TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 248 di Martedì 20 febbraio 2024
MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI TUTELA DELLA PROFESSIONE GIORNALISTICA E DELLA LIBERTÀ DI INFORMAZIONE
La Camera,
premesso che:
1) il Parlamento europeo l'11 luglio 2023 ha approvato il testo negoziale sulle norme a difesa dei giornalisti dalle querele temerarie, note con l'acronimo inglese Slapp (Strategie litigation against public participation). Le Slapp sono azioni legali, di esito incerto, avviate con l'intento non di portare a termine il processo, ma di intimidire chi viene accusato allo scopo di condizionarne e limitarne il lavoro. Si tratta di cause legali in cui è presente, infatti, un grande squilibrio di potere tra chi querela e il querelante; il divario solitamente coinvolge la sfera economica, nella fattispecie si parla di potenti strutture o persone che avranno sicuramente disponibilità economiche elevate e perciò adatte a sostenere lunghi processi contro giornalisti, che spesso invece sono costretti a provvedere autonomamente a pagare le spese legali;
2) il testo approvato dal Parlamento europeo prevede una serie di garanzie per le vittime delle azioni legali, compresa la possibilità di chiedere il rapido respingimento della causa, nel qual caso sarà il ricorrente a dover dimostrare la fondatezza della denuncia e a sostenere l'onere delle spese procedurali, compresa la rappresentanza legale della vittima. Che avrà la possibilità, inoltre, di chiedere un risarcimento per danni psicologici o alla reputazione. Le nuove norme delimitano il campo delle cause temerarie per ridurre appunto i tempi del processo e fermare subito quelle intentate per intimidire;
3) in Italia la riforma della legge sulla diffamazione prosegue lentamente il suo iter al Senato della Repubblica e l'assenza di norme in questi anni ha limitato il diritto all'informazione, con decine e decine di esponenti politici o grandi aziende e potentati economici che le hanno utilizzate per indurre editori e direttori a interrompere il lavoro di inchiesta dei giornalisti. Secondo i dati recentemente forniti dalla Federazione nazionale stampa italiana, 7 volte su 10 le querele vengono archiviate ancor prima di arrivare a processo. Di quelle che effettivamente arrivano in aula di tribunale, 9 su 10 si concludono con l'assoluzione del giornalista. È evidente l'esistenza di un'autocensura preventiva che sfugge a qualsiasi ricerca statistica, che non arriva nelle aule dei tribunali ma che colpisce l'indipendenza dell'informazione;
4) chi non può rischiare di affrontare querele sono, soprattutto, i giornalisti freelance, cioè coloro che non sono stipendiati: quando un loro articolo subisce una querela temeraria, è difficile che la testata decida di farsi carico delle spese legali;
5) il 19 dicembre 2023 la Camera dei deputati ha approvato, con un emendamento alla legge di delegazione europea, una modifica al codice di procedura penale per vietare la pubblicazione delle ordinanze cautelari, integrali o per estratto, fino al termine dell'udienza preliminare. Questa norma lede, a parere dei firmatari del presente atto, il diritto costituzionale dei cittadini ad essere informati. È, quindi, necessario che il Parlamento, in sede di approvazione definitiva del provvedimento, individui soluzioni diverse capaci di determinare un giusto equilibrio tra la tutela degli imputati o delle persone che compaiono negli atti delle indagini e il diritto all'informazione;
6) il 40 per cento dei giornalisti italiani è donna, eppure tale percentuale non si rileva tra le firme che hanno maggiore spazio nei quotidiani, in particolari nelle prime pagine; inoltre, dalle più recenti analisi emerge l'esistenza di un gap salariale importante, lo stipendio delle donne in questo settore è infatti mediamente molto più basso e, secondo l'analisi sugli ultimi dati contributivi dell'Inpgi, la forbice sarebbe di circa 5 mila euro;
7) come denunciato da GiULiA giornaliste – Ets (Giornaliste unite libere e autonome), le giornaliste sono le prime vittime delle intimidazioni e dell'odio in rete, ma anche delle querele temerarie, come se fosse proprio l'essere donna nell'affrontare i temi sociali e di cronaca a non essere accettato. Si aggredisce con il bodyshaming, le minacce di stupro e le oscenità oppure, come ha sottolineato l'indagine di Vox diritti, si sminuiscono le competenze professionali delle donne. La critica ad una donna professionista, quindi anche una giornalista, si pratica con il discredito, prima sottolineando il suo genere, il suo sesso, il suo corpo e poi screditando anche quello, dando per scontato che essere una donna sia già di per sé una colpa o una diminuzione e che per questo motivo non potrebbe fare quella professione o dire quelle cose;
8) la libertà di manifestazione del pensiero è espressamente statuita nell'articolo 21 della Costituzione, il quale si apre con la decisa e inequivocabile affermazione che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Nei commi successivi si prevedono una serie di garanzie per il mezzo della stampa che, invero, viene sottratta a qualsiasi forma di controllo, quali autorizzazioni o censure, e può essere soggetta a sequestro soltanto per effetto di un atto motivato dell'autorità giudiziaria. Deroghe a tale principio sono previste dal quarto comma dell'articolo nel senso che la polizia giudiziaria, in caso di assoluta urgenza, può procedere al sequestro della stampa periodica, ma tale sequestro è valido in un lasso di tempo limitato, richiedendo la convalida dell'autorità giudiziaria;
9) l'articolo 21 della Costituzione stabilisce anche che l'unico limite alla libertà di manifestazione del pensiero è rappresentato dal concetto di buon costume, nel senso che le pubblicazioni, gli spettacoli e le altre manifestazioni di pensiero non debbono essere contrarie, appunto, al buon costume;
10) nella XVII legislatura è stata approvata dalla Camera dei deputati, modifica dal Senato della Repubblica e nuovamente modificata dalla Camera dei deputati, una proposta di legge che riformava la disciplina della diffamazione a mezzo stampa, intervenendo sulla legge sulla stampa, sui codici penale e di procedura penale, sui codici civile e di procedura civile, ma che ha visto arenarsi il suo iter al Senato della Repubblica. L'articolo 1 del provvedimento modificava la legge sulla stampa (legge n. 47 del 1948), prevedendo: l'estensione dell'applicazione della legge sulla stampa alle testate giornalistiche on line registrate presso le cancellerie dei tribunali; la riforma della disciplina del diritto di rettifica; la riforma delle pene previste per la diffamazione a mezzo stampa, con l'eliminazione della pena della reclusione;
11) la segretezza delle fonti giornalistiche è alla base dello svolgimento dell'indipendenza dell'attività di un giornalista e della qualità delle notizie alle quali accedono i cittadini. La possibilità di appellarsi al segreto professionale per tutelare le fonti dovrebbe essere estesa a tutti coloro che svolgono effettivamente lavoro giornalistico. Attualmente in Italia è previsto solo per i giornalisti iscritti all'albo dei professionisti dell'Ordine dei giornalisti. La tutela delle fonti giornalistiche andrebbe estesa ai giornalisti freelance e anche a tutti quegli operatori che, in ragione dei loro rapporti professionali o personali, possono essere al corrente di determinate informazioni di interesse per la pubblica opinione;
12) secondo il Garante europeo della protezione dei dati, «l'unica opzione praticabile ed efficace per proteggere i diritti e le libertà fondamentali nell'Unione, compresa la libertà dei media, da software spia di livello militare altamente avanzati è un divieto generale del loro sviluppo e della loro diffusione, con eccezioni molto limitate ed esaustivamente definite, integrate da solide garanzie»;
13) appare sempre più necessario garantire pluralismo e libertà di informazione all'interno del servizio pubblico radiotelevisivo e procedere ad una riforma della governance della Rai che garantisca un servizio pubblico quale strumento essenziale per realizzare un'effettiva libertà di accesso alla comunicazione audiovisiva, tutela di un bene comune, il quale si caratterizza per la promozione dello sviluppo democratico, sociale e culturale, dei diritti umani di ogni società e, in particolare, del diritto di ogni cittadino a ricevere e diffondere informazioni, idee e opinioni mediante un accesso non discriminatorio a tutte le piattaforme di trasmissione disponibili,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative normative in materia di querele temerarie, con una norma che contrasti l'abuso delle querele per diffamazione nei confronti dei giornalisti, dovendo al diritto di querelare corrispondere un diritto al risarcimento per chi ha ragione ed essendo necessario, inoltre, dare la possibilità al giudice di respingere rapidamente la causa quando palesemente infondata, attribuendo al ricorrente l'onere di dimostrare la fondatezza della denuncia e di sostenere l'onere delle spese procedurali e legali;
2) ad adottare iniziative normative volte a riformare la disciplina della diffamazione, in linea con i pronunciamenti della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell'uomo, in base alle quali la previsione della pena detentiva non è compatibile con l'articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, se non in casi di eccezionale gravità;
3) ad intervenire sulla protezione delle fonti giornalistiche, facendo in modo che il diritto dei giornalisti al silenzio sulle loro fonti non sia considerato un mero privilegio concesso o revocato sulla base della liceità o illegittimità della provenienza delle informazioni, ma un autentico attributo del diritto all'informazione;
4) ad adottare iniziative normative volte ad estendere la possibilità di appellarsi al segreto professionale per tutelare le fonti a tutti coloro che svolgono effettivamente lavoro giornalistico: dai giornalisti freelance, che non svolgono il proprio lavoro alle dipendenze di una testata, a tutti quegli operatori che, in ragione dei loro rapporti professionali o personali, possono essere al corrente di determinate informazioni di interesse per la pubblica opinione;
5) a sostenere, nelle competenti sedi, le nuove norme che saranno previste dalla legge europea per la libertà dei media (Emfa): quelle dirette all'efficace protezione dei giornalisti e dei fornitori dei servizi di media e, in particolare, la tutela dei rapporti tra i giornalisti e le fonti anche da intercettazioni e/o captazioni di conversazione e messaggi;
6) a promuovere iniziative normative sulla parità di genere e contro il gender pay gap nel mondo del giornalismo, per proteggere le giornaliste dalle intimidazioni e dall'odio in rete e per tutelare la privacy delle cittadine e delle personalità pubbliche rispetto a pubblicazioni che ledono l'intimità e il rispetto del corpo, in particolar modo quello femminile, e rispetto all'orientamento sessuale e di genere;
7) a promuovere iniziative normative volte ad una riforma della governance del servizio pubblico radiotelevisivo, anche sulla base ai modelli adottati da altri Paesi, che preveda la creazione di un'autorità indipendente rappresentativa delle diverse istanze culturali del Paese, a cui sia affidata, a seguito di una selezione mediante avviso pubblico, la nomina del consiglio di amministrazione, il quale elegga il presidente e il direttore generale sulla base del curriculum vitae e di un progetto editoriale.
(1-00235) «Piccolotti, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Zaratti».
(29 gennaio 2024)
La Camera,
premesso che:
1) ai sensi dell'articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani, «Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere»;
2) la libertà di espressione, la libertà dei media e il pluralismo sono sanciti anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, secondo cui «Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati»;
3) la Costituzione, all'articolo 21, afferma che «Tutti», non solo i cittadini dunque, «hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione»; «La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.» – ciò pone il divieto di controlli preventivi – ferma restando l'indicazione da parte della legge in ordine alle possibilità di sequestro in ipotesi di delitti espressamente previsti;
4) l'articolo 21 affida, altresì, alla legge ordinaria la possibilità di imporre la piena conoscibilità dei mezzi di finanziamento della stampa periodica, con ciò implicitamente riconoscendo il rapporto strettissimo tra informazione, potere economico e libertà di espressione e il diritto del pubblico lettore a conoscerlo;
5) preme segnalare che, pur non essendo espressamente menzionato, la Corte costituzionale, fin dalla sentenza n. 202 del 1976, ha costantemente affermato che la libertà di manifestare il proprio pensiero con qualsiasi mezzo e diffusione ricomprende tanto il diritto di informare quanto il diritto di essere informati e ha precisato che l'articolo 21 colloca la predetta libertà tra i valori primari, assistiti dalla clausola dell'inviolabilità ex articolo 2 della Costituzione, i quali, in ragione del loro contenuto, in linea generale si traducono direttamente e indirettamente in diritto soggettivi dell'individuo, di carattere assoluto (sentenza n. 112 del 1993, che richiama, oltre alla già citata, anche le sentenze nn. 148 del 1981 e 826 del 1988);
6) in proposito, si ritiene opportuno, in questa sede, riportare integralmente il passo della sentenza n. 112 del 1993, per la costruzione e l'estrinsecazione del concetto di pluralismo che offre: «Tuttavia, l'attuazione di tali valori fondamentali nei rapporti della vita comporta una serie di relativizzazioni, alcune delle quali derivano da precisi vincoli di ordine costituzionale», e, sotto questo profilo, prosegue, «questa Corte ha da tempo affermato che il “diritto all'informazione” va determinato e qualificato in riferimento ai principi fondanti della forma di Stato delineata dalla Costituzione, i quali esigono che la nostra democrazia sia basata su una libera opinione pubblica e sia in grado di svilupparsi attraverso la pari concorrenza di tutti alla formazione della volontà generale;
7) da qui deriva l'imperativo costituzionale che il “diritto all'informazione” garantito dall'articolo 21 sia qualificato e caratterizzato: a) dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie – che comporta, fra l'altro, il vincolo al legislatore di impedire la formazione di posizioni dominanti e di favorire l'accesso nel sistema radiotelevisivo del massimo numero possibile di voci diverse – in modo tale che il cittadino possa essere messo in condizione di compiere le sue valutazioni, avendo presenti punti di vista differenti e orientamenti culturali contrastanti; b) dall'obiettività e dall'imparzialità dei dati forniti; c) dalla completezza, dalla correttezza e dalla continuità dell'attività di informazione erogata; d) dal rispetto della dignità umana, dell'ordine pubblico, del buon costume e del libero sviluppo psichico e morale dei minori» (sentenza n. 112 del 1993);
8) la manifestazione del pensiero, in ogni sua forma, garantita dall'articolo 21 della Costituzione, è da considerarsi cardine dell'ordinamento democratico, baluardo del buon funzionamento della democrazia – «pietra angolare dell'ordine democratico» (Corte costituzionale, sentenza n. 84 del 1969);
9) non è un caso se nei Paesi che, in modo eclatante o latente, involvono o si avviano ad intaccare libertà e principi democratici, i primi assalti investano la televisione, i media e la stampa ai fini del loro controllo, unitamente a misure che possono colpire anche direttamente l'informazione e i suoi attori, con modalità che vanno dalla censura al sequestro e all'arresto;
10) un esempio nella storia del nostro Paese è l'attività di censura ai fini del controllo sistematico della comunicazione e della libertà di espressione nel corso del lungo periodo del regime fascista, ma, in tempi più recenti, lo stesso può dirsi con riguardo all'esperienza, ancora attuale, dell'Ungheria sotto la guida oscurantista di Viktor Orban o dei sussulti totalitari della Tunisia e della Turchia;
11) forse non è un caso che la storia della giustizia costituzionale italiana (come ricorda il professor Enzo Cheli in uno scritto sul tema) abbia avuto il suo inizio proprio con una sentenza in tema di libertà di espressione – la sentenza n. 1 del 14 giugno del 1956 – dove la Corte, dopo aver tracciato le linee portanti del giudizio costituzionale, veniva a sanzionare l'incostituzionalità, per la violazione della libertà di espressione, di alcune norme del testo unico di pubblica sicurezza del 1931;
12) l'adempimento dell'articolo 21 si mostra e si attua nella sua pienezza, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, nel suo dispiegamento anche in ordine all'organizzazione delle misure negli ambiti che alla manifestazione del pensiero sono direttamente e strettamente connessi – l'indipendenza, la libertà e il pluralismo dell'informazione, la proprietà e il mercato editoriali, i contributi pubblici alla stampa, le misure che agevolano o ostacolano il diritto di cronaca, il lavoro giornalistico nell'accertamento dei fatti, la loro conoscenza e la loro diffusione, a loro volta strettamente correlate al diritto all'informazione;
13) la libertà e il pluralismo dei media, come pure l'indipendenza e la sicurezza dei giornalisti, rappresentano, altresì, uno dei pilastri dello Stato di diritto dell'Unione europea, in quanto elemento fondamentale del diritto alla libertà di espressione e di informazione ed essenziale per il funzionamento democratico dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, inclusa la lotta alla corruzione;
14) l'ultimo «Rapporto sullo Stato di Diritto», pubblicato dalla Commissione europea a inizio luglio del 2023, aveva evidenziato, con riferimento al nostro Paese, più di una preoccupazione sul fronte della libertà di stampa, tra cui: le condizioni di lavoro precarie di molti giornalisti, la protezione delle fonti giornalistiche e la questione del segreto professionale, nonché le azioni legali strategiche locali tese a bloccare la partecipazione pubblica (Slapp), la legislazione sulla diffamazione, in sede penale e civile, i casi di aggressioni fisiche e intimidazioni nei confronti di giornalisti e organi di informazione, che continuano ad aumentare di anno in anno;
15) in particolare, l'Italia presenta un rischio medio in merito all'indipendenza politica dei media (relativa al conflitto di interessi e al controllo politico sui media e sulle agenzie di stampa) ed è considerata dalla Commissione europea uno dei sedici Stati a «rischio elevato» per la «crescente politicizzazione del servizio pubblico radiotelevisivo». Sussiste, altresì, ad avviso della Commissione, un rischio elevato o medio di influenza commerciale e della proprietà sui contenuti editoriali;
16) molti dei temi oggetto di raccomandazione da parte della Commissione europea nel 2023 sarebbero al centro anche del nuovo questionario sullo Stato di Diritto per il 2024 inviato in questi giorni all'attenzione del Governo italiano, con riferimento, fra l'altro, al premierato, al processo penale telematico, alle modifiche al reato di abuso d'ufficio, alle conseguenze della nuova prescrizione per i processi per corruzione, nonché all'informazione, in particolare sullo stop alla pubblicazione dell'ordinanza di custodia cautelare e sulle misure per garantire la libertà di stampa e il diritto a essere informati;
17) la persistenza delle preoccupazioni della Commissione europea sui richiamati temi lascerebbe intendere che la situazione sul fronte della libertà e del pluralismo dei media non sia stata affrontata sufficientemente dal Governo italiano e che nel nostro Paese permangono numerose problematiche nel suddetto ambito;
18) a norma della direttiva 2018/1808 sui servizi di media audiovisivi (Avms) – i cui correttivi al decreto legislativo di recepimento n. 208 del 2021 (cosiddetto Tusma) sono attualmente all'esame delle Camere – gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che le autorità o gli organismi nazionali di regolamentazione esercitino i loro poteri in modo imparziale e trasparente, in particolare per quanto attiene al pluralismo dei media, alla diversità culturale e linguistica, alla tutela dei consumatori, all'accessibilità, alla non discriminazione, al corretto funzionamento del mercato interno e alla promozione della concorrenza leale;
19) sempre a norma della citata direttiva, gli Stati membri devono assicurare che le autorità o gli organismi nazionali di regolamentazione dispongano di risorse finanziarie e umane, nonché di poteri di esecuzione sufficienti per svolgere le loro funzioni in modo efficace;
20) per rispondere alle crescenti preoccupazioni in seno all'Unione europea per la politicizzazione dei media e la mancanza di trasparenza in merito alla loro proprietà, la Commissione europea è inoltre intervenuta, da ultimo, con due nuove proposte normative riguardanti la libertà dei media: una proposta di direttiva contro le azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica (cosiddette Slapp) e la proposta di regolamento inerente alla prima legge europea per la libertà dei media (Emfa), che si basa proprio sulla revisione della citata direttiva Avms;
21) in particolare, con quest'ultima proposta, che è stata oggetto di recente di parere da parte del Parlamento italiano, l'Unione europea intende rafforzare il quadro normativo europeo affinché tutti gli Stati membri adottino un sistema di maggior tutela della libertà di stampa, del lavoro di giornaliste e giornalisti e la garanzia dell'indipendenza del servizio pubblico dal condizionamento dell'autorità politica;
22) mentre la proposta di direttiva contro le Slapp prevede garanzie per coloro che sono bersaglio di procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi, la legge europea per la libertà dei media istituirà un quadro comune per i servizi di media nell'ambito del mercato interno dell'Unione europea, attraverso l'introduzione di misure volte a proteggere i giornalisti e i fornitori di servizi di media da ingerenze politiche, rendendo nel contempo più agevole per loro operare attraverso le frontiere interne dell'Unione europea;
23) nel nostro Paese si è assistito di recente ad un abuso del ricorso alla querela per diffamazione e all'azione di risarcimento dei danni sul piano civilistico nei confronti dei giornalisti, al punto da poter considerare tali strumenti processuali alla stregua di mezzi intimidatori e di pressione per limitare l'attività giornalistica, col rischio di influenzare gravemente la libertà di stampa;
24) numerose iniziative giudiziarie per diffamazione risultano, invero, pretestuose, alla luce delle più recenti statistiche che dimostrano come il 90 per cento dei procedimenti per diffamazione si risolvano con archiviazioni o proscioglimenti pronunciati prima del giudizio, proprio perché basati su accuse infondate o, comunque, sproporzionate;
25) i dati relativi alla mediazione civile obbligatoria, inoltre, testimoniano come anche le questioni relative a fatti di diffamazione sul piano civile ammontino a meno dell'1 per cento dell'intero contenzioso;
26) per arginare tale fenomeno appare, dunque, indispensabile intervenire a livello normativo per introdurre uno specifico strumento a tutela dei giornalisti rispetto al fenomeno delle cosiddette querele temerarie (o «bavaglio»), che consenta la comminazione di una pena pecuniaria adeguata da devolvere alla Cassa delle ammende a carico di chi presenti querele senza alcun fondamento, oltre alla condanna alle rifusione delle spese processuali e alla possibilità per il giornalista di ottenere il risarcimento degli eventuali danni, come previsto dall'articolo 427 del codice di procedura penale;
27) nella medesima direzione, dovrebbe prevedersi altresì nel giudizio civile, nel caso di azione per presunta diffamazione commessa con il mezzo della stampa (o con gli altri prodotti editoriali registrati ai sensi dell'articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47), in cui risulti la mala fede o la colpa grave di chi agisce per il risarcimento del danno, che il giudice, anche d'ufficio, con la sentenza che rigetta la domanda, condanni l'attore, oltre che alle spese processuali e a quelle risarcitorie già previste dall'articolo 96 del codice di procedura civile, al pagamento a favore della Cassa delle ammende di un'ulteriore somma, determinata in via equitativa, non inferiore ad un quarto di quella oggetto della domanda risarcitoria;
28) sotto altro profilo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non è più rinviabile un intervento del legislatore che recepisca i più recenti orientamenti della Corte costituzionale in materia di diffamazione. Segnatamente, la Corte costituzionale si è espressa al riguardo con la sentenza n. 150 del 2021, esortando il Parlamento ad intervenire sulla materia, al fine di assicurare un più adeguato bilanciamento tra libertà di manifestazione del pensiero e tutela della reputazione individuale, anche alla luce dei pericoli sempre maggiori connessi all'evoluzione dei mezzi di comunicazione;
29) in particolare, essa ha dichiarato incostituzionale l'articolo 13 della legge sulla stampa (n. 47 del 1948) che fa scattare obbligatoriamente, in caso di condanna per diffamazione a mezzo stampa compiuta mediante l'attribuzione di un fatto determinato, la reclusione da uno a sei anni, unitamente al pagamento di una multa;
30) ad avviso del Giudice delle leggi, le norme vigenti sono incostituzionali perché contrastano con la libertà di manifestazione del pensiero, riconosciuta tanto dalla Costituzione italiana quanto dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. La minaccia dell'obbligatoria applicazione del carcere può produrre, infatti, l'effetto di dissuadere i giornalisti dall'esercizio della loro cruciale funzione di controllo dell'operato dei pubblici poteri;
31) ne deriva che l'obbligatoria inflizione della sanzione detentiva viola, in particolare, tanto l'articolo 21 della Costituzione con riferimento alla libertà di stampa, già definita «pietra angolare dell'ordine democratico» dalla già citata risalente pronuncia della Corte (Corte costituzionale, sentenza n. 84 del 1969), quanto l'articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo;
32) invero, anche la Corte europea dei diritti dell'uomo si è più volte pronunciata sull'argomento, ribadendo nella propria copiosa giurisprudenza – condivisa anche dalla Corte costituzionale – come la previsione del carcere obbligatorio non sia compatibile con l'articolo 10 della Convenzione europea, al pari delle sanzioni pecuniarie troppo elevate, in quanto, appunto, costituiscono un rischio per la libertà di stampa;
33) nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo si rinvengono molti precedenti che offrono criteri alla luce dei quali valutare la sussistenza del requisito della proporzione;
34) secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, infatti, la pena detentiva può dirsi proporzionata (e quindi legittima) quando «la diffamazione si caratterizzi per la sua eccezionale gravità» (così la stessa Corte europea dei diritti dell'uomo, Grande Camera, sentenza 17 dicembre 2004, Cumpănă e Mazăre contro Romania, paragrafo 115; nonché: sentenze 5 novembre 2020, Balaskas contro Grecia, paragrafo 61; 11 febbraio 2020, Atamanchuk contro Russia, paragrafo 67; 7 marzo 2019, Sallusti contro Italia, paragrafo 59; 24 settembre 2013, Belpietro contro Italia, paragrafo 53; 6 dicembre 2007, Katrami contro Grecia, paragrafo 39); ciò si verifica sia, «con riferimento ai discorsi d'odio e all'istigazione alla violenza, che possono nel caso concreto connotare anche contenuti di carattere diffamatorio», sia in presenza di «campagne di disinformazione condotte attraverso la stampa, internet o i social media, caratterizzate dalla diffusione di addebiti gravemente lesivi della reputazione della vittima e compiute nella consapevolezza da parte dei loro autori della – oggettiva e dimostrabile – falsità degli addebiti stessi»;
35) a tal riguardo, appare opportuno richiamare in questa sede le proposte di legge in materia attualmente in esame al Senato della Repubblica – alcune delle quali proposte dalla maggioranza che rappresenta il Governo in carica – che sembrano porsi in direzione parzialmente diversa rispetto agli arresti giurisprudenziali testé richiamati;
36) ci si riferisce, in particolare, ai disegni di legge atto Senato 466 Balboni e atto Senato 573 Martella, che intervengono proprio sulla vigente normativa in materia di diffamazione a mezzo stampa e il cui contenuto è in larga parte coincidente;
37) tra gli aspetti che assumono rilevanza, vi sono le previsioni che intervengono sull'articolo 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (di recente dichiarato incostituzionale), da un lato eliminando la previsione della pena detentiva, ma dall'altro comminando la multa di importo da 5.000 a 10.000 in caso di diffamazione a mezzo stampa «base» e da 10.000 a 50.000 nelle ipotesi aggravate dall'attribuzione di un fatto determinato. L'innalzamento della sanzione pecuniaria, specie nel minimo, potrebbe essere distonico rispetto all'interpretazione giurisprudenziale costante dell'articolo 10 da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo, secondo cui le sanzioni previste per la diffamazione devono tener conto dell'impatto che avranno sulla situazione economica del querelato, al fine di evitare che una sanzione pecuniaria sproporzionata possa avere effetto deterrente sulla libertà di stampa e di espressione;
38) del pari, destano preoccupazioni quelle modifiche normative che, novellando il delitto di diffamazione di cui all'articolo 595 del codice penale, eliminano sì ogni riferimento alla pena della reclusione, ma, contestualmente, inaspriscono il trattamento sanzionatorio relativo alla pena pecuniaria;
39) infatti, vengono introdotte sanzioni ben più gravi rispetto a quelle attualmente previste, a prescindere che la condotta perpetrata sia connotata dalle caratteristiche delineate dalla giurisprudenza precedentemente richiamata: da 3.000 a 10.000 euro nelle ipotesi di diffamazione «base» e fino a 15.000 euro in caso di diffamazione con l'attribuzione di un fatto determinato (in luogo dei 1.032 euro e 2.065 euro nelle ipotesi aggravate dall'attribuzione di un fatto determinato, attualmente previsti);
40) se l'offesa è arrecata con qualsiasi mezzo di pubblicità (eliminando il riferimento all'offesa arrecata per mezzo stampa) diverso dalle ipotesi di cui all'articolo 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, ovvero in atto pubblico, la pena è aumentata della metà;
41) tra l'altro, proprio l'articolo 595 del codice penale – qui novellato – non era stato oggetto di censura di incostituzionalità da parte della Corte costituzionale nella citata pronuncia del 2021;
42) passando in rassegna altre proposte di legge attualmente in esame nei due rami del Parlamento, degno di nota è il cosiddetto disegno di legge Nordio, di recente approvato al Senato della Repubblica. Esso contiene modifiche rilevanti in tema di intercettazioni. Allo scopo (presunto) di rafforzare la tutela del terzo estraneo al procedimento rispetto alla circolazione delle comunicazioni intercettate, viene introdotto il divieto di pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni in tutti i casi in cui quest'ultimo non sia riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento. È, inoltre, escluso il rilascio di copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori. Infine, si interviene sull'articolo 268 del codice di procedura penale che disciplina le modalità esecutive delle intercettazioni, prevedendo «che non debbano essere riportate nei verbali neppure espressioni che riguardano dati personali sensibili che consentano di identificare soggetti diversi dalle parti», oltre a disporsi al contempo «l'obbligo di stralcio anche delle registrazioni e dei verbali che riguardano soggetti diversi dalle parti, salvo che non ne sia dimostrata la rilevanza»;
43) a ben guardare, tali norme riflettono, tuttavia, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, una visione fraintesa della pubblicità. Il processo è pubblico, anche e soprattutto, per funzioni di controllo democratico, popolare, dell'esercizio della funzione giurisdizionale. Il che significa che il pubblico, e di riflesso la stampa, deve poter controllare (per limitarsi all'ambito toccato da questa norma) cosa il giudice usi, e come, e cosa il giudice non usi;
44) strettamente connesso alle restrizioni operate in materia di intercettazioni può dirsi, inoltre, la norma introdotta in sede di esame della legge di delegazione europea (atto Senato n. 969), che ben può essere definita «bavaglio» per i giornalisti;
45) in particolare, l'articolo 4, comma 3, del citato provvedimento – approvato definitivamente al Senato della Repubblica il 14 febbraio 2024 – che vieta la pubblicazione delle ordinanze che dispongono le misure cautelari fino all'udienza preliminare, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, lungi dal rappresentare la giusta attuazione del principio di presunzione di innocenza, rischia di tradursi, piuttosto, in una pesante limitazione del diritto di cronaca, rappresentando un grave passo indietro per la libertà di stampa e il diritto dei cittadini di essere informati, anche in presenza di un indiscutibile interesse pubblico;
46) l'elenco delle vicende di cronaca giudiziaria che i giornali non avrebbero potuto raccontare se fosse stata già in vigore la «legge bavaglio» è copioso: dalla gestione dei vertici di Autostrade svelata dopo il crollo del ponte Morandi allo schianto della funivia del Mottarone. Oltre a numerosi femminicidi e alle modalità dell'arresto dell'ex capo di Cosa Nostra, allo spaccio e agli orrori presso la Caserma Levante dei carabinieri di Piacenza, dove le pratiche illegali venivano consumate «con l'arroganza e la convinzione che le vittime non avrebbero avuto voce»;
47) tra l'altro, posto che ciò che sarà consentito è la pubblicazione della ricostruzione di una parte o dell'altra appresa dal giornalista, senza però la possibilità di conoscere gli indizi, le intercettazioni o le testimonianze, l'effetto che ne deriva non giova neanche agli stessi soggetti coinvolti nell'indagine;
48) far conoscere i motivi per i quali un giudice decide di privare una persona della cosa più importante, ovvero la sua libertà, non è solo una questione di trasparenza nei confronti dei cittadini, ma anche una forma di garanzia per lo stesso indagato, in quanto le ordinanze sono basate su elementi oggettivi e su valutazioni di un soggetto terzo ed imparziale, che fotografa al meglio l'ambito di una determinata fase di indagine. Inoltre, attraverso tale perverso meccanismo si impedisce il controllo da parte dell'opinione pubblica nei confronti degli atti emanati dell'autorità giudiziaria;
49) in conclusione, lo stop alla pubblicazione delle ordinanze di arresto appare antidemocratico, oltre che controproducente: imbavaglia solo la democrazia, mentre la trasparenza è sempre la massima garanzia del corretto esercizio del potere giudiziario;
50) ogni tentativo di limitare la libera informazione e, di conseguenza, la disinformazione che viene generata dall'uso distorto dei media, in particolare i social media, di fatto, erodono le fondamenta della democrazia perché compromettono la capacità dei cittadini di valutare i fatti e di orientare le proprie scelte;
51) i temi della libertà sono inscindibili da quelli della dignità del lavoro, a cominciare dalla valorizzazione del lavoro di giornalisti e giornaliste, a prescindere dallo status di lavoratori dipendenti o di freelance; in particolare, si riscontra un'incertezza dell'azione pubblica in merito alla valorizzazione delle giornaliste, soprattutto con riferimento al contrasto alle discriminazioni professionali, ad un lavoro di riequilibrio di fronte al gap economico e al mancato riconoscimento di adeguate tutele e del livello professionale;
52) peraltro, il consolidamento delle piattaforme digitali ha ampliato il mercato dell'informazione, creando un contesto nel quale la competitività avviene spesso in assenza di regole che valgano per tutti; questo rende ancora più pressante rafforzare le tutele a garanzia della libertà di stampa, della sicurezza e delle condizioni di lavoro dei giornalisti;
53) in tal senso, non è più procrastinabile l'impegno di tutte le forze politiche a lavorare per una riforma del servizio pubblico radiotelevisivo, attraverso un ampio confronto in Stati generali, al fine di garantirne l'indipendenza, un più ampio pluralismo e una maggiore qualità dell'informazione, per rendere la Rai più autorevole, moderna, sempre più digitalizzata e sostenibile, accrescendone la competitività rispetto alle ormai predominanti piattaforme digitali;
54) a tal proposito, nel parere che la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi ha espresso sul contratto di servizio tra il Governo e la Rai, è stato inserito un importante riconoscimento del valore del giornalismo di inchiesta, che deve essere tutelato, supportato e rafforzato nel servizio pubblico ed è stata posta grande attenzione alla necessità che i giornalisti e gli operatori del servizio pubblico osservino rigorosamente la deontologia professionale, coniugando il principio di libertà con quello di responsabilità, nel rispetto della dignità della persona,
impegna il Governo:
1) a tutelare la libertà di stampa e il diritto di cronaca, quale strumento di estrinsecazione anche del fondamentale diritto di informazione per il cittadino, astenendosi dal portare a compimento tutte quelle riforme che possano comportare una compressione di tali diritti costituzionalmente garantiti, nonché a ripristinare la normativa precedente alla «norma bavaglio» contenuta all'articolo 4, comma 3, della legge di delegazione europea approvata definitivamente il 14 febbraio 2024 al Senato della Repubblica;
2) ad adottare iniziative volte a rafforzare la libertà della stampa e dei media, la tutela del giornalismo in tutte le sue forme ed espressioni, a salvaguardare i diritti, la sicurezza e le condizioni di lavoro dei giornalisti, anche preservandoli da querele temerarie o altre forme di pressioni indebite, a contrastare le discriminazioni professionali, al fine di garantire pienamente la dignità dei giornalisti e la libertà di informazione;
3) nel quadro di garanzie a tutela della libertà dei media, ad attuare e dare seguito alle raccomandazioni della Commissione europea contenute nella Relazione annuale sullo Stato di diritto 2023 e a quelle di prossima pubblicazione, con particolare riguardo all'introduzione di garanzie per il regime di diffamazione, alla protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, all'indipendenza delle autorità di regolamentazione dei media, alla trasparenza dell'assetto proprietario, alla protezione dei media dalle pressioni e dalle influenze politiche – compresi i media del servizio pubblico;
4) a sostenere, nelle competenti sedi istituzionali nazionali ed europee, la conclusione dei negoziati relativi alle proposte normative riguardanti la libertà dei media e, in particolare, le nuove norme dirette all'efficace protezione dell'autonomia e dell'indipendenza dei giornalisti, quali condizioni indispensabili per garantire un'informazione corretta, la diversità di opinioni e l'assenza di qualsiasi tipo di discriminazione nella narrazione dei fatti, a garanzia dello stesso pluralismo e dell'indipendenza del settore;
5) ad assumere iniziative normative, con il primo provvedimento utile, per scongiurare, nel caso di azione per presunta diffamazione commessa con il mezzo della stampa o con gli altri prodotti editoriali registrati, eventuali azioni pretestuose, ponendo a carico dell'attore, che abbia agito in giudizio civile ai fini risarcitori con mala fede o colpa grave, il pagamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende determinata in via equitativa non inferiore ad un quarto di quella oggetto della domanda risarcitoria, nonché a prevedere la condanna al pagamento di una pena pecuniaria adeguata in caso di querele temerarie e pretestuose per il delitto di diffamazione;
6) ad adottare iniziative normative per riformare, alla luce dei principi fissati di recente dalla Corte costituzionale e dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, la fattispecie di diffamazione, escludendo la pena detentiva, in quanto incompatibile con l'articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, e prevedendo la comminazione di pene pecuniarie che non risultino eccessive e che siano proporzionate all'offesa cagionata, affinché le stesse non si traducano in concreto in una limitazione della libertà di stampa;
7) ad adottare iniziative di competenza per un aggiornamento di tutta la normativa in materia di rafforzamento delle tutele per chi esercita la professione giornalistica, anche in forma freelance;
8) ad adoperarsi, adottando le opportune iniziative normative, per dare seguito pienamente alla costante giurisprudenza costituzionale, affinché sia garantito il pluralismo nella sua qualità di valore primario sotteso all'intero sistema dell'informazione, assicurandone l'imparzialità, l'obiettività, la correttezza e la completezza.
(1-00244) «Orrico, Caso, Carotenuto, Amato, Francesco Silvestri, Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Scutellà, Bruno, Scerra».
(19 febbraio 2024)