sostegno del ruolo internazionale dell'Italia nella lotta contro i terrorismi, e per l'impegno per la pace e la sicurezza nel mondo non mancheranno di fare la loro parte.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pecoraro Scanio. Ne ha facoltà.

ALFONSO PECORARO SCANIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, gli attentati dell'11 settembre alle twin towers sono un crimine contro tutta l'umanità e non solo contro gli Stati Uniti d'America, ed i Verdi non sono neutrali su queste posizioni, ma nettamente contrari non solo al terrorismo ma a tutti i fondamentalisti ed i fanatismi religiosi. Ciò non da oggi, visto che da anni sosteniamo la battaglia, per esempio, delle associazioni delle donne dell'Afghanistan contro l'intollerabile, scandaloso regime dei talebani.
Ben venga che, finalmente, sulla difesa di tali diritti elementari vi sia una unanimità che avremmo voluto vedere molto prima, quando anche a livello europeo siamo stati tra i pochi a sostenere la necessità di garantire i diritti umani e civili in tutto il mondo.
Signor Presidente del Consiglio, nelle sue dichiarazioni lei ha sempre richiamato la civiltà occidentale e lo ha fatto anche stasera. Riteniamo che i diritti umani appartengano a tutti ed a tutte le civiltà...

ALFREDO BIONDI. Noi li applichiamo, gli altri no!

ALFONSO PECORARO SCANIO. ...e che la nostra battaglia debba avvenire in tutto il pianeta per affermare i valori dei diritti umani. Crediamo che il diritto alla pace, alla libertà, all'espressione di ogni convincimento religioso siano valori di tutti.
Riteniamo anche che - non per un vecchio pacifismo strabico e opportunista ma per un pragmatismo moderno e intelligente - bombardare non serva a sconfiggere il terrorismo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo). Questa, signor Presidente del Consiglio, è la nostra opinione ed è l'opinione di migliaia di associazioni laiche e cattoliche, di coloro che stanno organizzando la marcia Perugia-Assisi per domenica prossima e di tanti cittadini italiani e del mondo che


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sono decisamente contrari ad ogni forma di terrorismo e di criminalità, ma che ritengono che le azioni - anche quelle definite di polizia internazionale - non debbano creare vittime innocenti.
Oggi, signor Presidente del Consiglio, è stata colpita un'agenzia delle Nazione Unite e dai primi dati sappiamo che vi sono stati già quattro morti; ovviamente le bombe e i missili non sono strumenti di intelligence e non possono evitare di colpire quelle vittime innocenti cui tutti facciamo riferimento.
La nostra preoccupazione è che si avvii una spirale pericolosa e gravissima che ci può portare ad una forma endemica di terrorismo fanatico internazionale.
Vorrei ricordare a tutti i colleghi che un grande paese, nostro alleato, come la Gran Bretagna, da decenni combatte il terrorismo fanatico e cristiano dell'Irlanda del Nord con lo strumento militare senza essere riuscito a sconfiggerlo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo). Dobbiamo essere quanto meno preoccupati del fatto di utilizzare strumenti come le bombe per sconfiggere un nemico criminale come il terrorismo e, in questo caso, il fanatismo islamico.
Per questo motivo, il gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo ha presentato una risoluzione con la quale chiede che vengano consegnati e puniti i terroristi, ma che ciò non avvenga attraverso uno strumento grossolano, sbagliato, inefficace e controproducente - come quello dei bombardamenti su un paese - che non può evitare le vittime innocenti, al fine di evitare l'estendersi del conflitto ad altri obiettivi.
Sarebbe anche da ricordare - e concludo - che oggi il Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha espresso sconcerto per l'affermazione dell'ambasciatore degli USA il quale ha affermato che probabilmente la campagna militare deve essere estesa ad altre nazioni sospettate di dare asilo ai terroristi. Questa è una cosa preoccupante; proprio i veri amici degli Stati Uniti d'America, signor Presidente del Consiglio, devono saper dire agli americani che in questa grande e tremenda battaglia che tutti dobbiamo combattere contro il terrorismo serve a tutto il nostro paese e a tutto il mondo un'azione mirata, intelligente ed efficace.
Per tali ragioni i Verdi voteranno contro la risoluzione presentata dalla maggioranza ed a favore della propria risoluzione, seppure con diverse posizioni. Signor Presidente del Consiglio, siamo determinati a dire chiaramente «no» al terrorismo e «no» all'uso della guerra contro il terrorismo, perché rischia di scatenare altre guerre.

PRESIDENTE. Onorevole Pecoraro Scanio, la invito a concludere.

ALFONSO PECORARO SCANIO. Ammazzare non è mai qualcosa che porta benessere e crediamo si debba dire «no» ai bombardamenti con grande determinazione, perché non ci aiutano ad attaccare il terrorismo internazionale (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Verdi-l'Ulivo)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boselli. Ne ha facoltà.

ENRICO BOSELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa sera siamo chiamati ad esprimere il nostro chiaro e pieno sostegno all'azione politica e militare intrapresa dagli Stati Uniti contro il terrorismo. Per chi ama la pace si tratta di una scelta difficile ma inevitabile di fronte alla sfida sferrata dei terroristi. Si tratta di porre al riparo l'umanità dal continuo rischio di tragici e dolorosi attentati. So bene, come molti colleghi in quest'aula, che il contrasto con il terrorismo deve avvenire con diversi mezzi: con mezzi politici, diplomatici, con un'azione di polizia, di intelligence, con iniziative a carattere finanziario, con il rafforzamento della coalizione antiterroristica. Non si può, però, sfuggire dall'uso delle armi contro chi adotta la violenza indiscriminata.
In questi giorni nel nostro paese si è voluto sottolineare - lo ha fatto oggi il Corriere della Sera - a proposito dell'impegno


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europeo, una profonda diversità di atteggiamenti che vi sarebbe tra il Governo inglese e gli altri governi dell'Europa continentale, il nostro incluso, come se l'uno esprimesse coraggio e gli altri reticenza o, addirittura, viltà. Non è così. Cito solo, a titolo di esempio, quanto ha dichiarato il ministro della difesa francese (del Governo, dunque, da tutti considerato il più a sinistra d'Europa) che a Le Monde ha detto: gli Stati Uniti sanno che noi possiamo entrare in azione con decine di aerei e di navi e migliaia di uomini per partecipare ad operazioni su obiettivi rilevanti del sistema terroristico nel territorio afghano.
La campagna contro i terroristi sarà lunga e difficile perché non si tratta soltanto di colpire l'eremita del terrore - come Barbara Spinelli ha efficacemente chiamato Bin Laden - ma le reti del terrore, dislocate in diversi punti del globo. Per questo sarà essenziale il rapporto con i paesi arabi moderati e con il mondo islamico. L'Italia, per la sua collocazione, ha sviluppato sempre una politica di apertura verso i paesi arabi, si è sempre impegnata nella ricerca di una via negoziale per risolvere il contrasto tra israeliani e palestinesi, si è occupata da vicino della situazione afgana. Ricordo l'impegno che in questa direzione profuse il collega Intini quando era sottosegretario per gli affari esteri nell'ultimo Governo di Giuliano Amato. Ecco perché abbiamo considerato un errore la frase pronunciata dal Presidente del Consiglio a proposito del mondo islamico anche se le sue parole questa sera, onorevole Berlusconi, sono state da questo punto di vista rassicuranti.
L'errore tragico che potremmo compiere è di considerare la guerra contro il terrorismo alla stregua di uno scontro fra civiltà o religioni. Non solo non dobbiamo confondere l'islam con il terrorismo, ma non dobbiamo neppure identificare i terroristi con tutti i fondamentalisti islamici. È essenziale - questo sì è un principio di civiltà - evitare di colpire le popolazioni civili. Per questa ragione, anche se in una collocazione di opposizione, non dobbiamo far mancare al Governo (senza annullare le gravi distinzioni politiche) e, soprattutto, alle Forze armate il sostegno in tutte le iniziative che si ritenessero necessarie per rafforzare la coalizione antiterroristica. D'altra parte in tutta Europa tutti i governi si sono assunti fino in fondo questa responsabilità.
Per questo motivo come deputati Socialisti voteremo a favore della risoluzione dell'Ulivo e ci asterremo su quelle parti della risoluzione della maggioranza che impegnano le Camere ad un impegno così rilevante (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Socialisti democratici italiani e di deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Diliberto. Ne ha facoltà.

OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, tutti intendiamo stroncare il terrorismo. Esso è nemico mortale dei popoli, non solo dell'occidente. Occorre, dunque, con la massima fermezza catturare e punire i colpevoli dell'abominio dell'11 settembre.
Voglio, tuttavia, rivolgere un interrogativo a tutti colleghi. Se domenica sera, invece di un bombardamento sull'Afghanistan, la comunità internazionale avesse revocato l'embargo all'Iraq unilateralmente (quello economico, non quello militare), non sarebbe stato questo un atto infinitamente più utile e politicamente più intelligente per togliere argomenti ai terroristi? Se si revocasse l'embargo, si compirebbe un atto simbolico e politico di straordinaria efficacia che parlerebbe a tutto il mondo arabo, colpirebbe mortalmente proprio l'atroce propaganda di Bin Laden. Niente più bambini morti a Baghdad: un atto giusto e intelligente insieme.
Per battere ed isolare il terrorismo occorre sanare le questioni aperte. Ho citato l'Iraq. Occorre, però, anche dare uno Stato ai palestinesi, assicurando al contempo la sicurezza agli israeliani. Ieri - lo voglio ricordare - Arafat ha compiuto una scelta politica difficilissima, di non ritorno.


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La polizia di Arafat ha aperto il fuoco a Gaza contro gli integralisti islamici: si tratta di un fatto enorme, non si può fare di più. Allora bisogna fare presto per aiutarlo, bisogna parlare al presente e non al futuro. Riteniamo, tuttavia, che la guerra non risolva il problema del terrorismo, temiamo un'escalation bellica di cui nessuno oggi è in grado di prevedere confini, limiti temporali e conseguenze. Bush dice che si colpiranno altre nazioni e l'ONU già protesta ufficialmente. Nessuno è in grado di prevedere il numero delle vittime civili - come dimostra l'episodio di stamane, dove sono rimasti uccisi, addirittura, quattro funzionari dell'ONU -, ma le stesse alimenteranno ancora di più le radici dell'odio e dell'integralismo.
Colleghi, voglio essere chiaro: noi non siamo neutrali, non siamo equidistanti, non bruciamo le bandiere americane, i terroristi sono anche nostri mortali nemici.
Noi abbiamo scelto, lo voglio dire con altrettanta chiarezza, da che parte stare; ce l'ha insegnato Guido Rossa, l'operaio comunista di Genova ucciso dalle Brigate rosse perché aveva scelto di non essere equidistante tra i terroristi e la democrazia: stava dalla parte della democrazia, come noi.
Tuttavia, sappiamo anche che l'uso della forza, se teso a punire i colpevoli, è scelta dolorosa, ma inevitabile; il nostro pacifismo non è a senso unico, non è cieco, ma sappiamo ancora che per avere la pace su scala planetaria, occorre preparare la pace e non la guerra. Riteniamo che la nostra risoluzione aiuti anche l'Ulivo, la nostra coalizione; portare questi argomenti dentro all'Ulivo rafforza il centrosinistra, perché gli consente di parlare a migliaia di giovani che non vogliono la guerra e di non consegnarli all'estremismo e alla marginalità.
Abbiamo nell'Ulivo due risoluzioni, distinte ma non contrapposte, tant'è vero che voteremo contro la risoluzione del Governo, ma, certamente, non contro quella presentata dalle altre componenti del centrosinistra ed invitiamo tutti i deputati dell'Ulivo a dare più voce, anche attraverso questo voto parlamentare, a chi vuole combattere il terrorismo, ma senza evocare terribili ed inutili scenari di guerra (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bertinotti. Ne ha facoltà.

FAUSTO BERTINOTTI. Signori Presidenti, signore e signori deputati, il mondo è ancora sconvolto dall'attentato terroristico dell'11 settembre. In quell'occasione il terrorismo ha raggiunto una scala sconosciuta, ha realizzato un crimine contro l'umanità, ha compiuto non una sfida ad una determinata civiltà, ma all'intera civiltà umana.
L'avversione al terrorismo non è solo l'avversione ad un mezzo, quello che disprezza la vita umana, è anche l'opposizione radicale ed irriducibile ad un fine, quello di una società che se vedesse per disgrazia vincitore in qualunque parte mondo il terrorismo, sarebbe il più oppressivo che si possa immaginare. Di fronte a questa sfida ci sarebbe voluta una capacità inedita, quella di colpire, di isolare il terrorismo e di riflettere su una crisi di civiltà che lo stesso ha drammaticamente messo in evidenza ed aggravato: c'è l'esclusione di tanta parte del mondo dalla ricchezza, ma non è vero che tutti al mondo vogliono entrare nella globalizzazione e nella cosiddetta civiltà occidentale; c'è la modernizzazione, ma non è vero che la globalizzazione porti la modernità e la sicurezza; c'è la crescita economica, ma non è vero che la globalizzazione abbia debellato la crisi economica, la recessione, che, infatti, bussa alle porte.
Queste cose, insieme, determinano una vera e propria crisi di civiltà. Per questo bisogna saper combattere il terrorismo in nome di un altro mondo, quello che il movimento che è stato chiamato antiglobalizzazione ha definito un altro mondo possibile. Invece, le classi dirigenti di questo mondo si sono prodotte in una coazione a ripetere.


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La guerra era, purtroppo, l'esito prevedibile, eppure non riesce che ad essere sconcertante anche per la sua povertà.
L'avversario dichiarato dalla guerra, Bin Laden, aspettava questa risposta. Ha usato cinicamente i mezzi di comunicazione, ha depositato una memoria e l'ha usata, non casualmente, appena la guerra è scattata.
Le classi dirigenti di questo mondo fanno la guerra perché non sanno fare altro e affidano alla guerra la costruzione di un nuovo ordine mondiale, ma si tratta di una scelta avventurista e voi stessi non sapete dire sulla guerra parole convincenti, neanche di previsione.
Da un lato ne enfatizzate l'assoluta necessità e dall'altro l'accompagnate con un linguaggio teso a far metabolizzare dalle popolazioni l'evento drammatico della guerra come fosse quotidiana ordinarietà. Non sapete dire per quanto tempo questa guerra dovrà colpire; Bush annuncia un allargamento della guerra ad altri paesi, ma non sappiamo quali. Non sapete dire per quanto tempo dovrà durare questa guerra; il ministro della difesa americano parla di un tempo lungo quanto quello della guerra fredda. Non sapete parlare delle conseguenze drammatiche di questa guerra in nessuna parte del mondo, neanche qui nei nostri territori.
Il destino dell'umanità è revocato in dubbio, la coppia terrorismo-guerra apre un rischio di barbarie drammatico. Questa guerra è ingiusta ed inefficace. Dove spinge? Guardiamo le prime conseguenze di questi giorni. Avete usato, con qualche tardiva generosità, parole giuste nei confronti del popolo palestinese, ma come si fa a non vedere l'ipocrisia di queste parole, quando la prima conseguenza della guerra è l'apertura di un conflitto drammatico nel popolo palestinese? Una spinta ad Arafat a dover usare le armi della repressione contro l'insorgenza di un fondamentalismo che, in larga parte, è anche una reazione alla guerra?
Come fate a non vedere che quello che si affaccia nel Pakistan può domani invadere il mondo arabo? Voi usate delle parole per accompagnare la guerra, ma la guerra non è solo nelle parole con cui la si dichiara e anche nelle parole con cui la si è annunciata. Sono state parole drammatiche e non solo quelle che abbiamo contestato al Presidente Berlusconi, ma anche quelle del presidente Bush.
In ogni caso, conta anche il vissuto di chi la guerra subisce. Una guerra che era possibile evitare con un'alternativa, quella del diritto internazionale, quella di un intervento di polizia internazionale guidato, organizzato, progettato, da parte delle Nazioni Unite, con il coinvolgimento dei paesi arabi per accompagnare queste misure, anche perché voi, con quello che rimarrà della guida di quei paesi arabi, dovete immaginare una qualche Yalta; dunque, perché non farlo adesso, prima della guerra.
In tal modo, avreste potuto accompagnare davvero una nuova giustizia mondiale che intervenisse a favore dei popoli del terzo mondo, sopprimendo il debito e intervenendo qui, nell'economia, contro il rischio di licenziamenti, che si producono in una crisi economica che rischia di diventare pesante. Invece, fate la guerra; l'accompagnate a volte con parole di sviluppo, ma in realtà sapete che la moneta cattiva scaccia la moneta buona.
C'era un detto famoso il quale diceva che la guerra è una cosa così importante che non la possono fare i generali. Noto qualche rovesciamento; adesso, sono generali autorevoli che spiegano la filosofia della guerra e uno di questi generali, il generale Jean - assai noto anche in Italia -, ha detto che per combattere i barbari noi stessi dobbiamo diventare un po' più barbari. Noi non siamo d'accordo.
Consideriamo la guerra come una scelta ingiusta e inefficace. Per tale motivo voteremo contro la risoluzione presentata dal Governo e per questo saremo, invece, con il popolo della pace alla marcia Perugia-Assisi per dire che esiste un'alternativa alla guerra: quella della pace e della lotta contro il terrorismo, ma solo contro i terroristi (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, la Lega nord Padania nutre da sempre profondo rispetto per le diversità culturali e religiose di ogni singolo popolo.
Per questa ragione, la Lega nord si oppone al progetto della società multirazziale, progetto che, oltre a produrre situazioni di grande e, talora, insuperabile conflittualità, disintegra, parimenti, l'identità delle popolazioni autoctone e di quelle sradicate dai loro territori di origine. La Lega nord riconosce nell'islam una grande civiltà, con la quale il dialogo è non solo possibile, ma doveroso; crediamo fermamente che alcuni aspetti lesivi dei diritti fondamentali della persona, che caratterizzano i regimi islamici fondamentalisti - e ci riferiamo alla violenza verso le donne ed i bambini, alle forme di schiavitù, alle pene corporali efferate -, siano dettati da interpretazioni non autentiche e strumentali del testo religioso e siano funzionali al mantenimento in condizioni di minorità e di terrore della popolazione civile.
Allo stesso modo, noi custodiamo gelosamente i valori della civiltà occidentale: la democrazia partecipativa, la legittimazione delle rappresentanze istituzionali, la separazione dei poteri, lo Stato di diritto, la tolleranza verso i tolleranti, l'inviolabilità dei diritti fondamentali di libertà della persona sono valori inestimabili dell'occidente; per questo, sono inaccettabili gli attacchi ideologici da parte di chi, come Osama Bin Laden, descrive l'occidente come la culla del materialismo e dell'imperialismo. I terroristi ed i loro sostenitori rappresentano la testimonianza vivente della violazione sistematica dei diritti fondamentali della persona ed una incombente minaccia di barbarie per tutta l'umanità.
Chiunque critichi il modello occidentale, che non è sicuramente indenne da errori - noi lo facciamo da sempre, denunciando gli aspetti deteriori della globalizzazione -, deve essere in grado di proporre correttivi o, addirittura, soluzioni alternative, ma deve essere credibile e legittimato come interlocutore, in quanto portatore dei valori imprescindibili del rispetto della persona e della sua libertà.
Il terrorismo, ovunque esso si annidi, in oriente quanto in occidente, in qualsiasi forma esso si manifesti, laica o religiosa, non può avere alcuna patente di legittimità; il terrorismo fondamentalista del network guidato da Bin Laden non rappresenta l'istanza di dialogo né le rivendicazioni dell'islam e neppure le richieste di ascolto dei poveri del mondo, ma solo il volto del fanatismo più efferato che deve essere combattuto con grande determinazione. Guai a conferirgli anche solo una parvenza di legittimazione. E, invece, purtroppo, dobbiamo registrare ancora una volta la gravità di alcune affermazioni, espresse nelle manifestazioni dei no global, tra i quali autonomi, Cobas, Rifondazione comunista, Verdi e Comunisti italiani; tali affermazioni, ponendo sullo stesso piano l'azione militare della NATO ed il terrorismo islamico, assimilano civiltà e barbarie, riabilitando, più o meno consapevolmente, la figura del terrorista.
L'immane tragedia delle torri gemelle di New York, proprio per la sua inaudita gravità, potrebbe rivelarsi un importante segnale per l'intera umanità, tale da incidere sulle sue sorti future. Tutti i popoli civili, indipendentemente dalle religioni professate, si sono improvvisamente risvegliati da un colpevole stordimento; per troppo tempo sottostimata, talora addirittura irresponsabilmente finanziata, per tornaconti di tipo economico o geopolitico, la minaccia terroristica si è infiltrate in tutte le nazioni. La tesi più probabile è che i terroristi non siano soltanto esaltati al servizio di Bin Laden, ma siano anche funzionali ad una rete internazionale di banche, finanzieri e petrolieri fanatici, a disposizione, cioè, di una vera e propria cellula impazzita della globalizzazione.
Pertanto, sarebbe autodistruttivo tergiversare. È improcrastinabile un'azione intensa e prolungata di polizia internazionale, nella quale ogni paese appartenente alla NATO, ma non solo - pensiamo alla


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Russia -, nel rispetto degli impegni sottoscritti, assuma un ruolo di piena responsabilità. Il patto di revisione del concetto strategico della NATO, che estende anche all'ipotesi di attacco terroristico l'impegno all'intervento congiunto - patto, lo ricordo, sottoscritto dall'ex Presidente del Consiglio D'Alema a Washington nel 1999 -, ci impone questa scelta. Sarebbe inaccettabile che oggi l'Ulivo non condividesse pienamente questa decisione, smentendo se stesso con il risultato di esporre il paese a pesanti critiche da parte della comunità internazionale.
In questi giorni si è parlato molto dell'ONU: riteniamo che il suo ruolo debba essere ripensato per renderne più credibile ed efficace l'azione internazionale. Tuttavia, respingiamo al mittente l'uso strumentale che alcune forze politiche vorrebbero assegnare alle Nazioni Unite, utilizzandole come strumento per depotenziare ogni risposta concreta alle minacce terroristiche. La nostra azione dovrà essere indenne sia da esaltazioni interventistiche e militaresche, sia dalle fobie da pacifismo ideologico alla Cofferati, che in questi giorni ha dichiarato «né con i terroristi, né con la guerra». Il nostro impegno dovrà essere diretto su tutti i fronti, politico, diplomatico, di intelligence, militare. Dovremo dare grande spazio agli interventi umanitari, in particolare, a quelli di carattere sanitario ed alimentare, per ridurre al minimo la sofferenza delle popolazioni civili. Dovremo perdere l'antico vizio, coltivato anche dall'Ulivo, di contrarre rapporti commerciali con i governi degli Stati sottoposti a sanzioni perché contigui al fondamentalismo. Dovremo promuovere infine l'apertura di un dialogo più ampio su tutte le questioni epocali che l'occidente non può più sottovalutare: gli aspetti negativi della globalizzazione, l'estrema diffusione della povertà, la risoluzione dei conflitti mediorientali, fonti inesauribili di instabilità internazionale.
Pertanto, daremo un convinto voto favorevole alla risoluzione da noi presentata insieme alle altre forze della Casa delle libertà. Valuteremo, di volta in volta, il nostro voto alla risoluzione proposta dalla parte maggioritaria - solo maggioritaria e non unita - dell'Ulivo, e voteremo contro la risoluzioni di cui sono primi firmatari l'onorevole Bertinotti e l'onorevole Rizzo. Concludo dicendo che, vista la gravità della situazione, e soprattutto il ruolo dell'Italia dei Balcani, riteniamo rappresenti un grave errore per l'Ulivo non aver dato la propria disponibilità alla stesura di una risoluzione comune. Purtroppo, anche in questa occasione, l'Ulivo ha voluto rivendicare una sua diversità non giustificabile, vista la disparità dei valori in discussione e l'emergenza che si troviamo ad affrontare. Questo conferma l'ambivalenza che ne ha sempre contraddistinto la politica estera (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania, di Forza Italia, di Alleanza nazionale e del CCD-CDU Biancofiore).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volonté. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, quello odierno è un appuntamento grave e carico di responsabilità per il nostro paese, ma anche denso di opportunità per l'intero continente europeo, che vede del 1945 le armi tacere e, tuttavia, come ci ricorda il Santo Padre, la vera pace non è mai il risultato della vittoria militare, ma implica il superamento delle cause della guerra e l'autentica riconciliazione dei popoli. In questi anni la responsabilità verso i paesi in via di sviluppo, verso quelli più poveri del pianeta, si e accresciuta e, con essa, la fattiva solidarietà tra le nazioni, anche se in questo decennio sono emerse nuove forme di totalitarismo e autoritarismo e anche se in questo decennio l'utilitarismo di massa ha provocato nelle società più industrializzate l'abbraccio da parte di alcune frange delle generazioni nuove del nichilismo e, in alcuni paesi, emergono purtroppo nuove forme di fondamentalismo religioso, che negano i diritti civili elementari a chi non abbraccia la religione dominante.


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Nello scacchiere mediorientale assistiamo ad un processo complesso di pacificazione, che coinvolge numerose nazioni, dall'Iraq al Libano, fino alla dolorosa e continua disputa violenta tra Israele e i palestinesi. L'Italia, onorevole Presidente, è stata per lunghi anni irrisa per la sua politica estera, rivolta alla soluzione di quei conflitti mediterranei. Oggi dobbiamo proseguire - e il piano Marshall per la per la Palestina ci conforta - su quella via della pace per tutto il bacino del Mediterraneo ed il nostro paese in ciò trova una giusta collocazione nella coalizione mondiale contro il terrorismo.
I segnali contro il terrorismo che provengono dalle parole e dalle azioni di Arafat, ci inducono a considerarlo un alleato contro il fondamentalismo islamico, che nell'intangibilità dello Stato israeliano, deve però poter trovare lo spazio per il suo popolo. In questo processo, la nostra Italia deve essere alla guida dell'azione diplomatica europea: possiamo e dobbiamo continuare a farlo, sia per la nostra sicurezza, sia per l'unicità della nostra azione, della nostra tradizione, per la nostra storia a per la nostra cultura.
La guerra è iniziata da qualche giorno e bene ha fatto il Presidente Berlusconi a confermare la nostra totale disponibilità, anche militare, in appoggio degli Stati Uniti d'America.
Guerra! L'11 settembre si è voluto colpire un simbolo? Si è voluta colpire solo una nazione che rappresenta, nel bene e nel male delle sue distorsioni, la libertà?
L'immane tragedia che ha colpito gli Stati Uniti d'America, il vile attacco che ha distrutto decine di migliaia di vite va al di là del tragico avvenimento alle twin towers. Osama Bin Laden e Al Qaeda hanno voluto colpire un simbolo, una nazione che nella sua dichiarazione di indipendenza è scritto: «Noi riteniamo queste verità evidenti, tutti gli uomini sono creati uguali, sono dotati dal Creatore di diritti inalienabili, soprattutto la vita, la libertà e la ricerca della felicità». Hanno voluto colpire il desiderio di infinito presente in ogni uomo; hanno voluto colpire perciò il cuore di un popolo, di tutti i popoli e del genere umano.
Avevano anche un altro scopo, quello di togliere iniziativa e sicurezza, quello di impedire la formazione del carattere e del coraggio; così ci ricorda Abramo Lincoln in un suo famoso decalogo. Non c'è dubbio che un tentativo è stato quello di intimidire e di converso saggiare la capacità di reazione del mondo occidentale. La reazione c'è stata e c'è tuttora. La reazione parte dall'alleanza operativa anglo-statunitense e coinvolge la NATO, il Consiglio di partenariato euroatlantico e gli altri paesi in un'ampia coalizione: bombe per i terroristi, pane per il popolo afghano.
Per l'Europa, per il suo sviluppo è finito il tempo delle recriminazioni e delle lamentazioni nei confronti del Regno Unito. Anche in questa circostanza il Regno Unito dimostra il suo orgoglio, il suo attaccamento ai valori fondanti di ogni società civile e la sua particolare amicizia con la patria delle libertà e delle opportunità.
L'Italia ha un compito da perseguire e cioè quello di contribuire a scrivere una carta dei diritti europei dove, non solo formalmente, vengano riconosciute le radici cristiane comuni, i valori democratici fondanti, un rinnovato patto europeo tra cittadini e tra Stati.
Non possiamo rimanere inebetiti di fronte a ciò che è successo e che potrebbe succedere anche da noi, sul nostro suolo, sulla nostra patria. A una classe dirigente, ad un Parlamento e ad un Governo serio è giusto chiedere di guidare l'orgoglio nazionale, l'orgoglio che deriva dalla propria cultura e dai propri valori, dalla nettezza delle posizioni e dallo spirito di sacrificio nei confronti delle sfide che abbiamo di fronte.
La coscienza di chi siamo non è andata dispersa e dispiace che neanche in questa occasione la minoranza abbia trovato al suo interno - come per il G8 - la necessaria compattezza per costruire insieme a noi un documento unitario, anche se ci sarà unità negli intenti. In questo la società italiana è più unita dei partiti


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politici, ciò è grave per tutti noi che li rappresentiamo, anche se la responsabilità della divisione ricadrà su coloro che la promuoveranno.
Sia chiaro a tutti gli italiani e a noi stessi che chi ha dichiarato guerra all'occidente è stato Osama Bin Laden, alla Jihad sono stati chiamati tutti i credenti nell'islam. Sono stati colpiti gli Stati Uniti, tutta l'Alleanza atlantica ed anche le Nazioni Unite; sono i terroristi che hanno colpito, essi vogliono imporre a tutto il mondo un'interpretazione talebana del Corano.
Noi dobbiamo rispondere adeguatamente. In quest'ora grave e densa di pericoli, la invito, onorevole Presidente del Consiglio, ad agire con le virtù del capo in una situazione di guerra.
Von Klausewitz, un grande politico e stratega, diceva che le virtù del capo rappresentano l'equilibrio in mezzo alla tempesta, il coraggio delle proprie responsabilità, il senso delle occasioni che gli si offrono e non si ripeteranno più (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo), la fiducia in se stesso, lo spirito di intraprendenza giovanile. Viva l'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD-CDU Biancofiore, di Forza Italia e di Alleanza nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rutelli. Ne ha facoltà.

FRANCESCO RUTELLI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio dei ministri, quando è aperto un conflitto, il compito del Parlamento è di indicare al paese, a tutti i cittadini, l'orizzonte delle responsabilità, dei diritti, dei doveri, cercare di comprendere il presente, fare le scelte giuste per il futuro.
Sappiamo che il conflitto contro il terrorismo internazionale sarà lungo, complesso, pericoloso e avrà conseguenze profonde. A viso aperto dobbiamo rispondere questa sera a domande precise: da quale parte stiamo? Chi è il nostro avversario? Quali sono i nostri compiti?
La nostra parte è quella che si riconosce nell'Europa, nelle Nazioni Unite, nell'Alleanza atlantica. I nostri avversari sono una forza distruttiva che ha chiaramente indicato i suoi principali obiettivi: colpire e terrorizzare gli Stati Uniti d'America, rovesciare i governi dei paesi arabi moderati, cacciare gli israeliani dal Medio Oriente.
I nostri compiti per sconfiggere questi propositi sono altrettanto chiari e di portata storica. Sappiamo che la nostra democrazia deve restare solida, deve saper restare aperta ed il nostro popolo unito. Occorre una vasta alleanza mondiale. Essa è necessaria anche per garantire che nessuno trasformi una battaglia per la libertà dal terrorismo in un cammino verso un conflitto generalizzato, in una escalation disastrosa per tutto il mondo.
Finora - va sottolineato - molte cose sono cambiate già all'avvio di questa coalizione. Fino a poche settimane fa l'amministrazione americana non era direttamente impegnata per una soluzione immediata del conflitto israelo-palestinese e, per fare solo un altro esempio, pensava di abbandonare il trattato contro le armi batteriologiche.
Oggi, anche grazie al contributo dell'Unione europea e delle Nazioni Unite, il mondo - Stati Uniti in testa - è consapevole che occorre agire subito con coraggio e determinazione perché nasca, in un quadro di certezza e sicurezza per Israele, finalmente uno Stato sovrano della Palestina.
Noi siamo convinti, signor Presidente, che l'uso delle armi - lo ha detto il ministro degli esteri e lo sottoscrivo - dovrà rappresentare solo una piccola parte tra i grandi sviluppi ed i cambiamenti che ci attendono.
Noi rigettiamo i proclami deliranti dei terroristi innanzitutto perché essi sono la negazione stessa dell'impegno politico e della passione civile che ci muove a ricercare più giustizia, più equità nel mondo, diritti umani e di cittadinanza, lotta alla povertà e alle malattie, sicurezza e pace.
Se una guerra è tempo veramente di vincere, questa è la guerra di cui parlava


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Lord Beveridge: la guerra contro il bisogno, nelle troppe parti del mondo dove pure il nostro enorme progresso scientifico, tecnologico ed economico non ha portato a risolvere drammi più che mai umilianti per l'umanità. Solo se noi, occidente democratico, tendendo la mano innanzitutto ai popoli fratelli del mondo arabo e musulmano, sapremo vincere la sfida umana e civile per risanare le ingiustizie, solo allora diremo che sarà valsa la pena di affrontare pericoli, sofferenze, perdite di vite umane perché il mondo avrà sconfitto i terroristi e le loro minacce senza precedenti ma avrà saputo progredire, non arretrare. Anche per queste ragioni, chi nutre oggi un sentimento ed un giudizio critico va ascoltato con grande attenzione.
Ci sono dubbi fondati su errori obiettivi. Bin Laden è stato addestrato anche dall'occidente. Per troppo tempo la comunità internazionale ha lasciato solo il popolo afghano, martoriato prima dai sovietici, poi dai fondamentalisti (pensiamo alla condizione della donna in Afghanistan). Noi non abbiamo preso pretesto, signor Presidente del Consiglio, da errori commessi dal nostro Governo per dividere l'Italia davanti al mondo. Siamo stati corretti e leali, con spirito nazionale.
Attenzione, però! Tocca al Governo da oggi in poi dimostrare di meritare questa correttezza: dimostrateci che non pensate di utilizzare la crisi internazionale per forzare in alcun caso la mano in Parlamento. Noi voteremo per una piena assunzione di responsabilità dell'Italia perché siamo forza di Governo, perché sappiamo che stiamo da questa parte, contro il terrore e ci rivolgiamo ai tanti italiani critici e preoccupati.
Conosciamo i dubbi e le paure delle famiglie sul rischio che una guerra inizi e non si fermi, che ci siano altri lutti e che si rinunci al bene supremo della pace. Intendiamo ascoltare e rappresentare, prendendo sul serio tali preoccupazioni. Intendiamo rappresentare, nel tempo difficile che ci attende tra le insidie che nasceranno, un'Italia sana e libera, coraggiosa e coerente con le sue scelte storiche, attenta a che il mondo non entri in una spirale tragica: lo ha chiesto ai governanti Giovanni Paolo II, «non lasciatevi dominare - dice - dall'odio e dallo spirito di ritorsione, sforzatevi di illuminare il buio delle vicende umane con opere di pace». Sappiamo che l'Italia, assieme ai partner europei, dovrà interpretare ed orientare queste aspirazioni. Tutto questo, signor Presidente, è scritto nella risoluzione che noi dell'Ulivo abbiamo presentato e sulla quale esprimeremo voto favorevole.
È importante che il Parlamento sia unito, che anche noi consentiamo l'approvazione della risoluzione di maggioranza, proprio perchè oggi non viviamo un war game o un gioco di battaglia navale. Partecipiamo in una situazione seria e grave. I nostri concittadini misureranno la serietà di chi li rappresenta in Parlamento. Si tratta di un passaggio critico. Lo affrontiamo in modo consapevole, fedeli ai nostri principi e assicurando tutto il popolo italiano che vigileremo ed agiremo per il bene comune della nostra nazione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Minoranze linguistiche - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, abbiamo ancora tutti negli occhi, e drammaticamente, le immagini dell'11 settembre: le torri che bruciano, che crollano, la sconfitta in quel momento dell'orgoglio dell'occidente, dell'America ed anche del nostro. Ma abbiamo negli occhi la capacità, prima di tutto del popolo degli Stati Uniti d'America, non tanto, come diceva Sergio Romano in un recente articolo sul Corriere della sera, di mettersi subito a lavorare per ricostruire, per sgombrare le macerie, quanto dello spirito patriottico con cui gli Stati Uniti d'America e il popolo americano hanno saputo rispondere e reagire, oltre ogni ricorso alle armi, a ciò che il terrorismo considerava


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il primo obiettivo: seminare il terrore, paralizzare la società occidentale.
Certo, noi italiani, vicini in questi momenti al popolo americano, abbiamo forse invidiato - diciamolo francamente, questo almeno è capitato alla mia parte politica - la capacità di saper tramutare un simbolo, la bandiera, in una grande occasione di risposta pacifica e forte al terrorismo. L'orgoglio nazionale che le parole della Fallaci (Commenti di deputati di Rifondazione comunista) hanno fatto risuonare, per una volta anche tra gli italiani, sono state simili ad una sferzata per chi, per anni, aveva considerato inutile o peggio un valore quale il sentimento nazionale, prima risorsa per la risposta degli Stati Uniti d'America (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale e di deputati del gruppo di Forza Italia).
L'11 settembre, poco meno di settemila vittime di 66 paesi diversi. Non è una questione soltanto americana, anche per questo, cioè per 66 paesi diversi: sangue di uomini, di donne, di bambini di tutto il mondo, anche italiano. Di tutto il mondo! La coralità della risposta più ampia di quella che vi fu al tempo della risposta all'Iraq rappresenta un segno estremamente positivo che ci fa ben sperare. La vicinanza di tanti paesi arabi impedisce il progetto di Osama bin Laden di trasformare un atto terroristico in una impossibile guerra tra cristianesimo, occidente ed islam.
Solo pochi - e, ahimè, faccio una piccola caduta di tono anche in quest'aula, onorevole Pecoraro Scanio - si sono uniti all'Iraq e all'Iran nel condannare la giusta, inevitabile reazione, l'esercizio legittimo del diritto di autodifesa, ai sensi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, che non può essere messo in discussione e che è stato confermato dalle risoluzioni ripetute del 12 e del 28 settembre. Solo alcuni hanno potuto cercare un'impossibile via di equilibrio e di equidistanza.
Nella nostra risoluzione, onorevole Berlusconi, onorevole Presidente del Consiglio, onorevole ministro degli esteri, noi della maggioranza - e lo dico anche a coloro che ci seguono per televisione - chiediamo e impegniamo il Governo a confermare, in questa fase cruciale di lotta al terrorismo internazionale, la piena solidarietà dell'Italia al popolo ed al Governo degli Stati Uniti d'America, nonché alle istituzioni dell'Alleanza atlantica, assicurando il sostegno alle azioni, anche militari, che si renderanno a tal fine necessarie, tenendo costantemente e tempestivamente informato il Parlamento. Lo chiediamo al Governo, e lo chiediamo concordemente, tutti noi della Casa delle libertà, e sono contento che, sostanzialmente, almeno nelle conclusioni, parte dell'Ulivo, anche se non tutto, arrivi alla stessa conclusione. Chiediamo che si assumano, in particolare, le responsabilità dovute per dare pronta esecuzione agli impegni derivanti dall'applicazione dell'articolo 5 del Trattato istitutivo della NATO, di cui tutti, in queste settimane, avete sentito parlare.
Allora, se questo è il nostro obiettivo, mi chiedo se non occorra che da questo Parlamento esca qualcosa di più di quello che, pur lodevolmente, l'onorevole Rutelli ha cercato di indicare per una parte dell'Ulivo. Onorevole Rutelli, onorevole D'Alema, che interverrà dopo di me, non avevamo bisogno dei vostri voti, come voi ai tempi del Kosovo aveste bisogno dei nostri, per approvare questa risoluzione. Tuttavia, abbiamo provato, e vi ringraziamo per averci ascoltato, a formulare una risoluzione che potesse essere il punto di incontro di tutto il Parlamento, perché ci teniamo a dare una risposta nel senso della dignità e dell'unità del popolo italiano... (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale e di deputati del gruppo di Forza Italia).
Nell'agosto 1960, l'Europa era forse al minimo storico della sua storia, del suo dramma: veniva innalzato il muro di Berlino, veniva divisa la vecchia Europa, fonte di civiltà per tutto il mondo. Pochi mesi dopo, un uomo veniva dall'altro lato dell'Atlantico, dagli Stati Uniti d'America. Era un presidente che non sarebbe vissuto a lungo: era il Presidente Kennedy (Commenti del deputato Bolognesi). Veniva a Berlino ed in un discorso indimenticato, durante un comizio indimenticato, ebbe a


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dire, portando la solidarietà e la vicinanza del popolo americano ad un'Europa in quel momento dilaniata e divisa, «Ich bin ein Berliner» (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
Oggi, credo che tutti insieme siamo in grado di dire, rispondendo a quel richiamo antico di unità dell'Occidente, «I am an american» (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)! È il senso che noi di Alleanza nazionale, noi della Casa delle libertà diamo con la nostra solidarietà, con il nostro voto favorevole, alla risoluzione di maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia e della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alema. Ne ha facoltà.

MASSIMO D'ALEMA. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, colleghi deputati, non mancherà il sostegno nostro, dei Democratici di sinistra, all'impegno del nostro paese; all'impegno di quegli italiani che, in queste ore, debbono garantire la sicurezza di tutti i cittadini e di tutti noi; all'impegno dell'Italia con l'Europa, a fianco degli Stati Uniti e con la comunità internazionale; all'impegno nella battaglia dura, difficile contro il terrorismo, su tutti i piani, come avevamo detto, in una lotta da cui dipende il futuro dell'umanità, il futuro dei nostri figli.
Avevamo detto, in quest'aula, che l'uso della forza non può essere considerato un tabù e che esso si rende inevitabile di fronte ad una sfida che viene da un nemico feroce che ha, esso sì, dichiarato guerra all'umanità.
Confermiamo che consideriamo legittima - così come la considerano legittima le risoluzioni delle Nazioni Unite - l'azione di forza che, in queste ore, si sviluppa per colpire il terrorismo e per colpire un regime che al terrorismo ha offerto asilo e protezione. Un'azione di forza che è giunta dopo una paziente tessitura politica, di una coalizione internazionale vasta, e dopo che la comunità internazionale aveva chiesto, con chiarezza, al Governo afghano la consegna di Bin Laden, la presa di distanza dal terrorismo. Ciò non vi è stato, neppure di fronte alle prove inconfutabili delle responsabilità di Osama Bin Laden e della sua organizzazione.
È per questo che si è reso inevitabile l'uso della forza ed è anche per questo che l'uso della forza avviene con una inedita coalizione mondiale e nel quadro di un vasto consenso delle nazioni e dei popoli.
Tutto questo, naturalmente, non ci libera dal senso di preoccupazione e di angoscia che è ben comprensibile in tutti noi di fronte alla tragedia di bombardamenti, di fronte all'immagine di popolazioni incolpevoli, di profughi, nel pensiero che, inevitabilmente, i bombardamenti, per quanto essi siano mirati e volti a colpire installazioni militari e base terroristiche, finiscono anche per colpire civili innocenti.
Abbiamo già vissuto l'angoscia, per settantadue giorni, di un conflitto di questo tipo. Anche allora ne abbiamo sopportato sulle spalle, tutta intera, la responsabilità. Anche allora vi era chi marciava contro la guerra, magari dimenticando che la guerra, li, nei Balcani, c'era già da dieci anni. Anche allora si disse che la forza non avrebbe aperto la strada alla pace, ma poi è venuta la pace e si è aperta la strada anche alla democrazia.
Certo non fu soltanto la forza, fu anche la politica e anche adesso occorre che la forza sia al servizio della politica e della pace e che la politica resti la guida. Il che significa uso proporzionato della forza; il che significa vigilare contro un'estensione immotivata del conflitto; il che significa agire su piani diversi, in una sfida che sarà lunga e difficile e che è una grande sfida politica e culturale, così come abbiamo capito dalle parole di un leader, Osama Bin Laden, che si propone come leader di una parte del mondo e lo si sconfigge non soltanto se lo si affronta sul piano militare ma se lo si isola in quella parte del mondo.


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Occorre - lo ha detto l'onorevole Mussi poco fa - una profonda e coraggiosa svolta politica. Il banco di prova più immediato, più drammatico è il Medio Oriente. Abbiamo apprezzato le parole di Bush sullo Stato palestinese, i riferimenti del Presidente Berlusconi ad un piano straordinario.
E, tuttavia, se il coraggio di Arafat resterà stretto nella morsa tra il fanatismo di casa sua, di Hamas, della Jihad, ed i falchi di Israele, sarà difficile che venga il tempo delle opere pubbliche; se non si ritireranno i carri armati dello Stato di Israele dai territori posti sotto il controllo dell'ANP (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Socialisti democratici italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo e di deputati di Forza Italia). Bisogna che anche in questo caso la comunità internazionale trovi il modo di fare la voce grossa.
Ci sono altri banchi di prova. Resto convinto che la politica seguita nei confronti dell'Iraq è stata, per lunghi anni, una politica sbagliata che ha provocato un grave danno a quel popolo e non ha scalfito il potere del dittatore. E poi ancora e ancora: sarebbe lungo l'elenco delle cose su cui riflettere, delle cose da cambiare se ci si vuole incamminare con coraggio sulla strada di un ordine mondiale più giusto.
In tutto questo conteranno molto il coraggio dell'Europa, la sua determinazione, la sua azione politica, economica, culturale, il suo stare al fianco degli Stati Uniti, ma con un profilo proprio, così come abbiamo visto nel corso di questa crisi ed anche apprezzato. E l'Italia, in tutto questo? Non lo sappiamo.
Oggi l'onorevole Berlusconi ha fatto un buon discorso; ed io non avrei avuto difficoltà ad applaudirlo se le scelte ed i comportamenti dei giorni scorsi non avessero creato un varco, non solo tra maggioranza ed opposizione, ma anche colpendo l'immagine dell'Italia proprio sul delicato terreno della lotta alla criminalità internazionale ed al terrorismo (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). Ma le ragioni dell'opposizione, che pure restano e non vengono messe da parte, non cancellano le ragioni della responsabilità, di fronte al paese ed ai suoi compiti.
Abbiamo saputo assumerci queste responsabilità nel Governo; le sapremo assumere anche dall'opposizione. Di questo i cittadini italiani, i membri del Parlamento e del Governo debbono essere certi (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Elio Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, voglio anzitutto ringraziare, in questa difficile situazione internazionale, in questa drammatica condizione che stiamo attraversando, il Governo: la tempestività e la completezza con la quale sta dando continue comunicazioni al Parlamento nelle Commissioni riunite di Camera e Senato e nelle aule parlamentari credo sia un elemento importante al quale hanno in qualche misura dato atto anche le opposizioni. Tempestività e completezza delle comunicazioni al Parlamento contribuiscono, accanto alle iniziative che sono state assunte, delle quali, appunto, è stata data comunicazione anche stasera, a garantire ai nostri cittadini quella serenità e quella sicurezza che sono condizioni necessarie per poter affrontare anche la partecipazione ed il sostegno italiano alle azioni in corso. Inoltre, ringrazio il Governo anche per l'autorevolezza continuamente manifestata nelle relazioni internazionali: credo che questa costituisca una ragione di prestigio per il nostro paese, della quale tutti possiamo essere orgogliosi.
Ma voglio sottolineare anche due cose, che sono emerse dal dibattito di questa sera, che sono riprese anche dai nostri documenti e che, per la verità, appartengono anche ad iniziative politiche già assunte dal Governo in questi mesi, in queste


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poche settimane: quante cose sono successe, eppure quante cose sono state già fatte, quante cose sono state messe in cantiere!
La prima questione, per la quale io continuo a richiamare il Parlamento e l'attenzione dell'opinione pubblica riguarda quelle strategie globali di lotta alla fame, alla povertà, alle malattie, che, per iniziativa del Governo italiano e del Presidente Berlusconi, sono state inserite, imposte, amplificate nell'agenda del vertice del G8 e che sono uscite con un capitolo, con un valore, con un impegno mondiale, sul quale io credo che noi dovremo tornare proprio in questi momenti di difficoltà internazionale. Infatti, è qui la chiave per intervenire e risolvere alla radice i problemi del mondo e soddisfare i bisogni dei paesi più poveri.
L'altra questione, che anche in questa sede è stata rilevata, riguarda quella iniziativa internazionale che il Presidente Berlusconi ha annunciato in questa sede: egli partirà dall'Italia, nel quadro dell'iniziativa europea dei paesi alleati, per preparare, costruire, conservare la pace in Palestina che - onorevole D'Alema, a lei che è sempre così attento, non sarà sfuggito - non è solo un nuovo piano Marshall di investimenti, di opere pubbliche con il sostegno dei privati, ma parte dal presupposto che le condizioni di serenità, di vivibilità delle popolazioni in quei territori martoriati sono una condizione per costruire la pace. Non è una condizione che viene dopo la pace, aiuta la pace, la serenità, la sicurezza, le condizioni di vita e di benessere delle popolazioni in quei territori. Lei ci ha detto, Presidente Berlusconi - lo abbiamo raccolto negli atti parlamentari - che è una condizione per la pace.
Detto questo, passiamo ai documenti ed ai voti che ci accingiamo a dare. Noi riteniamo che nella lotta al terrorismo mondiale, alla violenza, agli atti di barbarie che sono stati compiuti, non possano esistere tentennamenti, non possano esistere pregiudiziali, non possano esistere condizionamenti, non possano esistere neanche pretestuosi richiami a questioni che, seppur legittime, riteniamo essere pretestuosi richiami dell'opposizione a questioni di politica interna; né tantomeno possano esistere delle pur legittime e comprensibili questioni o priorità di politica interna ai partiti.
È stato già ricordato che nella scorsa legislatura l'opposizione di centrodestra, in condizioni ben più difficili (perché allora la maggioranza non era autosufficiente), mise da parte le ragioni, che noi ritenevamo legittime, di forte opposizione a quelle politiche e a quel Governo e privilegiò, come sempre, gli interessi del paese e gli interessi e i valori nei quali ci riconosciamo e ci siamo sempre riconosciuti senza tentennamenti, di difesa della libertà e della democrazia, quelle alleanze internazionali, alle quali noi non abbiamo mai messo in dubbio l'appartenenza ed il ruolo pieno dell'Italia. Per questo siamo un po' sorpresi, al di là delle dichiarazioni che ci sono state questa sera, per quanto è accaduto all'interno dell'opposizione; noi non ce ne rallegriamo.
Nella scorsa legislatura fu possibile votare - lo ricorda il ministro Pisanu -, per nostra iniziativa, una risoluzione comune (sottoscritta dagli onorevoli Mussi, Pisanu, Selva); noi votammo a favore e garantimmo quindi quel prestigio, quel ruolo internazionale dell'Italia che apparteneva alla nostra tradizione, alla nostra convinzione, alla nostra cultura e alla nostra politica, mettendo da parte le questioni interne (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, del CCD-CDU Biancofiore e Misto-Nuovo PSI) che pure avrebbero potuto portare anche noi ad avere tatticismi, prudenza, riserve. Quando ci furono quei voti era un momento come questo, un momento di forte scontro e di confronto, come sempre accade in Parlamento sulle questioni di politica interna. Noi privilegiammo gli interessi del paese, privilegiammo le nostre convinzioni. Questo credo debba essere il ruolo del Parlamento; questo è lo spirito con il quale il Governo sta costantemente tenendo informato il Parlamento nelle questioni di politica internazionale.


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Per questo - concludo - noi voteremo a favore, senza riserve, del documento che abbiamo sottoscritto e che ha raccolto il parere favorevole del Governo. Attendiamo che possa accadere altrettanto da parte di chi ha detto che vuole dare un pieno sostegno alla partecipazione dell'Italia alle azioni in corso. Per quanto ci riguarda, la solidarietà è piena con gli Stati Uniti, con il Governo e con il popolo degli Stati Uniti, che sono stati così tragicamente vittime del barbaro attentato dell'11 settembre. Per quanto ci riguarda, è incondizionato il sostegno alle azioni in corso, nella certezza che il Governo farà tutta la sua parte, come ha già fatto in queste azioni, che - ricordo - sono azioni militari, ma anche azioni politiche, di intelligence, nonché umanitarie.
Grazie ancora al Governo per il rapporto che ha instaurato con il Parlamento su questo tema e grazie ancora per l'impegno che profonderà in questa delicata fase internazionale. Noi auspicheremmo ora, in base ai voti che verranno espressi, che le volontà che sono state espresse, sia pure parzialmente - e noi ce ne compiaciamo - dai gruppi di opposizione, possano manifestarsi anche nel voto (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, del CCD-CDU Biancofiore, della Lega nord Padania e Misto-Nuovo PSI).

PRESIDENTE. Passiamo ora alle dichiarazioni di voto a titolo personale.
Avverto che, contrariamente al solito, sarò del tutto fiscale nel computo del tempo, che è di un minuto a testa.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gambale. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GAMBALE. Signor Presidente, non sono contrario per principio a qualsiasi intervento militare, ma, responsabilmente, non voterò a favore della risoluzione dell'Ulivo pur avendo molto apprezzato l'intervento di Rutelli e pur condividendo molti degli impegni che sono stati chiesti al Governo. A mio avviso il ricorso alla guerra, sia pure con precisi limiti, non assicura, assolutamente, il raggiungimento degli obiettivi che si prefigge. Sono troppe le preoccupazioni e le perplessità, sia politiche, sia etiche. L'utilizzo della forza - lo abbiamo già sperimentato in altre guerre - non può essere risolutivo né nella lotta al terrorismo né nella soluzione del più vasto conflitto in Medio Oriente. Il rischio di un allargamento del conflitto, tra l'altro già annunciato, è molto forte. Il coinvolgimento di civili è, ormai, un dato di fatto. Questo intervento militare può essere definito di polizia internazionale solo se gestito direttamente dalle Nazioni Unite. Così non è (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e Misto-Verdi-l'Ulivo e del deputato Diliberto).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Gambale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, c'è un tema che, forse, l'Assemblea dovrebbe affrontare, in questa crisi, ed è quello di chiedersi che cosa renda molti dei nostri paesi amici ed alleati diffidenti verso di noi e verso le nostre scelte. Lo ha notato uno studioso di sinistra come Rusconi, lo hanno notato alcuni giornalisti intelligenti dicendo che le nostre parole non vengono comprese e credute. Sarebbe lungo spiegare le ragioni storiche di ciò, voglio semplicemente dire che, molto spesso, l'Italia dà l'impressione di non scegliere, di dare un'indicazione, di sostenere l'azione altrui, ma, anche, di cercare, per così dire, delle nicchie di convenienza. Non ho tempo, signor Presidente, per illustrare la mia posizione e perciò mi limito a dire che interpreto la risoluzione da me sottoscritta nelle parole «sostegno alle azioni militari» come una disponibilità a partecipare a quelle azioni militari e penso (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza nazionale)....


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PRESIDENTE. Grazie, onorevole La Malfa.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bandoli. Ne ha facoltà.

FULVIA BANDOLI. Signor Presidente, parlo non solo a titolo personale ma interpretando anche il travaglio che c'è in alcuni altri parlamentari dei Democratici di sinistra-l'Ulivo. Non voterò a favore della risoluzione Rutelli ed altri n. 6-00006, ma mi asterrò, mentre voterò a favore della risoluzione Rizzo ed altri n. 6-00007. Naturalmente voterò contro la risoluzione di maggioranza. Noi non abbiamo, sicuramente, differenze nella lotta contro il terrorismo; abbiamo, sicuramente, differenze sul modo come combatterlo. Avevamo concordato che molti erano i tasti da pigiare: tagliare le linee finanziarie, lavorare nel coordinamento dei servizi segreti, bonificare i focolai di odio, usare anche operazioni di polizia, ma ciò che oggi prevale è solo e soltanto la guerra. Gli altri obiettivi sono rientrati nella nebbia. Ieri gli americani hanno (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo)....

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bandoli.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Grillo. Ne ha facoltà.

MASSIMO GRILLO. Signor Presidente, dichiarando il voto favorevole sulla risoluzione Elio Vito ed altri n. 6-00004, sento di dover esprimere un certo disagio, qualche perplessità che avverto in me e che non è soltanto mia ma ritengo essere dell'opinione pubblica e di tanti colleghi. Si tratta di domande ed interrogativi di cui è necessario farsi carico, possibilmente in un altro momento di dibattito e di confronto più aperto e senza vincoli di tempo.
Dopo il gravissimo atto di terrorismo il mondo intero si ritrova innanzi ad uno scenario del tutto nuovo, che impone una risposta politica nuova. Ho apprezzato, per questo, le precisazioni del presidente Berlusconi in merito alla risoluzione Elio Vito ed altri n. 6-00004. La risposta, la strategia per una iniziativa di pace e di cooperazione va comunque pensata e attuata adesso, non dopo la guerra. Ricerchiamo, come Parlamento, insieme; indichiamo nuove coordinate sul piano della politica ....

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Grillo.
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulle risoluzioni presentate.
Prima di passare ai voti, do la parola al ministro degli affari esteri che ha chiesto di parlare per una precisazione sui pareri espressi.

RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Signor Presidente, vorrei fare una precisazione sulla risoluzione Rutelli ed altri n. 6-00006, così come riformulata. Chiedo che il testo venga votato per parti separate, ed esprimo parere contrario ai paragrafi che iniziano con le parole «considerato che», mentre mi rimetto all'Assemblea per i paragrafi che iniziano con le parole «tutto ciò premesso», ad eccezione del periodo che inizia con le parole «respinge fermamente le opinioni»; questo periodo fa parte del paragrafo nove, che inizia con le parole «condanna l'ignobile strumentalizzazione».
Infine, mi rimetto all'Assemblea per tutti i paragrafi del dispositivo che inizia con le parole «tutto ciò premesso la Camera impegna il Governo», salvo il paragrafo sull'Iraq, per i motivi che ho già spiegato precedentemente.

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