XIX Legislatura

Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Giovedì 11 aprile 2024
Bozza non corretta

INDICE

Pubblicità dei lavori:
Bagnai Alberto , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'EQUILIBRIO E I RISULTATI DELLE GESTIONI DEL SETTORE PREVIDENZIALE ALLARGATO, CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA, ALL'EVOLUZIONE DEL MONDO DELLE PROFESSIONI E ALLE TENDENZE DEL WELFARE INTEGRATIVO

Audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'equilibrio e i risultati delle gestioni del settore previdenziale allargato, con particolare riguardo alla transizione demografica, all'evoluzione del mondo delle professioni e alle tendenze del welfare integrativo, di rappresentanti di Confcommercio.
Bagnai Alberto , Presidente ... 2 
Prampolini Donatella , vicepresidente nazionale incaricata per il Lavoro e la bilateralità ... 3 
Bagnai Alberto , Presidente ... 20 
Prampolini Donatella , vicepresidente nazionale incaricata per il Lavoro e la bilateralità ... 20 
Bagnai Alberto , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALBERTO BAGNAI

  La seduta comincia alle ore 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite l'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'equilibrio e i risultati delle gestioni del settore previdenziale allargato, con particolare riguardo alla transizione demografica, all'evoluzione del mondo delle professioni e alle tendenze del welfare integrativo, di rappresentanti di Confcommercio.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'equilibrio e i risultati delle gestioni del settore previdenziale allargato, con particolare riguardo alla transizione demografica, all'evoluzione del mondo delle professioni e alle tendenze del welfare integrativo, di rappresentanti di Confcommercio.
  Ringraziamo per la sua presenza la dottoressa Donatella Prampolini, vicepresidente nazionale incaricata per il lavoro e la bilateralità, accompagnata dall'avvocata Francesca Stifano, direttore centrale delle relazioni istituzionali e servizi legislativi, e dalla dottoressa Laura Bernini, responsabile del settore welfare pubblico e privato.
  Ringraziando i nostri ospiti per la disponibilità a partecipare ai lavori della nostra Commissione, do la parola alla dottoressa Prampolini per lo svolgimento della relazione, che raccomandereiPag. 3 di contenere entro i venticinque minuti trattabili, più o meno il mark up che vorrà praticarci.
  La ringrazio e le do immediatamente la parola.

  DONATELLA PRAMPOLINI, vicepresidente nazionale incaricata per il Lavoro e la bilateralità. Signor presidente, illustri senatori e deputati, vi ringrazio.
  Cercherò di stare nei tempi che mi sono stati dati, per affrontare un tema che comunque è abbastanza organico, che necessita di parecchi chiarimenti. In ogni caso, noi oggi vi consegneremo anche un documento al termine di questa audizione. Come vedrete, abbiamo cercato di evidenziare nel nostro documento i profili di criticità e migliorabilità all'interno del welfare pubblico, che purtroppo è sempre più contraddistinto da politiche sociali strette dai vincoli di bilancio e che si concretizzano in interventi che spesso sono non strutturali e talvolta anche frammentari.
  Vorremmo fare il punto anche sulla centralità della contrattazione collettiva, nella costruzione di un sistema globale di welfare fondato sulle logiche del multipilastro, nonché sull'esigenza di un maggiore sviluppo della previdenza complementare, traghettata da una più ampia e mirata informazione e da una spinta data dalla leva fiscale, che potrebbe sicuramente incentivare le adesioni, e per ultimo, ma non ultimo, il ruolo sempre più strategico che il secondo pilastro sanitario, rappresentato dai fondi contrattuali, può esercitare come strumento di intermediazione.
  Parto, quindi, da una disamina un pochino generale, iniziando dalla crisi demografica. Noi oggi abbiamo una crisi che rappresenta un rischio imminente per la sostenibilità del sistema di welfare e del mercato del lavoro, con un aumento dell'età media della popolazione e una diminuzione delle nascite, che minano un equilibrio, che sappiamo essere già debole, Pag. 4dei sistemi pensionistici e dei servizi sanitari in particolare e, più in generale, anche dell'insieme delle prestazioni garantibili dal welfare pubblico.
  Alcuni numeri, per riuscire a inquadrare ancora meglio. Secondo le stime INPS 2023, il rapporto attivi/pensionati passerà progressivamente dall'attuale 1,4 a 1 del 2050, con una soglia di sicurezza che sappiamo essere stata individuata nell'1,5. Questo dato va, ovviamente, letto congiuntamente al calo delle nascite, con un indice di natalità ridottosi del 27 per cento negli ultimi vent'anni. Di contro, la spesa previdenziale nel 2023 ha raggiunto la cifra di 317 miliardi e nel 2024 presumibilmente supererà i 340 miliardi, soprattutto per l'elevato livello di indicizzazione delle pensioni nel biennio 2023-2024 dovuto alla spinta inflazionistica.
  La spesa pensionistica, in rapporto al PIL, alla fine del biennio arriverà al 16 per cento, 0,8 punti percentuali sopra il dato del 2018, livello che rimarrà probabilmente stabile fino al 2029. Dal 2030 il rapporto tra la spesa e il PIL riprenderà ad aumentare e probabilmente raggiungerà il livello del 17 per cento nel 2042.
  Le sfide poste da questa transizione che stiamo affrontando richiedono, quindi, risposte complesse, che includono miglioramenti del welfare contrattuale e aziendale, politiche sociali innovative e, soprattutto, un impegno congiunto tra Governo, corpi intermedi, imprese e società civile per creare un ambiente più favorevole alla natalità e alla cura delle generazioni future.
  La sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico e la capacità del sistema sanitario di rispondere efficacemente alle esigenze di una popolazione invecchiata sono, quindi, questioni assolutamente centrali.
  Le politiche di welfare dirette a sostenere l'occupazione, specialmente tra i giovani e le donne, nonché misure per Pag. 5favorire una maggiore equità intergenerazionale, devono essere sempre più al centro del dibattito politico. Da questo punto di vista, non possiamo non citare gli interventi realizzati tramite il recentissimo rinnovo del nostro contratto collettivo nazionale, che ha posto come centrali politiche di welfare volte al rafforzamento della conciliazione vita/lavoro, con maggiore flessibilità nella fruizione dei congedi parentali, l'introduzione dei congedi per le donne vittime di violenza e, più in generale, la tutela della condizione femminile, la promozione e la diffusione di iniziative volte a ridurre il divario di genere, tra le quali rientra anche la certificazione di parità, affidata alle Commissioni permanenti per le pari opportunità.
  A questo si aggiungono anche il potenziamento del welfare sanitario integrativo e del sistema degli enti bilaterali, le misure riguardanti la contrattualistica per meglio affrontare le nuove sfide imposte dal mercato verso le nuove professioni digital e green e la riaffermazione della centralità della formazione professionale, intesa proprio come leva per la competitività e lo sviluppo delle imprese e la crescita professionale dei lavoratori, favorendo, al contempo, la conciliazione vita/lavoro.
  Queste azioni non possono, tuttavia, prescindere dalla garanzia del buon funzionamento del welfare pubblico e dalla tenuta del sistema pensionistico e sanitario. Pur avendo ben presente l'esigenza di garantire la sostenibilità finanziaria di lungo periodo del sistema previdenziale, attraverso un saldo ancoraggio ai princìpi del sistema contributivo e nel quadro tracciato dalla riforma Fornero, è, però, importante ragionare su misure che possano complessivamente migliorare l'impatto previdenziale del Paese. Da questo punto di vista, ci sono due punti che noi teniamo in modo particolare a sottolineare. Il primo è la necessità di avere una stabilità normativa. L'obiettivo deve essere quello di porre fine ai continui interventi sperimentali.Pag. 6 Negli anni sappiamo benissimo che si sono succeduti e hanno creato una condizione in cui le aziende e i lavoratori non sono riusciti a fare una corretta programmazione.
  Poi c'è un tema di coerenza non solo normativo, ma anche attuariale del sistema pensionistico, che sono ingredienti indispensabili per rinsaldare il patto generazionale su cui si fonda, riportando fiducia nelle sue regole anche alle nuove generazioni, chiamate a farsi carico degli oneri di finanziamento di medio e di lungo periodo.
  Riteniamo, in particolare, che sul fronte pensionistico vada ripristinata la fiducia nel contributivo, soprattutto per i giovani con carriere discontinue e per le donne che, spesso e volentieri, devono lasciare per lunghi periodi il lavoro a causa della cura familiare, che, purtroppo, ancora oggi è appaltata quasi esclusivamente alle donne. Le pensioni contributive sono senz'altro eque nei princìpi di funzionamento che garantiscono la tenuta dei sistemi a ripartizione, ma in molti casi sono contraddistinte da tassi di sostituzione del reddito pensione più bassi di quelli che interessano gli attuali pensionandi.
  La revisione periodica dei coefficienti di trasformazione fa sì che un incremento della speranza di vita media sia compensato da una riduzione dell'entità unitaria della prestazione, mentre il tasso di rendimento, allineato alla crescita del PIL, registrato nei cinque anni precedenti, è teso, invece, a garantire l'equilibrio finanziario di un sistema pubblico a ripartizione. La sostenibilità di lungo periodo della spesa previdenziale dovrebbe essere, quindi, garantita dall'entrata a regime del sistema contributivo, che, insieme alle altre azioni atte a riprendere i ragionamenti più volte rimandati circa la separazione tra la spesa assistenziale e quella previdenziale, dovrebbe attenuare le problematiche che le dinamiche demografiche ingenerano nel corretto funzionamento dei sistemi a ripartizione.Pag. 7
  In questa logica, spostiamo, quindi, la riflessione dal piano della sostenibilità finanziaria a quello dell'adeguatezza delle prestazioni erogate e del tenore di vita di cui potranno godere i futuri pensionati. Come è noto, l'importo della pensione dipende dall'interazione, nel corso dell'intera carriera, tra i tassi di rendimento e le aliquote di contribuzione. Nello schema contributivo, il cospicuo aumento dell'età pensionabile, introdotto dalla riforma Fornero, con l'aggiornamento automatico dei requisiti di pensionamento in base all'evoluzione dell'aspettativa di vita, dovrebbe consentire di accrescere l'importo della pensione per effetto dei più elevati coefficienti di trasformazione da applicare quando l'età di ritiro aumenta e dell'eventuale maggiore durata della vita lavorativa, che comporterebbe una più elevata accumulazione contributiva.
  Tuttavia, vite lavorative con frequenti periodi di non lavoro, impossibilità di proseguire l'attività a età elevate, bassi salari e aliquote ridotte, forme contrattuali atipiche, alternanza tra lavoro autonomo e dipendente si riflettono in una pensione di importo proporzionalmente minore. Va anche ricordato come nel contributivo non sia presente l'integrazione al minimo, che, soggetto a prova dei mezzi, incrementa il valore delle prestazioni di importo più basso negli schemi retributivo e pro rata.
  Andando per sommi capi ad elencare le tematiche che meritano dei correttivi a nostro parere, parto dai coefficienti di trasformazione e dal tasso di sostituzione.
  In Italia i coefficienti per la determinazione del tasso di sostituzione delle pensioni contributive sono aggiornati ogni due anni sulla base dell'andamento della speranza di vita. Nel biennio di validità sono applicati erga omnes, cioè a prescindere dall'anno di nascita, non tenendo quindi conto della corte di appartenenza.Pag. 8
  Questo protocollo presenta distorsioni perché imputa tavole di sopravvivenza diverse ai membri di una stessa corte, che vanno in pensione in bienni diversi.
  Inoltre, nel calcolo del coefficiente è assegnato un peso al valore medio della pensione al coniuge partner superstite. Riteniamo più opportuno che questo peso sia assegnato ex post, ad esempio per il calcolo della stessa pensione di reversibilità anziché per il calcolo di tutte le pensioni contributive, perché non tutti i pensionati sono dante causa.
  Poi, c'è il tema del riscatto dei periodi privi di contribuzione. Questa è una possibilità che viene data per recuperare i contributi previdenziali per i periodi di tirocinio, stage o disoccupazione non coperti da contribuzione figurativa, con costi agevolati e appare ancora più importante se si considera che il nostro ordinamento affida alla contribuzione volontaria il recupero di periodi contributivi futuri alla cessazione o sospensione dell'attività lavorativa, limitando a un solo semestre contributivo, però, la facoltà di coprire il passato.
  L'intervento realizzato su questo fronte dalla legge di bilancio 2024 ha inserito, anche su nostra richiesta, la facoltà di riscatto dei periodi privi di contribuzione, non supportandola, però, con costi agevolati e limitandone di conseguenza, e fortemente, la portata applicativa.
  Il 33 per cento dell'ultima retribuzione è un importo spesso non sostenibile, soprattutto per i giovani, ma anche per i meno giovani, dal percorso di carriera discontinuo o in situazioni di precarietà.
  C'è poi il tema della separazione tra previdenza e assistenza. Nel classificare la spesa pensionistica italiana, non si prende mai in considerazione la spesa puramente previdenziale, ma si includono voci di spesa assistenziale che dovrebbero invece Pag. 9essere finanziate dallo Stato attraverso la fiscalità generale e non con i contributi previdenziali di aziende e lavoratori.
  Nelle comuni definizioni statistiche, infatti, non rientrano solo le pensioni di vecchiaia, ma anche quelle di invalidità, le rendite per infortuni sul lavoro, le pensioni di guerra, gli assegni sociali e le indennità di accompagnamento.
  Anche le indennità liquidate al lavoratore all'interruzione del rapporto di lavoro, come il trattamento di fine rapporto nel settore privato e i trattamenti di fine servizio nel settore pubblico, sono spesso incluse indebitamente nella spesa pensionistica. Queste somme, invece, ai sensi dell'articolo 2120 del codice civile costituiscono un salario differito a momenti successivi o determinati dalla richiesta del lavoratore per sostenere spese eccezionali o dalla cessazione del rapporto di lavoro, che non necessariamente coincide con il pensionamento.
  La trasparenza, quindi, circa questa dinamica reale della spesa pensionistica non può prescindere da una chiarezza contabile delle diverse componenti. La significativa crescita dei costi di welfare, ascrivibile soprattutto agli oneri assistenziali a carico della fiscalità generale è lievitata in dieci anni del 126,3 per cento a fronte dei 37 miliardi della spesa previdenziale, più il 17 per cento.
  Per questo è fondamentale dare attuazione a quanto previsto dalla legge di bilancio 2020, che aveva istituito una commissione tecnica per svolgere il lavoro necessario per arrivare a questa separazione.
  D'altra parte, l'equilibrio del sistema pensionistico deve essere ricercato nella sola componente previdenziale e nel rapporto tra contribuzione e diritto alla prestazione.
  Ignorare questo legame e continuare a considerare, senza differenziazione alcuna, il complesso dei trattamenti, così come oggi spesso valutato nella statistica ufficiale, significa implicitamentePag. 10 ammettere che anche le prestazioni erogate ai fini assistenziali debbano trovare la loro fonte di finanziamento nella contribuzione previdenziale.
  È però chiaro che la separazione contabile delle diverse voci non può servire per giustificare ulteriore spesa, ma ha il solo obiettivo di imputare correttamente e in maniera chiara, ad ogni voce di spesa, la giusta fonte di finanziamento.
  Inoltre, sempre nel mantenimento dell'inevitabile impianto costruito con la legge Fornero e alla luce del quadro di estrema prudenza trattato dalla legge di bilancio 2024, è opportuno continuare a ragionare di flessibilità in uscita, soprattutto con riguardo a coloro che per condizioni di fragilità in cui versano presentano più difficoltà a rimanere nel mercato del lavoro con età avanzate e altresì tenendo bene in considerazione le esigenze delle imprese che vogliono realizzare dei percorsi di ricambio generazionale, anche legati a progetti di riqualificazione.
  Sul primo fronte, rispetto agli strumenti ora esistenti in ambito previdenziale per l'accesso anticipato a pensione dei lavoratori che svolgono mansioni usuranti, i cosiddetti «precoci», e dei beneficiari di APE sociale, pensiamo in primis che debba essere riattivata la Commissione di studio sulle lavorazioni pesanti e gravose, affinché sia fatta una ricognizione e un aggiornamento costante delle mansioni da includere nella possibilità di beneficiare di una pensione in via anticipata.
  Per quanto riguarda, nello specifico, l'APE sociale, ora prevista con rinnovi annuali, crediamo, anche in questo caso, che possa rappresentare un buono strumento di flessibilità in uscita, ma solo se costruito in modo più strutturale e non a spot. Solo in questo senso potrebbe anche essere utilizzato dalle imprese che vogliono supportare le figure più fragili, come i caregiver e gli invalidi civili oppure chi svolge lavorazioni Pag. 11gravose, tutti soggetti potenzialmente rientranti nelle tutele dell'APE sociale, in percorsi di incentivazione all'esodo con accompagnamento a pensione. Inoltre, parallelamente, si potrebbe aprire una riflessione sull'estensione della misura al lavoro autonomo, con una puntuale valutazione circa i profili di compatibilità e tutela.
  Circa le attuali previsioni di flessibilità pensionistica, che riguardano Quota 103 e Opzione donna rileviamo in primis, come anticipato in premessa, che le proroghe annuali, con le quali vengono ormai gestite queste misure, ostacolano imprese e lavoratori nella programmazione organizzativa e quindi nella costruzione di percorsi di avvicendamento professionale.
  Senza dubbio sussiste un problema di gender gap occupazionale e retributivo che, inevitabilmente, si tradurrà in gender gap pensionistico, a tutela delle donne che, per esigenze di cure, prima dei figli e poi degli anziani, spesso sono caratterizzate da percorsi di carriera discontinui.
  Proponiamo, quindi, l'individuazione di forme di riscatto agevolato sulle scoperture contributive, legate ai periodi di inoccupazione, stage e tirocini, e anche una riflessione sull'introduzione di coefficienti di trasformazione più premianti per coloro le cui necessità di assistenza familiare hanno ripetutamente allontanato dall'attività lavorativa.
  Rispetto, poi, all'esigenza delle imprese di realizzare percorsi di incentivazione all'esodo, accompagnati da politiche di ricambio generazionale e riqualificazione aziendale, si vedono con favore strumenti, come il contratto di espansione, che però non è stato prorogato nel 2024, che dovrebbe avere una più ampia fruibilità anche per le piccole e medie imprese attraverso una maggior sburocratizzazione e flessibilità di utilizzo, con una semplificazione dei progetti di riqualificazione aziendale, nonché una riduzione dei costi di incentivazione all'esodo per Pag. 12l'impresa che, com'è noto, sostiene gli oneri della prestazione economica e della contribuzione previdenziale.
  Sempre in tema di ricambio occupazionale, è interessante ragionare su un'ipotesi di staffetta generazionale anche come strumento di valorizzazione del made in Italy, che veda come protagonista il pensionando nella veste di colui che trasferisce valori e competenze al giovane.
  Il meccanismo proposto dovrebbe essere supportato da un aiuto dello Stato per l'impresa o per l'imprenditore inteso come lavoratore autonomo, che investe in progetti di formazione e avvicendamento professionale, sia tramite sgravi contributivi per le assunzioni sia con la riduzione del costo del lavoro per il pensionando.
  La ridefinizione di efficaci sgravi per le assunzioni è ancor più importante se si considera che la legge di bilancio 2024 non ha nemmeno prorogato il beneficio contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato degli under 36.
  Inoltre, sempre con riguardo al welfare pubblico, riteniamo che il consolidamento del welfare contrattuale e aziendale possa essere realizzato mediante una maggiore premialità delle iniziative del cosiddetto «welfare nobile previdenziale e assistenziale», e più in generale al sistema di bilateralità contrattuale.
  Come è noto, infatti, il welfare non è semplicemente una politica retributiva, ma può essere una leva strategica per incrementare la competitività e le performance aziendali, anche migliorando il benessere dei dipendenti destinatari sia degli strumenti contrattuali sia delle sempre più numerose azioni di welfare aziendale nate in questi anni.
  Per quanto riguarda la previdenza complementare, i fondi pensione, oltre a fungere da strumento di integrazione pensionistica e di diversificazione del rischio previdenziale, interpretano anche un fondamentale ruolo come investitori istituzionali,Pag. 13 fungendo così da importante sostegno all'economia reale, con beneficio della rete di piccole e medie imprese presenti sul territorio nazionale.
  A questo riguardo, va evidenziato, attingendo alla relazione annuale 2023 della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP), che a fine 2022 le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari si attestavano a 205,6 miliardi di euro, un ammontare pari al 10,8 per cento del PIL e al 4 per cento delle attività finanziarie delle famiglie italiane. La prospettiva di investimento stabile e con un orizzonte temporale di medio-lungo periodo attribuisce agli investitori previdenziali una particolare attitudine al sostegno dell'economia reale, essendo portatori di quello che si definisce come «capitale paziente», nel rispetto però della funzione prioritaria, che è quella pensionistica. Per questo, il coinvolgimento delle parti sociali negli interventi di riforma e diffusione della previdenza complementare è assolutamente imprescindibile.
  Rispetto alla necessaria integrazione delle pensioni contributive, che a breve rappresenteranno il trattamento pensionistico percepito dalla generalità dei lavoratori, abbiamo già avuto occasione di evidenziare le criticità riscontrabili per coloro che sono interessati da carriere discontinue e l'incidenza sui tassi di sostituzione. Questo perché, come è noto, il sistema contributivo, indubbiamente equo per la sua istituzione e funzionamento, a fronte di carriere con frequenti periodi di non lavoro, impossibilità di proseguire l'attività a età elevate, bassi salari e aliquote ridotte riflette una pensione di importo minore. Perciò, è importante puntare di più sul secondo pilastro, ma partendo dall'alfabetizzazione dei giovani su questo fronte.
  Avrete sentito tutti parlare i giovani, quindi saprete che quando si parla della pensione tutti sono soliti ripetere: tanto, quando arriveremo noi all'età pensionabile, la pensione non ci Pag. 14sarà più. Questo è il sentire comune che hanno, purtroppo, le nuove generazioni. Quindi, noi dobbiamo ripartire dalla scuola, quindi dalla cultura previdenziale, ma partendo proprio dalla scuola, che potrebbe esercitare un ruolo strategico nell'educazione previdenziale e finanziaria.
  È imprescindibile la diffusione di informazione da parte degli enti competenti, anche portali, come quello messo a punto dal Ministero dell'economia e delle finanze, denominato «Quello che conta», che possono fornire una formazione base di tipo finanziario ai cittadini e ai lavoratori e possono rappresentare, se integrati, costantemente aggiornati e pubblicizzati, un efficace strumento di riferimento.
  Potrebbe anche essere utile uno scambio tra i portali. Se il portale INPS nella parte dedicata all'approfondimento e alla simulazione della previdenza pubblica dialogasse con una piattaforma istituzionale sui temi della previdenza complementare, potrebbe sicuramente esserci una buona risposta.
  In ambito di comunicazione, le sinergie tra previdenza pubblica e complementare risulterebbero strategiche per far comprendere soprattutto alla popolazione più giovane come ragionare in termini di integrazione alla pensione di base e di adesione ai fondi pensione sia fondamentale a partire dall'ingresso nel mondo del lavoro, se non prima addirittura, e per costruire il proprio futuro. Lo è altrettanto per le persone più mature, affinché possano ponderare e rendere più consapevoli le proprie scelte, non restando ancorati per tutta la vita ad adesioni silenti, con conseguente applicazione di comparti garantiti, senza la possibilità di realizzare adeguati rendimenti. Penso a modalità di investimento che prevedano scelte differenziate, ad esempio, in base alla distanza del pensionamento dell'aderente, quindi tendenzialmente più spinte in fase iniziale Pag. 15e più prudenti, invece, con una riduzione progressiva del rischio, man mano che si avvicina la condizione di quiescenza.
  Sul fronte degli incentivi, è da rilevare come le misure compensative previdenziali previste per le imprese a fronte del conferimento del TFR a previdenza complementare dei propri dipendenti siano da rafforzare, anche alla luce del fatto che le aziende con forza occupazionale superiore a cinquanta unità si vedono comunque costrette a versare al Fondo di tesoreria dell'INPS. Peraltro, è utile ricordare che questa doveva essere una previsione temporanea, invece di fatto è diventata strutturale.
  In campo fiscale si osserva con interesse l'iter di attuazione dei provvedimenti che fanno capo alla neonata legge delega circa l'individuazione di misure a sostegno della previdenza complementare. In particolare, si ritiene che vada ampliato il limite di deducibilità fiscale, soprattutto con riguardo ai nuclei familiari fiscalmente a carico, rispetto ai quali l'attuale plafond unico di 5.164,67 euro può rivelarsi incapiente. Questo potrebbe favorire la propensione a generare risparmio previdenziale per i propri figli anche prima del loro ingresso nel mondo del lavoro.
  Sempre in ambito di deducibilità dei contributi, ulteriori interventi diretti a tenere meglio conto della diffusione dei percorsi di carriera o discontinui potrebbero andare nella direzione di definirla non più su base annuale, bensì pluriennale, evitando così di penalizzare coloro che non sono in grado di destinare ogni anno la previdenza complementare a un flusso stabile di contributi e, per altro verso, incentivando l'adesione dei lavoratori i cui redditi sono più volatili, come in molti casi nel variegato panorama del lavoro autonomo.
  Vanno, infine, introdotte misure di incentivo specifiche per i lavoratori autonomi in regime forfettario che non possono oggi Pag. 16beneficiare della deducibilità dei contributi. Da parte nostra abbiamo fatto un grosso lavoro con il nostro fondo «FonTe», perché l'abbiamo aperto attraverso anche i contratti collettivi, a cui si rivolge, e può essere potenzialmente più inclusivo nel panorama nazionale, rivolgibile peraltro non solo ai lavoratori dipendenti, ma anche ai lavoratori autonomi. Però, è evidente che, fintantoché non c'è un più ampio regime agevolativo, è difficile poi supportare la campagna di adesione. Mi riferisco in particolare a quei professionisti che, oggi come oggi, applicano il regime forfettario perché è un regime di maggior favore, ma allo stesso tempo sono disincentivati a utilizzare questo tipo di prestazione.
  Va poi ridotta l'attuale tassazione dei rendimenti, per riportarla dall'attuale 20 per cento, che è poco inferiore a quella ordinaria sulle rendite finanziarie e molto superiore a quella sui rendimenti dei titoli di debito pubblico ed equiparati, che è del 12,5 per cento, a valori più rispondenti a quelli che erano previsti in passato, che erano, fino al 2014, dell'ordine dell'11 per cento, al fine di dare una logica di valorizzazione diversa al risparmio previdenziale.
  Va poi abolita l'attuale pro rata sulla tassazione delle prestazioni, con previsione di un unico sistema che prenda ispirazione da quello attualmente applicato alla vita, con ritenuta d'imposta del 15 per cento, che diminuisce dello 0,30 per cento per ogni anno di partecipazione alla previdenza complementare, fino al limite del 9 per cento, a prescindere dal fatto che si tratti di contributi versati prima o dopo il 1° gennaio 2007.
  Una riflessione andrebbe fatta riguardo al contributo di solidarietà del 10 per cento, dovuto dai datori di lavoro all'INPS, sulle somme versate ai fondi pensione e anche di assistenza sanitaria integrativa. Più volte abbiamo chiesto la soppressione. Capiamo che magari non siano maturi i tempi per Pag. 17fare questa soppressione, però anche in questo caso potremmo pensare di proporre che questi accantonamenti possano coprire operazioni di riscatto dei buchi contributivi. Quindi, proponiamo di mantenere questo contributo di solidarietà, ma utilizzandolo diversamente.
  Passo velocemente al ruolo dei fondi sanitari, per entrare nell'ambito della discussione riguardante le potenzialità dei fondi di assistenza complementare. Non si può non partire dalla situazione di estrema difficoltà in cui versa il sistema sanitario nazionale, con conseguente impossibilità di raggiungere lo scopo di garantire il diritto alla salute, com'è nell'intenzione della Carta fondamentale della legislazione di riferimento.
  La quota che sarà in futuro impegnata dal settore pubblico del nostro Paese per la sanità è destinata a essere relativamente sempre più bassa rispetto alle medie europee e, pertanto, sempre più insufficiente a garantire livelli di assistenza compatibili con i bisogni della popolazione che – non dimentichiamocelo – sta invecchiando. In questo contesto, il consolidamento del secondo pilastro come fino ad oggi ideato deve essere perseguito per intercettare la crescente spesa direttamente sostenuta dai cittadini, scaturente dalle necessità di cura, che si scontrano purtroppo con le lunghissime liste di attesa anche nelle prestazioni che dovrebbero essere garantite dal Servizio sanitario nazionale.
  È opportuno ispirarsi a princìpi che consentano di potenziare i fondi sanitari previsti dalla contrattazione collettiva, in una logica di sussidiarietà e di integrazione del sistema, con un'azione di affiancamento e rafforzamento del sistema sanitario nazionale, senza alcuna volontà di sostituirsi ad esso e garantendo quel supporto necessario al fine di rispondere bene e meglio al diritto di salute costituzionalmente garantito.Pag. 18
  Da qui l'opportunità di collaborare con fondi di assistenza complementare, che adottano gli stessi princìpi di mutualità e solidarietà fondanti il Servizio sanitario nazionale, per gestire una quota importante di domanda di salute in maniera più efficiente, anche grazie alle garanzie di trasparenza nelle proprie azioni verso gli stakeholder tramite monitoraggio e controllo realizzato da un'authority, identificabile con il Ministero della salute, che già presidia l'anagrafe dei fondi.
  Come strumento di politica sanitaria al centro di un contesto di riforma del sistema, i fondi potranno essere considerati tali nella misura in cui la propria attività venga valutata meritevole in base a una quota complessiva di prestazioni erogate a favore dei propri iscritti in percentuale ai contributi ricevuti, mostrando una forte propensione all'intermediazione della spesa privata direttamente sostenuta, che, diversamente, resterebbe a totale carico dei cittadini, con ingenti esborsi economici.
  Il principio di sussidiarietà potrebbe ulteriormente svilupparsi in modo concreto tramite la condivisione di dati con il Servizio sanitario nazionale per la costruzione di un unico fascicolo elettronico, onde evitare la duplicazione delle prestazioni e di un nomenclatore unico per chiarezza e omogeneità gestionale, nonché mediante la stipula di convenzionamenti sempre più solidi e capillari per l'erogazione delle prestazioni con costi sostenibili e trasparenti.
  Questi esempi di sinergia e collaborazione potrebbero costituire una fonte aggiuntiva di entrate per il bilancio delle strutture pubbliche, con un contenimento dei costi, consentendo quindi investimenti in nuove tecnologie e ricerca a favore degli assistiti.
  Lo scopo dei fondi di assistenza complementare di intermediare quanta più parte possibile della spesa direttamente sostenuta dai cittadini, li rende disponibili a un allargamento Pag. 19della base degli aderenti, in primo luogo i familiari, ma anche ai pensionati e a coloro che temporaneamente non sono occupati, ma ancora attivi nel mondo del lavoro.
  Sul fronte della operatività, i modelli di azione sarebbero contraddistinti dal perseguimento di politiche che già caratterizzano i fondi come enti non profit e privi di qualsiasi meccanismo di selezione del rischio, con una internalizzazione sempre più spinta nella gestione del rischio stesso e regole di trasparenza e rendicontazione delle attività.
  A questa memoria che vi abbiamo lasciato alleghiamo anche un'indagine presentata in Senato della Repubblica, specifica sui fondi sanitari, perché sappiamo benissimo che i fondi sanitari sono fortemente attenzionati negli ultimi tempi e spesso e volentieri vengono messi a confronto con i fondi assicurativi.
  Spesso e volentieri non viene capita la profonda differenza che c'è tra un fondo assicurativo e un fondo invece di derivazione contrattuale, in primis il fatto che non c'è una selezione del rischio.
  Nel momento in cui ad un lavoratore viene applicato un contratto collettivo, il fondo sanitario che deriva da questo contratto collettivo è automaticamente applicato. Quindi, non ha importanza se la persona ha delle patologie pregresse, se la persona non è più giovane e così via.
  Riteniamo che non si possono analizzare in maniera omogenea due tipologie di fondo che, invece, sono notevolmente diversi. Peraltro, la governance che ci siamo dati come parti sociali nella costituzione di questi fondi rende la gestione dei fondi estremamente trasparente. Sono state stabilite a livello di parti sociali le massime aliquote di incidenza dei costi di gestione dei fondi stessi rispetto, invece, a quello che deve essere erogato in prestazione.Pag. 20
  Riteniamo che la virtuosità di questi fondi debba essere in qualche modo preservata rispetto ad analisi che, invece, vengono fatte in maniera un po' grossolana e che li vogliono vedere allineati ai fondi, invece, di natura assicurativa, che hanno una logica totalmente diversa e che certamente non possono essere definiti non profit.
  Io ho terminato. Se ci sono delle domande, noi siamo a disposizione.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Prampolini per la sua ampia esposizione.
  Chiedo se ci sono osservazioni da parte dei colleghi in presenza o da remoto. Non ve ne sono.

  DONATELLA PRAMPOLINI, vicepresidente nazionale incaricata per il Lavoro e la bilateralità. Li ho storditi.

  PRESIDENTE. No. È stata molto esauriente e anche molto propositiva. Ho notato una serie di osservazioni che sono senz'altro condivisibili e, in realtà, già emerse nei lavori di questa Commissione. Una è di metodo, della quale devono farsi carico un po' tutte le forze politiche, ovvero la natura frammentaria degli interventi, vista, in questo caso, come la vedeva lei, dal punto di vista della possibilità del lavoratore di costruirsi un percorso di vita avendo dati certi.
  A me ha particolarmente colpito in questo senso, visto che qui ci occupiamo della rischiosità insita nelle politiche di investimento del primo pilastro privatizzato, che quindi esula dal perimetro dell'audizione odierna, l'osservazione del professor Marè, che sostanzialmente ci ha detto che il confronto fra le forme pubblicistiche e quelle privatistiche non è un confronto fra una forma priva di rischio e una forma rischiosa, perché esiste sostanzialmente anche una sorta di rischio politico delle Pag. 21pensioni, nel senso che non tutti quelli che sono partiti con una pensione pubblica anni addietro hanno poi ottenuto quello indicato nel patto sociale o comunque quello che presumevano di poter ottenere. In sintesi, del domani non vi è certezza.
  Vi sono anche tutte le osservazioni su misure da rendere strutturali come, per esempio, l'APE sociale. Una riflessione che lei ha fatto è molto importante per noi, cioè come è possibile avviare i capitali pazienti come quelli raccolti attraverso il risparmio pensionistico verso l'economia reale. La riflessione che stiamo facendo si sta orientando anche su caratteristiche strutturali dei mercati finanziari e dei loro gestori, perché spesso vengono avviati verso economie reali, ma diverse dalla nostra. Questo, ovviamente, crea una serie di problematiche.
  Le sono grato. Senz'altro il materiale che ci lasciate ci aiuterà a organizzare le riflessioni.
  Se non vi sono richieste di intervento, ringraziando ancora la nostra ospite, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle ore 14.40.