XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro della nave «Moby Prince»

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Mercoledì 6 ottobre 2021

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Romano Andrea , Presidente ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Romano Andrea , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti dell'Associazione 10 Aprile - Familiari Vittime Moby Prince Onlus e dell'Associazione 140 - Familiari vittime Moby Prince:
Romano Andrea , Presidente ... 3 
Chessa Angelo , presidente onorario dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus ... 4 
Romano Andrea , Presidente ... 6 
Chessa Luchino , presidente dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus ... 6 
Romano Andrea , Presidente ... 7 
Rosetti Nicola , vicepresidente dell'Associazione 140 – Familiari vittime Moby Prince ... 7 
Romano Andrea , Presidente ... 7 
Frailis Andrea (PD)  ... 8 
Romano Andrea , Presidente ... 8 
Deidda Salvatore (FDI)  ... 8 
Romano Andrea , Presidente ... 8 
Fratoianni Nicola (LeU)  ... 8 
Romano Andrea , Presidente ... 9 
Chessa Angelo , presidente onorario dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus ... 9 
Romano Andrea , Presidente ... 9 
Chessa Luchino , presidente dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus ... 9 
Chessa Angelo , presidente onorario dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus ... 10 
Rosetti Nicola , vicepresidente dell'Associazione 140 – Familiari vittime Moby Prince ... 10 
Chessa Angelo , presidente onorario dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus ... 10 
Romano Andrea , Presidente ... 10 
Fregolent Silvia (IV)  ... 10 
Romano Andrea , Presidente ... 10 
Pittalis Pietro (FI)  ... 11 
Romano Andrea , Presidente ... 11 
Potenti Manfredi (LEGA)  ... 11 
Romano Andrea , Presidente ... 11 
Legnaioli Donatella (LEGA)  ... 11 
Romano Andrea , Presidente ... 12 
Chessa Angelo , presidente onorario dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus ... 12 
Chessa Luchino , presidente dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus ... 12 
Pittalis Pietro (FI)  ... 13 
Chessa Angelo , presidente onorario dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus ... 13 
Rosetti Nicola , vicepresidente dell'Associazione 140 – Familiari vittime Moby Prince ... 13 
Romano Andrea , Presidente ... 13 
Chessa Luchino , presidente dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus ... 14 
Romano Andrea , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANDREA ROMANO

  La seduta comincia alle 14.45.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione odierna ha convenuto sull'opportunità che la Commissione si avvalga della collaborazione, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della delibera istitutiva e dell'articolo 20 del Regolamento interno, del capitano di vascello Sergio Simone e dell'ingegner Gianni Bresciani. La loro collaborazione sarà a tempo parziale e a titolo gratuito (salvo rimborsi spese) e avrà durata fino al 31 dicembre 2021, con possibilità di rinnovo.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso nonché in via streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Come convenuto, i deputati componenti della Commissione possono partecipare all'odierna seduta in videoconferenza.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione 10 Aprile - Familiari Vittime Moby Prince Onlus e dell'Associazione 140 - Familiari vittime Moby Prince.

  PRESIDENTE. Apriamo l'audizione dei rappresentanti delle due associazioni dei familiari delle vittime. Presento, anche a costo di parlarvi di persone che certamente conoscete già da tempo, i tre nostri ospiti: a partire dalla mia destra, il dottor Angelo Chessa e il dottor Luchino Chessa che sono rappresentanti dell'Associazione 10 Aprile, figli del comandante Chessa e promotori (lo sottolineo), insieme ad altri, di una delle due associazioni che con grandissimo impegno in questi anni si sono battute per per arrivare alla verità. Alla destra del dottor Luchino Chessa c'è il dottor Nicola Rosetti, in rappresentanza dell'Associazione 140, che, come sapete, è presieduta da Loris Rispoli, attualmente impossibilitato a essere presente perché colpito ormai molti mesi fa da un evento che gli impedisce di essere con noi.
  Dico solo due parole, introducendo i nostri ospiti. Tutti noi sappiamo bene quale impegno è stato svolto dalle associazioni dei familiari delle vittime in questi decenni – perché di tale estensione di tempo si tratta – per spingere l'opinione pubblica italiana, le istituzioni e la magistratura ad accertare la verità. Un impegno che in alcuni passaggi poteva assumere anche i tratti della disperazione, tanto forte era il silenzio che sembrava spargersi sulle vicende della Moby Prince. Sono stati – non devo dirlo io, ma lo dirò lo stesso – molti i passaggi difficili, molti gli anni in cui non sembrava esserci alcuna prospettiva.
  Personalmente sono sempre stato molto felice, in fondo, di poter avere il privilegio di lavorare in un'istituzione come la Camera dei deputati, che ha ritrovato l'intesa con le associazioni che si battono per la verità sulla Moby Prince, perché in molti passaggi di questi decenni era legittimo anche nutrire qualche sfiducia nella capacità delle istituzioni repubblicane di contribuire all'accertamento della verità. Questa sfiducia è forse in via di superamento. Certamente la Camera dei deputati e, prima, Pag. 4il Senato della Repubblica hanno dato un fondamentale contributo, quindi è anche un elemento di speranza avere con noi oggi i rappresentanti dei familiari delle vittime, non necessariamente perché diranno delle cose positive su di noi – non è questo il punto – però dare il senso di una collaborazione, di un incrocio tra percorsi – da una parte quello delle istituzioni, dall'altra quello dei familiari delle vittime – è fondamentale, a mio parere. Scusate per questa introduzione, ma ci tenevo a dirlo.
  Cedo la parola ai nostri tre ospiti, nell'ordine che sceglieranno di seguire, per un'introduzione e per quello che riterranno di dire. Naturalmente poi seguiranno le nostre domande. Prego.

  ANGELO CHESSA, presidente onorario dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus. Buon pomeriggio a tutti, un saluto al presidente e ai commissari presenti. Grazie per la vostra presenza qui e per lo sforzo che state facendo in questa Commissione. Noi familiari, come diceva il presidente, un po' di fiducia l'avevamo persa, anzi l'avevamo persa completamente per quasi venticinque anni, praticamente fino all'istituzione della Commissione del Senato, nel 2015, avvenuta grazie a una campagna mediatica importante, con la raccolta di più di 20 mila firme per la formazione di quella Commissione d'inchiesta. Ciò ha portato poi al grande lavoro della Commissione presieduta da Silvio Lai e di tutti i commissari. Penso che sia stata la prima volta in cui c'è stata una relazione finale approvata all'unanimità, che ha ribaltato completamente le conclusioni sulla vicenda del Moby Prince.
  Per farvi capire la fiducia che avevamo perso, voglio fare un'introduzione sul fatto che quello del Moby Prince, secondo noi, è stato uno dei più grossi depistaggi giudiziari dopo quello di Ustica. Mentre quello di Ustica, però, è noto a tutti, quello del Moby Prince per più di venti anni è stato tenuto all'oscuro da giornali e televisioni. Era stato fatto passare solo come un incidente banale della navigazione. Il primo grosso depistaggio è iniziato già la notte tra il 10 e l'11 aprile, quando iniziarono a partire le veline verso i giornali sulla presenza della nebbia e sulla partita di calcio che avrebbe distratto l'equipaggio. Tutta una serie di depistaggi messi in atto in maniera scientifica e poi rilanciati, purtroppo, dalla stampa sia locale sia nazionale. Questo iniziale depistaggio si è poi concluso con la formazione dell'inchiesta sommaria della capitaneria di porto, che in soli venti giorni – mentre noi ancora dovevamo riconoscere le salme dei nostri cari – concluse la relazione dicendo che la collisione era avvenuta per la nebbia, che erano tutti morti in venti minuti e che non c'era nient'altro da cercare. Il risultato di quella velocissima inchiesta è stato poi riportato dai periti del pubblico ministero (Puleo, Baglietto, Gristina) e dai periti del tribunale presieduto da Germano Lamberti. Non dimentichiamo che il presidente del tribunale che ha celebrato il primo processo relativo alla Moby Prince è stato condannato in via definitiva per corruzione, per fatti relativi all'isola d'Elba, per motivi banali di costruzione di case. Le risultanze dell'inchiesta della capitaneria di porto sono state anche prese dai medici legali di Pisa (Bargagna e altri): siccome l'inchiesta aveva scritto che erano tutti morti in venti minuti, nella relazione medico-legale finale anch'essi scrivono che erano d'accordo sulla morte in venti minuti. Tutto questo importante depistaggio ha provocato l'annullamento di fatti processuali evidenti. C'erano dei fogli bianchi e i periti dicevano che quello era nero, e lo scrivevano; e nessuno poteva farci niente. Questo per farvi capire in che modo noi familiari abbiamo dovuto sopportare tutte queste falsità che ci venivano raccontate, in assenza di qualsiasi contraddittorio.
  A questo punto, noi, come altri familiari costituitisi parti civili, siamo stati vittime anche di avvocati di parte civile, in quanto ci siamo accorti che molti avvocati di parte civile, come i nostri all'inizio, facevano tutto all'infuori dei nostri interessi. Per esempio, abbiamo scoperto dopo venticinque anni che i nostri periti di allora e anche i periti della Nav.Ar.Ma. sapevano dopo quindici giorni che la posizione della petroliera era in un punto di divieto di ancoraggio, ma nonostante questo le carte relative non Pag. 5furono mandate al fascicolo e non fummo neanche avvisati noi familiari.
  Si è verificata una situazione abbastanza paradossale. L'incidente è avvenuto fra due navi, quindi si pensa che tra i periti chiamati dal pubblico ministero e dalla procura ci fossero un comandante di navi e un direttore di macchina. Nulla di tutto questo. I periti nominati dall'allora procuratore capo Costanzo erano ingegneri; nell'ambiente marittimo del porto si diceva che cercassero la frenata del Moby nelle acque antistanti Livorno, per dirvi il livello di queste persone. Quindi, noi ci siamo dovuti creare una nostra indagine parallela per cercare di capire cosa stesse realmente succedendo. Noi chiedevamo informazioni ai magistrati e facevamo istanze tramite avvocati, che poi nel corso di tutti questi anni ovviamente sono cambiati, fino ad arrivare a prima del processo; gli avvocati Giunti, Taddia, Bernardo e altri ci hanno accompagnato in questo processo, che poi è un processo farsa, perché gli imputati erano relativamente non importanti e non era quello il motivo per cui ci doveva essere un processo sul Moby Prince.
  Si è parlato tantissimo di nebbia e di posizione della petroliera, quando bastava ascoltare le registrazioni del canale 16 di Livorno Radio, in cui il comandante Superina ai soccorsi diceva queste candide parole: «C'è nebbia? Non lo so». Quindi non vedeva nebbia. E: «Noi abbiamo la prua a Sud, quindi difficilmente ci sentite». Invece siamo arrivati al processo con i periti del magistrato che scrivevano che la petroliera aveva la prua a Nord e che la nebbia era arrivata due o tre minuti prima della collisione. Quindi, eravamo a un livello di sopportazione veramente rilevante.
  Il primo processo si concluse con la formula «il fatto non sussiste» e poi ci fu il processo d'appello a Firenze, sempre basato su un fatto inesistente, cioè che il terzo ufficiale di guardia dell'Agip Abruzzo, Rolla, non avesse fatto i segnali per la nebbia. Nel processo d'appello ci furono molte critiche verso la procura di Livorno di allora, sul modo in cui era stato affrontato il primo processo e sui periti, ma il processo d'appello si concluse lo stesso con un niente di fatto; Rolla venne condannato, ma il reato era prescritto, e finiva lì. Tutto il giro delle indagini messe in atto dalla procura, senza neanche portare a processo il comandante della capitaneria di porto (che non è mai stato indagato), il comandante dell'Agip Abruzzo (di cui è stata chiesta l'archiviazione prima del processo), l'armatore della Nav.Ar.Ma, (di cui è stata chiesta l'archiviazione prima di arrivare al processo)... Il pubblico ministero che ha svolto le indagini, il dottor De Franco, arrivati al processo ha lasciato e non ha neanche portato avanti le sue indagini durante il dibattito processuale.
  A quel punto noi, molto scoraggiati e sfiduciati abbiamo chiesto aiuto, siamo andati anche in Commissione stragi dal senatore Pellegrino a portare le nostre risultanze, perché noi avevamo fatto fare un pool di periti con sede al Southampton Marine and Maritime Institute, che è uno dei più grossi istituti marittimi. Avevamo fatto fare la prima simulazione. In quegli anni non c'era neanche Internet come lo conosciamo adesso, c'era Netscape, che derivava dai militari. Nonostante tutti questi tentativi di far vedere come erano veramente le cose, non ci fu nulla da fare. Nonostante tutto, non ci siamo fermati.
  Nel 2006 abbiamo cercato di riaprire le indagini, abbiamo fatto un'istanza di apertura di indagini tramite l'avvocato Carlo Palermo, ex magistrato (l'unico sopravvissuto a un attentato di mafia, quindi per i colleghi sarebbe dovuto essere un eroe). L'avvocato Palermo pensò di poter chiedere una riapertura andando a cercare come mai c'era la presenza degli Stati Uniti in rada. Quella notte in rada, come sappiamo, c'erano tante navi americane militarizzate di ritorno dal Golfo Persico, dove era finita la guerra, e secondo molti testimoni quella notte c'era un traffico di armi e munizioni. L'avvocato Palermo pensava di chiedere alla procura di fare delle indagini, perché nessuno poteva escludere che quei traffici avessero intercettato la navigazione del traghetto e fossero concausa della collisione. Era un modo per cercare di riaprire le indagini su un fatto che non era mai stato accertato prima, perché le indagini fatte Pag. 6all'inizio da De Franco non riguardarono mai la natura del carico delle navi militari. Chiedemmo la riapertura delle indagini, che furono svolte e si chiusero nel 2010 con una relazione conclusiva che praticamente insultava noi familiari, che eravamo lì a rompere le scatole alla procura ancora con la richiesta di verità, quando era ben evidente che mio padre, oltre a essere impazzito puntando alla petroliera, aveva anche acceso i fari per la nebbia. Quando ho letto la relazione conclusiva e, più che altro, quando ho visto il giudice per le indagini preliminari Merani che all'udienza di opposizione all'archiviazione trattava l'avvocato Palermo come se fosse l'ultimo degli avvocatucoli, dicendo: «Tutto prescritto, tutto prescritto, tutto prescritto», allora con mio fratello abbiamo giurato di andare avanti fino a che qualcuno veramente non volesse metterci...
  In questa vicenda non bisogna essere dei grandissimi esperti o dei geni, ma bisogna essere onesti e avere la schiena dritta, come hanno fatto i commissari e il presidente della precedente Commissione, e io spero e immagino anche in questa Commissione. Ci sono ancora tantissime cose da trovare e tantissime verità da scoprire: i satelliti non che non abbiamo mai avuto; i tracciati radar militari francesi e nostri mai avuti; la ricerca delle cause dell'esplosione (se c'è stata o meno prima della collisione); sapere perché l'armatore della Nav.Ar.Ma. stipulò un'assicurazione rischi guerra solo per il Moby Prince. Ci sono tantissime cose da scoprire. Andiamo a cercare i soldi e andremo a trovare la verità su questa strage. Come ha scritto la Commissione precedente, per i passeggeri e l'equipaggio del Moby non è che i soccorsi hanno tardato, è che i soccorsi non ci sono mai stati. Per noi è un fatto doloso, perché all'interno del porto trenta minuti dopo tutti sapevano che il Moby Prince era coinvolto. Questo è il punto su cui non c'è stato ancora nessun tipo di indagine. Ci sono tantissime cose da trovare e quindi vi auguro un buon lavoro, nella speranza di vederci tra qualche tempo con delle risposte per tutti. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie molte, dottor Chessa. Do la parola al dottor Luchino Chessa.

  LUCHINO CHESSA, presidente dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus. Buon pomeriggio a tutti. Grazie per averci invitato a questa audizione, che per noi è veramente molto importante, perché sentiamo la vicinanza delle istituzioni, dei commissari, del presidente Romano, di tutti in questa vicenda. Ci rendiamo conto che c'è la voglia di andare avanti e scoprire la verità.
  Angelo ha fatto un bell'excursus sulla situazione. Stamattina stavo riguardando un po' di documenti del passato, tutta una serie di documenti che noi abbiamo mandato, di perizie, di richieste. Vi assicuro che averlo vissuto sulla pelle fa capire quanto sembri quasi impossibile che si possa essere arrivati a tal punto. Sembra veramente una storia di fantascienza, non una storia vera; è veramente allucinante. Chiaramente, noi non abbiamo la verità in tasca. Se l'avessimo avuta, avremmo risolto il problema, ma non siamo noi che dobbiamo avere la verità, noi possiamo avere delle nostre ipotesi, dei nostri modi di pensare e di vedere. Però ci rendiamo conto che pian piano le cose stanno cambiando. Il lavoro che ha fatto la precedente Commissione è stato veramente importante perché ha ribaltato, come diceva Angelo, le verità processuali, che erano devastanti. Angelo è stato anche troppo buono con i giudici dell'inchiesta bis, perché nella relazione finale di archiviazione viene detto che i figli del comandante Chessa hanno distratto risorse allo Stato, alla giustizia. Questa è una cosa gravissima, ci ha fatto veramente molto male: oltre al danno, anche la beffa. Non si possono scrivere nero su bianco cose di questo genere nei confronti di persone che hanno lavorato e si danno da fare per sapere la verità. Non stiamo facendo niente di particolare, non ci interessa neanche avere la giustizia, perché sono sicuro che la giustizia non l'avremo mai in tutta questa situazione; man mano gli anni passano, le persone purtroppo muoiono e non so se riusciremo ad avere giustizia, anche se me lo auguro. Però sicuramente Pag. 7 la verità storica di quello che è successo dobbiamo averla. È giusto che la si abbia per noi, ma per tutto il Paese, perché non è democrazia quella che non ricorda vicende del passato e non ricostruisce per arrivare alla verità di quello che è successo, in questa strage come in tante altre, ovviamente. Non dico altro in questo momento perché Angelo ha detto in abbondanza e ha ricostruito tutta la vicenda.
  Noi speriamo che la Commissione possa fare il suo corso in maniera costruttiva e possa svolgere i punti accennati da Angelo, che sono importanti per riuscire a concludere quel puzzle a cui mancano ancora dei tasselli fondamentali per riuscire ad avere la verità. Grazie ancora.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Chessa. Prego, dottor Rosetti.

  NICOLA ROSETTI, vicepresidente dell'Associazione 140 – Familiari vittime Moby Prince. Buonasera a tutti. Ringrazio tutti voi, a partire dal presidente Romano, ma soprattutto, come prima cosa, voglio ricordare una persona che, come ha detto il presidente, sta combattendo per tornare presto insieme a noi, Loris Rispoli. Se si continua a ricordare il Moby Prince e ad andare avanti con la verità e la giustizia è anche merito di Loris Rispoli, che da trent'anni fa questa battaglia contro tutto e tutti.
  A volte siamo stati abbandonati e lasciati da soli a fare questa battaglia, che non sapevamo fosse così difficile. Per noi era giusto sapere subito la verità e avere giustizia. Ci siamo trovati a combattere questa battaglia da soli e per molti anni siamo stati abbandonati da chi ci doveva dare risposte. Ci sono state date risposte che non erano vere. Noi abbiamo iniziato e adesso vogliamo finalmente arrivare alla fine di questa storia. Perché quelle 140 persone sono state lasciate morire – scusate, uccise – senza che nessuno provasse a dare un aiuto? Perché quelle persone sono state lasciate lì, abbandonate al loro destino? Ci dicevano che erano morte in mezz'ora, in venti minuti. Noi fin dal primo giorno sapevamo che non erano morti in venti minuti o in mezz'ora. Grazie alla prima Commissione d'inchiesta, che ha scoperto e ha scritto che quelle persone sono vissute più ore, addirittura qualcuno anche fino al giorno dopo. In particolar modo mio padre, che non è morto in venti minuti. Io voglio che proviate a essere uno di noi, a sentirvi un familiare delle vittime del Moby Prince. Portare avanti questa battaglia è faticoso e a volte qualcuno non ce la fa. Parecchi familiari non sono più con noi e sono andati via da questa terra senza sapere perché è morta la loro figlia. Questo comincia a essere veramente pesante. Perché tutto questo? Che cosa c'è sotto? Noi ci siamo fatti un'idea fin dal primo giorno, ma da soli non ce la facciamo.
  Angelo ha detto cose giuste, precise. Io aggiungo una sola cosa, facendo a tutti un appello: dateci una mano a chiudere questa vicenda. Non possiamo ancora aspettare altri anni. Qualunque sia la verità, vogliamo mettere la parola fine. È un po' di tempo che lo dico quando partecipo a iniziative del Moby Prince. Noi abbiamo dei figli ventenni, di 19-17 anni, e non voglio lasciare questa battaglia alle mie figlie, perché già pagano il prezzo altissimo di non avere conosciuto i loro nonni. Sono trent'anni che noi siamo solo concentrati su questo, ci meritiamo anche un riposo, perché a volte il fisico cede, come è successo al nostro presidente Loris Rispoli. Per favore, mettiamo tutti insieme la parola fine. È una vittoria non per Nicola, Luchino e Angelo, ma è una vittoria per la Repubblica e la democrazia.

  PRESIDENTE. Grazie molte, dottor Rosetti, sono parole importanti. Poco fa ha detto: «È una battaglia che non vorremmo lasciare alle nostre figlie e ai nostri figli»; credo che sia compito nostro che questo desiderio venga esaudito, perché effettivamente l'obiettivo di questa Commissione è quello di rispondere, partendo dal lavoro della Commissione precedente, a una domanda precisa: cosa è successo quella notte, cosa è accaduto, chi ha una responsabilità in quello che è accaduto? Quindi, grazie ancora.
  A questo punto do la parola a chi dei commissari voglia intervenire, che sia presente Pag. 8 o che sia collegato con noi. Prego, onorevole Frailis.

  ANDREA FRAILIS. Grazie, presidente. Preliminarmente voglio ringraziare Angelo e Luchino e il dottor Nicola Rosetti per essere qui e aver accolto il nostro invito. Siamo noi che ringraziamo voi per il vostro contributo e per lo sprone che ci date nel nostro lavoro. Questa è una Commissione che abbiamo fortemente voluto, Luchino e Angelo lo sanno. L'abbiamo voluta con forza politicamente proprio alla ricerca della verità, perché, pur considerando importantissime le conclusioni della Commissione del Senato, pensiamo, come voi, che ci siano tantissime cose ancora da scoprire.
  Angelo ha parlato di depistaggio giudiziario. Io parto proprio da questa considerazione, al di là di quello che sarà poi il nostro lavoro, perché abbiamo tantissime audizioni da svolgere, tantissime persone da sentire e tantissimi documenti da acquisire, in quanto riteniamo che ancora molto ci sia da scoprire. A un'altra persona che abbiamo audito nei giorni scorsi ho fatto questa domanda: «Perché?». Io chiedo perché, a vostro parere, il depistaggio. Quella persona ci ha risposto: «Per interessi convergenti». Va bene, ma ci sono delle cose che inquietano, Angelo l'ha detto poco fa: una polizza assicurativa sul rischio guerra stipulata da prima e tantissimi altri elementi precedenti alla tragedia che preoccupano ancora più del depistaggio giudiziario. Io vi chiedo, e mi rivolgo a tutti e tre: vi siete fatti un'idea precisa degli interessi in gioco, precedenti e successivi? Se parliamo di interessi convergenti, del coprirsi l'un l'altro, sia dal punto di vista delle responsabilità penali sia dal punto di vista delle assicurazioni, del danno reciproco non richiesto, posso anche capirlo. Vi chiedo però se vi siete fatti un'idea precisa, perché il lavoro di questa Commissione verte anche su quanto accadde prima della tragedia e su quello che accadde immediatamente dopo. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Frailis. Aggiungerei, se i nostri ospiti sono d'accordo, altri interventi, in particolare quello dell'onorevole Deidda, che è collegato con noi e vorrebbe intervenire. Onorevole Deidda, prego.

  SALVATORE DEIDDA (intervento da remoto). Vi ringrazio. Grazie, presidente, mi scuso di non essere personalmente presente, ma mi devo dividere con le altre Commissioni. Saluto gli ospiti e li ringrazio anche per tutta l'attività compiuta dalle associazioni dei familiari delle vittime per cercare quella verità che faticosamente, in alcuni casi anche grazie al lavoro della precedente Commissione, però soprattutto al loro, sta emergendo in Italia faticosamente.
  La domanda è semplice: potete darci un'indicazione, o avete gli strumenti per dire: «In tutto il lavoro, voi dovete seguire quella strada»? Qual è la strada che dobbiamo prendere? Se noi siamo il braccio e voi la mente, dove dobbiamo agire? Grazie.

  PRESIDENTE. Aggiungerei l'intervento dell'onorevole Fratoianni, dopo il quale chiuderei questo primo gruppo di interventi. Onorevole Fratoianni, prego.

  NICOLA FRATOIANNI. Grazie, presidente. Sarò molto breve, anche perché condivido sostanzialmente il senso delle domande che hanno preceduto la mia. Voglio intanto associarmi ai ringraziamenti nei vostri confronti per la presenza oggi e per il lavoro di questi anni. Se possibile, vorrei inviare da qui e per vostro tramite un abbraccio a Loris Rispoli, che ho conosciuto e incontrato molte volte in occasioni legate non solo alla commemorazione, ma alla necessaria battaglia per tenere vivi il ricordo e la ricerca della verità su questa tragedia.
  Voglio semplicemente associarmi, come dicevo, alle richieste dei colleghi; peraltro non è la prima volta che lo faccio. Nella condizione in cui siamo e al punto in cui siamo, per il lavoro che è stato fatto, in particolare dalla Commissione del Senato che ci ha preceduto – e che ha consentito non solo di riaprire, ma ricostruire pezzi importanti di verità o quantomeno disvelare pezzi importanti che avevano contribuito Pag. 9 a cancellare o a rendere più difficile la ricerca della verità – qual è la vostra opinione? Anche oggi, in questa audizione, come ci è già accaduto, avete fatto capire – è inevitabile per il lavoro che avete fatto in questi anni – che voi avete un'idea che porta laddove noi vorremmo arrivare. Quindi, essendo questa una Commissione d'inchiesta, credo che sia il luogo in cui è utile e importante che le idee, le percezioni, le valutazioni vengano espresse in tutta la loro immediatezza, senza alcun velo, perché questo è anche ciò che ci consente di concentrare con più efficacia il lavoro dei prossimi mesi.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Fratoianni. Prego, dottor Angelo Chessa.

  ANGELO CHESSA, presidente onorario dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus. Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Frailis, gli interessi convergenti, ovviamente, avrebbe dovuto cercarli la magistratura trenta anni fa: erano lì, evidenti, alla portata di tutti. Se siamo qui, vuol dire che non sono stati cercati in nessun modo. Noi possiamo desumere da quello che ci ha raccontato la Commissione d'inchiesta del Senato quali sono gli interessi convergenti, e siamo completamente d'accordo su quello: gli interessi convergenti riguardano il potere di alcune parti coinvolte nella vicenda. Parliamo della Snam, dell'ENI, all'epoca completamente statale. Sappiamo, tramite la precedente Commissione, che il carico presente all'interno dell'Agip Abruzzo non era quello reale. Sappiamo che probabilmente il viaggio scritto – da Sidi Kerir, in Egitto, a Livorno – non era quello reale, ma che quella petroliera ha fatto altri viaggi e forse veniva da Genova. Sappiamo che il comandante del porto, Sergio Albanese, ha impedito che i periti potessero fare delle perizie sulla petroliera e ha impedito che il carico venisse analizzato. Quindi, troviamo già interessi della Snam (ENI) e interessi dello Stato, in quanto capitaneria di porto, corpo della Marina militare. L'unica cosa che sappiamo dell'Agip Abruzzo è che c'era una tanca centrale, la numero 6, aperta, quindi a rischio esplosione, perché le tanche delle petroliere devono essere inertizzate, cioè in assenza di ossigeno, invece questa era aperta con una manichetta attaccata e tagliata. Interessi? Snam, ENI, traffici illeciti di idrocarburi, non grezzi ma raffinati. La capitaneria sapeva questo o non lo sapeva? La Nav.Ar.Ma. aveva un mozzo delle eliche da cambiare che era già a bordo. Cosa è successo? Perché questi interessi sono arrivati tutti insieme e dopo un mese si sono messi d'accordo e tutti ci hanno guadagnato? Ci ha guadagnato la Snam e ci ha guadagnato Onorato, che ha ottenuto un risarcimento pari a tre volte il valore della nave e poi, immediatamente, lo Stato gli ha preso in affitto completamente le navi per il trasporto truppe. Tutti a Livorno hanno guadagnato da questo. L'amatore D'Alesio dopo il Moby Prince è diventato il più grande armatore delle bettoline. I rimorchiatori, di cui noi abbiamo una testimonianza agghiacciante di quella sera. Il comandante Mattera, del Tito Neri VII, che viene a sapere che il Moby Prince è in fiamme, chiama l'ufficio rimorchiatori, dicendo: «Vado verso Moby Prince in fiamme» e l'ufficio rimorchiatori dice: «No, resta sulla petroliera». Vi dovete rendere conto di cosa era la rada quella notte. Gli americani che facevano quello che volevano. C'erano enormi interessi che sono divenuti convergenti una volta che è successo l'incidente, che ovviamente non era voluto, ma del quale tutti avevano paura di essere concausa.

  PRESIDENTE. Grazie.

  LUCHINO CHESSA, presidente dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus. Sicuramente l'incidente – non voluto, come diceva Angelo – ha aperto una luce sul porto di Livorno, dove c'erano navi militarizzate, navi militari, traffico di prodotto.C'era una situazione abbastanza imbarazzante, e questo sicuramente non ha giovato a chi doveva occuparsi del controllo del porto e doveva gestire i soccorsi. La cosa più agghiacciante, come diceva Angelo, è anche che i dipendenti della Nav.Ar.Ma. e anche altri Pag. 10personaggi sapevano dieci, venti minuti dopo la collisione che il Moby Prince era la nave che era entrata in collisione. Dieci, quindici minuti dopo, capite? Questa è una cosa drammatica. Avrebbero potuto salvarli senza problemi, invece li hanno lasciati morire.
  L'altra cosa allucinante è che quando hanno soccorso il naufrago, il mozzo Alessio Bertrand, gli ormeggiatori hanno detto: «Il naufrago ha detto che ci sono persone ancora da salvare a bordo». Tempo quindici minuti, silenzio assoluto sul canale 16, e di nuovo gli ormeggiatori che dicono: «Il naufrago ha detto che sono tutti morti bruciati». Questo fa capire il dolo, il non avere fatto nulla per dolo, perché a quel punto si è deciso di lasciarli andare verso il loro destino, verso la morte.

  ANGELO CHESSA, presidente onorario dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus. Abbiamo trovato un foglio del comandante dell'Aeronautica, Mainini, che scrive che a mezzanotte e 17 minuti erano pronti da tempo per partire con gli elicotteri e i mezzi aerei, ma la Marina militare ha scritto che aveva il comando delle operazioni e che erano già tutti morti bruciati. Questo quando era appena stato salvato Bertrand.

  NICOLA ROSETTI, vicepresidente dell'Associazione 140 – Familiari vittime Moby Prince. Quello che voglio aggiungere dopo Luchino e Angelo è che la cosa strana di tutta questa vicenda è che un comandante di capitaneria porto non sapeva quali fossero le navi che entravano e uscivano, non sapeva che era il Moby quello che usciva dal porto di Livorno. Questa è la cosa fondamentale, poi parliamo non di un porto piccolo, ma di un grande porto commerciale come Livorno. Questa è la cosa difficile da capire: come fa un comandante a non sapere quali sono le navi che escono e che entrano in porto? Soprattutto, ci sono varie comunicazioni tra la CP e la sala operativa della capitaneria di porto di Livorno, in cui chiedevano cosa dovevano fare. Lì ci sono stati parecchi minuti di silenzio. Nessuno dava gli ordini su cosa dovevano fare i militari su quella CP. Un comandante come fa a non sapere che era il Moby Prince che usciva?

  ANGELO CHESSA, presidente onorario dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus. Un'ultima cosa: il comandante dei Vigili del fuoco di allora, Ceccherini, dà ordine ai suoi di non salire a bordo del traghetto perché è pericoloso; ed era appena salito un marinaio dei rimorchiatori ad agganciare il cavo senza nessuna tuta ignifuga. Questo a proposito degli interessi che ci sono sotto. È la magistratura che deve indagare su questo.

  PRESIDENTE. Grazie. Ci sono altri due interventi di colleghi: l'onorevole Fregolent, che è collegata con noi, e l'onorevole Pittalis. Prego, onorevole Fregolent.

  SILVIA FREGOLENT (intervento da remoto). Grazie, presidente. Ringrazio sentitamente le persone che fanno parte delle associazioni dei familiari delle vittime, che sicuramente sono state il motore... Io ho ascoltato con molto interesse la vostra ricostruzione e anche, nelle passate audizioni, alcune interessanti ricostruzioni di quella sera. Oggi ho colto un aspetto che, secondo me, è la chiave. All'inizio è stato un incidente, sicuramente non è stato un atto voluto, ma da quel momento in avanti per coprire quell'incidente è successo di tutto. Voi avete raccolto in questi anni numerose prove e immagino che ovviamente le abbiate fornite alla magistratura. Quale sensazione avete avuto del perché la magistratura non è andata avanti a fondo? Per paura? Perché non ritiene sufficienti quelle prove? Perché i depistaggi sono più forti della verità? Che sensazione avete avuto? È la sensazione che a noi serve per poi andare verso una direzione utile per raggiungere quella verità che voi avete chiesto per non far avere questo fardello sulle spalle dei vostri figli, e serve affinché si finisca con un punto vero di non ritorno su cosa è successo quella sera, su cui spetta alla nostra Commissione indagare in questo anno e mezzo. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Fregolent. Prego, onorevole Pittalis.

Pag. 11

  PIETRO PITTALIS. Io partirei dalle conclusioni del dottor Nicola Rosetti, che sostanzialmente, come hanno fatto anche i signori Chessa, ha invitato questa Commissione a proseguire nel lavoro della Commissione d'inchiesta del Senato. Soprattutto mi ha colpito questo appello, questo invito ad arrivare a una conclusione «qualunque sia la verità». C'è quindi questa forte esigenza di ricerca della verità, e penso che lo sforzo che si vuole da parte di tutti i commissari sia di non perdere ulteriormente tempo, dando per acquisite almeno tutte quelle situazioni di fatto che non lasciano residuare dubbio e che sono state già accertate.
  C'è un aspetto però, signor presidente, che ritengo debba essere attentamente valutato anche dalla nostra Commissione, se può essere utile e concorrere all'accertamento della verità: capire il perché di ciò che oggi noi abbiamo sentito come una denuncia. Perché, quando si fa riferimento alle carenze nella fase di indagine, può essere discutibile, può essere l'imperizia del sostituto procuratore o degli agenti della polizia giudiziaria che lo coadiuvano, possono essere tante le cause; però, quando si fa un'affermazione forte, cioè che siamo in presenza di un depistaggio, cambia moltissimo la prospettiva. Penso che se questo depistaggio è stato avallato da organi dello Stato, a iniziare dalla magistratura, questa Commissione non può su questo aspetto far finta di niente e sorvolare. Se si è posto come un elemento per evitare di raggiungere e accertare la verità, questo elemento va a mio avviso attentamente ripreso e analizzato, per capire esattamente quali sono state le ragioni e quali possono e debbano essere anche le conseguenze. Giustamente si è detto che al danno si è aggiunta anche la beffa.
  Mi ha sorpreso e vi dico che, da avvocato, mi crea non poco disagio l'affermazione che avete fatto in relazione anche a un atteggiamento di alcuni avvocati, evidentemente di parte civile, che quindi tutelavano gli interessi delle parti offese, che non avrebbero svolto... Anche questo è un aspetto importante, perché bisogna togliere il velo, non bisogna più coprire niente e nessuno. Anche su questo aspetto vi chiedo un chiarimento e vi domando se potete essere anche più precisi. Mi pare che sia venuto il momento per non avere remore di nessun genere e nei confronti di nessuno. Se implicati sono organi dello Stato, se implicata è una parte o chi in quel contesto tutelava le parti offese, è bene che emergano anche questi profili, perché mi pare che sia un modo per rendere un servizio utile oggi a voi che perorate, ma soprattutto nel ricordo e nella memoria di quelle vittime.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Pittalis. Prego, onorevole Potenti.

  MANFREDI POTENTI. Approfitto solo per aggiungere due parole a quello che ho sentito fino ad ora. Aggiungerei un piccolo particolare che non è da trascurare: la valutazione che la magistratura ha dato della valenza del contenuto del lavoro svolto dalla precedente Commissione d'inchiesta del Senato. Il tribunale di Firenze, infatti, in una sede diversa da quella penale – cioè in quella civile, nella quale si avanzavano delle pretese risarcitorie – ha relegato il lavoro della Commissione parlamentare a un mero atto politico. Vedo quindi che ci sono degli interessi comuni, sia dei privati sia dell'istituzione che noi rappresentiamo, a far valere reciprocamente delle ragioni, delle pretese anche nei rapporti tra poteri dello Stato, riguardo a una ben precisa qualificazione, che reputiamo debba essere corretta in quella esatta, del lavoro che noi ci accingiamo a fare; perché stavolta, quando il nostro lavoro terminerà, questo non sarà un atto politico, ma sarà una ricostruzione che faremo grazie al lavoro di consulenti, di persone che sono qui riunite sulla base di ben precise regole, che ci danno anche poteri che corrispondono in parte a quelli dell'autorità giudiziaria. Quindi, quanto ci è stato «attribuito» da quel tribunale evidentemente è quanto mai sbagliato. Grazie.

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Legnaioli.

  DONATELLA LEGNAIOLI. Grazie, presidente. Solo poche parole, anzitutto per Pag. 12ringraziare anch'io gli ospiti qui presenti, che ho ascoltato con molta attenzione, ma anche con una certa commozione. Oltre a capire la vostra posizione per tutto quello che è successo, posso immaginare anche, mentre avete fatto tutto questo lavoro in tutti questi anni, con quale animo avete dovuto farlo. Raccolgo con il mio gruppo – ma, credo, con tutti i colleghi – la vostra richiesta di aiuto e, come hanno già detto i miei colleghi, lavoreremo certamente con lo spirito e l'obiettivo di arrivare a concludere, a scrivere la parola «fine» per questa vicenda, riportando la giustizia a quella che dovrebbe essere, non solo per voi legittima, ma necessaria per voi, per i vostri cari e anche per tutto il nostro Paese.
  Io però una cosa vorrei dire: visto tutto questo grande lavoro che avete fatto, un lavoro immane, vi invito a mantenere il contatto con noi proprio perché – il collega prima parlava della mente e del braccio, io anziché la mente dico la guida – può darci un'indicazione maggiore. Questo è importante: che non sia una volta, ma che continuiamo a vederci. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Legnaioli. Prego.

  ANGELO CHESSA, presidente onorario dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus. Per quanto riguarda il depistaggio, onorevole Pittalis, possiamo dire che la magistratura a quel tempo quantomeno ha avuto poca volontà di opporsi. Faccio un esempio, così si chiarisce. Il 12 aprile 1991 la Polizia scientifica manda una relazione al magistrato, dottor De Franco, dicendo: «Guardi che a prua della nave ci sono evidenti segni di una grossa esplosione». Questo noi l'abbiamo saputo dopo, ovviamente. Perché il magistrato impiega sette mesi per dare l'incarico all'esperto esplosivista? In quei sette mesi, a bordo hanno fatto di tutto: è piovuto, ci hanno messo i palloni da calcio, hanno rubato cose dalla sala macchina, hanno portato via l'unica cosa importante della nave, che era il registratore di rotta. È stato portato via, così, senza nessun problema. Hanno chiuso le prese a mare per far credere che l'antincendio non funzionasse e che erano morti tutti anche per quello. È stato un continuo. La magistratura non si è opposta a tutto questo. Perché? Questa è la risposta che dobbiamo dare. Perché non sono stati subito sequestrati i tracciati radar militari italiani? Poggio Ballone è lì, a Grosseto. Perché non sono stati chiesti quelli francesi? Capo Corso è lì di fronte. I satelliti gli americani non ce li avrebbero mai dati, e infatti non ce li hanno mai dati; ma i tracciati dei nostri radar militari perché non sono stati sequestrati subito?
  Dopo quattro anni riusciamo a capire che un aereo dell'Alitalia passava sul luogo della collisione e quindi andiamo a dire al magistrato: «Chiami il comandante». Ha chiamato il comandante, che ha detto: «Sì, io dall'Elba vedevo l'incendio a mare» – alla faccia della nebbia – «e sono passato sulla verticale della petroliera in fiamme. Sono passati quattro anni. Io ho raccontato tutto a Pisa Torre». Quindi andiamo a prendere i nastri di Pisa Torre, 46a brigata aerea. Arriva il ROS (Raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri). I nastri sono spariti, non ci sono mai stati, e stranamente, anche lì nessuna indagine in merito. Il capo archivista dell'aeroporto si spara in bagno nell'aeroporto (questo nessuno lo sa, ma è successo veramente); hanno scritto che era depresso, nessuna indagine in corso.
  È stato tutto così. Diciamo che la volontà è mancata. Però il presidente del tribunale è un corrotto, questo lo possiamo dire: Germano Lamberti è condannato in via definitiva per corruzione. Nonostante questo... E non c'è mai stata nessuna revisione del processo.

  LUCHINO CHESSA, presidente dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus. Riguardo a questo, anche durante il processo ci sono state delle situazioni veramente allucinanti: testimoni sbeffeggiati, come l'avvisatore marittimo. L'hanno fatto quasi piangere. L'avvisatore marittimo ha visto tutto, nella sua sala di controllo aveva segnato gli angoli goniometrici delle rotte delle navi. Gli hanno detto: «Ma lei che scuole ha fatto? Ma Pag. 13come si permette di fare queste cose?». L'avvisatore ha spiegato dove andava il traghetto, da che parte andava. Ha visto tutto. Eppure è stato rovinato, durante il processo. Ma questo è uno dei tanti casi, ne abbiamo un bel po'. E noi non potevamo fare nulla. Non abbiamo potuto fare nulla, purtroppo.

  PIETRO PITTALIS. L'accenno agli avvocati?

  ANGELO CHESSA, presidente onorario dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus. Sugli avvocati parlo per nostra esperienza personale. Prima ho raccontato che i nostri avvocati, all'epoca, quindici giorni dopo sapevano che la petroliera era in posizione di divieto di ancoraggio. Il perito gli ha mandato un fax, e la Nav.Ar.Ma. pure l'ha ricevuto. Ne abbiamo la copia. Noi siamo i figli del comandante e l'abbiamo saputo venticinque anni dopo. Questa è la risposta.
  Per quanto riguarda ciò che diceva l'onorevole Potenti sulla causa civile – perché la Commissione scriveva giustamente che nessuno ha soccorso e gli avvocati hanno detto: «Facciamo causa allo Stato» – il giudice Massimo Donnarumma, concluso il dibattimento, ha depositato gli atti della sua sentenza il 2 novembre, il giorno dei morti. E non dico altro.

  NICOLA ROSETTI, vicepresidente dell'Associazione 140 – Familiari vittime Moby Prince. Depistaggio, poca volontà della magistratura... Io penso invece che tutta questa storia, anche dei processi, sia stata ben studiata. Hanno fatto un processo in poco tempo, velocissimo. Personalmente penso che si erano messi a tavolino per darci un'altra coltellata. Ricordo che non potevamo credere a quello che stava succedendo in quelle aule. Di sicuro eravamo ancora sotto shock per quello che ci è accaduto, ma con il tempo personalmente penso che fosse una situazione in cui già si erano messi d'accordo per farci un'ennesima beffa. Poi alla fine noi non chiediamo chissà cosa; chiediamo una cosa che dovrebbe essere normale nel nostro Stato: la verità e la giustizia. Non chiediamo i soldi, non chiediamo niente. Chiediamo verità e giustizia. Quella verità chi la deve dare? Il tribunale, la magistratura. Non la deve dare la politica, perché quando la magistratura fallisce entra in gioco la politica. Noi ci abbiamo sempre creduto e crediamo ancora nella magistratura e nella politica. Sembra strano. Nonostante tutto quello che abbiamo subito, noi continuiamo a credere nella magistratura, perché crediamo nello Stato. Se non c'è la magistratura, è lo Stato che ci deve dare risposte.
  Vorrei rispondere all'onorevole Legnaioli. Noi ci siamo sempre, come ci siamo sempre stati. Con alcuni di voi ci conosciamo. Noi staremo sempre al vostro fianco, anche nei momenti difficili di questa Commissione (perché ne troverete). Noi ci siamo sempre, non vi abbandoniamo, perché dobbiamo arrivare tutti insieme alla fine. Non sentitevi soli. Oggi siamo qui solo noi presidenti, ma dietro di noi ci sono tutti i familiari. Non sentitevi soli. Con il «noi» si vincono le battaglie, e questa la vinciamo tutti insieme. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie ancora ai dottori Luchino e Angelo Chessa e al dottor Rosetti. Io aggiungo poche parole, senza alcuna pretesa di tirare le conclusioni. Intanto aggiungo i miei ringraziamenti a quelli espressi da altri colleghi, da tutti noi, nei vostri confronti e, per vostro tramite, alle due associazioni che voi rappresentate, e alla tenacia, al coraggio delle vostre associazioni. Personalmente – ma credo di interpretare anche l'opinione dei colleghi – mi sento e ci sentiamo effettivamente vicini, affiancati da voi in questo lavoro; ciò non vuol dire soltanto essere sostenuti, ma essere affiancati anche come stimolo, pungolo a non perdere tempo, a non mollare, cosa di cui certamente siamo consapevoli.
  Voglio commentare brevemente un punto, quello dei depistaggi, su cui tanti di noi oggi si sono soffermati. Ricordo che tra i punti in base ai quali questa Commissione si è costituita, e che quindi sono presenti nella delibera che la Camera dei deputati ha adottato all'unanimità il 12 maggio scorso, c'è quello di «verificare fatti, atti e condotte commissive od omissive che abbiano Pag. 14costituito o costituiscano ostacolo, ritardo o difficoltà per l'accertamento giurisdizionale delle responsabilità relative al disastro della nave Moby Prince». Quindi, effettivamente tra i nostri compiti c'è anche quello di accertare eventuali depistaggi (uso questo termine che abbiamo usato tanto).
  Al contempo, una delle nostre ispirazioni, nel nostro lavoro, è stata quella mossa dalle parole del Presidente Mattarella in occasione del trentesimo anniversario. Ricordo che il Presidente Mattarella è anche il Presidente del Consiglio superiore della magistratura e, quindi, figura di garanzia anche per l'ordinamento giudiziario italiano. Il Presidente Mattarella disse parole molto nette sul fatto che sul disastro della Moby Prince dovesse essere fatta ancora piena luce, intendendo quindi che piena luce non fosse stata ancora fatta nonostante il percorso giudiziario di questa vicenda. Analoghe le parole del Ministro Cartabia. Intendo dire che c'è, credo, da parte delle istituzioni tutte, a partire dalla Presidenza della Repubblica fino al nostro più umile ruolo, la consapevolezza che la luce non sia stata fatta nonostante le sentenze passate in giudicato. Capisco che questo è un grande tormento per voi familiari. Lo è anche per noi, e per noi è un pungolo affinché il lavoro delle istituzioni che oggi noi rappresentiamo permetta di arrivare a una verità che, ovviamente, rimetta anche in moto il lavoro della magistratura.
  Grazie ancora ai rappresentanti delle associazioni dei familiari delle vittime e grazie ai colleghi.

  LUCHINO CHESSA, presidente dell'Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince Onlus. Grazie a tutti e buon lavoro.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.50.