XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 3 luglio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Stumpo Nicola , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI SEMPLIFICAZIONE DELL'ACCESSO DEI CITTADINI AI SERVIZI EROGATI DAL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Audizione del professor Mariano Corso, responsabile scientifico dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano.
Stumpo Nicola , Presidente ... 3 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano ... 3 
Sgarbossa Chiara , direttrice dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano ... 6 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano ... 9 
Sgarbossa Chiara , direttrice dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano ... 9 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano ... 10 
Sgarbossa Chiara , direttrice dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano ... 10 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano ... 11 
Stumpo Nicola , Presidente ... 12 
Lacarra Marco (PD)  ... 12 
Piarulli Angela Anna Bruna  ... 12 
Buratti Umberto (PD)  ... 13 
Stumpo Nicola , Presidente ... 13 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano ... 14 
Stumpo Nicola , Presidente ... 15 

ALLEGATO: Presentazione informatica illustrata dal professor Mariano Corso ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
NICOLA STUMPO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del professor Mariano Corso, responsabile scientifico dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di semplificazione dell'accesso dei cittadini ai servizi erogati dal Servizio sanitario nazionale, l'audizione del professor Mariano Corso, responsabile scientifico dell'Osservatorio innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano.
  Il professor Corso è accompagnato dalla dottoressa Chiara Sgarbossa, direttrice dell'Osservatorio medesimo. Li ringrazio entrambi per essere qui con noi oggi. Ci spiegheranno come le tecnologie digitali consentiranno di semplificare i processi amministrativi sanitari e di supportare i cittadini/pazienti nelle varie fasi del percorso di prevenzione, cura e follow-up per poi fornirci un quadro di sintesi dell'attuale livello di utilizzo dei servizi digitali in ambito sanitario sul territorio nazionale.
  Prima di dare la parola al professor Corso tengo a precisare preliminarmente che alla sua relazione seguiranno, come abbiamo sempre fatto, eventuali domande. Il professore mi diceva inoltre che, se nel corso della relazione vi fossero delle domande, possiamo anche farle, senza interrompere in continuazione, per un'utilità nostra soprattutto. Come è sempre successo, in ragione dei tempi che proveremo a darci, se le domande dovessero essere, come mi auguro, sufficientemente ampie da non consentire di avere già oggi tutte le risposte, i nostri ospiti ci forniranno successivamente per iscritto le risposte, in modo da poter avere un quadro completo delle informazioni necessarie ai nostri fini.
  Auguro a tutti noi un buon lavoro per questo inizio di percorso relativo alla nostra indagine conoscitiva. Prima dell'estate cercheremo di disporre di un primo quadro generale, per poi continuare subito dopo, secondo la programmazione convenuta, al fine di predisporre il documento conclusivo entro i termini prefissati.
  Do ora la parola al professor Corso per lo svolgimento della sua relazione.

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano. Ringrazio il presidente e tutti voi.
  Come diceva il presidente, cercheremo di offrire una veloce panoramica delle ricerche condotte dal Politecnico di Milano sul tema dell'innovazione digitale per la sostenibilità del sistema sanitario. A disposizione della Commissione ci saranno anche una serie di report conoscitivi, inclusivi di alcune stime numeriche legate all'evoluzione del fenomeno della digitalizzazione in sanità.
  Quando si parla di sanità digitale bisogna sempre partire dal perché, ovvero dalle motivazioni che spingono all'innovazione del sistema sanitario, che sono del resto motivazioni di grande urgenza e rilevanza, Pag. 4perché il sistema sanitario costituisce uno degli aspetti più importanti, non solo in termini di sostenibilità dei conti pubblici, ma anche di attrattività e stabilità sociale di un Paese.
  Per quanto riguarda il nostro Paese, in realtà c'è stata in questi anni una progressiva presa di consapevolezza di quelli che possono essere il ruolo e la rilevanza del sistema sanitario, non solo a livello sociale, ma anche a livello industriale ed economico. Il sistema sanitario è «il» settore industriale dal punto di vista dell'impatto sull'occupazione, sull'innovazione e sui conti pubblici.
  Lo stesso Documento di economia e finanza 2019, con nostra grande soddisfazione, dà grande rilevanza ad alcune sfide e ad alcune emergenze di innovazione del nostro sistema sanitario, primo fra tutti il problema demografico, che impatta in modo molto significativo sul sistema sanitario italiano. Siamo un Paese con una crescita demografica estremamente bassa e con un invecchiamento dovuto anche alla speranza di vita molto elevata, che stanno determinando un forte cambiamento demografico. Abbiamo anche una serie di fattori che rendono invece la speranza di vita in buona salute piuttosto bassa. Siamo un Paese molto anziano e con una forte incidenza sugli anziani di malattie croniche.
  Questo ci porta a una situazione, non tanto attuale ma prospettica, estremamente critica. In particolare, sta emergendo in maniera molto forte il tema della cronicità. Il nostro sistema sanitario si è concentrato sull'acuzie, ovvero sul sistema ospedaliero e sulla cura dei malati acuti, raggiungendo in alcuni casi dei buoni livelli di specializzazione e di qualità di cura. Siamo molto più carenti dal punto di vista delle cure primarie e, in particolare, della risposta alla domanda di cura da parte dei pazienti cronici, che spesso sono affetti da più patologie. Questo essere affetti da più patologie porta a delle combinazioni che rendono abbastanza unico ciascun paziente dal punto di vista dell'esigenza di cura e ciò fa esplodere i bisogni e le risorse necessarie.
  Non vi cito i numeri, che poi troverete riportati in grande abbondanza sia nella presentazione che nei dati. Al Politecnico di Milano abbiamo anche noi una «patologia» di produzione di evidenze numeriche in grande quantità.
  Come dicevo, un problema molto rilevante è non solo concentrarsi sulle malattie croniche e sulla cura della comorbilità, ma anche assicurare l'integrazione tra il sistema delle cure primarie e il sistema ospedaliero. A questo proposito, il tema della semplificazione dell'accesso alla cura è uno dei temi fondamentali che, come vedremo, un modello abilitato dalle tecnologie digitali può aiutare a risolvere.
  Un ulteriore tema è quello della grande frammentazione. Il sistema sanitario nazionale, come sappiamo, è frammentato in 21 diversi sistemi sanitari a livello regionale e provinciale e questo crea delle grandi asimmetrie nei livelli di cura, ma anche nell'organizzazione stessa dell'erogazione dei sistemi sanitari, non soltanto a livello regionale e provinciale, ma anche per quanto riguarda l'organizzazione delle specifiche aziende sanitarie.
  È in atto un processo, per certi versi spontaneo, di aggregazione e di sinergia tra diversi territori e diverse aziende, ma questo è un fenomeno sicuramente da accelerare.
  Concludo dicendo che c'è un grande tema – lo cito perché, a tale riguardo, il digitale rappresenta una risposta importante – rappresentato dalla necessità di empowerment dei cittadini e dei caregiver, ovvero delle famiglie e di coloro che prestano assistenza ai cittadini pazienti. Solo attraverso una forte spinta nella direzione di una diffusione della cultura della salute, anche in termini di prevenzione e di corretti stili di vita, si può riuscire a rendere sostenibile il sistema a fronte di questo grande aumento di domanda di cura che è prevedibile nei prossimi anni.
  Il tema chiave con cui negli ultimi dieci anni ci siamo scontrati come Osservatorio – nel tentativo di fornire evidenze, possibili linee guida e suggerimenti – è quello dell'insufficienza, a fronte del trend di crescita della domanda, delle risorse disponibili. Mi Pag. 5riferisco alle risorse disponibili, innanzitutto, dal punto di vista finanziario. Questo è abbastanza ovvio, sebbene in realtà noi siamo un Paese piuttosto efficiente, nel senso che la nostra spesa rispetto al prodotto interno lordo è piuttosto bassa se paragonata a quella di altri Paesi, il che, confrontato con quanto dicevo prima circa l'incidenza dei pazienti anziani cronici, costituisce, come è ovvio, qualcosa di estremamente rilevante.
  A fronte di questo, bisogna essere molto chiari sul fatto che le risorse sono di per sé insufficienti, soprattutto nell'attuale modello organizzativo del sistema sanitario, rispetto all'esigenza di far fronte al prevedibile aumento della domanda di cura, su cui le stime sono anche molto semplici.
  Da una parte, le risorse economiche difficilmente potranno aumentare, anzi se ne vede una stabilità, se non una riduzione a fronte delle stime attuali. Dall'altra parte, c'è una evidente carenza di personale qualificato, a partire dal personale medico. Questo è anche legato a una programmazione non particolarmente saggia che abbiamo avuto in questi anni per quanto concerne l'evoluzione del personale medico sanitario.
  Siamo in una situazione di palese sbilanciamento, quindi: da una parte tendono ad aumentare i bisogni, dall'altra tende a essere stabile, o addirittura a diminuire, la quantità di risorse che possono essere messe in campo.
  Dal nostro punto di vista, il digitale rappresenta la possibilità di organizzare meglio le risorse attuali in modo da renderle più efficaci. È come se noi su questa bilancia andassimo a fare maggiormente leva, cioè ad aumentare il braccio della bilancia dalla parte delle risorse, per riuscire ad equilibrare, con i vincoli delle risorse che sono date, la crescita della domanda di cura.
  Bisogna capire innanzitutto che con l'attuale organizzazione esistono dei costi rilevanti, legati alla mancata digitalizzazione di molti servizi. Faccio solo alcuni esempi, rinviando comunque per maggiori dettagli alla documentazione messa a disposizione della Commissione.
  Se noi prendiamo, ad esempio, alcuni dei principali servizi digitali a disposizione del percorso di cura, anche quelli più semplici, dalla ricerca delle informazioni alla prenotazione delle visite e degli esami, dal pagamento al ritiro dei referti – si tratta di servizi apparentemente molto semplici, non parliamo dunque di alta complessità e alta tecnologia –, possiamo vedere che oggi il livello di digitalizzazione è molto basso e questo comporta dei costi. C'è un costo opportunità legato alla non digitalizzazione.
  Noi abbiamo realizzato delle analisi specifiche su ciascuno di questi momenti del percorso di cura per stimare i possibili costi. Vi do giusto un paio di zoom per capire quello di cui stiamo parlando. Se prendiamo, ad esempio, il ritiro dei referti, qualcosa di apparentemente molto semplice, l'analisi delle buone pratiche presenti nell'ambito del nostro sistema ci dice che rispetto a una situazione as is, che vede la maggior parte dei referti ritirati allo sportello, in misura pari a circa l'80 per cento, questo as is potrebbe essere spostato in un mix diverso, in cui, oltre allo sportello e alle farmacie, il ritiro dei referti on line viene utilizzato maggiormente anche in ragione della natura dei referti da scaricare.
  Cosa vorrebbe dire questo dal punto di vista del risparmio di risorse? La stima è di 1,6 miliardi di euro, solo andando ad agire su questa semplicissima componente dei servizi digitali, che oltretutto è un risparmio che si determinerebbe in parte a favore del Sistema sanitario nazionale, ma in parte dei cittadini stessi, configurandosi quindi come un risparmio di risorse, ma anche come una grande semplificazione.
  Abbiamo fatto analoghe stime per altri momenti e per altri servizi, dalla ricerca dell'informazione alla prenotazione delle visite e degli esami fino al pagamento, tutti elementi che oggi possono essere facilmente ottimizzati e resi più semplici ed efficaci attraverso la diffusione di tecnologie esistenti. Non stiamo ancora parlando dell'introduzione di tecnologie particolarmente evolute, ma stiamo solo parlando della saggia diffusione di sistemi e tecnologie già esistenti. Pag. 6
  Questo ci porta a intravedere e suggerire quello che deve essere un cambiamento culturale nel modello complessivo di cura del sistema sanitario, verso un approccio che chiamiamo connecting care, ovvero la grande attenzione, che porta a un effetto importantissimo, non solo di efficienza, ma anche di semplificazione per il cittadino, al fine di rendere tutti i processi di cura tra loro connessi e interoperabili, con una maggiore valorizzazione dei tantissimi dati che si creano nel processo di cura.
  Alcuni di questi sono dati di cui oggi si parla tantissimo e che possono essere analizzati con tecnologie all'avanguardia, dai dati che possono essere incrociati con il genoma ai dati che sono tratti dai wearable device. Oggi c'è un grande patrimonio di dati che vengono a volte definiti «dati amministrativi». Sono dati molto semplici, ad esempio quelli delle schede di dimissione ospedaliera (SDO) o quelli legati all'accesso alle strutture di cura, che sono dati oggi già disponibili nel sistema ma che non vengono valorizzati per ottimizzare le risorse in campo.
  Occorre creare, invece, un sistema che metta al centro l'esperienza del cittadino/paziente. Io metterei l'enfasi sul fatto che in qualche modo tutti i cittadini sono anche pazienti, quindi in un sistema sociosanitario integrato ciascun paziente dovrebbe essere messo in grado di relazionarsi col sistema di cura secondo modalità più moderne, connesse e abilitate dai dati che oggi sono disponibili.
  Quello che noi abbiamo fatto, e che porteremo alla vostra attenzione, è stato cercare di analizzare l'esperienza del cittadino e come questa possa essere resa più efficace e più semplice per il cittadino stesso in ogni fase del suo ciclo di vita.
  Passo ora la parola alla direttrice Chiara Sgarbossa.

  CHIARA SGARBOSSA, direttrice dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano. Grazie anche da parte mia per l'invito. Come anticipava il professor Corso, quest'anno abbiamo identificato quali sono le fasi che accompagnano il cittadino dalla prevenzione fino alla cura e infine al follow-up, considerando in particolare come il digitale supporta in tutte queste fasi sia i pazienti sia, ovviamente, i medici e le strutture sanitarie.
  Le quattro fasi che abbiamo identificato sono le seguenti. La prima è la parte di prevenzione e stili di vita. Parliamo principalmente di prevenzione primaria, ovvero di qualsiasi cittadino, per lo più sano, che vuole cercare informazioni sulla salute, sull'alimentazione e sugli stili di vita, vuole raccogliere informazioni sul proprio stile di vita e vuole migliorarlo.
  Nel momento in cui, però, deve effettuare una visita, un ricovero o un esame, entra nella fase che noi abbiamo chiamato «di accesso», ossia ricerca le strutture sanitarie e i medici, prenota la visita, paga e poi si reca ovviamente presso la struttura per la fase successiva, che è quella di vera e propria cura.
  Nella fase di cura parliamo di tutta la fruizione vera e propria da parte, in questo caso, del paziente che effettua una visita, un ricovero o un esame oppure deve assumere delle terapie. Infine c'è tutto quello che avviene dopo la fase di cura, quando il paziente può tornare a casa o in alcuni casi in altre strutture sul territorio e deve essere gestita la fase di continuità di cura, di monitoraggio del paziente, soprattutto per i casi in cui il paziente è cronico, e di ripresa del percorso. Lì abbiamo messo nuovi stili di vita, perché in quel caso il paziente ricomincia il suo percorso ovviamente in una prevenzione che non è più primaria, ma in questo caso è secondaria e terziaria. Riprende il suo cammino nel percorso di interazione col sistema salute, come dicevamo prima, che in realtà non comprende solo la parte di struttura sanitaria, ma anche un'altra serie di attori.
  Per ciascuna di queste fasi ora vi presenteremo qual è lo stato di adozione e diffusione del digitale da parte dei cittadini e delle strutture sanitarie e quello che secondo noi dovremmo fare affinché quello che noi abbiamo constatato finora possa essere ulteriormente migliorato.
  Partiamo da prevenzione e stili di vita. Come vi dicevo, abbiamo analizzato quanto i cittadini ad oggi cercano già on line informazioni Pag. 7 in questo ambito. Oltre un cittadino su tre cerca on line informazioni su stili di vita, prevenzione e alimentazione. Lo fa principalmente sui siti istituzionali, quindi ancora si fida poco, anche se comunque è un fenomeno che si sta diffondendo, di blog e forum, dove magari le informazioni non sono tanto affidabili.
  Rispetto invece all'utilizzo di app, che noi abbiamo chiamato di coaching, che monitorano lo stile di vita, monitorano i parametri vitali e consentono, quindi, di capire quanto il cittadino si stia mantenendo in salute, oppure di wearable, che sono spesso associate a queste app, il 41 per cento dei cittadini dichiara di aver utilizzato almeno uno di questi strumenti.
  Il problema di questo fenomeno è che ad oggi la maggior parte di queste app e wearable non sono certificate e non sono validate e solo un cittadino su quattro di coloro che hanno utilizzato questo tipo di dispositivi ha poi inviato i suoi dati al medico. In realtà, il medico non sa leggere i dati sui pasti e sull'alimentazione, a meno che non ci sia uno strumento, un analytic o un sistema di supporto, che integri questi dati con i dati già a disposizione, ma ad oggi questo manca. Dunque, il cittadino in realtà di questi dispositivi ad oggi se ne serve ancora poco.
  Se guardiamo, invece, a un altro fenomeno, quello delle polizze assicurative, che già all'estero offrono all'interno del pacchetto la possibilità di avere un wearable o un’app che monitora lo stile di vita e mi consente di avere un premio nel caso in cui io mantenga uno stile di vita corretto, ovviamente in Italia questo sta iniziando a diffondersi, ma ad oggi non c'è un utilizzo. Il 15 per cento dei cittadini dichiara che sarebbe disposto ad avere questo tipo di applicazione, quindi di monitorarsi e di avere dei premi sull'assicurazione nel momento in cui migliora lo stile di vita. Questo potrebbe essere già un elemento che porta il paziente a migliorare la prevenzione e, quindi, a mantenere stili di vita corretti.
  Un altro tema che abbiamo analizzato, anche in questo caso di frontiera – ad oggi infatti non c'è ancora –, è l'interesse dei cittadini verso un coach virtuale, ovvero un'applicazione o anche uno smart home assistant, che in casa ci dia indicazioni rispetto a quello che facciamo. Il 30 per cento dei cittadini sarebbe interessato ad avere un coach virtuale che, sulla base dei dati monitorati, dia indicazioni su come migliorare il proprio stile di vita. In questo caso, è un po’ un sostituto di un case manager o di un medico che dà indicazioni personalizzate.
  Data questa situazione, cosa bisognerebbe fare secondo noi in questo ambito di prevenzione? I cittadini hanno bisogno di fonti autorevoli, certificate, rispetto ai temi di prevenzione e salute, quindi occorre investire sulla messa a disposizione di siti istituzionali in cui trovare queste informazioni e far sì che le stesse informazioni siano in qualche modo certificate e validate dai medici.
  Dall'altro lato, anche tutto l'ambito delle app e dei wearable, che ad oggi sono per lo più incentrati sul benessere e non sono certificati come dispositivi medici, è un ambito di forte sviluppo e di forte utilizzo da parte dei cittadini, che ormai utilizzano app per fare qualsiasi cosa. Anche in questo caso, affinché i dati raccolti poi servano anche al medico, bisogna validare clinicamente queste app e far sì che anche il medico stesso possa consigliare le app al cittadino paziente.
  Infine, abbiamo visto il fenomeno delle compagnie assicurative, che possono mettere a disposizione queste applicazioni e questi wearable. In realtà, sarebbe utile raccogliere e integrare tutti i dati che provengono anche da altre app e da altri wearable, magari anche da app certificate da parte di strutture sanitarie, e creare una sorta di piattaforma che consenta di integrare tutti questi dati, affinché questi dati possano essere utilizzati, anche grazie all'intelligenza artificiale, per supportare il paziente nel processo di prevenzione e stili di vita.
  Passiamo alla parte relativa all'accesso. In questo caso il processo di accesso, come vi dicevo, parte dalla ricerca di informazioni su strutture sanitarie e medici. Questa attività ad oggi viene già effettuata per lo più on line, perché ovviamente c'è già Pag. 8un'offerta da parte di strutture sanitarie, ma anche altre tipologie di siti dove confrontare i medici e trovare opinioni, che consente di ricercare informazioni sulla struttura che si ritiene preferibile.
  Un punto d'attenzione è che ad oggi i cittadini, anche se cercano già on line molte informazioni, non si fidano ancora sufficientemente delle informazioni trovate on line e non prenderebbero decisioni basate solo su informazioni trovate on line, motivo per cui abbiamo chiesto ai cittadini quale fosse la fonte fondamentale per trovare, ad esempio, un medico specialista. Nella maggior parte dei casi ci rispondono che è ancora il medico di famiglia. Non si fidano, invece, di blog che consigliano lo specialista.
  Rispetto, invece, alla fase successiva di prenotazione e pagamento, come diceva prima il professor Corso, ad oggi il digitale riveste ancora un ruolo poco rilevante rispetto a tutti i canali di prenotazione e pagamento. Il 23 per cento dei cittadini che hanno prenotato – comunque è un sottoinsieme di tutti i cittadini italiani – lo ha fatto on line e il 19 per cento ha effettuato il pagamento, quindi c'è ancora spazio per spostare il canale fisico sull’on line oppure su altri canali, come la farmacia.
  Un altro tema relativo alla parte di accesso è che, nel momento in cui va a fare una visita, molto spesso succede che il cittadino utilizzi la rete per informarsi. Parliamo del fenomeno del «dottor Google», tanto discusso. In realtà, solo un cittadino su tre dichiara di farlo prima della visita e lo fa non tanto per evitare la visita – questo l'ha dichiarato solo il 5 per cento dei cittadini, per fortuna – ma per prepararsi meglio, quindi per andare già dal medico con le idee un po’ più chiare. Ovviamente questo da parte del medico può portare a dei problemi, perché magari il cittadino crede di avere già la diagnosi, però è sicuramente un dato che ci dice che il cittadino è alla ricerca di informazioni e vuole in qualche modo informarsi sulla propria salute e, quindi, bisogna offrirgli dei canali corretti per informarsi.
  Un ultimo dato sulla fase di accesso è nel momento in cui il cittadino si reca presso la struttura, quindi deve effettuare la visita oppure in alcuni casi deve prenotarla, se vuole andare di persona. Anche in quest'ambito il digitale potrebbe supportare nel semplificare l'accesso del cittadino al sistema, tramite, ad esempio, dei sistemi di self check-in, come già avviene in altri settori, ovvero prenotando direttamente da casa sul sito l'orario in cui si vuole effettuare l'esame del sangue o la visita o direttamente con un totem presso la struttura, evitando la coda allo sportello.
  Anche in questo caso abbiamo definito una serie di azioni che secondo noi occorre mettere in atto. Come vi dicevo, i cittadini sono infatti alla ricerca di una sorta di bussola, vogliono cioè avere un punto di riferimento a cui affidarsi per scegliere medici e strutture sanitarie.
  In questo caso è importante far sì che i siti web siano in qualche modo certificati e affidabili e che non siano un canale alternativo al medico, ma che lo stesso medico possa indicarli come siti a cui affidarsi per trovare informazioni.
  Un altro tema fondamentale delle prenotazioni, ad esempio, è la trasparenza. Ad oggi, ad esempio, i siti delle regioni che consentono di prenotare direttamente la prestazione nell'orario e nella sede in cui si vuole sono circa la metà dei siti regionali a livello italiano. I cittadini, così come fanno per un volo, per un treno o per qualsiasi altra prenotazione in altri settori, in cui hanno la disponibilità di tutte le date e di tutti gli orari e scelgono liberamente rispetto alle proprie disponibilità e, anche in questo caso, alla struttura sanitaria più vicina o più comoda, lo richiedono anche per il sistema sanitario.
  Questo ovviamente consentirebbe, da un lato, di offrire un servizio migliore al cittadino, dall'altro, di ridurre anche le liste d'attesa. Nel momento in cui io ho disponibilità su più strutture su tutto il territorio in cui vivo e scopro che posso recarmi in una struttura leggermente più lontana, ma con un tempo di attesa inferiore, complessivamente riduco il mio tempo di attesa; lo riduco a livello complessivo rispetto alla regione, ma anche a livello italiano.

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  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano. Volevo solo enfatizzare che questo è un elemento fondamentale, perché oggi la grande criticità del Sistema sanitario italiano è la disottimizzazione delle risorse presenti, che porta a fenomeni di mobilità passiva dalle regioni del Sud verso le regioni del Nord, dal pubblico verso il privato, a fronte di una disottimizzazione delle risorse in campo.
  Usando bene i dati, si può non solo razionalizzare, ma anche semplificare in modo drastico l'accesso alla cura. Stiamo parlando di pazienti cronici, per cui il sistema sanitario nel 90 per cento dei casi ha già individuato le prestazioni necessarie, quindi dire che digitalizzo la ricerca di informazioni e l'accesso alla prenotazione è di per sé irrazionale, perché se il sistema sa già che tu, cittadino/paziente cronico, avrai bisogno di determinate prestazioni, deve essere proattivamente il sistema a proporti determinati appuntamenti, localizzazioni, che tu devi al più confermare.
  Questo avviene già in alcuni ambiti, quindi la vera semplificazione non è digitalizzare i servizi, ma eliminare gli adempimenti e, grazie alla connected care, quindi all'uso integrato dei dati, moltissimi di questi adempimenti possono essere eliminati. È un vantaggio di efficienza, ma costituisce anche un grandissimo vantaggio di equità sociale nonché una possibilità di programmazione della produzione – scusate l'ottica ingegneristica, ma è così – se fossimo in una fabbrica, questo modo di fare sarebbe del tutto irrazionale.
  Il sistema sanitario deve quindi raccogliere e prendere in carico l'esigenza una sola volta e poi al suo interno razionalizzare le risorse. È chiaro che per le acuzie a volte non posso farlo, perché se uno si fa male o c'è un incidente non posso naturalmente prevederlo, ma la sanità è fatta all'80 per cento di cronicità, quindi di prestazioni che sono altamente programmabili e non vengono invece programmate e integrate.

  CHIARA SGARBOSSA, direttrice dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano. Il professor Corso ha anticipato l'ultimo punto. In realtà, si può guardare anche all'ottimizzazione delle risorse a livello di singola azienda sanitaria, poiché nel momento in cui io digitalizzo tutta la parte di accessi e di check-in posso avere dei dati, programmare meglio i carichi durante la giornata e quindi ottimizzare l'uso di risorse, sia cliniche che non, all'interno della mia struttura sanitaria.
  Per la parte di cura abbiamo una serie di soluzioni digitali che supportano i medici nella cura del paziente. Parliamo, ad esempio, di cartella clinica elettronica, di sistemi di gestione documentale, di sistemi dipartimentali. Nell'analisi che vi mostreremo oggi abbiamo focalizzato l'attenzione su due ambiti per noi di frontiera, vale a dire l'intelligenza artificiale a supporto decisionale del medico e le terapie digitali, tema emergente su cui in Italia si sta però facendo ancora troppo poco.
  Ad oggi, l'intelligenza artificiale, secondo i dati che abbiamo rilevato sulle strutture sanitarie, è applicata per lo più nell'elaborazione di immagini, quindi nell'utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale che, sulla base di quanto rilevato in immagine radiologica o di altro tipo, aiutano a prendere una decisione e suggeriscono una diagnosi sul paziente. Questo è l'ambito maggiormente utilizzato dai medici che, secondo tutti gli attori che abbiamo intervistato – medici, direttori di strutture sanitarie, dirigenti infermieristici – avrà un impatto rilevante nei prossimi cinque anni.
  Ad oggi, sono riconosciuti dai professionisti i benefici che l'intelligenza artificiale può portare alla cura del paziente. In primis, la maggiore efficienza, per cui riduco i tempi decisionali perché qualche sistema intelligente mi suggerisce la diagnosi e la cura. Mi suggerisce, non devo quindi fare obbligatoriamente quello che la macchina mi dice, però sicuramente riduco i tempi di ricerca e di raccolta delle informazioni per poi definire la diagnosi. Inoltre, ho minore probabilità di commettere errori: la macchina mi aiuta a evitare gli eventuali errori che avrei commesso, perché ovviamente siamo umani e possiamo commettere errori, quindi non annullo completamente gli Pag. 10errori, ma ne riduco la probabilità. Garantisce inoltre una maggiore efficacia delle cure, perché con i diversi dati raccolti sul paziente e sulla sua storia clinica posso, attraverso l'intelligenza artificiale, definire una cura maggiormente personalizzata. In questo caso, parliamo di medicina personalizzata e quindi di maggiore efficacia della cura rispetto alle singole esigenze del paziente.
  Altro fenomeno che vi anticipavo è quello delle terapie digitali, vale a dire applicazioni – principalmente app, in alcuni casi anche videogiochi – che vengono sviluppate e date al paziente o insieme a un farmaco, quindi ad esempio app per il monitoraggio della terapia o per capire quale sia il dosaggio corretto del farmaco, ovvero applicazioni che sostituiscono completamente un farmaco. In questo caso parliamo di applicazioni che modificano i comportamenti in caso di dipendenza o di malattia di tipo cognitivo. Si tratta di applicazioni che anche negli Stati Uniti sono state identificate come applicazioni che effettivamente migliorano la cura del paziente e rendono più efficace la terapia.
  In Italia, ad oggi, non c'è nulla di utilizzabile come terapia digitale e tutti i professionisti sanitari riconoscono che l'ambito che avrà maggiore impatto è quello delle app per il monitoraggio dell'aderenza alla terapia, ma ad oggi non c'è ancora una validazione clinica di queste applicazioni e un modello di rimborsabilità.
  Cosa fare quindi in questo ambito? L'intelligenza artificiale non si sta ancora diffondendo innanzitutto perché mancano le risorse. Si tratta di progetti molto importanti a livello economico, che dall'altro lato potrebbero portare anche a benefici economici, quindi dovremmo iniziare questo circolo virtuoso e investire in intelligenza artificiale per poi ottenerne successivamente risparmi.
  Mancano anche le competenze. Le strutture sanitarie ci dicono che questi progetti sono troppo complessi e quindi non si mettono in piedi. Occorre ovviamente sviluppare le competenze, che non sono né solo informatiche né solo cliniche, e nel momento in cui creiamo la figura del data scientist capace di riconoscere i dati, analizzarli e interpretarli, nel caso dell'ambito clinico abbiamo bisogno sia di competenze informatiche e matematiche sia di competenze cliniche.
  A questo proposito, mi limito ad una parentesi: è appena nato un nuovo corso di laurea tra l'ingegneria e la medicina nato da una collaborazione tra il Politecnico di Milano e l'Humanitas, proprio in considerazione del fatto che queste saranno le figure professionali del futuro.

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano. Produrremo 50 professionisti l'anno, una goccia nell'oceano. Il vero problema è che nell'ambito dei curricula sanitari manca la competenza informatico-modellistica, quindi se non si agisce per cambiare la cultura e la competenza dei professionisti sanitari, difficilmente si riuscirà ad andare verso questo modello.

  CHIARA SGARBOSSA, direttrice dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano. Occorre far comprendere sempre di più quale sia l'impatto positivo e i benefici che l'intelligenza artificiale arreca ai professionisti sanitari, come essa non sottragga assolutamente loro il lavoro, ma anzi consenta di svolgerlo meglio, mentre rispetto al tema delle terapie digitali occorre validarle clinicamente, quindi far sì che trial clinici consentano di renderle prescrivibili come qualsiasi farmaco e rimborsabili da parte del sistema sanitario, tema che riprenderò dopo sulla telemedicina.
  Un ultimo ambito è quello del follow-up. Nel momento in cui il paziente ha fatto una visita, un ricovero o un esame, va a casa; al riguardo, abbiamo considerato in particolare il servizio di ritiro dei referti on line, che ad oggi viene utilizzato solo da un cittadino su tre, ma viene comunque messo a disposizione, ad esempio, nel fascicolo sanitario elettronico, fascicolo di cui solo il 21 per cento dei cittadini ha sentito parlare, circostanza questa abbastanza grave, e che solo il 7 per cento ha utilizzato. In Pag. 11proposito, abbiamo i dati dell'AGID sulle singole regioni, che potremo quindi analizzare. Chi l'ha utilizzato dichiara però che è difficile accedervi. Infatti, ad oggi abbiamo diversi sistemi per l'accesso al fascicolo, stiamo puntando molto sullo SPID ed alcune regioni hanno ancora lettori di smart card, che però è inutilizzabile da parte di molti cittadini, ovvero password specifiche con la one time password della singola regione.
  Oltre a comunicare meglio l'esistenza del fascicolo e quali servizi esso metta a disposizione, dobbiamo migliorare l'accessibilità: ben venga quindi l'utilizzo dello SPID, ma lo stesso SPID deve essere poi diffuso a tutta la popolazione in modo più semplice rispetto a quanto avviene oggi.
  Il cittadino dopo il ricovero o l'esame vuole comunicare con il medico. Lo fa molto su whatsapp, cioè il medico comunica molto via e-mail e whatsapp, canali che non dovrebbe utilizzare per comunicare dati clinici o trasmettere informazioni di tipo clinico con il paziente, mentre sono ancora poco utilizzate le piattaforme certificate, che invece sono qualcosa di utile, tra cittadino e medico, ma è elevato l'interesse, quindi qui sicuramente c'è spazio per innovare.
  Vorrei soffermarmi, infine, sulla telemedicina. Sono presenti soprattutto sperimentazioni che, una volta concluse, non vanno a regime, quindi i medici le utilizzano con tassi intorno al 3-5 per cento. Il problema che c'è da molti anni è quello dell'assenza di tariffe a livello nazionale, quindi la prestazione erogata in telemedicina, che potrebbe realmente facilitare l'accesso ad alcune prestazioni, visite e monitoraggi anche da remoto a pazienti che non possono muoversi o che preferiscono svolgere l'attività direttamente presso la propria abitazione, non si diffonde perché non viene considerata ad oggi come una prestazione svolta di persona.
  L'azione da fare al riguardo, come viene ormai sottolineato da anni, consiste nella introduzione di tariffe sulla telemedicina paragonabili alle altre prestazioni.
  Con riferimento ancora al tema relativo alla presa in carico, che sui pazienti cronici – come ricordava in precedenza il professor Corso – è rilevante perché mi consente di mantenere la continuità di cura e di avere un percorso personalizzato in base alle mie esigenze, siamo ancora agli inizi, dal momento che registriamo ancora una scarsa informatizzazione nella presa in carico e quindi anche nella gestione dei piani di assistenza individuale.

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano. Concludo velocemente per lasciare spazio alle domande. Rispetto a questa prospettiva di connessione del sistema salute, a che punto siamo innanzitutto dal punto di vista della spesa, cioè quanto il nostro Sistema sanitario impegna risorse nell'ambito della digitalizzazione?
  Noi produciamo ogni anno una stima della spesa digitale nell'ambito del sistema: quest'anno l'abbiamo stimata in 1,39 miliardi di euro, con un lieve incremento rispetto agli anni precedenti, ma in relazione alla spesa sanitaria è pochissima perché rappresenta circa 23 euro a cittadino mentre, per darvi un benchmark, in Danimarca la spesa digitale in sanità per cittadino si attesta intorno ai 70 euro. Questo è l'indice di un mix di spesa di un sistema scarsamente moderno, considerato che noi dobbiamo spendere per effettuare un investimento, quindi per colmare dei gap: è evidente che c'è un problema di mix di spesa, quindi bisogna senz'altro riorientare parte della spesa da un canale verso un altro, altrimenti è un serpente che si morde la coda perché abbiamo visto che questi sono investimenti che permettono di ridurre i costi.
  La connected care è, dunque, una prospettiva fondamentale che ci può condurre, grazie alla valorizzazione dei dati, ad assicurare molta più efficacia alle risorse oggi presenti. Questo deve evidentemente passare – come abbiamo sottolineato in più passaggi di questa presentazione – attraverso una grande enfasi sull’empowerment, sulla creazione di competenze tra i professionisti, ma anche tra i cittadini, attraverso un'informazione sana e di qualità, nell'ottica di consentire di misurare e certificare Pag. 12gli impatti delle nuove tecnologie e delle nuove terapie. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Corso e la dottoressa Sgarbossa per la esaustiva relazione che ci hanno messo a disposizione, con elementi di grande chiarezza e di grande stimolo per proseguire i nostri lavori.
  Se non vi sono obiezioni da parte degli auditi, autorizzo la pubblicazione, in allegato al resoconto della seduta odierna, delle slide presentate (vedi allegato), in modo tale che sia tutto fruibile.
  Lascio ora la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARCO LACARRA. Grazie, presidente. Innanzitutto ringrazio gli auditi per aver esposto in maniera davvero compiuta lo stato dell'arte, le prospettive e gli obiettivi che si vogliono raggiungere.
  Penso che si debba partire da due presupposti, che possono sembrare banali ma credo siano assolutamente essenziali per rappresentare quali siano gli obiettivi che il nostro sistema salute deve perseguire.
  È chiaro che il processo di informatizzazione e di digitalizzazione deve portare alla sempre maggiore deospedalizzazione dei servizi, soprattutto quando si parla di cronicità dei malati. L'altro tema è quello della dematerializzazione, tema tutt'altro che secondario.
  Per quanto riguarda la deospedalizzazione, abbiamo ancora oggi malati cronici che ricevono le cure in ospedale e, come è noto, il costo della degenza è quello che incide maggiormente sulla spesa sanitaria. Un sistema effettivamente digitalizzato che funzioni, come anche voi avete evidenziato, prevedendo altresì una scansione chiara del rapporto ospedale/paziente rispetto alle esigenze dello stesso paziente, porterebbe non solo a un più efficace controllo della malattia, ma anche ad un risparmio di costi, aspetto quest'ultimo fondamentale per fornire un servizio migliore all'utente.
  Sappiamo quanto abbia inciso – parlo dell'esperienza pugliese, a me più vicina – la telesanità, sistema che soprattutto per le malattie cardiologiche ha definito in maniera molto chiara dei percorsi rendendoli molto più celeri ed efficaci. È chiaro che questo sistema richiede anche la partecipazione del cittadino, quindi c'è bisogno di un'educazione del cittadino, di una partecipazione, di un'informazione adeguata.
  Me ne sono occupato dieci anni fa, quando si parlava ancora in maniera embrionale delle smart city, cioè di un sistema complessivo di reti che potesse funzionare in sinergia con gli enti locali, gli enti territoriali e il Governo centrale. In tale quadro la tessera sanitaria digitale del paziente – uno strumento che, sebbene qualche anno fa potesse sembrare anche avveniristico, oggi credo che dal punto di vista della innovazione sia in qualche misura anche superato – consentirebbe comunque a ciascun paziente di avere un immagazzinamento di dati che riguardano la sua storia clinica, tale da favorire significativamente la possibilità di prestare cure efficaci, rispetto alla storia che ha una sua importanza nella individuazione delle patologie.
  La raccolta dei dati contenuti in questa tessera digitale potrebbe naturalmente riguardare tutti gli esami diagnostici svolti nella vita del paziente. Ritengo che ci sia una resistenza e non so se sia questa la causa del rallentamento, perché credo che in Italia non esista una sperimentazione di questo tipo, nel senso che non mi risulta che ci siano pazienti dotati di una tessera digitale che consenta di raccogliere i dati della loro storia clinica. Mi risulta che ci sia una certa resistenza da parte dei medici e delle direzioni sanitarie delle strutture ospedaliere e delle ASL, che evidentemente ritengono che questo sia uno strumento che possa più facilmente determinare l'insorgere di contenziosi per la possibilità di individuare facilmente eventuali ipotesi di malasanità. Tutto ciò è vero? A che punto è questa ipotesi? Mi risultava infatti che ci fosse uno studio legato alla creazione di questo strumento, che reputo importantissimo e fondamentale per la cura di qualsiasi tipo di patologia. Grazie.

  ANGELA ANNA BRUNA PIARULLI. Avrei interesse di conoscere una valutazione dei nostri auditi in merito all'estensione Pag. 13 della telemedicina e di tutto ciò che possa essere digitalizzato e dematerializzato all'interno delle carceri, dove una delle problematiche è proprio quella della traduzione dei detenuti e quindi della scorta, con costi aggiuntivi e problemi di sicurezza. Grazie.

  UMBERTO BURATTI. Anch'io ringrazio per le interessanti informazioni che questa mattina ci sono state fornite, però anche in merito alle riflessioni del collega vorrei porre un quesito agli auditi. Come Commissione noi ci stiamo ponendo il problema di quali suggerimenti possiamo dare, nel quadro di una visione nazionale, rispetto ad un tema che è invece trattato ed impostato a livello regionale.
  Questo è il primo problema. Lo voglio sottolineare, signor presidente, e lei è testimone di come io lo ribadisca sempre, perché ciò è sul tavolo quotidiano ed anzi, a breve, ci troveremo a discutere di questa autonomia regionale sempre più spinta. Tuttavia noi abbiamo anche la necessità, ed ecco il motivo per cui chiediamo una riflessione anche a soggetti terzi, di sottolineare come alcune questioni e materie andrebbero inserite quasi in un apposito articolo della Costituzione, ciò se vogliamo far fare un passo avanti al nostro Paese nella sua interezza e nell'interesse dei singoli cittadini, poiché un toscano non rimane solo in Toscana, entro il confine del Granducato, ma ogni tanto si spinge anche in altre regioni d'Italia, dove può succedere che abbia un problema sanitario. Se io cittadino toscano vado in un ospedale in Toscana, magari trovano cosa mi è successo negli ultimi anni, così come succede magari anche in Lombardia, ma se il cittadino della Lombardia arriva in Toscana questa cosa invece non accade.
  Mentre è interessantissimo arrivare a una digitalizzazione, noi dobbiamo anche un po’ riflettere su talune questioni, quindi dal punto di vista del vostro Osservatorio vi domando quale sia il suggerimento che ritenete di poterci dare nell'ottica del prosieguo di questa nostra indagine conoscitiva, in modo tale da riuscire a muoverci per cercare di produrre quel piccolo «topolino», che però possa essere un lumicino che si accende in un'Italia che altrimenti sta andando avanti in settori nei quali ogni regione procede per conto suo.
  Il mio medico di famiglia una volta che ho fatto le analisi le riceve e mi chiama per dirmi che è tutto a posto oppure che c'è un problema, quindi ciò per me equivale a dire – come avete in precedenza evidenziato sulla base di considerazioni assolutamente condivisibili – un progresso notevole che mi consente, ad esempio, di risparmiare una giornata intera.

  PRESIDENTE. Volevo aggiungere una mia considerazione prima di lasciare la parola agli auditi per un breve giro di risposte, che comunque vi chiederei di trasmetterci anche per iscritto in modo da consentire a tutti i colleghi, soprattutto quelli del Senato, oggi impegnati dalle ore 9.30 nei diversi organi parlamentari, di poter leggere le risposte e di essere quindi sollecitati dalle stesse.
  Due cose mi hanno sollecitato l'intervento. È del tutto evidente che al momento c'è un ritardo di impostazione organizzativa e finanziaria, nel senso che per fare quello che servirebbe non basta investire di più, ma c'è bisogno di una progettualità. Riprendendo le cose che venivano dette in precedenza, avendo noi 21 sistemi sanitari, come avete giustamente sottolineato, il problema è che alcuni di questi sistemi sanitari hanno già un livello di digitalizzazione elevato – penso all'Emilia-Romagna, alla Toscana, alla Lombardia, al Veneto – per cui il fascicolo sanitario è già in corso ed è utilizzato, ma succede esattamente quello che diceva prima l'onorevole Buratti, perché se un cittadino lombardo si trova in Emilia-Romagna diventa un normale cittadino di una regione in cui non c'è la digitalizzazione.
  Siccome voi avete un'ampia esperienza da questo punto di vista, piuttosto che continuare i ragionamenti di costruzione complessiva di nuovi sistemi non sarebbe più opportuno ragionare sull'estrazione dei dati, per predisporre poi un sistema unico da quello che viene estrapolato?
  Ogni regione adotta al momento un suo sistema, e ciò vale anche per altre questioni: penso, ad esempio, all'anagrafe per Pag. 14quanto riguarda il Ministero dell'interno, dal momento che tutti i comuni sono dotati di un sistema di anagrafe ma non esiste un sistema unico, esigenza rispetto alla quale si registra un ritardo clamoroso. Dunque, anziché inserirsi in quel modello, non converrebbe forse avere un'estrazione di dati con la tracciabilità che viene data dal sistema nazionale, in modo tale da preservare i 21 sistemi regionali ma riuscire al contempo a costruirne uno per estrazione nazionale, che consentirebbe ad un sistema nazionale di avere tutte le informazioni?
  In altre parole, noi dobbiamo progettarne uno sopprimendo i 21 attualmente in campo o possiamo, mantenendo i 21 sistemi differenziati, averne uno per estrazione dei dati, che renda unico quel sistema? Questo potrebbe aiutare molto proprio nella direzione da voi auspicata, nel senso, tra l'altro, di semplificare i tempi ed al contempo assicurare uniformità al Paese.
  Restano sul tappeto naturalmente i problemi di cui abbiamo parlato, che andremo ad approfondire ancora nel corso della nostra indagine conoscitiva, giacché rendere i cittadini uguali davanti alla sanità e non soltanto davanti alla legge sarebbe un'altra delle questioni che la Costituzione dovrebbe davvero certificare per i cittadini, però già questo costituirebbe un passo in avanti.

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano. Molte delle questioni che avete posto potranno essere approfondite – noi vi trasmetteremo comunque una risposta scritta – nell'audizione che farete con i colleghi dell'AGID.
  In questi anni sono stati fatti grandi investimenti e grandi passi in avanti che rispondono ad alcune delle vostre considerazioni. In merito a quello che lei diceva sulla tessera sanitaria, faccio presente che essa in realtà già esiste ed oggi è ampiamente dematerializzata attraverso il sistema dei fascicoli sanitari elettronici – che rappresentano un obbligo per tutte le regioni – che prevede, e qui do una prima risposta anche al presidente, un set di dati che deve essere interoperabile. Sono state definite delle linee guida che impongono di creare un certo strato di dati che devono essere interoperabili, quindi accessibili in modo generalizzato.
  Il fascicolo sanitario elettronico è stato realizzato in quasi tutte le regioni, ma questo è un percorso che va portato alla fine, perché altrimenti abbiamo buttato via tempo e risorse, quindi vi raccomando di partire da una piena conoscenza di quanto è già stato fatto. L'AGID e il Team per la trasformazione digitale in questi anni hanno definito tutta una serie di regole e linee guida per l'interoperabilità, che oggi ci permettono di avere una situazione di partenza molto diversa da quella che avevamo solo 4-5 anni fa, quindi non buttiamo via il bambino con l'acqua sporca. Si parte quindi, da questo punto di vista, da un lavoro già fatto.
  Deospedalizzazione e dematerializzazione: è vero, lì i conti sui benefici possibili si fanno anche con grande facilità, ma tenete conto che molto è stato già fatto, quindi vi invito a muovere dall'evidenza dei dati sulla riduzione dei costi di ospedalizzazione in termini di giornate. Il grande passo in avanti avverrà attraverso la connessione, cioè la continuità di cura nel passaggio tra l'ospedale e il territorio: è qui che bisogna investire anche creando i corretti stimoli. Paradossalmente, c'è una serie di cose che si possono fare e che riducono nell'insieme i costi per il Sistema sanitario, ma che non vengono fatte perché oggi non sono rimborsabili e prescrivibili: è un'irrazionalità di sistema, quindi bisogna muoversi per guidare il sistema stesso verso una maggiore coerenza.
  Abbiamo poi il problema di una governance frammentata, cioè della responsabilità in capo alle regioni, ma questo è uno stato di fatto, quindi quello che si può fare e che si sta facendo è definire centralmente una serie di regole e di standard. Del resto, le regioni oggi sono molto più disponibili, rispetto al passato, ad incrociare e mettere in comune i dati e le informazioni.
  In assenza di una regia top-down, che oggi obiettivamente è abbastanza debole perché così è fatta la nostra Costituzione, le regioni tra di loro, sebbene purtroppo ancora Pag. 15 a macchia di leopardo, si stanno però già integrando per creare una serie di servizi in comune. Oggi la grande potenzialità è la messa in comune dei dati e quello che ci porterà probabilmente a risolvere i nostri problemi è l'estrazione dei dati e il fatto che possano essere messi a patrimonio comune.
  Sulle carceri sono effettivamente possibili enormi risparmi grazie alla telemedicina e già oggi ci sono sperimentazioni che dimostrano e misurano l'impatto in termini di beneficio economico e logistico derivante dalla introduzione della telemedicina non solo con riferimento alle carceri, ma anche, ad esempio, alle isole o ad una serie di situazioni ulteriori in cui l'uso della telemedicina rappresenta certamente una grande opportunità.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per tutte le informazioni che ci hanno fornito. Abbiamo programmato di completare questa nostra indagine conoscitiva nell'arco orientativamente di sei mesi e, mentre continueremo queste nostre audizioni, vorremmo comunque approfondire talune questioni, quindi potremmo chiedervi anche ulteriori chiarimenti, perché il nostro intento è cercare di dare un contributo per il Paese, affinché quanto è stato fatto e quanto bisogna ancora fare possano rivelarsi di utilità per tutti.
  Ricordo che mercoledì prossimo, allo stesso orario odierno, avrà luogo l'audizione della Ministra della salute, Grillo, per entrare nelle vicende della quotidianità e di quello che bisognerà fare d'ora in avanti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.40.

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