XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di David Rossi

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Giovedì 14 ottobre 2021

INDICE

Sull'ordine dei lavori:
Zanettin Pierantonio , Presidente ... 2 
Rizzetto Walter (FDI)  ... 2 
Zanettin Pierantonio , Presidente ... 2 

Sulla pubblicità dei lavori:
Zanettin Pierantonio , Presidente ... 2 

Audizione di Antonino Monteleone e Marco Occhipinti, giornalisti de «Le Iene» :
Zanettin Pierantonio , Presidente ... 2 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 2 
Zanettin Pierantonio , Presidente ... 12 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 12 
Zanettin Pierantonio , Presidente ... 12 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 12 
Zanettin Pierantonio , Presidente ... 14 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 14 
Zanettin Pierantonio , Presidente ... 14 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 14 
Zanettin Pierantonio , Presidente ... 14 
Occhipinti Marco , giornalista de «Le Iene» ... 14 
Migliorino Luca (M5S)  ... 15 
Occhipinti Marco , giornalista de «Le Iene» ... 15 
Zanettin Pierantonio , Presidente ... 16 
Occhipinti Marco , giornalista de «Le Iene» ... 16 
Zanettin Pierantonio , Presidente ... 17  ... 17 
Migliorino Luca (M5S)  ... 17 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 17 
Migliorino Luca (M5S)  ... 17 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 18 
Migliorino Luca (M5S)  ... 18 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 18 
Migliorino Luca (M5S)  ... 18 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 18 
Migliorino Luca (M5S)  ... 18 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 18 
Migliorino Luca (M5S)  ... 19 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 19 
Migliorino Luca (M5S)  ... 19 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 19 
Migliorino Luca (M5S)  ... 19 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 19 
Migliorino Luca (M5S)  ... 19 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 20 
Occhipinti Marco , giornalista de «Le Iene» ... 20 
Migliorino Luca (M5S)  ... 20 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 20 
Migliorino Luca (M5S)  ... 20 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 20 
Migliorino Luca (M5S)  ... 20 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 20 
Migliorino Luca (M5S)  ... 20 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 21 
Migliorino Luca (M5S)  ... 21 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 21 
Migliorino Luca (M5S)  ... 21 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 21 
Migliorino Luca (M5S)  ... 21 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 21 
Migliorino Luca (M5S)  ... 22 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 22 
Migliorino Luca (M5S)  ... 22 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 22 
Migliorino Luca (M5S)  ... 22 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 22 
Migliorino Luca (M5S)  ... 23 
Rizzetto Walter (FDI)  ... 23 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 23 
Rizzetto Walter (FDI)  ... 23 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 24 
Migliorino Luca (M5S)  ... 24 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 24 
Migliorino Luca (M5S)  ... 24 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 24 
Migliorino Luca (M5S)  ... 25 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 25 
Migliorino Luca (M5S)  ... 25 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 25 
Migliorino Luca (M5S)  ... 25 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 25 
Migliorino Luca (M5S)  ... 25 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 25 
Migliorino Luca (M5S)  ... 25 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 25 
Migliorino Luca (M5S)  ... 25 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 25 
Migliorino Luca (M5S)  ... 26 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 26 
Migliorino Luca (M5S)  ... 26 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 26 
Migliorino Luca (M5S)  ... 26 
Occhipinti Marco , giornalista de «Le Iene» ... 26 
Migliorino Luca (M5S)  ... 26 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 27 
Migliorino Luca (M5S)  ... 27 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 27 
Migliorino Luca (M5S)  ... 27 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 27 
Migliorino Luca (M5S)  ... 27 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 27 
Migliorino Luca (M5S)  ... 27 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 27 
Migliorino Luca (M5S)  ... 27 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 27 
Migliorino Luca (M5S)  ... 28 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 28 
Migliorino Luca (M5S)  ... 28 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 28 
Zanettin Pierantonio , Presidente ... 28 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 28 
Zanettin Pierantonio , Presidente ... 28 
Monteleone Antonino , giornalista de «Le Iene» ... 28 
Zanettin Pierantonio , Presidente ... 28

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PIERANTONIO ZANETTIN

  La seduta inizia alle 11.15.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)

Sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Buongiorno. Do subito la parola all'onorevole Rizzetto che ha chiesto di intervenire prima dell'inizio dell'audizione in programma.

  WALTER RIZZETTO. Buongiorno. Purtroppo sono arrivato adesso a causa di un precedente impegno. So che c'è stato un dibattito rispetto a un filmato che ho mandato direttamente alla trasmissione Le Iene perché stavano preparando un servizio relativo al caso David Rossi. Mi dispiace se ho creato qualche incomprensione. Non mi sembrava che la stanza al terzo piano, fosse così sconosciuta, visto che è stata girata più di qualche ora di video, sono state fatte delle fotografie.
  Il mio intento era onesto, tanto per essere chiari. Se ho toccato qualche sensibilità, me ne scuso, mi dispiace e cercherò di riflettere su quanto mi è stato contestato e mi è stato riferito. Il mio intento non era quello di andare a incidere, era semplicemente di contribuire a dare un apporto. Mi scuso se ho sollecitato qualche sensibilità.

  PRESIDENTE. Abbiamo preso atto delle precisazioni dell'onorevole Rizzetto e diamo corso all'audizione di Antonino Monteleone e Marco Occhipinti, giornalisti de Le Iene.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite l'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di Antonino Monteleone e Marco Occhipinti, giornalisti de «Le Iene» .

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei giornalisti Antonino Monteleone e Marco Occhipinti, giornalisti de Le Iene, accompagnati dal loro legale, l'avvocato Stefano Toniolo. All'inizio delle audizioni ricordo sempre che sono pubbliche, ma se dovessero esserci esigenze di segretezza, passeremmo senz'altro al regime di secretazione, disinserendo il sistema di trasmissione in diretta. Ringrazio i nostri auditi per avere accettato il nostro invito e do la parola ad Antonino Monteleone a cui seguirà, quando ha concluso la sua relazione, Marco Occhipinti.

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Mi permetterà innanzitutto di ringraziare la Commissione dell'invito. Quando abbiamo iniziato a occuparci di questa storia che – tutti condividono questo pensiero – presenta una serie di aspetti oscuri ancora oggi poco chiari, non ci saremmo mai aspettati che un giorno la politica avrebbe coraggiosamente preso atto di questa situazione necessariamente da Pag. 3sanare e che sarebbe nata una Commissione parlamentare d'inchiesta. Questo è stato un gesto per me inaspettato, perché anche io sono vittima del clima di sfiducia nei confronti del potere legislativo, però la considero una cosa molto importante, quindi grazie per l'invito di oggi. Sappiamo di aver aiutato e dato un contributo quantomeno ad aumentare la platea di persone che potessero concentrare la propria attenzione su questa storia. Inizio con una brevissima relazione introduttiva che spero possa dare degli spunti ai commissari per formulare delle domande e aiutare a chiarire ancora di più il quadro. Noi abbiamo iniziato ad occuparci della vicenda David Rossi, della morte di questo manager della prima linea di una banca che all'epoca era la terza banca italiana, la banca più antica del mondo che cercava di collocarsi in una posizione di mercato che la trasformasse da banca identitaria di una città di poco meno di 60 mila abitanti a competitor sul mercato internazionale che nei dieci anni precedenti si stava molto trasformando. Nel 2017, alla vigilia della stagione del programma Le Iene che sarebbe iniziata, io lasciavo un programma di LA7 che si chiama Piazza Pulita per fare ingresso in una nuova squadra. Ho ritrovato il collega Marco Occhipinti, un autore storico del programma, con il quale, prima di essere colleghi, eravamo amici e conoscenti, in quanto tanti erano gli amici in comune. Decidiamo di scegliere le storie sulle quali concentrarci. Esattamente 4 luglio 2017 il giudice per le indagini preliminari di Siena aveva archiviato per la seconda volta l'indagine sulla morte di David Rossi. Devo ammettere che quando Marco Occhipinti mi propose di sviluppare insieme una revisione critica per un'inchiesta giornalistica che in qualche modo ripassasse punto dopo punto le questioni rimaste irrisolte in quell'indagine, il mio approccio fu di estremo scetticismo. Era di estremo scetticismo perché pensavo che il lavoro fatto dall'ottimo collega della redazione di Report che voi avete già avuto modo di ascoltare, Paolo Mondani, con il quale sono legato da un rapporto di amicizia, fosse stato particolarmente esaustivo, poiché avevo la convinzione che fosse sufficiente osservare le immagini della caduta di David Rossi, perché i dubbi assumessero una solidità maggiore e che i tentativi che Paolo Mondani aveva fatto per uscire dalla nebbia che avvolgeva il caso fossero i massimi esperibili. Mi sbagliavo perché effettivamente poi abbiamo avuto l'opportunità di avere una disponibilità in termini di tempo e soprattutto di durata dell'inchiesta che ci ha consentito di sviluppare molte più strade. Nell'estate del 2017 decidiamo di acquisire tutto il fascicolo processuale che conteneva gli esiti della prima e della seconda indagine e iniziamo a leggerlo e a sfogliarlo come si fa in questi casi. Più lo sfogliavamo e più effettivamente i dubbi aumentavano, non tanto per ciò che era contenuto nel materiale a nostra disposizione, quanto per il materiale che ci saremmo aspettati di trovare e che non trovammo. Dopodiché decidiamo di incontrare la famiglia e confrontarci in particolar modo con Antonella Tognazzi e Carolina Orlandi e di fare una chiacchierata molto lunga che si sarebbe ripetuta con l'avvocato Luca Goracci che in quel momento era la persona più informata e molto più attenta non solo alle questioni strettamente giuridiche, ma anche al contesto ambientale che riguardava il caso. Noi iniziamo con un pezzo e quattro anni dopo siamo arrivati ad averne mandati in onda diciotto e ad avere fatto uno speciale. Ci sono tre questioni critiche che si aprono all'interno di questa storia. Non entro nella descrizione del singolo servizio perché abbiamo portato una chiavetta USB, in cui ci sono tutti i servizi mandati in onda dal 1° ottobre 2017 al 12 ottobre 2021. Non spiegherò il contenuto di tutti questi servizi, ma mi soffermerò sui tratti essenziali. Noi iniziamo con un racconto che è la fotografia dello stato delle cose. È un servizio molto lungo di 40 minuti che va in onda in prima serata. Anche per le caratteristiche che riguardano il nostro programma che ha un bacino d'utenza, un pubblico molto giovane, questa storia prende piede. È vero, come si dice, che quando c'è qualcosa che non funziona o qualcosa che va cambiata, maggiore è il numero di chi la guarda e più sono ampie le chance che questa possa Pag. 4cambiare per il meglio ed effettivamente questa cosa ha funzionato. Apro una piccola parentesi così entro nel vivo di una questione che è stata tra le prime questioni critiche che riguardano il nostro lavoro. Quando ci troviamo a Siena, nei mesi che precedono la messa in onda del programma, veniamo avvicinati da varie persone che non sono le fonti alle quali noi ci siamo rivolti per costruire il nostro racconto, ma anche gente comune e persone qualificate che ci dicono che uno degli aspetti che dobbiamo approfondire ha a che fare con un clima particolare che avvolgeva la città di Siena negli anni in cui la banca tentava di fare un salto di qualità e che questo clima coinvolgeva la città a tutti i livelli. Il nostro istinto è stato quello di non dare grande seguito a quella che era una voce sistematicamente ripetuta, sennonché nelle fasi finali della nostra produzione, nelle fasi finali della realizzazione delle interviste che precedono di un mese la messa in onda, incrociamo anche l'ex sindaco di Siena, Pierluigi Piccini. L'ex sindaco di Siena ha una caratteristica fondamentale: non è semplicemente un politico in questa storia, ma è stato un dirigente della banca, è stato presidente o il vicepresidente di Monte dei Paschi France a Parigi, è stato sindaco e quando era sindaco il suo portavoce era David Rossi, ha avuto modo di scontrarsi anche per ragioni di carattere politico con il dirigente della banca più in alto in grado che veniva dalla Fondazione che è l'avvocato Giuseppe Mussari. Quindi, andare a sentire cosa ha da dire Piccini, sarebbe stato sicuramente interessante. In questo c'è un episodio che racconto non perché sia un fatto di colore, ma perché serve anche a smentire le illazioni che noi abbiamo letto e che capisco che legittimamente possano venire in mente al pubblico generalista, ma non c'erano accordi. La mattina in cui incontriamo Pierluigi Piccini che, se non sbaglio, era il 5 o il 6 settembre, noi avevamo un appuntamento a Tarquinia con l'avvocato di Ranieri Rossi, Paolo Pirani. Quella mattina alle prime luci dell'alba avevamo tentato di incrociare l'ex presidente di Monte dei Paschi di Siena, Mussari, presso un maneggio nel quale noi sapevamo che lui si dedicava all'attività di cura dei cavalli. Alle 8 avevamo capito che il nostro tentativo era fallito e il collega Occhipinti mi dice: «Possiamo provare a fare colazione con Piccini. Vediamo che cosa ha da dire.». Rispondo: «Guarda, rischiamo di fare molto tardi all'intervista con Paolo Pirani. Rinviamolo, ci torneremo.» e lui mi risponde: «Proviamoci adesso.».
  Andiamo all'incontro con Pierluigi Piccini, avevamo anche bucato una ruota di una macchina e vi fu una serie di disavventure per le quali io premevo per evitare l'incontro con Piccini. Nonostante ciò – questa fu la nostra precauzione –, decidemmo che comunque avremmo registrato quell'incontro giusto per avere un back up e avere memoria e traccia di quello che ci avrebbe rivelato. La conversazione con Piccini si fa molto interessante, allorquando lui inizia a dire: «Questa storia è molto strana, perché è difficile che uno mezz'ora prima dice alla madre: “Vengo a prendere le polpette.”, alla moglie che sta male a casa: “Passo a prendere le polpette e arrivo a casa per cena.” poi si butta dalla finestra.» Piccola parentesi: Piccini scrisse un libro nel quale diceva di essere abbastanza persuaso dall'idea del suicidio e questa è una cosa che gli viene rinfacciata spesso. Nella vicenda di David Rossi non viene perdonato a nessuno di cambiare idea e questo vale per Piccini, per la famiglia e per alcuni giornalisti che si sono occupati del caso. È lecito avere un'idea iniziale che poi ha fuorviato tutti, forse anche l'azione della magistratura, ma è assolutamente catastrofico e scandaloso cambiare idea. Infatti, a Piccini questo viene ripetuto spesso. Noi parliamo di questa cosa e lui dice: «Dopo che io sono un osservatore delle cose della città, dopo che inizia attraverso gli atti delle indagini, dopo che si vede il filmato della caduta, dopo che si vedono le foto del corpo, adesso mi vengono dei grandi dubbi e vi spiego perché». A un certo punto Piccini fa la rivelazione che poi ha scoperchiato un po' un vaso di Pandora. Dice: «Qua c'è da capire che cosa è successo.».Pag. 5
  Io sono un giornalista e se dovessi fare il capo delle relazioni esterne di una banca che in quel momento era al centro dell'attenzione, vi posso assicurare che lo possono fare solo i giornalisti che hanno un pelo sullo stomaco grosso così. Io ho quel pelo sullo stomaco? Forse oggi sì, ma dieci anni fa no. Posso assicurarvi che per fare quel lavoro non è una perquisizione che subisci da persona non sottoposta alle indagini a mandarti fuori di testa, anche perché se fosse così, nelle grandi aziende sarebbe una professione molto a rischio. Quello che c'è da dire è che non è il mestiere di David Rossi un mestiere che è il semplice capo dell'ufficio stampa. David Rossi non era il capo dell'ufficio stampa, era il capo della comunicazione in un periodo in cui la distinzione netta tra responsabile degli affari istituzionali e capo della comunicazione non era così distinta. Ciò significa che David Rossi era in una posizione, all'interno dell'organigramma di una società quotata, in grado di accedere a informazioni privilegiate che derivava non solo da una condizione oggettiva e funzionale, bensì dalla sua vicinanza al vertice della banca, perché David Rossi, prima di arrivare in banca, era al fianco di Mussari, quando Mussari era alla Fondazione ed era nel cuore vitale della città quando era il portavoce del sindaco di Siena. Tutte queste realtà a Siena sono profondamente connesse, perché è un sistema di governo della città che per molti anni ha reso Siena un gioiello italiano nel mondo, un modello di governo dell'amministrazione della cosa pubblica che faceva molto bene alla città. Piccini dice: «Qua bisogna capire anche perché non si è indagato fino in fondo» e qui Piccini si lascia sfuggire una confidenza, poiché fa riferimento al marito di una sua amica che fa l'avvocato che avrebbe lavorato nei servizi che gli dice: «Bisogna capire che cosa succedeva in quelle ville tra Siena e Arezzo dove si svolgevano alcuni festini particolari». Qui l'allusione gravissima di Piccini: «Chi ci andava a queste feste? Ci andavano politici senesi o di primo piano del panorama nazionale? Chi lo sa. Ci andava qualche magistrato? Chi lo sa.» Devo dire che io poi ho commesso una grave gaffe, perché forse sono stato il primo tra gli inviati de Le Iene che si è fatto beccare un microfono nascosto sotto la camicia. Ero assonnato, ci eravamo svegliati tutti molto presto e non sono stato accorto. Pierluigi Piccini con un colpo d'occhio si accorge che avevo un filo che usciva dalla camicia e diventa una furia. Stiamo parlando di un omone di due metri, era la prima volta che giravo un pezzo per Le Iene e devo dire che mi sono molto preoccupato che potesse dare in escandescenze e che vi fosse un passaggio alle vie di fatto che per fortuna non è avvenuto, però ha scoperto di essere stato registrato e vi confesso che ho visto il terrore negli occhi dell'ex sindaco Piccini. «Vi siete messi d'accordo con l'ex sindaco Piccini! Avete piazzato delle telecamere prima, avete simulato una rissa e questa rissa era evidentemente ben recitata». Non c'è nulla di più falso. Per fortuna ne ho la prova testuale, perché il primo pomeriggio di quel giorno, quando poi finalmente arriviamo con due ore di ritardo all'appuntamento con l'avvocato Paolo Pirani, ricevo un SMS dal collega Paolo Mondani che mi dice: «Antonino, cosa è successo a Siena? Mi ha chiamato Piccini terrorizzato che dice che gli avete carpito delle frasi durante un'intervista che lui non vuole assolutamente che vengano divulgate.». A quel punto ho sentito Paolo Mondani, a cui ho detto: «Come sai, in questi casi faremo una riflessione su quello che ci ha detto, ma quello che ci ha detto, considerata la natura di fonte qualificata – ex sindaco, ex dirigente della banca e persona vicina a David – e conoscitore discreto di ciò che succede nella città di Siena, valuteremo e decideremo.». Abbiamo deciso che proprio il fatto che fosse una fonte qualificata dovesse in qualche modo metterlo «con le spalle al muro» e assumersi la responsabilità delle allusioni che aveva fatto, consapevoli però della circostanza che quelle stesse cose ce le avevano dette decine di persone. Noi non riteniamo – io personalmente, ma posso parlare anche a nome del collega Occhipinti – che i festini in quanto tali, ammesso che esistano – vedremo più avanti che un'indagine della magistratura ha dovuto prendere atto che Pag. 6esistevano – e quand'anche avessero partecipato dei magistrati, siano la causa della morte di David Rossi, bensì per noi hanno rappresentato una potenziale causa oggettiva di condizionamento non solo della magistratura ma anche dell'andamento della vita pubblica della città di Siena. In che termini? Nei termini che se ci partecipano politici locali, se ci partecipano attori economici di primo piano di quel panorama, se potenzialmente ci partecipano esponenti, rappresentanti di forze dell'ordine, magistratura, solo l'esistenza di un meccanismo del genere è idoneo a turbare la vita pubblica della città di Siena. A quel punto è lecito oppure no domandarsi se questo avesse potuto avere un riflesso sull'andamento delle indagini su David Rossi? Tutto ciò alla luce di un'altra circostanza. Molti reati finanziari sono stati ipotizzati dalla magistratura inquirente a Siena e a Milano, che è competente per i reati finanziari connessi alle società quotate. A Milano sono arrivate delle condanne, a Siena non sono mai arrivate. Non è stata esercitata l'azione penale? Certo che è stata esercitata l'azione penale, se bene o male non spetta a me dirlo, io prendo atto del risultato che vedo e quindi è lecito domandarsi se qualcosa non ha funzionato nel verso giusto. Uno potrebbe dire: «Non si può paragonare la dotazione in termini di risorse umane e tecniche, competenze specifiche in materia finanziaria che ha una piccola procura di provincia con una grande procura come quella di Milano.». Non c'è dubbio di questo, però ci sarà qualcuno che ha dell'esperienza in una città che è sede di una banca così importante. «Le Iene si sono messe d'accordo con Piccini» è una stupidaggine, una sciocchezza che qualcuno ha provato ad alimentare per delegittimare il contenuto delle sue dichiarazioni. Piccini aveva un interesse? Sì, si sarebbe candidato a sindaco. Dopo molti mesi abbiamo provato in qualche modo a riallacciare un rapporto e devo dire che si è riallacciato, perché lui è andato su tutte le furie, ma ci ha confessato che i sondaggi gli hanno dato un grande svantaggio per aver partecipato all'intervista con Le Iene e non lo hanno reso l'uomo popolare che poi avrebbe sbaragliato le elezioni che, infatti, ha perso. Al di là di questo, l'altra questione è: «Le Iene hanno confezionato un prodotto televisivo idoneo a suggestionare il pubblico nell'unica e sola direzione che lascia spazio all'ipotesi che David Rossi sia vittima di un omicidio». Anche questo è molto distante dalla realtà e vi spiego perché. La prima ordinanza di archiviazione è piena di errori sotto il profilo dell'individuazione dei momenti chiave e del ruolo che alcune persone che erano in banca hanno svolto in quei frangenti. La seconda indagine è un'indagine che perviene a risultati identici, poiché si è archiviato che è più probabile che sia un suicidio che non un omicidio. Tuttavia, leggendola, scopriamo che ci sarebbero state una serie di persone che vengono sentite a sommarie informazioni. Una di queste persone si chiama Lorenza Pieraccini. Perché è importante Lorenza Pieraccini? Questo dimostra anche il fatto che noi non avevamo una tesi precostituita quando abbiamo iniziato a lavorare su questa storia. Lorenza Pieraccini era stata nella segreteria di Mussari, quando Mussari era ancora in banca, e faceva parte della segreteria dell'amministratore delegato, Fabrizio Viola, quando David Rossi volò dalla finestra. Scrive il giudice per le indagini preliminari di Siena: «Dall'audizione di queste persone, e in particolare dall'audizione della signora Pieraccini Lorenza, non è emerso nulla di più di quanto già non fosse in atti.». Ricordo questa scena: facevamo una chiacchierata con l'avvocato Paolo Pirani e cercavamo di spuntare le persone che erano state sentite. «Zanettin è stato sentito? Sì. Occhipinti è stato sentito? Sì. Pieraccini?» e l'avvocato Pirani dice: «Pieraccini non è mai stata sentita.». Non c'è traccia non solo del suo verbale, ma del fatto che qualcuno avesse chiesto di sentirla. Qui si sviluppa la differenza tra il giornalista che copre la cronaca giudiziaria, che si fa dare il materiale dalla polizia giudiziaria, dalla procura, dal tribunale e lo riporta e il metodo investigativo. Ci procuriamo un indirizzo di casa di Lorenza Pieraccini, ci avviciniamo nei pressi della sua abitazione, vado a citofonare e dico: «Salve, signora Pieraccini. Mi Pag. 7presento. Sono un giornalista.». Lei mi ha scambiato per un venditore porta a porta perché risponde: «Non ho nulla da comprare. Non voglio comprare nulla.» e io le dico: «Sono un giornalista. Sono venuto da lei perché il giudice di Siena ha scritto di averla sentita, ma che dalla sua audizione non è emerso nulla di particolare e per me è strano visto che lei lavorava nella segreteria di David Rossi.». Lei dice: «Guardi, la fermo subito. Io non sono mai stata cercata da nessuno e nessuno mi ha mai sentita.». A quel punto le dico: «Sono venuto da lei per farle una domanda – qui vi spiego l'importanza cruciale che questa audizione avrebbe avuto – che riguarda le famose e-mail.». Sapete – ne avrete parlato lungamente – che David Rossi aveva un flusso di scambio di informazioni con l'amministratore delegato che nei primi giorni di marzo del 2013 si trova in vacanza a Dubai e, in mezzo a una discussione sulla risposta che andava data a un servizio di Andrea Pamparana del TG5 nella sua rubrica L'indignato speciale, passa alla questione che David gli pone con urgenza, ovvero «Voglio andare a parlare con i magistrati. Vorrei un'interlocuzione con questi signori». Viola risponde dicendogli: «Vuoi parlare vuoi magistrati? Vai.», ma in realtà David cercava un ponte, un tramite. Chiamo «flusso» questo scambio di e-mail perché ha un'omogeneità di formattazione del testo, di linguaggio utilizzato e di tono completamente diverso dall'e-mail che si inserisce a un certo punto come un fulmine a ciel sereno che ha come oggetto «Help» e il testo è «Stasera mi suicido sul serio. Aiutatemi». La domanda cruciale è: «Viola ha letto questa e-mail oppure no?». Che modo c'è per capire se l'ha letta oppure no? Lorenza Pieraccini ci fa una rivelazione quando, per farla breve, ci dice: «Sì, l'ha letta.». Le chiedo: «Lo sta dicendo lei o ha modo per riscontrare questa informazione?». La Pieraccini risponde: «No, l'ha letta e le spiego anche perché. Perché l'e-mail dell'amministratore delegato, Fabrizio Viola, in quei giorni veniva scaricata su un computer che era sempre acceso all'interno della sua segreteria, dentro Rocca Salimbeni. Quando io ho visto quell'e-mail, mi si è gelato il sangue, l'ho stampata e l'ho portata al capo della segreteria, Valentino Fanti.». Le chiedo: «Che cosa le ha detto Fanti?» e risponde: «Che non si sapeva cosa fare.». Ma come? C'è un dirigente della prima linea di una società quotata in borsa che scrive: «Stasera mi suicido. Aiutatemi.» e non c'è una procedura interna di revisione? Non c'è un flusso di informazione tale da mettere qualcuno al fianco di David Rossi? C'era la mental coach Ciani, perché il mental coach, nelle grandi società, viene usato per rendere i dirigenti più performanti e, nel caso di Monte dei Paschi, all'epoca era necessario perché subivano tutti un'enorme pressione. Questa pressione era determinata dalle inchieste in corso e una delle inchieste in corso, per quanti non lo ricordassero, aveva a che fare con l'ipotesi mai dimostrata che ha riempito pagine e pagine di giornali per speculazioni giornalistiche e politiche relativamente alla compravendita di Banca Antonveneta e tutti gli asset che si portava in pancia Antonveneta, compresa una montagna di debiti, e l'ipotesi che la plusvalenza avesse generato una tangente. A chi andava questa tangente? Non si sa. Esiste questa tangente? Non si sa. In molti ne hanno parlato. Da qui potete capire l'enormità delle pressioni che subiva la prima linea e del perché c'era la coach. Perché quindi questa informazione della signora Pieraccini è molto importante? Perché avrà un riflesso anche su un altro processo, che è una delle stranezze di questa storia, anzi io mi sento di dire «anomalie» che non hanno niente di fisiologico nel meccanismo che dovrebbe governare il funzionamento del sistema giustizia. La vedova di David Rossi, Antonella Tognazzi, assieme al giornalista de il Fatto Quotidiano Davide Vecchi, vengono indagati, rinviati a giudizio e processati per il reato di violazione della privacy. C'è da dire una cosa: è un reato perseguibile d'ufficio, ma è il primo caso – io ho controllato sul massimario della Cassazione – nel quale un processo del genere si attiva su iniziativa del pubblico ministero, perché Fabrizio Viola, quando ci fu la pubblicazione delle e-mail su il Fatto Quotidiano, non sporse alcuna denuncia, non ha Pag. 8formalizzato e non ha chiesto che venissero puniti i responsabili di una presunta asserita violazione della sua privacy per quanto quelle e-mail fossero agli atti di un fascicolo che si era già concluso con l'archiviazione, rendendo pubblici gli atti in esso contenuti. Quel processo finisce con l'assoluzione di Davide Vecchi e Antonella Tognazzi anche a seguito della testimonianza di Lorenza Pieraccini e di Valentino Fanti che dicono: «Quell'e-mail era accessibile a più persone all'interno della banca.». Se era accessibile a più persone all'interno della banca, non possiamo avere la prova provata che siano stati proprio Davide Vecchi o Antonella Tognazzi a violare la privacy di Viola, perché erano in tanti a poter accedere a quell'e-mail. Questo ci dice un'altra cosa di riflesso. Ci dice che se David Rossi è stato assassinato da qualcuno, come più osservatori ritengono lecito pensare, evidentemente qualcuno ha avuto la libertà di accedere in una banca, il Monte dei Paschi di Siena, nella quale fino a giugno del 2013, tre mesi dopo la morte di David Rossi, non venivano annotati gli accessi. Questa è un'altra delle questioni sorprendenti. C'era la portineria? C'era un signore che doveva controllare le telecamere e non si accorge per 50 minuti che c'è un corpo in vicolo Monte Pio? In quella banca non erano registrati gli accessi. Quindi, se il presidente Zanettin fosse stato un dirigente della banca, poteva ricevermi in qualunque momento, avvisando che mi sarei presentato alla porta, non avrei dovuto lasciare un documento e lo avrei raggiunto nel suo ufficio. A giugno 2013, a seguito anche di un accordo coi sindacati, viene istituzionalizzato un controllo delle entrate e delle uscite. Se invece David Rossi avesse deciso volontariamente di suicidarsi perché non ce l'ha fatta più a sostenere l'enorme pressione sul lavoro nella sua città alla quale era profondamente legato, non avremmo saputo della sua intenzione così chiara, così – lasciatemi passare il termine – razionale, perché chi sostiene che David Rossi si sia certamente suicidato, lo fa rientrare un po' nell'ordine delle cose, e due giorni prima sappiamo di questa sua intenzione, nessuno lo avvicina o gli dice: «Prenditi una settimana di ferie.»? Io sono appassionato di questi temi e devo dire che il suicidio sul posto di lavoro nella letteratura appartiene alle percentuali più basse di eventi suicidari. Chi si ammazza lo fa in un luogo prescelto che è lontano da casa e lontano dal lavoro o lo fa a casa, ma questa è una nota a margine. La rivelazione di Lorenza Pieraccini è importante e vi posso dire francamente che non va nella direzione e non ha come volontà di dire al pubblico che sicuramente qualcuno l'ha buttato giù dalla finestra. Certo è che i segni sul corpo di David avevano delle particolarità e delle caratteristiche che noi, sfogliando gli atti, non ci spieghiamo, come la perizia affidata dalla procura di Siena al professor Gabrielli venissero relegate nell'ambito di una disepitelizzazione di alcune parti del corpo. Rispetto alle ferite che David Rossi riporta sul naso, sulla fronte e sul labbro, che hanno una caratteristica, ovvero che sono in asse – potrebbe essere stato tranquillamente sbattuto con la faccia contro lo stipite di una porta – la perizia di parte, quella del professor Gian Aristide Norelli, dice: «Il mio rispettabilissimo collega, un professionista affermato, dice che è sicuramente un suicidio, ma non spiega l'origine di quelle ferite. Non c'è traccia del fatto che le abbia analizzate, non prova a ipotizzare qual è l'oggetto che possa averle generate». Norelli dice: «Dal mio punto di vista lì c'è stata una colluttazione e sempre dal mio punto di vista la colluttazione viene anche dalle ferite che ha sul polso.». Infatti, la cassa dell'orologio di David Rossi lascia un segno sul polso che è evidentemente il frutto di un afferramento violento del braccio di David Rossi, perché ha i solchi in corrispondenza dei bottoni del cronografo di una profondità che non può derivare dall'impatto con il terreno dopo la caduta. È la stessa magistratura a riconoscere che il primo punto d'impatto è la natica destra, il gomito destro e poi di rimbalzo verso sinistra. Anche sull'orologio ci sarebbero delle cose da dire, ma andiamo avanti. In questo senso noi abbiamo esplorato – questo era solo il quarto servizio – molte ipotesi. Siamo andati da Viola a chiedergli: «Ha letto o no questa e-mail, Pag. 9perché c'è una fonte che non è la signora che lavora nel negozio di fronte alla banca, ma è una persona che lavorava in banca, nel suo ufficio che dice che lei non l'ha letta. Caspita, non avete fatto niente.». La frase «Queste Iene vogliono a tutti i costi fare passare la tesi dell'omicidio» anche in questo caso si infrange sugli scogli della realtà raccontata. Questa nostra introduzione servirà anche a dare spunti ai commissari per approfondire con le domande e, dove ci dovessero essere delle necessità di secretare, lo chiederemo con il permesso del presidente. La questione dei festini va avanti. Ripeto che la questione dei festini non riguarda le cause della morte, ma noi a un certo punto iniziamo a spiegarci perché alcune cose non sono state fatte, con i limiti che ha l'azione della magistratura. Qui nessuno fa finta di non vedere la realtà. Il procedimento giudiziario, il processo penale si basa su regole che escludono le fonti di prova per assicurare il rispetto della Costituzione. Il metodo d'inchiesta giornalistico, invece, è un meccanismo che ha regole di inclusione. Non ci sono regole che dicono che una cosa non va usata, perché per noi è utile tutto ciò che può aiutare il pubblico a comprendere e per risalire alla verità storica e alla verità di fatto. Nessuno sta dicendo che i magistrati sono supereroi o che hanno poteri tali da modificare la realtà quando questa realtà non è più modificabile, però rimaneva il tema, esisteva la possibilità che qualcosa sia andato non nel verso giusto perché il clima ha condizionato. Abbiamo avuto modo anche di rendere conto al pubblico di quelle segnalazioni che erano il frutto di ragionamenti poco basati sui fatti, di fantasie. Devo dire che sono contrario alle teorie del complotto, non cerco a tutti i costi di capire se dietro ogni cosa ci sia qualcosa e, prima di attribuire i misteri italiani alle forze occulte, spesso ci accorgiamo che molte cose vanno male perché la gente è impreparata, perché c'è l'imperizia, la sciatteria. È un male che affligge un po' tutti i livelli della società, nessuno ne è immune. Riceviamo la segnalazione molto importante per noi di una donna che ci dice che, avendo visto l'intervista a Piccini, ha capito che poteva avere a che fare con le sorti professionali del marito che era un ufficiale, una persona di primo piano nell'ambito delle istituzioni senesi e che questa cosa ebbe una ripercussione molto forte sul suo matrimonio. Decidiamo di incontrarla. Quando la incontriamo, lei ci fa un racconto molto particolareggiato di come il suo matrimonio è naufragato, del fatto di aver ritenuto che il marito partecipasse a giri strani, e noi alziamo le braccia e diciamo: «Signora, ci sembra il racconto di una moglie arrabbiata per la fine di un matrimonio e per il naufragio di questa relazione che poi di sicuro avrà avuto un riflesso sui figli, però in mancanza di riscontri ulteriori, ci siamo conosciuti, teniamoci in contatto.». Lei non sapeva che avevamo registrato l'incontro a sua insaputa. L'abbiamo invitata a pranzo in un ristorante in cui altri tavoli erano occupati con persone che lavoravano con noi, ma non ritenevamo che quella storia così sola potesse essere raccontata e fosse sufficientemente completa di dettagli. Passano i mesi, noi continuiamo a occuparci della vicenda e continuiamo a occuparci anche di un racconto molto particolare che farà l'avvocato Luca Goracci, al quale il quotidiano la Repubblica dedica due pagine a firma di Sergio Rizzo che non so se avete già affrontato, lo riassumo brevemente. L'avvocato Luca Goracci racconta di avere ricevuto un giorno presso il proprio studio un signore che si è presentato come Antonio Muto di Mantova. Ci sono diversi Antonio Muto di Mantova, quasi tutti vengono dalla mia regione, la Calabria, e alcuni sono legati a storie di malaffare, alcune definite e altre in corso di definizione. C'è un Antonio Muto, in particolare, che ha una posizione debitoria nei confronti dell'istituto senese molto complessa e molto grande, poiché si parla quasi di oltre 50 milioni di euro, per dei lavori pubblici non ultimati nel centro della città di Mantova, un grande parcheggio sotterraneo per il quale di fronte a un fittizio stato di avanzamento dei lavori, il finanziamento era proseguito fino a oltre il 50 per cento del pattuito. Questo sedicente Antonio Muto, che l'avvocato Goracci racconta di avere Pag. 10incontrato, gli dice che il giorno della morte di David Rossi avrebbe avuto un appuntamento con lui, che la loro conoscenza era risalente nei mesi e negli anni precedenti, che spesso si recavano a Roma, dove avrebbero avuto a che fare con lo IOR – l'Istituto per le opere di religione – dal quale transitavano dei denari di fonte e destinazione opaca, dicendogli un fatto in particolare. Una volta, quando il papà di David Rossi nel novembre del 2012 era in ospedale – da lì a poco sarebbe scomparso – si fece accompagnare a Roma, aveva una valigetta per lui molto preziosa e si fece lasciare all'ospedale di Santa Maria alle Scotte. Questo racconto viene in qualche modo riscontrato dal fratello di David Rossi, Ranieri, che dice: «Io mi ricordo quel giorno in cui David venne con una valigetta e stranamente, rispetto al solito, era ossessionato dal richiamare l'attenzione, quando lui doveva allontanarsi per andare in bagno, e ci diceva: 'Occhio alla valigetta. Per favore, controllate la valigetta.', quando lui di solito era un po' più disinvolto e meno preoccupato dai suoi effetti personali.». Questo è il riscontro di quel racconto, sennonché Goracci dice di aver visto una puntata di Report, sempre di Paolo Mondani, che intervista il vero Antonio Muto, uno tra i grandi debitori del Monte dei Paschi, sulle sue vicende. Goracci dice: «È una persona completamente diversa. Io non ho parlato con quell'Antonio Muto». Tutto questo è il racconto di Luca Goracci. Andiamo avanti su questa storia, proseguiamo e ci soffermiamo anche sulla questione che riguarda il numero di telefono. Infatti, dal dispositivo di David Rossi viene chiamato il 4099009, che non sembra un numero di telefono, ma un codice. Telecom Italia, nell'ambito delle indagini svolte dalla procura di Siena, attribuisce a questo 4099009 due significati, due valenze e due funzionalità differenti. Vi posso assicurare, essendomi confrontato con diversi consulenti in materia di intercettazioni telefoniche ed elaborazione di tabulati telefonici, che il numero 4099009 non ha mai avuto a che fare con un servizio di autoricarica che in quegli anni aveva il codice 4088 per gli utenti Tim. Inoltre, posso dirvi una cosa che è frutto di una questione logica: se è vero che Carolina aveva un telefono ricaricabile andato a corto di credito e non aveva più soldi per chiamare e se ha provato a chiamare David Rossi, accorgendosi in quel momento che il credito era esaurito, perché mai la chiamata al servizio di ricarica automatica dovrebbe essere presente sul tabulato di David Rossi che aveva un'utenza business allegata a un abbonamento, non avendo quindi bisogno di chiamare il 4088 che è un servizio esclusivamente rivolto agli utenti ricaricabili? Ci siamo fatti questa domanda molti anni dopo e probabilmente si poteva fare anche all'epoca, esigendo da Tim una risposta più chiara in questo senso. La stessa cosa non può essere per Tim due cose diverse a distanza di pochi mesi. Scopriamo che quel 4099009 – so che la Commissione ha già svolto gli accertamenti – faceva riferimento, tra i vari risultati di ricerca, a un libretto di deposito al portatore di GE Capital Interbanca, incidentalmente una delle banche che facevano parte della galassia Antonveneta presso Viadana, provincia di Mantova. Cosa ci dice Viadana, in provincia di Mantova? A me niente, non ci sono mai stato, però guarda caso Monte dei Paschi di Siena finanzia la locale squadra di rugby e David Rossi era il responsabile delle sponsorizzazioni. È un link sufficiente? Lasciamolo nel campo delle coincidenze e andiamo avanti. Nel dicembre del 2017 ricevo un'e-mail durante il periodo delle feste, che è un periodo nel quale cerco di staccare completamente dal lavoro per non finire inghiottito nell'abisso che ci perseguita in alcuni casi. Leggerò questa e-mail solo a gennaio. Arriva da un ragazzo che dice: «Ho visto lungamente i vostri servizi e mi porto da anni un peso addosso. Questo peso in qualche modo devo togliermelo dalle spalle. Ho visto l'appello di Carolina Orlandi alla televisione e vorrei raccontarvi cosa ho visto, ma soprattutto cosa ho fatto quando ero appena maggiorenne a Siena.». Ne parliamo a gennaio, io salto sulla sedia assieme a Marco e decidiamo di trovare un modo per contattarci in modo sicuro che non lasci tracce oltre questa e-mail. Riusciamo a parlarci e gli chiedo: «Spiegami bene cosa hai fatto» e Pag. 11lui risponde: «Sono stato invitato ad alcune feste, mi sono prostituito, ho consumato rapporti sessuali in cambio di denaro e l'ho fatto in diverse parti d'Italia. In un periodo particolare della mia vita l'ho fatto in Toscana, in alcune location.». Cerchiamo di capire qualcosa di più e nel corso di una conversazione telefonica decidiamo di fargli vedere tramite Signal e Telegram una serie di foto per capire se, rispetto alle sue esperienze, ricordava le persone presenti nelle foto oppure no. Tra queste abbiamo messo delle spie, ovvero delle foto di personaggi che, se ci avesse dato un riscontro positivo, avremmo capito immediatamente che non avevamo a che fare con un testimone diretto, ma, soprattutto, seriamente intenzionato a dare un contributo. A quel punto, considerata anche la gravità delle affermazioni che faceva, decidiamo di girare la sua testimonianza, assicurando il massimo livello dell'anonimato, avvertendolo del fatto che, non essendo una fonte che ci dava un documento della cui autenticità non c'erano dubbi e la cui identità avremmo potuto in qualche modo coprire, fino anche addirittura all'imputazione di un'eventuale favoreggiamento, cioè la difesa assoluta della segretezza della fonte, ci sarebbe stata una soglia temporale oltre la quale lui sarebbe dovuto venire allo scoperto e che, quindi, aveva tutte le buone ragioni di rifiutare questa testimonianza e che noi non avremmo potuto fare nulla di più, in caso estremo, di dire che abbiamo avuto modo di sapere che abbiamo trovato almeno un testimone di questi festini e che esiste, anche se poi ne avremmo trovati altri nel futuro. Andiamo all'incontro prefissato in Lombardia. Ripeto che tutti questi incontri avvengono senza alcun contatto telefonico o quantomeno alcun contatto telefonico idoneo a lasciare tracce sui tabulati. Per questo motivo abbiamo utilizzato app cifrate. Giriamo l'intervista che ha avuto dei momenti drammatici, perché capisco anche la sofferenza di una persona che ha fatto le cose che ha fatto e che poi si è ricostruita una vita. In quel momento per noi era una persona che aveva solo da perdere. Gli abbiamo ripetuto questa cosa e abbiamo formulato questo avvertimento fino allo sfinimento. Giriamo tra gennaio e febbraio – credo fosse la prima settimana di febbraio –, ma avere la sua intervista per noi non fu sufficiente a decidere di mandarlo in onda. Nel corso di quell'intervista avviene una cosa molto importante. Noi gli sottoponiamo una fotografia che era vincolata, non era una fotografia che, cercando il nome su Google di quella persona, sarebbe venuta fuori tra i risultati di ricerca e, peraltro, era una foto con una decina persone attorno a un tavolo. Quando tiro fuori questa foto, in un tempo record punta il dito su una persona e dice: «Lui c'era e anche lui». Non so chi fosse la seconda persona, non lo so ancora oggi, ma l'altra persona è il marito della signora con cui ci eravamo incontrati a novembre. Gli dico: «Aspetta un attimo. Riguardala bene con calma. Sei sicuro al 100 per cento? Perché questa cosa che mi stai dicendo adesso è un po' delicata. Entriamo in un campo delicato». E lui risponde: «Assolutamente». A quel punto per noi il suo racconto assume un valore completamente diverso da quello che aveva avuto fino a quel momento. Per noi nemmeno questo era sufficiente. Il fatto di avere dato un riscontro così solido a quello che aveva formulato una persona così vicina al soggetto in questione era per noi sufficiente, se non fosse altro che il soggetto in questione avesse avuto in qualche modo a che fare con le indagini, anche se solo inizialmente e senza alcun atto ufficiale svolto, però era una personalità idonea a farlo. Quando rientriamo, rivediamo tutto il girato e gli diciamo: «Devi assumerti una responsabilità per le dichiarazioni che hai fatto. Ovviamente noi decideremo se mandarlo in onda una volta che avremo svolto ulteriori riscontri e che avremo confrontato il nostro materiale anche con altre fonti.». C'è stato anche un dibattito a Siena addirittura sull'esistenza dei festini. Si dice: «No, ma i festini non esistono», ma che vuol dire? Che ne sai? Se qualcuno di voi ha modo di fare una ricerca accurata, troverete che non è la caratteristica di Siena. Che qualcuno faccia delle feste un po' fuori dai limiti ci sta, ma in particolare nel senese se ne sono viste di tutti i colori negli ultimi Pag. 12otto anni. Non si può dire che non esistono festini, al massimo festini dove partecipano persone collocate in società al vertice della piramide sociale. Decidiamo di svolgere un incontro con Carolina, dicendo a questo ragazzo: «Siccome tu hai deciso di rispondere a un appello della figlia di David, guardala negli occhi, parla anche con lei di questa cosa che hai fatto e di questo peso che ti vuoi togliere, almeno c'è un punto di contatto tra la persona che vuoi aiutare e te che hai queste informazioni.». Dopo qualche settimana cerchiamo di ottenere da lui un altro riscontro che ha a che fare con la sua capacità sulla sua conoscenza dei luoghi. Dice: «Io vivo al Nord, però sono stato a dei festini nella provincia di Siena.», però volevamo capire se era vero che lui fosse stato lì. Così gli dico: «Vorrei che mi descrivessi e mi portassi nei luoghi che hai visto.». Devo dire che ancora oggi, se devo andare a Siena o devo raggiungere un punto preciso, uso il navigatore, ma io ho dei limiti delle mie capacità di orientamento. In questo caso lui non poteva raggiungerci fisicamente e disse: «Guarda, tu vai verso la fortezza di Siena e io da là sono in grado di guidarti in uno dei due posti dove ci vedevamo per queste feste». Devo dire che, nonostante la scarsa qualità del flusso video, nonostante fosse un cellulare a mostrargli la strada – io guidavo il mio operatore che mi dava una mano nel tenere l'inquadratura fissa –, lui dimostra di conoscere a menadito quelle strade, perché dice: «Tra un po' ci sarà un benzinaio, gira a destra, prendi questa strada.» – c'erano delle strade sterrate che non avevo mai fatto prima – e arriviamo in uno di questi luoghi, in cui anche la magistratura di Genova ha delegato delle indagini, se posso permettermi di fare un'osservazione. Capisco anche il limite del tempo che è passato, che nel frattempo i dipendenti di una struttura alberghiera cambiano, però se io vado in un albergo dove qualcuno mi ha detto che ci sono stati dei festini, attività che ciascuno di voi, onorevoli commissari, riconoscerà che nessuno si fa dare le ricevute o scatterà delle foto ricordo, se la Guardia di finanza o la polizia giudiziaria delegata va alla reception e chiede: «Ma qui ci sono mai stati festini?» e quelli rispondono: «No», ho difficoltà a chiamare questo «un riscontro negativo» sull'esistenza dei festini, anche perché – vi invito a farlo – sfogliando le sommarie informazioni testimoniali dei dipendenti di questa struttura, vedrete che le risposte sono quasi «ciclostilate». Capisco che non si può accertare una cosa del genere, però nemmeno dire che questa è la prova negativa del fatto che lì non si è mai potuto consumare qualcosa del genere. Non parliamo di qualcosa di illecito. Qui nessuno sta parlando di festini nei quali qualcuno veniva abusato o sottoposto a violenze. Nessuno dice questo. Dico semplicemente che se esisteva quel tipo di contesto, da lì potevano scaturire delle pressioni. Io ho concluso. Aggiungo solo che noi veniamo sottoposti a indagine dopo le rivelazioni di Piccini, perché tutti i magistrati che hanno transitato tra il 2013 e il 2017 dall'ufficio del pubblico ministero si sono ritenuti diffamati prima dalle dichiarazioni di Pierluigi Piccini, poi dalle rivelazioni del testimone che abbiamo mandato in onda e, quindi, hanno sporto querela. Contestualmente viene aperta l'indagine con l'ipotesi di abuso d'ufficio a carico dei magistrati che viene archiviata a gennaio.

  PRESIDENTE. L'indagine a che punto è?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Le posso dire che i termini massimi di durata delle indagini preliminari sono scaduti ormai da molto tempo.

  PRESIDENTE. La proroga?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Ci sono già state due proroghe e non è più possibile concederle, se nel frattempo il codice di procedura penale non è cambiato, ma sono abbastanza certo che per il momento non è cambiato. Quello che posso dire è che, scaduti i termini delle indagini preliminari, noi non siamo stati rinviati a giudizio né è stata chiesta l'archiviazione. Dico questo perché noi abbiamo sempre fatto delle riflessioni e una riflessione è la seguente. Nell'ambito dell'indaginePag. 13 per abuso d'ufficio viene sentito anche il nostro testimone, perché dicono: «Le Iene intervistano il cugino di Monteleone con un cappuccio in testa che dice una serie di affermazioni gravissime che gettano discredito sulla città e sulla magistratura per fare scandalo e per fare ascolti.». No, in questo caso non è proprio andata così. È andata che io ho subito una perquisizione il primo ottobre del 2018. Qual era lo scopo della perquisizione? Risalire all'identità della nostra fonte che fino a quel momento abbiamo assolutamente tenuto riservata anche nel corso dell'interrogatorio al quale io mi sono volontariamente sottoposto davanti alla procura di Genova ad aprile del 2018, nonostante, in qualità di soggetti indagati di reato connesso, collegato, avessimo potuto avvalerci della facoltà di non rispondere. L'interrogatorio è durato oltre tre ore e mezza e fu riassunto in poche pagine di verbale e c'è un'audio a disposizione. In questo interrogatorio abbiamo cercato di dare il massimo contributo possibile, senza però fare il nome della nostra fonte. Il primo ottobre 2018 subisco la perquisizione che ha come obiettivo quello di risalire all'identità del nostro testimone. Tutti i tentativi fatti dalla polizia postale, a testimonianza del fatto che avevamo lavorato molto bene in termini di strumenti per contattarci, avevano dato esito negativo, anzi apro una piccola parentesi: secondo la polizia postale di Genova, a un certo punto il nostro testimone sarebbe stato un autore di Radio2 che avevo sentito per ragioni completamente diverse, ma può capitare di sbagliare. Viene fatto un accesso sulla mia casella di posta elettronica e credo che Google non avesse autorizzato l'accesso al server per estrapolarla in maniera autonoma. Dopo la perquisizione ho avvisato il nostro testimone per dirgli: «Guarda, la situazione è questa. Ho subìto una perquisizione. Sono abbastanza certo che da questa perquisizione la tua identità verrà recuperata in qualche modo, perché c'era il tuo numero di cellulare. Prenditi una settimana di riflessione, perché è il momento che tu vada a parlare coi magistrati di Siena.» Non sto qui a soffermarmi sullo sconcerto che questa cosa ha provocato nella testa di questo povero disgraziato, ma dopo una settimana mi dice: «Va bene, ci vado». Chiamo il procuratore Ranieri Miniati e gli dico: «La persona che abbiamo intervistato è disponibile.» e lui mi risponde: «Si è deciso finalmente». Gli dico: «Sì, si è deciso. Trovate un modo perché non venga aggredito dai giornali e che non spifferino notizie sul fatto che lo sentirete.» e devo dire che sono di parola perché lui viene sentito poi dalla Guardia di finanza. Da qui ho bisogno di prendere altri cinque minuti, perché prima che io subisca la perquisizione nell'ottobre del 2018, a Siena a partire dalla fine del 2018 viene orchestrata una campagna di stampa clandestina, perché il regista di questa operazione non è un giornalista e onestamente non si capisce che lavoro faccia, perché ha fatto il dirigente della banca, fa l'imprenditore senza alcuna competenza specifica in materia bancaria, perché aveva il diploma di liceo scientifico ed è stato nel consiglio di amministrazione di una delle società controllate dal Monte dei Paschi. Questa campagna di stampa era finalizzata a delegittimare il nostro lavoro con attacchi che sono consistiti nella realizzazione dei nostri cartonati. Per «nostri» intendo che vi era un mio cartonato, uno di Marco Occhipinti, uno di Carolina Orlandi, uno di Pierluigi Piccini e di tutte le persone che in qualche modo hanno contribuito a tentare di fare luce su questa vicenda. Vi posso dire che quando ho visto uno dei servizi di questa trasmissione che aveva come obiettivo colpire Le Iene, Quarto Grado e chi aveva avuto l'ardire di parlare con noi, mi sono venuti i brividi, perché in una di queste puntate c'è un personaggio che va in giro in macchina con un cartonato di Piccini al quale dice delle cose che probabilmente passano inosservate, ma io sono nato a Reggio Calabria e mi sono occupato lungamente di cronaca giudiziaria, di politica, di 'ndrangheta e di malaffare e devo dire che ascoltare un certo tipo di parole e un certo tipo di atteggiamento nei confronti di una persona... Piccini ha straparlato? Forse non doveva parlare con i giornalisti? Devo dire che in quel momento è stata l'unica persona estremamente qualificata che ci ha Pag. 14parlato liberamente in un contesto come quello senese. Questa non è una generalizzazione nei confronti della città di Siena, che ci ha accolto all'epoca e che ci accoglie tuttora con estrema generosità e affetto, o un modo per gettare discredito sulla città. Insieme a questa campagna di stampa, nell'estate del 2018, quando ancora la procura di Genova non era risalita all'identità del nostro testimone (subisco la perquisizione a ottobre), in prima pagina sul Corriere di Siena viene data notizia che non solo il nostro testimone è stato sentito, ma che si è rimangiato tutto. «È uno scandalo. Le Iene si sono inventate di sana pianta una storia.». Questa cosa è andata in prima pagina sul quotidiano più letto a Siena.

  PRESIDENTE. Chi era il direttore?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Credo che non fosse ancora Davide Vecchi.

  PRESIDENTE. Questo lo immagino. Per questo ho fatto la domanda.

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Non ne sono sicuro, però le posso dire la data che è luglio del 2018. A luglio del 2018 a firma Lorenzini, se non sbaglio, viene data questa notizia assolutamente falsa – nella mia rassegna personale ormai da qualche anno c'è anche il Corriere di Siena – e quando l'ho letta, sono saltato sulla sedia. Ho preso contatti con la nostra fonte e chiedo: «Ma che è successo? Ti sei rimangiato tutto?» e mi ha risposto: «No, veramente non mi ha chiamato nessuno. Non ho sentito nessuno, non sono stato in procura.». Questa bufala viene ripresa anche dall'ANSA e ovviamente a Siena crea rumore. Se dici dalla sera alla mattina che il testimone de Le Iene si è rimangiato tutto, io cambio mestiere e vado a fare un'altra cosa. Invece, la nostra fonte verrà sentita tra ottobre e dicembre del 2018. Peraltro, nell'ambito di questa campagna, la procura di Siena ha ipotizzato la commissione di reati come violazione del segreto investigativo, perché a un certo punto il conduttore di questa trasmissione darà notizia di alcuni atti svolti dalla procura di Siena per accertare la veridicità delle dichiarazioni di un soggetto che viene condannato definitivamente per l'omicidio di una prostituta, avvenuto a Siena due giorni prima della morte di David Rossi. Ancora non si sa come, non si sa perché, ma uno dei verbali di interrogatorio di questa persona finisce – le fonti da cui poteva uscire quel verbale sono poche – nelle mani di questo personaggio. Questo personaggio si affretta a dare notizia di questa cosa alla vigilia della nostra messa in onda di uno speciale de Le Iene che durò circa tre ore per Italia1 e che andò in onda nel marzo del 2019. Spero di aver lasciato qualche spunto. Lascio la parola a Occhipinti e, se ci sono delle domande, rimango a disposizione per ulteriori chiarimenti.

  PRESIDENTE. Ringraziamo Antonino Monteleone che ha fatto una relazione molto stimolante. Poi sicuramente ci saranno delle domande. Passiamo la parola a Marco Occhipinti che proseguirà la relazione.

  MARCO OCCHIPINTI, giornalista de «Le Iene». Buongiorno a tutti. Cercherò di essere il più sintetico possibile anche perché i colleghi che mi hanno anticipato – Davide Vecchi, Paolo Mondani, Pierangelo Maurizio e Antonino Monteleone – sono stati molto esaustivi in merito a quanto ha portato diverse trasmissioni nel tempo e un giornalista come Vecchi, che ha addirittura dedicato un libro a questa storia, a occuparsi di questa vicenda. Sono tante le cose che ha detto Antonino. Abbiamo lavorato a questa vicenda da ormai quattro anni, per cui ci sarebbe tanto da dire. Rispetto alla persona che abbiamo sentito, un altro accertamento che abbiamo svolto è relativo al fatto che fosse una persona con un lavoro che aveva a che fare, in qualche modo, con le istituzioni ed è una persona che veramente aveva tutto da perdere. Lui si era rifatto una vita, aveva una compagna, aveva un lavoro ben remunerato e non aveva alcun motivo di imbarcarsi in questa storia, se non l'esigenza di raccontare una cosa che riteneva potesse essere utile. Partendo dall'inizio, la prima cosa che mi sono chiestoPag. 15 quando ho valutato se fosse interessante occuparci di questa storia, è una cosa che viene detta poche volte. Questa indagine viene aperta dalla procura di Siena per istigazione al suicidio. L'hanno aperta i pubblici ministeri di Siena con questa ipotesi. Sono rimasto sempre colpito su quali fossero gli atti di indagine che avessero investigato sulla possibilità che qualcuno avesse istigato al suicidio David Rossi, fisicamente, con minacce e ricatti. Poi si scopre che non sono state acquisite le telecamere di sorveglianza, tranne una che è stata acquisita con taglio in testa e in coda, che non sono state acquisite le celle telefoniche per capire chi fosse transitato nella banca e nei dintorni del vincolo, che non sono stati analizzati i vestiti, che non sono stati analizzati i fazzolettini con tracce ematiche, protagonisti di una distruzione anomala, che avete già affrontato qui, prima ancora che il giudice archiviasse e quindi, in qualche modo, questa distruzione avrebbe, almeno teoricamente, potuto ledere il diritto al contraddittorio della famiglia, ma anche la possibilità che il giudice dicesse: «Va bene proseguiamo l'indagine», ma in quel caso che indagini si sarebbero potute fare con i fazzolettini già distrutti? Tutte queste cose mi hanno sempre lasciato la domanda: dove sono le indagini fatte per capire chi avesse istigato al suicidio David Rossi? C'è stato tutto un dibattito sul fatto che tutti erano convinti che fosse un suicidio, ma siccome si parlava di istigazione al suicidio, se non si fanno queste ricerche, diventa tutto complicato, anche perché nel tempo ci sono state delle sollecitazioni da parte della famiglia, una delle quali molto importante, fatta da un esposto di Luca Scarselli, il perito della famiglia, che aveva compilato un elenco di cose che, secondo lui, erano importanti da notare nell'unico video a disposizione, di presenze, di luci, di ombre e di persone nel vicolo, fino a quella eclatante di un uomo che entra con un cellulare in mano, si affaccia, guarda e se ne va. Se avessi la possibilità di leggervi la risposta messa per iscritto dai pubblici ministeri Marini e Natalini, poiché questa risposta mi lascia un po' perplesso.

  LUCA MIGLIORINO. Una precisazione. Il dottor Davide Vecchi entra al Corriere di Siena a novembre di quell'anno. Mi sembra che prima ci fosse Franco Bechis.

  MARCO OCCHIPINTI, giornalista de «Le Iene». Ora non è facile ritrovare la risposta dei PM, però sostanzialmente dicono che non rilevano che ci fossero degli elementi nuovi, che quella era una via pubblica e che le persone che transitavano evidentemente non avevano relazione causale con l'evento della morte di Rossi – non so come potessero affermarlo senza indagini – e che si poteva trattare di persone attratte dall'accaduto nella pubblica via. Questa cosa mi ha sempre colpito perché per non aprire le indagini loro danno come motivo uno dei motivi per cui quella persona sarà indagata nelle seconde indagini per omissione di soccorso. Mi sono sempre chiesto: perché certe indagini non sono state fatte? L'ingegnere Scarselli nell'integrazione scrive che: «Posto che si evidenzia la presenza di alcune persone e di luci, nessuna relazione causale hanno con l'evento mortale verificatosi, ben spiegabile con la circostanza che, pur trattandosi di un vicolo, era pur sempre una via pubblica e quindi frequentata da passanti attratti probabilmente dall'accaduto.». Visto che poi Rossi è stato a terra per circa un'ora, si aprirà un'indagine per cercare di capire chi fosse quella persona. Non si riuscirà a scoprirlo, perché, se non sbaglio, nelle seconde indagini verranno chieste le celle telefoniche ma, essendo trascorsi tre anni, non era più possibile ricostruire i percorsi dei telefoni che avevano agganciato la cella che riguardava quel vicolo. Un'altra cosa che volevo dire che mi ha sempre colpito e che noi non abbiamo affrontato in maniera così specifica nei nostri servizi è la lettura delle e-mail che ci sono state tra David Rossi e Fabrizio Viola. Antonino si è soffermato sul tema dell'e-mail che stranamente arriva alle 22 e che non viene considerata da nessuno. Quel giorno succede una cosa particolare: David Rossi, in maniera anche un po' avventata, – cosa di cui si pentirà – comunica all'amministratore delegato che vorrebbe parlare con i magistrati. Prima di leggere le e-mail e le trascrizioni, vorrei Pag. 16dire che si è sempre parlato di David Rossi e del suo rapporto con Mussari, però se uno legge le prime sommarie informazioni testimoniali dell'epoca, vede che David Rossi era uno che sapeva tante cose, ma non era uno che aveva voce in capitolo su alcune decisioni che poi avrebbero potuto compromettere le sorti della banca. Cosa dice Fabrizio Viola? Fabrizio Viola, due giorni dopo la morte, «racconta che David Rossi era convinto che qualcuno lo avesse voluto incastrare, ma che avesse voluto incastrare lui come persona e non come capo della comunicazione di MPS e che lui potesse essere custode di documenti. 'Chissà cosa hanno trovato nei miei PC', diceva e che aveva fatto una serie di cavolate.»
  Citando l'espressione «una serie di cavolate», mi ricollego alla frase «Ho fatto una cavolata», su cui c'è stata un'interpretazione a volte molto restrittiva sul fatto che la cavolata fosse stata unicamente di aver detto a Viola che voleva andare a parlare con i magistrati, però in realtà lui sia con la Ciani che con Fabrizio Viola parla di una serie di cavolate. Queste dichiarazioni di Fabrizio Viola mi sono tornate in mente più volte, soprattutto quando il collega Pierangelo Maurizio ha raccontato della possibilità che vi fosse stato un ritrovamento di un filmato in uno degli apparecchi informatici del Rossi. Alessandro Profumo – come sapete, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola erano stati a cena poco tempo prima insieme a David Rossi – legava tali sue preoccupazioni alla circostanza di aver frequentato anche recentemente il cosiddetto «gruppo della birreria» di cui si parla nelle cronache locali. Gli fece anche il nome della persona che aveva incontrato, ma non lo ricorda. Quindi, Profumo ricorda che David Rossi era preoccupato e che le sue preoccupazioni erano relative più a queste frequentazioni rispetto al poter essere indagato per motivi che avevano a che fare con il suo ruolo e con il suo lavoro in banca. Leggo le dichiarazioni di Profumo: «Mi fece anche il nome di una persona che aveva incontrato, ma non lo ricordo anche perché non conosco coloro che farebbero parte di quel gruppo così denominato». Queste due SIT all'epoca mi fecero rileggere quanto scritto a Viola nelle e-mail – a cui, se posso, dedico un attimo –, perché David Rossi non scrive a Viola: «Sono preoccupato perché stanno indagando sulla banca», ma dice: «Ho bisogno di un contatto con questi signori perché temo che mi abbiano male inquadrato come elemento di un sistema e di un giro sbagliati. Capisco che il mio rapporto con certe persone possa farglielo pensare, ma non è così.». Che lui avesse un rapporto lavorativo con Mussari era nell'ordine delle cose, però qui lui parla di un giro e di un rapporto con certe persone.

  PRESIDENTE. Questo gruppo della birreria...

  MARCO OCCHIPINTI, giornalista de «Le Iene». Non lo dice. Lui non dice: «per quello che ho fatto per la banca» e lo stesso Viola dice che era preoccupato per la sua persona e che fosse stato incastrato. Quando poi Pierangelo Maurizio ne ha parlato, mi sono sempre detto che, dal momento in cui subisce la perquisizione inizia... e, se non sbaglio, quando gli viene restituito uno dei suoi apparati informatici, fa un reset. Tra l'altro, ho sentito il procuratore Vitello dire che alla fine di questo scambio di e-mail lui sembrava essersi rasserenato, ma non rispetto alla richiesta di aiuto «Stasera mi suicidio sul serio. Aiutatemi.», bensì semplicemente per il fatto che poi si rende conto che forse aveva fatto una mossa un po' avventata e dice: «No, sono pazzo. Scusami, non c'è nulla da temere.». Si è parlato tanto dell'incontro con la Ciani. Sempre Viola dice che la Ciani non lancia nessun allarme dopo aver incontrato David Rossi rispetto al suo stato, ma anzi dice: «Dopo l'incontro mi è sembrato molto più tranquillo rispetto al suo futuro professionale». Questo è quello che dice Viola alla SIT dopo aver parlato con la Ciani. Tra le cose che ho fatto all'inizio è stato parlare con tutta una serie di persone. Tra le tante persone, mi colpirono due testimonianze. Una fu quella di Luca Scarselli che aveva incontrato David Rossi poco prima della sua morte. Erano stati a lungo a parlare del progetto della nuova Pag. 17casa perché, se non sbaglio, Luca Scarselli seguiva l'avanzamento dei lavori della casa in restauro a Siena. Luca Scarselli è convinto che non si sia suicidato e non lo vedeva come una persona che si potesse suicidare, anzi, lo vedeva molto attento a tutta una serie di questioni pratiche, cosa che poi sembrerebbe confermata dal fatto che addirittura la mattina in cui muore, incontra una persona che ha un negozio di elettronica, la quale riferisce di aver parlato di un impianto da progettare nella nuova casa. Poi ho incontrato un collega di David, che credo si chiami Stefano Antoniozzi, se non sbaglio. Questo collega mi ha raccontato che poco prima della morte – non so se uno o due giorni prima – aveva avuto una conversazione telefonica con David Rossi di circa mezz'ora in cui faceva un grosso «cazziatone». Mi ha detto: «Non ha idea di quanto fosse sul pezzo. Sono convinto che non si sia suicidato. Uno che era così sul pezzo sul lavoro, secondo me non era uno che aveva intenzione di farla finita.». Se non sbaglio il riferimento era a un comunicato non scritto o scritto male su un film che aveva sponsorizzato Monte dei Paschi, un film girato a Siena con Luigi Lo Cascio. Ironia della sorte, nella trama di questo film a un certo punto si fa anche un riferimento a delle feste, degli incontri di cui il protagonista, Luigi Lo Cascio, viene accusato di poter aver partecipato dalla moglie di una persona che è stata investita. Tutte le cose che vi potrei dire da adesso in poi sarebbero da secretare.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. L'onorevole Migliorino voleva intervenire.

  LUCA MIGLIORINO. Grazie, presidente. Ora che siamo ritornati in pubblica mi permetto di ricordare che una Commissione d'inchiesta nasce anche perché c'è una forte opinione pubblica che vuole avere più chiarezza sui fatti che sono accaduti. È giusto ricordare che forse questa grande opinione pubblica ha avuto le informazioni grazie al vostro lavoro. Lo dico adesso: buon pomeriggio e complimenti per il vostro lavoro. Ora le farò delle domande, cercando di capire le vostre osservazioni. Voi credete che le indagini siano state subito e troppo indirizzate verso il suicidio?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Le indagini sono state condizionate da un'associazione, che poi hanno fatto tutti, che fa l'uomo comune. L'uomo comune vede una finestra aperta e un uomo sotto quella finestra ed è portato a ritenere immediatamente che quell'uomo da quella finestra si sia volontariamente lanciato, in assenza di impalcature che possano far immaginare un incidente sul lavoro. Questo errore, però, non l'ha commesso l'osservatorio comune ma, per stessa ammissione del procuratore capo di Siena, è stato poi la convinzione iniziale di tutti. Dice il procuratore capo di Siena: «Anche della famiglia». Ma è anche vero che la famiglia il giorno dell'incidente non ha ancora visto le immagini della videosorveglianza, non ha ancora preso possesso degli esiti dell'autopsia, non ha ancora visto nel dettaglio le foto del cadavere di David Rossi, non ha ancora avuto modo di far apprezzare quella relazione autoptica al proprio consulente di parte, che è il professor Morelli, un affermato e stimato professionista nel campo della medicina legale. L'assenza di un patrimonio informativo solido per la famiglia è stata anche la causa della loro iniziale convinzione che si fosse trattato di un tragico suicidio. Il fatto che un pubblico ministero e/o la polizia giudiziaria da questa idea iniziale diano vita a un fascicolo per istigazione al suicidio e che nel fascicolo per istigazione al suicidio non si rinvengano, ma non escludo che sia stata per incapacità, attività di indagine strettamente finalizzate a risalire a chi avrebbe indotto David Rossi a questo suicidio ci ha fatto molto riflettere. Queste carenze ci hanno spinto poi a occuparci del caso.

  LUCA MIGLIORINO. Lei ha contezza, perché io l'ho visto da articoli di giornali e Pag. 18sentito dal fratello del dottor David Rossi, Ranieri Rossi, che addirittura non si voleva che venisse fatta l'autopsia sul corpo anche per rispettare la persona di David Rossi?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Ranieri Rossi ci ha raccontato che la decisione di disporre l'autopsia da parte della procura di Siena nasce anche dalle pressioni che fa sua moglie, che insiste perché venga disposta l'autopsia sul corpo. Dice addirittura Ranieri: «Un poliziotto è venuto a darmi il portafogli di David». Non c'è da fare qualcosa? Non va analizzato? Non viene sequestrato? Questo ci sorprese molto. Probabilmente l'inizio di questa vicenda nasce con una convinzione, con un pregiudizio. Ripeto, la differenza che c'è tra il giornalista, il cittadino comune, il magistrato che indaga, è che il magistrato almeno nelle fasi iniziali mette da parte il pregiudizio, lo lascia a casa e prova a tenere tutte le piste aperte.

  LUCA MIGLIORINO. Quindi le indagini partono verso questo senso, subito si parla di suicidio. Lei fa parte di una trasmissione molto seguita che ha portato avanti tantissime indagini. Voi avete una grande esperienza di inchieste, di indagini. È normale che la notte del suicidio vengano fatte subito delle perquisizioni a casa della moglie, Antonella Tognazzi, e nell'auto?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Mi verrebbe da dirle che la decisione di disporre delle perquisizioni è una buona notizia. Anche questo è un elemento. Indaghiamo a 360 gradi. Andiamo anche a casa di chi secondo noi si è tolto la vita, perché se l'indagine è per istigazione al suicidio magari troviamo le tracce di chi lo ha indotto a suicidarsi. Per quella parte non sono né sorpreso né negativamente colpito. Anzi, bene tutti gli atti investigativi. Aveva dei diari, aveva delle agende, appuntava gli appuntamenti e gli incontri. Sicuramente potevano dare un grande contributo. Pare che queste perquisizioni abbiamo dato un esito negativo. La vedova Tognazzi sostiene che queste attività di ricerca siano state estese anche a un'abitazione di montagna, se non vado errato.

  LUCA MIGLIORINO. Lei invece ha contezza, magari, di qualcuno che ha mai parlato di utilizzo delle cimici, quindi di intercettazioni ambientali o telefoniche del dottor David Rossi?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Quando incontriamo Carolina Orlandi prima di girare un'intervista con lei, lei ci racconta una cosa. Questa cosa la conferma anche Ranieri, seppure in altri termini, relativamente al fatto che – racconta Ranieri Rossi – «quel giorno David era estremamente guardingo, si guardava intorno, camminava spalle al muro; mi ha dato un appuntamento in un luogo ma poi, all'approssimarsi dell'ora dell'incontro, mi ha chiesto di spostare la location; mi ha dato la sensazione che lui sentisse di essere seguito, pedinato». Invece Carolina Orlandi ci dice che, a proposito dei gesti di autolesionismo di cui si è molto parlato, si cerca di far passare David Rossi come quei ragazzi un po' depressi che vengono chiamati «emo», che nella noia si fanno i taglietti perché vogliono soffrire. Dice: «Quando io gli chiedo conto di alcuni tagli che aveva sul suo braccio, David mi fa segno di tacere e inizia a scrivere su un foglio di carta». Cioè, vuole che la conversazione si sposti dalle parole alla carta. Dal racconto di Carolina sembra che il timore di David Rossi non sia la presenza di intercettazioni ambientali o telefoniche disposte dalla magistratura nell'ambito di una cornice di legalità, ma che lui temesse di essere sottoposto a un'attività di ascolto evidentemente fuori dalle regole del processo, fuori dalle regole dell'indagine, a cui comunque lui non era sottoposto.

  LUCA MIGLIORINO. Ora, posto che i bigliettini che scrive a Carolina Orlandi non sono i bigliettini che vengono trovati, va bene...

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». No, sono proprio una cosa diversa.

Pag. 19

  LUCA MIGLIORINO. Sono una cosa diversa. Però le dice di buttarli e di stare attenta a non essere vista quando li butta. Voi nelle vostre indagini avete mai pensato che questa cosa fosse successa al dottor Rossi, cioè che lui in precedenza avesse scritto dei bigliettini e poi non li avesse trovati più dove li aveva lasciati?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». No, a proposito di questo noi abbiamo fatto altre valutazioni proprio per soffermarci sulla questione documenti scritti lasciati da David Rossi. I biglietti di addio, che dovrebbero essere la prova regina del fatto che David Rossi ha volontariamente deciso di porre fine alla sua esistenza terrena, riguardano una circostanza particolare. Esistono agli atti di quell'indagine le foto del cestino nel quale questi biglietti sono stati rinvenuti. Se la vista non ci ha ingannato, noi ci accorgiamo che questi biglietti non si trovano nell'immediata superficie di quel cestino dei rifiuti, ma si trovano sotto altro materiale: in quel caso libri, cataloghi, eccetera. Questa cosa ci ha dato degli spunti di riflessione. La moglie sostiene che il contenuto e il tenore di quel biglietto fossero in contrasto con il modo in cui David le si rivolgeva e in particolare utilizzasse un modo di rivolgersi alla sua persona che non piaceva a David. «Non posso immaginare che lui per darmi l'ultimo addio abbia usato quel modo per salutarmi». Poi il punto in cui sono stati ritrovati non ci ha mai convinto. Della destinazione e della fine che fanno i biglietti con i quali avrebbe conversato David con Carolina noi non sappiamo nulla.

  LUCA MIGLIORINO. Noi ovviamente lo chiederemo ai PM che verranno convocati in questa Commissione. In verità, almeno dal verbale, viene detto che questi bigliettini vengono trovati stracciati e vengono poi messi proprio come materiale 1, 2 e 3, cioè praticamente proprio i principali, e viene detto che vengono tolti dal cestino. Ora in verità i PM fanno un sopralluogo prima. Il sovrintendente Marini sale in quella stanza, fa quel video, poi fa chiudere la stanza a chiave, mette di guardia un altro delle forze dell'ordine, poi dice che arrivano i PM. Lei ha contezza che questi PM abbiano preso in quel momento i bigliettini dal cestino, cioè prima delle immagini della scientifica?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Posso dirglielo in termini un po' diversi. Mi deve permettere, commissario, perché non vorrei scivolare in un'affermazione un po' troppo impegnativa. Possiamo dire, dalla lettura degli atti, che la catena di custodia del luogo dell'evento e segnatamente dell'ufficio del dottor David Rossi non è stata mantenuta secondo quelle che sono le regole del gioco, perché noi ricaviamo dall'osservazione delle foto della polizia scientifica che ci sono delle modificazioni dello stato dei luoghi. Forse qualcuno può ritenerle marginali, ma per altri potrebbero essere cruciali. Variano in assenza di un verbale di istruzione e riapposizione dei sigilli su quella stanza. La domanda che fa lei contiene implicitamente una risposta che non sono in grado di corroborare. Posso dirle, però, che noi, dal punto di vista giornalistico, osserviamo che dal compendio degli atti di quell'indagine, la custodia del luogo potrebbe aver avuto delle falle.

  LUCA MIGLIORINO. Perché del verbale che cosa dicono? Gli allegati 1 2 e 3 vengono presi il 7 marzo alle ore 10.30, perché poi arrivano a Rocca Salimbeni, ci sono Nastasi, Natalini, il sostituto procuratore e poi chi starà insieme a loro. Qui dicono che vengono rinvenuti all'interno del cestino dei rifiuti, in prossimità della scrivania del Rossi. Si capisce poco bene se questi bigliettini fossero stati presi la sera prima o fossero stati ripresi il 7 marzo del 2013. Le chiedevo qualcosa un po' su questo.

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Possiamo dire che la cosa di cui lei prende atto e a cui fa riferimento è uno dei problemi.

  LUCA MIGLIORINO. Noi abbiamo chiesto delle perizie su questo e sui video che abbiamo avuto. Molti hanno parlato del Pag. 20fatto che il dottor Rossi magari fosse preoccupato. Io sfido chiunque, dopo aver ricevuto una perquisizione a casa, in macchina, in ufficio, il 19 febbraio, con un carico di lavoro così pesante, a non essere preoccupato da questo punto di vista. A tutti quelli che abbiamo ascoltato ho chiesto se erano degli psicologi o avessero fatto degli studi. Non li ha fatti nessuno, quindi erano dei pareri. In molti casi sembravano pure molto simili. Lei ha contezza di qualcuno che nelle sue interviste ha detto che stava bene? Mi pare che qualcosa ha accennato prima.

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». No. Le dico questo, onorevole: che David Rossi potesse essere preoccupato non lo possiamo mettere in dubbio. Che la preoccupazione che sarebbe derivata dall'aver subito una perquisizione potesse essere tale da far crollare la salubrità mentale di un uomo nella posizione di David Rossi all'interno di un'organizzazione finanziaria com'era una banca quotata alla Borsa di Milano, la mia risposta, sulla base della mia esperienza, è assolutamente no. Non fai il lavoro che faceva David Rossi al Monte dei Paschi se crolli perché ti hanno perquisito casa.

  MARCO OCCHIPINTI, giornalista de «Le Iene». L'ex sindaco di Siena, Piccini, tra l'altro questa cosa ce la specifica. Dice che lui aveva un sacco di contatti. Se avesse perso il lavoro l'avrebbe perso il giorno dopo e avrebbe avuto una liquidazione milionaria da dirigente qual era. Per come lo conoscevo io, per la sua razionalità, che lui fosse terrorizzato dal perdere il lavoro non è una cosa a cui credo.

  LUCA MIGLIORINO. Una sensazione: ha mai pensato che questi bigliettini possano essere stati messi da qualcun altro nell'ufficio del dottor Rossi?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Io ho letto, come immagino lo abbia fatto anche lei, la perizia del dottor Sofia. Sulla base della mia esperienza ho letto diverse perizie calligrafiche. Questa mi sembra...

  LUCA MIGLIORINO. Non che l'avesse scritta lui, ma che qualcun altro li avesse messi.

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Sa perché no? Perché la vedova riconosce la calligrafia del marito. Quindi chiedo dove avrebbe dovuto scriverli se non in ufficio. Su questa circostanza non mi sono soffermato più di tanto. Certo, la perizia del dottor Sofia dà degli spunti. Non è così assertiva, ma riconosce che i tratti caratteristici della calligrafia di David subiscono delle alterazioni che non sono di carattere emotivo o psicologico, ma che fanno ritenere al dottor Sofia che subisca delle alterazioni di carattere fisico.

  LUCA MIGLIORINO. Dunque lei non crede che questi bigliettini scritti da David Rossi senza nessuna costrizione, magari scritti qualche giorno prima, possano essere stati presi da qualcuno e poi messi là quella sera in maniera opportuna.

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». No, devo dire che non mi sono cimentato in un esercizio del genere.

  LUCA MIGLIORINO. Voi avete parlato molto delle e-mail. Ora, le ripeto, mi sembra molto interessante sapere perché si fa un backup dell'iPhone, quando in verità molte e-mail portano la dicitura finale inviate via iPad. Bisognava forse controllare l'iPad, soprattutto controllare i backup che potessero essere stati fatti prima di quel giorno. Ovviamente noi abbiamo chiesto una perizia. Rimanendo sul tema delle e-mail, si parla sempre della e-mail di posta elettronica dell'ufficio del dottor Rossi. Tre o quattro giorni fa io sono andato a vedere: esiste ancora il profilo LinkedIn del dottor Rossi. Il fratello ha chiuso il profilo Facebook, la moglie ci ha assicurato che pagava con metodi alternativi, quindi on-line, tipo PayPal. Aveva FaceTime e quindi aveva pure un account Apple. Sicuramente avrà avuto altre e-mail.

Pag. 21

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Avrà sicuramente avuto una e-mail personale.

  LUCA MIGLIORINO. Una Gmail, una Yahoo, una Hotmail.

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». È verosimile.

  LUCA MIGLIORINO. Perfetto. Voi poi avete mai posto inchieste su queste e-mail e sul contenuto di queste e-mail?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». No, non avevamo modo. Abbiamo preso atto che nessun tipo di accertamento è stato svolto in tal senso.

  LUCA MIGLIORINO. Voi avete una trasmissione molto importante. Fate dei montaggi video. Avrete di sicuro l'attrezzatura giusta. Voi avete cercato di analizzare che cosa c'era intorno al corpo di David Rossi, dal video o quello che era, del formato quattro terzi in estensione AVR?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». So già qual è il cuore della domanda che pone, che si riferisce a un tema secondo me molto importante. Le dico due cose. Sul video abbiamo perso qualche diottria, il mio collega Marco Occhipinti, ha perso un discreto numero di ore. Non solo i nostri quattro occhi, ma anche gli occhi del nostro montatore, della sua assistente al montaggio, delle nostre redattrici e anche dei nostri operatori. Abbiamo visto quel video in lungo e in largo, abbiamo dedicato anche due servizi per riportare all'opinione pubblica le anomalie che quel video contiene sotto il profilo strettamente tecnico, così come rilevate dall'ingegner Scarselli, e preciso. Ci si riferisce a delle luci che sembrano ricondurre alla presenza di un veicolo che mostrava al vicolo di Monte Pio la sua parte posteriore. Ci riferiamo ad altri segmenti nel filmato nel quale sembra, almeno questo è quello che ipotizza l'ingegner Scarselli, siano state operate delle modificazioni fatte con una mano da professionista, ma non tanto accurate da non farsi sfuggire qualche dettaglio. A un certo punto in quel filmato si vedono le ombre di due gambe che si muovono verso il vicolo, ma non si capisce da cosa queste ombre vengono proiettate. Ancora, sempre nello stesso filmato, appaiono delle patch colorate in prossimità del muro che si trova sulla sinistra per l'osservatore del filmato, che sembrano coprire il passaggio di qualcuno. Lei dice: «Avete visionato attentamente quel filmato?» Sì, più e più volte, anche noi alla ricerca di questo benedetto cinturino dell'orologio di David Rossi. Questo lo dico a beneficio dei commissari: c'è una curiosità. Si dice, almeno la famiglia ritiene analizzando il filmato, che a un certo punto ci sia il volo di un oggetto all'interno del filmato che va a depositarsi alle spalle del corpo ormai esanime di David Rossi, che potrebbe essere l'orologio che effettivamente viene rinvenuto in un punto lontano dal corpo e che lascia sul polso di David Rossi un segno profondissimo che la famiglia ritiene essere la prova di un'aggressione violenta, di un afferramento violento del polso di David. E poi il cinturino verrà rinvenuto dalla polizia scientifica in prossimità delle gambe di David Rossi. Questa circostanza è particolare perché il personale del 118, compreso quello che ha «appiccicato» – passatemi il termine così semplice – gli elettrodi per la rilevazione dei parametri vitali sul corpo di David anche alle caviglie, dice di non aver visto alcun oggetto attorno al corpo di David. Eppure le foto della scientifica di qualche ora dopo mostreranno questo cinturino. Il cinturino è scuro. Era buio? Scarsamente illuminato? Okay, ma proprio chi ha abbassato le calze di David, chi ha sollevato i pantaloni di David per attaccare alle caviglie di David degli elettrodi probabilmente non poteva non vedere. Questo significa che gli operatori del 118 abbiamo detto il falso? No, non necessariamente. Può darsi che quel cinturino non fosse lì in quel momento, anche perché c'è quest'altra stranezza: ha un segno profondissimo, visibile dalle foto allegate all'autopsia, dell'orologio, che è praticamente la stampata della cassa di quel cronografo sul suo polso. Lui tocca quando cade in quella caduta Pag. 22estremamente anomala. Batte prima con la natica destra, con il gomito destro, per poi muoversi verso la sinistra. Anche volendo immaginare che abbia urtato violentemente il braccio sinistro che portava l'orologio contro il selciato, non si spiega perché un orologio che aveva un cinturino in gomma doveva schizzare da una parte completamente opposta o addirittura rimanere saldamente ancorato al polso di David.

  LUCA MIGLIORINO. Vengono fatte delle riprese per capire da che altezza cade il dottor Rossi. Queste riprese vengono puntate a seconda del colletto della camicia, perché si dice che ci siano due frame in cui possono esserci delle indicazioni che possono poi dare l'impressione e quindi l'idea dell'atrocità. Voi avete guardato in quell'attimo il braccio sinistro, perché in quelle due foto si vede bene, perché aveva detto che ha studiato molto il video.

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Premesso che quel video ha una qualità scadente – devo dire che questo capita spesso negli impianti di videosorveglianza delle banche – a me non sembra che David Rossi in quel momento indossi il suo orologio.

  LUCA MIGLIORINO. Anche perché volevo capire se qualora, come vengono più o meno descritti, quei segni vengono fatti dalla battuta del braccio sinistro a terra, come è possibile che la parte del cinturino poi salti. Voi vedete saltare il cinturino che poi va a finire alla caviglia?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Onorevole Migliorino, le sorti dell'orologio sono completamente distanti da ciò che la logica ci fa ritenere lecito aspettarci da un cinturino che sta al polso di una persona che cade da quell'altezza. Le dico anche perché. Il cinturino è di gomma e si scompone completamente dalla cassa dell'orologio. Se il segno sul polso di David fosse stato il frutto della caduta e dell'urto dell'orologio, la cassa dell'orologio si sarebbe frantumata. L'orologio non è che è integro, che è riutilizzabile, ma poco manca.

  LUCA MIGLIORINO. Quindi potrebbe essere stato strappato durante una colluttazione. Ci riferiamo al video. Non abbiamo avuto la fortuna di avere magari, una mezz'ora dopo, un'ora dopo, tutto l'hard disk delle riprese che venivano fatte da quella videocamera, ma noi abbiamo chiesto delle perizie. Immagino che quando fate dei servizi potreste collaborare con qualche emittente locale o giornalista locale per avere dei filmati di quella sera. Io ho sicuramente visto quello di Rete4; lo abbiamo chiesto al dottor Pierangelo Maurizio. Potreste chiedere di avere dei video, fatti da curiosi o da giornalisti locali, di quel vicolo, di quella sera, durante i soccorsi del 118 o di quello che succede dopo, magari per vedere se qualcuno si è avvicinato a quel corpo o abbia messo qualche oggetto intorno al corpo.

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Le posso dire una cosa, che è una nota a margine: ormai le TV locali hanno delle crisi di liquidità talmente forti che non sono più incentivate a custodire larghi archivi. Spero che il Parlamento se ne faccia carico un giorno. Nel caso specifico, quando arrivano i colleghi delle TV locali e poi anche i service delle TV nazionali, c'è già un cordone che impedisce l'accesso. Poi credo che noi abbiamo avuto rapporti più che cordiali con alcune emittenti locali del senese, che ci hanno fornito il materiale girato che noi eravamo riusciti a conservare. E non è un materiale che ci fa vedere cosa c'è nel vicolo prima che, di fatto, arrivi la folla. C'è anche questo da dire. David Rossi cade. Dalla sua caduta a quando arrivano i soccorsi passa circa un'ora. In quell'ora ancora non si sono radunati curiosi e non ci sono nemmeno le TV locali, motivo per cui noi abbiamo sempre considerato una delle anomalie, con le conseguenze più catastrofiche in questa storia, l'acquisizione di un'unica e soltanto una telecamera di videosorveglianza, malgrado Riccucci abbia testimoniato ce ne fossero più di una.

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  LUCA MIGLIORINO. Nove.

  WALTER RIZZETTO. Grazie di nuovo anche al collega Migliorino, perché alcune cose che lui ha chiesto avrei voluto chiederle anch'io. Quindi è inutile ripeterle, presidente. Una domanda secca: che idea vi siete fatti rispetto al fatto che David Rossi si possa essere ucciso, o possa essere stato ucciso, dalla finestra del terzo o del quarto piano?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Abbiamo la convinzione che la scarsa qualità del filmato video abbia portato a una perizia, a un tentativo di perizia, che spiegasse esattamente la velocità di caduta, e che dall'analisi della velocità di caduta si avesse un'informazione certa sul punto di partenza della caduta e quindi sul fatto che il suo ufficio era al piano di sopra. Non ce l'abbiamo. Quello che abbiamo, però, è il materiale che viene rinvenuto sulla punta delle scarpe di David Rossi, che non è il mattone rossastro, che è la caratteristica principale dei muri di Palazzo Spannocchi nella parte che si affaccia su vicolo di Monte Pio. Sembra che David Rossi abbia calpestato una superficie nella quale c'era un piccolo o grande cantiere edile e che la presenza di quel materiale sulle sue scarpe fosse l'indizio che indicherebbe che potrebbe anche non essere caduto dalla finestra del suo ufficio, che a noi sembra piuttosto pulita. Anche lei ha avuto modo di vedere come il davanzale fotografato non presenta l'impronta della scarpa di David, che decide di buttarsi dalla finestra perché sottoposto a quell'enorme pressione di cui spesso si parla e si fa riferimento. I tentativi che sono stati fatti di individuare una scansione dei frame sufficientemente adeguata a stabilire la velocità esatta della caduta, e quindi il punto di partenza della stessa, sono stati insufficienti. La mia idea è che, non avendo fatto tutti gli accertamenti che potevano essere fatti nei primi 30 giorni, ma anche nelle prime 48 ore, ad esempio il tabulato non del telefono di David ma della cella telefonica che copriva Rocca Salimbeni, non abbiamo potuto capire chi è l'uomo che entra nel vicolo con il telefono all'orecchio. Io potrei sbagliarmi, ma i consulenti che lavorano in maniera specifica con intercettazioni e tabulati telefonici per conto di tribunali e procure ci dicono che quella è una richiesta che va fatta immediatamente da parte dell'autorità giudiziaria al gestore telefonico, perché il tabulato della cella telefonica ha una vita molto breve che pare essere di 48 ore. Avrete modo di verificare con precisione questa informazione, però il tabulato di presenza ci avrebbe aiutato, al netto dei dati spuri, di capire, di provare a ipotizzare chi era quella persona, che è il grande mistero di questa storia, ed è la più grande e più preziosa rivelazione che ci fanno quelle immagini di videosorveglianza. Al di là dei colleghi Filippone e Mingrone, di cui conosciamo l'identità, che sono stati identificati – Mingrone addirittura è l'uomo che chiama il 118, in una telefonata disperata che noi abbiamo raccontato all'opinione pubblica – quello è l'uomo che probabilmente avrebbe dovuto spingere ad affiancare al capo di imputazione per induzione al suicidio anche quello di omissione di soccorso nelle primissime indagini. Avrebbe dato un contributo determinante. Lo dicevano pure nella parte secretata: è la madre di tutte le anomalie, che poi a cascata hanno costellato di lacune questa indagine. Ma concentrare molti sforzi all'inizio per capire chi diavolo è quel signore vestito di scuro, quell'individuo – non sappiamo se un uomo o una donna – col telefono all'orecchio che entra, guarda il corpo di David... Sappiamo che guarda il corpo di David perché lì è stata fatta una perizia da un bravissimo studio di architetti, e abbiamo visto che la strada che fa quella persona dentro il vicolo è giusta, sufficiente perché si possa superare l'ostacolo rappresentato da quel mezzo di servizio che si vede nel filmato. Ci accerteremmo addirittura dell'identità della persona, perché è una distanza che consente di vedere in faccia in quel momento David che sta esalando gli ultimi respiri.

  WALTER RIZZETTO. Ci sono due aspetti, rispetto alla caduta, che forse non sono stati approfonditi a dovere. Io non sono un fisico, però a un certo punto, quando un Pag. 24corpo cade, raggiunge quella che indicativamente si chiama «k», che è una velocità costante: non è che da quanto più alto cade più prende velocità. È quello il grosso problema tra il terzo e il quarto piano, poiché se un corpo ha raggiunto già il massimo della velocità non la modifica. Quello è un grosso problema. Nelle fotografie del corpo ormai morto di Rossi per terra, c'è una cosa che a me incuriosisce drammaticamente e particolarmente, che è una macchia marrone all'altezza del ginocchio sinistro, che evidentemente ancora oggi non si riesce...

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Non è stata analizzata. Vedendola io mi accorgo che c'è una coincidenza cromatica con la facciata del palazzo. Volendo per un attimo aderire totalmente all'ipotesi investigativa da cui scaturisce l'archiviazione, perché ne sono state formulate diverse per corroborare la tesi che è più probabile che si sia suicidato che no, una di queste prevede che David cada perché ha intenzione di suicidarsi, ma che poi ci ripensi, provi ad aggrapparsi per risalire dalla sbarra anticaduta – il destino beffardo – ma la pioggia sottile e incessante di quella sera di marzo gli faccia perdere la presa e lui poi cada. Anche in questo caso, se parliamo di un ambito di fisica elementare – non siamo fisici però due cosine ce le hanno spiegate a scuola – non si capisce qual è il momento. Per «momento» intendo la direzione, la forza che spinge David. Mi spiego: quando mi tuffo so che, se mi tuffo da qua, la rotazione del mio corpo sarà di una certa natura. David Rossi cade come un sacco di patate. Anche volendo immaginare che lui si sia appeso a quella barra, e che da quella barra abbia perso la presa e poi sia caduto rovinosamente a terra, a quel punto mi aspetto, per una caratteristica architettonica dei palazzi senesi – seppure apparentemente non si noti al primo colpo, la base è molto più larga delle pareti su cui ci sono le finestre – che avremmo trovato il naso di David Rossi spalmato sul muro, oppure che i piedi di David Rossi si sarebbero aggrappati al muro, imprimendo, sì, a quel punto una rotazione proporzionata al peso del suo corpo, che quindi avrebbe fatto una capriola. Poi lo scoprirete attraverso la perizia, oltre a quel colore marrone. È per questo motivo che noi, nell'approccio anche narrativo e giornalistico, non riusciamo a far sovrapporre le ferite che riporta David Rossi al sopracciglio, al naso, al labbro, quindi in faccia, con l'ipotesi che quelle cadute se le sia fatte strofinando la faccia al muro mentre cade, perché avremmo visto un volto sfigurato che invece non vediamo.

  LUCA MIGLIORINO. Mi pare che comunque i sei, sette sanitari che poi fanno dichiarazioni, in verità dicano che aveva tutti i vestiti impeccabili e che i pantaloni erano sporchi. Però il corpo di David Rossi viene girato; abbiamo le fotografie della scientifica. Quindi non è detto che lo sporco che noi vediamo sui pantaloni non sia stato provocato dal fatto che girano il corpo del dottor David Rossi e che quindi il pantalone si sporca quella sera perché pioveva. Diciamo che si poteva sporcare quando hanno girato il corpo. Detto questo, l'uomo che entra in quel vicolo lo fa per circa 3,4 metri. Noi ovviamente abbiamo chiesto la perizia di quell'uomo. Il vicolo in verità è una proprietà privata, quindi quando lei dice che il giudice o, non lo so, il PM – l'ha detto prima – ha detto che quella è una strada pubblica dove si può entrare, in verità non lo è perché quella è proprietà privata. Oltretutto quella proprietà è chiusa da una catena.

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Chiamiamola «proprietà privata», nel senso che Monte dei Paschi è responsabile degli accessi in quel vicolo. Però da quello che abbiamo capito sul campo, se bisogna cambiare i sampietrini dentro il vicolo di Monte Pio, ci pensa il comune di Siena.

  LUCA MIGLIORINO. Come strada di qualcuno che ci entra e che passa da via Dei Rossi per arrivare all'Arco, io finivo là...

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». C'è una sorta di servitù di Pag. 25passaggio. Se c'è un diritto di proprietà da parte della Banca, non viene esercitato con l'intensità che avrebbe in circostanze differenti.

  LUCA MIGLIORINO. Però, mi perdoni, noi stiamo parlando di un uomo che entra alle 20.27, ora reale. Noi stiamo parlando di una strada che doveva essere chiusa da una catena, perché è stato affermato che tutte le sere, alle 18.40, il portiere di cui abbiamo chiesto il nome – prima o poi lo avremo – dell'ingresso di vicolo di Monte Pio portava le chiavi, dopo aver chiuso la catena, alla portineria principale. Di base è veramente particolare che uno si sbagli a entrare proprio in quel vicolo, perché c'è scritto proprio «proprietà privata».

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Che si possa entrare casualmente, per sbaglio, nel vicolo non esiste. Quello che è sicuramente da tenere in considerazione è che via Dei Rossi è una via centrale di Siena, che è una città che si vive a piedi. Dentro le mura di Siena utilizzare un mezzo privato è una follia. Tra Banchi di Sopra e l'università di Siena la via più breve è percorrere via Dei Rossi. Chi passa da via Dei Rossi vede vicolo di Monte Pio e, per quanto il vicolo di Monte Pio non sia esattamente dritto, è molto difficile non vedere un corpo steso a terra passando da lì.

  LUCA MIGLIORINO. Voi nelle vostre indagini e inchieste avete cercato di capire di chi erano quei mezzi che stavano in quel vicolo?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Sì, agli atti dell'indagine ci sono gli accertamenti fatti sul mezzo di servizio.

  LUCA MIGLIORINO. Quale?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Un piccolo furgoncino. Non abbiamo invece, credo, informazioni sul ciclomotore che era lì.

  LUCA MIGLIORINO. Come abbiamo già detto, sentiremo il proprietario in questi giorni. Ora, quando si parla della «cavolata» e qualcuno cerca di riferirsi alle e-mail scambiate il 4 marzo, io ho molti dubbi perché proprio nei bigliettini trovati, che dovevano indicare un suicidio e che, estrapolati dal contesto, secondo me indicano più un addio alla compagna, c'è scritto che nelle ultime settimane ha fatto una «cavolata». Il 4 marzo era due giorni prima. Avete parlato con il signor Fulvio Muzzi?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». No, non l'abbiamo né intervistato né contattato per le vie brevi.

  LUCA MIGLIORINO. Quando lei poi è andato a intervistare il dottor Gotti Tedeschi, voi fate vedere un video o una foto dove c'è comunque il nome su un post-it. Questo video, questa foto non erano del sovrintendente Marini delle 10.04, ma non erano nemmeno nelle foto della scientifica di quella notte; quindi questa scena è stata modificata tre volte, perché mi pare che fosse della scientifica fatta ad aprile.

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Sì, diciamo che la disposizione delle suppellettili, degli oggetti, tra cui agende, documenti, e degli arredi all'interno dell'ufficio di David muta. Il tempo muta. Noi non abbiamo una traccia solida che ci dica che da questo momento a questo momento è arrivata, a titolo di esempio, la polizia scientifica, che da questo momento a questo momento c'è stato un sopralluogo del pubblico ministero X o che da questo momento sono stati spostati dei faldoni dentro l'archivio. Traccia di questo non c'è. Prendiamo atto dall'osservazione del materiale fotografico che le cose cambiano, e cambiando emerge a un certo punto...

  LUCA MIGLIORINO. Chi vi dice che questo post-it è stato scritto da David Rossi?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Nessuno. La calligrafia di quel post-it è in stampatello. Con il nome Pag. 26non è stata messa a confronto, che a me risulti, e quindi non lo sappiamo.

  LUCA MIGLIORINO. Avete detto che voi avete studiato i tabulati. Però avete visto che nei tabulati che arrivano fino alla notte del 7 marzo ci sono delle telefonate dal telefono dell'ufficio del dottor Rossi quando la stanza è sotto sequestro?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Sì, su alcuni di questi abbiamo provato ad approfondire facendo quella distinzione. Agli atti dell'inchiesta su David Rossi sono presenti i tabulati telefonici così come vengono trasmessi dagli operatori su disposizione dell'autorità giudiziaria. La polizia giudiziaria, in un lodevole tentativo di semplificarne la lettura e associare a ogni numero un nome e cognome, così come ricavato dalla rubrica dei contatti di David Rossi, ha commesso alcuni errori. Uno di questi in particolare è quello di attribuire a degli scambi di sms un valore di chiamata a zero secondi, che a una prima lettura può indurre nell'errore di credere che quel tizio abbia chiamato David Rossi e che David Rossi abbia chiamato il tizio senza ottenere risposta. Poi, vedendo invece il tabulato originale, si scopre che era uno scambio di sms. È anche da quel tabulato, però, che vediamo la presenza di uno strano numero composto in un tempo che è successivo alla caduta di David, che è il 4099009, e rispetto al quale il gestore Telecom Italia ha dato due diverse versioni del perché fosse presente, dello scopo, dell'utilizzo e della funzione di quel numero. Due versioni che non tornano tra di loro ma che fanno anche a pugni con la circostanza che quello era il tabulato di David Rossi, perché Telecom Italia dice che quel 4099009 altro non è che l'indirizzamento verso il servizio di autoricarica automatica, che all'epoca, per intenderci, aveva un numero che era 4088, così come veniva pubblicizzato dal gestore TIM, perché Carolina, che prova a chiamare David, ha finito il credito. Ma se è Carolina che prova a chiamare David Rossi e ha finito il credito, perché la chiamata al servizio di autoricarica dovrebbe stare nel tabulato dell'utenza business, che è un abbonamento, di David Rossi, che non aveva problemi di credito, e non nel tabulato di Carolina?

  LUCA MIGLIORINO. Ovviamente con la Commissione e il presidente noi ci siamo molto interessanti a questo. Oltretutto le dico che i numeri della TIM sono di sei cifre, non di sette. La giustificazione che viene data della presenza di quel 9 finale è che il numero di telefono di David Rossi finiva con 179, e quindi finiva col 9. Se fosse capitato a me sarebbe dovuto finire col 5, faccio un esempio. La TIM stessa dice che commette un errore. È molto particolare, ma già dalla prima audizione col procuratore Vitello io ho chiesto di capire colei che poi ha firmato quella dichiarazione della TIM...

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Per completezza le dico che abbiamo interrogato più periti che di mestiere si occupano di trattare tabulati, intercettazioni. Abbiamo fatto una domanda molto semplice, anche a professionisti che hanno più di vent'anni di esperienza. La domanda era: lei si è mai imbattuto in un numero che era 4099009 nella sua attività pluriennale di analisi di tabulati telefonici? La risposta di tutti è stata: mai. Su milioni di record la risposta è stata: mai, mai trovato, mai traccia.

  LUCA MIGLIORINO. Anche perché poi, dai tabulati telefonici che vengono chiesti dal primo dicembre 2012 a quella notte, non esce mai; esce due volte in due ore. È molto particolare.

  MARCO OCCHIPINTI, giornalista de «Le Iene». Carolina Orlandi racconta di fare delle chiamate quando va via dalla banca e va dalla madre. A noi aveva detto che avrebbe chiamato una sua cara amica.

  LUCA MIGLIORINO. Quindi, nel tragitto tra la banca e dopo che aveva appreso della morte di David, continua a fare delle chiamate senza avere problemi di ricarica. Questo è importante, perché non ci era arrivato. Un'ultima domanda. Voi avete mandatoPag. 27 un video, ultimamente, con l'ultimo servizio, dove fatte vedere le prove che vengono fatte col vigile del fuoco. Ora io immagino che ci sia stata più di una prova dell'uscita e poi del rientro del vigile del fuoco.

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Ci sono, credo, anche delle immagini ufficialmente depositate nel fascicolo, che riprendono le manovre dei vigili del fuoco dall'esterno, cioè dal vicolo.

  LUCA MIGLIORINO. Quale fascicolo?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Credo il fascicolo delle indagini sulla morte di David.

  LUCA MIGLIORINO. Quelle di Siena?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Sì, le seconde.

  LUCA MIGLIORINO. Io in quel video, quello che avete mandato voi, vedo che quando cerca di uscire si afferra addirittura alla fune che lo tiene collegato al padiglione.

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Per farla breve, non è così facile uscire da quella finestra. Non è così facile farlo e poi girarsi indietro. Per chi si vuole buttare non è proprio la situazione più immediata.

  LUCA MIGLIORINO. L'ultima domanda è sui fazzolettini di sangue ed è una domanda che ormai faccio a tutti. Non so perché viene messo poco in risalto che sono stati sequestrati cinque settimane dopo e non la sera del 6, quindi il 12 di aprile, quando c'è il dissequestro della stanza. Oltre a questi fazzolettini viene sequestrata anche la parte dei cerotti che stavano in bagno, al di fuori della stanza di David Rossi. Quindi cinque settimane dopo vengono lasciati a terra. Io non lo so per quale metodo scientifico di indagine – poi lo chiederemo, magari mi sbaglio – si lasciano questi fazzolettini sporchi di sangue per cinque settimane. Hanno fatto delle foto; come sapete sono stati distrutti mediante taglio delle forbici. Secondo lei, tutto il sangue che fuoriesce dalle ferite, dal naso, dalla fronte, dal labbro, dalla base – anche la narice ha un colpo molto forte, io l'ho visto purtroppo dalle foto dell'autopsia – può essere messo su quei fazzolettini di carta?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». No. Mi limiterò a riportare le parole del giudice per le indagini preliminari di Genova che, a proposito della distruzione dei fazzoletti, ritiene la distruzione errata nella forma e prematura nella sostanza. Il ragionamento che fa il giudice per le indagini preliminari e che fa soprattutto la famiglia nel denunciare questa anomalia è che la distruzione di quei fazzoletti avviene nelle more, cioè nel tempo che intercorre tra la decisione dell'autorità investigativa, quindi dei magistrati del pubblico ministero che decidono di chiedere l'archiviazione, e la decisione finale del GIP all'esito dell'udienza di opposizione all'archiviazione. Quindi in quel momento la famiglia stava formulando l'opposizione. È il 14 di agosto, vengono distrutti quei fazzoletti. Ora il 14 di agosto, a Reggio Calabria e probabilmente a Palermo, a Roma, è la vigilia di Ferragosto. A Siena non è solo la vigilia di Ferragosto.

  LUCA MIGLIORINO. O viene ordinata? Vengono eseguiti il 4 settembre.

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Sì, però l'ordine avviene il 14 di agosto, che è un giorno molto particolare a Siena perché è la vigilia del Palio di agosto. Poi la distruzione avverrà qualche giorno dopo, e noi continuiamo a chiederci il perché della decisione di confiscarli e poi distruggerli. Che risposte sarebbero arrivate da quei fazzoletti? Questa probabilmente è una domanda che risponde un po' al suo dubbio sul perché non si batte tanto il martello su questa cosa. Le ferite di David hanno una forma e una profondità tale che, qualora volessimo immaginare che quelli siano i fazzoletti con i quali quelle Pag. 28ferite sono state tamponate, guardando i fazzoletti io vedo la ripetizione di una tamponatura su una ferita puntiforme non così estesa.

  LUCA MIGLIORINO. Perché il sangue si era fermato dall'uscita, che era solo un tamponamento come vengono descritti.

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Rimane tutto in piedi.

  LUCA MIGLIORINO. Dove va messo il sangue, se nel bagno non c'era?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Fa parte della costellazione di dubbi che mi sembra che in questo momento condividiamo, onorevole.

  PRESIDENTE. Un'ultima domanda su un punto che non ho capito, non essendo senese. La «banda del 5 per cento»?

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Per «banda del 5 per cento» si intende, giornalisticamente parlando, il racconto dell'indagine della magistratura senese a carico di alcuni dirigenti di vertice che lucravano per un ammontare approssimativo del 5 per cento su una serie di operazioni di natura finanziaria. Furono imputati dei dirigenti di vertice, alcuni dei quali, credo, condannati dal tribunale, ma poi assolti nelle fasi successive. Prima si faceva riferimento a questa indagine: gliela inquadro. Non ha a che fare, però, con le vicende molto più complesse dal punto di vista finanziario che hanno a che fare col bilancio di Monte dei Paschi nella misura in cui si tentò di correggere il modo in cui l'acquisto di derivati appariva sul bilancio, se come derivato o come acquisto di titoli di Stato. Sono proprio due binari diversi sia finanziariamente che giudiziariamente.

  PRESIDENTE. Io non posso che ringraziare i nostri auditi. Credo che oggi abbiamo stabilito il record quanto a durata di audizioni. Le nostre audizioni sono sempre lunghe, ma oggi credo che abbiamo battuto tutti i nostri record. Avete dato degli spunti davvero notevoli per il lavoro di questa Commissione. Sicuramente li apprezzeremo e saranno oggetto di ulteriori analisi. Non posso che ringraziarvi e farvi anche i complimenti per il modo in cui lavorate.

  ANTONINO MONTELEONE, giornalista de «Le Iene». Noi ringraziamo voi. Siamo a disposizione intanto per il conferimento del materiale che abbiamo visto nel corso dell'audizione, che potrebbe essere di interesse. Nel prosieguo della vostra attività siete liberi di usare e abusare del nostro patrimonio di informazioni, che speriamo possa dare un contributo alla vostra attività.

  PRESIDENTE. Grazie. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.30.