XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni

Resoconto stenografico



Seduta n. 14 di Mercoledì 22 luglio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 

Audizione del professor Enzo Moavero Milanesi, già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Governo Conte I):
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 
Moavero Milanesi Enzo , già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 4 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 7 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 7 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8 
Moavero Milanesi Enzo , già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 8 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 9 
Ungaro Massimo (IV)  ... 9 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 9 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 9 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 9 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 10 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 10 
Moavero Milanesi Enzo , già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 10 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11  ... 11  ... 11

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERASMO PALAZZOTTO

  La seduta comincia alle 14.15

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso, nonché via streaming sulla web-tv della Camera, come convenuto in sede di Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Audizione del professor Enzo Moavero Milanesi, già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Governo Conte I).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del professore Enzo Moavero Milanesi, già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Governo Conte I).
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta, sia a richiesta dell'audito sia dei colleghi che formuleranno quesiti od osservazioni. Ricordo, altresì, ai colleghi la prescrizione di indossare la mascherina, mentre consentirò di prendere la parola senza, avendo assicurato la necessaria distanza grazie alla dislocazione dei posti e alla sanificazione dei singoli microfoni.
  Ringrazio, a nome di tutta la Commissione, il professor Enzo Moavero Milanesi, già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale nel precedente governo, per aver accettato l'invito a intervenire in audizione,
  L'odierna audizione fa seguito a quella svolta la settimana scorsa dal ministro in carica Luigi Di Maio e sarà seguita domani da quella dell'ex ministro Angelino Alfano, nell'ambito del ciclo delle audizioni di coloro i quali sono stati in successione alla guida della politica estera italiana, fino a risalire all'epoca dei fatti, che la Commissione sta svolgendo.
  Come noto, la delibera istitutiva di questa Commissione parlamentare di inchiesta sancisce il compito di «verificare fatti, atti e condotte commissive e omissive che abbiano costituito o costituiscano ostacolo, ritardo o difficoltà per l'accertamento giurisdizionale delle responsabilità relative alla morte di Giulio Regeni».
  L'audizione del professor Moavero Milanesi, che ebbe modo di recarsi al Cairo in visita nell'estate del 2018, rappresenta quindi per la Commissione un tassello essenziale nell'opera di ricostruzione dell'intreccio tra la dinamica dei rapporti italo-egiziani e l'accertamento della verità sulla morte di Giulio Regeni, al fine di verificare la portata della pressione diplomatica esercitata ovvero esercitabile.
  È quindi di assoluta priorità per questa Commissione conoscere le istruzioni che sono state impartite alla nostra ambasciata al Cairo e approfondire le conseguenti azioni che i governi hanno in successione intrapreso per tutelare la credibilità internazionale dell'Italia e per onorare le promesse fatte all'opinione pubblica e alla famiglia Regeni. In tale ottica, acquista rilevanza l'andamento della cooperazione giudiziaria che ha conosciuto alti e bassi rispetto ai quali questa Commissione è chiamata a individuare cause e responsabilità. Ciò anche alla luce della stridente asimmetria con Pag. 4il carattere di partner strategico nel bacino mediterraneo accordato all'Egitto con specifico riferimento allo scenario libico, in cui peraltro si assiste a una preoccupante escalation della conflittualità regionale, da ultimo confermata dall'autorizzazione all'intervento militare diretto che il Parlamento egiziano ha recentemente votato.
  Prima di dare, però, la parola al professor Moavero Milanesi, credo di esprimere i sentimenti di tutti i colleghi commissari nella partecipazione al dolore della famiglia di Carmine Mario Paciolla, il cooperante italiano ritrovato morto in Colombia, dove lavorava presso la missione ONU di San Vicente de Caguan. Sia alla Camera sia al Senato sono stati depositati vari atti di sindacato ispettivo per sollecitare il Governo a un'immediata azione per la ricerca della verità sulla tragica vicenda. Come è stato ed è per Giulio Regeni, le istituzioni hanno il dovere di compiere ogni sforzo perché sia resa giustizia a una generazione di giovani cittadini del mondo che si impegna nella promozione del dialogo e della cooperazione allo sviluppo.
  Do quindi la parola al professor Moavero Milanesi per la sua relazione.

  ENZO MOAVERO MILANESI, già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Ringrazio il presidente e i commissari.
  L'assassinio di Giulio Regeni è un delitto orrendo. Ci ha colpiti tutti per l'efferatezza, perché contrasta con quegli ideali di dialogo e di libertà che vorremmo fossero sempre rispettati e per le visibili difficoltà a conseguire l'obiettivo della punizione dei colpevoli da parte della giustizia. Di fronte all'immenso dolore della famiglia dei genitori, che incontrai su invito del Presidente Fico nel luglio 2018, è doveroso ricercare la verità, aiutare e garantire il corso regolare della giustizia. Questa è stata la linea costante e comune del Governo nel quale sono stato ministro degli esteri, per quanto è di mia conoscenza diretta.
  Dalla scomparsa di Giulio Regeni sono cambiati molto e rapidamente i rapporti fra Italia ed Egitto. Erano storicamente intensi, si sono compromessi e notevolmente ridotti. Non ho dubbi che dal 2016 ci sia – quantomeno è stata sempre questa la mia lettura, la mia convinzione – una vera e propria barriera a un'eventuale normalizzazione: e la giustizia per Giulio Regeni ne rappresenta la condizione.
  Le sollecitazioni a collaborare e la richiesta esplicita di giustizia sono sempre state presenti, quale primo punto, in ogni mia interlocuzione con le autorità egiziane; di conseguenza queste erano anche le istruzioni ai valenti diplomatici della Farnesina. Devo precisare che, spesso, nelle interlocuzioni sono state le medesime autorità egiziane che hanno evocato detti punti per prime. Questa priorità italiana è stata segnalata in ogni occasione, anche europea o internazionale. Nel corso dei mesi, quale ministro degli esteri, ho sentito le autorità egiziane affermare la stessa determinazione. Tuttavia, i risultati non sono arrivati, non sono visibili nel modo che vorremmo.
  La collaborazione tra le procure, dopo fasi alterne, si è sostanzialmente arenata (era ancora procuratore generale in Egitto il signor Sadek) a valle di fine novembre e inizio dicembre 2018 – a fine novembre vi furono l'ultima riunione al Cairo e l'iscrizione sul registro degli indagati della Procura di Roma di cinque appartenenti al Dipartimento di sicurezza egiziano – e di fine di aprile e inizio maggio 2019, data dell'ottava rogatoria della Procura di Roma, che non ricevette una risposta adeguata, da quanto comprendo, tuttora non pervenuta.
  E ciò, malgrado i solleciti. Segnalo in particolare che, a partire dall'ottava rogatoria del 30 aprile 2019, consegnata il 2 maggio successivo, l'ambasciatore Cantini, su precisa istruzione, incontrò praticamente ogni mese le autorità egiziane, il procuratore, il Viceministro dell'interno e altri per sollecitare riscontri, che non ci furono. Del resto, sono arrivati solo di recente e successivamente alla fine del Governo Conte I, nell'ottobre 2019, dopo la lettera che a inizio ottobre scrisse il procuratore della Repubblica di Roma, allora facente funzioni, Michele Prestipino Giarritta, invitando nuovamente (il da poco nominato procuratore generale egiziano al-Sawi) a organizzare una riunione e a collaborare.Pag. 5
  Durante il periodo in cui sono stato ministro degli esteri, le esplicite istruzioni in Farnesina, in particolare alla segretaria generale, all'ambasciatore al Cairo e a chiunque altro avesse maggiori occasioni di contatto con l'Egitto, sono state di mantenere costanti aggiornamenti con la Procura di Roma e di assicurare ogni assistenza. Per esempio, questo è avvenuto in occasione dell'organizzazione dell'ultima, poi purtroppo deludente, riunione di fine novembre 2018; più che deludente assolutamente infruttuosa.
  Nell'ambito di questa azione, segnalo una riunione avuta con l'allora Procuratore della Repubblica di Roma, dottor Pignatone, il 24 luglio 2018, per preparare la missione che mi accingevo a fare al Cairo e che avverrà, come sapete, a inizio agosto. Un secondo elemento che segnalo è il formale supporto, anche pubblico – ci fu un tweet formale dalla Farnesina – per sostenere l'ottava rogatoria. Il tweet può sembrare abbastanza ovvio, ma in realtà, nel corso del mio periodo in Farnesina, eravamo «parsimoniosi» nelle comunicazioni, quindi quelle che venivano fatte avevano una ragione, un loro motivo formale. Poi, in ciascuna occasione utile, a cominciare dagli incontri bilaterali, è sempre stata confermata la necessità di garantire questa collaborazione tra le procure. Ricordo la riunione con il ministro degli esteri egiziano, Shoukry, durante la missione al Cairo. Lui parlò di un impegno senza precedenti da parte loro e di una volontà di collaborare; nel colloquio con altre autorità egiziane (sempre al Cairo) dissero anche che era necessario avere «pazienza». Naturalmente il tempo ha un limite anche rispetto alla pazienza.
  Per quanto riguarda i contesti più salienti del mio mandato di ministro degli esteri e prima di soffermarmi in maniera più precisa sulla missione al Cairo, vorrei ricordare che quando il Governo Conte I si insedia, il 1° giugno 2018, c'era appena stata a fine maggio una riunione, la penultima, fra le procure di Roma e del Cairo. In precedenza, a gennaio 2018, nel semestre che precede l'entrata in carica del Governo Conte I, ci fu un discorso del presidente al-Sisi, all'inaugurazione del giacimento di gas di Zohr, in cui parlò della necessità di assicurare giustizia per Giulio Regeni. Quando (aprile 2018) il presidente al-Sisi si era insediato per il secondo mandato, aveva ricevuto un messaggio di congratulazioni dal nostro Presidente della Repubblica, che aveva ricordato anche la necessità di garantire il seguito della collaborazione giudiziaria.
  Venendo ai momenti più rilevanti da me vissuti quale ministro, il primo è la missione al Cairo (4-6 agosto 2018) di cui tra breve darò maggiori dettagli. Il successivo è alla riunione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York il 26 settembre 2018: ho un colloquio con il ministro degli esteri egiziano Shoukry, mentre aspettavamo nell'anticamera della stanza dove si svolgeva una riunione tête-à-tête tra il nostro Presidente del Consiglio e il Presidente al-Sisi e in quell'ambito, ho sottolineato ancora una volta quanto fosse fondamentale, a oltre un mese da quanto ci eravamo già detti al Cairo, procedere sulla via della giustizia; ricevendo le consuete assicurazioni, con l'aggiunta dell'elemento della 'pazienza', evocato dal ministro degli esteri per la prima volta.
  Altro contesto significativo è la Conferenza a Palermo per la Libia. Siamo nella giornata del 13 novembre 2018 quando si svolge la riunione delle due delegazioni, italiana ed egiziana, dopo una bilaterale a quattr'occhi del Presidente del Consiglio Conte con il Presidente della Repubblica al-Sisi; durante la riunione si parla in maniera esplicita dell'assoluta necessità di far progredire la collaborazione fra le procure, di superare l'inconcludenza che c'era stata fino a quel momento e di proseguire meglio. L'occasione della Conferenza di Palermo è molto importante perché tocca il profilo – a cui ha fatto riferimento il presidente di questa Commissione – relativo al quadro generale, «strategico» del Mediterraneo. Dopo, ricordo che sul finire di novembre 2018, nei giorni 22 e 23, si tiene a Roma, come ogni anno, la Conferenza dei cosiddetti MED Dialogues, ma a differenza degli anni precedenti, il ministro degli esteri egiziano non venne.Pag. 6
  Ulteriore momento saliente a fine novembre 2018, a valle dell'infruttuosa riunione tra le procure: il Presidente della Camera Fico comunica la decisione di interrompere i rapporti fra i Parlamenti (italiano ed egiziano). Segue una reazione aspra da parte del Parlamento egiziano, a seguito della quale io convoco formalmente – convocazione formale dal Ministro – l'ambasciatore egiziano a Roma. Voi sapete che nelle prassi diplomatiche questo è un atto importante; convocare l'ambasciatore dal Ministro è sostanzialmente il livello più elevato per presentare un punto di vista del governo. In quell'occasione faccio presente che non potevamo accettare le reazioni e le parole uscite dal Parlamento egiziano, pur con tutto il rispetto di quel Parlamento. Così come la riunione infruttuosa fra le procure poteva essere riparata solo da una collaborazione finalmente intensa, per superare i nodi e gli ostacoli che sembravano averla bloccata; come peraltro rimase anche per i mesi successivi.
  Sempre fra i contesti di rilievo, cito la riunione del Consiglio di associazione Unione europea – Egitto del 20 dicembre 2018. Quella volta, su nostro impulso e nostra iniziativa, nel documento finale della posizione dell'Unione, si trova un richiamo molto preciso che invita le autorità egiziane a far luce, senza indugi, sulle circostanze della morte del cittadino italiano Giulio Regeni e del cittadino francese Eric Lang, identificando e perseguendo chi si è reso responsabile di tali reati esecrabili, cooperando pienamente con le autorità di giustizia degli Stati membri interessati. Questa è l'occasione più formale e dunque più efficace, quanto meno in linea di principio, in cui la questione di Giulio Regeni viene posta come punto esplicito a livello UE.
  Nel febbraio del 2019, c'è il vertice Unione europea – Lega araba a cui partecipa il Presidente del Consiglio, che ha un incontro bilaterale con il Presidente egiziano al-Sisi; alla conclusione è emanato un comunicato congiunto che esprime volontà di giustizia, benché nella conferenza stampa, separata dal contesto bilaterale italo-egiziano, il Presidente al-Sisi faccia stato della necessità per l'Europa di comprendere le differenti sensibilità su questioni come i diritti umani.
  Il 22 marzo 2019 abbiamo un'ulteriore opportunità e la utilizziamo: alla 40esima sessione del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite, nell'intervento dell'Unione europea si menziona con chiarezza la necessità di avere giustizia per Giulio Regeni.
  Infine, ci sono alcune circostanze di carattere più informale, a latere di eventi diversi – il vertice Italia-Tunisia, a Tunisi; il vertice delle «Due rive del Mediterraneo», a Marsiglia – in cui ho modo di fare presente a ministri degli esteri di altri Stati della riva sud del Mediterraneo che noi comprendiamo il ruolo strategico dell'Egitto nell'area, ma consideriamo una fondamentale precondizione per rapporti normali che sia resa giustizia per Giulio.
  Vi riferisco adesso della missione al Cairo del 4-6 agosto 2018, una missione articolata, con incontri di vario genere che aveva anche l'obiettivo di comprendere, oltre alla posizione delle autorità, il più generale sentimento in Egitto nei nostri confronti. Devo dire, sotto questo profilo, senza entrare in dettagli che comunque sono disponibile a fornire, che ho constatato in personalità non facenti parte dell'establishment governativo dell'Egitto una forte simpatia nei confronti dell'Italia e del popolo italiano, una comprensione, una solidarietà di fronte alla tragedia specifica di Giulio Regeni e una condivisione del desiderio di giustizia.
  Il primo colloquio ufficiale che ho avuto è stato domenica 5 agosto, all'inizio della missione, con il Presidente egiziano al-Sisi. L'incontro si svolge con le due delegazioni ed è quindi in loro presenza che lui stesso si riferisce immediatamente all'uccisione di Giulio Regeni. È molto netto nell'esprimere la volontà di arrivare alla verità e di assicurare i colpevoli alla giustizia tramite la cooperazione giudiziaria. Usa le parole «comune determinazione», «risolvere insieme». Da parte mia insisto sull'importanza di accelerare i tempi, di fare presto e il presidente al-Sisi ribadisce con solennità l'impegno. Gli altri temi toccati in questa riunione sono stati, inevitabilmente, la Libia e l'idea della Conferenza di Palermo, in quel Pag. 7momento ancora in fase embrionale. Parliamo delle sollecitazioni al Presidente del Consiglio Conte da parte della Francia – che aveva tenuto mesi prima una Conferenza a Parigi – e io spiego di aver proposto che la Conferenza non si tenesse a Roma, ma a Palermo, in una regione e in una capitale più vicina alla Libia. Il Presidente al-Sisi avverte di fare attenzione nell'organizzazione, perché è importante che venga bene, essendo operazioni che devono riuscire nella maniera migliore. Parliamo poi di equilibri africani, di Medio Oriente e di rapporti culturali tra Italia ed Egitto. Nell'uscire dalla riunione, ho una breve occasione ravvicinata, a quattr'occhi, in cui deliberatamente faccio solo riferimento alla necessità di giustizia e verità per Giulio Regeni e da parte del Presidente al-Sisi ricevo espressioni di comprensione e un riferimento al fatto che bisogna avere «una certa pazienza».
  L'incontro successivo è con il ministro degli affari esteri Shoukry. Abbiamo prima un colloquio a due, in cui sollevo innanzitutto la questione della necessità di una buona collaborazione giudiziaria, di arrivare a risultati, del fatto che ci rendiamo conto delle complessità, ma che dobbiamo assolutamente trovare uno sbocco. Ne ricevo rassicurazioni e peraltro, da parte sua, il ministro insiste molto sulla naturale convergenza di interessi strategici tra Italia ed Egitto, confermando comprensione per le nostre esigenze e l'importanza della buona collaborazione. Nell'incontro allargato alle delegazioni, uno dei temi più ribaditi da parte egiziana è l'importanza d'intensificare le relazioni bilaterali, che vengono qualificate molto deboli e scarse rispetto a quelle che hanno con l'Egitto altri Paesi dell'Unione Europea; e c'è la richiesta di riattivazione del Business Council. Parliamo, come ovvio, della Libia: il ministro Shoukry è cauto e mi esorta ad andare a trovare il generale Haftar (nel mese di luglio ero stato a Tripoli e andrò a Bengasi nel mese di settembre). La delegazione egiziana e il ministro evocano l'Etiopia, la questione della diga a monte del Nilo e discutiamo di migrazioni, tema importante, rispetto al quale da parte egiziana si sottolinea che dal loro territorio non partono migranti e anzi, l'Egitto ne accoglie moltissimi da altri Paesi confinanti, dando possibilità di lavoro. Parliamo di lotta al terrorismo, di conflitto israelo-palestinese e – questa volta in chiusura – vengono fatte le consuete affermazioni da parte egiziana riguardo alla giustizia per Giulio Regeni. Di tono analogo è la riunione con il primo ministro egiziano Mabdouli.
  Menziono due ulteriori incontri, un po' a cavallo tra l'ufficiale e il meno ufficiale con due personalità religiose: il Papa copto-ortodosso dell'importante comunità cristiana copta di Egitto e il Grande Imam della Moschea di al-Azhar. Devo dire che sono rimasto davvero toccato personalmente da questi due uomini di grande Fede, grande cultura e grande visione. Il Papa copto ha spiegato quanto, nelle fasi alterne, ci siano state persecuzioni della sua comunità e ha espresso profondo dolore per l'uccisione di Giulio Regeni, affermando di ricordarlo nelle sue preghiere. Il Grande Imam di al-Azhar, oltre a illustrarmi l'attività della sua università, l'unica del mondo islamico che insegna tutte le dottrine teologiche dell'Islam, non solo quelle sunnite, ma anche quelle sciite e altre, ha avuto parole specifiche – di sua iniziativa e molto toccanti nella mia percezione – nei riguardi di Giulio Regeni. Ve le riferisco, come le ho annotate nei miei appunti: ha detto che coloro che lo hanno ucciso sono colpevoli davanti a Dio, che sa chi sono e con certezza li condanna. Ha anche affermato che «una sola goccia del sangue di Giulio vale più di tutto il petrolio del mondo» e ha concluso che si tratta di «un crimine estraneo e alieno all'etica del popolo egiziano». Queste parole mi hanno colpito molto e in esse mi riconosco interamente. Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Moavero Milanesi. Invito quindi i colleghi commissari a intervenire per formulare quesiti, osservazioni o richieste di chiarimenti. Il collega Pettarin.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Ringrazio il nostro presidente, ringrazio il professorPag. 8 Moavero per essere qui con noi oggi. In primissima battuta solamente due approfondimenti, professore, anche perché purtroppo uno spunto mi è sfuggito. Volevo che lei ci approfondisse i dati riguardo alle parole estremamente importanti che da ultimo ha citato rispetto al suo incontro con l'Imam; poi l'altro punto che le chiedevo di potermi ripetere era la data esatta e il contesto più approfondito in cui lei ha avuto modo di convocare l'ambasciatore egiziano, evidenziando, io credo, la difficoltà che avevamo avuto per quanto riguarda la reazione scomposta del Parlamento egiziano rispetto all'iniziativa del nostro Parlamento di interrompere i rapporti. Grazie.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande darei subito la parola al professor Moavero Milanesi.

  ENZO MOAVERO MILANESI, già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, presidente. Per quanto riguarda le parole che ho sentito più frequentemente ripetute dalle autorità di governo egiziane, sono state quelle che confermavano una determinazione a stabilire la verità, la giustizia e la punizione dei colpevoli. Rispetto a queste parole, via via che le ascoltavo, in periodi temporali diversi – ed erano più o meno sempre le medesime – da una parte rilevavo che diventavano poco convincenti con il tempo che passava e dall'altra, le vedevo accresciute nell'enfasi di spiegare la determinazione e accompagnate da considerazioni sull'estrema complicazione delle indagini, anche per elementi che concernevano il materiale danneggiato delle basi probatorie che servivano alle indagini. Parole, nella mia comprensione, volutamente sentite.
  Le parole dei due esponenti delle comunità religiose mi sono apparse, invece, venire veramente dal cuore. Il Papa copto ha fatto riferimento al ricordo che lui portava nelle sue preghiere a Giulio Regeni e ha espresso un forte auspicio di giustizia. Un particolare forse non superfluo è che questo riferimento a Giulio è stato fatto, durante il colloquio con il Papa copto, dopo che io avevo parlato dell'impressione provata nel visitare la chiesa attigua alla sua sede, oggetto di un attentato sanguinoso qualche anno addietro. Quindi, l'atmosfera era di un legame tra due dolori nazionali, mi permetterei di dire tra i dolori di due comunità. Ancora oggi, parlarne mi colpisce.
  Per quanto riguarda il Grande Imam, è stato lui a entrare in argomento. Lo ha fatto dopo le prime frasi di benvenuto e di rapidissima illustrazione del luogo dove ci trovavamo e del senso dell'Università di al-Azhar nel mondo islamico. Vi ripeto le parole che ho conservato nei miei appunti e citato poco fa. La sua prima espressione è annotata forse in maniera più approssimativa, però in buona sostanza era: «Colpevoli davanti a Dio, che sa chi sono e con certezza li condanna». La seconda espressione, invece, è annotata con precisione: «Una sola goccia del sangue di Giulio vale più di tutto il petrolio del mondo»; la precisione è data dal fatto che l'ho confrontata con l'allora mio capo di gabinetto. La terza frase che mi ha colpito è quando ha detto «crimine estraneo e alieno all'etica del popolo egiziano». Spero, nel citare queste frasi, di riuscire a rendere l'idea del coinvolgimento emotivo di questa personalità. Io che l'avevo di fronte, l'ho chiaramente sentito nel tono di voce, diverso da quello con cui esponeva altri passaggi della nostra conversazione. Devo dire che sono stato molto contento che nel pianificare la missione avessimo inserito questi due incontri, con lo spirito di comprendere meglio il sentimento più intimo della società egiziana. Quantomeno a livello di queste due grandi personalità, la vicinanza è stata davvero commovente.
  Con riferimento alla convocazione dell'ambasciatore egiziano, confermo che avvenne il 30 novembre 2018. La riunione tra le due procure, infruttuosa e assolutamente inconcludente – e fra l'altro l'ultima – mi sembra fosse stata il 27/28 novembre e pochi giorni dopo il Presidente Fico avrebbe interrotto i rapporti parlamentari. Quindi siamo in una sequenza di: interruzione da parte della nostra Camera dei rapporti fra Parlamenti dopo l'allora ultima riunione Pag. 9delle procure, che non porta i risultati auspicati, a cui segue la reazione del Parlamento egiziano. Così, questa reazione, più la non concludenza della riunione, mi portano a convocare formalmente nel mio ufficio l'ambasciatore egiziano, al quale faccio presente i punti di cui vi ho riferito e dal quale ricevo le consuete rassicurazioni.

  PRESIDENTE. Do la parola al collega Ungaro.

  MASSIMO UNGARO. Grazie, presidente. Anch'io ringrazio l'ex ministro Moavero Milanesi per la sua relazione molto puntuale sugli eventi per assicurare giustizia e verità per Giulio Regeni. Avevo due domande da porre.
  Nei lavori di questa Commissione, ci sembra che il 2018 marchi un'inversione di tendenza dei rapporti commerciali tra Italia ed Egitto, specie in funzione delle esportazioni di armi, sulla base di contratti ovviamente intrapresi da aziende private italiane, ma comunque con l'avallo dell'UAMA, un'unità che rispondeva al Ministero che lei guidava in quell'anno. Noi pensiamo che questo potrebbe essere stato scambiato dal Cairo come una progressiva normalizzazione dei rapporti e che quindi potesse diminuire un po' la pressione sul caso Regeni. Volevo sapere il suo punto di vista su questa tematica specifica, perché le statistiche sembrano proprio rimarcare come il 2018 sia l'anno di ripresa di grandi esportazioni di armi del nostro Paese verso l'Egitto.
  Poi le faccio una domanda più su un punto di vista personale, al di fuori dal suo operato come ministro. Le chiedo se lei ritenga giusto per un Paese come il nostro autorizzare la vendita di armi, soprattutto armi da fuoco individuali, verso un Paese che sistematicamente viola i diritti umani, come abbiamo visto nel caso del nostro Giulio, e che sembra assolutamente violare anche la legge n. 185 del 1990. La ringrazio.

  PRESIDENTE. Do la parola alla collega Quartapelle.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Mi scuso se dopo le domande dovrò assentarmi, ma purtroppo mi attendono in Commissione esteri alle 15.
  Ho due domande. La prima riguarda lo snodo del 27 novembre di cui lei parlava, quando il Parlamento decide di interrompere i rapporti di collaborazione con il Parlamento egiziano in conseguenza degli incontri inconcludenti tra le procure. Io credo sia bizzarro che in un contesto in cui il Paese si è sempre mosso in modo unitario sia il Parlamento a prendere questa decisione in assenza di una decisione diversa o di un sussulto da parte della Farnesina. La mia domanda riguarda esattamente questo. Era concordata l'iniziativa o è stata un'iniziativa autonoma del Parlamento? Nel caso in cui sia stata un'iniziativa autonoma del Parlamento, come mai la Farnesina, a fronte di tante rassicurazioni di cui lei ci ha parlato, non ha fatto niente se non la convocazione formale dell'ambasciatore, a cui sono seguite le usuali rassicurazioni da parte egiziana?
  La seconda domanda riguarda la sua visita di agosto. Pochissimi giorni dopo la sua visita dell'agosto del 2018, il Governo di cui lei faceva parte autorizzò per la prima volta l'export di armi. Ora io non voglio focalizzarmi sull'export di armi in quanto tale, ma in quanto uno degli elementi per cui si riprendono le relazioni con l'Egitto. È stata una decisione importante proprio per le ragioni che prima illustrava il collega Ungaro. La mia domanda riguarda che cosa, nella sua visita e negli incontri da un lato con il procuratore Pignatone e dall'altro con le controparti egiziane, le diede l'idea che non fosse controproducente per l'inchiesta in corso riprendere questo tipo di relazioni, perché era un'apertura nei confronti dell'Egitto. Ricordo a tutti noi e a questa Commissione che il Ministero degli esteri è direttamente responsabile per le decisioni dell'UAMA; quindi immagino che all'interno del Ministero degli esteri ci fu chi chiese un parere del Ministro su questo punto. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola al collega Formentini.

Pag. 10

  PAOLO FORMENTINI. Più che una domanda il mio è un ringraziamento sentito al Ministro Moavero per quanto ha fatto su questa vicenda, per quanto si è speso. Lo abbiamo sentito davvero, è una testimonianza a tratti anche toccante, commossa, di eventi tragici, di un'uccisione veramente barbara. Noi come Lega abbiamo ribadito più volte, l'ultima volta anche durante l'audizione del ministro Di Maio – la mia posizione differisce da quella dei colleghi che sono intervenuti – che riteniamo che si debbano mantenere relazioni diplomatiche con l'Egitto e che si debbano, tanto più in un momento così drammatico per il nostro Paese in cui si rischiano tensioni sociali in una crisi economica galoppante, mantenere anche le relazioni commerciali. Ovviamente dobbiamo continuare a pretendere la verità su questi fatti tragici di cui si occupa la nostra Commissione. Lo abbiamo ribadito e continueremo a ribadirlo. Quindi volevo davvero ringraziare il Ministro anche per aver ricordato il dramma dei copti, che non si tocca e non si è mai toccato in questa Commissione, e che però esiste ed è un dramma dimenticato di cristiani perseguitati che, come in tutta l'area sud del Mediterraneo, rischiano di scomparire sotto la spinta dell'Islam estremista.

  PRESIDENTE. Do la parola al professor Moavero Milanesi per le risposte. Poi faremo un altro giro di domande in seduta segreta.

  ENZO MOAVERO MILANESI, già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, presidente. Per quanto riguarda la questione della vendita delle armi, che ricompare in più di una domanda, ricorderei alcuni elementi. Il primo è che – come voi sapete – il commercio delle armi è regolato dalla legge n. 185 del 1990, legge complessa che meriterebbe una rivisitazione o modernizzazione visti, da un lato, i diversi orientamenti e soprattutto le diverse sensibilità che si manifestano oggi nel nostro Paese nell'opinione pubblica e tra le forze politiche, e dall'altro lato, i differenti equilibri in seno al funzionamento concreto di un governo. La legge n. 185 è di poco successiva alla legge n. 400 del 1988 che, nel corso degli anni, ha portato a stabilire delle prassi di coinvolgimento della Presidenza del Consiglio, nettamente difformi da quelle che esistevano all'epoca. Questo non è un elemento estraneo alla risposta a quanto mi è stato chiesto, perché nel caso delle armi in generale e nel caso specifico delle armi all'Egitto, le decisioni sensibili venivano prese in un quadro di concerto governativo più ampio di quello degli stessi ministeri della difesa e degli esteri.
  In particolare, per quanto riguarda l'Egitto, rispondo alla parte della domanda relativa alla mia opinione personale sull'eventualità che la vendita di armi all'Egitto possa facilitare la soluzione nella ricerca della verità. Francamente non lo penso, non mi sembra che sia un elemento cruciale. Quando ho sentito le autorità dell'Egitto parlare della necessità, secondo loro, che noi intensificassimo i rapporti economici e commerciali bilaterali, così come già avveniva per altri Stati dell'Unione europea, si riferivano alle grandi infrastrutture, ai porti, alle costruzioni, allo sfruttamento energetico. Non dimentichiamo, per esempio, che il giacimento di gas di Zohr, il più importante del Mediterraneo, è in concessione all'Eni. Quindi, il discorso travalicava il segmento commerciale delle armi, estremamente sensibile ma – almeno nella mia comprensione di quanto veniva detto – meno rilevante di altri.
  Semmai i rapporti con l'Egitto vanno esaminati nel quadro degli equilibri generali di strategia mediterranea e di quelli più specifici alla difficile situazione in Libia che, pur con fasi diverse l'una dall'altra, resta sempre estremamente complicata. In quel periodo, cioè nell'arco di tempo che va dall'estate 2018 fino alla decisione del generale Haftar di muovere le sue truppe verso Tripoli (aprile 2019), esisteva la speranza di riuscire a riavvicinare le parti per compiere quell'ultimo miglio che sembrava separare dalla possibilità di tenere elezioni generali in Libia, sotto l'egida delle Nazioni Unite, che avrebbero portato a un rinnovo di governo in base al loro esito. Quindi, noi eravamo molto impegnati in quell'azione e Pag. 11cercavamo di comprendere in che misura attori terzi rispetto allo scenario libico in senso stretto (come l'Egitto) potevano agevolare o complicare. Tra l'altro è proprio in questo spirito che nasce la Conferenza di Palermo. La questione Egitto va quindi collocata in un quadro di dimensione maggiore del mero interscambio commerciale.
  Vengo al punto preciso sollevato sull'azione del Parlamento e del Governo. L'interlocuzione era in atto soprattutto fra le due procure. Per un certo periodo era ritenuta soddisfacente anche da parte italiana, secondo quello che avevo capito, in particolare nel colloquio con il Procuratore della Repubblica Pignatone. A partire da un certo punto è diventata sempre più insoddisfacente: via via che sopraggiungevano difficoltà nell'esame del materiale tecnico, via via che ci si avvicinava all'individuazione di una possibile pista da parte dei nostri magistrati e via via che si manifestava una non condivisione, un'asimmetria di percorso da parte dei magistrati egiziani. In quel contesto noi cerchiamo, come Farnesina e come Governo, di agevolare il rapporto fra le due procure. Il punto di snodo è a fine novembre, con quell'ultima riunione deludente. Ricordiamoci che, poco dopo, la Procura di Roma iscriverà sul registro degli indagati le cinque persone che riteneva responsabili, o quantomeno da indagare, per approfondire la situazione.
  Io ho sempre avuto un rapporto di stretta interlocuzione e reciproca informazione, soprattutto per le questioni relative alla giustizia e la verità per Giulio Regeni, con il Presidente Fico, però la decisione è stata una decisione autonoma del Parlamento, per quanto mi consta. Avendo tale decisione determinato le reazioni contrariate del Parlamento egiziano e, nello stesso tempo, venendo a valle della situazione di stallo che si era venuta a creare tra le due procure, mi ha portato a compiere l'azione – che non va sottovalutata perché, nella scala di efficacia, è considerata la più forte prima di arrivare a una reale pre-rottura di rapporti diplomatici – vale a dire, la convocazione dell'ambasciatore dal Ministro. Tenete conto che il più delle volte, quando si dà notizia della convocazione di un ambasciatore in Farnesina, non è dal Ministro, ma è da un direttore generale o talvolta, più raramente, dal segretario generale. La convocazione proprio dal Ministro risponde nel linguaggio diplomatico a un segnale molto riconoscibile di una netta affermazione di «disappunto» – sempre per usare un'espressione ultra-diplomatica – ma in realtà io mi sono espresso in termini di forte delusione, di attese deluse, di assicurazioni disattese e quant'altro servisse a far capire bene.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Moavero Milanesi. Se non vi sono obiezioni, passerei alla seduta segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e della web-tv.
  (La Commissione prosegue in seduta segreta)

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e della web-tv.
  (La Commissione riprende in seduta pubblica)

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Moavero Milanesi per la corposa audizione, per le informazioni che ci ha dato e per la sua disponibilità. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.40.