XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni

Resoconto stenografico



Seduta n. 37 di Mercoledì 14 luglio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 2 

Audizione dell'amministratore delegato di ENI S.p.A., Claudio Descalzi:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 2 
Descalzi Claudio , amministratore delegato di ENI S.p.A ... 2 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 4 
Ungaro Massimo (IV)  ... 4 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 5 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 5 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 5 
Descalzi Claudio , amministratore delegato di ENI S.p.A ... 5 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 6 
Descalzi Claudio , amministratore delegato di ENI S.p.A ... 7 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8 
Descalzi Claudio , amministratore delegato di ENI S.p.A ... 8 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8  ... 8  ... 8

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERASMO PALAZZOTTO

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso, nonché via streaming sulla web tv della Camera, come convenuto in sede di Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Audizione dell'amministratore delegato di ENI S.p.A., Claudio Descalzi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'amministratore delegato di ENI S.p.A., Claudio Descalzi, che saluto e ringrazio per la disponibilità immediatamente manifestata a collaborare con questa Commissione.
  Saluto altresì il vicepresidente esecutivo e direttore delle relazioni internazionali di ENI S.p.A., Lapo Pistelli, che ricordo con piacere come collega deputato, in particolare nella Commissione esteri della scorsa legislatura in cui ha ricoperto tra l'altro l'incarico di viceministro.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta, sia a richiesta dell'audito che dei colleghi che formuleranno quesiti od osservazioni.
  Ricordo, altresì, ai colleghi la prescrizione di indossare la mascherina, anche quando prenderanno la parola.
  L'odierna audizione è stata programmata nel quadro della ricostruzione delle dinamiche delle relazioni bilaterali italo- egiziane, al fine di acquisire ogni elemento utile a coglierne l'intreccio con gli sviluppi della ricerca della verità e della giustizia sulla morte di Giulio Regeni.
  In tale ottica, il ruolo di ENI S.p.A. assume un interesse particolare per la rilevanza strategica della sua presenza in Egitto, di cui il giacimento di Zohr costituisce la più nota ma non unica componente.
  In molte delle audizioni svolte, infatti, è emersa la rilevanza dell'andamento dei rapporti economico-commerciali sotto diversi punti di vista: dall'esercizio della pressione diplomatica sull'Egitto alla competizione con gli altri Paesi.
  Invito pertanto il dottor Descalzi a svolgere la sua relazione.

  CLAUDIO DESCALZI, amministratore delegato di ENI S.p.A. Grazie presidente. Buongiorno a tutti. Grazie a tutta la Commissione per il lavoro che sta svolgendo insieme alla nostra magistratura per mettere in luce tutto quello che è accaduto in questa tragedia che ci ha colpito.
  Siamo in Egitto da quasi 70 anni. L'Egitto è stato il primo Paese, dopo l'Italia, con il quale ENI ha cominciato a lavorare nell'ambito energetico. È stata una storia lunga, sempre continua. In Egitto sono accaduti molti avvenimenti, come sapete. Dalla crisi di Suez nel 1956 – pochi anni dopo il nostro ingresso – alle guerre con Israele nel 1967 e nel 1973, fino alla «Primavera araba». Tanti momenti di discontinuità in cui ENI è sempre stata presente. ENI non è l'unica società presente, abbiamo condiviso con BP, che è anche nostro partner, il primato come prima società, ma ci sono tante altre società, anche americane, c'è Pag. 3Total, quindi un certo numero di società europee e americane. L'Egitto è un grande produttore, soprattutto di gas che esporta nei paesi limitrofi con l'Arab pipeline, esportava gas anche in Israele, adesso c'è il reverse flow quindi Israele passa gas che viene esportato dall'Egitto. Abbiamo appena riaperto l'export via nave del gas. Un Paese dunque che è stato produttore-esportatore e, a partire dal 2014-2015, è diventato per la prima volta un Paese importatore. È un Paese molto popoloso con consumi energetici importanti, se ricordo bene 50-60 miliardi di metri cubi di gas all'anno, quindi non lontano dai consumi italiani, con un'economia più piccola dell'Italia.
  Solo per darvi un'informazione di contesto, prima della morte del povero Regeni, c'è stato un periodo, tra gli anni 2011-2014, in cui le attività in Egitto sono calate drasticamente. Ecco perché poi l'Egitto è passato dall'essere Paese produttore-esportatore a essere Paese importatore. Le attività sono calate durante il periodo di Morsi, mentre nel 2014-2015 sono riprese – lei ha giustamente ricordato il bacino di Zohr, ma ci sono stati altri campi come Nooros e Baltim che abbiamo scoperto in quel periodo – quando, con la caduta dei prezzi e della produzione e la riduzione degli investimenti, il governo egiziano e altri, soprattutto africani, come quello angolano, hanno cambiato le regole dei contratti per attirare investimenti.
  Faccio un inciso: non siamo un contractor, l'attività di Eni non è commerciale nel senso che vendiamo qualcosa e veniamo pagati per quello che vendiamo, non veniamo chiamati a contratto per fare qualcosa. Noi vinciamo una gara, otteniamo un permesso petrolifero per il quale non si sa se ci sono risorse – gas o petrolio. Si deve assumere il rischio completo, tecnico e finanziario, per, come diciamo noi, «derischiare l'asset» – questo è il caso di Zohr ma praticamente per tutta l'attività è così – non sapendo effettivamente cosa ci sia a migliaia di metri sottoterra. Le società petrolifere, mettendo la propria equity e quindi direttamente i propri soldi – per queste attività non ci sono finanziamenti delle banche perché sono troppo rischiosi – «derischiano» appunto l'asset. Come società petrolifere abbiamo dunque un rapporto particolare con gli Stati e gli Stati ci cercano perché, oltre alle competenze tecniche, sono richieste anche capacità economico-finanziarie. ENI in quel periodo veniva da essere, da almeno cinque o sei anni di fila, la prima società di esplorazione al mondo – non per produzione, ma per esplorazione – e abbiamo avuto i più grossi successi, dal Mozambico all'Indonesia, dall'Angola all'Egitto e all'Algeria. I Paesi cercano dunque di attirare investimenti ma anche capacità operative. In quel periodo non c'erano molti investimenti in Egitto. Noi, all'inizio del 2015, dovevamo prendere la decisione di perforare questo prospect. Per prospect si intende un possibile campo esplorativo che deve essere verificato attraverso la sismica e la perforazione. Avevamo vinto la gara e avevamo questo prospect dovendo decidere in quel periodo se fare o meno l'investimento. Un investimento a nostro rischio al 100 per cento, come dicevo, senza aver trovato partner perché considerato troppo rischioso, dato che questo campo era stato già testato. Due grandi e importanti società diverse, di cui non faccio il nome, avevano infatti già perforato 11 pozzi senza aver trovato nulla. Abbiamo applicato le nostre tecnologie informatiche e modellistiche per la definizione al meglio di questo prospect in profondità e nel giugno-luglio 2015 abbiamo operato questa perforazione molto rischiosa, da soli, perché nessuno ha voluto partecipare. Dopo un mese e mezzo, quindi in agosto, abbiamo fatto questa grandissima scoperta, ovvero il più grosso giacimento di gas mai scoperto nel Mediterraneo. Momento importantissimo per noi perché confermava le capacità di ENI a livello mondiale e anche perché altre importanti società europee avevano provato e non vi erano riuscite. Questo affermava una leadership a livello esplorativo, affermava il fatto che avevamo trovato delle riserve in un momento in cui l'Egitto, come dicevo prima, era diventato importatore di gas e quindi abbiamo dato una nuova luce in prospettiva a quel Paese.Pag. 4
  Una volta scoperto un giacimento non è finita perché bisogna sviluppare. Data la situazione – mi ricordo che la scoperta è stata fatta a fine agosto 2015 – sono andato a presentare il risultato al presidente e al ministro competente egiziano a settembre e in ottobre avevo già presentato un possibile piano di sviluppo con un solo pozzo, proprio perché il giacimento era molto omogeneo e permetteva di realizzare un progetto di sviluppo con un solo pozzo – solitamente ci vogliono più pozzi. In quel periodo tutto l'Egitto era concentrato a capire se si poteva sviluppare e a seguire le nostre indicazioni, ricordandoci che anche lo sviluppo è un rischio che ci si assume perché c'era un solo pozzo in un giacimento completamente nuovo. In febbraio abbiamo perforato un secondo pozzo e avviato lo sviluppo. Solitamente per avviare lo sviluppo ci vogliono due o tre anni, noi l'abbiamo fatto in quattro mesi mentre per mettere in produzione – quello che chiamiamo il time to market ovvero il tempo per arrivare al mercato – ci vogliono 6-7 anni, noi ci abbiamo messo due anni. La scommessa degli esperti a livello mondiale era che potessimo mettere in produzione Zohr nel 2021-2022, quindi oggi, mentre noi l'abbiamo messo in produzione nel 2017.
  Perché vi racconto tutto questo? Perché volevo offrirvi il contesto. In quel periodo altre società europee hanno iniziato a essere molto più interessate all'Egitto perché Zohr non era l'unico, c'erano altri prospect, quindi altri possibili campi vicini e quindi è iniziata una fase di nuove gare, nuovo interesse, nuove partecipazioni di altre società.
  In quel periodo, cinque-sei mesi dopo la scoperta di Zohr, febbraio 2016, come tutti voi, come tutta l'Italia, abbiamo saputo della tragedia di Regeni. È stato ovviamente un momento di grande difficoltà. Nell'anno successivo ho incontrato anche in forma privata la famiglia, Lapo Pistelli ha incontrato l'avvocato. Abbiamo cercato di stare vicino ma anche tenere aggiornati ed essere aggiornati. Ovviamente il nostro potere d'azione era molto limitato, per il ruolo che ricopriamo e la segregazione delle situazioni, anche perché dovevamo capire cosa fosse successo. In quel periodo, soprattutto tra il 2015 e il 2017, sono andato molte volte in Egitto, non da solo, ma con i miei colleghi, anche nel periodo in cui non c'era il nostro ambasciatore. Ogni volta ho ribadito a livello governativo, anche con il Presidente Al-Sisi, la necessità di fare chiarezza su quello che era successo, di collaborare con l'Italia per il bene della verità, per il bene dell'Italia, ma anche per il bene dell'Egitto perché non si possono lasciare tali ombre su eventi così gravi. Mi sono fermato a quello perché normalmente una persona che rappresenta un'industria non parla in modo così diretto, però il credito era importante per le scoperte che abbiamo fatto, le quali non dico abbiano salvato il Paese – l'Egitto è un Paese molto importante, ha il 30 per cento della popolazione araba, è un Paese con una grande storia, ha un passato, un presente e un grande futuro – però era ed è importante ancora adesso riuscire a capire le ragioni sul perché sia successa una cosa così grave, soprattutto fra due Paesi che sono amici, che hanno sempre avuto ottime relazioni non solo commerciali ma anche diplomatiche e rapporti distesi.
  Questa era la mia introduzione di contesto e sono pronto a rispondere alle vostre domande. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Descalzi. Invito i colleghi commissari a intervenire per formulare quesiti, osservazioni o domande di chiarimenti. Eventuali richieste di intervenire in forma segreta potranno essere concentrate dopo aver esaurito gli interventi in forma pubblica. Do la parola al collega Ungaro.

  MASSIMO UNGARO. Grazie presidente e grazie dottor Descalzi per la sua relazione e per essere venuto qui, e complimenti per le imprese che è riuscito a compiere anche all'estero.
  Avrei due domande da porle sul caso Regeni. La prima riguarda l'opinione che si è fatta sul caso Regeni in quanto lei conosce bene l'Egitto, l'azienda che dirige ha un rapporto importante che lei ha messo in rilievo. Le chiedo dunque che impressione si è fatto su questo caso molto strano, dal suo punto di vista personale. Lascio a lei valutare se sia meglio rispondere in sede pubblica oppure segreta.Pag. 5
  La seconda domanda è più specifica, ovvero se non sia una coincidenza che quella che lei dirige è un'azienda italiana e la nazionalità di Giulio Regeni è italiana. Lavoriamo in Commissione ormai da oltre un anno e mezzo ed è stato messo in risalto quanto la scoperta del giacimento di Zohr sia stata un momento molto importante per la indipendenza energetica dell'Egitto; pochi mesi dopo un cittadino italiano in Egitto viene rapito, torturato e ucciso da forze di sicurezza egiziane, ed è abbastanza impensabile che i vertici di quel Paese non ne fossero a conoscenza. Può trattarsi di un errore mentre certe teorie cospirazioniste parlano di un qualche legame tra la scoperta fatta dall'ENI e la scomparsa di Giulio Regeni. Volevo chiedere a lei, in quanto massimo esponente dell'ENI, cosa pensi di queste teorie perché è ovvio che tale scoperta in campo energetico ha costituito un momento molto importante per l'Egitto ed è piuttosto peculiare che l'uccisione di Regeni avvenga in quel momento in cui il nostro Paese stava creando un rapporto molto stretto con l'Egitto. Ricordo che il primo paese che il Presidente Al-Sisi venne a visitare in Europa è stato l'Italia. Abbiamo messo in luce molte volte durante le audizioni in questa Commissione che si trattava di un momento speciale nei rapporti tra Italia ed Egitto, anche e soprattutto a partire dalle scoperte che ENI aveva fatto in quel Paese e quindi è molto particolare che poi ci sia stato un evento che ha chiaramente portato su tutta un'altra direzione i rapporti tra Italia ed Egitto. Da qui l'idea che questo avvenimento non sia stato del tutto casuale. C'è stato anche un attentato al Consolato italiano al Cairo nel luglio 2015, peraltro poco prima della scoperta del giacimento. Le chiedo dunque se può darci la sua opinione personale su questa vicenda. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Quartapelle.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Grazie della disponibilità e della chiarezza espositiva.
  Una delle questioni su cui la Commissione sta ragionando molto riguarda la qualità dei rapporti tra Italia ed Egitto e l'evoluzione nella qualità di tali rapporti. Da questo punto di vista si tratta di una domanda più di carattere generale che poco ha a che fare con le attività dell'ENI, ma essendo l'ENI una grande azienda italiana che ha rapporti con quel Paese lei può o non può rispondere ovvero darci un'opinione più che informazioni. In particolare, la sensazione che abbiamo è che nel corso del tempo sia cambiato quanto l'Italia abbia bisogno dell'Egitto rispetto a quanto l'Egitto avesse bisogno dell'Italia, vale a dire dal 2014-2015, cioè dal momento in cui l'Egitto di Al-Sisi doveva essere riammesso nel consesso delle nazioni, a oggi che ne fa di fatto parte a pieno titolo ed è tornato a essere una potenza regionale molto importante e molto influente.
  Sarebbe interessante una sua valutazione sui punti di forza e sulle difficoltà dell'Italia nelle relazioni con l'Egitto. È una domanda che ovviamente non ha a che fare con lo specifico della sua audizione ma è la domanda che ci stiamo ponendo come Commissione e mi sembra giusto rivolgergliela.

  PRESIDENTE. Prima di darle la parola, a completamento della domanda che le poneva il collega Ungaro, aggiungo che una tesi, tra l'altro avallata direttamente dal Presidente al-Sisi – in particolare fu oggetto di una sua dichiarazione durante l'inaugurazione del giacimento di Zohr – ipotizza che l'omicidio di Giulio Regeni sia maturato in ambienti interessati a sabotare le relazioni tra Italia ed Egitto. Lei ritiene che ci fosse un interesse di qualcuno a sabotare questi rapporti?

  CLAUDIO DESCALZI, amministratore delegato di ENI S.p.A. Cerco di rispondere unitariamente a tutte le domande perché in qualche modo sono connesse tra loro.
  L'Italia nel 2014 era probabilmente il Paese di riferimento dell'Egitto, Paese molto popolare e importante al quale però, in quel momento specifico, sicuramente noi italiani eravamo i più vicini. Adesso la situazione è diversa perché c'è stata un'evoluzione fra Nord-Africa e Medio Oriente e l'Egitto è il cardine e la cerniera fra il Nord-Africa e il Medio Oriente, ha uno degli eserciti più importanti e quindi conta molto nel mondo Pag. 6arabo, e, adesso, non solo nel mondo arabo, ma anche con la parte OECD (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Con tutta la parte atlantica i rapporti sono completamente diversi e quindi c'è stata un'evoluzione: questo non tanto per demerito dell'Italia, perché un'evoluzione ci sarebbe comunque stata, nel senso che l'Egitto, non solo dopo Zohr, è diventato sempre più interessante, anche se non sono mancati i problemi. Ricordiamoci, ad esempio, la Primavera araba, i problemi a Suez, il crollo del prezzo del petrolio, il crollo del prezzo del gas. L'Egitto ha vissuto un periodo non semplice come tutti i grandi Paesi produttori, però nell'evoluzione a livello internazionale, direi proprio con l'avvento di Al-Sisi, c'è stata una grande apertura verso est, verso ovest, verso nord e verso sud, diventando quindi baricentrico. Per rispondere all'ultima domanda, direi che questa è stata una naturale evoluzione di una politica egiziana molto più aperta a livello internazionale.
  Cosa penso del caso Regeni? È molto difficile esprimere delle valutazioni personali perché, in primo luogo, non ho tutti gli elementi, poi perché è un caso così tragico, così difficile, così complesso che ogni valutazione personale o è male interpretata o può essere distorta o può essere menzognera, nel senso che quando si parla di una cosa che non si conosce fino in fondo si dice un po' una menzogna perché si dà una interpretazione soggettiva e in un caso così tragico, pensando alla famiglia e a tutto quello che è successo, le valutazioni personali e soggettive secondo me sono inopportune. Per tutte le cose importanti – nel mondo dell'energia, del climate change, della sostenibilità e nel mondo giudiziario – tutte le valutazioni personali e puramente soggettive sono estremamente pericolose, perché possono orientare il pensiero e deformarlo quindi preferirei non dire cosa penso perché diventerebbe solo una cosa mia e una cosa mia rappresenta solo me stesso e siccome non conto assolutamente nulla – come me stesso non come CEO dell'ENI – preferisco non dirlo.
  Per quanto riguarda la competizione, la competizione c'è. Tutti i successi esplorativi di ENI negli ultimi dieci anni, il fatto che l'Egitto, i Paesi del Medio Oriente, del Nord-Africa e dell'Africa subsahariana ci chiamino per poter sviluppare o per poter esplorare crea una competizione, come c'è sempre stata, però non penso che questa competizione poi possa essere giustificata o sfociare in eventi di questo tipo. È facile pensarlo, non penso che però sia giusto pensarlo. Penso che nel caso Regeni sia corretto andare su fatti oggettivi, fare analisi, come quelle che la magistratura e la vostra Commissione stanno facendo in modo molto approfondito e molto serio, e cercare di filtrare le sensazioni e le percezioni da quelli che sono gli elementi. Gli elementi di verità possono essere studiati in Italia, possono essere intravisti in Italia, ma devono provenire e risultare dall'Egitto. L'Egitto deve dare una versione giusta, credibile, oggettiva. Ha cercato di farlo? Non so, non sono entrato nei fatti specifici. Penso però che la cosa migliore sia proprio che a livello di Commissione, a livello giudiziario, a livello diplomatico si continui a insistere per capire cosa sia successo. È un nodo fondamentale. Questo nodo deve essere sciolto per poter riprendere un rapporto normale di amicizia, come c'è sempre stata, con l'Egitto, Paese fondamentale nel contesto arabo e mediterraneo. Siamo un Paese importantissimo nel Mediterraneo. È un obiettivo che non deve essere solo formale e vedo che per voi non è formale ma sostanziale, e deve essere perseguito con grande oggettività.
  Credo di aver espresso il mio pensiero.

  PRESIDENTE. Volevo chiederle di fare delle valutazioni, in questo caso non di carattere personale, rispetto alla sua competenza su alcune questioni.
  A suo avviso, le relazioni politiche bilaterali causate dalla morte di Giulio Regeni possono avere influenzato i rapporti commerciali italo-egiziani, in particolare gli interessi dei grandi gruppi come quello da lei diretto, in un settore particolarmente sensibile? Il caso Regeni ha determinato un problema nei rapporti tra ENI e l'Egitto?
  In secondo luogo, le chiedo se la condizione di violazione dei diritti umani e di repressione nei confronti della società civile in Egitto a suo avviso, anche proprio in base alla valutazione che faceva lei sulla sua rilevanza strategica, non rischia di minare la stabilità del Paese nel medio-lungo periodo.Pag. 7
  La terza domanda riguarda alcune sue dichiarazioni rilasciate nel marzo del 2016, nell'immediatezza dei fatti dopo la morte di Giulio Regeni, secondo cui le risposte che la famiglia Regeni attendeva erano risposte importanti anche per voi perché il rispetto di ogni persona è alla base del vostro operare in quanto siete impegnati nello sviluppo del Paese. Pertanto, riponevate fiducia nel lavoro che si stava facendo da parte dei governi sia quello egiziano sia quello italiano, assicurando al contempo il massimo sforzo affinché tutta la verità venisse fuori perché non sarebbe stata possibile alcuna zona d'ombra tra i due Paesi. A più di cinque anni di distanza da queste sue affermazioni, le chiedo se nutre ancora la stessa fiducia rispetto alla possibilità di arrivare a eliminare quella zona d'ombra che ancora esiste nel rapporto tra Italia ed Egitto e se ci può illustrare quali sforzi sono stati compiuti da ENI in questa direzione.

  CLAUDIO DESCALZI, amministratore delegato di ENI S.p.A. Rispondo sull'ambito commerciale e sulle azioni tra Italia ed Egitto. Il caso Regeni e il fatto che da cinque anni ci siano stati indagini, rapporti, momenti difficili e momenti in cui sembrava, leggendo dai giornali, che la situazione potesse risolversi e poi non si risolve, ha creato dei problemi a livello commerciale, questo è sicuro.
  Come spiegavo all'inizio, e adesso approfondisco, ENI non si trova in una situazione commerciale, non vendiamo prodotti, non compriamo prodotti, noi investiamo, prendiamo dei rischi, vendiamo tutto il gas che troviamo – almeno dal 2012 ad oggi – e comunque tutto il gas che troviamo lo vendiamo all'Egitto, questa è una cosa importante. Non è che andiamo nel Paese, sfruttiamo le risorse ed esportiamo. Tutto il gas che troviamo – e la nostra produzione è al 90% – viene venduto per dare energia all'Egitto, il quale, grazie a questo gas, ha ridotto l'utilizzo del carbone e delle biomasse e ridotto di conseguenza anche le emissioni nocive. Questo gas viene utilizzato per usi domestici e civili ma anche per usi industriali – cementifici e chimica. È importante capire che lavoriamo in Egitto con una società mista, con la società di Stato e siamo in una situazione completamente differente proprio perché non è un rapporto commerciale tipico, ma un rapporto di investimento su contratti che possono durare 20, 30 o 40 anni in ragione delle riserve del giacimento. Per quanto riguarda ENI, non abbiamo avuto contraccolpi, perché siamo noi a sviluppare quel campo e vendiamo gas Egitto su Egitto. Adesso cominceremo a esportarlo perché Damietta ha ripreso. In questo periodo, proprio per essere praticamente quasi una compagnia di Stato – nel senso che lavoriamo con la compagnia di Stato – amiamo dire che abbiamo il double flag, nel senso che nel nostro perimetro c'è una bandiera italiana ma anche una bandiera egiziana.
  Abbiamo, almeno, io, ho sempre ribadito con le mie controparti, anche a livello di Presidente, l'importanza di chiarire questa situazione, proprio per i rapporti che ci sono fra Egitto e Italia e per quello che rappresentano l'Italia e l'Egitto nel Mediterraneo. Sono due Paesi che devono rappresentare un momento di stabilità in una situazione di non stabilità, dovuta non solo alla Primavera araba ma anche ai profughi e ai migranti a questi flussi di persone che per povertà o per violazioni di diritti umani si spostano dal sud al nord, proprio perché ci sono potenziali diversi e in natura si cerca l'equilibrio, quindi chi non ha va verso chi ha. Egitto e Italia hanno un ruolo fondamentale. Il caso Regeni è un importante nodo da sciogliere proprio per creare quella stabilità anche a livello mediterraneo e che va ben oltre il rapporto commerciale fra due Stati, va oltre. Italia ed Egitto sono due Paesi guida della stabilità nel Mediterraneo. Queste cose ho detto e ribadito ogni volta.
  Il potere politico e il potere giudiziario sono diversi da quello che può avere il capo di una società che non è mia, io non sono il proprietario dell'ENI, io devo gestire e amministrare. E questo conta perché tutto quello che non è tuo, lo devi gestire e amministrare con grande senso di responsabilità per non distruggere una società che è un patrimonio italiano con il 70% in borsa in Inghilterra, negli Stati Uniti, in Francia e in Germania, ma il cui 30 per cento è patrimonio del nostro Paese e quindi ogni passo deve essere prudente.Pag. 8
  Se non avessi fatto la scoperta di Zohr e altre scoperte probabilmente non avrei avuto questo slancio per parlare in modo molto chiaro, però questo mi ha permesso di parlare in modo in modo chiaro e oggettivo, sicuramente in amicizia con l'Egitto, ma da italiano. Sono stato ascoltato? Non lo so. Ogni volta il Presidente o il ministro capivano la situazione e assicuravano la massima disponibilità, però io lì mi fermavo e penso di aver già giocato un ruolo che probabilmente altri capi-azienda per non nuocere non avrebbero giocato. Direi che sono stato molto determinato, però poi mi sono fermato perché non potevo fare altro che questo. Penso di aver risposto a tutte le vostre domande

  PRESIDENTE. C'era solo la domanda sulla stabilità del Paese, visto che fate analisi di rischio.

  CLAUDIO DESCALZI, amministratore delegato di ENI S.p.A. Noi le facciamo su tutti, siamo in 64 Paesi. Ci sono Paesi più o meno stabili, anche in ambito OECD, anche perché ci sono varie accezioni di stabilità. C'è la stabilità finanziaria, la stabilità contrattuale, la stabilità fiscale e così via. Sono d'accordo sul fatto che se i diritti umani non vengono rispettati si mina la stabilità di un Paese. La stabilità di un Paese viene minata da tanti fattori: dai diritti umani, dalla povertà, dalla mancanza di accesso all'educazione, dalla crescita e dallo sviluppo, dall'attenzione alle persone. La mancanza di attenzione alle persone è una parte dei diritti umani.
  Vi ricordo che le nostre valutazioni sono interne ma ci basiamo su analisi esterne. Per fare le valutazioni definiamo il discounted cash flow quindi il flusso monetario a lungo termine, diamo degli hurdle rate quindi il WACC del Paese più il rischio, per capire quale deve essere il costo del denaro, quale deve essere l'internal rate of return quindi il ritorno sul capitale investito in funzione del rischio. Tali analisi sono svolte da componenti terze.
  L'Egitto, in questa analisi terza che poi noi valutiamo, non è sicuramente fra i più rischiosi del nostro ranking. C'è una stabilità dal punto di vista dei rapporti e dei contratti e dal punto di vista dei pagamenti. Questa è un'altra cosa importante. In passato l'Egitto ha avuto sempre un circolante molto elevato, cioè pagamenti ritardati, ma ormai da 4-5 anni i pagamenti vengono fatti nell'anno, regolarmente, e i contratti vengano rispettati. Però sono d'accordo che se i diritti umani – e in questo caso analisi terze non portano a questa definizione – non vengono rispettati si innescano delle implosioni all'interno dei Paesi. Questo oggettivamente è vero, in Egitto come in tantissimi altri Paesi.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Se non vi sono obiezioni, passerei alla seduta segreta, perché alcune domande fanno riferimento a documentazione riservata. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e della web-tv.

  (La Commissione prosegue in seduta segreta)

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e della web-tv.

  (La Commissione riprende in seduta pubblica)

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di intervento, ringrazio molto il dottor Descalzi per la sua disponibilità e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.30.