XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro della nave «Moby Prince»

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 21 luglio 2021

INDICE

Seguito dell'audizione del dottor Gabriele Bardazza, perito forense:
Romano Andrea , Presidente ... 3 
Bardazza Gabriele , perito forense ... 3 
Romano Andrea , Presidente ... 12 
Potenti Manfredi (LEGA)  ... 12 
Bardazza Gabriele , perito forense ... 12 
Potenti Manfredi (LEGA)  ... 13 
Bardazza Gabriele , perito forense ... 13 
Romano Andrea , Presidente ... 13 
Lapia Mara (Misto-CD)  ... 13 
Romano Andrea , Presidente ... 14 
Bardazza Gabriele , perito forense ... 14 
Romano Andrea , Presidente ... 17 
Ciagà Graziella Leyla (PD)  ... 17 
Bardazza Gabriele , perito forense ... 18 
Romano Andrea , Presidente ... 19 
Vallascas Andrea (Misto-L'A.C'È)  ... 19 
Bardazza Gabriele , perito forense ... 19 
Romano Andrea , Presidente ... 20 
Frailis Andrea (PD)  ... 20 
Bardazza Gabriele , perito forense ... 20 
Romano Andrea , Presidente ... 22 
Fratoianni Nicola (LeU)  ... 22 
Romano Andrea , Presidente ... 23 
Bardazza Gabriele , perito forense ... 23 
Fratoianni Nicola (LeU)  ... 24 
Bardazza Gabriele , perito forense ... 24 
Romano Andrea , Presidente ... 24 
Marino Bernardo (M5S)  ... 24 
Bardazza Gabriele , perito forense ... 24 
Romano Andrea , Presidente ... 25 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal perito forense Gabriele Bardazza ... 27 

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANDREA ROMANO

  La seduta comincia alle 15.10.

Seguito dell'audizione del dottor Gabriele Bardazza, perito forense.

  PRESIDENTE . L'ordine del giorno, come sapete, reca il seguito dell'audizione del dottor Gabriele Bardazza, che è perito forense. Abbiamo ascoltato mercoledì scorso la sua prima esposizione, oggi ci farà la seconda.
  Ricordo che l'audizione si svolge in forma libera e che ne sarà redatto un resoconto stenografico. Ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta.
  Questa seconda audizione non si svolge in collegamento web-tv, sia per richiesta del dottor Bardazza sia perché potranno essere sollevate questioni sensibili per il nostro lavoro, quindi abbiamo ritenuto di svolgerla solo in presenza. Il resoconto stenografico sarà approntato dagli uffici molto presto e i commissari potranno accedervi con la massima rapidità.
  Oggi il dottor Bardazza, che ringrazio ancora una volta per la sua disponibilità, completerà l'esposizione che aveva iniziato mercoledì scorso. Al termine dell'intervento, come sappiamo, potremo porgli domande o fare osservazioni, che la volta scorsa abbiamo ritenuto di non formulare proprio perché contavamo su questo secondo appuntamento.
  Le immagini che il dottor Bardazza ha utilizzato nell'audizione della scorsa settimana saranno allegate al resoconto stenografico di quella seduta.
  Prima di cedere la parola al dottor Bardazza vorrei aggiungere questo: noi faremo la prossima settimana una seduta della Commissione, probabilmente martedì, in base a quelli che saranno i calendari d'aula. Ricordate che già la volta scorsa avevamo accennato alla necessità, sulla quale avevamo convenuto, di definire la lista dei consulenti della Commissione, immaginando di poter arrivare a individuare una prima lista nella seduta di martedì prossimo. Se i colleghi o i gruppi che non hanno formulato proposte intendono farlo, ovviamente sono incoraggiati a farlo in tempo utile per poi definire la prossima volta una prima lista, che tuttavia non sarà la lista definitiva. La Commissione, naturalmente, è libera di integrare quella lista come meglio crede, però, se riusciamo a definirla la prossima settimana, poi potremo già avviare le pratiche indispensabili a formalizzare quelle collaborazioni. Ad esempio, per i magistrati è necessario definire un accordo col Consiglio superiore della magistratura, ovviamente, quindi è importante avere i nomi il prima possibile.
  Detto questo, cedo la parola al dottor Bardazza.

  GABRIELE BARDAZZA , perito forense. Buon pomeriggio e bentrovati. Oggi affrontiamo, sulla base della delibera istitutiva di questa Commissione parlamentare, i quesiti e, rispetto ai quesiti, una sorta di ricognizione del materiale che è già a disposizione e di alcune indicazioni e suggerimenti riguardo a quello che manca (motivo per cui, siccome questa è una Commissione d'inchiesta, si è ritenuto opportuno non renderla pubblica, almeno in questa fase).
  La delibera istitutiva, che ben conoscete, contiene vari punti a cui la Commissione è chiamata a rispondere. Sono elencati da a) a g): ricercare nuovi elementi su cause e circostanze del disastro, accertare eventuali responsabilità, accertare con precisione le modalità della collisione, verificare Pag. 4 l'esistenza di condotte omissive – in parte abbiamo già introdotto questo tema la volta scorsa – o commissive che abbiano ostacolato nei trent'anni che sono trascorsi dall'incidente a oggi. C'è poi un tema molto specifico sulle procedure e le modalità del soccorso, che non riguarda la prima, ma la seconda situazione operativa. L'elenco prosegue: accertare eventuali correlazioni con attività illegali, in particolare con traffici illegali di armi, combustibili, scorie e rifiuti tossici; in ultimo, valutare i termini dell'accordo assicurativo. Come poi avrete modo di vedere, segnano alcune pietre miliari di questi trent'anni.
  Il materiale che avrete a disposizione è cospicuo. È un archivio complesso, sia cartaceo sia digitalizzato (dalla precedente Commissione del Senato). So che l'Ufficio di presidenza ha già provveduto a deliberarne l'acquisizione. Sono circa 380 gigabyte tra video, filmati, relazioni e quant'altro.
  Dalla fine dei lavori della scorsa Commissione, quindi dal gennaio del 2018 ad oggi, il materiale che è continuato a fluire all'interno del nostro studio ci ha indicato alcuni elementi che hanno portato all'individuazione di altri reperti, che sono presenti e che non sapevamo che esistessero. Nell'immagine vedete un verbale di sequestro, del 1993, dei due avviatori delle pompe timone del traghetto; come vedremo, potrebbe essere necessario un accertamento che, ad oggi, non sembra sia mai stato fatto.
  Non seguirò l'ordine dei quesiti che sono stati posti alla Commissione; ho scelto di seguire un altro ordine, anche perché alcuni dei quesiti trovano poi naturale risposta sulla base delle risposte che sono state fornite precedentemente.
  Partiamo dall'accertamento, con la massima precisione possibile, di come è avvenuta la collisione tra il traghetto Moby Prince e la petroliera. Come vi dicevo la volta scorsa, il periodo che ci manca, per andare a identificare, è di circa 2 minuti e 10 secondi. Ho cercato di essere il più schematico possibile, anche per aiutarvi, in questa fase, ad avere una migliore comprensione (poi capisco che ci sarà necessità di ulteriore approfondimento). Per rispondere al quesito su come è avvenuta la collisione tra due mezzi di cui non abbiamo quasi più niente e che è avvenuta in mare, quindi senza lasciare alcun tipo di immagine o segno sulla superficie, quali sono i dati che abbiamo a disposizione? Abbiamo la registrazione delle comunicazioni radio del canale 16 e della frequenza 2182, che sono le uniche due frequenze che sono state trasferite dal bobinone di IPL Livorno Radio, che quella sera registrava in continuo. Sono disponibili il riversamento del canale 16 e della frequenza 2182. Che cosa manca? Manca il riversamento delle ulteriori 9 piste. Sostanzialmente, quello che è stato fatto nel 1993 dalla procura è stato prendere questo nastro audio, di un pollice e un quarto di spessore, che registrava contemporaneamente 11 piste e non 4, come di solito questi strumenti. Quindi, sulle altre 9 piste, che non sono state trasferite, ci sono delle registrazioni. Le risposte che sono arrivate dagli inquirenti negli anni – avrete modo poi di approfondirle – sono contraddittorie. Nel senso che, su queste altre 9 piste, una di sicuro riporta il time code, quindi una scansione temporale di un orologio che legge l'orario, e al riguardo facciamo affidamento che il consulente che nel 1993 ha fatto questo lavoro di allineamento temporale lo abbia fatto correttamente, e non abbiamo alcun dubbio o sospetto che possa avere fatto qualcosa di diverso. Sulle altre 9 piste, le risposte arrivate in questi anni, in particolare dalla procura di Livorno nelle indagini svolte tra il 2006 e il 2009, sono: sulle altre 9 piste non è stato registrato nulla; sulle altre 9 piste le registrazioni non avvenivano perché, siccome potevano avvenire traffici commerciali (in particolare le telefonate, allora venivano veicolate dalle stazioni radiomarittime costiere e venivano veicolate anche le telefonate fatte dai cittadini), per una questione di privacy non potevano essere registrate. In realtà, esistono documenti molto precisi, come la perizia disposta dal giudice del processo di primo grado nel 1997, che dà incarico alla Fonit Cetra di ascoltare nuovamente quello che era presente sul canale 16 e sulla frequenza 2182; nella relazione fatta dai tecnici della Fonit Pag. 5 Cetra si legge testualmente: «Sono stati riscontrati altri brevi interventi durante l'ascolto e l'esame delle piste 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 10» – che sono le piste che non sono state trasferite, quindi le 9 piste di cui stiamo discutendo – «ma si è potuto constatare che non rappresentano materiale inerente ai fatti in oggetto». Questo ci fa pensare che qualcosa sia stato registrato. Ovviamente stiamo parlando di registrazioni di canali in uso, frequenze marittime in uso; quindi, quello che riteniamo che la Commissione possa fare è recuperare queste informazioni e verificare se effettivamente le comunicazioni riguardino fatti non inerenti alla collisione. Cosa serve per fare questo? Questo stesso approccio era stato suggerito alla Commissione del Senato: il «bobinone» è presente negli archivi del tribunale di Livorno ed è ancora in buono stato di conservazione. Quello che non è stato possibile trovare è lo strumento, una macchina particolare, che è un registratore Philips XMN-11, che è stato venduto in pochi esemplari solo all'allora Ministero delle poste e dei telegrafi per il programma sperimentale di registrazione delle frequenze marittime da parte delle radio costiere. Oggi anche nella discoteca di Stato questo tipo di lettore non è presente. La lettura di quel nastro può avvenire con solo quattro testine, quindi vuol dire che si ha una sovrapposizione, e le modulazioni sono tali per cui non si può consentire un ascolto pulito delle piste, soprattutto separate. Si è trovato è che una di quelle macchine è in vendita presso un privato in Germania. Bisognerà capire se sarà il caso... Il proprietario sostiene che sia funzionante. Si è andati avanti a lungo anche con la Commissione del Senato nel cercare di fare queste letture, ma alla fine non sono state trasferite perché si è arrivati troppo «lunghi» e la decisione di acquisire quella macchina non è arrivata per tempo.
  Abbiamo visto per quanto riguarda le comunicazioni radio. Per quanto riguarda i tracciati radar cosa abbiamo a disposizione? Abbiamo una registrazione di Poggio Lecceta, radar aeronautico a uso civile che serve anche in parte l'aeroporto di Pisa. Che cosa non è stato ritrovato? Come vi dicevo la volta scorsa, non si è avuta notizia dell'esistenza di altri tracciati radar, di tipo militare, che possano venire da stazioni italiane o da stazioni USA/NATO o addirittura da stazioni dell'ex Unione Sovietica. Una serie di documenti che sono stati desecretati, anche di recente, illustra come nell'ex Unione Sovietica esistano ampi archivi di tracciati radar che riguardano Paesi NATO, in particolare del periodo post guerra fredda; siamo nel 1991, quindi in piena transizione tra l'Unione Sovietica e la Russia. Il fatto che possa esistere documentazione dei tracciati radar, in particolare per quanto riguarda la base di Camp Darby (USA/NATO), che è la più grande installazione militare affacciata sul Mediterraneo, lascia pensare che ci possa essere questo materiale. Tutt'altra cosa è capire se questo materiale poi salterà fuori o verrà reso disponibile. L'utilizzo, evidentemente, è per cercare di capire se si ha una traccia registrata dei movimenti. Tenete conto, peraltro, che i radar aeronautici, proprio per loro conformazione, hanno dei sistemi che, per evitare di acquisire tutta una serie di bersagli, tagliano tutto ciò che va sotto una certa soglia di velocità, appunto per evitare di avere interferenze. Le navi, di solito, viaggiano abbastanza lentamente, quindi potrebbe anche essere che magari i documenti, se ci sono e si trovano, però non riportino il tracciato. Questo non lo sappiamo, è del tutto esplorativo.
  Per quanto riguarda le immagini satellitari a disposizione, servono sostanzialmente a identificare la posizione della petroliera nella rada del porto di Livorno ed eventualmente la posizione della petroliera nel tragitto tra Sidi Kerir, in Egitto, e Livorno. Queste immagini Landsat sono state rese disponibili dal Servizio geologico americano a maggio del 2018, quindi dopo la fine della Commissione del Senato. È un'operazione che è già stata fatta da un altro consulente dell'associazione dei familiari, il dottor Alfred Komin. Ovviamente le immagini sono pubbliche e il lavoro può essere serenamente rifatto (è abbastanza semplice) per verificare che i risultati ottenuti siano corretti.Pag. 6 
  Per quanto riguarda le condizioni meteorologiche, che cosa è disponibile? Sono disponibili tutti gli elementi che sono già stati acquisiti nelle indagini preliminari; non ci aspettiamo che manchi niente rispetto a questo, si tratta semplicemente di metterli a sistema.
  Adesso, rapidamente, vi illustro più nel dettaglio i tracciati radar. Quello in alto a destra nell'immagine è quello che si ha a disposizione. È un'animazione di pochi secondi, estratta, ci sono ancora i file; è abbastanza complicato farla rigirare oggi, perché significa rimontare un sistema MS-DOS con i floppy e bisogna fare un po' di artifici, però ci si riesce. È stata già fatta anche una georeferenziazione delle informazioni. Da queste, c'è una serie di tracce radar che attualmente non hanno un'attribuzione certa, quindi non si sa a chi corrispondano; ci sono delle supposizioni. Infatti anche nel processo di primo grado si è ritenuto che questi tracciati radar non fossero sufficientemente chiari, e anche la Commissione del Senato lo ha ritenuto. Ritengo che un approfondimento questa Commissione possa farlo, e che magari possa anche arrivare a dei risultati.
  Le strumentazioni di registrazione che erano presenti nel 1991 le vedete in basso a destra. Ci sono varie stazioni militari e radar militari che fanno servizio sia per l'Aeronautica militare sia per l'aviazione civile. Come ho detto l'altra volta, riguardo alla missione che la precedente Commissione svolse a Bruxelles presso gli uffici NATO, forse prima di andare a bussare alle porte di qualcuno e chiedere se ci sono i tracciati sarebbe opportuno fare una sorta di ricognizione, in modo da riuscire a definire dei buoni quesiti, perché a un buon quesito c'è una buona risposta e a un cattivo quesito può esserci anche una cattiva risposta.
  Sulle immagini satellitari Landsat, come vedrete, ci saranno polemiche sui giornali; già dopo la notizia che uscì sul Corriere della Sera, mi pare, nel luglio del 2020, qualcuno disse: «Ma come, le immagini esistevano già? Ma cosa state dicendo? Ma perché saltano fuori proprio adesso?». È assolutamente vero, il punto però è che le immagini Landsat che c'erano nel 1991 (e successivamente) avevano il tipo di risoluzione che vedete. Perché, fisicamente, quello che è stato consegnato consisteva in fotografie grandi come un foglio A3, ma che riguardano tutta l'Elba, il dito della Corsica, un pezzo dell'alto Tirreno, quindi un'area estremamente estesa. Capire qualcosa da queste fotografie è del tutto improbabile.
  Invece, con la pubblicazione dei dati dell'USGS (United States Geological Survey) abbiamo delle informazioni digitali. I satelliti non hanno a bordo macchine fotografiche che scattano fotografie; hanno dei sensori e poi le informazioni che raccolgono si trasformano in una fotografia. Avere i dati sorgente ha consentito di arrivare su quelle immagini al tipo di definizione che vedete, in particolare sull'infrarosso corto. La sagoma di un'unità navale delle stesse caratteristiche, della stessa lunghezza, della stessa dimensione dell'Agip Abruzzo si trova in un punto ben preciso che è, più o meno, dove ci si aspetta che fosse. Perché ho detto «unità navale»? Perché da questa fotografia non si riesce a leggere sulla poppa il nome della petroliera, ovviamente. Quindi siccome ci tengo molto a distinguere qual è il dato, qual è l'informazione, quali le elaborazioni, dico che quella è un'unità navale che galleggia sulla superficie del mare, ha le stesse caratteristiche geometriche dell'Agip Abruzzo e io sostengo che possa essere l'Agip Abruzzo. La fotografia è del 12 luglio 1991. In quella posizione, in quel tratto di mare, nell'arco di due miglia, l'unica nave ancorata ad avere quelle caratteristiche era la petroliera. Questo è semplicemente un esempio, poi ci sono altre immagini.
  Per quanto riguarda i dati meteo, all'interno della documentazione della fase di indagine di primo grado e del processo di primo grado e in tutto il materiale acquisito dalla Commissione del Senato, ci sono decine e decine di informazioni tecniche che non sono poi entrate e che hanno livelli diversi di approfondimento. Vi avevo già fatto vedere il registro dell'avvisatore in cui, a mano, il buon Ricci scrive quel che legge sul suo anemometro; quindi, non lo Pag. 7 dice perché ha esperienza e sa da che parte tira il vento, ma lo legge sull'anemometro e lo scrive. Poi ci sono anche i tamburi delle stazioni meteo. Tutte queste informazioni, insieme ai dati dell'Aeronautica militare acquisiti, possono essere tranquillamente raccolte insieme – è quella che ho definito «messa a sistema» – per identificare esattamente le condizioni meteomarine che erano presenti quella sera, non solo al momento esatto della collisione ma anche nelle ore precedenti e in quelle successive. Tutto questo potrà esservi molto utile per definire le condizioni meteo, come abbiamo visto la volta scorsa. Questa è una storia in cui per trent'anni la parola «nebbia» si è associata all'incidente, addirittura in atti giudiziari, come causa o concausa della collisione.
  Che cosa vuol dire messa a sistema? Tutte queste informazioni erano già state raccolte dalla precedente Commissione d'inchiesta. Esistono degli strumenti digitali. Per chi ha avuto modo di seguirne le vicende, la Costa Concordia non si porta dietro nessuna di tutte queste incertezze che invece la storia della Moby Prince ha, non solo perché è avvenuta molti anni dopo, ma anche perché ci sono degli strumenti a bordo che hanno consentito la visualizzazione della traccia della rotta, le condizioni del mare, lo scarroccio, e si è potuti entrare estremamente nel dettaglio. Quello che è possibile fare – e che non è mai stato fatto in questi trent'anni – è una ricostruzione virtuale, come se le informazioni che vengono inserite fossero state raccolte dalla strumentazione, per ricostruire uno scenario con i movimenti di tutte le unità navali che si muovevano quella sera nello specchio di mare, nelle condizioni in cui, effettivamente, si sono trovate ad operare. È possibile risimulare quanto meno gli spostamenti che sono avvenuti e riuscire a ottenere, per la prima volta in trent'anni, una risposta completa ed esaustiva su quello che è successo quella sera. Anche i lavori della Commissione del Senato hanno descritto, più o meno, ma si sono fermati. Credo che sia importante anche per la comunicazione al pubblico, che tutte le volte chiede: «Fateci vedere che cosa è successo». Ecco, con questi strumenti ritengo che si possa fare un deciso passo avanti nel dare risposta alla domanda su quello che è successo.
  Riguardo al quesito su che cosa esattamente è successo, nell'immagine vedete i dati di partenza, come si possono organizzare e a che cosa si può giungere. Diamo per assodata – vi chiedo un atto di fede in questo momento – una modifica della rotta del traghetto immediatamente prima della collisione; nell'immagine è indicata in giallo. C'è una serie di ragioni tecniche che hanno consentito alla precedente Commissione di affermarlo senza tema di smentita. Ora sarebbe un po' lungo soffermarvisi, quindi lo rimanderei, o verrà fatto un successivo approfondimento del perché esiste questa modifica della rotta. Però le cause di questa modifica della rotta non sono state identificate. Le avevo già riassunte la volta scorsa: o una causa interna – quindi un'avaria a bordo del traghetto, al sistema di governo, quindi al timone, oppure un'esplosione a bordo – o una causa esterna, intesa come un ostacolo improvviso. Sono rappresentate nelle fotografie la colonnina del timone, lo squarcio presente sul ponte di manovra a prua del traghetto e un'ipotetica ricostruzione di quella che poteva essere stata la turbativa della navigazione. Io non ho la risposta, ma credo che la Commissione, analizzandole una per una, potrebbe entrare e dare risposta definitiva, perché esiste una serie di elementi. Anzitutto documenti tecnici per quanto riguarda l'avaria al timone: l'accertamento tecnico preventivo, che escluderebbe l'avaria, però è stato fatto in una certa maniera e quindi, probabilmente, non esaurisce la questione in maniera definitiva. Ma quello che è stato possibile fare poi fare in questi due anni successivi alla fine della precedente Commissione è stato recuperare tutti i manuali e le monografie relative al sistema di timoneria, e trovare un timone identico, ancora in essere, della Hastie, in Inghilterra. Ma la cosa che è saltata fuori è quel verbale di sequestro dei due avviatori delle pompe di timone e la certezza che presso l'archivio del tribunale di Livorno sono presenti tutti e due gli avviatori (abbiamo addirittura Pag. 8 trovato una fotografia di uno di questi), sui quali, ad oggi, non è stato fatto nessun tipo di accertamento per capire se ci sia stata un'avaria al sistema di timoneria oppure no.
  Per quanto riguarda l'esplosione a bordo, è stata esclusa dalla Commissione del Senato la presenza di un esplosivo ad alto potenziale, quindi di tipo militare, ma è nella stessa relazione dei consulenti della Commissione il fatto che otto chilogrammi di TNT, posti al centro di quel locale, avrebbero potuto provocare esattamente quel tipo di danno. Vi ricordo, però, che non è in dubbio il fatto che ci sia stata una esplosione, ma da che cosa sia stata causata. Ho cercato di sintetizzare in uno schema: l'esplosione nel locale delle eliche di prua è un fatto; che il traghetto sia andato a sbattere – per testimonianza del marinaio, di cui non ricordo il nome, dell'Agip Abruzzo, e di Valentino Rolla – con i cappelloni o i fari cercanaufraghi accesi, è un altro elemento; poi la procura di Livorno, per l'archiviazione del 2010, scrive, in sostanza: «Si è infilato in un banco di nebbia, ha acceso le luci, si è autoaccecato e quindi ha perso completamente il controllo». Altro dato oggettivo è costituito dalle deformazioni, intese ingegneristicamente in termini di energia e lavoro, che vengono raccolte da Mariperman, che fa un lavoro egregio: contano i bulloni che si sono strappati, sfilati, eccetera. Quindi abbiamo un'energia di deformazione definita in maniera molto precisa. C'è l'ipotesi fatta da Alessandro Massari, consulente tecnico del pubblico ministero, che dice: «Identifico sette molecole che sono un esplosivo di tipo militare; tutte insieme sono Semtex». Non ho il tempo rispetto alla collisione, se l'esplosione è avvenuta prima o dopo, perché Massari non lo dice; presume evidentemente che sia avvenuta prima. Come vi dicevo, gli effetti di un'onda di un'esplosione da Semtex non sono però riconosciuti in quel locale, quindi possiamo escluderla. La Commissione Mariperman, che si attiva nel 1992, immediatamente quando vengono le prime notizie di stampa, per conto dell'inchiesta formale della Marina mercantile, dice: «I fari li accende perché si infila in un banco di nebbia; è una esplosione da gas, quindi sicuramente successiva alla collisione»; ma, anche in questo caso, sembrerebbe che una verifica dell'energia potenziale che viene rilasciata da una esplosione da gas, in un ambiente confinato, con volume noto, concentrazioni note, eccetera, non sia compatibile con i danni che sono avvenuti, quindi rimaniamo con un enorme punto di domanda.
  In realtà, la precedente Commissione – lo vedrete quando leggerete la sua relazione e gli allegati – identifica anche una terza possibilità, ovvero quella che 8 chilogrammi di tritolo, di TNT, posti al centro del locale eliche di prua, possano avere causato questo danno. Qui, più che la materia tecnica e scientifica, bisognerà utilizzare la logica, perché, a mio modo di vedere, in un percorso di analisi libera da qualsiasi tipo di preconcetto si arriva in maniera inequivocabile a identificare un elemento più probabile.
  Faccio un passaggio indietro: le tre ipotesi – le due interne, avaria o esplosione a bordo, o l'ostacolo esterno – non sono in linea di principio tali che una escluda l'altra. Vi faccio l'esempio più banale: se l'esplosione è avvenuta prima della collisione, siccome parte delle tubolature del sistema del timone passano esattamente nel locale che è stato oggetto dell'ipotetica esplosione volontaria, capite bene che c'è una correlazione. È per questo che dico che la logica poi aiuta a mettere insieme i pezzi e a chiarire, probabilmente, anche quelli che saranno gli indirizzi di indagine che vorrete dare voi.
  Analogamente per l'ostacolo improvviso. Sentirete l'audio, più volte viene citata la bettolina: «La bettolina ci è venuta addosso», la ricerca della bettolina, eccetera. Anche qui c'è una serie di elementi che hanno poi introdotto in questa vicenda una serie di scenari alternativi (quelli che collegavano la vicenda della Moby Prince con Ilaria Alpi, la Somalia, eccetera). Una serie di acquisizioni fatte molto recentemente, a settembre del 2020, presso il RINA (Registro italiano navale), identificano una documentazione che riguarda una nave in particolare, la 21 Oktobar II, della Shifco, Pag. 9 che era presente nel porto di Livorno la sera del disastro e che una teste, poi ritenuta non credibile, prima vede e poi non vede. La teste è Susanna Bonomi, che a sommarie informazioni testimoniali dichiara che la sera, quando va a dormire – abita proprio di fronte al molo operativo Magnani, perché moglie di un ufficiale della capitaneria – dice: «Quando ho tirato giù le tapparelle questa nave, questo peschereccio bianco» – la 21 Oktobar II – «era presente; quando la mattina ho tirato su le tapparelle questo peschereccio non era presente». Al processo riferisce esattamente il contrario: la sera non c'era e la mattina c'era. Il giudice Lamberti la ritiene inaffidabile per questo, perdendosi, però, il fatto che la teste sta riferendo di una modifica. È una testimone genuina, la sua testimonianza la possiamo considerare genuina e disinteressata, perché non aveva nessun tipo di interesse a riferire una cosa del genere. Viene screditata, sostanzialmente. Qui si innesca però il meccanismo di alcuni giornalisti – non me ne vogliano se ci sono dei giornalisti presenti – per cui si collega questa vicenda al traffico d'armi e alla Somalia, perdendo di vista l'aspetto tecnico. Perché questo peschereccio della flotta Shifco era presente nella rada del porto di Livorno? Ufficialmente, per fare delle riparazioni.
  Nella documentazione acquisita a settembre del 2020... Vi dico come il nostro studio ne è venuto in possesso, tanto non c'è alcun tipo di problema. Quando la trasmissione Report ha fatto un servizio sulla vicenda del Moby Prince in generale e poi ha fatto un focus su questo, aveva acquisito parte della documentazione del RINA che non è presente in atti. In quella documentazione ci sono delle cose che ritengo opportuno che la Commissione, quanto meno, valuti, e poi decida se sia il caso o meno di fare ulteriori approfondimenti.
  Per quanto riguarda la ricostruzione nel dettaglio dell'evento di quella notte, quindi il quesito relativo all'accertamento delle modalità della collisione, diciamo che, in questa prima fase, lo considero esaurito; cioè, avete queste cose da fare.
  Sulle procedure e modalità del soccorso, la volta scorsa vi ho indicato che ci sono dei dati che sono stati acquisiti rispetto all'attività della Commissione del Senato, che riguardano la capitaneria di porto di Livorno del tempo, in particolare l'ammiraglio Sergio Albanese che ne era il comandante e che non è andato a processo.
  Il primo documento era il decreto ministeriale 1° giugno 1978, che oggi è ancora vigente, per una parte residuale. Sostanzialmente, questo decreto ministeriale prevedeva due situazioni operative: una prima situazione operativa, per quanto riguarda l'attivazione del soccorso, che era in capo esclusivamente alla capitaneria di porto, che provvedeva con i suoi uomini e i suoi mezzi, anche requisendo mezzi di terzi, se ritenuto necessario; una seconda situazione operativa che, invece, coinvolgeva la funzione militare, la Marina militare. Nel momento in cui la capitaneria si fosse resa conto che i suoi uomini e i suoi mezzi non erano in grado di fronteggiare l'emergenza o non erano in grado di portare in salvo i passeggeri, avrebbe dovuto attivare la seconda situazione operativa.
  Il punto è esattamente questo: da notizie che non sono mai entrate negli atti (quindi non sono atti processuali), da comunicazioni a latere, per altre vicende, in particolare quelle che riguardano l'inquinamento marino, nella documentazione che è stata acquisita, sembrerebbe che il Maridipart La Spezia, quindi il comando della Marina militare del dipartimento dell'Alto Tirreno, sia stato effettivamente attivato quella notte, e quindi che fossero disponibili, per loro stessa ammissione. C'è un documento che dice: «Noi siamo stati attivati in seconda situazione operativa». Di che cosa abbiano fatto, però, e di che cosa sia successo, non c'è traccia. Non ce ne è traccia perché vi ricordo che i soccorsi non entrano all'interno del processo, in quanto si è considerato che a bordo fossero tutti morti in venti minuti; il tempo di raggiungimento dalla banchina al luogo dove è avvenuta la collisione infatti era superiore a venti minuti e quindi, di fatto, non vengono giudicati.Pag. 10 
  Questo passaggio serve semplicemente a capire, senza alcuna dietrologia, la premessa nella seconda slide: la verità come unica forma di giustizia possibile. Cioè, capiamo chi era coinvolto e che cosa ha fatto o che cosa non hanno fatto.
  Il decreto ministeriale è molto dettagliato. La prima situazione operativa è a Livorno. Nella seconda situazione operativa si fa riferimento a La Spezia. Ad oggi, l'interazione tra queste due situazioni – si è visto anche con la Costa Concordia, banalmente, perché è pubblica e ci sono video – è tale che c'è una collaborazione tra i mezzi della Guardia costiera e della Marina militare, quasi in continuità. Nel 1991 c'era una questione proprio di comando, cioè chi aveva il comando delle operazioni. Come vi avevo detto, l'affermazione di autorità di chi aveva il comando quella sera non è mai stata fatta; lo possiamo dire perché nelle registrazioni audio del canale 16, che è il canale di emergenza, e della 2182, anch'essa frequenza di emergenza, nessuno dichiara: «Ho il comando delle operazioni». Se lo avessero fatto i militari, potrebbero averlo fatto su uno dei canali che si chiamano Charlie 6, che sono frequenze militari che ovviamente non comunicano con i soggetti privati. Essendo però presenti unità navali afferenti alla Marina mercantile (mi sto riferendo ai rimorchiatori), la presenza nei canali primari, quindi nei canali Charlie, potevano avercela solo i militari, Guardia di finanza, Polizia di Stato e Carabinieri; neanche i Vigili del fuoco. È difficile pensare, quanto meno in questa fase, che chi debba coordinare l'intervento dei rimorchiatori, perché c'è da mettere in salvo e sparare acqua insieme ai Vigili del fuoco su una nave in fiamme, non abbia ritenuto di dover comunicare con questi soggetti. Anche questo è un punto di domanda e credo che la Commissione, alla fine dei lavori, possa finalmente metterci una parola.
  Altro elemento: accertare eventuali correlazioni con attività illegali in essere la sera del 10 aprile 1991. Nella delibera istitutiva della Commissione è specificato: «Traffici illegali di armi, combustibili, scorie e rifiuti tossici». Capisco qual era l'intento di chi ha scritto il quesito, ma, come vi avevo forse già anticipato la volta scorsa, ritengo improbabile, ad oggi, riuscire a identificare eventuali traffici illegali di armi, proprio perché mancherebbe la documentazione, e voi dovrete lavorare sostanzialmente su elementi documentali per poter provare le affermazioni che farete. La stessa cosa vale riguardo a scorie e rifiuti tossici, che sono poi entrati per quanto riguarda tutte le questioni che riguardano la Somalia (il traffico dei rifiuti tossici, le armi, eccetera).
  Mi soffermerei, invece, sui combustibili, perché, probabilmente, è l'aspetto più documentale; e, in particolare, sul coinvolgimento della petroliera Agip Abruzzo che, come avete visto dalle risultanze della precedente Commissione, al momento della collisione è all'interno di un'area di divieto di ancoraggio; è solo una violazione amministrativa, sì, però non viene mai evidenziata.
  L'inchiesta sommaria svolta dalla capitaneria di porto, pur criticata in Corte d'appello a Firenze, sostanzialmente identifica una serie di punti, che poi saranno gli stessi dell'accordo assicurativo, fin dal 26 aprile 1991. Ci sono poi dei documenti che sono stati recuperati solo nel 2012, mi pare, e che riguardano un ATP (accertamento tecnico preventivo), sempre presso il tribunale di Livorno, ma sezione civile; i documenti che sono presenti, depositati in tribunale dalla Snam, sembrerebbero non trovare riscontro. Sono quelli sui quali vi dicevo che era necessario poi fare l'accertamento. Questo è uno dei temi che – lo dico personalmente, non lo so – potrebbero riguardare delle indagini che potrebbe star svolgendo la procura di Livorno. Non sappiamo quali sono i temi della procura di Livorno. Come ho già detto anche al presidente, ritengo necessario che la Commissione si doti di magistrati, si faccia applicare dei magistrati dal Consiglio superiore della magistratura, e che ci sia un'interlocuzione prima di qualsiasi attività. Io lavoro spesso con le procure, so come la pensano i pubblici ministeri e non vorrei mai che si creassero attriti o frizioni. L'obiettivo credo che sia comune per tutti: Pag. 11 capire che cosa è successo. Questo, in particolare, potrebbe essere un evento che, essendosi ripetuto in anni anche successivi, potrebbe non essere coperto da prescrizione e quindi potrebbe essere un tema su cui la procura sta ancora indagando.
  A cosa mi sto riferendo in particolare? Vedete nella slide i documenti di quel carico. All'interno dell'indagine penale troverete semplicemente le dichiarazioni che vengono rese in capitaneria dall'armatore della petroliera, quindi un'indicazione generica delle 82 mila tonnellate di greggio. Vedete un confronto tra i documenti che sono portati nel 1991 nell'accertamento tecnico preventivo e un fax del 1993 in cui viene richiesto al terminal petrolifero di Sidi Kerir di avere i documenti dell'ultimo viaggio. Il fax viene inviato a una parte civile che ne aveva fatto richiesta. I quantitativi sono sostanzialmente gli stessi, circa 82 mila tonnellate, per cui nel 1993, quando questo fax viene inviato, non desta nessun tipo di sospetto, anche perché nessuno è a conoscenza che esistono i documenti che vedete a sinistra nell'immagine, quelli del 1991, poiché nessuno è parte all'interno di quell'accertamento tecnico preventivo.
  C'è tutta una serie di anomalie su questi documenti. Nel 1993 la domanda che viene fatta via fax a Sidi Kerir è: «Mandateci i documenti relativi all'ultimo viaggio della petroliera Agip Abruzzo», la data indicata come ultimo viaggio della petroliera è il 14 marzo 1991 e la proprietà del carico è della Agip S.p.A. Nei documenti che sono presentati nell'ATP dalla Snam nel 1991, invece, si vede che la proprietà del carico è della Agip (Overseas) Ltd – quindi non della Agip S.p.A. – che è una società dell'Agip presente nelle isole del canale della Manica, in uno di quei paradisi offshore, e si occupa di tutt'altro; non fa commercio di carburante, ma si occupa di permessi di ricerca, eccetera. Una cosa molto curiosa, o quanto meno che mi ha destato una particolare curiosità, è che, mentre in uno dei due documenti vedete il timbro dell'Agip Abruzzo (Agip Abruzzo Palermo) – in quegli anni, eravamo un Paese dei timbri, c'erano timbri da tutte le parti – invece nel documento di sinistra il timbro non c'è. Probabilmente non c'è perché, se fosse un documento non vero – e anche la Commissione del Senato ha affermato di non avere elementi per dire che sia vero, anzi di avere forti sospetti che sia un falso – si sarebbe potuto replicare tutto, tranne l'unica cosa che non si aveva, cioè è il timbro, perché sicuramente quel timbro era a bordo della petroliera. E siccome tutti i documenti del carico della petroliera vengono distrutti, non dall'incendio che segue la collisione, ma da un incendio che si scatena tre giorni dopo e che manda in fumo tutti i documenti della plancia – che ci sia stato un incendio in plancia dell'Agip Abruzzo è un fatto – non abbiamo più alcun documento.
  Durante le audizioni della precedente Commissione d'inchiesta, sul fatto che al momento dello sbarco non fossero sbarcati i documenti c'è stato più di un dubbio. Un teste sentito in audizione – non ne riferisco il nome perché non sono sicuro – ha dichiarato serenamente che, oltre ai libretti di navigazione dell'equipaggio – che sicuramente sono stati portati in salvo, perché nessun membro dell'equipaggio dell'Agip Abruzzo ha rifatto il libretto di navigazione, quindi qualcuno quei libretti li ha portati a terra – analogamente sono stati portati a terra il giornale parte 1, il giornale parte 2 e anche il libro di carico, che però non sono mai stati forniti all'autorità giudiziaria. Se sono stati richiesti e non sono stati consegnati, oppure non sono neanche mai stati richiesti e quindi mai consegnati, anche questo è un dubbio che ci portiamo dietro e che quindi bisogna chiarire.
  Abbiamo provato a fare una sorta di road map per le risposte ai quesiti c), e), f) della delibera istitutiva. Probabilmente, nel percorso che questa Commissione farà, nel dare risposta a quei primi tre quesiti, gli altri se li porta dietro, vengono da sé. In particolare, credo che, quando avrete una conoscenza più approfondita e sarete riusciti a maturare delle convinzioni voi come commissari, vi sarà anche molto più semplice valutare i termini di un accordo assicurativo che, letto in questo momento, potrebbe anche sembrare legittimo, nel senso che ci sono due soggetti che si trovano a dover affrontare una rilevante questione e Pag. 12 decidono di non addossarsi reciprocamente colpe. In sintesi, i termini dell'accordo assicurativo sono che i due armatori decidono di non addossarsi reciprocamente colpe e di non limitare i risarcimenti ai minimi (cosa che avrebbero potuto fare, non essendo stata riconosciuta alcuna responsabilità armatoriale). In realtà, vedrete che questo accordo si porta dietro anche qualcos'altro, in particolare, per quanto riguarda il risarcimento dei danni ai due soggetti principalmente coinvolti; Nav.Ar.Ma. viene risarcita completamente per la perdita: stiamo parlando di 20 miliardi di risarcimento a valore di polizza e non a valore di perizia. Quali sono stati gli elementi raccolti dalla precedente Commissione? Semplicemente il bilancio di Nav.Ar.Ma. del 1990, quello precedente, in cui due traghetti, il Moby Prince e il Moby King, sono presenti come cespiti sulla stessa riga e insieme sono valorizzati in 11 miliardi di lire. Già sappiamo che per una società che ha flussi di cassa importanti ma ha bisogno di liquidità per gestire una flotta di questo tipo, era una prassi abbastanza comune avere dei bilanci con dei cespiti più grandi di quelli che erano in realtà. Stiamo parlando anche del 1991, prima Repubblica, insomma c'era tutta una serie di condizioni che lasciavano pensare che fosse così. Il solo Moby Prince viene liquidato, a febbraio del 1992, a dieci mesi dalla collisione, per 20 miliardi, quindi il doppio del valore dei due traghetti. Quindi, in questa vicenda, qualcosa che non è tornata fin da subito c'è.
  Io mi fermerei qui; mi sembra di avervi dato un bel po' di carico. Oltre alla relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta del Senato, c'è un librettino, che ho già dato alla presidenza e che era una sorta di sintesi della relazione finale. Questa ha 498 pagine e oggettivamente è anche difficile da leggere, nel senso che è stata prodotta dalla precedente Commissione in un tempo molto breve, credo nel giro di una settimana; in quel documento mastodontico si fa fatica a trovare i pezzi. La sintesi è stata prodotta pochi giorni prima della presentazione della relazione finale, quando la stessa Commissione, lo stesso Ufficio di presidenza si erano resi conto che c'erano oggettive difficoltà di lettura. La sintesi è prodotta dalla precedente Commissione e non è a firma di nessuno; c'è un'introduzione a firma del presidente Silvio Lai. Credo che vi possa essere utile per inquadrare e fissare meglio i concetti che vi ho espresso oggi.
  Mi fermerei qui. Se ci sono domande, sono a vostra disposizione.

  PRESIDENTE . Si sono prenotati i colleghi Potenti e Lapia. Do la parola al collega Potenti.

  MANFREDI POTENTI . Grazie, presidente. Domande molto al volo. Prima ho visto in una slide la ricostruzione del tracciato del percorso della Moby Prince fino al momento della collisione. Non so se ho visto bene, ma corrisponde a una sorta di circuito; la linea blu compie una sorta di cerchio, se non sbaglio. Vorrei capire, rispetto a quei due minuti circa che lei ci ha detto che costituiscono un vuoto informativo nel periodo dell'ultimo tratto della navigazione del traghetto: questi due minuti a quanto corrispondono rispetto a quel tracciato circolare? Chiedo se è possibile, in qualche modo, sovrapporli temporalmente.

  GABRIELE BARDAZZA , perito forense. Quello nell'immagine è volutamente uno schizzo, e non è necessariamente la rotta che il Moby Prince ha tenuto prima della collisione; fa parte di quei dubbi che abbiamo. Questa è una delle ipotesi.
  I due minuti, sostanzialmente, corrispondono più o meno a quando il Moby Prince si trovava a una distanza di circa 600-800 metri dalla petroliera, fino a poi capire come ci è andato contro. Perché c'è questo ricciolo? Perché, come vi avevo detto la volta scorsa, sicuramente il traghetto è andato a sbattere con le pale del traghetto completamente in bando, quindi stava facendo una virata. Questa modifica della rotta fa parte della turbativa della navigazione. Il traghetto viene trovato con il timone completamente girato, cioè le pale in acqua del timone vengono trovate girate; i Pag. 13 torchi, che sono nella sala agghiaccio, che è la parte mediana del sistema di governo, sono a 15 gradi a dritta, quindi in una fase di rientro o di guasto, non lo si sa; e la colonnina del timone è completamente distrutta ma con una tacca a sinistra. Quindi, queste tre incongruenze sono: una tacca a sinistra, come se il timoniere... però è stata abbandonata la sala, chissà come; sala agghiaccio 15 gradi a destra, pale in acque 30 gradi a destra. Come sapete, nel processo penale la prova la si forma in aula, quindi poi, in quelle 36 udienze, un po' di confusione c'è stata; il tema poi è passato in secondo piano. La risposta che fu data a questa incongruenza nelle indagini di primo grado è che siccome il traghetto era stato agganciato dai rimorchiatori e trainato in porto di poppa... Immaginate una barchetta: se io la trascino, le pale del timone si girano. Questo però può succedere su un gozzo genovese, ma non può succedere su un traghetto, altrimenti il timoniere di un traghetto avrebbe le braccia di Braccio di Ferro. In realtà, è un sistema con una vite di Archimede; una volta che il traghetto mette la pala in una certa posizione, di lì non si sposta più, a meno che questa vite, governata da un sistema elettroidraulico, non si metta in moto e si sposti. Si è messa in moto per un'azione volontaria (l'ostacolo alla navigazione)? Si è messa in moto per un guasto? È un guasto semplicemente dovuto al timone, al sistema di governo, o è un guasto dovuto a una precedente esplosione? Tutte queste opzioni possono anche stare insieme.
  Questo non è molto complicato, ma è complesso, sono due concetti differenti. Una volta che si mettono in ordine, però, credo che la risposta si possa trovare.

  MANFREDI POTENTI . Una seconda domanda, anch'essa molto rapida: rispetto alle conoscenze che sono state acquisite, pensa sia possibile che la ricostruzione virtuale possa riguardare anche lo sviluppo dell'incendio a bordo della nave? Cioè le fasi temporizzate in cui, ad esempio, il fuoco o il fumo si sono diffusi, per capire e ricostruire magari quelli che potevano essere i tempi utili a prestare soccorso?

  GABRIELE BARDAZZA , perito forense. Ho inteso. Il modello di propagazione dell'incendio che è stato fatto dalla precedente Commissione, come vi avevo già detto la volta scorsa, è un unicum. È stato fatto un lavoro che, anche per questioni di potenza di calcolo, ha assorbito un enorme quantitativo di risorse. Qual è il limite di quel modello? Il fatto che è stato realizzato un modello numerico di sviluppo di un incendio partendo da una simulazione delle condizioni del traghetto di cui non conosciamo materiale, tipologia dei materiali, spessori. Quello che, invece, è molto importante è come l'incendio è entrato all'interno del traghetto. Nella ricostruzione fatta nel processo di primo grado, un'ondata di greggio (forse 600 metri cubi, ora non ricordo esattamente la quantità) incendiato ha coperto tutto il traghetto, che si è incendiato tutto. In realtà non può esserci stata nessuna proiezione dello spruzzo del greggio che era presente nella cisterna che abbia coinvolto la parte alta del traghetto. È un incendio da pozza, quindi si è incendiato il mare e da lì poi è entrato per irraggiamento e in parte per conduzione, con meccanismi che sono stati fisicamente definiti in maniera molto precisa da questo modello. I tempi per arrivare a questo li abbiamo; poi, i tempi di propagazione all'interno del traghetto, secondo me, non ci sono, ed è estremamente difficile risimularli. Spero di avere risposto.

  PRESIDENTE . Do la parola alla collega Lapia.

  MARA LAPIA . Grazie, presidente. Dottor Bardazza, innanzitutto la ringrazio, perché ha fatto una relazione molto attenta e precisa. Alla luce di questa relazione e in virtù del fatto che si evince che lei ha svolto anche un'attenta attività investigativa, non solo per quanto riguarda una perizia, le vorrei fare alcune domande. Adesso gliele elenco; le ho annotate anche dalla scorsa volta, considerato che non siamo riusciti a farle. Poi, se vuole qualche chiarimento, gliele ripeto.
  Lei, la scorsa volta, ci ha parlato delle perizie e dei vari conflitti di interessi che Pag. 14 ha notato per quanto riguarda i periti. Volevo chiederle – visto che oggi abbiamo anche un'audizione secretata, quindi spero che mi possa dare una risposta – quali sono stati, secondo lei, i periti in cui ha notato delle incongruenze, o comunque dei conflitti, e di quali perizie stiamo parlando. Se non vogliamo utilizzare l'espressione che lei ha utilizzato la scorsa volta – abbiamo parlato di «conflitti di interessi» o addirittura «falsità» – perché magari è troppo pesante, utilizziamo magari «imprecisioni»: quali sono quelle che lei ha riscontrato nei pareri che sono stati dati? Lo chiedo affinché noi possiamo essere portati a verificarle.
  Altra domanda: lei ci ha parlato del pubblico ministero De Franco che, nel 2016, ha fatto un'affermazione per me veramente sconcertante e importante; lei ci dice che il PM disse di avere lasciato la pista della bomba perché costretto a farlo, come se fosse una scelta discrezionale del PM. Ecco, vorrei chiedere da dove possiamo attingere questa informazione o se lei la può produrre.
  Un'altra cosa: vorrei sapere se oggi è possibile effettuare ulteriori approfondimenti di verifica, per quanto riguarda la fase investigativa, sulla possibilità che ci fosse dell'esplosivo a bordo. La domanda è proprio tecnica: capire se oggi, sotto il profilo investigativo, si possono fare delle verifiche su questo.
  Un'altra domanda, sempre alla luce delle affermazioni che ha fatto l'altra volta, sulle perizie medico-legali. Lei ci ha raccontato che le perizie medico-legali non sono state fatte su tutte le persone decedute a bordo, ma solamente su una parte. Vorrei sapere che tipo di perizie medico-legali sono state fatte e se lei ritiene che siano stati svolti tutti gli accertamenti medico-legali che in quel momento erano necessari o se queste perizie sono state portate avanti con leggerezza o comunque possono essere oggi contestate. Grazie.

  PRESIDENTE . Prima di dare la parola al dottor Bardazza, onorevole Lapia, vorrei specificare che questa non è un'audizione secretata, come ha erroneamente detto, ma è semplicemente un'audizione non trasmessa sulla web-tv e sul circuito chiuso. Poi naturalmente ci sarà – lo dico per il verbale – un resoconto stenografico che sarà consultabile.
  Prego, dottor Bardazza. Poi si sono prenotati l'onorevole Ciagà, l'onorevole Vallascas e l'onorevole Frailis.

  GABRIELE BARDAZZA , perito forense. Nel 2009 la procura della Repubblica di Livorno ha aperto l'inchiesta bis, e questi sono i fatti che riguardano l'Agip Abruzzo. La sera del 9 aprile 1991 arriva in rada a Livorno e àncora. La sera del 10 aprile avviene la collisione. La mattina del 13 aprile avviene un'altra esplosione che distrugge sostanzialmente la plancia e quindi, asseritamente, tutti i documenti che sono a bordo. Il 7 giugno è oggetto di un sopralluogo, che dura venti minuti, da parte dei consulenti del pubblico ministero e delle parti. Il 10 luglio è dissequestrata. Nell'autunno del 1991 viene rimorchiata, va in Pakistan e se ne perde traccia. Questi sono i fatti.
  Vi ho già fatto vedere nella seduta precedente le immagini dell'impianto antincendio della petroliera e di come avrebbe dovuto funzionare, mentre non lo si vede mai in azione nelle immagini di allora. Nel dicembre del 1991, quindi a distanza di sette mesi dai fatti, si viene a conoscenza del fatto che, a bordo della petroliera, un portello di una cisterna (la cisterna 6 centrale) era aperto. Se ne viene a conoscenza perché i Vigili del fuoco, su una loro rivista di settore antincendio, dedicano un numero monografico in cui c'è la descrizione di quello che hanno fatto. C'è il disegnino in cui si vede dove hanno trovato il portello aperto. Avere un portello aperto su una petroliera significa avere una cisterna non inertizzata, quindi a rischio di esplosioni e incendio; è una cosa che non si fa per nessuna ragione al mondo.
  L'indagine della procura della Repubblica è aperta, e il 17 giugno del 2009 due consulenti della procura, gli ammiragli Rosati e Borsa, scrivono ipotizzando un guasto avvenuto prima della collisione: «Nell'arco degli anni sono state avanzate numerose ipotesi riguardanti lo svolgimento dei fatti che hanno portato allo speronamentoPag. 15  dell'Agip Abruzzo, tutte suffragate da ragionamenti che hanno qualche loro logicità, ma evidentemente non suffragate da prove certe. Da quanto espresso, ci riesce difficile portare a conoscenza un'ulteriore ipotesi priva di riscontri» – perché non c'è più niente – «ma, per onestà intellettuale, riteniamo corretto farlo, essendo sufficientemente convinti della correttezza dell'ipotesi stessa». Cioè, i consulenti dei pubblici ministeri dicono, sostanzialmente: «Non abbiamo elementi tecnici, ma per onestà intellettuale diciamo: guardate che quello che non è spiegabile, o che non è stato spiegato, con questa ipotesi si spiega». Qual è l'ipotesi? Che ci sia stato un malfunzionamento al sistema di generazione di vapore della petroliera. Faccio un passo indietro per chi non è un tecnico. La petroliera non è una nave che porta greggio, è una fabbrica galleggiante che ha bisogno di un quantitativo di energia molto importante; questo quantitativo di energia viene prodotto da generatori di vapore, ovvero ci sono delle caldaie che scaldano il vapore, il volume aumenta, fa girare delle turbine e si produce energia con gli alternatori. I due consulenti ipotizzano un guasto. La cosa poi ha trovato riscontro, perché vedremo nel prosieguo dei lavori chi è salito a bordo dopo, che cosa facevano, eccetera. Ipotizzano che ci sia stato un guasto al generatore di vapore dell'Agip Abruzzo prima della collisione che l'abbia spenta, che sia andata in blackout e si sia generata una nube di vapore, che è la nebbia che viene riportata più volte, ben descritta da Thermes e Olivieri, i due guardiamarina, che fanno una descrizione molto precisa. Io, personalmente, sono andato a sentire Roger Olivieri, perché mi sembrava del tutto strano che lui avesse potuto dare, da guardiamarina, una descrizione così precisa di quello che stava avvenendo su quella petroliera. Mi avevano molto sorpreso la precisione e la puntualità di quest'uomo e della sua descrizione. Perché un guardiamarina che sta facendo l'allievo ufficiale di complemento ha questa esattezza? La risposta che mi ha dato mi ha convinto: suo padre era un comandante di petroliere, lui fin da bambino era avvezzo a salire sulle petroliere e quindi, quando ne vedeva una, riusciva non solo a vedere che era una petroliera, ma anche a cogliere alcune caratteristiche di quello che stava vedendo.
  I due consulenti, quindi, ipotizzano che ci sia un guasto a bordo. Tenete a mente le date. Il 17 giugno 2009 viene depositata la relazione dei due consulenti. A luglio del 2009, quindici giorni dopo il deposito di quella relazione, viene dato incarico all'ingegner Andrea Gennaro, che è uno dei consulenti della procura della Repubblica che ho indicato come in palese conflitto di interessi, e adesso vi farò vedere come. L'ingegner Gennaro il 20 novembre presenta la sua relazione; vi faccio notare solo l'intestazione della carta su cui scrive, Canepa Gennaro Marine. Leggo qui il quesito postogli: «Descriva il consulente tecnico le caratteristiche della motocisterna Agip Abruzzo, verificando, attraverso i rilievi fotografici, le condizioni e i danni dalla stessa riportati e chiarisca, anche alla luce delle dichiarazioni rese dal personale di bordo della predetta motocisterna, il significato tecnico della presenza di una manichetta in corrispondenza della cisterna 6 centrale e in relazione al contenuto delle cisterne e alle operazioni connesse». Traduco in lingua corrente. Come vi ho detto, viene trovata una cisterna aperta, ma il processo di primo grado non considera minimamente di interesse questo elemento; nella riapertura gli chiedono: «Ci spiega qual è il significato tecnico? Perché uno tiene una cisterna così?». Questa è la domanda.
  Chi è l'ingegner Andrea Gennaro? Allo stesso indirizzo della Canepa Gennaro Marine c'è lo Studio di ingegneria navale e meccanica; non solo ha lo stesso indirizzo, ma anche lo stesso numero di telefono e di fax, quindi è fisicamente nello stesso luogo. L'ingegner Andrea Gennaro, come vedete nella slide – sono immagini pubbliche, recuperate da internet – è referente dello Studio di ingegneria navale e meccanica; sempre dal sito internet risulta che lo Studio di ingegneria navale e meccanica ha, tra i suoi clienti, la Moby e l'Eni. Quindi si trova in una condizione in cui, al momento del conferimento dell'incarico, alla domanda: «Lei si trova nelle condizioni previstePag. 16  dall'articolo 222 del Codice di procedura penale?», avrebbe dovuto dire: «Sì, quindi non posso prendere l'incarico».
  Se fosse solo così, si potrebbe dire: ve bene, però ha fatto bene il suo mestiere. In realtà l'ingegner Gennaro, nelle sue conclusioni, va oltre. Dovendo dare risposta sul significato tecnico della manichetta nella cisterna 6, dice: «Al momento della collisione, nessun impianto della motocisterna Agip Abruzzo, particolarmente gli impianti di produzione e distribuzione del vapore, aveva avuto un'avaria». Quindi chiude l'ipotesi che avevano fatto gli altri due consulenti. Sulla base di che cosa? Fate un atto di fede, vi darò la relazione: del niente. Cioè, non c'è un approfondimento; stiamo parlando del 2009, quindi di quasi vent'anni dopo il disastro. «Al momento della collisione, nessuna attività di manutenzione era in corso a bordo della motocisterna Agip Abruzzo». Ricordatevelo, nessuna attività di manutenzione. Se andate a prendere le testimonianze degli auditi in Commissione d'inchiesta, alcuni membri dell'equipaggio – non tutti – riferiscono che erano in corso dei lavori di saldatura. Dove? Su delle tubolature del vapore che erano risultate ammalorate. «La manichetta rinvenuta serviva a travasare acque di sentina di macchina dalla macchina alla cisterna slop numero 6». Cioè, la petroliera, pur con un sistema che ovviamente ha e funziona ed è fatto apposta per travasare, invece deve utilizzare un sistema volante per travasare quei contenuti. La procura va oltre e dice, in sostanza: «Va bene, ma comunque erano solo 16 metri cubi di prodotto, quindi poca roba». Vero, 16 metri cubi di prodotto sono poca roba, ma sono l'equivalente di due grosse autocisterne come quelle che vedete quando vi fermate a fare benzina al distributore. È vero che, rispetto a una petroliera, sono poca cosa, ma buttarci dentro dell'acqua di sentina, che vuol dire acqua salmastra, per poi buttare via tutto e dover spendere dei soldi per smaltire – perché a quel punto quello diventa un rifiuto – mi sembrerebbe poco credibile, anche per una cattiva gestione.
  Quindi, rispetto alla perizia, mi stavo riferendo in particolar modo a questo elemento.
  Rispetto al pubblico ministero De Franco, la scorsa volta non ero stato preciso: è un'intervista, che è online, rilasciata a Quarto Grado, a un giornalista che si chiama Pierangelo Maurizio. Adesso qui non ho lo stralcio, ma il riferimento che fa specificatamente il PM De Franco è sostanzialmente questo: «Ho avuto paura che, se avessi proseguito lungo questa strada, ci sarebbero stati dei problemi per il risarcimento ai familiari». Queste non sono le sue parole testuali, ma il concetto espresso è questo. Lo si trova sul sito di Mediaset, Quarto Grado, annata 2017-2018. Non ho annotato la puntata. La puntata e il minutaggio però li trovate. Esistevano delle grosse pressioni da parte dei familiari, parte dei quali avevano già ottenuto il risarcimento, parte stavano ancora negoziando con le assicurazioni, perché – è triste da dire – poi esiste anche una sorta di negoziazione, quindi chi esce prima di solito prende meno di chi prova a resistere un po' di più.
  Per quanto riguarda il tema dell'esplosione, come leggerete nella relazione, esistono dei reperti; potrebbero essere o i controcampioni, quindi dei campioni uguali non analizzati, oppure potrebbero essere i campioni che sono già stati analizzati. Se fossero i campioni già analizzati – dei tamponi, dei cotton fioc – sarebbero già stati lavati in acido acetico e quindi non si troverebbe niente; probabilmente, a distanza di così tanto tempo, non si troverebbero neanche le tracce dell'acido acetico, quindi si rimarrebbe con un punto di domanda. Esistono altri reperti che sono presenti nell'archivio del tribunale. Una effettiva ricognizione dei reperti che sono presenti al tribunale non l'ha fatta neanche la precedente Commissione. Sono passati trent'anni, c'è confusione tra reperti e documenti, per cui i documenti sono in parte archiviati come reperti e i reperti sono in parte archiviati come documenti. Fisicamente, i pezzi di carta dovrebbero stare da una parte e i pezzi di metallo da un'altra (sto semplificando). L'archivio sta nelle cantine del tribunale di Livorno ed è un po' in Pag. 17 disordine; ha subìto anche il fatto che c'è stata un'inchiesta bis, per cui parte del materiale è stato preso e poi rimesso. Insomma, non è esattamente ordinatissimo. Dei campioni, però, ci sono. Il consulente della Commissione suggeriva di fare le analisi; nonostante la Commissione li avesse avuti per lungo tempo a disposizione, però, non sono state fatte.
  In ultimo, non sono un medico legale, ma leggendo e cercando di capire – da chi voleva capire perché era stato fatto quel lavoro – non posso dire che sia stato un lavoro fatto male, anzitutto perché le persone che lo hanno eseguito erano professionisti riconosciuti; il professor Bargagna, che non è più tra noi, era sicuramente un professionista capace di fare il suo mestiere. Per quella zona, poi, era il primo mass disaster, quindi era la prima volta che una équipe medico-legale si trovava a dover gestire 140 morti. Per rendervi bene il concetto, sono 140 cadaveri che si trovano non all'interno di uno studio di medicina legale, ma in un hangar del porto, che viene attrezzato a luogo per le autopsie. Tutto questo a distanza di qualche centinaio di metri dai familiari di 140 persone, nella stazione marittima, che reclamavano i propri cari. Nel momento in cui c'era la possibilità di riconoscimento certo, via. Questo è quello che è successo. Poi, certo, con il senno di poi è facile, però il fatto che fossero morti tutti in un incendio... Perché, guardando il traghetto, non era da porsi la domanda: «Di che cosa sono morti?». «Sono morti lì dentro, sono morti per un incendio»; cioè, secondo me, era diventato immediatamente superfluo indagare i tempi di sopravvivenza. Il riconoscimento si è protratto per quasi un mese e mezzo, forse due, ora vado a memoria. Quando poi si sono accorti che parte dei quesiti ai quali erano stati chiamati a rispondere... Hanno cercato di rimediare a posteriori, quindi con gli esami tossicologici, non sui cadaveri integri. Conosco bene questa polemica che è stata fatta. Ma i medici legali, nella loro relazione, per stabilire quanto tempo sono sopravvissute le persone a bordo del traghetto, non usano mai dati che hanno raccolto durante la fase autoptica. Li raccolgono, ma non li usano.
  Invece le parti civili che hanno visto quei dati hanno detto: «Ma questi, coi tassi di carbossiemoglobina e acido cianidrico in concentrazione, non possono essere sopravvissuti solo 20 minuti e poi subito morti, perché qui ci sono segni che sono sopravvissuti per...». Questo e le immagini del Rodi, ovviamente, avevano un impatto processuale molto chiaro, cioè il fatto che fosse coinvolta o meno la capitaneria di porto. Perché se rimanevano i 20 minuti come limite di sopravvivenza, i soccorsi non dovevano essere oggetto di nessun tipo di indagine e di giudizio; se questo tempo si fosse allungato invece le cose sarebbero cambiate. E invece quei 20 minuti sono rimasti.
  Credo di avere risposto.

  PRESIDENTE . Do la parola all'onorevole Ciagà.

  GRAZIELLA LEYLA CIAGÀ . Vorrei fare alcune domande, anche tecniche. Per esempio, quando lei prima ci ha fatto vedere l'immagine satellitare che mostra la petroliera all'interno del famoso triangolo, mi chiedevo se quelle stesse immagini satellitari hanno mostrato la posizione anche delle altre unità navali presenti in rada. Sarebbe utile per capire la posizione, per esempio, delle navi militarizzate o comunque per avere uno scenario completo della posizione di tutte le unità navali, proprio per la ricostruzione dello scenario. Quelle immagini satellitari ci danno questa informazione oppure sono necessarie ulteriori acquisizioni per poter avere la posizione di tutte le unità navali?
  Per quanto riguarda la ricostruzione virtuale – a cui anch'io avevo pensato, perché la tecnologia di oggi ci consente di fare questo tipo di operazioni, ricostruendo lo scenario che si diceva prima – le vorrei chiedere quale arco temporale potrà, verosimilmente, essere coperto da questa ricostruzione: dall'uscita dal porto del traghetto fino addirittura al suo rientro in porto la mattina successiva? Oppure, per motivi tecnici, dovremmo orientarci su un Pag. 18 arco temporale più ridotto? Soprattutto vorrei sapere se a questa ricostruzione visiva si possono sovrapporre anche tutte le informazioni audio, le comunicazioni audio dei vari canali; questo sarebbe molto utile, perché in parallelo alle immagini potremmo, in simultanea, assistere anche alle comunicazioni che, contestualmente a quello che vediamo, avvenivano in quel lasso temporale.
  Per quanto riguarda l'archivio presso il tribunale di Livorno, lei diceva che è un archivio probabilmente incompleto e sicuramente non ordinato tra reperti e documenti. Vorrei chiederle se varrebbe effettivamente la pena di fare un affondo, con un censimento di tutti i reperti e documenti, e capire se da lì possono o meno uscire degli elementi per noi utili, oltre che attendibili, ai fini delle nostre valutazioni.
  Sulla questione dei soccorsi, io faccio veramente fatica a capire il comportamento della capitaneria di porto di Livorno. Questa è più una mia osservazione. Se, in prima battuta, è ragionevole pensare che tutto lo sforzo si concentrasse sulla petroliera, perché il timore era – a torto o ragione, perché anche questo è vero fino a un certo punto – quello di avere un'esplosione addirittura di tutta la petroliera nel porto di Livorno e quindi la ragionevolezza portava a concentrare l'attenzione su quel rischio, però quando alle 23.30 gli ormeggiatori, del tutto casualmente, trovano la Moby Prince e quindi è noto a tutti (capitaneria di porto compresa) che la seconda nave era il traghetto ed era in fiamme, ed era passata solo un'ora, è strano che da lì fino alle 5 del mattino non si faccia assolutamente nulla. E, se non ho letto male, anche laddove alcuni, come gli stessi ormeggiatori, ma anche altri soggetti, chiedono alla capitaneria di porto di intervenire, pare che ci sia proprio un silenzio audio, nel senso che nessuno in capitaneria risponde alla richiesta di intervenire sul traghetto.
  Per non dire, poi, di tutte le incongruità che lei ha sottolineato oggi, e ce ne sono anche altre riportate nella relazione, che effettivamente rendono difficile pensare che si tratti solo di imperizia o incapacità o inadeguatezza a gestire questa situazione da parte della capitaneria, perché queste incongruità sono tali e tante che qualche dubbio lo sollevano. Non ultima la questione della cisterna aperta, che non è una procedura standard, ma anzi è addirittura pericolosa da attuare all'interno di una petroliera. Poi non capisco perché il perito non abbia detto che erano in corso delle attività di manutenzione sulla petroliera. Perché questo doveva creare un problema?
  Ci sono quindi tante incongruità, per non usare il termine depistaggi, che pongono degli interrogativi. Vorrei avere una sua valutazione in merito. Grazie.

  GABRIELE BARDAZZA , perito forense. Provo ad andare con ordine a fornire delle risposte. Per quanto riguarda le immagini Landsat, una doverosa precisazione: sono immagini statiche e non abbiamo un'immagine della sera del 10 aprile 1991. Sono immagini che hanno una scansione temporale che dipende dall'orbita ellissoide, quando ci passa sopra Landsat; vado a memoria, ma mi pare che ce ne siano otto o nove tra l'aprile e l'ottobre del 1991. Identificano l'oggetto, quell'unità navale che sta lì e che non si muove, e che non c'è, mi pare, l'8 aprile (che è la data della prima immagine) e non c'è il 24 ottobre, perché se ne va il 22; in tutte le altre è sempre lì in quella posizione.
  Per il posizionamento degli altri natanti si possono utilizzare i registri dell'avvisatore marittimo e, parzialmente, le immagini radar che abbiamo visto. La posizione delle altre unità navali non deve necessariamente essere così precisa.
  Per quanto riguarda lo scenario della ricostruzione con l'ECDIS (Electronic chart display and information system), è un'idea – vi dico proprio com'è andata – che è venuta dopo la fine della relazione della Commissione del Senato, perché per noi, per i familiari e per quelli che ci hanno lavorato, dentro la testa questa rappresentazione c'è ed è molto chiara. Con i giornalisti, con i quali si interloquiva per cercare di capire, è emersa un'esigenza, perché invece al pubblico la rappresentazione manca. Come vi dicevo, per la Costa Concordia c'è tutto e qui non c'è niente. Quindi, Pag. 19 se è possibile ricostruire, perché non farlo? È necessario farlo con dei professionisti che fanno questo di mestiere, con studi navali riconosciuti; io non sarei in grado, il nostro studio non è in grado di fare un lavoro di questo tipo. La ricostruzione può essere sicuramente integrata con le informazioni audio, sperando che magari ci siano anche altri audio, come abbiamo visto.
  Sulla necessità di una ricognizione presso il tribunale di Livorno per fare un censimento delle informazioni, onorevole, le risponderei sicuramente di sì, in questo momento, al netto di quello che ho già detto, cioè che è opportuno un coordinamento con i vostri magistrati, per capire. Attualmente la procura della Repubblica di Livorno ha dei limiti che sono dati dalla prescrizione, perché una procura non può indagare su un'ipotesi di reato già prescritta, altrimenti la Corte dei conti le chiederebbe indietro i soldi che ha speso. Non è detto, non solo che non ci siano interferenze, ma che non ci possa anche essere una sinergia, perché quello che non può fare la procura di Livorno magari lo può fare la Commissione, e viceversa magari ci sono cose che è meglio che faccia la procura anziché la Commissione. Perciò è necessaria un'interlocuzione, prima di capire se andare a mettere le mani su quei reperti oppure no.
  In ultimo: sì, condivido il suo pensiero sui soccorsi; è difficile da comprendere. Potrei condividere dicendo che siamo in due a non comprendere. Se siamo qui dopo trent'anni però una spiegazione ce la possiamo anche dare, nel senso che non tutte le azioni che sembrano illogiche, irresponsabili, imperite (chiamiamole come vogliamo) sono solo questo. Non saremmo qui dopo trent'anni, no? Questa storia si porta dietro delle cose che non vorrei nemmeno essere io ad anticiparvi, a buttarvi lì; forse è più giusto, e anche più opportuno, che le troviate, le leggiate. Magari mi sto sbagliando, magari mi sono sbagliato, magari ho preso lucciole per lanterne. Nel percorso magari invece emergeranno le stesse perplessità e le stesse risposte a possibili domande come quella che mi ha appena fatto.

  PRESIDENTE . Prego, onorevole Vallascas. Poi gli onorevoli Frailis e Fratoianni.

  ANDREA VALLASCAS . Grazie, presidente. Le mie sono domande veloci. La prima è semplicemente per sapere – se è noto – quando, più o meno, è stata abbandonata la plancia dopo l'incidente. Immagino che, una volta avvenuto lo scontro, ci sia stato da parte del comando l'avviso dell'incidente e suppongo che poi siano andati a cercare riparo.
  La seconda domanda è relativa all'ipotetico esplosivo Semtex. Si può capire, più o meno, che tipo di rumore produce? Lo chiedo perché mi domando se i passeggeri, in qualche modo, possano aver percepito la presenza di una bomba, di un esplosivo – non solo i passeggeri della Moby Prince, ma anche magari i marinai dell'Agip Abruzzo – o se invece l'esplosione del Semtex è più sorda, meno facile da captare. Grazie.

  GABRIELE BARDAZZA , perito forense. Per quanto riguarda i tempi dell'abbandono plancia – del traghetto, immagino – abbiamo dalla plancia una comunicazione, che è il lancio del mayday, disturbata, che poi è stata «ripulita». Avrete modo di sentirlo. Ci sono due passaggi, ve li anticipo: «Siamo in collisione», «Stiamo andando in collisione». Sono due tempi di verbi leggermente diversi. Siamo nell'immediatezza della collisione. Il fatto... Mi sono fermato perché non vorrei darvi suggestioni, però mi tocca e quindi lo devo fare. Il fatto che nello stesso mayday dica «Siamo incendiati» a me fa pensare che uno non possa presupporre di andare in collisione e di incendiarsi, e quindi che sia già in collisione, perché altrimenti quel «Siamo incendiati» o «Stiamo per andare...» è oggettivamente complicato. Questa è una mia lettura, è una lettura che abbiamo dato in tanti. Poi lo sentirete, e ci confronteremo, se riterrete. Però diciamo che è contestuale alla collisione, stiamo parlando di qualche secondo.Pag. 20 
  Sicuramente il secondo mayday non viene lanciato dalla plancia, ma probabilmente dalla stazione RT, perché è un apparecchio diverso e perché c'è uno squelch, un suono caratteristico che si può sentire. Quindi possiamo dire che è un apparecchio diverso dal primo. Il primo mayday lo lancia – è stato riconosciuto – il marconista Campus, che è nella sala RT, perché ha finito poco prima di colloquiare, quindi è nel suo posto nella sala radio, che è alle spalle della plancia. Dopo la collisione ha avuto modo di uscire dalla sua postazione – è poca strada, entra ed esce da una porta – ed è lui che, correttamente, secondo i criteri, prende in mano il VHF di plancia e lancia il mayday dalla plancia; il secondo mayday viene dato da dietro.
  Dopo quanto tempo è avvenuto l'abbandono della plancia? Non lo si sa. C'è una serie di elementi che ci portano, però, a pensare che una forma di governo del traghetto sia avvenuta, non dalla plancia, ma dalla sala macchine. Poi lo vedremo. Tendenzialmente, vorrei darvi poche informazioni, altrimenti venite coperti da una marea di informazioni, e se non le si fa sedimentare correttamente poi fanno fare una gran confusione.
  Sul Semtex: premetto che non è certamente un'esplosione da Semtex; lo dicono i dati, la Commissione, tutti quanti. Quindi non è stato un esplosivo di tipo militare. L'onda di propagazione di un esplosivo solido come il TNT (trinitotoluene), comunque è subsonica. Il rumore dipende dai quantitativi. È qualcosa che, in un ambiente confinato, come quello del motore eliche di prua, con tutti i rumori che ci sono su un traghetto, potrebbe sicuramente non essere così percepito dall'esterno, e anche per i passeggeri all'interno potrebbe non essere qualche cosa che mette in allarme o genera il panico.
  Quello che è successo a bordo del Moby Prince... Non ve lo dico. No, stavo parlando del panico; anche lì, è una valutazione, e quindi non volevo darla. Però segni di panico, di gente che è scappata in giro per il traghetto, non ce ne sono; ma anche questa è una valutazione nostra e che abbiamo condiviso, quindi cancellatela.

  PRESIDENTE . Do la parola all'onorevole Frailis.

  ANDREA FRAILIS . Grazie, presidente. In primo luogo, vorrei ancora ringraziare il dottor Bardazza per l'esaustività e la completezza delle sue informazioni. Vorrei fare una piccola considerazione e poi anche una domanda. Non per venire in soccorso, o in difesa, della categoria giornalistica di cui faccio parte, ma già dalle prime ore – lo dico essendomi occupato con un'inchiesta, ma anche in precedenza con servizi televisivi, così come il collega Nardo Marino, che addirittura è di Olbia, per cui fu anche maggiormente interessato di me – immediatamente dopo la collisione ci fu una tale ridda di informazioni, o di mancanza di informazioni, che tutti quanti ci trovammo in difficoltà. Accade spesso quando si verificano eventi così disastrosi e drammatici. Ma io personalmente e altri colleghi avemmo la sensazione che qualcosa dietro l'evento ci fosse, nel senso di imperizia, comunque, o di copertura, fin dalle prime ore dell'evento, di una imperizia, di un'inadeguatezza delle macchine di soccorso. Questo per una mia considerazione.
  La domanda è questa, dottor Bardazza: a suo parere, dopo trent'anni esiste ancora nei fondali del porto di Livorno qualcosa che potrebbe essere utile all'inchiesta? Qualcuno lo ha detto (adesso non ricordo chi) e ha invitato a proseguire, o ad aprire le indagini anche per capire se qualcosa è rimasto, dopo trent'anni, nel fondale del porto di Livorno. Grazie.

  GABRIELE BARDAZZA , perito forense. Prima di tutto chiedo venia ai giornalisti presenti. Mi stavo riferendo in particolare ad alcuni giornalisti che di questa vicenda hanno fatto un po' strazio ogni tanto, quelli che hanno avuto slanci e che hanno collegato con un filo rosso da Mauro Rostagno, passando per il Moby Prince, fino all'attentato delle Torri gemelle; un unico filo che conduceva tutto. Diciamo che quelli non hanno aiutato la causa, mettiamola così.
  La precedente Commissione ha utilizzato la Marina militare per un tentativo di recuperare, o di andare a identificare l'ancoraPag. 21  e la catenaria, che era stata smanigliata, della petroliera. Sono 270 metri di una catena di grande peso e un'ancora molto grande, un'ancora ammiragliato. Non è stata trovata perché poi il fiume Arno sfocia in mare appena sopra a un trasporto solido di materiale fine che tende a coprire tutto quanto sul fondale melmoso. Da notizie di porto non verificate e non verificabili ci è stato detto che quella catenaria e quell'ancora ammiragliato sarebbero state recuperate e portate via l'anno successivo, in maniera fraudolenta, perché avevano un valore economico rilevante (e non ne dubitiamo). Quindi l'ancora, per la posizione, non si trova più. I sommozzatori della Marina militare hanno ritrovato – è presente nella relazione finale del Senato, negli allegati – pezzi che sono all'interno del divieto di ancoraggio e pesca e, con una piccola imprecisione, li hanno fatti risalire alla collisione. Sono pezzi di lamiera della petroliera. In realtà, durante la collisione, dalla petroliera non si sono staccati pezzi. Quei pezzi sono quelli che sono stati tagliati dopo il 13 aprile, dopo l'esplosione della cassa bunker (il serbatoio del carburante per far muovere la petroliera) che c'è stata dietro il castello di prua. La nave si era aperta come un carciofo – scusate il termine improprio – con le lamiere che diventavano pericolose per tutti i mezzi che giravano intorno. Ci sono anche video e fotografie. È stata tagliata con il cannello e quei pezzi sono caduti in mare. Quindi non è la posizione. Essendo la petroliera ancorata di prua, si muoveva a seconda del vento.
  C'è, però, un elemento che era sul fondale del mare; io non so se sia più da qualche parte, se sia stato buttato. Forse è anche prematuro anticiparlo, ma in quelle ipotesi lavoro che abbiamo visto prima c'è un palo bianco, che è stato recuperato dai sommozzatori dei Carabinieri e consegnato alla capitaneria di porto nell'inchiesta bis, tra il 2006 e il 2009 (non ricordo esattamente l'anno). Viene recuperato questo elemento sul fondo del mare. Non viene dato poi seguito a tutto questo. Lo vedrete.
  Anche qui, è una mia considerazione, però siamo arrivati a un punto in cui ce la devo mettere: io ho avuto la netta sensazione, conoscendo approfonditamente questa vicenda, che anche la procura di Livorno tra il 2006 e il 2009 abbia avuto un'intuizione rispetto a uno degli elementi che vi ho indicato e segnalato prima, in particolare rispetto alla 21 Oktobar II. Perché, se guardate la richiesta di archiviazione, di quelle 151 pagine ce ne sono 3 abbondanti, quasi 4, dedicate a questo argomento, con una chiosa; e alla fine di tutto questo, nulla c'entra.
  In realtà, c'era un filone investigativo che riguardava quell'aspetto. Io non so perché, ma a un certo punto era rimasto un peduncolo di questa indagine e quando c'è stata poi la richiesta di archiviazione si è deciso di chiuderlo. Capita, qualche volta, che si aprano dei filoni di indagine e poi non vengano seguiti. C'è una delega alla Guardia costiera, ci sono tutti i documenti in allegato; a un certo punto, due giorni prima della richiesta di archiviazione (che è del 5 maggio 2010), quindi il 2 maggio, una delle PM del pool di Livorno scrive alla capitaneria e chiede: «Scusate, ma di quella roba lì, questo palo bianco, mi date riscontro, ci date qualche informazione?». Non c'è altra traccia documentale. Il fatto che io non trovi traccia documentale, o che voi non la troverete nei documenti, non vuol dire che non ci sia stato un seguito; magari è bastata una telefonata di qualcuno che ha detto: «No, non c'è» o altro. Questo non lo sappiamo. Il fatto che non ci sia non vuol dire che non ci sia stato nulla in generale.
  Però sarebbe interessante – poi lo vedrete – perché questo è un tema assolutamente nuovo, che è venuto fuori in seguito alle nuove acquisizioni che sono state fatte dalla redazione di Report presso il RINA, e ha acceso una lampadina. Questa vicenda è caratterizzata da trent'anni di lampadine che si accendono, qualcuna di queste illumina il niente, qualcuna invece poi indica un percorso più articolato. Siccome ero entrato in contatto con la redazione di Report, mi è stato mandata documentazione, chiedendomene specificatamente il significato; Report aveva intenzione di capire la questione che riguardava la sostituzione del mozzo delle eliche, perché il Pag. 22 traghetto Moby Prince navigava con una prescrizione. Questa prescrizione c'è, viene replicata nelle visite di classe, che sono quelle che ogni anno vengono fatte dal RINA per rilasciare il certificato di abilitazione alla navigazione, poi, a un certo punto, sparisce, e poi ricompare ex post, dopo l'incidente. Non mi interessa particolarmente e non credo che questo elemento specifico – però poi ci saranno ulteriori valutazioni – della sostituzione del mozzo delle eliche possa avere avuto qualche nesso causale diretto con l'incidente. Sembrava più una prescrizione sulla quale poi ci si aggiusta tra l'ente di controllo, il controllato e il controllore, insomma avete inteso. In realtà, questa cosa interessava alla redazione, ma a noi, dal punto di vista tecnico, molto meno. Però quando è arrivata questa ulteriore documentazione, che poi vedrete, io ci sono rimasto abbastanza di sasso. Nel senso che la 21 Oktobar II, che è sempre stata collegata, da uno di quei giornalisti, alla vicenda di Ilaria Alpi, al traffico d'armi, alla guerra in Somalia e chi più ne ha più ne metta, in realtà potrebbe entrarci in una maniera molto più semplice. Cioè, finalmente si è capito che cosa era a fare a Livorno: era lì per una riparazione in seguito a una collisione. Questi sono documenti del luglio del 1991. In realtà, formalmente anche nell'inchiesta bis è indicata come lì presente per manutenzioni, anzi per lavori di derattizzazione. Vedrete in questi documenti che, invece, secondo le informazioni del RINA, è presente perché ha avuto una collisione con un altro natante. Mi fermo qui. Non è che voglio fare la suspense, è solo, semplicemente, che vorrei che prima prendeste voi visione della documentazione. È una collisione che avviene con una nave indicata con un nome parzialmente sbagliato, in un porto africano, Zanzibar. La nave con cui ha una collisione, che la conduce a Livorno per riparazioni, è una nave appartenente alla stessa flotta, quindi allo stesso armatore, è sempre della Shifco. La vediamo poi.
  Questo è proprio «fresco», è di settembre-ottobre del 2020. È un'informazione che non è mai comparsa da nessuna parte ed è per questo che vi dico che probabilmente, invece, la procura di Livorno, tra il 2006 e il 2009, aveva avuto un'indicazione o uno spunto per andare in questo senso, ma poi si è fermata, a volte succede. Tant'è che una delle PM, dei cinque magistrati che firmano la richiesta di archiviazione, sollecita la capitaneria di porto a dare una risposta circa un elemento che potrebbe essere connesso.
  È un pezzo di una barca che non è dell'Agip Abruzzo. La complessità è attribuire un pezzo di palo di una nave, a distanza di trent'anni. Qualcuno ha fatto qualcosa? Non lo sappiamo, però voi magari invece potreste riuscire a farlo.

  PRESIDENTE . Prego, onorevole Fratoianni. Poi c'è l'onorevole Marino e dopo credo che non ci siano altri interventi.

  NICOLA FRATOIANNI . Sarò molto breve. Voglio anch'io ringraziarla, intanto, per il lavoro e anche per l'esposizione più che abbondante ed esaustiva, per quanto possa essere esaustiva un'esposizione che, in qualche ora, prova a racchiudere trent'anni di storia.
  Anch'io – come molti colleghe e colleghi, credo – mi sono fatto delle idee, in particolare in queste tre o quattro ore, ma anche in questi anni. Però, al di là delle mie idee, vorrei farle una domanda un po' anomala; poi valuti lei anche come rispondere, e non per un problema legato alla suspense, ma per una questione di funzionalità. È del tutto evidente, è ragionevole, è comprensibile ed è anche di buon senso che lei abbia, naturalmente, oltre a una sterminata conoscenza fattuale, anche una ipotesi rispetto a come questa conoscenza fattuale ricostruisce una vicenda.
  Al di là delle informazioni e delle idee che ciascuno di noi può essersi fatto in questi anni, per chi l'ha seguita, per chi l'ha incrociata – io sono nato non a Livorno ma là vicino, a Pisa, quando è successo questo avevo poco meno di vent'anni e quindi me ne ricordo come fosse oggi – ma anche se fossimo stati del tutto privi di ogni informazione, dopo queste quattro ore un po' di cose riguardo a questa vicenda emergono. Pag. 23 Emerge quanto meno una catena di imperizie, di scelte non fatte; non sono state fatte per coprire l'imperizia, per coprire le responsabilità di quell'imperizia, per altre ragioni? È una catena che sembra produrre una serie di conseguenze, una dopo l'altra.
  Ora, il punto è che invece io vorrei proprio chiedere che cosa pensa lei di quello che è successo, delle ragioni di ciò che è successo. E dunque, se fosse lei a dover decidere – fatto salvo che questa Commissione, naturalmente, poi sceglierà in modo autonomo sulla base di quel che potrà fare nel tempo che ha a disposizione, perché anche questo è un elemento non irrilevante, lo dico al presidente, alle colleghe e ai colleghi – su quale punto concentrerebbe il lavoro? Qualche traccia è emersa, naturalmente. Io le chiederei di esplicitarlo, perché penso che sia utile per noi saperlo; e poi farci i conti, naturalmente, con la piena libertà di una Commissione d'inchiesta, come peraltro di ogni altro organismo di questo Parlamento. Però io preferirei saperlo, perché lo trovo più utile e, secondo me, anche più giusto in una sede come questa.
  Questa è la domanda, a cui lei è più che libero di rispondere come ritiene, in questo caso.

  PRESIDENTE . Condivido molto la domanda fatta dal collega Fratoianni. Il dottor Bardazza, giustamente, in più di una occasione ha detto: «Mi devo fermare». In realtà, questa è un'audizione totalmente libera, lei è qui anche come esperto della materia, quindi alle domande che le poniamo – compresa questa che è una domanda importante, sintetica, però anche io credo che sia fondamentale – lei risponde nella piena libertà delle sue considerazioni di fronte al Parlamento italiano. Quindi vada tranquillo, volevo dirle questo.

  GABRIELE BARDAZZA , perito forense. Ci sono delle cose che non conosco, che sono esplorative, e che ritengo debbano essere poste in anticipo, prima di prendere strade, perché questa vicenda ha già avuto diversi inquirenti che hanno... Trent'anni non aiutano, quindi la possibilità di prendere vicoli sbagliati è gigantesca. Ma provo a rispondere alla sua domanda, onorevole Fratoianni. Se ci fosse stato un soggetto debole in tutta questa vicenda, che avesse potuto, tra i vari soggetti... Il soggetto debole, formalmente, è stato trovato: il comandante Chessa; non tanto debole, è morto e quindi non si può difendere. Responsabilità sua e del comando del traghetto: andavano a zonzo per la rada del porto di Livorno e quindi, va bene, ci spiace, è un incidente.
  Ci si è messo un po' di tempo, ma questa cosa non è così. Se ci fosse stato un altro soggetto debole tale da poter fungere da capro espiatorio, lo si sarebbe attaccato. Il problema è che quella sera, in quella rada, c'era una serie di interessi che potevano anche non essere interessi condivisi, ma che, per prudenza e necessità, si sono dovuti salvaguardare reciprocamente.
  Mi sto riferendo così – di fronte al Parlamento italiano lo dico – alla principale compagnia petrolifera italiana e mi sto riferendo a un soggetto che continua a fare il principale armatore di traghetti di questo Paese, agli interessi di attività illegittime, illegali – che fanno parte di tutto quel corollario che abbiamo visto e che rientra anche in uno dei quesiti presenti nella delibera istitutiva – di un principale porto italiano, che, per inciso, non ha mai attivato la procedura di emergenza, quindi non è mai stato chiuso. Faccio un esempio di un altro caso di cui mi sono occupato, ma non per parlarmi addosso; ci siamo occupati, in studio, per conto della procura di Milano, dell'incidente aereo di Linate; lì dal procedimento principale ci sono stati altri tre procedimenti che si sono aperti: le tangenti per il radar di terra, le assunzioni in torre di controllo, cioè tutta un'altra serie di questioni che nelle indagini sono emerse, e hanno aperto dei fascicoli. Qui, di situazioni che avrebbero potuto coinvolgere il porto di Livorno, no.
  Non ultima, una considerazione che era in parte anche venuta dalla Commissione precedente: la città è piccola e, per chi è di Livorno, la vicinanza tra gli uffici della procura e le attività del porto ha un grado Pag. 24 di separazione molto piccolo, perché c'è sempre qualcuno che gravita nell'interesse, per cui in situazioni di questo tipo si è suggerito di assegnare le indagini a procure distrettuali specializzate e con capacità investigative specifiche.
  Le cose da fare, secondo me, sono anzitutto le prime esplorative: cercare di capire se ci sono dei tracciati radar e quali sono gli altri dati che si possono recuperare. E l'accertamento di quei tre aspetti, che riguardano: l'esplosione a bordo, che si porta dietro gli interessi di qualcuno (non è un attentato di matrice terroristica volto alla destabilizzazione dell'ordine pubblico del Paese, è un'altra cosa: stiamo parlando di qualcosa di molto più simile a una truffa assicurativa o a un'assicurazione di manutenzione); una riverifica delle condizioni di alcuni apparati del traghetto, che forse è possibile accertare una volta per tutte (mi sto riferendo al timone); e, in ultimo, l'accertamento della causa di quella turbativa. Io ve le ho messe lì tutte e tre, ma non perché... Io ve le ho somministrate lo stesso, cioè non ve le ho dette in maniera chiara, ma ve le ho...

  NICOLA FRATOIANNI . Appunto per quello le ho chiesto di esplicitarle.

  GABRIELE BARDAZZA , perito forense. Assolutamente, queste tre cose. Sono queste tre cose. Su queste tre cose, una volta che sono messe sul tavolo e, ovviamente, sono valutate da voi, secondo me dal punto di vista tecnico si chiarisce dove sono i cardini sui quali poggiano quelle responsabilità che si autosostengono. Nel momento in cui una di queste casca, il sistema si disequilibra e, disequilibrandosi, secondo me le cose vengono fuori. Perché un'altra cosa improbabile è che ci sia una congiura del silenzio che coinvolge un numero infinito di persone. Ci sono 140 morti, la città di Livorno è stata più o meno presente, ci sono le associazioni dei familiari che fanno la loro battaglia. Diciamo che, prima o poi, qualcuno arriverà a raccontare un pezzo della sua verità. Il problema è che finché si mantiene uno status in cui gli incastri sono quasi perfetti, allora non si va da nessuna parte e continuiamo a essere, dopo trent'anni, in questa condizione. Nel momento in cui uno di questi si scardina, probabilmente qualche cosa succede.

  PRESIDENTE . Grazie molto, dottor Bardazza. Do la parola all'onorevole Marino.

  BERNARDO MARINO . Grazie, presidente, e grazie al dottor Bardazza per questa relazione molto utile. Ho sempre pensato che, visto il poco tempo che abbiamo a disposizione, sia assolutamente necessario per questa Commissione d'inchiesta non tornare indietro e quindi prendere come acquisito il lavoro fatto dalla Commissione di inchiesta del Senato nella scorsa legislatura, ripartire da lì e provare a mettere qualche altro tassello, sperando di trovare il modo che si incastri con i tempi, per riuscire a mettere un altro pezzo in questa brutta vicenda della storia italiana.
  Lei, dottor Bardazza, più o meno ci ha fatto capire quali sono gli elementi che dovremmo approfondire da qui in avanti. Ma, considerata proprio la questione cronologica, cioè il poco tempo che abbiamo a disposizione, a me interesserebbe sapere: se lei dovesse dare una priorità, considerato appunto il tempo che abbiamo a disposizione, su ciò che potrebbe consentirci di gettare ulteriore luce su questa vicenda, da dove partirebbe? Perché, fermo restando che il Senato ha già ribaltato quelle che erano considerate delle verità processuali – e questo è già un fatto che mi sembra di assoluta rilevanza – io credo che in questo tempo che abbiamo, fino alla fine della legislatura, sia necessario essere molto pragmatici e cercare di non perdersi in troppi rivoli che poi, probabilmente, non ci porterebbero a un risultato concreto. Quindi, la mia domanda è esattamente questa.

  GABRIELE BARDAZZA , perito forense. Sì, mi sembra che la domanda ricalchi parzialmente quello che mi ha chiesto l'onorevole Fratoianni. Non è cattiva volontà, ma in questo momento non mi sento di avere un punto, se non quello di interloquire in primis con la procura di Livorno. Pag. 25 Il motivo è molto semplice: la procura di Livorno sta indagando su un fatto di trent'anni fa e su un'ipotesi di reato che non è coperta dalla prescrizione. Io prima vi ho dato un'indicazione, quella che ci potesse essere un qualche reato che si è perpetrato e che è durato più nel tempo e che sia in qualche maniera connesso. L'altra possibilità – non vorrei però essere io, a questo punto, a mettere il Parlamento di fronte a qualche cosa di più grande – è un'ipotesi di reato per strage. Perché anche l'omicidio colposo plurimo con dolo eventuale è prescritto. Quindi i casi sono solo due. Se la procura sta effettivamente indagando per strage, lo fa con almeno due richieste di proroga che deve aver motivato, e un giudice per le indagini preliminari deve averle accettate.
  Dopodiché, fatto questo passaggio, le indicazioni sono: va bene, bisogna acquisire i documenti al RINA, bisogna andare a cercare i documenti radar, se ce ne sono, provando a verificare... Stiamo abbassando il livello di guardia; l'onorevole Fratoianni e l'onorevole Marino mi invitano ad abbassare il mio livello di guardia. Anche i russi potrebbero averceli, questi benedetti radar. Le informazioni arrivano. Io spero che voi riusciate a dotarvi di una polizia giudiziaria – avevo chiaramente indicato lo SCICO della Guardia di finanza, che già nella precedente Commissione aveva operato egregiamente – perché nel momento in cui ci si relaziona con soggetti che ti dicono: «Sì, in Russia ci sono tutti i tracciati radar che vuoi, hanno tutto», potete immaginare che non è l'ufficio stampa del Cremlino che dà questo tipo di informazioni, ma sono personaggi strani che gravitano in ambiti strani e che poi alla fine vogliono soldi, perché quando, da privati, si è provato ad accedere a questo, si arrivava... Bisogna trovarli, questi documenti; questo è un percorso, ma una volta che si è chiarito che cosa sta facendo la procura di Livorno. Poi magari scopriremo che ha archiviato tutto e che invece non c'è più niente, va bene.
  Credo di essere stato chiaro, onorevole Marino.
  Dopodiché, se avete bisogno più nel dettaglio di sapere quale documento, dove lo si prende, io una idea me la sono fatta. Però ci sono alcuni aspetti, il primo dei quali è costituito da questi benedetti tracciati radar. Vi anticipo un'altra cosa: finalmente uno dei familiari è riuscito a fare un FOIA (Freedom of information act) negli Stati Uniti, sono attese le risultanze a brevissimo; quando ci saranno, vi saranno messe a disposizione. È passato un sacco di tempo, perché bisognava aspettare prima venticinque anni e poi che ci fosse un cittadino americano che potesse dimostrare di avere un interesse nella vicenda. Lo si è trovato; è un po' un artificio, siamo italiani e siamo bravi ad avere molta fantasia, ma siamo riusciti a farlo e i risultati sono attesi a breve. Tutti i passaggi formali sono già stati compiuti, il tempo di istruzione è relativamente breve; credo che debbano dare una risposta entro 45 giorni. Sono partiti, credo, tre o quattro giorni fa, quindi da qui a settembre ci sarà una risposta alla domanda se esistono documenti che riguardano quello che vi dicevo la volta scorsa, Camp Darby, che ha sempre risposto di non avere radar, di non avere copertura; il Comando Sud Europa è stato incaricato di tirar fuori quello che eventualmente esiste. Quindi, da questo punto di vista, con gli alleati si arriva.
  Con gli altri è decisamente un po' più complicato. Poi, io mi occupo di indagini tecniche e non di questo. Però forse voi, invece, qualche strumento in più lo avete a disposizione. Dopo il passaggio con la procura, più direttamente, si potrà decidere cosa fare.

  PRESIDENTE . Voglio ringraziare il dottor Bardazza, aggiungendo anche il mio ringraziamento personale, per questa doppia audizione, che credo abbia raggiunto l'obiettivo che si poneva, cioè fare una introduzione, che noi avevamo immaginato proprio di questo genere, complessa (perché lo è stata), però indispensabile, credo, per permettere a tutti noi di partire con il piede giusto, anche con i dubbi che lei stesso ha sollevato alla nostra attenzione e che saranno tutti oggetto del nostro lavoro successivo. Quindi, davvero grazie.
  Con l'occasione vorrei comunicare ai colleghi che la Presidente del Senato, con Pag. 26 lettera datata 16 luglio, ha autorizzato la trasmissione a questa Commissione, come era stato richiesto, di copia dell'intera documentazione della Commissione d'inchiesta istituita dal Senato nella precedente legislatura. La Presidente del Senato ha comunicato che per gli atti classificati trasmessi in copia sarà necessario garantire il rispetto dell'articolo 17, comma 2, del regolamento dell'Archivio storico del Senato, che riserva al solo Presidente dell'Assemblea del Senato, su parere conforme del Consiglio di presidenza, il potere di declassificare i documenti presenti negli archivi di cessate Commissioni di inchiesta conservati presso l'archivio storico del Senato.
  Quindi questi materiali potranno essere consultati. Arriveranno, naturalmente, con i tempi tecnici, però saranno consultabili dai commissari.
  Informalmente, ci diamo appuntamento per martedì prossimo, compatibilmente con i lavori d'aula; poi seguirà la convocazione formale.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.20.

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ALLEGATO

Documentazione depositata dal perito forense Gabriele Bardazza.

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*La Commissione, nella seduta del 27 luglio 2021, ha stabilito di considerare riservate e di non pubblicare alcune parti del resoconto stenografico della seduta del 21 luglio 2021. Nella seduta del 15 settembre 2022, la Commissione ha convenuto di desecretare integralmente il resoconto stenografico della seduta del 21 luglio 2021 e ha disposto che venisse ripubblicato includendovi le parti desecretate.