XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro della nave «Moby Prince»

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 13 luglio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Romano Andrea , Presidente ... 3 

Audizione del dottor Gabriele Bardazza, perito forense:
Romano Andrea , Presidente ... 3 
Bardazza Gabriele , perito forense ... 3 
Romano Andrea , Presidente ... 21 
Bardazza Gabriele , perito forense ... 21 
Frailis Andrea (PD)  ... 21 
Romano Andrea , Presidente ... 21 
Frailis Andrea (PD)  ... 21 
Bardazza Gabriele , perito forense ... 21 
Romano Andrea , Presidente ... 22 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal perito forense Gabriele Bardazza ... 23

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANDREA ROMANO

  La seduta comincia alle 17.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Buonasera. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione in diretta streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del dottor Gabriele Bardazza, perito forense.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno della nostra seduta reca l'audizione del dottor Gabriele Bardazza, perito forense. L'audizione si svolge in forma libera e di essa sarà redatto un resoconto stenografico. Se necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta. Come sempre, raccomando di evitare interventi a microfono spento, che non verrebbero registrati e pertanto non sarebbero riportati integralmente nel resoconto della seduta. Ricordo inoltre ai colleghi la prescrizione di indossare la mascherina anche quando prenderanno la parola.
  Ringrazio innanzitutto il dottor Bardazza per aver accolto immediatamente l'invito della nostra Commissione. Ricordo che il dottor Bardazza è perito forense, ma soprattutto ha collaborato a lungo, ormai da molti anni, con le varie associazioni dei familiari delle vittime della strage del Moby Prince, è autore di pubblicazioni su questo tema ed è tra i principali esperti della vicenda Moby Prince, della quale questa Commissione si occupa. Questa è la prima di due audizioni, con l'obiettivo di introdurre tutti noi allo stato dell'arte, se così si può dire, sul tema Moby Prince. Abbiamo chiesto al dottor Bardazza di farci un quadro riepilogativo – non uso il termine «sintetico» perché prenderà il tempo che sarà necessario – di quello che sappiamo sulla vicenda, sulla base delle sentenze e, soprattutto, del lavoro della Commissione d'inchiesta istituita dal Senato nella scorsa legislatura, ma anche di quello che non sappiamo, di ciò che a suo parere deve essere ulteriormente indagato e quindi delle varie ipotesi d'indagine e investigative. Detto questo, invito il dottor Bardazza a svolgere la sua relazione. Grazie.

  GABRIELE BARDAZZA, perito forense. Buonasera a tutti e grazie. In questa prima audizione, come diceva il presidente, mi è stato chiesto di fare una sorta di riassunto di questi trent'anni riguardo a questa vicenda. Non è una cosa semplice. Se ci sono domande, anche mentre sto svolgendo la presentazione, vi prego di farle, così smarchiamo via via tutti gli argomenti.
  Sono passati trent'anni dal 10 aprile 1991 ed è una vicenda che vede oggi questa Commissione impegnata a cercare di fare ulteriore chiarezza rispetto ai fatti di quella notte. I soggetti che si sono succeduti, in questi anni, nella ricerca della verità ho cercato di rappresentarli nella slide che vedete.
  La procura di Livorno ha svolto delle indagini subito dopo i fatti, fino al 1995. C'è stato un processo di primo grado al tribunale di Livorno tra il 1995 e il 1997. C'è stato un processo di appello, che si è concluso rapidamente, presso la corte di appello di Firenze, nel 1999 (poi vedremo i contenuti di questi procedimenti). Ci sono state tre Commissioni parlamentari: un'indagine Pag. 4 conoscitiva della Commissione trasporti della Camera dei deputati nel 1999, la Commissione d'inchiesta del Senato della Repubblica tra il 2016 e il 2018 e questa Commissione d'inchiesta attuale alla Camera dei deputati. Nel 2006 la procura di Livorno, sostanzialmente a seguito della pubblicazione di un libro di Enrico Fedrighini, Moby Prince. Un caso ancora aperto, decise di riaprire le indagini, sulla base di alcune ipotesi di reato; si concluse con un'archiviazione nel 2010. Ad oggi, dal 2018 è aperto presso la procura della Repubblica di Livorno un nuovo fascicolo, di cui però non sono in grado di riferire nulla perché non ne conosco i contenuti.
  I documenti tecnici, che sostanzialmente sono quelli a cui immagino che vi dovrete riferire, sono quelli elencati nella slide. C'è l'inchiesta sommaria della capitaneria di porto, che è un documento previsto per legge, redatto nell'immediatezza dei fatti. Esiste poi un'inchiesta formale del 1993, redatta dal Ministero della marina mercantile. Esistono diverse relazioni tecniche dei consulenti dei pubblici ministeri, per conto della procura della Repubblica di Livorno. Faccio una premessa: vi sto parlando di relazioni tecniche d'ufficio, non delle relazioni tecniche delle parti, perché altrimenti il numero aumenterebbe notevolmente. Il giudice, durante lo svolgimento del processo di primo grado, diede incarico ai suoi periti di svolgere relazioni circa alcuni aspetti tecnici che riguardavano la vicenda; tra il 2006 e il 2010 la procura di Livorno ha dato incarico a diversi consulenti. C'è poi la relazione finale della Commissione parlamentare di inchiesta del Senato, con gli allegati tecnici che raccolgono tutta una serie di questioni. In ultimo ci sono tutte le relazioni tecniche originali, del tempo, che furono svolte per la procura della Repubblica tra il 1991 e il 1995.
  Le indagini svolte fino al primo grado di giudizio non chiariscono esattamente che cosa sia successo la sera del 10 aprile 1991. Basta leggere la sentenza, che è di 800 pagine, ma vi invito a farlo quanto meno per rendervi conto di quale è stata la mole di tutte queste informazioni, sulle quali vi dovrete cimentare e che necessitano in qualche misura di una conoscenza, non dico approfondita, ma quanto meno delle linee generali. Le indagini individuano quattro soggetti che vengono rinviati a giudizio: il vicecomandante della capitaneria di porto, Angelo Cedro; un ufficiale della capitaneria di porto, Lorenzo Checcacci; un militare di leva della capitaneria di porto, Luigi Spartano; e Valentino Rolla, che era il terzo ufficiale della petroliera. Come vedete, per un incidente che coinvolge due unità navali, a giudizio non c'è il comandante del traghetto, Chessa, che perisce nell'incidente come altre 139 persone, ma non sono presenti neanche il comandante della petroliera, Renato Superina, oggi venuto a mancare, né il comandante della capitaneria di porto di Livorno, Sergio Albanese.
  Il processo di primo grado assolve tutti e quattro gli imputati e la causa della tragedia è indicata nella slide: il traghetto, uscendo dal porto di Livorno, sulla sua rotta per andare a Olbia (191 gradi), collide, a causa di un banco di nebbia improvviso, contro la fiancata destra della Agip Abruzzo, ferma regolarmente in rada; ne scaturisce un incendio di enormi proporzioni che non lascia scampo a nessuno a bordo del traghetto, tranne al mozzo Bertrand che è l'unico superstite, e consente invece la salvezza di tutti i 30 membri dell'equipaggio a bordo della petroliera.
  Questa vicenda si caratterizza – altrimenti non saremmo qui oggi – per tutta una serie di stranezze. Tra queste ne identifico una, presente nella sentenza di primo grado: il giudice indica una posizione come la più probabile e corrispondente al luogo in cui è avvenuta la collisione; nessuno, però, ritiene di proiettarla su una carta nautica. Sarebbe stato sufficiente proiettare questo punto, indicando le coordinate, per accorgersi che quanto meno nella sentenza di primo grado emessa nel 1997 esisteva una notizia di reato, ovvero che la petroliera si trovava all'interno della zona di divieto di ancoraggio e che quindi poteva esserci una corresponsabilità quanto meno del comandante; ma nessuno ritiene di dover prendere dei provvedimenti. Poi tutti questi punti li rivedremo più nel dettaglio, anche nella prossima audizione. Pag. 5
  Il processo di appello, che si svolge presso la corte di appello di Firenze, identifica una serie di lacune e carenze che ho cercato di riassumere in questa slide. Sinteticamente, la corte di appello è estremamente dura nel commentare la sentenza di primo grado e ritiene che siano state considerate delle testimonianze palesemente false, omettendo di considerare testimonianze palesemente vere.
  Il primo documento tecnico che viene scritto in questa vicenda che imparerete a conoscere è l'inchiesta sommaria della capitaneria di porto, che viene redatta nell'immediatezza dei fatti; è il documento tecnico che sarà il timone per i successivi 24 anni, fino alla Commissione parlamentare d'inchiesta del Senato, e indicherà sostanzialmente quello che è successo, ovvero una fatalità dovuta a una presumibile distrazione del comando del traghetto che improvvisamente, navigando a piena velocità, si trova affetto da un banco di nebbia e va a sbattere contro la petroliera.
  Ovviamente, la sentenza indica quello che vi avevo fatto notare precedentemente, ovvero che alcuni dei responsabili di questo disastro neanche erano arrivati a processo, con un chiaro riferimento al comandante della petroliera, Renato Superina, e al comandante del porto, Sergio Albanese. Inoltre riferisce – poi lo vedremo più nel dettaglio – che all'interno di questo processo sono evidenti i segni di un vero e proprio tentativo di inquinamento delle prove, non solo per quanto riguarda il processo parallelo per frode processuale a Ciro Di Lauro e Pasquale D'Orsi, che impareremo poi a conoscere, ma anche per altre situazioni. L'unico che viene condannato, ma contestualmente prescritto, è il terzo ufficiale della petroliera, che viene condannato per non aver attivato i segnali della nebbia, che secondo la stessa sentenza era teoricamente arrivata qualche minuto prima della collisione, se non contestualmente.
  Nel 2006 viene pubblicato un libro di Enrico Fedrighini, un giornalista che sua sponte acquisisce tutti gli atti. Nel libro viene fatta una serie di ipotesi di eventuali scenari che non erano stati indagati. L'inchiesta, che dura ben cinque anni, si conclude con un'archiviazione di 151 pagine che la procura della Repubblica di Livorno scrive nel 2010 e in cui nuovamente viene riferito che la causa della tragedia è «individuabile in una condotta gravemente colposa, in termini di imprudenza e negligenza, della plancia del Moby Prince», cioè del comandante del traghetto, perché la plancia non è un soggetto inanimato, ma sono delle persone, ovvero degli ufficiali che erano in plancia.
  Se me lo permettete, faccio una brevissima digressione su come io arrivo. Non sono soltanto io, ma è un gruppo di persone che lavorano in uno studio di ingegneria forense. Io ci metto la faccia e sono qui a raccontarlo, ma non sono esperto di tutto, siamo in tanti che ce ne siamo occupati, e ci siamo rivolti anche a terzi. Quando i figli del comandante Chessa vennero in studio per la prima volta, l'unico documento che ci portarono per cercare di capire che cosa fosse successo – mancavano pochi mesi alla richiesta di archiviazione e alla discussione davanti al GIP (giudice per le indagini preliminari) – era questa richiesta di archiviazione, che, per chiunque la legga, non lascia spazio ad alcun tipo di interpretazione: la conclusione che ho citato è esattamente quello che viene riportato e declinato nelle 151 pagine. Tant'è che io avevo avuto la nettissima sensazione di trovarmi di fronte a un figlio che avesse la legittima e sacrosanta voglia di riabilitare la figura del padre, comandante del traghetto, ma che dal punto di vista tecnico non ci fosse assolutamente null'altro da accertare. Era fine luglio del 2010, pensai che forse a settembre sarebbe stato il caso di parlare. La lettura di quel documento non lascia spazio a nessun tipo di interpretazione e non saremmo qui oggi se non ci fosse un dopo, questo racconto che vi sto per fare. Il figlio del comandante Chessa cominciò a portarci alcune delle relazioni tecniche disposte dalla procura della Repubblica tra il 2006 e il 2010 e, con mia grande sorpresa, cominciammo a trovare tutta una serie di elementi che venivano affermati in quelle relazioni tecniche di consulenti dei pubblici ministeri (in quel Pag. 6momento non c'erano consulenti delle parti) dove si trovava scritto – faccio un esempio per renderlo in lingua corrente – che il fatto è stato accertato essere sicuramente bianco, mentre nella richiesta di archiviazione il fatto veniva indicato come nero. Questo non era per una situazione, ma per due, tre, quattro, cinque. A quel punto quello che era il nostro pensiero – ovvero che si trattasse di un figlio che voleva semplicemente riabilitare, legittimamente, la figura del padre che evidentemente forse aveva fatto un errore, e che quindi non ci fosse null'altro da indagare – cambiò. Chiedemmo di fare un accesso agli atti, acquisimmo tutto il materiale della procura di Repubblica di Livorno. La nostra relazione riguardò aspetti sia di forma sia di sostanza. Gli aspetti di forma riguardavano palesi conflitti di interessi di alcuni consulenti tecnici della procura, che avevano risposto a quesiti riguardo alla vicenda e che, sul loro sito internet, avevano come clienti sia la Nav.Ar.Ma (al tempo Moby Lines) sia l'Eni, ed erano quindi in una posizione assolutamente incompatibile con i dettami dell'articolo 222 del codice di procedura penale per chi assume questi incarichi.
  Chiudo la digressione. Nel 2010 il GIP accolse la richiesta di archiviazione della procura e tutto sembrava essere finito. L'impegno civile che ne è venuto e che ha portato a una prima Commissione d'inchiesta presso il Senato – e oggi siamo qui e, grazie a voi, speriamo di riuscire a fare ulteriori passi avanti – nasce da un profondo senso di ingiustizia, che credo verrà anche a voi nel momento in cui comincerete a leggere e approfondire questi documenti. Chi lo ha già fatto – so che alcuni di voi hanno già avuto modo di leggerli – sa che questo senso di ingiustizia viene intimamente, visceralmente, ed è quello che ha spinto i vostri colleghi del Senato a impegnarsi in questo lavoro per oltre due anni.
  Il concetto è molto semplice: capire cosa è successo la sera del 10 aprile, che sostanzialmente credo sia il compito che spetta a questa Commissione, perché sul corollario, quello che ci sta intorno e tutto quello che riguardava altri aspetti, forse i vostri colleghi del Senato sono già riusciti a dare una risposta. Nel colloquio che ho avuto con il presidente poco prima di questa audizione, io ho fatto una distinzione. Ci sono due concetti molto importanti, perché questa vicenda non è complicata, ma è complessa; ci sono approfondimenti che devono essere tenuti ben distinti e ci sono tante cose che sono vere, ma che non sono la verità. È importante tenere la distinzione tra ciò che è vero e ciò che è la verità in questo caso, perché spesso fatti veri in questa vicenda possono allontanare... Ho rappresentato questo in un modo grafico che credo e spero possa aiutarvi a comprendere meglio questo concetto, ovvero cosa sono «vero» e «verità». Come vedete nella slide, sono due proiezioni, entrambe vere: una rappresenta un quadrato, l'altra un cerchio, ma la verità è un cilindro. Sembra una cosa banale, ma credo che questa immagine, se ne fate tesoro, potrebbe essere utile per capire. Abbiamo fatto alcuni esempi con il presidente.
  Tutta la documentazione che vi ho elencato prima, dalle indagini preliminari fino alla Commissione parlamentare di inchiesta – stiamo parlando di circa 18.000 pagine, in una trentina di raccoglitori di filze – è già stata raccolta dal Senato; so che questa documentazione è stata acquisita, ci sono immagini video, ci sono fotografie. È un volume estremamente rilevante, più di 350 gigabyte di materiale informatico. In questo momento, però, mi fisserei solo su quella che è la fine di tutta questa documentazione; ovviamente è necessaria la conoscenza, quanto meno anche per grandi linee, come ho detto prima, di tutto quello che è il pregresso.
  La Commissione della scorsa legislatura ha visto impegnati 21 senatori, a cui il CSM (Consiglio superiore della magistratura) ha applicato due magistrati, che hanno declinato i poteri della magistratura che voi avete per fare tutte le indagini, ma che necessitano di una forma oltre che di una mera declinazione; la Commissione ha avuto l'ausilio di una polizia giudiziaria, chiamiamola così, che ha visto operare il RaCIS (Raggruppamento Carabinieri investigazioni scientifiche) dei Carabinieri, lo SCICO Pag. 7(Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata) della Guardia di finanza e la Polizia scientifica della Polizia di Stato.
  Secondo la delibera istitutiva della Commissione del Senato, i temi che dovevano essere posti erano: i tempi di sopravvivenza, il punto della collisione, quale rotta il traghetto avesse tenuto, quale fosse stata la dinamica della collisione, il ruolo del personale della petroliera prima e dopo la collisione, le attività precedenti alla collisione e il carico della petroliera, l'armamento del traghetto e della petroliera, ovvero le condizioni con cui navigavano sia il traghetto sia la petroliera, l'efficienza dei sistemi di sicurezza a bordo del traghetto e l'inefficacia (qui c'è già un'anticipazione della risposta, era talmente palese) dei soccorsi. Un tema riguardava il proscioglimento di Vincenzo Onorato, o meglio del papà Onorato. Come avete visto, anche qui non c'era l'armatore del traghetto. Voi probabilmente avete sentito per anni raccontare il Moby Prince come una carretta del mare, in cui mancavano i sistemi di sicurezza e il sistema antincendio. Poi vedremo nel dettaglio questi aspetti, uno per uno, però la domanda è: ma se tutto questo che avete sentito era vero, perché l'armatore non è stato chiamato a rispondere dei suoi comportamenti? Questo fa parte di tutto il corollario che questa vicenda fin da subito si porta dietro. Tra i quesiti ai quali la Commissione doveva rispondere ci sono anche quello sui depistaggi e occultamenti, cioè quali sono stati i depistaggi e gli occultamenti che questa vicenda si è portata dietro negli anni, e quello sul ruolo che hanno avuto tutte le altre navi che erano presenti in rada quella sera.
  Sinteticamente riporto nelle slide ciascun quesito cui la Commissione del Senato doveva rispondere e la sintesi degli estratti – non ho dovuti neanche riscriverli, quelli che vedete sono proprio gli estratti, ma l'enfasi della sottolineatura ce l'ho messa io – delle risposte che dà la Commissione parlamentare di inchiesta. Chiarire i tempi di sopravvivenza: per 24 anni, le persone a bordo del Moby Prince sono decedute, secondo quello che era scritto nelle sentenze, tutte insieme e in un tempo massimo di 25 minuti, mezz'ora. Quindi c'è stata una commorienza – termine orrendo, che però è stato utilizzato anche dai medici legali della Commissione – in tempi rapidissimi. In realtà, fin da subito i familiari delle vittime avevano portato immagini, fotografie, evidenze, ma tutto questo non aveva smosso formalmente nulla: erano morti tutti rapidamente, subito. I medici legali incaricati dalla Commissione, il professor Norelli e la professoressa Mazzeo, hanno indicato che non c'è stata una commorienza: non sono morti tutti insieme, non sono morti per le stesse cause e i tempi di sopravvivenza, almeno per alcuni, si sono protratti per diverse ore (fino a spingersi a identificare nel corpo di una persona che ha un nome e un cognome – sono autorizzato dai figli a citarlo, è Antonio Rodi – un orario almeno fino alle 7 della mattina successiva). Questa è l'unica persona che ha un nome e un cognome, invece i segni di altre persone di cui non conosciamo nome e cognome, ma che hanno protratto la loro vita a bordo del traghetto per molte ore dopo la collisione, sono evidenti e li vedremo nel prosieguo.
  Accertare l'esatta posizione della petroliera, dove è avvenuta la collisione: la Commissione del Senato ha individuato il punto in cui è avvenuta la collisione; lo ha fatto attraverso una serie di elementi oggettivi, cioè dei rilevamenti fatti dalla Marina militare sui fondali, e attraverso la lettura e l'analisi di alcune fotografie. Vi posso già anticipare che un'ulteriore conferma di questo sono le immagini Landsat che erano già disponibili nel 1991, nel 2006 con l'inchiesta bis e anche nel 2018 con l'inchiesta del Senato, ma soltanto successivamente alla pubblicazione della relazione della Commissione il servizio geologico americano ha reso disponibili i file e non solo le immagini. Ciò ha consentito di fare ulteriori verifiche circa l'esatta posizione in cui si trova quell'unità che è indicata come essere l'Agip Abruzzo. Sostanzialmente, la Commissione afferma quello che era già scritto nella sentenza di primo grado, ovvero che al momento della collisione la petroliera si Pag. 8trovava all'interno della zona di divieto di ancoraggio.
  La rotta del traghetto e la rotta della collisione: in questo caso la Commissione parlamentare del Senato non è riuscita... Sostanzialmente, la rotta di collisione è indicata, quello che mancano sono 140 secondi. Questa vicenda è una cabala di numeri abbastanza ripetitivi, che hanno certi significati: 140 sono le vittime e 140 sono i secondi della ricostruzione che mancano. Sono due minuti e dieci secondi in cui non è dato sapere esattamente quale sia la rotta del traghetto e quale sia stata l'evoluzione del traghetto. La Commissione del Senato ha introdotto il concetto di una turbativa della navigazione (anche qui con un termine non particolarmente elegante). Ha introdotto tre possibili eventi che possono essere accaduti, due che riguardano una turbativa interna della navigazione – quindi un malfunzionamento o un guasto al sistema di timone o altro che poi vedremo (esplosione a bordo) – e uno relativo a una causa esterna, ovvero un ostacolo improvviso, qualcuno che ha tagliato la strada o addirittura che ha colliso con il traghetto prima di arrivare alla collisione con la petroliera. Poi vedremo che c'è una serie di evidenze che supportano tutti questi elementi. Questa vicenda si porta dietro molti che sposano una teoria rispetto a un'altra e ne fanno una questione di principio: «No, è sicuramente così» o «No, non può essere così». Tutte queste certezze in questo caso io non le ho, perché raccogliendo le evidenze e tenendo ben distinto ciò che è vero, non siamo stati ancora in grado di individuare la verità. Detto questo, però, io ritengo che, con i poteri che sono conferiti a una Commissione parlamentare d'inchiesta, ci sia lo spazio per andare a recuperare una serie di documentazioni che ancora oggi mancano e che potrebbero dare una spiegazione molto precisa anche a quei 140 secondi.
  Sicuramente esistono dei supporti audio e video che ci aiutano a comprendere alcuni aspetti di questa vicenda, che hanno caratterizzato la narrazione che c'è stata per trent'anni. Come vi ho detto, il processo di primo grado lo scrive nero su bianco: c'è stata una nebbia improvvisa che era molto strana (la definisce più simile al fumo che alla nebbia, però dice che era nebbia). Esistono dei supporti video girati in quella notte in cui la nebbia pare non esistere, non esserci. L'analisi che è stata fatta anche dal RaCIS e dalla Polizia scientifica, in particolare sul video D'Alesio, ma ancora prima quando si sono poste tutte le testimonianze che riferivano della nebbia... Ma ora non voglio addentrarmi, questo lo vedremo dopo. Quello che vi volevo dire è semplicemente che esistono dei video che sono girati non immediatamente prima della collisione (quelli non li abbiamo), ma immediatamente dopo; quelli li abbiamo tutti, e abbiamo anche il supporto di un nastro audio che registra le comunicazioni che avvengono sul canale 16 e sulla frequenza 2182 (una frequenza di soccorso in onde medie) nelle 24 ore, perché quella sera era in corso un programma sperimentale; per cui, nessuno sapeva di essere registrato, ma noi abbiamo tutte le comunicazioni radio sul canale di emergenza che vanno dalle 7 della mattina precedente alle 7 della mattina successiva. Anche qui credo che la Commissione sarà chiamata a fare un ulteriore sforzo tecnologico, perché alcune nuove tecnologie potrebbero rendere possibile la lettura di un nastro un po' particolare. Era un programma sperimentale, la registrazione è stata fatta su un nastro a undici piste, da un pollice e un quarto; era una macchina della Philips. Ad oggi le undici piste non sono più leggibili singolarmente, ma solo tutte insieme, e la lettura tutta insieme ha oggettivamente delle difficoltà, per cui bisogna tenersi i riversaggi originali, fatti nel 1993, di queste due sole frequenze, il canale 16 e la 2182. Nella mia prossima audizione entrerò un po' più nel dettaglio per capire che cosa è possibile o che cosa si può pensare di fare oggi per avere ulteriori informazioni da questo nastro.
  Per quanto riguarda il ruolo del personale a bordo della petroliera nell'immediatezza della collisione, è evidente, oggettivamente, ciò che era presente anche nella sentenza di primo grado. Io non voglio giudicare, ma è abbastanza evidente, poi lo Pag. 9sentirete anche dai resoconti audio: i membri dell'equipaggio della petroliera hanno pensato – forse anche giustamente, essendo in una petroliera in una situazione di emergenza, con un incendio a bordo – sostanzialmente a sé. Il codice della navigazione impone semplicemente l'informazione; impone il soccorso solo se si è in grado di fornire soccorso a un altro natante coinvolto in un sinistro. In questo caso non me la sento di addossare nessuna responsabilità per quanto riguarda le azioni che sono state fatte. Sulla comunicazione di quale fosse la nave investita, i tempi con cui è stato dato l'allarme e il fatto che in Commissione parlamentare di inchiesta del Senato gli auditi hanno avuto modo di dire – pacificamente, dopo trent'anni – che avevano perfettamente riconosciuto che fosse un traghetto... Abbiamo la comunicazione del marconista che dice: «Sembra una bettolina quella che ci è venuta addosso»; ma confondere una bettolina con il traghetto, per gente di mare, ma anche per qualunque persona... Sono oggettivamente diversi; stiamo parlando di una nave con dei finestroni illuminati, mentre una bettolina è una sorta di piccola petroliera bassa, senza nessun tipo di illuminazione. Infatti tutti i membri dell'equipaggio che sono stati sentiti dalla Commissione del Senato hanno detto: «Ci eravamo perfettamente accorti che aveva i finestroni ed era un traghetto». Detto questo, dall'equipaggio al comando della petroliera e dal comando della petroliera ai soccorsi, questa informazione non è arrivata. Teniamo conto, come vi ho detto prima, che tutti e 30 i membri dell'equipaggio della petroliera sono stati messi in salvo senza alcun tipo di danno, sostanzialmente; sono stati portati per controllo in ospedale, ma a parte una persona che aveva un'ustione alle mani, tutti gli altri erano in perfette condizioni.
  Quali eventi si verificarono a bordo della petroliera antecedentemente alla collisione, nonché quale fosse il carico effettivamente trasportato dalla stessa: anche qui la Commissione parlamentare d'inchiesta del Senato, come potrete leggere, ha avuto modo di affrontare tutta una serie di incongruenze – io le chiamo così, in questo momento – documentali tra quello che viene dichiarato più volte e quello che compare invece successivamente nei documenti che parallelamente emergono. A che cosa mi sto riferendo? Ci sono dei documenti che vengono presentati da parte dell'Agip nel procedimento penale, che dovrebbero testimoniare e certificare il tipo di carico, e poi ci sono dei documenti che vengono sempre dal tribunale di Livorno, ma da un accertamento tecnico preventivo fatto in sede civile. La Nav.Ar.Ma infatti aveva chiesto nell'immediatezza dei fatti, prima ancora dell'accordo, un ATP (Accertamento tecnico preventivo) per verificare quantità, qualità e condizione del carico; quindi, l'assicurazione, pensando di dover risarcire anche il carico, correttamente ha detto: «Verifichiamo quantità, qualità e condizione del carico». I documenti allegati a quel procedimento civile parallelo sono diversi rispetto a quelli riversati nel procedimento penale. Lo vedremo più nel dettaglio nella successiva audizione e poi negli approfondimenti che probabilmente verrete chiamati a fare. Qui non è una questione semplicemente di forma, ma anche di sostanza, perché anche le audizioni nella Commissione del Senato hanno palesemente evidenziato alcune difformità e alcune di queste hanno portato i magistrati consulenti della Commissione a riversare per falsa testimonianza alla procura della Repubblica di Roma... Credo che ci sia stata un'archiviazione, perché sono passati un po' di anni; mi riferisco a false testimonianze per tabulas, ovvero documentali, degli auditi in Commissione.
  Qui cominciamo a entrare nel tema che poteva essere di interesse. Questa vicenda sicuramente tutti voi la ricordate per essere legata alla nebbia. Esiste un'ipotesi che non ho fatto io, ma i consulenti della procura della Repubblica di Livorno nel 2009, a cui non viene dato seguito. Molti testimoni – potremmo chiamarle testimonianze genuine e spontanee, senza nessun tipo di interesse – riferiscono che prima della collisione era presente quella che molti indicano, con parole testuali, come una nube di vapore; alcuni tentano anche di giustificarla – sono SIT (sommarie informazioni Pag. 10testimoniali) in atti – come una vaporizzazione dovuta a un tentativo di spegnimento di un incendio precedentemente alla collisione, quindi già presente sulla collisione. L'ipotesi è che ci fosse stato un malfunzionamento a uno degli impianti presenti sulla petroliera, che giustificherebbe molte – io aggiungo tutte, rispetto a quello che scrivono i consulenti della procura – delle testimonianze apparentemente contraddittorie che riguardano questo evento, che nella sentenza viene indicato come l'arrivo del banco di nebbia d'avvezione. Lo vedremo poi negli approfondimenti; vi sto introducendo pian piano ai vari temi.
  Nella slide vedete ora le due bolle, quei documenti che vi dicevo; c'è una differenza tra i documenti o le dichiarazioni che vengono fatte nel procedimento penale e i documenti che sono allegati nell'ATP civile. La documentazione probante è stata acquisita anche presso la Lloyd's List Intelligence, che è un'agenzia dei Lloyd's che si occupa di controllare tutti gli spostamenti delle navi, a garanzia del sistema assicurativo navale. In realtà la Lloyd's List Intelligence pubblica il più antico giornale, che veniva fatto su carta, mentre oggi è solo online, che quotidianamente dice dove sono tutte le navi; serve a chi si occupa di spedizioni eccetera e segnalava – il cartaceo, ripeto, mentre oggi è digitale e ci sono le applicazioni sul cellulare – i porti di arrivo e di partenza di qualsiasi mercantile in tutto il globo. Gli atti forniti dall'Agip e dalla Snam riguardo a quel viaggio presentano più di un'incertezza.
  Quale è stato il problema? Magari poi questo è un problema che si riuscirà a risolvere. Quando si è richiesta copia della documentazione originale al porto di Sidi Kerir in Egitto, che è il terminal petrolifero da cui sarebbe teoricamente partita il 5 aprile 1991 l'Agip Abruzzo, la risposta è stata: «Non l'abbiamo trovato», che non vuol dire: «Non c'è». «Non l'abbiamo trovato, il nostro è un archivio cartaceo, quindi ci dovete indicare esattamente la data». Indicando le due date precedenti – perché dalla Lloyd's List sappiamo le date dei due viaggi precedenti – il terminal di Sidi Kerir ci ha fornito copia della documentazione, mentre di quello asseritamente dichiarato nel procedimento penale ci rispondono: «Nel nostro archivio cartaceo non siamo stati in grado di ritrovarlo». Stiamo parlando del 2016-2017; poi i rapporti si sono particolarmente complicati, perché per fare questa richiesta di documentazione abbiamo utilizzato un giornalista freelance, è successa la questione che ha riguardato Giulio Regeni, il dialogo si è interrotto e anche la Commissione parlamentare del Senato non è riuscita a cavare un ragno dal buco.
  Il tema qual è? Ci sono vari modi, poi li vedremo. Questo è un viaggio che viene dichiarato, però è un viaggio che sembra estremamente rapido e non ha precedenti in tutti i viaggi dell'Agip Abruzzo. Noi, sempre dalla Lloyd's List, abbiamo gli stati di tutti i viaggi che ha fatto precedentemente; impiegava mediamente 10, 12, 14 giorni, mentre in questo caso ce ne mette quattro. Ci sono tante incongruenze, ve le rappresenterò man mano.
  Forse bisogna anche a cominciare ad acquisire un po' più di dimestichezza con i documenti che supportano le cose che vi sto dicendo; in questo momento dovete fare un atto di fede su quello che vi sto dicendo. Sono tutte cose documentate e sono state anche documentate alla Commissione parlamentare d'inchiesta del Senato.
  Le condizioni di armamento del traghetto e della petroliera. Sulle condizioni di armamento del traghetto abbiamo tutta una serie di documenti: la documentazione del RINA (Registro italiano navale), tutte le dichiarazioni, tutti gli accertamenti tecnici che sono stati fatti, gli accessi, le verifiche, gli incidenti probatori a bordo. Della petroliera, sostanzialmente, non abbiamo assolutamente niente. Il motivo è che sulla petroliera non è stato fatto nessun tipo di accertamento tecnico. Dei due mezzi che sono entrati in collisione era pacifico, probabilmente, nella testa degli inquirenti – immagino – che uno fosse stato investito perché legittimamente ancorato in rada. I consulenti tecnici dei pubblici ministeri salgono a bordo una sola volta, credo il 6 o 7 giugno 1991, e fanno un sopralluogo di Pag. 11venti minuti; in atti ci sono sette fotografie (sette di numero) e null'altro. Questo è un altro tema che la Commissione d'inchiesta del Senato... Probabilmente ci sono spazi e modi per poter andare a recuperare parte di questa documentazione e capire qualcosa di più, in particolare riguardo a come era a bordo il carico e come era distribuito.
  Sullo stato di efficienza delle dotazioni di sicurezza a bordo, la Commissione si è espressa in maniera estremamente perentoria. Direi che questo argomento sia da considerarsi esaurito, credo. È stato fatto un approfondimento normativo, è tutto presente nella relazione finale.
  Riguardo al soccorso, ci tengo a fare una precisazione. Quella sera uscirono in rada tutti coloro che avevano una possibilità di portare soccorso. Quando si dice che il traghetto non è stato soccorso, tecnicamente non è vero, nel senso che sono usciti gli ormeggiatori, i rimorchiatori, le motovedette della Guardia di finanza, della Polizia, dei Vigili del fuoco. Il punto è che però non è mai stato attivato un soccorso pubblico, nel senso che chi era in mare quella notte ha fatto al meglio di quello che era nelle sue possibilità, ma non c'è stato nessun coordinamento. Provo a spiegarmi meglio. Il soccorso, ancora prima di un fatto tecnico-operativo, è un'affermazione di autorità. Se in questo momento ci fosse un'emergenza e ognuno di noi, per porvi rimedio o per fronteggiarla, agisse con la sua esperienza e con i suoi mezzi, e non ci fosse qualcuno che coordina, il risultato probabilmente sarebbe disastroso, cosa che è successa quella notte. È stato audito nella precedente Commissione il comandante De Falco, che nella vicenda della Costa Concordia – mi piace ricordarlo – divenne noto pubblicamente per un'affermazione che fece: «Salga a bordo!», con quell'esclamazione, «e adesso comando io». Non voglio entrare nel merito se fosse giusto o corretto farlo, ma sottolineo quell'affermazione di autorità; in sostanza: «Adesso il comando di queste operazioni ce l'ho io e gestisco io, che sono l'autorità pubblica a cui una legge (il decreto ministeriale 1° giugno 1978) non è che consente, ma impone il soccorso pubblico, e io devo agire». Il comandante della capitaneria di porto e più in generale i membri della capitaneria di porto, quella notte questa cosa non la fecero e i risultati sono evidenti. Lo stesso comandante generale della capitaneria di porto in una lettera che scrisse al Ministro della marina mercantile, Facchiano, credo il 30 aprile 1991, ammette pacificamente che per tutta la notte, almeno fino alle 5 della mattina, non ci fu alcun coordinamento del soccorso. Diciamo che questo aspetto è superato. È andata così. Sono cose che fanno anche arrabbiare, se vogliamo, perché non è che il Moby Prince non viene trovato, è che non viene neanche cercato. Ma il punto è questo: non è che non viene cercato il traghetto Moby Prince, che è l'ultima nave uscita dal porto pochi minuti prima, è che non viene cercata l'altra nave, anche se il messaggio che arriva dall'Agip Abruzzo è chiaro: «Una nave ci è venuta addosso». Anche se avesse avuto solo due persone a bordo, la si sarebbe dovuta cercare. Invece questo aspetto viene completamente omesso, non c'è proprio nessun tipo di attenzione, tant'è che il traghetto viene trovato per caso dagli ormeggiatori un'ora e un quarto e dopo, e viene tratto in salvo Bertrand. Anche dopo che la nave viene trovata, non viene posto nessun tipo di tentativo di portare soccorso alle persone che sono a bordo.
  Vediamo il riferimento normativo, che è parzialmente ancora vigente oggi, per parti residuali. Oggi è un po' diverso. In questa norma vengono identificate due condizioni e qui, se vogliamo, la Commissione del Senato si è fermata; vedrete voi se poi riterrete di andare avanti. Ci sono due situazioni operative che sono previste da questo codice. La prima situazione operativa è gestita dalla capitaneria di porto, se ritiene di avere mezzi e uomini a sufficienza. C'è poi una seconda situazione operativa che invece prevede l'intervento della Marina militare. Questo passaggio, cioè se sia stato attivato l'ausilio – banalmente con la ricognizione con mezzi aerei – della Marina militare oppure no, non è stato chiarito. Le indagini della magistratura non si sono mai occupate di questo tema. Il tema dei soccorsi non è mai entrato nell'attenzione Pag. 12 delle indagini della magistratura per un motivo molto semplice, che riguarda la sopravvivenza: siccome era stato detto che tutti erano periti entro 25 minuti e il tempo tecnico per arrivare dalla banchina al punto dove era avvenuto l'incidente era superiore ai 25 minuti (circa 30), a quel punto i soccorsi non potevano più essere giudicati perché in ogni caso le persone erano già venute a mancare. Ora sappiamo che la situazione è diversa e che la sopravvivenza è durata molto di più.
  Poi c'è un tema di cui bisogna semplicemente prendere atto. Oltre a non averlo rinviato a giudizio – credo che le richieste di rinvio a giudizio siano del 1995 – non si è mai capito chi fosse l'armatore al tempo, o meglio si sa perfettamente chi fosse: sui ruolini di equipaggio c'era la firma di Vincenzo Onorato. Fu ritenuto invece che il formale titolare dei poteri armatoriali fosse il padre, Achille Onorato. Anche in questo caso, l'approfondimento investigativo che doveva essere fatto non fu svolto e, in ogni caso, la magistratura – in particolare la procura della Repubblica di Livorno, il dottor De Franco – decise che l'armatore del traghetto non doveva essere chiamato a rispondere di alcunché.
  I depistaggi: ce ne sono alcuni che hanno dato origine a procedimenti paralleli presso la pretura di Livorno (allora c'erano le preture) e riguardano due dipendenti della Nav.Ar.Ma. Su questo aspetto credo che ci sia ancora molto da approfondire, non tanto dal punto di vista delle ipotesi, ma da quello documentale. In questi anni è continuato il lavoro di raccolta di tutto il materiale, sempre con quella distinzione di cosa sia vero e di che cosa sia la verità. Ci sono documenti che sono emersi recentissimamente. Quello che sta succedendo è che ci sono archivi di legali che hanno trovato vecchi scatoloni contenenti documentazione che riguarda la vicenda e che, dovendo sgombrare le cantine, ci chiedono: «Ne avete bisogno?». Andando a prendere questi scatoloni, si trovano dei documenti interessanti, sorprendenti o deprimenti, a seconda del punto di vista in cui ci si trova.
  L'accordo assicurativo forse è l'elemento cardine trovato dalla Commissione parlamentare di inchiesta del Senato. È un accordo che necessariamente doveva esistere, ma di cui ci è stata negata l'esistenza per anni. Mi spiego meglio. La petroliera viene dissequestrata tre mesi dopo l'incidente e il 10 luglio 1991 torna nella disponibilità del proprietario, cioè della Snam, la quale la cede nel mese successivo a una società inglese, che a sua volta decide di andare a demolirla in Pakistan. In ogni caso, tre mesi dopo l'incidente la petroliera è dissequestrata senza che sia stato fatto alcun accertamento a bordo. Questo ci ha fatto pensare che un passaggio del genere, anche presso la procura della Repubblica... È vero che poteva essere un problema ambientale, una situazione ambientalmente pericolosa (era comunque una petroliera, anche se era stata scaricata e il carico era stato trasferito su un'altra petroliera, poi lo vedremo quando approfondiremo le questioni del carico), ma doveva per forza esserci un accordo. Il soggetto che aveva gestito tutta questa vicenda è una società, la Standard Steamship Owners Protection and Indemnity Association, un broker assicurativo alle Bermude, che – contattato da me personalmente nel 2012 e poi successivamente da un giornalista del Fatto Quotidiano e, fortunatamente, dal presidente della Commissione d'inchiesta del Senato – ha sempre ripetuto la stessa cosa. Quando gli chiesi se potevo avere copia di questo accordo, non mi rispose: «Che cosa sta dicendo? È matto? Non c'è», ma disse semplicemente: «It is still strictly confidential». Quindi sapevamo che c'era questo accordo. La Commissione del Senato, in particolare con lo SCICO della Guardia di finanza, ha individuato dove potesse essere in Italia questo accordo. Quando vengono passati gli archivi delle assicurazioni, non pensiate che vengano spostate tonnellate di carta; vengono semplicemente perimetrate delle cantine, con «questo appartiene a», ma non è che la carta venga fisicamente spostata, perché le assicurazioni oggi, o nel 2017, non erano più le stesse del 1991. Erano cambiati formalmente il nome, le ragioni sociali, si erano passati i portafogli clienti tra l'una e l'altra; c'erano state delle evoluzioni per cui oggettivamente non c'erano Pag. 13 più neanche gli stessi soggetti. Quindi, quelli dello SCICO della Guardia di finanza sono stati bravi a individuare dove poteva essere in Italia questo accordo: in una cantina di Genova, e così è stato. In questo accordo si sottoscrive una pax tra tutte le parti; non so se avete modo di leggerlo e approfondirlo. I contenuti dell'inchiesta sommaria fatta dalla capitaneria di porto, ovvero la prima guida tecnica redatta da qualcuno che poteva avere delle responsabilità – come abbiamo visto e come poi la storia dirà – in quello che era successo, vengono ripresi all'interno di quell'accordo assicurativo in cui sostanzialmente ci si accorda per non farsi guerre reciproche. Sintetizzo molto in lingua corrente: «risarciamo quello che risarciamo». Faccio una riflessione a voce alta: non essendoci una responsabilità armatoriale, le assicurazioni avrebbero potuto invocare i minimi. Stiamo entrando nel diritto marittimo e io non sono un marittimista, non voglio sottrarre il lavoro a nessun altro, ma lo spiego in lingua corrente. Siccome le assicurazioni sono imprese e non associazioni filantropiche, non si capisce come mai anziché liquidare danni complessivamente per circa sette miliardi e mezzo di lire del tempo, che era il valore del traghetto, invocando i minimi, hanno pagato una somma oltre dieci volte maggiore, perché stiamo parlando di più di 70 miliardi liquidati; inoltre, liquidando qualche volta in forme e in modalità che hanno lasciato dubbi anche alla precedente Commissione e su cui probabilmente potreste anche proseguire nel cercare di capire. Mi sto riferendo, per esempio, alla liquidazione che viene fatta nel febbraio del 1992, a meno di un anno di distanza dal disastro, all'armatore (Vincenzo Onorato) che, nonostante sia indagato nella più grande strage della marineria italiana, si trova per la perdita corpo e macchine del traghetto Moby Prince una liquidazione di 20 miliardi di lire, valore di polizza e non valore di perizia. A cosa mi sto riferendo? È un po' più complicato e me ne rendo perfettamente conto, ma è solo per farvi una prima semplificazione. Se avete una Panda del 1988 e la assicurate per 100 mila euro, quando poi andate a sbattere contro un muro, l'assicurazione non vi rifonde 100 mila euro, ma fa una perizia e vi rifonde quello che vale il mezzo in quel momento. Ripeto, è un po' più complicato di così, si tratta di assicurazioni che sono un po' più strutturate, ma il concetto sostanzialmente è esattamente quello che vi ho riportato.
  L'accordo assicurativo è tra gli aspetti curiosi, perché sono tutti soggetti italiani quelli che lo firmano; viene firmato a Genova, ma è scritto in inglese.
  Il ruolo attivo e passivo delle altre navi: questo è un altro elemento che la precedente Commissione ha cercato di porre in corsa, poi si è un po' persa, nel senso che poi è mancato uno strumento di rappresentazione di tutto lo scenario di quella notte. Esistono delle carte, sono di difficile lettura. Credo che si possa fare un pochino meglio. C'è stata una missione a Bruxelles, presso gli uffici della NATO. Diciamo che collaborazione dai militari – che siano NATO, Esercito italiano, Stati Uniti, la base di Camp Darby che è li vicino, coperture radar, eccetera – non c'è mai stata. La risposta che io per adesso prendo per buona è che registrazioni di tracciati radar non sono state consegnate perché non ci sono. Io, sommessamente, da cittadino, mi interrogo sul fatto che la più grande base operativa dell'Europa meridionale, Camp Darby, dove attualmente ci sono testate nucleari (ma c'erano anche precedentemente), che era il terminal di rientro di materiale bellico di proprietà degli Stati Uniti d'America, non sottoposto a nessun tipo di controllo («to whom may concern, Dipartimento della difesa»), quindi tutte le navi militarizzate (mercantili in affitto all'esercito) che dovevano scaricare le armi e conferirle alla base di Camp Darby... Che non ci fosse una forma di controllo, diretto o indiretto, della rada a me pare poco verosimile, però questa è una mia personale sensazione. Gli Stati Uniti hanno sempre detto che non avevano nessun tipo di controllo e al presidente della Commissione hanno risposto che non erano soliti spiare i Paesi alleati. La missione che è stata fatta dalla precedente Commissione alla NATO forse poteva essere preparata un po' meglio, Pag. 14 per cercare di capire effettivamente. Qui c'è il tema «buona domanda - buona risposta, cattiva domanda - cattiva risposta». In maniera esplorativa, se uno va e chiede: «Avete qualche cosa che riguarda l'incidente del Moby Prince?», forse un soggetto che neanche sa che cos'è il Moby Prince risponde: «No, non lo so». Adesso non voglio banalizzare nuovamente, ma forse noi abbiamo l'idea che ci siano degli archivi, divisi per data, delle immagini dei radar; però non è così. Non esistono degli archivi, soprattutto di trent'anni fa, suddivisi per data, di tutte le coperture radar del 10 aprile 1991: «dimmi che zona ti interessa e vado a vedere» o viceversa «queste le coperture radar, vado a prendere il giorno». È un lavoro un po' più complicato che bisogna approfondire; occorre cercare di capire come sono state messe via queste informazioni, e una volta che lo si capisce si pone la domanda. Anche perché, non sapendo come è fatta la struttura dall'altra parte, qualsiasi risposta ritorni bisogna prenderla per buona. Non so se sono riuscito a spiegarmi, però il concetto è un po' questo.
  Ovviamente il tempo è poco, lo capisco perfettamente. Mi sto occupando di questa vicenda da undici anni e mi sembra di avere iniziato l'altroieri. Un anno e mezzo effettivamente è poco.
  La sintesi del lavoro della Commissione d'inchiesta del Senato è che sostanzialmente ha scardinato l'impianto che era stato portato nelle aule di tribunale e nelle sentenze, dicendo in sostanza: «Guardate che quello scenario, quindi la causalità del comandante Chessa che va in mare imprudentemente, negligentemente, non è quello che è successo e non concorda con le risultanze». In realtà poi ha scardinato ben più nel dettaglio alcuni aspetti di questa vicenda.
  Manca ancora un pezzetto, però, che è il motivo per cui credo esista questa Commissione: capire cosa è successo in quei 140 secondi, magari anche qualcosa prima, e riuscire a dare spiegazioni del perché dopo trent'anni siamo ancora qui a discutere di questa situazione. E non lo stiamo facendo in un circolo letterario, ma all'interno di un palazzo di un'istituzione importante della Repubblica. Io non mi faccio l'illusione che tutto sia accertabile; ci sono alcune cose che probabilmente non potranno essere accertate e non si troveranno. Altre invece ritengo che sia possibile affrontarle.
  Vorrei farvi entrare, sinteticamente, nel dettaglio di alcuni dei risultati che sono stati ottenuti. Facciamo un esempio, quello della nebbia, che ha caratterizzato questa vicenda per 25 anni. Quello che è stato possibile fare, prendendo tutte le informazioni, è stato anzitutto interrogarsi sul fatto che c'erano decine e decine di testimoni, non interessati, che riferivano che quella notte c'era la nebbia e decine e decine di testimoni che dicevano che quella sera non c'era nebbia. Quindi i casi sono due, o c'è un complotto complessivo di gente che si è messa d'accordo e riferisce il falso oppure c'era qualcosa che doveva essere messo a posto. Questa ipotesi che metà delle persone dicessero il falso non era ragionevole; non erano soggetti interessati, erano quelle che si chiamano tecnicamente testimonianze genuine e spontanee, quindi non c'era nessuna ragione. È bastato posizionare queste testimonianze geograficamente e temporalmente per accorgersi di un fatto: tutti quelli che testimoniavano che non c'era la nebbia erano posizionati in uno spazio temporale precedente alla collisione e tutti quelli che (sto semplificando, per rendere il concetto) testimoniavano che quella sera c'era la presenza di nebbia si posizionavano in luoghi e tempi successivi alla collisione. Fatto questo, è bastato prendere tutti i documenti che c'erano (poi lo vedrete, perché questi documenti li avrete tutti). L'avvisatore marittimo, che è un soggetto che sta in una torretta, come se fosse la torre di controllo del porto, e vede tutto, alle 22.27 – che è l'orario della collisione – segna sul suo registro: «Condimeteo: cielo sereno, mare calmo, vento da Sud 160-170 gradi, 2-3 nodi, visibilità 5-6 miglia». L'avvisatore, che di mestiere fa quello, quando si accorge che c'è un evento, fa l'annotazione delle condimeteo e le trova. Va bene, potrebbe essersi sbagliato. Abbiamo trovato poi dei documenti di una delle navi militarizzate americane, la Margaret Lykes, che aveva un sistema che registrava di Pag. 15continuo – ci sono i giornali di bordo – la temperatura dell'acqua e dell'aria e il punto di rugiada. Con quelle condizioni e con quelle misure di temperatura è possibile la formazione di un banco di nebbia d'avvezione? La risposta è no. La sentenza dice che è una nebbia particolare molto simile al fumo eccetera. Ma è solo fumo? In realtà molte delle testimonianze la raccontano come una specie di nebulizzazione; e qui torniamo a bordo della petroliera, al perché e a tutte le cose che ancora devono essere chiarite.
  La questione dell'orientamento della petroliera: se la prua fosse orientata verso Nord, il Moby Prince esce da Livorno e dritto per dritto va a sbattere. Se la petroliera ha la prua verso Nord, vorrebbe dire che il vento viene da Nord. Se invece viene dai quadranti meridionali, la petroliera, essendo all'ancora, è ruotata (con la prua al vento dai quadranti meridionali). Nei documenti si trovano i tracciati di registrazione degli anemometri (quindi non sono dichiarazioni), ancora su carta, dell'Istituto Vallauri. Nel 1995, quando all'Istituto vengono chieste le immagini radar, rispondono: «Radar non ne abbiamo, però abbiamo questa roba. Se volete, ve la diamo». Sono i tracciati in cui si vedono la direzione e l'intensità del vento. Anche in questo caso i venti vengono dai quadranti meridionali. E tutta una serie di evidenze, che sono quelle che i familiari poi hanno portato in maniera spontanea: il video della notte, in cui i soccorritori, che si trovano in una posizione più a Nord, sono in banchina coperti con le mascherine e tossiscono perché c'è il fumo. Se il vento fosse venuto da Nord, lì ci si sarebbe trovati sopravvento e il vento non sarebbe mai arrivato. Ci sono una serie di evidenze che devono essere coerenti e concordanti a raccontare lo stesso scenario, perché altrimenti c'è qualcosa che non va.
  Sulla posizione, vi ho già anticipato che esistono dei documenti. In realtà la cosa più semplice che abbiamo utilizzato noi, non sapendo dove si trovasse la petroliera, è stata prendere delle immagini che allineavano tre punti notevoli sulla costa: come vedete, la punta della diga della Vegliaia, la punta della Curvilinea e la parte sotto sono tutte e tre allineate e non c'è neanche bisogno di utilizzare la trigonometria (che pure si potrebbe usare): stanno su una retta che è sicuramente all'interno della zona di divieto di ancoraggio. Questa immagine è a disposizione degli inquirenti fin dal giorno dopo il disastro, perché è delle 7 della mattina del 10 aprile. Tra l'altro, questo aveva avuto anche un interesse dal punto di vista legale. La capitaneria di porto dirà che la petroliera si trovava fuori dall'area di divieto di ancoraggio, riferendo una posizione non rilevata dalla capitaneria stessa ma da una fantomatica nave militare. Dico «fantomatica» perché è indicata come nave Libra; nell'inchiesta sommaria della capitaneria di porto a pagina 452 vi è uno stralcio di una carta nautica con un appunto a matita non firmato, con scritto: «La posizione della petroliera è questa». Chi gliela dice? La nave Libra, una nave militare, il 12 aprile, quindi due giorni dopo. È una posizione che questa nave militare rileverebbe, ma non c'è negli atti alcun documento di nave Libra che trasferisca o trasmetta questa informazione, e le registrazioni audio si interrompono alle 7 della mattina del giorno 11 aprile, quindi non c'è la registrazione del canale 16. In ogni caso, in uno dei brogliacci delle motovedette della capitaneria di porto, nello specifico la 232, alle 2.05 della notte dell'incidente, un membro dell'equipaggio indica correttamente le coordinate LORAN (Long range navigation), che sono le stesse che poi verranno riportate in sentenza e che sono all'interno del divieto di ancoraggio. Quindi, su un documento della capitaneria di porto si trova un'indicazione sul fatto che era noto dove si trovasse la petroliera. Esiste poi un'altra serie di documenti. Ad esempio, nel 1991 uno dei consulenti utilizza per la prima volta un sistema GPS (global positioning system), che allora era un valigiotto piuttosto importante; era una delle prime applicazioni. Tra le altre cose, il consulente indica precisamente, dando informazioni, che a questi rilevamenti – e concordando con la posizione – è presente anche un consulente tecnico di Nav.Ar.Ma. Quindi, Pag. 16due consulenti tecnici erano a conoscenza del fatto che la petroliera si trovava all'interno della zona di divieto di ancoraggio; però al processo nessuno dei due rileva o fa notare questa cosa.
  Queste che vediamo sono le conclusioni a cui arriva la Commissione. Come vedete nell'immagine, l'orientamento della petroliera è sostanzialmente diverso da quello messo per dritto e punta sui quadranti meridionali. La prua lì è indicata a Ovest Sud Ovest, poi che sia più a Sud o più ad Ovest, quell'angolo di brandeggio è piuttosto... Però vedete che l'indicazione dell'impatto con il traghetto – quei 70 gradi per adesso li prendiamo per buoni, poi saranno oggetto di verifica – mostra che il traghetto non è più sulla sua rotta verso Olbia. Sicuramente, quindi, esiste una turbativa della navigazione che ha coinvolto la plancia prima di arrivare in collisione.
  Secondo la Commissione del Senato a cosa è dovuta questa modifica improvvisa della rotta? La Commissione avrebbe escluso un'avaria al timone, ma su quali basi? Lo ha fatto perché durante il processo di primo grado fu svolto un ATP. Infatti, le prove nei processi penali si formano in aula, ma quando non è possibile portare l'oggetto in aula e far verificare che cosa è successo, come nel caso di un traghetto, si fa quello che si chiama tecnicamente «accertamento tecnico preventivo» e si fa un esperimento giudiziale fuori. Questo esperimento giudiziale accerta effettivamente che il sistema del timone del traghetto, che ha le pale orientate 30 gradi a dritta (quindi il traghetto ha il timone alla banda, girato) non ha subìto danni e non ha avarie.
  Un approfondimento che è stato fatto dalla Commissione, che poi su questo si è fermata per mancanza di tempo, riguarda il modo in cui è stato svolto quell'esperimento giudiziale. Siccome la parte prodiera del traghetto e la plancia erano completamente distrutte, si è pensato di farlo dalla sala agghiaccio, che è lo snodo dove ci sono i torchi che fanno funzionare il timone, fino alle pale. Quindi, si è testata metà del sistema; l'altra metà non è stata testata. Perciò, affermare con sicurezza che il timone funzionasse, secondo me, è un po' un azzardo.
  Ad oggi è possibile arrivare a trovare una soluzione? La risposta è sì. Infatti, pur non avendo più a disposizione il traghetto, abbiamo trovato un timone identico della Hastie, che si trova in un museo in Scozia, ed è possibile fare alcune verifiche non più solo sulle monografie, ma anche sul funzionamento di quel timone, perché qualcosa che non è stato considerato in maniera coerente e congruente con i fatti esiste.
  L'esplosione a bordo parimenti è stata esclusa dalla Commissione, nonostante il consulente esplosivista avesse suggerito di fare una serie di verifiche su alcuni residui a bordo, ma anche questo lo vedremo più nel dettaglio nella prossima audizione. Infatti, nella prossima audizione mi soffermerei su alcuni aspetti, quali l'avaria dei sistemi, il timone, l'impianto antincendio e l'esplosione a bordo.
  Rimane l'ipotesi di una turbativa esterna, un ostacolo improvviso, che è stata non valutata, nel senso che, non essendoci notizia (se non quella della bettolina, che viene citata più volte) che qualche mezzo possa essere entrato o in collisione o aver disturbato la navigazione del traghetto, è rimasto un punto in sospeso; sono i famosi 140 secondi che precedono la collisione.
  Vi anticipo – poi lo vedremo insieme la prossima volta – che c'è tutta una serie di evidenze, dalla raccolta documentale, che identificheremmo come vere (mi riferisco all'immagine che ho mostrato prima): sono vere sia per l'avaria al timone, sia per l'esplosione a bordo, sia per l'ostacolo improvviso. Tuttavia, credo che occorra ricercare insieme quale sia la verità. Manca ancora l'acquisizione documentale di qualche cosa che io spero si possa ancora trovare e che indicherò la prossima volta.
  A proposito di quello che vi ho appena detto, che riguarda l'esplosione a bordo del traghetto, nelle conclusioni della Commissione è indicato chiaramente che è da escludere che l'esplosione, che è un fatto... Faccio una premessa, per chi non è ancora addentro: che ci sia stata un'esplosione nel locale di prua del traghetto è un fatto; non Pag. 17è in discussione che ci sia stata o meno. Il tema del discutere è: l'esplosione è avvenuta temporalmente prima o dopo la collisione? Se è dopo, può essere un'esplosione da gas o può essere un'esplosione di materiale esplosivo trasportato dal traghetto. Se è prima, non può essere un'esplosione da gas, perché non ci sono ancora i vapori dell'incendio, e quindi può essere solo un esplosivo solido. L'esplosivo solido però si caratterizza per due tipologie: un esplosivo ad alto potenziale, di tipo militare, il Semtex, di cui poi si è parlato a lungo in questa vicenda, o la polvere nera da cava, il TNT. Gli effetti di questi due tipi di esplosivo sulle strutture sono completamente differenti: uno è una detonazione, mentre l'altro è una deflagrazione. Ovvero, una provoca onde supersoniche che lacerano le lamiere, con effetti morfologicamente ben riconoscibili, e non è questo il caso; l'altra, in funzione del tenore, del quantitativo di polvere nera eccetera, provoca esplosioni con una propagazione delle onde a velocità inferiori alla velocità del suono. L'alto potenziale è inteso come un esplosivo di tipo militare. Ho fatto vedere al presidente che chi scrive questo documento afferma: «Sì, è vero. Questa potrebbe essere un'esplosione da gas», perché esclude che sia un'esplosione da alto potenziale e quindi indica che potrebbe essere un'esplosione da gas e lo sottolinea in neretto, ma poi scrive anche che potrebbe anche essere compatibile con un'esplosione di 8 chilogrammi di TNT posti al centro del locale.
  Questa vicenda ha una storia un po' particolare. L'esplosione viene individuata il 12 aprile da un sopralluogo della polizia scientifica di Livorno, che la comunica al pubblico ministero e al questore di Livorno, il quale la comunica al Ministro dell'interno del tempo, che era Vincenzo Scotti, e al capo della Polizia, che era Vincenzo Parisi. Racconto questo perché è negli atti della Commissione del Senato. Quello che succede è che, visto il periodo storico, poiché siamo nel 1991, quando vi erano ancora i residui della strategia della tensione eccetera, il pubblico ministero rimane inerte su questa vicenda e sostanzialmente non fa niente perché il Ministero dell'interno si muove con quelli che vengono chiamati «i Servizi». Negli atti non ci sono i nomi e cognomi e non c'è l'ufficio di riferimento, ma si capisce che è un'attività di investigazione che viene fatta a un livello superiore. L'incidente è di aprile e l'attivazione di questi soggetti avviene immediatamente; quando, a fine settembre, il pubblico ministero non ha notizie, cosa fa? Va a Roma dal Ministro e gli dice: «Scusi, signor Ministro, vorrei sapere qualche cosa circa quell'evento». Il Ministro, come riferisce in Commissione – lo riferiscono entrambi – risponde: «Il pubblico ministero è lei e le indagini le deve fare lei». De Franco torna a Livorno e nomina il consulente Massari, il quale a febbraio del 1992 indica la presenza di 7 molecole riferibili al Semtex, esplosivo di origine cecoslovacca ad alto potenziale di tipo militare. Potete immaginare cosa si scatena. Tanto per farvi capire il clamore mediatico della vicenda, su YouTube potete vedere l'allora professor Galasso, e Rai Tre interrompe il Festival di Sanremo per dare questa notizia. Si apre un pandemonio e la questione, sostanzialmente, poi pian piano viene lasciata andare. Non si trova più nessun tipo di riferimento a questa vicenda. Alcuni continuano a riproporla, ma il pubblico ministero la lascia andare, per sua stessa ammissione; lo ammette nel 2016, intervistato su La7: «Ho lasciato andare quella pista perché temevo che ci potesse essere un problema per i risarcimenti alle famiglie»; oggettivamente non credo che c'entri niente, ma ne prendo atto.
  Questa storia si perde un po' all'interno di tutto lo sviluppo del racconto che vi sto facendo di questi trent'anni e ogni tanto periodicamente ritorna. La possibilità di accertare una volta per tutte la presenza di esplosivo o meno c'è ancora, anche perché lo stesso consulente esplosivista della precedente Commissione suggerisce di effettuare approfondimenti e analisi anche alla luce delle nuove tecnologie, visto il protrarsi di questa incertezza.
  Sulla propagazione dell'incendio all'interno del traghetto credo che il lavoro fatto dalla Commissione del Senato e dai consulenti, Pag. 18 in particolare l'ingegner La Malfa e l'ingegner Gissi dei Vigili del fuoco, sia sufficientemente preciso e dettagliato. Nell'immaginario collettivo è un ammasso rovente di lamiere, ma in realtà all'interno sono amplissimi gli spazi dove il fuoco, il fumo e il calore non sono arrivati. Quelle che vedete nella parte destra dell'immagine sono le cabine degli ufficiali di seconda classe. Tutta la parte della nave sotto la linea di galleggiamento è integra e lì non è arrivato fumo né calore.
  È stato predisposto un modello numerico di propagazione fluidodinamica computazionale sulla propagazione dell'incendio. È stato un modello di una complessità rilevante, fatto girare al Cineca di Bologna perché altrimenti non vi erano computer sufficientemente performanti per fare questo tipo di simulazioni. Il limite di tutto questo è che – non per cattiva volontà, ma perché proprio non ci sono gli elementi – si è predisposto un modello numerico simulando un oggetto di cui non si conosce nel dettaglio tutto ciò di cui un modello numerico necessita. Infatti, con riguardo alla tipologia di materiale e alla resistenza al fuoco del materiale del Moby Prince, abbiamo delle indicazioni generiche. Detto questo, il risultato parametricamente analizzabile è che la propagazione è stata lenta, almeno fino all'ingresso delle fiamme all'interno del traghetto. Non c'è stato un contatto diretto della fiamma che è entrata all'interno del traghetto, ma una parte è per irraggiamento e una parte per conduzione. I focolari interni – siccome l'unico squarcio del traghetto è quello a prua, dove è entrato sicuramente del greggio che ha preso fuoco, si pensava che da dentro potesse aver alimentato – hanno dei tempi piuttosto lunghi. Il tempo che è servito per fare arrivare le fiamme all'interno dei locali, quindi, è discretamente lungo e ha consentito di radunare tutti i passeggeri nel salone De Luxe. L'unico passeggero che non viene trovato nel salone De Luxe è Gerhard Baldauf, un camionista austriaco che viene trovato in sala macchine; il motivo, probabilmente – questa è una mia supposizione – è che stava dormendo nel suo camion, nel garage, e non è riuscito a salire e invece è sceso. Ma è l'unico passeggero che non è stato trovato nel salone; tutti i membri dell'equipaggio – per i quali la Commissione parlamentare del Senato usa la definizione di «comportamento eroico» – sono al loro posto, previsto dal ruolo di equipaggio, e non ce ne è uno fuori posto. Mi riferisco al luogo in cui vengono rinvenuti i cadaveri; cosa stessero facendo non lo sappiamo, ma sicuramente la posizione in cui sono è quella che era prevista dal ruolo di equipaggio, che è il comportamento da tenere in caso di emergenza.
  All'interno del traghetto non vi erano materiali ignifughi e vi era tutta una condizione diversa, poiché erano unità navali che avevano caratteristiche diverse rispetto a quelle che ci sono oggi. Per questo motivo, una volta che il fuoco è entrato all'interno del traghetto, la velocità di propagazione del fuoco è stata piuttosto rapida, ma stiamo parlando di ore e non di decine di minuti.
  Sulle valutazioni degli impianti poi entreremo più nel dettaglio, così come sul funzionamento degli impianti sprinkler del traghetto eccetera.
  A supporto di quello su cui verrete chiamati a esprimervi, esattamente come è stato per i vostri colleghi al Senato, esistono documentazioni fotografiche che riportano una serie di immagini che hanno dietro una possibile lettura.
  Queste che vedete nell'immagine sono le manate sui furgoni; furono già portate durante il processo di primo grado per stabilire che quelle condizioni avevano visto lo sviluppo di un incendio, la deposizione della fuliggine e la posizione delle manate sulla fuliggine in condizioni di vivibilità, perché all'interno di quel garage non sono state trovate vittime. L'obiezione che fu fatta è che poiché queste immagini erano state riprese a giugno del 1991, non si poteva sapere se qualcuno potesse essere salito a bordo dopo la collisione e aver lasciato quelle manate sui mezzi. La persona che vedete di spalle nell'immagine è un consulente che sale a bordo. Il giudice dice: «Non possiamo avere certezze». In realtà esiste anche un filmato girato dall'ufficio di documentazione dei Vigili del Pag. 19fuoco al primo accesso, quando c'è ancora la nebbiolina azzurra dei residui dell'incendio, che mostra che al momento del primo accesso queste manate sono già presenti. Cosa ci raccontano? Ci raccontano che delle persone, dopo che l'incendio si è sviluppato ed esaurito, hanno avuto modo di accedere al garage. Infatti, alle 2 di notte l'incendio a bordo del Moby Prince è sostanzialmente esaurito da tutte le parti. Come faccio a esserne sicuro? Ci sono dei girati che sono stati acquisiti dalle varie televisioni, come Mediaset o la Rai, che hanno un quantitativo rilevante di materiale girato ma mai andato in onda. Ci sono delle immagini con data e orario, circa dall'1.56 circa alle 2.28; una barchetta con una troupe di Mediaset a bordo passa davanti al garage e si vede che è assolutamente spento. Questo significa che qualcuno ha avuto modo di accedere a quel garage dopo il termine dell'incendio e dopo la deposizione della fuliggine, ma quando erano tornate condizioni in cui si poteva entrare e uscire vivi da lì.
  Abbiamo provato a fare delle simulazioni che sono assolutamente inaffidabili. Esistono delle simulazioni che vengono fatte per ambienti confinati e per la sopravvivenza nei garage, ma ci sono tutta una serie di parametri che non consentono la modellazione numerica di questi aspetti. In ogni caso, il risultato è di ore e non di 20, 25 o 30 minuti.
  Vedete ora il piano di rinvenimento delle vittime, che dimostra quello che vi dicevo: tutti i passeggeri erano stati radunati nel salone De Luxe e tutti i membri dell'equipaggio erano dove era previsto dal loro ruolo d'appello.
  Questa è una fotografia che probabilmente avrete già visto e che conoscete. L'immagine mostra Antonio Rodi, un cameriere di bordo del Moby Prince, che viene fotografato alle 7 della mattina, riverso sul ponte sole a poppa del traghetto. Come potete vedere, il corpo è integro, ha una camicia rosa e i pantaloni. Intorno a lui però è tutto bruciato e a terra – non entro nel dettaglio – ci sono i cadaveri di nove suoi colleghi, della squadra antincendio, che sono completamente carbonizzati. Quindi, abbiamo il corpo di un uomo che è sostanzialmente integro, appoggiato in un luogo dove è tutto completamente bruciato e dove ci sono nove cadaveri carbonizzati intorno a lui. L'immagine a destra è il corpo del Rodi circa due ore dopo, completamente carbonizzato. Il punto è quando quella persona è arrivata sul ponte sole. Siccome sappiamo che ci sono alcune persone che hanno girato nei garage, che si sono mosse per la nave e che hanno avuto modo di muoversi all'interno di una situazione complicata ma con spazi di vivibilità, quello del Rodi è l'esempio che ha consentito anche ai medici legali di affermare che non vi è stata commorienza – utilizzando il termine che vi ho citato prima – e che i tempi di sopravvivenza sono stati lunghi, in termini di ore.
  Una critica che è stata fatta è che la perizia medico-legale – l'unica, che ha superato le indagini preliminari, il primo grado, l'indagine bis; la seconda perizia medico legale è quella della Commissione del Senato – aveva uno scopo ben preciso, assolutamente chiaro fin dalla premessa, e non mi capacito di come questo dato non sia stato letto correttamente. I medici legali non hanno mai utilizzato dati medici – io non sono un medico, ma sono capace di leggere – che riguardassero i tassi di carbossiemoglobina e i tassi di acido cianidrico nel sangue per definire i tempi della morte. Questo è scritto nella premessa ed è riportato nelle conclusioni: «Gli ingegneri ci dicono che a bordo del traghetto le condizioni di vivibilità sono venute a mancare in 20-25 minuti». I medici legali non hanno fatto nessuna applicazione. Il professor Bargagna era un luminare della medicina legale, ma credo che avessero un problema più grande, ovvero di dover affrontare un mass disaster con 140 cadaveri. Poi lo si vede anche in quello che è successo. Solo a posteriori ci sono state diverse polemiche sull'attribuzione di questi dati, perché a nessuna delle persone integre e perfettamente riconoscibili sono stati fatti gli esami del sangue che avrebbero potuto indicare i tempi di sopravvivenza tramite i tassi di carbossiemoglobina e acido cianidrico. Perché non sono stati fatti? La ragione Pag. 20 è immediatamente comprensibile: la perizia medico-legale serviva al riconoscimento. Avevano 140 morti da restituire alle famiglie che erano all'interno del terminal passeggeri; i primi che venivano riconosciuti in maniera certa venivano restituiti immediatamente ai cari. Questo è stato il motivo. Io non credo che dietro ci fosse alcun tipo di complotto, retropensiero eccetera. Quando, alla fine del lavoro, ci si è trovati a dover formalizzare delle risposte ed erano rimaste le salme che erano più difficili da identificare, quelle che avevano subìto maggiori danni dell'incendio, allora lì hanno provato a fare i prelievi di sangue, rincorrendo a posteriori qualcosa di cui non si erano... Credo che questa sia la spiegazione più logica, perché altrimenti ci sarebbe un complotto che parte dalla notte stessa, e oggettivamente non mi sento di sostenerlo.
  Le immagini sono tante. Come ho detto, ci sono più di 300 gigabyte tra video, immagini e documenti. Questa è un'immagine della mattina che mostra il traghetto al rimorchio; mentre sulla petroliera continuava a esserci un'attività di spegnimento dell'incendio, non c'è una sola immagine in cui un rimorchiatore butti acqua sul traghetto. La prossima volta vedremo perché questo potrebbe essere avvenuto.
  L'accettazione del rischio morte da parte di tutti coloro che si sono trovati a gestire quell'emergenza o quell'evento, è un fatto. Il comandante Albanese lo ha rivendicato pubblicamente, anche in Commissione: la consulenza tecnica diceva che erano morti tutti in 20-25 minuti. Il comandante Albanese si è sempre difeso, e non è andato a processo per questa ragione, nonostante ci siano andati i suoi subalterni. Il punto è che quella sera il comandante non aveva la relazione e l'idea che potesse esserci qualcuno vivo a bordo era un fatto che egli stesso poi ammette in un'intervista la notte stessa, dicendo: «Speriamo che al centro nave ci sia qualcuno». Gli uomini di mare sanno che sotto la linea di galleggiamento il fuoco non ci va, ma nessuno sale a bordo. Leggerete la relazione dei vostri colleghi al Senato e credo che questo sia già stato sufficientemente approfondito.
  A proposito delle incongruenze relative alla petroliera, noi sappiamo che una delle cisterne era aperta, ma lo sappiamo casualmente; infatti, lo sappiamo perché su una rivista specializzata nel dicembre del 1991 viene dedicato un numero monografico all'incidente e i Vigili del fuoco indicano che quando sono saliti a bordo il portellone della cisterna 6 centrale era aperto. Se c'è una cosa che non si può e non si deve fare su una petroliera, perché rappresenta un rischio enorme, è avere una cisterna aperta e non inertizzata, cioè una cisterna in cui non è presente l'azoto ed è, quindi, soggetta a incendio ed esplosione. Quella cisterna era aperta prima della collisione. Le spiegazioni che sono state date di questo le leggerete; rasentano l'assurdo. Viene indicato che quella cisterna del carico veniva utilizzata per raccogliere le acque di sentina, mentre il carico era messo nella cisterna delle acque di sentita. C'è qualcosa che oggettivamente non torna, ma i membri dell'equipaggio chiamati a rispondere di questo in Commissione non sono stati in grado di spiegarlo. Oggettivamente, capire oggi, a distanza di tempo, queste ragioni è abbastanza complicato.
  Il presidente mi chiede di stringere i tempi e io lo faccio, so che avete altri impegni. Alcune curiosità. Questa vicenda la si può osservare anche tramite le immagini. A destra vedete l'impianto antincendio di una petroliera – è la gemella dell'Agip Abruzzo, si chiamava Agip Campania – in funzione durante un'esercitazione; trasforma il ponte della petroliera in una specie di fontana. È del tutto evidente immaginare che una petroliera abbia un sistema antincendio di questo tipo. In nessuna immagine fotografica o video dell'Agip Abruzzo si vede questo sistema in funzione, sebbene la petroliera sia incendiata e stia bruciando. Perché? Lo vedremo la prossima volta. Il famoso guasto del generatore di vapore, che avrebbe prodotto quella nebbia o quella vaporizzazione prima della collisione, potrebbe essere legato a questo fatto.
  La petroliera era assolutamente spenta in piena notte e non aveva nessun tipo di Pag. 21luce, mentre le petroliere normalmente sono illuminate come un campo di calcio.
  Tra le dichiarazioni al processo penale e i documenti sembra che ci sia qualcosa che non torni. La Commissione ha semplicemente accertato che qualcosa non torna, ma (per il motivo che vi dicevo riguardo a Regeni, all'Egitto eccetera) non è stata in grado di acquisire documentazione specifica che potesse in qualche modo supportare. Sta di fatto che quel viaggio della petroliera è sostanzialmente impossibile e non ha precedenti.
  Quello che stiamo facendo adesso è un po' complicato: stiamo cercando sulle immagini Landsat, che sono state rese disponibili e che coprono tutto il Mediterraneo, una petroliera lunga 200 metri su quella rotta. Quando l'abbiamo trovata nel triangolo, sapevamo dove era e quindi l'abbiamo trovata facilmente, ma adesso stiamo facendo questo passaggio che è un po' più complicato, perché il fatto di non vederla non vuol dire che non ci sia. Potremmo anche esserci sbagliati, potrebbe essere più su o più giù e, siccome non c'è modo di farlo in maniera automatica, ma lo si deve fare manualmente, stiamo facendo una serie di scansioni. Ci piacerebbe trovarla, in modo da chiudere questo capitolo, ma per adesso non ci siamo riusciti.
  Mi fermo qui.

  PRESIDENTE. Grazie davvero al dottor Bardazza per quella che è stata un'introduzione molto esaustiva per tutti noi e che ci ha permesso di entrare nel dettaglio della vicenda della Moby Prince con la dovuta attenzione.
  Se i colleghi sono d'accordo, essendo le 19.20 e avendo il dottor Bardazza l'esigenza di prendere un treno e noi tutti, almeno per quanto avevamo preventivato, l'esigenza di chiudere entro le 19.30, suggerirei questo (però la decisione è di noi tutti, naturalmente): visto che abbiamo già previsto una seconda audizione per il prossimo martedì – in orario ancora da definire, poiché il dottor Bardazza ha degli impegni professionali che devono essere conciliati con la nostra agenda parlamentare – direi, anche per darci modo di riflettere su quanto abbiamo ascoltato e quindi di maturare eventuali domande e approfondimenti, di rimandare alla prossima volta i quesiti da rivolgergli; si potrebbe, se è d'accordo, dedicare una metà della sua seconda audizione al completamento di questa introduzione e l'altra metà alla discussione con i membri della Commissione.

  GABRIELE BARDAZZA, perito forense. Sì, anche perché questa di oggi era una difficile sintesi di trent'anni; il resto è quello che spetterà a voi fare nei prossimi 18-24 mesi, quindi sarò un po' più sintetico. I temi da affrontare sono ancora tre, sostanzialmente, poi possiamo cominciare ad approfondire.

  ANDREA FRAILIS. Posso fare una brevissima domanda?

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Frailis.

  ANDREA FRAILIS. Grazie al dottor Bardazza. Ho una domanda che presuppone anche una risposta sul metodo di lavoro che dovremo seguire nelle prossime sedute. Lei ha detto che ci sono dei fatti veri che però non contribuiscono ad accertare la verità. Per il prosieguo dei nostri lavori, visto che dobbiamo anche fare abbastanza alla svelta e dobbiamo capire perché le due navi sono venute in collisione, sarebbe il caso di tralasciare questi fatti veri che però probabilmente non contribuiscono ad accertare la verità? Perché sono tantissimi gli elementi che anche lei in questa prima audizione ha messo in campo. Ci sono dei fatti veri che contribuiscono ad accertare la verità e fatti veri che sono realmente accaduti, ad esempio le navi che erano in rada quella notte, che probabilmente non hanno nessun impatto e nessuna concretezza nell'accertamento della verità.

  GABRIELE BARDAZZA, perito forense. Sì, ho capito perfettamente. Se me lo consentite, uso una metafora, che forse mi è più semplice. È come se qualcuno avesse portato migliaia di pezzi di un puzzle e la Commissione del Senato fosse stata chiamata a ricostruirlo. In realtà non erano Pag. 22solo i pezzi di quel puzzle, ma c'erano anche pezzi di altri puzzle che non c'entravano niente per forma, dimensione e colori. Quello che ha fatto la Commissione del Senato è stato cominciare dalla cornice e ricostruire le parti che si potevano ricostruire.
  Ho capito la sua domanda e ho capito anche che forse io ho detto una cosa impropria. Vi suggerisco di approfondire questi fatti veri, ricordando che è come se vi fossero 30 metri di profondità con una possibilità di fare delle immersioni e andare in apnea, ma di non seguire poi pedissequamente il pesce in apnea, perché si rischia di rimanere sotto in sincope; invece, si dovrebbe tornare su, prendere aria e poi continuare. Facendo così si evita un errore che secondo me è quello che ha caratterizzato le indagini di questa vicenda per trent'anni. Sono decine, se non centinaia le persone che si sono occupate di questa vicenda, ma ognuno ha fatto focus su un aspetto che magari era assolutamente vero, ma non era la verità, bensì una rappresentazione e una proiezione della verità. In questo bisogna stare molto attenti.
  Credo che con la vostra sensibilità, al netto di cominciare a fare questo lavoro il prima possibile perché i tempi sono brevi, nel concreto comprenderete abbastanza facilmente che cosa significa non farsi sviare.

  PRESIDENTE. Grazie ancora, dottor Bardazza. Dichiaro conclusa la seduta e rinvio il seguito dell'audizione alla prossima seduta.

  La seduta termina alle 19.25.

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