XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario

Resoconto stenografico



Seduta n. 40 di Mercoledì 10 febbraio 2021

INDICE

Comunicazioni:
Ruocco Carla , Presidente ... 2 

Sulla pubblicità dei lavori:
Ruocco Carla , Presidente ... 2 

Audizione del Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, in merito alle norme europee sul calendar provisioning e sulla classificazione della clientela da parte delle banche:
Ruocco Carla , Presidente ... 2  ... 10 
D'Ettore Felice Maurizio (FI)  ... 10 
Ruocco Carla , Presidente ... 11 
Laus Mauro Antonio Donato  ... 11 
Ruocco Carla , Presidente ... 12 
Foti Tommaso (FDI)  ... 12 
Ruocco Carla , Presidente ... 12 
Pesco Daniele  ... 12 
Ruocco Carla , Presidente ... 14 
De Bertoldi Andrea  ... 14 
Ruocco Carla , Presidente ... 15 
Lannutti Elio  ... 15 
Ruocco Carla , Presidente ... 16 
Rivolta Erica  ... 16 
Ruocco Carla , Presidente ... 16 
Bagnai Alberto  ... 16 
Ruocco Carla , Presidente ... 16 
Bagnai Alberto  ... 16 
Ruocco Carla , Presidente ... 16 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 16 
Bagnai Alberto  ... 19 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 19 
Bagnai Alberto  ... 20 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 20 
De Bertoldi Andrea  ... 22 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 22 
Ruocco Carla , Presidente ... 23 
Zanettin Pierantonio (FI)  ... 23 
Ruocco Carla , Presidente ... 23 
Ferro Massimo  ... 23 
Ruocco Carla , Presidente ... 23 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 23 
Ferro Massimo  ... 24 
Ruocco Carla , Presidente ... 24 
Ferro Massimo  ... 24 
Ruocco Carla , Presidente ... 24 
Pesco Daniele  ... 24 
Ruocco Carla , Presidente ... 24 
De Bertoldi Andrea  ... 24 
Ruocco Carla , Presidente ... 24 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 25 
Ruocco Carla , Presidente ... 26 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 26 
Ruocco Carla , Presidente ... 27 

ALLEGATO: Documentazione consegnata da Banca d'Italia ... 28

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
CARLA RUOCCO

  La seduta comincia alle 14.05.

Comunicazioni.

  PRESIDENTE. Ricordo che per ragioni di sicurezza sanitaria il foglio firme non verrà portato dall'assistente ma lasciato a disposizione sul tavolino davanti al banco della Presidenza. Comunico che la Banca d'Italia, in vista dell'audizione che si terrà oggi, ha trasmesso una relazione scritta sui temi del calendar provisioning e delle norme europee sulla classificazione dei clienti delle banche.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione in diretta streaming sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, in merito alle norme europee sul calendar provisioning e sulla classificazione della clientela da parte delle banche.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, in merito alle norme europee sul calendar provisioning e sulla classificazione della clientela da parte delle banche. L'Ufficio di Presidenza di questa Commissione ha ritenuto necessario e urgente effettuare un approfondimento in merito all'impatto sul sistema bancario e sul tessuto produttivo nazionale delle normative europee relative al calendar provisioning e alla classificazione della clientela delle banche.
  A nome della Commissione ringrazio sentitamente il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, per avere accolto il nostro invito e per essere qui presente in audizione, accompagnato dal dottor Paolo Angelini, Capo del Dipartimento di Vigilanza bancaria e finanziaria, dal dottor Gianluca Trequattrini, Funzionario Generale per le relazioni istituzionali a livello di vertice, dalla dottoressa Bruna Szego, Capo del Servizio Regolamentazioni e Analisi Macroprudenziale, e dalla dottoressa Paola Ansuini, Capo del Servizio Comunicazione.
  Governatore, abbiamo chiesto il suo intervento perché il tema di cui oggi ci occuperemo desta molte preoccupazioni, non solo negli operatori economici, protagonisti di un sistema produttivo che versa in uno stato di profonda crisi e di incertezza, ma anche nei comuni cittadini, anch'essi fruitori del sistema bancario e finanziario. Ricordo infatti come, nel corso del ciclo di audizioni che la Commissione sta svolgendo per approfondire la conoscenza della struttura e delle criticità del mercato degli UTP e degli NPL, non sia emerso uno scenario rassicurante per il nostro Paese.
  L'andamento delle sofferenze degli ultimi mesi è stato attenuato dalle misure governative di sostegno al credito, moratorie su prestiti e rilascio delle garanzie pubbliche per i nuovi finanziamenti, che a oggi in Italia ammontano a oltre 430 miliardi di euro. Secondo molti analisti, il 30 per cento circa di questa cifra si trasformerà nel corso del 2021 in posizioni deteriorate. La stessa BCE quantifica in 1.400 miliardi di euro il rischio di nuove sofferenze per il totale delle banche europee. Ciò impone Pag. 3azioni politiche tempestive e responsabili per evitare l'uscita dal mercato di imprese sane ma temporaneamente illiquide e per garantire il benessere sociale.
  Questi dati sembrano porre in luce taluni profili di criticità della legislazione europea che, nonostante il peggioramento dello scenario economico causato dal diffondersi della pandemia in atto, prevede l'applicazione di misure che secondo l'opinione di molti avrebbero natura ed effetti prociclici, non agevolerebbero il benessere delle famiglie e sarebbero tali da compromettere la competitività del tessuto produttivo.
  All'esito delle numerose audizioni svolte, la Commissione ha preso atto di come alcune misure richiedono un serio approfondimento. Mi riferisco in particolare al calendar provisioning della Banca Centrale Europea che, imponendo accantonamenti automatizzati per le sofferenze bancarie, potrebbe porre le banche in situazioni di deficit patrimoniale e costringerle a necessarie ricapitalizzazioni, con significativi rischi anche in termini di scalate ostili. Le nuove regole introdotte dall'Autorità bancaria europea a partire dal primo gennaio 2021 in tema di classificazione della clientela imporranno alle banche di considerare automaticamente come inadempiente, cosiddetto «default» (anche per importi di modesta entità), un privato o un'impresa che presenti un arretrato da oltre novanta giorni.
  Nel corso delle citate audizioni si è dunque espresso il timore che l'approccio di vigilanza della BCE e la conseguente regolamentazione, che si sono tradotti nella sostanza in una richiesta alle banche di una significativa riduzione dello stock di crediti deteriorati, per come concretamente declinati, soprattutto nell'attuale congiuntura economica negativa, possano produrre effetti negativi sulle banche, sui debitori ceduti, sulle famiglie e sul tessuto produttivo nazionale ed europeo.
  Ciò premesso, do la parola al Governatore Ignazio Visco affinché esprima la posizione della Banca d'Italia sul tema oggetto dell'audizione. Prego, Governatore.
  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Grazie mille. Grazie, presidente Ruocco, per l'invito e grazie ai rappresentanti egregi della Commissione d'inchiesta sul sistema bancario. Questo invito mi concede l'opportunità di chiarire alcuni aspetti della normativa europea e italiana che riguardano il trattamento prudenziale dei crediti deteriorati e di illustrare le iniziative della Banca d'Italia volte a consentire al sistema bancario italiano di svolgere il compito di sostenere famiglie e imprese in questa fase congiunturale che è estremamente difficile. Concordo con quanto è stato detto riguardo alla situazione: è una situazione veramente molto complicata.
  L'aumento dei crediti deteriorati, degli NPL, che sono di tre tipi (i crediti scaduti, le inadempienze probabili e le sofferenze) è il principale rischio che le banche italiane si trovano oggi a fronteggiare. Però, rispetto al passato, lo fanno da una posizione più solida. In passato qualcuno mi ha fatto osservare che noi dicevamo che la situazione delle banche era estremamente solida anche durante gli anni di crisi. Non era così. Io ho sempre detto che nel complesso la situazione era solida ma che c'erano una serie di banche che, proprio per avere accumulato crediti deteriorati e non essere riuscite a smaltirli nel tempo, poi si sono trovate in difficoltà molto gravi. Questo accumulo di crediti deteriorati aveva due origini. Sicuramente c'erano comportamenti in alcuni casi, però per la maggior parte, come le analisi che abbiamo fatto mostrano, il prevalente effetto è quello della congiuntura particolarmente negativa; quindi c'è da aspettarsi che questa congiuntura possa spingere verso l'alto questi crediti deteriorati.
  Rispetto al 2007, nel complesso del settore bancario, il rapporto tra il capitale di migliore qualità e gli attivi ponderati per il rischio è più che raddoppiato. Oggi siamo al 15 per cento; eravamo circa al 7 per cento prima della crisi finanziaria globale. Lo stock degli NPL si è ridotto di oltre due terzi rispetto al picco del 2015. Questi progressi sono stati ottenuti per le riforme regolamentari che sono state realizzate a livello internazionale a seguito della crisi Pag. 42007/2011 e per l'azione di vigilanza svolta dalla Banca d'Italia, sia in autonomia, sia in quanto componente del Meccanismo Unico di Vigilanza, istituito presso la BCE, il Single Supervisory Mechanism.
  Ripercorro brevemente il contenuto della memoria che abbiamo depositato presso questa Commissione alcune settimane fa. Mi soffermo in particolare sul funzionamento di due misure che, come è stato ricordato, sono state al centro dell'attenzione del dibattito negli ultimi mesi. La prima è l'approccio di calendario alle svalutazioni dei crediti deteriorati e la seconda è la definizione nuova di «default a fini prudenziali». Si tratta di norme e prassi di vigilanza che sono state concordate a livello europeo. Sono state spesso criticate perché non terrebbero sufficientemente conto delle specificità italiane. Alle critiche già note si sommano quelle legate all'inopportunità del momento, che è straordinariamente difficile, in cui queste regole vanno applicate. Si deve tenere presente, però, che queste regole sono pensate per indurre le banche a classificare correttamente i prestiti, a riconoscere prontamente le perdite e a gestire in modo attivo i crediti deteriorati. Sebbene se ne debbano valutare con attenzione i rischi di prociclicità, le perdite sui crediti derivano da problemi dell'economia e dalle difficoltà dei debitori, non dalle regole stesse, che hanno due obiettivi fondamentali: assicurare, come è noto, la sana e prudente gestione di intermediari a protezione dei depositanti, degli obbligazionisti e degli azionisti, e favorire una corretta allocazione del risparmio, evitando di immobilizzare risorse in progetti con scarse probabilità di successo e incentivando gli intermediari a finanziare quelle attività che possono maggiormente contribuire allo sviluppo equilibrato dell'economia e al benessere della collettività.
  Maggiori margini di flessibilità nell'applicazione delle regole prudenziali anche in materia di crediti deteriorati sono stati introdotti negli ultimi mesi. Altri se ne possono individuare. Noi abbiamo lavorato su questo. È tuttavia essenziale che essi non mettano in discussione la capacità delle banche di finanziare adeguatamente l'economia, in particolare nella fase complessa dell'uscita dall'emergenza sanitaria.
  Alla flessibilità da parte delle autorità di vigilanza deve corrispondere il presidio e la mitigazione dei rischi da parte degli intermediari. In proposito non posso che confermare, e mi scuso per l'autocitazione, quanto ho detto in una riflessione a margine dell'illustrazione finale sulla relazione annuale della Banca d'Italia a fine maggio 2017, cioè pochi mesi dalla pubblicazione delle linee guida del Sistema di Vigilanza Unico (SSM) sulla gestione dei crediti deteriorati, che avevano sollevato molte critiche nel nostro Paese.
  Io dicevo: «Contano a motivare la dimensione e la lentezza della riduzione dello stock di crediti deteriorati, la lunghezza delle procedure e legittime ragioni di bilancio. In presenza di informazioni non sempre adeguate, di inerzia nel ricercare recuperi e ristrutturazioni, questi motivi non sono sufficienti a tranquillizzare i mercati, gli analisti e i regolatori. Rimarcare le differenze tra Paesi nelle norme e nelle prassi serve a poco. Bisogna prenderne atto, liberarsi rapidamente, come si fa altrove, dei crediti che vanno a deteriorarsi. Bisogna continuare a lavorare per imparare a farlo in modo ordinato, anche adeguando norme e prassi a quelle prevalenti a livello internazionale».
  I bilanci bancari non hanno ancora risentito in misura significativa della crisi pandemica. Il rapporto tra nuovi crediti deteriorati e il totale dei prestiti è adesso ancora su livelli storicamente bassi, intorno all'1 per cento. La crescita dei crediti deteriorati è stata contenuta, come ha ricordato la presidente, dalle misure di sostegno alla liquidità di imprese e famiglie (le moratorie, le garanzie pubbliche sui prestiti), da quelle di sostegno ai redditi delle famiglie (le attività delle imprese), dalla politica monetaria espansiva che abbiamo deciso in ambito BCE, in particolare rifinanziando le banche che poi hanno condotto questa politica di offerta di credito in risposta alla domanda di crediti garantiti. Inoltre, negli ultimi anni ha contributo al miglioramento della condizione finanziaria delle imprese italiane. Pag. 5
  I crediti deteriorati sono scesi in rapporto totale dei prestiti al 5,5 e al 2,7 per cento, rispettivamente al lordo e al netto rettifiche di valore. È una discesa molto forte se pensate che l'obiettivo della BCE sul lordo era al 5 per cento; ma noi partivamo da tasse a doppia cifra e anche al netto erano quasi vicini al 10 per cento. Sebbene questi siano scesi, sono destinati ad aumentare in conseguenza della crisi legata alla pandemia. Il tasso di ingresso in default dovrebbe però mantenersi, come ho detto nell'incontro che ho avuto al Assiom Forex sabato scorso, ben al di sotto dei picchi raggiunti nei precedenti episodi di recessione della nostra economia.
  Io credo che questa sia una crisi molto grave, molto più grave dal punto di vista anche delle difficoltà di immaginare il futuro della stessa crisi finanziaria, ripetuta poi con la crisi dei debiti sovrani; però il miglioramento della situazione delle imprese e la solidità maggiore delle banche che abbiamo oggi rendono le nostre stime, per quanto sia difficilissimo fare stime, migliori di quelle che si leggono sui giornali, anche notevolmente migliori dei numeri che la presidente ha citato prima. Possiamo discuterne se vi saranno domande al riguardo.
  Poi vorrei parlare di due cose: l'approccio di calendario e il default. Il meccanismo di calendario prevede la svalutazione integrale dei crediti deteriorati secondo scadenze prestabilite. L'obiettivo è di assicurare che i crediti deteriorati non si accumulino nei bilanci bancari senza adeguate rettifiche di valore, senza provisioning.
  Vorrei ricordare una cosa. Molte volte la Banca d'Italia è stata attaccata in passato proprio per la crescita straordinaria degli NPL, che ha avuto luogo dal 2010 – in realtà è cominciata prima – fino al 2014/15. Io mi preoccupai molto di questo, soprattutto all'indomani delle difficoltà enormi delle banche spagnole, e convocai i grandi banchieri. Su questo abbiamo avuto lunghe discussioni anche molto accese, con vari attacchi, perché dicevamo: «Bisogna che voi in qualche modo evitate di farli crescere», e la risposta era: «Ma no, in realtà se noi teniamo in forbearance le imprese nostre clienti, poi alcune di queste ce la faranno; se invece le mettessimo ora in sofferenza queste usciranno».
  Il problema è che noi in quello stesso periodo stavamo discutendo in ambito BCE, con gli altri governatori o responsabili di vigilanza, proprio la natura della forbearance. Mi ricordo Marylyn King che disse: «Guardate, è una sciocchezza». Il caso giapponese spiega questo. Le imprese tenute troppo a lungo in questo stato poi contagiano le banche e sono le banche quelle che ci rimettono. A questo punto la crisi finanziaria è una crisi difficile da gestire.
  In quella fase è indubbio che le banche avevano difficoltà. Abbiamo mandato ispezioni mirate. Nel 2012, nel 2013, le ispezioni non furono generali; furono mirate per vedere come trattavano i crediti deteriorati. Abbiamo imposto poi di elaborare schemi di registrazione informativa e abbiamo visto che molte banche in realtà, quando avevano un problema, prendevano il problema e lo trasferivano agli studi legali. Gli studi legali andavano avanti a cercare di recuperare il credito ma intanto questa roba restava nei bilanci delle banche; non si faceva il provisioning. Quindi la campagna del provisioning fu fortissima. In parte ha avuto effetti importanti perché ha contribuito, insieme alla consapevolezza delle banche, a reagire nel modo corretto.
  Nel marzo del 2017 la BCE pubblicò delle linee guida rivolte alle banche significative, cioè quelle più grandi, in cui veniva richiesto agli intermediari con elevati livelli di crediti deteriorati, oltre che dare indicazioni sull'assetto organizzativo e sui processi di gestione, di monitoraggio e di classificazione dei crediti deteriorati di cui tutte le banche dovrebbero dotarsi, un piano credibile di riduzione di questi crediti.
  Nel gennaio del 2018 noi, Banca d'Italia, emanammo le nostre linee guide per le banche meno significative, riprendendo e rendendo proporzionali i concetti principali contenuti in quelli della BCE. Nel marzo del 2018, però, la BCE pubblicò un addendum alle sue linee guida, specificando le aspettative che aveva riguardo ai tempi minimi entro cui i crediti deteriorati Pag. 6avrebbero dovuto essere integralmente svalutati. Questo addendum si riferiva a tutti i prestiti che sarebbero stati classificati come deteriorati a partire dall'aprile 2018.
  Sia le linee guida sia l'addendum non erano e non sono vincolanti. Si tratta di aspettative che se non rispettate danno inizio a un dialogo tra la banca e il supervisore. Questo ultimo può, se lo ritiene comunque opportuno, utilizzare queste informazioni per aumentare i capital ratios, i requisiti patrimoniali che richiede alle banche di avere, quanto capitale le banche devono avere per la loro attività, quello cosiddetto «di secondo pilastro».
  Il primo pilastro è quello imposto per legge, la norma. Il secondo pilastro è quello richiesto obbligatoriamente dalla Banca Centrale, che deve essere rispettato; però non è normativo a livello di legge sulle banche ma è parte dell'azione di vigilanza della richiesta che fa l'Autorità di vigilanza. La domanda è: che succede se uno sta sotto e così via? Lì ci possono essere vari interventi, per esempio la proibizione a concedere i dividendi, a dare i bonus e altre cose che di volta in volta banca per banca si definiscono. Si tratta, in questo caso, di condizioni – quelle dell'addendum rivisto dalla BCE – molto stringenti, in cui i crediti non garantiti dovevano essere integralmente svalutati entro due anni e quelli garantiti entro sette. Abbiamo avuto come Banca d'Italia un forte dibattito su questo; l'avete letto, l'avete saputo. Noi non eravamo d'accordo, soprattutto non eravamo d'accordo perché lo stock di crediti deteriorati era molto alto e smaltirlo così in fretta avrebbe potuto causare effetti prociclici; però poi alla fine questa cosa fu decisa nell'ambito del Sistema Unico di Vigilanza e approvato nel Consiglio Direttivo, dove la maggioranza si espresse chiaramente in favore di queste norme. Però le autorità di vigilanza locali potevano applicare o meno questo addendum sulle banche non significative di cui avevano diretta responsabilità.
  Tenete conto che le banche non significative sono di responsabilità dell'Autorità di vigilanza nazionale ma sempre nell'ambito del Sistema di vigilanza unico, quindi con regole che si applicano a tutte, quelle emesse dall'Unione Europea e quelle in alcuni casi direttamente di responsabilità della stessa Banca Centrale Europea. Altre sono di responsabilità e di attivazione da parte dell'Autorità di vigilanza nazionale, ma la Banca Centrale Europea potrebbe sempre avocare a sé, nel caso ci fossero situazioni particolarmente gravi, la vigilanza anche su banche meno significative.
  La Banca d'Italia, come dicevo, decise di non applicare l'addendum alle banche meno significative. Poi nel luglio del 2018 la BCE introdusse un'ulteriore chiarificazione, estendendo l'approccio di calendario a partire dal 2021 anche allo stock non solo ai flussi di crediti deteriorati che si andavano accumulando dal 2018 in poi, ma anche a quello preesistente, a partire dal 2021. In questo caso le aspettative di vigilanza, sempre non vigilanti, sono declinate in maniera differenziata a seconda del peso degli NPL netti sugli attivi delle banche. Se uno ce ne ha molti, gli si dà più tempo; se ce ne ha pochi, gli si chiede di smaltirli in fretta.
  Questa è la Banca Centrale Europea ma il calendar provisioning non è della Banca Centrale Europea. Nella pubblicistica spesso c'è questa confusione. Si dice: «Cosa fate a Francoforte?» Ma non si fa a Francoforte; si fa a Bruxelles, e nel fare a Bruxelles noi lavoriamo insieme al MEF (Ministero dell'economia e delle finanze). Per carità, forse siamo i principali consulenti su questa cosa, ma la discussione è su un altro terreno ed è una discussione che coinvolge di volta in volta due direzioni generali: una è quella della Direzione Generale delle Banche, dei sistemi finanziari, e l'altra è quella della Direzione Generale della Concorrenza. Voi avrete letto di tutte le nostre difficoltà, in questo caso, per varie questioni. Una di queste sono le crisi delle banche, ma di questo non si parla qui.
  Nell'aprile del 2019 il legislatore europeo ha inserito all'interno del Regolamento sulla CRR (Regolamento sui requisiti patrimoniali) una norma nota come il «backstop prudenziale», che richiede alle banche un approccio simile a quello previsto dall'addendum; però a questo punto diventa norma, mentre nell'addendum è parte Pag. 7delle richieste di Pillar 2, se vogliamo, che rivolge l'Autorità di vigilanza alle banche, che viene discussa banca per banca e che adesso, dopo il Covid, verrà discussa e attuata in molto flessibile. Questo bisognerà vederlo di volta in volta a mano a mano che ci saranno i casi. La norma europea è vincolante e si applica a tutte le banche dell'Unione, incluse quelle meno significative. Anche grazie alle tesi che sono state sostenute dalla delegazione italiana nel corso del negoziato, cui la Banca d'Italia ha fornito la propria consulenza, la tempistica per la svalutazione integrale dei crediti è meno stringente di quella che era stata immaginata dalla BCE, che noi avevamo in qualche modo contrastato, ed è di tre anni per i prestiti non garantiti, di sette per quelli con garanzie diverse da immobili, di nove anni per quelli garantiti da immobili.
  Sostanzialmente, se io ho un prestito al fronte del quale ho degli immobili e vado in NPL e così via, la banca ha nove anni di tempo per annullare questo prestito. Se invece ho un prestito senza garanzie, nel momento in cui c'è una sofferenza, quindi c'è una difficoltà manifesta di pagarlo, ma anche se c'è un'aspettativa di inadempienza (unlikely to pay, inadempienza probabile), anche in quel caso ci vogliono tre anni.
  Successivamente all'emanazione di questa norma, la BCE ha uniformato la tempistica del proprio addendum con quella del backstop; quindi anziché due sono diventati tre anni e si è esteso a nove per i prestiti con garanzie immobiliari. Questo backstop si applica a tutti i prestiti originati dopo il 26 aprile del 2019 e successivamente classificati come deteriorati.
  Gli effetti del meccanismo di calendario possono avere nel breve periodo effetti prociclici. Il loro impatto, però, ha natura transitoria e sostanzialmente si annulla se si considera l'intero ciclo di recupero di un credito. Nella memoria che vi ho mandato c'è anche una valutazione di quanto grave è questa prociclicità. Possiamo discuterne quando porrete le domande.
  Questa è una salvaguardia importante se si considera che in molti Paesi, compreso il nostro, come dicevo prima, nonostante le sollecitazioni, le ispezioni mirate e gli interventi prudenziali della vigilanza, gli elevati NPL sono stati tra le cause principali della crisi bancaria degli ultimi anni. Questa disciplina del backstop è stata modificata in risposta alla crisi pandemica, scadenzando in modo più favorevole le svalutazioni sulle esposizioni con garanzia pubblica.
  Nel corso del negoziato la delegazione italiana, guidata dal MEF, ha proposto di disapplicare il backstop per un periodo di due anni, cioè di farlo partire dal 2023, alla luce del blocco dell'attività dei tribunali ma la proposta non è stata accolta. Quanto all'addendum, la BCE invece ha chiarito che la sua applicazione verrà effettuata caso per caso con la necessaria flessibilità. Capisco che il termine «necessaria» va interpretato; quindi questa è una questione da vedere caso per caso.
  Il meccanismo di calendario non costituirebbe un problema se i tempi della giustizia civile nel nostro Paese fossero allineati a quelli prevalenti nel resto d'Europa. A parità di altre condizioni, infatti, l'elevata durata delle procedure di recupero dei crediti e di ristrutturazione, laddove i tribunali sono chiamati a dare il loro giudizio sulla ristrutturazione, si traduce meccanicamente in un maggiore stock di crediti deteriorati e ne deprime il valore. È quindi necessario intervenire alla radice per accelerare i tempi della giustizia civile, come da molti anni sosteniamo, incidendo sulle cause prime del fenomeno.
  Passiamo al default. I nuovi criteri per identificare l'esposizione in stato di default prudenziale da parte delle banche sono frutto di un processo complesso, caratterizzato da un intenso dibattito tra autorità europee e nazionali e da varie fasi di consultazione cui ha contributo la stessa industria bancaria. La nuova disciplina introduce criteri per la classificazione a default a fini prudenziali, quindi per il conseguente calcolo dei requisiti patrimoniali. I requisiti patrimoniali sono i prestiti ponderati per il grado di probabilità che i prestiti siano effettivamente restituiti, una cosa di questo genere. Anche quelli che sono in bonis hanno una piccola probabilità Pag. 8 negativa, ma quelli che sono in sofferenza hanno una probabilità altissima, che richiede ovviamente di tenerne conto, con rettifiche appropriate e quindi anche con una percentuale molto alta di negatività nella definizione del complesso di attivo ponderato per il rischio.
  Dalle evidenze relative a quattro banche italiane (le banche che hanno anticipatamente iniziato ad applicare le nuove regole), gli effetti della nuova disciplina paiono avere avuto un impatto moderato; c'è il dettaglio nella memoria. Per ridurre al minimo l'effetto in questa fase congiunturale particolarmente difficile, va comunque accresciuta la consapevolezza della clientela sull'entrata in vigore delle nuove regole, intensificando i contatti bilaterali volti a prevenire eventuali inadempimenti non connessi con effettive situazioni di difficoltà. Su questo abbiamo dato indicazioni molto precise al sistema bancario.
  L'entrata in vigore della nuova disciplina è coincisa con un periodo di incertezza economica legata alla pandemia. A fronte dell'impossibilità di posporre la sua applicazione a causa della mancanza totale di sostegno da parte degli altri Paesi europei, nei quali in molti casi già si applicavano criteri più severi rispetto a quelli in vigore in Italia, la Banca d'Italia ha utilizzato le leve a sua disposizione per facilitare, nell'attuale quadro congiunturale, la transizione a nuovo regime. L'abbiamo fatto per gli intermediari finanziari non appartenenti a gruppi bancari e per i gruppi finanziari, gli ex 106 per coloro che seguono questa materia, ed è stato previsto un periodo transitorio in base al quale alcuni dei criteri antecedenti la nuova norma rimangono in vigore fino al 31 dicembre del 2021. Poi abbiamo insistito con le banche perché contattassero la clientela in modo bilaterale per esaminare anche possibili vie per evitare, nel caso questi sconfinamenti fossero dovuti non a situazioni di difficoltà evidente e manifesta, la trasformazione in default. In ogni caso – l'abbiamo detto e l'abbiamo anche messo sul nostro sito, perché erano usciti dei timori molto forti al contrario – le nuove regole non comportano modifiche sostanziali nelle segnalazioni alle centrali di rischi. Non le comportano; capisco che c'è qualcuno che pensa il contrario. Non le comportano. È esattamente come prima, per quello che riguarda la segnalazione in Centrale dei rischi.
  Le operazioni di cartolarizzazione di posizioni in sofferenza poi, assistite dalla garanzia pubblica sui titoli di classe senior – stiamo parlando delle GACS – sono state uno strumento che noi consideriamo valido a supporto della cessione di crediti deteriorati. Noi abbiamo detto che questi crediti deteriorati vanno ceduti; vanno ceduti nel modo migliore. Ci sono state molte difficoltà, come voi sapete, all'inizio, soprattutto nel mercato secondario, perché era un mercato dominato da pochi attori. Era un mercato fondamentalmente oligopolista, che poi aveva anche un'intenzione di reddito molto elevata, che uno può discutere, tale da portare in basso il valore al quale erano disposti ad acquistare i crediti in sofferenza. L'introduzione di questo GACS ha avuto un effetto positivo. La storia è complessa. Noi in realtà abbiamo a lungo discusso insieme al MEF in Commissione la possibilità di creare quelle che si chiamano adesso «asset management company» (AMC) o «bad bank», qualcosa che con un aiuto di Stato consentisse, nei casi di crisi bancaria, di risolvere il problema senza applicare criteri molto punitivi come burden sharing. La cosa non ha funzionato. C'è stata un'opposizione completa, data la normativa sui diritti di Stato; però è stata accettata l'idea di poter dare una garanzia da parte dello Stato a una componente più sicura possibile dei titoli che hanno dietro di loro il credito deteriorato. Questo serve sostanzialmente a liberare le banche da quel credito.
  Poi c'è una componente senior e una componente junior molto rischiosa. Le banche possono detenere la componente senior. Detenendola, restano nella posizione originale ma non hanno più il peso della sofferenza in particolare, quindi possono concedere credito con quello che si libera. Questo è il motivo del fatto che questa cosa funziona. A fronte di queste operazioni (finora ce ne sono state 27), sono stati Pag. 9emessi titoli per quasi 18 miliardi, di cui 14 assistiti da questa garanzia; il resto sono i mezzanini e i junior. I rimborsi effettuati a partire dalla data di emissione hanno diminuito la consistenza di questi ultimi a 10,5 miliardi, riducendo corrispondentemente l'esposizione dello Stato. In base ai dati forniti dai servicer e alle informazioni contenute nel rapporto delle società di rating, 11 delle 27 operazioni presentano recuperi in linea con il piano, mentre 16 di esse evidenziano un ritardo, nel senso che hanno incassato 3, 2 miliardi contro i 3,7 previsti. Nella grande maggioranza dei casi i ritardi sono dovuti, però, agli effetti della pandemia e risentono del blocco delle procedure giudiziarie. Finita la pandemia e ricominciate le procedure anche concorsuali per il recupero dei crediti, questo ritardo si dovrebbe compensare e a questo punto non ci dovrebbero essere differenze rispetto al piano che era atteso. Nella grande maggioranza dei casi questi ritardi, come dicevo, risentono di questo blocco ma al momento attuale nessuna di queste operazioni registra perdite sulle tranche di titoli. Il meccanismo, inoltre, è stato rivisto nel 2019 per rendere il rischio a carico dello Stato minore, inducendo sostanzialmente i servicer a migliorare l'attività di recupero retribuendoli meno nel momento in cui fossero meno efficaci. L'efficacia di questi interventi sembra essere confermata dal fatto che le operazioni realizzate dopo il 2019 hanno tassi di recupero più rapidi e migliori rispetto a quelle successive.
  L'ultimo punto riguarda le sfide che abbiamo in questo momento. I ritardi della giustizia civile sono la principale causa della difficoltà nella riduzione dei crediti deteriorati nel nostro Paese. Progressi su questo fronte consentirebbero di avviare rapidamente procedure di ristrutturazione di impresa, quando possibili, o procedere al recupero dei crediti. Efficaci procedure di ristrutturazione di impresa si tradurrebbero, oltre che in minori NPL, in maggiore produzione e occupazione. Una giustizia civile più rapida contribuirebbe anche ad assicurare il buon funzionamento del mercato secondario.
  Sono in fase finale di negoziato anche misure volte a favorire lo sviluppo di un mercato secondario paneuropeo dei crediti deteriorati. Vi sono regolamenti europei volti a facilitare le operazioni di cartolarizzazione, regole armonizzate per coloro che gestiscono e fanno monitoraggio di tutti i passi che vengono a essere necessari per il soddisfacimento dei titoli che hanno sottostante i crediti deteriorati e per coloro che acquistano crediti al di fuori delle operazioni di cartolarizzazione. Inoltre, vi saranno meccanismi armonizzati di escussione stragiudiziale delle garanzie, in modo che si possano immediatamente emettere queste garanzie nel bilancio delle banche; il caso spagnolo è molto chiaro su questo. Occorrerà adoperarsi per una veloce attuazione in Italia di queste norme. Inoltre sarebbero auspicabili passi in avanti nell'istituzione di società di gestione di crediti deteriorati, queste famose asset management company; però c'è un progetto che trova un limite negli orientamenti restrittivi della Commissione europea in tema di aiuti di Stato. In particolare, in caso di cessione dei crediti deteriorati a una AMC pubblica a prezzi superiori a quelli di mercato, sarebbe necessario imporre la condivisione delle perdite agli azionisti creditori, il burden sharing, condizione che evidentemente scoraggia del tutto il ricorso a questo strumento. In assenza di un mutamento di opinione da parte della Commissione su questo aspetto chiave, il progetto di cui si discute da tempo non sembra destinato a produrre significativi benefici. Si continua a discutere, non è che si è interrotta la discussione. Avrete letto che il dottore Enria, che presiede la Vigilanza unica, è diventato un fautore forte di questo progetto. Vedremo come si sviluppa.
  Le garanzie, le GACS, si sono rivelate uno strumento efficace per agevolare la vendita delle sofferenze. Noi pensiamo che la loro estensione sia consigliabile. Potrebbe anche costituire l'occasione, però, per introdurre modifiche alla disciplina in modo da fare sì che tutti i soggetti coinvolti nell'operazione (le banche che cedono le sofferenze, i servicer, gli investitori e il garante che è lo Stato) operino con i giusti Pag. 10incentivi, al fine di ridurre al minimo il rischio che poi la garanzia statale debba essere escussa.
  Anche la norma del decreto-legge «Cura Italia», volta a incentivare le cessioni entro il 31 dicembre 2020 di crediti deteriorati da parte delle imprese, potrebbe essere replicata. Questa misura, come voi sapete meglio di me avendola approvata, consiste nella possibilità di trasformare in credito di imposta una quota di attività per imposte anticipate, per un ammontare proporzionale al valore dei crediti deteriorati ceduti a terzi. Sulla base di informazioni ancora provvisorie, di questa norma hanno beneficiato cessioni realizzate dalle banche italiane nel 2020 per circa 15 miliardi. Ovviamente questo non è il valore della conversione in crediti, perché a questo corrisponde la conversione in crediti di imposta di circa 800 milioni di attività per imposte anticipate. Ulteriori proposte di revisione della normativa prudenziale, illustrate nella memoria che vi abbiamo mandato e su cui non mi soffermo, anche se non sono state sinora approvate a livello europeo potrebbero essere riproposte alla luce dell'evoluzione della pandemia.
  Infine è fondamentale rivolgere l'attenzione anche alla solidità delle imprese non finanziarie. Oggi su Il Sole 24 Ore c'era un titolo di giornale molto allarmista su questo. Io ho fatto fare un veloce esame ai miei uffici, perché noi abbiamo fatto delle valutazioni che sono decisamente meno negative. Ci sono vari problemi nel modo in cui si fanno questi conti. Dipende dalle imprese coinvolte, da quante sono, dove sono, in che aree, dalla probabilità che queste possano fallire, che può essere il 10, il 12, il 15 a seconda delle varie cose e così via; però effettivamente quello è un caso limite molto ampio, 115 mila.
  Però c'è anche da dire che la condizione delle imprese non finanziarie in Italia è decisamente migliore. È sceso, tanto per dire, il livello dell'indebitamento e anche la capitalizzazione di imprese è leggermente salita. Bisogna proseguire in questa direzione. Le misure di politica economica finora adottate, ancorché indispensabili, purtroppo incidono sull'indebitamento delle imprese, che non potrà che salire dopo anni di riduzione.
  In prospettiva, quindi, è opportuno valutare l'ampliamento e il rafforzamento di misure volte a rafforzare la patrimonializzazione delle imprese. Vi ricorderete l'ACE (Aiuto alla Crescita Economica), che poi è stata introdotta, fatta uscire, reintrodotta. Ci sono anche altre proposte che sono state approvate nelle leggi di bilancio ultimamente. È opportuno vedere come tutto questo possa contribuire a riequilibrare la situazione finanziaria di imprese che sicuramente avranno più indebitamento di quanto ne abbiano avuto prima della pandemia. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, Governatore. Adesso do la parola ai colleghi commissari per formulare i quesiti. Ho vari iscritti a parlare, darei un tempo massimo di cinque minuti. Potete scegliere se venire qui a leggere la domanda oppure farla direttamente dal posto, perché avete la strumentazione. L'onorevole D'Ettore, prego.

  FELICE MAURIZIO D'ETTORE. Grazie, Governatore, per la sua relazione e anche per la chiarezza con la quale ha affrontato temi difficili che in questo momento creano forti preoccupazioni, anche alla Commissione.
  I quesiti che abbiamo presentato come gruppo di Forza Italia riguardano in particolare la classificazione degli NPL in materia di default, sulla base di una recente risposta che abbiamo avuto dalla Commissione europea. In particolare, questa risposta viene direttamente dalla presidente della Commissione, che ha chiarito che vi sono aspetti ancora non definiti nella disciplina di derivazione comunitaria e nelle applicazioni che i vari Stati devono ancora armonizzare. Mi pare che la stessa valutazione in parte sia pure richiamata nella sua relazione, dove poi con riguardo alla definizione di default ha voluto ribadire che non vi sono, nella nuova disciplina, regole che comportano modifiche sostanziali nelle segnalazioni alla Centrale rischi.
  Su questi temi il nostro quesito è già arrivato; posso anche ripeterlo, ma questo Pag. 11è il senso della nostra domanda: volevamo avere delle risposte proprio alla luce di quanto è stato sollecitato in sede europea dal presidente Tajani alla Commissione e alla risposta articolata che abbiamo avuto. Infatti nei quesiti noi abbiamo allegato sia la richiesta del presidente Tajani sia la risposta della presidente della Commissione.
  Aggiungerei a questo che in sede di interpellanza recentissima alla Camera il Governo ha risposto che, con riguardo alla classificazione della sofferenza di un cliente in Centrale rischi, essa avviene sulla base dei criteri che noi conosciamo, in particolare quando risultino gravi difficoltà a restituire il proprio debito e dopo avere condotto un'annotazione della sua situazione finanziaria complessiva come espressamente richiesto dalla normativa più recente della Banca d'Italia. Tale valutazione non deve basarsi esclusivamente su singoli eventi, quali ad esempio uno o più ritardi nel pagamento dei debiti e poi via via sulla base anche di quello che lei ha riportato qui nella sua relazione. È anche vero, però, che il Governo ci ha fatto presente che nella grave situazione di difficoltà contemporanea rimane un margine di discrezionalità che porta poi a eventuali valutazioni complessive dei requisiti patrimoniali.
  Da questo punto di vista la risposta ci dice che proprio sul piano politico è stata evidenziata la particolare difficile condizione nella quale versa il sistema economico sociale così gravato dal Covid-19, che consiglia una gestione prudenziale rinnovata nonché flessibile da parte del sistema bancario degli intermediari finanziari, dei parametri di definizione di default in ordine alle quantità e nei tempi previsti.
  Il Governo italiano ha più volte evidenziato questa proposizione in sede europea e continuerà a farlo in occasione di confronto a livello comunitario. Per riassumere, anche da parte del Governo c'è una forte preoccupazione, nonostante gli interventi della Banca d'Italia che hanno attenuato i rischi e le attese che c'erano anche di possibili ricadute negative sul settore, soprattutto su piccoli e medi risparmiatori, o comunque l'esposizione dei debitori anche di minore momento.
  Lei ha voluto ribadire che non ci sono modifiche sostanziali. Rispetto alla risposta in sede europea e rispetto anche a questa che non è a sua disposizione ma è agli atti del Parlamento – il Governo ci ha risposto che vuole intervenire fortemente in sede europea – lei ritiene che ci sia ancora qualche ulteriore provvedimento da mettere in campo da parte della Banca d'Italia, tenuto conto di questo termine del 31 dicembre del 2021, con il quale abbiamo sospeso la situazione ma sulla base del quale i parametri rimangono comunque classificati e ritenuti rilevanti ai fini della definizione di default? Su questo tema ci sono interventi previsti? Come vede questa risposta alla Commissione? Mi dispiace, questa del Governo non l'abbiamo perché non l'avevamo ancora pronta e non l'abbiamo potuta portare ma era una risposta che abbiamo avuto alla Camera per un'interpellanza urgente appena presentata. Grazie, Governatore.

  PRESIDENTE. Collega Laus, prego.

  MAURO ANTONIO DONATO LAUS. Grazie, Governatore. Anch'io ringrazio per la chiarezza e la trasparenza della sua relazione.
  Volevo fare due riflessioni che generano un paio di domande. La nuova definizione di default, con riferimento a tutti gli intermediari che fanno parte dello stesso gruppo bancario o finanziario, impatta sulla rappresentazione della clientela nelle informazioni della Centrale dei rischi che la Banca d'Italia mette a disposizione degli intermediari e che questi utilizzano nelle proprie valutazioni del merito di credito. In particolare, se un cliente è affidato da più intermediari dello stesso gruppo, la classificazione a sofferenza dovrà considerare tutte le informazioni, positive e negative, che lo riguardano, disponibili all'interno del gruppo stesso. Le regole precedenti non prevedevano di considerare le informazioni a disposizione del complesso degli intermediari del gruppo. Per le banche meno significative che sono vigilate direttamente Pag. 12dalla Banca d'Italia, le nuove regole in materia di default sono state recepite in Italia a giugno del 2019 e prima dell'emergenza epidemiologica. Ciò detto, sono stati valutati gli effetti, cioè le previsioni di tale innovazione in termini di nuove segnalazioni presso la Centrale dei rischi? Considerata poi l'emergenza Covid-19, è possibile introdurre in ambito nazionale delle misure volte ad attenuare questi effetti?
  Vengo all'altra riflessione, che già è stata posta in anticipo dal presidente Ruocco. In pratica la stessa BCE quantifica in 1.400 miliardi di euro il rischio di nuove sofferenze per il totale delle banche europee e in Italia l'andamento delle sofferenze è stato largamente attenuato grazie alle misure di sostegno al credito, come si diceva prima, che a oggi ammontano a circa 400 miliardi. Secondo molti analisti, circa il 35 per cento di questa cifra si trasformerà nel 2021/2022 in posizioni deteriorate. Al di là della percentuale, che sia il 35, il 20, il 25, parliamo comunque di un problema molto complesso e sicuramente non suscettibile di disamine fugaci. A parere dall'autorità, esistono meccanismi innovativi di mercato per supportare il sistema bancario a gestire, oltre alle tradizionali operazioni di cartolarizzazione, le posizioni in sofferenza? Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Onorevole Foti, prego.

  TOMMASO FOTI. Grazie, Governatore. Nella relazione che lei ha esposto ma anche in quella che ci era stata inviata, emerge che l'aumento del peso degli NPL costituisce forse il principale rischio per le banche italiane. Sotto questo profilo questa Commissione si è occupata del tema. Addirittura prima della legge di bilancio si era ipotizzato anche di intervenire con un emendamento della Commissione sotto il profilo normativo. Dato che gli NPL hanno anche una forma di accumulo strutturale dovuto alle procedure di recupero dei crediti che vengono giudicate del tutto anomale ed effettivamente lo sono – mi pare che nella stessa relazione si faccia riferimento a un differenziale di due anni e mezzo della media europea contro i nove o nove anni e mezzo della media italiana –, le chiedo se, a suo avviso, occorrerebbe un provvedimento legislativo in materia di NPL e se ritiene che l'entrata in vigore, verso la fine di quest'anno, del Codice della crisi d'imprese e dell'insolvenza possa contribuire in modo significativo ad alleviare questa anomalia.
  La seconda è una domanda che si riferisce alle GACS. Se ho ben compreso, la Banca d'Italia le considera comunque uno strumento valido per la cessione dei crediti in sofferenza. Noi abbiamo una relazione che è stata svolta qui dall'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE), che invece va in senso opposto. Segnatamente debbo dire che si rileva come, seppur con un campione non omogeneo, vi possano essere oneri per lo Stato che dovrà sostenere i fondi acquirenti anziché sostenere le imprese. Lei sul punto conviene con questa critica che viene da ANCE oppure ritiene che sia fin troppo precipitosa? Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Senatore Pesco.

  DANIELE PESCO. Grazie. Grazie, Governatore. Le mie domande richiamano un po' quelle dei colleghi. Cercherò di essere il più coinciso possibile però ci tengo a fare una premessa. Secondo me, i fidi si dividono in due grandi categorie: i fidi facili e i fidi delle imprese in difficoltà. In questa sede io penso, ma penso anche tutti i colleghi, ci si riferisca ai finanziamenti delle imprese in difficoltà, non a quei finanziamenti e a quelle sofferenze delle banche dovute a fidi emessi con facilità della banca al solo scopo di arrecare danno alla stessa.
  Vado con le domande. La costante dell'approccio al problema NPL è sempre stata tesa all'esame dal solo punto di vista delle banche, con una visione che si è dimostrata prociclica. È forse mancato un equilibro, un confronto tra regolatori del sistema bancario e imprese in difficoltà, in particolar modo in momenti come l'attuale in cui il problema imprese e crediti deteriorati può divenire sistemico per motivi esogeni ma si spera che questi momenti siano temporanei. Pag. 13
  I crediti in UTP, le inadempienze probabili, i crediti verso le imprese ancora in vita sono un problema che riguarda l'intero sistema Paese, non esclusivamente le banche con la sola prospettiva dell'espulsione di tali crediti dei propri bilanci. La maggiore rigidità imposta dai nuovi limiti, da 100 euro a 500 euro e 1 per cento dell'esposizione totale nella definizione di default creditizio associato alla fine delle moratorie, non potrà che dilatare il problema. A questo scopo le chiedo se l'istituzione che rappresenta può farsi maggiormente carico di proporre e favorire la nascita di iniziative rivolte alla rapida rimodulazione e ristrutturazione extragiudiziale dei crediti verso le imprese in difficoltà e, ove possibile, favorire la possibilità regolatoria di concedere nuova finanza.
  Governatore, ho troppa stima di lei e dell'istituzione che rappresenta per accettare che la sola soluzione proposta al dramma che sta alla base della massa dei crediti deteriorati (le imprese, i loro lavoratori e le famiglie in difficoltà) sia unicamente quella di continuare nella strada di obbligare le banche a una rapida cessione massiva dei crediti. Ascoltando la sua relazione e leggendo le varie informazioni che Banca d'Italia non ha mancato di diffondere attraverso i suoi canali sul tema delle nuove regole di default e relative segnalazioni, pare che la Banca d'Italia, a mio modesto giudizio, sottostimi o non prenda in considerazione l'impatto delle nuove regole di default sulla valutazione del merito creditizio, sulle conseguenze per le aziende e soprattutto sulla mole di nuove segnalazioni che verranno inviate alle centrali rischi non di Banca d'Italia, ma alle centrali rischi private, come CRIF (Centrale rischi di intermediazione finanziaria), Cerved e tutte le altre.
  Banca d'Italia ha gli strumenti per valutare gli effetti reali che queste nuove norme produrranno sulle aziende, sulla relativa impossibilità a cui andranno incontro molte di esse di potere accedere al circuito del credito, su quali canali potranno utilizzare per rifinanziarsi, su quale sarà il reale impatto di tali innovazioni in un periodo particolarmente delicato, vista la pandemia, la crisi economica occupazionale e sociale?
  Governatore Visco, a suo parere, in merito all'introduzione delle nuove regole per la classificazione a default in un momento di crisi pandemica con evidenti effetti prociclici, a livello europeo è stato fatto il possibile per sospendere temporaneamente gli effetti? Si poteva fare di più? Siamo ancora in tempo per fare qualcosa?
  Allo stesso tempo le chiedo: ritiene possibile rivedere la posizione della Banca Centrale in merito all'utilizzo della flessibilità per le banche meno significative consentita dal legislatore europeo nell'applicazione delle norme, innalzando fino al limite del 2,5 per cento la storia di classificazione a default per tutte le banche?
  Le chiedo se Banca d'Italia ha previsto il monitoraggio in tempo reale degli effetti dell'introduzione delle nuove regole in maniera distinta tra grandi banche e banche meno significative, in merito a incrementi, entrate e uscite dal default, sconfinamenti concessi o negati, segnalazioni alle varie centrali rischi.
  Le chiedo, a suo parere, se ritiene corretto e teso allo scopo di cercare di allineare maggiormente la simmetria informativa presente tra la banca e il cliente, prevedere un obbligo di tempestiva e corretta informazione verso il debitore sulle modalità e conseguenze delle nuove regole sulla definizione di default creditizio, con un congruo preavviso prima della registrazione dell'evento e le possibili comunicazioni alle varie centrali rischi private.
  Governatore, ritiene utile e fattibile verificare la possibilità di creare strumenti creditizi o di garanzia di emergenza, in grado di intervenire prontamente e prevenire classificazioni a default per importi minimi? Un'ipotesi potrebbe essere, ad esempio, la creazione di una sezione speciale a fondi di garanzia di PMI che possa emettere una particolare garanzia pubblica a chiamata, in modo da colmare piccoli sconfinamenti temporanei in grado di determinare il default creditizio dell'impresa.
  Un'ultimissima domanda: Banca d'Italia potrebbe agevolare una minore rigidità del sistema bancario, allo scopo di evitare che Pag. 14debiti della Pubblica Amministrazione pagati in ritardo possano cagionare difficoltà alle imprese creditrici con ripercussioni riferite alla segnalazione del merito creditizio? Attualmente un'impresa classificata default non può scontare fatture neppure verso la Pubblica Amministrazione, non può cedere alla banca creditrice crediti di imposta già maturati e cedibili, determinandone una illogica discesa nel vortice dell'inadempienza rovinosa per l'impresa e dannosa per la stessa banca creditrice. Grazie, Governatore.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Senatore De Bertoldi.

  ANDREA DE BERTOLDI. Grazie, presidente. Naturalmente ringraziamo il Governatore per la sua presenza. A nome di Fratelli d'Italia voglio porle alcune domande sul tema partendo dal concetto di bad bank o di asset management company, naturalmente pubbliche, chiedendole, secondo la visione della Banca d'Italia, come vedrebbe la costituzione di un tale istituto, limitato però alle sofferenze, agli UTP e agli NPL, che siano sorti a decorrere dal 31 gennaio del 2020 e quindi dalla data corrispondente allo stato di emergenza che si è verificato in Italia in conseguenza della pandemia. In questo contesto, riterrebbe preferibile l'eventuale bad bank in un ambito meramente nazionale ovvero in un quadro europeo, e che quindi possa anche gestire queste sofferenze con una visione europeista, come noi potremmo anche auspicare?
  Venendo più specificamente agli NPL, le vorrei chiedere, anche alla luce delle audizioni che noi abbiamo avuto in questi ultimi mesi, se lei non ritiene che – soprattutto per quanto riguarda quelle imprese che sono finite in crisi finanziaria, quindi in default finanziario ma che avevano viceversa un equilibrio economico e che quindi erano aziende che avrebbero in buona parte potuto perseguire la strada della continuità e della salvezza – non sarebbe interessante prevedere delle forme di garanzie pubbliche che possano accompagnare le banche o le società finanziarie che gestiscono gli NPL di queste aziende, affinché non vengano trattate allo stesso modo aziende decotte e irrecuperabili e aziende che, invece, con un'adeguata assistenza finanziaria garantita dallo Stato, potrebbero superare il problema finanziario e dare quindi nuovo fiato all'economia del Paese, soprattutto dopo la pandemia.
  Sul tema del calendar provisioning in parte ha già risposto nel suo intervento. Mi limito solamente a dire che nelle comunicazioni che fanno le banche – ne ho qui una delle casse rurali del mio Trentino – di fatto il messaggio che arriva alla clientela è un messaggio più stringente, meno aperto di quello che lei ha voluto significarci; quindi, magari, un ulteriore passaggio sulla «necessaria flessibilità» – uso le parole che ha usato prima – potrebbe esserci utile.
  Per concludere brevemente, altri due concetti. Il primo è relativo soprattutto al mio territorio ma anche a tutto il territorio nazionale ed è incentrato sul credito cooperativo. Come lei sa sicuramente meglio di me, una delle peculiarità delle banche di credito cooperativo, delle banche di territorio, è appunto la vicinanza al territorio, al substrato economico e professionale delle nostre periferie. Il decreto MEF 162/2020 sulle nomine e quindi sui requisiti degli esponenti bancari è un decreto che sposa la logica del grande gruppo, di quel gruppo che ha portato le nostre casse rurali a diventare di fatto banche significant e quindi a perdere – ma qui apriremmo un grande dibattito – quelle caratteristiche che le hanno rese così qualificate nel territorio. Non pensa che sia utile recuperare una migliore agibilità per le casse rurali nella nomina degli amministratori, permettendo loro di essere davvero ancora vicine al territorio e non dovere ricorrere solamente a docenti e grandi manager internazionali?
  Vengo all'ultima domanda, che si richiama a delle dichiarazioni rilasciate al Financial Times dal Presidente incaricato, Draghi, su un tema che ritengo particolarmente importante per le nostre banche, per il nostro sistema economico. Nel marzo 2020 il Presidente Draghi, come ripreso da Italia Oggi sabato 6 febbraio, disse a proposito Pag. 15 del periodo dei decreti liquidità che il mancato rimborso dei debiti Covid, cioè dei debiti sorti o che sarebbero sorti nel corso della pandemia dell'anno 2020, avrebbero potuto essere assorbiti dallo Stato. Oggi qual è la mia domanda, il parere che vorrei avere dalla sua competenza? Molte categorie economiche, con le quali noi di Fratelli d'Italia ci siamo quotidianamente confrontati nei nostri territori, ci chiedono sul debito Covid (il debito sorto per resistere in questa pandemia) o un prolungamento del debito a 25-30 anni ovvero ci chiedono, sintetizzando, una nazionalizzazione di quel debito, naturalmente riferito a quelle imprese che hanno avuto perdite consistenti dovute ai vari lockdown e che magari non hanno fatto particolari investimenti, perché è chiaro che se un'azienda ha investito particolarmente è un altro discorso. Il debito Covid, il debito per resistere, il debito per mantenersi in piedi, non potrebbe essere visto come un debito da nazionalizzare, in modo tale che lo Stato possa garantire la continuità del tessuto produttivo e imprenditoriale italiano? Questo lo dico alla luce delle dichiarazioni, molto simili a questo concetto, del Presidente Draghi. Mi taccio e ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Senatore Lannutti. Vi prego di attenervi all'oggetto dell'audizione. Prego, senatore Lannutti.

  ELIO LANNUTTI. Buongiorno, signor Governatore. La ringrazio per avere accettato l'invito della Commissione Banche in merito a temi importanti, disciplinati da EBA, Commissione europea, BCE, che potrebbero mettere in crisi la tenuta del sistema bancario, la stessa continuità aziendale delle piccole e medie imprese. Secondo Cerved, delle oltre 800 mila, con la pandemia un terzo rischierebbe di non riaprire i battenti. La sofferenza materiale di tante famiglie imprenditrici è già messa a dura prova dalla sciagura planetaria denominata «Covid-19». Mi permetta quindi di rivolgerle alcune domande, auspicando che la premessa non la possa sorprendere.
  Signor Governatore, professare ottimismo, specie in periodi di crisi, potrebbe sì contribuire a mitigarla ma potrebbe anche creare illusioni. Ci sono stati alcuni studi di ricercatori, in particolare Steven Kotler, economista, e Martin Seligman, psicologo, università Pennsylvania, secondo i quali l'ottimismo potrebbe essere motore dell'economia. Infatti tali studi empirici dimostrano che l'ottimismo è un sentimento decisivo per il successo economico, anche se la biologia umana predispone l'uomo a cogliere il pericolo trasformandolo in attore pessimista ma ciò potrebbe essere attenuato dalla maggiore attenzione all'esperienza positiva vissuta quotidianamente. La risposta è stata data da neurologi e psicologi, secondo i quali le informazioni elaborate dal cervello sono filtrate dall'amigdala, che funge da rilevatore di pericoli. Non a caso ci sono rivelazioni statistiche da decenni che riguardano la fiducia nell'economia da parte dei consumatori, delle famiglie e delle imprese.
  Molte domande sono già state fatte dai colleghi e, per il tempo che non voglio sforare, ne ripeto solo alcune. Le nuove norme del default. Lei ha risposto ad alcune domande, però non vorrei che la realtà fosse peggiore di quanto sia rappresentato dalla teoria. Poi il limite stringente in relazione all'operazione di ristrutturazione del credito. Su questo anche l'ABI si è pronunciata, perché in seguito a questa ristrutturazione onerosa il valore attuale netto di flussi di cassa dopo la ristrutturazione del credito per la banca si riduce di oltre l'1 per cento rispetto al valore attuale netto dei flussi di cassa del debito originario. Volevo chiederle se questo è compatibile con l'ordinaria e prudente gestione del credito e del risparmio.
  Infine, signor Governatore, la norma sulle GACS. Lei ha risposto, però anche su questo noi abbiamo avuto in questa Commissione Confedilizia, il cui studio non è molto rassicurante. Io ricordo che le norme sulle GACS furono ideate dal Governo Renzi e dall'ex Ministro del tesoro Padoan, per gestire quelle sofferenze bancarie su cui lei si è molto dilungato, per smaltirle mediante gli NPL a società veicolo. Però io ricordo la prima valutazione che fu fatta di queste società veicolo nella prima risoluzione delle Pag. 16quattro banche, 17,4 per cento, quando erano descritte al bilancio al 48-50 per cento. Lei ritiene che forse bisognerebbe rivedere queste norme? Da molte parti arriva l'accusa di avere favorito fondi e società speculative. Invece noi, e credo anche la Banca d'Italia, abbiamo il dovere di favorire l'interesse generale e il bene dell'Italia. La ringrazio molto, signor Governatore.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Senatrice Rivolta, prego.

  ERICA RIVOLTA. Grazie, presidente. Buon pomeriggio, Governatore. Intervenendo al Forex, lei ha sostenuto che le regole prudenziali di vigilanza basate su un approccio di calendario possono avere sui bilanci delle banche un effetto non irrilevante nel breve periodo ma in complesso gestibile, un impatto sui conti economici di natura transitoria che si annulla nell'intero ciclo di recupero del credito. Ci può confermare, per favore, come ha fatto in audizione il Ministro Gualtieri, che i timori di chi ritiene che queste normative procicliche possano rendere meno efficaci i provvedimenti assunti dal Governo per espandere il credito sono infondati? Penso sia molto importante fare chiarezza su questo punto. Grazie.

  PRESIDENTE. Senatore Bagnai.

  ALBERTO BAGNAI. Grazie, presidente. Ringrazio anche il signor Governatore. Oggi l'argomento è incentrato sul sistema bancario ma è chiaro che ci sarà anche un ruolo per il mercato dei capitali fondamentale per la ripartenza delle nostre imprese e anche strategico per affiancare e rafforzare l'impegno del sistema bancario verso il mondo delle imprese e rendere le banche stesse più attente a questo mondo.
  Sempre nell'intervento ad Assiom Forex sabato, nel parlare dell'operazione Euronext-Borsa Italiana, ha dichiarato che l'operazione è al vaglio delle autorità e che le società italiane di gestione dei mercati e dei sistemi di post rating, anche in virtù della loro elevata incidenza sull'assetto patrimoniale ed economico del gruppo, potranno fornire un contributo strategico e significativo nella nuova collocazione societaria. In questa ottica riteniamo fondamentale che venga preservata l'autonomia gestionale e operativa di Borsa Italiana. Ad aprile il Presidente di Consob, Paolo Savona, in audizione in Commissione Finanze, nel dibattito, commentando le pressioni del London Stock Exchange per ridurre l'autonomia di Borsa, ha dichiarato che il Governo potrebbe invocare il golden power ove non fossero assicurate autonomia operativa e garanzia di crescita a Borsa Italiana.
  La domanda è: il tema delle garanzie oggi è all'ordine del giorno? È a conoscenza di un piano di investimenti per Italia di Euronext? Grazie, signor presidente.

  PRESIDENTE. Può ripetere le ultime due frasi, per favore, senatore Bagnai? L'ultima parte della domanda.

  ALBERTO BAGNAI. Se è a conoscenza di un piano di investimenti per l'Italia di Euronext.

  PRESIDENTE. Ho terminato il primo ciclo di domande. Quindi il Governatore adesso risponde poi se qualcuno ha altre domande, faremo un altro giro. Prego.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Prima di tutto, grazie. Le domande sono state molte e ad alcune di queste è anche molto difficile rispondere. Non è facile avere la capacità di fare previsioni, quali quelle che forse a volte potrebbe essere necessario avere.
  Tra le domande che ci sono state, partirei da alcune stime e dati quantitativi, perché vi è una valutazione giustamente preoccupante di quello che sarà l'effetto della pandemia sul sistema delle imprese e quante di queste si troveranno in difficoltà, non riusciranno a ripagare i propri debiti e cosa fare in questo caso. Questo è un primo punto, ovvero quanto sarà grande il problema degli NPL o dei crediti deteriorati quest'anno e il prossimo anno per questa pandemia. Pag. 17
  Il secondo punto, se ho capito bene, è quanto forte sarà l'effetto della normativa del default. Questi sono i due grandi punti. Cercherò di rispondere puntualmente a ciascuno di voi, ma vorrei inquadrare i vari punti.
  Sia dalla presidente che dall'onorevole D'Ettore è stata citata la questione della stima di 1.400 miliardi dei crediti deteriorati che è stata avanzata non dall'EBA ma dal dottor Enria, mentre nella memoria leggete che il mercato pensa 60, 80 miliardi. Le stime sono difficilissime da fare. Non prendiamo questi numeri se non come riferimento. Inoltre, chiaramente le stime dipendono da una serie di circostanze che in questo momento è assolutamente impossibile prevedere.
  Vediamo come sono state fatte queste stime. La stima della BCE, è la stima di uno scenario molto negativo in cui nel 2020, nel 2021 e nel 2022 si ha una caduta, se ricordo bene, del 7 per cento del prodotto in Europa, mentre nelle previsioni tendenziali nel 2022 in media si recupera tutto. Quindi, non c'è questa differenza molto forte.
  In secondo luogo, non sono stime dei crediti deteriorati che avremo in più in questi anni, ma quale sarà il livello dei crediti deteriorati alla fine del 2022, se queste valutazioni così negative si realizzeranno. I crediti deteriorati in più non sono 1.400 miliardi, perché ricordiamoci che quelle sono solo le stime significative, bensì sono 1.400 miliardi meno lo stock attuale di 500 miliardi nell'area dell'euro. Quindi, stiamo parlando di 900 miliardi. Cosa si applicherebbe a noi? Noi abbiamo circa il 25 per cento della componente deteriorata nel complesso. Si potrebbe dire che il 25 per cento per mille fa un numero importante, che è circa più 200, quindi è più grande. Tuttavia, è molto più forte la valutazione negativa dell'economia. Le nostre stime fatte sulla base dei nostri scenari microeconomici, delle probabilità settoriali – perché poi dipende da quali sono i settori nei quali queste crisi si manifesteranno e così via – sono al di sotto dei 100 miliardi. In ogni caso, questo è il motivo per cui io al Forex ho detto che c'è da attendersi un aumento dei crediti deteriorati ma su livelli molto lontani da quelli raggiunti nel 2014-2015 dopo il combinato disposto della crisi finanziaria globale e della crisi del debito sovrano. Non abbiamo la sfera di cristallo ma siamo abbastanza fiduciosi, anzi, molto fiduciosi che si possa contenere. Quanto più efficaci sono i programmi che si possono mettere in atto, non soltanto per alleviare la sofferenza delle imprese e delle famiglie che ce la possono fare e quindi è bene tenerle in vita per poterle poi far riprendere, quanto più noi riusciamo a fare quegli investimenti e quelle infrastrutture e riforme che possono far salire un po' il tasso di crescita depositato, tanto più basse saranno le stime. Per ora le stime non contengono questo tipo di effetti, che sono sostanzialmente gli effetti di domanda standard e non ci sono le componenti di offerta degli scenari microeconomici che sappiamo fare. Questo è il primo punto.
  Credo che l'onorevole D'Ettore avesse anche alcune domande su queste apparenti aperture che sono venute dalla Commissione europea a seguito della richiesta dell'onorevole Tajani alla Presidente von der Leyen. La risposta è stata: «Sì, le cose si potranno fare». In realtà, la risposta della Banca d'Italia è che noi cerchiamo di fare il massimo per convincere le banche ad aprire un negoziato e un diretto confronto con i propri clienti affinché ci sia un'informazione completa. Se i clienti hanno dei momenti di difficoltà, si possono individuare delle procedure per evitare di andare a scrivere il default. Il problema deve essere simultaneo e ripetuto.
  Questo, ovviamente, deve avere due misure, ovvero lo sconfinamento di una cifra leggermente modesta e l'1 per cento e i 90 giorni. I 90 giorni li avevamo da 10 anni e prima erano 180. Ero molto spaventato quando abbiamo introdotto in Italia i 90 giorni, perché pensavo non che gli italiani avessero difficoltà a pagare ma che avessero delle consuetudini di crediti commerciali e dei rapporti. I rapporti con la Pubblica Amministrazione, a cui ha fatto cenno, sono gravissimi. In questo caso è la Pubblica Amministrazione il problema, non le imprese. In realtà, non ci sono stati grandi problemi su quel piano. Pag. 18
  Sul problema dal 5 all'1 per cento abbiamo a lungo discusso per cercare di tenerlo più alto ma non c'è stato niente da fare. Alcuni Paesi avevano zero e si sono portati a 1. L'impressione che le due condizioni valgano insieme è molto forte. Questo è il punto. Non basta sconfinare di 100 euro, ma bisogna avere uno sconfinamento rilevante e ripetuto rispetto alla tua posizione. Il fatto che questa cosa vada in Centrale dei rischi non si pone. Vai in Centrale dei rischi perché la banca deve valutare la tua posizione. Quello che è molto importante è il dialogo fra la banca e i clienti. Noi dovremo monitorarlo e, per fortuna, adesso abbiamo anche una struttura che si occupa della trasparenza e della tutela della clientela e la metteremo al lavoro su quello. Non abbiamo gli strumenti per dire che la Commissione farà qualcosa di diverso da quello che è stato fatto finora. Non credo che questo avverrà.
  In particolare, per la sospensione del calendar provisioning, abbiamo appoggiato il Ministero quando ha fatto queste richieste, ma la risposta è stata negativa anche da parte di quei Paesi che avevano in realtà situazioni originali di gravi crediti in sofferenza e deteriorati. Credo che la cosa importante sia che, anche sulla base del monitoraggio dei dati che abbiamo, continuiamo a discutere con le banche per fare in modo che le banche e i clienti colpiti da questo fenomeno non siano sanzionati per questo. Bisogna trovare le forme. Se si hanno più rapporti con una banca, forse bisogna ristrutturare le banche per evitare che si vada in negativo su una di queste mentre l'altra continua a essere positiva.
  C'era una domanda sui gruppi e sulla Centrale dei rischi. Sostanzialmente, una delle innovazioni è che bisogna guardare al gruppo e non alle singole banche. Per cui, se si ha un problema con una banca del gruppo, è come se si avesse un problema con tutto il gruppo. Era così anche prima. Non è cambiato niente. La nostra richiesta era di guardare in modo complessivo la situazione del cliente. Quindi, si trasmettevano le informazioni nell'ambito del gruppo. Secondo i miei uffici, credo che forse questo sia meno grave, perché nell'ambito del gruppo si può valutare la posizione di un cliente, avendo informazioni magari positive dalle altre e non soltanto trasferendo quella negativa da una parte al tutto. Questa è una cosa da vedere, ma non vi è un cambiamento rispetto a come vi era la classificazione per la Centrale dei rischi. Vi è un cambiamento per come c'era la classificazione del default.
  Che cosa vuol dire default? Il default vuol dire rendere la banca più prudente. Non necessariamente ha un impatto sul cliente e sulla sua iscrizione in una particolare categoria in Centrale dei rischi. La banca, a questo punto, deve mettere un peso più grave e più alto al rischio connesso a quell'attività. Quindi, quando va a fare rapporti di capitale, deve risentire di quello. Siamo partiti da livelli di capitalizzazione notevolmente più alti rispetto a quelli che avevamo prima della crisi finanziaria del 2007/2010. Questo ha consentito di avere margini. In più, l'anno scorso abbiamo anche detto alle banche di non distribuire i dividendi di quest'anno, poiché non avevano avuto i default, i problemi di crediti in sofferenza e quindi il provisioning legato a quello, perché sostanzialmente avevano avuto delle garanzie pubbliche ai crediti concessi alla maggior parte delle imprese e avevano beneficiato delle condizioni finanziarie favorevoli. Fino a dicembre, abbiamo invitato le banche, secondo un accordo che abbiamo avuto a livello europeo, a distribuirne una componente non particolarmente elevata, se effettivamente si trovavano in buone condizioni. Inoltre, le abbiamo invitate ad essere prudenti. Questa è la risposta dal lato delle banche. È utile perché consente alle banche di non andare a fondo. Qui abbiamo un problema evidente: da un lato abbiamo il problema dei clienti delle banche; dall'altro abbiamo il problema delle banche; poi abbiamo un vincolo di bilancio. Se favoriamo le banche dicendo: «Non ti faccio abbassare il rapporto di capitale, perché non considero questi crediti come dei crediti da scrivere come deteriorati» rischio di creare un cliff, un effetto picco, quando poi questi crediti di fatto diventeranno sofferenze e a questo punto la banca può avere veramente Pag. 19un crollo improvviso. Nel frattempo, la questione dall'altro lato è che: «Se, invece, scrivo che questo signore non mi ripaga, poi a quel signore non gli do più i finanziamenti». È vero, ma il problema delle imprese che falliscono non è legato al credito e alle regole del credito bensì all'economia. Il sollievo non deve venire dalle banche. Se noi riconosciamo che ci debba essere un sollievo per i dipendenti che perdono il lavoro, per le imprese che devono chiudere, è un sollievo che deve venire dal bilancio pubblico e dobbiamo porci il problema di come questo bilancio pubblico vada finanziato e considerato. Questo è qualcosa che riguarda quasi tutte le domande che sono state fatte, perché per tutte queste domande c'è la richiesta: «Si può fare qualcosa in modo che...?». Si può fare qualcosa se c'è un problema a chi ha il problema. Andare a muovere una posta da un lato all'altro sul piano dei bilanci delle banche solamente per evitare che emerga una posizione di difficoltà, alla lunga può essere molto dannoso.
  Ci sono due domande sul calendar provisioning. È stato chiesto cosa ci aspettiamo riguardo gli effetti prociclici. Ci sono gli effetti prociclici, perché c'è un periodo entro il quale si deve segnare. Noi abbiamo fatto un po' di esercizi. Non l'ho detto nell'introduzione ma, se leggete la memoria – credo che siamo stati abbastanza precisi –, sulla base dei crediti che sono stati concessi nell'ultimo anno, l'anno della pandemia, dei tempi di calendar provisioning che abbiamo, delle valutazioni di posizioni che abbiamo visto che si potevano deteriorare, l'effetto è stato modesto. Lo avete sicuramente nella memoria. Mi sembra significativo. È utile dirlo, perché mi sembra che la stima sia rilevante.

  ALBERTO BAGNAI. 11 miliardi, signor Governatore. A pagina 21.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Ah, ecco, a pagina 20 e 21. Grazie. Noi abbiamo avuto 280 miliardi di crediti dalla fine di aprile 2019 e 5 miliardi sono stati classificati come NPL. Ovviamente hanno beneficiato delle garanzie però questo è quello che ci aspettiamo per quest'anno. Cosa succederà? Di questi, solo 2,5 miliardi sono privi di garanzie ammissibili. Alla fine, la nostra valutazione è che quest'anno e il prossimo, data anche la struttura del calendar provisioning, non dovremmo avere effetti prociclici gravissimi. Poi dopo, sicuramente nel 2023, ci saranno. L'economia deve crescere nel 2023 per compensare gli effetti che eventualmente emergeranno degli NPL che ci saranno allora ma si spera in un'economia più solida. Adesso l'effetto prociclico non sembra manifestarsi, grazie anche al fatto che è stato compensato dalle garanzie pubbliche e dalle moratorie, che sono servite a compensare proprio la prociclicità. Credo che sia stata una buona cosa. Il problema è che poi bisogna capire che succede quando si esce da queste misure. Noi stiamo continuando a dire ai responsabili della finanza pubblica, a livello dei banchieri centrali: «Mi raccomando che l'uscita sia graduale e progressiva, che non sia improvvisa e definitiva. La controparte è la crescita dei debiti pubblici. Per poterla contenere, nel frattempo fate in modo che ciò che mettete nell'economia generi capacità di reddito, di crescita e di occupazione». È un esercizio molto complicato. Non so se il presidente incaricato avrà la bacchetta magica per risolvere il problema. È molto difficile, però stiamo tutti cercando di lavorare in questo modo. È dall'inizio dell'anno scorso che ci sentiamo continuamente con i Ministri, i Governatori e, con una crescita della cooperazione inattesa, di fronte a uno shock comune, questo è quello che ha luogo, però non si può che proseguire in questa direzione. Una volta che avremo una stabilizzazione, bisognerà essere consapevoli che ci saranno delle situazioni complicate.
  Per esempio, è stata citata anche la situazione finanziaria delle imprese. Le imprese sicuramente escono più indebitate da questa crisi. C'era stato per le imprese italiane un grande progresso. Il rapporto di debito sul complesso del debito del patrimonio, che è una misura standard, era sceso a livelli più o meno medi europei. Adesso, di questo rapporto, c'è una componente che sale che è quella del debito Pag. 20bancario e noi vorremmo che il debito fosse più distribuito. Da noi è molto difficile, in realtà, avere una componente obbligazionaria, soprattutto per le piccole imprese, però c'è anche una componente patrimoniale che bisogna far salire e quindi occorrono degli incentivi. Su questo, credo siano utili e rilevanti.
  Scusate, sono un po' disordinato. Per quanto riguarda le GACS, non sono d'accordo sulla critica. Capisco che bisogna essere molto attenti. Su questo sono d'accordo. Credo che bisogna partire dall'inizio. Noi abbiamo spinto a lungo la Commissione a cercare di valutare due cose. La prima è la distanza del prezzo di mercato dal prezzo di «libro» dei crediti deteriorati o in sofferenza, sapendo da nostre ricerche e analisi che se un credito resta in una banca – certo, la banca ha un immobilizzo e ha problemi a dare altro credito – e se la banca lo gestisce – noi vorremmo che lo gestisse più in fretta, in modo più ordinato e con più trasparenza eccetera – alla fine del processo più o meno recupera 40, di mercato fa 20 o anche meno. Perché fa meno? Per vari motivi: può esserci un extraprofitto, perché sono poche imprese che sono oligopolistiche; in buona parte perché il periodo di recupero è molto lungo in Italia e quindi devono investire a lungo termine e tenere immobilizzato questo investimento; perché hanno un intervento che è un diretto investimento di fondi e non alleva e devono avere una remunerazione più alta. Tutto questo può essere giustificato però si confronta con il doppio del valore di libro. Con le GACS, con le spinte a migliorare il funzionamento del mercato, con le esperienze terribili che abbiamo visto per le piccole banche, che, però, hanno avuto dei risultati molto insoddisfacenti nel vendere i propri crediti deteriorati, data la pressione della Commissione, abbiamo visto che c'è un problema con il prezzo di mercato. La Commissione, che ha una struttura di concorrenza – non chiamiamola «liberista» –, considera il prezzo di mercato, il riferimento. Poi vi è il prezzo di libro. Questi due prezzi si sono andati a restringere al migliorare del funzionamento del mercato secondario e le GACS hanno contribuito a questo.
  Credo che si possa fare un salto avanti con le AMC e con una definizione di prezzo di mercato che riconosca che in alcuni casi ci troviamo di fronte a un bene pubblico e, quindi, l'impresa che acquista questi crediti deteriorati non deve fare necessariamente un profitto e questo può andare a remunerare in qualche modo i costi fissi e così via. È un negoziato molto complicato che il Ministero, che l'ha condotto per l'Italia, non è riuscito a portare a casa. Credo che si possa riaprire e che si debba continuare a riaprire.
  C'era una domanda che era stata fatta su una AMC che, in realtà, credo sia focalizzata a tener conto soltanto dei crediti deteriorati che sono maturati per la pandemia. A me sembra una questione interessante che andrebbe approfondita. Forse il negoziato con la Commissione è qualcosa su cui si può migliorare, perché forse la condivisione del problema da parte dei vari Paesi può essere maggiore.
  Senatore Bagnai, se vuole rispondo rapidamente alle domande.

  ALBERTO BAGNAI. Mi perdoni non volevo mancarle di rispetto ma abbiamo una riunione di gruppo.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Su Euronext. La mia impressione è che ci sono due questioni. In primo luogo, le componenti italiane che entrano in Euronext fanno un mestiere che in Euronext non è presente. In secondo luogo, si sono dimostrate buone imprese per quello che riguarda il London Stock Exchange. Non sono parte della discussione ma voglio che questo settore di post-trading funzioni in modo efficiente, anche perché ricordiamoci che gestiscono il debito pubblico italiano. Su questo ci sarà tutta la vigilanza possibile per le nostre competenze ma sono sicuro che anche Savona farà lo stesso per quella della Consob. Non è una questione di golden share o meno, bensì è una questione di valorizzare le capacità che ci sono là dentro. Dagli accordi che leggo e che ho sentito, parlando Pag. 21anche con il Ministro e con la Cassa depositi e prestiti, mi sembra che vi sia un riconoscimento nel Consiglio di Amministrazione e nei vertici che poi gestiranno la faccenda, che va in una direzione paneuropea anziché legata a un Paese particolare. Sono incoraggiato da questo. Le alternative che ho visto mi sembravano un po' rischiose, però vedremo. Questa era la risposta.
  Altre domande hanno a che fare con i timori del calendar provisioning che ho detto al Forex. Mi sembra che ci siano ma non mi sembrano così straordinari sul piano prociclico. Non credo che il Ministro Gualtieri abbia letto quello che ho detto, ha una sua visione indipendente. La mia impressione è che noi abbiamo fatto questi conti e ci sembra che in questi due anni non dovremmo avere effetti straordinari ma negli anni successivi bisognerà gestirli in modo appropriato.
  Ci sono molte domande del Senatore Pesco. Comincio dalla domanda sulla Pubblica Amministrazione. È vero che quello è un problema, però il problema è la Pubblica Amministrazione e bisogna spingere affinché questo migliori. Io sono abbastanza soddisfatto dei risultati che abbiamo visto negli ultimi due anni. Con l'introduzione di questo nuovo sistema di rilevazione che si chiama SIOPE+ (Sistema Informativo sulle Operazioni degli Enti Pubblici), al quale abbiamo lavorato in Banca d'Italia insieme alla Ragioneria quando vi era il dottore Franco e che, secondo me, è un ottimo sistema informatico che ha spinto le amministrazioni locali a essere più sollecite, ho visto grandi miglioramenti. Abbiamo avuto ancora dei problemi, come abbiamo visto, con i rilievi che abbiamo avuto dall'Europa, però c'è un progresso. Ciò detto, bisogna spingere, andare a vedere, monitorare e rendere chiaro quali sono coloro che sono in ritardo. Lavorerei moltissimo dal lato della Pubblica Amministrazione e non dal lato di fare un'eccezione per questa componente, tenendo conto che possiamo arrivare a 180 giorni in quel caso e non a 90, però deve essere tutto ben monitorato. Credo che il ruolo della Pubblica Amministrazione sia importante.
  Per quanto riguarda la simmetria informativa, è cruciale, sono d'accordo. Faremo il possibile affinché le banche comunichino come si deve alla clientela e quando si deve. Ci sono diverse forme di obblighi comunicativi che riguardano il cliente e che riguardano la banca. Le informazioni sono da dare secondo regole diverse, però noi dobbiamo essere non solo in grado di fare rispettare questo ma anche di incoraggiare a essere proattivi il più possibile. Quindi, cercheremo di farlo.
  Sul monitoraggio in tempo reale, certamente cercheremo di fare il più possibile. Si poteva fare di più a livello europeo? Io credo di sì ma dobbiamo capire che noi siamo una parte che ha dei vizi peculiari. Uno dei vizi peculiari è quello del funzionamento della giustizia civile.
  È stata fatta una domanda al riguardo. Credo che non si tratti solo di una questione di norme bensì è questione di organizzazione. Vi sono tribunali che funzionano benissimo nel nostro territorio ma la varianza è straordinaria. È un problema di disponibilità di personale tra tribunali e di lentezze endemiche. Ci vuole il Ministero che faccia lì una attività molto forte anche di distribuzione di risorse, è un problema urgente ed è una cosa che noi diciamo da parecchio. Ci sono stati dei provvedimenti che hanno migliorato la situazione e abbiamo avuto delle leggere riduzioni di tempo ma siamo altamente fuori linea rispetto a tutto il resto dell'Europa. Il problema è che tutte le volte che vado a discutere con i miei pari, se volete, il Ministro con gli altri Ministri, è che fai una domanda, ma fai una domanda per un'esenzione di un'eccezione negativa e ti dicono: «Metti a posto l'eccezione». Poi vi sono alcune stranezze, ad esempio, a me non piace l'idea che non sia un bene pubblico intervenire su una banca in crisi. Ho sempre detto che se una banca fallisce quella che fallisce il giorno dopo è la banca accanto. Se fallisce il supermercato non è detto che fallisca quello accanto, anzi è probabile che qualcuno prenda il posto di quel supermercato. In realtà probabilmente è Amazon. Quindi, bisogna capire cosa succede. Pag. 22
  Non so chi aveva fatto una domanda sul fit and proper, sulle BCC. Prima di tutto, non sono equivalenti. È essenziale che ci sia fit e proper, dove «proper» vuol dire che tutte le cose che si osservano, come i nostri tre tempi di giudizio e altre cose complicate, sono state chiarite finalmente in questa disposizione governativa. Io sono preoccupato del fit. Ci vogliono dei vertici e delle prime linee di banche competenti, anche di quelle piccole. Ho scritto recentemente la prefazione a un libro su Stringher che è stato Governatore della Banca d'Italia per l'Associazione nazionale fra le banche popolari. Avevano scritto questo libro e mi hanno chiesto di fare una prefazione e per scriverla sono andato a vedere un pochino cosa successe all'epoca di Stringher. All'epoca di Stringher c'erano due tipi di banche: le banche commerciali, miste e così via e tante banche popolari, casse rurali e casse di risparmio. I fallimenti e i problemi di queste banche degli anni Venti e degli anni Trenta sono stati straordinari. Se si vanno a leggere le cronache d'epoca, quelle che dominavano erano le incompetenze. Il punto di fondo è che se hai un rischio, poi cerchi di trovare qualcuno che ti aiuti e quel qualcuno che ti aiuti la maggior parte delle volte non ti aiuta ma ti fa andare peggio. C'è una citazione molto interessante di Stringher stesso e l'ho portata perché immaginavo una domanda. Nel 1926 ci fu una nuova legge bancaria e Stringher non fu proprio contento che la vigilanza fosse data alla Banca d'Italia, perché la Banca d'Italia prima era una banca anche commerciale, quindi, le si tolse la componente commerciale, facendola diventare l'unico istituto di emissione e in più dandole anche il compito di sorvegliare le altre. Stringher diceva che avrebbero fatto tutto nel miglior modo possibile, come tutti noi diciamo e cerchiamo di fare sempre. Diceva: «Con queste disposizioni non si è inteso, certamente, di evitare ogni pericolo, ogni inconveniente e di dare comunque una sicura garanzia ai depositanti. Per quanto puoi avere la legge migliore del risparmio, non c'è una sicura garanzia». All'epoca tutti i creditori erano depositanti. Stringher dice: «Perché questa garanzia, più che da norme legislative è da trarre soprattutto dalla capacità, dal vigile accorgimento nell'operare e dalla rettitudine degli uomini, cui sono affidate le sorti delle aziende di credito». Questo vale per le grandi banche ma vale anche per le piccole banche di credito cooperativo e così via. Essendo coscienti del problema della proporzionalità, nell'intervenire su questo, queste richieste sono state graduate. Per cui sono meno forti le richieste di competenza per le banche più piccole, quelle che hanno un attivo inferiore a 3,5 miliardi e stiamo ragionando per portare questi 3 miliardi e mezzo a 5 miliardi, dopodiché bisognerà vedere con attenzione cosa faranno. Non sono sostanzialmente equiparate alle banche significant, per le quali il processo è molto più forte nella richiesta della competenza. Addirittura gli si dice che se la persona che entra nel Consiglio di Amministrazione è un ottimo imprenditore, ma la banca non lo conosce, gli si fa fare due corsi di tecnica bancaria. Questo è il modo di procedere BCE. Tenete conto che, tra l'altro, tutte le valutazioni sui fit and proper sono di competenza del Sistema di Vigilanza Unico. Ovviamente noi facciamo l'istruttoria, siamo parte del Sistema di vigilanza e non possiamo dire che sia colpa loro quando ne siamo parte, però c'è una armonizzazione che riguarda tutti i Paesi. Noi siamo stati a lungo considerati fuori linea per la parte proper, perché abbiamo un processo molto più lungo e diverso. Altri hanno due gradi di giudizio, noi ne abbiamo tre, noi abbiamo processi molto lunghi e nel frattempo possiamo mantenere le persone in certe posizioni che in altri Paesi sarebbero considerate non adatte. La parte che credo sia molto importante è quella della competenza e della capacità di conoscenze.

  ANDREA DE BERTOLDI. Scusi, l'eventuale innalzamento da 3,5 miliardi a 5 e questi limiti sono a prescindere dal fatto che la banca appartenga a un gruppo? Penso ai gruppi cooperativi.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Queste sono banche per banche, ovviamente. Certo. Pag. 23
  Devo dire che, per un'Autorità di vigilanza nazionale come noi, avere tutti questi piccoli problemi non è diverso dall'avere i grandi problemi. Dobbiamo avere delle persone in queste banche che siano sicure dal punto di vista dell'antiriciclaggio, della competenza e che non tentino di trasformare quella banca in qualcosa di diverso dalla banca dei soci del territorio. Ho molta paura quando mi si parla di banca del territorio per l'esperienza che abbiamo avuto sulle banche del territorio non perché la politica stia dentro – è ovvio che vi è una consuetudine della politica locale – ma perché poi alla fine c'è una cattura complessiva del territorio e si ignorano i problemi e poi dopo deve arrivare qualcuno per risolverli. È molto complicato. Abbiamo un sistema molto diverso da quello che predomina in altri Paesi.

  PRESIDENTE. Ci sono altri due Commissari che vogliono porre quesiti, Zanettin e Ferro. Infine, una precisazione da parte del collega Pesco. Prego, collega Zanettin.

  PIERANTONIO ZANETTIN. Grazie, presidente. Grazie, Governatore. Io mi occupo di giustizia e quindi sono stato sollecitato a questa domanda, proprio perché vorrei condividere con lei alcuni ragionamenti. Sulla situazione dei tempi del processo di cognizione, la politica è sempre d'accordo. Sappiamo quali sono i problemi, ovvero le carenze organizzative e le carenze di personale. Personalmente, occupandomi di giustizia, ho trovato che sul processo di esecuzione, invece, non siamo tutti d'accordo. Capisco anche i motivi. Quando parliamo del processo di esecuzione, forse la velocità e la celerità delle procedure viene interpretata e viene vissuta in tanti casi come qualcosa che è socialmente insopportabile. Sono state fatte tante riforme ma personalmente ho trovato tante resistenze che vengono dalla politica, anche dal livello più basso. Non è facile contemperare queste due esigenze. La velocità nel processo esecutivo è qualcosa per cui noi politici, nel momento in cui la decliniamo in proposte di legge, troviamo delle difficoltà. Sono appassionato di queste cose e dico sempre: «Perché noi abbiamo il problema del calendario e gli altri Paesi no?» Forse perché siamo permeati di un solidarismo cattolico che invece un'etica calvinista magari concepisce meno. È una riflessione che a me è toccato fare qualche volta, occupandomi di questi temi, nel confronto con il territorio, con le varie realtà e anche nella professione di avvocato che ho esercitato, anche per conto di istituti bancari. In queste situazioni ho riscontrato questo confronto non sempre facile. Il punto di equilibrio da trovare è quello di imitare i paesi più efficienti, però bisogna anche calarlo politicamente in una realtà che è quella nostra.

  PRESIDENTE. Collega Ferro, prego.

  MASSIMO FERRO. Grazie, presidente. Grazie, signor Governatore. Devo dire che mi è piaciuta molto la parte non letta. So che non ama molto parlare a braccio, è anche prassi della Banca d'Italia, però devo farle i complimenti. Seguo l'ordine di numerazione delle pagine per semplicità di riscontro da parte sua. A pagina 4, dove lei parla di maggiori margini di flessibilità nell'applicazione delle regole prudenziali, dice che ne sono stati introdotti negli ultimi mesi e che altri se ne possono individuare. In questa logica di flessibilità nell'ambito della nuova definizione di default, in particolare per quanto concerne i crediti verso soggetti che hanno beneficiato delle misure di supporto, le moratorie o le liquidità e per i quali sarebbe penalizzante mantenere logiche rigide di ingresso e di permanenza a default, quando lei dice che se ne possono individuare altre, può dirci qualcosa di più?
  Per quanto riguarda la seconda domanda sulla nuova definizione di default, a pagina 7 lei dice che dalle evidenze relative a quattro banche italiane, l'impatto in una prima fase sembrerebbe moderato. Le chiedo se è possibile sapere quali sono queste banche.

  PRESIDENTE. Può precisare meglio il punto?

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. La nota è quella che ho letto io?

Pag. 24

  MASSIMO FERRO. Sì, sì, la sua nota. A pagina 7, dove il titolo è «La nuova definizione di default», lei dice che: «dalle evidenze relative a quattro banche italiane questo impatto è moderato». Le chiedo se sia possibile conoscere quali sono queste quattro banche.
  La terza domanda riguarda le DTA (Deferred Tax Asset), a pagina 9, nella parte finale, lei dice che secondo lei dovrebbero essere replicate. Intendeva un'estensione per tutto il 2021 o anche oltre?
  L'ultima domanda è un po' di sistema e, peraltro, lei l'ha già opportunamente dichiarata. Intende che ci possano essere delle soluzioni di sistema per gestire in maniera coordinata l'impatto della crisi su determinati settori e filiere, preservando la continuità aziendale, in particolare per quei settori dove lo Stato è più esposto in termini di garanzie prestate, evitando così la corsa delle banche all'escussione delle garanzie statali? Questo è un tema latente che, secondo me, c'è ed è abbastanza grave. Grazie.

  PRESIDENTE. Collega Ferro, il Governatore vorrebbe comprendere meglio l'ultima domanda.

  MASSIMO FERRO. Se, dal suo punto di vista, ritiene che ci possano essere delle soluzioni di sistema, perché la sensazione che ho io è che ci sia una corsa delle banche a escutere le garanzie statali, specialmente in quei settori dove l'esposizione è maggiore.

  PRESIDENTE. Presidente Pesco. Poi diamo la parola al Governatore.

  DANIELE PESCO. Nella prima domanda chiedevo espressamente se, secondo la Banca d'Italia e il Governatore Visco, con delle norme che secondo noi sono procicliche e per Banca d'Italia non lo sono – speriamo e spero che veramente vada come dice Banca d'Italia – non sia necessario in questo periodo puntare su delle norme finalizzate alla rimodulazione o ristrutturazione extragiudiziale dei crediti verso le imprese in difficoltà e, ove possibile, favorire la possibilità regolatoria di concedere nuova finanza.
  Sulla seconda domanda, invece, chiedevo e facevo un riferimento preciso alle centrali dei rischi private, Cerved, CRIF. Banca d'Italia ha espresso molto chiaramente che la segnalazione a default non comporta la segnalazione alla Centrale dei rischi ma penso intendesse la Centrale dei rischi di Banca d'Italia. Temo che alle altre, purtroppo, la segnalazione verrà inviata. Come la vede Banca d'Italia su questo? Grazie.

  PRESIDENTE. De Bertoldi, velocissimo.

  ANDREA DE BERTOLDI. Sì, probabilmente il Governatore si è dimenticato ma volevo chiedere se poteva darmi il suo parere sul concetto di garanzia pubblica sulle sofferenze relative ad imprese in equilibrio economico e non finanziario, per favorire la continuità aziendale e non procedere con l'esecuzione. Non so se il concetto è abbastanza chiaro. Prima le avevo chiesto se era possibile prevedere, e casomai come la vede dal suo punto di vista, di creare delle condizioni di garanzia pubblica per le banche o anche per le società che gestiscono gli NPL affinché la direzione non sia solo quella dell'esecuzione e, quindi, della liquidazione alla quale l'impresa va spesso incontro, ma quella di supportare quelle imprese che, con i bilanci alla mano, sono economicamente in equilibrio, ma finanziariamente in difficoltà.
  L'ultima domanda che le avevo fatto era quella sull'eventuale nazionalizzazione del debito Covid-19 per le imprese che sono meritevoli e hanno avuto alte perdite.

  PRESIDENTE. Provo ad interpretare l'ansia in generale della Commissione, giustamente, che è un po' quella del Paese. È come se ci fosse un sistema rigido attraverso il quale un'impresa, qualunque sia lo stato dell'impresa e la sua difficoltà, cade immediatamente nell'ambito delle procedure di escussione. Quindi la domanda è se si può in qualche maniera, secondo il suo punto di vista, sfumare a seconda della circostanza, anche attraverso dei veicoli Pag. 25che intermedino meglio questo delicatissimo passaggio.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Comincio dall'ultima domanda perché è la più difficile a cui rispondere, non sono un esperto. Quello che abbiamo visto nella fase iniziale in cui bisognava dare il credito con delle garanzie che erano definite e poi valutate sul piano formale e non sul piano sostanziale ha incontrato una notevole complessità. Siamo intervenuti, abbiamo costituito una task force, che non solo monitorava ma spiegava e cercava di rendere il medio credito, il fondo di garanzia capace di intervenire. Alcune banche non volevano andare fino in fondo con la garanzia perché ci sono delle norme. Alcuni procuratori hanno scritto: «State attenti. Questi vanno a finire male. C'è un uso di queste garanzie da parte di imprese che non meritano credito per niente, che sfiora l'illecito» e così via. La nostra impressione è che la parte di monitoraggio è complessa. Andare a definire i criteri e, sulla base dei criteri, andare a concedere selettivamente le garanzie a delle imprese che rispettano i criteri, si può fare. Ci si può mettere a tavolino, scrivere più o meno una serie di requisiti e poi andare a verificare che questi requisiti siano rispettati. Credo che dal punto di vista amministrativo sia molto complesso. Dal punto di vista della costruzione di questi criteri, forse ci possiamo pensare. La mia risposta è incerta, come vede, ma anche tendenzialmente poco propensa ad andare a fare la selezione del credito sulla base di qualcuno che deve decidere se un'impresa è buona e un'altra no. Lo può fare il banchiere quando non ha la garanzia. Se ha la garanzia deve concedere questa possibilità a qualcun altro e, a questo punto, al banchiere non importa se qualcuno garantisce. Se quel qualcuno è lo Stato, in qualche modo dobbiamo avere un apparato pubblico in grado di dire quell'impresa sì, quell'impresa no. Voi stessi siete intervenuti approvando nella legge di bilancio questo fondo particolare affidato alla Cassa depositi e prestiti che dovrebbe intervenire, però anche lì ci sono dubbi sul funzionamento, la parte amministrativa è molto complessa e la copertura è complicata. Sono questioni sulle quali è utile riflettere. A livello di ricerca, sicuramente i miei stanno riflettendo su tante posizioni che si possono assumere anche da parte di attività di consulenza al Governo per definire degli istituti che vadano a favorire le imprese che hanno potenziale, anche perché noi pensiamo che l'impresa che non ha potenziale deve chiudere e contemporaneamente bisogna coprire le sofferenze delle persone che lavorano lì, agevolare e intervenire al massimo con gli ammortizzatori sociali e non mantenere in vita qualcosa che non ha prospettiva. Non sono io che posso dire che lei non ha prospettiva e che il suo collega non ha prospettiva. Ci vuole qualcuno che faccia queste analisi e probabilmente la banca lo fa meglio rispetto all'Amministrazione Pubblica. In questo senso ho delle difficoltà.
  Per quanto riguarda la giustizia, ci sono nodi politici rilevanti. Ci sono state delle norme che sono state decise negli anni 1915 e 1916, più o meno; queste norme, in realtà, sono state pensate anche da noi, perché abbiamo scritto e abbiamo detto che riguardavano le banche popolari, il credito cooperativo e riguardavano sostanzialmente la capacità di accelerare i tempi. Abbiamo lavorato affinché le procedure migliorassero con dei risultati positivi, nel senso che da 6 anni si è passati a 4 anni, ma i 4 anni si confrontano con i 6 mesi di altri Paesi. Sul piano normativo, si può ancora fare qualcosa. Credo che sia possibile. Sul piano organizzativo, i miei esperti continuano a dire che c'è la possibilità. Ho un ufficio, una divisione che si occupa di diritto ed economia, in cui ho messo gli esperti della materia. Loro sono convinti che ci sia veramente la possibilità di intervenire per rendere più veloce questa attività. Il problema è che se per essere veloce, questa attività deve andare a scapito dei diritti di alcuni che nel periodo più lungo possono vedere in migliore luce la loro posizione, questa cosa va discussa. Il confronto, come lei ha visto dai grafici che ho presentato nella memoria, con il resto d'Europa è terribile. Siamo andati a dire: «Dato che i nostri tribunali non funzionano, fai cominciare il calendar provisioning due anni Pag. 26dopo». Ovviamente dicono: «Scusa, metti a posto i tribunali. Non possiamo cambiare una norma europea per soddisfare un'inefficienza di un Paese». Questo è un punto credo cruciale.
  Per quanto riguarda Cerved, lei che si immagina? Certamente, su Cerved non so che dire. Non sono banche dati private che definiscono, ovviamente, ma fanno un servizio per le banche e nel fare un servizio per le banche comunicano la posizione della banca, come la vedono loro. Adesso andranno molto di moda i big data. Nel valutare il merito di credito di un'impresa, a questo punto si vedrà tutta la sua storia, quella dei partecipanti e, più informazioni ci sono e più queste sono messe insieme con la machine learning, più ci sarà una possibilità di allocare il credito verso le imprese che hanno degli score più alti e così via. Questo è il futuro. È un futuro che io non riesco neanche a immaginare fino in fondo, però allo stesso tempo sono convinto che possiamo regolare tutto, soprattutto le iniziative private. Il servizio che noi forniamo con la Centrale dei rischi non lo forniscono tutti i Paesi. Adesso abbiamo un sistema informativo che si chiama AnaCredit (Analitycal Credit Dataset) che cerca di dare a livello armonizzato le informazioni sulle posizioni di credito di una serie di imprese per tutto il sistema europeo, però di fatto la Centrale dei rischi è una delle prime iniziative concepite in Banca d'Italia per servire il sistema e non per danneggiare quelli che poi sono segnati sulla Centrale, perché ci sono moltissimi casi positivi. Ci preoccupiamo sempre di quelli che sono colpiti ma non capiamo che se riduciamo quegli effetti, danneggiamo quelli che sono i buoni pagatori, quelli che hanno una capacità di crescita continua, che magari salvaguardano le loro imprese e chi ci lavora meglio di altri. Questo è l'equilibrio complessivo. Non credo che siamo in grado.
  Vi era poi quella domanda sulle quattro banche. Le quattro banche, le ho chiaramente nella memoria e sono anche nominate. C'è sicuramente Intesa San Paolo.

  PRESIDENTE. Pagina 23, suggeriscono. Nella nota a piè di pagina a pagina 16.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. È nella nota 16. Ovviamente diciamo anche più o meno qual è il risultato, con un aumento di NPL molto basso. Sostanzialmente il rapporto tra NPL e totale dei prestiti è aumentato da 7,63 a 7,78 una volta introdotta questa misura. Questa è l'informazione che abbiamo, poi ovviamente la monitoreremo man mano che ci saranno più informazioni.
  Per quel che riguarda la flessibilità, sicuramente ci sarà a livello del Pillar 2 e, caso per caso, dell'applicazione dell'addendum. Abbiamo spinto affinché ci fosse in questa fase per evitare un credit crunch e ci siamo riusciti. Rispetto alle misure di austerità, al credit crunch del 2011 e così via, questo è un grande successo. Non c'è stato il credit crunch, sono aumentati i crediti, le posizioni per ora non sono drammaticamente esplose. Valuterei anche positivamente quello che è stato fatto, però è evidente che la flessibilità vuol dire anche lavorare banca per banca. Tra l'altro, parliamo dei dividendi, perché ci sono state molte critiche a questa politica e alcune critiche sono di persone che io rispetto moltissimo. Pensate a quelli delle fondazioni che ovviamente dicono che non possono continuare se non gli arriva il dividendo. A parte che possono attingere a riserve che sono state definite proprio per questi casi, ma il punto di fondo è che la maggior parte di questi dividendi vanno agli azionisti, ai fondi che detengono le azioni delle banche e così via. Quando ci sarà da pagare, perché effettivamente l'economia farà sentire l'effetto negativo sulle imprese, non vogliamo che la banca non abbia capitale sufficiente per compensarlo senza problemi. Questo è importante. Quindi, su questo credo che la flessibilità andrà ricercata in questi termini, per la banca che lo può fare. Tra l'altro, ci sono Paesi che hanno situazioni molto più floride, altri meno. È più o meno anche una questione geografica.
  Poi c'è la questione dell'intervento di sistema sui settori dove lo Stato è più esposto e così via. Onestamente, non sono preparato. Dubito che noi abbiamo la capacità di immaginare un intervento sistemico. Pag. 27 Il mio invito è di fare al meglio il Next Generation EU, di far sì che il Paese si riprenda prima possibile, che ci sia un investimento nella scuola, che ci sia la capacità di definire gli skills necessari per spostare verso settori diversi. Non mi piacerebbe ingessare i settori attuali perché noi dobbiamo crescere in certi settori ma neanche posso avere l'idea programmatoria di individuare i settori. Credo che si debba fare in modo di avere le condizioni, le infrastrutture materiali e immateriali, gli skills, cioè le competenze e la capacità di finanziare, che in questo momento c'è. Tra l'altro, abbiamo un risparmio che va mobilizzato. Il problema che abbiamo in questo momento è che a fronte del risparmio non c'è l'investimento e questo porta giù i tassi di interesse. Si dice che li porta alla Banca Centrale Europea. No, la Banca Centrale Europea adegua i tassi di interesse ai livelli bassi che l'economia reale manifesta e li manifesta perché il risparmio è eccessivo. Bisognerebbe prendere il risparmio e trasformarlo in investimento. L'investimento richiede progetti, i progetti richiedono di andare nei settori diversi e, farlo amministrativamente mi sembrerebbe un po' difficile, però gli interventi si possono sempre immaginare.

  PRESIDENTE. Governatore, la ringrazio davvero. Lei è stato molto esaustivo ed è stata davvero un'audizione importante per questa Commissione. Grazie.
  Dispongo che la documentazione sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna. La seduta è tolta.

  La seduta termina alle 16.25.

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