Piano d'azione dell'UE: proteggere e ripristinare gli ecosistemi marini per una pesca sostenibile e resiliente 23 maggio 2023 |
Indice |
|Finalità e contenuti|Contenuto|Dati sulla pesca in Italia (a cura del Servizio Studi)|Esame presso le Istituzioni dell'UE|Esame presso altri Parlamenti nazionali| |
Finalità e contenuti
Il 21 febbraio 2023 la Commissione europea ha presentato un
Piano d'azione per proteggere e ripristinare gli ecosistemi marini per una pesca sostenibile e resiliente nell'ambito di un pacchetto di misure volte a migliorare la
sostenibilità del settore della pesca e dell'
acquacoltura.
Il pacchetto comprende una
comunicazione sulla transizione energetica nel settore della pesca e dell'acquacoltura dell'UE, una
comunicazione sulla politica comune della pesca, oggi e domani e una
relazione sull'organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura.
Il
Piano d'azione è volto ad assicurare buone condizioni di conservazione dell'ambiente marino, che risente della pressione dei cambiamenti climatici e dell'inquinamento degli oceani, al fine di preservare
stock ittici sani e una ricca biodiversità ed assicurare prospettive a medio e a lungo termine alle comunità di pesca dell'UE.
Le linee di intervento previste dal Piano sono, pertanto, concepite per
rafforzare la tutela dell'ambiente marino e la sostenibilità delle attività di pesca, essendo, in particolare, dirette a:
Il Piano contribuisce all'attuazione della
strategia
europea sulla biodiversità per il 2030 che prevede l'impegno a offrire tutela
giuridica al 30% delle aree marine dell'Unione, di cui un terzo rigorosamente protetto. Per conseguire tale obiettivo, la Commissione invita gli Stati membri ad adottare
misure di conservazione nel settore della pesca per proteggere e gestire efficacemente le aree marine protette, con un calendario preciso. Le misure dovrebbero consentire la protezione delle zone di riproduzione e di crescita del novellame, la riduzione dei tassi di mortalità degli stock e il ripristino di aree vitali per le specie e gli habitat sensibili.
Il Piano mira inoltre a
ridurre l'impatto della pesca sui fondali marini, il cui ripristino e la cui tutela sono ritenuti fondamentali, tenuto conto della loro importanza per la biodiversità marina e del ruolo svolto nel contrastare i
cambiamenti climatici grazie alla capacità di assorbimento del
carbonio.
La Commissione invita, pertanto, gli Stati membri a proporre raccomandazioni comuni e ad adottare misure nazionali per
eliminare gradualmente
la pesca di fondo con attrezzi attivi in tutte le
aree marine protette al più tardi
entro il 2030 e a
vietarla in tutte le
aree marine protette di recente istituzione. Le prime misure dovrebbero essere adottate già
entro marzo 2024 per i siti inseriti nella rete "Natura 2000" ai sensi della
direttiva Habitat, che protegge i fondali e le specie marine.
Nel Piano d'azione sono, infine, proposte azioni volte ad
aumentare la selettività degli attrezzi e
delle pratiche di pesca, nonché a ridurre le catture accidentali di specie minacciate, fissando un calendario che aiuterà gli Stati membri a dare la priorità alle specie che necessitano di maggior protezione.
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Contenuto
Il Piano individua i seguenti obiettivi:
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Rendere la pesca sostenibile
Il Piano richiama l'obiettivo, contemplato dal
nuovo quadro globale in materia di biodiversità e dalla
strategia
dell'UE sulla biodiversità per il 2030, di proteggere il 30% dei mari dell'UE creando nuove aree marine protette, gestendo più efficacemente quelle esistenti, rendendo le attività di pesca più sostenibili, anche attraverso l'
uso di attrezzi da pesca a basso impatto
, e
limitando al massimo le
catture accidentali di specie sensibili. Esso, inoltre, si prefigge lo scopo di
proteggere il novellame e le relative
zone di riproduzione e di
crescita e di ridurre l'impatto sugli
habitat sensibili, in particolare sui
fondali marini.
Le azioni previste dal Piano si basano sulla normativa vigente in materia di tutela ambientale e gestione della pesca, a cominciare dal
regolamento, aggiornato nel 2019, relativo alla
conservazione delle risorse della pesca e alla
protezione degli ecosistemi marini attraverso
misure tecniche. Tale regolamento reca disposizioni relative a quando, dove e come pescare, ai quantitativi e alla taglia dei pesci e alle catture accessorie e, di conseguenza, sulla
sostenibilità delle operazioni di pesca.
Secondo la Commissione tale normativa resta il punto di riferimento per il conseguimento degli obiettivi ambientali e l'adozione di approcci regionali. Il
regolamento sulle
misure tecniche contiene una serie di norme sulla pesca selettiva in ciascun bacino marittimo, ad esempio istruzioni specifiche sulle diverse dimensioni e forme delle maglie delle reti da pesca per poter catturare solo pesci di determinate taglie, sulle griglie e sui pannelli di selezione che consentono la fuoriuscita di determinate specie o sulla posizione e sui periodi di chiusura delle zone di pesca, ad esempio durante il periodo di riproduzione dei pesci (si vedano gli
allegati da V a XI).
Il primo obiettivo è ulteriormente articolato in
due distinti ambiti di intervento, volti a:
Migliorare la selettività degli attrezzi e contenere l'impatto della pesca sulle specie sensibili
La Commissione richiama gli obiettivi del citato regolamento sulle misure tecniche e l'esigenza di migliorarne l'attuazione. Tra questi, ridurre al minimo e, se possibile, eliminare le
catture accidentali di specie marine sensibili, minacciate da numerosi fattori: la
pesca eccessiva, l'
inquinamento, la
perturbazione o la
distruzione e il degrado dei loro
habitat. Per alcune specie uno dei rischi principali è rappresentato dalla cattura accidentale negli attrezzi da pesca che hanno contribuito al
declino delle popolazioni di diverse specie, alcune a rischio di estinzione nonostante la tutela offerta dalla normativa dell'UE sulla protezione della natura.
Tra le
specie vulnerabili figurano diversi squali, tartarughe marine, mammiferi marini (la focena del Baltico centrale e le foche monache del Mediterraneo) e uccelli marini (ad es. la berta delle Baleari) che corrono il rischio di cattura nella pesca con reti fisse. I mammiferi marini sono spesso catturati con grandi reti da traino pelagiche, gli uccelli marini nella pesca con palangari e le tartarughe marine con reti da traino e palangari.
La Commissione europea sottolinea che la normativa dell'UE in materia di ambiente e le norme della
politica comune della pesca (PCP), in special modo l'introduzione di
modifiche tecniche agli
attrezzi da pesca o la
limitazione della pesca nei
periodi e nelle
zone in cui la presenza di una specie sensibile è particolarmente elevata, offrono già strumenti adeguati ad evitare le catture accidentali.
Ricorda, inoltre, i progetti pilota, in programma o già avviati in varie zone marine dell'Unione, per la protezione delle specie sensibili, ad esempio le misure in corso di elaborazione per ridurre la cattura degli squali e proteggere le aree di crescita del novellame nel Mediterraneo.
Richiama, tuttavia, gli Stati membri ad intensificare gli sforzi per rispettare gli impegni assunti nell'ambito della
strategia dell'UE sulla biodiversità per il 2030 e li esorta a sfruttare appieno gli strumenti della
politica comune della pesca per attuare con urgenza le misure già disponibili e scientificamente convalidate, tra le quali la
chiusura di breve durata di determinate
zone di pesca o l'installazione di
dissuasori acustici. Li invita, inoltre, a migliorare i sistemi di
monitoraggio necessari per individuare la portata e la distribuzione delle catture accidentali.
Ritiene altresì fondamentale, per conseguire il
rendimento massimo sostenibile per le specie ittiche sfruttate a fini commerciali, che contribuisce al buono stato ecologico delle popolazioni ittiche,
limitare le catture o lo sforzo di pesca e garantire che le
attività di
pesca siano
altamente selettive, facendo sì che i pescatori catturino
soltanto le specie bersaglio e
solo in
determinati quantitativi,
età e taglie.
Ritiene che la
protezione di zone di riproduzione e di crescita del novellame, comprese le aree oggetto di protezione rigorosa, consentendo l'
aumento degli stock, possa avere un impatto positivo sulla pesca nelle zone adiacenti.
A tal fine, sottolinea la necessità che gli Stati membri proseguano e accelerino i lavori sulle misure nazionali e le raccomandazioni comuni utili a dare seguito alle
raccomandazioni della
Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (
CGPM
) sull'adozione e la diffusione di strumenti e pratiche innovativi per la sostenibilità della pesca, come l'uso di attrezzi da pesca più selettivi, strumenti di monitoraggio per individuare le zone di concentrazione del novellame e per evitare tali zone.
In tale contesto, ritiene necessario fornire incentivi e un sostegno efficaci alle comunità di pescatori interessate e fare buon uso dei fondi UE disponibili.
La Commissione sosterrà gli Stati membri chiedendo il parere delle istituzioni scientifiche su come migliorare gli attuali modelli di pesca della flotta dell'UE. Se necessario, sulla base di nuovi pareri scientifici, si avvarrà anche delle sue competenze di esecuzione a norma del citato
regolamento sulle misure tecniche riguardo alla progettazione degli attrezzi da pesca (si veda l'art. 15) al fine di garantire condizioni di parità nell'attuazione delle disposizioni sulla selettività degli attrezzi.
Ritiene, infine, importante e urgente
migliorare la conservazione delle specie a
grave rischio di estinzione pescate a fini commerciali, come l'anguilla.
Le azioni previste
Per migliorare la selettività degli attrezzi e ridurre l'impatto delle attività di pesca sulle specie sensibili la Commissione
invita gli Stati membri ad adottare iniziative volte a:
La Commissione europea annuncia inoltre che intende:
Ridurre l'impatto della pesca sui fondali marini
La Commissione europea definisce le
buone condizioni degli
habitat dei
fondali
requisito fondamentale per la salute degli ecosistemi marini per la ricchezza della loro biodiversità che li rende idonei alla riproduzione e crescita per il novellame di molte specie, nonché a mantenere il buon funzionamento della rete trofica marina e a regolare il clima.
Ricorda, inoltre, l'importante ruolo svolto da oceani e mari, in particolare dai sedimenti oceanici, nel mitigare i cambiamenti climatici in quanto
pozzo naturale di assorbimento del carbonio.
In tale prospettiva definisce la
pesca con determinati
attrezzi di fondo attivi, in particolare con
reti a strascico, tra le
attività più diffuse e dannose per i fondali marini e i relativi habitat.
Tra tali attrezzi il
Comitato scientifico ed economico per la pesca elenca le draghe da natante, le draghe meccanizzate, comprese quelle aspiranti, le reti a strascico a divergenti, le reti gemelle a divergenti, le reti a strascico a coppia, le sciabiche da spiaggia, le sciabiche danesi (ancorate), le sciabiche a coppia, le sciabiche scozzesi (non ancorate), le sciabiche da natante e le sfogliare.
Ridurre la pesca di fondo con attrezzi attivi consentirebbe, secondo la Commissione di ripristinare la biodiversità dei fondali marini, ricostituire gli
stock marini ed evitare il degrado dell'ambiente marino, con notevoli benefici per gli ecosistemi, la società e lo stesso settore della pesca.
Nel Piano si ricorda che la
direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino e la
direttiva Habitat già impongono la protezione e il ripristino dei fondali marini, e prevedono che gli Stati membri adottino misure per la loro protezione al fine di conseguire il "buono stato ecologico" delle acque dell'UE e intraprendano, nei siti marini Natura 2000, le misure necessarie per contribuire al conseguimento o al mantenimento di uno "stato di conservazione soddisfacente".
Gli
strumenti di gestione della pesca vietano, nel Mediterraneo, la pesca di fondo con attrezzi attivi in zone costiere strette e più profonde di 1.000 metri e, nell'Atlantico, la
pesca a strascico in
zone più profonde di 800 metri, con il divieto di praticare tale tipo di pesca in un'area di ben 16.419 km
2 di ecosistemi marini vulnerabili. La pesca a strascico è ulteriormente limitata in zone particolarmente sensibili da una serie di misure e norme (si veda l'Allegato II del
regolamento sulle misure tecniche).
Alcuni Stati membri hanno adottato misure per vietare o limitare la pesca di fondo in determinate zone mediante provvedimenti nazionali e mediante la presentazione di raccomandazioni comuni nel quadro della politica comune della pesca, come base per l'adozione di regolamenti delegati.
Nel novembre 2022, sulla base di una proposta dell'UE, la
CGPM ha deciso di valutare l'impatto potenziale di una modifica dei limiti di profondità delle attuali restrizioni di pesca a valori compresi tra i 600 e gli 800 metri, al fine di introdurre nuove restrizioni nelle acque meno profonde.
Tuttavia, secondo la Commissione europea la pesca di fondo con attrezzi attivi continua a essere diffusa nelle acque dell'UE: nell'Atlantico nord-orientale è praticata nell'80-90% delle zone in cui la pesca è consentita, ma anche in molti siti Natura 2000 e altre aree marine protette. Ad avviso della Commissione, la sua diffusione compromette il conseguimento degli obiettivi di conservazione globali fissati dalla convenzione sulla diversità biologica e rischia di mettere a repentaglio i progressi in materia di mitigazione dei cambiamenti climatici.
Sempre secondo la Commissione europea, ulteriori effetti della
pesca di fondo con attrezzi attivi sono: la minore disponibilità di pesce a medio e a lungo termine, il grande impiego di carburante con costi significativi per il settore e un'elevata impronta di carbonio. La "non selettività" di tali tecniche comporta inoltre importanti quantità di catture indesiderate e rigetti.
Per tali esigenze di protezione e tutela dei fondali, la
Commissione europea ritiene necessario limitare,
se non abbandonare la
pesca di fondo con attrezzi attivi garantendo che tali tecniche non siano sostituite da alternative equivalenti o peggiori.
La Commissione invita, pertanto,
gli Stati membri, anche per conseguire gli obiettivi della strategia dell'UE sulla biodiversità di proteggere il 30% dei mari dell'UE, a sfruttare appieno gli strumenti della politica comune della pesca e ad
eliminare gradualmente la pesca di fondo con attrezzi attivi in tutte le
aree marine protette al più tardi
entro il 2030.
Entro la fine di marzo 2024 gli Stati membri dovrebbero adottare
misure nazionali o, proporre ai gruppi regionali
raccomandazioni comuni volte a vietare la pesca di fondo con attrezzi attivi nelle aree marine protette designate come "siti Natura 2000" a norma della
direttiva Habitat e nelle aree marine protette di recente istituzione.
Nel Piano d'azione si ricorda che la citata
direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino e la
proposta di regolamento sul ripristino della natura, prevedono che i fondali marini vengano protetti e ripristinati anche al di là delle aree marine protette. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero
concordare rapidamente e attuare i valori soglia per l'
integrità dei
fondali marini, attualmente in fase di elaborazione nell'ambito della
direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino.
Le azioni previste
La Commissione
invita gli Stati membri a:
La Commissione intende:
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Garantire l'equità della transizione
Il Piano sottolinea, in coerenza con la nuova strategia di crescita economica dell'Europa stabilita dal
Green Deal europeo, i vantaggi economici di una migliore conservazione degli ecosistemi marini, stimando che
proteggere il 30% degli oceani consentirebbe di aumentare di
otto milioni di tonnellate le catture, con un
aumento di circa il 10% rispetto ai dati attuali. In tale ambito, osserva che i cambiamenti nelle pratiche del settore pesca dovrebbero essere compensati nel medio e lungo periodo, dalla graduale ricostituzione degli stock e dallo spostamento delle specie pescate a fini commerciali dalle aree marine protette ad altre zone di pesca. Le ricadute negative derivanti dall'eliminazione graduale della pesca di fondo potrebbero essere parzialmente compensate dal trasferimento dell'attività di pesca verso altre zone di pesca. La Commissione sottolinea:
Ricordando che in passato gli Stati membri hanno fatto
scarso ricorso ai finanziamenti dell'UE per la conservazione dell'ambiente marino (si veda la
relazione della Corte dei Conti europea), la Commissione li invita a
sostenere le comunità di pescatori nella transizione favorendo l'innovazione e la diversificazione delle attività economiche, la transizione energetica e l'aumento della selettività degli attrezzi da pesca, facendo ricorso alle risorse di cui agli strumenti di finanziamento dell'UE disponibili.
Gli stanziamenti disponibili per tali obiettivi sono previsti dal
Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l'acquacoltura (
FEAMPA) e dal programma
LIFE.
Il FEAMPA ha una dotazione di
5,3 miliardi di euro a disposizione degli
Stati membri per il periodo 2021-2027: i progetti di programmi degli Stati membri prevedono (al 28 settembre 2022). di destinarne
il 29% alla biodiversità e il 56% ai cambiamenti climatici. LIFE, dispone di una dotazione di 5,43 miliardi di EUR per il periodo 2021-2027 e finanzia progetti per la protezione e la conservazione dell'ambiente marino e la riduzione della pressione sugli ecosistemi marini.
Ulteriori risorse sono attivabili tramite
Orizzonte Europa, il
Fondo europeo di sviluppo regionale (compresa Interreg) il
Fondo sociale europeo Plus, il
Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, il
meccanismo per collegare l'Europa e il
Dispositivo per la ripresa e la resilienza.
Le azioni previste
La Commissione invita gli Stati membri a:
La Commissione intende:
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Rafforzare le conoscenze, la ricerca e l'innovazione
La Commissione europea sottolinea che l'attuazione del Piano d'azione richiede lo sviluppo di una solida base di conoscenze, una raccolta di dati e un monitoraggio scientifico sistematici, anche sostenuti da maggiori investimenti e intensificando le attività già svolte dagli Stati membri nel quadro della
normativa vigente per conseguire gli obiettivi della
direttiva quadro sulla
strategia per l'ambiente marino, della
direttiva
Uccelli e della
direttiva
Habitat.
Secondo la Commissione, dovrebbero essere messi in atto
programmi di monitoraggio mirati che migliorino l'osservazione e la comunicazione delle
catture accessorie. Questi dovrebbero riguardare le
attività di pesca ad alto rischio e il potenziale
impatto di tutti i segmenti di flotta interessati, comprese le navi più piccole. Dovrebbero,
inoltre, esaminare i
dati sulla pesca ricreativa, sulle imbarcazioni che la praticano, e sul loro impatto sugli
stock e sull'ambiente marino.
Ulteriori attività di ricerca e di raccolta di dati dovrebbero sviluppare le conoscenze sullo stato dei fondali marini e sull'impatto delle attività di pesca sugli habitat dei fondali, compresi la distribuzione e la frequenza delle attività di pesca di fondo e il loro impatto sul sequestro del carbonio. La Commissione intende avviare uno studio per quantificare la capacità di stoccaggio del carbonio dei diversi tipi di habitat dei fondali nei mari dell'UE e il potenziale impatto della pesca di fondo su tale capacità.
Per sostenere la transizione della pesca e degli operatori del settore verso pratiche più selettive e meno dannose per l'ambiente, la Commissione ritiene altresì necessari
migliori metodi di modellizzazione per prevedere e valutare gli effetti sociali, economici e ambientali delle misure di conservazione attuali e future, intendendo avviare, entro la fine del 2023, lo sviluppo di uno strumento di modellizzazione basato sul
concetto di "capitale naturale" nelle decisioni economiche basato, ad esempio ,sulla valutazione e sulla quantificazione del valore economico dei servizi ecosistemici marini e dei costi e benefici socioeconomici derivanti dal mantenimento in buona salute dell'ambiente marino
.
Per l'attuazione del Piano la Commissione ritiene essenziale acquisire il parere scientifico di organismi quali il
Consiglio internazionale per l'esplorazione del mare (
CIEM) e il
Comitato Scientifico, Tecnico ed Economico per la
Pesca (
CSTEP), e rafforzare la cooperazione con l'Agenzia europea dell'ambiente (AEA) che già oggi fornisce sostegno alla Commissione per la mappatura e la valutazione della coerenza della rete delle aree marine protette nelle acque dell'UE, e il contributo della
rete europea di osservazione e di dati dell'ambiente marino (
EMODnet). Quest'ultimo fornisce un accesso libero ai dati marini raccolti sul campo relativi agli
habitat dei fondali marini, alla batimetria, alla geologia, alle attività antropiche (impianti eolici, acquacoltura
, traffico marittimo, ecc.) e ai parametri fisici, chimici e biologici dell'ambiente marino. Insieme al servizio marino nell'ambito del programma di osservazione satellitare
Copernicus, dovrebbe fornire i dati su cui si baserà il gemello digitale europeo dell'oceano (
Digital Twin Ocean), una
piattaforma di modellizzazione digitale che migliorerà la capacità di esaminare e valutare le alternative strategiche per l'ambiente marino sperimentando diversi scenari di gestione. A tal fine, la piattaforma conterrà informazioni ambientali, sociali e finanziarie.
Richiama, inoltre, l'importanza delle
attività di ricerca per la sostenibilità della pesca, la conservazione e il ripristino della biodiversità marina, che possono essere avviate attraverso il programma Orizzonte Europa, sia nell'ambito del suo programma di lavoro generale
( in particolare nell'ambito del polo tematico dedicato agli alimenti, alla bioeconomia, alle risorse naturali, all'agricoltura e all'ambiente), sia attraverso la
missione "Oceani e acque", che fissa obiettivi per la protezione e il ripristino degli ecosistemi marini e di acqua dolce e della biodiversità. Tra le priorità figurano l'innovazione applicata ad attrezzi da pesca intelligenti e rispettosi dell'ambiente, l'uso polivalente dello spazio marino, pescherecci per la pesca artigianale ecologici ed efficienti sotto il profilo energetico, sempre più alimentati da combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio, e le operazioni correlate. A ciò si accompagneranno lo sviluppo di conoscenze relative alle varie componenti ecosistemiche nonché il miglioramento dei metodi di monitoraggio, anche attraverso l'uso dell'intelligenza artificiale.
Anche i programmi
FEAMPA e
LIFE dovrebbero contribuire alla raccolta dei dati, alla ricerca e all'innovazione.
Le azioni previste
La Commissione invita gli Stati membri a:
La Commissione intende:
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Esecuzione e monitoraggio
Il Piano richiama l'esigenza di dare piena attuazione alla normativa dell'UE in materia di pesca e ambiente anche tramite interventi di monitoraggio e controllo da parte degli Stati membri e della Commissione europea.
In primo luogo, la Commissione europea ritiene necessario potenziare il
regolamento sul controllo della pesca che stabilisce norme per il monitoraggio e l'esecuzione delle norme della politica comune della pesca e della legislazione dell'Unione relativa alla conservazione, alla gestione e allo sfruttamento delle risorse acquatiche viventi, alla trasformazione, al trasporto e alla commercializzazione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura. Tale regolamento è oggetto di una proposta di revisione volta al suo rafforzamento, presentata nel 2018 dalla Commissione europea.
Richiama, inoltre, la
direttiva dell'UE sulla criminalità ambientale e preannuncia che intensificherà l'esecuzione nell'ambito della direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino, perseguendo i casi più sostanziali di attuazione non corretta.
Preannuncia anche la possibilità di riesaminare la norma (art. 15 della
direttiva quadro sulla strategia dell'ambiente marino), finora scarsamente attuata, che prevede la possibilità per gli Stati membri di chiedere l'intervento delle istituzioni dell'UE, qualora sia individuato un problema che ha un impatto sulla condizione ambientale delle loro acque marine, ma che non è possibile affrontare mediante misure nazionali.
Ritiene altresì necessario affidare all'Agenzia europea di controllo della pesca (
EFCA) compiti di controllo che contribuiscano specificamente al conseguimento degli obiettivi del Piano d'azione. Attualmente tale Agenzia, sostenuta in alcuni ambiti dall'Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA) e dall'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (FRONTEX), assiste gli Stati membri e la Commissione nell'adempimento degli obblighi previsti dalla politica comune della pesca.
Le azioni previste
La Commissione invita gli Stati membri a:
La Commissione intende tra l'altro:
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Governance
La Commissione europea ricorda che i trattati attribuiscono all'UE la
conservazione delle risorse biologiche marine quale
competenza esclusiva, mentre la
politica ambientale è una
competenza concorrente con gli Stati membri. Di conseguenza, ritiene necessario migliorare le sinergie tra i due settori d'intervento e rafforzare in modo significativo la trasparenza e il coordinamento tra le molteplici autorità coinvolte e i portatori di interessi.
Il Piano prevede che gli Stati membri
elaborino e pubblichino
tabelle di marcia – sulla base di un modello preparato dalla Commissione europea - con un preciso calendario, in cui siano individuate le misure nazionali e le altre misure che intendono presentare mediante raccomandazioni comuni, necessarie per conseguire gli obiettivi del Piano d'azione. Le tabelle di marcia dovrebbero basarsi sugli impegni assunti dagli Stati membri per conseguire gli obiettivi della Strategia sulla biodiversità per il 2030.
Per sostenere gli Stati membri nell'attuazione del Piano d'azione la Commissione intende creare un nuovo
gruppo speciale congiunto per gli Stati membri, con i portatori di interessi in qualità di osservatori. L'obiettivo sarà facilitare la condivisione delle conoscenze e il dialogo tra le comunità operanti nei settori della pesca e dell'ambiente, nonché offrire agli Stati membri una piattaforma di trasparenza e dialogo sull'attuazione delle rispettive tabelle di marcia.
La Commissione continuerà, inoltre, a incoraggiare le altre istituzioni dell'UE e le autorità nazionali ad aumentare la trasparenza e la cooperazione tra le parti e gli esperti dei settori della pesca e dell'ambiente.
Le azioni previste
La Commissione invita gli Stati membri a:
La Commissione per parte sua intende:
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Attuazione del Piano d'azione
Per l'attuazione efficace del Piano proposto la Commissione europea ritiene necessaria la collaborazione tra istituzioni dell'UE, Stati membri, l'intero comparto della pesca e gli organismi coinvolti nella tutela dell'ambiente nel quadro della politica comune della pesca. Quest'ultimo, ad avviso della Commissione tiene già conto delle differenze e delle specificità regionali. La Commissione propone il seguente quadro:
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Dati sulla pesca in Italia (a cura del Servizio Studi)
Secondo i dati riportati nell'Annuario dell'agricoltura italiana (2021) sulla base della Relazione annuale sugli sforzi compiuti dall'Italia nel 2021 per il raggiungimento di un equilibrio sostenibile tra la capacità e le possibilità di pesca in ottemperanza articolo 22 Reg. (CE) n.1380/2013, la flotta da pesca italiana iscritta al 31.12.2021 risulta pari a 11.864 unità, con un tonnellaggio di stazza lorda di 138.579 GT e una potenza motore di 914.017 kW.
La suddivisione della flotta per sistemi di pesca, effettuata sulla base della frequenza di utilizzo degli attrezzi (per gli attrezzi da pesca si veda il sito della Commissione europea), conferma che con 2.088 unità (17,6% del totale), la flotta operante con attrezzi da traino (DTS e TBB) è la seconda in termini di numerosità con il 17,6% della flotta complessiva e la prima in termini dimensionali, con il 62,1% della stazza lorda ed il 47,7% della potenza motore. La pesca artigianale (PGP) rappresenta il segmento più importante in termini numerici, con 8.429 unità e il 71% del totale, tuttavia, il peso si riduce notevolmente in termini dimensionali, attestandosi al 14,8% del tonnellaggio e al 29,9% della potenza motore.
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Con riferimento alle Geographical Sub-Areas (GSA), definite in ambito FAO, la flotta operante nel Mar Adriatico settentrionale (GSA 17) – circa 2.916 battelli - incide per il 24,6% in termini numerici, e per oltre il 30% sul tonnellaggio e sulla potenza motore. Nella Sicilia meridionale (GSA 16), in cui risulta iscritto il 9,5% dei battelli pari a 1.127, si concentra circa il 22% del tonnellaggio nazionale.
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L'attività di pesca della flotta nazionale, pari a 1.232.325 giorni nel 2021, risulta in forte crescita rispetto al 2020 (+31%) e l'attività media svolta da ogni battello è di 104 giorni, a fronte dei 79 giorni del 2020. Nel 2021 la flotta da pesca nazionale fa registrare un volume di sbarco pari a 136.380 tonnellate per un valore economico di oltre 736 milioni di euro. Rispetto all'anno precedente si rileva una crescita del 4,8% per la quantità e del 14,6% per il valore, con un prezzo medio della produzione alla prima vendita (5,40 euro/kg) in sensibile aumento rispetto al 2020 (+9,2%).
A livello territoriale, Marche, Sicilia, Veneto ed Emilia-Romagna sono le regioni con i maggiori livelli produttivi e nell'insieme rappresentano il 56% degli sbarchi nazionali di prodotti ittici. In termini di fatturato, la Sicilia costituisce il 21% del totale, in considerazione della prevalenza di sistemi di pesca che insistono su specie di maggior pregio.
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La composizione del pescato, in linea con gli anni precedenti, è costituita in prevalenza da acciughe, vongole e sardine, che nell'insieme rappresentano nel 2021 il 43% degli sbarchi della flotta nazionale, percentuale che si riduce al 20% se si considera il valore della produzione.
Il volume degli sbarchi di alici è pari a 23.700 tonnellate, quello delle vongole a 19.900 tonnellate e quello delle sardine a 14.900. Mentre le catture di alici risultano sostanzialmente invariate, i quantitativi di vongole e sardine sono in aumento (+4% e +8,3% rispettivamente). Tra le altre specie, si segnalano gli sbarchi di gambero rosa mediterraneo (7.000 tonnellate), nasello (6.000 tonnellate), pannocchia (4.000 tonnellate), triglia di fango (3.900 tonnellate) e tonno rosso (3.700 tonnellate).
In termini economici, il valore delle alici, con 73,8 milioni di euro, contribuisce con il 10% al ricavo complessivo; seguono le vongole con 59,5 milioni di euro (8,1%), il gambero rosso con 53,8 milioni di euro (7,3%) e il nasello con 42,4 milioni di euro (5,8%).
Lo strascico e i rapidi con 45.400 tonnellate contribuiscono per il 33,3% alle catture della flotta italiana, percentuale che aumenta al 45,9% con riferimento al valore della produzione. La pesca effettuata con i polivalenti passivi ha una produzione di 24.400 tonnellate per 197 milioni di euro, con un'incidenza rispettivamente del 17,9% e 26,8% su quantità e valore.
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Esame presso le Istituzioni dell'UE
L'11 maggio scorso presso il Parlamento europeo si è svolto un
dibattito in plenaria sulla tutela e il ripristino degli ecosistemi marini per una pesca sostenibile e resiliente nel corso del quale hanno avuto luogo numerosi interventi sul Piano d'azione e sulle misure previste per vietare la pesca a strascico.
Tra gli altri interventi si segnala quello dell'eurodeputata italiana Rosanna Conte (ID) che ha ricordato che la pesca a strascico è praticata in Italia da circa 2.088 imbarcazioni, che riforniscono l'80% del mercato ittico. Secondo l'eurodeputata le misure proposte comporterebbero la rinuncia del 20% della flotta di pescherecci italiana e favorirebbero le importazioni da paesi terzi.
Nel corso del
Consiglio Agricoltura e Pesca del 20 marzo 2023, il Ministro italiano dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida ha
auspicato una
revisione dei contenuti del Piano, di concerto con gli Stati membri e gli operatori del settore, definendo "una semplificazione" attribuire alla pesca a strascico "l'esclusiva responsabilità del depauperamento dei fondali e delle risorse ittiche".
Il Ministro ha inoltre posto l'accento sull'esigenza di non penalizzare i pescherecci nazionali con regole rigide che sono inapplicabili verso le imbarcazioni di Paesi terzi negli stessi bacini di approvvigionamento.
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Esame presso altri Parlamenti nazionali
Secondo il
sito
Ipex, la comunicazione recante il Piano d'azione è stata esaminata dall'Assemblea Nazionale francese e dal Bundesrat tedesco, mentre il suo esame è in corso presso i parlamenti danese finlandese, il Sejm polacco, la Camera dei Deputati rumena e il Consiglio nazionale della Repubblica Slovacca.
In particolare, la Commissione per gli affari europei dell'Assemblea nazionale francese ha adottato un parere in cui, pur condividendo in linea di principio gli obiettivi del Piano, esprime forte preoccupazione per le conseguenze economiche e sociali che potrebbero discendere dall'attuazione di diverse misure del Piano. Contesta a questo riguardo che il Piano non sia fondato su una apposita valutazione di impatto e chiede alla Commissione europea di effettuarla, tenendo conto anche delle specificità di ciascuna zona di pesca. Esprime quindi la propria ferma contrarietà ad alcune delle previsioni e proposte contenute nel Piano.
Anche il Bundesrat ha approvato nella sessione plenaria del 12 maggio un parere sul Piano in cui esprime preoccupazione per l'impatto di alcune delle misure più drastiche del Piano sul settore della pesca in Germania, chiedendo di rimodularle in base ad un approccio differenziato in ragione dell'effettivo impatto ambientale. Auspica inoltre un maggiore coinvolgimento degli attori coinvolti nella definizione di specifici interventi previsti dal Piano.
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