Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Abrogazione di norme prerepubblicane relative al periodo 1861-1946
Riferimenti: AC N.1168/XIX AC N.1318/XIX AC N.1371/XIX AC N.1452/XIX
Serie: Progetti di legge   Numero: 223
Data: 13/12/2023
Organi della Camera: I Affari costituzionali

 

Camera dei deputati

XIX LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Abrogazione di norme prerepubblicane relative al periodo 1861-1946

A.C. 1168 e abb.

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 223

 

 

 

13 dicembre 2023

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

( 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it  @CD_istituzioni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: AC0198

 


INDICE

Schede di lettura

§  Il contenuto dei disegni di legge                                                                      5

§  I Regi Decreti                                                                                                   9

§  Esempi di abrogazione                                                                                  12

§  La riduzione dello stock normativo: i precedenti                                           20

 

 


Schede di lettura

 


Il contenuto dei disegni di legge

Sono all’esame della I Commissione della Camera quattro disegni di legge di iniziativa governativa che dispongono l’abrogazione di numerose norme risalenti all’epoca prerepubblicana (1861-1946). Complessivamente sono 22.588, tutti regi decreti, i provvedimenti abrogati.

 

Si tratta dei seguenti disegni di legge:

disegno di legge "Abrogazione di norme prerepubblicane relative al periodo 1861-1870" (A.C. 1168), approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 4 maggio 2023;

disegno di legge “Abrogazione di norme prerepubblicane relative al periodo 1871-1890 e ulteriori abrogazioni di norme relative al periodo 1861-1870” (A.C. 1318) approvato in esame definitivo dal Consiglio dei Ministri del 27 giugno 2023;

disegno di legge “Abrogazione di norme prerepubblicane relative al periodo 1891-1920” (A.C. 1371) approvato in esame definitivo dal Consiglio dei Ministri del 3 agosto 2023;

disegno di legge “Abrogazione di norme prerepubblicane relative al periodo 1921-1946 e ulteriori abrogazioni di norme relative all'anno 1910” (A.C. 1452) approvato in esame definitivo dal Consiglio dei Ministri il 18 settembre 2023.

 

Si segnala che il Governo ha presentato alla Camera un quinto disegno di legge “Abrogazione di atti prerepubblicani diversi dai regi decreti" (A.C. 1572) approvato in esame definitivo dal Consiglio dei Ministri il 16 novembre 2023 e non ancora assegnato.

 

Nella tabella che segue sono indicati in dettaglio il numero dei provvedimenti abrogati da ciascun disegno di legge.

DDL TAGLIA-LEGGI

 

1861-1870

1871-1890

1891-1920

1921-1946

Totale

A.C. 1168

2.534

 

 

 

2.534

A.C. 1318

9

6.479

 

 

6.488

A.C. 1371

 

 

9.924

 

9.924

A.C. 1452

 

 

5

3.637

3.642

 

 

 

 

 

 

TOTALE

 

 

 

 

22.588

I quattro disegni di legge, dal contenuto analogo, constano di 2 articoli e di un allegato ciascuno, recante l’elenco dei regi decreti da abrogare.

 

L’articolo 1, comma 1, reca l’abrogazione dei regi decreti indicati nei rispettivi allegati A dei provvedimenti.

Il comma 2 provvede a confermare gli effetti provvedimentali delle disposizioni prive di effettivo contenuto normativo degli atti abrogati.

 

L’articolo 2 reca la clausola di invarianza finanziaria, secondo la quale dall’attuazione dei provvedimenti in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il riferimento, recato dal comma 2 dell’articolo 1, alle disposizioni prive di effettivo contenuto normativo sembrerebbe doversi intendere come alle disposizioni “ad oggi” prive di contenuto normativo, ossia a quelle che hanno ormai esaurito il loro carattere dispositivo, ferma restando la validità degli effetti prodotti nel tempo durante la loro vigenza e, conseguentemente, dei provvedimenti adottati sulla base di tali norme.

Tale interpretazione sembra trovare conferma nell’Analisi di impatto della regolamentazione – AIR dei quattro d.d.l., laddove si specifica che si interviene esclusivamente sui regi decreti che hanno esaurito i loro effetti o la cui abrogazione, comunque, non comporta la creazione di vuoti normativi.

Si rileva comunque che la medesima formulazione è stata utilizzata dall’articolo 1, comma 2, del DPR n. 248 del 2010 con il quale è stata effettuata l’abrogazione espressa di norme regolamentari vigenti superate (cfr. al riguardo il paragrafo La riduzione dello stock normativo: i precedenti).

 

L’intervento normativo si rende necessario, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa di tutti i d.d.l. in esame, dall’ingente stock normativo. Come riportato dalla relazione illustrativa dei d.d.l. A.C. 1218, 1371 e 1452 nell’ordinamento italiano dal 1861 al 12 aprile 2023 (data dell’ultima rilevazione da parte dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato) sono stati adottati 204.272 atti aventi valore normativo e, di questi, 94.062 sono stati espressamente abrogati.

 

La relazione illustrativa dell’A.C. 1168 informa che è stata effettuata una ricognizione dagli uffici nel corso della quale tutti i regi decreti adottati “sono stati censiti, esaminati nel loro contenuto e valutati quanto alle loro ricadute applicative, considerando anche i successivi sviluppi normativi riguardanti i medesimi oggetti”. Sulla base di tale ricognizione, i provvedimenti sono stati classificati in tre categorie:

·        provvedimenti abrogabili per esaurimento degli effetti;

·        provvedimenti abrogabili per consolidamento;

·        provvedimenti di difficile abrogazione.

I disegni di legge intervengono solo sulla prima categoria, abrogando i regi decreti che hanno esaurito i loro effetti o la cui abrogazione, comunque, non comporta la creazione di vuoti normativi.

Per quanto riguarda i regi decreti abrogabili per consolidamento - prosegue la relazione illustrativa – “si fa presente che si tratta, invece, di provvedimenti che presentano una parte normativa ancora attuale che necessita di recepimento in un testo organico per materia, oppure che presentano valore storico. Rientrano in questa categoria, ad esempio, i regi decreti che uniscono o separano comuni i cui confini sono rimasti immutati e i regi decreti che stabiliscono le denominazioni di comuni ancora attuali.

La relazione illustrativa ritiene quindi che tali provvedimenti potranno essere oggetto di un’analisi di secondo livello, successiva alla verifica, che si svolgerà progressivamente, di tutti i regi decreti prerepubblicani abrogabili per esaurimento degli effetti, al fine di proporre ulteriori disegni di legge diretti a consolidare per materia queste categorie di provvedimenti.

 

Da ultimo, con riferimento ai regi decreti di difficile abrogazione, si rappresenta che si tratta di provvedimenti aventi una residua efficacia. È il caso, ad esempio, di atti riguardanti trattati internazionali rispetto ai quali non sono state rinvenute sopravvenienze, o di atti istitutivi di servitù militari che non sono state oggetto di provvedimenti successivi. I risultati di tale complessa istruttoria sono stati successivamente e integralmente posti all’attenzione di tutte le amministrazioni dello Stato, competenti per materia, che hanno a loro volta verificato i risultati dell’analisi.

 

In particolare, la relazione illustrativa dell’A.C. 1168 precisa che vengono di norma abrogati:

·        regi decreti che istituiscono o che approvano l’atto istitutivo o gli statuti di società o enti non più esistenti;

·        regi decreti di mera approvazione di regolamenti comunali;

·        regi decreti che istituiscono o approvano l’istituzione di enti creditizi non più operanti nel nostro ordinamento quali ad esempio banche, casse di risparmio, monti frumentari;

·        regi decreti che dispongono tasse e imposte comunali;

·        regi decreti relativi all’attività delle camere di commercio;

·        regi decreti che autorizzano la ratifica di trattati internazionali i cui effetti si sono ormai esauriti;

·        regi decreti che intervengono sulla composizione dei collegi elettorali;

·        regi decreti che modificano la denominazione di comuni oggi non più esistenti o che hanno successivamente cambiato nuovamente denominazione;

·        regi decreti che disciplinano lasciti e donazioni i cui effetti sono ormai esauriti;

·        altri regi decreti che hanno comunque esaurito i loro effetti o che intervengono su materie oggi disciplinate da altre fonti normative.

 

Per ulteriori elementi in merito si rinvia al paragrafo Esempi di abrogazione.

 

L’A.C. 1318, che abroga prevalentemente norme risalenti al periodo 1871-189, reca anche l’abrogazione di 9 regi decreti del periodo 1861-1870, non inseriti nell’A.C. 1168, “aventi ad oggetto il riconoscimento di alcuni enti come corpi morali, poiché, durante la consultazione delle amministrazioni, è emerso che tali regi decreti possono considerarsi abrogabili in considerazione dell’evoluzione della disciplina relativa al riconoscimento della personalità giuridica degli enti nonché del mutamento della loro natura giuridica nel corso del tempo, salvo diverso avviso dei Ministeri consultati”.

 


 

I Regi Decreti

La relazione illustrativa del disegno di legge A.C. 1168, cui le relazioni illustrative dei successivi provvedimenti rinviano, segnala che gli atti oggetto di abrogazione sono tutti regi decreti e rileva che si tratta di atti dall’incerta qualificazione giuridica (che rivestire sia il rango di fonte legislativa sia il rango di fonte secondaria) adottati dal Consiglio dei ministri e promulgati dal Re durante il Regno d’Italia. In proposito, la relazione ricorda anche che il Consiglio di Stato nei pareri espressi sugli schemi del decreto legislativo n. 212 del 2010 e del DPR n. 248 del 2010 ha dato atto dell’”estrema difficoltà di una verifica contenutistica che, indubbiamente, presenta margini di errore per atti così risalenti nel tempo ed espressione di un sistema delle fonti profondamente diverso”, concludendo che “in caso di incertezza […] deve ritenersi preferibile correre il rischio di una abrogazione con una fonte di rango superiore piuttosto che quello inverso di abrogazione di una norma primaria con una fonte secondaria”. 

 

In proposito, merita in primo luogo ricordare[1] che l’articolo 6 dello Statuto albertino prevedeva, tra le altre cose, che ”il Re fa i decreti e i regolamenti necessari per l’esecuzione delle leggi senza sospenderne l’osservanza o dispensarne”. Il precedente articolo 3 prevedeva che il potere legislativo fosse collettivamente esercitato dal Re e dalle due Camere

La lettura dello Statuto sembrava così escludere la possibilità di regi decreti con valore di fonte legislativa.

La prassi legislativa del Regno di Sardegna e del Regno d’Italia andò però in un’altra direzione.

In primo luogo, le leggi potevano autorizzare l’adozione di regi decreti con valore di legge in determinate materie. In questo caso i regi decreti possono essere assimilati agli odierni decreti legislativi.

Inoltre, la prassi consentì l’adozione di regi decreti con valore di fonte legislativa, anche in assenza di una legge di autorizzazione.

Sotto la qualificazione di “regi decreti” si ritrovano quindi effettivamente, nel periodo del Regno, sia fonti di tipo legislativo sia fonti di tipo regolamentare.

 Per quanto concerne i regi decreti con valore legislativo adottati in assenza di legge di autorizzazione, la dottrina dell’epoca giustificò in vario modo questo strumento, sostenendo ad esempio lo sviluppo di una consuetudine derogatoria dello Statuto (Scialoja) ovvero di una sua interpretazione estensiva (Codacci Pisanelli; lo Statuto, peraltro, come è noto, era una Costituzione “flessibile”) ovvero la necessità come fonte del diritto (Santi Romano).

In questo quadro, la prassi prevalente ma non univoca prevedeva una sorta di “autoattribuzione” del rango di fonte legislativa da parte del regio decreto: i regi decreti con valore legislativo usualmente contenevano infatti una clausola che ne prevedeva la trasmissione alle Camere per la conversione in legge, i tempi per la conversione non erano però definiti (il disegno di legge però decadeva come tutti i progetti di legge al momento della chiusura della sessione). Solo nel 1915 iniziò ad essere adottata la titolazione “regio decreto-legge”.

 

Il ricorso a regi decreti si fece più intenso in periodi di alta conflittualità politico-sociale come il primo decennio post-unitario (1861-1870), la crisi di fine secolo (1896-1900), la prima guerra mondiale (1915-1918). In particolare negli anni della prima guerra mondiale e dell’immediato dopoguerra il fenomeno esplose e molti regi decreti-legge si andarono ad affiancare ai molti regi decreti adottati sulla base della legge sui pieni poteri approvata al momento dell’entrata in guerra dell’Italia (legge 22 maggio 1915, n. 671), che autorizzava il Governo ad emanare disposizioni aventi valore di legge per quanto sia richiesto dalla difesa dello Stato, dalla tutela dell'ordine pubblico e da urgenti o straordinari bisogni della economia nazionale; da notare che la legge risulta ora formalmente abrogata da uno dei precedenti interventi “taglia-leggi”, il decreto-legge n. 200 del 2008 (cfr. infra il paragrafo La riduzione dello stock normativo: i precedenti). In particolare, nel corso del primo conflitto mondiale e nel dopoguerra risultano adottati 229 regi decreti-legge nel 1915, 186 nel 1916, 238 nel 1917 e 354 nel 1918, 1043 nel 1919, 545 nel 1920, 350 nel 1921.

 

Come si è detto, i tempi per la conversione in legge non erano predeterminati e il disegno di legge di conversione seguiva lo stesso iter dei progetti di legge ordinari decadendo al momento della chiusura della sessione. Per i regi decreti con valore legislativo, la Corte dei conti procedeva però a una registrazione con riserva. L’orientamento della magistratura ordinaria fu invece quello di non discutere della legittimità di tali atti normativi, ad esempio con riferimento agli effetti di una mancata conversione al momento della chiusura della sessione. In particolare, le sezioni unite della Corte di cassazione di Roma, con una sentenza del 17 novembre 1888, rilevarono che le vicende dei regi decreti potevano essere oggetto solo di valutazione politica da parte del Parlamento.

Vi furono però in questo orientamento delle eccezioni giurisprudenziali. Molto nota, a chiusura della “crisi di fine secolo”, è la sentenza della Corte di cassazione di Roma del 20 febbraio 1900 (tra i giudici Luigi Lucchini) con la quale venne dichiarato nullo di effetti il cd. “decreto Pelloux” del 22 giugno 1899 (che conteneva le misure limitative delle libertà statutarie che il governo Pelloux non era riuscito a far approvare dalla Camera a causa dell’ostruzionismo parlamentare); il regio decreto venne dichiarato nullo perché non convertito nella sessione.

Successivamente, sempre la Corte di cassazione di Roma, ora presieduta da Lodovico Mortara, con la sentenza del 16 novembre 1922 affermò che l’autorità giudiziaria poteva accertare l’avvenuta presentazione del disegno di legge di conversione alle Camere e sindacare i motivi di urgenza dei regi decreti che erano “atti arbitrari del Governo eccedenti la sfera del potere esecutivo e quindi anticostituzionali”.

 

Nel periodo regio, la questione trovò una sistemazione, nel quadro dell’autoritarismo del regime fascista, con la legge n. 100 del 1926. La legge:

·        prevedeva che con decreto reale, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, potessero emanarsi norme aventi forza di legge – oltre che quando il Governo fosse a ciò delegato da una legge ed entro i limiti della delegazione - anche nei casi straordinari, nei quali ragioni di urgente ed assoluta necessità lo richiedessero;

·        il giudizio sulla necessità e sull'urgenza non poteva essere soggetto ad altro controllo che a quello politico del Parlamento (si escludeva quindi qualsiasi forma di controllo giurisdizionale);

·        i regi decreti aventi forza di legge emanati in assenza di legge di delegazione dovevano essere muniti della clausola di presentazione al Parlamento per la conversione in legge e dovevano essere presentati ad una delle due Camere non oltre la terza seduta dopo la sua pubblicazione;

·        in caso di chiusura della sessione, all’apertura della nuova sessione, il disegno di legge per la conversione si riteneva ripresentato dinanzi alla Camera presso cui era pendente per la conversione;

·        in caso di rifiuto della conversione da parte di una delle due Camere, il decreto cessava di avere vigore solo dal giorno della pubblicazione della notizia della mancata conversione;

·        se entro due anni dalla pubblicazione, il decreto non era convertito in legge esso cessava di avere vigore dalla scadenza di questo termine.

 


 

Esempi di abrogazione

La relazione illustrativa dell’A.C. 1168, cui le relazioni illustrative dei successivi disegni di legge rinviano, individua, come già si è ricordato, le seguenti tipologie di regi decreti oggetti di abrogazione:

§  regi decreti che istituiscono o che approvano l'atto istitutivo o gli statuti di società o enti non più esistenti;

§  regi decreti di mera approvazione di regolamenti comunali;

§  regi decreti che istituiscono o approvano l'istituzione di enti creditizi non più operanti nel nostro ordinamento quali ad esempio banche, casse di risparmio, monti frumentari;

§  regi decreti che dispongono tasse e imposte comunali;

§  regi decreti relativi all'attività delle camere di commercio;

§  regi decreti che autorizzano la ratifica di trattati internazionali i cui effetti si sono ormai esauriti;

§  regi decreti che intervengono sulla composizione dei collegi elettorali;

§  regi decreti che modificano la denominazione di comuni oggi non più esistenti o che hanno successivamente cambiato nuovamente denominazione;

§  regi decreti che disciplinano lasciti e donazioni i cui effetti sono ormai esauriti;

§  altri regi decreti che hanno comunque esaurito i loro effetti o che intervengono su materie oggi disciplinate da altre fonti normative.

 

Di seguito si indicheranno, con riferimento all’ambito di competenza di 13 delle 14 Commissioni permanenti della Camera (si è esclusa la Commissione Politiche dell’Unione europea in quanto gli atti oggetto di abrogazione sono anteriori al processo di integrazione europea) alcuni esempi delle abrogazioni effettuate.

 

Per ciascun regio decreto citato sarà anche indicato se esso risulta “presumibilmente legislativo” o “presumibilmente non legislativo” sulla base di questi elementi:

 

Per approfondimenti in merito si rinvia al paragrafo I regi decreti.

 

 

 

AFFARI COSTITUZIONALI

Regi decreti che approvano il regolamento di polizia urbana o rurale dei comuni, come ad es. il regio decreto n. 37 del 1861, che approva il regolamento di polizia urbana del comune di Faenza (presumibilmente non legislativo).

 

Regi decreti che intervengono su denominazione e confini di comuni, sulla base di quanto previsto dalla legge comunale e provinciale di cui all’allegato A della legge di unificazione amministrativa n. 2248 del 1865; si richiama, a titolo di esempio, il regio decreto n. 1118 del 1882 che autorizza il comune di Porretta ad assumere la denominazione di bagni della Porretta (presumibilmente non legislativo), il regio decreto n. 814 del 1912 che cambia la denominazione del comune di Bernate di Como in Bernate Rosales (presumibilmente non legislativo); il regio decreto n. 1199 del 1914 che, in esecuzione della legge n. 1294 del 1912, con la quale la frazione «Borsano» viene distaccata dal comune di Sacconago ed è eretta in Comune autonomo, modificava la delimitazione del comune di Sacconago (presumibilmente non legislativo).

 

Regi decreti che dispongono la riunione di Comuni in unico Comune, sulla base del Regio decreto n. 2839 del 1923 di riforma della legge comunale e provinciale (con valore legislativo), adottato sulla base della legge di delegazione n. 1601 del 1922, come ad esempio i regi decreti n. 2140 del 1926 (Riunione dei comuni di Nacla San Maurizio e Roditti in unico Comune con capoluogo Nacla San Maurizio, presumibilmente non legislativo), n.714 del 1927 (Riunione dei comuni di Cave Auremiane, Auremo di Sopra e Famie nell'unico comune di Cave Auremiane, presumibilmente legislativo[2])  e n. 80 del 1928 (Riunione dei comuni di Pieve Tesino, Cinte Tesino e Bieno in un unico Comune denominato «Pieve Tesino», presumibilmente legislativo[3]).

GIUSTIZIA

Regi decreti che dispongono l’approvazione del testo dei libri del Codice civile (n. 1852 del 1938, n. 1586 del 1939, nn. 15, 16, 17, 18 del 1941, tutti presumibilmente legislativi[4]) e recano disposizioni per la relativa attuazione (n. 640 del 1939, n. 206 del 1940, n. 1130 del 1941, nn. 6 e 71 del 1942, tutti presumibilmente non legislativi).

 

AFFARI ESTERI

Regi decreti che danno esecuzione ad accordi internazionali[5]; si segnalano a titolo di esempio: il regio decreto n. 1631 del 1864, per l’esecuzione del Trattato di commercio e di navigazione concluso tra l’Italia e la Russia: il regio decreto n. 2093 del 1864, che dà piena ed intera esecuzione alla Convenzione consolare conclusa tra l’Italia e il Perù il 3 maggio 1863; il regio decreto n. 114 del 1898 che dà esecuzione all’accordo concernente la tassa per le lettere scambiate fra l’Italia e la Tunisia; il regio decreto n. 221 del 1898 che dà esecuzione alla Convenzione tra Italia e Costa-Rica pel cambio di pacchi postali, il regio decreto decreto n. 306 del 1898 che dà esecuzione alla Convenzione internazionale sanitaria conclusa fra l’Italia e vari Stati; i regi decreti n. 1333 del 1921 (accordo Italia-Egitto sulla tassazione degli spiriti), n. 2487 del 1925 (accordo Italia-Spagna sull’emigrazione), n. 699 del 1939 (accordo Italia-Germania sul turismo, tutti presumibilmente non legislativi ad eccezione del regio decreto n. 1333 del 1921[6]).

BILANCIO

Il regio decreto n. 422 del 1862, con il quale sono delegate alcune persone a firmare i titoli del Debito Pubblico in concorrenza con il Direttore generale del Debito Pubblico (presumibilmente non legislativo)

FINANZE

Regi decreti che autorizzano i comuni ad istituire un dazio o imporre/riscuotere una tassa o modificare la tariffa di un dazio. Si segnala a titolo di esempio, il regio decreto 20 ottobre 1861, n. 185, che autorizza il comune di Massa ad imporre un a tassa di pedaggio sul trasporto dei marmi; quello di Codigoro a riscuotere una tassa sui cani; quello di Brescello una tassa sui pubblici esercizi; il regio decreto n. 71 del 1895 che autorizza il comune di Vicenza a riscuotere un dazio addizionale al governativo per l’introduzione delle bevande vinose in fusti, mosto e uva nella cinta daziaria (presumibilmente non legislativi);

 

Regi decreti che approvano l’istituzione o la soppressione di Monti frumentari, come ad es., r.d. 14 settembre 1864, n. 1352, che approva l’istituzione di un Monte frumentario nel Comune di Uggiano;

 

Regi decreti di approvazione o modifica di statuti di banche, banche popolari e casse di risparmio, quali il regio decreto 14 settembre 1862, n. 523, di approvazione dello statuto della Cassa di risparmio di Napoli; il regio decreto n. 47 del 1871, che approva lo statuto della banca popolare operaia di Bari; il regio decreto n. 68 del 1871 che approva lo statuto della Banca di Novi Ligure; il regio decreto n. 1583 del 1877 con il quale è approvato un nuovo statuto della cassa di risparmio di Modena, il regio decreto n. 376 del 1894, con il quale si modifica l’articolo 21 dello statuto della cassa di risparmio di Mirandola (tutti presumibilmente non legislativi);

 

Regi decreti che approvano regolamenti di esecuzione adottati dalle deputazioni provinciali[7] sulla base dell’articolo 8 della legge n. 4513 del 1868, che autorizzava i comuni a incrementare le tasse di famiglia e sul bestiame, legge espressamente abrogata dal decreto-legge n. 200 del 2008: si richiamano a titolo di esempio il Regio decreto n. 53 del 1871 che approva i due regolamenti per l’applicazione delle tasse di famiglia o fuocatico[8] e sul bestiame nella provincia di Cagliari; il regio decreto n. 3553 del 1889 in materia di tassa sul bestiame nella provincia di Roma (tutti presumibilmente non legislativi);

 

Il regio decreto 25 febbraio 1923, n. 539, che dispone il riordinamento dell'Amministrazione finanziaria (presumibilmente legislativo[9])

 

Il regio decreto 12 marzo 1936, n. 377 che dispone il Riconoscimento come Banche di diritto pubblico della «Banca Commerciale Italiana», del «Credito Italiano» e del «Banco di Roma» (presumibilmente non legislativo).

CULTURA

Regi decreti che approvano i regolamenti di Istituti scolastici o culturali, si richiamano a titolo di esempio, il regio decreto 31 agosto 1861, n. 96, che approva il regolamento dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze (presumibilmente non legislativo); il regio decreto 30 dicembre 1866, n. 1844, che approva il riordinamento del Regio Museo Italiano (presumibilmente non legislativo)

 

Regi decreti che determinano il trattamento economico di alcune figure professionali, si richiamano a titolo di esempio il regio decreto 26 luglio 1863, n. 1381, che determina gli stipendi dei Bidelli dell’Università di Siena (presumibilmente non legislativo);

 

Regi decreti che intervengono sullo status di istituti scolastici o superiori; si richiamano a titolo di esempio il Regio decreto n. 5317 del 1869, che costituisce come corpo morale l’Ateneo di scienze, lettere ed arti di Bergamo (presumibilmente non legislativo), e il Regio decreto n. 2722 del 1884 col quale al liceo pareggiato di Urbino sono conferite tutte le prerogative dei licei regi (presumibilmente non legislativo); il regio decreto 16 ottobre 1934, n.2064 che reca l’approvazione del nuovo statuto dell'Istituto di scienze, lettere ed arti di Ancona (presumibilmente non legislativo).

 

Regi decreti che intervengono sulla disciplina dell’ordinamento scolastico, si richiamano a titolo di esempio, il regio decreto 31 ottobre 1923, n.2410 sulla classificazione delle scuole elementari e trasformazione delle scuole stesse di scarso rendimento (presumibilmente legislativo[10]); il regio decreto 5 maggio 1927, n.740 che apporta modificazioni alle norme contenute nel R. decreto 6 maggio 1923, n. 1054, relative agli esami negli Istituti medi d'istruzione (presumbilmente non legislativo)

AMBIENTE E LAVORI PUBBLICI

Regi decreti che dichiarano la natura di pubblica utilità di alcune opere, si richiama a titolo di esempio, il regio decreto 6 agosto 1862, n. 502, che dichiara opera di pubblica utilità la costruzione di un carcere giudiziario nella città di Sassari (presumibilmente non legislativo);

 

Regi decreti che costituiscono consorzi obbligatori di bonifica agraria nell’Agro romano (come i rr.dd. 1838, 1839, 1840, 1841, 1842, 1843 del 1922, tutti presumibilmente non legislativi).

TRASPORTI E TELECOMUNICAZIONI

Regi decreti che intervengono su vicende di società di trasporti; si richiamano a titolo di esempio il regio decreto n. 1055 del 1875 che autorizza la Societé generale des Tramways (società belga con sede a Bruxelles) ad operare nel Regno d’Italia (presumibilmente non legislativo); il Regio decreto n. 636 del 1882 che approva le modificazioni all'articolo 39 dello statuto della Società del tramway Milano-Magenta-Sedriano-Cuggiono-Castano (presumibilmente non legislativo); il regio decreto n. 211 del 1902 che autorizza l’esercizio a trazione elettrica della linea tramviaria nell’interno della città di Torino (presumibilmente non legislativo); regio decreto n. 100 del 1907 che autorizza la società varesina per imprese elettriche a costruire ed esercitare a trazione elettrica un tronco di ferrovia a scartamento ridotto (presumibilmente non legislativo);

 

Il regio decreto 3 marzo 1864, n, 1113, che disciplina il servizio delle vetture omnibus all’interno della Città (presumibilmente non legislativo);

 

Il regio decreto 27 gennaio 1941, n. 9 con il quale viene approvato il testo del Codice della navigazione (presumibilmente legislativo[11]).

ATTIVITA’ PRODUTTIVE

Regi decreti che autorizzano società commerciali straniere a svolgere la propria attività nel territorio del Regno, si richiama a titolo di esempio il regio decreto 13 febbraio 1862, n. 284, che autorizza la Società anonima d’assicurazione a premio fisso contro gli incendi e le esplosioni del gas, stabilita a Parigi sotto il nome di La Paterna, ad estendere le sue operazioni in tutte le province del Regno (presumibilmente non legislativo);

 

Regi decreti di autorizzazione di società, come ad es. r.d. 18 maggio 1862, n. 383, che autorizza la Società anonima costituitasi in Torino con la denominazione di Fabbrica d’armi nazionale italiana (presumibilmente non legislativo);

 

Regi decreti che intervengono sugli statuti di società ed imprese come il Regio decreto n. 760 del 1882 che modifica lo statuto della società veneta per imprese e costruzioni pubbliche (presumibilmente non legislativo) e il Regio decreto n. 409 del 1882 che approva la società delle miniere di Montelora (presumibilmente non legislativo);

 

Regi decreti che intervengono su vicende delle camere di commercio; si richiama a titolo di esempio il regio decreto n. 651 del 1882 che fissa il giorno delle elezioni per la costituzione della camera di commercio ed arti di Rimini (presumibilmente non legislativo);

 

Il regio decreto n. 1139 del 1882 col quale viene approvato il regolamento di esecuzione del codice di commercio (presumibilmente non legislativo)

LAVORO

Regi decreti nn. 1955 e 1956 del 1923, che recano l’approvazione di regolamenti relativi alla limitazione dell'orario di lavoro di alcune categorie di lavoratori (operai ed impiegati delle aziende industriali o commerciali di qualunque natura e lavoratori delle aziende agricole, presumibilmente non legislativo).

 

Il regio decreto 1° luglio 1926, n.1130 recante norme per l'attuazione della legge 3 aprile 1926, n. 563, sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro (presumibilmente legislativo[12]).

 

Il regio decreto 23 giugno 1927, n.1340 che reca modifica al R. decreto 23 marzo 1922, n. 387, con cui fu istituito il Casellario centrale generale per gli infortuni sul lavoro (presumibilmente non legislativo).

 

Il regio decreto 6 luglio 1933, n.1033 recante l’Ordinamento dell'istituto nazionale fascista per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (presumibilmente non legislativo).

AFFARI SOCIALI

Regi decreti che intervengono su attività di opere pie e congregazioni di carità[13]: si richiamano il regio decreto n. 2565 del 1880 che erige in corpo morale l'opera pia Rinaldi istituita in Cerro al Lambro (Milano; presumibilmente non legislativo); il regio decreto n. 1821 del 1885, che stabilisce l'amministrazione della pia opera dote Ratta, e ne approva lo statuto (presumibilmente non legislativo);

 

Il regio decreto 10 aprile 1930, n. 496 che reca modifiche allo statuto dell'Associazione italiana della Croce Rossa (presumibilmente non legislativo)

AGRICOLTURA

Regi decreti di approvazione dei regolamenti per il pascolo del bestiame, come ad es., r.d. 6 dicembre 1863, n. 1037, approvativo del regolamento per il pascolo del bestiame nel comune di Rima San Giuseppe (presumibilmente non legislativo)

 

Regio decreto 1 dicembre 1861, n. 218, che approva il regolamento per la panizzazione per il Comune di Pavia (presumibilmente non legislativo)

 

Regio decreto n. 1765 del 1866, che costituisce in corpo morale la società orticola di Lombardia (presumibilmente non legislativo);

 

Regio decreto n. 1816 del 1885, che accorda al consorzio d'irrigazione del serbatojo Fornaroli in Piacenza la facoltà di riscuotere il contributo dei soci coi privilegi fiscali (presumibilmente non legislativo);

 

Regio decreto 5 giugno 1939, n. 1016 che reca l’approvazione del Testo unico delle norme per la protezione della selvaggina o per esercizio della caccia (presumibilmente legislativo[14])

 


 

La riduzione dello stock normativo: i precedenti

La semplificazione in Italia si è inizialmente incentrata sulla semplificazione amministrativa e sullo snellimento dei procedimenti amministrativi mediante la delegificazione delle norme primarie che regolano l’attività degli apparati pubblici. Tale processo, avviato sin dai primi anni Novanta del secolo scorso e proseguito con le cosiddette «leggi Bassanini»[15], ha con il tempo virato verso obiettivi di riordino e riassetto del sistema normativo; in questa ottica di semplificazione di plessi normativi si sono iscritti gli interventi realizzati negli anni di riduzione del numero di regole, soprattutto poste da fonti di rango primario, la crescente attenzione alla qualità della regolamentazione, anche grazie all’analisi di impatto della regolamentazione (AIR), nonché l’adozione di testi unici misti[16]. Le problematiche insite nei testi unici misti hanno poi indotto ad abbandonare tale strumento a favore di interventi di consolidamento e riassetto, attraverso la redazione di codici di settore.

Il meccanismo del «taglia-leggi»

La volontà di approntare un efficace strumento per incidere sull’ordinamento del nostro Paese – ritenuto come caratterizzato da pan-normativismo, stratificazione disordinata e confusa di norme, incertezza circa il diritto vigente e le regole di concreta applicazione – ha condotto all’introduzione del meccanismo noto come «taglia-leggi», su cui in particolare la XVI legislatura ha visto un significativo impegno.

 

Delineato dall’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successivamente rimodellato dalle leggi 4 marzo 2009, n. 15, e 18 giugno 2009, n. 69, il procedimento si incentra sull’abrogazione espressa generalizzata e presuntiva, nota con il nome di "ghigliottina", di tutte le norme contenute in disposizioni legislative statali pubblicate prima del 1º gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, e non espressamente «salvate» (articolo 14, comma 14-ter).

 

La «ghigliottina», destinata a operare su un plesso normativo giudicato ipertrofico, è stata preceduta dalla preliminare ricognizione delle disposizioni vigenti, avviata nel corso della XV legislatura e conclusa con una relazione al Parlamento (la cosiddetta «relazione Pajno»[17]), con la quale si proponeva una prima organica ricognizione della legislazione statale, sulla base di una analisi tipologica delle fonti primarie e di una prima suddivisione per materie omogenee delle disposizioni statali censite, al fine di preparare il campo per organiche codificazioni di settore, volte a realizzare processi di semplificazione e razionalizzazione normativa. Da questa prima ricognizione emergeva come gli atti in vigore di livello legislativo effettivamente vigenti fossero 21.691. Si trattava di un elenco parziale ed incompleto, anche perché redatto mediante due apporti disomogenei: da un lato, le norme applicate dai Ministeri, sulla base delle segnalazioni dei rispettivi Uffici legislativi; dall'altro, gli ulteriori atti legislativi vigenti, presenti in diverse banche dati private, individuati a seguito di una verifica effettuata dall'Unità per la semplificazione. Tale elenco ha rappresentato la base di partenza del meccanismo di riduzione dello stock normativo.

 

La sottrazione a tale abrogazione generalizzata è sancita direttamente dalla legge n. 246 del 2005 per alcune tipologie di disposizioni primarie, salvate quindi ope legis (articolo 14, comma 17), ovvero è disposta mediante la specifica individuazione con uno o più decreti legislativi, cosiddetti "salva leggi", da adottare entro il termine del 16 dicembre 2009 (articolo 14, commi 14 e 15).

 

L’elenco delle categorie di disposizioni escluse dall’effetto ghigliottina di cui all’articolo 14, comma 17, riguardano, specificamente, le disposizioni contenute in testi normativi denominati codice o testo unico; le disposizioni relative all'ordinamento degli organi costituzionali o aventi rilevanza costituzionale, all'ordinamento delle magistrature e dell'Avvocatura dello Stato nonché al riparto della giurisdizione; le disposizioni tributarie e di bilancio e quelle concernenti le reti di acquisizione del gettito, compreso quello derivante dal gioco; le disposizioni di attuazione dalla normativa comunitaria e quelle occorrenti per la ratifica e l'esecuzione di trattati internazionali; le disposizioni in materia previdenziale e di assistenza.

 

Nel rispetto del principio della ghigliottina ed in attuazione della delega contenuta all’articolo 14, comma 14, il decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179 (c.d. decreto salva leggi), ha fatto salvi circa 3.300 atti normativi di rango primario anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si è ritenuta indispensabile la permanenza in vigore.

 

Le tabelle allegate al citato decreto sono state revisionate successivamente con: D.Lgs. n. 213/2010 (art. 1, co. 1); D.Lgs. n. 225/2010 (art. 2, co. 50); D.L. n. 64/2010 (art. 6, co. 2-bis).

 

Le disposizioni primarie statali non riconducibili ai cosiddetti «settori esclusi» (ossia quelle salve ope legis) e non espressamente indicate nel decreto «salva-leggi» sono state quindi destinate dalla legge n. 246 del 2005 a «cadere» sotto la c.d. «ghigliottina» dell’abrogazione generalizzata, il cui effetto si è verificato il 16 dicembre 2010.

 

Con riferimento al meccanismo “taglia-leggi” sopra esposto, si segnala che la relazione illustrativa al disegno di legge C. 1168 rileva di avere invece optato per la tecnica dell’abrogazione espressa; in proposito la relazione segnala peraltro che “le banche di dati, che raccolgono gli atti normativi dell’ordinamento italiano, danno evidenza delle abrogazioni espresse, non anche di quelle implicite o tacite e neppure dell’esaurimento degli effetti normativi degli atti”.

I provvedimenti c.d. taglia-leggi

Agendo in maniera speculare rispetto al meccanismo della c.d. ghigliottina ed utilizzando anche il lavoro di ricognizione effettuato a quel fine, il legislatore è tuttavia intervenuto in modo coevo anche mediante provvedimenti di abrogazione espressa di una molteplicità di disposizioni specificamente individuate.

Le motivazioni di tali interventi sono da ricondurre, da un lato, all’intendimento di eliminare – per quanto possibile – l’area di incertezza circa la permanenza in vigore o meno di disposizioni di legge non contenute nel decreto legislativo «salva-leggi», per le quali sarebbe stato rimesso all’interprete la valutazione se siano da ricondurre ai cosiddetti «settori esclusi» ovvero se – dopo l’operare della «ghigliottina» – fossero da considerare implicitamente abrogate, e, dall’altro, comunque alla volontà di ridurre lo stock normativo anche anticipatamente rispetto ai tempi della «ghigliottina».

In questo senso dapprima è intervenuto l’articolo 24 del decreto-legge n. 112/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133/2008, che ha prodotto l’abrogazione di 3.370 atti primari (anche successivi al 1970) cui si è accompagnata, secondo i dati forniti dal Governo, quella implicita di altre disposizioni, per un complesso valutato in circa 7.000 fonti primarie.

Successivamente, l’articolo 2 del decreto-legge n. 200/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2009, n. 9, ha disposto l’abrogazione di circa 28.000 atti primari precostituzionali[18].

Il citato articolo 2 del D.L. n. 200/2008, in particolare, ha disposto l’abrogazione di 28.889 atti normativi di rango primario (leggi, regi decreti-legge, decreti-legge luogotenenziali, decreti legislativi luogotenenziali e decreti legislativi del Capo provvisorio dello Stato) emanati tra il 1861 e il 1947, risalenti cioè al periodo antecedente l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana.

Secondo la relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione, finalità della norma è quella di contribuire alla certezza del diritto ed al contempo agevolare la realizzazione del più progetto di informatizzazione e classificazione della normativa vigente (c.d. Normattiva), previsto all’articolo 1, espungendo dall’ordinamento le norme primarie risalenti al precedente ordinamento costituzionale che siano “ormai ritenute estranee ai princìpi dell’ordinamento giuridico attuale”.

 

Lo strumento dell’abrogazione espressa di specifici atti o disposizioni, da affiancare a quella generalizzata della ghigliottina, è stato poi ricondotto nell’alveo unitario della delega alla semplificazione normativa con l’introduzione nell’articolo 14 della legge n. 246 del 2005 del comma 14-quater, attraverso le modifiche ad essa apportate dalla legge 69/2009. Tale disposizione conferiva infatti al Governo una delega per realizzare – accanto all’individuazione delle norme primarie da «salvare» – una speculare opera di abrogazione delle disposizioni legislative statali, anche successive al 1º gennaio 1970, oggetto di abrogazione tacita o implicita ovvero che abbiano esaurito la loro funzione, siano prive di effettivo contenuto normativo o siano comunque obsolete.

In attuazione di tale delega, da esercitare entro lo stesso termine di efficacia della ghigliottina (ossia il 16 dicembre 2010), è stato adottato il decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 212 (c.d. decreto taglia-leggi), che, secondo i dati del Governo, ha determinato l’abrogazione espressa e "nominata" di circa 35.000 atti primari, nella maggior parte dei casi procedendo all’abrogazione totale, in altri a quella parziale.

 

L’Allegato al decreto, contenente le norme abrogate, è stato successivamente modificato dall'art. 2, comma 50, D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, e dall'art. 18, comma 17, D.L. 6 luglio 2011, n. 98.

 

Si ricorda, infine, che la medesima legge n. 69 del 2009, oltre a conferire delega per l’abrogazione di disposizioni legislative statali non comprese nell’emanato decreto legislativo n. 179 del 2009, si è data altresì carico di intervenire sui provvedimenti di rango secondario, che costituiscono un insieme particolarmente vasto, attivando il c.d. doppio binario: decreto legislativo per le abrogazioni di disposizioni di legge e regolamento per l’abrogazione di norme di fonte regolamentare. A tal fine, la legge n. 69 ha introdotto nell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, il comma 4-ter, a tenore del quale con regolamenti governativi si provvede al periodico riordino delle disposizioni regolamentari vigenti, alla ricognizione di quelle che sono state oggetto di abrogazione implicita e all’espressa abrogazione di quelle che hanno esaurito la loro funzione o sono prive di effettivo contenuto normativo o sono comunque obsolete.

In attuazione di tale disposizione, il d.P.R. 13 dicembre 2010, n. 248 (c.d. «taglia-regolamenti») ha disposto l’abrogazione espressa di circa 133.000 atti secondari non numerati pubblicati dal luglio 1861 al giugno 1986, data dalla quale, a seguito della entrata in vigore del Testo Unico sulla promulgazione delle pubblicazioni ufficiali della Repubblica Italiana, i provvedimenti recano l’apposita numerazione. (d.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092).

 

L’Allegato contiene principalmente decreti ministeriali, ma anche decreti del Presidente della Repubblica, regi decreti e decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. La ricognizione, tuttavia, non si è limitata alle categorie numericamente più consistenti, ma ha riguardato anche ulteriori tipologie di provvedimenti, emanate in particolari periodi storici, tuttora formalmente vigenti, ma palesemente obsolete, quali decreti del Duce, decreti del Capo provvisorio dello Stato, decreti luogotenenziali e decreti del Sottosegretario di Stato per le fabbricazioni di guerra.

Sulla natura del potere regolamentare introdotto con l’articolo 17, co. 14-ter, si cfr. il parere del Consiglio di Stato, Sezione consultiva per gli atti normativi nell'Adunanza del 20 settembre 2010.

Altre abrogazioni

Trascorsa la data del 16 dicembre 2010, in cui sono scattate simultaneamente la «ghigliottina» e le circa 35.000 abrogazioni espresse del «taglia leggi» di cui si è detto, non si è tuttavia arrestato il processo di sfoltimento dello stock normativo. A ciò si è provveduto ormai al di fuori dell’alveo del meccanismo delineato dalla legge n. 246 del 2005, e con modalità non sempre ad esso coerenti.

Abrogazioni sui generis sono, ad esempio, quelle disposte dal decreto-legge n. 1 del 2012 cosiddetto «sulle liberalizzazioni», che contengono una tecnica di abrogazione esplicitamente prevista, ma «innominata» in quanto disposta nei confronti di norme non puntualmente individuate: vi sono casi in cui a tale individuazione si procede – per sottrazione – mediante l’adozione di successivi atti, anche di delegificazione. Il richiamato decreto (articolo 1) prevede l’abrogazione delle norme che dispongono limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso dell’amministrazione per l’avvio di un’attività economica. È altresì prevista l’abrogazione: delle norme recanti divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati alle finalità pubbliche perseguite; delle disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale che intralciano l’avvio di nuove attività economiche, che condizionano l’offerta di prodotti e servizi al consumatore, che alterano le condizioni di piena concorrenza fra gli operatori economici, che limitano o condizionano le tutele dei consumatori nei loro confronti. Si dispone che l’intervento abrogativo opera dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di delegificazione chiamati da quel medesimo articolo a individuare le attività che necessitano di un preventivo atto di assenso e a dettare l’apposita disciplina, da adottare entro il 31 dicembre 2012, dopo l’approvazione da parte delle Camere di una relazione del Governo che specifichi periodi e ambiti di intervento degli atti regolamentari.

 

Il decreto-legge n. 5 del 2012, cosiddetto «semplificazione e sviluppo», recante una cospicua serie di semplificazioni, ha ripreso il percorso delle abrogazioni espresse con provvedimento d’urgenza, che era stato già intrapreso con i decreti-legge 25 giugno 2008, n. 112, e 22 dicembre 2008, n. 200 (si v. supra). Con tale decreto (articolo 62) è stata disposta l’abrogazione – parziale o totale – di circa 300 atti prevalentemente di rango primario, riportati nella tabella A, allegata al decreto, anche se non mancano numerosi atti di varia natura (un regio decreto, taluni regolamenti, nonché decreti del Presidente della Repubblica di diverso rango). Di questi, solo due sono stati pubblicati prima del 1º gennaio 1970.

Il riordino normativo

Sempre nell’ambito dell’operazione taglia-leggi si è innestata l’opera di riordino della normativa vigente, attraverso la redazione di testi di riassetto.

Dalla XVI legislatura ad oggi sono stati emanati i seguenti decreti legislativi di riordino normativo:

§  D.Lgs. n. 81/2008 (sicurezza e salute sui luoghi di lavoro);

§  D.Lgs. n. 66/2010 (codice dell’ordinamento militare), cui si è affiancato il D.P.R. 90/2010, che raccoglie in un testo unico le disposizioni in materia di rango regolamentare;

§  D.Lgs. n. 104/2010 (codice del processo amministrativo);

§  D.Lgs. n. 71/2011 (riordino delle norme sugli uffici consolari);

§  D.Lgs. n. 79/2011 (codice del turismo);

§  D.Lgs. n. 159/2011 (codice delle leggi antimafia);

§  D.Lgs. n. 167/2011 (testo unico dell’apprendistato);

§  D.Lgs. n. 235/2012 (testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità),

§  D.Lgs. n. 174/2016 (Codice di giustizia contabile);

§  D.Lgs. n. 175/2016 (Testo unico sulle società partecipate);

§  D.Lgs. n. 1/2018 (Codice della protezione civile);

§  D.Lgs. n. 34/2018 (Testo unico in materia di foreste)

§  D.Lgs. n. 75/2018 (Testo unico piante officinali)

§  D.Lgs. n. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza)

§  D.Lgs. n. 208/2021 (Testo unico audiovisivi)

§  D.Lgs. n. 201/2022 (Testo unico servizi pubblici locali)

§  D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici)

 

Infine, l’articolo 5, comma 2, della legge 69/2009, ha introdotto, nell’ambito della legge n. 400/1988, l’articolo 17-bis, il quale autorizza in via permanente il Governo a raccogliere in testi unici compilativi le disposizioni di legge che regolano materie e settori omogenei.

 



[1]     Per la ricostruzione si utilizza N. Lupo, I decreti-legge nel primo dopoguerra nelle letture dei giudici e dei giuristi e F. Rossi, Parlamento e decretazione d’urgenza nella crisi dello Stato liberale (1918-1925), entrambi in Parlamento e Storia d’Italia II. Procedure e politiche, a cura di V. Casamassima, Pisa, Edizioni della Normale 2016.

[2]     In quanto adottato sulla base della delegazione contenuta nel regio decreto-legge n. 383 del 1927.

[3]     In quanto adottato sulla base della delegazione contenuta nel regio decreto-legge n. 383 del 1927.

[4]     In quanto adottati sulla base della delega conferita dalla legge n. 2814 del 1923 e n. 2260 del 1925.

[5]     Si ricorda che, in base all’articolo 5 dello Statuto albertino, il Re “fa i trattati di pace, d’alleanza, di commercio ed altri, dandone notizia alle Camere tosto che l’interesse e la sicurezza dello Stato il permettano, ed unendovi le comunicazioni opportune. I trattati che importassero un onere alle finanze o variazioni di territorio dello Stato, non avranno effetto se non dopo ottenuto l’assenso delle Camere”.

[6]     Che contiene la clausola della presentazione al Parlamento per la conversione in legge.

[7]     Le deputazioni provinciali erano, in base alla legge comunale e provinciale (allegato A della legge n. 2248 del 1865), organismi analoghi alle attuali giunte provinciali, fino al 1888 presiedute dal prefetto e successivamente, in base alla legge n.5685 del 1888, con presidente elettivo.

[8]     Con il termine fuocatico si intendeva appunto l’imposta diretta personale riscossa per fuoco o famiglia.

[9]     In quanto adottato sulla base della delega conferita al Governo con la legge n. 1601 del 1922.

[10]   In quanto adottato sulla base della delega conferita al Governo con la legge n. 1601 del 1922.

[11]   In quanto adottato sulla base della delega conferita al Governo dalla legge n. 2814 del 1923.

[12]   In quanto adottato sulla base della delega conferita dalla legge n. 563 del 1926.

[13]   Si trattava di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza.

[14]   In quanto adottato sulla base della delega conferita dal regio decreto-legge n. 836 del 1936.

[15]   In particolare, la legge 15 marzo 1997, n. 59 («Bassanini 1»), ha previsto all’articolo 20 una legge annuale di semplificazione, con la quale individuare annualmente i procedimenti amministrativi da semplificare, soprattutto attraverso regolamenti di delegificazione: è stato così creato uno strumento permanente idoneo a contrastare fenomeni di eccessiva burocratizzazione delle pubbliche amministrazioni.

[16]   In tal senso disponeva l’articolo 7 della legge 8 marzo 1999, n. 50, delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1998.

[17]   Relazione concernente la ricognizione della legislazione statale vigente, prevista all’articolo 14, comma 12, della legge 28 novembre 2005, n. 246, presentata dal Presidente del Consiglio dei ministri Prodi, XV, Doc. XXVII, n. 7.

[18]   Sia il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, che il decreto-legge n. 200 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 2009, prevedevano, ciascuno per i provvedimenti rispettivamente abrogati, l’adozione da parte del Governo di un «atto ricognitivo» che individuasse le norme di rango regolamentare implicitamente abrogate in quanto attuative, esecutive o comunque connesse esclusivamente alla vigenza delle disposizioni di cui i decreti-legge stessi hanno disposto l’abrogazione. Era inoltre prevista la contestuale trasmissione alle Camere di una relazione volta ad illustrare i criteri adottati nella ricognizione e i risultati della medesima con riferimento ai diversi settori di competenza dei singoli Ministeri.