XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 7 di Giovedì 28 marzo 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente dell'Unione delle Province d'Italia (UPI), Michele De Pascale, in materia di autonomia finanziaria delle Regioni e di attuazione dell'art. 116, terzo comma, della Costituzione:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 
Riva Vercellotti Carlo , vice presidente vicario dell'UPI ... 3 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 6 
Collina Stefano  ... 6 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 7 
Russo Paolo (FI)  ... 7 
De Menech Roger (PD)  ... 7 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 7 
Riva Vercellotti Carlo , vice presidente vicario dell'UPI ... 7 
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 8 
Riva Vercellotti Carlo , vice presidente vicario dell'UPI ... 8 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 8 

ALLEGATO: Documentazione presentata dall'Unione delle Province d'Italia (UPI) ... 9

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CRISTIAN INVERNIZZI

  La seduta comincia alle 9.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente dell'Unione delle Province d'Italia (UPI), Michele De Pascale, in materia di autonomia finanziaria delle Regioni e di attuazione dell'art. 116, terzo comma, della Costituzione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, del presidente dell'Unione delle province d'Italia (UPI), Michele De Pascale, in materia di autonomia finanziaria delle regioni e di attuazione dell'art. 116, terzo comma, della Costituzione.
  Poiché il presidente De Pascale è stato impossibilitato ad intervenire, l'Unione delle province d'Italia (UPI) è rappresentata oggi dal vice presidente vicario Carlo Riva Vercellotti, presidente della provincia di Vercelli, accompagnato da Piero Antonelli, direttore generale dell'Unione delle province d'Italia (UPI), da Luisa Gottardi, funzionario dell'Unione delle province d'Italia (UPI) e da Barbara Perluigi, capo ufficio stampa dell'Unione delle province d'Italia (UPI).
  Nel ringraziarla per la disponibilità dimostrata, do la parola al vice presidente Carlo Riva Vercellotti per lo svolgimento della sua relazione.

  CARLO RIVA VERCELLOTTI, vice presidente vicario dell'UPI. Grazie, presidente. Un saluto a voi tutti da parte del nostro presidente nazionale, Michele De Pascale. In contemporanea siamo impegnati su più fronti, però l'Unione delle province ci teneva a portare una posizione che ritiene assolutamente importante su un tema così delicato come quello del regionalismo differenziato.
  L'UPI guarda con particolare favore al regionalismo differenziato purché avvenga nel perimetro della Repubblica delle autonomie. Il processo va benissimo, però non può essere disgiunto, isolato rispetto a una più ampia esigenza di dare attuazione al principio costituzionale dell'articolo 5 della nostra Costituzione per cui la Repubblica promuove le autonomie.
  Benissimo da un lato, ma attenzione che deve essere inserito in un quadro più ampio. Bene la differenziazione, ma, per usare parole semplici e chiare, nell'unità e nella solidarietà. Cosa intendiamo con queste parole? Intendiamo che è fondamentale garantire certamente l'unità repubblicana, ma garantire a tutti i cittadini uguali diritti.
  Non esiste che ci siano cittadini d'Italia che hanno dei diritti, abbiano un diritto di cittadinanza, siano cittadini di serie A e altri che siano cittadini di serie B. Questo l'Italia non se lo può permettere.
  Per far questo, presidente, noi diciamo una cosa molto semplice: bisogna arrivare a definire, molto velocemente, i livelli essenziali di prestazioni, che per noi è fondamentale. È una cosa che noi continuiamo a dire da tempo. Insieme a questo c'è un altro tema, su cui facciamo molta attenzione, Pag. 4 ma è un rischio che stiamo evidenziando: evitare che parlare di differenziazione, di regionalismo differenziato non si traduca in una, se posso chiamarla così, ipertrofia amministrativa da parte delle regioni. Questo sarebbe un altro errore gravissimo.
  Va bene che ci sia un ruolo forte delle regioni per quello che riguarda la legislazione, il coordinamento, l'indirizzo, ma guai a pensare, a immaginare che le regioni si mettano a fare tutto, perché fare tutto, a casa mia, vuol dire fare tutto male. Le regioni facciano le regioni e il sistema degli enti locali faccia gestione e amministrazione sulla base di un principio chiaro, che è quello della sussidiarietà, di nuovo un principio scritto in Costituzione.
  Spostiamo tutta la gestione e l'amministrazione ai livelli più bassi, quelli più vicini ai cittadini. Questo è un concetto, a nostro avviso, semplice, chiaro, ma che garantisce un maggior raccordo tra istituzioni del Paese (chi fa che cosa) nel modo più semplice, più lineare e più corretto possibile, non per favorire le regioni, le province, ma per favorire nel suo complesso l'unità e la solidarietà all'interno del nostro Paese.
  Aggiungiamo un passaggio che per noi è ugualmente importante. Sapete bene che contestualmente sta andando avanti un tavolo tecnico-politico, presieduto dal sottosegretario Candiani, alla Conferenza Stato-città, sostanzialmente per definire delle linee guida per il superamento della legge n. 56.
  Questo tavolo non deve essere slegato dal tema del regionalismo differenziato. I due temi devono viaggiare insieme. Se vogliamo guardare al regionalismo differenziato, benissimo, ma non si può slegare completamente dall'altro tema, che è quello di una revisione della legge Delrio.
  Cosa chiediamo in modo molto semplice? Nella mens legis della legge n. 56 c'era evidentemente il superamento delle province, c'era la decostituzionalizzazione delle province, se vogliamo c'era la provincializzazione delle regioni in modo molto netto, molto chiaro, uno Stato fortemente centralista. Oggi abbiamo cambiato idea e ci stiamo allineando su un'altra proposta fortemente autonomista. Noi diciamo una cosa molto semplice, ovvero che le funzioni fondamentali delle province vengano mantenute e rafforzate, perché è importante questo, presidente. Se si va verso l'autonomismo e il regionalismo differenziato bisogna rafforzare le funzioni amministrative delle province, proprio per evitare quello che dicevo prima, che non arrivino delle regioni che si inventino di essere tutto, di fare tutto, compresa l'amministrazione e la gestione. Magari ci saranno regioni più illuminate, ma ci saranno regioni meno illuminate che questo non lo comprenderanno.
  Per evitare questo occorre dare funzioni e ruoli in modo chiaro al sistema delle autonomie locali, a partire dalle province. Vi faccio degli esempi.
  Il Piano strategico. Il Piano strategico è una funzione che le province non possono esercitare. Lo fanno le città metropolitane, ma non possono farlo anche le province.
  I temi ambientali: è un grandissimo caos. Bisogna riordinare tutto il tema dell'ambiente.
  Gli organi politici. Sugli organi politici ribadiamo la nostra posizione: serve la legittimazione chiara, forte di un presidente della provincia e tornare con l'elezione diretta. Questo è un tema che noi stiamo portando con forza e decisione all'interno del tavolo tecnico presso la Conferenza Stato-città.
  Chiediamo, non da ultimo, una vera, reale autonomia finanziaria di entrata e di spesa. Lo dice la Costituzione, di nuovo, lo dice l'articolo 119 e lo chiediamo anche noi.
  Tenete presente che questo ruolo rafforzato delle province da un punto di vista gestionale e amministrativo è fondamentale per il Paese anche per un altro motivo, perché va a semplificare il Paese, va a renderlo più semplice, meno ingarbugliato, meno costoso.
  L'esperienza del passato, presidente, ci insegna una cosa: prendere le funzioni dalle province e portarle sulle regioni quando molte regioni non riescono a farlo vuol dire che nascono una miriade di nuovi enti Pag. 5(società, consorzi, agenzie, di tutto e di più) totalmente fuori controllo da parte dei cittadini che hanno individuato nei loro rappresentanti delle istituzioni i loro riferimenti.
  Se ho un'agenzia per la mobilità, un'agenzia per il lavoro, una società per questo, un'altra per un'altra cosa, complico il sistema e lo rendo peraltro più costoso, perché il passaggio dei dipendenti provinciali dalle province alle regioni, per svolgere funzioni amministrative, non ha avuto costo zero, non ha avuto un costo ridotto, ha avuto un costo molto maggiore. Pensate soltanto adesso a quelle regioni che stanno adeguando il salario accessorio ai dipendenti regionali. Per cui il dipendente della provincia che prima prendeva una produttività di 1.000 euro improvvisamente si trova una produttività di 6.000 euro. Capite che per le finanze pubbliche nel proprio complesso è una cosa che evidentemente non funziona, non va bene.
  Vengo al tema finanziario delle province. Noi ribadiamo una cosa anche qui molto, molto semplice: attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. Attenzione che l'articolo 116, terzo comma, richiama l'articolo 119. Noi diciamo semplicemente questo. Chiediamo di avere un'autonomia finanziaria, la compartecipazione all'IRPEF e chiaramente la perequazione che è quella che consente di garantire quella solidarietà nazionale per cui non ci siano realtà in difficoltà e realtà che abbiano talmente tante risorse che si possono permettere addirittura di sprecare.
  Il problema grosso che hanno avuto le province in passato da un punto di vista finanziario è che c'erano realtà che avevano troppe risorse, perché non era applicato il 119 e non era applicata la legge sul federalismo fiscale, che avevano troppe risorse e le sprecavano e c'erano realtà che ne avevano troppo poche.
  Quello che chiediamo è, di nuovo, di non assestarci a livello di finanza locale sulla spesa storica. Adesso la nostra massima ambizione è quella di ritornare a quello che le province avevano nel 2012, nel 2013. È tamponare una situazione che, evidentemente, non va bene. Quello che serve a noi è dare attuazione alla legge n. 42 del 2009. Lo dico in modo molto chiaro. È tempo che lo diciamo. Lo dico in una sede da questo punto di vista autorevole e che può avere un senso, abbiamo avuto un fermo per anni, ma la legge n. 42 del 2009 dice soltanto una cosa: c'è la riforma del Titolo V perché è stato scritto un articolo, il 119, e quell'articolo va applicato.
  L'autonomia finanziaria di entrata e di spesa alle province per anni non è stata esercitata. Adesso è un'autonomia evidentemente molto limitata al punto che, per esempio, la perequazione è stata sostituita dal Fondo sperimentale di equilibrio che doveva durare per due anni e in realtà continua ad andare avanti in modo approssimativo, ma in realtà è una cosa che non funziona.
  Quello che chiediamo non è costruire un sistema inventandocelo. Quello che chiediamo al Parlamento, allo Stato italiano è quello che dicevo all'inizio: deve essere lo Stato che indica la cornice dei livelli di servizi che vuole garantire al Paese. Noi gestiamo le strade. Benissimo. Lo Stato deve dirmi che qualità di servizio vuole dare al Paese; ma deve essere un servizio uniforme, omogeneo in tutto il Paese, non che ANAS per gestire quelle poche decine di migliaia di chilometri che deve fare, 20-25.000 chilometri, ha 33 miliardi di euro da gestire per i prossimi anni e le province, che insieme alle città metropolitane gestiscono non 20.000 ma 130.000 chilometri, hanno 1,6 miliardi. Abbiamo da un lato 1,6 miliardi per 130.000 chilometri e 33 miliardi per 25.000 chilometri dall'altro.
  Si parla di ponti in questo periodo. Le province italiane, se va bene, i prossimi cinque anni, – ma solo le province del nord – avranno 30 milioni di euro; ANAS ponti del nord, più ponti in Italia, più di 3 miliardi di euro. Siamo a dei livelli folli. Non è che non ci siano le risorse in Italia, sono mal distribuite, come dice anche recentemente uno studio ben fatto di ACI presentato a Genova lo scorso dicembre. I livelli essenziali di prestazione sono quelli che ti consentono di garantire quel diritto di cittadinanza ovunque, che le strade siano Pag. 6asfaltate, sicure, ordinate ovunque, a ogni latitudine e all'interno delle regioni ovunque, tra città metropolitane e province.
  Su questo, naturalmente, costruendo un sistema di costi standardizzati, hai un fabbisogno reale. Sulle strade servono 1 miliardo, 500 milioni, 2 miliardi? Con l'autonomia finanziaria, con la compartecipazione dell'IRPEF e con un sistema di perequazione vai a rimettere in piedi un sistema. Non c'è niente di sconvolgente e impossibile. È la rivoluzione del buon senso quella che stiamo andando a proporre e ci auguriamo che possa andare avanti.
  C'è ancora un passaggio che vorrei riferirvi, che può essere utile, che è sicuramente legato sempre agli aspetti finanziari, ma nel rapporto con le regioni. Bene che le regioni deleghino le province – è fondamentale questo percorso di delega sulle funzioni amministrative, lo richiamavo prima – ma di nuovo il principio deve essere quello che dicevo, di arrivare a definire dei livelli di prestazioni e un'autonomia finanziaria.
  L'articolo 19 del decreto legislativo n. 68 del 2011 diceva quello che doveva essere fatto e non doveva essere fatto. Di tutte le regioni italiane mi pare che la compartecipazione al bollo auto l'abbia fatta una sola regione, la Lombardia. Il resto d'Italia se n'è dimenticato. Da lì tutto è morto. Oggi molte province gestiscono funzioni regionali delegate in un sistema molto, molto pasticciato che evidentemente non va bene.
  Se vengono date, come noi auspichiamo, delle funzioni devono essere garantite le risorse necessarie per poterle svolgere.
  Vado velocemente alla conclusione per dirvi un ultimo punto che in questa sede può essere utile. In passato le province avevano insistito su un articolo, l'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, che parlava dell'integrazione nella Commissione parlamentare per le questioni regionali dei rappresentanti di regioni, province, città metropolitane e comuni.
  Siamo nuovamente a insistere perché si vada avanti in quella direzione, perché in quella sede, integrandola anche con questa Commissione, facendo magari una sessione dedicata sul tema – tra l'altro c'è anche un regolamento recentemente approvato, se non sbaglio, a dicembre 2017 – si potrebbero affrontare temi così delicati come quello del regionalismo differenziato partendo dal Parlamento, con una centralità forte del Parlamento e con la condivisione del sistema delle autonomie. Quella potrebbe essere la sede più logica, più appropriata per avviare un ragionamento sul tema del regionalismo differenziato che veda la partecipazione da un lato del Parlamento e dall'altro lato del sistema delle autonomie, quindi riprendere quel cammino con l'integrazione di quella Commissione, dei rappresentanti del sistema delle autonomie locali.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  STEFANO COLLINA. Grazie per l'illustrazione.
  Stiamo svolgendo in queste settimane queste audizioni che sono molto interessati, che focalizzano su alcuni temi in modo comune. Mi sembra di capire, se posso permettermi di fare una sintesi, che gli elementi fondamentali dei problemi che sono sul tavolo rispetto al percorso che dovremmo fare riguardo al regionalismo differenziato sono focalizzati in modo comune da tanti soggetti e anche l'UPI questa stamattina, per questo ringrazio, ci ha dato un contributo importante.
  La mia domanda però è di questo tipo: se più o meno abbiamo presente tutti quali sono i temi sul tavolo oggi, dovremmo riuscire a capire qual è il percorso che ci consente di affrontarli, qual è il percorso che ci consente di arrivare ad una soluzione.
  Su questo siamo ancora un po’ in alto mare, perché da una parte l'applicazione dell'articolo 8 della Costituzione, che immagina di affrontare il tema del regionalismo differenziato come se fosse un rapporto tra lo Stato e una confessione religiosa chiaramente dimostra tantissimi elementi di criticità, dall'altra rileviamo la mancanza di conoscenza delle bozze delle intese, perché nessuno sa tra il Governo e Pag. 7le varie regioni che tipo di base di discussione si è sviluppata fino ad ora.
  Circa l'asimmetria delle richieste che sono state fatte dalle varie regioni, c'è chi le chiede tutte, c'è chi ne chiede solamente alcune, come si fa ad affrontare questo percorso? Io propongo un'ipotesi, però bisognerebbe cominciare a dirci come si fa ad andare avanti.
  Secondo me, occorrerebbe, e su questo le chiedo un parere, la definizione di pre-intese che ci facciano capire qual è il quadro complessivo. Non necessariamente arrivare già a delle intese, ma alle pre-intese che rappresentano il punto di partenza per tutta quell'attività di approfondimento e di recupero dei dati che poi ci consentirà di fare le valutazioni concrete.
  Tutti dicono di volere i LEP (livelli essenziali delle prestazioni). I LEP non ci sono. Quando li facciamo? Ma come facciamo a fare i LEP se non sappiamo quali sono le materie che complessivamente, nel quadro nazionale, vanno poi affrontate e devono trovare il loro equilibrio pur nelle volontà differenti delle regioni di assumere delle competenze?
  Queste pre-intese consentirebbero anche di aprire i tavoli regionali con gli enti locali, perché qui sembra quasi che siamo di fronte ad un processo dove le regioni contrattano con il Governo, con lo Stato e finisce lì. Poi, dopo, bontà loro, chissà se lo faranno, dipende, apriranno dei tavoli regionali con tutti gli altri enti locali per decidere come sviluppare il resto della storia.
  Secondo me, almeno dal mio punto di vista parlamentare, perché in tutto questo poi ci sarà anche il Parlamento, e io voglio arrivare lì, dov'è che entriamo nel tema dell'emendabilità? Bisogna che ci immaginiamo un percorso anche parlamentare che ci consenta, ciascuno per le proprie competenze e riguardo anche, io credo, alla propria provenienza territoriale, nel Parlamento, di arrivare a un equilibrio che sia il più possibile condiviso. Questo è un passaggio fondamentale. Bisognerebbe che su questo percorso i vari enti di rappresentanza (UPI, ANCI, Conferenze Stato-regioni e Stato-città, Presidente della Repubblica, presidenti delle Camere, Governo) arrivassero a definire un percorso che non è codificato, perché questo bisogna dirlo, ma che ci consenta di partire. Tutti intravedono la necessità e l'importanza di questo percorso. Diversamente, e concludo, può succedere quello che è successo nel decreto Semplificazione, dove, con buona pace della Commissione Federalismo fiscale e del regionalismo differenziato nel suo dibattito tra costituzionalisti, con un emendamento parlamentare, quindi neanche governativo e quindi impossibile da subemendare, la gestione per esempio delle centrali idroelettriche è passata dallo Stato alle regioni. Esattamente la stessa cosa che hanno le regioni e le province a statuto speciale. Se non è l'energia una materia concorrente che fa parte della richiesta delle autonomie ed è possibile dribblarla...Penso con questo esempio di aver fatto comprendere il senso dell'intervento. Grazie.

  PRESIDENTE. Chiedo cortesemente ai colleghi di contenersi negli interventi per dare la possibilità al presidente Riva Vercellotti di rispondere. Grazie

  PAOLO RUSSO. Le province mi hanno dato l'idea, presidente, di rappresentare al meglio il sentimento profondo del nostro Paese: unità, solidarietà, uguali diritti, proprio il migliore sentimento del nostro Paese. Pongo una domanda secca: in che misura siete stati coinvolti in questo processo importante di riforma delle autonomie del nostro Paese?

  ROGER DE MENECH. Mi riallaccio al collega. Chiederete formalmente di entrare nelle intese? L'ho chiesto prima all'ANCI, lo chiedo anche alle province. Questo è un aspetto molto importante, nel senso che è lì che si sta riscrivendo l'articolazione dello Stato.
  Se non ci siamo lì, se non ci siete, è più complicato inserirvi dopo.

  PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

  CARLO RIVA VERCELLOTTI, vice presidente vicario dell'UPI. La norma non ci ha Pag. 8coinvolto in modo così netto. Siamo stati sentiti dal sistema delle autonomie locali, ma poi, al di là di qualche attenzione maggiore di qualche regione, no. Lo chiederemo assolutamente. Anzi, in realtà, lo abbiamo già chiesto. Lo richiederemo nuovamente.
  Vengo alla domanda che poneva l'onorevole Russo. Siamo stati coinvolti solo in modo superficiale. Abbiamo chiesto di essere coinvolti in maniera molto più significativa. Come dicevo prima, noi chiediamo che a questo processo del regionalismo differenziato non ci possa essere una disgiunzione con il tavolo tecnico al Viminale sulla modifica della legge Delrio. Devono viaggiare insieme. Questa è la richiesta che abbiamo fatto.
  Dal punto di vista del coinvolgimento per ora è solo stato un coinvolgimento molto timido.
  Passo ora a quello che chiedeva invece il senatore Collina. Che percorso possiamo individuare? Intanto ridare centralità al Parlamento.
  Lo dicevo prima, se vado a riprendere la Commissione parlamentare per le questioni regionali e la vado integrare con il sistema delle autonomie locali quello è il luogo per poter discutere e per evitare che ci sia solo il rapporto tra Governo regionale e Governo nazionale. L'unico modo è riportare il dibattito in una sede più logica, integrando quella Commissione anche, per esempio, con questa Commissione. A quel punto si crea un dibattito volto a guardare il tema su tutta l'Italia, evitando anche che nascano dieci o quindici regioni a statuto speciale. Bisogna fare molta attenzione a questo tema.
  Un altro argine che noi abbiamo posto è il tema di potenziare le funzioni amministrative alle province, perché noi siamo molto preoccupati che il regionalismo differenziato si traduca, in alcune realtà italiane, in questa ipertrofia amministrativa. Questa è una cosa che il Paese non può permettersi, perché sarebbe veramente un Governo molto pasticciato. Bisognerebbe rafforzare le competenze amministrative delle province. Sicuramente ridare centralità al Parlamento può essere un qualcosa di straordinariamente utile, coinvolgendo tutto il sistema delle autonomie locali.
  Su un tavolo tecnico del ministero sono state coinvolte anche le regioni in più, proprio per cercare di essere inclusivi nei confronti di tutti. In questo caso si potrebbe fare un ragionamento di questo tipo.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Sarò telegrafico su una questione che ha sollevato il presidente nella sua relazione introduttiva rispetto al tavolo aperto sulla legge n. 56.
  Da questo punto di vista, sono tutti temi chiaramente unificati, che dialogano tra loro, quindi il regionalismo differenziato va visto congiuntamente con la legge n. 56; ma non dimentichiamoci neanche della legge n. 267, nel senso che oggi come oggi va bene parlare di bilanci, parlare di riforma della legge n. 56, ma bisogna anche pensare a un ridisegno complessivo del testo sulle autonomie locali, che latita un po’ perché chiaramente ormai ha diciannove anni di vita. Se dovete chiedere una maggiore apertura di dialogo, tenete conto anche del testo unico.

  CARLO RIVA VERCELLOTTI, vice presidente vicario dell'UPI. Dal mio sorriso penso abbia capito che la risposta non può che essere assolutamente favorevole.

  PRESIDENTE. Ringrazio il vice presidente Carlo Riva Vercellotti per l'intervento. Dispongo che la documentazione prodotta sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.05.

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