XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 22 settembre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori.
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 

Comunicazioni della Presidente.
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Infanzia e Famiglia (AIEF).
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 
Varaldo Tommaso , presidente dell'Associazione Infanzia e Famiglia (AIEF) ... 4 
Cavandoli Laura , Presidente ... 9 
Bellucci Maria Teresa (FDI)  ... 9 
Cavandoli Laura , Presidente ... 9 
Rizzotti Maria  ... 9 
Cavandoli Laura , Presidente ... 9 
Bellucci Maria Teresa (FDI)  ... 9 
Cavandoli Laura , Presidente ... 10 
Boldrini Paola  ... 10 
Cavandoli Laura , Presidente ... 10 
Pillon Simone  ... 11 
Cavandoli Laura , Presidente ... 11 
Varaldo Tommaso , presidente dell'Associazione Infanzia e Famiglia (AIEF) ... 11 
Pillon Simone  ... 12 
Varaldo Tommaso , presidente dell'Associazione Infanzia e Famiglia (AIEF) ... 12 
Pillon Simone  ... 12 
Varaldo Tommaso , presidente dell'Associazione Infanzia e Famiglia (AIEF) ... 12 
Pillon Simone  ... 12 
Cavandoli Laura , Presidente ... 12 
Vietina Simona (CI)  ... 12 
Cavandoli Laura , Presidente ... 12 
Giannone Veronica (FI)  ... 12 
Cavandoli Laura , Presidente ... 12 
Battilocchio Alessandro (FI)  ... 12 
Cavandoli Laura , Presidente ... 13 
Varaldo Tommaso , presidente dell'Associazione Infanzia e Famiglia (AIEF) ... 13 
Cavandoli Laura , Presidente ... 15 
Varaldo Tommaso , presidente dell'Associazione Infanzia e Famiglia (AIEF) ... 15 
Cavandoli Laura , Presidente ... 15 

ALLEGATO: documentazione presentata dall'AIEF ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA CAVANDOLI

  La seduta comincia alle 14.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la web-tv della Camera dei deputati.

Comunicazioni della Presidente.

  PRESIDENTE. Prima di iniziare l'audizione, comunico che, a seguito dell'Ufficio di Presidenza testé concluso, è stato aggiornato il programma delle audizioni, è stato dato atto dei documenti acquisiti e infine abbiamo completato le formalità per l'operatività funzionale dei collaboratori della Commissione. Ne ricordo i nomi, ai fini della pubblicazione nel resoconto stenografico e della comunicazione ai Presidenti delle Camere. I nostri consulenti sono l'avvocato Simona Donati, la dottoressa Lucia Ercoli, la dottoressa Laura Laera, l'avvocato Francesco Morcavallo, l'avvocato Maria Cristina Perozzi e la dottoressa Adriana Scaramuzzino.
  Infine, in data odierna anche il tenente colonnello Filippo D'Albore, della Guardia di Finanza, ha prestato il prescritto assenso e giuramento e, pertanto, potrà svolgere la funzione di ufficiale di collegamento.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Infanzia e Famiglia (AIEF).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'associazione AIEF (Associazione Infanzia e Famiglia), Tommaso Varaldo. L'associazione AIEF è un'associazione di promozione sociale nata a Torino, che opera in tutto il Piemonte e che ha come finalità la tutela dei minori, ma anche degli anziani e dei disabili. Ha svolto una funzione significativa anche in alcuni casi recenti di minori allontanati dalla famiglia a Cuneo e a Torino che hanno avuto una notevole eco mediatica e hanno evidenziato diverse criticità nel sistema degli affidi. L'Associazione è anche parte promotrice di un coordinamento tra associazioni denominato «Coordinamento per i minori dai diritti negati» che ha come finalità quella di promuovere una revisione dell'affido comunitario e un rafforzamento degli strumenti di prevenzione nel quadro della convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Con questa audizione proseguiamo dunque il filo di un rapporto con le realtà associative iniziato con la prima audizione di luglio del Tavolo nazionale dell'affido, e allo stesso tempo l'audizione potrà fornire degli elementi più specifici e concreti sulla realtà del Piemonte, realtà nella quale l'AIEF opera.
  A tale proposito ricordo che il sistema degli affidi in Piemonte è stato oggetto di un'indagine in Consiglio regionale, approvata con deliberazione del 22 dicembre del 2020, e di alcune proposte di riforma oggetto di serrati dibattici politici e tecnici.
  Il dottore Varaldo ha chiesto di svolgere una breve relazione introduttiva. Al termine formuleremo alcuni quesiti e chiederemo ai commissari se ne vogliono formulare. Resta inteso che, se il tempo non sarà sufficiente per le risposte, chiedo fin d'ora al dottore Varaldo la disponibilità a rispondere per iscritto ai quesiti richiesti.
  Do, quindi, ora la parola al dottore Varaldo dell'Associazione AIEF.

Pag. 4

  TOMMASO VARALDO, presidente dell'Associazione Infanzia e Famiglia (AIEF). Grazie, presidente, per la disponibilità a questa audizione. Buongiorno a tutti i presenti. Come ha ricordato la presidente, la nostra Associazione è un'associazione di promozione sociale senza scopo di lucro che dal 2018 opera a Torino e in Piemonte, ma in realtà negli ultimi tempi anche a livello nazionale, grazie a un gruppo di professionisti e cittadini volontari che hanno messo a disposizione il loro impegno per occuparsi della tutela e della salvaguardia dei soggetti più fragili. In particolare la nostra Associazione è impegnata nella tutela e nella salvaguardia dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.
  Grazie ai nostri volontari, l'Associazione supporta moralmente e materialmente molte famiglie in difficoltà. In molti casi abbiamo raccolto testimonianze di violazione di diritti dei minori e dei genitori nell'ambito degli allontanamenti dal nucleo familiare d'origine e il conseguente loro collocamento in comunità. Spesso vengono a noi segnalate strutture che, a seguito di accertamenti da parte delle autorità competenti, si sono rivelate non idonee a svolgere correttamente il loro delicato ruolo.
  Di fronte ai diritti segnalati e alle situazioni che noi abbiamo seguito in questi anni, abbiamo operato cercando di mettere in rete tutte le istituzioni che potessero aiutare i genitori, ma prima di tutto i minori a tutelare i loro diritti. Tra questi voglio ricordare un protocollo che la nostra Associazione ha con l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza della regione Piemonte.
  Oltre a quanto appena illustrato, vedete qui proiettata la copertina di questo vademecum, perché siamo ben consapevoli – lo abbiamo compreso in questi anni di lavoro sul territorio – come tutelare i diritti propri e dei propri cari imponga la conoscenza di quelli che sono i propri diritti. Questa è una delle cose che manca moltissimo: il fatto che le famiglie non conoscano quali sono i propri diritti, ma i minori stessi, anche quelli all'interno delle comunità, non ne siano a conoscenza. Questo progetto mette a disposizione delle famiglie un vademecum che ha l'obiettivo di essere una guida formativa e informativa su quelli che sono i diritti e che viene distribuito gratuitamente.
  Prima di entrare nel merito dell'oggetto specifico di questa audizione, ritengo importante e opportuno ricordare alcuni dei diritti sanciti nella Convenzione di New York sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, che fanno riferimento al tema dell'allontanamento e al conseguente collocamento in famiglia affidataria o in comunità, che sono poi l'oggetto della mia relazione. Si tratta di una convenzione che quest'anno fa 30 anni dalla sua ratifica, ma che continua a rappresentare uno dei principali punti di riferimento in materia.
  Sia nella convenzione citata che in tutte le normative, è evidente come sia fondamentale la centralità della relazione affettiva tra i genitori e i figli e l'importante ruolo che svolge la famiglia nella società. È importante, quindi, ricordare il diritto di preservare la propria identità, il diritto di non essere separati dai genitori contro la propria volontà, salvo situazione che lo impongano, il diritto a essere tutelati da ogni forma di violenza, il diritto a essere collocati, una volta allontanati, in strutture adeguate – cito testualmente: «strutture adeguate» –, garantendo in ogni caso comunità che possano portare avanti l'educazione dei bambini e dei ragazzi.
  Emerge chiaramente il diritto del minore ad avere una famiglia che deve essere inteso in via primaria come il diritto di ciascun minore a vivere e crescere nell'ambito della propria famiglia di origine.
  L'allontanamento deve essere l'extrema ratio, praticabile solo laddove non vi sia alcuna alternativa per tutelarne i diritti, la sicurezza e la sua vita non solo presente, ma anche futura.
  Come associazione auspichiamo che in tale direzione siano richiamati e indirizzati tutti gli sforzi degli attori che operano in questo contesto. Riteniamo e ribadiamo che occorre investire maggiormente nella prevenzione dei disagi familiari con interventi sempre più mirati alla salvaguardia dell'integrità del nucleo familiare d'origine, Pag. 5al fine di limitare il più possibile ogni allontanamento.
  In tale contesto a nostro parere è opportuno che vengano potenziate le risorse territoriali portando avanti nuove e maggiori attività di sostegno alla genitorialità, da svolgersi il più possibile presso il nucleo familiare di appartenenza e il più possibile con gli interventi multidisciplinari di cui tanto si parla ma che spesso non vengono attuati, che coinvolgano non solo gli operatori del mondo del sociale, ma uno tra i tanti operatori che noi teniamo che venga sempre più coinvolto che è, ad esempio, la figura del pediatra.
  È bene ricordare che il provvedimento che dispone l'allontanamento di un minore ha una natura provvisoria e questo è un altro elemento fondamentale nell'ambito delle discussioni sulle comunità. Infatti, salvo proroghe disposte, il provvedimento non può protrarsi oltre i 24 mesi, proprio perché la natura dell'intervento è temporanea e ha la finalità di fare rientrare il prima possibile il minore presso il nucleo familiare d'origine una volta superate le criticità.
  Come ricordato nella terza indagine sulle comunità per minori dell'Autorità garante, testualmente dice che: «Una permanenza superiore ai 24 mesi presso le strutture è sintomatico anche dell'insuccesso totale o parziale degli interventi posti in essere.».
  Come indicato nell'articolo che citavo prima della Convenzione di New York, lo Stato ha il dovere di vigilare e garantire che i minori allontanati siano collocati in adeguate strutture. Tuttavia, bisogna intendere cosa vogliamo dire con «adeguate strutture», perché i minorenni che vivono un'esperienza di allontanamento necessitano di una particolare cautela, vigilanza e attenzione, a cominciare dal luogo che li accoglie, dalle competenze professionali di tutti coloro che devono essere in grado di rispondere alle tante necessità, perché ogni caso – questo lo sappiamo bene noi che siamo presenti sul territorio – ha una sua unicità e delle sue richieste specifiche.
  Come sapete bene, nel nostro Paese la legislazione vigente in materia di minori fuori famiglia ha subìto nel corso degli anni una significativa evoluzione. Con la legge 184 del 1983 che disciplina l'adozione e l'affidamento, modificata poi nel 2001 con la legge 149, si è sancito definitivamente il diritto del minore alla propria famiglia, ma soprattutto si è arrivati a compimento in quel delicato processo di chiusura dei vecchi orfanotrofi, prevedendo così la partenza delle comunità, strutture più piccole concepite con pochi posti per allontanarsi il più possibile da quei grandi orfanotrofi spesso luogo di violenza, maltrattamenti, e violazione di diritti documentati molto bene nella letteratura clinica e pedagogica.
  La volontà almeno sulla carta è stata quella di consentire l'apertura di nuove strutture capaci di accogliere in sicurezza e dignità quei minori fuori famiglia. Ho detto: «Sulla carta in sicurezza e dignità», perché purtroppo la realtà che conosciamo bene dimostra che sono numerosi i casi di violazione di diritti all'interno delle strutture comunitarie, dove, oltre a gravi criticità in ambito di controllo, monitoraggio e vigilanza, sono evidenti le mancanze di precise normative aggiornate e uniformi.
  A livello nazionale sappiamo bene che non si dispone tutt'oggi di una chiara classificazione di quelle che sono le tipologie delle comunità che varia di Regione in Regione, e non abbiamo nemmeno un registro dei minori fuori famiglia. Per questo a oggi, nel 2021, lo Stato non è in grado di avere contezza né su quanti siano i minori allontanati dalle famiglie o senza famiglia né quante siano le comunità operanti sul territorio nazionale.
  In merito alla classificazione delle comunità, un tentativo è stato fatto nel 2009 e successivi passi avanti sono stati compiuti dalle linee di indirizzo per l'accoglienza nei servizi residenziali. Tuttavia, a oggi non vi è una denominazione univoca a livello nazionale e lo stesso in merito alla definizione della sempre citata casa-famiglia che continua a essere lacunosa e non omogenea.
  Purtroppo, il difficile inquadramento delle strutture residenziali rende complesso uno studio e una comparazione tra i dati esistenti che potrebbero, invece, risultare molto utili per il reperimento di dettagliate informazione sulle tipologie di Pag. 6strutture di accoglienza, e a ciò ci tengo ad aggiungere l'assenza in ambito nazionale di standard minimi di qualità omogenei per il settore dell'accoglienza e di criteri comuni a cui le Regioni possono fare riferimento. Tutto ciò contribuisce ad amplificare la già ampia difformità tra le strutture esistenti soprattutto in merito alla loro regolamentazione e anche a un altro fattore importante, ovvero alla determinazione delle figure professionali che operano dentro le comunità.
  È del tutto evidente che la mancanza di dati limpidi e uniformi non consente alle istituzioni, ma anche ai cittadini che chiedono trasparenza, sia in quanto coinvolti come famiglie che come contribuenti, di avere un quadro conoscitivo del fenomeno che necessita di essere sempre monitorato per poter tutelare i diritti degli ospiti nelle strutture delle loro famiglie. Si tratta di lacune che, a nostro parere, devono essere colmate al più presto per potere fornire anche il supporto necessario e indispensabile a tutte le vigilanze che le Procure, ma anche le autorità competenti mettono in campo nell'interesse primario degli ospiti.
  Purtroppo, avendo pochi e confusi dati relativi alle comunità, sappiamo che non è possibile per le autorità competenti andare a verificare a fondo la qualità dei soggetti che agiscono all'interno delle stesse. Tra i criteri che vengono a mancare vorrei ricordare anche le criticità emerse nell'ambito delle incompatibilità dei giudici onorari.
  A tal proposito c'è un dossier presentato nel 2015 dalla associazione «Finalmente Liberi Onlus» che aveva messo in evidenza ben 2011 giudici onorari minorili che decisero su adozioni, affidi e case-famiglie e poi risultavano direttamente o indirettamente coinvolti tra membri fondatori, azionisti e consiglieri delle strutture per minori.
  Successivamente a questo dossier è seguita una circolare del CSM (Consiglio superiore della magistratura), ma oggi quante incompatibilità ci sono ancora in essere? Come Associazione siamo a chiedere anche a questa Commissione se su questo può dare un prezioso contributo avviandone un accertamento.
  Poi vi è il tema delle rette. Come vengono spesi i soldi pubblici? Anche qui non vi sono raccolte di dati, anche perché nella maggior parte dei casi sappiamo bene che non esistono rendicontazioni che dettaglino le spese sostenute nelle strutture e, qualora fossero presenti, comunque non vengono trasmesse a nessun ente di verifica. Ad esempio, non si sa qual è la percentuale della retta che necessita al sostegno del minore e quanto occorre per contribuire alle spese della gestione della struttura.
  La gran parte dei gestori sono cooperative Onlus che presentano bilanci stringati con pochissime voci in capitolato. Un operatore di una struttura milanese ha dichiarato al giornale L'Inchiesta – cito testualmente –: «Il comune non ci ha mai chiesto una rendicontazione delle spese. Pubblichiamo annualmente il nostro bilancio, ma più che altro per dare conto ai donatori privati che ci sostengono.».
  Siamo a conoscenza di casi limite in cui viene pagato il servizio anche per il giorno in cui il minore non è in comunità perché rientrato in famiglia per qualche giorno. Emerge, dunque, con evidenza la necessità impellente non solo per le istituzioni, ma anche per i cittadini di comprendere come vengono impiegate queste risorse.
  Rispetto al numero dei minori in comunità e al numero delle strutture, riteniamo che la difformità, che in particolare emerge tra l'indagine dell'Autorità garante attraverso i dati raccolti delle Procure e quelli del Ministero delle politiche sociali, sia allarmante, perché secondo la terza rilevazione in collaborazione con le Procure, al 31 dicembre 2017 erano 31.185 i minori ospitati nelle 4027 comunità, mentre per il Ministero nello stesso periodo risultavano ospiti 12.892 bambini e adolescenti su un totale di 27.111 in affido. Questa è un'enorme disparità che evidenzia come sia urgente costituire una banca dati.
  Se spetta allo Stato – ci teniamo a ricordarlo – la decisione di allontanare i figli dai genitori nell'interesse della loro tutela, allo Stato deve essere attribuita la responsabilità di vigilare in tutte le fasi che seguono l'allontanamento.Pag. 7
  Per questo motivo è urgente e necessario che si proceda quanto prima a questa banca dati e in particolare riteniamo importante avere un quadro su questi fattori: il numero di strutture presenti sul territorio di competenza; il numero di ispezioni effettuate; il numero degli ospiti complessivi; le caratteristiche dei minori ospitati; la tipologia di inserimento; il tempo di permanenza; la provenienza dei minori e le tipologie di progetto psicopedagogici attuati in comunità. Questo database consentirebbe non solo di avere un quadro completo, ma sarebbe utile anche agli operatori sociali al fine di individuare in modo sempre più mirato il corretto abbinamento tra minore e comunità.
  Proprio relativamente all'abbinamento, che è un altro fattore importante, rileviamo tre grandi criticità.
  La prima è rappresentata dall'individuazione del luogo di inserimento. Le Linee di indirizzo per l'accoglienza dei minori in comunità della conferenza Stato-Regioni, al punto 103 sottolinea che l'accoglienza va realizzata più vicino possibile alla residenza abituale dei genitori. Purtroppo, sono numerosi i casi rilevati in cui questo punto non viene rispettato.
  La seconda criticità che a nostro avviso necessita di un intervento anche di tipo legislativo riguarda la separazione dei fratelli e delle sorelle allontanamenti dal nucleo familiare. Sempre al punto 103 delle linee di indirizzo si evidenzia, infatti, testualmente: «Le sorelle e i fratelli non saranno, se non per specifica esigenza di tutela che vanno motivate, inseriti in luoghi di accoglienza diversi»; eppure ciò accade sempre, perché noi siamo a conoscenza della stragrande maggioranza dei casi in cui, anche se non è disposto dal giudice, i servizi sociali collocano i fratelli in strutture differenti.
  La terza criticità che vogliamo evidenziare riguarda l'inserimento dei minori con bisogni speciali, come l'autismo o i disturbi specifici comportamentali tra cui l'anoressia. Purtroppo, questi soggetti vengono inseriti in comunità non preparate a seguirli. Non esistono, o se esistono sono pochissime, le comunità e le strutture specializzate che possono avvalersi di contributi anche professionali preparati. Accade così che questi minori vengono abbandonati a sé stessi nelle comunità o peggio collocati in quelle terapeutiche.
  Un altro tassello fondamentale è il supporto alla continuità scolastica. Altrettanto importanti come la scuola sono gli aspetti legati alla ludicità, all'aspetto sportivo e anche alle relazioni con i coetanei interni, ma soprattutto esterni alla comunità.
  Per quanto concerne la scuola, non va dimenticato che anche qui esistono delle linee guida per il diritto allo studio delle alunne e degli alunni fuori famiglia, ma vengono attuate? La realtà ci dimostra che la teoria non è la pratica, perché in base alla nostra esperienza e i dati raccolti la maggior parte dei minori in comunità abbandona il percorso di scolarizzazione, o se lo frequenta purtroppo ottiene scarsi risultati, poiché non sufficientemente supportati. Questa situazione, già di per sé complicata, certamente è stata amplificata dalla pandemia.
  Riteniamo che questa Commissione possa avviare, se ritiene, anche un'indagine proprio sul rapporto tra scuole e comunità.
  Le linee guida per le comunità addirittura sottolineano l'importanza dell'inserimento in ambito professionale e lavorativo che costituisce uno snodo decisivo per l'inclusione sociale, ma se i nostri minori nelle comunità non finiscono la scuola, a 18 o 21 anni quali sono le loro prospettive lavorative? Per quanto concerne i progetti extrascolastici – pensiamo allo sport, ma anche alle vacanze e alle attività pomeridiane – nella maggior parte dei casi restano tante belle parole lontane dalla realtà.
  Tutte le problematiche evidenziate non fanno che rimarcare la grave assenza di requisiti minimi indispensabili per garantire i diritti dei minori.
  Sulle condizioni strutturali ci sarebbe molto da dire. È emblematico leggere sempre nella relazione dell'Autorità garante che nell'Italia degli anni 2000 vengono segnalati casi di strutture abusive, nelle quali vengono perpetrati reati di vario tipo ai danni dei minori: sbarre alle finestre, catene alle porte – qui abbiamo anche delle Pag. 8foto raccolte negli anni –, muri vetusti e ambienti comuni tenuti al degrado. Queste sono tante delle nostre testimonianze.
  Si tratta di comunità da cui i ragazzi spesso scappano – questo è un altro elemento – e vengono ritrovati a distanza di alcuni giorni dalle forze dell'ordine o dai parenti stessi, comunità da cui i ragazzi escono anche con il permesso e in tanti casi vi rientrano in stato alterato, portando anche all'interno delle strutture droga e alcol.
  Tutto questo si collega alla vigilanza che è l'ultimo punto che vorrei affrontare. Un efficace espletamento delle funzioni di vigilanza previste dalla normativa si realizza garantendo non solo attenzione ai requisiti strutturali e organizzativi, ma anche alla dimensione pedagogica e alla qualità dei percorsi educativi e di crescita dei minori ospiti. Purtroppo non è così, perché la vigilanza in tutto il Paese è sotto organico, carente e riesce a fare pochissime visite.
  Per quanto attiene i controlli previsti a livello normativo sulle comunità si ricorda la legge 149 del 2001, che all'articolo 9 prevede l'obbligo per le strutture residenziali di trasmettere semestralmente al procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni l'elenco di tutti i bambini e i ragazzi collocati presso le stesse, con l'indicazione specifica per ciascuno di essi della località di residenza dei genitori, dei rapporti della famiglia e delle condizione psicofisiche del minorenne. A sua volta il procuratore trasmette una relazione informativa presso il Tribunale dei minorenni.
  Sottoponiamo a questa Commissione di valutare la possibilità di acquisire da tutte le Procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni le relazioni delle comunità e la relazione informativa del procuratore. Sarebbe opportuno conoscere, inoltre, il numero delle ispezioni poste in essere dalle Procure presso le comunità di loro competenza territoriale per analizzare l'esistenza di prassi disomogenee sul territorio anche in ordine all'esercizio proprio della vigilanza dei procuratori stessi.
  Per quanto attiene il livello locale, come sappiamo, le relative competenze in materia di vigilanza sono esercitate dalle ASL (Azienda sanitaria locale) e dai servizi sociali, che sono, altresì, competenti in materia anche dei requisiti igienico sanitari.
  Al di là dei controlli strutturali – questo è un tassello fondamentale – è importante che vadano incrementati i controlli di vigilanza riguardo i progetti: i progetti quadro di affidamento, di educativo in comunità, del progetto individualizzato. È fondamentale questo passaggio, perché abbiamo bisogno di conoscere all'interno delle comunità la qualità del tempo trascorso dai minori ospiti.
  Altresì, riteniamo fondamentale che le Regioni si adoperino per porre in essere specifiche commissioni di vigilanza sulle comunità che prevedano l'inserimento all'interno della Commissione di una figura oggi mancante, che è quella del neuropsichiatra infantile. Questo perché? Perché la Commissione, che deve essere, peraltro, prontamente formata e specializzata a tale ruolo, deve svolgere non solo un tipo di controllo sulla struttura, ma è necessaria anche una specifica attitudine all'ascolto dei ragazzi, dei minori all'interno per comprendere la loro reale situazione di vita.
  A tale proposito entriamo nel tema delle comunità terapeutiche. Parlavo di neuropsichiatra infantile all'interno delle vigilanze, perché nelle comunità terapeutiche viene fatto spesso un uso non corretto degli psicofarmaci. Le terapie somministrate quasi mai sono comunicate ai genitori che, quando i minori entrano, firmano dei consensi generici e che non hanno mai la possibilità di fare verificare ad altri medici lo stato di salute del proprio figlio che spesso viene trovato in stato catatonico, con lo sguardo perso nel vuoto anche in assenza di patologie che prevedono la somministrazione di psicofarmaci e purtroppo ancora si assiste alla somministrazione di farmaci a effetto calmante con il mero scopo di gestire più facilmente i ragazzi inseriti nelle comunità.
  Ecco che la figura del neuropsichiatra all'interno delle vigilanze può andare a controllare non solo che venga attuata la prescrizione farmacologica individuata dal neuropsichiatra della comunità, ma in quanto medico può anche verificarne la corretta prescrizione e qualora necessario Pag. 9mettere in discussione la scelta di questo piano terapeutico.
  Questo è molto importante perché sono azioni che fino a oggi non abbiamo mai visto fare. Purtroppo nel Paese non tutte le Regioni e le ASL sono organizzate nello stesso modo e, quindi, abbiamo degli ambiti che funzionano e degli ambiti assolutamente inadeguati e carenti.
  Concludo questo mio intervento auspicando che la sensibilità di questa Commissione possa intervenire concretamente in merito ai tanti punti espressi. Ci si aspetterebbe dallo Stato, garante dei diritti di tutti, una puntuale tutela dei diritti dei più piccoli che non solo sono i più fragili, ma che rappresentano il futuro del nostro Paese. Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, dottor Varaldo. Ci ha fatto un excursus abbastanza chiaro di quella che è la situazione. Abbiamo una tempistica abbastanza limitata. Darei la precedenza ai senatori, perché loro hanno aula alle ore 15,30 se non sbaglio. Do la parola alla senatrice Rizzotti.

  MARIA TERESA BELLUCCI. Mi scusi, presidente. Volevo solo segnalare che alle ore 15 alla Camera c'è il question time e io sono inserita. Quindi faccio una richiesta di poter intervenire dopo la senatrice Rizzotti se è possibile, altrimenti mi devo allontanare.

  PRESIDENTE. Sì, facciamo brevissime domande, così riusciamo a parlare tutti. Prego, senatrice Rizzotti.

  MARIA RIZZOTTI. Grazie, presidente. Ringrazio molto il presidente di AIEF perché ci ha fatto veramente una relazione che è quella che ci saremmo aspettati anche da altre forme istituzionali. Conosco l'impegno di AIEF in Piemonte, abbiamo seguito diversi casi. Alcuni casi li ho segnalati alla Procura, e aspettiamo le carte della Procura della Repubblica da parte della Commissione d'inchiesta sul femminicidio. Certamente il problema dei giudici onorari è molto forte, perché anche nella precedente Commissione sull'infanzia ho preteso che nella relazione venisse inserito che il 21 per cento dei giudici onorari ha cointeressenze economiche dirette nelle case famiglia. Calcolando quelle che sono le rette dei ragazzi affidati si capisce perché ci sia anche uno strano giro – chiaramente non è un'accusa verso qualcuno – tra spartizione dei soldi tra assistenti sociali, giudici minorili e case famiglia. Case famiglia per le quali non esiste un protocollo di accreditamento e non ci sono assolutamente neanche controlli sanitari. Il controllo da parte del giudice è affidato alla stessa assistente sociale che ha messo il bambino in quella casa famiglia. È un percorso velenoso che richiede comunque di essere controllato. Vorrei chiedere al presidente Varaldo se ritiene, ad esempio seguendo i casi del suo territorio, che provvedimenti disposti dall'autorità giudiziaria vengano sempre attuati dai servizi sociali e di conseguenza dalla comunità. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, senatrice. Prego, onorevole Bellucci.

  MARIA TERESA BELLUCCI. Grazie, presidente, per avermi dato la possibilità di intervenire in via prioritaria. Farò due domande molto chiare e anche molto nette. Intanto la ringrazio per la relazione assolutamente puntuale, che conferma le nostre preoccupazioni e anzi ci dà dati ulteriori. La ringrazio anche per le proposte che ha fatto per sanare evidentemente tali illeciti e tali problematiche.
  Vengo alle domande. Volevo sapere se attraverso la ricerca, lo studio e i rapporti che voi avete nell'ambito associativo disponiate di dati relativi all'ascolto del minore, cioè all'avvenuto ascolto del minore, e quindi in quanta percentuale i minori vengono ascoltati prima del collocamento in casa famiglia e dopo il collocamento in casa famiglia dall'autorità giudiziaria.
  Volevo inoltre sapere se lei ha anche dei dati rispetto alla presenza di un tutor, di un curatore, di un difensore di quei minori che sono allontanati dalle famiglie e, qualora li avesse, se ce li può mettere a disposizione successivamente anche con un'integrazione alla relazione che lei ha proposto.Pag. 10
  Queste sono due questioni estremamente cogenti, perché una problematica che noi abbiamo in Italia è la mancanza dell'ascolto del minore, a volte del tutto mancante sia da un punto di vista formale che sostanziale. Cioè, i minori non vengono proprio convocati dal giudice e quindi non vengono ascoltati direttamente; altre volte l'ascolto non avviene nella forma e nel modo in cui si possa ritenere tale. Queste sono informazione importanti sia nella forma che nella modalità.
  Lo stesso vale per il tutor, il curatore e il difensore, istituti che sono anche previsti per legge ma che noi sappiamo essere assolutamente manchevoli. Anche in questo riteniamo che sia molto importante che, se voi avete dei dati, ce li possiate mettere a disposizione. La ringrazio per la sua presenza e anche per l'aiuto che ci dà come commissario.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bellucci. Senatrice Boldrini, e poi senatore Pillon.

  PAOLA BOLDRINI. Grazie, presidente. Ringrazio il dottor Varaldo per la sua relazione, nella quale purtroppo anch'io mi ritrovo seguendo un caso specifico di un nucleo familiare, mamma e bambini, seguiti da una struttura che ha purtroppo tutte queste criticità. Quindi mi ritrovo molto. Non meno il fatto che, interpellando i servizi sociali del comune, questi mi hanno detto: «Paghiamo il compenso di servizio che stiamo facendo trasmettendolo all'USL (Unità sanitaria locale) e quindi noi non entriamo nel merito se il percorso porterà a beneficio o meno». Quindi loro non intervengono. Questo mi ha lasciato molto perplessa, per dire quanto sia differente ogni presa in carico di nuclei familiari.
  Mi ritrovo anche sul fatto della continuità scolastica o meno, e anche sul fatto della lontananza dalla rete familiare. Noi parliamo sicuramente di genitori, ma parliamo anche di reti familiari. Parlo di nonni, di zii, che vogliono aiutare il nucleo e non possono perché sono troppo lontani o perché non possono interferire. Questo è un altro grosso problema.
  Lei ha citato dei dati anche molto pesanti. Ho visto quelle strutture, ho ascoltato il fatto dell'utilizzo di psicofarmaci. Mi piacerebbe sapere se ci sono dei dati. Non dico le percentuali, ma vorrei capire se siamo messi così male. Volevo sapere se ci sono dati importanti oppure percentuali basse rispetto all'insieme, posto che una banca dati ora serve assolutamente ed è proprio emergente. Abbiamo bisogno di sapere i dati di quanti siano i minori in strutture. È estremamente importante avere una raccolta dati, un osservatorio che finalmente raccolga questi dati. Quindi appoggeremo le richieste che anche voi state facendo.
  L'altra questione è avere degli standard minimi rispettabili. Se pensiamo ai LEA (livelli essenziali di assistenza) che ci sono per la salute, io penso che anche per quanto riguarda l'accudimento dei bambini in affido o delle famiglie – perché parliamo anche di nuclei – ci debbano essere degli standard delle prestazioni che vengono erogate. Noi dobbiamo sapere dove fanno a finire i fondi. Se sono a disposizione per i ragazzi, per la loro tutela, benissimo, anche di più. Io penso sempre in primis alla salute dei minori, perché loro avranno un futuro davanti. Un altro tema importantissimo è quello di avere dei professionisti che abbiano anche alle spalle un'esperienza, perché purtroppo vedo che a volte ci sono dei tirocinanti. Per carità di Dio, tutti devono fare tirocinio; ma questo non va bene. Sono questi i dati che mi interessano, e in particolar modo avere una banca dati uniforme per tutto.
  L'ultima cosa riguarda gli indicatori e criteri da utilizzare anche per le verifiche e i controlli. Personalmente sono intervenuta chiedendo anche al Garante competente del territorio. La struttura si è lamentata perché siamo intervenuti troppo. Questo secondo me non va bene. Il Garante è lì per fare il suo lavoro, quindi se noi chiediamo di verificare non stiamo andando a «rompere le uova nel paniere». Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, senatrice Boldrini. Do ora la parola al senatore Pillon.

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  SIMONE PILLON. Grazie, presidente. Io parlerò di soldi, e le chiedo se dal vostro osservatorio e nella vostra ricerca voi abbiate esaminato o scandagliato possibili commistioni di natura economica tra coloro che di fatto decidono il collocamento del minore nella struttura e quelli che gestiscono la struttura o comunque che ne ricavano utili. Questo è un primo tema su cui chiedo se avete delle evidenze.
  Dall'altra parte, lei ha giustamente sollecitato un'indagine per verificare se le Procure della Repubblica presso i tribunali dei minorenni svolgono la loro attività di controllo così come dovrebbero fare dal punto di vista istituzionale. Però io ricordo che dalla relazione della Commissione infanzia della precedente legislatura, la XVII legislatura, è emerso che l'unica procuratrice della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni in Sicilia che si prese la briga di cominciare a controllare le case famiglia fu richiamata dalla Corte dei conti, sezione locale, perché stava spendendo denaro pubblico andando a verificare le strutture. Chiedo se avete evidenze oppure se lei ritiene che ci sia la necessità di fondi specifici da demandare al controllo. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, senatore Pillon. Lascio la parola al dottore Varaldo per rispondere alle questioni poste. Poi è sempre possibile da parte sua l'eventualità di fornire un contributo supplementare scritto, a posteriori.

  TOMMASO VARALDO, presidente dell'Associazione Infanzia e Famiglia (AIEF). Intanto, per quanto riguarda la richiesta dei dati, noi non siamo un ente che si occupa di raccogliere dati, per cui né per quanto riguarda i dati sull'ascolto, né per quanto riguarda gli altri dati possiamo dare una percentuale o comunque aver fatto un'indagine specifica nella quale possano essere presi in considerazione. Noi possiamo parlare dell'esperienza dei casi che abbiamo seguito.
  Sicuramente, c'è una grave carenza nell'ambito dell'ascolto del minore in comunità. Qui, ad esempio, si parla di visite del procuratore, o di chi per lui, all'interno delle strutture. Quando il procuratore va all'interno della struttura ci si aspetta che dedichi del tempo anche all'ascolto e non solo al controllo generale. Ma il grande problema dell'ascolto, a nostro parere, riguarda la fase preventiva dell'allontanamento. La grande mancanza dell'ascolto è quella relativa alla situazione della famiglia pre-allontanamento. Però un altro tema sull'ascolto che a me piace sempre ricordare è l'ascolto di chi esce dalle comunità, e che non esiste. Noi non ascoltiamo i ragazzi e le ragazze tra i 18 e 21 anni che escono dalle strutture.
  Per quanto riguarda il tema della vigilanza, noi crediamo che questo debba essere un elemento fondamentale da tenere presente. Una struttura per poter restare aperta deve rispettare una serie di criteri e non può prescindere dal fatto di ascoltare chi ci è stato e chi ha vissuto all'interno di quella struttura. Oggi questa cosa non esiste. Il tema dell'ascolto, a nostro parere, è mancante nella parte preventiva, ma anche durante la comunità fino alla parte post comunità.
  Per quanto riguarda il tema delle visite dei procuratori, anche in questo caso noi non siamo in grado di dare dei dati specifici. Noi abbiamo parlato prima di organizzare una Commissione di vigilanza specifica sulle comunità, che può essere all'interno dell'ASL o all'interno dei servizi sociali. Oggi non ci sono strutture di vigilanza specializzate e specifiche per le comunità. Visto che si tratta di minori, e quindi di soggetti che hanno un mondo molto più complesso e articolato, e visto che si tratta di ingenti risorse pubbliche, noi riteniamo che impiegare dei fondi per creare delle vigilanze specifiche non debba essere visto come un costo, ma come un andare a vigilare su come invece viene speso il grande impegno finanziario – che se viene utilizzato bene è importante – di aiutare le famiglie e i minori in difficoltà. Quindi, non abbiamo dei dati specifici sul tema se la Procura faccia o non faccia la vigilanza.
  È evidente che per quanto riguarda l'altra domanda sulle incompatibilità, o comunque sulle commistioni economiche tra operatori e comunità, anche in questo caso Pag. 12non abbiamo dati specifici. Ma sulla nostra Regione noi abbiamo fatto più segnalazioni alle autorità competenti affinché andassero a verificare situazioni a noi sospette. Poi non abbiamo più saputo se la situazione dell'indagine sia proseguita, ma da parte nostra, come associazione che si occupa di vigilare sui diritti violati, le segnalazioni sono state sempre fatte e saranno sempre fatte.

  SIMONE PILLON. Ci può dare un numero approssimativo?

  TOMMASO VARALDO, presidente dell'Associazione Infanzia e Famiglia (AIEF). Noi abbiamo fatto su questo tema solo l'anno scorso cinque o sei segnalazioni.

  SIMONE PILLON. Solo per la Regione Piemonte?

  TOMMASO VARALDO, presidente dell'Associazione Infanzia e Famiglia (AIEF). Sì, per la Regione Piemonte.

  SIMONE PILLON. Mi sembra un dato significativo. Grazie.

  PRESIDENTE. Proseguiamo con le domande. Lascio la parola all'onorevole Vietina.

  SIMONA VIETINA. Grazie. Innanzitutto vorrei ringraziare il dottor Varaldo per la sua disponibilità, per la sua presenza qui oggi, per la precisa analisi, ma soprattutto per la vostra presenza sul territorio, perché vedo la vostra azione come un'azione sicuramente lodevole e significativa. Sono anche importanti le criticità che avete evidenziato, e spero si possa fare presto qualcosa per poterle superare.
  Chiederei soltanto come concretamente agite per entrare nei casi di cui vi occupate. Per esempio, quali strumenti di verifica e di indagine utilizzate per comprendere se veramente i genitori ai quali vengono allontanati i figli sono effettivamente nelle condizioni per cui i figli debbano essere allontanati? Quali strumenti utilizzate per interloquire con gli assistenti sociali e come coinvolgete gli enti locali di riferimento? Infine, considerato che la vostra associazione ha un protocollo d'intesa con l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza della Regione Piemonte, in base alla vostra esperienza chiederei come può essere agevolato il lavoro dei garanti territoriali e se questi rappresentano o meno un valido aiuto per le famiglie nella tutela dei diritti dei minori. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Vietina. Prego, onorevole Giannone.

  VERONICA GIANNONE. Grazie presidente. Innanzitutto grazie veramente, dottor Varaldo, per tutto quello che ci ha riportato oggi. Ha fatto un'ottima disamina di tutta la situazione secondo me, nella quale purtroppo devo darle totalmente ragione soprattutto per tutti i casi dei quali io personalmente ho cercato di occuparmi in questi anni in Parlamento.
  In realtà io volevo farle un'unica domanda. Volevo capire se avete un dato relativo a quante sono le segnalazioni che arrivano a voi, perché immagino che per poter arrivare a interessarvi a dei casi specifici debbano comunque pervenirvi in qualche modo. Volevo sapere se potete darci all'incirca un numero per iniziare un po' a capire quante sono le segnalazioni esistenti.
  Poi volevo chiedere se si può avere accesso a questo protocollo d'intesa che avete fatto con l'Autorità garante, in modo tale che possa essere valutato e magari utilizzato anche in tutte le altre regioni, perché se funzionante potrebbe essere una buona soluzione. Grazie ancora.

  PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Battilocchio per l'ultimo intervento. Dopo avrei una domanda anche io. Grazie.

  ALESSANDRO BATTILOCCHIO. Ringrazio il dottor Varaldo per la relazione puntale e anche per i tutti dati che ci ha fornito. Tra l'altro i colleghi mi hanno già anticipato in diverse domande che le avrei sottoposto. Lei ha parlato in più occasioni della necessità di un sostegno reale alle Pag. 13famiglie. Chiedo se magari su questo aspetto può dire qualcosa in più su quello che è il vostro punto di vista, stando sul territorio e operando sul campo.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Battilocchio. Faccio rapidamente alcune domande che hanno avuto dei passaggi già considerati nella sua relazione. Infatti sono bene emerse le criticità gestionali e strutturali delle comunità e il correlato problema di chi deve effettuare i controlli e le vigilanze. La questione che voglio evidenziare è come si può fare per sollecitare questi controlli mirati già adesso, allo stato della normativa attuale.
  Poi, come lei sa, c'è un processo legislativo che si è attivato per modificare la normativa sugli affidi, su cui noi siamo competenti come Commissione, a livello proprio dei nostri compiti istitutivi. Una cosa le volevo dire sulle incompatibilità. Nella legge istitutiva, che quindi è già in vigore da oltre un anno, era previsto che i membri del Tribunale dei minorenni, quindi i giudici onorari, non fossero titolari di comunità o case famiglia. Questo è già diventato legge, e il nuovo protocollo che reclutava i giudici onorari recepisce questa novità normativa, che sicuramente è un piccolo passaggio per quello che potrebbe essere il superamento di questa incompatibilità. È chiaro che ci sono poi prestanomi, familiari e tutto, però a livello diretto questa è già legge e siamo riusciti a inserirlo nella legge istitutiva.
  L'ultima cosa riguarda sempre i compiti della Commissione. Noi dovremmo verificare anche il rispetto del principio, che lei ha ricordato, della necessaria temporaneità dei provvedimenti di affidamento. Lei ha detto che è una criticità. Io la scorsa settimana l'ho chiesto anche al Ministro Bonetti ed è una delle domande che noi alle Istituzioni chiediamo con più frequenza. Io le faccio la domanda contraria: ci sono dei casi in cui è rispettato il termine dei 24 mesi, nella sua esperienza? Effettivamente noi abbiamo tantissime segnalazioni secondo cui di fatto c'è un allontanamento pressoché perpetuo fino alla maggiore età. Grazie.

  TOMMASO VARALDO, presidente dell'Associazione Infanzia e Famiglia (AIEF). Parto col rispondere su questo discorso della permanenza oltre i 24 mesi. Sempre nella relazione dell'Autorità garante, nell'ultima, c'è scritto che, dai dati raccolti dalle Procure, per oltre il 40 per cento dei minori le Procure non hanno specificato il tempo di permanenza dei minori all'interno. Su questo c'è un'ulteriore difficoltà nella raccolta dei dati.
  Sicuramente ci sono situazioni di rientro presso il nucleo prima dei 24 mesi e, in base alla nostra esperienza, devo dire che sul totale dei casi che abbiamo seguito metà rientra prima dei 24 mesi e metà si ferma oltre. Però vorrei fare un passaggio sul rientro prima dei 24 mesi. Noi abbiamo dei casi dove c'è stato l'allontanamento, l'inserimento in comunità, e poi dopo un anno o un anno e mezzo rientrano. Ma non rientrano, nella gran parte dei casi, per criticità superate, ma perché non si è riusciti a svolgere il progetto. È un fallimento doppio: io ho allontanato e dopo aver allontanato non ho neanche risolto. Il minore, premesso che ci fosse realmente la criticità del nucleo familiare, ha subito una violazione del diritto di allontanamento, poi ha subito magari un collocamento in una struttura comunitaria del genere di cui citavamo prima, quindi un ulteriore danno sulla propria crescita, e poi c'è un rientro presso lo stesso nucleo familiare precedente al collocamento in comunità. Su questo è importante non solo verificare quanti sono, ma anche perché rientrano; e se rientrano perché i servizi sociali hanno fallito nell'accompagnamento evidentemente c'è un danno doppio per i minori.
  Sulla legge per le incompatibilità, è vero che questo dettaglio è stato inserito dopo la circolare del Consiglio superiore della magistratura, però bisogna anche verificare se qualcuno controlla che non ci siano più le incompatibilità, perché se le incompatibilità sono controllate sulle autocertificazioni che i giudici onorari compilano, c'è qualcuno che controlla queste autodichiarazioni dei giudici onorari? Ecco perché prima dicevo di chiedere se anche su questo è possibile andare a verificare.Pag. 14
  Poi c'è il tema di come meglio fare per avere delle vigilanze concrete, ma soprattutto io dico veloci e mirate, perché noi abbiamo bisogno di vigilanze che siano innanzitutto periodiche. Non è ammissibile che ci siano comunità dove la vigilanza passa una volta ogni due o tre anni. Devo dire che questa è la stragrande maggioranza dei casi. È difficilissimo dalla nostra esperienza conoscere comunità dove ci sia almeno una visita all'anno. Intanto bisogna incrementare i passaggi dei controlli; poi bisogna prevedere che le Commissioni di vigilanza, ad esempio quelle delle ASL, possano non solo revocare l'autorizzazione o fare un verbale, ma anche sanzionare le strutture, perché a oggi per tante vigilanze in tante Regioni non è previsto il potere di sanzionamento. Viene fatto un verbale e se poi non viene attuato c'è la revoca, ma non c'è una via di mezzo, un passaggio di sanzionamento.
  A noi piace parlare simbolicamente di patente a punti delle comunità. A noi piacerebbe che, come viene tolta la patente guida se si perdono i punti, anche le comunità possano essere revocate. Questi punti si dovrebbero perdere non solo in base alle condizioni igieniche e sanitarie della struttura, non solo in base alle condizioni della struttura stessa; ma poi una buona parte, come dicevo prima, dovrebbe essere fatta, e oggi non si fa, sul controllo dei progetti che si fanno con i ragazzi, su come i ragazzi e le ragazze seguono la scuola e con quali esiti, su come vengono seguiti i ragazzi con disturbi o con bisogni specifici e particolari. Tutto questo deve essere considerato; ecco perché io credo che una vigilanza corretta che veramente possa andare a chiudere le comunità che non funzionano e anche a valorizzare quelle che funzionano non possa prescindere dalla costituzione di specifiche commissioni di vigilanza preparate e formate sulle comunità dei minori, che sono dall'ultima relazione più di 4 mila sul territorio nazionale.
  Per quanto riguarda il protocollo con il Garante, assolutamente lo porteremo all'attenzione della Commissione. È reperibile anche sul sito del Garante regionale del Piemonte. È un protocollo che fa sì che ci sia un canale diretto tra quella che è la figura del Garante e le famiglie. Mi collego anche all'altra domanda sul Garante, perché questo è un altro argomento a cui noi teniamo molto: il Garante per l'infanzia e l'adolescenza dovrebbe essere il punto di riferimento numero uno non solo per i genitori, ma soprattutto per i minori. Ci terrei a sapere che ci siano Garanti regionali d'Italia, ma anche la Garante nazionale, che vanno a parlare con i minori nelle comunità. Perché altrimenti i minori nelle comunità a chi è che possono chiedere aiuto per vedere rispettati i loro diritti? O anche, a chi possono chiedere aiuto per conoscere quelli che sono i propri diritti? È successo più volte che dei Garanti non sono stati fatti entrare nelle comunità, come è successo anche a dei parlamentari. Però il Garante ha una figura specifica di garanzia sui diritti dei minori. Se non entra nelle comunità come fa a controllare? È come se il Garante dei detenuti non potesse entrare nelle carceri.
  Questa è una questione fondamentale. Ogni Regione purtroppo ha la sua normativa, non è univoca, però vorremmo potenziare la figura del Garante dandogli più poteri e anche delle strutture proprie di personale, perché ci sono dei Garanti – noi ne abbiamo in Piemonte – che non hanno una struttura, sono da soli, magari con una persona all'interno dell'ufficio. Capite bene che se in Piemonte abbiamo (sempre come si legge dall'ultima relazione, perché anche qui non si conoscono i dati) circa 250 comunità e circa 1300 minori nelle comunità – dei 3 mila fuori famiglia – e poi non abbiamo una struttura che può aiutare questi minori, diventa complicato. Il protocollo è partito anche da questa esigenza di far conoscere la figura del Garante.
  Noi pensiamo che il sostegno alle famiglie, come dicevo prima, debba passare da tre livelli fondamentali. Il primo è un livello preventivo all'allontanamento, e qui rientra anche il grande problema della formazione del personale, degli operatori sociali e dei servizi sociali, che in termini sia di quantità che di qualità in tanti territori è veramente carente. Poi c'è il livello contestuale all'allontanamento, quindi come Pag. 15dicevo prima il controllo di come sta il minore nella comunità e di che cosa fa. Quello che proprio non esiste è il controllo successivo all'allontanamento, quindi al collocamento all'uscita dalla comunità e al ricollocamento in famiglia, oppure a 21 anni all'uscita in comunità. Inoltre, se poi sei un minore senza famiglia chi ti segue? Questa è proprio la parte inesistente. La totalità dei casi che noi abbiamo seguito comprende ragazzi che sono abbandonati a loro stessi, usciti a 21 anni dalle comunità.

  PRESIDENTE. Mi sembra ci fosse stata anche una domanda in relazione alla prevalenza, dopo l'allontanamento, dei ragazzi che vengono dati in affidamento alle comunità piuttosto che alle famiglie che si offrono come affidatarie. Si chiedeva in particolare se vi fosse un motivo preciso o se è una soluzione che decide l'assistente sociale, con riferimento all'idoneità o alla disponibilità dei posti che ci sono in quel momento. È quindi una cosa più occasionale o c'è una giustificazione vera e propria?

  TOMMASO VARALDO, presidente dell'Associazione Infanzia e Famiglia (AIEF). La decisione del collocamento in comunità o in famiglia parte dal Tribunale. Poi dell'abbinamento minore-comunità se ne occupa il servizio sociale. Il problema è non tanto in capo ai servizi sociali, ma è il Tribunale che stabilisce l'allontanamento in famiglia affidataria o in comunità.
  Io parlo per la regione Piemonte: dagli ultimi dati della Garante siamo a circa a un 60 per cento in affidamento, più o meno, e un 40 per cento in comunità dei minori allontanati. Qui nemmeno abbiamo dati, che sarebbe interessante reperire, del perché ci siano tante famiglie che lamentano di non riuscire ad avere minori in affido, che poi può diventare un'adozione o comunque anche solo un affido, e però ci sia il 40 per cento dei minori in comunità, visto che tutta la parte psicologica e pedagogica consiglia e predilige un affido familiare a un collocamento in comunità, anche se in comunità di eccellenza.
  L'ultimo dato è che evidentemente i minori in comunità sono prevalentemente i minori stranieri non accompagnati, che rappresentano più o meno il 60-70 per cento dei minori nelle comunità. C'è anche un problema di questo genere, perché l'affido di ragazzi e ragazze adolescenti è più complesso da gestire rispetto al collocarli in comunità. Riguarda purtroppo anche un tema di età del minore allontanato o del minore senza famiglia.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande o altre richieste, ringrazio il dottor Varaldo per questa audizione molto chiara e molto utile ai fini della materia della nostra Commissione. Dichiaro chiusa la riunione. Grazie a tutti.

  La seduta termina alle 15.25.

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