XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro della nave «Moby Prince»

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Mercoledì 8 settembre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Romano Andrea , Presidente ... 3 

Audizione del senatore Bachisio Silvio Lai, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince istituita dal Senato nella XVII legislatura:
Romano Andrea , Presidente ... 3 
Lai Bachisio Silvio , presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince istituita dal Senato nella XVII legislatura ... 4 
Romano Andrea , Presidente ... 5 
Lapia Mara (Misto-CD)  ... 5 
Romano Andrea , Presidente ... 5 
Frailis Andrea (PD)  ... 5 
Romano Andrea , Presidente ... 6 
Traversi Roberto (M5S)  ... 6 
Romano Andrea , Presidente ... 6 
Ciagà Graziella Leyla (PD)  ... 6 
Romano Andrea , Presidente ... 6 
Lai Bachisio Silvio , presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince istituita dal Senato nella XVII legislatura ... 6 
Romano Andrea , Presidente ... 10 
Potenti Manfredi (LEGA)  ... 10 
Marino Bernardo (M5S)  ... 11 
Romano Andrea , Presidente ... 11 
Berti Francesco (M5S)  ... 11 
Romano Andrea , Presidente ... 11 
Frailis Andrea (PD)  ... 11 
Romano Andrea , Presidente ... 11 
Lai Bachisio Silvio , presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince istituita dal Senato nella XVII legislatura ... 11 
Romano Andrea , Presidente ... 15 
Frailis Andrea (PD)  ... 15 
Romano Andrea , Presidente ... 15 
Frailis Andrea (PD)  ... 15 
Romano Andrea , Presidente ... 15 
Lapia Mara (Misto-CD)  ... 15 
Lai Bachisio Silvio , presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince istituita dal Senato nella XVII legislatura ... 15 
Romano Andrea , Presidente ... 16 
Ciagà Graziella Leyla (PD)  ... 16 
Romano Andrea , Presidente ... 16 
Lai Bachisio Silvio , presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince istituita dal Senato nella XVII legislatura ... 16 
Romano Andrea , Presidente ... 17

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANDREA ROMANO

  La seduta comincia alle 14.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione in diretta streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del senatore Bachisio Silvio Lai, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince istituita dal Senato nella XVII legislatura.

  PRESIDENTE. So che molti colleghi si sono collegati e si stanno collegando, compatibilmente con i lavori delle Commissioni permanenti che si svolgono in questi minuti. Come convenuto, i deputati componenti della Commissione possono partecipare all'odierna seduta in videoconferenza.
  A tale riguardo, ricordo che nella seduta della Giunta per il Regolamento del 4 novembre 2020 il Presidente della Camera ha evidenziato la necessità della massima cautela nell'applicazione della partecipazione da remoto dei deputati alle sedute «con particolare riferimento alle Commissioni d'inchiesta, in ragione delle materie da esse trattate e della delicatezza e riservatezza delle attività svolte in tali sedi».
  Ricordo, altresì, il principio regolamentare che esclude la possibilità della partecipazione di estranei ai lavori parlamentari; invece possono assistere ai lavori di questa nostra Commissione, senza possibilità di intervento, i consulenti già formalizzati.
  È necessario che i parlamentari che partecipano da remoto risultino visibili alla presidenza, soprattutto nel momento in cui dovessero svolgere un eventuale intervento, che deve essere chiaramente udibile. Tale esigenza risulta particolarmente importante anche ai fini della resocontazione.
  L'ordine del giorno reca l'audizione del senatore Silvio Lai, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince, promossa dal Senato della Repubblica nella scorsa legislatura. L'audizione si svolge in forma libera e di essa sarà redatto un resoconto stenografico.
  Avverto inoltre che, considerate le modalità di svolgimento della seduta, qualora il senatore Lai dovesse ritenere che taluni argomenti sui quali intende riferire richiedano di essere assoggettati a regime di segretezza, la Commissione valuterà le modalità più opportune per consentirgli di farlo, tenuto conto che le modalità di partecipazione da remoto non sono compatibili con la segretezza della seduta.
  Ringrazio il senatore Lai per aver trovato il tempo e il modo di essere nostro ospite oggi, ma lo ringrazio anche – e credo di interpretare il pensiero di tutti i commissari – per il lavoro che il senatore ha presieduto nella scorsa legislatura, nella sua qualità di presidente della precedente Commissione d'inchiesta. Personalmente ritengo che quel lavoro sia stato fondamentale – non credo di peccare di retorica – nell'imprimere una svolta storica alla lettura pubblica e specifica delle vicende del Moby Prince, perché effettivamente il lavoro della Commissione precedente ha permesso di dire che le istituzioni della Repubblica si sono finalmente accorte che Pag. 4qualcosa doveva essere fatto per ricostruire una verità che fino ad allora non era stata ricostruita o, al contrario, era stata gravemente lesionata. Quindi, davvero grazie, senatore.
  Mi permetto di sollevare un primo tema, prima di darle la parola, come è doveroso fare. La mia è una richiesta di chiarimento, di suggerimento sul metodo di lavoro della Commissione. Lei ha presieduto nella scorsa legislatura una Commissione che partiva da zero. Da questo punto di vista noi siamo molto più fortunati perché, come abbiamo detto tante volte, non partiamo da zero, ma il nostro lavoro si poggia su quello che voi avete svolto nella scorsa legislatura. Non è una domanda, è più una richiesta di suggerimenti: come avete deciso di procedere di fronte al deserto che avevate di fronte a voi? Come avete organizzato i vostri lavori? Quali criteri vi hanno ispirato fin dalle primissime fasi del vostro lavoro, che poi somigliano un po' alle prime fasi di questo nostro lavoro, in termini temporali?
  Detto questo, lei ovviamente è del tutto libero – ma non lo devo dire a lei – di spaziare nella sua introduzione sui temi e sugli argomenti che preferirà. Grazie, senatore.

  BACHISIO SILVIO LAI, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince istituita dal Senato nella XVII legislatura. Intanto sono io a ringraziarvi di questa opportunità, che può consentire un collegamento, nei limiti del lavoro che intenderete fare, tra il lavoro compiuto durante la scorsa legislatura e quello che dovrete fare in questa legislatura, posto che ci sono ancora molte cose da approfondire e molte cose che possono trovare una soluzione che noi non abbiamo potuto trovare anche per la limitatezza del tempo e per la necessità di costruire prima alcuni elementi di chiarezza.
  Vorrei rispondere alla domanda che lei mi ha fatto, perché la ritengo essenziale per la modalità con cui ci si può approcciare a una Commissione d'inchiesta, intanto perché i parlamentari non sono normalmente avvezzi a un lavoro di inchiesta; il nostro è un altro mestiere. Certe volte la tentazione nella quale si può incorrere è quella di pensarsi investigatori, facendo un mestiere che in realtà è molto particolare e delicato.
  Il primo aspetto che abbiamo affrontato era come fare un lavoro di inchiesta essendo dei parlamentari e come dotarsi degli strumenti e delle consulenze giuste per fare questo, perché in realtà è molto importante la scelta di quei magistrati che ti possono sostenere e possono aiutare sia a selezionare le informazioni sia ad applicare un metodo di indagine.
  Sotto questo aspetto c'è una legge fondamentale: se si vuole cercare la verità, la verità deve essere tale da poter essere comprovata. Questo vale per la ricerca scientifica, ma vale anche per la verità dei fatti. La cosa che più ci ha guidato nel lavoro di inchiesta è stata iniziare a scremare, dalla rappresentazione che fino a quel momento veniva fatto dell'evento della strage del Moby Prince, tutte le cose che potevano essere o confermate o cancellate da prove. Ad esempio, siamo andati a cercare le prove della presenza oppure dell'assenza della nebbia. Se non si ripulisce il terreno da tutte quelle che in qualche modo sono notizie infestanti non comprovate, in realtà non si riesce a seguire un percorso che possa consentire di leggere la realtà.
  Per fare questo, abbiamo cercato di avere un'attenzione affinché che le nostre valutazioni sui fatti venissero comprovate anche dall'aiuto di soggetti che non fossero stati già coinvolti nelle indagini precedenti. Sotto questo aspetto la scelta della Guardia di finanza e dei Carabinieri come corpi dello Stato che ci hanno assistito nel lavoro di indagine era finalizzata a individuare corpi che nella valutazione dei fatti, degli oggetti, dei reperti che venivano loro sottoposti non potessero minimamente essere messi in discussione per il fatto che altre parti di questi corpi avessero partecipato ad attività precedenti, durante le fasi istruttorie dei processi o durante le indagini. Sotto questo aspetto abbiamo cercato di supportare e rafforzare gli elementi attraverso soggetti che nelle indagini fossero terzi rispetto al passato.
  La terza cosa che mi permetto di rappresentare come un'attenzione che abbiamo Pag. 5 avuto è questa: una Commissione d'inchiesta non è il quarto grado di giudizio degli atti della magistratura. È una funzione diversa da quella della magistratura. Talvolta, pur dovendo essere attenta ai fatti e alle prove che devono essere confermate, una Commissione d'inchiesta ha degli spazi maggiori, ma secondo me – è la valutazione che abbiamo fatto – non deve rischiare di cadere in un percorso nel quale l'unica cosa che sembra utile è smentire quello che ha fatto un altro corpo dello Stato, che è la magistratura. In realtà si deve camminare e percorrere la propria strada, seguendo un filo logico dei fatti che si vogliono accertare e appurare, cercando di lasciare sullo sfondo tutto quello che può essere un elemento di confusione.
  Questa è stata la nostra esperienza iniziale, nella quale abbiamo cercato soprattutto di favorire un accertamento dei fatti che non apparisse preventivamente a favore di una o dell'altra parte, perché poi le parti in questa vicenda sono sostanzialmente due: la prima è costituita dai familiari delle vittime e la seconda da coloro che non avrebbero in teoria corrisposto alle esigenze di verità che i familiari delle vittime hanno posto. Rafforzare la ricerca di verità significa cercare di farla emergere anche da soggettività terze e non da soggettività di parte.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. A questo punto aprirei il microfono alle vostre osservazioni e alle vostre richieste di approfondimento su aspetti specifici.

  MARA LAPIA. Grazie, presidente, per la parola. Grazie, senatore, per essere qui presente. Anche in qualità di deputata sarda, la ringrazio per la sua presenza e per il lavoro fatto nella passata Commissione d'inchiesta.
  Le mie domande – che non avevo preparato, perché mi aspettavo una relazione, ma va bene così – in base ai dati che abbiamo acquisito fino ad adesso sono le seguenti. Per quanto riguarda quello che lei ha potuto conoscere nella sua Commissione d'inchiesta, quindi in tutta l'attività che ha svolto, le faccio due domande in particolare. La questione della nebbia l'abbiamo chiarita e ce l'abbiamo tutti chiara, però quello che mi ha incuriosita particolarmente è stata la possibilità che ci fosse dell'esplosivo all'interno del Moby Prince. Le chiedo se secondo lei sono state fatte delle attività di indagine soddisfacenti (questa è la domanda che ho fatto alla persona che abbiamo audito nelle sedute precedenti) o se nella nostra Commissione d'inchiesta dovremmo svolgere altre attività di indagine in questo senso.
  Se permette, vorrei aggiungere un'altra domanda, su un punto che ha destato in me delle perplessità. Per quanto riguarda le autopsie sulle persone decedute nella nave Moby Prince, secondo lei – essendo anche un medico – sono state seguite le giuste procedure o noi oggi possiamo dire che non sono state seguite le normali procedure e che l'attività è stata svolta in maniera eccessivamente frettolosa?
  In virtù del fatto che non ho potuto preparare delle domande e quindi sto ricordando la precedente audizione, se lei me lo consentirà, presidente, mi riservo di fare altre domande in seguito. Grazie.

  PRESIDENTE. L'onorevole Frailis, che è collegato da remoto, desidera intervenire. Prego.

  ANDREA FRAILIS (intervento da remoto). Grazie, presidente. Vorrei anch'io ringraziare il senatore Silvio Lai per la sua presenza questo pomeriggio. Purtroppo non ho potuto essere a Roma, ma ci tenevo ad assistere all'audizione del senatore Lai, con il quale ho avuto diverse volte, anche da giornalista, la possibilità di scambiare delle informazioni e delle chiacchierate molto interessanti anche sul Moby Prince.
  Ho ascoltato l'introduzione del senatore Lai, soprattutto per quanto riguarda i metodi di approccio all'inchiesta che sono stati seguiti nel corso del lavoro della Commissione precedente, quella del Senato. Subito mi sovviene una domanda: senatore, nel vostro lavoro di scrematura di quegli elementi che in qualche modo si sovrapponevano alle inchieste degli organi giudiziari e delle forze di polizia, avete avuto la Pag. 6sensazione che quegli elementi fossero stati messi artatamente come ostacolo al lavoro degli organismi di polizia e della magistratura? O invece una serie di concatenazioni di elementi slegati l'uno dall'altro hanno costituito questo ostacolo? Perché diverse cose farebbero propendere per l'una o per l'altra ipotesi. Grazie, senatore. Mi riservo la possibilità di farle altre domande più avanti.

  PRESIDENTE. Se il senatore Lai è d'accordo, raggrupperei almeno tre o quattro interventi. Dopo l'onorevole Frailis avevo segnato il collega Traversi e poi la collega Ciagà. Chiedo anche conferma che l'onorevole Marino voglia intervenire. Intanto, prego, onorevole Traversi.

  ROBERTO TRAVERSI. Grazie, presidente. La mia domanda è molto semplice o difficile, non lo so, adesso lo vedremo. Quello che le chiedo, alla luce dell'esperienza che ha maturato e di tutte le indagini che avete fatto, è semplicemente per sapere o capire quale parte andrebbe indagata. La domanda è questa: ha già detto qualcosa in premessa, ma se lei avesse avuto un ulteriore anno di tempo, con la possibilità di procedere, quali cose avrebbe fatto per prime? Ha un rimpianto? Chiedo anche quale fosse l'aspetto emozionale della Commissione, come avete lavorato, cosa è mancato, al di là del tempo, che capisco che è tiranno, come è anche per questa Commissione. La domanda era questa, molto semplicemente. Volevo chiedere anche del metodo di lavoro, però la domanda è già stata fatta prima; le chiederei di completare la risposta, dandoci un consiglio di lavoro.

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Ciagà.

  GRAZIELLA LEYLA CIAGÀ. Grazie, presidente. Ringrazio anch'io il senatore Lai per essere intervenuto qui oggi e per il lavoro che ha fatto. Il collega che mi ha preceduto ha anticipato la domanda che anche io avrei voluto farle: sulla base dell'esperienza dei lavori della sua Commissione, quali suggerimenti, consigli e indicazioni ci può dare per il prosieguo dei nostri lavori? Quindi, quali fatti ed elementi lei e la sua Commissione avete considerato chiusi, ormai definiti e chiariti – prima su tutte la questione della nebbia, che ormai è chiarissima – e quali sono, invece, gli elementi o i fatti sui quali è necessario un supplemento di lavoro da parte nostra. Le domando quali consigli può darci al riguardo, in relazione sia ai temi su cui focalizzarci sia alle competenze tecniche necessarie per sbrogliare eventuali criticità. È stato prima enunciato il discorso dell'esplosivo, però ci sono anche altri elementi che necessitano di approfondimenti sul piano tecnico, sfruttando magari anche le nuove tecnologie; vorrei avere un suo parere su questo e capire se attraverso l'ausilio di nuove tecnologie si possano ricostruire scenari che possano essere utili all'accertamento della verità. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ciagà. Chiuderei questa prima parte degli interventi. Prego, senatore Lai.

  BACHISIO SILVIO LAI, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince istituita dal Senato nella XVII legislatura. Intanto mi scuso per non aver proposto un'introduzione complessiva, però nella mia valutazione mi sembrava più importante provare ad approfondire le tematiche che mi sarebbero state poste; è stato solo per questo, altrimenti sono un grande chiacchierone e potrei intrattenervi per ore sull'argomento.
  Vado in ordine, partendo dalle domande della collega parlamentare corregionale sull'esplosivo e le autopsie. Per quanto riguarda l'esplosivo, noi abbiamo potuto approfondire il tema attraverso l'indagine di un esplosivista che ha potuto lavorare soltanto analizzando le indagini precedentemente fatte. Abbiamo ritrovato nel tribunale di Livorno i tamponi precedentemente fatti, quelli che furono usati dalla Polizia scientifica per esaminarli, ma lì fu fatto un errore, perché anziché tentare di fare un'indagine riproducibile, lasciando intatta una parte dei tamponi, in realtà furono utilizzati Pag. 7 e non possono più essere esaminati. Li abbiamo esaminati, ma non hanno nessun segnale. I tamponi che riguardano le rilevazioni fatte in quel momento, subito dopo l'evento, dalla Polizia scientifica, noi li abbiamo fatti riesaminare dal RIS (Reparto investigazioni scientifiche) di Roma, ma non c'è nessuna traccia, sono stati completamente resi inutili.
  La valutazione delle indagini precedenti, che in realtà sembrano in contrasto tra loro, dice due cose. La prima è che c'erano tracce di molti esplosivi. Il fatto che ci fossero molti esplosivi, e non uno o due, e che fossero in parte militari e in parte civili non fa necessariamente pendere la bilancia verso l'idea che lì ci siano stati in quel momento degli esplosivi, perché quelle tracce di esplosivo possono essere assolutamente precedenti. Tanto è vero che in audizioni – alcune non riproducibili, perché un collega purtroppo è deceduto nel frattempo – di giornalisti dell'epoca, questi rilevavano come a quei tempi ci fossero traffici di esplosivi che venivano utilizzati anche per attività non necessariamente militari o cose di questo genere, che venivano fatti magari con la complicità di operatori che stavano nel traghetto. Quello spazio, a cui accedono soltanto in pochi – perché è il bow thruster, un piccolo spazio di manovra dove ci sono le eliche di manovra – poteva essere uno spazio che nei mesi, nei giorni, negli anni precedenti era stato utilizzato per trasportare dell'esplosivo. Ovviamente, questo non lo possiamo provare.
  Invece, ciò che ha convinto l'esplosivista del fatto che lì ci sia stata un'esplosione, ma che fosse un'esplosione da gas, avvenuta in seguito all'evento e all'accumulazione di gas dall'incendio, è stato che, esaminando le fotografie di allora, si fosse arrivati a una conclusione data dall'espansione dell'esplosione. Questa non aveva un punto di innesco nel quale la deformazione delle pareti fosse più elevata, anche perché se fosse stato così, in teoria il punto di presenza dell'eventuale esplosivo, tra i tanti che sono stati segnalati, sarebbe stato un punto sospeso al centro di quel locale e avrebbe previsto la presenza di una catena o di qualcosa che lo teneva sospeso in una posizione innaturale. Per cui il nostro esplosivista è giunto a confermare l'ipotesi della seconda delle analisi, ovvero che quella fosse un'esplosione da gas avvenuta per l'incorporazione del gas da incendio.
  Penso che quella sia una pista che può essere ulteriormente affrontata con un altro esplosivista. Da questo punto di vista vi direi che fa parte di quel metodo che ho detto: prima di tutto, se ci sono dei dubbi, occorre escluderli. Se non li si esclude, si continuano a inseguire piste che sono assolutamente connesse a quel dubbio. Se c'è stata l'esplosione, cambia la storia. Se c'è stata un'esplosione causata dall'esplosivo, qualcuno l'ha messo. Chi l'ha messo? Perché l'ha messo? Cambia completamente la storia. Se, invece, quella è un'esplosione soltanto da gas, si deve pensare che non c'è stato un attentato. La presenza di una bomba lì significherebbe che questa è stata una strage voluta o comunque causata. Il fatto che non ci sia una bomba, ma un'esplosione magari successiva, legata ai gas dovuti all'incendio, è la storia che noi fino a questo momento siamo stati in grado di comprovare. Se quello è ancora un dubbio per voi, io vi consiglio amichevolmente di affrontarlo, rianalizzando i dati disponibili, che sono le perizie, cioè quella di Massari e quella del docente universitario che ha analizzato successivamente.
  Passando all'autopsia, i due anatomopatologi sono stati assolutamente nettissimi, perché hanno detto una cosa, che riporto come l'hanno detta: non c'è stata un'analisi autoptica dei corpi e non sono state ricercate le cause di morte delle persone, ma i corpi sono stati analizzati soltanto per identificarli. È stato un lavoro che noi abbiamo attribuito negativamente alla magistratura di allora, giustificandolo con il fatto che si trattasse di una procura piccolissima. La procura di Livorno è come la procura di una piccola provincia in Sardegna, non era adeguata in quel momento (e non lo sarebbe neanche adesso) a gestire un evento tragico di quelle dimensioni, sia per la quantità di lavoro che grava su pochi magistrati, sia per la complessità dell'ambiente in cui deve operare. Infatti, tra i suggerimenti legislativi che abbiamo posto Pag. 8nella conclusione, vi era quello di identificare un percorso anche legislativo per evitare che le piccole procure – come è successo a Viareggio qualche anno fa – debbano occuparsi di grandi eventi di questo genere, perché si tratta di dimensioni di indagine che non possono sottostare a condizioni di lavoro limitate come quelle delle piccole procure; abbiamo individuato delle ipotesi, come quella di una procura regionale o di affidarli alla procura più grande che c'è in quella regione, anziché lasciarli alle piccole procure, perché è pericolosissimo.
  Un errore come quello di non andare a individuare le cause di morte delle persone significa dare per buona l'indagine sommaria fatta dalla capitaneria di porto che, invece, era la responsabile dei soccorsi. Se la capitaneria di porto scrive nell'indagine sommaria che sono tutti morti in 30 minuti dopo l'incidente, in qualche modo il legame con il lavoro che ha fatto, il giudizio sul lavoro che ha fatto, è evidente. Nessuno fa le indagini per valutare, attraverso l'autopsia, la durata in vita delle persone. Nessuno. Non c'è. L'unica cosa da cui deriva la valutazione dei nostri due esperti rispetto alla durata in vita è che in alcuni casi, del tutto casuali e senza una strategia, vengono fatte delle analisi che permettono di valutare la quantità di fumi di carbonio che è presente nel sangue delle persone. Solo questo. Nel momento in cui si fa questo, ovviamente lo si fa sui corpi non completamente carbonizzati, e proprio i corpi che non sono carbonizzati paradossalmente sono quelli che indicano che c'è una quantità di fumi respirati che è compatibile con una permanenza in vita di più di due ore. Non c'è stata – lo dico con nettezza, riprendendo le conclusioni della Commissione – una valutazione autoptica finalizzata a valutare le cause di morte. È stato del tutto casuale e l'analisi di quello che casualmente è stato rilevato ci ha portato a definire che le persone sono durate in vita in alcune zone. Il fatto che siano durate in vita in alcune zone è anche confermato dalle analisi fatte dai Vigili del fuoco, che anche dai dati e dalle fotografie dicono che l'espansione del fuoco riporta diverse capsule vitali, ovvero diverse zone dove il fuoco e il calore non sono arrivati; quindi qualcuno si poteva salvare non solo dopo mezz'ora, ma anche dopo un'ora e mezza. Lo stesso sopravvissuto è la riprova che non sono morti entro mezz'ora, perché è stato recuperato molto oltre la mezz'ora.
  Per quanto riguarda la domanda sull'influenza della magistratura, un po' l'ho anticipata. Noi siamo arrivati a questo dato: da una parte la dimensione di una procura piccola permetteva al sistema esterno di condizionare, ma il più grande condizionamento della procura di Livorno è stato il fatto che il 17 luglio, se non sbaglio – quindi due mesi e qualche giorno dopo il disastro – le compagnie assicuratrici dei due armatori stipulano un accordo assicurativo che, di fatto, impedisce di avere la collaborazione delle due compagnie armatrici nell'individuare la verità, perché lì non viene definito qualcosa di generico. Lì viene definito che un soggetto si impegna a non accusare l'altro di qualunque responsabilità. Un accordo di questo genere, che non era noto, evidentemente ha condizionato poi il lavoro della magistratura, che già era soverchiata.
  Il caso del procuratore che ha svolto le indagini e che qualche giorno prima del processo lascia la parte penale per andare a finire nel tribunale civile, per chi si occupa di legge è un elemento... Uno che ha fatto un'indagine in maniera consapevole e appassionata per tre anni, prende e lascia: o non era appassionato oppure era troppo appassionato rispetto a quello che avrebbe fatto dopo.
  La fragilità, la possibilità di influenzare il lavoro in quegli anni, secondo me è stata piuttosto elevata. Noi abbiamo individuato la fragilità nella dimensione della procura di Livorno di quel momento. Probabilmente oggi sarebbe diverso per molti aspetti, perché gli strumenti scientifici a disposizione sarebbero differenti. Immaginate però cosa erano gli strumenti nel 1991. Quella procura chiede agli americani i tracciati radar... Ma di cosa stiamo parlando? Era evidente che c'era una differenza di forze troppo elevata per poter considerare la Pag. 9procura, in quel momento, non influenzabile.
  Devo dire la verità, molte cose che sono state fatte da quella procura sono anche di qualità, perché la qualità degli esperti che hanno cercato era elevata. Non c'era una cattiva fede nel percorso – mi spingo a dire questo – perché altrimenti avrebbero cercato anche competenze minori. La verità è che il contesto esterno era già condizionato da quell'accordo assicurativo, lo si voglia o no. Un corpo del reato che viene distrutto dopo due anni o addirittura la petroliera che dopo sette mesi è già andata via: capite che stiamo parlando di una cosa nella quale qualunque tipo di investigazione viene condizionato conseguentemente.
  Questa è la valutazione e la risposta all'onorevole Frailis, che ritengo utile anche per una vostra valutazione, per fare un prosieguo dei lavori sereno rispetto a quello che è successo. Quello che è successo è condizionato da questi due elementi.
  Cosa fare invece da questo momento in poi? Cosa avremmo fatto se avessimo avuto un anno in più? Ci sono delle cose che noi abbiamo trovato negli ultimi sei mesi e che non abbiamo potuto approfondire. Alcune le conoscete già, come il bobinone. Noi abbiamo trovato il bobinone subito, ma non abbiamo trovato la macchina che potesse aiutare a sbobinarlo. Cosa si può trovare in quel bobinone? Non sappiamo. Di sicuro fino a questo momento è stato sbobinato soltanto il canale delle emergenze, ma lì ci sono molti altri canali che potrebbero aver raccolto informazioni e comunicazioni avvenute quella notte. Non lo sappiamo, ma anche questo va accertato per evitare di avere il dubbio che ci siano state comunicazioni che non sono conosciute, anche tra le navi che non hanno fatto parte dell'impatto e che invece magari comunicavano qualcosa che vedevano. Lì c'erano delle navi in rada e potrebbero aver comunicato tra di loro. Quel bobinone può avere registrato quelle comunicazioni, se ci sono state. Sicuramente è un elemento che serve a comprendere meglio e ad avere qualche elemento in più sulla dinamica.
  Noi, in realtà, abbiamo escluso nella dinamica la nebbia, ma non è che siamo certi della dinamica. Sappiamo che qualcosa ha deviato la navigazione del traghetto, ma non sappiamo che cosa. Tutto ciò che può andare nella direzione del chiarire la dinamica va esplorato.
  In quei due anni abbiamo cercato delle foto satellitari, ma le non abbiamo trovate. In realtà potrebbero esserci, ed è utile continuare a cercare. Le abbiamo cercate in alcune parti, ma ci sono altre parti in cui cercarle.
  Il chiarimento della dinamica può aiutare. Non è detto poi che la dinamica possa dirvi se c'è stata una rottura del timone del Moby Prince; questo non lo sapremo mai, perché non esiste più il Moby Prince, ma accertare se c'è stata una deviazione o meno del Moby Prince, questo sicuramente sì.
  L'altra cosa che abbiamo accertato è il punto di impatto. Il punto di impatto è comprovato in maniera chiarissima, secondo me. In quel punto di impatto è stata confermata la presenza di rottami, individuati dalla Marina militare proprio nelle ultime due settimane della permanenza della Commissione; andrebbero tirati su, perché possono dare delle notizie, con le nuove analisi che si possono fare. Sono rottami di dimensioni piuttosto rilevanti, che provengono sia dal Moby sia dalla petroliera. Quei rottami li avrei voluti tirare su e farli analizzare e verificare, perché possono comprovare, per esempio, il tipo di materiale che trasportava la petroliera, che noi possiamo solo ipotizzare, dato il tragitto confermato dai Lloyd's di Londra. Se si provasse, sarebbe la conferma che non trasportavano greggio, ma trasportavano altri idrocarburi, per esempio. Quei rottami potrebbero raccontare ancora qualcosa, perché talvolta il mare conserva materiali per lungo tempo senza distruggerli e potrebbero esserci tracce di questo genere. Questo secondo elemento, che serve a chiarire ulteriormente il quadro nel quale è avvenuto l'impatto, potrebbe essere certamente da analizzare.
  Sicuramente l'aspetto dell'esplosivo che ho detto prima può essere ulteriormente verificato. Pag. 10
  Io forse sarei andato anche avanti nell'approfondire il ruolo dei due armatori, perché anche in questo caso noi abbiamo trovato davvero negli ultimi tre o quattro mesi l'accordo assicurativo, e abbiamo potuto sentire in audizione – l'avevamo conservato per ultimo – l'armatore privato piuttosto che l'altro armatore; però quel pezzo lì può essere approfondito analizzando l'evoluzione delle due società. Sicuramente l'evento del Moby Prince ha modificato la storia sia della società privata sia della stessa Snam, perché la Snam ha smesso di fare l'armatore. L'Eni ha dismesso tutte le petroliere e da quel momento in poi non ne ha più gestite. Le condizioni dell'armatore privato sono state cambiate dalla possibilità di incassare rapidamente il contributo assicurativo previsto da quell'assicurazione piuttosto importante e significativa che era stata sottoscritta. Penso che questo tema assicurativo ed economico possa essere un elemento di ulteriore approfondimento.
  Ugualmente per motivi di tempo non siamo andati a cercare di avere qualche elemento in più da parte degli equipaggi, dei comandanti, dei radaristi delle navi che erano in rada; erano tante, ma quelle realmente attive e che potevano avere elementi erano due o tre, e si tratta di navi che erano comandate da personale che adesso è negli Stati Uniti. Quando si ha poco tempo, si devono individuare delle priorità: si scelgono quelle che danno risultati immediati a breve termine e si tralasciano quelle che possono dare risultati più a lungo termine. Quello noi non l'abbiamo potuto fare; se avessimo avuto ancora un anno di tempo forse l'avremmo potuto approfondire.
  Vi dico un'altra cosa, che non ho detto all'inizio e che ha sicuramente guidato il nostro lavoro. Nell'accertare i fatti è importante anche perseguire una condivisione del risultato finale da parte della Commissione. Si può fare la relazione più aggressiva, più importante e più articolata del mondo, ma se non è un documento condiviso da tutti, perde di forza; e perde di forza qualunque ipotesi, anche la più ragionevole. Per cui è molto importante – è un lavoro che tocca in particolare al presidente, ma dall'altra parte anche ai rappresentanti dei gruppi – costruire insieme delle cose verificabili e condivisibili, perché il passo in avanti dal punto di vista della rappresentazione della verità è forte se è condiviso da tutti, altrimenti si indebolisce. Questo è un altro piccolo elemento che non ho detto all'inizio, perché mi è sfuggito, ma che invece è utile rappresentarvi, perché voi state facendo un lavoro che alla fine serve alla comunità, come il lavoro che fa ogni parlamentare, ma in particolare in una Commissione d'inchiesta come questa. C'è anche una grande attesa da parte di persone che sono molto attente e sensibili, cioè i familiari delle vittime; quindi siete in qualche modo particolarmente osservati e dovete avere questa delicatezza. È inutile illudere di cose che non sono comprovabili; è meglio andare su cose che sono comprovabili, verificarle, cancellare ciò che non è comprovabile e ciò che viene comprovato al contrario, e procedere con elementi condivisi.

  PRESIDENTE. Grazie, senatore. Ci sono altri commenti o richieste di intervento, magari da parte dei colleghi che si sono aggiunti? Onorevole Potenti, prego.

  MANFREDI POTENTI. La ringrazio. Dalle parole che ha pronunciato, su alcune questioni vorrei riprendere una proposta che avevo avanzato nell'ultima nostra riunione, relativa alla possibilità di stilare una griglia – e vorrei chiederle se ha un consiglio anche rispetto a una figura di tecnico che potrebbe aiutarci in questo – nella quale inserire tutte le possibili avarie e i possibili problemi tecnici che quel tipo di nave potrebbe aver subito in quel dato momento; problemi tali da non far scattare immediatamente un segnale di soccorso, evidentemente, perché quello è scattato dopo la collisione, quindi il cambio di rotta forse è stato qualcosa di nemmeno troppo preoccupante in quel momento (ma questo lo reputo io).
  L'idea era quella che lei stava consigliando, cioè di andare per esclusione probabilistica rispetto a tutte quelle ipotesi di Pag. 11causa che ci potrebbero venir proposte da un tecnico e rendere più probabili quelle sulle quali potremmo eventualmente poi concentrarci. Non so se sono riuscito a spiegare.
  È un'idea che è nata durante lo studio di un'indagine su un incidente aereo, il caso dell'incidente del Concorde avvenuto il 25 luglio 2000. Mi sembra che fu fatto un lavoro in questo modo, che permise di individuare una serie di concause che portarono a ricostruire il perché di quel disastro: l'errato montaggio di un distanziatore di una ruota del carrello che ha fatto deviare l'aereo; deviando sul bordo della pista, si è trovato un pezzetto di metallo che è schizzato sul serbatoio dell'ala sinistra, che ha generato il flusso di carburante eccetera. A volte sono anche più cause, però questo lavoro sarebbe utile per avere qualcosa su cui andare a concentrarci in maniera più precisa.

  BERNARDO MARINO. Anch'io ringrazio il senatore Lai per questo importante resoconto. Ho due cose da chiedere. Ci siamo sentiti qualche tempo fa, prima che questa Commissione venisse istituita, e nel corso della chiacchierata ricordo in particolare due cose, di cui adesso vorrei che lei rendesse in qualche modo una spiegazione. La prima riguarda il percorso che avete fatto per cercare le foto satellitari. Che tipo di difficoltà avete trovato in quella situazione? Le chiedo anche se oggi è possibile che quelle difficoltà siano venute meno.
  La seconda questione riguarda il timone. Ricordo che lei mi aveva detto che esiste una sola copia identica del timone del Moby Prince; credo, se non ricordo male, che sia esposta in Scozia. Chiederei conferma di questo. Grazie.

  PRESIDENTE. Onorevole Berti, prego.

  FRANCESCO BERTI. Grazie. La possibilità di ascoltare e confrontarsi con chi ha coordinato i lavori nella scorsa legislatura è fondamentale, come lo è il richiamo a creare una narrativa comune, altrimenti seguiamo piste che non hanno senso di esistere.
  Un tema che può essere affrontato è anche quello delle informazioni classificate o non aperte, su cui la scorsa Commissione ha rivolto il riflettore, ma che poi non ha avuto la possibilità di affrontare. Nell'interlocuzione con le autorità e gli enti stranieri, ma anche con le organizzazioni internazionali, chiaramente bisogna strutturare un dialogo molto profondo ed essere capaci di fare le domande giuste per ottenere le risposte giuste. Su questo le chiedo se può dirci qualcosa, dato che poi questa Commissione avrà anche il compito di percorrere questa strada. Grazie.

  PRESIDENTE. L'onorevole Frailis mi segnala di voler fare un'altra domanda, a integrazione della precedente.

  ANDREA FRAILIS (intervento da remoto). Sì, grazie. Intanto ringrazio ancora il senatore Lai per la sua risposta. Giustamente ha sottolineato quelle che sono state le grandi incognite, le grandi domande alle quali ha dovuto dare risposta la prima Commissione, quella del Senato. Il senatore Lai ha detto giustamente che ormai c'è la certezza che il traghetto abbia deviato dalla sua rotta e quindi si cerca di capire il perché.
  La mia domanda, che ha avuto parziale risposta dalle indagini e anche dal lavoro della Commissione del Senato, riguarda il perché i soccorsi hanno privilegiato la petroliera e sono intervenuti molto tempo dopo per soccorrere le persone a bordo del Moby Prince. Ci sono le segnalazioni e le comunicazioni scambiate. Secondo me sono tutte abbastanza strane. La verità è che ci si è occupati del Moby Prince molto tempo dopo l'incendio a bordo della petroliera. Lei, senatore, si è fatto una sua idea del perché di questi ritardi nei soccorsi? Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Frailis. Se non ci sono altre domande, lascerei nuovamente la parola al senatore Lai.

  BACHISIO SILVIO LAI, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince Pag. 12istituita dal Senato nella XVII legislatura. Anche in questo caso vado in ordine, anche perché sono state poste delle questioni differenti. Il primo tema è stato posto dall'onorevole Potenti. La vedo in questo modo: noi abbiamo chiesto a un docente di ingegneria della navigazione dell'università di Napoli di esaminare tutto quello che c'era tra i reperti. Ovviamente c'è una limitazione di fondo – lo dico perché purtroppo, al di là di tutto, per qualsiasi esame che viene eseguito oggi quando ci sono dei disastri, bisogna avere le navi o gli aerei per farlo – e quindi principalmente si esaminano i documenti o le fotografie. Qui c'è un dato: il professore che ha esaminato il tema dell'impatto – noi gli abbiamo posto una serie di domande che riguardavano l'impatto – ci ha dato due informazioni molto importanti; tra queste, la più importante in assoluto era la posizione dell'impatto tra le due navi e il fatto che l'impatto aveva prodotto una penetrazione del Moby Prince all'interno della petroliera talmente profonda da non rendere possibile il distacco del traghetto dalla petroliera senza che il Moby Prince mettesse le macchine indietro.
  Ciò ha comportato due tipi di conseguenze. Il primo è che nel momento in cui il Moby Prince fa marcia indietro dopo l'impatto, si sta negando quella che è stata una valutazione della magistratura sul fatto che il Moby Prince fosse senza controllo. Inoltre, il timone viene trovato con un'inclinazione di 30 gradi, che è compatibile con alcune immagini e anche con la testimonianza del sopravvissuto sul fatto che la Moby Prince non solo si sia distaccata, ma si sia messa in una posizione di rotta quasi circolare, con l'obiettivo, da una parte, di non allontanarsi troppo dal luogo dell'impatto e quindi di poter ricevere i soccorsi e, dall'altra, di fare in modo che l'incendio non si propagasse nella parte posteriore della nave o che venisse rallentato nella sua propagazione. Inoltre, se questo si connette con la posizione degli ufficiali del Moby Prince, si scopre che gli ufficiali erano suddivisi come in una condizione di soccorso: il comandante viene trovato insieme al primo ufficiale nella cabina di comando o lì vicino; il secondo ufficiale era insieme ai passeggeri e al resto dell'equipaggio nella zona che doveva essere di tutela dal fuoco; il capo macchine era nella zona dove ci sono le macchine che devono funzionare. Quindi c'era una organizzazione interna anche dopo l'impatto, che era finalizzata a gestire l'attesa dei soccorsi e proteggere sia l'equipaggio sia i passeggeri.
  Faccio questo ragionamento per dire che l'ipotesi di ulteriori analisi purtroppo è limitata dal fatto di non avere quel dato. Si può tentare di approfondire l'indicazione che il RINA aveva dato sulla possibile sostituzione del timone, perché quello che possiamo immaginare, tra le possibili cause di deviazione della rotta, è o un improvviso ostacolo, per cui il comandante è costretto a deviare di colpo la rotta, rispetto a quella che porta per la Sardegna, per andare verso Est – e a quel punto impatta la petroliera, che era ancorata in una zona vicina al porto anziché più lontana – oppure è la rottura temporanea o il blocco temporaneo del timone, che secondo il RINA aveva degli elementi che erano non di totale sicurezza e quindi dovevano essere sostituiti. Noi non abbiamo fatto in tempo ad approfondire questo punto. Abbiamo dato per certa la posizione della petroliera e, grazie al professore, quella delle navi nell'impatto – perché anch'essa era incerta: stava tornando indietro o andando avanti? Ebbene, non stava tornando indietro – confermata dalle indagini e dall'analisi del RIS sul video D'Alesio, che inquadra esattamente la posizione delle due navi e dice che per quasi cinque minuti sono rimaste incastrate; in questo senso sono smentite le testimonianze di chi sulla petroliera diceva che non sapeva che tipo di nave gli fosse andata addosso (perché se ce l'hai per cinque minuti lì sotto, lo vedi che non è una bettolina). E il fatto che il Moby Prince si potesse staccare soltanto con una marcia indietro smentisce l'ipotesi di un disordine da parte del sistema interno alla nave.
  Quindi, io forse approfondirei il tema di quanto quel timone potesse essere non efficiente, tanto da generare questo tipo di ostacolo. Tuttavia questo, rispetto alla storia generale, non produce un cambiamento Pag. 13dell'effetto, salvo che non sia una cosa voluta; ma, non avendo più il timone, non si ha questa possibilità.
  Per quanto riguarda i dati satellitari, noi li abbiamo chiesti alla NATO. Siamo andati a Bruxelles a chiederli, anche perché appariva abbastanza noto il fatto che il Tirreno fosse teatro di attenzione e di attivazione costante a causa della guerra che in quel momento c'era nel Medio Oriente, nel Golfo. La NATO ci ha dato due tipi di informazione. La prima informazione è che la NATO non dispone di attrezzature proprie, ma utilizza quelle dei Paesi alleati. Quindi, in realtà il sistema radaristico disponibile in quel momento era quello dello Stato italiano, tanto è vero che poi abbiamo chiesto alla Difesa se ci fossero altre informazioni di questo genere, ma all'interno del nostro sistema non ne sono state trovate. Ovviamente, la Commissione non può mettere in dubbio il fatto che il nostro sistema della Difesa non collabori con una Commissione d'inchiesta. La NATO ci ha anche detto che in realtà l'attivazione degli scenari di guerra nel Tirreno non è veritiera, perché il fronte di guerra era al di sotto della Sicilia. Quindi, un sistema di controllo costante era attivato non nel Tirreno e nella parte Ovest del Mediterraneo, ma soltanto nella parte Est, e passava a Sud della Sicilia, quasi trasversalmente, perché era in quella zona che avveniva tutto lo scenario di osservazione e di presenza di navi degli alleati. Abbiamo cercato di individuare anche se ci fossero state navi civili, ma non ne abbiamo trovate. Tuttavia, è una ricerca che si può continuare, perché noi non abbiamo potuto approfondirla più di tanto.
  Su questo versante vi direi che la valutazione che faceva l'onorevole Marino è una valutazione di un possibile approfondimento, perché quello che abbiamo potuto cercare era questo; l'idea che fossero gli americani ad avere, tramite la NATO, una disponibilità di questi tracciati è stata smentita ad altissimi livelli, perché noi abbiamo incontrato una delegazione della NATO che era ai massimi livelli possibili.
  Gli ultimi due temi sono quelli dei soccorsi e delle informazioni classificate. Noi abbiamo anche esaminato, perché sono state declassificate, delle analisi dei nostri servizi segreti, che abbiamo reso pubbliche perché ci è stata data la possibilità di farlo. In realtà ci sono soltanto delle ipotesi sul fatto che ci sia un potenziale collegamento di tutti gli eventi successivi al Moby Prince e tentativi, che non abbiamo potuto comprovare, di rendere le informazioni confuse, perché connesse a traffici legati a rifiuti tossici. Devo dire la verità, noi le abbiamo esaminate con grande attenzione, ma non le abbiamo trovate minimamente confermabili né, a questo punto, rilevanti; non perché non sia affascinante anche perseguire ipotesi di questo genere, però, se si hanno due anni di tempo per andare ai dati concreti, si rischia di perdere molto tempo per inseguire ipotesi che non consentono di modificare lo stato della realtà. Le abbiamo esaminate e affrontate, ma non c'erano filoni ulteriori di possibile approfondimento, perché erano soltanto delle ipotesi che non avevano elementi di certezza. Sono lì, sono state declassificate e sono a vostra disposizione. Sono due dossier di 200 pagine ciascuno, che potete leggere. Se dalla Commissione vengono delle idee di approfondimento, ovviamente ne vale la pena. Io non le ho considerate interessanti, ma le ho considerate come utili a chi aveva interesse ad allontanare l'attenzione dai veri processi che erano avvenuti, però è una mia valutazione.
  Lo dico in sintesi, la sensazione che io mi sono costruito è di una serie di eventi da «banalità del male». C'era qualcuno che stava in un posto dove non doveva stare, a fare cose che non doveva fare, e si è trovato per una casualità e una modifica di rotta, che in questo momento non siamo in grado di comprovare (sappiamo che c'è stata, ma non ne conosciamo la causa)... Questa cosa ha generato un impatto che non ci sarebbe dovuto essere. Poi, la cattivissima gestione dei soccorsi. Ricordo il mio vicepresidente di allora, il senatore Uras, un collega sardo, che ha detto: «In realtà non ci sono stati soccorsi, non è che ci sia stata una cattiva gestione». Lo ricordo perché è stato un grande collaboratore, molto attivo nella Commissione d'inchiesta. Mi correggeva Pag. 14sempre in peggio e diceva: «Silvio, ma quali soccorsi? Non ci sono stati soccorsi. Non è che c'è stata una cattiva gestione dei soccorsi, è che non ci sono stati i soccorsi».
  Qui vengo all'ultimo tema che mi è stato posto, ovvero i soccorsi. Il Moby Prince non è stato cercato. La petroliera ha comunicato subito la sua posizione, tanto è vero che le prime due posizioni che la petroliera comunica sono tutte all'interno del cono di divieto; quando richiama i soccorsi, dice la posizione giusta, ma dopo due giorni, quando fa la dichiarazione formale, indica una posizione diversa, che invece è all'esterno del cono di divieto. Quindi, c'è una responsabilità precisa del comandante della petroliera. La petroliera richiama i soccorsi su di sé, e quando le vengono chieste informazioni su chi l'ha investita, dice: «Non lo sappiamo. Forse una bettolina». Una bettolina ha un equipaggio di due persone, è lunga 17 o 18 metri, può essere anche 20 o 25 metri, ma è ben diversa da un traghetto come il Moby Prince, che è grande otto volte tanto e che portava 141 persone. Dall'inizio i soccorsi sono stati deviati lì, ma non c'è stata una gestione dei soccorsi – sempre citando il mio vicepresidente – perché in realtà un'organizzazione dei soccorsi non prevede soltanto la gestione del fuoco da parte dei vigili del fuoco, che è solo una delle componenti dei soccorsi. La prima cosa che i soccorsi devono esaminare è lo scenario, chi sono e dove sono i soggetti coinvolti, e quali sono le quantità delle possibili vittime. Questa analisi non c'è stata. I soccorsi sono iniziati per una casualità, ovvero, come succede in questi casi, una piccola imbarcazione di 8 o 12 metri va in giro per cercare di dare una mano – non sia che per caso ci sia qualcuno che sta affogando – e un'ora e venti minuti dopo l'impatto trova, del tutto casualmente, il Moby Prince e riesce a salvare Bertrand, che era nell'angolo a poppa e aspettava i soccorsi agganciato a una parte della nave. I soccorsi non ci sono stati, perché non sono stati gestiti. Dico di più: ci sono stati degli errori, perché gli esperti dicono che i soccorsi non devono essere gestiti direttamente nello scenario, ma al di fuori di esso. Per cui, se chi ha la responsabilità dei soccorsi va nello scenario – questo è quello che ha rilevato la Commissione – rischia di essere parte dello scenario e non di dirigerlo. Quando parliamo di soccorsi, la difficoltà è che sono stati condizionati da questa situazione, ed è difficile dire che i soccorsi sono arrivati in ritardo, perché sono stati in qualche modo alterati dalle condizioni di cui vi ho parlato.
  Di sicuro quello che è successo dopo quell'evento è che molte delle condizioni gestionali che lì si sono rivelate insufficienti sono state modificate da successive normative. Da quel momento in poi sono diventate più chiare la responsabilità della capitaneria di porto rispetto alla Marina e la funzione di gestione dei soccorsi, sono stati innovati gli elementi di soccorso e anche alcuni elementi che riguardano le navi, perché la condizione dei traghetti prevedeva quella zona nella quale si sono accumulate la maggior parte delle persone su Moby Prince come zona di difesa dal fuoco, ma da un fuoco interno, e non era prevedibile un fuoco che dall'esterno avvolgesse la nave. Forse è una coincidenza o forse no, ma l'unico che si è salvato era un marinaio che non era esperto di soccorso su quella nave, perché era arrivato il giorno prima. Paradossalmente la sua fortuna è stata di non seguire le istruzioni che invece dovevano essere seguite per salvare le persone. Anche questo è stato in qualche modo un cambiamento successivo.
  Concludo rispondendo sull'aspetto emotivo. Prima di tutto ci ha estremamente turbato il tema dei soccorsi. Quando ascolterete – se non l'avete già fatto – i messaggi del marconista che chiedeva aiuto e diceva che erano lì dentro, vedrete che non si può non pensare a ciò che stavano vivendo in quel momento le persone che erano in attesa dei soccorsi; ma in realtà i soccorsi non erano neanche stati predisposti. Ci ha emotivamente colpito anche il modo con cui il comandante e il suo equipaggio hanno tentato di tutelare e si sono sacrificati, secondo noi, perché in realtà i marinai avrebbero potuto avere un altro tipo di via di uscita. L'altro aspetto che ha causato una forte reazione emotiva e morale è stato quando abbiamo ritrovato e abbiamo potuto Pag. 15 leggere ed esaminare l'accordo assicurativo. Lì c'è un giudizio etico; se lo si guarda dal punto di vista dell'imprenditore è una cosa, ma se lo si guarda dal punto di vista di quello che dovrebbe essere il senso di queste cose, ovvero anche la verità e il restituire dignità alla persona, lì abbiamo avuto l'idea di quando il denaro sovrasta totalmente l'etica ed è in grado di investire anche il modo in cui è stato trattato il comandante del Moby Prince, che è morto insieme alla moglie per salvare i passeggeri e il suo equipaggio, mentre invece negli anni è stato considerato il colpevole di quell'evento. Questi sono stati i due momenti: il tema dei soccorsi e questa condizione etica piuttosto evidente.

  PRESIDENTE. Grazie molte, senatore Lai. Non credo che ci siano altri interventi...

  ANDREA FRAILIS (intervento da remoto). Posso?

  PRESIDENTE. Certo. Prego, onorevole Frailis.

  ANDREA FRAILIS (intervento da remoto). Un'ultima cosa molto breve. Ringrazio ancora per le sue risposte il senatore Lai. Egli stesso ha detto, in un suo precedente intervento, che è provato che le due navi sono rimaste incastrate per non meno di cinque minuti. Anche per quelli che sono stati gli sviluppi successivi e le testimonianze successive, soprattutto da parte degli ufficiali della petroliera, mi chiedo: io capisco la confusione, capisco anche la poca visibilità data dal fumo e dall'incendio, ma ancora dopo un'ora e venti minuti dall'impatto si va a dire che si può essere stati investiti da una bettolina? C'è molta differenza tra una bettolina e un traghetto capace di avere 1.400 persone a bordo. «Siamo stati investiti da una bettolina»; eravate ancora incastrati e scambiavate una bettolina per un traghetto da 1.400 persone? Mi sembra davvero molto strano. È un altro aspetto sul quale a mio parere occorre indagare. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Frailis. L'onorevole Lapia vuole integrare con un'altra domanda.

  MARA LAPIA. Sì, presidente. Il tema dei soccorsi è, naturalmente, ricorrente in quanto si è scritto e quanto abbiamo già sentito. Le chiedo una cosa, rispettando il fatto che lei potrebbe anche non rispondermi; lo rispetterei, perché le chiederei di fare delle supposizioni non basate su delle prove concrete. Lei ci dice una cosa ben precisa: «I soccorsi devono essere esterni», perché se in quel momento sono coinvolti, non possono soccorrere e giustamente non possono essere d'aiuto. Stiamo parlando di un coordinamento. Senza andare molto lontano, ricordiamo quello che è successo con la Costa Concordia quando, per quanto sia tutto ampiamente discutibile, il comandante De Falco cercava di coordinare i soccorsi. Chi, contestabile o meno, era lì sul posto, a un certo punto ha perso il polso della situazione e non è riuscito più ad aiutare a prestare soccorso. Chiaramente chi doveva prestare soccorso sul posto non l'ha fatto, perché non veniva coordinato dall'esterno. Però, come lei ben ci dice, la richiesta d'aiuto è arrivata, però non si sono mandati i soccorsi. In questo caso, lei ci può dire oggi che idea si è fatto? Non si sono voluti mandare i soccorsi? Non si è voluta aiutare la Moby Prince? Era una situazione voluta, quella di lasciar bruciare la Moby Prince?

  BACHISIO SILVIO LAI, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince istituita dal Senato nella XVII legislatura. Sarò breve. Parto da quest'ultima domanda dell'onorevole Lapia. Io non ritengo che siano stati volutamente non mandati i soccorsi. Torno alla terza o quarta casualità che produce poi la valutazione sulla «banalità del male». Io penso che lì ci sia stata una incompetenza, e la sfortuna del Moby Prince è stata che la richiesta di soccorsi è stata effettuata in una maniera che era condizionata da qualcosa di cui non abbiamo avuto dati e, insomma, non è del tutto chiaribile. Pag. 16
  Quando dico che non sono stati mandati i soccorsi, lo dico perché la prima cosa da fare era chiedere: qual è l'ultima nave uscita dal porto? La nave passeggeri. Allora si sarebbe dovuto chiamare il Moby Prince e, se non avesse risposto, lo si sarebbe cercato. Questo è il principio dei soccorsi. Nella gestione esterna dei soccorsi – esattamente come il comandante De Falco, che tra l'altro è stato audito da noi e che abbiamo considerato un esperto di soccorsi – secondo noi il comandante della capitaneria, ritornato da La Spezia, o lasciava la gestione dei soccorsi alla capitaneria oppure, nel momento stesso in cui entra in campo e va dentro lo scenario, in qualche modo condiziona la gestione dei soccorsi, tanto è vero che non dice niente, non ordina niente; ma non ci sono ordini da parte di nessuno. C'è solo la petroliera. O non c'è stato un passaggio di consegne – ma doveva pretenderlo – o, nelle valutazioni che noi facciamo, ha reso confusa la condizione di gestione del soccorso perché è andato a partecipare a uno scenario senza che nessuno lo governasse dall'esterno.
  Non voglio e non potrei dire – non ho neanche elementi per dirlo – che volutamente non c'è stato un soccorso, ma che ci sia stato un errore nella gestione dei soccorsi è parso assolutamente evidente. Questo è il punto che noi abbiamo sottolineato. Se avessimo scoperto degli elementi che in qualche modo avessero confermato l'ipotesi di soccorsi che non si volevano dare, sarebbe diventato un altro reato, quello di strage. È un'altra cosa, ma non ci sono questi elementi. È bastato in qualche modo vedere le cose oggettivamente e tutto concorda sul fatto che erano impreparati, hanno sbagliato delle cose, la petroliera ha attirato su di sé anziché essere responsabile nei confronti degli altri, come dice la legge del mare. È stata tutta una sequenza di cose finalizzate probabilmente a nascondere qualche attività non del tutto trasparente che si stava facendo, perché questo motiverebbe molte delle cose. Questo è il dato.

  PRESIDENTE. Grazie, senatore. C'è, infine, un'ultima domanda della collega Ciagà, che non avevo visto e con la quale mi scuso.

  GRAZIELLA LEYLA CIAGÀ. Grazie, presidente. Approfitto dell'ultima considerazione del senatore Lai, perché giustamente il senatore dice: «Se questi soccorsi volutamente non fossero stati attivati, allora saremmo in presenza di un'imputazione di reato di strage». Ma allora mi chiedo: se la procura di Livorno pare che abbia aperto un'inchiesta e se l'unico capo di imputazione che non è andato in prescrizione è quello di strage, evidentemente qualche elemento forse c'è, altrimenti non si capisce perché la procura di Livorno avrebbe riaperto l'indagine. Adesso non voglio semplificare un tema così delicato e complesso, però evidentemente l'interrogativo si pone.
  È vero che c'è stata una gigantesca incompetenza e negligenza, però mi chiedo perché il comandante della petroliera abbia dichiarato delle cose che non corrispondevano ai fatti, perché, stante la sua esperienza di uomo di mare, non poteva non vedere il traghetto. Anche questa cosa è veramente molto strana e mi chiedo perché non sia mai emersa in maniera forte durante tutto l'iter processuale.
  Invece, una domanda che vorrei farle è la seguente. Quando lei ha parlato di deviazione di rotta, ha citato due possibili cause: o un ostacolo improvviso che ha costretto il comandante a sterzare (uso un termine non tecnico) oppure la rottura o un temporaneo blocco del timone. La terza ipotesi, cioè quella di un'esplosione non legata a fatti di terrorismo ma ad altri fatti, voi l'avete esclusa? O comunque anche questa terza ipotesi, legata ad altre dinamiche, potrebbe essere ancora valida o comunque varrebbe la pena di indagarla? Grazie.

  PRESIDENTE. Prego, senatore Lai.

  BACHISIO SILVIO LAI, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince istituita dal Senato nella XVII legislatura. Posto che abbiamo escluso l'esplosione causata Pag. 17 da esplosivi e abbiamo indicato l'esplosione da gas, è più naturale l'ipotesi che il gas possa essere derivato dall'incendio. Certo, se ci fossero state una compressione di gas e l'esplosione sul bow thruster, questo avrebbe potuto sicuramente deviare la rotta. Dentro quel contesto in cui l'esplosione è da gas, anche quello può essere un motivo di deviazione della rotta. Questo lo confermo.
  Per quanto riguarda invece l'altro tema, cioè l'apertura dell'indagine della procura di Livorno, penso che fosse quasi un obbligo dopo gli esiti della Commissione. In realtà la Commissione non è in grado di confermare l'ipotesi che ci sia stata una volontà di strage; sarebbe strage soltanto se ci fosse stata proprio la volontà di generarla, non perché la morte di 140 persone sia un effetto dovuto a un'esplosione. È un punto delicato. La circostanza che noi abbiamo trovato degli elementi che contrastano con le conclusioni del percorso giudiziario e anche l'elemento evidente dell'accordo assicurativo conducono al fatto che un approfondimento lo si doveva fare. Siccome non lo si può fare per reati prescritti, penso che sia un obbligo farlo per strage. Dopodiché, gli elementi di strage sono difficili da trovare, con le due navi distrutte e a distanza di trent'anni. Questo è il punto vero. Gli spazi di indagine che avete sono numerosi, però sono molto condizionati dall'assenza delle due navi.

  PRESIDENTE. Grazie. Credo che a questo punto possiamo concludere l'audizione. Vorrei solo aggiungere un punto. Dico forse una banalità, ma la dico lo stesso. In questa audizione credo che ci siano stati offerti elementi, anche interpretativi, aggiuntivi rispetto al lavoro pregevolissimo della Commissione precedente, riassunto nella relazione conclusiva; sono elementi sui quali sarà opportuno riflettere nella nostra discussione, come spunti per il nostro lavoro. Davvero grazie, senatore.
  Aggiungo solo una precisazione e un'informazione rispetto all'ultima domanda della collega Ciagà. La precisazione è che, a quanto mi risulta, la procura di Livorno ha aperto un fascicolo e non proprio un'inchiesta; quindi, non c'è ancora un'ipotesi di reato. Dalla lettura dei giornali sembra questo. L'altro elemento è che, come certamente ricorderete, avevamo chiesto al procuratore capo di Livorno di ricevere la presidenza della Commissione e appunto nella giornata di domani i due vicepresidenti e il sottoscritto incontreranno a Livorno il capo della procura, nel primo pomeriggio. Ovviamente riferiremo ai colleghi sull'incontro appena possibile, forse già martedì o mercoledì prossimo, giorni nei quali noi incontreremo i rappresentanti delle due associazioni dei familiari delle vittime, l'Associazione 140 e l'Associazione 10 Aprile. Adesso stiamo definendo i dettagli, come sempre, però l'ipotesi concreta è che ascolteremo i rappresentanti delle due associazioni nella giornata di martedì prossimo o nella giornata di mercoledì, in base alle loro agende (essendo più persone, la composizione dell'agenda è complicata). Grazie ancora.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.55.