Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali 23 novembre 2022 |
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Premessa|Contenuto| |
PremessaLe identiche proposte di legge AC 73, AC 271, AC 338, AC 528 ripropongono integralmente il testo della proposta di legge AC. 3179 e abb.-A della XVIII legislatura, approvata dalla Camera nella seduta del 13 ottobre 2021.
Il testo, licenziato dalla Commissione Giustizia della Camera nella seduta del 6 ottobre 2021, è stato approvato dall'Assemblea, con alcune modifiche volte a recepire condizioni poste dalla Commissione Bilancio, nella seduta del 13 ottobre 2021. Trasmesso al Senato (S. 2419), è stato esaminato in sede redigente dalla Commissione Giustizia che, nella seduta del 29 giugno 2022, ha deliberato all'unanimità di conferire al realtore il mandato a riferire favorevolmente all'Assemblea sul provvedimento, nel testo approvato dalla Camera. L'iter non ha avuto quindi ulteriore seguito a causa del sopravvenuto scioglimento delle Camere.
Si rileva come nel corso dell'esame in entrambi i rami sia stata svolta un'attività conoscitiva, nell'ambito della quale è stata acquisita la documentazione trasmessa dai soggetti auditi dalla Commissione Giustizia della Camera (sedute del 4, 12, 18 maggio e del 3 giugno 2021) e dalla Commissione Giustizia del Senato (comunicazione del Presidente nelle sedute del 15 febbraio e del 5 aprile 2022).
Il testo, composto di 13 articoli, interviene sulla disciplina in materia di equo compenso delle prestazioni professionali rese nei confronti di particolari categorie di imprese, con la finalità di rafforzare la tutela del professionista. In particolare, la proposta:
La
disciplina dell'equo compenso è stata introdotta, nella XVII legislatura, per porre rimedio a situazioni di squilibrio nei rapporti contrattuali tra professionisti e clienti "forti", individuati nelle imprese bancarie e assicurative nonché nelle imprese diverse dalle PMI . Sono stati infatti approvati in rapida successione l'art. 19-quaterdecies del decreto-legge n. 148 del 2017 (cd. decreto fiscale), e l'art. 1, commi 487 e 488, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018), che hanno disciplinato l'equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati, poi esteso anche alle altre professioni regolamentate e nell'ambito del lavoro autonomo.
In particolare, l'art. 19-q
uaterdecies del decreto-legge n. 148 del 2017 ha disciplinato il
compenso degli avvocati nei rapporti professionali con imprese bancarie e assicurative, nonché con imprese diverse dalle microimprese e dalle piccole e medie imprese, quando il rapporto professionale sia regolato da una convenzione. Il legislatore ha introdotto una disciplina del compenso e ha richiesto che tale compenso sia equo, presupponendo che la convenzione sia stata predisposta unilateralmente dal cliente "forte" a svantaggio del professionista. A tal fine, il decreto-legge ha introdotto nella
legge professionale forense (legge n. 247 del 2012
) l'articolo 13-bis, poi modificato dalla legge di bilancio 2018, che definisce equo il compenso dell'avvocato determinato nelle convenzioni quando esso sia:
Il comma 2 dell'articolo 19-
quaterdecies, inoltre, ha
esteso il diritto all'equo compenso previsto per la professione forense, in quanto compatibile, anche
a tutti i rapporti di lavoro autonomo che interessano professionisti, iscritti o meno agli ordini e collegi, i cui parametri sono definiti dai decreti ministeriali di attuazione del decreto-legge n. 1 del 2012, il quale , con esclusivo riferimento alle professioni ordinistiche, ha soppresso le tariffe professionali ed ha introdotto i parametri per la liquidazione giudiziale dei compensi in caso di mancato accordo tra le parti.
Si ricorda, peraltro, che in data 22 novembre 2017
l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell'esercizio dei poteri di cui all'art. 22 della legge 10 ottobre 1990 n. 287, ha deliberato l'invio di una
segnalazione ai presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, nonché al Presidente del Consiglio dei Ministri, avente ad oggetto alcune disposizioni previste nel d.l. 148/2017 e nel DDL AC 4741 di conversione dello stesso, recante "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell'estinzione del reato per condotte riparatorie" (c.d. decreto fiscale).
In primo luogo, è stata segnalata la contrarietà ai principi concorrenziali di quanto previsto dall'art. 19-
quaterdecies in tema di "equo compenso" per le professioni, che introduce il principio generale per cui le clausole contrattuali tra i professionisti e alcune categorie di clienti, che fissino un compenso a livello inferiore rispetto ai valori stabiliti in parametri individuati da decreti ministeriali, sono da considerarsi vessatorie e quindi nulle. Secondo l'Autorità, la disposizione, nella misura in cui collega l'equità del compenso a parametri tariffari contenuti nei decreti anzidetti, reintroduce di fatto i minimi tariffari, con l'effetto di ostacolare la concorrenza di prezzo tra professionisti nelle relazioni commerciali con alcune tipologie di clienti c.d. "forti" e ricomprende anche la Pubblica Amministrazione.
L'Autorità ha sottolineato come, secondo i consolidati principi antitrust nazionali e comunitari, le tariffe professionali fisse e minime costituiscano una grave restrizione della concorrenza, in quanto impediscono ai professionisti di adottare comportamenti economici indipendenti e, quindi, di utilizzare il più importante strumento concorrenziale, ossia il prezzo della prestazione. L'Autorità ha quindi concluso che
"l'articolo 19 quaterdecies in quanto idoneo a reintrodurre nell'Ordinamento un sistema di tariffe minime, peraltro esteso all'intero settore dei servizi professionali, non risponde ai principi di proporzionalità concorrenziale, oltre a porsi in stridente controtendenza con i processi di liberalizzazione che, negli anni più recenti, hanno interessato il nostro ordinamento anche nel settore delle professioni regolamentate".
Si ricorda, infine che la
Corte di Giustizia dell'Unione Europea (sezione IV), nella sentenza 4 luglio 2019, caso C-377/17 ha affermato che in materia di compensi professionali, l'indicazione delle tariffe minime e massime è vietata in quanto incompatibile con il diritto dell'Unione Europea, ma sono comunque ammesse deroghe per motivi di interesse pubblico, come la tutela dei consumatori, la qualità dei servizi e la trasparenza dei prezzi.
Nella vicenda oggetto della sentenza, la Commissione UE aveva chiesto alla Corte di verificare se, mantenendo tariffe obbligatorie per gli architetti e gli ingegneri, la Germania fosse venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'articolo 49 TFUE nonché dell'articolo 15, paragrafo 1, paragrafo 2, lettera g), e paragrafo 3, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno. Per essere conformi agli obiettivi di tale direttiva le tariffe devono essere non discriminatorie, necessarie e proporzionate alla realizzazione di un motivo imperativo di interesse generale. La Corte, nel caso di specie, ha ritenuto che le tariffe obbligatorie previste in Germania per i servizi di progettazione di base degli architetti e degli ingegneri violino il suddetto articolo 15 della direttiva 2006/123/CE, in quanto non idonee a perseguire in modo coerente e sistematico i "motivi imperativi di interesse generale" addotti dalla Germania, quali in particolare la garanzia dell'elevata qualità delle prestazioni professionali e la tutela dei consumatori. |
ContenutoL'articolo 1 contiene la Definizione di equo compensodefinizione di equo compenso. A tal fine, riprendendo in parte quanto già previsto nella normativa vigente, specifica che per essere considerato equo il compenso deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto e al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale nonché conforme ai parametri per la determinazione dei compensi previsti, rispettivamente:
Il citato comma 6 dell'articolo 13 prevede che i parametri indicati nel decreto emanato dal Ministro della giustizia, su proposta del CNF, ogni due anni, si applicano quando all'atto dell'incarico o successivamente il compenso non sia stato determinato in forma scritta, in ogni caso di mancata determinazione consensuale, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi e nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell'interesse di terzi o per prestazioni officiose previste dalla legge. In attuazione di tale previsione è stato, da ultimo adottato il
decreto del Ministero della Giustizia 13 agosto 2022, n. 147, recante modifiche al decreto 10 marzo 2014, n. 55, concernente la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense.
L'articolo 2, definisce, al comma 1, l'ambito di intervento della proposta di legge, la quale si applica al compenso dei professionisti in relazione alle attività professionali che:
Rispetto alla normativa vigente, la proposta amplia l'ambito applicativo della disciplina sull'equo compenso delineando, in relazione alla realtà produttiva italiana, le caratteristiche che deve avere l'impresa per poter essere considerata, rispetto al professionista, un contraente "forte".
Attualmente, infatti, l'articolo 13-bis, comma 1, della legge n. 247 del 2012 (
v. sopra) stabilisce che la disciplina sull'equo compenso si applica, oltre che in relazione alle imprese bancarie e assicurative, anche a tutti i rapporti basati su convenzioni tra professionista e impresa diversa dalla micro, piccola e media impresa come definite dalla
raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003. In base ai parametri europei, "la categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano
meno di 250 persone, il cui
fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro.
La disposizione, inoltre, specifica che le norme sull'equo compenso si applicano ad ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purché vincolante per il professionista, le cui clausole siano utilizzate dalle predette imprese (comma 2); al riguardo si anticipa che l'articolo 4, comma 1, della proposta specifica che tali accordi si presumono unilateralmente predisposti dalle imprese, salvo prova contraria. L'articolo 2 (comma 3) estende altresì l'applicazione della disciplina dell'equo compenso alle prestazioni rese dal professionista nei confronti della pubblica amministrazione e delle società partecipate dalla p.a. Sono espressamente escluse dall'ambito di applicazione della nuova disciplina le società veicolo di cartolarizzazione e gli agenti della riscossione e pone nel contempo a carico di quesi ultimi - con una disposizione analoga a quella di cui al comma 4-bis dell'art. 19-quaterdecies del D.L. n. 148 del 2017 - l'obbligo di garantire comunque, all'atto del conferimento dell'incarico, la pattuizione di compensi adeguati all'importanza dell'opera, tenendo in ogni caso conto dell'eventuale ripetitività della prestazione richiesta.
Si ricorda che l'art. 19-
quaterdecies del
D.L. n. 148 del 2017 prevede attualmente (comma 3) che la
pubblica amministrazione, in attuazione dei princìpi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell'equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti. Il medesimo articolo (comma 4-bis)
esclude dall'applicazione della disciplina sull'equo compenso gli agenti della riscossione, i quali devono garantire, comunque, al momento del conferimento dell'incarico professionale, la pattuizione di compensi adeguati all'importanza dell'opera, tenendo conto, in ogni caso, dell'eventuale ripetitività delle prestazioni richieste.
Nullità delle clausole che prevedono un compenso non equoL'articolo 3 stabilisce la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato per lo svolgimento di attività professionali, con riguardo anche ai costi sostenuti dal prestatore d'opera (comma 1); la proposta specifica che sono nulle le pattuizioni di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi di cui all'art. 1 (v. sopra). Il Ulteriori ipotesi di nullitàcomma 2 prevede inoltre la nullità di qualsiasi pattuizione:
La stessa disposizione prevede la nullità di qualsivoglia clausola e pattuizione che consista:
Il comma 3 esclude la nullità delle clausole che riproducono disposizioni di legge o che attuano princìpi contenuti in convenzioni internazionali. Il comma 4 specifica che la nullità:
Il Rideterminazione del compensocomma 5 specifica che l'azione per far valere la nullità della pattuizione (accordo di qualsiasi tipo, convenzione, contratto, esito della gara, affidamento, predisposizione di un elenco di fiduciari etc.) e chiedere la rideterminazione giudiziale del compenso per l'attività professionale prestata, può essere promossa dal professionista, innanzi al tribunale del luogo ove egli ha la residenza o il domicilio. In base al comma 6 il tribunale procede alla rideterminazione del compenso:
Per le sole professioni ordinistiche è inoltre introdotta la possibilità, per il tribunale, di richiedere al professionista di produrre il parere di congruità del compenso reso dall'ordine o dal collegio professionale. Al riguardo si specifica:
L'Indennizzo a favore del professionistaarticolo 4 ribadisce che spetta al giudice, rilevato il carattere iniquo del compenso, rideterminarlo condannando il committente al pagamento del dovuto; inoltre, il giudice può condannare il cliente al pagamento di un indennizzo in favore del professionista, pari a una somma fino al doppio della differenza tra il compenso e quello originariamente pattuito. L'articolo 5:
L'Convenzioni standardarticolo 6 consente alle imprese di cui all'art. 2 di adottare modelli standard di convenzione, concordati con le rappresentanze professionali; in tali casi i compensi individuati dal modello si presumono equi fino a prova contraria.
Parere di congruitàL'articolo 7 prevede la possibilità che il parere di congruità emesso dall'ordine o dal collegio, in alternativa alle procedure di ingiunzione di pagamento (artt. 633 e ss cp.c.) e a quelle specifiche per le controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato (art. 14 del D. lgs. n. 150 del 2011) acquisti l'efficacia di titolo esecutivo per il professionista, se rilasciato nel rispetto delle procedure, e se il debitore non ha proposto opposizione ai sensi dell'art. 702-bis c.p.c., entro 40 giorni dalla notificazione del parere stesso.
Come ha precisato la giurisprudenza, mentre ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo a norma dell'art. 636 c.p.c., la prova dell'espletamento dell'opera e dell'entità delle prestazioni può essere utilmente fornita con la produzione della parcella e del relativo parere della competente associazione professionale, tale documentazione non è più sufficiente nel giudizio di opposizione, il quale si svolge secondo le regole ordinarie della cognizione e impone al professionista, nella sua qualità di attore, di fornire gli elementi dimostrativi della pretesa, per consentire al giudice di merito di verificare le singole prestazioni svolte dal professionista stesso e la loro corrispondenza con le voci e gli importi indicati nella parcella. (Cass. Civ. sentenza n. 18775/2005; Cass. civ , ord. 15 gennaio 2018, n. 712).
Il giudizio di opposizione al parere di congruità avente efficacia di titolo esecutivo si svolge davanti al giudice competente per materia e per valore del luogo nel cui circondario ha sede l'ordine o il collegio professionale che lo ha emesso, nelle forme di cui all'art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011. Tale richiamo comporta l'applicazione del rito sommario di cognizione, la competenza del tribunale in composizione collegiale, la possibilità per le parti di stare in giudizio personalmente e l'inappellabilità dell'ordinanza che definisce il giudizio.
Azione di responsabilità professionaleL'articolo 8 interviene sulla disciplina della decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di responsabilità professionale, individuando nel giorno del compimento della prestazione il relativo dies a quo. Azione di classeL'articolo 9 consente la tutela dei diritti individuali omogenei dei professionisti attraverso l'azione di classe, proposta dal consiglio nazionale dell'ordine (per le professioni ordinistiche) o dalle associazioni professionali (per le professioni non ordinistiche, di cui alla legge n. 4 del 2013). La disposizione richiama la disciplina dell'azione di classe ora contenuta nel Titolo VIII-bis del libro quarto del codice civile, entrata in vigore il 19 maggio 2021.
Osservatorio nazionale sull'equo compensoL'articolo 10 istituisce presso il Ministero della giustizia l'Osservatorio nazionale sull'equo compenso, con il compito di vigilare sul rispetto della legge, esprimere pareri o formulare proposte sugli atti normativi che intervengono sui criteri di determinazione dell'equo compenso o disciplinano le convenzioni; segnalare al Ministro della giustizia pratiche elusive delle disposizioni sull'equo compenso; presentare alle Camere una relazione annuale sulla propria attività di vigilanza. L'osservatorio, nominato per 3 anni con decreto del Ministro della giustizia, dovrà essere composto da:
Ai componenti dell'osservatorio non spetta alcun compenso, gettone, rimborso spese o altro emolumento. Disposizioni transitorieL'articolo 11 contiene una disposizione transitoria in base alla quale le norme di nuova introduzione non si applicano alle convenzioni in corso, sottoscritte prima della data di entrata in vigore della nuova disciplina.
Tale esclusione delle convenzioni in corso, non prevista dal testo dell'AC 3179 della XVIII legislatura licenziato dalla Commissione Giustizia, è stata introdotta nel corso dell'esame in Assemblea al fine di recepire una condizione posta dalla Commissione Bilancio.
L'Abrogazioniarticolo 12 abroga:
Si ricorda che l'abrogazione di disposizioni abrogative non provoca automaticamente la reviviscenza delle norme abrogate, come affermato dalla Circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi del presidente della Camera del 20 aprile 2001 e, successivamente, anche dalla Corte costituzionale (sentenza n. 13 del 2012). Con riguardo all'abrogazione delle disposizioni di abrogazione delle norme che prevedevano l'obbligatorietà delle tariffe fisse o minime occorre ricordare che nel nostro ordinamento il compenso del professionista è stato a lungo commisurato in base a un sistema tariffario obbligatorio. Sulla materia è intervenuta la c.d. legge Bersani (legge n. 248 del 2006, di conversione del decreto-legge n. 223 del 2006) che, all'articolo 2, in conformità al principio comunitario di libera concorrenza e a quello di libertà di circolazione delle persone e dei servizi, nonché al fine di assicurare agli utenti un'effettiva facoltà di scelta nell'esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato, ha abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono l'obbligatorietà dei minimi tariffari. Il definitivo superamento del sistema tariffario è stato successivamente opera dell'art. 9 del DL n. 1 del 2012 , che ha previsto l'abrogazione definitiva delle tariffe delle professioni regolamentate (oltre ai minimi, vengono meno anche i massimi tariffari), introducendo una nuova disciplina del compenso professionale: il professionista può liberamente pattuire qualunque compenso con il cliente, purché adeguato all'importanza dell'opera. Inoltre, l'art. 9 del DL 1/2012 ha previsto che, in caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, la determinazione del compenso professionale debba essere effettuata con riferimento a parametri tariffari stabiliti con decreto del ministro vigilante. Per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia si fa riferimento al D.M. 20 luglio 2012, n. 140; per gli iscritti all'albo dei consulenti del lavoro al D.M. 21 febbraio 2013, n. 46 e, per le professioni dei medici veterinari, farmacisti, psicologi, infermieri, ostetriche e tecnici sanitari di radiologia medica, al D.M. 19 luglio 2016, n. 165. Con particolare riferimento alla professione forense, la legge professionale (legge n. 247 del 2012, art. 13) ha stabilito per i compensi la possibile pattuizione a tempo, in misura forfetaria, per convenzione avente ad oggetto uno o più affari, in base all'assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l'intera attività, a percentuale sul valore dell'affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione. A richiesta, l'avvocato è altresì tenuto a comunicare in forma scritta al cliente la prevedibile misura del compenso, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale. L'art. 13 della legge professionale forense ha previsto l'aggiornamento ogni 2 anni dei parametri per la liquidazione dei compensi indicati nel DM giustizia, su proposta del CNF. Per la professione forense, i parametri trovano applicazione: quando il giudice liquida le spese al termine dei giudizi; quando avvocato e cliente non hanno determinato il compenso in forma scritta; quando avvocato e cliente non hanno determinato il compenso consensualmente.
L'articolo 13 reca la clausola di invarianza finanziaria. |