XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori

Resoconto stenografico



Seduta n. 38 di Mercoledì 18 maggio 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione, in videoconferenza, del Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS), Gianmario Gazzi:
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 
Gazzi Gianmario , presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS) ... 4 
Cavandoli Laura , Presidente ... 7 
Gazzi Gianmario , presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS) ... 7 
Cavandoli Laura , Presidente ... 8 
Giannone Veronica (FI)  ... 8 
Cavandoli Laura , Presidente ... 9 
Gazzi Gianmario , presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS) ... 9 
Cavandoli Laura , Presidente ... 11 
Gazzi Gianmario , presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS) ... 12 
Cavandoli Laura , Presidente ... 13 
Giannone Veronica (FI)  ... 13 
Gazzi Gianmario , presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS) ... 14 
Cavandoli Laura , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA CAVANDOLI

  La seduta comincia alle 13.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la web-tv della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione, in videoconferenza, del Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS), Gianmario Gazzi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Gianmario Gazzi, presidente del Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali. Ricordo che nella precedente audizione del 13 aprile il Presidente Gazzi ci aveva evidenziato numerose questioni, ne ricordo solo alcune. La questione, usando le sue stesse parole, dell'equipe multidisciplinare che in teoria garantirebbero al minorenne il diritto a una valutazione multidimensionale idonea, che possa permettere al magistrato di fare le sue valutazioni e prendere le sue decisioni. Poi la questione dei livelli essenziali delle prestazioni e delle politiche preventive, soprattutto in relazione alle diverse esperienze territoriali, la questione della formazione, anche in relazione a percorsi universitari non sempre correttamente definiti. Molte di queste questioni sono fondamentali per il corretto funzionamento del sistema di tutela dei minori e credo che come parlamentari dobbiamo farcene carico. In alcuni casi sono un po' fuori dal fuoco della legge istitutiva di questa Commissione che si concentra soprattutto sullo snodo fra l'azione dei servizi sociali, territoriali e la magistratura minorile o la magistratura in generale visto che ci sono delle competenze anche per il Tribunale ordinario. Su questi temi diversi parlamentari e io stessa abbiamo fatto pervenire al Presidente Gazzi una serie di quesiti scritti, a cui credo che egli potrà dare risposta in questa sede. Prima di lasciargli la parola mi limito a due brevi considerazioni, la prima attiene alla questione generale che abbiamo più volte affrontato della posizione dell'assistente sociale nei procedimenti minorili. Giustamente anche il dottor Gazzi, ci ricordava come sarebbe sbagliato identificare il complesso delle attività del servizio sociale dell'ente pubblico territoriale con l'assistente sociale. Allo stesso tempo, però, per quanto possiamo vedere dai materiali raccolti, tutto l'insieme di soggetti coinvolti, psicologi, educatori, operatori, comunità, finisce per scaricare sull'assistente sociale la responsabilità formale delle comunicazioni con le famiglie e la magistratura. Inoltre, l'assistente sociale è una figura riconoscibile e individuabile mentre, spesso, c'è difficoltà a identificare i reali operatori dentro realtà complesse e spesso appaltate come i servizi sociali territoriali. Vorrei, quindi, chiedere al dottor Gazzi una ulteriore riflessione su questi punti, anche al fine di tutelare l'immagine di una figura che è fondamentale sotto molti aspetti. La seconda questione, di cui abbiamo parlato anche nella scorsa audizione, è quella delle relazioni dei servizi sociali che fondano i provvedimenti dei tribunali minorili. Spesso si è sottolineato, e anche noi abbiamo potuto verificare, che queste relazioni e le analisi psicosociali che ne sono alla base sono estremamente variabili,Pag. 4 in molti casi non si distingue bene il fatto dalla valutazione. La recente riforma del processo civile ha reso più rigorosi i procedimenti che talora appaiono come decisioni estemporanee dei collegi giudicanti. Lei come valuta questa situazione nella prospettiva della riforma normativa? Vede il rischio che proprio la procedimentalizzazione, per quanto necessaria, trovi i servizi sociali non pronti, anche per carenza di competenze e non solo di risorse? Lascio ora la parola al dottor Gazzi che ringrazio ancora per la disponibilità.

  GIANMARIO GAZZI, presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS). Grazie Presidente, grazie a tutta la Commissione. Mi permetto all'inizio di scusarmi per non essere in presenza, ma a causa motivi familiari sono trattenuto in Trentino. Proverei, visti i molteplici quesiti posti, a fare un ragionamento, e spero di non prendere troppo tempo. Partirei da una considerazione. Molte delle questioni poste oggi sembrano essere già state valutate dalla popolazione, non per forza dalla Commissione, sull'onda mediatica che c'è stata su alcuni episodi. Ringrazio la Presidente per le parole di rinforzo che ha dato alla nostra professione; noi non vorremmo essere quelli che pagano le decisioni e le polemiche fatte sulla stampa, attenderemo le valutazioni della magistratura e non le commenteremo, questo vorrei che fosse molto chiaro. Gli assistenti sociali sono 46.000 professionisti che lavorano quotidianamente a favore delle famiglie, per le comunità e di questo siamo molto orgogliosi e, anche di fronte alle difficoltà numeriche e di risorse come lei stessa ha segnalato, cerchiamo di fare il massimo. Al di là di tutto, cerco di riprendere il filo dei ragionamenti fatti e provo ad approfondirlo, perché è evidente dalle domande poste che alcuni elementi o sono stati poco chiari nella nostra descrizione o, in alternativa, erano troppo generici e quindi vanno approfonditi. Abbiamo inviato già un documento scritto alla Commissione ieri in cui abbiamo provato a spiegare ulteriormente, proprio alla luce delle domande pervenute. Alcuni elementi che sono fondamentali in parte anche questi da lei accennati in premessa. I servizi sociali non sono gli assistenti sociali, i servizi sociali sono un insieme di interventi che fanno capo agli enti locali, ora alle ASL o appaltati al terzo settore o direttamente erogati dal terzo settore. Ad esempio, rispetto a quanto veniva richiesto da alcune commissarie in merito alle procedure, agli interventi, io vorrei ribadire che la responsabilità non è dell'ordine che può fare delle linee guida per migliorare l'intervento professionale, quanto è, invece, in capo al servizio, all'ente locale, all'ambito territoriale sociale è la responsabilità di definire delle proprie procedure, anche in merito ad alcuni episodi che venivano segnalati nelle domande, vorrei ribadire che, laddove viene coinvolta la forza pubblica, è la magistratura che disciplina chi ha la responsabilità e, in alcuni casi, l'allontanamento non è nemmeno disposto tramite i servizi, ma tramite forza pubblica. Quindi su questo bisogna fare una riflessione, anche normativa eventualmente, ma specificando se è il giudice che definisce qual è l'intervento di allontanamento migliore da predisporre o se sono i servizi. Questo giusto per chiarezza perché, in alcuni casi, anche che hanno avuto rilievo sulla stampa, sappiamo essere stato disposto l'allontanamento con la forza pubblica e con responsabilità sulla forza pubblica, i servizi erano lì per poi dare seguito dopo l'allontanamento. Quindi è fondamentale che siano gli enti locali o gli ambiti territoriali o le regioni a definire dei protocolli chiari e concordati con magistratura e forze dell'ordine. Su questo, poi, aggiungiamo quello che ha già detto, che è l'esigenza fondamentale di introdurre investimenti strutturali sui servizi. Ancora oggi, lo dicevo già nell'altra audizione, paghiamo lo scotto di anni di tagli e ancora bisogna aggiungere livelli essenziali nella norma che lo scorso anno ha introdotto. Se noi non riusciamo ad arrivare nemmeno ai livelli essenziali è difficile dare continuità e molte domande vertevano su questo. È chiaro e siamo tutti concordi sul fatto che il continuo turnover o, addirittura, interruzioni di servizi in questi casi rischia di danneggiare proprio l'intervento anche in forma preventiva. Quindi, dal nostro punto Pag. 5di vista è necessario che il legislatore intervenga per dare chiare responsabilità e anche intervenire in forme, permettetemi di dirla così, magari la dico male, ma bisogna anche obbligare nella sostanza gli enti territoriali, che siano gli enti locali o le ASL a seconda di chi ha le competenze in materia, ad avere quei servizi strutturati in forma stabile e nel rispetto dei livelli essenziali. Un altro capitolo delle domande – che noi abbiamo cercato di accorpare perché in alcuni casi si sovrapponevano – riguarda la formazione. Ripeto, ho compreso che probabilmente sono stato frainteso in alcune affermazioni, forse a causa della foga. La nostra è una formazione che è regolamentata, è di livello universitario, prevede anche master, purtroppo abbiamo solo un dottorato al momento attivo in Italia. Si deve migliorare, ma non è che sia insufficiente. Gli assistenti sociali che oggi si laureano, fanno la bigliettazione con l'esame di Stato e poi seguono un loro percorso di formazione continua, sono preparati. Bisogna prepararli ancora di più perché le situazioni sono sempre più complesse e quindi, in questo senso, ribadisco che come ordine richiediamo un intervento normativo per rivedere la formazione e l'accesso alla professione in modo da innalzare la qualità degli interventi, senza questo possiamo anche renderci conto che sarà molto difficile garantire interventi anche, ribadisco quello che è per noi fondamentale, cioè la prevenzione. Qualcuno parlava dei commissari nelle domande anche di lavoro di comunità: per fare lavoro di comunità bisogna anche preparare gli assistenti sociali nelle università fin da subito a un approccio differente, che non è solo quello di attendere la richiesta, ma deve essere proattivo all'interno delle strutture sociali di un territorio. Quindi, insieme all'innalzamento della qualità formativa dobbiamo anche prevedere, cosa che attualmente non è prevista dalla norma e noi autonomamente non lo possiamo prevedere, quello che diventa importantissimo è anche dare la possibilità e un riconoscimento a delle specializzazioni all'interno della professione. Parlare di sostegno dei nuclei familiari, di tutela, di interventi in situazioni di emergenza/urgenza, questo dal nostro punto di vista richiede competenze ulteriori a quelle di base. Un'ipotesi che avevamo proposto e che ribadisco qui è anche quella di lavorare per l'istituzione di elenchi speciali e un riconoscimento di questi elenchi speciali all'interno della professione. Questa nostra richiesta, che è stata fatta già anche nella prima parte di questa audizione, è stata fatta più volte in sede parlamentare e devo lamentare qui, palesemente, dichiarandolo che, in tutto questo dibattito, il grande assente è il Ministero dell'università che, a fronte di numerose richieste da parte nostra di un'audizione, di un confronto, di un lavoro congiunto per migliorare proprio la formazione degli assistenti sociali, al momento non ha dato riscontro nemmeno per un appuntamento informale. Questo è molto difficile da sostenere sul lungo periodo. Infine, e dopo vengo alle altre questioni che giustamente ha riportato la Presidente, vorrei ribadire la necessità anche di ripensare una norma rispetto alla professione, quindi all'ordine, non solo il Consiglio nazionale proprio la strutturazione dell'ordine. Perché? Perché oggi noi abbiamo competenze in materia di formazione continua, disciplinari e verifica di tutti gli adempimenti. Al momento stiamo lavorando molto sulla formazione continua, noi abbiamo prodotto materiale formativo e corsi ed eventi anche rilevanti e collaboriamo con molte realtà, compreso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ma non solo, anche con il Ministero della giustizia, per promuovere una formazione di qualità continua e permanente, ma siamo anche quelli che investono di più sulla ricerca e l'analisi e gli studi sul servizio sociale professionale, non sociologia, ma servizio sociale e lavoriamo anche per definire i migliori protocolli e procedimenti. Questo lo facciamo a carico degli iscritti attraverso la quota. È chiaro ed è evidente a tutti, però, che questa attività da parte nostra, di Consiglieri nazionali e regionali, è fatta a titolo di volontariato, nessuno di noi ha permessi o retribuzioni legate all'incarico se non delle piccole indennità o dei gettoni e questo lo dico non per rivendicare un riconoscimento del lavoroPag. 6 dell'ordine, lo dico perché obiettivamente potremmo essere anche più efficaci laddove venisse riconosciuto il ruolo ordinistico. In alcuni casi ci siamo trovati anche di fronte a colleghi eletti nei Consigli regionali o nazionali che si sono visti contestare dal datore di lavoro la loro elezione con tanto di procedimento disciplinare, dicendo che dovevano essere autorizzati prima di candidare o di svolgere l'attività ordinistica. Questa attività, quindi, diventa molto faticosa e, alle volte, ci possono essere dei ritardi o delle difficoltà nell'adempimento anche delle attività ordinistiche che, obiettivamente, di fronte a un riconoscimento anche normativo, potrebbero trovare magari più facilità nell'azione nella loro continuità. Vengo alle questioni che ha posto la Presidente e poi rimango a disposizione per eventuali domande. Sull'equipe multidisciplinari, sottolineo come queste equipe sarebbero e sono già previste dalle normative. La realtà si chiama Titolo V della Costituzione, la suddivisione delle competenze su vari livelli che nel campo sociale sono addirittura tre, c'è il Ministero, ci sono le regioni, ci sono gli enti locali, in alcune regioni sono competenze trasversali tra enti locali e aziende sanitarie e questo comporta, di fatto, dei modelli molto differenti e investimenti molto differenti. Noi riteniamo che debbano essere, se non altro, rispettate le norme che sono già previste. Ricordo il decreto legislativo 147 del 17, ma anche i LEP (Livelli Essenziali di Prestazione) dell'ultima legge di bilancio – con riguardo agli interventi a favore dei minorenni e la prevenzione di interventi quali l'allontanamento – bisogna renderli cogenti perché, obiettivamente, siamo in un Paese in cui abbiamo 21 sistemi di welfare diversi, di interventi diversi e di protocolli differenti. Su questo credo che questa Commissione debba tenerne conto, in particolare in una situazione di questo tipo diventa anche difficile trovare modalità che siano a garanzia di tutti gli interventi in tutto il territorio nazionale. Quello che noi suggeriamo è di intervenire, dando delle prescrizioni chiare e anche prevedendo eventuali poteri sostitutivi. Faccio un esempio, credo di averlo già fatto l'altra volta, si è dovuto aspettare una pandemia per dire che i servizi sociali sono servizi essenziali e che non possono essere interrotti. Le regioni avrebbero dovuto fare un piano sociale pandemico, chiamiamolo così, o per le emergenze, ad oggi non ci risulta che nessuna regione abbia fatto quello che nel decreto rilancio era previsto. Su questo, però, non può intervenire nessuno a fronte del fatto che quelle sono competenze delle regioni e degli enti locali. È chiaro che non lo sto dicendo per sfuggire al tema di questa Commissione, lo sto dicendo perché è del tutto evidente cosa si intende per discontinuità e mancato investimento. Sistematicamente noi – non noi come assistenti sociali ma come sistema dei servizi – siamo sempre un passo indietro rispetto alle esigenze che la popolazione, in particolare i più fragili ovvero i minorenni, richiedono e di cui hanno bisogno. In merito a quello che è stato richiesto sulle relazioni dei servizi sociali e dei colleghi, mi soffermo su quella. Le relazioni vengono richieste all'ente, per cui l'assistente sociale esercita la professione. Questo ente risponde per quell'invio, per quel pezzo di relazione. Vorrei che fosse chiaro che non è e non può essere l'unica relazione quella dell'assistente sociale, ci devono essere anche quelle degli altri professionisti. Su questo, come dicevo informalmente anche alla Presidente, è necessario chiedere anche la presenza in audizione dell'ordine degli psicologi e comprendere che, ho visto che nelle domande veniva ripreso il tema dei consultori, non ci sono più le equipe multidisciplinari perché di fatto sono stati via, via separati i percorsi anche tra psico e sociale, ad esempio. Ribadisco – e poi mi fermo per eventuali ulteriori domande – il fatto che la valutazione psicologica compete allo psicologo e sicuramente non all'assistente sociale. All'assistente sociale compete la valutazione sociale e compete la valutazione per il suo specifico professionale, secondo quelle che sono le indicazioni delle teorie, delle scienze, delle metodologie del servizio sociale, anche validate a livello internazionale, la valutazione delle competenze genitoriali per il proprio pezzo, non possono intervenire, è come se lo psicologo Pag. 7facesse la valutazione sociale, non è il suo si direbbe. È opportuno avere tutti gli elementi di tutte le professioni all'interno di questa equipe. Questa equipe si può creare e si deve creare, secondo quella che è la norma dello Stato italiano, in tutti i territori, purtroppo oggi così non è. Infine, rispetto alla riforma della giustizia minorile noi, per quanto riguarda la professione, abbiamo già detto che siamo a favore di tutti gli interventi che rendano più chiaro, più facile anche l'esigere alcuni diritti, l'accesso ai propri diritti, quindi tutto ciò che va a semplificare i procedimenti va bene, quello che non va perso è l'insieme delle valutazioni di tutti i professionisti a favore del Giudice e deve essere il Giudice a prendere la responsabilità di decidere. Non è l'assistente sociale che decide, l'assistente sociale deve portare al magistrato il suo pezzo così come le altre professioni. Il magistrato, singolarmente o collegialmente, questo lo deve decidere il Governo, il Parlamento come si struttura la collegialità da parte del nuovo Tribunale della famiglia e della persona, però deve essere il Giudice a decidere quali sono i provvedimenti da porre in essere. Penso di avere risposto più o meno a tutto, però rimango qui a disposizione per eventuali chiarimenti su ciò che ho appena detto. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Gazzi. Intanto chiedo ai commissari se vogliono fare delle domande di prenotarsi. Come ben sa per noi vi è un elemento fondamentale: noi sappiamo che i Giudici fondano, in modo forse anche troppo critico, la loro decisione, soprattutto i Giudici minorili, sulle relazioni degli assistenti sociali che come lei giustamente ha detto – anche sollecitato da una mia domanda, ma non solo mia – spesso danno giudizi, mi perdoni la tecnicità, su elementi che non sono nelle loro competenze. Lei faceva riferimento a valutazioni particolari che, effettivamente, non sono di competenza degli assistenti sociali. Giustamente lei ha appena detto che se serve un'equipe multidisciplinare è perché ognuno fa il suo pezzo e poi il Giudice prende la sua decisione, valutando il complesso e il puzzle che si verifica, che gli viene prodotto, io lo chiamo elemento istruttorio da avvocato ma, nel momento in cui non c'è ancora una procedimentalizzazione del processo minorile, quindi siamo prima della riforma Cartabia, quello che sarà più avanti, è chiaro che quello che viene prodotto sono solo la relazione degli assistenti sociali. Ma può un assistente sociale rifiutarsi, può o deve rifiutarsi di fare una valutazione di cui non ha le competenze? Io stessa le chiedevo che, molto spesso, l'assistente sociale viene delegata dal Giudice ad individuare quella che è la capacità genitoriale della famiglia o dei genitori. Quindi un plenum di valutazioni che non sappiamo se sono di sua competenza. Questa è la mia domanda che, lo so, è molto amplia, ma è per noi il fulcro anche nell'indagine della nostra Commissione.

  GIANMARIO GAZZI, presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS). Ribadisco, l'assistente sociale può fare la propria valutazione. Adesso vorrei evitare una lezione di metodi e tecniche, però il ragionamento è molto semplice, noi facciamo la nostra valutazione sulle competenze genitoriali basandoci su dei criteri oggettivi, ovviamente io richiedo, pretendo e suggerisco a chiunque, laddove questi criteri, questa valutazione non sia chiara o sia parziale o non sia motivata, ribadisco, c'è la possibilità di un'azione disciplinare e un confronto con altri, proprio attraverso l'ordine, per valutare se il professionista ha o non ha svolto correttamente il proprio lavoro. In tutto questo l'assistente sociale, se nella propria relazione si riferisce a diagnosi, dovrebbe anche elencare da dove arriva quella diagnosi, perché non siamo noi che facciamo una diagnosi di natura psicologica sulle persone. Se questa diagnosi viene riportata all'interno di una relazione bisogna anche citare, ovviamente, la fonte. Quello che vorrei ribadire, perché altrimenti non si capisce il sistema e si continua a dire che è l'assistente sociale che decide. I ruoli e le responsabilità per la legge sono molto chiare. Se un Giudice giustificasse mai, non mi risulta, di avere fatto un decreto sulla sola valutazione dell'assistente sociale io dei dubbi li ho su quel lavoro. Perché? Perché un Giudice non si può basare sulla valutazione di un singolo Pag. 8professionista, sulla base di pezzo di valutazione. Su quella che sarà la riforma Cartabia, siamo in attesa e vorremmo chiaramente intervenire, discutere anche sul contenuto dei decreti nel momento in cui ci saranno, però io ci tengo a ribadire che il nostro è un pezzo. Posso dirlo tranquillamente, in alcuni casi alcuni servizi sociali erano contrari, ad esempio, ad un allontanamento, però la scelta del Giudice è stata quella di procedere comunque, come dicevo prima, ad esempio, nel caso dell'utilizzo della forza dell'ordine direttamente. Quindi, in realtà, le nostre valutazioni e le nostre relazioni, che vengono inviate al magistrato, devono fare parte di un insieme di valutazioni su aspetti diversi, se no viene meno quella multidimensionalità di cui accennavo prima e che è un diritto sancito per tutti, sennò il rischio è quello solo di un intervento parziale. Sottolineerei un'altra questione, altrimenti il rischio è che scivoli in secondo piano, che è quella di lavorare sempre e comunque per il sostegno e la prevenzione, se non si fa sostegno e prevenzione i risultati, poi, sono sempre di natura riparativa, si interviene a valle di un problema e questo è molto più rischioso per tutti, non so se ho risposto alla sua domanda.

  PRESIDENTE. Sì, certamente. Come vedrà per noi è una questione dirimente. La parola all'onorevole Giannone, da remoto, prego.

  VERONICA GIANNONE. Grazie mille, Presidente. Saluto il dottor Gazzi, ci rivediamo anche se a distanza. Partirei con una delle cose che ha detto oggi iniziando la sua piccola relazione, poi spero di leggere quanto prima anche quanto ha risposto alle domande da noi poste. Lei parlava di 46.000 assistenti sociali che lavorano per le famiglie. Mi permetto di dire, prendendomi le mie responsabilità di quanto asseriscono, che dire che 46.000 lavorino tutte per le famiglie a tutela delle stesse non rappresenta la realtà dei fatti. Lei ha fatto prima riferimento ad alcuni organi di stampa, a quelle che sono alcune vicende che vengono fuori. Lo sappiamo, la stampa molte volte può strumentalizzare, molte volte può esagerare nelle descrizioni, molte volte ci è capitato di vedere che non prende neanche tutte le informazione necessarie e quindi si può effettivamente non avere dei riferimenti corretti o comunque reali. Quello che noi vediamo, ascoltiamo anche da registrazioni che vengono effettuate da genitori che, come diceva anche lei all'inizio, purtroppo oggi hanno una non fiducia nei riguardi del servizio sociale, capisce che molti di loro ormai tendono a registrare o videoregistrare, anche all'insaputa dello stesso servizio sociale, proprio per tutelarsi da quello che può avvenire nei loro riguardi e nei riguardi dei loro figli. Guardando e ascoltando audio e video in questi anni, dire che 46.000 assistenti sociali, che sono la totalità di quelli che lavorano sul territorio nazionale, lo facciano per le famiglie mi sembra dire veramente una bugia. Ripeto di questo me ne prendo la responsabilità, ma per quello che purtroppo mi sono ritrovata a vedere in prima persona. Le dico anche questo perché mi è capitato più volte di contattare il servizio sociale dove non veniva permesso più a genitori di vedere i propri figli. Ho avuto a che fare con persone che mi parlavano addirittura in dialetto, un dialetto che molte volte non riuscivo neanche a comprendere, ponendosi in modo completamente diverso da quello che mi aspettavo perché, comunque, sono una figura professionale che mi aspetto e pretendo abbia una certa formazione, una certa competenza e una capacità anche di interagire con chi ha di fronte, soprattutto quando si chiedono delle informazioni tecniche come rappresentanti anche della popolazione, legate a dei casi specifici e che quando si cerca di trovare delle soluzioni alternative e di trovare delle tutele nei riguardi dei bambini, molto spesso parlo dei casi di allontanamento di inserimento in strutture. Detto questo, volevo farle un esempio e volevo anticiparle che le invierò una PEC dove le richiedo espressamente, visto che ho capito dalla sua descrizione anche di oggi, che è vero sì che la responsabilità principale è quella dell'ambito territoriale, perché comunque l'assistente sociale è collegata all'amministrazionePag. 9 locale di quel territorio e comunque anche degli assessori ai quali riferimenti. Però immagino che come ordine nazionale voi possiate prendere delle decisioni, così come diceva lei prima, relative all'operato o a delle valutazioni, a delle ispezioni sul tipo di operato di alcuni assistenti sociali, questo glielo chiedo, magari mi dice che non è così, da quello che ho compreso, mi scusi. Le volevo fare un esempio. Ieri c'è stata anche una conferenza stampa su un caso riguardo al VII municipio di Roma, fatta dalla collega Ascari che noi stiamo seguendo, ho fatto diversi sit-in, ho partecipato anche venerdì scorso io direttamente sotto il VII municipio, senza avere alcun tipo di riscontro con il servizio sociale, perché questo bambino allontanato, e non voglio entrare nell'ambito giudiziario, non è quella la cosa che a me interessa, ma nella tutela del supremo interesse del minore questo bambino non può più né vedere, né sentire la mamma da ormai otto, nove mesi perché è stato deciso, sulla base di quelle che erano delle denunce o delle segnalazioni da parte della madre stessa nei riguardi della casa famiglia dove il bambino è ospite, è stato deciso dal servizio sociale, ho davanti anche a me anche il documento che lo prova, che tutti i tipi di incontri, anche solo videochiamate, dovevano essere sospesi, firmato dall'assistente sociale. A me, ripeto, a livello giudiziario un decreto che definisca questo per svariati motivi che possono essere anche quelli legati a un grave pregiudizio nei riguardi del minore, maltrattamenti, ne abbiamo di tutti i tipi lo possiamo comprendere, ma che un assistente sociale decida di sospendere, per varie segnalazioni, e poi si ritrovi a dovere fare una relazione che va dal Giudice, che quella è, l'ha descritta, il Giudice non può discostarsi da quello che viene descritto dal servizio sociale, fatto sta che questo bambino da otto, nove mesi non vede, non sente più sua madre. Ad oggi le dico che il bambino è caduto tre settimane fa, finalmente la madre è stata avvisata una volta dopo tanti mesi, perché non sapeva che fine avesse fatto, caduto, si è rotto una gamba perché il bambino non vede più è quasi cieco di un occhio, è all'interno di una casa famiglia. Questo per fare un esempio tra mille. Il servizio sociale deve lavorare per la famiglia, deve lavorare a tutela del minore, se c'è qualcosa che porta a vedere che peggiora la salute del bambino stesso, che arriva addirittura a cadere perché non vede più da un occhio, che non permette alla mamma e al bambino di vedersi, anche quando in realtà erano stati inizialmente inseriti, anche da decreto, degli incontri protetti. Qui mi chiedo: il servizio sociale, l'assistente sociale che tipo di lavoro sta facendo a tutela del benessere supremo del bambino e della famiglia? Perché la formazione tecnica, la formazione teorica, quella pratica all'interno dell'università ha un senso, ma c'è una questione legata all'umanità e le dico con estrema rabbia anche, perché ne vedo e ne sento di tutti i colori tanto da non dormirci più la notte, che di cose così ne vediamo e ne sentiamo tutti i giorni e riguardano, purtroppo, la figura dell'assistente sociale. La prego, per quanto di vostra competenza, di iniziare a inviare delle vere e proprie ispezioni nei riguardi dell'operato del servizio sociale, non dico di tutti, ma di quei pochi se anche la minoranza, che distruggono la figura dell'assistente sociale intesa come tutela del benessere dei bambini e delle famiglie, perché anche quei pochi, comunque, hanno minato completamente la fiducia che il cittadino poteva riporre nei loro riguardi. Nel totale, e concludo, scusate se ho preso tanto tempo, ma veramente la sento come cosa di dovere morale, le chiedo di prendere in considerazione la possibilità di valutare delle PEC che io stessa magari le invierò quanto prima, dove le invio delle segnalazioni perché secondo me da una parte c'è il servizio sociale inteso come collegato al territorio, ma da una parte ci siete voi, che avete il dovere di evitare che questo avvenga per il bene dei nostri figli, tutto qua. Grazie mille.

  PRESIDENTE. Prego, dottor Gazzi.

  GIANMARIO GAZZI, presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS). Io capisco e comprendo anche la rabbia dell'onorevole Giannone, però ci sono Pag. 10cose che, secondo me, vanno chiarite in modo più netto possibile da parte mia. Innanzitutto comprendo anche il ruolo e la libertà, anzi la giusta libertà di ogni parlamentare di affermare ciò che ritiene giusto, dopodiché affermare che dico bugie questo mi dispiace ma non lo accetto. Io dico quello che deve essere, quello che noi facciamo, quello che è il nostro mandato. Se facciamo generalizzazioni, come ho sentito, per cui di 46.000 non lavorano a favore delle famiglie io questo non lo accetto perché, in realtà, la professione lavora quotidianamente a favore di tutte le famiglie, non tutti e 46.000 lavorano solo con i minorenni, lavoriamo anche con altre famiglie, con altre esigenze. Quello che, secondo me, è corretto dire è che ci possono essere degli errori, ci possono essere dei colleghi, come in tutte le professioni, probabilmente non adeguati al mandato che hanno ricevuto. Questo può essere, io non lo nego. Quello che invito, l'onorevole Giannone e tutti gli altri, a fare, proprio perché c'è una legge dello Stato che ha separato la funzione dell'ordine da quella disciplinare, noi abbiamo due organismi separati, io non posso entrare nei procedimenti disciplinari, però quello che invito a fare sempre è quello di segnalare i professionisti assistenti sociali che, a proprio avviso, hanno compiuto atti scorretti al disciplinare, perché hanno diritto le famiglie a vedersi riconosciuti i propri diritti, dall'altra i professionisti ad avere un giusto processo. Quindi bisogna entrare nel merito, perché sennò ogni situazione, giustamente, ognuno la vede dal suo punto di vista, però va approfondita. Aggiungo un'altra cosa, per quello che ho sentito. Ci sono dei fatti di rilevanza penale? Bene, non si va neanche più al disciplinare, si va in Procura. Se un collega, ad avviso di famiglie, parlamentari, chicchessia, ogni cittadino è libero, ha compiuto un reato, allora va denunciato. Non si va sul giornale, si va in Procura prima, perché sennò facciamo il gioco, scusatemi, la dico così, proprio magari non in modo istituzionalmente corretto, però finché facciamo illazioni buttando nella massa, per cui «gli assistenti sociali non lavorano a favore delle famiglie», non facciamo altro che alimentare il pregiudizio rispetto ai servizi, alla categoria professionale. Se c'è un assistente sociale che ha compiuto un reato va denunciato, se c'è un assistente sociale che lavora male va segnalato al proprio consiglio di disciplina, ma non facciamo di tutta l'erba un fascio, perché poi il risultato è quello di alimentare costantemente un pregiudizio verso chi, tutti i giorni, prova a trovare delle soluzioni e i dati lo dimostrano, perché mi dispiace ribadirlo qui un'altra volta, pensavo che fosse chiaro già l'altra volta, in Italia questa idea che si allontana, si fa, si strappa perché c'è un interesse mi dispiace, questa cosa non è vera, perché tutti i dati dimostrano che l'Italia è il Paese dove si allontana di meno, si interviene di più sul territorio, nonostante anni e anni di tagli e di mancate risorse. Quindi noi come professionisti abbiamo fatto anche i miracoli, dopodiché permettetemi anche di dire, l'ha detto bene la Presidente, perché noi siamo riconoscibili, ma ci sono tantissime altre figure che intervengono in queste situazioni. Ci sono gli educatori, ci sono gli psicologi e ci sono i magistrati. Noi siamo un pezzo e facciamo il nostro pezzo nel miglior modo possibile e se sbagliamo dobbiamo pagare. L'ho già detto. Se però, in tutte queste vicende, si addita sempre l'assistente sociale come l'unico responsabile che diventa assistente sociale, educatore, Giudice, tra un attimo psicologo e non so che altra figura, mi dispiace io non mi posso prendere le responsabilità per altre persone che non fanno il loro pezzo o che non sono messe in condizioni di fare il loro pezzo. Invito veramente i parlamentari a intervenire, l'ho detto e lo ripeto perché evidentemente va ripetuto, abbiamo chiesto da anni, ancora nella scorsa legislatura e quella prima, di regolamentare l'istituto dell'affidamento al servizio sociale. Ad oggi ancora questa norma è lì dal regio decreto del 1934. Allora chi è inadempiente, l'assistente sociale o il Parlamento? E non sto accusando nessun gruppo parlamentare, sto dicendo che il Parlamento, dal 1934, non ha avuto modo di intervenire per volontà, per urgenze, tutto quelle che volete, però non si è intervenuti su un istituto giuridico Pag. 11del 1934, che è quanto di più vago e di quanto più interpretabile al mondo. A seconda del Tribunale dove ci si trova, a seconda del servizio strutturato o meno, quell'istituto diventa una cosa assolutamente relativa e il diritto, a casa mia, o è diritto o non lo è. Aggiungo e ribadisco e lo chiedo veramente come una preghiera, se ci sono dei reati, se vengono segnalati dei reati, non è l'ambito dell'audizione del Presidente del Consiglio nazionale, ma è la procura della Repubblica che deve intervenire. Non conosco la situazione che mi viene descritta adesso dall'onorevole Giannone, quello che posso sicuramente dire è che se ci sono state delle mancanze da parte non solo dell'assistente sociale, ma mi verrebbe dire da parte dell'assessorato, da parte dell'azienda sanitaria di mancata vigilanza, da parte del Giudice, perché è il Giudice che dispone il collocamento in struttura e qualcuno ha chiesto al Giudice perché ha dato quel mandato, non ha dato quel mandato? Se non è stato fatto in termini corretti quell'intervento, tanto da cagionare danno al minorenne o ad altri, credo che ci siano gli estremi per andare in Procura. Altre volte, mi viene anche da segnalare questo, abbiamo assistito a forme per lo meno discutibili sul piano etico da parte di alcuni legali di famiglie che andavano sui giornali raccontando cose o portando pezzi, stralci, senza avere mai segnalato l'azione del collega, del professionista assistente sociale nemmeno al proprio ordine. Prima di andare sui giornali, guardate che so che questa Commissione è composta da molti avvocati, ci dovrebbe essere anche una valutazione di natura etica sul modo di gestire, perché se la tutela del minorenne della propria famiglia è quella di garantire anche una certa riservatezza, l'utilizzo dei mezzi di stampa per fare pressioni ora sui servizi, ora sui magistrati va valutata attentamente, perché non si può andare sui giornali raccontando un pezzo di verità, accusando, ma senza avere fatto gli atti conseguenti a quella denuncia. Per cui è inutile dire: «Ma l'assistente sociale o il comune o la comunità ha fatto questo e ha trattato male il minorenne», poi gli si chiede: «Ma scusate, avete fatto una denuncia? Perché questo è reato». «Ah, no, la denuncia no». Delle due l'una o c'è stato un reato allora lo denuncio oppure non c'è stato un reato e sto cercando di manipolare con la stampa, io su questo starei molto attento.

  PRESIDENTE. Grazie, Presidente. Mi permetto, in ragione di quello che ha detto, di farle alcune domande molto specifiche, cercando di non farle perdere tempo. Lei, giustamente, dice che manca la regolamentazione dell'affidamento al servizio sociale: io le chiedo se in materia ci sono delle linee guida, così come se ci sono delle linee guida, quindi nazionali, che parametrano quello che è l'impegno sul sostegno e sulla prevenzione che gli assistenti sociali devono fare a livello territoriale degli enti locali e stessa cosa se ci sono delle linee guida che danno criteri oggettivi che sono alla base delle relazioni degli assistenti sociali. Ci sono altre due cose ma sono brevissime, giustamente lei ha spiegato un pezzo che forse non era stato compreso, cioè che la parte deontologica non fa parte del Consiglio nazionale, quindi c'è una parte ordinamentale e c'è una parte che si occupa di verificare l'attività e sono, come in tutte le libere professioni, distaccate. Quindi io concordo sul fatto che, se ci sono reati, si fa l'esposto in Procura, ma credo che i consigli di disciplina debbano comunque essere interessati, anche dopo una segnalazione in Procura, sempre dallo stesso soggetto che è esponente quello che ha fatto la segnalazione o l'esposto, proprio perché si possa avere meglio contezza di quelle che sono le preoccupazioni, o comunque i casi specifici in cui si ravvede o si individua una problematica. L'ultima cosa che c'è stata segnalata in alcune audizioni, forse era già nelle domande ma non l'ho vista nelle risposte che ho guardato, però, velocemente, il rapporto che ci può essere fra gli assistenti sociali, fra alcuni assistenti sociali e il Giudice. Ci è capitato spesso di vedere che c'è spesso una relazione di fiducia cieca, se non a volte di amicizia, se non, in qualche modo, una relazione un po' troppo stretta che potrebbe, in qualche modo, anche qua dare troppo affidamento nel Giudice nel seguire le indicazione dei servizi sociali. Le chiedo se, in questi casi, Pag. 12un assistente sociale abbia una specie di dovere di astensione. Noi come avvocati lo abbiamo nel codice di procedura civile, quindi se c'è effettivamente questa relazione troppo stretta o, comunque sia, che possa in qualche modo ridurre, se non inficiare l'autonomia, la terzietà che il Giudice deve sempre esprimere in tutti i casi nello svolgere le proprie funzioni. Grazie.

  GIANMARIO GAZZI, presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS). Cercherò di essere telegrafico. Le Linee guida sui protocolli noi le abbiamo, le avete citate anche voi nelle precedenti audizioni. Sono linee guida che l'ordine fa per i propri professionisti. Come dicevo prima la responsabilità e l'implementazione di quei protocolli, anche l'adattamento a seconda del contesto, non è responsabilità del singolo assistente sociale o di un equipe di assistenti sociali, ma è del servizio. Se il servizio del comune, scegliete voi quale, ritiene di non dover fare un protocollo, non glielo può imporre di sicuro il professionista che lavora per quell'ente, lo può richiedere, lo può suggerire ma poi la scelta sta in capo al dirigente. Quando l'altra volta ribadivo l'esigenza fondamentale di strutturare gli ambiti territoriali sociali, dargli una forma giuridica specifica eccetera, nasceva anche dal fatto che, banalmente, se il dirigente del servizio sociale non è neanche un professionista del campo ma, in alcuni casi, abbiamo visto che il dirigente è il capo dei vigili, l'architetto dell'ufficio tecnico, quello è il dirigente. La sensibilità rispetto all'importanza di sviluppare dei protocolli di sicurezza, di accompagnamento preventivi, è relativa, è molto relativa e addirittura siccome, lo sapete meglio di me, ogni attività di natura preventiva o comunque organizzativa che vada a riformare anche dei modus operandi strutturati da anni, richiede degli investimenti, alle volte si fa anche un ragionamento costi-benefici per cui non assecondo la richiesta o la valutazione di fare un protocollo perché lo ritengo troppo oneroso per le casse dell'ente per cui faccio il dirigente, quindi dico all'assistente sociale: «Guarda, lo faremo un'altra volta». Il risultato, però, è quello che abbiamo detto tante volte, non c'è una regolamentazione che non sia di natura professionale e addirittura alcune volte sono gli stessi professionisti che lamentano di avere chiesto al proprio ente di intervenire. Guardate che la supervisione professionale che oggi viene messa in campo con il PNRR noi la chiedevamo da dieci anni, ma ci veniva detto: «Non ci sono i soldi, non è una priorità». Questa responsabilità qua non può essere scaricata a valle sui professionisti, ma sono scelte di natura amministrativa e politica che non sono state prese per anni perché c'è sempre un'altra priorità, ce lo dobbiamo dire. Aggiungo sul DPR 137 del 2012, che è quello che separa la funzione amministrativa in capo ai consigli degli ordini dalla funzione disciplinare in capo ai consigli di disciplina. Noi investiamo su questo, penso nel modo più trasparente possibile, in tutte le home page, di tutti i siti dei nostri ordini ci deve essere la PEC per la segnalazione, deve esserci uno spazio apposito. Noi invitiamo a segnalare, perché non è nel nostro interesse tutelare un collega che non esercita correttamente la professione. Anzi, è un danno per tutti, su questo penso siamo tutti d'accordo. Basta un assistente sociale, come un altro professionista, come un parlamentare che lavora male e danneggia tutta la categoria. Su questo penso che siamo tutti d'accordo. Quello che invito a fare è a segnalare di fronte a mancati adempimenti, mancate comunicazioni e quant'altro il collega che esercita male. Su ciò dobbiamo essere tutti d'accordo e dare modo ai colleghi di poter andare in sede disciplinare anche a spiegare. Questo è un elemento che ho dato per scontato ma immagino che sappiate, tutti gli assistenti sociali hanno anche un obbligo non solo alla riservatezza, anche al segretario professionale, per cui spesso la narrazione che viene fatta è quella solo di una parte, perché non ho io la possibilità di andare a dire sul giornale le cose che conosco, proprio per tutelare non solo la privacy, ma anche quel minimo di legame fiduciario con le parti. Quindi su questo io insisto nel fatto di dire: «Andiamo in sede disciplinare». Perché? Perché in sede disciplinare io posso, in quel caso, ribadire Pag. 13alcuni elementi che di sicuro non vado a raccontare al giornalista che mi telefona in ufficio. Sull'ultimo pezzo, la relazione tra assistente sociale e Giudice. Ribadisco, la relazione dovrebbe essere tra magistratura ed ente titolare del mandato che la stessa magistratura dà, quindi l'ente locale, l'azienda sanitaria, eccetera. In caso di rapporti personali tra assistente sociale e magistrato ma al di fuori dei rapporti lavorativi, è previsto nel codice nostro etico deontologico che l'assistente sociale si debba astenere da eventuali situazioni di potenziale conflitto di interessi. Deve dare tutta una serie di garanzie di imparzialità, le deve spiegare anche alle famiglie o anche alle altre parti interessate. Questo è un dovere deontologico. Sono state fatte delle linee guida da parte del ministero rispetto a quelli che sono i Giudici onorari per mantenere una separazione di eventuali rischi di influenzamento. Quello che credo sia fondamentale è superare il modello che abbiamo sinora avuto. Noi vogliamo avere molta fiducia nella riforma, che non sia una riforma, in realtà, per tagliare o per ridurre gli investimenti su questi temi che riguardano la tutela dell'infanzia, noi vorremmo che in questa riforma e quindi attendiamo con una discreta ansia almeno le prime bozze dei decreti attuativi della riforma, per capire quali siano gli elementi positivi e quelli da migliorare di un eventuale riforma che deve andare nell'interesse, lo ribadisco ancora, delle famiglie, delle parti, ma soprattutto dei minorenni. Quindi più si riesce a dare una forma organica, eliminare ogni dubbio su eventuali interessi o conflitti di interesse, garantire la collegialità, la multidimensionalità, ma anche le responsabilità, perché come ho detto prima non è che, allora, siccome ho solo la relazione dell'assistente sociale giudico, io Giudice, solo sulla relazione dell'assistente sociale. Credo che un Giudice dovrebbe pretendere dagli altri enti o dagli altri professionisti le altre relazioni e invece, alle volte, si norma perché tanto mi arriva solo questa. Su questo io inviterei anche la Commissione a fare le proprie valutazioni e anche proposte, cercando di garantire questi elementi: prevenzione, multidimensionalità, chiarezza dei ruoli e delle responsabilità, chiarezza anche in merito alle responsabilità perché, non ho risposto su questo prima e mi scuso, all'onorevole Giannone, rispetto all'adeguatezza delle strutture io rimando a quello che abbiamo già scritto sul fatto che la responsabilità della verifica sulla qualità e gli standard e l'accreditamento delle strutture, siano queste comunità o altro, o gruppi appartamento, compete solitamente non all'assistente sociale, ma alle commissioni ora regionali, ora locali, per alcuni aspetti compete alle aziende sanitarie, per altri aspetti compete a quelle strutturali, agli uffici tecnici che devono verificare se hanno spazi adeguati e alle stesse procure, quindi io capisco e comprendo che l'interfaccia, la pelle delle istituzioni, come diciamo tante volte, sono proprio gli assistenti sociali, ma non è che gli assistenti sociali sono l'unico riferimento e, dentro un sistema, le responsabilità devono essere condivise. Mi si permetta di dire che come professione non ci stiamo a prendere la responsabilità anche per gli altri, che ognuno si assuma le sue, dal Governo al Parlamento, alla magistratura a tutte le altre figure professionali. Se noi non facciamo un passo indietro tutti quanti e cerchiamo di guardare qual è l'interesse del minore, qui non faremo altro che fare delle piccole manutenzioni a un sistema che, però, è un sistema depauperato, fragile e che non riesce a garantire in tutta Italia quegli standard di qualità che molte regioni oggi garantiscono e altre no.

  PRESIDENTE. Grazie, Dottore Gazzi, la ringraziamo per il chiarimento e la risposta. L'onorevole Giannone si era prenotata per un breve chiarimento. Prego, onorevole Giannone.

  VERONICA GIANNONE. Grazie mille Presidente. Sono d'accordo con lei con l'ultima cosa che ha detto sul fatto di fare un passo indietro tutti e dover prendere ognuno le proprie responsabilità, su questo, compreso il Parlamento, visto che sono anni e anni che doveva essere fatta, io non c'ero neanche, probabilmente ero una bambina o anche non nata. Ci tenevo a dirle, sul Pag. 14caso del quale parlavo prima, le denunce in Procura sono state fatte e non soltanto nei riguardi dei servizi sociali, sia chiaro, a tutti gli attori. Io parlavo dei servizi sociali perché lei è qui come rappresentante del servizio sociale, le assicuro che quando c'è il Presidente dell'ordine della magistratura, piuttosto che degli psicologi pongo, non dico gli stessi quesiti perché poi dipende da chi ho davanti e su cosa bisogna parlare, però in generale io ho uno stesso identico modo di pormi e di fare le domande come le ho fatte a lei. Oggi c'è lei non è contro il servizio sociale o l'assistente sociale unico, sappiamo perfettamente che gli attori sono tanti, gli altri casi, in altre situazioni faccio le altre domande a chi di competenza per i ruoli diversi che ricoprono. L'unica cosa che però ci tenevo a dirle, sulla questione del pregiudizio. Io non credo che ci siano parlamentari o anche altre persone che vogliano alimentare il pregiudizio nei riguardi del servizio sociale o dell'assistente sociale, quello che però le dico è che, probabilmente, tante azioni che sono state poste o tante situazioni e casi come quello che le ho descritto che sicuramente va valutato a livello di Procura, questo è poco ma sicuro, comunque portano nel tempo ad avere sempre meno fiducia, non è una questione di parte nostra di creare un pregiudizio. Questo non c'è da parte nostra, almeno parlo per me, ma credo che valga anche per tutti gli altri parlamentari e sappiamo perfettamente che sono NAS (Nucleo Antisofisticazione e Sanità), l'ASL (Azienda Sanitaria Locale) e tutti gli uffici tecnici a dovere fare i controlli sulle strutture residenziali. Ma essendo il servizio sociale il responsabile di quel minorenne, ci si aspetta che quell'assistente, quella persona, quel professionista controlli lo stato di quel bambino, non dell'intera comunità, sappiamo che gli enti sono altri. Quello che le posso chiedere è se magari può dirci correttamente a chi fare le segnalazioni di competenza in modo tale da evitare qualsiasi tipo di incomprensione futura su chi deve occuparsi di fare le valutazioni e chi no. Grazie.

  GIANMARIO GAZZI, presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS). Ringrazio del chiarimento. Per quanto riguarda gli assistenti sociali, non i servizi sociali, come ho provato a spiegare tante volte, quindi sui professionisti, la competenza disciplinare è in capo ai consigli territoriali di disciplina. Su tutti i siti, approfitto anche della diretta della Camera per cui se qualcuno segue anche o vorrà seguire, su tutti i siti di tutti i consigli regionali dell'ordine degli assistenti sociali è disponibile la PEC, in alcuni casi addirittura anche il modulo, per la segnalazione dei professionisti sul piano disciplinare. Va detto, e lo preciso, che quello si configura come un procedimento disciplinare e quindi c'è anche la possibilità di un appello al consiglio nazionale di disciplina e ribadisco anche che, però, quello è l'unico contesto dove anche il professionista può essere garantito con un giusto processo perché, ovviamente, ho assistito, ricordo una domanda della scorsa audizione, in cui mi si diceva: «Ma perché non viene sostituito l'assistente sociale a fronte di una segnalazione?». Perché noi abbiamo anche assistito a casi di segnalazioni seriali, ci sono situazioni in cui delle persone – evidentemente con alcuni problemi anche importanti – hanno segnalato più volte tutti gli assistenti sociali del servizio, quindi diventava impossibile fare una sostituzione, alle volte è anche una strategia di fronte a situazioni conflittuali. Quindi l'invito è sempre quello a ragionare e a lavorare. Rispetto al pregiudizio, e qui chiudo perché sennò potremmo andare avanti per tanto, il tema è come si spiegano le cose, come si raccontano, perché se continuo a dire che la responsabilità dei servizi e dell'organizzazione dei servizi si sovrappone quasi completamente con il solo assistente sociale, il rischio è che anche le responsabilità altrui vengano rappresentate come: «È colpa dell'assistente sociale», non è così. L'assistente sociale è un professionista, è come dire: «La sanità non funziona, è colpa dei medici», nessuno lo direbbe. Su questo noi dobbiamo fare una chiarezza, mi si permetta di chiudere ricordando una cosa importantissima, nel momento in cui è scoppiato lo scandalo Bibbiano, si è avviata la campagna stampa, la strumentalizzazione Pag. 15politica e tutto quanto ne è conseguito, noi abbiamo avuto un aumento di oltre il 100% delle segnalazioni degli assistenti sociali in tutta Italia aggrediti dalle persone. Gente che è finita in ospedale, gente che ha visto distruggere la macchina, gli uffici, non più di un mese fa è successo a Arezzo. Stiamo attenti alla comunicazione che diamo: tuteliamo e costruiamo il percorso migliore per garantire i diritti alle persone e anche quelle di segnalare laddove non si sentano tutelati, ma non diamo l'idea che gli assistenti sociali o altri professionisti siano chissà che cosa, non siamo l'uomo nero, noi siamo lì per aiutare le persone, dateci modo di farlo meglio. Questo è l'appello che noi possiamo fare, noi vogliamo aiutare le persone però ci dovete mettere, dico: «Ci dovete», significa che bisogna avere anche le norme per farlo non solo le risorse, anche le norme per farlo meglio. Grazie.

  PRESIDENTE. Benissimo. Ringrazio ancora il presidente Gazzi, e comunque chiarisco che l'abbiamo chiamato in audizione per ben due volte anche per spiegare la possibilità di poter fare le dovute segnalazioni, perché c'è un organo di controllo dell'attività dei servizi sociali appositamente al servizio – se ho ben capito – del Consiglio di disciplina. Dichiaro conclusa l'audizione del dottor Gianmario Gazzi, presidente del Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali.

  La seduta termina alle 14.45.