XIX Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Martedì 21 febbraio 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 3 

Sull'ordine dei lavori:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 3 
Pavanelli Emma (M5S)  ... 3 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 3 
Caramanna Gianluca (FDI)  ... 3 
Pavanelli Emma (M5S)  ... 4 
Caramanna Gianluca (FDI)  ... 4 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 4 
Pavanelli Emma (M5S)  ... 4 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 4 
Pavanelli Emma (M5S)  ... 4 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 5 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL MADE IN ITALY: VALORIZZAZIONE E SVILUPPO DELL'IMPRESA ITALIANA NEI SUOI DIVERSI AMBITI PRODUTTIVI

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione italiana città della ceramica.
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 5 
Isola Massimo , presidente dell'Associazione italiana città della ceramica ... 5 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 5 
Isola Massimo , presidente dell'Associazione italiana città della ceramica ... 5 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 7 
Isola Massimo , presidente dell'Associazione italiana città della ceramica ... 7 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 8 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione marchi storici d'Italia:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 8 
Busso Roberto , vicepresidente vicario dell'Associazione marchi storici d'Italia ... 8 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 9 

Audizione di rappresentanti di Assobibe:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 10 
Pierini Giangiacomo , presidente di Assobibe ... 10 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 12 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Accademia nazionale maestri sartori:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 12 
Aloisio Gaetano , presidente dell'Accademia maestri sartori ... 12 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 13 
Pietrella Fabio (FDI)  ... 13 
Aloisio Gaetano , presidente dell'Accademia nazionale maestri sartori ... 13 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 14 
Aloisio Gaetano , presidente dell'Accademia nazionale maestri sartori ... 14 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 14 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione calzaturifici della riviera del Brenta (ACRIB):
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 14 
Ballin Gilberto , presidente di ACRIB ... 14 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 16 
Cavo Ilaria (NM(N-C-U-I)-M)  ... 16 
Ballin Gilberto , presidente di ACRIB ... 16 
Cavo Ilaria (NM(N-C-U-I)-M)  ... 16 
Ballin Gilberto , presidente di ACRIB ... 16 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 16 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti della Fondazione Altagamma:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 16 
Carloni Edoardo , responsabile comunicazione della Fondazione Altagamma ... 16 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 19 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione nazionale ciclo motociclo accessori (Ancma):
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 19 
Nigrelli Piero , responsabile settore bici di ANCMA ... 20 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 20 
Nigrelli Piero , responsabile settore bici di ANCMA ... 20 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 20 
Nigrelli Piero , responsabile settore bici di ANCMA ... 20 
Moretti Michele , responsabile settore moto di ANCMA ... 21 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 22 
Nigrelli Piero , responsabile settore bici di ANCMA ... 22 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 23 
Nigrelli Piero , responsabile settore bici di ANCMA ... 23 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 23 
Nigrelli Piero , responsabile settore bici di ANCMA ... 23 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 23 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (ANFIA):
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 23 
Giorda Gianmarco , direttore di ANFIA ... 24 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 26 
Giorda Gianmarco , direttore di ANFIA ... 27 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 28 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione italiana terminalisti portuali (Assiterminal):
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 28 
Ferrari Alessandro , direttore di Assiterminal Napoli S.p.A ... 28 
Cognolato Tomaso , amministratore delegato Terminal Napoli S.p.A ... 29 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 30 
Cognolato Tomaso , amministratore delegato Terminal Napoli S.p.A ... 30 
Ferrari Alessandro , direttore di Assiterminal ... 30 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 30 
Cavo Ilaria (NM(N-C-U-I)-M)  ... 31 
Cognolato Tomaso , amministratore delegato Terminal Napoli S.p.A ... 31 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 31 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti del Distretto veneto della pelle:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 31 
Macilotti Matteo , direttore del Distretto veneto della pelle ... 31 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 34 
Cavo Ilaria (NM(N-C-U-I)-M)  ... 34 
Macilotti Matteo , direttore del Distretto veneto della pelle ... 34 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 34 

Allegato 1: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Associazione marchi storici d'Italia ... 36 

Allegato 2: Documentazione depositata dai rappresentanti della Fondazione Altagamma ... 46 

Allegato 3: Documentazione depositata dai rappresentanti di ANCMA ... 67 

Allegato 4: Documentazione depositata dai rappresentanti di ANFIA ... 85 

Allegato 5: Documentazione depositata dai rappresentanti del Distretto veneto della pelle ... 92

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALBERTO LUIGI GUSMEROLI

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione televisiva diretta sulla web tv della Camera dei deputati.

Sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Pavanelli. Ne ha facoltà.

  EMMA PAVANELLI. Si grazie presidente. Anticipo adesso, poi ne riparleremo certamente domani in ufficio di presidenza.
  Ciò che è successo ieri a mio avviso non è stato del tutto corretto da parte della Commissione e della maggioranza. È vero che lei ha sempre dichiarato che le sedute sarebbero iniziate in perfetto orario. Fatto sta che in diverse occasioni abbiamo dovuto ritardare l'inizio della votazione di almeno un paio di provvedimenti perché il relatore non era arrivato in tempo, quando sappiamo che lei, in quanto presidente, è sempre relatore di un provvedimento: è successo alcune settimane fa.
  Fatto sta che io sono arrivata alle 13.01, come da orario segnato dall'orologio appeso alla parete della Commissione, perché è la prima cosa che ho controllato: eravate già in piedi.
  Allora, quello che è successo ieri, tra l'altro mancava quasi tutta l'opposizione: i miei colleghi sono arrivati chi alle 13.03 chi alle 13.04. Ciò significa che non è stata data né lettura della proposta di parere del relatore né fatte dichiarazioni di voto, eccetera. Allora, se la Commissione, se questa maggioranza intende agire così d'ora in poi sarà diverso. Io credo che le opposizioni si siano sempre attenute, diciamo, ad un comportamento responsabile, non hanno mai fatto ostruzionismo, oltre al lavoro normale di Commissione non hanno mai tenuto comportamenti che ne impediscano il normale svolgimento e non hanno mai fatto opposizione «forte». Allora, lo dico ora e lo ripeterò poi in ufficio di presidenza: se questo è l'atteggiamento che la maggioranza vuole intraprendere allora troverete un'opposizione che vi terrà qui giorno e notte. Lo dico perché non è possibile continuare così.
  Inoltre vorrei sottolineare che il continuo cambio di orario di Commissione non è che agevola il lavoro: oggi dovevamo iniziare alle 15 e siamo qui alle 14.30. Non è la prima volta: sta capitando molto spesso. E ovviamente, come io credo che anche la maggioranza abbia i propri impegni con l'agenda piena di incontri, se si continua a cambiare continuamente orari è evidente che poi i colleghi possano fare tardi o, addirittura, non essere presenti perché hanno preso impegni, magari istituzionali. Grazie presidente.

  PRESIDENTE. Prego onorevole Caramanna.

  GIANLUCA CARAMANNA. Allora, per replicare alla collega, ieri è accaduto che siamo usciti da qua alle ore 13.10 e non alle 13.01. La collega Evi ne è testimone: siamo stati qui in Aula, il relatore ha chiesto se potevamo dare per letta la relazione che avevamo ricevuta per e-mail – e dovrebbe Pag. 4averla ricevuta anche l'onorevole Pavanelli per e-mail –, abbiamo detto sì. Dichiarazioni di voto: come anche altre volte è accaduto – lei, onorevole Pavanelli può esserne testimone – non ne sono state fatte dai presenti. Ci sembrava quasi una scelta la vostra – dico di non essere in aula –, perché, mi perdoni, quando tutta l'opposizione era assente...

  EMMA PAVANELLI. L'orologio segnava le 13.01...

  GIANLUCA CARAMANNA. Non poteva essere così, perché abbiamo fatto una discussione con la collega Evi – e, collega Pavanelli mi faccia finire ché io non l'ho interrotta –, abbiamo fatto anche un piccolo dibattito su quello che dovevano essere i lavori. Se tutta l'opposizione...
  Mi perdoni, adesso lei non può dare colpa alla maggioranza se otto o nove membri dell'opposizione non erano presenti. Non ce ne era nemmeno uno: a noi è sembrata più una volontà politica che altro. Dopodiché: qualche tempo fa, se lei ricorda, è capitata la stessa identica cosa con la collega Cavo che è arrivata pochi minuti dopo l'orario di inizio seduta previsto quando avevamo già terminato. Purtroppo bisogna essere puntuali: chi non è puntuale non si può lamentare. A casa mia mi hanno insegnato che chi tardi arriva male alloggia. Non si può lamentare chi arriva in ritardo, mi perdoni.

  PRESIDENTE. Allora, se non ci sono altri interventi, intervengo io. Premesso che, in linea di massima, tutte le sedute della Commissione sono iniziate puntualissime, almeno quelle presiedute da me – perché questa è una forma di rispetto per i membri, anche per i funzionari che sono qui a lavorare per noi, va bene? –, è accaduto, una volta, che la relatrice di maggioranza non venisse e l'ho sostituita io. Il parere sul provvedimento è stato approvato e la relatrice di maggioranza è andata via perché è arrivata troppo tardi. Quindi non è che ci siano due pesi e due misure.
  Allora: lo speech introduttivo era composto di dieci righe, venti secondi. Il relatore ha detto: «ho depositato la relazione e la proposta di parere su GeoCamera», ed è un suo diritto non leggerli visto che sono lì depositati. Ho chiesto all'onorevole Evi se volesse intervenire, visto che era l'unico membro della Commissione di opposizione, ma ha dichiarato l'intenzione di non volerlo fare. Non ci sono stati altri interventi e quindi è stata messa ai voti la proposta di parere. Iniziati i lavori alle 13 e terminati alle 13.02, per l'esattezza. Lei, onorevole Pavanelli, non era ancora arrivata. Era arrivato prima di lei qualcuno, ora non ricordo con esattezza chi fosse. Ma comunque la regola è: all'orario previsto si inizia.
  Dopodiché, se qualcuno intende fare un intervento ma sta arrivando in ritardo, può mandare alla Commissione un avviso che dica: «sono in ritardo» ed io attendo la persona in ritardo. Ma non è che tutti, compresi i funzionari, debbano attendere le persone in ritardo. Quindi, se lei sa di essere in ritardo non c'è nessun problema: come presidente, se io fossi in ritardo avviserei di esserlo. E questa è una forma di rispetto non solo nei confronti della maggioranza, ma della minoranza e di tutti quelli che lavorano attorno ai commissari. Però sottolineo che ieri si svolto tutto nella massima correttezza e se qualcuno ne è responsabile è il sottoscritto e non, certamente, la maggioranza.

  EMMA PAVANELLI. La ringrazio, presidente, per la precisazione ma non ho mai detto che non è stato fatto con correttezza. Ho solo detto che chiudere tutto in un minuto – guardi io sono stata eletta in Senato la scorsa legislatura e se noi avessimo fatto una cosa del genere voi a quest'ora eravate già in piazza a manifestare, comunque rimane un fatto...

  PRESIDENTE. Guardi io nella scorsa legislatura ho fatto quattro anni e mezzo in Commissione finanze e lì si faceva così.

  EMMA PAVANELLI. Io posso dire solo questo: sicuramente, qualora la maggioranza in futuro sarà in ritardo alzerò sicuramente la tematica, lo dirò bello e forte. Ma non solo: a questo punto io dico e Pag. 5pretendo, e lo dirò chiaramente in ufficio di presidenza, che non si possa più cambiare l'orario di Commissione in continuazione perché anche questa è una questione che non va bene. Poi – per carità! – i nostri auditi sono in attesa, li dobbiamo ascoltare, però volevo solo puntualizzare alcune cose. Cioè se è sempre tutto preciso, regolare, non si può poi inviare alle 13 un messaggio dicendo che la Commissione anticipa perché magari – ma lo dico anche per la maggioranza – ognuno ha i propri appuntamenti e la propria agenda personale – perché non è che siamo qui solo per seguire i lavori in Assemblea o in Commissione – abbiamo anche incontri istituzionali e questa cosa non ci permette di poter avere un'agenda e seguire tutto.

  PRESIDENTE. Allora replico solo su questo e poi sentiamo gli auditi.
  Sugli orari. Quando ci sono sedute che non comportano il voto, come questa di audizione, considerato che ci sono da tenere in conto i tempi dell'Assemblea, delle altre Commissioni, degli stessi auditi, gli orari continueranno ad essere rimodulati quando necessario perché bisogna farlo per rendere compatibili tra loro le tempistiche. Faccio presente che quando sono previste sedute con votazione, noi normalmente, da sempre, convochiamo un ufficio di presidenza perché è ovvio che in caso di votazione la situazione va resa compatibile con la presenza al voto. Quindi oggi abbiamo cambiato l'orario di mezz'ora perché i lavori sono finiti prima rispetto a quanto previsto, c'era altresì la necessità di anticipare alcune audizioni e così abbiamo deciso di cambiare l'orario. E così continueremo a fare.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione italiana città della ceramica.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana città della ceramica nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Massimo Isola, presidente Associazione italiana città della ceramica, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  MASSIMO ISOLA, presidente dell'Associazione italiana città della ceramica. Buongiorno. Mi vedete e mi sentite? Abbiamo qualche problema con la videocamera, adesso riproviamo.

  PRESIDENTE. Comunque inizi il suo intervento, l'importante è che durante l'intervento prima o poi attivi la telecamera. Grazie.

  MASSIMO ISOLA, presidente dell'Associazione italiana città della ceramica. Sì, ci stiamo provando. Io rappresento l'Associazione italiana città delle ceramiche, un'associazione che gestisce e coordina una sessantina di città italiane. La nostra caratteristica è che ci occupiamo sostanzialmente di artigianato artistico, poiché nel mondo della ceramica c'è una grande differenza: da un lato c'è la ceramica industriale, che si concretizza e ha luogo in pochi distretti italiani (Sassuolo, Faenza, Imola, Civita Castellana); dall'altro, invece, l'artigianato artistico che si sviluppa, diffusa su tutta la penisola italiana, soprattutto su questi 60 piccoli centri.
  Noi abbiamo un rapporto con l'istituzione parlamentare che si sviluppa sostanzialmente attorno a una legge, la legge n. 188 del 1990, che prevede tre grandi cose.
  Uno, la nascita del Consiglio nazionale ceramico, che è composto da una ventina di componenti, rappresentanti diversi Ministeri, soprattutto il MIMIT che coordina e dirige questo Consiglio nazionale ceramico, Pag. 6poi quelli della cultura, del turismo, degli affari esteri, dell'istruzione, poi regioni, comuni e associazioni di categoria.
  Questa legge n. 188 disciplina e tutela la denominazione di origine delle produzioni di ceramica artistica e tradizionale e dà riconoscimento alle città che si caratterizzano per avere una identità data dall'artigianato artistico. Solo le città che ottengono questo riconoscimento del Consiglio nazionale ceramico possono far parte della nostra Associazione.
  La nostra Associazione quindi non rappresenta i ceramisti, che utilizzano strumenti che sono associazioni di categorie. Noi ci occupiamo del sistema ceramico, dove l'interazione e l'integrazione tra il sistema produttivo, istituzioni museali, istituzioni scolastiche, centri di ricerca lavorano insieme. Ovviamente l'aderenza tra le nostre attività e i processi di sviluppo del sistema produttivo sono totali.
  Questa legge è stata finanziata più volte nel corso del tempo, ha dato anche la possibilità alla nostra Associazione di avere una capacità di progettualità, è stata finanziata dall'inizio degli anni Novanta, poi nel biennio 2008-2010 con 500 mila euro, altri 500 mila nel 2017-2019 con un progetto gestito da noi e da Confindustria. E abbiamo la necessità di un nuovo finanziamento. Abbiamo avuto un finanziamento molto importante di un milione di euro dal Presidente del Consiglio nel 2018, che ci ha permesso di svolgere attività.
  Io ho pensato di riassumere qualche dato di mercato. È molto difficile avere un dato attendibile, serio e preciso sul mondo della produzione dell'artigianato artistico. Nel corso degli anni diversi soggetti hanno provato a fotografare lo stato dell'arte e noi nel 2012-2016 abbiamo fatto un'analisi piuttosto attenta e ora stiamo provando a farne una nuova. Al 2016-2018, per dare un ordine delle cose, poiché non risultano statistiche decisive, il numero delle imprese italiane era prossimo ai 2.500, con una distribuzione geografica che vedeva Campania, Emilia-Romagna, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto, sono circa il 14/15 per cento, e il resto sostanzialmente diffuse.
  Nelle nostre botteghe direi che il numero medio di addetti è attorno alle quattro unità, ovviamente parliamo delle realtà stabili, circa 10 mila sono gli occupati. Il volume d'affari è di 900 milioni euro con circa 400 mila euro di fatturato medio per impresa.
  Questi erano dati in crescita nel 2016-2018 e scontano un limite molto forte, che è quello di far riferimento alle cosiddette botteghe, le realtà più piccole, i laboratori, ci sono moltissimi soggetti individuali, con gli artigiani, e si considera che siano circa il 30 per cento in più di questi numeri attraverso l'applicazione e la considerazione di tutto il panorama strutturale e produttivo italiano.
  L'Associazione italiana città della ceramica ha 57 città, siamo in 15 regioni con i singoli ceramisti, con le associazioni di categoria, con le istituzioni nazionali e regionali, e organizziamo progetti importanti. Progetti diffusi, penso a Buongiorno Ceramica che è un evento nel terzo weekend di maggio, che si sviluppa in tutte le nostre città; progetti legati a ricorrenze importanti; abbiamo un progetto che porta in giro per il mondo la ceramica con una mostra dedicata al nostro made in Italy. Abbiamo due grandi mostre fieristiche a Faenza, Argillà, che è la fiera internazionale più grande in Europa; e Made in Italy, è chiamata proprio così, che si tiene ogni due anni a Faenza nel mese di settembre.
  Abbiamo relazioni internazionali importanti, abbiamo un gruppo europeo formato da sette associazioni nazionali, gestiamo progetti europei.
  Riguardo al rapporto con le istituzioni devo dire che tra il '20 e il '22 si è costituito il gruppo interparlamentare per la ceramica artistica, formato da parlamentari di Camera e di Senato, è un numero importante, rappresentato da tutte le forze politiche e tutte le aree geografiche. Grazie al loro intervento, un intervento molto forte, siamo riusciti tra il 2021 e il 2022 a destinare 5 milioni di euro a favore della ceramica artistica, che come Associazione nazionale ceramica abbiamo cercato di distribuire nel miglior modo possibile, non è stato facile poiché i tempi erano molto Pag. 7stretti e l'unico modo per finanziare le nostre imprese per dare un contributo alle spese di investimento strutturale, quando ovviamente invece noi avevamo chiesto insieme ad associazioni di categoria di lavorare molto di più anche sulla promozione, sul marketing, sull'innovazione e sulla commercializzazione. Non c'erano i tempi, ma ci auguriamo che queste azioni possano essere riprese.
  Noi abbiamo prodotto per il Ministero diversi documenti, con una serie di azioni importanti da svolgere per potere dare una mano a questo fondamentale settore produttivo del made in Italy italiano.
  In particolare chiediamo a voi due azioni: uno, sulla legge 188, di utilizzare alcuni aggiornamenti organizzativi strutturali, dei quali abbiamo già parlato con il presidente, provare a finanziare con una certa costanza questa legge 188. Tra l'altro, con l'avvento dei nuovi rappresentanti parlamentari stiamo lavorando per ricostituire l'intergruppo parlamentare, ci sono molti parlamentari eletti nelle nostre 60 città disponibili a svolgere questa funzione.
  Noi oggi cosa chiediamo? Chiediamo di potere dare una mano, siamo un'opportunità importante, dicevo 900 milioni circa il fatturato di questo settore con potenzialità di crescita molto molto alta. Un settore che parla di sviluppo economico, produttivo, di posti di lavoro, ma parla anche della nostra identità, di ciò che siamo, quindi con un valore sicuramente molto profondo anche da un punto di vista turistico, civile e culturale.
  La nostra Associazione ha le capacità e le caratteristiche per sviluppare progetti di promozione e di valorizzazione, e questo è fondamentale, insieme a voi possiamo e dobbiamo farlo.
  La vendita e lo sviluppo dell'artigianato artistico non si costruisce solo attraverso l'innovazione e i processi di produzione, ma anche attraverso quanto siamo in grado di pensare il brand made in Italy ceramico nell'immaginario collettivo e nel dibattito pubblico, quanto riusciamo a portare il made in Italy nei luoghi chiave dei sistemi commerciali internazionali. Questo dobbiamo fare insieme e credo che ci siano ampi margini di sviluppo.
  Affronto ora un grande tema di questo settore della ceramica, quello dedicato alla formazione. Un tempo gran parte dei ceramisti si formavano all'intero degli istituti d'arte, poi soppressi, trasformati in licei artistici. C'è stato un vuoto formativo. In questi anni ci siamo dati da fare, sono nati strumenti, ad esempio gli IFTS, i corsi di post diploma che ci stanno dando grandi soddisfazioni, anche con nuovi corsi dedicati alla ceramica.
  Sulla formazione come su altri settori dell'artigianato artistico di qualità ci vorrebbe una grande riflessione pubblica, che consenta di far fronte all'avvento dei licei artistici proprio per potere costruire un nuovo e strutturale segmento educativo di cui si sente il bisogno.

  PRESIDENTE. Scusi dottor Massimo Isola, si sente male. Provi a spegnere la telecamera e vediamo se magari migliora.

  MASSIMO ISOLA, presidente dell'Associazione italiana città della ceramica. Sì, lo stiamo facendo.
  Comunque io ero in chiusura. Volevo dire che in questi ultimi mesi ovviamente anche la questione legata all'energia ha avuto un impatto sul nostro settore, evidentemente diverso rispetto al contesto industriale; ma il tema energetico, soprattutto sulle realtà artigianali più strutturate, con cicli di produzione h24, hanno avuto seri problemi. Paradossalmente nel momento di maggior sviluppo, poiché la ceramica oggi sta lavorando tanto. Il nostro è un settore in salute, è un settore che sta trovando nuovi importantissimi canali di sviluppo, sul design, sulle arti contemporanee, il rapporto con l'industria e l'artigianato, sta lavorando veramente in modo molto molto forte.
  Credo non sia un problema ma sia una grande opportunità per il nostro Paese anche lo strumento Consiglio nazionale ceramico, da utilizzare per potere dare energia a questo settore.
  Credo di essere stato nei tempi. Grazie per l'opportunità.

Pag. 8

  PRESIDENTE. Non essendoci richieste di intervento, ringrazio il rappresentante dell'Associazione italiana città della ceramica intervenuto e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione marchi storici d'Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione marchi storici d'Italia, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Roberto Busso, vicepresidente vicario Associazione marchi storici d'Italia, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  ROBERTO BUSSO, vicepresidente vicario dell'Associazione marchi storici d'Italia. Intanto grazie a tutti gli onorevoli collegati per l'opportunità. Penso che dieci minuti saranno più che sufficienti.
  Io sono anche l'amministratore delegato di tutto il gruppo Gabetti, che è un marchio storico.
  I marchi storici sono, solo per riepilogo, all'interno di un elenco del Ministero specifico, quindi dal Ministero delle imprese e del made in Italy, e l'Associazione dei marchi storici ha il fine di mettere insieme, per condividere ovviamente gli stessi obiettivi, coloro che sono iscritti all'interno di questo elenco.
  L'Associazione è nata da un paio di anni, ha più di 30 iscritti, sono 500 quelli che sono inseriti all'interno del marchio storico, abbiamo un obiettivo di arrivare a un centinaio di iscritti alla fine dell'anno, però rappresentiamo l'eccellenza dei marchi storici italiani.
  I soci fondatori, che erano sette, sono nello specifico Antinori, Benetton, Conserve Italia, Ekaf, Gabetti, Inghirami, l'Amaro Lucano, le Terme di Saturnia. Per dare spessore a questo: nei soci effettivi che vanno a comporre ovviamente gli altri trenta componenti, ci sono la pasta De Cecco, la Duke, la Lampo, l'acqua Lete, Modiano delle carte, Ravazzolo sartoria. Sono tutti marchi italiani che poco per volta, man mano che si sono iscritti all'elenco del Ministero, quindi sono stati certificati dal Ministero per avere le caratteristiche ad essere considerati tali, fanno parte dell'Associazione.
  Che cosa ci prefiggiamo? Ed è per quello che intanto vi ringraziamo per questa audizione.
  Ci prefiggiamo di portare a casa dei risultati per il nostro Paese e ovviamente per le nostre aziende.
  Per essere marchi storici bisogna avere 50 anni di anzianità e di continuità all'interno dell'azienda e rappresentare un made in Italy importante, quindi marchio storico italiano.
  All'interno del sistema pubblico, predisposti dal Governo, quindi a disposizione di queste aziende, esistono già delle forme di fondi nati per rispondere a determinate esigenze, il primo è il Fondo di salvaguardia delle imprese che è stato istituito nel 2020, che ha una dotazione di circa un miliardo di euro.
  Il Fondo salvaguardia delle imprese è nato per dare la possibilità di riferirci a questo Fondo dal punto di vista economico quando l'impresa va in difficoltà.
  Che cosa chiediamo su questo specifico Fondo? Chiediamo che ci sia un allargamento della considerazione, che il Fondo possa essere anche utilizzato dai marchi storici per acquisire altri marchi storici in difficoltà: quindi non solo per quelli che sono in difficoltà per uscire dalla difficoltà, ma quelli che non sono in difficoltà per acquisire marchi storici in difficoltà. Quindi per evitare che (come negli ultimi anni è successo) qualcuno arrivi dall'estero e si compri il marchio storico, solamente il Pag. 9marchio, e poi tenga la produzione ovviamente oltre confine.
  Quindi la prima cosa che chiediamo su questo Fondo di salvaguardia è che ci sia un allargamento in questo campo.
  E poi ovviamente che sia messo a disposizione per le società a marchio storico per andare ad acquisire altri marchi che non siano in difficoltà, e che quindi diano una possibilità di essere più competitivi dal punto di vista finanziario, rispetto ad altre aziende internazionali e non italiane che comprano sull'Italia solamente la presenza commerciale.
  C'è un altro Fondo a cui noi facciamo riferimento che è quello della proprietà industriale e per la lotta alla contraffazione, quindi della contraffazione attraverso l'italian sounding, quindi di tutti quei prodotti che all'estero vengono venduti con un sapore italiano ma che con l'Italia non c'entrano niente. Chiediamo che le misure all'interno di questo Fondo vengano rafforzate per dare la possibilità alle aziende che sono marchio storico, per fare azioni di lobby, oppure azione specifica sui mercati di riferimento per chiarire effettivamente che cosa è marchio storico italiano e che cosa non lo è. Quindi un incremento di agevolazioni che ci permetta di usare degli strumenti digitali o non digitali per poter arrivare su questo mercato in questo modo.
  Le misure strategiche che sono anche ad appannaggio dei marchi storici, che sono state istituite dall'ultimo Governo, non hanno ancora alcuni decreti attuativi.
  La terza cosa che chiediamo è che quando si vanno a mettere a terra dei decreti attuativi l'Associazione possa essere chiamata per un confronto con chi effettivamente opera sul mercato, e su questo mercato specifico, con queste caratteristiche specifiche. Ovvero, vorremmo mettere a disposizione della Commissione specifica che andrà a definire i decreti attuativi di ogni singolo decreto, quindi di Fondo conseguente collegato, l'esperienza e la competenza nel mercato specifico che l'Associazione va ad esprimere.
  In funzione di questo, quindi vado veramente in fase finale (vedete che i dieci minuti sono più che sufficienti), ci piacerebbe chiedere che possa venire istituita una Giornata. Quindi noi come Associazione ci facciamo promotori dell'istituzione di una Giornata nazionale dei marchi storici.
  La Giornata nazionale dei marchi storici, se venisse istituita, è quella che ci permetterebbe, ovviamente all'interno di questa giornata, di far partire tutta una serie di comunicazioni, di spot, di convegni specifici o di comunicazione specifica, attraverso tutti i canali di comunicazione possibile – siccome è una Giornata nazionale avrebbe ovviamente un determinato seguito e un determinato risvolto –, per andare a sottolineare ulteriormente quanto importante sia la presenza dei marchi storici del made in Italy.
  Chiudo così vi do spazio per tutte le audizioni, che ho visto sono numerose e tutte almeno importanti quanto la nostra, per dirvi che siamo a disposizione.
  Vi ho dato gli spunti e riferito dei due decreti che esistono già e su cui vorremmo si mettesse un occhio di riguardo e si facesse un focus per allargare le maglie di questo decreto rispetto a delle esigenze specifiche.
  Vi ribadiamo che le associazioni che fanno parte dei marchi storici e che fanno parte nello specifico di questi primi 35 già esistenti, nel centinaio che ci saranno alla fine dell'anno, sono tutte aziende italiane che producono in Italia e che impiegano personale in Italia, quindi vanno a concorrere direttamente sul PIL del nostro Paese.
  Se avete delle domande sono a disposizione. Troverete tutto quanto concerne questo intervento nella relazione trasmessa.

  PRESIDENTE. Non essendoci richieste di intervento, ringrazio il rappresentante dell'Associazione marchi storici d'Italia intervenuto. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti dell'Associazione Pag. 10marchi storici d'Italia (vedi allegato 1) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Assobibe.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti di Assobibe, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Giangiacomo Pierini, presidente di Assobibe, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  GIANGIACOMO PIERINI, presidente di Assobibe. Grazie mille presidente, grazie a tutti voi per l'invito e il tempo che vorrete dedicare ad ascoltare quello che rappresenta l'industria delle bevande analcoliche in Italia.
  È un settore importante del food&beverage dell'alimentare, di cui però si parla poco. Una realtà fatta di piccole, medie e grandi imprese, con oltre 100 stabilimenti produttivi distribuiti sull'intero territorio nazionale, con un valore di mercato generato di 4,9 miliardi di euro, che è pari allo 0,29 per cento del PIL, per 80 mila occupati tra diretti e indiretti.
  Una realtà fatta in prevalenza da piccole e medie imprese, il 64 per cento delle imprese sono piccole e medie imprese italiane, che si innestano in una filiera nazionale a partire dalle materie prime agricole e dal packaging, per arrivare poi ovviamente al canale di distribuzione e quindi la grande distribuzione, il mondo dell'Ho.Re.Ca. e del Vending.
  L'acquisto delle materie prime nazionali (sono dati prepandemici ovviamente) è pari a 1,4 miliardi di euro, con oltre il 50 per cento della frutta utilizzata dal settore di provenienza italiana e la quasi totalità del packaging, quindi alluminio, vetro e plastica, di provenienza nazionale.
  Una tradizione, quella delle bevande analcoliche, che inizia nel Novecento e si rafforza come presenza industriale a cavallo tra le due guerre con, da un lato, realtà multinazionali che trovano casa in Italia e piccole attività a conduzione familiare che si sviluppano, quindi siamo con più di un secolo di storia.
  Per ingredienti che sono tradizionali tipici dell'Italia, molto diversi, dall'alloro lucano al fico d'India, agli agrumi calabresi e siciliani (quindi cedri, mandarini, bergamotto, arance Moro, Tarocco, Sanguinello), ma anche il peperoncino calabrese, chinotti liguri, la genziana delle Alpi, tanti prodotti diversi che vengono utilizzati nelle ricette. Anche qui, ricette tipiche della tradizione italiana come le spume bionde e brune, chinotti, le cedrate, le bibite gassate al caffè calabresi, gli aperitivi analcolici, tutti poi con un crescente ricorso a materia prima IGP, DOP e a presidi slow food.
  Questo non significa che i prodotti, che sono parte della tradizione alimentare del nostro Paese con ingredienti tradizionali, non si siano innovati: quindi c'è stato un forte investimento da parte delle imprese in prodotti con sempre minor contenuto di zucchero (da questo punto di vista abbiamo ridotto del 28 per cento lo zucchero immesso sul mercato italiano, anche grazie alla sottoscrizione volontaria di tre protocolli con il Ministero della salute negli ultimi anni) e innovazione di packaging che ci ha portato ad utilizzare in modo crescente materiale riciclabile. Il nostro fortunatamente, per il tipo di industria che siamo, è già al 100 per cento riciclabile quindi vetro alluminio e carta.
  Un settore che complessivamente in Italia un po' soffre, perché i consumi di bevande analcoliche sono i più bassi d'Europa, circa la metà dei consumi europei, che però vede nell'export un'importante quota del proprio mercato tra l'altro in crescita in modo significativo a seguito della pandemia. Parliamo di una crescita del 30 per cento su un totale (anche qui poi è una media, quindi dipende molto dalle diverse Pag. 11realtà aziendali) del 10 per cento di export. Però con alcune realtà, soprattutto piccole e medie imprese che non hanno sede all'estero, che può arrivare fino al 40 o al 50 per cento del fatturato.
  I Paesi verso i quali si esporta sono tantissimi, dagli Stati Uniti al Canada, Regno Unito, Svizzera, Perù, Cile, Australia, Hong Kong, Azerbaijan, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Filippine, Giappone, oltre ovviamente a tutta una serie di Paesi dell'Unione europea, soprattutto Francia, Germania, Austria, Croazia, Romania, Repubblica Ceca.
  Nonostante le difficoltà del settore che è stato colpito durante la pandemia per la chiusura del canale Ho.Re.Ca., che è uno dei canali più importanti per il settore (i nostri sono prodotti che vengono consumati in contesti di socialità, nelle cene, negli aperitivi con gli amici o nei pomeriggi), e questo ha portato ad un calo, non è venuto meno l'impegno delle imprese nel sostenere da un lato i consumi, e quindi in particolare il settore dell'Ho.Re.Ca., e, dall'altro, innovare prodotto e ricette.
  Da questo punto di vista riteniamo che vi siano una serie di ostacoli ben chiari rispetto alla competitività delle imprese che ho l'onore di rappresentare, sia sul mercato nazionale sia su quello internazionale. In particolare, come tutte le industrie abbiamo sofferto l'aumento dei prezzi delle materie prime e del costo dell'energia: l'altra estate non si trovava neanche l'anidride carbonica, che per noi è un ingrediente fondamentale, circa l'80 per cento del portafoglio la utilizza, ed è mancata, la prima volta nella storia.
  Abbiamo una doppia spada di Damocle sul capo che è rappresentato dalla sugar e della plastic tax, che ci sono, ancorché posticipate ma sono lì. La sugar tax in particolare prevede un aumento del carico fiscale del 28 per cento per litro, questa ovviamente è una media, per le aziende più piccole o i cui prezzi sono più bassi l'impatto della fiscalità è maggiore.
  La vecchia e la nuova burocrazia che contraddistingue il settore, in particolare qualora entrasse in vigore la sugar tax, per la quale c'è già un decreto attuativo, si prevedono ulteriori 70 adempimenti burocratici in capo alle imprese.
  La tassazione e il peso della fiscalità riguarda anche noi, abbiamo un'IVA al 22 per cento.
  E abbiamo difficoltà a reperire materiale riciclato nel Paese per i nostri packaging.
  Per le attività di internazionalizzazione, anche qui, esistono ancora troppe procedure cartacee e non si è ottimizzato il dialogo tra i sistemi, gli imprenditori ci segnalano un'opportunità di ulteriore digitalizzazione, uno snellimento delle procedure, perché sembra che vi sia ancora una scarsa interazione tra i sistemi informatici per gli enti nazionali coinvolti nei processi documentali per l'export, soprattutto per i paesi extra Europa.
  Gli imprenditori evidenziano la possibilità di rafforzare l'assistenza delle rappresentanze diplomatiche nel supportare l'attivazione di canali commerciali e nel reperimento e comprensione della documentazione necessaria, per essere presenti su quei mercati, in particolare nei mercati emergenti come Africa e India. E vi sono delle barriere all'ingresso molto forti nei Paesi del Sudamerica, elevati dazi doganali, che limitano le possibilità di export verso quei Paesi.
  In sintesi come settore auspichiamo che vengano finalmente e definitivamente rimosse la sugar e plastic tax, che sarebbero insostenibili in questo momento e inevitabilmente si riverserebbero sui prezzi, ovviamente questo per le imprese che hanno la capacità di negoziare più forte, con ovviamente effetti poi sull'inflazione. Qualsiasi iniziativa presa per la riduzione dei costi di produzione avrebbe un impatto positivo anche per le nostre imprese.
  E chiediamo, nell'ottica di implementare completamente il concetto di economia circolare, e quindi nell'impiego in particolare degli imballaggi in plastica, si dia attuazione a quel principio che assicura il rientro in possesso del materiale post consumo ai produttori di bevande, come previsto nel decreto legislativo n. 196 del 2021, rimasto però al momento ancora lettera morta.Pag. 12
  Come sapete c'è una forte discussione che riguarda tutti i settori industriali che utilizzano packaging rispetto al nuovo regolamento sul packaging waste europeo, che rischia una omologazione a sistemi dei Paesi del nord Europa che sono distanti dall'Italia e dalle soluzioni, come il riuso e il riciclo, che sono state implementate nel nostro Paese con risultati di cui penso tutti possiamo essere orgogliosi.
  E anche da questo punto di vista, qualsiasi attività volta a semplificare l'impatto burocratico, sia a livello nazionale sia per le attività di export, sarebbe un ulteriore strumento per agevolare lo sviluppo e la crescita delle imprese che rappresento. Grazie.

  PRESIDENTE. Non essendoci richieste di intervento, ringrazio il rappresentante di Assobibe intervenuto e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Accademia nazionale maestri sartori.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti dell'Accademia nazionale maestri sartori, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Gaetano Aloisio, presidente dell'Accademia nazionale maestri sartori, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  GAETANO ALOISIO, presidente dell'Accademia maestri sartori. Buongiorno, sono Gaetano Aloisio, presidente dell'Accademia nazionale dei sartori e vicepresidente della Federazione mondiale dei sarti.
  L'Accademia nazionale dei sartori è nata nel 1575, è la prima corporazione degli artigiani cucitori, all'epoca si chiamava Università Sutorum. Da sempre l'Università Sutorum prima e l'Accademia nazionale dei sartori hanno svolto il ruolo di promozione e formazione delle arti e dei mestieri dei cucitori e dei sarti italiani.
  Negli ultimi decenni purtroppo abbiamo assistito a un graduale e costante allontanamento dei giovani dall'artigianato, dovuto anche alla forte espansione dei brand, i quali nel produrre la fast fashion hanno abbandonato le imprese artigiane che si occupavano della produzione dei loro capi, per spostare la loro produzione verso i mercati di lavoro a basso costo.
  Da qualche anno, grazie alla globalizzazione, molti Paesi lontani hanno avuto modo di conoscere i nostri prodotti artigianali ed apprezzare la loro qualità.
  La richiesta dei prodotti artigianali di alto livello è aumentata in modo esponenziale negli ultimi tempi in tutto il mondo.
  Un importante impatto nell'emergenza sanitaria Covid-19, sulla società e sull'economia, ha fatto sì che anche i più grandi brand italiani ed internazionali hanno incominciato ad investire nello slow fashion, in quanto il consumatore ora è più propenso a rinunciare a tutto ciò che è superfluo, ha sviluppato maggiore consapevolezza del prodotto e maggiore attenzione ai materiali ed è sempre più orientato verso la sostenibilità e verso i beni che mantengono il loro valore nel tempo.
  Oggi l'artigianato italiano di eccellenza si trova in una situazione dove da un lato c'è una grandissima richiesta proveniente da tutto il mondo, dall'altro i grandi brand riportano la loro produzione in Italia, cercando quindi le imprese artigiane italiane per creare i loro prodotti di altissima qualità.
  Mai come adesso l'artigianato italiano ha tutti i presupposti per essere il protagonista assoluto della crescita del settore moda made in Italy. Purtroppo ci si scontra con un grosso problema, che è la mancanza Pag. 13di manodopera e di alte competenze artigianali.
  In questi ultimi tempi abbiamo assistito alla chiusura di molte aziende artigianali per la mancanza del ricambio generazionale.
  Il massimo impegno dell'Accademia nazionale di sartori sta nel formare la nuova generazione di sarti, dandole, oltre alle altissime competenze tecniche in arte sartoriale, anche gli elementi di cultura manageriale e imprenditoriale. Il sarto del futuro ha bisogno di conoscere le materie prime, le strutture organizzative e produttive, gli elementi di logistica, il diritto commerciale, il diritto dei marchi, i brevetti, i mercati e le lingue straniere.
  Servirebbe una vera e propria università di arti e mestieri, il sogno di tutti gli artigiani, che purtroppo non può essere realizzata senza il sostegno delle istituzioni. Questo è un progetto ambizioso, ma è l'unico che può evitare il declino e l'estinzione dell'artigianato sartoriale e non solo.
  È la formazione quindi che diventa il cardine dell'innovazione per restare all'avanguardia a livello nazionale e primeggiare a livello internazionale. Bisogna dare continuità al patrimonio di ingegno e creatività, per continuare a diffondere la bellezza in tutto il mondo.
  L'artigianato è anche una fonte di attrazione turistica, incrementando il cosiddetto turismo artigianale. Le botteghe aprono le proprie porte per mostrare le ricchezze dell'artigianato made in Italy ai turisti provenienti da tutto il mondo, come già succede con il food e il patrimonio storico culturale del nostro Paese. Si potrebbero quindi creare degli eventi che rendano l'artigianato italiano protagonista nell'ambito del turismo.
  Io penso che le linee di intervento a sostegno del settore artigianale potrebbero essere, a prescindere dal patto della formazione che già ho citato prima, le seguenti: realizzare la semplificazione burocratica e fiscale per incentivare l'apertura di nuove imprese nel settore per i giovani; prevedere sgravi fiscali per assunzioni successive agli studi professionali; prevedere sgravi fiscali per investire in formazione; prevedere sgravi fiscali per gli investimenti volti all'internazionalizzazione, comunicazione, creazione di marchi e apertura di nuove sedi all'estero. Definire poi sgravi fiscali: per investimenti nella digitalizzazione e nell'innovazione tecnologica e per facilitare il passaggio generazionale e alle cessioni di azienda. Favorire inoltre gli investimenti in Accademia che trasferiscono le abilità alle nuove generazioni. È altresì necessario un maggiore allineamento dei programmi scolastici alle concrete necessità del tessuto artigianale locale nonché potenziare le scuole professionali a livello distrettuale per una maggior aderenza alle reali necessità di ciascun territorio.
  Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Chiedo se vi siano interventi. Prego, onorevole Pietrella.

  FABIO PIETRELLA. Sì presidente. Grazie per la sua relazione, ha toccato dei punti che vanno proprio al centro di quello che è un po' l'immaginario che un po' tutti noi abbiamo nella salvaguardia del made in Italy.
  Mi piaceva il punto che toccava questa visita esperienziale, che il settore della moda, dell'alta sartoria possa essere trasversale al turismo e all'enogastronomia.
  Mi chiedo se come Accademia dei maestri sartori avete già un progetto in questa linea. Poi ovviamente sulla formazione, che reputiamo essere estremamente importante per valorizzare e per salvaguardare quelli che sono i princìpi essenziali del made in Italy, e il suo settore è uno di quelli, se l'Accademia dei maestri sartori sta pensando a un progetto di massima che coinvolga tutti i maestri sartori del territorio nazionale. Grazie.

  GAETANO ALOISIO, presidente dell'Accademia nazionale maestri sartori. Noi, anche a livello personale e aziendale, abbiamo cominciato a lavorare su questi progetti del turismo esperienziale nelle nostre botteghe artigianali. Abbiamo molte richieste da parte di grosse agenzie che si occupanoPag. 14 di turismo di alto livello, che vogliono vivere queste esperienze all'interno del mondo dell'artigianato italiano, conoscere come vengono prodotti i nostri prodotti di altissima qualità, di eccellenza nel mondo, che tutti quanti vogliono avere nel mondo.
  Quindi abbiamo già iniziato a livello individuale, ma stiamo cercando di preparare un progetto al riguardo per cercare di valorizzare questo punto e dare possibilità allo sviluppo del made in Italy sotto l'aspetto turistico e anche artigianale.

  PRESIDENTE. Le faccio io una domanda. Volevo chiederle, avete uno studio sulla stratificazione dal punto di vista della forma giuridica, cioè quante aziende individuali, cioè artigiani singoli, quante società di persone, quante società di capitali, quante con dipendenti e senza dipendenti, un'idea di questo tipo?
  Visto che lei ha parlato di semplificazione per ciò che riguarda le ditte individuali, quindi gli artigiani singoli, credo che la mini flat tax è già una semplificazione fortissima. Volevo chiederle se ritiene che nel suo settore sia utile l'aggregazione oppure se è preferibile l'individualità, se questa è la caratteristica della vostra eccellenza, perché comunque eccellenza è. Quindi se sia meglio rimanere, in qualche modo nell'attuale struttura, cioè piccole e medie imprese oppure no.

  GAETANO ALOISIO, presidente dell'Accademia nazionale maestri sartori. Io penso che oggi le nostre aziende artigiane, per chi ha capacità e anche visione all'interno delle proprie imprese, riescano ad avere grandi margini di crescita e di sviluppo. Abbiamo delle imprese che sono grosse imprese, per esempio la mia azienda, in tutto l'ambito che io ho costruito, nell'ambito della moda, dall'abito su misura, la scarpa su misura, la camicia su misura, cravatta su misura, io ho 50 dipendenti, quindi non è più una piccolissima o un'individuale impresa. Quindi c'è possibilità di crescita, per questo io credo che sia importante creare una nuova generazione di artigiani imprenditori, che hanno una cultura molto più ampia, oltre alla conoscenza dell'arte e del mestiere. Ecco perché c'è bisogno di competenze, c'è bisogno di formazione di altissimo livello.
  Questo è il progetto che io sto portando avanti con la mia Accademia nazionale dei sarti, certamente da solo mi è impossibile arrivare a grossi risultati.
  Spero che questo sia uno dei punti cardine per tutto ciò che riguarda il made in Italy, perché il made in Italy ha bisogno di artigiani imprenditori, artigiani capaci di sviluppare impresa e fare economia.

  PRESIDENTE. Grazie e complimenti per quello che è riuscito a fare, assolutamente di eccellenza, e speriamo che il settore possa trarre giovamento anche da questa indagine.
  Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio il rappresentante dell'Accademia nazionale maestri sartori intervenuto e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione calzaturifici della riviera del Brenta (ACRIB).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione calzaturifici della riviera del Brenta (ACRIB), nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Gilberto Ballin, presidente di ACRIB, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  GILBERTO BALLIN, presidente di ACRIB. Buongiorno a tutti. Per prima cosa ringrazio per questa opportunità, poter parlare e far sì che possa arrivare la nostra voce a Pag. 15chi possa prendere in mano certe situazioni e a decidere molte cose.
  Io sono il presidente di ACRIB, l'Associazione calzaturieri della riviera del Brenta. Il nostro è un distretto che ha circa, tra piccole, medie e grandi imprese, 500 aziende, circa 11 mila addetti, con una produzione di circa 20 milioni di paia e un fatturato annuo di 2 miliardi di euro.
  Questo è un po' complessivamente il panorama della situazione.
  Quello di cui ha bisogno la nostra tipologia di aziende: vi elencherò alcune cose che sono fondamentali e comunque c'è già l'attenzione da parte vostra. Parlo di digitalizzazione delle aziende e la possibilità di avere macchinari sempre più avanzati per la produzione e per l'eccellenza del nostro made in Italy.
  È stato utilizzato molto negli ultimi anni Industria 4.0, che ha supportato l'acquisto di macchinari e ha fatto sì che un processo di modernizzazione delle aziende sia già avvenuto. Bisogna fare in modo che questo prosegua e che le aziende, che vengono supportate comunque dal made in Italy, vengano supportate anche dalla digitalizzazione e macchinari avanzati.
  La formazione è fondamentale per quanto riguarda il nostro comparto. Nel nostro territorio abbiamo una scuola che quest'anno compie 100 anni, è stata la scuola che ha fatto sì che il nostro comparto e il nostro territorio proliferasse di aziende calzaturiere. Questa scuola sforna annualmente dagli 80 ai 100 addetti e deve essere supportata.
  La formazione, abbiamo visto anche rispetto ad altre regioni, è stata il fiore all'occhiello del nostro territorio e col nostro Politecnico abbiamo sempre bisogno che venga supportato, perché è un ente semi privato che ne ha bisogno.
  Queste aziende devono essere supportate per essere traghettate, in questo momento, a essere aziende che siano anche sostenibili, che abbiano la possibilità di avere delle certificazioni sulla sostenibilità, perché con lungimiranza dobbiamo guardare a questo decennio che sarà il decennio probabilmente appunto della sostenibilità. Noi abbiamo bisogno che le nostre aziende sia supportate in tal senso, oltre dal made in Italy, perché i clienti sentono la necessità che siano certificate per la sostenibilità.
  Adesso voglio parlare di ciò che è successo negli ultimi anni.
  I motori delle nostre aziende quali sono? Ciò che fa sì che noi produciamo, che abbiamo addetti in produzione, che facciamo fatturato, è dato dalla ideazione e dalla presentazione delle collezioni. Le collezioni sono il vero motore delle nostre aziende. Le nostre collezioni sono ciò che vengono presentate in tutto il mondo e servono per gli ordinativi e per la produttività.
  Noi stiamo vivendo una situazione molto paradossale, perché dal 2016 le nostre aziende hanno usufruito di un credito d'imposta per la realizzazione dei campionari come attività di ricerca e sviluppo. L'anno scorso è stata cambiata la norma e le aziende non possono più usufruire di questi crediti d'imposta per quanto riguarda i campionari.
  La legge è stata anche retroattiva, quindi abbiamo aziende che non hanno più sostegno per le collezioni e addirittura devono pagare retroattivamente ciò di cui avevano beneficiato a titolo di credito di imposta. Questo ha creato molti problemi, ha creato delle situazioni di disagio, e sta creando delle situazioni dove in futuro noi non abbiamo la possibilità, o meglio siamo meno incentivati, a creare collezioni e quindi creare fatturato.
  Questa è una cosa che noi ci sentiamo di dire che abbiamo bisogno che venga risolta.
  Un'altra cosa fondamentale è il cuneo fiscale. Il cuneo fiscale nelle nostre aziende manifatturiere è fondamentale, perché ci sono delle produzioni, appunto manifatturiere, che hanno bisogno di tantissimo tempo, tantissimi operatori, e questi operatori dovrebbero avere il beneficio di avere un cuneo fiscale differente da altri settori. Questo perché con certi operatori noi facciamo un piccolissimo fatturato differente da altri, ad esempio dal settore metallurgico o altro, di cui subiamo la concorrenza sul mercato del lavoro. Noi abbiamo bisogno di molti lavoratori, ma molti di questi non vengono più ad imparare la nostra Pag. 16manifattura, quindi rischiamo di trovarci tra qualche anno, quando gli operatori più anziani andranno in pensione, di non avere più chi li sostituisce.
  Ho fatto un po' una panoramica generale su ciò che già si sta facendo, di ciò che abbiamo bisogno e della situazione attuale, quindi io avrei finito il mio intervento.
  Se ci sono delle domande sono a disposizione della Commissione.

  PRESIDENTE. Grazie. Chiedo se vi sono richieste di intervento. Prego onorevole Ilaria Cavo.

  ILARIA CAVO. Velocemente. La ringrazio per essere intervenuto in audizione.
  In maniera un po' riassuntiva, ma in sostanza, il quadro della realtà che rappresentate ce l'ha reso chiaro. Volevo però chiederle di che cosa sentite più necessario affinché sia valorizzata la vostra realtà nell'ottica dell'essere made in Italy. Segnatamente dal punto di vista più istituzionale, perché è questo che noi abbiamo bisogno di capire di più.

  GILBERTO BALLIN, presidente di ACRIB. Nell'ottica di rappresentare il nostro prodotto a livello internazionale?

  ILARIA CAVO. Sì, grazie.

  GILBERTO BALLIN, presidente di ACRIB. Noi abbiamo il Micam, che è la fiera internazionale che si fa a Milano, il bacino dove confluisce tutta la clientela mondiale per fare gli ordinativi, ciò che ci permette di fare fatturato e produzione.
  Detto questo, nei vari stand noi abbiamo bisogno di presentare il più possibile collezioni che hanno bisogno di ricerca, di investimenti, appunto per fare proprio i campionari. Se questi campionari pesano sempre di più alle aziende, le aziende sono disincentivate a fare campionari, e quindi si trovano in una situazione dove non riescono a internazionalizzarsi con i propri prodotti.
  Quindi noi dobbiamo salvaguardare le collezioni, fare in modo che ci sia una defiscalizzazione, come c'era prima, quando era stato fatto appunto un decreto sul credito d'imposta per le collezioni che è stato tolto. Questo è un elemento fondamentale per creare reddito, per creare produttività.
  Noi abbiamo bisogno di formazione, quindi abbiamo bisogno che ci siano delle scuole e comunque che siano sostenute anche tipi di formazione opportune e segnalo che negli ultimi anni ci si è orientati verso istituti sempre più tecnici e meno professionali, ciò che ha fatto sì di poter disporre di sempre meno operatori nel nostro settore.
  Questa è un po' la nostra richiesta. Noi dobbiamo generare produttività, generare prodotto e per farlo abbiamo bisogno di defiscalizzare le nostre collezioni.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio i rappresentanti dell'Associazione calzaturifici della riviera del Brenta (ACRIB) intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti della Fondazione Altagamma.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti della Fondazione Altagamma, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Edoardo Carloni, responsabile comunicazione della Fondazione Altagamma, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  EDOARDO CARLONI, responsabile comunicazione della Fondazione Altagamma. Grazie presidente Gusmeroli, grazie anche alla Commissione. Buongiorno. Porto i salutiPag. 17 anche del presidente di Altagamma, Matteo Lunelli, e della direttrice generale, Stefania Lazzaroni, che sono in viaggio e non hanno potuto partecipare personalmente.
  Altagamma rappresenta più di cento imprese del lato industria culturale e creativa italiana nei settori della moda, della gioielleria, del design, dell'alimentare, dell'ospitalità, dei motori, della nautica.
  È un'industria di alta gamma che vale 144 miliardi di euro, con un importante contributo al PIL nazionale di più del 7 per cento e coinvolge più di un milione e 900 mila occupati tra diretti ed indiretti. Oltre a questi numeri c'è un contributo importante più intangibile, perché queste imprese, grazie alla loro notorietà internazionale, sono in qualche modo ambasciatrici dei migliori attributi del nostro Paese e costituiscono quindi diciamo un elemento fondante del nostro soft power.
  Nell'agire quindi a favore sia delle imprese socie che in generale del sistema Paese nel suo complesso, abbiamo alcune finalità prioritarie che vogliamo portare qui all'attenzione. Queste sono la tutela del brand, la tutela e la preservazione della manifattura, la promozione dell'espansione internazionale, quindi dell'internazionalizzazione, e il sostegno alla competitività delle imprese.
  Ora esporrò alcuni dettagli di queste di queste aree prioritarie, rimandando evidentemente poi, come suggerito, a un documento più esteso che in seguito invieremo.
  La primaria è quella della tutela dei brand, e qui facciamo riferimento in particolare al fenomeno della contraffazione, che è un fenomeno negativo per tutti i comparti produttivi, per le imprese di alto di gamma, che hanno nel brand un valore intangibile di enorme importanza, questo è ancora più rilevante.
  Ai fini di contrastare questo fenomeno noi riteniamo utili una serie di misure, che sono di diverso ordine, che abbiamo già portato all'attenzione delle istituzioni nei mesi precedenti.
  Brevemente. Si tratta di misure legislative, quindi, che interessano sia il piano penale come un'istituzione della Procura nazionale anticontraffazione sia, per quanto riguarda il profilo civilistico, la concentrazione, da noi richiesta, delle competenze, nelle cause in materia di diritti di proprietà intellettuale, in un numero ridotto di tribunali e di corti. Ed è fondamentale per noi anche prevedere una procedura accelerata della distruzione dei prodotti contraffatti e sequestrati, al fine di toglierli dal mercato.
  Anche l'ambito della comunicazione e della formazione è importante, è importante mettere in campo dei progetti di sensibilizzazione del consumatore, delle campagne ad hoc sui social media ad esempio, nonché l'istituzione di corsi sul tema della proprietà intellettuale per le facoltà scientifiche.
  Ed infine nell'ambito amministrativo, sempre per quanto riguarda la tutela dei brand e contrasto alla contraffazione, azioni per promuovere la tracciabilità dei prodotti, per il tramite della blockchain, e il rafforzamento dell'azione delle dogane, della Guardia di finanza e delle polizie locali.
  È altresì importante promuovere il contrasto proattivo alla contraffazione on line da parte delle piattaforme, e qui facciamo riferimento al Digital Services Act, che è il punto di riferimento sul tema.
  La seconda area è quella della tutela della manifattura. Il saper fare è un po' il cuore delle eccellenze del made in Italy, trasversale a tutti i nostri settori, ne rappresenta un enorme vantaggio competitivo. E dalle indagini che Altagamma svolge periodicamente emerge il grande problema della carenza dei talenti manifatturieri. L'ultima nostra stima parla di 346 mila profili che nei prossimi quattro anni le imprese di alta gamma cercheranno e che il mercato del lavoro è in grado di soddisfare soltanto per metà. Cosa paradossale in un Paese che ha circa il 23 per cento di disoccupazione giovanile.
  E di questo, in riferimento più all'ambito esclusivamente artigianale ha parlato poco fa anche il presidente dell'Accademia dei maestri sartori. È un tema evidentemente di interesse trasversale.
  A nostro avviso questa carenza di profili professionali è dovuto a due ordini di problemi:Pag. 18 da una parte c'è la difficoltà di allineamento dei programmi delle scuole tecniche professionali con le esigenze delle imprese; ma dall'altra c'è anche un problema di natura culturale, che consiste nella bassa attrattività di questi mestieri manuali, è una bassa attrattività che poi incide anche sulla scarsa vocazione dei ragazzi a intraprendere i percorsi di formazione relativi a questi mestieri.
  Altagamma ha lanciato lo scorso anno, e adesso siamo alla seconda edizione, il progetto Adotta una Scuola, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione, e attraverso questo programma già 23 imprese Altagamma (parliamo di grandi nomi della moda e del design, della gioielleria, all'ospitalità, del vino) hanno intrapreso dei percorsi formativi specifici con altrettante scuole secondarie, con la finalità appunto di integrare questi programmi didattici e creare proprio i profili di cui queste imprese hanno bisogno.
  Si sta lavorando anche ad una serie di iniziative aggiuntive, proprio nell'ottica della promozione di questi mestieri e di questi percorsi formativi, e su questi sarebbe importante poter contare sul supporto delle istituzioni.
  Ne cito qui velocemente tre: uno è un kit informativo da distribuire nelle scuole medie a insegnanti e studenti, per informare sulle opportunità che sono offerte dal percorso di carriera che è indirizzato a questi mestieri tecnico-professionali. Allo stesso modo pensiamo a degli open days da svolgersi a Milano e a Roma, tre giorni di eventi pensati a famiglie e giovani, dove mostrare attraverso l'expertise dei maestri della manifattura la rilevanza e la bellezza di questi mestieri. In Francia eventi simili sono già attuati e hanno riscosso la partecipazione di diverse migliaia di persone.
  Ed infine esiste evidentemente la necessità di una comunicazione più ampia, quindi una campagna di comunicazione sull'artigianalità e sul saper fare, mirata alla sensibilizzazione sempre di famiglie e di giovani, utilizzando i media più opportuni: per cui degli spot, i social media, con il coinvolgimento di influencer, con la possibilità anche di docuserie sulle diverse piattaforme tv.
  Proprio per promuovere questa diffusione della cultura del made in Italy, riteniamo importante poter prevedere anche una sorta di contributo a fondo perduto per quelle academy aziendali delle nostre imprese culturali e creative, oppure un sistema di incentivazione che le motivi a proseguire. Perché questo è da parte loro, con queste academy aziendali, un lavoro di affiancamento a quello che stanno già facendo le scuole sul territorio.
  La terza area è l'area dell'internazionalizzazione, evidentemente di particolare rilevanza per le imprese di alta gamma, perché in media stimiamo che da esse sia generato all'estero circa il 50 per cento del fatturato.
  È particolarmente importante, al di là delle iniziative individuali, un'attività di promozione del sistema Paese, questo da svolgere in sinergia con i Ministeri competenti, una attività di promozione che sia incentrata su alcuni macro valori comuni: la valorizzazione della nostra tradizione artistica e manifatturiera, il patrimonio culturale e naturalistico, sulla nostra capacità innovativa, insomma su tutti gli ambiti anche su cui si esprime la nostra creatività. E su questo Altagamma è da sempre a disposizione delle istituzioni per dare il proprio contributo con il suo know-how e con quello delle sue aziende, e questo è già effettivamente avvenuto con successo in passato.
  Un veloce accenno per quanto riguarda l'internazionalizzazione è doveroso nei confronti del turismo, perché rappresenta uno dei più importanti volani trasversali per l'industria dell'alto di gamma. Esiste da parte nostra una richiesta di promozione alle istituzioni di una strategia di riposizionamento verso l'alto dell'offerta turistica. Non solo, diciamo, oggi il 60 per cento degli acquisti dei prodotti di lusso in Italia è effettuato dagli stranieri, ma in generale il turismo di alta gamma ha un forte impatto economico complessivo: ha un indotto pari più o meno al 3 per cento del PIL, considerato anche il diretto e l'indotto, un valore di 25 miliardi di contributo Pag. 19diretto, ma riteniamo che se opportunamente potenziato può crescere fino a 100 miliardi di valore diretto.
  In questo senso sarebbero importanti dei contributi e dei finanziamenti agevolati a favore di quelle imprese che investono in programmi volti allo sviluppo dell'offerta turistica.
  L'attività di Altagamma sull'internazionalizzazione si concretizza soprattutto in progetti di promozione e di comunicazione di quelli che sono i Paesi chiave.
  Per l'anno in corso sono previsti alcuni progetti che io qua cito molto velocemente.
  In collaborazione con Maeci e con ICE agenzia è in corso tuttora una campagna digitale, mini-program di WeChat, piattaforma cinese estremamente importante che è proprio volta alla valorizzazione dei brand di alta gamma in Cina. E sempre in Cina e sempre con ICE agenzia Altagamma sarà presente alla Fiera internazionale dei beni di consumo di Hainan. Sarà presente con Panorama, che è una videoinstallazione a 360 gradi sulla bellezza italiana, che parla di natura, di cultura e di manifattura.
  Abbiamo un network internazionale, che chiamiamo quello degli Altagamma Club, in cui in sostanza si aprono delle sedi distaccate di Altagamma in alcuni mercati chiave; già presenti in Stati Uniti, in Cina e in Olanda, quest'anno noi apriremo le serie di Dubai e Giappone. Questi fungono da centro di coordinamento delle attività dei brand Altagamma su questi mercati, ma anche di relazione con le istituzioni locali. Anche questo in collaborazione con il Maeci.
  In collaborazione con Altagamma Club del Giappone sarà importante anche intraprendere dei programmi di avvicinamento a Expo 2025, che si terrà ad Osaka.
  Nel concludere, l'ultimo punto è quello del sostegno alla competitività delle imprese italiane, su questo ci sarà poi un documento di approfondimento che è già stato condiviso con il Ministero delle imprese e del made in Italy, che reinoltreremo a valle di questo di questa audizione. In sostanza si propone una serie di raccomandazioni tecniche e pragmatiche.
  Relativamente alla formazione del personale, si richiede un'estensione e un potenziamento del credito d'imposta in Formazione 4.0, questo è rivolto soprattutto a rendere più efficace il processo di trasformazione tecnologica e digitale delle imprese.
  L'area del patent box è importante e quello che viene richiesto è una reintroduzione del marchio tra i beni intangibili che sono rilevanti ai fini del patent box. Così come i crediti d'imposta in design, mediazione estetica, ricerca, sviluppo e innovazione.
  Sul welfare aziendale riteniamo importante un incremento della soglia di non imponibilità, ai fini dell'imposta sui redditi, dell'importo dei beni ceduti e dei servizi prestati dalle aziende ai propri lavoratori proprio a titolo di welfare aziendale; così come un incremento dei valori deducibili per le forme pensionistiche complementari.
  E infine, a livello europeo, insieme alla Camera nazionale della moda italiana abbiamo proposto l'istituzione di un Fondo europeo comune, da assegnare ai singoli Stati in base al criterio della rilevanza industriale di settori strategici che salvaguardi i livelli dei mercati e che metta le imprese nelle condizioni di competere e di crescere.
  Io ho concluso, maggiori dettagli ci saranno nei documenti che noi invieremo in seguito.
  Vi ringrazio dell'attenzione.

  PRESIDENTE. Non essendoci richieste di intervento, ringrazio il rappresentante della Fondazione Altagamma intervenuto. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal rappresentante della Fondazione Altagamma (vedi allegato 2) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione nazionale ciclo motociclo accessori (Ancma).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale ciclo motociclo Pag. 20accessori (Ancma), nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Michele Moretti, responsabile settore moto ANCMA e a Piero Nigrelli, responsabile settore bici ANCMA, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  PIERO NIGRELLI, responsabile settore bici di ANCMA. Buongiorno a tutti. Sono Piero Nigrelli, responsabile del settore ciclo di Confindustria ANCMA, insieme a me c'è Michele Moretti e volevamo condividere una presentazione.

  PRESIDENTE. Prego, condivida pure.

  PIERO NIGRELLI, responsabile settore bici di ANCMA. Dovrebbe vedersi.

  PRESIDENTE. Sì, perfetto.

  PIERO NIGRELLI, responsabile settore bici di ANCMA. Grazie a questa opportunità riusciamo a mostrarvi i due settori che ANCMA rappresenta, quindi bici e moto.
  Forse qualcuno di voi conosce – altri però apprendono per la prima volta quello che sto per mostrarvi e che è una chiave di lettura importante – quello che è successo in Europa nell'ultimo biennio, quel 2020-2021, con le conseguenze di una pandemia, del lockdown e in Italia anche degli incentivi all'acquisto di bici.
  La linea grigia che vedete in alto a sinistra rappresenta il livello di vendite totali in Europa di biciclette, mentre la linea rossa, in discesa e in calo quindi la vendita di bicicletta tradizionale, e la linea azzurra in basso la vendita di biciclette a pedalata assistita (per tutti i riferimenti alle slide della presentazione vedi l'allegato 3).
  È importante questa crescita e questa nuova bicicletta, che sempre più acquisisce predominanza sul mercato, perché è proprio un nuovo modo di pedalare.
  Ma quel che più salta all'occhio è la linea gialla, quindi l'aumento del valore delle vendite in Europa, che ha raggiunto circa i 20 miliardi di euro.
  Se alla vendita di biciclette, sia tradizionali che elettriche, aggiungiamo anche la vendita di componenti e accessori, servizi alla manutenzione, servizi alla riparazione e servizi vari come ad esempio il noleggio, il valore del settore ciclo raddoppia raggiungendo i 40 miliardi di euro. In Italia abbiamo un valore di 3 miliardi di euro del settore ciclo.
  In basso a destra vedete riassunti tutti i numeri che mostrano le variazioni nel mondo delle vendite delle bici in Europa negli ultimi anni.
  In Italia la situazione, sia pure più modesta perché l'Italia non è un Paese ciclisticamente avanzato dal punto di vista delle vendite, è sostanzialmente uguale da un punto di vista di tendenza rispetto all'Europa.
  Dove ci distinguiamo maggiormente invece in Europa è sul livello produttivo.
  Vedete in alto a destra, con lo stesso analogo ragionamento, la linea grigia rappresenta la produzione sia di bicicletta tradizionale che elettrica, che sono rappresentate dalle linea rossa e dalla linea blu. Si può dire che su poco più di 20 milioni di biciclette prodotte circa 16 sono costruite in Europa. E in Italia circa un 20 per cento di questi 16 milioni, poco più di 3 milioni di biciclette.
  Anche qui, dal punto di vista produttivo, le e-bikes hanno aumentato negli ultimi anni del 356 per cento la produzione mentre c'è stato un piccolo calo invece sulle biciclette tradizionali.
  L'Italia rappresenta come vi dicevo un player importantissimo in Europa, con la Germania rappresentiamo i player più importanti da un punto di vista produttivo: il 20 per cento delle bici costruito in Europa sono fatte in Italia, così come i componenti – vedete nella torta in basso a destra – ci Pag. 21vedono al secondo posto in Europa dietro la Germania.
  Tutto questo mi permette di mostrare il settore ciclo in brevissimo tempo alla Commissione e concludere dicendo che abbiamo un mercato appunto di 20 miliardi alla vendita in Europa, di cui l'Italia rappresenta un player importantissimo, soprattutto per la produzione e soprattutto per i 15 mila lavoratori addetti che, su un totale di 89 mila dipendenti in Europa, rappresenta il 18 per cento del totale.
  In Italia ci sono 250 aziende sul territorio nazionale, per lo più votate all'export, quindi 15 mila addetti diretti, altrettanti indiretti e un fatturato industriale di circa 2 miliardi di euro.
  Io lascerei la parola adesso, rimanendo a vostra disposizione per le domande, al collega Moretti, perché vi racconterà il settore moto e anche delle richieste comuni ai due settori. Grazie.

  MICHELE MORETTI, responsabile settore moto di ANCMA. Buongiorno a tutti.
  Una rapida carrellata anche sull'industria delle due ruote a motore, per arrivare poi alle conclusioni.
  Anche in questo caso, come nel caso delle biciclette, raccontiamo la storia di un primato, che è un primato commerciale. Come vedete l'Italia svetta nella classifica dei principali mercati europei di scooter e di motocicli, e quest'anno in particolare, cioè l'anno scorso 2022, abbiamo sfiorato le 300 mila unità vendute all'interno del mercato italiano (per tutti i riferimenti alle slide della presentazione vedi l'allegato 3). Ma il primato, oltre che commerciale, è anche industriale, che è quello di cui andiamo più fieri, perché come potete vedere l'Italia mantiene saldamente il primo posto tra i Paesi che in Europa producono due ruote motorizzate, con 300 mila pezzi prodotti nei nostri stabilimenti.
  Qui ci sono alcune grandezze dell'industria europea del motociclo, relative al PIL, al gettito fiscale e al numero degli occupati, ma io in particolare vorrei soffermarmi sul peso che l'industria italiana ha all'interno di ciascuno di questi parametri, e che è evidenziato dai segmenti rossi del grafico in basso a destra, che ci dicono come la quota del nostro Paese oscilli tra il 23 e il 24 per cento, di nuovo ribadendo il primato di cui vi dicevo.
  Il fatturato commerciale si aggira sui 9 miliardi di euro, quindi un quarto del fatturato espresso dall'Europa; e il valore della produzione industriale, 5 miliardi di euro, è un terzo del corrispettivo a livello continentale.
  Un dato che credo sia molto interessante, anche nell'ottica che stiamo discutendo oggi, quindi il tema del made in Italy, è la forte propensione all'export dell'industria motociclistica, che è chiaramente esemplificata dalla bilancia commerciale, che come potete vedere evidenzia un saldo attivo di un miliardo di euro, sommando appunto l'industria moto e quella della relativa componentistica.
  Ma dove esportano le nostre aziende? Esportano prevalentemente all'interno di mercati maturi e con una capacità di spesa più elevata, quali sono quelli europei, ma anche quelli americani, Stati Uniti e Canada, e in crescita anche i mercati del far east, in particolare del Sud-Est asiatico. Questo però ci porta ad una prima criticità, che è rappresentata (lo dice il grafico in basso a destra) dai dazi sull'import introdotti da alcuni Paesi, che come potete vedere possono arrivare a pareggiare il valore del veicolo europeo importato, per esempio come succede in India 100 per cento, ma poi seguirà anche Vietnam, Thailandia, Cina, fino ad Argentina e Brasile dove i dazi sull'import arrivano 20 per cento. Questa è sicuramente una barriera tariffaria che impedisce lo sviluppo del prodotto nazionale e anche europeo all'interno di mercati importanti come questi.
  Concludiamo, ovviamente non con la pretesa di rispondere alla domanda che vedete scritta su questa slide (Che cosa serve all'industria?, N.d.R.), ma semplicemente con la speranza di dare qualche segnale, qualche messaggio.
  Partiamo dal fatto che la nostra è un'industria a elevato valore aggiunto, sia per quel che riguarda la bici che per quel che riguarda la moto, con un contenuto tecnologico a livello di innovazione sicuramente molto alto, e questo è un valore che senza Pag. 22ombra di dubbio deve essere tutelato e protetto, anche perché è la migliore garanzia contro l'eventuale concorrenza sleale praticata da determinate aree geografiche. Esistono già dei meccanismi all'interno dell'Europa che aiutano a mantenere alta l'asticella della qualità e della sicurezza di questi prodotti, quindi questi meccanismi vanno salvaguardati, vanno rafforzati dove è necessario e vanno eventualmente introdotti laddove fossero mancanti. Io vi faccio soltanto l'esempio, all'interno del nostro settore, dell'importazione e della vendita sul mercato europeo, attraverso i portali elettronici, di monopattini che arrivano dal far east e sui quali di fatto non è possibile esercitare nessun tipo di controllo. Quindi anche un'opportuna attività di sorveglianza del mercato sarebbe sicuramente necessaria.
  Un altro tema importante è quello del contrasto alla contraffazione, sia di marchio che di prodotto che ahimè affligge l'industria motociclistica e quella ciclistica, e anche soprattutto la componentistica, da tantissimo tempo. Insieme ad Indicam abbiamo fatto un'indagine, che come vedete ha quantificato in più di 2 miliardi di euro il danno economico arrecato all'industria, nel giro dei pochi mesi in cui si è sviluppata l'indagine, e come vedete i segmenti rossi del grafico ci dicono quanti prodotti contraffatti vengono commercializzati sulle piattaforme elettroniche dei Paesi che sono elencati all'interno del grafico. Un danno grave su cui sicuramente c'è ancora molto da fare.
  Concludo sottolineando e ricordando l'importanza che ha per un settore come il nostro, ma sicuramente non solo per noi, la promozione e il rafforzamento di misure e di strumenti di politica industriale, che sostengano la presenza delle nostre aziende sui mercati esteri.
  E da questo punto di vista è sicuramente una buona notizia il piano strategico annunciato recentemente da Simest, proprio nei giorni scorsi, per il prossimo triennio, che prevede uno stanziamento di circa 18 miliardi di euro proprio per favorire il processo di internazionalizzazione delle nostre imprese, e in modo particolare delle PMI che naturalmente ne hanno maggiormente bisogno. Con tutte le azioni che è necessario fare, per esempio aprendo delle sedi all'estero, sviluppando piattaforme di e-commerce, o partecipando alle fiere internazionali. E a questo proposito io ricordo che la nostra Associazione organizza la più importante fiera internazionale delle due ruote, che è l'EICMA, che appunto si svolge ogni anno a Milano. Ecco, questi strumenti sono utili e vanno sicuramente promossi e rafforzati.
  Noi abbiamo concluso, vi ringraziamo, e naturalmente siamo a vostra disposizione per eventuali domande o richieste di chiarimento.

  PRESIDENTE. Chiedo se vi siano richieste di intervento. Pare di no, allora ne faccio uno io.
  Avete fatto dei piani di sviluppo di budget nel futuro quinquennio di questa crescita, soprattutto per ciò che riguarda le bici, che è molto forte, e se in qualche modo la bici elettrica avrà una prevalenza nel futuro quinquennio rispetto alla bici tradizionale?

  PIERO NIGRELLI, responsabile settore bici di ANCMA. La risposta non è così semplice. In alcuni Paesi, quelli che io chiamo ciclisticamente più avanzati lo possono dimostrare, c'è già un sorpasso delle vendite da parte della bicicletta a pedalata assistita rispetto alla tradizionale. E questo principalmente perché sono Paesi in cui la mobilità su due ruote in prevalenza è superiore rispetto a quella a quattro ruote, quindi sono Paesi le cui città accolgono in maniera più funzionale i ciclisti o motociclisti, insomma gli utenti a due ruote. Quindi laddove si usa e si usa di più facilmente si passa a una bicicletta a pedalata assistita, perché restituisce tutti i piaceri di una pedalata, tranne fondamentalmente la fatica che uno può dosare come vuole. Quindi il mercato lì è sul 70 per cento a favore delle e-bike e il 30 per cento ancora sul tradizionale. Su tutti gli altri Paesi, fra cui l'Italia, la e-bike ha una percentuale ancora inferiore, quindi i tempi di un sorpasso sono ancora lunghi.

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  PRESIDENTE. Ho un'altra domanda. Per ciò che riguarda la bici elettrica e i comuni italiani. A parte le città grandi, con le città piccole, storiche, dove è difficile pensare all'innesto di piste ciclabili e quant'altro, voi come Associazione che tipo di collaborazione avete? Avete in programma collaborazioni con i comuni che hanno situazioni dove appunto è impossibile, se non togliendo corsie, quindi facendo sensi unici, innestare piste ciclabili, relative quindi alla coabitazione auto-bici, moto-bici o cose di questo tipo?

  PIERO NIGRELLI, responsabile settore bici di ANCMA. Credo che qui potremmo rispondere in due, nel senso che Michele Moretti è titolare di un evento che facciamo tutti gli anni, che si chiama Focus2R, che ha raggiunto la settima edizione quest'anno e che fa una fotografia sul grado di accoglimento delle due ruote dei 104 comuni capoluoghi di provincia italiani.
  In linea generale e in linea di massima, laddove il comune è più piccolo è più facile la coabitazione fra i vari mezzi, perché i comuni più piccoli sono già più predisposti a una mobilità alternativa o diversa rispetto all'automobile.
  Sulle grandi aree metropolitane il discorso si complica un po', ma i dati del nostro Focus2R ci dicono che sempre più comuni adottano non necessariamente piste ciclabili, ma aree o zone dove la possibilità di utilizzare tutti i veicoli è più possibile. Non so, ultimamente si fa tanto dire sulle città 30 o zone 30: è evidente che questo tipo di strumenti possono favorire una maggiore coabitazione fra tutti i veicoli a disposizione del cittadino.

  PRESIDENTE. Un'altra domanda. Incentivi per l'acquisto di bici elettriche: qual è la vostra posizione, la vostra esperienza?

  PIERO NIGRELLI, responsabile settore bici di ANCMA. Tutte le volte che ci sono stati degli incentivi all'acquisto abbiamo visto una grandissima risposta da parte del pubblico, e questo ci fa pensare che probabilmente il cittadino italiano è maturo a un nuovo modo di spostarsi nelle città. Tuttavia abbiamo rilevato che questo comporta delle difficoltà da un punto di vista produttivo, per cui sarebbe meglio agire con interventi strutturali. Due anni fa, a novembre del 2020, tutti i Ministri delle finanze europei hanno decretato la possibilità che per la vendita di bici e servizi di riparazione per le bici tutti i Governi potessero agire sulla riduzione dell'IVA. Giovedì scorso il Parlamento europeo ha votato una risoluzione a favore di una strategia a favore della bici da parte di tutti i Paesi europei. Ad oggi è solo il Portogallo che dal 23 per cento ha abbassato l'IVA al 6 per cento, sulla vendita di bici, e-bike e servizi per riparazione e manutenzione.
  Ecco, chiediamo più un ragionamento su questo tipo di incentivazione, piuttosto che quanto avvenuto ad esempio nel 2020, che ha creato non pochi problemi a tutta la filiera produttiva, nonostante sia stato un successo clamoroso.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio i rappresentanti dell'Associazione nazionale ciclo motociclo accessori (Ancma) intervenuti. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti dell'Associazione nazionale ciclo motociclo accessori (Ancma) (vedi allegato 3) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (ANFIA).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (ANFIA), nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà Pag. 24volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Gianmarco Giorda, direttore ANFIA, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  GIANMARCO GIORDA, direttore di ANFIA. Buonasera a tutti voi e grazie per l'invito.
  Ho già condiviso la presentazione sullo schermo, che cercherò di tratteggiare in maniera veloce perché i tempi sono molto ristretti (per tutti i riferimenti alle slide della presentazione vedi l'allegato 4).
  ANFIA è l'Associazione che rappresenta tutta la filiera dell'auto in Italia, per cui sia il mondo dei costruttori che il mondo della componentistica. Un settore quello dell'auto che continua a essere, nonostante tutto, uno dei motori della nostra economia e della nostra manifattura.
  Alcune veloci informazioni per dare qualche numero della nostra industria.
  Abbiamo circa 5.500 aziende in Italia, quasi 280 mila persone, che lavorano solamente nel nostro settore, la parte produttiva è circa il 5 per cento del PIL. Uno dei fiori all'occhiello della nostra industria è sicuramente la componentistica, circa 2.000 aziende che come sapete hanno anche un grado di internazionalizzazione molto importante, perché il 50 per cento del fatturato è esportato. Questo perché negli ultimi quindici anni quasi tutte le nostre aziende hanno saputo cogliere opportunità importanti all'estero, fuori dall'Italia. Un po' anche perché purtroppo in Italia, è bene dirlo, il volume anche degli autoveicoli prodotti negli ultimi 10/15 anni è sceso in maniera significativa. Per cui c'è questa sorta di dicotomia, dove la componentistica è la seconda per dimensioni in Europa dopo quella tedesca, ma purtroppo l'Italia è l'ottavo Paese in Europa in termini di veicoli prodotti.
  Il settore automotive sta vivendo una grandissima trasformazione, dovuta alle tecnologie che ovviamente avanzano, che si evolvono, ma dovuto anche a molte normative che stanno imponendo dei vincoli importanti non solo in termini ambientali ma anche di scelte tecnologiche.
  Qui abbiamo voluto velocemente rappresentare due dei regolamenti più importanti che stanno impattando sul nostro settore. Il primo, se ne è parlato tanto nei giorni scorsi, riguarda le autovetture e i veicoli commerciali leggeri. Come sapete nel 2035 la Commissione europea, poi chiaramente anche il Parlamento e il Consiglio, ha deciso di mettere un bando, appunto al 2035, a tutte le motorizzazioni che non siano a zero emissioni, per cui fondamentalmente la scelta è quella di poter vendere dal 2035 in avanti solamente autovetture commerciali leggere, che siano o elettriche o a idrogeno o fuel cell.
  Questa è una scelta ovviamente importante, che avrà un impatto e sta già avendo un impatto significativo anche sulla filiera della componentistica. Chiaramente 13 anni da un punto di vista industriale sono pochi, molto probabilmente già nei prossimi anni i costruttori sceglieranno di fare importanti investimenti quasi esclusivamente sulla mobilità elettrica, e questo chiaramente è un elemento da tenere in considerazione anche per la competitività della nostra industria.
  Prima non ho fatto vedere i dati delle aziende che oggi lavorano nella parte del motore tradizionale, ma in Italia abbiamo circa 450 aziende che operano nelle tecnologie più legate al motore termico che ovviamente sono un po' sotto pressione. Questo non vuol dire che siano aziende che rischiano di essere buttate fuori dal mercato, ma sicuramente sono aziende che devono riconvertire il proprio portafoglio prodotti, devono anche essere supportate per poterlo fare.
  La seconda normativa che sta impattando e impatterà anche il settore nei prossimi anni riguarda invece i veicoli industriali, per cui i camion e i bus. Questa è una proposta recentissima, perché è stata fatta dalla Commissione europea qualche giorno fa, e rispetto alle autovetture ha una magnitudo, diciamo un'ambizione leggermente diversa, nel senso che non prevede un bando dei motori termici definitivo al 2035, ma al 2040 è prevista una riduzione della CO2 del 90 per cento. Per cui in questo senso c'è un'apertura maggiore ad Pag. 25altre tecnologie, anche perché i camion, lo sapete, sono un mezzo di lavoro per molte aziende, per cui a oggi e anche nei prossimi anni non può esistere solamente un camion elettrico, ma dovranno essere presenti anche altre tecnologie che danno una certezza di maggiore autonomia e la possibilità di fare chiaramente dei viaggi di lunga durata, per esempio l'idrogeno, il fuel cell, o anche l'idrogeno come vettore per i motori termici e altre tecnologie.
  Ma oggi vorrei in due o tre minuti concentrarmi invece sul terzo asse importante normativo, che avrà un impatto anche significativo sulla nostra industria, che riguarda l'Euro 7.
  Prima parlavamo di CO2, per cui climalterante – la CO2 è un qualcosa che non è definibile da un punto di vista geografico perché è chiaramente un climalterante a livello globale –, mentre invece l'Euro 7 è una normativa che la Commissione europea ha proposto qualche mese fa, a novembre, e che riguarda gli inquinanti soprattutto NOx e particolato che invece hanno una dimensione più locale. In questo caso questa normativa prevede una serie di limiti molto stringenti per i motori diesel e benzina nei prossimi anni.
  Si chiedono delle riduzioni in termini di inquinanti e di tempi che dal nostro punto di vista non sono assolutamente compatibili con le tecnologie, o a oggi o in futuro, presenti. Per cui su questo dossier abbiamo una posizione molto critica e tra l'altro è scritto anche in maniera incompleta, ci sono delle parti che non sono scritte in maniera corretta. Per esempio per la prima volta sono normati anche i sistemi frenanti e degli pneumatici, non solo la parte di emissioni allo scarico, e alcune di queste normative non sono ancora state scritte in maniera corretta. Adesso non abbiamo chiaramente il tempo per fare analisi puntuali, però i due o tre bullet points importanti da portarsi a casa è che la normativa così come è scritta non va assolutamente bene, ci sono per esempio anche degli obiettivi temporali che sono assolutamente da rivedere. Ad esempio per le autovetture la proposta è che dal luglio 2025 questi limiti debbano essere osservati e per i commerciali, i veicoli pesanti dal 2027. Per l'industria sono tempi non compatibili, appunto come dicevo prima, con gli sviluppi tecnologici soprattutto se pensiamo che questa proposta è stata fatta a novembre. Ci vuole almeno un anno, un anno e mezzo prima che arrivi alla fine del processo legislativo per cui inizio 2024, praticamente vuol dire che l'industria potrà sapere un anno prima dall'entrata in vigore della normativa quali saranno poi i contenuti definitivi presenti appunto nella norma. Noi chiediamo una proroga di due anni almeno per le autovetture e di tre quattro anni per i furgoni e per i commerciali pesanti.
  L'altra cosa importante da dire è che una normativa di questo tipo, che riguarderà solo l'Europa, rischia di mettere anche un po' a rischio la competitività nel nostro settore anche perché, come abbiamo visto prima, l'Europa ha dato dei target importanti di riduzione della CO2 al '30 e al '35, e ha scelto in qualche modo la mobilità elettrica. In questo caso si dà un ulteriore target importante ad altri motori che teoricamente dal 2027/2028 avranno pochi anni di vita. Per cui anche i costruttori dovranno fare degli investimenti enormi per raggiungere gli obiettivi di prima della CO2, e nello stesso tempo per poter commercializzare e vendere ancora per qualche anno dei motori termici saranno costretti, se questi contenuti verranno tenuti in considerazione anche nel prossimi passaggi dell'iter legislativo, a fare investimenti che non saranno poi supportati da un ritorno perché abbiamo visto prima che i motori termici hanno una vita di ancora qualche anno se non verrà poi cambiata la normativa sulla CO2.
  Per cui per riassumere, poi chiaramente sono disponibile a rispondere anche a qualche domanda, sull'Euro 7 c'è molto da lavorare. Siamo ancora all'inizio della fase dell'iter legislativo per cui ci auguriamo che anche gli europarlamentari nostri e il Governo sostengano una posizione dell'industria che vede, come vede, questa normativa totalmente da riscrivere, da rivederne i contenuti nei limiti e nella timeline.
  Due parole e poi chiudo, ancora sulla necessità alla luce appunto delle sfide che Pag. 26abbiamo visto prima, soprattutto normative, che riguarderanno il nostro settore. È assolutamente necessario che il nostro Paese anche congiuntamente, in coordinamento con l'Europa, metta in campo (finalmente devo dire perché non è mai stata fatta un'operazione di questo tipo) una politica industriale che dia una grossa mano alle nostre aziende per cercare di gestire in maniera proattiva la transizione.
  È difficile in ogni caso anche con gli strumenti di sostegno, perché la transizione verso l'elettrificazione vede ovviamente meno componenti presenti in una vettura, componenti che in alcuni casi arrivano dalla Cina, per cui gli spazi anche di business sono molto più limitati rispetto a una vettura tradizionale. Ci possono essere delle opportunità e molte delle nostre aziende hanno la capacità, le caratteristiche per poter anche giocare un ruolo importante nei prossimi anni. Però devono essere messe in condizioni di poterlo fare con un sostegno, sia nella parte di ricerca e sviluppo, per ideare nuovi prodotti nuove soluzioni, ma poi anche nella fase di reindustrializzazione, riconversione produttiva, perché ci sono da fare spesso molti investimenti anche in nuovi macchinari, nuovi impianti. Perché se io oggi produco un serbatoio, un sistema di scarico e vedo magari la possibilità di trasformare questo prodotto in un, dico per dire, inverter o in un componente per il motore elettrico, probabilmente devo rivedere tutto il mio layout produttivo con investimenti importanti.
  Per cui questi strumenti devono essere robusti, devono funzionare bene, devono essere snelli da un punto di vista burocratico, e meglio ancora se al livello governativo (dove c'è un piano da 8 miliardi e 700 mila che il Governo ha messo in campo per il settore) viene in qualche modo, anche on top, aggiunto un sostegno europeo. Noi abbiamo chiesto da tempo un transition fund a livello europeo che aiuti quello che i singoli Stati membri possono fare o stanno già facendo per il settore, L'Italia poi ha una situazione chiaramente, rispetto alla Germania e alla Francia, diversa da un punto di vista di possibilità di mettere risorse importanti in campo. Per cui a maggior ragione per quei i Paesi come il nostro che hanno un'industria fiorente, ma che hanno magari meno possibilità di interventi significativi, deve essere appoggiata l'iniziativa anche con dei finanziamenti di tipo europeo.
  Non ultimo, e poi chiudo, è fondamentale anche che questi strumenti vadano nella direzione di dare un supporto alla formazione perché, spesso non se ne parla a dovere ma oltre ai temi che ho citato prima, abbiamo un grosso gap a livello formativo tra domanda e offerta, per cui spesso le aziende magari hanno la possibilità, la capacità di innovarsi però non trovano le persone adatte per portare avanti questi processi di riconversione.
  Non sto solo parlando di ingegneri o di persone con qualifiche alte, ma anche tecnici, operai specializzati, persone che siano in grado di passare da un'attività manuale su componenti meccanici banalmente anche a un'attività manuale dove c'è più elettronica, c'è più meccatronica. Per cui il fatto del gap delle competenze nell'automotive è un tema grosso come una casa che va sicuramente affrontato in termini importanti e soprattutto in tempi veloci.
  Un ultimo aspetto, il punto 3 della slide poi veramente chiudo, per quelle aziende che non ce la faranno, perché probabilmente ci saranno anche delle aziende che non riusciranno a cavalcare l'onda della transizione da protagonisti, è necessario prevedere anche degli ammortizzatori sociali di transizione che aiutino quelle aziende e soprattutto quelle famiglie e quelle persone che magari si troveranno senza un lavoro nei prossimi anni.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Chiedo se vi siano richieste di interventi. Non ne vedo.
  Allora intervengo io su alcuni aspetti. Siccome il tema è un tema spinosissimo, che ovviamente interessa il made in Italy perché tante imprese dell'automotive sono un'eccellenza, però interseca questa decisione della Comunità europea del 2035. A parte ciò che avete scritto nella vostra relazione su quello che riguarda la politica necessaria per sostenere il settore, ecco volevo fare alcune domande. In primo luogo Pag. 27quali sono le azioni di modifica possibili: sappiamo che nel 2026 mi sembra, 2025-2026, è possibile fare un punto della situazione per vedere se è ancora utile, se è cambiato qualcosa, visto che sulla tecnologia poi i cambiamenti sono veloci, insistere con questa abolizione dell'endotermico nel 2035. Quindi che cosa la politica può fare, secondo voi, per eventualmente andare in una direzione diversa nel 2035. Prima domanda.
  Seconda domanda. Tutto il mercato dell'usato nel 2035, che sorte avrà? È vero che potrà continuare però immagino che, se non cambiasse niente negli ultimi anni, nel 2035 non si riuscirebbe più a vendere nuovo endotermico e anche il mercato dell'usato subirebbe conseguenze: qual è lo scenario sul mercato dell'usato? Avete fatto uno scenario o quant'altro?
  Poi le industrie che fanno componenti. Le componenti in un'auto a motore endotermico sono 1400, con il motore elettrico sono 200. Ecco, non c'è il rischio che sia impossibile per tante aziende la riconversione e quindi che si perdano delle imprese e anche dei posti di lavoro, al di là di quelli che si potrebbero eventualmente acquisire andando verso un motore elettrico? Però ci sono delle realtà che sono inconvertibili, di cui non è possibile la conversione. La ringrazio.

  GIANMARCO GIORDA, direttore di ANFIA. Allora parto dalla prima domanda.
  È vero nel 2026 c'è una sorta di check point, nel senso che nel regolamento è previsto appunto che tra tre anni si possa rivedere il percorso di avvicinamento all'elettrificazione per cui valutare se le infrastrutture stanno progredendo a livello di diffusione in maniera idonea al parco circolante, se i consumatori stanno comprando in maniera significativa anche auto elettriche e quant'altro. Per cui è vero che c'è questo passaggio. Noi quello che abbiamo chiesto nei mesi scorsi, ma che ovviamente non siamo riusciti come industria a ottenere, è che nel 2035 ci fosse anche l'apertura ad altre tecnologie, un po' il concetto della neutralità tecnologica che ho citato prima.
  Per cui magari mettere un meno 80 meno 90 per cento di riduzione del CO2 ma lasciando un 10/20 per cento anche per altre tecnologie. Anche perché non sappiamo da qua al 2035 se magari biocarburanti, piuttosto che carburanti sintetici o anche l'idrogeno come vettore per il motore a scoppio, possano evolversi, magari costare anche meno e dare un contributo anche significativo, insieme chiaramente, parallelamente a quelli che sono gli impatti ovviamente virtuosi dell'elettrificazione.
  Ecco questa potrebbe essere una richiesta da reiterare tra qualche anno, quando ci sarà la possibilità di fare un tagliando di controllo rispetto a questo percorso. Questo ripeto non vuol dire tornare indietro perché è impensabile e devo dire anche abbastanza utopistico e anacronistico immaginare che nel 2026 si possa tornare indietro rispetto a quello che è stato deciso, anche perché le case auto, è bene ricordarlo, stanno investendo 50-60 miliardi all'anno sull'auto elettrica, per cui non sarebbe neanche corretto nel 2026 dire: «abbiamo scherzato si ritorna comunque al motore termico e basta».
  Però ci possono essere delle vie intermedie e questa dell'apertura ad altre tecnologie, ovviamente in grado di decarbonizzare il mondo dei trasporti, riteniamo che possa essere una strada da percorrere anche nel 2026.
  Sull'usato difficile oggi fare delle previsioni a tredici anni, su quello che succederà. Si è sentito parlare di effetto Cuba e di tante altre cose e devo dire che su questo preferisco sospendere il giudizio perché tredici anni per valutare gli effetti sull'usato sono una dimensione temporale troppo elevata. Potrebbe esserci, per esempio appunto, un effetto per cui chi ha un'auto diesel o benzina se la tiene anche dopo il 2035 perché magari è più libero tra virgolette o si trova meglio con un'auto di questo tipo, piuttosto che invece esserci un crollo totale delle quotazioni. Per cui è difficile oggi fare una previsione in questo senso.
  Sul tema invece della numerosità dei componenti su un'auto elettrica e sull'impatto poi conseguente sull'industria qui invece ci sono un paio di riflessioni da fare. Pag. 28Sicuramente, l'ho detto prima in maniera molto chiara, dal nostro punto di vista non ci sarà spazio per tutti per cui nella nostra industria alcune realtà che oggi operano con successo in questo ambito non riusciranno probabilmente a sopravvivere nei prossimi anni. Perché i componenti sono meno, perché comunque il cuore di un'auto elettrica, è inutile negarlo, continua a essere e sarà la batteria che oggi è sviluppata e prodotta in maniera maggioritaria fuori dall'Europa, nello specifico in Cina.
  Poi è vero che in Europa, in Italia metteremo delle gigafactory, ci sono progetti importanti però il know how vero nella filiera delle batterie non è tanto nell'assemblare le celle ma nell'estrazione delle materie prime, nella raffinazione di questi metalli, nel trattamento chimico, nella produzione degli anodi dei catodi, e tutte queste attività oggi che costituiscono l'80 per cento del valore aggiunto delle batterie, sono fatte in Cina.
  Per cui noi dovremo, come Europa e come Italia, provare a portare parti di queste attività e di queste lavorazioni anche nel nostro continente, nel nostro Paese, proprio per cercare di compensare i posti di lavoro che probabilmente andremo a perdere in altri comparti più legati al motore termico.
  Una delle ipotesi, è inutile vergognarsi lo si può tranquillamente dire, è anche quella di supportare alcune aziende a guardare verso altri settori. Per cui alcune aziende che magari hanno delle competenze specifiche e importanti anche sulla meccanica, potrebbero trovare anche degli sbocchi di mercato nell'aerospazio, nel ferroviario, nell'aeronautica, nella costruzione dei telai per le bici. Bisognerà cercare di andare a trovare altri spazi, probabilmente in altri settori, perché come ho detto prima e l'ha detto anche lei giustamente, probabilmente non ci sarà spazio per tutti. Perché oggi noi stiamo parlando di 450 aziende italiane, però ovviamente anche in Francia e in Germania abbiamo tante realtà che hanno la stessa problematica. In più, l'ho detto all'inizio ma vorrei sottolinearlo, in Italia noi abbiamo un altro gap che questi Paesi non hanno, che qui noi produciamo 750 mila veicoli mentre in Germania ne fanno 4 milioni, in Spagna 2 milioni, in Francia un milione e qualcosa. Per cui anche a livello di mercato, chiaramente per la componentistica, l'Italia è un mercato molto più piccolo rispetto ad altri Paesi competitors in Europa.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio il rappresentante dell'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (ANFIA) intervenuto. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal rappresentante dell'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (ANFIA) (vedi allegato 4) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione italiana terminalisti portuali (Assiterminal).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana terminalisti portuali (Assiterminal), nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Alessandro Ferrari, direttore Assiterminal e a Tomaso Cognolato amministratore delegato Terminal Napoli S.p.A., ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  ALESSANDRO FERRARI, direttore di Assiterminal Napoli S.p.A. Grazie presidente. Buongiorno onorevoli. Grazie per averci coinvolto in questo giro di audizioni.
  L'Associazione italiana terminalisti rappresenta un comparto di poco meno di 200 Pag. 29aziende, che danno lavoro a 12 mila addetti diretti, in un contesto non sempre molto conosciuto che rappresenta, come valore economico prodotto, circa 8 miliardi di euro su un 3 per cento di PIL del settore marittimo complessivo.
  Dai nostri porti e quindi dalle nostre aziende, passa più dell'80 per cento dell'import-export del made in Italy extra UE e più del 30 per cento dei traffici intra UE. Quindi siamo a tutti gli effetti le porte di tutto il grezzo e i prodotti finiti nel nostro Paese.
  Altri due numeri, e poi lascio la parola a Tomaso, sempre attraverso le nostre aziende circolano più di 55 milioni di persone, quindi di passeggeri, sia per quanto riguarda il traffico crocieristico che per quanto concerne il traffico dei traghetti. Quindi non solo i collegamenti con le isole ma anche i collegamenti di quella popolazione del Mediterraneo che si sposta non tanto per business quanto proprio per flussi di un'emigrazione ormai controllata e che fa parte un po' della nostra vita. Questo per darvi un'idea estremamente generale di quello che è il nostro contesto.
  Grazie.

  TOMASO COGNOLATO, amministratore delegato Terminal Napoli S.p.A. Ringrazio Alessandro. Anch'io ringrazio il presidente e gli onorevoli membri della Commissione, buongiorno tutti.
  Integrerò velocissimamente quanto ha detto il dottor Ferrari. Sicuramente sì, muoviamo qualcosa come 470 milioni di tonnellate di merce all'anno e circa 55 milioni di passeggeri.
  Di questi 55 milioni di passeggeri, circa il 12/13 per cento fanno parte del mondo crociere, quindi sono sostanzialmente turisti che approcciano e vengono a visitare il nostro Paese, e come prima immagine, come biglietto da visita, hanno i terminal operator, i porti a cui approdano con circa 5 mila calls, si chiamano così in gergo tecnico, all'anno.
  Viviamo un periodo molto travagliato, vuoi per la questione Covid vuoi per la questione rincari energetici e quant'altro, ma soprattutto viviamo un momento molto complicato dal punto di vista normativo, di controllo e quant'altro.
  Abbiamo diversi attori che controllano quanto viene fatto nei porti. È di recente emanazione il nuovo regolamento sulle concessioni. Abbiamo un'autorità di regolazione dei trasporti che sta cercando di capire come interagire con noi, abbiamo l'autorità di sistema, il Ministero, la sanità marittima. Quindi un primo passo che sarebbe utile per agevolare quella che è l'attività di tutto il mondo dei terminalisti e quindi della portualità italiana, è trovare una soluzione non per diminuire o evitare i controlli, ma per fare in modo che l'ente preposto e il soggetto che controlla sia uno e che sia uno solo l'interlocutore di chi poi opera nei porti, per evitare di dover ricevere a volte delle informazioni che sono anche contrastanti l'una con l'altra.
  Secondo aspetto che ci vede in seria crisi ovviamente quello dei costi. Sia per quanto riguarda l'aumento dei costi energetici che nell'ultimo anno ha pesantemente influito su quelle che sono le attività di tutti i terminalisti italiani, sia anche per una situazione un po' strana per cui nel 2022 i canoni concessori sono stati aumentati del 7,95 per cento e il 2023 ha visto l'emanazione dell'ultimo decreto che comporta un aumento dei canoni concessori del 25,15 per cento. Il che vuol dire rapportato sui due anni un aumento medio dei costi fissi del 35 per cento e qualunque impresa che opera nel mercato oggi si trova in crisi, per il semplice motivo che l'aumento dei costi fissi del 35 per cento in due anni è difficilmente prevedibile.
  La cosa più importante per noi è però capire che il sistema in cui noi andiamo a operare è un sistema altamente concorrenziale. Come diceva il dottor Ferrari siamo leader nello short shipping, il che vuol dire nel trasferimento via mare delle merci a corto raggio, siamo detentori del 40 per cento della quota di mercato del Mediterraneo, ma ci andiamo a confrontare con mercati e con realtà che sono molto più attive e propositive rispetto a noi. E non mi riferisco solo ai porti europei ma anche i porti del Nordafrica.Pag. 30
  Un'altra tipologia di intervento su cui sarebbe utile intervenire, e che era già stata presa in considerazione dal legislatore, è quella relativa al contenimento dei costi energetici con la creazione delle comunità energetiche che oggi sono norma, ma che mancano ancora di tutti quelli che sono i decreti attuativi.
  Non mi dilungherei oltre per non portare via tempo alla Commissione e, se ci sono delle domande, sia io che il dottor Ferrari siamo a disposizione.

  PRESIDENTE. Chiedo se vi siano degli interventi. Non vi sono: lo faccio io.
  Lei ha detto che siete molto meno competitivi rispetto ad altri porti europei e anche a quelli del Nordafrica. Ecco al di là dei canoni concessori, quindi delle spese e dei costi di energia, ci sono altri motivi per questo gap competitivo di cui ha parlato?

  TOMASO COGNOLATO, amministratore delegato Terminal Napoli S.p.A. Sicuramente ce n'è più d'uno uno. Uno tra tutti è che oggi manca, e mi spiace dirlo, un indirizzo, un governo a livello centrale. Per cui molto spesso noi dobbiamo fronteggiare sia una competizione internazionale, sia una competizione nazionale perché ci troviamo ad operare con norme e regolamenti diversi a seconda del porto e della regione in cui si opera. E quindi questo crea già delle problematiche a livello nazionale che ci rende ancora più complicato andare a competere a livello internazionale.
  Riuscire ad avere una struttura di governance centrale, che unifichi e uniformi quelle che sono le normative di tutta la regolamentazione dei porti a livello nazionale, ci potrebbe garantire una solidità di comportamento e di reazione rispetto a quelle che sono le normative che regolano gli altri Paesi europei. In Spagna ovviamente i porti (Puertos del Estado) sono regolamentati dallo Stato e non voglio arrivare a paragonarli con i porti del nord Europa che sono addirittura delle S.p.A. private che operano in maniera molto più veloce rispetto a quella con cui operiamo noi.
  Non so se Alessandro vuole aggiungere qualcosa.

  ALESSANDRO FERRARI, direttore di Assiterminal. Tendenzialmente un tema sul gap competitivo è anche un ritardo infrastrutturale di collegamento sia dell'ultimo miglio, quindi con i territori immediatamente prospicienti i porti dove poi di fatto ci sono i distretti industriali, sia questa sovrapposizione di enti di controllo che spesso e volentieri rallentano anche proprio nel cosiddetto sdoganamento della merce.
  Se avete la possibilità (poi vi daremo un po' di documentazione) di vedere anche i flussi di traffico nel Mediterraneo, buona parte della merce di cui fruiscono le nostre industrie nel nord Italia vengono sbarcate nel Nord Europa perché i tempi di sdoganamento della merce compensano il maggior numero di giorni di navigazione.
  Il tema del benchmark con il Nordafrica, invece è evidente, sono probabilmente temi competitivi su cui è difficile colmare gap quali il costo del lavoro ma anche fortissime politiche di defiscalizzazione di ambiti prettamente portuali.
  Un aspetto su cui poco si lavora nel nostro Paese è quello, per esempio, di sfruttare maggiormente il fatto che i porti sono zone franche e quindi, in quanto tali, non necessariamente possono essere utilizzati solo per la movimentazione della merce ma anche per investire in termini di produzione o lavorazione della stessa.
  L'ultimo aspetto è quello legato al tema dell'energia. La difficoltà che si ha è anche quella di rendere maggiormente autonome le nostre aziende dal punto di vista di consumo energetico, perché spesso e volentieri i vincoli ambientali o i vincoli della Sovrintendenza alle Belle Arti, entrano in contrasto con quella che invece è una potenzialità dei porti e quindi quella di poter costituire anche dei bacini di produzione energetica, non solo per i porti stessi, ma anche per le città all'interno delle quali incidono.

  PRESIDENTE. Un'altra cosa, ovviamente impatta relativamente sulla nostra indagine ma impatta magari anche su altre attività del Governo, per esempio la delega fiscale e quant'altro. Voi non avete ancora mandato una relazione scritta: chiedo se potete Pag. 31mandarla e qui evidenziare i temi anche burocratici, di semplificazione, per rendere uniforme in qualche modo la burocrazia nei porti e quindi colmare i gap competitivi di cui avete parlato, e che sicuramente sono un freno alla vostra attività ma anche alla crescita del nostro Paese in quest'ambito. Magari anche con riferimento a quello che è possibile fare per collegare i porti con altre infrastrutture.
  Ci sono altri interventi? Onorevole Cavo.

  ILARIA CAVO. Vi saluto. Grazie per questo vostro intervento che ha dato tanti spunti. Alcuni che sono di competenza più diretta di questa Commissione altri che ci interessano come parlamentari perché sono tematiche assolutamente importanti.
  Il tema dei canoni, il tema della necessità di uniformare, di sburocratizzare. Avete parlato delle due anime che vi toccano, quindi il tema del traffico merci con tutte le problematiche anche di sdoganamento, di differenziazione e di competitività di cui avete necessità e il tema invece del traffico passeggeri. Ecco.
  Siccome noi qui stiamo facendo soprattutto un'indagine sul made in Italy, quindi sulla promozione del marchio Italia, da questo punto di vista c'è qualche dettaglio in più, o una voce in più che volete riferirci, di quello che si può fare per aumentare quella promozione verso chi voi accogliete o fate transitare, rispetto invece a tutto l'ampio scenario che ci avete fatto che riguarda di più il traffico in generale o il traffico merci?

  TOMASO COGNOLATO, amministratore delegato Terminal Napoli S.p.A. Sicuramente è un tema questo che riguarda le singole realtà locali. Ovviamente tutti quelli che sono gli investimenti che vanno dall'arredo urbano a migliorare quello che è l'aspetto di ricettività di coloro che vengono nel nostro Paese per questioni di turismo, è sicuramente fondamentale. È anche utile modificare quelli che sono gli usuali modi di comunicazione, i soliti refrain che vengono usati.
  Napoli per esempio è molto famosa su tutti i cataloghi internazionali per Pompei. Ma Napoli ha ben altro da far vedere, per carità Pompei è fondamentale, ma Napoli ha tantissime cose da vedere. E questo vale per tutte le altre destinazioni italiane, era giusto un esempio. Così come agevolare quelli che sono i sistemi di intermodalità che collegano i porti con le vie di accesso alla città stessa.
  Non dimentichiamo che i porti italiani non sono solo porti di transito ma c'è anche un grossissima fetta di turismo nazionale e di persone che si imbarcano e sbarcano nei porti nazionali. Quindi i collegamenti con le stazioni e gli aeroporti sono sicuramente un altro fattore fondamentale che agevola la viabilità delle persone, la cosiddetta intermodalità, che non deve essere solo vista in ottica di merci ma anche di passeggeri per favorire quella che è la fruibilità del territorio nazionale a tutti coloro che l'utilizzano.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio i rappresentanti dell'Associazione italiana terminalisti portuali (Assiterminal) intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti del Distretto veneto della pelle.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti del Distretto veneto della pelle nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell'impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi.
  Invito chi interviene a volerlo fare sinteticamente, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande dei commissari, riservando gli ulteriori approfondimenti ad un eventuale contributo scritto che verrà volentieri acquisito ai lavori della Commissione.
  Do la parola a Matteo Macilotti, direttore Distretto veneto della pelle, ricordando che il tempo complessivo a disposizione per l'intervento è di circa dieci minuti. Grazie.

  MATTEO MACILOTTI, direttore del Distretto veneto della pelle. Grazie presidente. Pag. 32Grazie per l'occasione che ci date di rappresentare innanzitutto il nostro Distretto, le eccellenze del nostro Distretto, ma anche le problematiche che appunto attanagliano il nostro Distretto.
  Innanzitutto do un'ortografia del Distretto Veneto della pelle, in sintesi, poi abbiamo ovviamente rilasciato un documento che potrete leggere con più calma e attenzione.
  Il Distretto veneto della pelle è un Distretto, dal punto di vista territoriale, abbastanza piccolo perché sono 130 chilometri quadrati. Comprende 28 comuni e il fulcro di questo Distretto è presso i comuni di Arzignano, di Chiampo e di Montebello Vicentino.
  Il Distretto è il settore appunto dell'industria conciaria, il polo conciario più importante italiano perché assorbe il 58 per cento del giro d'affari della concia italiana, rappresenta il 38 per cento dell'indotto europeo del settore e rappresenta, a livello mondiale, il 13,5 per cento.
  Quindi fatto cento la produzione conciaria a livello mondiale, il 13,5 per cento viene appunto sviluppato nel nostro territorio, in un piccolo territorio del Veneto.
  Dal punto di vista delle aziende esso conta più di 600 aziende, 879 unità locali e occupa circa 12 mila persone. Quindi un Distretto importante anche dal punto di vista lavorativo.
  Per quanto attiene invece al fatturato, il Distretto si conferma con un fatturato di oltre 3 miliardi di euro la maggior parte dei quali sono esportazioni, per circa 2,7 miliardi di euro, e i Paesi in cui si esporta di più sono gli Stati Uniti, la Cina, la Germania e poi a seguire altri Paesi. Insomma si esporta in tutto il mondo ma la prevalenza è nei Paesi che ho citato.
  Diciamo che è un Distretto molto particolare perché non prevede soltanto la presenza delle concerie ma si è creato un vero e proprio Distretto di innovazione. Oltre le concerie abbiamo anche i costruttori di macchine per conceria, i produttori di prodotti chimici e coloro che invece sono in grado di trattare i sottoprodotti e riportarli al riuso, e in questo senso è un Distretto che in qualche misura ha sviluppato una sua circolarità, elemento fondamentale che fa sì che questo Distretto possa permanere nel nostro territorio e abbia avuto anche la sua fortuna.
  Per quanto attiene al Distretto veneto della pelle nella sua storia, la sua storia risale all'inizio del Novecento appunto con le prime concerie, è stato un Distretto particolarmente impattante dal punto di vista ambientale (il settore concia è un settore impattante a livello ambientale) ma sono state fatte appunto numerose innovazioni che hanno consentito a questo Distretto di diventare un'eccellenza anche da questo punto di vista. Ricordo soltanto che sono stati costruiti due depuratori assolutamente importanti, il depuratore di Arzignano che tanto per dare una dimensione ha una potenzialità depurativa di un milione e 683 mila abitanti equivalenti, e il depuratore di Montebello che ha una capacità di depurazione pari a 472 mila abitanti equivalenti. Quindi nonostante sia un territorio molto piccolo ha sviluppato dei sistemi di depurazione altamente performanti.
  Tuttavia, appunto, tutte queste innovazioni che sono state portate avanti nel tempo oggi incontrano una nuova sfida che è la sfida che fa parte ormai di tutti i settori produttivi, quindi anche il settore della pelle, che è la sfida della sostenibilità. E questa sfida della sostenibilità è una sfida che abbiamo iniziato ad affrontare in maniera importante soprattutto negli ultimi anni, e devo dire che tutte le componenti di questo Distretto a partire dalle associazione di categoria assieme alle Amministrazioni, hanno cercato di tracciare un percorso, di costruire un percorso che ha come nome di progetto «Concia verso l'impatto ambientale zero» con il quale si vuole in qualche misura riuscire a portare il livello di depurazione a un livello ancora maggiore e soprattutto l'obiettivo principale è quello di utilizzare meno acqua possibile e portare a poter riutilizzare più sottoprodotti possibile della lavorazione della pelle. Quindi un progetto importante, un progetto ambizioso che sta occupando tutto il nostro Distretto nella fase di progettazione. E vorrei soltanto accennare a questo Pag. 33progetto perché è un progetto olistico molto importante, perché questo è il progetto principale che questa valle sta esprimendo.
  Abbiamo anche partecipato, ove possibile, ad alcuni bandi del PNRR per realizzare alcune parti di questa progettualità che noi riteniamo essenziale per assicurare un futuro da un punto di vista competitivo delle nostre imprese da qui agli anni a venire. E soprattutto vogliamo assicurare, mediante questo tipo di progettualità, la possibilità di giocare in maniera efficace la sfida della sostenibilità che appunto il mercato richiede.
  Il progetto si divide in otto cantieri. Il primo cantiere è denominato Cantiere di economia circolare e si basa sull'idea della raccolta differenziata. Oggi tutti i reflui prodotti dal settore concia arrivano al depuratore. L'idea da cui si è partiti è quella di poter suddividere i reflui in ogni fase della lavorazione, in modo da poter recuperare la maggior parte di reflui possibile e riutilizzare eventualmente anche l'acqua, ove fosse possibile.
  Quindi l'idea appunto della circolarità nella produzione. È un progetto certamente ambizioso ma è importante e può portare a un livello competitivo ancora maggiore questo Distretto da qui ai prossimi anni.
  Il secondo punto di questo progetto, è il Cantiere della carbon neutrality. In questo caso appunto si è cercato di costruire una strategia appunto di carbon neutrality che possa portare con anticipo rispetto all'obiettivo del 2050, le nostre aziende a raggiungere l'obiettivo della neutralità dal punto di vista carbonico.
  Poi abbiamo il cantiere relativo alla trasformazione digitale. In questo caso abbiamo lavorato soprattutto con i costruttori di macchine per far sì che la digitalizzazione possa portare a un livello ancora più spinto di meccanizzazione dei macchinari della concia.
  Grazie a nuove tecnologie, pensiamo all'IoT, pensiamo all'utilizzo di big data, pensiamo appunto all'edge computing, si sta cercando di sviluppare macchine sempre più performanti che possono avere un livello ancora più alto di standardizzazione della qualità lavorativa della pelle.
  Altro cantiere importante è il cantiere chiamato Chimica sostenibile. Quello che ci stiamo promettendo di fare, lavorando soprattutto con le aziende che operano nel settore della chimica, è di monitorare e tracciare i contaminanti prioritari ed emergenti, ridurre gli sprechi e utilizzare meno prodotti chimici possibile. Perché l'idea non è soltanto quella di depurare, ma di togliere all'origine, utilizzando meno prodotti concianti possibile.
  Questa è una sfida importante che vede uniti insieme sia i produttori di prodotti chimici sia il mondo della concia.
  Altro elemento importante, altro cantiere importante è il tema dei dati trasparenti. Quello che vogliamo fare come Distretto è quello di essere una casa di vetro, ossia far sì che tutti possano conoscere in maniera trasparente quali sono i dati rispetto al nostro Distretto, soprattutto i dati ambientali, visto che il nostro Distretto è stato particolarmente attenzionato nel tempo da questo punto di vista. Dunque appunto si vuole realizzare, e qui stiamo lavorando con l'università, degli indicatori che possano trasmettere i dati ambientali in tempo reale per quanto attiene il nostro Distretto.
  Il tema poi della formazione. E questo è un cantiere che stiamo sviluppando anche grazie ai finanziamenti della regione Veneto. Appunto è un cantiere fondamentale perché oggi uno dei problemi principali che hanno le nostre aziende è il tema del passaggio generazionale, riuscire a trovare manodopera specializzata. Quindi stiamo lavorando per poter offrire alle aziende, e soprattutto ai ragazzi, percorsi di formazione mirati al settore concia.
  Noi abbiamo un Istituto conciario che stiamo cercando di potenziare, abbiamo sviluppato un ITS, appunto l'ITS Green leather manager, con il quale stiamo lavorando. L'obiettivo è portare la nostra produzione anche a livello universitario.
  E poi l'ultimo cantiere è il Cantiere di sostenibilità e inclusione sociale, quindi elementi particolarmente importanti.
  Ovvio che per poter portare avanti questo tipo di progettualità si richiede uno Pag. 34sforzo economico importante da parte dei privati, delle nostre concerie, da parte delle nostre industrie, ma anche di soggetti pubblici. Ed è il motivo per cui stiamo partecipando ai bandi del PNRR. Tuttavia ci parrebbe utile, in questo senso, poter in qualche misura accedere a qualche finanziamento a regia, per quanto riguarda il nostro Distretto, che ci potesse consentire di sviluppare degli impianti pilota per sperimentare concretamente le soluzioni che abbiamo ipotizzato in fase progettuale. Questo è un obiettivo che ci poniamo e abbiamo già interloquito col Ministero sotto questo versante e speriamo appunto che il Ministero possa darci una mano perché realizzare degli impianti pilota può portarci appunto a affinare le nostre tecnologie, per portarle poi su grande scala.
  Altro elemento, e qui chiudo, è l'elemento del trasferimento al mercato di tutti questi standard ambientali e sociali che stiamo cercando di raggiungere. Su questo versante importanti sono le certificazioni di territorio. Non abbiamo ancora nel nostro Distretto una certificazione di territorio. Quello che stiamo chiedendo alle istituzioni pubbliche è di assisterci nel riuscire a sviluppare questo tipo di certificazioni che dal punto di vista economico non rappresenterebbero un grosso sforzo a livello statale, ma potrebbero essere dal punto di vista economico e della promozione territoriale un volano fortissimo nella promozione del nostro Distretto e più in generale della pelle italiana, perché abbiamo tre Distretti importanti in Italia. Questi tre Distretti attraverso i sistemi di certificazione potrebbero essere ancora più efficaci sul mercato.
  Penso di essere restato nei dieci minuti a mia disposizione.

  PRESIDENTE. Benissimo. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Cavo.

  ILARIA CAVO. Una domanda mirata a un tema che avete toccato in maniera molto chiara, che è quello dell'esigenza formativa. Avete parlato dell'ITS che siete riusciti a sviluppare sul territorio, quindi qualche cosa di molto importante su cui tutto il Paese sta investendo.
  Mi chiedevo, ma come è la risposta? È facile formare una classe per portare avanti l'ITS? È necessario fare una promozione importante di questa tipologia di figura professionale?
  Ecco, avere un inquadramento da questo punto di vista.

  MATTEO MACILOTTI, direttore del Distretto veneto della pelle. Grazie per la domanda, innanzitutto perché è una domanda centrale con la quale anche noi abbiamo dovuto scontrarci in qualche misura. Non è stato facilissimo, soprattutto in fase iniziale, riuscire a comporre classi di ITS perché è un livello formativo poco conosciuto in qualche misura e le famiglie non lo prendevano in considerazione e nemmeno i ragazzi.
  Abbiamo dovuto lavorare e qui abbiamo avuto il vantaggio di avere un Istituto superiore conciario che già in qualche misura anticipa parte dei contenuti che poi sono sviluppati nell'ITS, e questo ci ha permesso di avere un bacino di ragazzi che poi riusciamo a portare dall'Istituto conciario, Istituto superiore, fino all'ITS.
  Tuttavia grazie anche alla collaborazione con l'UNIC abbiamo avviato un programma di orientamento molto spinto per riuscire a pubblicizzare questo livello formativo e a far sì che i ragazzi e le famiglie possano prendere in considerazione questa opportunità formativa.
  Soltanto grazie ad una promozione spinta adesso cominciamo a cogliere risultati. Abbiamo due classi piene di ITS, abbiamo un record di iscrizioni quest'anno, però questo è accaduto soltanto grazie a un'attività di orientamento mirata e particolarmente intensa.
  Qui è importante anche sottolineare come il nostro ITS, premiato anche a livello europeo per la sua qualità, veda veramente la compartecipazione tra insegnanti che provengono dalla scuola e insegnanti che provengono dalle aziende. E appunto, la possibilità di avere insegnanti che provengono delle aziende, particolarmente specializzati, è diventato un elemento di attrazione.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio i rappresentantiPag. 35 del Distretto veneto della pelle intervenuti. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti del Distretto veneto della pelle (vedi allegato 5) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.15.

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