XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 15 settembre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 

Audizione della Ministra per le pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti:
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 
Bonetti Elena , Ministra per le pari opportunità e la famiglia ... 3 
Cavandoli Laura , Presidente ... 10 
Ascari Stefania (M5S)  ... 11 
Fregolent Sonia  ... 11 
Fiorini Benedetta (LEGA)  ... 11 
Saponara Maria  ... 12 
Bellucci Maria Teresa (FDI)  ... 12 
Cavandoli Laura , Presidente ... 12 
Bonetti Elena , Ministra per le pari opportunità e la famiglia ... 13 
Cavandoli Laura , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA CAVANDOLI

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione della Ministra per le pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, professoressa Elena Bonetti, che ringraziamo per la cortese disponibilità con cui ha accolto l'invito a intervenire oggi in Commissione. La Ministra è accompagnata dalla dottoressa Ileana Piazzoni, capo della Segreteria tecnica.
  L'audizione del Ministro per le pari opportunità e la famiglia è particolarmente importante anche in relazione a quella già svolta del Ministro del lavoro, che abbiamo audito nella seduta del 4 agosto scorso. Già in quella sede erano emerse due tematiche centrali: quella della raccolta dei dati sui minori fuori famiglia, che è il presupposto di ogni controllo e intervento, e quella delle politiche attive, essenziali per garantire che le condizioni socioeconomiche della famiglia non divengano, contro lo spirito della legislazione, causa dell'allontanamento dei minori dalla famiglia.
  Sullo sfondo c'è poi la questione, pure già emersa nei lavori della Commissione, del coordinamento delle competenze tra i Ministeri, e ancora più del ruolo di impulso e coordinamento dei Ministeri competenti rispetto ai sistemi regionali di assistenza. Ci sono anche numerose altre questioni, ma non voglio rubare altro tempo.
  Considerato il poco tempo a disposizione, lascerei subito in prima battuta la parola al Ministro per una relazione complessiva. Al termine potremo formulare quesiti. Ho già chiesto al Ministro, che mi ha dato un riscontro positivo, visto che ha necessità di andare via in tempi brevi, se possiamo formulare dei quesiti scritti e farli avere quindi alla Segreteria della Commissione entro il primo ottobre in modo che possiamo trasmetterli e avere una risposta scritta.
  Lascio la parola al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, ringraziandola nuovamente a nome di tutta la Commissione.

  ELENA BONETTI, Ministra per le pari opportunità e la famiglia. Grazie, presidente. Sono io che ringrazio per questa opportunità e per il lavoro importante che la Commissione ha già iniziato a svolgere, su una tematica che, come è stato evidenziato dalle sue parole nell'introduzione, presenta la necessità anche di puntualizzare criticità e opportunità di un processo che sempre più risponda alla finalità che deve rimanere non solo come sfondo, ma come faro di tutta la nostra azione legislativa, azione esecutiva e di attuazione politica, che è l'interesse prevalente del minore. Io penso che ricordarlo all'inizio di questa audizione non sia retorico, ma necessario come lente di lettura e nello stesso tempo chiave di indirizzo di tutto il processo.
  Questa audizione fa seguito all'audizione, come già ricordato, del Ministro Orlando, che ha posto in evidenza alcuni elementi da offrire alla riflessione e al lavoro della Commissione. Partirei dal primo Pag. 4che è stato richiamato, cercando anche di dare qualche elemento di chiarezza – credo che possa servire – che è il tema della frammentazione delle competenze che evidentemente si verifica nel tema dell'affido dei minorenni, delle bambine e dei bambini. Una frammentazione che è di competenza e di pluralità di soggetti istituzionali coinvolti, con livelli anche amministrativi e territoriali differenziati.
  Da questo punto di vista è certamente un tema che riguarda e afferisce alle politiche sociali, e quindi rientra nella piena potestà legislativa ed esclusiva delle Regioni, non essendo di fatto riservata espressamente alla legislazione dello Stato. Questo è in particolare uno degli elementi di evidente confronto da tenere in considerazione.
  È altresì vero che la frammentazione della materia tra più soggetti, la presenza di situazioni differenti e non omogenee sul territorio, che è un dato di fatto, è una conseguenza di una regolamentazione che non è unitaria in ambito nazionale e che quindi inevitabilmente – bisogna avere la chiarezza e il coraggio di dirlo – aggiunge un elemento di complessità a una tematica che già in sé stessa presenta un alto grado di complessità nella multidimensionalità della natura stessa del processo e conseguentemente della strategia che deve essere messa in campo.
  All'inizio di questa audizione penso che possa essere utile da parte mia richiamare quali sono queste competenze differenziate tra le varie amministrazioni e poi, invece, puntualizzare in una seconda parte quelle che sono più inerenti alle mie deleghe e quelle che sono le azioni che stiamo già mettendo in campo in questo indirizzo.
  Come ha già detto il Ministro Orlando – il Ministero del lavoro e delle politiche sociali svolge delle funzioni che attengono, da un lato, alla raccolta e al monitoraggio dei dati relativi ai minori fuori famiglia, dall'altro alla programmazione dei sistemi di interventi per la protezione dei minorenni e la prevenzione delle situazioni familiari vulnerabili, come già è stato evidenziato dalla sintesi della presidente.
  Da questo punto di vista ricordo che, in riferimento ai dati nell'audizione recente fatta dal Ministro, è stato dato conto di un'indagine fatta dall'Istituto degli Innocenti di Firenze, e con dati aggiornati che si riferiscono a dicembre del 2019. Oggi è la situazione di analisi dei dati più recenti che è stata ufficializzata.
  Vorrei anche ricordare – penso sia altrettanto utile – che sempre il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha promosso l'attuazione di specifiche linee guida che sono già state approvate in sede di conferenza unificata, che riguardano il tema dell'affido familiare, la cui attuazione però di fatto non risulta omogenea nel Paese, atteso che il carattere di queste linee guida non è vincolante, trattandosi di fatto di atti di cosiddetta soft law.
  Il Ministero della giustizia è un altro soggetto coinvolto, e su questo vorrei porre all'attenzione della Commissione la quarta Relazione dello stato di attuazione della legge n. 149/2001. È una relazione che è stata fatta congiuntamente dal Ministero della giustizia e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. In tale relazione sono riportati i dati di tipo quantitativo e qualitativo sull'affidamento familiare, sull'accoglienza nei servizi residenziali e sull'adozione nazionale e internazionale. Sapete che hanno anche percorsi differenti nella loro gestione.
  Riguardo al tema delle Regioni, come ho richiamato precedentemente, la competenza regionale è di fatto assegnata anche ai sensi del Titolo V. È evidente che sono i soggetti prioritariamente attivi in questa direzione. Hanno una funzione di raccordo tra i servizi territoriali e regionali per poter garantire un'uniformità di opportunità e di qualità nel tema dei servizi all'accoglienza in tutto il territorio nazionale. Promuovono anche azioni di sensibilizzazione sui diritti, l'accoglienza e la tutela dell'infanzia. I Comuni sono titolari di fatto della programmazione della rete territoriale dei servizi sociali, e quindi esercitano un ruolo predominante nella programmazione degli interventi di protezione, cura e tutela dell'infanzia e dell'adolescenza, e anche al sostegno alle responsabilità familiari e delle Pag. 5capacità genitoriali, insieme al livello competente delle Aziende sanitarie locali, che nell'ambito territoriale rispondono a quello che è il soddisfacimento delle condizioni di salute.
  A questi soggetti territoriali si deve aggiungere il Tribunale per i minorenni e la Procura della Repubblica istituita presso il Tribunale dei minorenni, che hanno un ruolo essenziale nella definizione dei percorsi di affidamento fattivi ed esercitano quei necessari poteri di controllo sulle strutture di accoglienza. C'è una multidimensionalità sui livelli interessati e una multipresenza di soggetti coinvolti, con competenze differenziate anche all'interno degli stessi livelli, soprattutto per quello che riguarda la parte attiva, che è quella territoriale.
  In questo quadro, invece il Dipartimento per le politiche della famiglia si colloca su un piano diverso. La struttura, che è la mia delega, del Dipartimento per le politiche per la famiglia supporta il Presidente del Consiglio dei Ministri – e nel caso l'Autorità delegata in materia di famiglia – in quegli interventi volti alla promozione e al raccordo delle azioni di Governo che assicurino attuazione delle politiche in favore della famiglia a tutela dell'infanzia e adolescenza. Sono funzioni di indirizzo e di coordinamento che, in particolare, si realizzano attraverso l'Osservatorio nazionale sulla famiglia, quello per l'infanzia e l'adolescenza e l'Osservatorio – che abbiamo recentemente rimodulato nelle sue finalità dandogli una consistenza più significativa – per il contrasto della pedofilia e della pedopornografia minorile.
  Nella gestione del Fondo nazionale per la famiglia e del Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, nonché attraverso il coordinamento e la partecipazione ai tavoli di lavoro istituiti per legge su iniziativa dell'autorità politica, si attuano poi queste azioni effettive di coordinamento di politiche di indirizzo.
  Da questo punto di vista, in particolare, vorrei ricordare come recentemente il Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, che era prima presso il Ministero del lavoro, è stato spostato come competenza al Dipartimento per le politiche per la famiglia, in coerenza al fatto che l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza oggi ha il suo luogo di attuazione – e la Presidenza è assegnata all'autorità politica delegata – nel Dipartimento per le politiche per la famiglia.
  All'interno di questo Dipartimento, l'Istituto degli innocenti rappresenta di fatto una parte di supporto. Ha da sempre attivato rapporti di convenzione e di collaborazione con diverse realtà pubbliche, ed era precedentemente denominato «Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza».
  Arriviamo a questo punto alla situazione attuale, all'azione del Dipartimento e delle deleghe che mi sono assegnate. Oggi il Dipartimento, anche avvalendosi dell'Osservatorio nazionale sull'infanzia e l'adolescenza, in particolare nella redazione, nel monitoraggio e nell'attuazione del Piano nazionale per la famiglia, l'elaborazione delle politiche nazionali, regionali e locali per la famiglia, e le politiche conseguenti che ne sono attivate, offre un'azione di supporto a tutta la dinamica familiare.
  Per quanto riguarda il tema dei minorenni e dei minori, l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, che è stato disciplinato per legge, ha tra i suoi compiti prioritari l'elaborazione del Piano biennale e nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva.
  Questo è il luogo prioritario dove la strategia nazionale sulle politiche complessive che riguardano l'infanzia e l'adolescenza a livello nazionale ha una sua definizione e assunzione di responsabilità. Il nuovo Piano è stato ad oggi approvato dall'Osservatorio, sta facendo l'iter necessario che prevede un parere da parte sia dell'Autorità garante che da parte della Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza, e poi un passaggio in Consiglio dei Ministri, fino alla firma del Presidente della Repubblica. Siamo nell'iter, però è già stato approvato dall'Osservatorio.
  All'interno di questo in particolare, ci sono azioni specifiche che riguardano il Pag. 6tema oggetto anche di questa audizione e dell'analisi di questa Commissione.
  Va ricordato anche l'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pedopornografia, che è stato istituito con una legge del 1998. Noi lo abbiamo adesso rivisto nella composizione per rafforzarne le componenti e valorizzarne anche poi la capacità di azione. Tra le altre indicazioni, in questo caso c'è anche una necessaria raccolta dati che viene assegnata all'Osservatorio e su cui stiamo effettivamente lavorando, perché anche da questo punto di vista il tema della carenza dei dati sistemici è uno dei problemi anche per le politiche attive che ne possono conseguire.
  Adesso vorrei soffermarmi su quelle che sono le azioni previste dal quinto Piano nazionale – chiamiamolo «Piano nazionale infanzia» – per poterle mettere in evidenza e nello stesso tempo superare quelle criticità che si sono evidenziate. È stato un lavoro che nel metodo costruttivo ha coinvolto non solo tutti i Ministeri e le istituzioni presenti, ma associazioni, mondo territoriale, quindi Regioni, Comuni e tutti i soggetti che di fatto ho richiamato prima e che quindi hanno competenze in questa direzione.
  La tematica degli affidamenti familiari è stata in particolare l'oggetto di studio e di approfondimenti di parte di uno dei cinque gruppi tematici che hanno costituito il Piano. È evidente che il Piano, da un lato, ha messo in evidenza quelle che sono le principali criticità che l'Osservatorio ha evidenziato, dall'altro ha cercato di definire una pluralità di azioni all'interno di un obiettivo strategico più ampio che inevitabilmente sono correlate le une con le altre e che cercano di incidere nel sistema nel suo complesso, in un'ottica trasversale che ha avuto tre assi prioritari, che anche sul tema dell'affido abbiamo cercato di portare avanti: obiettivo dell'equità nelle politiche; obiettivo dell'empowerment dei più piccoli, dei bambini e delle bambine; e il tema di carattere educativo, quindi politiche per l'educazione. Da un lato un asse di equità, un asse di attivazione, di competenze, di fatto di piena cittadinanza da parte delle bambine e dei bambini e quindi anche percorsi di piena partecipazione – abbiamo anche prodotto linee guida nazionali per la partecipazione dei bambini nei processi che li coinvolgono – e poi un processo che riguarda azioni nell'ambito educativo.
  Per quanto riguarda il tema delle criticità che sono state individuate nell'elaborazione del Piano, richiamo – coerentemente a quanto già emerso – la mancanza di dati completi e costantemente aggiornati che sono, invece, ritenuti indispensabili per una programmazione di interventi efficaci, strutturali e quindi anche per il monitoraggio degli stessi.
  C'è una mancanza di un'adeguata organizzazione dei servizi di protezione e cura, in quanto solo alcuni di questi risultano dotati di organici e di procedure organizzative adeguate. C'è una presenza di interventi caratterizzati da disomogeneità territoriale per le ragioni di cui ho detto prima. All'interno di questo, l'assenza dell'individuazione di questo settore della determinazione dei livelli essenziali di prestazione è uno dei sintomi delle evidenze di questa criticità e, da un punto di vista della formazione, si è ritenuto nell'ambito dell'Osservatorio che non ci sia ancora un'adeguata formazione universitaria e continua con una specificità su queste materie.
  Quali sono, a fronte di queste criticità, le azioni che il Piano ha individuato? Nel caso in cui alla Commissione possa essere utile, possiamo fornire non solo questo materiale ma l'intero Piano, che come ho detto è in fase di approvazione e quindi non può essere considerato definitivo. All'interno di questo vedrete che ci sono per ogni azione specifica – che è inserita all'interno dei vari assi – quelli che sono i soggetti che devono essere coinvolti, gli indici di monitoraggio e anche il riferimento alle strategie europee di cui poi parlerò successivamente.
  La prima azione è nell'area strategica dell'empowerment, e si rivolge a superare la criticità rappresentata dalla mancanza di un flusso costante di aggiornamento dei dati. È chiaro che all'interno dei soggetti coinvolti ci sono il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero della giustizia, perché è stato co-costruito con Pag. 7loro. Come è già risultato, l'assenza di un monitoraggio costante e aggiornato circa il numero, le caratteristiche e il percorso dei minorenni che vivono fuori dalla propria famiglia di origine, nonché delle strutture di accoglienza delle famiglie affidatarie che li accolgono, è una delle criticità che vanno risolte.
  Su questo in particolare è da osservare che nel nostro Paese non esiste un sistema informativo nazionale dei bambini presi in carico dai servizi e dei bambini allontanati dalle famiglie. C'è una pluralità di fonti informative, che quindi hanno tutte caratteristiche diverse, che però non sono poi connesse. Non c'è un'interscambiabilità dei dati. Questo è un problema che stiamo affrontando grazie anche al lavoro che sta facendo il Ministro Colao a tutti i livelli amministrativi, e certamente questo tema è uno dei campi di applicazione e una delle sfide principali.
  Da questo punto di vista, la carenza dei dati all'interno della strategia che viene contenuta nel quinto Piano parte dai presupposti, che abbiamo detto, per dotare definitivamente il Paese di un sistema informativo stabile, aggiornato, che sia in grado di fornire un grado reale circa quanto abbiamo dichiarato e quindi numero, caratteristica dei minori, caratteristica del servizio.
  In particolare la proposta su cui ci si sta indirizzando è quella di dare piena operatività al sistema SIMBA, oggi già in essere, che è una banca dati per la raccolta delle informazioni sulle prestazioni sociali erogate a favore dell'infanzia, dell'adolescenza e della famiglia, da tutti gli enti centrali dello Stato, e dagli enti locali che sono gestori di forme di previdenza e di assistenza obbligatoria. Questo potrebbe essere il luogo dei dati che può essere implementato e diventare il punto di riferimento sinergico su tutte le altre necessarie informazioni.
  In questo ambito, in generale, la proposta è di mettere da un lato l'attivazione a regime del sistema SIMBA e favorire quindi una confrontabilità e un'interscambiabilità dei dati. Per arrivare a questo obiettivo, quello che ci proponiamo di fare è l'istituzione di un gruppo di lavoro interistituzionale che sia composto dalle diverse amministrazioni centrali e dotate, però, di competenze informatiche, statistiche, sociali, giuridiche, sociosanitarie, che effettui un lavoro di riordino e di messa a disposizione di tutte le informazioni generate dai diversi sistemi. L'obiettivo è quindi quello di accelerare un processo, che è già avviato, di costruzione e implementazione di SIMBA e della banca dati dell'Osservatorio per il contrasto alla pedofilia e alla pedopornografia minorile, verificando anche eventuali autorizzazioni e aggiornamenti tra i due sistemi, che siano ovviamente in accordo con l'Autorità garante della privacy; verificare quali sono i criteri e le condizioni di interoperabilità utili a valutare la possibilità di dialogo tra i diversi sistemi che raccolgono informazioni sui bambini soggetti a procedure di tutela; e inoltre anche la costruzione di un sistema di cruscotto statistico nazionale – perché anche il tema dell'analisi statistica dei dati risulta estremamente importante – che derivi da processi ordinari di tutela, protezione, cura e anche di segnalazione all'autorità giudiziaria. Questa è stata individuata come una delle priorità fondamentali, e come una precondizione per disegnare poi una strategia efficace di intervento e anche di riorganizzazione e di efficientamento dell'intera azione.
  La seconda azione, che riguarda invece l'area dell'equità, si rivolge a superare quelle criticità generate dalla mancanza di organizzazione dei servizi di protezione e cura, in particolare sul livello territoriale. Per comprendere la portata delle azioni che sono previste nel Piano in questa direzione, occorre ricordare che nel nostro ordinamento giuridico esiste una norma che indica il diritto inderogabile del bambino a essere protetto e che individua la famiglia come primo contesto idoneo a garantire questa protezione. E solo qualora la famiglia non sia in grado di offrire una protezione adeguata, la legge prevede che tale protezione debba essere garantita dallo Stato nelle varie articolazioni.
  Se facciamo prevalere il diritto del bambino a essere protetto, questo si attiva a un Pag. 8dovere, a una responsabilità della famiglia e della collettività, e quindi alla necessità di dare regole, contesti idonei per rispondere a questo diritto. È quindi dovere dello Stato esercitare questa responsabilità nella tutela del diritto del minore, protezione che però – si specifica poi – si può sostanziare anche nell'accoglienza di un'altra famiglia. È chiaro che per queste ragioni bisogna impegnarsi a costruire sistemi qualificati, da un lato, sulla protezione dell'infanzia e dotati di professionisti che riescano a farlo per rispondere al diritto del bambino; quindi anche il tema della formazione qualificata degli operatori e dei servizi è insito nell'esercizio del dovere dello Stato, non essendo possibile rinunciare a forme di affido fuori dalla famiglia. Questo, bisogna avere il coraggio di dircelo. Nello stesso tempo è chiaro che noi dobbiamo fare in modo che ci sia tutto un tema di politiche attive – e a questo vi rimando a quanto è già stato detto e che poi riprenderò – che supportino, invece, le famiglie nel percorso di esercizio alla loro responsabilità genitoriale.
  Il tema principale che vorrei qui porre non è tanto l'allontanamento in sé, che si può presentare doveroso, ma la necessità di garantire il superiore interesse del minore nella qualità e nella competenza del servizio di affidamento. Da questo punto di vista, l'organizzazione di servizi di tutela e di cura che sia dotato di organici e di procedure organizzative adeguate e applicabili in modo uniforme sull'intero territorio nazionale – quindi di pari opportunità sull'intero territorio nazionale – è prioritario. Viceversa, la frammentazione e la non qualità, la non adeguatezza, il non sufficiente organico di questi servizi, è di fatto un elemento di debolezza e criticità per la risposta del diritto del minore.
  Da questo punto di vista, le azioni del Piano si rivolgono a individuare i livelli essenziali per la rete di protezione e di inclusione sociale. Pensiamo che questa sia oggi un'azione prioritaria proprio per quanto abbiamo detto, nell'ottica anche di dare seguito a una strutturazione organizzativa e un'adeguata formazione dei soggetti competenti, e quindi l'individuazione di un nucleo di livelli essenziali per la rete di protezione e di inclusione sociale. La presenza, per esempio, di équipe multidisciplinari formate da assistente sociale, psicologo, educatore professionale, neuropsichiatra infantile ed eventuali terapisti per la riabilitazione, con l'intento di arrivare a una omogeneità sul livello nazionale. Questa è una delle priorità.
  Un'altra azione riguarda l'istituzione di un tavolo permanente sul sistema di protezione e di inclusione sociale, che affida a questo tavolo permanente – che è un tavolo che deve essere costituito ad hoc e che deve essere partecipato anche da parte dei ragazzi – un compito di definizione sul funzionamento dei servizi pubblici integrati titolari delle funzioni, di prevenzione, accompagnamento, cura, tutela e protezione dell'infanzia e il monitoraggio dell'attuazione delle politiche di protezione e della tutela dell'infanzia.
  Una terza azione in questa area concerne il monitoraggio dell'attuazione delle linee di indirizzo nazionali, quelle di cui avevo già fatto accenno prima, redatte dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Queste ultime linee, che rappresentano un livello di soft law a livello regionale e che quindi oggi non sono riconoscibili con un'attuazione uniforme, devono essere, invece, integrate ed entrare nella programmazione di tutti i livelli locali. È necessario quindi oggi, sul livello nazionale, assumere una regia di monitoraggio e di coordinamento dell'attuazione di queste linee.
  La terza azione nell'area dell'educazione, quindi equità, empowerment ed educazione, prevede il rafforzamento della qualità e del monitoraggio degli interventi nell'area educativa. Questa azione non riguarda solo il tema dell'affido, ma è funzionale a tutte le attività che presuppongono una relazione con un minorenne. In particolare un'azione, la numero 11 del Piano, risponde alle esigenze di arricchire la professionalità esistente con competenze trasversali delle diverse professionalità coinvolte nella relazione educativa con i minorenni, soprattutto nell'ambito della prevenzione e della protezione dell'infanzia, con la prospettiva di inserire nei curricula formativiPag. 9 anche dei diversi percorsi di studio nell'ambito educativo coinvolto.
  Questa è un'azione precondizionante per la costituzione di équipe multidisciplinari della presa in carico, che siano composte da professionisti dei servizi sociali ed educativi, le scuole, servizi sociosanitari e sanitari, compreso quello della pediatria di base, che è un servizio fondamentale anche in questi percorsi, ed eventuali soggetti del terzo settore.
  L'azione si pone l'obiettivo generale di garantire le dotazioni organiche adeguate di professionisti dei servizi di protezione dell'infanzia e dell'adolescenza e anche – lasciatemi usare questo termine – lo zoccolo duro di competenze da rendere disponibili nei percorsi universitari di base e anche in quella formazione continua postlaurea, che poi è quella che si attiva nel percorso del lavoro.
  Oltre a queste tre azioni, vorrei richiamare anche alcuni ruoli e prospettive di cui il Dipartimento, nella prevenzione della condizione di allontanamento, quindi più a carattere preventivo, si fa carico, perché noi lavoriamo molto anche a livello di prevenzione della situazione della criticità, sapendo che investire nella prevenzione significa, di fatto, entrare nel processo in una fase sulla quale ancora è possibile agire in una relazione sia con il contesto familiare e sia con il contesto sociale per quanto ho detto precedentemente.
  In particolare vorrei richiamare uno dei progetti pilota sulla Child Guarantee, che l'Italia svolge come Stato membro a livello europeo, scelto per essere attuatore di progetti sperimentali che si stanno, invece, organicamente portando avanti poi su tutto il contesto europeo. In particolare, i soggetti coinvolti nell'attuazione della sperimentazione italiana sono, oltre al Ministero delle politiche sociali e del lavoro e al Dipartimento per le politiche e la famiglia, Unicef e ovviamente la Commissione europea.
  Noi come Dipartimento per le politiche per la famiglia abbiamo proposto in particolare un intervento sperimentale di affiancamento familiare da sviluppare nel quadro delle attività promosse dai centri per la famiglia. È una sperimentazione che mira a testare modelli pilota per il supporto delle bambine e dei bambini e degli adolescenti che sono in condizioni di vulnerabilità anche multidimensionale, consolidando una nuova forma di supporto alla genitorialità, che si realizzi nell'affiancamento di famiglie con disagio anche multidimensionale, con un'ottica di condivisione delle risorse e delle opportunità. Quindi un sostegno familiare nei confronti di famiglie che in qualche modo si sostengono vicendevolmente, mettendo in comune competenze e risorse. La protezione proposta si pone l'obiettivo di prevenire quelle situazioni di vulnerabilità che potrebbero, viceversa, portare all'allontanamento della persona di minore età dalla famiglia di origine, ed evitare quindi che il processo si attivi.
  Questa è un'azione sperimentale, che riteniamo però strategicamente importante. È chiaro che su questo la sperimentazione della Child Guarantee potrà dare dei risultati ed eventualmente configurarsi come una possibile risorsa da attivare soprattutto nelle competenze territoriali.
  Un'altra linea di intervento che è stata portata avanti dal Dipartimento mira a valorizzare la cosiddetta «cogenitorialità» o la «genitorialità sociale». Le numerosissime storie di affido e di adozione che sono riuscite in modo positivo, come relazione positiva nei confronti dei minori, rivelano che un ruolo essenziale per la buona riuscita di un percorso di presa in carico del minorenne nasce dal supporto della rete territoriale di sostegno, e da una corresponsabilità di protezione e di educazione della rete territoriale.
  È in questa direzione che tutte le azioni previste dal Piano vanno anche nell'ottica di sostenere progetti e iniziative che si rivolgano alla promozione di reti territoriali educative e di sostegno alla genitorialità, avvalendosi anche di un contributo fondamentale che il terzo settore può svolgere, ovviamente in una relazione di coordinamento e di corresponsabilità con gli enti territoriali, in questo modo anche per sostenere i Comuni nell'azione che hanno in questa direzione.Pag. 10
  Noi su questo abbiamo portato avanti alcuni bandi, «Educare – Educare in comune – Educare insieme», per un valore complessivo di più di 60 milioni di euro, con cui abbiamo finanziato realizzazioni di progettualità concrete sui territori per offrire sostegno alle famiglie e ragazzi, anche attraverso la diffusione della cultura delle famiglie solidali e di una dimensione di solidarietà e di prossimità a livello comunale, ma nello stesso tempo in una strategia di una comunità che si costituisce come la cosiddetta «comunità educante».
  L'altro elemento nell'ambito della prevenzione è tutta l'azione sulle politiche familiari. Il Family Act, che è una legge di investimento sulle politiche familiari, ha anche l'effetto di un sostegno, di un empowerment delle famiglie. In particolare ha l'obiettivo di creare nel contesto familiare, con il supporto della rete territoriale, le condizioni perché ci possa essere un pieno esercizio di quella responsabilità educativa a garanzia dell'interesse del minore.
  All'interno del Family Act ricordo il tema dell'assegno unico universale, che risponde a una prima istanza, che è quella di carattere economico. Riconoscere un assegno per ogni figlio, dal settimo mese fino ai 21 anni, significa accompagnare da un punto di vista strutturale la famiglia, anche nelle spese economiche che fa, nei confronti del minore, ed evitare quindi che ci possa essere invece una condizione di fragilità economica che consegua alla nascita del figlio.
  L'altro elemento altrettanto fondamentale è la strutturazione dei servizi educativi. I due assi vanno insieme. Quindi, garanzia dei servizi educativi sul livello territoriale, non solo e non soltanto servizi per la prima infanzia, ma servizi che accompagnino la crescita del bambino e dell'adolescente, proprio per andare anche a sostenere, intercettare e prevenire quelle eventuali situazioni di fragilità, sulle quali poi si innescano invece conflittualità o inadeguatezza del sistema familiare per fare fronte al diritto del minorenne.
  Da questo punto di vista c'è anche un tema di carattere economico, dell'assegno che verrà attribuito a chi esercita la responsabilità genitoriale. Questo lo apro come tema, come parentesi, ma proprio perché l'obiettivo è rivolgersi alla condizione del minore. È evidente però che nel suo complesso la legge del Family Act rafforza da un lato il ruolo della famiglia e dall'altro la rete territoriale che è a sostegno e supporto della stessa.
  Un altro elemento che volevo evidenziare e che oggi non è ancora in essere – ma che è intenzione del Governo dare seguito insieme al Ministro Orlando e alla Ministra Carfagna – è quello relativo all'introduzione dei livelli essenziali (LEP) per quanto riguarda sia il tema dell'assistenza sociale sia i servizi educativi per la prima infanzia. Questo corrisponde anche all'investimento che nel PNRR noi stiamo facendo sugli asili nido come primo elemento di presa in carico anche nel contesto dei processi familiari. Ovviamente, un accompagnamento educativo dai primi anni di vita è un modo efficace per prevenire fenomeni di disagio successivi. Ma accanto a questo c'è tutto il tema che riguarda complessivamente la scuola: penso al tempo pieno e a tutti quei servizi infrastrutturali che accanto alla scuola possono, da questo punto di vista, svolgere quel compito educativo di cui dicevo prima.
  L'altro tema su cui andiamo convintamente avanti, e ritorno a un punto precedente, è il tema dell'aggiornamento sulla banca dati, che si inserisce in quel quadro sinergico che ho già avuto modo di descrivere con maggiore dettaglio.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Ci ha dato informazioni utili, e tanti spunti importanti. Tra l'altro sulla banca dati avevo presentato anche io un ordine del giorno, proprio chiedendo che ci sia la possibilità di informatizzare una banca dati a livello nazionale, ma che possa poi essere seguita a livello territoriale in tutti i Comuni, come una specie di anagrafe. Altrimenti noi non possiamo sapere quanti siano i minori fuori famiglia, e dove sono. Ringrazio il Ministro e chiedo ai presenti, anche a chi è collegato online, se vi sono delle domande. Vi ricordo che abbiamo pochissimi minuti, per cui vi prego di fare domande brevissime. Se il Ministro poi non riesce a rispondere, le Pag. 11chiederemo di farci una nota scritta. Grazie.

  STEFANIA ASCARI. Grazie, presidente. Io ringrazio la Ministra per la relazione chiara e con spunti importantissimi, tra cui quello relativo alla banca dati, per avere un quadro chiaro di quella che è una situazione estremamente delicata che riguarda la tutela dei minori.
  Se la presidente consente, può darmi anche risposta in forma scritta, perché avrei da fare tre domande. Vorrei chiederle se sia a conoscenza di statistiche, ed eventualmente se ce le può fare avere, di donne a cui sono stati tolti i figli dopo che avevano denunciato violenze in famiglia, di allontanamenti motivati solo per presunte situazioni dopo denunce di violenza, di comunità che prima accolgono donne e bambini e poi sistematicamente espellono le madri e tengono i bambini. Inoltre, volevo sapere se l'amministrazione ministeriale abbia svolto accessi per verificare le condizioni di vita dei bambini in comunità, specialmente in quelle che accolgono madri e figli.
  Un ultimo punto, e chiudo. Volevo sapere se sia a conoscenza del numero dei casi in cui i figli vengono allontanati dalle madri alla nascita, prima ancora che possano essere allattati dalla madre. Infine volevo sapere se ha contezza di casi in cui vengono allontanati i bambini dalle madri detenute solo in ragione dello stato di detenzione, e con esiti anche nella dichiarazione di adottabilità. Per noi sarebbe molto importante. Questi sono aspetti collegati anche a quello che è il fenomeno criminale della violenza di genere, anche proprio per capire il progetto e il controllo che avviene in queste comunità. Grazie.

  SONIA FREGOLENT. Ringrazio il Ministro per l'esaustiva e puntuale relazione. Alcune domande che volevo fare sono già state anticipate dalla collega. Per la mia esperienza, per quello che io ho vissuto come sindaco precedentemente, pure arrivando io da una Regione assolutamente strutturata e organizzata qual è il Veneto, tuttavia ho riscontrato da parte dei servizi sociali, a volte, la sensazione di sentirsi super partes. Volevo capire come pensate di andare a valutare il lavoro dei servizi che si prendono in carico il soggetto.
  Qualche volta capita, soprattutto quando le funzioni vengono delegate, che gli operatori non si sentano né di rispondere alle amministrazioni comunali, né tanto meno di rispondere alle aziende sanitarie che magari hanno la funzione delegata. A mio avviso, manca una valutazione del lavoro che le équipe fanno e anche qualcuno a cui rendere conto del lavoro che fanno.
  Quindi, i criteri. La formazione è importantissima, concordo con lei. Rispetto alla questione della rete, a me piace tutto il tema delle reti e del supporto alla genitorialità; però anche qui spesso e volentieri chi entra nelle reti, chi fa i progetti, chi segue i minori sono famiglie che non hanno problemi. Quindi intercettare le famiglie con problemi è molto più difficile. Come si pensa di arrivare a garantire sul territorio l'uniformità?
  Ultima domanda: volevo capire come funzionano, se ci sono (presumo di sì), gli Osservatori regionali e come funzionano. Grazie.

  BENEDETTA FIORINI. Grazie Ministro, per l'audizione odierna. I temi sono importantissimi, e molte delle domande che volevo farle le hanno già fatte le colleghe, quindi mi associo alle domande e alle risposte scritte che darà.
  Il tema della mancanza di monitoraggio è uno dei temi principali. Abbiamo visto, anche con i fatti accaduti su Bibbiano e anche con altri fatti che accadono attualmente in tutto il territorio italiano, che urge intervenire in maniera organizzata e anche veloce per quello che riguarda la banca dati e il monitoraggio completo. Le chiedo se ha quantificato i tempi e i modi per l'intervento sul monitoraggio e le chiedo anche, riguardo a temi che ha citato prima sulle adozioni nazionali e internazionali, se state lavorando a una sorta di nuova riforma per quella che può essere l'adozione nazionale e internazionale in tempi più brevi. Tante famiglie sottopongono questo problema, e ne approfitto oggi per sottoporlo a lei, Ministro, perché capisce bene che i tempi sono troppo lunghi. La politica Pag. 12deve essere più concreta, più veloce, e questa è una delle occasioni.
  So che lei farà un ottimo lavoro, e anche questa Commissione porterà avanti questo monitoraggio insieme a voi. Grazie.

  MARIA SAPONARA. Ringrazio il Ministro per la relazione molto puntuale e dettagliata. Questa sicuramente è una materia molto ampia che, come ha messo in evidenza il Ministro, coinvolge più soggetti. Tra le tante cose dette mi è saltata all'occhio la questione della formazione. Io sono anche della Commissione istruzione e cultura.
  La prima domanda che le volevo porre è: come pensa, come pensate, di affrontare il tema della formazione? Proprio in questo momento ci si sta muovendo parecchio all'interno sia del Ministero dell'istruzione che dell'università. Come pensate di andare avanti in questa direzione? Questa è la prima cosa.
  Un'altra questione è quella legata alle madri detenute, di cui la collega che mi ha preceduto ha già accennato. Chiederei al Ministro di parlare anche di questa problematica.
  Infine, e sono due temi che si legano tra di loro, c'è l'imparzialità di chi decide l'affido e quanto ha messo in evidenza la Garante della privacy durante un'audizione, in cui ha detto che molte volte di fronte alla relazione dei servizi sociali manca la controparte dei genitori, cioè non vengono ascoltati i genitori. Questa è una grossa mancanza, che molte volte porta all'affidamento di bambini senza avere ascoltato anche i genitori. Penso che questa cosa sia assolutamente importante, come anche il controllo dell'imparzialità di chi decide poi l'affido dei bambini. Lo dico perché anche io vengo dall'Emilia Romagna, e quindi noi abbiamo vissuto delle vicende piuttosto incresciose. Grazie, Ministro.

  MARIA TERESA BELLUCCI. Ringrazio il Ministro per la puntuale relazione e poi pongo tre domande.
  La prima domanda. Lei ha citato il sistema SIMBA, i sistemi di rilevazione e la criticità in cui si trovano. Parte delle criticità è legata alla mancanza di risorse umane che possono svolgere questo delicato compito, anche perché spesso sono le stesse che poi si trovano a interfacciarsi con le situazioni critiche delle famiglie e dei minori. Chiedo se sia stata fatta una valutazione dei fondi che devono essere stanziati per potenziare le risorse umane, oltre al sistema tecnologico di cui lei ha parlato.
  La seconda domanda. Le volevo chiedere se sia stata anche immaginata e pianificata una valutazione rispetto alla costituzione delle équipe multidisciplinari di cui lei ha parlato, ma in termini sempre di dotazione economica. Le équipe multidisciplinari – lo dico umilmente e sommessamente, però io condivido pienamente l'articolazione che lei ha fatto – sono una centrale strategica di vicinanza alle famiglie e di aiuto ai minori e di rilevazione degli stati di disagio. Volevo sapere se c'è una valutazione economica e quindi un piano economico di stanziamenti per poterle potenziare in termini sempre di risorse umane per come lei l'ha articolato, quindi con presenza di psicologi, assistenti sociali, educatori.
  La terza domanda. Il monitoraggio è certamente una questione cogente e centrale. Volevo sapere con che tempistica si pensa di poter introdurre un monitoraggio che sia puntuale e annuale, che quindi porti ogni anno a quello che anche io ho chiesto in ripetute presentazioni di emendamenti o di ordini del giorno, e se è prevista una relazione annuale in Parlamento sullo stato dei minori allontanati fuori dalla famiglia a fronte del monitoraggio che si farà.
  La ringrazio e le auguro buon lavoro.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre richieste di intervento, faccio anche io rapidamente due domande. Intanto volevo informazioni sulla tempistica dell'approvazione e dell'attuazione delle misure del quinto Piano nazionale di azione sull'infanzia. La ringraziamo per la disponibilità che ha dato per fornirci quanto meno la bozza prima dell'approvazione finale, però effettivamente vorremmo capire quando poi sarà approvato e attuato.Pag. 13
  La preoccupazione che abbiamo tutti in questa Commissione, oltre a problematiche già espresse, è capire l'utilità dell'affido sine die rispetto alle tematiche dell'adozione, perché questi ragazzi spesso restano fino alla maggiore età in una famiglia che poi alla fine non li ha adottati.
  Poi, nell'ambito del rilevamento dei dati, se non è già previsto, lo spunto che le propongo è di valutare anche i maggiorenni. Chi ha avuto un percorso di affido in una casa famiglia, in un istituto o in una famiglia che non era quella biologica, in che situazione si trova e quali problematiche vengono riscontrate? Questo perché dobbiamo cercare di pensare al futuro, quindi vediamo che cosa succede e che cosa c'è che non va per poi avere un riscontro e – nelle politiche attive che lei ci ha indicato e nelle azioni che ci ha proposto – poter dare anche un riscontro migliore per il futuro. Lascio la parola al Ministro per il tempo che ha a disposizione. Poi, nel caso le chiederemo anche una risposta scritta.

  ELENA BONETTI, Ministra per le pari opportunità e la famiglia. Magari, se mi permettete, fornisco un quadro e poi mi riservo una successiva risposta scritta, perché sono domande che meritano anche una puntualità.
  Parto dall'ultima questione. I tempi di approvazione del Piano sono tempi sostanzialmente abbastanza brevi. Non dipendono da me, ma io credo che entro ottobre/novembre si arriverà all'approvazione. Ricordo anche – e potrebbe essere anche di interesse per questa Commissione – che dopo l'approvazione del Piano, per la sua definitiva presa in carico sempre a norma di legge è prevista la Conferenza nazionale, che deve essere poi convocata alla luce del nuovo Piano, nella quale si vanno a definire anche i passaggi operativi.
  Sul tema dei maggiorenni, mi sembra certamente una prospettiva interessante da introdurre.
  Sul tema della violenza di genere, le domande sono varie in questa direzione, compreso il tema della Pass. Questo è certamente un tema correlato, che stiamo affrontando all'interno del nuovo Piano nazionale di contrasto alla violenza maschile contro le donne. Abbiamo istituito presso il Dipartimento delle pari opportunità un tavolo tecnico di approfondimento sul tema in particolare della Pass e di tutte quelle situazioni di presa in carico della vittima di violenza e conseguentemente del minore che è vittima di violenza assistita, e che a me preme ricordare e definire come una violenza esercitata nei confronti del minore a tutti gli effetti. In generale, è anche necessaria – e questo è un lavoro che stiamo svolgendo con il Ministero della Giustizia – sia sul tema delle madri detenute che sul tema delle donne vittime di violenza una maggiore organicità da un punto di vista del processo giudiziario tra la parte minorile civile e penale, perché nell'intersezione delle competenze non sempre c'è un'organicità.
  All'interno di questo c'è conseguentemente un lavoro da fare anche su tutto il tema dei CTU (Consulente Tecnico d'Ufficio) e dei servizi sociali. Anche in questo caso, c'è bisogno dell'istituzione di un approccio integrato che vada in questa direzione. Poi mi riservo di fare ulteriori considerazioni, ma certamente è vero che non è strettamente legato al tema dell'affido, perché non è che il figlio della donna vittima di violenza vada in quella direzione. È vero che però è una tematica di una situazione che si è evidenziata, e quindi è stata una decisione che ho voluto portare avanti nell'ambito della strategia. Nel nuovo Piano di contrasto alla violenza maschile contro le donne questo sarà uno dei temi su cui focalizzeremo le azioni anche in quella direzione.
  Relativamente al tema dei servizi sociali anche da un punto di vista della formazione, il Piano oggi individua azioni piuttosto specifiche, che poi devono tradursi o su livelli normativi nazionali, come i LEP, o su livelli di attuazione. Certamente la revisione curriculare che ho richiamato è uno degli elementi fondamentali ex ante, ma come ho altrettanto richiamato serve attivare dei percorsi di formazione e di aggiornamento che in sé stessi abbiano, tra l'altro, una pluralità sia di soggetti coinvolti nell'erogazione che di tematiche affrontate. Credo che le reti si costituiscano sempre Pag. 14più solide non solo nella convocazione di tavoli, ma anche nella costruzione di percorsi formativi e di interazione tra le diverse soggettività coinvolte. Credo che anche la formazione possa essere una leva da questo punto di vista.
  Sul tema della mancanza di monitoraggio, dei tempi e dei modi, noi abbiamo una sfida attuale: la transizione digitale del nostro sistema. Perciò ho chiamato il Piano anche «di interoperabilità dei dati». Dentro al Piano che riguarda la pubblica amministrazione – e che in particolare il Ministro Colao sta portando avanti – queste istanze si inseriscono in modo non solo naturale, ma necessario. Dal 2026 noi dovremmo avere un Paese diverso e dobbiamo quindi iniziare adesso perché questo accada. È chiaro che noi adesso vediamo l'inefficienza di questo sistema che provoca situazioni e storture su una delle materie che deve essere prioritariamente un interesse nazionale, che è quello della presa in carico dei diritti dei più piccoli. È davvero un tema di un sistema, quindi abbiamo anche l'opportunità adesso di farlo. Questo lavoro si inserisce all'interno di questo rinnovamento di processo di transizione digitale, che riguarda in particolare la pubblica amministrazione, perché di questo stiamo parlando.
  L'ultimo passaggio riguarda la questione dei finanziamenti. Darò conto di eventuali dati più dettagliati. È chiaro che c'è una scelta ampia e multipla. Si stava facendo riferimento ai livelli territoriali. Io penso che la prima definizione che potremo dare nella legge di bilancio sul tema dei LEP sia un'indicazione importante. Altrettanto da un punto di vista degli investimenti, e di progettualità più stabile e strutturale per il supporto alla genitorialità. Fa carico sostanzialmente tutta la parte del Family Act. Vanno altresì considerate quelle che sono sempre, nell'ambito del PNRR, azioni integrate di infrastrutture sociali, che evidentemente sono il contesto dove inserire poi anche queste azioni.
  Comunque, al fine di fornire dati più puntuali, mi riservo una risposta scritta maggiormente esaustiva. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro per la sua disponibilità. Come concordato, i membri della Commissione possono far pervenire ulteriori quesiti anche in forma scritta. Abbiamo stabilito il termine del primo ottobre, in modo da poterli successivamente trasmettere al Ministro. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.30.