XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario

Resoconto stenografico



Seduta n. 87 di Martedì 17 maggio 2022

INDICE

Comunicazioni:
Ruocco Carla , Presidente ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Ruocco Carla , Presidente ... 3 

Audizione dei rappresentanti delle seguenti organizzazioni sindacali: FABI: Lando Maria Sileoni, segretario generale; First CISL: Riccardo Colombani, segretario generale; Fisac CGIL: Nino Baseotto, segretario generale; UILCA: Fulvio Furlan, segretario generale; UNISIN: Emilio Contrasto, segretario generale:
Ruocco Carla , Presidente ... 3 
Sileoni Lando Maria , segretario generale FABI ... 4 
Ruocco Carla , Presidente ... 7 
Buratti Umberto (PD)  ... 7 
Ruocco Carla , Presidente ... 7 
Lannutti Elio  ... 7 
Ruocco Carla , Presidente ... 8 
Zanichelli Davide (M5S)  ... 8 
Ruocco Carla , Presidente ... 9 
Sileoni Lando Maria , segretario generale FABI ... 9 
Ruocco Carla , Presidente ... 9 
Colombani Riccardo , segretario Generale di First CISL ... 9 
Ruocco Carla , Presidente ... 13 
Lannutti Elio  ... 14 
Colombani Riccardo , segretario Generale di First CISL ... 14 
Ruocco Carla , Presidente ... 14 
Colombani Riccardo , segretario Generale di First CISL ... 14 
Ruocco Carla , Presidente ... 15 
Zanichelli Davide (M5S)  ... 15 
Colombani Riccardo , segretario Generale di First CISL ... 15 
Ruocco Carla , Presidente ... 16 
Colombani Riccardo , segretario Generale di First CISL ... 16 
Ruocco Carla , Presidente ... 16 
Baseotto Nino , segretario Generale di FISAC CGIL ... 16 
Ruocco Carla , Presidente ... 19 
Lannutti Elio  ... 19 
Ruocco Carla , Presidente ... 19 
Baseotto Nino , segretario Generale di FISAC CGIL ... 19 
Ruocco Carla , Presidente ... 20 
Furlan Fulvio , segretario Generale di UILCA ... 20 
Ruocco Carla , Presidente ... 23 
Lannutti Elio  ... 23 
Ruocco Carla , Presidente ... 23 
Furlan Fulvio , segretario Generale di UILCA ... 23 
Ruocco Carla , Presidente ... 24 
Contrasto Emilio , segretario generale di UNISIN ... 24 
Ruocco Carla , Presidente ... 28 
Lannutti Elio  ... 28 
Ruocco Carla , Presidente ... 28

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
CARLA RUOCCO

  La seduta comincia alle 11.40.

Comunicazioni.

  PRESIDENTE. Ricordo che per ragioni di sicurezza sanitaria, il foglio firme non verrà portato dall'assistente ma lasciato a disposizione sul tavolino davanti al banco della Presidenza. Comunico che i segretari generali delle associazioni sindacali, in vista dell'odierna audizione, hanno presentato relazioni in regime libero. Le relazioni sono oggi in distribuzione e sono comunque state già trasmesse per e-mail ai commissari.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione in diretta streaming sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti delle seguenti organizzazioni sindacali: FABI: Lando Maria Sileoni, segretario generale; First CISL: Riccardo Colombani, segretario generale; Fisac CGIL: Nino Baseotto, segretario generale; UILCA: Fulvio Furlan, segretario generale; UNISIN: Emilio Contrasto, segretario generale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei segretari generali di FABI, First CISL, Fisac CGIL, UILCA, UNISIN. L'Ufficio di Presidenza della Commissione ha deliberato, anche a seguito della pubblicazione di diversi studi ed indagini nonché di segnalazioni ed esposti ricevuti, di svolgere approfondimenti sui modelli distributivi del settore bancario e sulle possibili pressioni commerciali inerenti la vendita ai clienti di prodotti finanziari.
  Nell'ultimo decennio, infatti, il sistema bancario e finanziario ha registrato significativi cambiamenti, quali, la diffusione di nuovi di modelli di business, di servizi e di prodotti, processi di riorganizzazione e di ottimizzazione delle risorse, la progressiva riduzione dei volumi dell'attività creditizia tipica in favore del sempre maggior peso dei servizi e delle attività di investimento nonché significative pressioni competitive derivanti soprattutto dal Fintech.
  Tali dinamiche pongono profili di attenzione sulla tutela del risparmio, sul corretto funzionamento del sistema bancario e finanziario nonché sul benessere lavorativo.
  Con riferimento all'odierna audizione, sono presenti i rappresentanti delle cinque associazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti bancari.
  Do quindi la parola al segretario generale della Federazione Autonoma Bancari Italiani (FABI), Lando Maria Sileoni, accompagnato da Francesco De Dominicis, Direttore comunicazione e relazioni esterne, dal dottor Andrea Urbani e dalla dottoressa Elisabetta Mercaldo, ufficio relazioni esterne, che ringrazio, tutti, per aver accettato l'invito. In vista dell'odierna audizione, il dottor Sileoni ha presentato una relazione in regime libero. Come già detto, la relazione è oggi in distribuzione ed è comunque stata già trasmessa per email ai commissari. Gli allegati alla relazione sono in visione presso l'Archivio della Commissione.Pag. 4
  Invito il Generale a svolgere la propria relazione nel termine di 15 minuti, al fine di consentire ai colleghi di svolgere osservazioni o formulare domande.

  LANDO MARIA SILEONI, segretario generale FABI. Buongiorno illustre presidente Ruocco, onorevoli deputati, onorevoli senatori. Vi ringrazio a nome di tutta la FABI, siamo da sempre il sindacato più rappresentativo dei settori Abi, Banche di Credito Cooperativo, esattoriali, con l'aggiunta dei pensionati e sfioriamo i 120 mila iscritti. Voglio ricordare che nel 1949 la FABI sottoscrisse da sola il primo contratto nazionale dei bancari. Credo che sia l'occasione giusta per un importante approfondimento sui modelli distributivi, sulle indebite pressioni commerciali, sul cambiamento del modello di business e sul ruolo sociale delle banche.
  Le indebite pressioni commerciali sono state relegate, confinate, isolate e considerate da alcuni gruppi bancari come un argomento di carattere esclusivamente sindacale, solo per la volontà politica di nascondere, invece, un problema di carattere sociale. L'ossessione delle banche è il raggiungimento dei risultati tutti concentrati nel breve termine, perché il vero obiettivo è soltanto la distribuzione di altissimi dividendi ad azionisti e fondi di investimento. Non credo che possa servire una netta separazione tra banca d'affari e banca commerciale se l'unico obiettivo è quello della distribuzione di alti dividendi. Il passaggio politico non è di poco conto, perché dopo i recenti scandali del cosiddetto «Risparmio tradito», le indebite pressioni commerciali invece di diminuire hanno ripreso forza. Alla Popolare di Vicenza sul tema del risparmio tradito facemmo delle denunce, ricevetti in cambio un processo e una richiesta di risarcimento danni per 200 mila euro. Fummo, poi, completamente assolti, ma questo dimostra come eravamo opposti a quella gestione. Voglio garantire un contributo per cercare di cambiare insieme a voi una situazione paradossale. Il mio contributo ricerca il dialogo attraverso una serie di proposte, che farò alla fine, per un miglioramento complessivo del settore bancario.
  Una delle priorità oggi è far partire dalle scuole una vera educazione finanziaria. È indispensabile far passare il messaggio che le banche si stanno rapidamente trasformando da filiale e agenzie di un tempo in negozi finanziari, con imponenti investimenti tecnologici per trasformarsi poi in una Fintech, cioè società finanziarie con poco personale e ad alto tasso di tecnologia.
  Questo per noi, presidente, è inaccettabile. È indispensabile, invece, far passare il messaggio che sempre meno credito, meno prestiti verranno erogati a famiglie e imprese, non per casualità o per negligenza o per indifferenza delle banche, ma per una precisa volontà politica da parte della Banca centrale europea. Questa decisione della Banca centrale europea parte da lontano, da quando nel 2015 il settore bancario italiano raggiunse il record di 200 miliardi di euro di sofferenze che le banche nel corso degli anni hanno dovuto svendere, per pochi euro rispetto al valore reale, a società indipendenti di recupero crediti, alcune delle quali stanno taglieggiando cittadini, famiglie e imprese con la volontà di rientrare in pochissimo tempo dei crediti acquistati dalle banche. Questa decisione della Banca centrale europea aumenta le distanze tra potere economico e finanziario, e dall'altra parte potere politico.
  Da una nostra ricerca del 2021, ripresa da tutte le televisioni nazionali e dalla stampa, è emerso che le banche ricavano di più vendendo prodotti finanziari e assicurativi rispetto ai prestiti. Quando parlo di ruolo sociale che le banche hanno da tempo trascurato, mi riferisco proprio a situazioni come queste, dove una volta la banca aveva un proprio ufficio legale che si occupava di far rientrare il credito e di salvare così il cliente, evitando fallimenti di aziende e di imprese. Oggi intere famiglie vengono spinte nelle mani dell'usura sotto la pressione di alcune società di recupero crediti. In Parlamento giace una proposta di legge per regolamentare una situazione così incresciosa che interessa, voglio ricordarlo, un milione e 200 mila soggetti. Voglio anche ricordare che quando nel 2015 le sofferenze bancarie raggiunsero la cifra recordPag. 5di 200 miliardi, la Banca d'Italia, e noi come FABI, sottolineammo che la quota maggioritaria, il 70 per cento del totale, si riferiva a grandi debitori, ad appena 39 posizioni erano riconducibili oltre 15 miliardi di sofferenze. Venne così evidenziato anche un dubbio ed equivoco sistema relazionale che concentrò a suo tempo i prestiti nelle mani di pochi soggetti.
  Nel resto d'Europa i dipendenti delle banche non subiscono certi trattamenti, e infatti sul tema del cosiddetto «Risparmio tradito» non esistono in Europa precedenti. Il ruolo sociale delle banche è garantito sì da quei gruppi bancari del Paese che indubbiamente promuovono attività di solidarietà, finanziano Onlus, fondazioni, enti di ricerca, ospedali con interventi economici importanti, donazioni, finanziamenti agevolati. Sono tutte iniziative che consentono di raggiungere importanti obiettivi sotto il profilo sociale. Questo aspetto, è un passaggio politico fondamentale, proprio per la sua importanza e delicatezza, merita una considerazione aggiuntiva e riguarda il vero valore della beneficenza rispetto al peso politico che si ottiene automaticamente in tanti ambiti. Non può passare questo messaggio, proveniente da ambienti non sindacali, messaggio che non condividiamo, che da parte di importanti organi dello Stato, ci sia una certa indifferenza verso le banche, verso le indebite pressioni commerciali sui loro dipendenti proprio perché le stesse banche tendono a intervenire economicamente dove lo Stato non riesce.
  Nel 2017 per la prima volta ABI e sindacati hanno sottoscritto un accordo sulle indebite pressioni commerciali. I risultati stentano ad arrivare e la ragione principale è una, la maggior parte degli accordi sottoscritti all'interno dei gruppi bancari, per migliorare e adattare l'accordo nazionale alle singole realtà aziendali, è stata più volte disattesa dalle stesse banche, dalle stesse aziende, che in taluni casi hanno rifiutato di garantire l'anonimato delle segnalazioni dei loro dipendenti. Politicamente le banche hanno sempre contrastato questo accordo perché non vogliono controlli da parte dei sindacati interni. In molti casi sarebbe sufficiente intervenire tempestivamente sui territori al primo accenno di indebite pressioni commerciali per risolvere almeno la metà delle situazioni. Questo non avviene.
  Un altro argomento, che sta facendo in negativo la differenza, è che nelle recenti fusioni bancarie l'effettiva integrazione tra dirigenti provenienti da gruppi bancari diversi fa nascere un individualismo sfrenato per interessi professionali e di carriera creando difficili, incomprensibili problemi di comunicazione, di prevaricazione e di rispetto verso tutto il personale. Inoltre, altro elemento sottovalutato da molti è l'ossessiva competizione che contraddistingue i rapporti fra gli stessi gruppi bancari.
  Consegno a lei presidente formalmente un dossier di centinaia di pagine, in base alle dimensioni di ogni gruppo bancario, contenente tutte le denunce, tutte le segnalazioni unitarie delle rappresentanze sindacali di base, che io condivido totalmente e integralmente, quelle che stanno quotidianamente a contatto con i lavoratori, che non sono sindacalisti a tempo pieno, ma che operano e lavorano in agenzia, in filiali a contatto con la clientela. Qui vi elenco i casi più clamorosi di indebite pressioni commerciali che, voglio sottolinearlo, hanno spesso costretto le lavoratrici e i lavoratori bancari a fare uso di farmaci oppure a ricorrere all'assistenza di psicologi e psichiatri. I casi sono numerosissimi e diffusissimi e vengono sistematicamente negati da alcuni responsabili commerciali dei più importanti gruppi bancari. Come dicevo, ecco alcuni esempi. Vengono assegnati budget di difficile realizzazione, con ritorsioni professionali e personali in caso di mancato raggiungimento, umiliazioni verbali, minacce di trasferimento, minacce di revoca delle ferie o del part time. I dipendenti vengono sollecitati più volte a inviare i report di vendita giornalieri e settimanali, e vengono richieste previsioni di vendita future sui vari prodotti. Vengono monitorati gli appuntamenti e l'agenda con la clientela attraverso la internet aziendale e i dipendenti vengono obbligati a indicare a inizio giornata gli obiettivi di vendita con successiva verifica a fine giornata. Vengono inseritiPag. 6 nuovi appuntamenti con i clienti all'insaputa dello stesso lavoratore, vengono inviati continuamente i messaggi e-mail, SMS, WhatsApp, anche con il linguaggio duro e non rispettoso delle persone. Vengono creati gruppi o chat da parte della direzione commerciale, con il solo fine di monitorare i risultati, per spingere ulteriormente le vendite. Viene fatta la rilevazione periodica e sistematica dei dati di vendita, non solo per monitorare l'andamento commerciale della banca, ma per controllare i singoli risultati con conseguente lesione della dignità personale delle lavoratrici e dei lavoratori. Vengono organizzati tornei, gare o sfide tra aree territoriali o filiali che si concludono con la pubblicazione di classifiche e pubblicazione dei dati di vendita, anche con l'indicazione dei nomi delle persone, delle filiali e delle aree di appartenenza per mettere a confronto i risultati dei dipendenti.
  La direttiva Europea MIFID (Markets in financial instruments directive) è il pilastro giuridico per la tutela della clientela bancaria alla quale vengono proposti prodotti finanziari. Per la banca dovrebbe essere fondamentale accertare che il cliente abbia capito a fondo in cosa sta investendo e soprattutto a quali rischi va incontro con un determinato prodotto o investimento. Purtroppo, molto frequentemente, i vertici dei gruppi bancari e chi dirige le reti commerciali delle stesse banche, creano meccanismi che consentono di dare alla clientela solo informazioni fuorvianti, o non precise, oppure parziali e ingannevoli, quando in realtà la direttiva MIFID impone di fornire sempre informazioni chiare e corrette. Su questa fondamentale direttiva è carente persino la formazione delle banche verso il proprio personale, che spesso avviene addirittura successivamente al lancio di nuovi prodotti.
  Quanto alla tutela del risparmio la stessa MIFID prevede un questionario per la clientela, ma i dipendenti delle banche sono talvolta obbligati a suggerire le risposte in modo da assegnare alla clientela patenti finanziarie in linea con i prodotti offerti. Capita perciò che prodotti complessi, rischiosi siano venduti a chi ha conoscenze limitate dei rischi, addirittura a chi non ha mai fatto operazioni finanziarie in passato. Insomma le banche formalmente in regola costringono i loro dipendenti a prendere altre strade, col risultato che a correre i rischi non sono solo i clienti ma gli stessi dipendenti. Questo meccanismo calpesta qualsiasi principio etico perché il motore della consulenza finanziaria è soltanto quello di fare aumentare i ricavi della banca. Sono arrivato partendo dalla MIFID all'argomento dei premi e dei cosiddetti sistemi incentivanti. Tutte le banche usano la retribuzione variabile sia per trattenere, sia per motivare i loro dipendenti. Questa è la teoria, nei fatti, i premi sono diventati, soprattutto nella rete di vendita, soltanto una spinta per far crescere proprio le pressioni commerciali. Questo succede, lo abbiamo accertato, perché gli obiettivi di vendita assegnati alle lavoratrici e ai lavoratori sono poco realistici. Spesso impossibili da raggiungere, ma rappresentano elementi poi usati per valutare il loro lavoro quotidiano. Anche i premi dovrebbero seguire i principi etici, ma quelli che vengono pubblicizzati dai vertici delle banche servono solo per fare propaganda e per iniziative di comunicazione; in realtà i sistemi incentivanti sono solo mezzi che finiscono per favorire i conflitti di interesse per distruggere lo spirito di squadra nei gruppi di lavoro e per creare disparità di trattamento tra gli stessi dipendenti. Voglio ricordare quanto ha detto il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, il 18 settembre del 2021: «L'integrità della condotta delle banche è stata messa in discussione sotto vari profili, dall'onestà dei comportamenti dei dirigenti bancari alla capacità nel gestire rischi finanziari spesso eccessivi, dall'impegno a curare gli interessi della clientela, all'attenzione al sistema di incentivi perversi connessi a premi e remunerazioni».
  Queste le nostre cinque proposte.
  Uno, i risultati commerciali condensati nel breve termine, vanno allungati nel medio lungo termine. Due, per la condivisione di sistemi incentivanti vanno coinvolti i sindacati nazionali, aziendali e di gruppo. Tre, va garantita una seria formazione di tutto il personale. Quattro, le politiche di Pag. 7vendita devono essere calibrate sulla effettiva caratteristica dei clienti. Cinque, per noi il più importante, prevedere norme di legge che consentano di controllare e sanzionare le banche inadempienti, anche quelle che non rispettano gli accordi sottoscritti con il sindacato.
  Concludo con una stupenda frase di Eraclito che si abbina in maniera esemplare al momento di oggi e alla situazione che vivono clienti e dipendenti delle banche. Eraclito, filosofo dell'antica Grecia, sosteneva: «Esiste una sola sapienza: riconoscere l'intelligenza che governa tutte le cose attraverso tutte le cose, perché l'armonia nascosta vale più di quella che qualcuno vuol fare apparire». Vi ringrazio per avermi ascoltato. Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. La relazione è stata chiara. Adesso apriamo il dibattito. Giustamente lei ha posto l'attenzione sul punto di vista che lei rappresenta, ossia quello dei lavoratori. Ricordiamo che l'effetto delle pressioni commerciali, l'effetto di una scarsa chiarezza allo sportello, ricade pesantemente sui risparmiatori e mina profondamente la tutela del risparmio che è diritto costituzionale. Questo deve essere un caposaldo e quindi, vedendolo anche dall'altro punto di vista, a maggior ragione bisogna attenzionare in maniera molto precisa questo fenomeno. Qualcuno vuole intervenire? La parola al collega Buratti.

  UMBERTO BURATTI. Grazie, presidente. Intanto ringrazio il dottor Sileoni della sua relazione così puntuale, poi sono anche curioso di vedere il fascicolo che è stato consegnato alla presidente, che comunque avremo modo poi di potere approfondire.
  Condivido il suo intervento, ma vorrei dire che potrebbe essere interessante riuscire a lavorare con voi per dare attuazione a quei cinque punti che lei ha indicato, nel senso di poter arrivare anche a definire un percorso normativo su questo, per raggiungere questi obiettivi, perché in questi cinque punti si potrebbe veramente realizzare un percorso che ci metta in condizione di fare sì che questi comportamenti, che purtroppo abbiamo verificato anche nelle situazioni negative che si sono palesate all'opinione pubblica, ma che tante volte anche noi come clienti ci troviamo a dover vivere, visto che non sempre il cliente è in grado di poter dire: «Fermati qui, ci penso io, non è necessario» e continuare in quella attività che molte volte si profila, cioè dello sportello bancario. In realtà dietro lo sportello bancario c'è questa necessità di dover vendere a tutti i costi un prodotto, poi senza entrare nel dettaglio, nello specifico di questo. Aggiungo e termino, trovo anche molto interessante, in parte già c'è attuazione, il momento formativo, partendo anche dal percorso scolastico nel quale poter dare i primi rudimenti, ma anche quelle informazioni necessarie al cittadino affinché conosca quelle realtà nelle quali, poi, potrà trovarsi nella sua vita e quindi confrontarsi con questo. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. La parola al collega Lannutti, prego.

  ELIO LANNUTTI. Grazie, presidente. Saluto il segretario generale della FABI, Sileoni. FABI è il sindacato più importante del settore bancario. E lo ringrazio in maniera particolare perché ha portato davanti a un'Istituzione quello che nessuno ha voluto vedere e che è sotto gli occhi di tutti da decine di anni. Voglio solo ricordare, forse l'ho detto anche qualche altra volta, che questi sistemi incentivanti sono quasi di natura criminale, ossia impiegati bancari – e io ho lavorato in banca – sono incentivati a vendere prodotti, truffaldini spesso, ai vecchi, alle famiglie e in questo decalogo si è già visto quello che accade: se non si seguono quelle condotte si viene trasferiti. Il segretario generale Sileoni l'ha detto. Ricordo che quando c'era un signore che si chiamava Fiorani, ve lo ricordate? Banca popolare di Lodi, il bacio in fronte, vi ricordate? Quando c'era quel Governatore che forse rispetto agli altri, il governatore Fazio, rispetto a quelli che sono arrivati dopo, e io sono stato un suo accanito avversario, forse bisognerebbe rivalutare. Fiorani metteva in palio ai lavoratori che vendevano più prodotti finanziari truffa, Pag. 8addirittura, come primo premio, una Ferrari Testarossa. Noi abbiamo fatto tantissime denunce, io quindi concordo in pieno, conosco la serietà anche del segretario Lando Sileoni, vecchio sindacato, ha festeggiato anche qualche anno fa un anniversario importante. L'unica cosa su cui dissento dal segretario Sileoni è questa: che il governatore della Banca d'Italia, Visco, venga a dare lezioni di etica a chi è stato truffato, al «Risparmio tradito», gli ultimi 20 anni sono stati contrassegnati da una serie di truffe, di crac finanziari e industriali. Solo il Monte dei Paschi, 65,7 miliardi di buco. Che venga a dare lezioni lui, quando viene a dire l'integrità, la condotta? Lui viene a dare lezioni a noi? Lui che dopo i crac ha detto: «Bisogna fare l'educazione finanziaria», quasi come fosse chissà cosa, è come dire a uno scippato: «Guarda tu non ti sei difeso, non hai il porto d'armi», è la stessa cosa. Il «Risparmio tradito» è anche frutto delle condotte omissive della Banca d'Italia e della Consob, di chi di doveva vigilare e non lo ha fatto.
  Quindi io ringrazio il segretario Sileoni per il coraggio, perché qui carta canta. Un'altra critica e poi mi taccio. Qualche anno fa io avevo proposto – ho fatto parte anch'io del sindacato, Organizzazione sindacale dei bancari – di inserire nei contratti collettivi nazionali di lavoro, in quelli integrativi, condotte che servissero a fare in modo che il lavoratore venisse tutelato. Io se so che questo prodotto è truffaldino non te lo vendo e non posso essere licenziato, non posso essere trasferito, non posso essere mobbizzato. Quindi faccio ancora la proposta, lo farò anche alle altre organizzazioni sindacali, sui contratti collettivi di lavoro credo che ci siano, anche in quelli integrativi, spazi per poter tutelare i lavoratori che voi tutelate. Grazie segretario Sileoni, grazie presidente.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. La parola al collega Zanichelli, prego.

  DAVIDE ZANICHELLI. Grazie presidente, grazie dottor Sileoni. Sono andato a rivedere le situazioni da stress da lavoro correlato nel settore bancario e in particolare in quello commerciale, perché probabilmente non tutte le mansioni hanno le medesime criticità. Su cento lavoratori, venti sono nel settore bancario. Probabilmente sia perché le pressioni sugli aspetti dei ricavi commerciali sono quelle che sono, e la competizione si gioca sugli aspetti commerciali, sia anche perché gli aspetti distorsivi sul credito, che alla fine incidono sui costi, devono essere in qualche maniera coperti con maggiore audacia, chiamiamola così, con un eufemismo, sulle pressioni commerciali. C'è anche l'aspetto di competizione, sempre nel settore bancario, che è legato al Fintech. In fin dei conti le banche devono cercare di mantenere il loro ruolo in un settore in cui, più che la competizione con le altre banche, che sicuramente c'è, c'è anche un mondo che sta avanzando e ha dei meccanismi, dei metodi e dei costi totalmente diversi. Tra l'altro fa anche pensare che a un certo punto queste metodologie distorte di pressione sui dipendenti per la collocazione di prodotti, che fanno leva sullo stress dei dipendenti, sono totalmente all'antitesi rispetto alle discipline o comunque alle metodologie che nuove società hanno, legate alla digitalizzazione, al telelavoro da remoto, alla valutazione anche delle prestazioni di un collaboratore sulla base dei risultati, ma in maniera sana e soprattutto sul benessere. E arrivo alla domanda. Come si può fare, perché da un lato si può ovviamente magari agire inasprendo sanzioni, come l'ultimo punto che lei ha suggerito, però provo a sollecitarla al contrario. Dal punto di vista delle politiche economiche si è fatto molto nella corsa al rialzo, ad esempio sulle ESG in cui a un certo punto si è cercato di mostrare all'investitore la virtuosità di certi comportamenti e l'etica di certi atteggiamenti. Allora, oltre ovviamente a sanzionare chi ha comportamenti chiaramente distorsivi rispetto ai propri dipendenti, come si può fare in modo che invece venga premiata l'etica? Venga premiato chi tratta i propri collaboratori in modo più sostenibile, più adeguato e ovviamente più rispettoso? In modo tale che non ci sia una corsa al ribasso, ma una corsa al rialzo. Grazie.

Pag. 9

  PRESIDENTE. Bene, io non ho altri interventi. Se il dottor Sileoni vuole aggiungere qualcosa.

  LANDO MARIA SILEONI, segretario generale FABI. Sì, grazie. Molto brevemente, ringrazio per l'attenzione che mi avete rivolto. Noi volevamo oggi raggiungere un obiettivo: non è un argomento di carattere sindacale, ma è diventato un argomento di carattere sociale. Questo deve essere chiaro a tutti, noi parliamo a voi come se dovessimo parlare a tutti i cittadini, perché voi rappresentate i cittadini. Noi rappresentiamo i lavoratori in banca, ma voi rappresentate i cittadini, e i messaggi che passano all'esterno spesso sono messaggi manipolati e talvolta sono poco chiari nella loro specificità. Dico questo perché è chiaro che, per rispondere per esempio all'ultima domanda, finché gli alti dirigenti avranno budget individuali, io parlo del primo livello del gruppo dirigente, quello che sta sotto l'amministratore delegato e anche del secondo livello del gruppo dirigente, ma quelli che hanno responsabilità di area, di zone e che devono deliberare, che hanno autonomia nella loro attività professionale, finché ci sono dei budget individuali, assegnati a loro, quella proposta che fa lei che capisco, che apprezzo, non potrà mai essere raggiunta. Mentre per come stanno andando le cose, per evitare altri scandali, come quello delle due Banche Venete e delle quattro Banche, è necessario un sanzionamento. È un problema di carattere sociale che va controllato, monitorato e sanzionato. Per quanto riguarda il percorso normativo noi siamo disponibili, chiaramente, a qualunque tipo di soluzione per costruire qualcosa insieme. Noi vogliamo costruire, la nostra è una denuncia dettagliata, ma nella direzione del dialogo e della costruzione, perché io ho elencato i tanti aspetti negativi che subiscono i dipendenti. Non è lo sportello che dà le cosiddette fregature, è la banca che dà le fregature. Ma ho anche evidenziato tanti aspetti positivi che negli ultimi anni, anche le banche, nel loro cambiamento, stanno in maniera estremamente positiva attuando. Per quanto riguarda invece la proposta dell'onorevole Lannutti, noi abbiamo inserito nel contratto nazionale una norma che prevedeva due fasi per il controllo, una fase aziendale, una fase nazionale sulla vendita dei prodotti finanziari. Ma voi e noi, che conosciamo come funzionano le cose, sappiamo che se una norma non viene rispettata e non esiste il sanzionamento, la norma, poi, per essere rispettata saremmo costretti ad andare dal Magistrato, con un articolo 28 antisindacale, che mantiene in piedi l'argomento, che non lo risolve, che condanna pure la banca, ma noi vogliamo portare a casa dei risultati a favore delle persone che noi rappresentiamo. Le pressioni commerciali devono comunque sparire e l'altro elemento fondamentale è che tutto deve essere proiettato nel medio-lungo termine, perché se i bilanci delle banche, gli utili, i banchieri, i fondi di investimento degli azionisti li pretendono nel breve, queste situazioni, senza un sanzionamento, rimarranno nel tempo.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Sileoni per il contributo portato ai lavori della Commissione. Do ora la parola al segretario generale di First CISL, Riccardo Colombani, accompagnato da Domenico Iodice, coordinatore del settore contrattazione, che ringrazio per aver accettato l'invito. In vista dell'odierna audizione, il dottor Colombani ha presentato una relazione in regime libero. La relazione è oggi in distribuzione ed è comunque stata già trasmessa per e-mail ai commissari. Gli allegati alla relazione sono in visione presso l'Archivio della Commissione.
  Invito il segretario generale a svolgere la propria relazione nel termine di 15 minuti, al fine di consentire ai colleghi di svolgere osservazioni o formulare domande. Prego.

  RICCARDO COLOMBANI, segretario Generale di First CISL. Grazie presidente. Grazie a tutti i componenti di questa Commissione per questa interlocuzione, per consentire a questa organizzazione sindacale di fornire il proprio contributo riguardo a una materia sicuramente molto importante, molto delicata e anche complessa, mi riferisco ai modelli distributivi e in particolare ai modelli di servizio alla clientela, Pag. 10con specifico riferimento alla vendita di prodotti finanziari. È una materia sicuramente molto importante che è stata oggetto di attenzione da parte di questa organizzazione sindacale, da molto tempo per la verità. Cercherò di arrivare al punto per poi descrivere lo schema della relazione.
  Le pressioni commerciali ci sono, sono diffuse in tutto il sistema bancario perché semplicemente il modello di consulenza, che prevalentemente viene adottato dal sistema bancario, determina un sistema di relazione intermediario-cliente che è incentrato sulla vendita di prodotti e soprattutto sui prodotti complessi.
  Quindi per dimostrare questa tesi, parlerò di un modello di business particolare, che è il modello di banca-assicurazione, mi concentrerò sulla descrizione di un particolare prodotto finanziario-assicurativo che sono le polizze unit linked, che è un prodotto molto venduto proprio in questo schema di banca-assicurazione. Per arrivare poi a evidenziare che questo schema è uno schema generalizzato, che discende da particolari caratteristiche dei modelli di consulenza prevalentemente adottati, che incentrano la relazione non tanto sul servizio erogato dal distributore dello stesso, dall'erogatore del servizio, quanto sui prodotti finanziari, perché i prodotti finanziari di un certo tipo, soprattutto quelli complessi, hanno delle commissioni implicite che vengono lucrate tanto dalle compagnie di assicurazioni, quanto dalle banche, in termini generali vengono lucrate dai soggetti finanziari dell'industria bancaria distributiva.
  Intanto però mi preme ringraziare questa Commissione perché ha posto l'accento su un aspetto, secondo me, molto importante, quello del benessere lavorativo, che è condivisibile, questa organizzazione non può non condividere questo approccio, questa valutazione che è stata fatta da questa Commissione parlamentare d'inchiesta. Benessere lavorativo che viene considerato come condizione necessaria per perseguire il migliore interesse del cliente. Questo è un aspetto assolutamente centrale, e lo troviamo indicato già nella lettera di convocazione di questa audizione, che è una traccia di lavoro molto importante. In questa lettera di convocazione si fa proprio riferimento al benessere lavorativo, che io traduco come benessere organizzativo, come condizione necessaria per perseguire questo obiettivo fondamentale che è anche un dovere degli intermediari finanziari. Perché all'articolo 21 del Testo unico della finanza, si può leggere che gli intermediari finanziari, quindi le banche, nell'espletare i servizi di investimento sono tenute a comportarsi con diligenza, correttezza, trasparenza per perseguire il migliore interesse del cliente. Il problema è che questo migliore interesse del cliente, questa norma è oggi relegata a una norma di buone intenzioni, proprio per effetto dell'alterazione del benessere organizzativo che si trasforma in malessere organizzativo, perché l'organizzazione del lavoro non riesce a promuovere e mantenere oltre al benessere fisico anche quello psicologico e sociale di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori, quindi è un segnale importante, determinante e negativo della presenza diffusa di pressioni commerciali.
  Il modello di business della banca-assicurazione, che è un sistema molto consolidato, ultradecennale, se fosse un sistema orientato a integrare i servizi, dovrebbe soprattutto sbilanciarsi verso i prodotti ramo danni. Dico questo perché il Paese è drammaticamente sottoassicurato. Se consideriamo il totale dei premi danni sul prodotto interno lordo, nel 2020 questa percentuale è rimasta ferma al 2 per cento. In Spagna nello stesso anno il 3,2 per cento, in Francia e in Germania il 3,7 per cento. Solo il 6 per cento dei prodotti danni vengono canalizzati e distribuiti attraverso il canale bancario. La maggior parte invece dei prodotti ramo vita vengono canalizzati, e vengono distribuiti attraverso il canale bancario, oltre il 60 per cento, in alcuni anni, è stata la raccolta premi realizzata attraverso il canale bancario. Nel 2020 il gruppo Intesa San Paolo è stato il primo gruppo che è banca-assicurazione, ad avere totalizzato la maggioranza relativa dei premi ramo vita, perché i prodotti ramo vita sono più interessanti sotto il profilo commissionale. Per questo mi preme sottolineare un Pag. 11fenomeno specifico, quello delle polizze Unit, che è stato attenzionato da due autorità interessate: da IVASS, che è l'autorità di vigilanza delle imprese di assicurazione, e da Consob che è l'autorità che sovraintendente al meccanismo di relazione intermediario-cliente, e che sui prodotti finanziari assicurativi ha la vigilanza, ha la competenza. Questo non lo trovate negli allegati, è un estratto della relazione IVASS del primo luglio del 2021. Le due autorità hanno fatto una moral suasion sui primi dieci gruppi assicurativi, compagnie di assicurazione sul ramo vita che rappresentano circa l'80 per cento del mercato, analizzando i tre principali prodotti di tipo Unit.
  Le polizze Unit sono prodotti finanziari assicurativi, cioè hanno il vestito giuridico della polizza, ma nei fatti è un investimento finanziario a tutti gli effetti che non garantisce i risparmiatori, consente alle imprese di assicurazioni di non determinare alcun assorbimento del capitale e consente di lucrare grandi commissioni, laute commissioni. È proprio questo punto che è stato oggetto di attenzione da parte delle due Autorità. Si legge proprio che spesso questi prodotti hanno un doppio livello commissionale. Ci sono le commissioni di coloro che gestiscono i fondi di investimento o le Sicav, appunto l'investimento finanziario e il caricamento sui premi assicurativi. Morale, alla fine del periodo considerato come periodo raccomandato di investimento, quel prodotto non è profittevole. Questa moral suasion non ha dato effetti durante il 2020 e questo lo si legge per il fatto che quei prodotti hanno totalizzato un incremento di 9,6 punti percentuali e lo stock è aumentato fino a 196 miliardi. Lo scorso anno, il 2021, non abbiamo lo stock ma abbiamo i premi assicurativi complessivamente raccolti dal sistema che sono ammontati a 55 miliardi di euro in incremento di 37,2 punti percentuali rispetto all'anno precedente. Questo schema è possibile perché il modello di consulenza prevalentemente adottato dal sistema bancario è di tipo non indipendente. Già qui, nella definizione, si capisce bene che questo schema, questo modello di consulenza, che caratterizza poi la relazione intermediario-cliente, non è funzionale a perseguire l'obiettivo del migliore interesse del cliente, quindi non è funzionale ad adempiere a un dovere, perché quello è un dovere degli intermediari. Quando il modello è così definito e questo modello è possibile applicarlo in via opzionale dall'intermediario, che ha solo il dovere di comunicare il modello di consulenza, possiamo capire che non c'è la possibilità di raggiungere quell'obiettivo fondamentale, cioè di perseguire il migliore interesse del cliente. Da lì vengono fuori, ovviamente, le pressioni commerciali che sono incentrate su quei pochi prodotti, strumenti finanziari, che sono oggetto di commercializzazione proprio in base a questo specifico modello di consulenza. È quello che accade giornalmente da diversi anni in Italia. È questo il problema fondamentale, nodale, del sistema finanziario distributivo. Questo sta determinando degli effetti importanti in termini di contenzioso dei clienti, basta leggere le relazioni dell'Arbitro sulle controversie finanziarie, soprattutto gli effetti che stanno producendo non solamente in termini di entità dei ricorsi che vengono promossi da clienti al dettaglio, ma soprattutto delle decisioni assunte dall'Arbitro sulle controversie finanziarie che sette volte su dieci dà ragione al cliente. Ma c'è un altro elemento importante, che ben 38 intermediari finanziari non hanno seguito le decisioni dell'Arbitro sulle controversie finanziarie. Questo è un aspetto sicuramente importante, ma c'è un altro aspetto determinante soprattutto per le organizzazioni sindacali, e per questa organizzazione sindacale. Purtroppo abbiamo totalizzato negli ultimi 6 anni ben 310 procedimenti penali a carico di 263 tra le lavoratrici e i lavoratori che sono iscritti alla nostra organizzazione sindacale. Spesso si fa riferimento ai casi di «Risparmio tradito», la maggior parte sono procedimenti penali che si sono instaurati per l'azzeramento del valore delle obbligazioni subordinate di Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, ma ci sono i casi ovviamente delle due popolari venete, quindi Popolare di Vicenza e Veneto banca, ci sono i casi della popolare di Bari, ci sono i casi dei diamanti, che anche Pag. 12questa Commissione ha già trattato e sta trattando. Quindi questo è un effetto molto importante, dirompente, perché tutte le volte si va a prendere l'anello debole della catena, del modello organizzativo. Ovviamente queste persone sono incolpevoli perché sui 310 procedimenti penali instaurati, 282 si sono conclusioni con assoluzione e con archiviazione, 26 sono pendenti e due sono arrivati in appello e questo dimostra la non colpevolezza, la non commissione di reato da parte di lavoratrici e lavoratori. Ma ciò che sarebbe davvero importante è fare riferimento o fare un ragionamento sulla colpa organizzativa. Per motivi di tempo io non vi parlerò dei modelli 231, in riferimento alla responsabilità amministrativa degli enti, me lo metto qua da parte, poi, se c'è interesse su questo sono ben lieto di descrivere la nostra idea a questo proposito. Mi interessa invece soffermarmi su alcune delle tesi, delle proposte, delle provocazioni che abbiamo fatto e che troverete quindi nella relazione che abbiamo depositato, perché come correttamente scritto nella lettera di convocazione di questa audizione, la Commissione auspica una proficua collaborazione che porti a una revisione degli assetti normativi, che a nostro avviso è indispensabile per garantire il funzionamento del sistema bancario e finanziario. Perché il sistema bancario e finanziario, soprattutto oggi, in questa congiuntura particolare, nella fase di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, è un asset fondamentale che deve essere sfruttato per potere arrivare a una crescita forte, duratura e sostenibile.
  Quali sono in sintesi le proposte? Cambiare modello di consulenza, quindi trovare un'alternativa al modello di consulenza prevalente che è quello, a oggi, su base non indipendente, già la definizione ci fa capire infatti che questo modello di consulenza non può perseguire il miglior interesse del cliente, perché il numero di prodotti finanziari è ristretto a quelli che sono emessi dallo stesso distributore, erogatore del servizio o da società appartenenti al stesso gruppo bancario, oppure da partner commerciali del distributore del servizio. Ma soprattutto anche l'aspetto della remunerazione, della consulenza è importante, perché con questo modello di consulenza finanziaria su base non indipendente è possibile per chi commercializza, per la banca che vende e che colloca lo strumento finanziario ricevere degli incentivi da soggetti terzi rispetto al cliente. È la prassi in uso nel sistema distributivo finanziario.
  Quindi, se vogliamo cambiare dobbiamo necessariamente incidere su questo aspetto nodale, visto che siamo nel quadro giuridico della banca-impresa a capitale privato, la nostra organizzazione crede che lo Stato dovrebbe incentivare dei meccanismi alternativi di consulenza, sicuramente facendo pagare esclusivamente il cliente in chiaro e non con costi impliciti al prodotto. Probabilmente questo provocherebbe un abbassamento del livello commissionale complessivo, che dovrebbe magari essere oggetto di una parziale detassazione e al tempo stesso fare una campagna di educazione finanziaria nei clienti che non si rendono conto dei costi dei prodotti finanziari complessi come quello delle polizze unit che prima ho descritto e che quando si vedono in chiaro applicate a delle commissioni magari si arrabbiano. Per fare questo dobbiamo fare una campagna di educazione finanziaria per arrivare a fare comprendere, a fare cultura, a fare educazione, perché abbiamo bisogno di fare capire ai cittadini, ai risparmiatori che quel modello di consulenza alternativo a quello su base non indipendente è il sistema giusto che persegue veramente gli interessi dei risparmiatori.
  Altra proposta: no assolutamente alle campagne prodotto, che si caratterizzano per la vendita dei prodotti finanziari in un ristretto arco temporale. È chiaro che se devo perseguire il migliore interesse dei clienti è impensabile che quel prodotto, che è oggetto di vendita in quel determinato periodo, magari in quel mese solare, rappresenti il miglior prodotto per quel cliente. È contrario alla logica, è contrario al buon senso.
  La terza proposta consiste nell'adottare un questionario MIFID, quello della rilevazione della tolleranza al rischio della clientela,Pag. 13 unico su tutto il territorio nazionale, unico cioè vuol dire applicato da tutti gli intermediari finanziari nello stesso modo, perché oggi abbiamo «n» questionari di rilevazione della tolleranza al rischio. Ogni intermediario finanziario ha il proprio questionario MIFID e quindi può accadere che Riccardo Colombani cliente di tre banche possa avere tre diversi profili di rischio. Ma c'è di più, la profilatura del rischio del cliente formale, che deriva da quel questionario MIFID, sia distante rispetto alla realtà e questo perché la maggior parte dei questionari MIFID applicati dagli intermediari finanziari non presenta domande cruciali per poter conoscere la vera esperienza in materia di investimenti. Spesso non sono contenute domande riguardo al concetto di inflazione, riguardo al concetto di interesse composto, questa non è solo un'opinione di First CISL, ma è lo stesso Arbitro sulle controversie finanziarie che ha rilevato nelle relazioni costantemente che il problema fondamentale è che i questionari MIFID non rilevano la vera tolleranza a rischio del cliente. Quindi c'è bisogno che il questionario sia redatto dalla Consob, che esista un unico algoritmo di decodifica del questionario MIFID per poter assicurare che il profilo di rischio rilevato corrisponda a quello reale.
  Abbiamo anche altre proposte, tra queste la necessità di validare il profilo di rischio che gli intermediari finanziari attribuiscono in piena autonomia, senza alcun controllo, ai prodotti finanziari che commercializzano. Faccio un caso, e ritorno alla Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, che ha avuto la possibilità di attribuire un coefficiente di rischio medio alle obbligazioni subordinate, e quindi ha avuto la possibilità di collocare quei prodotti finanziari a una vasta platea di clienti. È chiaro che l'attribuzione del rischio viene fatta dai vertici, dagli amministratori.
  E io credo che, proprio per la sostenibilità sociale, abbiamo bisogno di limitare l'autonomia imprenditoriale o meglio di sottoporla a un controllo sistematico per cui potrebbe essere instaurato un controllo con un meccanismo di silenzio-assenso da parte della Consob. Probabilmente la Consob avrebbe bisogno anche di più collaboratori, ma lì ci sono già tante professionalità all'interno di quell'autorità di vigilanza, che dobbiamo necessariamente utilizzare queste grandi professionalità, ma soprattutto bisogna istituire questi meccanismi che noi consideriamo virtuosi.
  Cito solamente un'altra delle diverse proposte che abbiamo presentato. Abbiamo una possibilità importante che è rappresentata dal recepimento della direttiva n. 1937 del 2019, che attiene al whistleblowing, che è già legge nazionale, ma ci sono delle previsioni, delle norme specifiche che riguardano le banche e gli intermediari finanziari, con previsioni specifiche nel Testo unico bancario e nel Testo unico della finanza. Però, non ci sono segnalazioni che partano dal personale alle dipendenze dei soggetti vigilati verso le autorità di vigilanza, e questo perché ci sono molti dubbi sull'anonimato, paura di ritorsioni. Visto che quella direttiva comunitaria introduce degli elementi di novità importanti, consente cioè di allargare il numero dei soggetti segnalanti e introduce una figura nuova, quello di facilitatori, secondo First C.I.S.L. è importante che le organizzazioni sindacali vengano coinvolte in questo processo per poter garantire una segnalazione costante di eventuali, supposte violazioni della normativa, che dal personale dei soggetti vigilati si possa trasferire all'autorità di vigilanza per avere più chiaro il meccanismo.
  L'ultima proposta è quella del reato di disastro bancario e finanziario. First CISL ovviamente non appartiene alla fazione dei giustizialisti, ma io credo che l'introduzione di un reato come quello che avete magari la possibilità di leggere, di analizzare, una sorta di Grundnorm, una sorta di reato riassuntivo, un po' sullo schema del disastro ambientale, possa essere veramente un efficace deterrente, quindi un meccanismo di prevenzione utile per evitare ovviamente il depauperamento del risparmio degli italiani che troppe volte si è verificato nel corso degli ultimi anni. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Prego collega Lannutti.

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  ELIO LANNUTTI. Grazie presidente. Ringrazio anch'io il segretario generale del sindacato dei bancari CISL, Riccardo Colombani, per la relazione e anche qualche spunto interessante, molto interessante. Per esempio, voi affermate: «Non sono giustizialista, però il reato di disastro bancario e finanziario andrebbe introdotto». Faccio notare che il 29 gennaio 2020, io allora stavo nel Movimento 5 Stelle, ho presentato la proposta di legge, Atto Senato 1688, proprio per introdurre il reato di disastro bancario e finanziario, perché abbiamo visto che negli ultimi 20-25 anni questo Paese è stato costellato da crac, dissesti bancari e anche industriali. C'è qualcuno che ha pagato? A me non risulta. Non risulta che qualcuno abbia pagato. Quindi va benissimo questa proposta e anche quella sul profilo di rischio. Lei lo ricorderà, io, per chi non mi conosce, ho lavorato in banca e sono stato anch'io sindacalista tanti anni fa, sono abbastanza vecchio. Ricordo, per esempio, che oltre ai sistemi incentivanti c'erano anche delle piattaforme che venivano istituite per dare dei consigli non richiesti, e ricorderete «Patti Chiari», consorzio dell'ABI. All'interno di quei consigli non richiesti venivano caldeggiate alcune obbligazioni rischiosissime. Quando ci fu lo scandalo di Lehman Brothers, il crac nel settembre del 2008, l'associazione ADUSBEF (Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari e Finanziari) ottenne delle condanne. Venivano giudicati rischiosi i titoli di Stato, i BTP perché erano a lunga scadenza, e non le obbligazioni, rischiossissime. Grazie per il lavoro che fate nella tutela dei lavoratori, ma se mi permettete anche quando il lavoratore va a casa, quando devono vendere prodotti rischiosi a poveri vecchi. Noi abbiamo l'articolo 47 della Costituzione che tutela il risparmio e ce ne siamo dimenticati. Grazie per quello che fate per i lavoratori e anche per le famiglie dei lavoratori che magari vengono indotte a fare investimenti rischiosi e ci rimettono i risparmi di una vita.

  RICCARDO COLOMBANI, segretario Generale di First CISL. Grazie a lei, e se mi è consentito vorrei brevemente intervenire.

  PRESIDENTE. Prego.

  RICCARDO COLOMBANI, segretario Generale di First CISL. Ritorno sul punto che la nostra organizzazione considera fondamentale: il modello di consulenza. Il modello di consulenza prevalentemente adottato dal sistema bancario viene definito dalla legge, dal Testo unico della finanza, articolo 24-bis, un modello di consulenza su base non indipendente. Il modello di consulenza è nevralgico perché in base all'articolo 1, comma 5-septies, la consulenza in materia di investimenti è un servizio di investimento che naturalmente si abbina agli altri servizi di investimento, soprattutto quello del collocamento dei prodotti, perché consiste in raccomandazioni personalizzate rivolte al cliente relativamente a una o più operazioni riguardanti strumenti o prodotti finanziari. Se la consulenza, ed è così, è su base non indipendente e riguarda solo quegli strumenti finanziari che vengono circoscritti in uno stretto cerchio, uno stretto recinto, è ovvio che il dipendente bancario, le lavoratrici e i lavoratori non possono altro che commercializzare quei prodotti, quindi il problema sta lì. Il problema è che, poi alla fine, nelle aule di Tribunale finiscono lavoratrici e lavoratori. Prima ho citato i procedimenti penali che riguardano 263 lavoratrici e lavoratori iscritti a First CISL, limitandoci solo alla nostra organizzazione sindacale. Siamo stati costretti, soprattutto con la questione Etruria a consigliare delle controquerele per simulazione di reato, per calunnia. Non vorremmo arrivare a questo, per quello abbiamo formulato un'ipotesi di reato di disastro bancario e finanziario ma si può fare di più. Se mi consentite, vi rubo pochissimo tempo, il tema vero centrale è non la colpa del singolo, ma la colpa organizzativa: se il modello organizzativo è orientato a questo, non c'è niente da fare e il problema è che la responsabilità amministrativa degli enti, cioè il decreto legislativo n. 231 del 2001, descrive una grande novità per l'Italia soprattutto con riferimento al 2001, la responsabilità della società quando vengono commessi dei reati a suo vantaggio o nell'interesse dell'ente.Pag. 15
  Come fa la società a dimostrare di avere attuato tutti i meccanismi di prevenzione, che sono circostanze esimenti da responsabilità? Quando dimostra l'efficacia dei modelli organizzativi gestionali e di controllo. Il problema è che il modello è autoasseverato, non esiste alcuna autorità che va ad asseverare questi modelli. Quella sarebbe una norma molto efficace se rivisitata, se attribuissimo l'asseverazione del modello organizzativo e gestionale di controllo a un ente terzo, a una società, a un'autorità appositamente istituita. Noi abbiamo detto, e l'abbiamo scritto nel manifesto Adesso banche, che è un'ipotesi di riforma del sistema bancario e finanziario, per le banche, visto che il Ministero dell'economia e delle finanze è autorità creditizia, potrebbe essere attribuita al Ministero dell'economia e delle finanze. Alla fine va a finire così: per garantire o per dimostrare che il modello è un modello efficace si fa riferimento solo al controllo nei confronti delle persone che sono sottoposte a controllo e vigilanza, cioè a lavoratrici e lavoratori, per cui sono esplosi i procedimenti disciplinari, che vengono fatti a ciclostile. Per cui, che cosa accade? Che da una parte ci sono delle pressioni commerciali e quindi c'è un'alterazione del benessere organizzativo, c'è un'alterazione del benessere psicologico e del benessere sociale delle lavoratrici e dei lavoratori, e dall'altra c'è pure la beffa dei procedimenti disciplinari. Questo sistema deve essere ovviamente riformato. Sarebbe più importante la riforma del decreto legislativo n. 231 del 2001, piuttosto che l'introduzione del reato di disastro bancario e finanziario, perché quella incide. Già ora le sanzioni che sono previste riguardano addirittura l'interdizione all'attività, quindi sarebbe uno strumento molto potente, però deve essere rivisto proprio riguardo alle modalità di asseverazione di modelli organizzativi, gestionali e di controllo.

  PRESIDENTE. Grazie. La parola al collega Zanichelli, prego.

  DAVIDE ZANICHELLI. L'aspetto della consulenza è significativo, è come andare dal dottore di un ospedale e chiaramente questo dottore ti suggerirà le prestazioni che l'ospedale fornisce, se ci lavora dentro. Adesso stiamo assistendo nel settore bancario al cosiddetto Robo4advisor. Molto spesso, vediamo che i dipendenti delle banche vengono aiutati nel loro lavoro da una forma di supporto automatizzato, anche attraverso intelligenza artificiale o comunque strumenti tecnologici. Come questa cosa può essere utilizzata per risolvere le eventuali distorsioni? O come può essere utilizzata per aumentare, purtroppo, queste distorsioni e come a questo punto si potrebbe intervenire?

  RICCARDO COLOMBANI, segretario Generale di First CISL. Ritengo che le nuove tecnologie possono essere d'ausilio ma devono costituire un mezzo e non il fine. Purtroppo confondiamo mezzi e fini. In un Paese come il nostro, che ha l'indice di vecchiaia più alto dell'unione Europea, perché l'indice di vecchiaia misurato nel 2019 corrisponde a 179,3 punti percentuali, cioè per ogni cento giovani sotto 15 anni ci sono 179,3 persone che hanno oltre 64 anni. L'utilizzo dei servizi bancari digitali è molto più basso rispetto alla media europea, per cui noi dobbiamo, come è scritto negli assi strategici del PNRR digitalizzare il Paese, innovare il Paese, ma è una transizione, è una trasformazione, non deve essere uno choc. Io immagino mio padre, come fa a utilizzare la tecnologia in quel modo e utilizzarla ai fini bancari? Non è possibile. Credo che invece c'è più bisogno di un contatto umano e di una maggiore formazione del personale bancario per una consulenza personalizzata. C'è bisogno di quello. Abbiamo un asset fondamentale che purtroppo non è utilizzato, l'altissimo risparmio degli italiani. Andiamo a vedere la ricchezza finanziaria delle famiglie, censita da Banca Italia e Istat, è 4 mila 800 miliardi di euro. Alla fine dello scorso anno Banca d'Italia ha indicato che nei conti correnti bancari e postali c'erano depositati 1183 miliardi di euro. Dobbiamo valorizzare quel risparmio, dobbiamo tutelarlo e valorizzarlo.
  Credo quindi che le nuove tecnologie dovranno essere utilizzate e saranno utilizzatePag. 16 anche direttamente dalla clientela, ma credo ci vorranno almeno due lustri per arrivare al completamento di questo processo. Il problema vero è che il territorio italiano è desertificato dalle banche e anche dalle assicurazioni, ma soprattutto dalle banche. Basta vedere le statistiche: dal 2015 alla fine del 2021 la perdita di sportelli è stata pari al 28,05 per cento, cioè è stata desertificata complessivamente, non solamente in questi sei anni, un'area molto importante del Paese che da un punto di vista di superficie corrisponde alla somma di Piemonte, Lombardia e Veneto. Ci sono 62 comuni in Italia sopra i 5 mila abitanti che sono sprovvisti di sportello bancario, è un incremento del 37 per cento in questi sei anni. Quindi è un problema sociale. Ecco perché la tecnologia può essere d'ausilio, deve essere un mezzo e non deve essere un fine, deve essere sapientemente utilizzata. Nella relazione IVASS, il tema degli algoritmi e dell'intelligenza artificiale è ampiamente utilizzata, ad esempio, per le decisioni di investimento in quelle polizze unit. IVASS ha posto l'accento su un fatto importante, che dimostra quello che ho appena detto, cioè che i clienti non riescono a capire dove stanno investendo e non hanno la consapevolezza di ciò che sta accadendo. Se la tecnologia è questa e ci porta a questo, direi che ci porta in una strada sbagliata.

  PRESIDENTE. Saluto e ringrazio il segretario generale di First CISL per il contributo portato ai lavori della Commissione.

  RICCARDO COLOMBANI, segretario Generale di First CISL. Grazie presidente, grazie a tutta la Commissione per questa grande opportunità.

  PRESIDENTE. Grazie, è il prosieguo di un lavoro già avviato e che continua. Do ora la parola al segretario generale di FISAC CGIL, Nino Baseotto, accompagnato da Assunta Esposito, della Segreteria nazionale, che ringrazio per aver accettato l'invito. In vista dell'odierna audizione, il dottor Baseotto ha presentato una relazione in regime libero. La relazione è oggi in distribuzione ed è comunque stata già trasmessa per e-mail ai commissari. Invito il segretario generale a svolgere la propria relazione nel termine di 15 minuti, al fine di consentire ai colleghi di svolgere osservazioni o formulare domande. Prego dottor Baseotto.

  NINO BASEOTTO, segretario Generale di FISAC CGIL. Buongiorno. Vorrei ringraziare la presidente e tutti voi per questa opportunità che ci viene data con l'audizione di oggi. Il settore bancario italiano è caratterizzato da una solida struttura di relazioni industriali, anche in ragione, lo vorrei sottolineare, del fatto che circa il 75 per cento delle lavoratrici e dei lavoratori sono iscritti alle organizzazioni sindacali. Come sindacati di settore noi siamo orgogliosi del nostro radicamento tra i bancari, ma nel contempo sentiamo anche la responsabilità di rappresentare al meglio le nostre colleghe e i nostri colleghi. È con questo senso di responsabilità che affrontiamo un tema, quello delle pressioni commerciali, diffusamente sentito tra le lavoratrici e i lavoratori del settore. A premessa è utile richiamare come con la profonda trasformazione del sistema bancario e finanziario italiano, che come sappiamo ha preso avvio negli anni novanta, si sia determinato un marcato cambiamento di modello e di organizzazione, unitamente a un diverso e più aggressivo approccio commerciale. Questo dato deve portare a riflettere sul ruolo del sistema bancario e finanziario a sostegno della politica economica del Paese, alle regole necessarie per il corretto svolgimento di questo compito, anche con riferimento all'attuazione di quanto sancito dall'articolo 47 della nostra Costituzione. In se stessi, i prodotti finanziari non sono buoni o cattivi. La differenza è data dalla diversa rischiosità, complessità, orizzonte temporale e adeguatezza al profilo di clientela a cui i prodotti vengono proposti. Il sistema bancario sistemizza tutte queste caratteristiche, rendendole adeguate alla diversa tipologia di cliente. È indubbio che il decreto legislativo n. 231 del 2001, che riguardava la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche,Pag. 17 ha determinato un punto di svolta nella misura in cui ha sancito la separazione tra la responsabilità giuridica della banca e quella dei propri dipendenti. Nel momento in cui, infatti, la banca dimostra di avere assolto alle prescrizioni previste da questo decreto viene esentata da ogni responsabilità diretta, della quale viene investito il o la dipendente. La segmentazione della clientela, politiche commerciali sempre più pressanti e diversificate, il legame di causa/effetto tra i sistemi incentivanti e i risultati conseguiti, costituiscono oggi la realtà del sistema che può presentare effetti distorsivi. Con riguardo ai modelli di business e ai processi di riorganizzazione e di ottimizzazione delle risorse, come sindacato abbiamo più volte cercato un confronto con le singole aziende. Il vigente contratto collettivo nazionale contiene la previsione di una procedura di confronto con le organizzazioni sindacali. In tema di sistemi incentivanti questo confronto è stabilito dal contratto, ma consente comunque all'azienda di dare corso alle proprie determinazioni qualora alla conclusione di questa procedura permangano pareri e valutazioni difformi con il sindacato. Inoltre, l'affidamento degli obiettivi commerciali si sostanzia sempre di più come assegnazione di squadra, ma con meccanismi e prassi di pressione diretta sui singoli dipendenti. Il raggiungimento degli obiettivi definiti dall'azienda senza alcun passaggio di trattativa, né collettiva, né individuale, diventa nei fatti condizione per il conseguimento della remunerazione o premio prevista dal sistema incentivante. Oltre al controllo e alla valutazione del diretto superiore gerarchico, sempre presente, bisogna ricordare che prolificano, ormai, moltissimi sistemi di rilevazione di ogni tipo di dato, che va dalla programmazione dell'attività lavorativa del singolo lavoratore/lavoratrice, scandita con le agende elettroniche in condivisione, fino alla previsione di prestazioni di 5 minuti e del risultato economico conseguentemente atteso, fino alla consuntivazione del risultato giorno per giorno, risorsa per risorsa.
  In questo meccanismo si inseriscono le pressioni commerciali effettuate con qualsiasi mezzo informatico, comprese le comparazioni tra persone e/o strutture o persino diretto e personale, ma è chiaro che al di là del comportamento più o meno pressante dei singoli è il sistema che induce a un rapporto aggressivo con la clientela, che si sente utilizzata piuttosto che tutelata e che ha perso fiducia nel sistema bancario nel cui comportamento non legge più la funzione sociale e di sostegno che dovrebbe svolgere.
  Da questa pur sommaria descrizione dei meccanismi e delle prassi generalmente in atto si desume facilmente che la lavoratrice o il lavoratore è oggettivamente posto in una condizione spesso difficile e di più o meno grande disagio. Non sono infrequenti fenomeni di assunzione di ansiolitici da parte di quelle lavoratrici e di quei lavoratori che più avvertono come molto pressanti le forme di controllo a livello individuale e anche collettivo. Misure e pressioni che, come è evidente, possono variare da singolo a singolo, da gruppo a gruppo, da area ad area. Nel febbraio del 2017 abbiamo sottoscritto con ABI un accordo sulle politiche commerciali e l'organizzazione del lavoro che favorisce il rispetto di valori etici fondamentali e promuove comportamenti coerenti con i valori etici a cui devono ispirarsi politiche commerciali responsabili e sostenibili, in termini di tutela del risparmio, soddisfazione della clientela, rispetto della dignità di lavoratrici e lavoratori. Un accordo che è stato declinato in moltissime aziende o gruppi del settore e che prevede anche segnalazioni in caso di difformità nei comportamenti. Un accordo che è unico a livello europeo e che ha avuto per ABI e le proprie associate un rilevante effetto vetrina. Come organizzazioni sindacali rivendichiamo il merito e la valenza di questo accordo, frutto anche di relazioni sindacali avanzate. Non possiamo però sottacere il fatto che le segnalazioni sono molto inferiori rispetto a quanto viene continuamente denunciato attraverso comunicati dalle rappresentanze sindacali dei vari territori. Ciò si spiega, a nostro parere, con il fatto che l'anonimato della denuncia, peraltro previsto dall'accordo, nei fatti viene a mancare quando poi in Commissione si Pag. 18esamina il caso specifico, anche quando denunciato dalle sole organizzazioni sindacali. Questa oggettiva difficoltà ingenera nelle lavoratrici e nei lavoratori diffidenza, scarsa fiducia nello strumento della denuncia, anche se agito in forma anonima. È pur vero che a oggi le segnalazione giunte alle Commissioni aziendali, quando valutate conformi, hanno avuto il risultato di richiamo o allontanamento di coloro che avevano commesso il fatto senza alcun problema per il o la denunciante, ma i problemi rimangono e va pure sottolineato che le segnalazioni hanno riguardato spesso comportamenti offensivi o aggressivi dei singoli e non l'organizzazione e il clima aziendale.
  Per quanto riguarda poi i percorsi professionali, essi sono previsti dal vigente contratto di settore e vengono definiti dalla contrattazione di secondo livello. Sono dunque diversi per articolazione e struttura in ragione del modello organizzativo di ogni singolo gruppo o azienda e dei relativi accordi esistenti. Se però i percorsi professionali sono contrattualizzati e quindi in qualche modo trasparenti perché regolamentati, e questa è una cosa molto diffusa nel settore, è pur vero che gli avanzamenti di carriera o talvolta di salario possono comunque verificarsi anche al di fuori dei percorsi professionali contrattualizzati perché restano nell'alveo della discrezionalità dell'azienda e dell'esercizio della libertà di impresa. Ciò determina il rischio che in alcuni casi la valutazione e la relativa remunerazione della professionalità tendano in buona parte a limitarsi ai risultati commerciali conseguiti.
  Ho cercato e abbiamo cercato di tratteggiare brevemente alcuni aspetti problematici, se non critici, legati al tema delle pressioni commerciali. A nostro parere, il problema di fondo è quello che si è accennato all'inizio di questo intervento. In assenza di attenzione sulle politiche creditizie finanziarie nei confronti del sistema-Paese si assiste da tempo e oggi è ancora più evidente, a una trasformazione da banche tradizionali a banche fortemente commerciali. Se si leggono attentamente i bilanci, i ricavi da commissioni sono ormai una parte importante del margine di intermediazione e di fatto risultano più consistenti del margine di interesse. Questa trasformazione, unitamente alla spinta verso le concentrazioni, sta portando il sistema bancario a abbandonare tanti territori, dal Sud, alle aree interne, a quelle montane, con difficoltà reali di accesso al credito da parte di piccoli risparmiatori e piccole e medie imprese che non hanno più a disposizione in alcuni casi né il bancomat, né un operatore al quale chiedere consulenza.
  L'Italia, come sappiamo, è un Paese che presenta oggi alcuni aspetti peculiari, una rete di amministrazioni locali molto vasta e frammentata, con i nostri oltre 8 mila comuni, un sistema produttivo e terziario fortemente caratterizzato dalla piccola e media impresa, uno sviluppo delle reti digitali non omogeneo e caratterizzato da vaste aree territoriali trascurate, se non in alcuni casi dimenticate. L'assenza di sportelli fisici nei quali recarsi non aiuta alla costruzione di un sistema virtuoso nel quale anche le banche dovrebbero inserirsi per sostenere sviluppo e crescita del Paese. La progressiva riduzione della presenza di sportelli bancari sui tanti territori del nostro Paese rischia di essere uno dei segnali di abbandono degli stessi territori e potrebbe concorrere a dare nuovo spazio alla piaga dell'usura e alla criminalità organizzata.
  Nessuno intende sottovalutare, ovviamente, il fatto che le banche sono imprese private che hanno come obiettivo quello di produrre risultati e utili per i propri azionisti, al contempo però non può e non deve perdere forza e fattualità il ruolo che l'articolo 47 della Costituzione assegna loro quando prescrive che la Repubblica disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito, soprattutto oggi nella difficile transizione oltre la crisi pandemica e le sue implicazioni profonde e di fronte alle conseguenze economiche e sociali indotte dalla sciagurata guerra di Putin, c'è bisogno di determinare i presupposti per una ripresa caratterizzata dalla sostenibilità.
  Le banche devono essere parte di questo processo attraverso una loro presenza diffusa e la capacità di sostenere l'economia separando le attività di banca tradizionale da quelle di tipo esclusivamente finanziario.Pag. 19 Non si può prescindere dalla tutela del risparmio, ciò passa anche dal riconoscimento e dalla valorizzazione delle capacità professionali delle addette e degli addetti del settore, attraverso un'organizzazione scevra dal produrre tensioni dannose e un peggioramento del clima aziendale. In questa ottica, e a conclusione di questo intervento, tengo a rimarcare una volta di più come il fenomeno delle pressioni commerciali, se non deve essere affrontato in modo strumentale non può nemmeno essere ridotto solo a comportamenti eccessivi e distorsivi da parte di singoli, ma deve comportare una equilibrata correzione di aspetti non secondari nei modelli organizzativi oggi in essere, nell'interesse delle persone che noi rappresentiamo, dei clienti e della credibilità stessa del nostro sistema finanziario. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Ci sono interventi? Prego collega Lannutti.

  ELIO LANNUTTI. Ringrazio il segretario della FISAC CGIL per questa relazione, anche questa molto importante, che fa luce su sistemi incentivanti e punitivi per chi magari non raggiunge determinati budget. Anche le altre organizzazioni che hanno preceduto la sua audizione sono state molto severe nel segnalare pressioni, addirittura ricorsi a psicofarmaci; tanti anni fa anch'io ho fatto il lavoratore bancario, anche il rappresentante sindacale, però questa deriva era inaspettata, anche ai miei tempi c'erano premi, sistemi incentivanti, ma non così soffocanti, non così punitivi. Tu o raggiungi questo budget spesso per truffare il lavoratore, la famiglia, perché si sa che alcuni prodotti sono prodotti truffaldini all'origine, ripeto, e me ne assumo la responsabilità, prodotti truffaldini all'origine come quelli che erano sul sito «Patti chiari» dell'associazione bancaria italiana dove, lo ripeto ancora una volta, i titoli di stato, i BTP, erano considerati prodotti pericolosi da non acquistare. La domanda che mi permetto di farle è questa: io, anche data la mia modesta esperienza nel settore bancario, avevo proposto di recepire nella contrattazione collettiva o aziendale alcune norme per impedire che il lavoratore fosse punito. Chiedo a lei se magari lo ritiene una via d'uscita possibile e l'altra cosa è che tutti premono sull'educazione finanziaria, e qualcuno porta anche l'esempio del governatore della Banca d'Italia Visco, il quale, dopo i crac bancari e industriali, soprattutto i bancari diceva «Siete stati truffati perché non avevate un'adeguata informazione finanziaria», è come se uno scippato è colpevole di essere stato scippato perché non si è difeso, non ha la licenza di porto d'armi. Quindi questo le chiedevo. E poi qualche altro collega, la CISL, ha anche proposto l'introduzione di un reato di disastro bancario e finanziario se anche voi siete d'accordo. Io ho militato in questo sindacato quando lavoravo al banco di Roma nella FISAC CGIL, c'era, a quei tempi, Angelo De Mattia e Donatella Rocchi. Grazie mille.

  PRESIDENTE. Grazie, io non ho altri interventi. Se vuole aggiungere qualcosa, prego.

  NINO BASEOTTO, segretario Generale di FISAC CGIL. Ringrazio il senatore Lannutti. Credo di ribadire quanto abbiamo cercato di dire, quanto è illustrato in modo più diffuso nella memoria che abbiamo consegnato a questa Commissione. Noi ci battiamo perché la questione delle pressioni commerciali non venga ridotta a una questione di qualcuno che eccede su qualche altro: ci possono essere anche degli eccessi, questi eccessi vanno perseguiti per carità, però il problema è quello che abbiamo cercato di dire, il problema è un'organizzazione e una trasformazione, che ha delle punte esasperate, della banca tradizionale in banca commerciale. La banca viene meno ai suoi compiti tradizionali, al suo legame con il territorio, al suo legame con le persone, diventa unicamente un'entità commerciale e questo determina delle ricadute che sono quelle che lei ricordava molto bene perché noi abbiamo tanti lavoratori e tante lavoratrici che lamentano di essere oggetto di pressioni, di essere in difficoltà nel loro lavoro e siccome siamo assolutamente convinti e credo lo conferminoPag. 20 i fatti, la realtà dei fatti, che la stragrande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori bancari hanno un bagaglio professionale importante per il sistema Paese, forse ragionare sull'organizzazione e sul clima aziendale per poter consentire di mettere in campo tranquillamente ed efficacemente queste professionalità, è il tema vero che bisogna affrontare. Naturalmente poi a livello contrattuale, a livello di normativa, tutto ciò che possa andare in questa direzione vede il favore e il consenso anche della nostra organizzazione.

  PRESIDENTE. Grazie. Saluto e ringrazio il nostro ospite per il contributo portato ai lavori della Commissione.
  Do ora la parola al segretario Generale di UILCA, Fulvio Furlan, accompagnato da Giuseppe Bilanzuoli e Mariangela Verga, Segretari nazionali UILCA e da Lea Ricciardi, Direttrice dell'Ufficio Comunicazione UILCA. Ringrazio tutti per aver accettato l'invito. In vista dell'odierna audizione, il dottor Furlan ha presentato una relazione in regime libero. La relazione è oggi in distribuzione ed è comunque stata già trasmessa per e-mail ai commissari.
  Invito il segretario Generale a svolgere la propria relazione nel termine di 15 minuti, al fine di consentire ai colleghi di svolgere osservazioni o formulare domande.

  FULVIO FURLAN, segretario Generale di UILCA. Grazie presidente. Grazie ai commissari per questo importante invito, siamo particolarmente contenti di questa occasione, perché come ho avuto modo di dire nella relazione che cercherò brevemente di riassumere, per noi questo è un tema di grande importanza che stiamo seguendo da anni, rispetto al quale abbiamo sviluppato una serie di considerazioni nel tempo, e anche di interventi, che abbiamo provato anche a riassumere nella relazione e sul quale, secondo noi, è necessario a questo punto fare un passo avanti importante con il coinvolgimento proprio del mondo politico, delle Istituzioni, del mondo accademico per evitare che le pressioni commerciali siano così invasive nel tessuto socio economico, nei confronti della clientela e sulle lavoratrici e lavoratori del settore.
  Tutto ciò si inquadra in un percorso che si accompagna all'evoluzione che c'è stata nel mondo del credito negli anni, perché la dopo quella che era definita la foresta pietrificata che possiamo datare fino agli anni ottanta, con la riforma degli anni novanta le aziende bancarie diventano imprese e quando diventano imprese si inizia a parlare di remunerazione del capitale, di rincorsa al profitto, diventano Spa e in quella fase lì si comincia a parlare di budget, di piani industriali orientati al taglio dei costi, e inizia quel percorso che incrocia all'inizio degli anni duemila la pervasività dei processi tecnologici, la globalizzazione e quelle soluzioni adottate dall'Unione Europea con la moneta unica che comportano la riduzione dei tassi in modo estremamente significativo fino a togliere una delle importanti dinamiche di reddito delle aziende bancarie cioè i margini sui tassi di interesse.
  In questa fase esplodono quindi le logiche di raggiungimento dei budget attraverso la vendita dei prodotti finanziari, attraverso le commissioni. Esplode la logica del raggiungimento dei budget e quindi di sistemi incentivanti del tutto fuori controllo in una situazione che allora non era per nulla normata e per nulla regolata. Non è un caso che nel 2004 noi facciamo il primo accordo nazionale sullo sviluppo sostenibile e compatibile del settore bancario. E lo facciamo perché inizia veramente a cogliersi la difficoltà per le lavoratrici e i lavoratori di confrontarsi con un lavoro che sta cambiando rapidamente e che li costringe non solo a riqualificarsi professionalmente in una logica di venditori, da che erano intermediari del credito, ma di venditori sottoposti quotidianamente al raggiungimento di budget e di risultati. Tra l'altro modificati sempre più spesso, anche in corso d'opera, nel senso che non è mai il budget fissato all'inizio dell'anno che vale per tutto l'anno: in corso d'anno vengono continuamente modificati e questo costringe lavoratrici e lavoratori a grandi difficoltà. Questa situazione, facendo dei riferimenti accademici, nel mondo accademico viene colta con riferimenti a ciò che si dovrebbe fare per trovare soluzioni di Pag. 21crescita e di sviluppo sostenibile e logiche di profitto sostenibile.
  Noi nel 2017 facciamo un importante accordo che non supera, ma valorizza, migliora quello del 2004 anche perché la situazione è diventata estremamente più pervasiva, ed è un accordo che nella relazione abbiamo sintetizzato in vari punti e che secondo noi rappresenta un punto centrale su cui possiamo sviluppare un ragionamento per guardare a cosa fare nel prossimo futuro, perché quell'accordo ha una serie di importanti declinazioni, di importanti obiettivi e di importanti misure che vengono definite. Intanto c'è il riconoscimento che esiste il problema e quando ABI e le organizzazioni sindacali e poi con le Commissioni aziendali e gli accordi fatti nelle aziende si riconosce che esiste il problema. Si riconosce che esiste il problema e si riconosce che va rispettata un'eticità nella vendita nei prodotti e la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori nella loro professionalità e sotto il profilo personale e umano. Tutto ciò nasce in una situazione nella quale il sistema bancario sta affrontando enormi difficoltà, perché a fronte di crisi bancarie di natura patrimoniale ci si accorge che le aziende non hanno le risorse per fare fronte a quelle situazioni patrimoniali così negative, perché spesso le risorse sono distolte in logiche di vendita di prodotti che hanno causato una serie di situazioni che aumentano le difficoltà delle aziende e favoriscono le situazioni di dissesto. Immagino che i miei colleghi ne abbiano già parlato in precedenza di cosa successe con le bridge bank o in altre situazioni di quel genere, alcune le stiamo ancora vivendo oggi perché non sono ancora del tutto risolte. Quell'accordo sulle politiche commerciali può rappresentare un punto di svolta e di partenza perché consente alle lavoratrici e ai lavoratori di fare segnalazioni per le pressioni che ricevono; definisce che gli obiettivi non possono essere irraggiungibili; definisce che al lavoratore bancario non si può attribuirgli di non svolgere il proprio lavoro se non raggiunge un obiettivo che gli è stato indicato; definisce che non si possono fare riunioni commerciali dopo l'orario di lavoro; definisce che il problema non riguarda soltanto il settore bancario, ma che è un problema che investe anche la società e tutti i livelli gerarchici in azienda.
  Noi crediamo che quell'accordo ha avuto una serie di difficoltà nel trovare piena attuazione, ma che ne vada mantenuto tutto il valore e si debba investire sulla logica di quell'accordo. Qualche difficoltà l'abbiamo avuta perché le segnalazioni che arrivano dalle lavoratrici e dai lavoratori spesso non arrivano poi in modo concreto sul tavolo delle relazioni sindacali, un po' perché le lavoratrici e i lavoratori sono per certi aspetti intimiditi, impauriti a fare segnalazioni, per questo abbiamo anche identificato strumenti che non li espongano personalmente, che espongano il sindacalista piuttosto che il lavoratore. Però c'è difficoltà a che queste segnalazioni diventino un dato tangibile che dimostri che c'è il problema. Ma il problema c'è, lo vediamo da quello che avviene, da tutte le segnalazioni che ci vengono fatte quando si esce dalla dinamica ufficiale e quando nel confronto sindacale – che devo dire nel settore del credito è estremamente intenso – quei problemi vengono affrontati e a volte vengono anche risolti, se parliamo a esempio di logiche che riguardano il singolo lavoratore, nell'ambito delle relazione sindacali, ma ciò non vuol dire che il problema non ci sia. Poi si dimostra che c'è il problema dalla crescita costante che abbiamo di casi di lavoratrici e lavoratori che hanno problemi di salute, stress da lavoro correlato, situazioni psicologiche complicate. Purtroppo non è certificabile la telefonata di un collega che ci chiama piangendo però esiste, esiste soprattutto nella situazione di stress. E la situazione di stress di un collega che chiama piangendo, evidentemente, è maturata nel tempo, non può essere una cosa di un singolo caso che si è manifestato in quel momento. Noi crediamo che sia necessario che ci sia una svolta culturale rispetto al tema delle pressioni commerciali, che parta dall'idea che tutti i soggetti dell'azienda sono coinvolti sul tema delle pressioni commerciali, perché il tema delle pressioni a commerciali produce effetti negativi per il benessere lavorativo delle lavoratriciPag. 22 e dei lavoratori, per il clima sociale all'interno dell'azienda, perché porta alla vendita di prodotti pericolosi per la massimizzazione del margine di ricavo delle aziende, e nella relazione evidenziamo in una tabella quanto sono più alti i redditi delle aziende tramite le commissioni e non più tramite i ricavi ordinari, quanto la vendita di quei prodotti o pericolosi o non in linea con i criteri della MIFID, quindi prodotti anche non pericolosi ma clientela inadeguata per ricevere quel tipo di prodotti, produca poi nelle sue conseguenze effetti negativi sotto il profilo sociale, economico e politico, anche nelle comunità e sui territori e questo ne abbiamo avuto prova proprio in occasione dei dissesti bancari di cui dicevamo prima. Il passo avanti che noi crediamo sia necessario fare è che questa svolta culturale parta da ciò che è stato fatto fino a oggi, che porta le pressioni commerciali a essere argomento quotidiano all'interno delle aziende e dove non lo è deve ulteriormente svilupparsi, responsabilizzando tutti i soggetti, ma anche ampliando il dibattito e coinvolgendo nel dibattito soggetti che non sono soltanto le aziende o le associazioni datoriali e le lavoratrici e i lavoratori, ma anche il mondo politico, il mondo istituzionale, il mondo accademico per aprire a soluzioni che riguardino l'intera logica di raggiungimento del profitto, perché finché ci sono logiche di raggiungimento del profitto a breve termine, massimizzate nei modi anche più aggressivi, tramite sistemi incentivanti fuori controllo, tramite soluzioni premianti per gli stessi amministratori delegati e poi per tutta la catena gerarchica delle aziende, che hanno soltanto requisiti quantitativi e non qualitativi, si rischia che la situazione non si risolva.
  Noi crediamo che non sia possibile, per quanto ci riguarda, inserire un elemento sanzionatorio, perché un elemento sanzionatorio andrebbe comunque a colpire lavoratrici e lavoratori dipendenti e si darebbe nelle mani delle aziende uno strumento di discrezionalità che non potremmo più controllare. Altra cosa è se questo elemento nasce nell'ambito di soluzioni normative o a disposizione delle autorità di controllo che sono preposte a trovare soluzioni perché ci sia un controllo sugli aspetti qualitativi del raggiungimento degli obiettivi, e non solo quantitativi. Per fare questo questi soggetti vanno coinvolti, quindi il dibattito deve riguardare, come dicevo prima, non soltanto i nostri ambiti, ma anche quelli istituzionali e politici.
  Poi credo che questo coinvolgimento debba portare a un ragionamento più ampio, perché se noi crediamo, come rivendichiamo e continuiamo a sostenere, che l'industria bancaria debba essere un'industria al servizio del Paese, a favore dello sviluppo del Paese, ma presente anche nelle comunità e a sostegno di famiglie e imprese, allora serve pensare quale sistema economico-finanziario serve al Paese perché abbia queste caratteristiche e non può essere un sistema economico-finanziario che non nasce da un indirizzo pubblico e politico, non certo che governi le logiche di mercato, ma che dia un'idea di che tipo di sistema economico-finanziario serve, che recuperi le logiche di sostenibilità di profitto e proprio oggi che ci sono obiettivi di ESG da raggiungere li porti all'interno di questa valutazione. Noi abbiamo svolto un convegno su questo argomento come è stato svolto in questa sala una settimana fa, sulla finanza sostenibile. Crediamo che questi siano segnali importanti per aprire questo tipo di dibattito, perché se un ragionamento su quale tipo di aziende del settore economico finanziario servono per trovare soluzioni per lo sviluppo del Paese e per il mantenimento di queste aziende nei territori, sui territori, a presidio anche di legalità, soprattutto nel trasferimento delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, perché dove non ci sono aziende regolate legali il rischio che quelle risorse poi vengano veicolate da soggetti non regolati o peggio illegali, allora è necessario che ci sia una valutazione di ampio respiro che coinvolga tutti i soggetti coinvolti.
  Per questo motivo ringrazio ulteriormente per questa occasione, perché credo che sia un passo molto importante che possa valorizzare quanto abbiamo fatto fino a oggi noi nel settore con gli accordi raggiunti, perché ci può dare ulteriore forza Pag. 23per trovare soluzioni a beneficio delle lavoratrici e dei lavoratori, soprattutto oggi orientandoci oltre che sulla tutela del risparmio, anche e soprattutto sul benessere fisico e lavorativo, perché oggi le nostre lavoratrici e i nostri lavoratori lavorano male e non sono contenti. Prova ne sia che quando si aprono processi di fondo esubero, noi abbiamo un fondo di settore che accompagna le lavoratrici e i lavoratori all'uscita e sono tutti volontari questi processi, abbiamo più richieste di uscita dalle aziende, vuol dire che non lavorano bene, non stanno bene, questo è un tema di grande importanza che non può riguardare soltanto il sindacato. Ci riguarda, ma ci riguarda insieme a soluzioni che possiamo raggiungere con il dibattito comune. Quindi siamo disponibilissimi a continuare una collaborazione, un dibattito anche per individuare soluzioni normative che possano andare nella direzione della tutela della salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nel regolare meglio le logiche di vendita dei prodotti, nel valorizzare le logiche ESG all'interno del mondo della finanza perché il settore economico finanziario sia veramente al servizio dello sviluppo del Paese, e in modo che rimanga sui territori perché il tema della desertificazione bancaria è uno di quelli che ci preoccupa più profondamente. Grazie per l'ascolto.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. La parola al collega Lannutti.

  ELIO LANNUTTI. Grazie presidente. Ringrazio il segretario della UILCA, dottor Furlan, anche per le tabelle che sono a corredo di questa relazione. Anche questa è una relazione interessante. Mi riferisco anche ai margini delle commissioni che tra il 2020 e il 2021, mentre c'è la desertificazione del credito, c'è stata la pandemia, eccetera, sono cresciute di oltre 13 punti: da 85,3 a 98,2. Nella tabella vedo Fineco Bank 161 al primo posto, Carige 145, Credito Emiliano 127, Intesa San Paolo 120, eccetera. Anche questo è un indice dei sistemi incentivanti che nonostante l'accordo che voi avete sottoscritto, le organizzazioni sindacali con l'ABI, un po' fa acqua da tutte le parti, perché dalle relazioni precedenti, soprattutto la prima della FABI, c'è un decalogo dove addirittura i colleghi lavoratori, i vostri lavoratori, soffrono queste pressioni che sono pressioni psicologiche. Nel ringraziarla, faccio anche a lei una domanda, alcune le ho fatte ai suoi colleghi.
  Qualcuno parla dell'educazione finanziaria per non turlupinare il risparmiatore al quale viene appioppato un prodotto nocivo. Lei ritiene che in un successivo contratto di lavoro o contratto nazionale o contratto aziendale, possa essere previsto un argine a tali politiche delle aziende? Qualche suo collega ha proposto di introdurre nel codice penale un reato di disastro bancario e finanziario.
  Concludo con un'altra tabella che mi ha molto colpito ed è la tabella che riguarda il rapporto tra compenso dei vertici delle banche e il salario del lavoratore medio bancario. Anche qui, io vedo che ci sono banche che hanno un margine, per esempio, Intesa San Paolo 2019 156, Unione Banche Italiane 62, MPB 60, Unicredit 43, Popolare Lemidia 39, con una media del 44 per cento. Anche questo, è un indice nel senso che la piramide aziendale nell'incentivare spesso prodotti che si sa che sono fraudolenti all'origine e che purtroppo si è costretti a vendere, in questa piramide chi ci va a guadagnare è il manager, quindi lei ritiene che anche questo sia un problema da sollevare? La ringrazio molto.

  PRESIDENTE. Prego.

  FULVIO FURLAN, segretario Generale di UILCA. Credo che il tema di inserire questi elementi nel contratto nazionale e negli accordi sia fondamentale, ma credo che l'abbiamo fatto. Quando dico che quell'accordo che abbiamo raggiunto è fondamentale, lo è non solo perché l'abbiamo raggiunto, ma perché poi è diventato parte integrante del contratto nazionale e la costituzione delle commissioni aziendali che parlano di pressione commerciali sono praticamente in tutte le aziende, soprattutto quelle medie, medie grandi, ma anche alcunePag. 24 piccole parlano di questo argomento. Crediamo che questo sia un tema vasto e importante, quell'accordo ha cinque anni, possiamo dire che purtroppo la sua vita vera è di due anni e mezzo, perché la pandemia purtroppo ha generato una serie di situazioni che hanno anche impedito alla Commissione di lavoratore, le segnalazioni erano molto più difficile con i lavoratori a casa invece che in servizio. Quindi quell'accordo ha due anni e mezzo. In un processo anche culturale che deve essere messo in campo due anni e mezzo è pochissimo. Noi per questo diciamo che quello è un punto fondamentale di partenza, lo scrivo nella relazione, è un risultato raggiunto per tutto il Paese, messo al servizio del Paese, la cui forza ed efficacia è determinata dal suo utilizzo e dal suo sviluppo. Noi crediamo che quell'utilizzo e quello sviluppo possa e debba avvenire ampliando gli interlocutori e questa Commissione la ritengo fondamentale in quel processo, e portare quegli argomenti anche a soluzioni normative di indirizzo, di logiche di definizione dei sistemi incentivanti, per questo serve anche l'attività che possono fare le Autorità di regolazione e di vigilanza, perché quel tema della retribuzione dei manager ovviamente in un'economia libera con iniziativa privata, abbiamo fatto campagne di sensibilizzazione, ma dopodiché quelle logiche remunerative le decidono i Consigli di amministrazione. Certo che se i Consigli di amministrazione hanno dei vincoli dati da un dibattito che arriva da varie parti, che ha fonti normative, che ha fonti di indirizzo e ha l'attività del sindacato all'interno delle aziende e tutti vanno nella stessa direzione, noi crediamo che la soluzione possa esserci e ci possa essere nell'ottica di essere in linea con i principi ESG che noi, non a caso, rivendichiamo come un punto di riferimento importante che c'entra con questo aspetto e non a caso c'entra con quale settore economico finanziario vogliamo costruire.

  PRESIDENTE Ringrazio il segretario generale e gli altri rappresentanti di UILCA per il contributo portato ai lavori della Commissione.
  Do infine la parola al segretario generale di UNISIN, Emilio Contrasto, che ringrazio per aver accettato l'invito. In vista dell'odierna audizione, il dottor Contrasto ha presentato una relazione in regime libero. La relazione è oggi in distribuzione ed è comunque stata già trasmessa per email ai commissari.
  Invito il segretario generale a svolgere la propria relazione nel termine di 15 minuti, al fine di consentire ai colleghi di svolgere osservazioni o formulare domande.

  EMILIO CONTRASTO, segretario generale di UNISIN. Grazie. Buongiorno a tutti, gentilissima signora presidente, gentilissimi senatori e deputati. Come già segnalato in precedenza dalla nostra organizzazione sindacale, il fenomeno delle cosiddette pressioni commerciali nel settore bancario trae la sua origine nella riduzione della forbice tra tassi attivi percepiti dalle banche su impieghi e prestiti e i cosiddetti tassi passivi pagati dalle aziende di credito sulla raccolta, modificando quel meccanismo che è durato per decenni che fino a quel momento aveva consentito alle banche una adeguata remunerazione del proprio capitale investito consentendo tra l'altro di pagare i dividendi ai propri azionisti. Questo insieme all'introduzione di norme molto, ma molto più stringersi sulla concessione del credito, le norme cosiddette di Basilea 2, 3, 3-bis e a seguire, ha generato un minore vantaggio economico e quindi un minore interesse verso l'attività tipica delle banche con la conseguente ricerca di nuove alternative in grado di generare adeguati e costanti flussi di entrata. L'effetto di tutto ciò è stato di fatto lo spostamento del core business aziendale verso le cosiddette attività complementari e collaterali, e in particolare nella vendita spinta di prodotti quali a esempio carte di credito, fondi di investimento, derivati, prodotti finanziari di varia natura e da ultimo anche le polizze assicurative. Sembra addirittura che siano stati segnalati casi in cui la concessione di prestiti o di mutui – prodotto quest'ultimo, oggi, va detto, a bassissima redditività – sia stata subordinata alla contestuale sottoscrizione di polizze danni/vita, prodotti invece questi ad altissima redditività, costringendo Pag. 25con tali modalità il cliente soggetto contrattualmente più debole a sottostare alle condizioni offerte per poter soddisfare il proprio bisogno di credito. I mezzi di informazione più volte hanno denunciato anche la contorta vicenda della vendita dei famosi diamanti, che ha costituito un ulteriore elemento di criticità sul rapporto fiduciario tra consumatori e sistema bancario e finanziario.
  Il regolatore nazionale o sovranazionale è dovuto intervenire sui vari fenomeni cercando di introdurre norme sempre più ferree e sanzionando in più occasioni quelle banche che si erano comportate in maniera scorretta, ma nonostante ciò il fenomeno non solo continua a persistere, ma lo stiamo vedendo comunque prolifera e cresce. Nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori del settore, come riportato nelle comunicazioni sindacali, in rapporti, studi e anche nei mezzi di informazione sono state attuate nel corso degli anni le più varie forme di pressione e richieste, finalizzate a conoscere in maniera estremamente dettagliata il numero dei prodotti venduti. Tale attività di vendita resta sottoposta a un controllo costante, attuato anche attraverso le imposizioni di obiettivi assolutamente performanti, il cui mancato raggiungimento spesso determina conseguenze nei confronti degli stessi dipendenti. A questo, inoltre si aggiungono le spinte reiterate a vendere i prodotti, oggetto di specifiche campagne commerciali indipendentemente dalle effettive specifiche esigenze del cliente; gli inviti reiterati a riempire le agende di appuntamenti commerciali, le asfissianti richieste di previsione di vendite giornaliere e settimanale, le e-mail, e i messaggi ripetuti più volte al giorno con dati di vendita, classifiche di singoli, di team, di filiali con l'unico chiaro intento di incentivare una competizione a vendere sempre di più. Tutto ciò va a discapito di una consulenza di qualità e mette in crisi il rapporto fiduciario tra cliente e consulente. Inoltre è chiaro che una tale situazione e una tale pressione spinge gli addetti a vendere tali prodotti spesso indipendentemente dalle reali esigenze e caratteristiche del cliente che invece è e deve rimanere all'interno di tutto questo processo il soggetto da tutelare. Non va, altresì, dimenticato il fenomeno del cosiddetto «risparmio tradito» che ha visto tanti risparmiatori sottoscrivere prodotti, azioni, obbligazioni della stessa banca con la promessa di rendimenti miracolosi o subordinando addirittura in alcuni casi l'erogazione dei finanziamenti alla sottoscrizione di tali strumenti finanziari.
  Il risultato di una siffatta politica commerciale è stato spesso devastante per i risparmiatori con centinaia di milioni di euro di risparmi appartenenti a famiglie o a piccoli imprenditori bruciati e la conseguente distruzione di valore; molte aziende sono fallite e molte famiglie hanno perso i propri risparmi di una vita, obbligando, come sappiamo, la finanza pubblica a un considerevole intervento per ridurre il disagio per i tanti soggetti colpiti.
  A seguito della forte spinta del sindacato occorre ricordare che il settore, sopperendo alle assenze degli organi preposti, ha comunque cercato di autoregolamentarsi introducendo alcuni principi importanti e innovativi a partire da quelli contenuti nel protocollo sullo sviluppo sostenibile e compatibile del sistema bancario del 2004, che testualmente recita «al personale impegnato nella rete in attività di vendita devono essere fornite informazioni e regole chiare ed esaurienti sui comportamenti da seguire nella relazione con la clientela anche per quello che attiene alla valutazione, nel caso della vendita di prodotti finanziari, della propensione al rischio del cliente rispetto alle caratteristiche del prodotto». Successivamente questo protocollo è stato richiamato anche all'interno del nostro contratto nazionale nel 2015, che all'articolo 53 prevede tutta una serie di normative riguardanti le politiche commerciali, in particolare le parti confermano la rilevanza dei principi definiti nel protocollo sviluppo sostenibile del 2004 che viene quindi riportato, conseguentemente le parti convengono che le aziende pongano in essere nel perseguire i propri obiettivi di risultato economico misure idonee a favorire il rispetto dei valori fondamentali quali la dignità, la responsabilità, la fiducia, l'integrità e la trasparenza, promuovere comportamentiPag. 26 coerenti con i principi sopra richiamati in riferimento alle attività di indirizzo, pianificazione, coordinamento e controllo delle politiche commerciali adottate anche attraverso un'adeguata attività di informazione, formazione e sensibilizzazione, ricondurre ai predetti valori eventuali comportamenti difformi. A tali principi dovranno ispirarsi le politiche commerciali delle imprese che applicano il presente contratto.
  Sempre nell'ottica tentare di arginare ulteriormente questi comportamenti scorretti e cercare di ripristinare la fiducia dei risparmiatori, fiducia fortemente compromessa a causa delle numerose crisi bancarie e finanziarie susseguitesi nel corso di quegli anni e che hanno causato danni reputazionali tali da minare il rapporto fiduciario dei risparmiatori stessi nei confronti delle banche e del sistema finanziario, sempre le stesse organizzazioni sindacali di settore e l'ABI, l'8 febbraio del 2017 hanno sottoscritto l'accordo nazionale sulle politiche commerciali e sull'organizzazione del lavoro. Questo accordo, ripartendo da quello che era stato già fatto in precedenza, cerca di sistematizzare tutta una serie di elementi introducendo una serie di nuovi vincoli che riguardano in particolare l'ambito di applicazione, il quadro normativo eteronomo di riferimento, gli obiettivi, i principi e i valori a cui ispirarsi, informazioni, formazione e comunicazione, comunicazione interna, monitoraggio e analisi dei dati commerciali, segnalazioni interne, responsabilità e tutele e retribuzione variabile, sistemi incentivanti e iniziative commerciali, commissione nazionale e organismi bilaterali sia a livello aziendale che di gruppo, benessere sui luoghi di lavoro.
  Tale accordo, proprio per cercare il più possibile di rafforzarlo all'interno di quelle che sono le nostre regole di settore è stato interamente recepito nel contratto collettivo di lavoro, l'ultimo sottoscritto del dicembre del 2019. Evito di leggere i riferimenti perché li trovate nella relazione. Ritornando alla Commissione nazionale che è uno degli elementi innovativi di questo accordo, previsto dall'accordo dell'8 febbraio 2017, va ricordato che la stessa è composta da rappresentanti sindacali e delle banche e che ha tra i suoi compiti anche quello di acquisire informazioni, diffondere le buone pratiche ed eventualmente realizzare iniziative congiunte in materia di politiche commerciali, informazione, formazione e comunicazione, sistemi di incentivazione, oltre a fare specificamente indagini sul fenomeno delle pressioni commerciali nel settore.
  Ricordo che l'accordo prevede anche la costituzione di Commissioni sulle politiche commerciali nei singoli gruppi banche, al fine specifico di affrontare e risolvere a livello aziendale eventuali problemi; purtroppo va rilevato che le Commissioni non sempre sono riuscite a dare risposte concrete tali da essere utili alla risoluzione delle controversie in tema di pressioni commerciali. Talvolta, peraltro, per la mancata disponibilità da parte datoriale di riconoscere addirittura l'esistenza del problema o per la scarsa volontà di affrontarlo concretamente per trovare soluzioni. Tale situazione ha portato a una ripresa dei lavori della Commissione nazionale non appena è migliorata la situazione generata dalla pandemia da covid con l'intento di verificare lo stato di attuazione di quanto stabilito con il protocollo di settore. La rilevanza della questione in esame pone la chiara esigenza che questa non resti confinata esclusivamente all'ambito bancario o sindacale o delle associazioni che rappresentano i consumatori e i clienti, ma veda coinvolti, in uno sforzo comune per il superamento di tutte queste criticità, tutte le forze del Paese, a partire da quelle politiche, esperti e docenti universitari, giuristi e magistrati, ordini professionali, società civile oltre ai soggetti già citati anche ove necessario per giungere all'emanazione di ulteriori norme specifiche a maggiore tutela dei vari soggetti coinvolti, atte anche a ulteriormente sanzionare – perché l'elemento centrale resta anche questo – i comportamenti eventualmente non conformi.
  È infatti chiaro che senza un regime sanzionatorio ben definito e articolato che non lasci zona d'ombra, diventa complesso ottenere risultati duraturi che portino a una riduzione o ancora meglio all'eliminazionePag. 27 del fenomeno distorsivo, sia nei confronti della clientela sia nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori. A questo proposito va sottolineato che eventuali sanzioni per comportamenti non corretti nei confronti della clientela non devono essere scaricate come purtroppo in alcuni casi è già capitato, in capo alle stesse lavoratrici e ai lavoratori che si trovano a essere parte debole anch'essi nel rapporto di lavoro.
  Volendo essere propositivi, ci permettiamo di fare una proposta rispetto a questo ragionamento, la nostra idea è quella di creare uno specifico organismo magari da individuare all'interno delle banche centrali di ogni singolo stato, disciplinato a livello europeo per evitare così differenze tra i vari stati dell'Unione, avente lo scopo di certificare in modo indipendente rispetto alle banche e ad altri intermediari i profili dei clienti – i famosi questionari che ciascuno di noi compiliamo nel momento in cui decidessimo di fare degli investimenti – redatti in applicazione nella normativa MIFID che, come noto, ha specificatamente il duplice scopo di garantire una maggiore tutela degli investitori e una migliore trasparenza dei mercati finanziari. Questo perché come sappiamo oggi sono le stesse banche a occuparsi di quel processo che noi chiamiamo profilatura: in sostanza, lo stesso soggetto valuta e poi applica l'utilizzo di quei prodotti. Affidare questa cosa a un soggetto terzo probabilmente eliminerebbe l'effetto distorsivo e garantirebbe a questa profilatura un effettivo valore in termini di rappresentanza di quello che è il profilo rischio/rendimento del nostro cliente.
  Importante quindi risulta l'impegno assunto da questa Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario che costituisce il luogo istituzionale privilegiato di naturale ascolto e confronto dove, con l'audizione degli interlocutori coinvolti, possono essere rappresentate le diverse esigenze, criticità e sensibilità per la comune ricerca di un migliore sistema di tutela a garanzia per tutti gli attori, banche, lavoratrici e lavoratori, consumatori e clienti. Come organizzazione siamo impegnati quotidianamente nella tutela delle lavoratrici e dei lavoratori che si trovano a operare in condizioni complesse, come già evidenziato, con ripercussioni molto spesso anche sulla salute personale e sui rapporti interpersonali e familiari, che rischiano di sfociare sempre più in situazioni che richiedono il ricorso all'assistenza psicologica. Non va dimenticato infatti che le continue pressioni per la vendita di prodotti e le modalità con cui spesso vengono poste in atto, generano situazioni di forte stress nei luoghi di lavoro che, oltre a falsare il rapporto fiduciario banca/dipendente e bancario/cliente, rischiano di minare irrimediabilmente la serenità lavorativa e professionale degli addetti, specie in un momento estremamente difficile quale quello che stiamo vivendo a seguito della pandemia e dell'attuale situazione di crisi internazionale.
  Anche le indagini di clima che vengono portate avanti in gruppi e aziende purtroppo allo stato non fanno emergere dati significativi sull'esistenza e la rilevanza delle pressioni commerciali, più per il timore delle lavoratrici e dei lavoratori di potere essere individuati, nonostante l'anonimato dei questionari, che per, appunto, l'inesistenza o la scarsa presenza del fenomeno che ha invece assunto da tempo e sta assumendo sempre di più rilevanza assolutamente preoccupante.
  Pur consapevoli della complessità del fenomeno e della situazione generatasi nel corso degli anni, non manchiamo di sottolineare e ripetere in ogni occasione come punto fermo che le lavoratrici e i lavoratori del settore non hanno alcuna responsabilità rispetto alle politiche commerciali poste in essere, anzi ne sono vittime, e che di conseguenza non è a loro ascrivibile il calo reputazionale percepito dall'opinione pubblica e dai media nei confronti del sistema bancario e finanziario, essendo anche loro vittime dello stesso sistema. Non va dimenticato che in alcuni casi i bancari sono stati addirittura vittime delle reazioni dei risparmiatori coinvolti nelle operazioni ricordate.
  Un sistema, peraltro, che ha già attraversato una lunga stagione di trasformazioni con la scomparsa di molte realtà ben Pag. 28radicate sui territori e di molti sportelli in favore di aggregazioni di grande rilevanza nazionale e internazionale, e che si appresta a una nuova stagione di cambiamenti stante ormai la diffusa digitalizzazione, l'utilizzo massiccio dell'home banking e lo sviluppo del cosiddetto Fintech. Tutto ciò sta sostituendo quasi integralmente il vecchio modo di utilizzare la banca da parte della clientela, che era basato prevalentemente sulla presenza fisica in azienda e – aggiungo io – sulla fiducia, sul rapporto diretto fra cliente e operatore. Questo però crea ulteriori criticità in tema di pressioni commerciali e anche di ricadute per il sistema economico-produttivo dei territori e del Paese, è necessario quindi che il sistema sia sempre più trasparente e vicino alla clientela e ai suoi bisogni, promuovendo corrette politiche commerciali e il rispetto del lavoro degli operatori del settore e della loro crescita professionale, anche attraverso una continua verifica sui sistemi incentivanti delle singole realtà bancarie. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. La parola al collega Lannutti, prego.

  ELIO LANNUTTI. Semplicemente per ringraziare anche il dottor Emilio Contrasto per questo contributo che è stato dato e che va più o meno nella stessa direzione. Il lupo perde il pelo ma non il vizio, ci sono troppe pressioni commerciali scorrette per vendere prodotti che a volte all'origine già sono truffaldini, c'è stato il risparmio tradito e quindi io ringrazio anche lei per questi importantissimi contributi che sono stati dati. Grazie presidente.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Saluto e ringrazio il nostro ospite e ricordo che martedì 24 maggio questo lavoro di approfondimento continuerà, perché avremo anche gli esponenti delle associazioni di consulenza finanziaria indipendente. A questo punto ringrazio tutti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.50.