XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 20 di Mercoledì 17 luglio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione di rappresentanti dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale e sulle procedure in atto per la definizione delle intese ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 
Russo Paolo (FI)  ... 3 
Errani Vasco  ... 4 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 5 
Zanardi Alberto , membro del Consiglio dell'Ufficio Parlamentare di bilancio ... 5 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 7

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CRISTIAN INVERNIZZI

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione di rappresentanti dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale e sulle procedure in atto per la definizione delle intese ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, di rappresentanti dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale e sulle procedure in atto per la definizione delle intese ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
  Anche oggi è presente, in rappresentanza dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio, il professor Alberto Zanardi, membro del Consiglio dell'Ufficio Parlamentare di bilancio.
  Do subito la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLO RUSSO. Presidente, ho apprezzato anche il metodo delle due giornate, che consentono anche una riflessione maggiore su quanto il professor Zanardi ha offerto alla nostra valutazione.
  Prima questione. Le bozze d'intesa mancano di esplicitare un criterio di verifica preventiva circa la solidità delle finanze e la capacità amministrativa delle regioni richiedenti in relazione alle forme e condizioni ulteriori di autonomia richieste.
  Ora, la sostenibilità finanziaria delle competenze rivendicate, così come l'idoneità del livello regionale a soddisfare il criterio di adeguatezza imposto dall'articolo 118, andrebbe accertata e documentata a monte o, se si vuole, quantomeno a latere dell'approvazione dell'intesa.
  Da questo punto di vista – non so se sia consentito il termine – incombe sulla regione l'onere della prova, salvo poi verifica successiva dello Stato, verifica che non può non coinvolgere il Parlamento, il quale deve essere messo in condizione di valutare in modo appropriato le ricadute dell'autonomia differenziata.
  A oggi, però, pare, ovviamente dagli elementi che abbiamo, che la definizione dei profili economici e organizzativi venga affidata a un DPCM a valle dell'approvazione dell'intesa, il che implicherebbe l'esclusione del Parlamento da questa fase.
  Seconda questione. L'ufficio evoca la necessità di una legge quadro attuativa dell'articolo 116, comma 3, che predetermini il quadro procedimentale e i presupposti per il conferimento delle forme e delle condizioni particolari di autonomia.
  Ora, questa legge, in ragione di quanto si percepisce anche in modo trasversale dalla relazione che ha voluto offrire a questa Commissione, dovrebbe prevedere momenti di interlocuzione con le altre regioni ordinarie per la definizione degli adempimenti informativi e documentali. Insomma, Pag. 4dovrebbe introdurre elementi per le verifiche circa l'adeguatezza e la sostenibilità in corso d'opera sul medio-lungo periodo. Dovrebbe assicurare che l'operazione non si traduca in un aumento dei costi per la finanza pubblica. E dovrebbe introdurre strumenti per garantire adeguati controlli dello Stato anche tramite la Corte dei conti.
  Terza questione. Lei ha offerto alla valutazione due opportunità: la soluzione cooperativa e quella autonomista. Quale concreta declinazione ritiene sia possibile offrire al meccanismo di finanziamento delle competenze aggiuntive?
  Ultima questione, presidente, la previsione secondo cui, qualora non fossero adottati i fabbisogni standard, l'ammontare delle risorse assegnate alla regione richiedente non potrebbe essere inferiore al valore medio nazionale pro capite della spesa dello Stato per la funzione della spesa in questione, ovviamente non appare fondata sul piano metodologico.
  L'adozione della media pro capite, calcolata auspicabilmente sulla popolazione target rilevante per la funzione di spesa considerata, finirebbe per annullare tutte le differenze giustificate tra territori nei bisogni e nelle caratteristiche specifiche strutturali che oggi sono in qualche misura riflesse nell'allocazione della spesa storica dello Stato.
  La logica della previsione secondo cui, in caso di mancata adozione dei fabbisogni standard, la determinazione delle risorse dovrebbe essere agganciata alla spesa media, appare difficile da interpretare. La spesa media appare come la soluzione opposta a quella dei fabbisogni standard, quindi non una soluzione interlocutoria per giungere ai fabbisogni standard, ma addirittura una condizione opposta.
  Ci aiuta un po’ su queste sollecitazioni?

  VASCO ERRANI. Trovo molto interessante il lavoro che ci ha presentato, tramite il professor Zanardi, l'Ufficio parlamentare di Bilancio.
  Mi pongo un problema seguendo l'impianto di questa comunicazione: noi siamo in una situazione abbastanza complicata, non sappiamo esattamente di che cosa stiamo parlando, non abbiamo gli elementi. Tuttavia, sappiamo, come ci dice anche il professor Zanardi, che non abbiamo una legge quadro per l'applicazione del 116, terzo comma; è totalmente sganciato, per quello che conosciamo, dalla legge n. 42 l'impianto finanziario. È del tutto evidente che la cosa della media pro capite non sta in piedi, come ci hanno detto tutti. Non sappiamo nemmeno come sono declinate le materie.
  Rischiamo di trovarci in una situazione in cui ci sono regioni a statuto speciale, regioni ordinarie e regioni ad autonomia differenziata con tre meccanismi differenti di finanziamento, di competenze, e soprattutto del ruolo che il legislatore rispetto a queste differenti regioni ha. Per me, ce n'è abbastanza per fare un time-out e cercare di capire come possiamo reimpostare la discussione. Francamente, a mano a mano queste importanti e positive audizioni, e ringrazio il presidente in primo luogo, ci dicono che la situazione è sempre più complicata, è sempre più confusa.
  Ultimo accenno. Le regioni che hanno chiesto l'autonomia differenziata giustamente rivendicano la necessità della programmazione per le infrastrutture, per gli investimenti. Se, però, c'è una cosa evidente, questo è un problema che riguarda tutte le regioni. Non è che solo le regioni a autonomia differenziata abbiano la necessità di una programmazione. Questo è molto importante. Se ci trovassimo ad autonomia differenziata praticata, ci troveremmo ancora una volta in una situazione paradossale.
  Io ritengo che ci sia bisogno di una riflessione. All'Ufficio parlamentare di Bilancio io chiederei un contributo, per esempio, ma anche chi mi ha preceduto l'ha posto: è indispensabile un ponte tra 42, perequazione, perequazione al 100 per cento, perequazione degli investimenti, forme di compartecipazione, materie e competenze. Senza questo, secondo me è impossibile che il sistema stia in piedi. Forse, abbiamo bisogno di un contributo di competenze per fare quest'operazione.
  Ultimo elemento. Non è vero che è così difficile fare i LEP. Non li abbiamo ancora realizzati per una semplice ragione: quando Pag. 5hai definito i LEP, prendi atto che hai un problema di finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni. Non è così difficile fare i fabbisogni standard, almeno in relazione ai LEP, ma è chiaro che senza questi elementi è difficile perfino valutare quale percorso stiamo facendo.
  Io credo che abbiamo bisogno di fare questa riflessione.

  PRESIDENTE. Do la parola al professor Zanardi per la replica.

  ALBERTO ZANARDI, membro del Consiglio dell'Ufficio Parlamentare di bilancio. Grazie per tutte queste questioni molto interessanti che sono state sollevate. Inizio da quelle che erano state evidenziate dall'onorevole Fragomeli nella scorsa seduta.
  Se ho colto bene le questioni evidenziate, c'è innanzitutto un problema che era stato sollevato, e in questo mi ricollego anche a ciò che diceva l'onorevole Russo, sulla verifica ex ante, quella preventiva nell'accesso alle forme di regionalismo differenziato.
  Io qui parlo un po’ fuori dalle mie competenze. Io sono un economista. Qui ci sono rilevanti profili, su cui non ho competenze particolari, di natura costituzionale e procedurale, quindi fondamentalmente mi faccio condurre dal buon senso, che mi direbbe che c'è una fase ex ante che probabilmente avrebbe dovuto essere affidata a una legge quadro in cui questi criteri di accesso, i criteri in sé di verifica della solidità finanziaria e dell'adeguatezza amministrativa, fossero fissati appunto come criteri.
  Poi c'è una fase successiva, in cui questi criteri devono essere applicati e verificati. Questo, ovviamente, potrebbe essere il momento delle intese, in cui, come diceva l'onorevole Russo, l'onere della prova sta sulla regione, la quale regione deve dire, confrontandosi con questi criteri, se effettivamente li soddisfa.
  L'onorevole Fragomeli mi chiedeva la volta scorsa se questi criteri debbano essere tarati sulle singole funzioni o possano essere dei criteri generali.
  Di nuovo, il buon senso mi conduce nel rispondere dicendo che debbono essere tendenzialmente generali, anche perché da quello che vediamo la frammentazione delle richieste avanzate dalle singole regioni creerebbe veramente una situazione abbastanza caotica, in cui andiamo a fissare dei criteri specifici su delle funzioni molto dettagliate nella loro portata e nelle loro caratteristiche.
  Poi c'era la questione del «fallimento», e cioè del fatto di condurre fuori dal regionalismo differenziato quelle regioni che eventualmente non soddisfacessero una serie di requisiti.
  Qui è critica, ovviamente, la questione della fissazione dei LEP. I LEP, come ricordava il senatore Errani, servono per dare sostanza alla loro controfaccia finanziaria, che sono i fabbisogni standard, ma servono anche, e devo dire forse soprattutto, nell'ambito che stiamo discutendo, per verificare sul campo, cioè nei territori delle regioni che assumessero queste funzioni aggiuntive, il fatto che effettivamente facciano bene il loro mestiere, e cioè soddisfino attraverso la loro fornitura a livello regionale quelli che sono i vincoli e i requisiti fissati a livello nazionale.
  Questo processo di ritorno dovrebbe essere – di nuovo, la logica mi porta a dire – fissato in una legge quadro, cioè dovrebbe essere quel cappello di regole generali all'interno del quale poi determinare le intese. In assenza di legge quadro, potrebbe essere comunque il Titolo I che dovrebbe essere in qualche modo integrato con una regolamentazione dettagliata di come poter tornare, nel caso di fallimento, all'interno della fornitura statale. Qui credo che un po’ tutta l'esperienza accumulata sui piani di rientro sanitario possa darci dei suggerimenti appropriati.
  Mi sembra di ricordare che l'onorevole Fragomeli mi domandasse anche qualcosa riguardo alla compartecipazione IVA.
  Noi abbiamo presentato un esercizio assolutamente banale in cui si cercava di evidenziare come in un passato recentissimo, fondamentalmente dal 2013 a oggi, ci sia stata un'evoluzione differente tra i fabbisogni del settore dell'istruzione, intesi come spesa statale regionalizzata, e l'andamento della compartecipazione IVA, fissata, inizialmente, Pag. 6 nel 2013 – ci siamo immaginati quest'esercizio – a un livello pari alla spesa regionalizzata dello Stato nelle tre regioni.
  Poi abbiamo visto come nella storia tra il 2013 e il 2017 si sia evoluta nel tempo la spesa dello Stato in quelle regioni per l'istruzione e come, invece, sia andato il gettito di quella compartecipazione con aliquota fissata nel 2013 a parità di spesa dello Stato.
  Quello che si diceva l'altra volta è che in tutte e tre le regioni, sia pure con una misura differente, c'è stata una forbice che si è aperta, nel caso della Lombardia, in modo particolare, 10 punti. Facendo i conti veramente sul retro della busta, dato che la spesa per istruzione regionalizzata dello Stato in Lombardia vale tra i 4,5 e i 5 miliardi, di nuovo in questi termini molto generali di quest'esercizio di prima faccia, abbiamo che 10 punti percentuali sono mezzo miliardo.
  Ci sarebbe, quindi, un mezzo miliardo in più di maggiori risorse che sarebbero state attribuite, se avessimo fatto partire il regionalismo differenziato nel 2013, per l'istruzione a favore della Lombardia, quindi non coerentemente con l'idea che avevo cercato di descrivere la volta scorsa di una soluzione cooperativa, in cui c'è un fondo, ci sono dei fabbisogni e le aliquote vengono rideterminate in modo da attribuire le risorse corrispondenti ai fabbisogni anno per anno o ogni intervallo di tempo.
  L'onorevole Russo mi permette, tra l'altro, di richiamare due questioni che molto velocemente avevo accennato la volta scorsa per mancanza di tempo.
  Da un lato, qual è, non dico la soluzione, ma una possibile formula che mette insieme esigenze contrastanti, da un lato solidarietà interregionale e controllo dei conti pubblici e, dall'altro, richiesta di autonomia?
  Una soluzione che mette insieme queste due esigenze è quella di recuperare una distinzione propria della legge n. 42, cioè tra funzioni corrispondenti a materie LEP e altre funzioni regionali, e vincolare alle funzioni LEP quella che ho chiamato la volta scorsa «soluzione cooperativa», cioè con forte controllo dei conti pubblici e forte tutela della solidarietà interregionale, e lasciare invece le funzioni non LEP, che probabilmente, ma è tutto da capire, saranno dal punto di vista finanziario delle funzioni minori, a una soluzione di tipo più autonomista.
  Parliamo della fissazione di un'aliquota di compartecipazione all'inizio, e poi, a meno che non ci siano delle divergenze troppo forti, sostanzialmente risorse che verrebbero determinate dalla dinamica dei gettiti compartecipati a livello territoriale.
  Il secondo punto è stato sollevato riguardo alla questione della media.
  Noi siamo abbastanza tranchant sulla questione del valor medio, nel senso che ci sembra appunto che non sia metodologicamente fondato. È – utilizzo un termine forse abbastanza forte – un po’ schizofrenico il fatto che si dica che dalla spesa storica, nel caso in cui non si riesca ad arrivare ai fabbisogni standard, si debba optare per una media.
  La spesa storica – cercavo di dirlo la volta scorsa – dato che è fornitura attuale dello Stato, quindi fondamentalmente informata dei criteri di omogeneità nell'attribuzione delle risorse, ha in sé un'idea di fabbisogni. È lo Stato che attribuisce sul territorio le risorse, per esempio, per l'istruzione.
  Allora, possiamo non essere soddisfatti di questi criteri allocativi, possiamo domandarci se sia opportuno cambiarli in qualche misura, e quindi vogliamo passare ai fabbisogni standard, ma sembra difficilmente proponibile come soluzione di default una soluzione come quella del valore medio, che nega tutte le differenze territoriali meritorie, di fatto oggi riconosciute dalla spesa storica. Prima di abbandonare la spesa storica, la spesa dello Stato, attuale – spesa storica vuol dire questo – credo che si debba riflettere molto bene.
  Quanto alla questione preventiva e a momenti di interlocuzione con altre regioni, ovviamente sì, nel senso che le ricadute di un progetto come quello del regionalismo federalista sulle altre regioni sono tante. Dal punto di vista procedurale, quindi, è necessario trovare queste forme di interlocuzione. Pag. 7
  Il senatore Errani ricordava la questione dei regimi diversi tra regioni a statuto ordinario, regioni a statuto speciale e regioni ad autonomia differenziata.
  Il problema è un po’ quello che accennavo la volta scorsa: è necessario trovare un'integrazione, un coordinamento tra il federalismo di tutte le regioni, il federalismo simmetrico, e le forme appunto di regionalismo ad autonomia differenziata.
  Questa integrazione non è una soluzione semplice, proprio perché il federalismo simmetrico, quello di tutte le regioni, è un cantiere drammaticamente ancora aperto. Di nuovo, però, la logica mi porta a dire che i due cantieri dovrebbero essere portati avanti quantomeno parallelamente per cercare di sfruttare al massimo i momenti di coordinamento e di coerenza tra i due aspetti del federalismo.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Zanardi per la disponibilità dimostrata e dichiaro concluso il seguito dall'audizione.

  La seduta termina alle 9.