XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie

Resoconto stenografico



Seduta n. 14 di Martedì 16 gennaio 2024
Bozza non corretta

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 2 

Audizione del Vice Ministro della giustizia, Francesco Paolo Sisto:
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 2 
Sisto Francesco Paolo , Vice Ministro della giustizia ... 2 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 21 
Iaria Antonino (M5S)  ... 22 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 23 
De Maria Andrea (PD-IDP)  ... 23 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 24 
Sisto Francesco Paolo , Vice Ministro della giustizia ... 24 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 28

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BATTILOCCHIO

  La seduta comincia alle 12.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non si sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite l'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Vice Ministro della giustizia, Francesco Paolo Sisto.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Vice Ministro della giustizia, Francesco Paolo Sisto. Lo ringrazio per la sua presenza e per la sua disponibilità a fare il punto con noi sulle materie del suo Ministero che riguardano il tema delle periferie.
  Dopo aver sentito altri responsabili politici dei Ministeri, oggi parliamo del Ministero della giustizia, che ovviamente ha un ruolo nodale. Questa quindi è un'occasione importante per fare il punto sullo stato delle cose e anche su alcune delle idee in corso e delle possibili cose che potrebbero essere fatte in prospettiva.
  Le do la parola, signor Vice Ministro, ringraziandola di nuovo per la disponibilità a collaborare con noi.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Vice Ministro della giustizia. Grazie presidente Alessandro Battilocchio. È inutile negare per me il pregio della condivisione assoluta, valoriale e di lettura delle istituzioni. Quando si parla di istituzioni è obbligo di ciascuno essere disponibile, presente e soprattutto trasparente, Pag. 3come qualcuno voleva fosse anche la pubblica amministrazione, aggiungendo la parola «trasparente» all'articolo 97 della Costituzione; non sarebbe forse stata una cattiva idea aggiungere accanto al buon andamento della pubblica amministrazione la parola «trasparenza».
  In questa logica di trasparenza cercherò di essere leale nell'approccio, iniziando da un approccio semantico, se il presidente me lo consente, ed è proprio il termine periferie. Io vivo in una città, Bari, che ha nelle periferie un problema, perché vi è sempre un gap, una differenza, una percezione evidente nello squilibrio fra la parte più guardabile delle città, che è quella centrale, e le periferie, nel convincimento che le periferie debbano essere necessariamente un luogo meno amato e un luogo meno ostensibile rispetto al cuore della città, quasi che fossero figli di un Dio minore e quasi che fossero luoghi – per usare un termine di carattere clinico – di minore resistenza.
  Io credo che questo sia il punto principale da cui prendere le mosse. La giustizia non deve avere luoghi di diversificazione di terapie e di strategie e, come un buon clinico, deve essere capace di adeguare le terapie alla natura delle patologie, non utilizzando un unico farmaco magari indistinto e soddisfacente sul piano politico in tutti i luoghi, ma con una sapiente dosimetria della qualità e quantità degli interventi, adeguare l'intervento a seconda della qualità e quantità delle patologie. Un legislatore quindi attento, ma anche un magistrato attento e un operatore di Polizia giudiziaria attento, e con l'obbligo per lo Stato di garantire a questi soggetti i mezzi idonei per raggiungere gli obiettivi.
  L'obiettivo è quello di parificare i luoghi periferici ai luoghi non periferici, l'obiettivo è quello di evitare che si possa pensare a luoghi in cui tutto è più consentito rispetto ad altri luoghi in Pag. 4cui gli stessi comportamenti non sono consentiti. Questo è il nostro compito, provare a scrivere delle regole che siano capaci di interventi sapienti, saggi, non discriminatori e in cui appaia chiaro l'intento del legislatore di mettere insieme quelle realtà, che ben interfacciate e ben linkate, possano consentire un intervento intelligente e soprattutto utile per coloro che sono più disagiati.
  Anche questo è un secondo tema che va affrontato, una giustizia che non abbia la pretesa di essere rigorosa, indipendentemente dall'effetto che fa, ma che veda il rigore come uno strumento sapientemente dosato a seconda di quanto il rigore sia necessario. Per le periferie credo che, al di là di qualche intervento di rigore che recentemente è stato assunto dal nostro Governo, è necessaria un'attenzione di tipo psicosociale. Quindi un'analisi puntuale dei fenomeni, e bene fa questa Commissione a interfacciarsi con le realtà più interessanti da questo punto di vista per capire come nei diversi luoghi sono stati risolti i problemi di disagio nelle periferie, perché probabilmente dai rimedi spontanei si possono desumere spunti idonei a tradurli poi in terapia in prospettive legislative.
  Qualcuno ritiene che la giustizia sia un pianeta in cui bisogna preoccuparsi essenzialmente di reati e di come punirli, sostanzialmente saremmo di fronte a un sistema in cui bisogna individuare il responsabile di condotte illecite descritte nelle fattispecie incriminatrici del codice penale e procedere a una identificazione utile poi alla commisurazione e alla comminazione della sanzione. Io penso che per le periferie questo sia un discorso insufficiente, non basta semplicemente individuare fattispecie di reato e punire i responsabili dei reati, ma bisogna cogliere il problema, anche nella giustizia.
  Parliamoci chiaro, non bisogna pensare al legislatore come a una sorta di gestore di quadranti differenziati all'interno di Pag. 5un unico fenomeno, dividere l'intervento della giustizia, l'intervento della cultura, l'intervento dell'università, eccetera, ma io credo che invece tutto questo vada linkato, è necessario che l'intervento sia sinergico e consapevolmente sinergico, che vi sia un dialogo costante perché la norma penale si accompagni alla norma che consente interventi sociali, alla norma che consente interventi economici, alla funzione delle parrocchie e delle associazioni, un respiro comune che serva a risollevare territori, luoghi e quartieri spesso dimenticati.
  Il primo argomento era quello della valutazione del termine periferia come sinonimo di centralità, come se dovessimo spostare il centro nelle periferie e chiamare centro le periferie e magari non periferie il centro, ma un'unica lettura. Il secondo argomento è quello di evitare che la giustizia possa essere semplicemente un'occasione di estemporanea performance dal punto di vista dell'individuazione dei reati e dei responsabili. Il terzo argomento è la necessità che vi sia comunque un link, un collegamento tra tutte le terapie dei vari ministeri e delle varie sensibilità perché si possa armonicamente provare a risolvere il fenomeno.
  Il quarto punto è il tema dei minori, che diventa più sensibile nelle periferie perché vi è, anche qui, una minore capacità – scusate l'apparentemente bisticcio, ma non è un apparente bisticcio – di intervento su questi ragazzi e su questi non maggiorenni. Qui voglio dirlo con molta chiarezza, l'atto di indirizzo politico e istituzionale del Ministro della giustizia per il 2024, 29 dicembre 2023, dedica un intero capitolo alla giustizia minorile e di comunità.
  La giustizia minorile e di comunità per noi è molto rilevante. Pensate che già nel Codice Pisapia-Vassalli 1987-1988 c'è stato un intervento specifico per il codice di procedura penale sulla giustizia minorile, dove è stata introdotta per la prima volta una Pag. 6causa di non punibilità per una sorta di irrilevanza del fatto, e non una irrilevanza del fatto legata a un fatto insussistente, ma un fatto commesso e confessato, che però nella psicologia e nella vita del minorenne meritava addirittura più clemenza rispetto a un fatto da cui magari potevi essere assolto per mancanza dell'elemento psicologico; un cambiamento proprio di rotta, in cui la responsabilità diventava sinonimo di meritevolezza di proscioglimento. Può sembrare un paradosso, ma nella vita di un minorenne ammettere di aver commesso un piccolo reato ovviamente, io ricordo qualche caso nella mia esperienza professionale di ragazzini che andarono nei supermercati a sostituire le scarpe nuove con quelle vecchie, lasciavano le loro vecchie e prendevano quelle nuove, e in quel caso io ricordo che il giudice li prosciolse perché andarono a dire: «Scusate, ci piacevano quelle scarpe e ce le siamo prese». Essendo ragazzini che ammisero questa responsabilità il risultato fu una sentenza di proscioglimento. Bisogna quindi entrare nella logica che il minorenne non è un soggetto che possa essere trattato come gli altri.
  Ma che cosa è accaduto in questi anni? Che purtroppo alla necessità di questa sensibilità, che non dobbiamo mai perdere, nei confronti del minorenne, si è accompagnata purtroppo un'involuzione del rapporto fra i minorenni e i reati; e mi riferisco al quinto argomento, tenendo sempre il lampeggiante su quello dei minorenni, che è quello della sicurezza.
  La sicurezza è un tema delicatissimo che affligge le città, soprattutto determinate città, in diretta proporzione con la incapacità di coloro che le governano di consentire degli interventi che possano essere elusivi della insicurezza, perché poi tutto si può dire, ma se gli interventi sono capaci, sono puntuali e sono precisi, il range del rischio sicurezza certamente si riduce. Ma questo è un tema di natura prettamente politica, che Pag. 7io lascio per un attimo da parte, per affrontare il tema dei minorenni.
  Oggi baby gang è una parola che purtroppo abbiamo imparato a conoscere, è un neologismo drammatico, in cui il branco diventa per i minorenni una sorta di accrescimento della pericolosità, perché il minorenne ha comunque meno remore rispetto a chi magari ha più esperienza, e l'inesperienza diventa un'esplosione di violenza spesso incontrollabile e incontrollata. È stato necessario – e vi dirò qualcosa sul decreto Caivano – intervenire perché, se da un lato ci deve essere attenzione alla formazione dei minorenni e la cautela nella crescita dei percorsi, dall'altro non si può ignorare che c'è un'involuzione pericolosissima delle baby gang e di fenomeni che vedono – ma questa è una mia personalissima opinione – nella vita umana sempre un valore minore.
  Il vero problema è restituire alla percezione valoriale di ciascuno valore alla vita umana. Oggi si attenta all'incolumità personale, per usare un'espressione del codice penale, con una facilità e con una rapidità che danno l'idea di una mancanza, di un work in progress valoriale, che crea nelle condotte di ciascuno una sorta di irrilevanza rispetto alle proprie pulsioni della vita altrui, le pulsioni contano più del proprio interlocutore.
  Qui ovviamente il tema si allargherebbe, ma mi tocca tornare a bomba sulla ragione di questa audizione. Nelle periferie il controllo è indubbiamente, per tante ragioni, di minore intensità, e questa è una responsabilità amministrativo-politica che io non esisto a denunciare e su cui credo che la Commissione si debba intrattenere e debba lanciare un monito pesante per dire ai sindaci, ai presidenti di regione, a coloro che hanno questa responsabilità, di intervenire pesantemente e direttamente sulla sicurezza delle periferie, i luoghi dove maggiormentePag. 8 bisogna esprimere un know-how capace di garantire più sicurezza rispetto ai luoghi più frequentati e meglio frequentati. Io ho letto le audizioni che avete già assunto sul punto e, per parlare di giustizia, devo parlare del sistema giustizia, che non può essere legato semplicemente alla esegesi normativa o alla interpretazione di una norma in un senso oppure nell'altro.
  Il tema della sicurezza si accompagna a quello dei minorenni e purtroppo ci ha visto recentemente protagonisti di alcuni episodi, che il legislatore non ha potuto ignorare. Il Ministero che in questo momento rappresento è intervenuto sulla giustizia minorile, sulla risoluzione delle devianze giovanili, ha cercato integrazioni socioculturali e valoriali dei minori anche stranieri, cercando di prevenire le conflittualità e rivisitando le misure organizzative, si è cercato di potenziare il raccordo fra gli enti locali, il terzo settore, il privato sociale, ampliando la collaborazione e le opportunità educative, e devo dire che l'accordo del 19 aprile 2023 tra il Terzo Settore e le Regioni (tavolo di consultazione permanente sulla sanità penitenziaria concernente aggiornamento e integrazione delle linee di indirizzo per l'assistenza sanitaria ai minori sottoposti a provvedimento dell'autorità giudiziaria) e la costituzione di strutture comunitarie di tipo sociosanitario ad alta intensità sanitaria per inserire minori e giovani adulti in carico ai servizi sociosanitari, sono i presupposti delle linee di indirizzo per la costituzione di comunità sperimentali di tipo sociosanitario ad elevata integrazione sanitaria per l'inserimento di minori e giovani adulti con disagio psichico e problematiche di dipendenza in carico ai servizi sanitari, sociali e i servizi della giustizia minorile – il titolo è lunghissimo, ho dovuto leggerlo tutto – che sono stati iscritti nell'ambito dell'accordo del 14 settembre 2022 della conferenza unificata.Pag. 9
  L'atto di indirizzo politico e istituzionale nostro del 2024 non tralascia, infine, il tema dell'insediamento di nuove figure dirigenziali specificamente formate sulle peculiarità della giustizia penale sul territorio, si impegna per l'espletamento dei concorsi e per l'assunzione dei funzionari tecnici e di personale di supporto e la ristrutturazione degli ambienti destinati a detenuti minorenni e giovani adulti. Proprio stamattina ho partecipato da remoto a un seminario su carcere e comunità, era presso il carcere di Bari, con la direttrice, con il provveditore e con una serie di docenti universitari, ma il tema della comunità carcere è un tema certamente molto rilevante. È altrettanto rilevante la logistica, il personale, le strutture, l'ambiente. Come vedete, il respiro si amplia sempre di più, fino a diventare una specie di hegeliano modo di ragionare, come se noi dovessimo estendere alla moltitudine il piccolo pensiero del singolo. Qui è necessario stare tutti insieme e provare a fare squadra.
  Vediamo innanzitutto rapidamente che cosa ha significato per la nostra sensibilità il decreto Caivano. Il decreto Caivano è stato una sorta di warning, finalmente ci si è resi conto che bisognava intervenire in modo sistematico su determinati settori del nostro ordinamento penale e para-penale – perché le norme sono penali e para-penali – per poter scrivere delle pagine che fossero utili a intervenire sulle periferie, ma, se mi consentite, sulla periferia umana del nostro Paese, nel senso migliore del termine, fra coloro che in qualche maniera sono meno fortunati e meno capaci di poter esprimere in luoghi degni quella che è la propria personalità e quelli che sono i propri diritti.
  Di questo decreto, ormai legge 13 novembre 2023, n. 159, qualcuno ha detto: «Il decreto Caivano è un luogo di repressione». Io mi permetto di smentire questa impressione e questo Pag. 10erroneo convincimento. È stato criticato più volte per questo, ma vi assicuro che è esattamente il contrario.
  È un decreto che parte da due percezioni. La prima, che condivido in toto, è la necessità di fare prevenzione. La parola prevenzione è quella assolutamente vincente. Io all'università mi occupo di diritto penale della sicurezza sul lavoro e dico sempre che la sanzione arriva sempre troppo tardi, tu puoi condannare chi ha consentito che dei lavoratori perdessero la vita anche a cento anni di reclusione, ma ormai il lavoratore ha perso la vita, quindi non è quella la soluzione del problema, non è la punizione, anche esemplare, ma è il fatto di evitare che gli eventi dannosi, pericolosi, illeciti, possano accadere. Figuratevi nei confronti dei minorenni se questo non è un dovere decuplicato rispetto a quella che può essere la possibile involuzione di determinate condotte.
  Questa pertanto è una normativa che non ha un intento repressivo, ma è finalizzata a percorsi preventivi di rieducazione e recupero. Svelo il nome del responsabile, tra virgolette, e cioè il coinvolgimento delle famiglie nei percorsi di intercettazione di possibili condotte illecite di minorenni. Questo è un dato assolutamente nuovo, la possibilità, o meglio, l'obbligo di chiamare a sé la famiglia ai primi vagiti di qualche squilibrio, di qualche dislessia comportamentale, e quindi andare a intercettare il luogo in cui il minorenne vive, se c'è quel luogo, verificare qual è l'ambiente in cui il minorenne si muove, qual è il rapporto che ha con gli affetti, se ci sono. Anche in ipotesi di ricerca vana questo significa che è un minorenne che ha bisogno di più aiuto rispetto agli altri. Allora capite che la scelta di coinvolgimento tra giudice penale, autorità amministrative e famiglia, in un percorso di recupero e di verifica, è una sorta di controllo all'interno dei contesti se quel minorenne ha dei punti di riferimento, è una scelta che io trovo tutt'altro che Pag. 11repressiva, tutto si può dire fuorché che sia una scelta sintonizzata alla repressione.
  In questo decreto, innanzitutto, si divide nettamente la città dalle periferie, è la prima volta che le periferie hanno una loro autonomia normativa. L'articolo 3: «Disposizioni in materia di misure di prevenzione a tutela della sicurezza pubblica e di sicurezza della città», ma successivamente, all'articolo 3-bis si trova: «Osservatorio sulle periferie». Le periferie prendono autonomia, prendono vigore. Non è la città che si divide in città e nella città anche le periferie, ma le città e le periferie, autonomamente distinte da una scelta normativa assolutamente letterale.
  L'articolo 3 interviene sulla disciplina di alcune delle misure di prevenzione applicate dal questore, foglio di via obbligatorio, il Dacur e il cosiddetto Daspo Willy. Che cosa fa? Aumenta il livello di sicurezza pubblica, rafforza la tutela di alcuni luoghi chiave del contesto urbano, e ci sono poi disposizioni sulle guardie giurate.
  La lettera a) del comma 1, uno dei passaggi più interessanti, elimina la procedura di convalida da parte dell'autorità giudiziaria per l'ipotesi aggravata della misura del divieto di accesso a determinati luoghi a tutela del decoro urbano e della sicurezza, il cosiddetto Dacur, chiarendo l'applicabilità anche ai minorenni ultraquattordicenni. Ci si rende conto che i minorenni ultraquattordicenni, ahimè, non posso più essere tenuti esenti da determinate procedure di intervento preventivo. Questa è una amara considerazione, ma purtroppo è la realtà, c'è poco da dire. Non si poteva pensare neanche per un attimo che un minorenne potesse andare in giro con una calibro 38 ed essere indenne da interventi sanzionatori. Questa purtroppo è una nostra realtà, ne abbiamo preso atto e siamo intervenuti. È un intervento repressivo questo? No, questo è un intervento Pag. 12necessario. Non si può certamente dire che siamo di fronte a un aggravamento, a una sorta di accanimento terapeutico, ma siamo di fronte alla presa d'atto di un fenomeno che, ahimè, andava controllato e andava in qualche maniera neutralizzato.
  Ancora, il comma 4 dell'articolo 10 prevedeva l'applicazione del Daspo nei confronti di coloro che incorrevano in questo tipo di realtà, e la lettera c) dell'articolo 13-bis, al fine di rafforzare le misure in materia di prevenzione di disordine e violenza negli esercizi pubblici e nei locali di pubblico intrattenimento, prevede il cosiddetto Daspo Willy. Il divieto di accesso a questi locali può essere pronunciato soltanto nei confronti di persone denunciate nell'ultimo triennio o condannate, anche non in via definitiva, per reati commessi nel corso di vari disordini, e trovate l'elencazione, non mi permetto di leggerla. Il punto cruciale è che viene ampliato l'ambito di applicazione del divieto di accesso ai pubblici esercizi perché vengono inclusi anche reati di più comune percezione, il porto di armi dell'articolo 4 della legge n. 110 del 1975 e gli articoli 336 e 337, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, resistenza a pubblico ufficiale, cioè i reati di più comune percezione. Ci si rende conto che non devono rimanere norme stantie, ma devono essere capaci di intervenire anche su reati che rivestono certamente allarme sociale e quindi possono meritare un intervento di questo genere.
  All'articolo 3, quindi con un intervento del legislatore molto preciso, va accompagnato poi il percorso non diversificato dell'articolo 3-bis, che, a mio avviso, ha un carattere culturalmente rilevante.
  Credo che il collega Molteni, quando è venuto in audizione, abbia parlato dell'Osservatorio sulle periferie istituito presso il Ministero dell'interno, ma a me preme segnalarlo, perché se questo osservatorio funzionerà come deve funzionare i dati che Pag. 13noi possiamo desumere da questo osservatorio vanno circolarizzati, non può rimanere una mera monade che in autosufficienza elabori i dati, ma è necessario che questi dati siano messi a disposizione e ci sia la possibilità di avvalersene anche per modificare le norme che sono state redatte. Noi siamo un Governo del consenso, stiamo al Governo perché gli italiani ci hanno eletto, quindi dobbiamo essere capaci anche di fare il passo indietro, se necessario. Non c'è nessun timore di ostracismi politici se i dati ci diranno che una norma che è stata confezionata ha bisogno di un aggiustamento, di un passo indietro, di due passi avanti. Un legislatore maturo è quello capace di recepire i dati e di farne tesoro anche per fare un passo indietro se questo è rispondente a un altro criterio, che è quello della competenza, cioè la capacità di percepire il dato e di farne materia di riflessione.
  L'articolo 5 prevede le misure di prevenzione della violenza giovanile. Anche questa è una norma pro periferie, è una norma che prevede istituti come l'avviso orale, l'ammonimento, il divieto di utilizzare alcuni strumenti potenzialmente pericolosi, anche il divieto di utilizzare – questa è un'innovazione assoluta – strumenti informatici e telefoni cellulari per i giovani. Che cosa c'è di più punitivo per un giovane che togliergli il telefonino? È come per il tifoso non andare allo stadio, la logica è quella del Daspo, è una logica felice quando si shakerano insieme sanzioni penali e sanzioni amministrative, quando, come per il codice della strada, si è capaci di mettere insieme una punizione di tipo penalistico con una privazione di tipo amministrativo. Non c'è nulla di più incisivo e punitivo. Con questo articolo 5 siamo di fronte a un provvedimento repressivo o siamo di fronte a un provvedimento che intelligentemente cerca di far comprendere quale può essere il finale di un cattivo modo di comportarsi? In questa norma l'ammonimento riguardaPag. 14 anche i giovani fra i dodici e quattordici anni – un'altra novità – per le condotte più gravi, che prevede anche una sanzione amministrativa per il soggetto tenuto alla sorveglianza e alla formazione del minore. Qui siamo veramente a una rivoluzione da questo punto di vista, non soltanto la responsabilità penale personale a matrice preventiva, ma anche una responsabilità amministrativa per omesso controllo nell'obbligo di vigilanza, di sorveglianza e di formazione. Gli obblighi formativi, qui stiamo riscrivendo una famiglia e un rapporto genitoriale secondo parametri valoriali. È un provvedimento repressivo o è un provvedimento che cerca di restituire a ciascuno il suo ruolo nell'ambito delle istituzioni? Io credo che l'articolo 5 rappresenti un modello che mette insieme le istituzioni e si sforza di restituire a questi minorenni una dignità anche nel rapporto tra comportamento e conseguenza del proprio comportamento. Lo ius corrigendi non è soltanto un diritto formale, deve essere anche un obbligo dello Stato, laddove le condotte diventino socialmente pericolose.
  Se questo è vero, l'articolo 5 introduce un ventaglio di misure di prevenzione della violenza giovanile: l'avviso orale, che viene ampliato, il fenomeno delle baby gang, che viene così arginato. Ma il passaggio che a me preme è: chi convoca il genitore insieme al minore? Il questore. Io trovo la scelta del questore particolarmente felice. Il questore è un'autorità di Polizia, è un segnale chiaro al nucleo familiare minore e genitore. Dice con chiarezza: «Occhio, è il questore che ti chiama, non è che ti chiama l'assistente sociale», con tutto il rispetto, sarebbe un'autorevolezza diversa, socialmente rilevante, ma che il questore ti chiami ha un segnale di pericolo di una certa incisività. Gli effetti di questo avviso orale cessano soltanto al compimento della maggiore età. Se mi fate utilizzare un'espressione esperienziale, qualche volta si dice che la lettera Pag. 15ha una busta con un destinatario, ma il contenuto è ad altri. Il contenuto sulla busta è al minorenne, ma il contenuto della lettera è al genitore. Queste sono norme scritte perché il genitore si attivi nei confronti del minorenne, per cui anche la bidirezionalità apparente del comando poi si rivolge a chi davvero con maggiore maturità deve assumersi questa forma di responsabilità.
  I minorenni che hanno compiuto gli anni quattordici, se destinatari di un avviso orale e definitivamente condannati per delitti non colposi si possono vedere privati di quegli oggetti di cui parlavamo prima. Non è che si toglie il telefonino a chi è maleducato, sia ben chiaro, si toglie il telefonino a chi ha commesso reati con sentenza definitiva. C'è poi un avviso orale rafforzato e il questore impone con questo avviso orale rafforzare, laddove c'è una condanna definitiva, il divieto di possedere o utilizzare – questi li voglio leggere perché ci danno l'idea di come funziona – un apparato di comunicazione radiotrasmittente, radar e visori notturni, indumenti e accessori di protezione balistica, mezzi di trasporto, strumenti, prodotti pirotecnici, programmi informatici, strumenti di cifratura, ed è un provvedimento che ha anche un divieto di cellulare, nonché un divieto di Internet. Questi sono i segnali che noi raccogliamo.
  Tralascio altri dettagli e segnalo soltanto che l'ammonimento è esteso, e questo mi sembra significativo rammentarlo, anche agli atti persecutori, il cosiddetto stalking, ai minori ultraquattordicenni che si siano resi responsabili di taluni atti di violenza nei confronti di altro minorenne, e quindi è protetta anche l'ipotesi di violenza tra minorenni. Lo stesso ammonimento è applicabile ai minori dai dodici ai quattordici anni se sono responsabili di violenze di significativa portata quando il fatto commesso da questi minori sia configurato come delitto punito con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Pag. 16Anche qui vi è una responsabilità, una sanzione amministrativa pecuniaria nei confronti del soggetto responsabile degli obblighi educativi nei confronti del minore.
  L'articolo 6 riguarda il contrasto dei reati commessi da minori. Si ampliano una serie di norme sulle misure cautelari, vengono ampliati e abbassati i termini per consentire anche a condotte di minorenni di essere incluse in determinati parametri cautelari, e vengono ampliate le ipotesi di reato per cui si può procedere a misura cautelare. Il codice Pisapia-Vassalli viene un po' aggiornato a seconda delle esperienze che abbiamo quotidianamente realizzato. Il furto in abitazione e il furto con strappo, custodia cautelare, violenza o minaccia a pubblico ufficiale 336, resistenza a pubblico ufficiale, anche l'articolo 73 decreto del Presidente della Repubblica 309 del 1990 per gli stupefacenti, e viene introdotta anche l'ipotesi di fuga e quella del pericolo concreto di fuga.
  Tralascio l'articolo 7, che si occupa delle misure anticipate relative ai minorenni coinvolti in reati particolari, mi sembra che ca va sans dire.
  L'articolo 8 è assai interessante. L'articolo 8 introduce il percorso di rieducazione del minore. In casi non gravi è possibile definire in modo anticipato il procedimento con sentenza di non luogo a procedere ed estinzione del reato, in caso di esito positivo di un percorso di reinserimento e rieducazione civica e sociale del minorenne. Il percorso di rieducazione è una nuova forma di definizione anticipata del procedimento penale ad iniziativa del pubblico ministero e subordinata al fatto che il minore acceda a un percorso di reinserimento e rieducazione civica e sociale, sulla base di un programma rieducativo che preveda, sentiti i servizi minorili dell'amministrazione della giustizia – ecco il nostro coinvolgimento diretto – servizi di assistenza sociale e sanitaria istituiti negli enti locali Pag. 17del servizio sanitario, lo svolgimento di lavori socialmente utili o la collaborazione a titolo gratuito con enti no profit e lo svolgimento di altre attività a beneficio della comunità. In altri termini, se tu dimostri di essere capace di abbandonare te stesso e dedicarti agli altri questo ti dà il diritto di una sentenza di proscioglimento. Come vedete, è una modernizzazione della vecchia causa di non punibilità del codice Pisapia-Vassalli, un po' un leitmotiv nella riforma Cartabia, laddove c'è stato l'ampliamento dell'articolo 131-bis, laddove si è andati a individuale delle condotte di non punibilità derivanti dalla mancanza di querela, in altri termini una sorta di abbandono dell'angoscia del reato a tutti i costi se il reato non ha una consistenza tale da meritare l'intervento del giudice, il principio di necessaria offensività – se c'è qualche giurista che mi ascolta sarà contento di sentirlo citare – e l'esempio che si fa a lezione è: se uno ti tira un capello questo non è certamente un fatto che possa essere inteso come lesione, e quindi il principio di necessaria offensività è un principio che qui si arricchisce di una diversa lettura, reati non gravi, ma non basta che il reato sia poco palpabile, poco plastico, ci vuole un comportamento risocializzante che dimostri che tu hai compreso che hai l'obbligo di comportarti correttamente. Questo articolo 8 ha un modo di aggiornare la vecchia logica del codice Pisapia-Vassalli e di intervenire per dare una risposta ai crimini minorili più congrua, più intelligente e più capace.
  Non mi soffermo sui dettagli perché ci porterebbero lontano. Prima dell'articolo 8 c'è l'articolo 7, ma l'ho voluto citare dopo perché si occupa semplicemente della necessità di informare il procuratore della Repubblica da parte del pubblico ministero quando nei processi penali sono coinvolti dei minorenni.
  Credo che possiamo rapidamente avviarci verso l'articolo 9. L'articolo 9 riguarda il trasferimento dei detenuti ultraventunenniPag. 18 in altri istituti penitenziari. Che cosa si verificava? Questa è una norma di cui io necessariamente devo dare testimonianza perché è stata oggetto di ampio dibattito, anche all'interno del Ministero. Che cosa si denunciava? Che nell'ambito degli istituti penali minorili, negli IPM, vi erano alcuni detenuti ultraventunenni che non consentivano quell'ambiente che deve caratterizzare il rapporto rieducativo nei confronti dei minorenni, e allora si è disposto che questi minorenni possano essere trasferiti in un istituto carcerario per adulti, anche se il reato è stato commesso da minorenni, quando i loro comportamenti provocano turbamento all'ordine della sicurezza ovvero si creavano i cosiddetti capi, vi erano delle situazioni di sudditanza rispetto a soggetti più adulti e più esperti. Si dice: «Ma questo cosa c'entra con le periferie?», certo che c'entra, perché poi chi parte da una periferia e ha un'esperienza carceraria ritorna nelle periferie. Allora la lettura dei fenomeni carcerari minorili non è una lettura asettica e separata, non c'è una paratia, ma c'è la necessità di una lettura complessiva perché poi qualsiasi fattore inquinante, anche di ritorno rispetto alla natura, ahimè, spesso capacità criminogena della permanenza negli istituti di pena, va neutralizzata e va dato atto al Governo e al Ministero di uno sforzo in questo senso contrario.
  Un'osservazione devo necessariamente proporre su una norma che non è ancora legge, e mi riferisco alle disposizioni in materia di sicurezza urbana del cosiddetto disegno di legge sicurezza, licenziato dal Consiglio dei Ministri il 16 novembre scorso, in cui si fa riferimento a un'altra norma periferica, tra virgolette, strettamente pertinente al tema delle periferie.
  Nell'articolo 634-bis, una norma che noi intendiamo inserire nell'ambito del sistema, si legge quanto vi sto per riferire: «Occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui. Chiunque, mediante violenza o minaccia, occupa o Pag. 19detiene senza titolo un immobile destinato a domicilio altrui, ovvero impedisce il rientro nel medesimo immobile del proprietario o di colui che lo detiene legittimamente, è punito con la reclusione da due a sette anni. Alla stessa pena soggiace chiunque si appropria di un immobile altrui con artifizi o raggiri, ovvero cede ad altri l'immobile occupato. Fuori dai casi di concorso nel reato, chiunque si intromette o coopera nell'occupazione dell'immobile, ovvero riceve o corrisponde denaro o altra utilità per l'occupazione medesima, soggiace alla pena prevista dal 1° comma. Non è punibile l'occupante che collabori...», eccetera.
  La norma più interessante è il 321-bis, «Reintegrazione nel possesso dell'immobile». Che cosa abbiamo pensato di poter proporre? Chi ha un po' di esperienza professionale sa bene quanto è difficile, se qualcuno ti occupa abusivamente un immobile, casa tua, poter ottenere la liberazione dell'immobile. Noi abbiamo avuto intere palazzine occupate in modo violento e liberarle è stato un problema, dal punto di vista proprio sociale, dal punto di vista della sicurezza. L'articolo 321-bis, la proposta di questo provvedimento è la seguente: «Su richiesta del pubblico ministero, il giudice competente dispone con decreto motivato la reintegrazione nel possesso dell'immobile oggetto di occupazione arbitraria, ai sensi del 634-bis. Nei casi in cui l'immobile occupato sia l'unica abitazione effettiva del denunciante, gli ufficiali di Polizia giudiziaria che ricevono la denuncia, espletati i primi accertamenti, si recano senza ritardo e spossessano». Se io ho soltanto questa casa e tu hai preso casa mia può provvedere la Polizia giudiziaria. Noi attribuiamo uno strumento, appena questa norma diventerà legge, di grande rapidità. Sia ben chiaro, non è una licenza di esproprio senza controlli perché la Polizia giudiziaria deve verificare che sia l'unica casa, c'è un obbligo attento di verifica, però capite bene Pag. 20che il sistema penale qui risponde a un'esigenza specifica con uno strumento agile, uno strumento pronto, uno strumento che non abbisogna di ulteriori ritardi, una sola casa tu me l'hai tolta e io me la riprendo con l'aiuto della Polizia giudiziaria e con l'aiuto della legge. È un modo di intervenire sull'illiceità, una volta tanto conclamata come illiceità, assolutamente agile.
  Mi avvio rapidamente alla conclusione, e come si fa durante i processi quando hai finito la discussione, prendi le carte e, per dare al giudice l'idea che hai veramente finito, chiudi il fascicolo, di modo che lui anche plasticamente capisca che hai finito. Ma io qui non ho la stessa ansia e lo stesso timore che i giudici che mi ascoltano siano inclementi, sono convinto della vostra clemenza.
  Qual è il finale di questa audizione? Vorrei aver dato l'impressione, la sensazione, non voglio dire la certezza, di un legislatore in tema di giustizia attento, sensibile, capace di recepire quelli che sono dai vagiti alle urla che si levano da contesti difficili come le periferie, dalle sensibilità nei confronti dei minori alle sensibilità nei confronti delle occupazioni abusive, dalla necessità di fare squadra a quella di scrivere norme e di poterle cambiare in caso di necessità. Questo è un legislatore che a me piace. Io ho vissuto diverse legislature, ne ho subite di tutti i colori, dove l'attenzione per le norme, soprattutto quelle in materia di processo penale, erano guidate da quanti like riuscivano a provocare il giorno dopo, per poi magari ripensarci e tornare di nuovo sul tema. Questo tempo è finito. Noi ragioniamo sulla scorta di competenze che sono acclarate, cerchiamo di fare squadra, cerchiamo di conoscere anche attraverso le esperienze degli altri, e questo a me sembra che, per quanto riguarda il tema delle periferie, presto come Commissione sarete in missione a Bari, dove personalmente mi Pag. 21sono permesso di segnalare alcune realtà di straordinaria capacità di problem solving per quanto riguarda le periferie.
  Occorre dare atto che molte volte la soluzione dei problemi passa dai parroci, passa da queste straordinarie figure capaci di intercettare, probabilmente con più sensibilità, la necessità di intervento. Io non ho timore di dire che sono cattolico e sono convinto che c'è comunque una forza all'interno di questi eroi, che anche in contesti difficili si sforzano di tenere alto il livello della dignità delle persone. E credo che questo sia anche il compito di questa Commissione parlamentare, accompagnare questo screening verso la dignità delle periferie e cercare di porre rimedio a fenomeni che in uno Stato moderno e civile sono intollerabili. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie mille al Vice Ministro Sisto per la sua relazione molto articolata, che è andata nello specifico. Noi stiamo facendo un approfondimento particolare sul decreto Caivano. È stato importante vedere oggi alcuni dei punti più specificamente legati al tema giustizia, perché uno dei punti sui quali stiamo lavorando è proprio quello circa la possibilità di esportare il tipo di ragionamento fatto su Caivano nelle tante altre periferie che ci sono in Italia. Noi siamo stati a Caivano lo scorso mese, prima della fine dell'anno, e abbiamo riscontrato una situazione comunque importante di speranza e di fiducia. Ora chiaramente a quel tipo di sentimento va data una continuità, attraverso un'azione che sia ovviamente costante, e poi va approfondita la possibilità di esportare quel tipo di percorso anche alle tantissime altre periferie italiane. Oggi abbiamo aggiunto sicuramente dei tasselli importanti a questo tipo di discussione.
  Poi dovremo tornare sul disegno di legge in materia di sicurezza in cui c'è una parte specifica che è stata citata sull'occupazione abusiva, perché un altro degli elementi che Pag. 22stiamo raccogliendo in questo percorso che abbiamo iniziato è proprio quello legato al fatto che attorno alle occupazioni abusive degli immobili, in molti casi si creano delle situazioni di diffusa illegalità e irregolarità. Su questo magari chiederemo nuovamente un confronto, per fare insieme il punto.
  Lascio ora la parola ai colleghi. Prego, onorevole Iaria.

  ANTONINO IARIA. Ho ascoltato la relazione del Ministro, che ringrazio. Ho alcune perplessità su alcune cose che sono state dette. Alcune mi trovano d'accordo, per esempio il discorso sulla stretta sul possesso di armi anche per i minorenni, che mi sembra una cosa utile anche perché la cultura dell'utilizzo delle armi in questo periodo, e non faccio allusioni, deve essere un po' più seria e anche legiferata in maniera corretta e non strumentalizzata.
  Il tema però su cui non mi trova d'accordo è che lei ha parlato di una politica della giustizia che negli anni precedenti era legata ai like, però io vedo un pericolo enorme sulla vostra politica della giustizia, perché lei non ha citato tutta la parte che state modificando, legata alla eliminazione del reato di abuso d'ufficio, e la previsione di eliminare questo reato va proprio a identificare la possibilità di ampliamento dei problemi per quanto riguarda le attività sia di rigenerazione urbana e sia anche di gestione dei patrimoni mobiliari e immobiliari pubblici nelle periferie stesse.
  Vorrei chiudere con Caivano. Sul decreto Caivano come partito abbiamo tenuto una posizione di astensione, perché vedevamo nel decreto Caivano delle buone probabilità per fare un progetto pilota. Però nessuno cita i problemi che in questo momento ci sono sul decreto Caivano, che riguardano il lavoro che i commissari stanno facendo, perché ci sono tantissime problematiche relative all'operato dei commissari, così come ho letto da notizie di stampa. Da questo punto di vista, come Pag. 23Commissione, visto che ci siamo spesi tanto, dovremmo fare un approfondimento sui problemi che stanno emergendo rispetto alla gestione commissariale. Non entro nel merito perché io non voglio fare processi soltanto per aver letto qualche articolo di giornale, però come Commissione periferie, essendo andati sul posto ed essendoci spesi molto – sia come maggioranza e sia come opposizione – su questo decreto, io credo che magari un approfondimento anche con i Ministri competenti su questo tema vada fatto proprio nella Commissione stessa. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie al collega Iaria. In effetti su Caivano ci sono notizie di stampa di queste ore, secondo cui i commissari su alcune questioni stanno avendo delle difficoltà. Magari in Ufficio di Presidenza approfondiamo poi la cosa. La parola al collega De Maria.

  ANDREA DE MARIA. Grazie. Dal punto di vista politico anch'io ho una valutazione, come ricordava il collega Iaria, diversa sull'operato di alcuni precedenti Governi, ma voglio stare un po' al merito dell'audizione, ed evidenzio sostanzialmente due temi, che sono i seguenti.
  Il primo è una questione che il Vice Ministro ha sollevato e che io condivido, e cioè che se si ragiona di un'azione per le periferie del nostro Paese, ci vuole un programma con un progetto complessivo, dove l'azione dei singoli ministeri, anche per quanto riguarda noi dell'attività legislativa specifica, si colloca in un quadro generale e in una progettualità generale, che vede i vari temi intrecciati tra loro. In particolare, nel dibattito che si fece nella Commissione della XVII legislatura e anche nell'avvio di questa, la coesione sociale, la qualità urbana, la legalità e la sicurezza sono elementi che vanno costruiti insieme, anche verificando le esperienze virtuose sul territorio e anche in un possibile lavoro di carattere legislativo, perché Pag. 24sono i ragionamenti che abbiamo fatto sempre con il presidente Battilocchio in un clima di grande unità nel lavoro della Commissione. Infatti il presidente davvero garantisce un lavoro di impegno comune, e accanto alla relazione che noi faremo una cosa che secondo noi potrebbe essere altrettanto importante – tante volte ce lo siamo detti – è produrre anche delle proposte di legge che, nel momento in cui nascono in Commissione già con l'accordo di diversi gruppi parlamentari, potrebbero avere un iter legislativo più accelerato e più favorevole. Considerando che abbiamo davanti quasi quattro anni di legislatura, questa attività possiamo intrecciarla con l'attività d'Aula, oltre che con la relazione finale.
  Poi volevo porre un tema che a me sta molto a cuore, che riguarda il contrasto allo spaccio di sostanze stupefacenti, nel senso che c'è un dibattito nei diversi gruppi parlamentari e anche nel mio. Volevo chiedere al Vice Ministro se ritiene che, rispetto alla normativa vigente sul contrasto allo spaccio di sostanze stupefacenti, ci siano interventi legislativi che possano essere utili per rendere questo contrasto più efficace. È un tema che mi è stato sollevato in varie occasioni, sia da rappresentanti delle forze dell'ordine e sia da comitati dei cittadini. Io ho una mia opinione, ma non mi interessa esprimerla qui, mentre invece mi interesserebbe sapere su questo punto che cosa pensa il Vice Ministro. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Se non vi sono altre domande, chiedo al Vice Ministro di rispondere a questi spunti.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Vice Ministro della giustizia. Molto volentieri, presidente. Ho l'impressione quasi stupita che su tanti temi si possa ragionare insieme e si possano fare le cose insieme, indipendentemente dalle appartenenze, e questo è sempre un grande risultato che si raggiunge quando c'è una Pag. 25coscienza che guida le opinioni dei parlamentari. Quindi plaudo a questo clima che in questa Commissione mi sembra di poter percepire. L'ultimo invito, molto significativo, di cercare quello che ci unisce e non quello che ci divide, perché possa raggiungere l'obiettivo di uno spedito iter parlamentare, mi sembra che debba essere un punto di partenza e non un punto di arrivo.
  Vengo ai temi più specifici. Sul tema armi, ahimè, vi è stato uno stato di necessità, non si poteva non intervenire per evitare fenomeni di tracotante e spavaldo uso delle armi da parte di soggetti che, in qualche maniera, avevano la stessa capacità criminale di maggiorenni.
  Sull'abuso d'ufficio, poiché su questo tema l'esperienza non ci manca, il collega Iaria è stato assessore e quindi sa bene quanto il rischio di essere iscritti a modello 21 per un reato che poi nel 93 per cento dei casi comporta assoluzioni, archiviazioni o proscioglimenti, blocchi l'azione amministrativa, blocca la mano, hai una sorta di paralisi all'avambraccio quando devi firmare un atto, anche se lecito, e questo ti provoca una difficoltà, che non è un problema soltanto del pubblico amministratore o del dirigente, ma anche del cittadino, perché il cittadino vede rallentata l'azione amministrativa in virtù di un legittimo timore dell'illegittimità dell'iscrizione a modello 21. Quindi mi sembra che l'abuso d'ufficio sia invece un reato che faciliti la possibilità di atti leciti, senza il timore che dall'atto lecito possano scaturire la pena del processo, la possibilità dopo quattro anni di dire: «Sono stato assolto», ma intanto in questi tre/quattro anni vi possono essere passi indietro, passi di lato, mancate promozioni, e tutto quello che può accadere fra dirigenti e pubblici amministratori.
  Sul tema dei commissari mi rimetto a quanto ha detto il presidente Battilocchio. Quello del commissariamento è un istituto che ha sempre dato qualche problema, sia per chi deve Pag. 26fare il commissario e sia per chi deve subire in qualche modo le attività dei commissari.
  Vengo invece al tema del progetto complessivo. Condivido in pieno i punti cardine della lettura del fenomeno periferie urbane che in questo caso noi dovremmo tenere insieme. La coesione sociale, la viabilità urbana, la legalità e la sicurezza sono pilastri che ci devono accompagnare in ogni aggregazione. Diceva Gianfranco Dioguardi quando si occupava dei laboratori di quartiere – questa meravigliosa sua idea per cui la città è composta da tanti laboratori di quartiere – che il quartiere deve avere una sua capacità autonoma di dispiegarsi all'interno della città, quindi questo incastro di laboratori fa sì che poi la città abbia una sua armonica vivibilità a seconda delle propensioni di ciascun luogo. Credo che con questi presupposti si possa andare davvero avanti verso quella che può essere una progettualità comune e condivisa, che deve accompagnare e attraversare i diversi luoghi delle istituzioni, tutti i Ministeri e tutte le competenze.
  Relativamente al tema del contrasto allo spaccio di stupefacenti, al di là delle norme io sono sempre convinto che le norme siano uno strumento che da solo non basta, e che qualsiasi norma da sola non è capace di ottenere risultati se non c'è chi o coloro che le applicano con la capacità di prevenire determinati fenomeni. Noi abbiamo dei reati nel decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 puniti con pene gravissime, si possono prendere anche trent'anni per l'articolo 74 e vent'anni per quanto riguarda l'articolo 73. Questo è un deterrente che impedisce l'incremento delle pene e che lo spaccio continui? Io credo che su questo noi dovremmo ragionare e probabilmente intervenire con severità, laddove ci sono gli estremi per intervenire, con grande severità. Io condivido la valutazione di massima severità su queste condotte di spaccio, Pag. 27ma soprattutto condivido i luoghi della prevenzione, la sorveglianza urbana, la possibilità di avere un bobby, come si diceva una volta in Inghilterra, cioè una presenza fissa della Polizia municipale o, se necessario, anche dell'operazione strade sicure, dove i temi sono più rilevanti e più difficili, un'attività che dissuada e prevenga determinati fenomeni. Sono convinto che la necessità di prevenire sia molto più efficace. Se noi avessimo una politica sui territori di massiccia presenza a dissuasione, io penso i luoghi delle scuole e penso a dove ci si riunisce nelle sale dei videogiochi, una volta c'erano i cinema e ora i cinema non sono più luoghi di grande frequentazione giovanile, ma in questi luoghi probabilmente una terapia di maggiore attenzione può essere più efficace di qualsiasi norma che incrementi le pene. Io non ho mai creduto che l'incremento delle pene potesse essere da solo capace di risolvere i problemi. Ci dà una sorte di dose di soddisfazione momentanea una pena più incisiva, ma poi di fatto che la pena sia fino a sedici anni o fino a ventidue, non sposta il trend di crescita di un fenomeno criminale. È molto più importante invece che, da un punto di vista dei luoghi, delle situazioni e delle circostanze, vi sia una sorveglianza decisa. In questo credo che si possa fare squadra e che si debba fare squadra. Ci sono città, come la mia per esempio, in cui ci sono luoghi che effettivamente presentano delle situazioni di rischio, e le forze dell'ordine sono particolarmente attente. Parlavamo poco tempo fa del quartiere San Paolo; sono luoghi in cui c'è un grande intervento. Quindi io personalmente, e questa è una mia opinione strettamente personale, sono sempre più convinto che l'incremento sanzionatorio serva fino a un certo punto. Quello che serve invece è una politica di territorio che sia capace di applicare le norme, di intercettare questi fenomeni e soprattutto evitare che possano accadere, come purtroppo accadono, alla luce del sole.

Pag. 28

  PRESIDENTE. Ringrazio il Vice Ministro Sisto per questo momento di confronto con la Commissione. Essendo tante le tematiche che abbiamo affrontato stamattina – e alcune di queste sono in itinere – prendiamo reciprocamente l'impegno a proseguire questo tipo di sinergia e di confronto perché su alcuni dei temi toccati stamattina è necessario un ulteriore approfondimento che, con la sua disponibilità, faremo nei prossimi mesi. Grazie a nome di tutta la Commissione. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.20.