XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori

Resoconto stenografico



Seduta n. 47 di Martedì 12 luglio 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 

Audizione, in videoconferenza, della Presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia, Maria Teresa Rossi:
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 
Rossi Maria Teresa , presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia ... 4 
Cavandoli Laura , Presidente ... 8 
Rossi Maria Teresa , presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia ... 8 
Cavandoli Laura , Presidente ... 9 
Rossi Maria Teresa , presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia ... 9 
Cavandoli Laura , Presidente ... 11 
Rossi Maria Teresa , presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia ... 11 
Cavandoli Laura , Presidente ... 12 
Rossi Maria Teresa , presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia ... 12 
Cavandoli Laura , Presidente ... 12 
Rossi Maria Teresa , presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia ... 12 
Cavandoli Laura , Presidente ... 13 
Bellucci Maria Teresa (FDI)  ... 13 
Rossi Maria Teresa , presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia ... 14 
Bellucci Maria Teresa (FDI)  ... 14 
Rossi Maria Teresa , presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia ... 14 
Cavandoli Laura , Presidente ... 16 
Giannone Veronica (FI)  ... 16 
Rossi Maria Teresa , presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia ... 17 
Cavandoli Laura , Presidente ... 19 
Fregolent Sonia  ... 19 
Rossi Maria Teresa , presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia ... 20 
Cavandoli Laura , Presidente ... 21 
Rossi Maria Teresa , presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia ... 21 
Cavandoli Laura , Presidente ... 22 
Rossi Maria Teresa , presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia ... 22 
Cavandoli Laura , Presidente ... 22 
Rossi Maria Teresa , presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia ... 22 
Cavandoli Laura , Presidente ... 22

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA CAVANDOLI

  La seduta comincia alle 14.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, della Presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia, Maria Teresa Rossi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, in videoconferenza, del Presidente del tribunale per i minorenni di Venezia, la dottoressa Maria Teresa Rossi, che ringraziamo per la disponibilità.
  L'audizione della dottoressa Rossi segue quella di un numero ormai significativo di presidenti dei tribunali per i minorenni. Oltre alla dottoressa Maggia, che abbiamo sentito agli inizi della nostra attività di inchiesta, la Commissione ha ultimamente audito il dottor Spadaro, del tribunale per i minorenni di Trento, il dottor Avallone di Salerno e la dottoressa Pricoco del tribunale di Messina.
  Il confronto con le autorità giudiziarie minorili è particolarmente importante alla luce della legge istitutiva che conferisce alla Commissione di acquisire dati e formulare valutazioni non solo sui provvedimenti dei tribunali per i minorenni, ma anche sul loro esito attuativo nonché sul rispetto delle prescrizioni che riguardano i giudici onorari minorili.
  La Commissione ha purtroppo riscontrato che, nonostante si dibatta di questi temi da molti anni, la situazione dei dati permane sconfortante, principalmente a causa della mancanza di un processo telematico. Anche per questo motivo è particolarmente importante avere impressioni e valutazioni da parte dei titolari degli uffici giudiziari, anche se queste non possono sostituire in tutto una raccolta quantitativa dei dati.
  Chiederei, quindi, alla dottoressa Rossi di fornirci delle valutazioni generali sull'andamento dei procedimenti di allontanamento presso il tribunale per i minorenni di Venezia, sulle principali problematiche, sul ruolo rispettivo dei giudici onorari e dei giudici togati.
  Come nelle precedenti audizioni, ricordo che uno dei temi che si è spesso posto nei lavori della Commissione è quello del ruolo dei servizi sociali territoriali nei procedimenti minorili. In molte audizioni si sono rilevate le criticità che derivano dal fatto che i servizi sociali si trovano a svolgere una serie di funzioni che vanno dalla valutazione preventiva delle situazioni all'esecuzione e al monitoraggio dei provvedimenti. Di qui il rischio che i servizi finiscano per agire sulla base di un mandato in bianco del tribunale, che di fatto riduce il reale spazio di intervento non solo delle parti processuali, ma anche dello stesso giudice.
  Rispetto al tribunale per i minorenni di Venezia, ciò che è venuto, ad esempio, in evidenza è che nel caso di un minore, che ci era stato segnalato, è stato revocato l'affidamento eterofamiliare con un decreto del 4 giugno del 2021, che fondamentalmente riproduce la relazione di pochi giorni prima. Si tratta di una vicenda specifica e non generalizzabile, sulla quale Pag. 4tuttavia la Commissione sarebbe interessata ad avere una sua valutazione, eventualmente anche in forma segreta o in forma scritta.
  Un altro tema che si è spesso posto è quello del carattere talora atecnico delle valutazioni dei servizi, che introducono concetti che non hanno un preciso contenuto né sul piano giuridico, né sul piano scientifico. In questo ambito si colloca anche la vexata quaestio della PAS, che presenta poi anche ulteriori problematiche per molti aspetti connesse alla questione delle CTU (consulenza tecnica d'ufficio), che sono particolarmente valorizzati nella riforma del processo civile, sostanzialmente in alternativa ai giudici onorari, anche al fine di ottenere alla maggiore trasparenza dei procedimenti.
  La Commissione sarebbe interessata ad acquisire informazioni e sue valutazioni sul funzionamento delle CTU nei procedimenti pendenti presso il tribunale per i minorenni di Venezia e sui mezzi posti in opera per evitare che, anche nella prospettiva della riforma, si creino filoni di CTU in qualche modo monopolistiche.
  Infine, la Commissione è interessata ad avere sue valutazioni sulla riforma del processo civile, quindi la legge 206 del 2021, e sulla sua attitudine a superare molte delle problematiche del sistema, che poi sono anche alla base della nostra inchiesta parlamentare.
  Avendo seguito il dibattito, sappiamo che la posizione della magistratura minorile è diffusamente critica rispetto alla riforma, ma abbiamo ascoltato in audizioni posizioni dottrinali di professionisti che ne danno, invece, una valutazione largamente positiva.
  Lascio adesso la parola alla dottoressa Rossi, ringraziandola nuovamente per la disponibilità. Prego.

  MARIA TERESA ROSSI, presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia. Volevo dire che ho preso degli appunti rispetto ai temi che lei ha indicato, quindi adesso cercherò di rispondere, ma eventualmente mi riproporrà gli stessi argomenti, se non li ho trattati.
  Siccome nella prima richiesta veniva indicata da parte vostra anche la possibilità di ricevere dei dati sulle comunità, devo dirvi che noi non riusciamo a ricavare dati sulle comunità presenti nel territorio di competenza del tribunale per i minorenni e su minori allontanati dalla famiglia, però in collaborazione con la procura minorile io mi sono fatta dare dei numeri e posso dire che le comunità presenti nel territorio veneto, poiché la competenza del tribunale per i minorenni coincide pressoché con tutto il Veneto, sono 150. Vengono escluse da questo numero le comunità che accolgono bambini con le mamme, le comunità mamma-bambino, e sono escluse le comunità terapeutiche, ovvero quelle che accolgono minori con problemi di tossicodipendenza o con gravi problemi psichiatrici.
  Il numero dei minori presenti in queste comunità alla data del primo giugno del 2022 era di 915. Tuttavia, devo far presente che questo numero non riguarda unicamente i minori che sono stati allontanati dalla famiglia con un provvedimento del tribunale per i minorenni, perché in questo numero sono ricompresi anche i minori collocati in comunità con misura cautelare, minori stranieri non accompagnati, minori collocati in comunità con il consenso dei genitori o ancora minori che vengono collocati in comunità ai sensi dell'articolo 25 del regio decreto-legge 1404 del 1934, che è quello istitutivo del tribunale per i minorenni e che riguarda i minori che hanno comportamenti devianti, ovvero il caso di ragazzi adolescenti che si drogano, rubano in casa, fanno fughe e maltrattano i genitori.
  Questo numero, ovvero 915, è un numero variamente composto. Di questi 915 devo dirvi che 676 sono in comunità e non sono ancora trascorsi due anni dall'inserimento in comunità, mentre 239 sono i minori che sono da oltre due anni presso comunità.
  Un'altra informazione di dato che non vi posso dare, purtroppo, riguarda i minori allontanati dalla famiglia che sono collocati presso famiglie affidatarie. Questo è un dato che non posso darvi, perché dai nostri registri informatici non riusciamo a ricavarlo.Pag. 5 La regione Veneto in passato aveva organizzato un osservatorio proprio per raccogliere tutti i dati e le informazioni che riguardano minori allontanati dalla famiglia a vario titolo, ma questo osservatorio da alcuni anni non esiste più. Mi dispiace, ma non posso dare questo tipo di informazioni.
  Per quanto riguarda l'esperienza del tribunale per i minorenni di Venezia, devo dire che nella maggior parte dei casi le segnalazioni che il servizio sociale trasmette alla procura della Repubblica minorile riguardano situazioni di minori e di famiglie già seguite da un certo tempo dal servizio sociale, a volte da anni. Il servizio scrive raccontando la storia della famiglia e raccontando la storia dei vari interventi che sono stati fatti nel cosiddetto «regime di beneficità», cioè con l'accordo dei genitori.
  Noi abbiamo un'esperienza di servizi sociali qui nel Veneto storicamente attivi e attenti a cogliere i disagi dei minori e le difficoltà della famiglia e ad approntare gli interventi che risultano più utili con il consenso dei genitori. Faccio l'esempio del servizio sociale che propone al genitore di accompagnare il figlio alla neuro psichiatria infantile per attivare percorsi di logopedia oppure per ragazzi che hanno un certo ritiro sociale o ritardi negli apprendimenti, favorendo la presenza di un educatore domiciliare o la partecipazione a un centro diurno, ma a volte risulta che il servizio sociale stesso contribuisca economicamente nei confronti di famiglie svantaggiate proprio per favorire questi percorsi di integrazione e di miglioramento della condizione del minore che possa ricevere da contesti più stimolanti quello che a lui serve.
  Normalmente noi abbiamo queste situazioni già note da tempo al servizio sociale, per le quali il servizio sociale da tempo si sta attivando. Quando la situazione non presenta dei profili di miglioramento, o meglio ancora quando si osserva un peggioramento della situazione, perché c'è un malessere o un disagio del minore che si manifesta nel tempo in maniera più acuta e abbiamo anche genitori che formalmente aderiscono, ma poi sostanzialmente non sono così attivi nell'accogliere il sostegno che propone il servizio sociale – penso ai casi in cui l'educatore domiciliare va a casa e il più delle volte la famiglia non c'è, non apre la porta, oppure ai casi in cui la famiglia non prende appuntamento per fare seguire un percorso di logopedia o cose del genere – e quando la situazione è peggiorata, il servizio sociale segnala alla procura della Repubblica che valuta questa situazione e poi presenta un ricorso a noi, al tribunale per i minorenni.
  Questo lo dico per sottolineare il fatto che effettivamente il tribunale per i minorenni è ed è stato storicamente il tribunale della patologia della famiglia. Noi arriviamo quando la situazione si presenta piuttosto grave. Non è detto che il tribunale intervenga immediatamente facendo allontanamenti. Noi possiamo pensare di affidare il minore al servizio sociale, indicando al servizio sociale che cosa deve essere fatto per il sostegno di questo minore e della sua famiglia, oppure, se la situazione è particolarmente grave e sono stati già fatti diversi interventi che si sono rivelati infruttuosi, si passa all'allontanamento e al collocamento eterofamiliare.
  Il tribunale ha bisogno di un tempo di osservazione delle situazioni, perché lo scopo del tribunale per i minorenni – devo dire che effettivamente è questo quello che succede – è quello di recuperare i genitori, la famiglia d'origine, e aiutare il minore a migliorare la sua condizione personale e psichica. Si lavora sempre su due piani: si lavora con i genitori per indurre un miglioramento, ma naturalmente noi dobbiamo vedere se questi genitori hanno delle risorse personali che possono essere attivate e come possono essere attivate, quindi si chiede di intervenire in questo senso, e si lavora sul fronte del minore che esprime un disagio, un malessere psichico per il quale bisogna pure lavorare. Sono due tracce parallele che si incontrano e non è raro – anche su questo dovete credermi – che la procedura che noi abbiamo e che seguiamo per tappe si concluda poi positivamente.
  Ci può essere un allontanamento del minore, c'è tutto un lavoro che viene fatto Pag. 6con il minore e la famiglia, poi si favoriscono rientri temporanei in famiglia, si fa il rientro in famiglia e si chiude la procedura, perché le cose sono recuperate, anzi, dobbiamo pensare che siano migliorate.
  Vorrei farvi presente anche un'altra cosa. Il disagio psichico è aumentato e le situazioni negli anni si stanno mostrando sempre più complesse. A noi capita di vedere anche bambini in età da scuola elementare – il termine «scuola primaria e di secondo grado» è un po' troppo lungo – che mostrano dei profondi disagi e un malessere psichico che impongono un intervento da parte del tribunale. Penso, ad esempio, al caso di un bambino conosciuto segnalato ripetutamente dalla scuola al servizio sociale, perché trovato più volte a compiere atti con intenti anticonservativi, ovvero un bambino che si arrampica sulle finestre per buttarsi giù, un bambino che fugge dalla scuola per andare in mezzo alla strada e che poi dice: «Questa vita non mi piace, fa schifo. Io voglio finirla con questa vita». Capite che in queste situazioni l'intervento del tribunale per i minorenni è doveroso, perché noi dobbiamo tutelare l'integrità psicofisica di questo minore, ma soprattutto in prima battuta quella fisica. Questo è quello che succede normalmente.
  Poi ci sono dei casi in cui, invece, la situazione gravissima si manifesta all'improvviso, quindi non è già conosciuta previamente dal servizio sociale. Vi faccio l'esempio di casi non frequenti, ma neppure rari, di bambini di alcuni mesi che vengono portati al Pronto soccorso, nei quali vengono riscontrati politraumi, malnutrizione, denutrizione e presenza nelle urine, poi confermata addirittura nel capello di cocaina, tetraidrocannabinoli o altre sostanze, questi sono bambini che si trovano in contesti familiari dove evidentemente c'è trascuratezza, forse maltrattamenti o comunque esposizione a sostanze stupefacenti, quindi un contesto familiare assolutamente negativo. In questi casi il tribunale interviene e a seconda delle informazioni che riceve può decidere di inserire il minore in una comunità con la madre oppure senza la madre, a seconda delle situazioni, degli atteggiamenti della madre e di eventuali procedimenti penali pendenti nei confronti dei genitori.
  Un'altra situazione in cui si impone velocemente un intervento del tribunale con collocamento eterofamiliare è quella dei minori perlopiù adolescenti che si rivolgono alle forze dell'ordine lamentando maltrattamenti in famiglia. Questi sono casi non infrequenti, in cui il tribunale per i minorenni si orienta a disporre il collocamento in contesto protetto di questi minori, perché se sono maltrattati dobbiamo tutelarli e, se non sono maltrattati, comunque l'aver riferito queste cose sta a significare che ci sono problemi seri nelle relazioni familiari che vanno indagate e sulle quali poi lavorare.
  Vi dicevo che si lavora sia con il minore che con i genitori e che se la situazione migliora, come ho raccontato, naturalmente la procedura si chiude con il rientro del minore in famiglia. Se la situazione non migliora... Noi abbiamo a che fare con molte famiglie in cui i genitori sono persone con problemi psichiatrici, tossicodipendenze, alcolismo, con gravi limiti cognitivi, persone che hanno una vita un po' ai limiti e che sono disadattati perché sono loro stessi frutto di una storia familiare personale che non li ha aiutati, oppure per loro problematiche psichiche.
  Quando abbiamo, ad esempio, una malattia mentale, bisogna vedere la gravità e che tipo di malattia mentale è, ma ci sono dei casi in cui questo genitore ha problemi psichici così gravi che non può svolgere un ruolo educativo utile per il figlio. Ricordiamo che il minore ha diritto a poter sviluppare la sua personalità. La Convenzione di New York sui diritti del fanciullo ce lo dice e ci obbliga ad aiutarlo a mettersi nelle condizioni di poter sviluppare al meglio la sua personalità. Quando noi abbiamo genitori con gravi problemi psichiatrici che non potranno mai svolgere un ruolo educativo utile per il figlio, il collocamento eterofamiliare rimane, ma questo genitore non viene cancellato dalla vita del figlio – molto spesso capita che il ragazzo o la ragazza dicano: «Io mia madre la voglio vedere ogni tanto, voglio sapere che è ancora in vita, voglio sapere che qualcuno Pag. 7si occupa di lei, che sta bene. Questo mi basta per essere sereno» – e dall'altro lato si investe in altre relazioni affettive che gli danno il nutrimento utile per potere crescere bene.
  Tutto questo discorso è stato fatto nell'ipotesi in cui non ci sono risorse nella famiglia allargata, come voi potete capire, perché altrimenti se ci sono nonni, zii o qualcuno che è adeguato, naturalmente ci si orienta doverosamente verso queste risorse familiari che, nelle situazioni che io vi descrivo, vanno sempre studiate e verificate, perché a volte abbiamo nonni che sono stati genitori incapaci di fare i genitori e hanno prodotto dei risultati negativi oppure abbiamo dei nonni che si sono occupati del nipote, che è arrivato a una certa età manifestando problemi comportamentali, e che fanno presente di non riuscire più a seguirlo, chiedendo un aiuto esterno.
  La legge ci dice che noi dovremmo fare riferimento essenzialmente alle famiglie, quindi all'allontanamento del minore per essere collocato in un'altra famiglia. Nell'esperienza del tribunale dei minorenni di Venezia il collocamento eterofamiliare è una regola con i bambini piccoli. Per i bambini un po' più grandi o bambini o minori problematici questo non sempre è possibile, per due ragioni. In primo luogo, perché non ci sono così tante famiglie che si propongano per l'affidamento dei minori. Quando è stata istituita la legge 184 del 1983 c'è stato un momento di maggior partecipazione con più persone che si sono prestate a rendere questo servizio a favore dei minori e delle loro famiglie, ma negli ultimi anni notiamo che ci sono di meno e notiamo anche che le realtà sono più complesse e più difficili, per cui le famiglie non sempre sono in grado di poter gestire le problematiche che manifestano questi minori.
  Non so se qualcuno di voi per competenza professionale o per esperienza personale ha colto che la realtà del mondo dell'infanzia giovanile e delle famiglie sta diventando sempre più difficile e sempre più complesso, e richiede delle competenze che non sempre possiamo chiedere a delle famiglie che si rendono disponibili, che pur vengono valutate dai servizi sociali.
  Noi abbiamo le case famiglia, piccoli gruppi che accolgono i minori e che sono realtà veramente piccole, con persone che hanno delle competenze – si può trattare di educatori –, che hanno anche lo psicologo che eventualmente aiuta e vede il minore, ma abbiamo anche le comunità educative – qui parliamo di minori più grandi – e le comunità educativo-riabilitative per minori che presentano problemi comportamentali e problemi psichici più seri.
  Non possiamo pensare che all'allontanamento di un minore segua sempre la stessa risposta, perché dipende dalle problematiche che presenta il minore, dalle sue esigenze e dalla necessità di individuare la collocazione migliore rispetto ai suoi bisogni evolutivi o di recupero.
  Nel Veneto le comunità di cui vi parlavo sono tutte piccole, poiché accolgono mediamente 6-8 bambini, mentre le comunità che arrivano a 10-12 sono quelle educative che accolgono adolescenti, ma in questo numero c'è non solo il minore allontanato con provvedimenti incidenti sulla responsabilità genitoriale.
  Il vantaggio, che ho riscontrato io, delle case famiglia è la possibilità di lavorare meglio con i genitori che non vivono l'inserimento del figlio nella casa famiglia come un inserimento presso un contesto rivale rispetto al loro, perché possono vivere il minore messo in un'altra famiglia come una famiglia rivale, mentre in un contesto pur piccolo, come vi ho detto, ma non esattamente una famiglia permette agli operatori di lavorare meglio e di avere una maggiore collaborazione da parte dei genitori.
  Non sempre è possibile allontanare il minore da una famiglia e metterlo in un'altra famiglia, perché il minore può avere bisogno di un tempo di decantazione e di rielaborazione di eventi traumatici, casi di maltrattamento, casi di situazioni molto stressanti per lui. Ha, quindi, bisogno di un contesto di decantamento di quello che ha vissuto, di un contesto con una valenza terapeutica, perché ci sono persone più Pag. 8qualificate e anche di un contesto dove i legami non siano stretti, come potrebbe essere, invece, in una famiglia. In una piccola comunità i legami sono un po' più diluiti e il minore può avere bisogno di non sentirsi con troppe attenzioni su di lui. Dopo questo tempo di decantazione si recupera uno spazio per individuare eventualmente un'altra famiglia dove inserire il minore, quando i tempi del minore sono maturi e quando il minore è disponibile all'inserimento in un'altra famiglia.
  Inoltre, dal vostro punto di vista può essere interessante sapere che a volte l'inserimento in una famiglia può manifestare dei problemi per lo stesso minore. Penso al caso di una ragazzina in età preadolescenziale che era in comunità perché la mamma, unico genitore, era inadeguata, a molti chilometri di distanza, diceva che si sarebbe sistemata con il lavoro e con la casa e che sarebbe andata a riprenderla – lo ha detto per tanto tempo, qualche anno – e la minore poi è stata dichiarata adottabile. Noi abbiamo tentato l'inserimento in una famiglia, perché non può stare in comunità tanto tempo. L'inserimento nella famiglia ha slatentizzato problemi psichiatrici della minore. La minore nella famiglia ha lei stessa dichiarato – e aveva naturalmente comportamenti esprimenti questo forte disagio – di pensare continuamente di prendere un coltello per uccidere la donna della coppia e di avere il timore di realizzare questo suo pensiero, tant'è che aveva chiesto di essere portata anche in ospedale. È ovvio che in questi casi dobbiamo ricorrere a una comunità, perché in famiglia la minore non può stare.
  Visto che mi è stata fatta presente un'interrogazione parlamentare – sia in Senato che alla Camera – a proposito di un minore, posso agganciarmi parlando anche di queste scelte tra famiglie e comunità. La comunità educativa-riabilitativa riguarda ragazzi con problemi psichici e ragazzi che hanno magari anche tante crisi pantoclastiche, che vengono accompagnati in ospedale e poi stanno nelle comunità. Le comunità che lavorano bene si appoggiano non solo alla neuropsichiatria infantile, ma lavorano anche con psicologi e con la psicoterapia per favorire il recupero del minore e ci sono dei casi che vedono il ragazzo recuperare a una vita normale, a non aver più bisogno di farmaci e poter uscire dalla comunità ed essere riaccompagnato o alla famiglia o comunque ad altre situazioni adeguate a lui.
  A proposito delle interrogazioni parlamentari, alle quali io ho fornito elementi di risposta, vi devo dire che questo è il caso, ma non so se voi avete presente...

  PRESIDENTE. Presidente, è un caso che abbiamo ben presente, e so che ha già capito di non fare i nomi. Mi perdoni se l'ho puntualizzato, ma ci tenevo.

  MARIA TERESA ROSSI, presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia. No, non ho fatto nessun nome né nel minore, né della coppia, né del giudice, né del servizio sociale. Si tratta di un minore che ha una procedura di adottabilità pendente e che, allontanato, è stato collocato presso una coppia senza figli, disponibile a farsi carico di questo bambino. Mi pare di ricordare che il bambino fosse in età da scuola materna e presentava dei ritardi evolutivi.
  La coppia è stata valutata non dalla tutela minori, ma dal servizio sociale che ha le competenze per selezionare le coppie e le famiglie che si propongono per il collocamento di questi minori ed era stata valutata positivamente. Nei primi tempi, credo nei primi due anni – non sono io che ho seguito direttamente il caso, però lo conosco –, è risultata una coppia adeguata, perché è stato osservato un miglioramento delle condizioni del minore.
  Successivamente, la scuola ha segnalato dei comportamenti nel bambino che rimandavano a sospetti di inadeguatezze rilevanti da parte di questa coppia e il bambino mostrava anche comportamenti ossessivo compulsivi. Il servizio sociale ha segnalato tutto questo e il bambino era seguito anche dalla neuropsichiatria infantile. Il tribunale ha ritenuto di allontanare il bambino da questa coppia, la quale mi pare che circa un anno prima era stata oggetto di un procedimento penale per maltrattamenti Pag. 9nei confronti dello stesso bambino, concluso con una archiviazione.
  Il tribunale ha allontanato il bambino da questa coppia, perché la coppia nel tempo si è rivelata non più adeguata, anzi con un sospetto di maltrattamenti nei confronti di questo bambino, che ha delle difficoltà nei suoi ritardi e che, secondo quello che noi abbiamo colto, non erano stati compresi dalla coppia. A parte il neo di una denuncia penale per maltrattamenti chiusa con l'archiviazione, vi sono state altre informazioni che hanno rimandato al rischio di maltrattamenti non fisici, anche se il bambino poi racconta qualche altra cosa – credo di avere scritto tutto al Ministro e penso che vi sia stato anche riferito –, poiché parla anche di qualche maltrattamento fisico, come la doccia fredda, come essere chiuso in una stanza e cose di questo genere. Quindi, dopo una fase in cui queste persone avevano dato un contributo positivo, noi abbiamo ritenuto di allontanare il bambino.
  Sappiamo che la coppia si è attivata denunciando il servizio sociale, denunciando a un anno di distanza la scuola, presentando interpellanze parlamentari e chiedendo anche al Ministero della giustizia di fare un'ispezione presso il tribunale per i minorenni per capire come lavora il tribunale per i minorenni. La coppia aveva domandato anche di adottare il bambino ed è stata sentita. Noi abbiamo fatto la nostra parte sentendo la coppia, e chiedendo ai servizi sociali competenti in materia di valutazione delle coppie aspiranti all'adozione di darci delle informazioni precise su questa famiglia. Faccio presente che le informazioni date dai carabinieri ci davano atto anche di tre tentativi di suicidio della signora avvenuti due anni prima che il bambino venisse inserito nella loro famiglia.
  Il tribunale per i minorenni, come tutela i bambini dai genitori, deve tutelare i bambini dalle famiglie presso le quali sono collocati che non si rivelano adeguate. Noi abbiamo fatto uno più uno e abbiamo ritenuto di allontanare questo bambino che, collocato in una piccola comunità, non ha più manifestato i comportamenti ossessivo compulsivi, così come li manifestava prima, e ha recuperato una certa serenità.
  È un bambino con i suoi limiti e con i suoi problemi, sui quali adesso si lavora per valutare prima la coppia, come ci dice la legge, che intanto ha fatto domanda di adozione, e poi se ritenessimo di negare questa adozione, per individuare un'altra famiglia per lui.
  Io avevo risposto al Ministero, mandando una relazione redatta dal collega magistrato che ha seguito la situazione e poi avevo anche fatto presente questi aspetti che non mi venivano chiesti, ma che ho ritenuto di fornire, perché ognuno di noi racconta la parte che lo riguarda e che gli interessa e io ho voluto rappresentare un po' tutto quello che c'è dietro al minore.
  Naturalmente il bambino è stato anche visto, non è che abbiamo lasciato che fosse visto soltanto dai servizi sociali e dalla comunità. Il bambino è stato visto anche da due nostri giudici onorari che sono persone capaci di relazionarsi ai minori in maniera più adeguata di quanto non possa fare un magistrato, proprio per vedere come stava, come era, come si atteggiava, quindi per raccogliere informazioni anche su di lui. Può essere sufficiente quanto ho detto?

  PRESIDENTE. Sì, presidente. Se vuole proseguire ancora su questa fattispecie sicuramente specifica, va bene. Può essere che i commissari, dopo possano farle delle domande, però io la lascerei andare avanti con la sua relazione, se vuole, altrimenti chiediamo ai colleghi di farle delle domande.

  MARIA TERESA ROSSI, presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia. Allora proseguendo, ho preso nota che gradite sapere come lavorano i giudici onorari presso il tribunale dei minorenni e il ruolo tra giudici onorari e i giudici togati.
  Faccio subito una precisazione. Nonostante il CSM (Consiglio superiore della magistratura) consenta al presidente di assegnare le procedure anche ai giudici onorari, io non lo faccio. I procedimenti sono tutti assegnati a magistrati che hanno in mano il fascicolo del minore, che si studianoPag. 10 tutte le carte e che naturalmente portano in Camera di consiglio e si decide in quattro persone. Vi posso assicurare che le camere di consiglio sono fatte con molta attenzione e scrupolo, perché io dico che la giustizia minorile deve essere una giustizia sartoriale. Ogni situazione è diversa e dobbiamo dedicarci il tempo, le energie che servono, perché sappiamo che le nostre decisioni hanno una incidenza non da poco.
  La presenza dei giudici onorari presso il nostro tribunale è importante, perché il carico di lavoro che noi abbiamo non consente di fare tutto rispettando i tempi del minore. Voi sapete che i tempi di un adulto sono totalmente diversi dai tempi di un minore. Infatti, la percezione del trascorrere del tempo di un bambino o di un ragazzo è completamente diversa da quella di un adulto, quindi noi ci dobbiamo sforzare di fare le cose anche rispettando i tempi dei minori. Poiché le risorse che abbiamo sono scarse, naturalmente ci avvaliamo del contributo dei giudici onorari per velocizzare le attività istruttorie.
  I giudici onorari hanno una delega dal Collegio per sentire i genitori, sentire il nonno, fare queste attività mirate e poi si riferisce al Collegio con il magistrato che ha sotto controllo la situazione. Non c'è assolutamente delega di decisione al giudice onorario. Il giudice onorario è una delle quattro persone che compongono il Collegio, è una persona che, per le competenze che ha, aiuta a leggere anche le relazioni dei servizi sociali, aiuta a leggere le proposte del servizio sociale, possiamo essere d'accordo come non essere d'accordo rispetto a quello che propone il servizio sociale, in piena autonomia.
  Accade anche che il giudice togato e il giudice onorario abbiano opinioni diverse rispetto a una stessa situazione, ma la grande forza del tribunale per i minorenni è proprio la collegialità e la multidisciplinarità. Avere dei magistrati che hanno presente gli aspetti giuridici e che tutti i giorni vedono certe cose e lavorano solo su questo e avere dei giudici onorari che contribuiscono permette anche a noi magistrati di vagliare criticamente quello che pensa il giudice onorario, ma poterci avvalere del giudice onorario che, quando il servizio di neuropsichiatria infantile ci dice: «Il minore ha questo problema, queste caratteristiche», ci aiuta a capire di che si tratta. Per noi è molto importante.
  Per quanto riguarda il ruolo che viene svolto dai servizi sociali, i servizi sociali sul territorio del Veneto sono organizzati un po' a macchia d'olio, nel senso che non tutto il territorio è organizzato allo stesso modo. Ci sono le grandi città come Venezia, Padova e Verona che hanno i servizi sociali del comune, anche alcuni piccoli comuni hanno il proprio servizio sociale, mentre altri delegano al servizio sociale della ULSS (Unità locale socio sanitaria), dell'azienda sanitaria locale.
  Alcuni servizi sociali alcuni sono tutela minori e basta, altri sono tutela minori e anche consultorio familiare. Ad ogni modo, noi ci rivolgiamo al servizio sociale della tutela dei minori, ma chiediamo informazioni anche al consultorio familiare per conoscere e per avere notizie sui genitori o sui parenti, ci rivolgiamo alla neuropsichiatria infantile, ci rivolgiamo alla psichiatria quando sappiamo che il genitore è seguito dal servizio psichiatrico e dal centro di salute mentale, ci rivolgiamo al SERT (Servizio per le tossicodipendenze) quando sappiamo che ci sono problemi di tossicodipendenza, di alcolismo, ma anche di ludopatia. Noi raccogliamo informazioni da vari servizi. Detto così, pensiamo al servizio al quale affidiamo il minore, che è il servizio della tutela del minore, ma poi ci sono tante parti di altri servizi sociali, chiamati genericamente «servizi sociali», che lavorano e ai quali noi chiediamo aiuto.
  Il servizio sociale ci deve dare informazioni sui fatti, ma avendo delle competenze tecniche, perché gli assistenti sociali hanno una laurea e sono persone preparate per capire le situazioni e normalmente ci sono anche degli psicologi, ed essendo anche dei tecnici, quando rappresentano una situazione, raccontano quello che si è fatto e propongono anche delle soluzioni, cioè possono dire al tribunale: «A questo punto secondo noi rimanere in famiglia per questo minore non è utile, perché non riusciamo a fare niente di più e vediamo che Pag. 11il bambino non sta recuperando su tappe evolutive perché la famiglia non offre stimoli, non è adeguata e quindi c'è necessità, pena un ritardo nell'intervento che può rappresentare un rischio evolutivo per il bambino».
  Quello che propone il servizio, il tribunale lo vaglia, può essere adesso d'accordo, come pure può non essere d'accordo e può chiedere al servizio di proporre dei progetti alternativi o di valutare ancora con un po' di tempo la situazione, oppure il servizio ritiene che non debbano essere fatti degli interventi presso la famiglia, ma il Tribunale ritiene che, a fronte di una serie di informazioni, sia più opportuno fare intanto un allontanamento.
  Sulla situazione delle CTU e le informazioni che dà il servizio sociale, le informazioni che dà il servizio sociale sono un film, se possiamo dire così. Noi ricorriamo alla CTU sicuramente nei casi in cui abbiamo un servizio sociale che ci pare non lavorare bene in quel caso o avere una situazione molto compromessa nel rapporto con i genitori. Se non si riesce a ottenere delle informazioni o se non si riesce ad avere un minimo di collaborazione per fare qualcosa, disponiamo una CTU.
  La CTU dovrebbe rispondere al quesito del giudice che è tendenzialmente: «Dimmi quali sono le caratteristiche di personalità del genitore, dimmi se il genitore ha delle risorse che possono essere in qualche modo attivate e come potrebbero essere attivate, dimmi qual è il tipo di attaccamento che si è creato tra il genitore e il minore», perché il tipo di attaccamento incide poi sullo sviluppo del minore e sulla sua futura personalità e questo ci serve anche per capire che tipo di genitore può essere anche nel prosieguo del tempo. Secondo me teoricamente basta, cioè la CTU non deve dare consigli su che cosa fare, come, invece, può accadere nei casi di separazione in cui si chiede anche di indicare quale potrebbe essere una disciplina dell'affidamento.
  Perché questo? Perché noi siamo un giudice specializzato, quindi al nostro interno abbiamo le risorse per capire quali possono essere le soluzioni da adottare e gli interventi da proporre.
  Un'altra cosa presente negli appunti che ho preso è il fatto che l'affido al servizio sociale da parte del tribunale per i minorenni non è solo affido al servizio sociale e basta. Siccome l'affido al servizio sociale comporta una limitazione della responsabilità del genitore, noi indichiamo in che modo è limitata questa responsabilità genitoriale e per che cosa. Quindi ci può essere l'affido al servizio sociale e il collocamento eterofamiliare di cui stiamo parlando, come ci può essere l'affido al servizio sociale perché il minore venga preso in carico dalla neuropsichiatria infantile, quindi fare in modo che i genitori possano portare il figlio alla neuropsichiatria infantile, oppure l'affido al servizio sociale affinché il servizio sociale possa attivare un'educativa domiciliare oppure possa favorire la partecipazione a contesti socializzanti per il minore, che deve potere fare delle cose e non stare magari chiuso in casa davanti al computer, come accade per certi adolescenti. Noi diamo sempre un contenuto a questo affidamento al servizio sociale.
  Non so se c'è qualche altra cosa che io possa dire. Se volete fare delle domande, io ho preso qualche appunto e sono a disposizione.

  PRESIDENTE. Le avevo chiesto una sua opinione anche in relazione alle valutazioni dei servizi, quando le valutazioni dei servizi introducono concetti che non rispondono a quello che è il contenuto sul piano giuridico e sul piano scientifico. Ho fatto anche l'esempio della PAS.

  MARIA TERESA ROSSI, presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia. Noi siamo il tribunale per i minorenni, non abbiamo a che fare normalmente con le separazioni, quindi noi non facciamo riferimento alla PAS. Quella della PAS è una storia ormai di alcuni anni fa e non so quanti scrivano ancora parlando di PAS. È indubbio che quando un minore rifiuta l'altro genitore, ci possono essere dei problemi di condizionamento del genitore con il quale il minore vive che portano il minore a rifiutare l'altro genitore, come ci possono essere anche problemi del genitore Pag. 12rifiutato che evidentemente ha anche lui delle difficoltà ad agganciare il minore. Sono delle situazioni più difficili che normalmente non riguardano il tribunale per i minorenni e che in futuro non riguarderanno ancora il tribunale per i minorenni. Quelle sono veramente delle situazioni più difficili da gestire. Non di rado noi abbiamo visto che quando sparisce l'autorità giudiziaria si recupera una certa serenità nelle relazioni. La presenza di un procedimento alimenta il conflitto e schiaccia ancora di più il minore, il figlio in mezzo al conflitto dei genitori, ma ovviamente dobbiamo anche intervenire in alcuni casi.

  PRESIDENTE. Le chiedo anche una sua opinione in relazione alla riforma del processo civile. Lei ha fatto cenno al fatto che il tribunale per i minorenni avrà delle competenze diverse, quindi le chiedevo una sua valutazione e se secondo lei la riforma del processo civile, perlomeno per quello che traspare dalla legge delega per i princìpi ispiratori dei prossimi decreti legislativi, supera alcune problematiche del sistema.

  MARIA TERESA ROSSI, presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia. Intanto quello che è entrato adesso in vigore è il nuovo 403. È di questo che volete che parli?

  PRESIDENTE. Sì, sia questo, sia il curatore speciale anche nella prospettiva della sezione speciale del tribunale delle persone e dello stato della famiglia presso il tribunale ordinario.

  MARIA TERESA ROSSI, presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia. Allora, con il 403 giustamente è stato inserito un termine entro il quale l'autorità giudiziaria deve prendere conoscenza dell'iniziativa della pubblica autorità del collocamento eterofamiliare. Dare un termine è sicuramente una garanzia per i genitori, ed è doverosa per tutti.
  Nella nostra esperienza effettivamente qualche volta i servizi, ma devo dire anche le forze dell'ordine, magari tardano – adesso i termini sono strettissimi ovviamente – a scrivere alla procura. La nostra procura ha un turno penale e civile, e quindi risponde sempre anche in queste situazioni e poi la procura dovrà presentare un ricorso.
  Quando al tribunale arrivava un ricorso con la segnalazione che c'era stato un intervento ai sensi dell'articolo 403, il tribunale prendeva immediatamente una decisione. Adesso abbiamo una procedura dettagliata nei tempi, che sono anche molto stretti, ma comunque in considerazione delle scarse risorse con cui ci troviamo a lavorare, anche di personale amministrativo, perché la giustizia si fa anche con il personale amministrativo.
  In ogni caso dal 22 giugno – da quando è entrata in vigore la riforma – noi abbiamo avuto cinque casi di applicazione del 403 e in tutti i cinque casi si è trattato di ragazzi adolescenti che si sono rivolti alle forze dell'ordine lamentando di essere maltrattati da tempo e non tollerando più la situazione che si trovavano a vivere.
  Per quanto riguarda la nomina del curatore speciale, la norma riprende un orientamento della Corte di cassazione. Certamente il curatore speciale è una figura utile, perché rappresenta il minore nel processo e poi la norma prevede che gli si possano dare dei compiti anche nel merito quasi di tutore. Ad ogni modo, il curatore rappresenta il minore nel processo. Noi nominiamo un avvocato, visto che l'articolo 336 parla di difensore del minore, quindi facciamo coincidere il curatore speciale con l'avvocato del minore. Io ho chiesto, come abbiamo fatto anche in passato per le procedure di adottabilità che già prevedevano il curatore speciale, agli ordini del Veneto di mandarmi elenchi aggiornati di avvocati che si prestano a essere nominati curatori speciali nelle procedure in cui siamo tenuti a nominarli.
  Tendenzialmente allarghiamo oltre ai casi previsti dalla legge, che peraltro ha un comma un po' di chiusura che lascia aperto molto, perché dice anche che, nel caso in cui da fatti emersi venga alla luce una situazione di pregiudizio per il minore tale da precluderne l'adeguata rappresentanza processuale, ogni volta che il PM presenta Pag. 13un ricorso nei confronti dei genitori, possiamo pensare che ci sia una situazione di pregiudizio e che sia opportuno nominare il curatore speciale che può essere un utile interlocutore con il tribunale. Questo è positivo, ma sarà meno positivo per le casse del Ministero della giustizia.
  Per quanto riguarda la riforma futura del tribunale per la famiglia, per i minorenni e per le persone posso dire soltanto che – poi vediamo nel tempo come sarà meglio definita – abbiamo fatto presente anche alla Ministra – in una richiesta di incontro avuta dai presidenti dei tribunali per i minorenni e dai procuratori minorili – che il difetto più evidente è la perdita della collegialità e della multidisciplinarità. Questo è evidente, perché da tutto quello che ho detto voi capirete che quando noi parliamo di pregiudizio e dei provvedimenti idonei, li dobbiamo riempire di contenuti che non sono il calcolo sbagliato per cui il silos è venuto giù, ma richiedono delle competenze che si acquisiscono lavorando continuamente e facendo una continua formazione, come la facciamo noi che ci occupiamo tutti i giorni per anni di queste situazioni. Posso dire, ma credo sia noto a tutti, che la magistratura minorile contesti soprattutto questo aspetto, considerato che il modello italiano è anche guardato con interesse all'estero. Tutto si può modificare, ma forse questa riforma, se venisse licenziata in questo modo, farebbe perdere il valore aggiunto rappresentato dalla collegialità e dalla multidisciplinarità.

  PRESIDENTE. La ringrazio, dottoressa. Per intervenire si è prenotata l'onorevole Bellucci da remoto, ma chiedo anche agli altri commissari se vogliono fare domande. Prego, onorevole Bellucci.

  MARIA TERESA BELLUCCI. Grazie, presidente. Ringrazio anche la dottoressa Rossi per la relazione che ha svolto e per gli elementi di cui ci ha messo a disposizione e a conoscenza.
  La prima domanda che vorrei farle riguarda proprio l'ascolto del minore. Lei ha fatto riferimento alla Convenzione ONU (Organizzazione Nazioni Unite) ratificata dall'Italia, quindi è pienamente a conoscenza di come la nostra Italia preveda una obbligatorietà dell'ascolto del minore, nonostante noi sappiamo che questo elemento di criticità è anche di caduta in termini di piena esigibilità del diritto. La nostra stessa normativa pone l'obbligo a partire dai 12 anni e diventa opzionale in funzione della capacità di discernimento sotto i 12 anni del minore. Su questo noi crediamo fermamente che ci siano elementi di grande criticità anche rispetto a quanto ratificato.
  Le volevo chiedere se viene svolto l'ascolto del minore effettivamente all'interno del tribunale dei minori, da chi viene svolto e con quali modalità, perché noi sappiamo bene che ascoltare il minore significa porsi in una dimensione che possa favorire l'espressione del minore a misura di minore. Quali elementi vengono ad essere introdotti di garanzia? Le chiedo anche nello specifico se i colloqui di ascolto del minore vengono video registrati e se su questo poi c'è una traccia e una possibilità di mantenerli.
  Oltre questo, dottoressa Rossi, le chiederei anche una riflessione e poi anche una descrizione da parte sua rispetto a quello che lei ci ha raccontato, quindi alle situazioni effettivamente di sofferenza in cui si trovano i minori, perché altrimenti non verrebbero o non dovrebbero essere attenzionati, seppur sappiamo anche che in momenti di difficoltà di una famiglia possono essere anche superati nella misura in cui c'è uno stato e un sistema dei servizi sia sociali sia giudiziari della magistratura capace di potere essere un alleato, sia del minore che della famiglia. Quando parlo di famiglia, mi riferisco sia alla famiglia biologica, quindi a quella da cui tendenzialmente proviene il minore – poi è ovvio che non è detto –, alla famiglia di origine del minore, ma mi riferisco anche alle famiglie affidatarie, perché lei giustamente sottolinea come c'è una diminuzione importante anche di disponibilità e lì si aprirebbero tante riflessioni anche sulle difficoltà che le famiglie si trovano a vivere a fronte di un sistema sociale e dei servizi sociali che è assolutamente insufficiente in termini di Pag. 14risorse umane, quindi di reale supporto e anche le condizioni in cui versano i tribunali per i minori in termini di insufficienza di risorse umane e anche strumentali. Come ci diceva lei, non avete dei dati, perché non avete una strumentazione neanche tecnologica che vi permetta di averli.

  MARIA TERESA ROSSI, presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia. Guardi, io ho una scopertura del 38 per cento del personale. Il tribunale rimane aperto perché abbiamo la convenzione tra il Ministero della giustizia e la regione Veneto, quindi c'è qualcuno che viene dalla Regione, ma non è personale formato all'interno del Ministero. Per quanto riguarda Venezia, abbiamo un rapporto magistrato-abitante di 1 ogni 601.000, che è il più alto di tutta Italia. Effettivamente il Ministero della giustizia è sempre un po' in difficoltà. Noi non abbiamo la strumentazione per riprendere le audizioni dei minori.

  MARIA TERESA BELLUCCI. La ringrazio per questi dati di realtà e quindi numeri statistici, perché credo che siano sempre utili, uniti poi ovviamente agli aspetti qualitativi, però sono utili. Effettivamente lei ci conferma quello che è un dato a livello insieme, poi purtroppo drammaticamente il vostro, per quello che lei ci dice, è anche un record, però noi sappiamo che lo stato in cui versano i servizi sia giudiziari sia servizi sociali è davvero vergognoso in Italia. Mi permetto di utilizzare io questo termine e lo dico soltanto analizzando quello che abbiamo ascoltato.
  Dal momento che si tratta comunque di affrontare disagi e sofferenze dei minori che sono all'interno di un travaglio, al di là della causa per la quale sono stati allontanati, in un momento in cui il minore viene allontanato, vive un trauma e una separazione, mentre tutto quello che c'è dopo è una elaborazione di quel trauma e anche di quelli precedenti.
  Poiché lei prima diceva: «Noi aiutiamo il minore, le famiglie a potere elaborare quel trauma», le chiedo quali strumenti vengano messi in campo, perché se è vero, come è vero, che c'è una scarsità di risorse umane e di operatori, in cui c'è difficoltà ad intervenire, diventa sostanziale non solo l'intendimento di aiutare il minore, ma anche come aiutare il minore e le famiglie in tutte le loro varie sfaccettature, sia la famiglia d'origine, ma anche la famiglia affidataria nel caso intervenga una famiglia affidataria oppure una famiglia adottiva che sta all'interno di un iter di adozione nazionale, che sappiamo avere un tempo e un decorso lungo, quindi non è soltanto l'abbinamento, mi permetta il termine.
  Le chiedo di fare una valutazione, perché magari l'intendimento c'è anche, ma effettivamente questo aiuto viene dato alle famiglie? Perché mi viene da pensare che se non ci sono gli strumenti, cioè gli operatori e le risorse umane, probabilmente quel supporto è abbastanza fragile, quindi si moltiplicano le fragilità e forse è possibile che una difficoltà anche all'interno di un minore o di una famiglia affidataria che sarebbe potuta essere superata, poi non viene superata perché gli strumenti che si mettono in campo non sono sufficienti e lì si acuisce una conflittualità che logora rende più difficile le cose.
  Mi taccio e le lascio la parola, però vorrei una valutazione da parte sua perché effettivamente il supporto è in funzione delle risorse economiche e delle risorse umane, quindi strumentale e non può prescindervi. La ringrazio per le risposte che vorrà darci.

  MARIA TERESA ROSSI, presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia. Innanzitutto la famiglia affidataria è una famiglia «ponte». Le famiglie che si propongono l'affidamento sanno che sono e devono essere famiglie che accompagnano il minore in un percorso della sua vita, passando da una famiglia d'origine per tornare alla propria famiglia d'origine, o da una famiglia d'origine a una famiglia adottiva, oppure, nei casi in cui abbiamo situazioni che si prolungano nel tempo, la famiglia ponte diventa la famiglia del minore. È importante che noi partiamo da questo concetto, non per niente la Legge ci dice che gli affidi eterofamiliari devono durare 24 mesi e se durano più a lungo interviene il tribunale per i minorenni e comunque c'è Pag. 15un monitoraggio ogni sei mesi di questi collocamenti eterofamiliari.
  Gli aiuti che vengono dati alla famiglia d'origine e alle famiglie affidatarie, così come alle famiglie adottive, sono quelli che è in grado di dare il servizio sociale. Come vi ho detto, non tutto il Veneto si trova nella stessa situazione: noi abbiamo servizi con più risorse e altri servizi con meno risorse. Io ho notato nella mia esperienza di molti anni che le ridotte risorse economiche che hanno i comuni e i servizi hanno comportato in certi casi un peggioramento dei servizi che vengono offerti. Ad esempio, noi potremmo dire: «Questo bambino ha bisogno di una psicoterapia. Tu, servizio di neuropsichiatria infantile, fai la psicoterapia due volte alla settimana», perché voi sapete che una psicoterapia seria si fa almeno due volte alla settimana. Il servizio di neuropsichiatria infantile risponde: «Io ho tot casi e questo bambino lo posso vedere una volta ogni 15 giorni». Voi capite che se io non ho dietro una famiglia con risorse economiche proprie, bisogna affidarsi al servizio pubblico e il servizio pubblico fa quello che può fare.
  Noi osserviamo che il trauma di cui lei parlava non è tanto il trauma dell'allontanamento, bensì sono i traumi che il minore ha vissuto nella famiglia d'origine, se dobbiamo arrivare a un allontanamento. Se io le parlo di un bambino che viene maltrattato o di una minore abusata dal compagno della madre, è quello il trauma che mi impone un intervento a livello di tribunale per i minorenni. L'allontanamento è qualcosa di faticoso, ma non è esattamente quello il trauma. Noi stiamo molto attenti ad allontanare i minori senza una vera ragione.
  Faccio un esempio: abbiamo una mamma sola, con un bambino che presenta delle difficoltà e ha una diagnosi di autismo. Il servizio sociale ci può dire che questa mamma non è sufficientemente adeguata, ma noi sappiamo anche che il bambino autistico ha bisogno di mantenere una relazione stretta con la figura di riferimento. A questo punto il tribunale non crea il trauma dell'allontanamento del bambino dalla mamma. Noi ci sforziamo di evitare una sovrapposizione di traumi a un pregiudizio che il bambino sta vivendo all'interno della sua famiglia d'origine.
  L'aiuto viene dato, come ho detto, attraverso vari strumenti, come la presa in carica e il sostegno alla genitorialità da parte del consultorio familiare o l'invio al SERT. È ovvio che da parte dei genitori alla mano tesa deve corrispondere una loro volontà di cogliere questa mano, perché se al genitore viene proposta una comunità terapeutica per risolvere il suo problema di dipendenza dalle droghe e lui non ci vuole andare, io devo prendere atto che non lo vuole fare.
  Per quanto riguarda il minore, invece, la presa in carico del minore può essere fatta su diversi piani, e può anche essere fatta attraverso un collocamento in un contesto che abbia lui stesso una valenza terapeutica, perché se la famiglia è patogena ed è un humus negativo, io devo allontanare il minore da quell'humus negativo per poterlo recuperare. Se la famiglia si può recuperare, si lavora nel senso di recuperarla.
  Non credo che i servizi sociali si possano definire «pessimi». Come in tutte le situazioni noi abbiamo delle ottime intenzioni, delle belle idee, ma scarsità di risorse. Le difficoltà economiche in cui versano hanno delle ricadute anche su questo piano. Ho presente un sindaco che chiede disperatamente: «Che cosa fate? Perché io non ho i soldi per continuare a sostenere questa situazione». Noi a volte imponiamo delle cose che hanno dei costi e le imponiamo perché sappiamo che sono utili per il minore, però ci sono amministratori locali che naturalmente rappresentano anche le loro difficoltà di cassa.
  Ci sono operatori sociali più validi e con maggiore esperienza, altri meno validi e con minore esperienza, ci sono comunità che lavorano meglio e comunità che lavorano meno bene. Questa è una realtà con la quale noi ci confrontiamo qui, come nella scuola, come nella sanità, come dappertutto, però non posso pensare che nel Veneto abbiamo dei pessimi servizi sociali, perché, come dicevo prima, storicamente i servizi sociali qui nel Veneto hanno sempre lavorato intercettando situazioni di pregiudizioPag. 16 e cercando di lavorare in regime di beneficità. Non so se è soddisfacente la mia risposta o vuole sapere qualcosa di più.
  Sull'ascolto del minore noi non abbiamo attrezzature per videoregistrare. Il Ministero della giustizia non ce li fornisce. L'ascolto del minore è sempre regolarmente fatto, non solo a 12 anni, ma anche in età più piccola, se ha capacità di discernimento. Ad esempio, quando noi ci occupiamo di sottrazioni internazionali, abbiamo una giurisprudenza per cui addirittura un bambino di 7 od 8 anni può essere ascoltato per capire se deve rientrare nel Paese di origine o deve rimanere qui in Italia. Abbiamo l'abitudine ad ascoltare i minori, viene fatto regolarmente e a volte può essere sentito anche più di una volta.
  L'ascolto del minore è fatto nella quasi totalità dei casi dal giudice onorario. Può essere un giudice onorario da solo, possono essere due giudici onorari o possono essere il giudice onorario e il magistrato. Noi valutiamo a seconda delle situazioni, a seconda dell'età del minore, a seconda della storia del minore, se è meglio che sia sentito da un maschio o da una femmina. Questo ultimo punto può essere importante, perché se dobbiamo sentire una bambina che ha subìto degli abusi, alla quale non chiediamo degli abusi, perché è un tema del procedimento penale, ma dobbiamo sentire come sta e come va, confrontarsi con una figura maschile potrebbe non essere opportuno.
  Noi ci facciamo tutte queste domande: è meglio uno, è meglio due, è meglio che sia un maschio o è meglio che sia una femmina? Valutiamo anche le competenze del giudice onorario, perché c'è chi è più capace di avere a che fare con adolescenti, c'è chi è più adatto ad avere a che fare con bambini più piccoli.
  Anche io in passato ho fatto personalmente ascolti dei minori, però devo dire che li ho fatti anche nella collaborazione del giudice onorario e a seconda delle situazioni il giudice onorario per la sua formazione professionale ha una migliore capacità di approcciare il minore e di metterlo nella condizione di esprimersi liberamente.
  È ovvio, come ha detto lei, che si tratta di un ascolto, non è un interrogatorio. Il minore parla e dice quello che vuole. Non di rado ci sentiamo dire: «Queste cose poi chi le legge?», perché hanno paura che vengano lette da qualcuno e che questa libertà di espressione che hanno avuto davanti al giudice poi si possa ritorcere loro contro, ma noi naturalmente rassicuriamo e facciamo presente che verranno lette dall'avvocato e che comunque poi viene spiegato tutto quanto. Questo è il nostro modo di operare finora.

  PRESIDENTE. Grazie. Ho in presenza l'onorevole Giannone per alcune domande, prego.

  VERONICA GIANNONE. Grazie mille. Ringrazio la presidente e cercherò di essere veloce. Lei prima ha descritto la procedura sullo scopo di recuperare i genitori, la famiglia di origine, migliorare la situazione del minore eccetera. Volevo capire se ha idea di quanti anni dura la procedura da lei descritta, quindi quanto tempo i ragazzini e i bambini devono attendere affinché questa procedura arrivi all'obiettivo di recuperare la famiglia di origine.
  Le chiedo anche cosa ne pensa del fatto che comunque un minorenne debba passare prima da una famiglia d'origine per essere inserito in struttura per poi andare in un'altra famiglia affidataria e addirittura magari ritrovarsi dopo anni a dover lasciare la famiglia affidataria per essere adottato da un'altra famiglia, perché lei ha descritto un esempio in cui parlava di tutti questi step. Non può essere effettivamente più traumatica una vita del genere, anziché essere d'aiuto al suo benessere psicofisico?
  Lei poi ha raccontato della famiglia affidataria per la quale sono stati poste due interrogazioni, una al Senato e una alla Camera. Avrei da farle una domanda adesso verbalmente, ma chiedo di poter poi inviare anche delle altre domande per iscritto. La legge del 19 ottobre 2015, numero 173, portante le modifiche alla legge 4 maggio 1983, numero 184, è sul diritto della continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare. Per affido familiarePag. 17 anche la legge parla di famiglia collocataria, quindi non si parla solo ed esclusivamente della famiglia d'origine. L'affidatario o l'eventuale famiglia collocataria devono essere convocati a pena di nullità nei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato e hanno facoltà di presentare memorie scritte nell'interesse del minore. In questo caso che lei ha citato, io le chiedo: per quale motivo il tribunale per i minorenni di Venezia ha ritenuto di non convocare gli affidatari o collocatari prima dell'adozione del provvedimento di allontanamento? Perché anche questo sarebbe molto interessante da capire.
  Inoltre, lei ha detto che il servizio sociale ha valutato questa famiglia come idonea a diventare famiglia affidataria. Tuttavia, dopo ha anche specificato che la signora – questo lo dice lei, io non posso saperlo – ha tentato per tre volte il suicidio due anni prima della valutazione come coppia affidataria. Il servizio sociale è capace di valutare la coppia genitoriale come affidataria oppure no? Perché se c'erano già queste situazioni di addirittura tentato suicidio per tre volte due anni prima, credo che sia il servizio sociale ad aver fatto un grave errore e non la famiglia.
  Un'altra domanda, invece, riguarda un altro caso per il quale sono state effettuate delle interrogazioni relativo all'articolo 250 del codice civile. In questo caso specifico ci ritroviamo una situazione particolare, perché questa minore – lo riportano tantissimi organi di stampa – che ad oggi risulta avere ancora il cognome della madre proprio perché è stata riconosciuta soltanto da lei. In un secondo momento è stata fatta una richiesta di riconoscimento da parte del padre, eppure il tribunale ha deciso addirittura che doveva essere posposto il cognome paterno a quello materno, seppur la stessa madre abbia comunque deciso di andare in appello e poi in Cassazione, quindi tecnicamente questo decreto doveva essere sospeso. Anche qui non si capisce come è possibile che non si tenga conto di quelle che dovrebbero essere le attuazioni della legge o del codice civile.
  Infine, e concludo, prima parlava delle CTU e per quanto riguarda la questione dei quesiti. In realtà diversi organi di stampa per diversi casi portano questi quesiti fatti da giudici del tribunale per i minorenni di Venezia, dove in realtà si richiede proprio la richiesta della ex PASS, alienazione parentale, alienazione genitoriale, all'interno dei quesiti stessi delle CTU, andando contro quello che Lei stava descrivendo prima. Può controllare e fornirci, in questo caso, delle altre informazioni in questo senso? Grazie.

  MARIA TERESA ROSSI, presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia. Dell'articolo 250 del codice civile non si occupa il tribunale per i minorenni da diversi anni, quindi io non so a quale caso lei faccia riferimento, perché l'autorizzazione al riconoscimento è di competenza del tribunale ordinario da molto tempo.
  Per quanto riguarda le CTU, anche qui mi domando se si faccia riferimento al tribunale per i minorenni o al tribunale ordinario, perché noi non facciamo CTU nelle quali chiediamo proprio esplicitamente di PASS. O si riferisce a cose molto indietro nel tempo, quando il tribunale per i minorenni aveva competenze sull'affidamento dei figli di genitori non coniugati, altrimenti non sono di nostra competenza queste cose, né l'articolo 250 né le CTU in cui dobbiamo parlare di PASS. Non mi risulta. Noi facciamo pochissime CTU e non mi risulta, ma comunque verifichiamo.
  Per quanto riguarda la continuità degli effetti, questo tribunale ha sempre presa in considerazione la continuità degli affetti, perché prima ancora che intervenisse la norma che obbligava a farlo, quando noi avevamo constatato che il minore si trovava bene all'interno di una famiglia e veniva dichiarato adottabile, non avevamo alcuna ragione per cercare una famiglia adottiva.
  Gli esempi che io ho fatto riguardano, invece, altri casi. Ad esempio, il minore che viene collocato in una famiglia affidataria e sta lì per un po' di tempo, nel momento in cui noi lo dichiariamo adottabile, la famiglia affidataria ci dice che non lo vuole tenere. Vi sono anche questi casi di famiglie Pag. 18che dicono: «Noi facciamo la famiglia affidataria, ma non abbiamo nessuna intenzione di adottare questo minore». Ci sono anche dei casi in cui, proprio nella previsione di una possibile sentenza di adottabilità, noi collochiamo, già pendente la procedura di adottabilità, il minore in una famiglia che possa essere poi quella adottiva in modo da consentirgli di avere un contesto stabile e sicuro e non dovere cambiare.
  Certamente noi vogliamo assolutamente evitare i cambiamenti al minore, ma le situazioni che si presentano possono essere le più varie. Ci può essere il caso, come dicevo, della famiglia che non lo vuole adottare e che dice: «Bene, a questo punto ve lo potete tenere voi», anzi della famiglia che dice: «Adesso il minore sta manifestando dei problemi, per cui io non lo voglio più o comunque non ce la faccio, non sono in grado di gestire le difficoltà che lui manifesta». La realtà è molto varia. Io forse non sono in grado di rappresentarvi tutta la varietà di situazioni con cui noi ci confrontiamo, però l'obiettivo del tribunale è non far fare tanti cambiamenti a questi minori e la continuità degli affetti è stata presente storicamente in questo tribunale prima ancora che intervenisse la norma.
  Per quanto riguarda la coppia affidataria che non è stata valutata correttamente dal servizio sociale, noi ci troviamo molto spesso dei casi in cui le valutazioni sono fatte attraverso la conoscenza delle persone e quello che le persone raccontano. I carabinieri sanno dei tentativi di suicidio, ma se le persone non ce lo raccontano, come è successo anche in altre situazioni che non abbiano raccontato che prendevano psicofarmaci o che avevano delle situazioni particolari e sono emerse soltanto in un secondo momento, non ritengo di poter sempre accusare i servizi sociali di non sapere fare il loro lavoro, perché ci possono essere dei casi in cui il servizio sociale non ha adeguatamente sondato la situazione, ma ricordo che nel caso che vi interessa è risultata in un primo tempo una coppia adeguata. Sono le stesse coppie che non sempre raccontano tutto, quindi c'è anche questa situazione.
  «Quanto dura la procedura?» è una domanda che non può avere una risposta certa, perché le procedure durano il tempo necessario. Non durano 5 o 7 anni, però possono durare un tempo che può essere di due o tre anni, anche quattro, a seconda della situazione, perché quello che noi vediamo è che ci sono molti cambiamenti nel corso del tempo.
  Faccio degli esempi anche per permettervi di seguire il mio ragionamento. Possiamo avere una mamma tossicodipendente che entra in comunità con il figlio, perché dopo avere partorito il bambino è in crisi di astinenza, lei dice: «Adesso voglio cambiare vita, voglio occuparmi di mio figlio». Entra in comunità con il figlio, ma voi sapete che la comunità terapeutica richiede all'incirca due anni per un percorso terapeutico. La mamma abbandona la comunità e noi ci troviamo nella necessità di decidere che cosa fare, ma rientra in comunità, quindi lasciamo la mamma con il bambino in comunità. Dopodiché la mamma abbandona nuovamente la comunità e a questo punto si pone il problema di un collocamento del bambino presso la famiglia, ma la mamma si rivolge al SERT per continuare un percorso terapeutico di altro tipo e noi non possiamo certo dichiarare il bambino adottabile, se non consentiamo alla mamma di darsi il tempo per recuperare. La norma ci dice che non può essere un tempo infinito, però le dobbiamo dare un certo tempo di osservazione.
  Noi ci troviamo con situazioni patologiche, per le quali improntiamo una cura e dobbiamo verificare se questa è la cura giusta e se la cura produce degli effetti. Un tempo per osservare e al tempo stesso dare un aiuto è fondamentale.
  Noi non siamo il giudice che deve rispondere alla domanda: «Condanna il mio debitore a darmi 100 euro» e l'istruttoria consiste in questo, nel verificare se esiste il credito, se l'altro ha pagato o non ha pagato. Noi siamo un'autorità giudiziaria che deve prendere in carico una situazione e accompagnarla, accompagnarla poi a un tempo che non può essere infinito e che va Pag. 19individuato quando la situazione raggiunge una certa stabilità.
  Alla domanda quanto dura una procedura, rispondo che dura, come ho detto prima, per un tempo che è variabile. Se abbiamo un percorso positivo – scusate se vi parlo molto di percorsi positivi, ma quelli negativi sono più semplici da capire, perché se una mamma si allontana dal figlio, non ha più rapporti e lo abbandona, è facilissimo decidere – e se abbiamo quelle situazioni un po' al limite, per cui bisogna lavorare e lasciare un tempo anche per vedere se qualcosa funziona, la durata della procedura varia. Io posso avere un minore allontanato, un percorso che sta andando abbastanza bene, rientri presso la famiglia e alla fine il rientro definitivo in famiglia. Quanto tempo è necessario? Non glielo so dire. Che problemi aveva questo minore? Che tipo di malessere stava manifestando? Che tipo di collaborazione sono riusciti a dare i genitori? Quanto i servizi sociali sono riusciti ad agganciarli? Quanto il loro avvocato ha lavorato favorendo tutto questo nell'ottica di una soluzione buona? Ci sono tanti soggetti che entrano nelle procedure minorili e tutti quanti devono lavorare in una certa direzione, dove è possibile.
  Per quello che concerne il minore che passa in strutture diverse, non vogliamo che passi in strutture diverse, ma è possibile quando il minore ha un malessere e un disagio psichico, che purtroppo adesso noi osserviamo manifestarsi anche in età molto precoce. Non possiamo e non dovremmo fare tentativi, ma a volte si pensa che quella sia la soluzione buona, e bisogna cambiare.
  Faccio presente anche che, a parte le famiglie che desiderano continuare a occuparsi del minore, le comunità sono soggetti privati – noi ci occupiamo non solo dei bambini, ma anche degli adolescenti – che a un certo punto possono dire: «Io dimetto il minore perché ha comportamenti che non posso gestire».
  Noi ci occupiamo anche degli adolescenti con problemi, che fanno fughe, che hanno agiti violenti auto ed eterodiretti, con dipendenze da droghe che spesso comportano doppia diagnosi, cioè malattia psichiatrica e dipendenza da droghe. I tempi variano e purtroppo anche le soluzioni variano.
  Un ragazzo che scappa si prova a mettere in una comunità, la comunità non è quella adeguata e il ragazzo scappa, ma la comunità dice: «Io non lo tengo. Questo mi distrugge tutto, se la prende con gli altri e non lo tengo» e bisogna passare a un'altra comunità.
  Mi pare che voi siate più interessati ai bambini piccoli e alle famiglie affidatarie, ma noi abbiamo anche i preadolescenti e gli adolescenti e per loro trovare una famiglia è molto difficile, perché, come ripeto, il disagio si sta manifestando in età sempre più precoce e gli strumenti per affrontare questo disagio non sono semplici.
  Le realtà sono molto più complesse rispetto a quelle che potevano esserci anche dieci anni fa. Ci sono molto maggiori fragilità negli adulti e nei minori e questo è ovviamente un problema molto serio. La domanda è: dove stiamo andando?

  PRESIDENTE. Sì, in realtà ci tengo a dirle che la nostra Commissione è assolutamente attenzionata sui temi di minori di tutte le età, anzi avevamo proprio proposto un monitoraggio anche successivo nel caso di allontanamenti e di collocamenti fuori famiglia per valutare anche gli effetti negli anni successivi alla maggiore età.
  Passo la parola alla senatrice Fregolent in presenza per le domande. Inoltre poiché abbiamo alcuni consulenti che ci hanno inviato delle domande le chiedo la disponibilità, se per lei non è un problema, di potergliele inviare via e-mail, al fine di poter avere una sua risposta per iscritto. Senatrice Fregolent, prego.

  SONIA FREGOLENT. Grazie, presidente. Buongiorno, presidente Rossi. Anche io mi unirei a quanto già detto dalla presidente Cavandoli nel precisare che questa Commissione è interessata a tutto quello che riguarda i minori e in particolar modo su come si può incidere per far sì che questi ragazzi vivano al meglio all'interno delle proprie famiglie senza essere allontanati, Pag. 20perché riteniamo che comunque l'allontanamento sia l'ultima ratio possibile.
  Mi permetta, ma devo dirle che non ha risposto rispetto al caso che ha ricordato prima la collega e rispetto alla legge 173 del 2015 che andava a modificare la legge 184 del 1983 sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine. L'articolo 5, come diceva la collega precedentemente, prevede che l'affidatario o l'eventuale famiglia collocataria devono essere convocati a pena di nullità nei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale e di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato e hanno facoltà di presentare memorie scritte nell'interesse del minore. Io rinnoverei la richiesta già fatta dalla collega per capire, nel caso di cui abbiamo parlato, ovvero di quel bimbo, per quale motivo non siano stati auditi i genitori affidatari e per quale motivo addirittura siano stati indicati come non parti nel percorso di allontanamento.
  Ho trovato poco rispettoso nei confronti dei genitori affidatari la sua affermazione rispetto alla richiesta di archiviazione, perché se di archiviazione parliamo, significa che non è neanche iniziato il procedimento e che non c'erano i requisiti. Andare a spargere sospetti non è una cosa carina, soprattutto laddove noi abbiamo un ordinamento che ha come principio cardine la presunzione di innocenza e in questo caso c'è stata una archiviazione.
  Volevo anche capire quali verifiche abbia fatto il tribunale rispetto alle relazioni dei servizi sociali, perché ci risulta che ci sia stata una relazione della scuola datata primo giugno 2021, una relazione dei servizi sociali datata primo giugno 2021, e il provvedimento del tribunale datato 4 giugno 2021. È possibile che i servizi abbiano avuto il tempo di svolgere delle indagini legate alla relazione della scuola che il tribunale abbia approfondito in contraddittorio? È stato sentito o non è stato sentito il tutore prima dell'allontanamento di questo bambino? Perché abbiamo sentito anche l'audizione precedente e ci sembra che questi passaggi siano stati saltati.
  Inoltre, non ci sembra che si possa affermare che il principio del contraddittorio sia stato rispettato, perché questi genitori sono stati ascoltati nel procedimento di adozione del novembre del 2020, quando il bambino, invece, è stato allontanato a giugno del 2021.
  Volevo capire anche quali verifiche avete fatto con i servizi sociali, perché anche qui come Commissione noi abbiamo richiesto tutta la documentazione relativa al caso e non risultano segnalazioni o relazioni sull'affidabilità o la non affidabilità dei genitori prima della relazione della scuola. Le chiedo se voi avete documentazione che provi, invece, che i genitori non erano adatti, perché noi abbiamo chiesto la documentazione, ma non è stata trasmessa in quanto non c'è.
  Lei prima diceva sui tutori che voi fate la nomina dei tutori, ma vorrei capire anche qui come li coinvolgete nelle scelte dei minori.
  Sempre su questo caso, volevo capire se i servizi vi avevano segnalato che questo bimbo ad agosto del 2021 si era allontanato chiedendo di potere chiamare il genitore affidatario che ha iniziato a chiamare «papà» da quando è stato allontanato, ma ha iniziato anche a chiamare la mamma «mamma» da quando è stato portato via da questa coppia. Dicevamo prima che è un bambino che ha un handicap, quindi le chiedo quali accertamenti avete fatto rispetto a delle affermazioni, che fondamento hanno queste affermazioni, come le avete verificate per allontanare questo bambino e quanto ha inciso l'aspetto affettivo sulle vostre valutazioni, perché non mi sembra che sia stato preso in considerazione, dal momento che, come le dicevo, il bambino ha iniziato a chiamare questi genitori «mamma» e «papà» da quando è stato allontanato. Grazie.

  MARIA TERESA ROSSI, presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia. Mi dispiace che probabilmente la risposta che abbiamo mandato al Ministero non sia stata esaustiva, perché vedo che è stato riproposto nuovamente questo caso.
  Innanzitutto, devo dire che chiamare gli affidatari «genitori» è un po' forte. Non li possiamo definire genitori, anche se loro si vivono come genitori, perché dedicano cure, Pag. 21attenzioni e affetto a questo bambino. Se adesso siamo in un consesso più tecnico, non sono genitori, bensì affidatari. Gli affidatari, in base alla giurisprudenza della Corte di cassazione, non possono intervenire nella procedura di adottabilità, quella di verifica della situazione di abbandono morale e materiale del minore. Vengono sentiti a pena di nullità e, infatti, sono stati sentiti questi collocatari perché il bambino era affidato al servizio sociale e collocato presso di loro. Sono stati sentiti, ma non c'è né orientamento giurisprudenziale né norma che dica che devono essere sentiti prima di procedere a un allontanamento.
  Faccio presente che io rispondo come presidente del tribunale, quindi arrivo fino a un certo punto, perché c'è il Collegio che ha deciso vagliando, per quello che qui risulta, tutta la documentazione che era arrivata alla attenzione del tribunale.
  Io non spargo niente di negativo. Ho fatto presente le informazioni ci hanno dato i carabinieri, ma le ho dette a voi. Qualcuno di voi lo sa, ma molti altri non sanno il nome del minore e il nome nelle persone che si sono occupate di questo minore. Io ho soltanto rappresentato che il tribunale dei minorenni raccoglie una serie di informazioni e poi decide valutando rispetto a quello che conosce. Sulla nomina dei tutori nel caso di specie, il tutore c'era e non ha ritenuto assolutamente di impugnare la decisione del tribunale per i minorenni. Il tutore è informato di quello che sta succedendo per quanto riguarda questo minore.
  Gli affidatari, o meglio i collocatari, vengono sempre sentiti e lo abbiamo fatto anche con loro e dopo il Collegio ha valutato le informazioni che erano giunte dal servizio sociale e dalla scuola.
  Scusate, ma io questa mattina ho fatto un'udienza dibattimentale. È da questa mattina che ho fatto processi e adesso partecipo a questa audizione. Ho preso degli appunti, ma può darsi che mi sfugga qualcosa e me ne scuso. Ditemi voi a quali domande devo rispondere. Io ho preso nota, ma non so se ho risposto a tutto. Aiutatemi a riproporre le domande, se non ho risposto correttamente ed esaurientemente.
  Per quanto riguarda la risposta da inviare successivamente per iscritto, devo dire che in questo momento se sono cose brevi, io posso rispondere anche oralmente. Qui mi pare che si proponga una attenzione a un caso specifico, ma se volete che parliamo di adolescenti o di altre situazioni, molto volentieri.
  Adesso questo caso specifico mi lascia in difficoltà, nel senso che io tutto quello che so di questo caso l'ho rappresentato e ve l'ho raccontato, quindi più di questo non posso dire. Noi non abbiamo violato nessuna norma e l'attività è stata fatta nel rispetto delle disposizioni di legge e degli orientamenti della giurisprudenza. I collocatari possono depositare delle memorie, ma non hanno titolo a intervenire, perché non sono parti del procedimento. Noi siamo dei tecnici e usiamo anche gli strumenti tecnici che ci vengono dati dalla norma e dall'elaborazione della giurisprudenza della Cassazione.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente, io avrei una serie di domande e inizierei a farne una che viene dai nostri consulenti che seguono appunto le audizioni. Lo stato di incuria fisica e psicologica del minore come viene rilevata e che tipo di osservazione richiede in media al tribunale prima di emettere un provvedimento?

  MARIA TERESA ROSSI, presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia. Allora, lo stato di incuria riguarda le trascuratezze, come dicevo, bambini che sono in ritardo rispetto all'età pre-evolutive, bambini che non hanno, che noi vediamo vanno a scuola e che dormono sul banco o che non hanno mangiato, bambini che hanno incuria fisica e psichica, che a volte sono bambini non visti e che hanno un rapporto con genitori che sono anaffettivi o genitori che vanno e vengono dalla loro vita.
  Come ho detto all'inizio, in questi casi c'è sempre stato già un tempo di osservazione da parte del servizio sociale e il tentativo da parte del servizio sociale di approntare degli interventi che evitino di giungere al tribunale per i minorenni.
  Peraltro, devo dire che nella mia esperienza a volte, dove ci sono famiglie un po' Pag. 22più attrezzate, la segnalazione alla procura minorile e poi al pubblico ministero crea un processo virtuoso e direi quasi, se me lo lasciate dire, un intervento terapeutico del tribunale. Il solo fatto di sapere che c'è il tribunale per i minorenni che si sta interessando può determinare una maggiore collaborazione e una presa di coscienza della necessità di cambiare qualche cosa.
  Le famiglie con cui noi abbiamo a che fare sono famiglie disadattate, famiglie che raccolgono rifiuti in casa e hanno la casa piena di rifiuti, la casa sporca, bambini sporchi e malnutriti. Sono famiglie di tutti i tipi, le tipologie sono tante. Direi che quasi banalizzo dicendo queste cose. Scusi, l'altra domanda era? Come si rileva? Lo rileva il servizio sociale che...

  PRESIDENTE. Come vengono individuati e come agisce di conseguenza il tribunale dei minorenni? Quali sono i parametri che vengono utilizzati o dai servizi sociali e che comunque in qualche modo vengono validati dal tribunale per i minorenni per individuare queste carenze?

  MARIA TERESA ROSSI, presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia. Innanzitutto c'è una osservazione esterna, perché può esserci il servizio che li conosce per qualche ragione, perché le famiglie si sono appoggiate e hanno chiesto aiuto, può essere la scuola che segnala, può esserci il caso dell'ospedale che segnala, può essere il minore che si rivolge alle forze dell'ordine, può essere la famiglia seguita da tempo dal servizio sociale che poi, raccontando tutta la storia, evidenzia un malessere del minore.
  Si può trattare di un bambino, nell'esempio che vi ho raccontato, che dichiara apertamente di non farcela più a vivere, ci può essere il caso della ragazza che fa le fughe, che si droga e il genitore chiede aiuto.
  Poi ci sono molti aspetti anche di tipo psicologico di cui adesso io mi trovo in difficoltà a dirvi più nel dettaglio, nel senso che vi sono bambini o minori che non rispettano le tappe evolutive, quindi sono minori che si trovano in ritardo rispetto ai coetanei e alla loro età e che non ricevono stimoli. Sono minori che vivono in una famiglia in cui il genitore va e viene e questo crea un gran problema al minore che non riesce a fare affidamento sulla presenza dei genitori come vera figura di riferimento. Devo dire che adesso ho tanti fascicoli intorno, forse dovrei aprirne uno e leggervi qualcosa per rendere meglio edotti.
  Penso al caso di una mamma proveniente dall'Africa, rifugiata, aiutata per due anni dai servizi con alloggi e con sostegni vari, una mamma che per il fatto dell'immigrazione fa anche fatica a inserirsi nel contesto, che ha una vicenda personale travagliata, che ha fatto la rotta libica, che è venuta in Italia per evitare che la figlia subisse una mutilazione genitale, ma in questo contesto fatica a essere un genitore adeguato e viene segnalata questa situazione al tribunale per i minorenni.
  Non è che il tribunale per i minorenni allontana tutti i minori che vengono segnalati, però, come vi ho detto, il tribunale per i minorenni arriva nel momento in cui tutto il resto non ha funzionato o non si è potuto realizzare.

  PRESIDENTE. Io la ringrazio, presidente. Le chiedo ancora disponibilità, e nel caso ci fossero delle domande sopraggiunte anche da parte dei consulenti gliele manderemo via e-mail. Eventualmente gliele facciamo avere entro una decina di giorni.

  MARIA TERESA ROSSI, presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia. Il tempo di risposta quale dovrebbe essere?

  PRESIDENTE. Decida assolutamente lei, va benissimo anche a settembre. Noi almeno le settimane centrali di agosto non ci siamo, quindi si può prendere il tempo fino ai primi di settembre. Ringrazio la dottoressa Maria Teresa Rossi e dichiaro chiusa l'audizione. Grazie.

  La seduta termina alle 16.30