XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 20 marzo 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Stumpo Nicola , Presidente ... 3 

Audizione del Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale, ing. Luca Attias, sui risultati conseguiti e sulle prospettive in materia di semplificazione connessi alla realizzazione degli obiettivi recati dall'Agenda digitale (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):
Stumpo Nicola , Presidente ... 3 
Attias Luca , Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale ... 3 
Piunno Simone , esperto del Team per la trasformazione digitale ... 4 
Virgone Giuseppe , esperto del Team per la trasformazione digitale ... 5 
Piunno Simone , esperto del Team per la trasformazione digitale ... 6 
Battisti Daniela , esperta del Team per la trasformazione digitale ... 8 
Melchionda Michele , esperto del Team per la trasformazione digitale ... 10 
Attias Luca , Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale ... 12 
Stumpo Nicola , Presidente ... 12 
Dell'Olio Gianmauro  ... 12 
Piarulli Angela Anna Bruna  ... 12 
Pisani Pietro  ... 13 
Stumpo Nicola , Presidente ... 13 
Ciaburro Monica (FDI)  ... 13 
Rossi Andrea (PD)  ... 13 
D'Orso Valentina (M5S)  ... 14 
Gubitosa Michele (M5S)  ... 14 
Lacarra Marco (PD)  ... 14 
Buratti Umberto (PD)  ... 15 
Stumpo Nicola , Presidente ... 15 
Attias Luca , Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale ... 15 
Stumpo Nicola , Presidente ... 15 
Attias Luca , Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale ... 15 
Stumpo Nicola , Presidente ... 15 
Attias Luca , Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale ... 16 
Battisti Daniela , esperta del Team per la trasformazione digitale ... 17 
Buratti Umberto (PD)  ... 18 
Scorza Guido , esperto del Team per la trasformazione digitale ... 18 
Gubitosa Michele (M5S)  ... 18 
Attias Luca , Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale ... 18 
Melchionda Michele , esperto del Team per la trasformazione digitale ... 19 
Attias Luca , Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale ... 19 
Scorza Guido , esperto del Team per la trasformazione digitale ... 20 
Stumpo Nicola , Presidente ... 20 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal dottor Luca Attias ... 22

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
NICOLA STUMPO

  La seduta comincia alle 8.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale, ing. Luca Attias, sui risultati conseguiti e sulle prospettive in materia di semplificazione connessi alla realizzazione degli obiettivi recati dall'Agenda digitale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera, l'audizione del Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale, ingegner Luca Attias, che ringrazio per aver prontamente accolto il nostro invito ad essere audito. Il Commissario Attias riferirà alla Commissione sulle prospettive future e sui risultati conseguiti in materia di semplificazione dei rapporti tra amministrazioni pubbliche, cittadini e imprese attraverso la realizzazione degli obiettivi recati dall'Agenda digitale.
  Do quindi la parola al Commissario Attias per la sua relazione e avverto che il Commissario è accompagnato da Simone Piunno, Giuseppe Virgone, Daniela Battisti, Michele Melchionda e Guido Scorza, esperti del Team per la trasformazione digitale.

  LUCA ATTIAS, Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale. Buongiorno a tutti. Innanzitutto, ringrazio la Commissione dell'invito. Ringrazio il presidente. Ciò significa che c'è una grandissima sensibilità sul tema da parte della Commissione, e questo a noi non può che far piacere, soprattutto condividere il lavoro fatto fino a oggi dal Team per la trasformazione digitale.
  Vado molto rapido sulla presentazione, perché poi seguiremo un approccio molto di squadra. Immagino che delle cose le sappiate. Ovviamente, interrompetemi in qualsiasi momento.
  A settembre 2016 è cominciata quest'avventura con l'allora Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale, Diego Piacentini, che ha lavorato per circa due anni con un team di una trentina di persone per aiutare anche le altre organizzazioni, già preposte all'attuazione dell'Agenda digitale, su una serie di progetti, che adesso andremo ad analizzare.
  Si tratta di un'organizzazione estremamente orientata al mercato. Sono stati assunti una serie di talenti, provenienti dal mercato, con un hiring estremamente complesso. Molti lavoravano all'estero, italiani che sono rientrati per questa sorta di servizio civile, una chiamata alle armi da questo punto di vista. Immagino conosciate un po’ la storia. Questa è la vision. Ovviamente, trovate tutto sul nostro sito internet, con le dashboard sul progetto. Qua vi daremo alcune delle notizie in tempi rapidi, ma questa è la vision di Diego e della struttura, il sistema operativo del Paese: creare una serie di componenti fondamentali su cui costruire servizi più semplici ed efficaci per i cittadini, le pubbliche amministrazioni e le imprese; questa è la mission, avvicinarsi al cittadino, rendere i servizi pubblici per cittadini e aziende accessibili nel modo più semplice possibile. Ne Pag. 4parleremo e vedremo anche qual è l'evoluzione a cui tendiamo, soprattutto per «il dopo di noi», perché è importante analizzare anche quello.
  Questa è una serie di parole-chiave, che io ho chiamato «tutte le C del commissario». Per un caso fortuito e fortunato, molto della nostra vision – poi si somma a mano a mano – cominciava per C. Qualcuna l'ho un po’ forzata, ma qua potete avere un'idea. C'è anche la «C» della velocità della luce, perché a oggi il nostro mandato finisce a dicembre, un tempo molto ristretto, in cui dobbiamo fare le cose rapidamente, cosa di cui teniamo sempre conto. Ne analizzeremo alcune, anche se non riusciremo ad analizzarle tutte, ma partiamo dalla continuità.
  Come immagino sappiate, io vengo dalla Corte dei conti, sono stato tanti anni il CIO, il direttore generale dei sistemi informativi della Corte dei conti, ho collaborato col team digitale dal primo giorno che è venuto Diego Piacentini, assieme a Michele Melchionda, che è attualmente CTO della Corte dei conti, oltre a collaborare con il Team per la trasformazione digitale. Sono stato indicato all'attuale Governo da Diego Piacentini. È stata una scelta in assoluta e totale continuità con il passato, quindi tutto quello che hanno fatto Diego e la struttura è stato confermato da me, niente di nuovo.
  Queste sono le persone attualmente presenti. Alcuni li vedete in questa slide all'interno del Team per la trasformazione digitale. Ovviamente, questa varia in continuazione. Tengo molto a queste due slide. Queste sono le persone che c'erano, e c'è una logica di mercato, per cui sono persone che entrano ed escono in continuazione, tornano all'estero, fanno master, sono dei talenti, persone che hanno un curriculum molto avanzato.
  La cosa estremamente interessante, però, che sento di condividere con la Commissione – l'etica è alla base del lavoro del Team digitale – è che tutte le persone che ne sono fuoriuscite continuano a collaborare, ovviamente non a tempo pieno, perché svolgono un altro lavoro, bensì pro bono, e se ne sentono sempre parte integrante. È un lavoro di squadra molto forte, che continua in un senso di appartenenza, non specificatamente al Team digitale, ma nel senso etico di contribuire ad aiutare il Paese da questo punto di vista, che è una cosa che rimane dentro. L'ho sperimentato io da quando sono arrivato, e mi sembrava estremamente interessante condividerlo.
  Faremo un gioco di squadra, per cui parleremo tutti, ognuno sulla parte su cui ha uno skill specifico. Ognuno si presenterà nel momento in cui prenderà la parola, altrimenti perdiamo tempo.
  Col permesso del presidente, passo quindi la parola a Simone Piunno, CTO del Team per la trasformazione digitale.

  SIMONE PIUNNO, esperto del Team per la trasformazione digitale. Buongiorno a tutti. Mi chiamo Simone Piunno. Sono responsabile della tecnologia all'interno del Team. Mi occupo trasversalmente di tutti i progetti.
  La strategia che stiamo proseguendo da un punto di vista di trasformazione digitale è descritta all'interno di un documento che si chiama «Piano di trasformazione digitale per la Pubblica Amministrazione», documento che è stato emesso ufficialmente la prima volta a maggio del 2017. Quando dico ufficialmente, intendo dire che è stato poi anche firmato dall'allora Presidente del Consiglio Gentiloni. Recentemente, è stato aggiornato, perché la legge prevede che venga aggiornato continuamente. Proprio nei giorni scorsi, è stato emesso di nuovo, questa volta a firma del Ministro Bongiorno. Qui c'era tutta la strategia a 360 gradi che stiamo portando avanti.
  In particolare, all'interno di questa strategia abbiamo deciso di occuparci di quelle che scherzosamente chiamiamo le «tubature digitali», tutte quelle componenti trasversali che servono per abilitare la creazione dei servizi verso il cittadino in una maniera più semplice ed efficace, e che trasversalmente tutte le pubbliche amministrazioni poi devono adottare all'interno dei loro servizi. Ci siamo focalizzati soprattutto su questi aspetti, non sempre molto visibili, ma molto importanti, per rendere possibile tutto il resto.
  In particolare, quattro di questi progetti esistevano quando la nostra struttura è Pag. 5stata creata: i pagamenti digitali, l'Anagrafe unica nazionale della popolazione residente, la carta d'identità elettronica e l'identità digitale SPID. Avevano diversi gradi di maturità, ma tutti erano un po’ in difficoltà. Ci siamo dedicati ad accelerarli e a renderli più efficaci, perché crediamo che questi siano fondamentali per ottenere importantissimi risparmi e aumenti di qualità nell'erogazione dei servizi, sicurezza e così via.
  Parlando, in particolare, dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente, lo scopo di questo progetto è quello di costruire un unico database nazionale che contenga le identità di tutti i residenti in Italia, evidentemente con grandissima semplificazione di tutti i processi che hanno bisogno di queste informazioni. Quando abbiamo cominciato, c'era un solo Comune integrato con quest'infrastruttura, un Comune di 17 mila abitanti in provincia di Ravenna, Bagnacavallo.
  Grazie alla nostra azione, che ovviamente si è espletata in collaborazione con SOGEI, il Ministero dell'interno e tutte le strutture preposte, siamo riusciti a ottenere una forte accelerazione. In questo momento, abbiamo oltre 20 milioni di cittadini già integrati; 1.800 Comuni e oltre sono già entrati all'interno di questa struttura; 2.200 sono in fase di test avanzato, pronti per entrare. Noi prevediamo in questo momento di poter raggiungere 45 milioni entro fine anno.

  GIUSEPPE VIRGONE, esperto del Team per la trasformazione digitale. Buongiorno a tutti. Sono Giuseppe Virgone e mi occupo di pagamenti digitali, sono responsabile di PagoPA e del progetto «IO».
  PagoPA è la piattaforma unica dei pagamenti della Pubblica Amministrazione. Consente al cittadino di pagare i tributi della Pubblica Amministrazione permettendogli di scegliere tutti i canali di pagamento disponibili sulla piattaforma, che tendenzialmente devono essere tutti quelli del mercato bancario e non bancario offerti sulla piattaforma.
  Oggi abbiamo 431 prestatori di servizi di pagamento, quindi una scelta ampia per il cittadino.
  I vantaggi per i cittadini sono quelli elencati in questa slide, ovvero: la possibilità di scegliere come pagare secondo le proprie abitudini, con una trasparenza nelle commissioni; una semplicità d'uso e una sicurezza standard, quindi la stessa interfaccia utente per qualunque tributo della Pubblica Amministrazione; il risparmio di tempo, perché consente di pagare online invece di recarsi in un punto fisico; la trasparenza delle commissioni; l'importo sempre attualizzato e corretto, cioè nel momento in cui paga, il cittadino è sicuro che sta pagando l'importo corretto, e la sua posizione viene quietanzata.
  I vantaggi per la Pubblica Amministrazione sono sinergici a quelli dei cittadini: l'integrazione di tutti gli strumenti di pagamento in un'unica piattaforma, mentre prima la Pubblica Amministrazione doveva fare accordi con più prestatori di servizi di pagamento (PSP), adesso, invece, integra soltanto la piattaforma e ha tutti i prestatori di servizi di pagamento disponibili; la riconciliazione automatica dei flussi di incasso, nel senso che PAgoPA consente la riconciliazione immediata tra la posizione debitoria aperta e l'incasso ricevuto; gli incassi vengono ricevuti il giorno successivo al pagamento, ed è un grande vantaggio rispetto all'F24, per esempio, che arriva dopo due settimane o più sul conto di tesoreria commerciale della Pubblica Amministrazione; la velocità di riscossione dei tributi, e infatti in tutti i comuni dove è stato implementato – oggi, abbiamo oltre 1.500 comuni che lo hanno già implementato – si è riscontrato un aumento delle transazioni online e un aumento della velocità dell'incasso.
  Abbiamo delle best practices carine che vi vorremmo rappresentare: l'Automobile Club d'Italia ha portato il 100 per cento dei bolli auto – il 60 per cento già nel mese di gennaio di quest'anno, il 100 per cento da adesso in poi – sul nodo dei pagamenti; l'INAIL e l'INPS hanno portato tutta la loro veste contributiva sulla piattaforma; l'Agenzia delle entrate-Riscossione dal 1° giugno di quest'anno porterà tutte le cartelle esattoriali sul nodo dei pagamenti sia col Modello 3, gli avvisi cartacei, sia col modello Pag. 6online, attraverso la loro piattaforma Equiclick.
  Abbiamo poi dei casi virtuosi, come grandi comuni (Roma, Palermo, Milano) che hanno implementato la piattaforma sui loro tributi più importanti, aumentando le loro performance in termini di riconciliazione degli incassi, velocità dell'incasso, ottimizzazione dei processi.
  Abbiamo in corso l'integrazione del pagamento dell'F24 utilizzando PagoPA. Abbiamo integrato tutte le piattaforme di Poste Italiane. Abbiamo cambiato il formato del bollettino rendendolo più comprensibile all'interno della piattaforma. Abbiamo in corso una definizione degli standard per quanto riguarda i pagamenti delle violazioni del codice della strada. Questi sono dei progetti importanti che vedranno la luce entro quest'anno.
  Abbiamo implementato una nuova user experience che rende il cittadino più tranquillo, più sicuro al momento del pagamento, perché è molto simile a quelle di mercato, a quelle che si trovano in un normale sito di e-commerce. Abbiamo integrato un SDK, cioè un insieme di librerie che consentono alle pubbliche amministrazioni di integrare più facilmente e più velocemente PagoPA. Questo vale soprattutto per i piccoli comuni, che hanno la necessità di un'integrazione e hanno poche risorse, e spesso pochi soldi da spendere.
  Abbiamo integrato forme di pagamento in cui il cittadino si riconosce, come PayPal, il bancomat, Satispay e altre.
  Questo è il nuovo avviso cartaceo. Vedete rappresentato nella parte bassa il nuovo formato del bollettino, che adesso viene letto anche online direttamente a un ufficio postale semplicemente inquadrando il QR-code.
  Tutto questo lavoro ha portato un risultato pratico sul numero delle transazioni. Quando abbiamo preso noi il progetto, nel 2016, facevamo 900 mila transazioni l'anno: quest'anno, solo nel mese di gennaio abbiamo fatto 6 milioni di transazioni. Come volume in euro, avevamo un incasso medio mensile di circa 15 milioni di euro, adesso arriviamo a quasi un miliardo di euro incassato al mese.
  La piattaforma ha, quindi, subìto una crescita importantissima anno per anno. Qui vedete anche una proiezione di quello che ci aspettiamo sia nel 2019, quando contiamo di raggiungere i 40 milioni di transazioni, sia negli anni a seguire.
  La crescita è stata rappresentata anche in termini, come dicevamo, di volumi. Perché i volumi sono aumentati? Sono aumentati perché i comuni e le pubbliche amministrazioni trasportano sulla piattaforma dei pagamenti servizi importanti, non più servizi minimali per atterrare con più tranquillità sulla piattaforma, servizi come la TaRi, come le multe, per quanto riguarda i comuni, i bolli auto, le cartelle esattoriali, l'F24 e così via.
  Dal 14 dicembre 2018, col decreto semplificazione n. 135, per dare maggiore impulso a questa piattaforma e gestire il salto di qualità fatto, il Governo ha previsto la creazione di una società di scopo, che ha appunto il compito di industrializzare la piattaforma dando una nuova governance al progetto.

  SIMONE PIUNNO, esperto del Team per la trasformazione digitale. La predetta società, come dice lo stesso decreto, si dovrà occupare anche di due progetti, il progetto «IO» e la «Piattaforma digitale nazionale dati», di cui vi parlerò tra un attimo.
  Continuando sulle piattaforme abilitanti che abbiamo introdotto all'inizio, c'è la carta d'identità elettronica, per noi molto importante, non solo perché ovviamente è uno strumento di identificazione molto più sicuro rispetto a quella cartacea, ma perché all'interno ha un chip a radiofrequenza che può essere utilizzato per costruire servizi digitali integrati anche nel mondo fisico. Noi crediamo e stiamo lavorando con il Poligrafico per fare in modo che la carta d'identità elettronica possa essere «strisciata» per fare cose come aprire tornelli, entrare negli stadi, pagare la metropolitana e cose del genere.
  In questo momento, il progetto è in uno stato abbastanza a regime. Praticamente tutti i comuni stanno erogando la nuova carta d'identità elettronica, con pochissime eccezioni. Il tasso giornaliero di erogazione delle carte erogate è di 7.650, abbastanza Pag. 7vicino al limite massimo che possiamo raggiungere, poiché le carte vengono messe in sostituzione di quelle vecchie quando quelle scadono.
  Un altro strumento importante è SPID, il sistema di identità online, che permette con un unico set di credenziali di accedere a tutti i siti della Pubblica Amministrazione, con grande semplificazione dal punto di vista del cittadino, che deve ricordare solamente una credenziale. Anche questo progetto sta crescendo velocemente. In questo momento, abbiamo 3,7 milioni di identità erogate da nove soggetti privati accreditati dall'AgID che fanno questo lavoro a loro spese, per loro iniziativa imprenditoriale, senza investimento dello Stato. In questo momento, c'è un'accelerazione dovuta al fatto che viene utilizzato per il reddito di cittadinanza.
  Ci sono poi alcuni progetti che abbiamo introdotto noi, che sono quindi nostre idee. In particolare, le quattro che vediamo in questa slide sono rivolte a ingaggiare le forze che sono sul territorio, e fare quindi rete. Ci sono due siti (Developers Italia e Designers Italia) che vogliono aggregare gli esperti di sviluppo di applicazioni e di design di servizi, che forniscono a questi esperti degli strumenti pronti, dei kit semilavorati, per accelerare la costruzione dei servizi. Poi c'è il sito Docs Italia, su cui si trova la documentazione tecnica che queste persone possono leggere per capire in profondità quello che stiamo facendo e aiutarci, e il Forum Italia, su cui queste persone possono interagire con noi, darci suggerimenti e fare domande.
  Una delle cose importanti collegate con Developers Italia è il fatto che il nostro ordinamento, nel codice dell'amministrazione digitale, agli articoli 68 e 69, prevede che le pubbliche amministrazioni diano molta importanza al riuso delle applicazioni e alla strategia open-source, ma finora questo strumento normativo è stato usato molto poco. Per questo, crediamo che Developers Italia e le linee guida recentemente completate in collaborazione con l'AgID – sono nella fase finale di emissione – aiuteranno le amministrazioni a utilizzare molto di più questo strumento.
  Qui ci sono alcuni numeri di Developers Italia: ci sono 11 progetti attivi in questo momento, 234 repository di codice sorgente open-source, che sono chiaramente tutti i connessi con i progetti di cui vi parlavamo e contribuiscono ad accelerarli.
  Una cosa interessante che abbiamo scoperto è che, per esempio, il Forum è utile anche per i progetti che non gestiamo noi. Un caso è quello della fattura elettronica, su cui noi non stiamo intervenendo, ma per il solo fatto che nel Forum abbiamo creato uno spazio di discussione, spontaneamente la comunità ha cominciato a utilizzare questo strumento massicciamente. Vedete che ci sono 6.800 post che sono stati inseriti in questo Forum. Le persone si fanno le domande e spesso si rispondono tra loro. Ci sono 650 mila visualizzazioni. Questo ha aiutato molto a risolvere le incomprensioni che ci sono state all'inizio dell'anno nelle società che hanno integrato la fattura elettronica.
  Designers Italia contiene 14 kit che servono per sviluppare l'esperienza utente. In questo momento, ci stiamo concentrando a fare in modo che questi kit possano essere adottati facilmente dall'amministrazione, anche verticalmente su alcuni casi specifici, per esempio per uniformare e migliorare il modo in cui vengono realizzati i siti dei comuni e delle scuole.
  Un nuovo progetto che abbiamo introdotto si chiama Progetto «IO». È uno di quelli previsti dal decreto semplificazione di cui parlava prima il collega Virgone. Questa è un'applicazione per smartphone con la quale vogliamo ribaltare la logica attraverso la quale la comunicazione si interfaccia con il cittadino.
  Tradizionalmente, l'amministrazione si pone al centro, mette a disposizione un sito, e poi «pretende» che il cittadino vada su questo sito, scopra come funziona, si informi e impari a interagire.
  Nella nuova logica che proponiamo, il cittadino sta al centro, e sono le amministrazioni che lo raggiungono attraverso uno strumento unico. Per fare questo, abbiamo messo a disposizione questo prototipo di applicazioni, che in questo momento è in fase di test. Venerdì scorso, abbiamo annunciato Pag. 8 a Milano l'inizio di una fase di sperimentazione con cittadini veri sul territorio del Comune di Milano dopo che lo scorso dicembre avevamo fatto una sperimentazione chiusa con un centinaio di stakeholder, tra cui una quarantina di parlamentari. Ci auguriamo, se tutto va bene, di poter essere online in maniera più massiccia in autunno.
  Un ultimo progetto di cui vorrei parlarvi che abbiamo introdotto si chiama «Piattaforma digitale nazionale dati». È uno strumento per valorizzare il patrimonio informativo della Pubblica Amministrazione facendo analisi e correlazione dei dati anche provenienti da amministrazioni diverse. In questo momento, abbiamo una quindicina di enti che stanno sperimentando questa piattaforma, che abbiamo sviluppato in una versione prototipo. Stiamo lavorando per industrializzarla e passare anche questa alla nuova società di cui parlava Virgone, in modo che possa diventare un progetto strutturale.
  Una cosa di cui abbiamo cominciato a parlare solo recentemente sono le infrastrutture del Paese. Noi crediamo che queste siano un asset importantissimo, che va trattato come tutte le altre infrastrutture fondamentali, quindi le ferrovie, le autostrade e così via. In questo momento, lo stato delle infrastrutture digitali non è buono, perché è estremamente polverizzato, la qualità e l'efficienza sono molto basse. Secondo noi, serve un piano regolatore nazionale.
  Per questo, stiamo prendendo a riferimento il modello del Governo britannico, che ha iniziato un progetto di questo tipo nel 2013, ottenendo una forte penetrazione – hanno 24 pubbliche amministrazioni centrali su 27 – risparmiando fino al 60 per cento. Stiamo cercando di utilizzare questo modello per una proposta che stiamo discutendo in questo momento con AgID e con diversi attori, che intende sostanzialmente utilizzare sia il modello cloud commerciale che una struttura dello Stato per gli asset più critici per la sicurezza nazionale.

  DANIELA BATTISTI, esperta del Team per la trasformazione digitale. Sono Daniela Battisti e sono responsabile delle relazioni internazionali.
  Tengo a dire che sono l'unica, insieme a Luca e a Michele, che viene dalla Pubblica Amministrazione, dove comunque ci sono tantissimi servitori pubblici con tantissima etica. Voglio subito sfatare che tutti gli altri sono bravi e quelli dentro sono dei fannulloni, perché non è vero.
  Perché le attività internazionali sono importanti? Innanzitutto, perché la trasformazione digitale è globale. In realtà, noi ci misuriamo anche con gli altri Paesi partner europei, ma anche con l'OCSE, il G7, il G20 e via discorrendo.
  L'approccio utilizzato nel Team è stato quello di dare non tanto il contributo in fase discendente, quando ormai c'è poco da fare, ma anche in fase ascendente, cioè lavorando sugli strumenti di misurazione, cercando di migliorare anche alcuni indicatori su cui l'Italia può far meglio e dando un contributo attivo alle country visit, che magari non sono molto conosciute ai non addetti ai lavori, ma ogni anno la Commissione europea viene con un gruppo di lavoro e fa un'analisi cross, dal Ministero dell'economia e delle finanze fino al Dipartimento delle politiche sociali.
  Noi abbiamo incontrato la Commissione europea più volte sulla parte digitale. Questi colloqui sono importanti anche per chiarire degli aspetti di governance, che poi sfociano anche in un miglioramento e in una discussione sugli indicatori e sulla valutazione.
  L'altra importante organizzazione che seguiamo è l'OCSE (l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), quella peraltro che ci dà in continuazione dei voti, o comunque una valutazione non brillante. Tuttavia, anche in questo caso abbiamo partecipato attivamente all'ultima country visit (Italy Economic Review), uscita ufficialmente – credo – la scorsa settimana. Abbiamo anche un box sul Team digitale, e ne siamo molto orgogliosi, perché era la prima volta che si parlava di digitalizzazione in un report economico. Lì il nostro lavoro è molto di interazione e non dico di cercare di cambiare le cose, perché i dati sono quelli, però comunque di Pag. 9capire meglio quello che possiamo fare meglio.
  Abbiamo chiuso questo grande lavoro Going Digital. L'Italia era nello steering committee, e quindi ha potuto indirizzare per esempio alcuni aspetti, come la tassazione dei «colossi» del Web. Abbiamo anche lavorato molto sulla parte della digitalizzazione del settore pubblico.
  L'altro aspetto di cui sono molto orgogliosa come cittadina italiana concerne la presidenza italiana dell'OSCE, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, che comprende tutti quei Paesi che non sono più nei consessi internazionali, tranne il G20, come la Russia, l'Ucraina e così via: qui la presidenza italiana ha inserito il digitale per la prima volta. Nelle dichiarazioni finali, quest'aspetto del digitale è stato preso in considerazione, ha avuto grandissima attenzione.
  Credo che la presidenza italiana abbia fatto un grande lavoro nella prima e nella seconda parte, quindi anche con un mutato contesto politico, con interlocutori diversi. Perché? Perché l'economia digitale è stato un punto di incontro tra Paesi in guerra tra loro. Nell'OSCE ci sono, appunto, la Russia, l'Ucraina, l'Azerbaigian, l'Armenia. È stato molto positivo.
  Ovviamente, seguiamo il G7 e il G20. Abbiamo moltissime relazioni bilaterali con diversi Paesi europei, ma anche con gli Stati Uniti, soprattutto per il progetto open-source e riuso di cui parlava il mio collega. Negli Stati Uniti, infatti, quest'aspetto non è solo nella legge, ma è un aspetto fondamentale del GSA, la loro Consip, ovviamente una Consip dieci volte più grande, perché il GSA aggrega anche la domanda per le costruzioni e altro.
  Qui siamo nel punto caldo, l’e-government benchmark, che misura lo stato di avanzamento del piano di azione di e-government. L'ultimo è di novembre 2018, quindi il prossimo sarà nel 2019. I punti su cui si basa sono quelli, ma sono esattamente recepiti nella strategia del Team e del piano triennale.
  Questo è stato un lavoro di precisione quasi certosina. Abbiamo cercato di calare ognuno di quei princìpi nei progetti che ha appena illustrato il mio collega. Quei princìpi sono già una realtà per l'Italia, su cui era indietro, ma adesso stiamo recuperando.
  Qual è il vero problema dell'Italia? Dal punto di vista della digitalizzazione, anche per gli sforzi compiuti in questi ultimi anni, non stiamo male. I cittadini hanno a disposizione, almeno in media europea, gli stessi servizi che hanno Paesi grandi come noi.
  Non c'è tempo, ma la grandezza e l'organizzazione dello Stato, della governance, hanno un impatto terribile. È veramente, forse, la problematica maggiore da affrontare nell'ambito della digitalizzazione stessa. Un conto, infatti, è avere un Paese iper-centralizzato e piccolo; un conto è avere un Paese completamente decentralizzato e grande.
  In Italia, i divide sono «n» e vanno dalla cultura alle infrastrutture, alla preparazione, anche alla preparazione comunale. C'è, quindi, in Italia il problema dell’update. Il vero problema è quello. I cittadini utilizzano poco i servizi digitali, ma perché c'è una bassa penetrazione di internet. Adesso, non c'è tempo, ma se uno vedesse i dati sugli internet users, un indicatore molto preciso per chi usa internet almeno una volta alla settimana, vedrebbe che lì siamo ben sotto la media europea, c'è proprio un discrimine. Tutti i Paesi più avanzati nell'Unione stanno a sinistra e tutti quelli indietro stanno a destra, tra cui c'è l'Italia.
  Questo è un dato sempre europeo. Peraltro, in questo benchmark, tanto per dirvi come è importante il lavoro ascendente, abbiamo scoperto che c'erano degli errori che non favorivano l'Italia, ma anche in questo caso si tratta di andarsi a rivedere tutte le tabelle excel dato per dato e vedere se c'è corrispondenza coi grafici. Questa, però, è colpa nostra. Questo è un nice to have, andiamo in Europa, parliamo, e invece bisogna stabilire un grosso raccordo tra la parte attiva, la Pubblica Amministrazione, e il livello europeo.
  Adesso, ci saranno le elezioni europee, e nel prossimo Parlamento si dovrebbe raccomandare un'interazione molto forte. Alla Pag. 10fine, è il Parlamento che approva per esempio una comunicazione con gli indicatori.
  Vorrei mostrarvi una cosa interessante dell'Italia. L'Italia ha solo due barrette, una nazionale e una regionale. Non c'è il locale. Perché? La metodologia è complessa, ma chi risponde, non si rende conto che per esempio la migrazione all'anagrafe non è fatta dalla Regione Piemonte, ma dal Comune di Cuneo. Ho detto Cuneo per dire, ma potrebbe essere Parma o Vicenza. Il discorso è questo: se è la Regione che si prende carico di dire di aver fatto qualcosa, e poi in realtà non si interroga anche il livello locale, cioè quello comunale, abbiamo in realtà una cattiva rappresentazione di quello che sta facendo l'Italia. Anche su questo dobbiamo lavorare, ma il piano è cominciato nel 2016, quindi noi siamo potuti intervenire di corsa, facendo quello che si poteva.
  Abbiamo poi tutti questi altri strumenti di misurazione.
  Vi segnalo, per chi si volesse divertire, l'ultimo, l'OECD Going Digital Toolkit, fatto molto bene. Anche chi non capisce nulla di numeri, di statistiche, può facilmente vedere come si situa l'Italia.
  Ovviamente, c'è poi il Digital Economy and Society Index (DESI). Stiamo aspettando gli ultimi risultati. Abbiamo molto lavorato con le persone che si occupano del DESI, ma è ovvio che lì c'è anche un problema relativo alla presenza di ISTAT in questi gruppi di lavoro e nell'imporsi per cambiare gli indicatori.

  MICHELE MELCHIONDA, esperto del Team per la trasformazione digitale. Buongiorno. Sono Michele Melchionda, dirigente della Corte dei conti.
  Sia io, sia il Team, in questo caso anche insieme al Commissario, abbiamo cercato di dare continuità a un progetto di collaborazione con il team stesso. Di che cosa mi occupo in particolare? Mi occupo di un tema che abbiamo giudicato fondamentale sulla generalità del tentativo di innovazione che si faceva nella Pubblica Amministrazione. Mi occupo, in sostanza, di assicurare che i progetti che abbiamo appena elencato e le problematiche che misuriamo possano avere un'effettiva attuazione all'interno delle pubbliche amministrazioni.
  I miei anni passati in Pubblica Amministrazione all'interno di un organismo di controllo mi hanno aiutato a sviluppare una tesi, sulla quale abbiamo cominciato a lavorare insieme al Commissario attuale e con quello precedente immaginando praticamente – senza aggiungere, anche nel caso delle verifiche dell'attuazione, e senza reinventare ruote già esistenti – di poter contare su alcune istituzioni, e una di quelle più antiche che esiste nella nostra organizzazione statale è sicuramente la Corte dei conti. Abbiamo pensato che, anche come impatto, potesse essere un'idea vincente che la Corte dei conti si occupasse anche di un tema come quello dell'innovazione. Tra l'altro, come vedrete poi nelle slide successive che presenterò, anche basandosi su qualcosa che aggiungesse a un'autorevolezza istituzionale una credibilità su progetti realmente portati in esecuzione, quindi effettivamente sul campo.
  Che cosa abbiamo immaginato di fare? Credo sia stato il primo atto che il Commissario ha attuato nella sua nuova veste: ha stipulato un protocollo d'intesa con il Presidente della Corte dei conti, che si occupava sostanzialmente, e dichiaratamente, di verificare il livello di attuazione dell'Agenda digitale e dei relativi piani triennali a essa connessi.
  Questo ha destato molto interesse per il semplice fatto che c'era un'interlocuzione usuale, e anche istituzionale, tra Pubblica Amministrazione e organismi di controllo, sorprendendo soltanto il tema specifico di cui ci si stava occupando.
  In buona sostanza, c'è una dichiarazione molto forte in quello che contiene questo protocollo: per la prima volta, dichiaratamente le istituzioni, anche autorevoli come quella che stiamo rappresentando in questo momento, allineano le infrastrutture digitali del Paese a tutti gli interventi infrastrutturali equivalenti.
  Siamo abituati a pensare alle opere pubbliche in un certo modo. Lo siamo molto meno quando immaginiamo un tema di questa natura. Molto spesso, all'interno delle pubbliche amministrazioni – ed è il mio Pag. 11secondo compito – le attività di cambiamento che derivano dall'attuazione effettiva di questi progetti vengono viste come relegate in una sorta di area periferica delle organizzazioni, per cui queste aree periferiche delle organizzazioni se ne occuperebbero quasi come se fossero altro dall'organizzazione stessa.
  Questo è un errore grave, che abbiamo misurato, che è un po’ quello che tutti i miei colleghi vi hanno anticipato. Quelle che avete visto salire dei progetti ANPR sono curve di consapevolezza che crescono, cioè sono sostanzialmente l'attuazione di una reale partecipazione al cambiamento del Paese, cambiamento che comunque, quando si parla di innovazione, non ci si può assolutamente attendere che capiti in maniera casuale, perché deve essere qualcosa che progettualmente deve essere accompagnato.
  Non avviene per caso e, prima di questo protocollo d'intesa stipulato dal Commissario attuale, il Commissario precedente, sempre insieme alla struttura della Corte dei conti, ne aveva attuato un altro, per certi versi complementare a quello di cui stiamo parlando, ma forse addirittura più spinto in avanti. Di che cosa si è occupato quel secondo accordo che stiamo continuando ad attuare?
  In pratica, ha aiutato le pubbliche amministrazioni a collaborare tra loro e ha introdotto, anche qui, un meccanismo leggermente più spinto e innovativo, per certi versi esso stesso rivoluzionario. Abbiamo fatto molta fatica nella Pubblica Amministrazione con 8 mila comuni, che molto spesso fanno tante cose sovrapponibili da un punto di vista anche della realizzazione digitale. Farli collaborare tra loro, però, è la vera operazione complessa. Abbiamo cominciato a introdurre questi meccanismi, allora, in modo che, anziché a pensare al riuso, li si abituasse a progettare insieme fin dall'inizio.
  Con molta fatica questi temi stanno entrando nelle agende anche delle singole amministrazioni, locali e centrali. Ed è una vera parte dell'innovazione che stiamo proponendo. I temi veri sono quelli del co-working e del co-design. Molto spesso, stiamo partecipando ai tavoli che anticipano gli errori. Uno dei tavoli che stiamo seguendo assiduamente è quello, per esempio, delle future attività di e-procurement di questo Paese. Stiamo lavorando con Consip. Questi temi devono entrare a far parte delle fasi di approvvigionamento che le pubbliche amministrazioni utilizzano.
  Come li possiamo favorire? Possiamo farlo prevedendo delle facilitazioni per le amministrazioni che collaborano tra loro.
  Per dare un senso a quello che abbiamo fatto, ed evitare che il tutto diventi una sorta di racconto di buone idee difficili da portare a casa, abbiamo sfruttato il fatto che in un'organizzazione, appunto la nostra, questi temi erano stati portati a compimento, cioè erano stati realmente realizzati.
  Corte dei conti, Avvocatura dello Stato, CNEL e altre organizzazioni hanno fatto co-working e co-design. Lo fanno abitualmente ormai da cinque anni. Come vedete, l'abbiamo addirittura disegnato e l'abbiamo chiamato Idea@PA, una sorta di acronimo per dire che delle amministrazioni lavorano insieme. Queste amministrazioni non hanno più un digitale verticale sulle loro organizzazioni, ma lo condividono e lo fanno dalla fase di progettazione fino alla fase di erogazione.
  Avete sentito nominare prima da Simone Piunno l'idea del piano regolatore digitale. Una delle cose più interessanti che abbiamo scoperto è che, al di là della condivisione delle infrastrutture, a essere apprezzata di più da queste amministrazioni è stata la condivisione delle esperienze. Praticamente, quello è un manuale in cui si dice come le cose sono state già fatte all'interno di un'amministrazione e fa guadagnare tempo e qualità alle amministrazioni che lo utilizzano, oltretutto in una logica di miglioramento continuo di quell'oggetto. Ogni utilizzo è, infatti, esso stesso un arricchimento di quei documenti che abbiamo già prodotto.
  Ultimo punto, e poi lascio la parola al collega: abbiamo ulteriormente specializzato quest'esperienza e la stiamo facendo diventare quello che abbiamo chiamato cloud enabling, perché di una tecnologia va Pag. 12raccontato anche come può essere introdotta all'interno delle amministrazioni. Il Team sta preparando insieme ad AgID un percorso di attuazione e di utilizzo delle soluzioni cloud che prevede esattamente un percorso di cambiamento da utilizzare all'interno delle organizzazioni perché possa essere effettivamente attuato.

  LUCA ATTIAS, Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale. C'è un ultimo punto, ma ve lo taglio, sennò non facciamo in tempo per le domande. L'ultimo punto riguarda me e Guido Scorza. Noi possiamo realizzare le piattaforme più belle al mondo, ma il problema è quello che diceva Daniela Battisti: se comunque non hai penetrazione sul territorio, devi fare anche un'operazione di divulgazione e di formazione. Era un punto incentrato tutto, quindi, sulla consapevolezza, sull'analisi delle competenze, sulla divulgazione culturale di un progetto che chiamiamo anche di repubblica digitale, di diffusione della cultura sul territorio. Ve lo evito, altrimenti non facciamo in tempo a rispondere alle domande.
  Ovviamente, le slide sono a disposizione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Commissario e tutto il Team per la presentazione svolta e la documentazione che ci hanno consegnato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto della seduta odierna (vedi allegato), per cui sarà parte anche successiva dei nostri lavori.
  Se siamo d'accordo, darei la parola ai senatori, che hanno la precedenza perché l'Assemblea del Senato sta per riunirsi – se non riusciranno a sentire le risposte, le troveranno nel resoconto – e poi continueremo con i deputati.
  Do quindi la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIANMAURO DELL'OLIO. Grazie a tutti. Faccio tre domande, rapidamente. A questo punto, direi che non è necessaria la risposta adesso, ma se fosse possibile in seguito sarebbe utile avere una risposta scritta, magari recuperando i nostri nominativi.
  All'interno del Team esiste qualcuno che si occupi anche della parte economica dei progetti, delle implementazioni? Mi spiego, e faccio l'esempio di PagoPA. Nel decreto semplificazione c'è il passaggio per cui tutte le amministrazioni entro il 31 dicembre devono passare a PagoPA, ma questo complica le cose – purtroppo, ce ne siamo accorti all'ultimo momento, non c'è stata la possibilità di fare la modifica al Senato – per alcune amministrazioni che hanno magari degli accordi diversi con i provider, accordi più performanti di percentuali, e che invece sono obbligate a entrare nel sistema a costi maggiori. È così, chiaramente, ma se fosse gestito al vostro interno prima, per quanto riguarda le implementazioni, non si dovrebbe intervenire in seguito.
  In secondo luogo, la curva dell'ANPR, per quanto stia aumentando, a me personalmente sembra ancora molto lenta. Siamo ancora a 40 milioni di persone. C'è necessità di andare più velocemente, altrimenti non si potrà mai arrivare neanche ad aumentare la penetrazione. Vorremmo capire che cosa serve per quest'accelerazione, se è una questione semplicemente di soldi, di forza o c'è qualcosa di più complesso alle spalle.
  Infine, ma questa è una mia curiosità, ci sono le autostrade digitali. Così come l'autostrada fisica è un asset fondamentale del Paese, per quanto riguarda le autostrade digitali, la questione che ognuno abbia la possibilità di posare i propri cavi e la propria fibra potrebbe essere una complicazione un domani nel gestire proprio tutto il trasporto. Ognuno posa come vuole e tutto il substrato fondamentale di quest’asset è in maniera diffusa non dico controllabile, ma sicuramente, visto che stiamo parlando anche di sicurezza, non so quanto lo Stato a questo punto perda l’asset fondamentale del backbone. Grazie.

  ANGELA ANNA BRUNA PIARULLI. Buongiorno a tutti.
  Io sono, oltre che senatore, un dirigente penitenziario, quindi sono da vent'anni nella Pubblica Amministrazione. Una criticità è Pag. 13data innanzitutto dall'eterogeneità dei procedimenti. Addirittura da un istituto penitenziario all'altro spesso c'è una diversificazione nell'applicazione.
  Un'altra nota di criticità è data proprio, secondo me, dalla possibilità che quest'organismo possa fare da supporto, possa fare dei sopralluoghi nelle varie amministrazioni. Ricordo, per esempio, che noi non avevamo ancora un protocollo informatizzato.
  Parliamo di informatizzazione, di app, noi facevamo anche gli acquisti elettronici, ma poi mancavano le basi.
  Poi ora la semplificazione è prevista per le figure preposte, ma di tecnici informatici non ce n'erano, ce n'era uno che doveva andare in pensione. Io giudicherei necessario proprio un supporto e anche fare dei sopralluoghi. Non parlo soltanto degli enti locali, ma anche di pubblica amministrazione, come il Ministero della giustizia. Grazie.

  PIETRO PISANI. Io ho due curiosità. Come incide sul completamento di questa piattaforma digitale il fatto che in molte aree del Paese non c'è ancora internet attivo? Nelle zone di montagna abbiamo dei grandi buchi, internet si raggiunge solamente attraverso il fisso.
  C'è poi il tema della sicurezza. Sappiamo che molto probabilmente nel futuro le guerre si svolgeranno attaccando i siti informatici: a livello di sicurezza, come siamo tutelati? Grazie.

  PRESIDENTE. Abbiamo invertito, abbiamo fatto parlare i senatori nel primo giro e non i Gruppi, ma era giusto così, visti i tempi.

  MONICA CIABURRO. Grazie a tutti gli auditi, che ci hanno dato questa visione di dove stiamo andando.
  Mi riaggancio alla domanda precedente. Da donna delle Alte Terre e amministratore di un piccolo comune, ho ricevuto anche in un piccolo Comune come il mio tutti i macchinari per la carta d'identità elettronica, ma abbiamo sempre un problema di infrastrutture, quelle di internet.
  Lancio una proposta, una sfida, una provocazione: perché non facciamo, ad esempio, la prova di tutto questo su un Comune come il mio? Peraltro, è anche al confine con la Francia, per cui possiamo verificare tutta la capacità transfrontaliera nel verificare i dati. Lo facciamo come Comune pilota. Se funziona lì, funziona in tutta Italia.

  ANDREA ROSSI. Ringrazio tutto il team di Agenda digitale. Mi sembra anche doveroso, in una sede come questa, fare loro i complimenti per il lavoro svolto fino a oggi, lavoro che dimostra come il sistema delle infrastrutture digitali, ma soprattutto della digitalizzazione del Paese, non dovrebbe avere colore politico. In questo caso, è una grande operazione di continuità. Il mantenimento di diversi team anche per tutti i diversi progetti che qui sono stati presentati è un segnale di intelligenza politica, non sempre scontata nel mondo d'oggi. È giusto ringraziare.
  Io arrivo da una realtà come la Regione Emilia-Romagna, e in questi anni, avendo amministrato anche a livello regionale, con Agenda digitale c'è stato un importante sistema di incrocio, fino a tutti gli importanti investimenti fatti sul tema delle infrastrutture. Giustamente, come ricordava qualcuno, la sfida vera è anche quella dell'infrastrutturazione tecnologica di questo Paese.
  Con alcune domande il senatore Dell'Olio mi ha anticipato su alcuni temi, per cui io ho una domanda molto puntuale sulla profilazione di questi utenti rispetto ai servizi digitali. Oltre a quello dell'infrastruttura digitale, c'è anche un altro tema che io penso sia fondamentale: l'alfabetizzazione tecnologica di un Paese che, come sappiamo, purtroppo ha una curva, da un punto di vista anagrafico, tendente sempre di più a un prolungamento della terza età, per cui ci sono ovvie ragioni di alfabetizzazione tecnologica.
  Come si pensa, anche nel processo del progetto «IO», di rendere la parte più anziana della nostra popolazione – ma non solo, in generale quella non alfabetizzata tecnologicamente – soggetto interlocutore di tutta questa piattaforma digitale, che Pag. 14ovviamente cambia, a partire da PagoPA, ma non solo? È il nostro approccio alla Pubblica Amministrazione che sta cambiando. Forse, verrà a mancare il contatto umano dello sportello, però è chiaro che non c'è più anche quello che lo sportello porta con sé: attese e altro. C'è, quindi, una capacità attraverso i tablet di poter interloquire, appunto, con tutto il sistema digitale. Grazie.

  VALENTINA D'ORSO. Ringrazio anch'io gli auditi.
  Come prima domanda, ho quella sul problema della scarsa penetrazione, dello scarso utilizzo da parte dell'utenza, dei cittadini, di questi servizi digitali. Ho compreso che un'analisi sarà in alcune slide che forse per mancanza di tempo non siete riusciti a illustrare. Passo, quindi, oltre. Non vedo l'ora poi di andare ad approfondire tramite le slide.
  Abbiamo poi toccato con un po’ di velocità il problema del riuso dei software. Mi è parso di capire che c'è attualmente una scarsa applicazione, o comunque un trend non effettivamente sviluppato di quest'aspetto: a che cosa è riconducibile questa difficoltà? È un problema pratico, culturale o è un altro tipo di problema?
  Un'ultimissima domanda è proprio per comprendere se, tra gli obiettivi, c'è quello di fornire un'uniformità ai siti web ufficiali, quindi ai portali delle pubbliche amministrazioni, in modo che siano riconoscibili per i cittadini.
  Io penso che una delle caratteristiche che può agevolare l'accesso ai servizi digitali sia la riconoscibilità di tutti i portali ufficiali delle pubbliche amministrazioni, in modo appunto da garantire un approccio più agevole da parte dei cittadini. Grazie.

  MICHELE GUBITOSA. Buongiorno a tutti. Innanzitutto, vorrei ringraziare il Team per la presentazione di questa mattina.
  Ho una curiosità. Quanto è stato già fatto per PagoPA si potrebbe replicare per tutti gli altri servizi per le pubbliche amministrazioni? Faccio un esempio. In Italia, abbiamo migliaia di comuni, e ognuno ha il proprio sistema di gestione con la singola software house: si potrebbe replicare lo stesso sistema per tutti i servizi della Pubblica Amministrazione, in modo da avere tutti i dati connessi, e quindi semplificare al massimo la fruizione di queste informazioni?
  Inoltre, vorrei capire se la diminuzione delle infrastrutture e delle applicazioni può causare un problema occupazionale.
  Relativamente poi all'ultima parte preannunciata dal Commissario, che non abbiamo visto nella presentazione, dov'è la maggiore resistenza al cambiamento? Quali ostacoli trovate sul territorio al cambiamento digitale? Nel personale delle pubbliche amministrazioni, nelle aziende che forniscono i servizi?
  Inoltre, ci sono dei limiti su SPID?
  Vorrei rivolgervi anche qualche domanda sulla vostra struttura. Ritenete dimensionalmente adeguata la vostra struttura per il lavoro che state facendo, non per quello che ho chiesto di poter fare? Dall'altra parte, i soldi investiti in questa trasformazione digitale sono stati sufficienti? Mi riferisco sia alla struttura economica sia a quella del personale: sono sufficienti a portare avanti questo progetto che per la nostra nazione è di fondamentale importanza? Io ritengo, infatti, che rispetto agli altri Stati e a differenza di quanto detto dalla vostra collega, siamo un po’ indietro su determinati tipi di servizi che eroghiamo al cittadino. Grazie.

  MARCO LACARRA. Presidente, la ringrazio per aver organizzato quest'audizione. Ringrazio gli auditi per la competenza e la volontà di dare seguito a un lavoro che è partito già da qualche anno.
  Parto dalla mia esperienza di amministratore locale. Già nel 2011, nella mia città fu approvato il piano d'azione per l'energia sostenibile (PAES), che prevedeva nelle sue azioni una serie di interventi che riguardavano la ristrutturazione digitale dell'amministrazione comunale. All'epoca, ci ponemmo un quesito su quali fossero i destinatari e come i cittadini potessero essere informati, la cosiddetta education dei cittadini, che era l'aspetto più complicato. Pag. 15
  Noi provammo a organizzare dei seminari che potessero coinvolgere la più ampia platea. Il tema, soprattutto in considerazione anche dell'analfabetismo digitale che esiste nelle nostre comunità, potrebbe finire per rendere inefficace un sistema di questo tipo.
  In secondo luogo, nelle amministrazioni si continua a reclutare il personale secondo schemi anche abbastanza superati. Vediamo concorsi che selezionano figure di geometri, di amministrativi in senso generale, ma esperti del settore che possano favorire un processo come quello che voi avete rappresentato raramente vengono selezionati, e comunque in misura molto ridotta.
  Quel processo di trasformazione che auspichiamo, che renda sempre minore l'accesso del cittadino alle strutture degli enti locali, è un percorso ancora da costruire. Credo che sia in una fase, non dico embrionale, ma ancora di primo o secondo stadio. Come pensiamo di superare queste problematiche legate alla possibilità che ci sia la più ampia platea a utilizzare questi sistemi? Come spingere le amministrazioni locali a orientare il reclutamento del personale verso una visione strategica che abbia quegli obiettivi? Grazie.

  UMBERTO BURATTI. Ringrazio anch'io gli auditi per le loro relazioni.
  Le nostre riflessioni, come chi mi ha preceduto ha già sottolineato, vengono anche dalla nostra esperienza come amministratori locali, come sindaci, e anche come cittadini quando ci rapportiamo con la Pubblica Amministrazione. Penso anche a un altro settore, come quello che riguarda il Ministero dell'economia e delle finanze, o altri momenti.
  Brevemente, dobbiamo dire che nella pratica applicazione, per esempio nella mia realtà, dove ci sono sette Comuni, inseriti in un contesto che è quello dell'Unione dei Comuni, è venuto fuori che come Sportello unico attività produttive (SUAP) c'era chi aveva scelto un sistema e chi un altro, per cui magari non riuscivamo a far dialogare tutti quando si arrivava a sintesi.
  Una riflessione è che certamente paghiamo anche il prezzo – dovremmo metterlo, secondo me, anche come base nella nostra Commissione – che sono da riscrivere per forza delle norme relative anche alle competenze dei vari enti. Laddove abbiamo tolto allo Stato centrale e abbiamo dato alle Regioni, e ciascuna può decidere e fare in una certa maniera, è evidente che hanno una libertà d'azione con la quale magari scelgono altre strade, altri modelli, così come è accaduto per vari enti. Questa è la prima riflessione.
  La seconda è questa. Molte volte – lo vediamo proprio per quello che riguarda determinati atti – chi vuole partecipare a una gara pubblica, si mette all'interno del sistema, ed è abbastanza complesso, ma perché complessa molte volte è la normativa. È evidente che, se devo trasferire in un sistema o in un programma delle normative che determinano dei procedimenti complicati, a ostacoli, devo prima semplificare i procedimenti, e forse allora rendiamo anche più semplice il percorso da un punto di vista informatico. Credo di aver scoperto, non l'acqua calda, ma quella fredda. Sono proprio queste, però, le situazioni per cui pensiamo al progetto enorme, ma andiamo poi a cadere su questo.
  Questi sono i due aspetti che volevo sottolineare. Grazie.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al commissario e al Team per le numerose risposte alle tante domande che sono state fatte.

  LUCA ATTIAS, Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale. Quanti giorni abbiamo? Ovviamente, cercheremo poi di mantenere un contatto.

  PRESIDENTE. Potete anche dare oggi le risposte che riuscite, e poi fornirci le altre per iscritto. In questo modo, diventa una ricchezza anche per gli assenti.

  LUCA ATTIAS, Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale. Sono assolutamente d'accordo.

  PRESIDENTE. Perfetto, grazie.

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  LUCA ATTIAS, Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale. Cercheremo di scrivervi qualcosa, poi magari, se avrete ulteriori curiosità, interagiremo.
  Parto da alcune domande. Credo che uno dei punti chiave sia stato evidenziato dalla domanda sul dimensionamento della struttura. Secondo me, questo farà comprendere anche altre risposte.
  Noi siamo una trentina, al massimo una quarantina di persone, da decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, quindi da là non ci muoviamo. In Gran Bretagna, nella struttura equivalente – ne parlavo prima col presidente – sono 820, in un Paese, tra quelli comparabili con l'Italia, che ovviamente funziona da questo punto di vista più di tutti gli altri. Questo già vi dà una risposta.
  Quello che vi abbiamo mostrato oggi non è tutto quello di cui ci occupiamo, ma è una buona parte, ed è già un miracolo, perché ognuno di noi si occupa di «n» progetti: ciascun progetto dovrebbe, da solo, prevedere l'impiego di trenta persone.
  Dico sempre – secondo me, l'ultima parte dell'intervento, sugli aspetti metodologici, sarebbe stata importante – che spesso quello che va dichiarato ancora prima delle cose che puoi fare è quello che non puoi fare. In Italia, ci siamo presi in giro sul digitale per troppi anni. Abbiamo detto che avremmo fatto progetti straordinari con due gatti. Non è possibile.
  Quello relativo alle infrastrutture è uno dei temi chiave. Noi ci occupiamo di infrastrutture. Paolo De Rosa è la persona che si occupa quasi a tempo pieno di questo parte, e una parte ulteriore è affidata a qualcun altro. Se vogliamo occuparci del cloud, della razionalizzazione delle infrastrutture, si devono prendere quaranta persone verticalmente che si occupano solo di quello e fanno risparmiare 2 miliardi di euro netti al Paese. E questo vale per tutto. La serietà e la consapevolezza dello stato delle cose è il punto di fondo anche di tutte le domande precedenti.
  Il nostro Paese, e mi è piaciuta molto l'osservazione sulle Regioni, è complessissimo da questo punto di vista. Gli Stati che dal punto di vista del digitale hanno funzionato di più sono quelli – ahimè – più centralizzati. L'ho dichiarato pubblicamente. Noi non ci occupiamo di sanità, ma quello è uno dei temi chiave. L'Italia è un Paese che da quel punto di vista potrebbe essere il numero uno al mondo per concezione culturale della sanità, ma tracolla sul digitale. Molti dei problemi che ha derivano proprio dal digitale.
  Io giudico tristissimo il fatto che in Lombardia o in Emilia-Romagna ci sia un fascicolo sanitario che funziona benissimo, mentre in altre Regioni non sanno neppure che cosa sia. Se c'è un fascicolo sanitario che funziona bene, perché non può essere il fascicolo sanitario nazionale? Questa è una tragedia nazionale! E le resistenze poi magari stanno proprio nella Regione dove non c'è, che è una cosa di una tristezza... Qui muoiono persone. Se una persona ha un infarto a Milano e poi si trova a Matera, dove bisogna richiedere quelle informazioni mentre quello ha l'infarto, muore. Si tratta di giocare anche sui minuti. Questo vale per le Regioni, vale per i Comuni. Mi dispiace, non rispondo a singole domande, ma in qualche modo rispondo trasversalmente. In Italia, è così.
  Lo stesso vale per l'ANPR, e rispondo anche sul mercato, visto che qualcuno ha fatto anche domande sul mercato. L'ANPR partiva da un Comune. Gli 8 mila comuni italiani avevano 8 mila anagrafi, gestite più o meno da un centinaio di aziende sul territorio, che erano quelle in cui ovviamente l'ANPR c'era già dal 2014. Tutte queste società facevano resistenza perché perdevano business, o comunque da un punto di vista miope perdevano business. Nel momento in cui stanno entrando tutti nell'ANPR, i primi alleati diventano le società, che capiscono che nel momento in cui si costruisce un substrato sano di digitale, allora sì che vanno investiti i soldi.
  Non ricordo chi ha fatto l'altra domanda sull'investimento finanziario: è troppo, è poco. La risposta corretta non è né troppo né poco. Non è quello il punto. È se si è investito bene o si è investito male. In Italia, con 8 mila anagrafi si è chiaramente investito male. Tra gli 11 mila e i 14 mila data center, abbiamo un investimento Pag. 17sbagliato di soldi. Masse d'investimento diventano sane se l'Anagrafe nazionale popolazione residente diventa una, e poi spiegheremo anche come arriviamo – speriamo – a 8 mila. Lì si può costruire per i cittadini un sacco di servizi, e quelle cento aziende lavorano il triplo. Io sono convinto.
  Non è un caso che, proporzionalmente, Svezia e Gran Bretagna investano più dell'Italia. Investono in modo sano. Se investiamo in modo sano nella sanità digitale, con un fascicolo sanitario per tutti, secondo me possiamo investire il triplo, e poi risparmiamo in tutti gli altri settori, come in quello dell'energia. Pensate solo all'utilizzo dello smart working in una città come Roma, se il 20 per cento dei dipendenti pubblici facesse veramente smart working. L'ultimo baluardo del non smart working è la Pubblica Amministrazione centrale italiana, un suicidio. Vi faccio un esempio, ma ne posso fare migliaia: risparmi sull'energia, sulla sanità, la possibilità di investire nella telemedicina i soldi buttati in un digitale sbagliato nella sanità. La maggior parte delle visite mediche a oggi si può fare da casa tranquillamente. È una banalità, ovvia: perché non si fa? In Svezia, fanno così da un pezzo.
  Sono tutte domande molto pertinenti che implicano una consapevolezza diffusa all'interno della Commissione, che non è molto comune però, drammaticamente, in Italia.

  DANIELA BATTISTI, esperta del Team per la trasformazione digitale. Vorrei aggiungere qualcosa per esperienza diretta.
  Prima di far parte del team, ho seguìto per quattro anni la programmazione comunitaria, quindi l'utilizzo dei fondi strutturali. Quando mi sento dire che non ci sono i soldi, a me un po’ si accappona la pelle. Nei POR, nei programmi operativi regionali, nonché nel PON (programma operativo nazionale), ci sono degli stanziamenti molto importanti.
  Mi ricollego a quello che dice il Commissario, Attias. Non è tanto che non ci sono i soldi. Quella è la risposta più facile, come che c'è la norma, e quindi non si può fare. Questa è la tipica risposta che dà l'amministratore pubblico che non vuole collaborare. I soldi ci sono. Vanno impegnati, innanzitutto. Quello che rimandiamo indietro è vergognoso. Poi vanno indirizzati.
  L'Italia è indietro nella digitalizzazione? Diciamo che è nella media. Dovrebbe fare molto di più. C'è questo problema della centralizzazione. C'è il problema di un divario digitale fortissimo nel Paese, che poi si ri-moltiplica in un divario territoriale. Io sono abruzzese, per quanto andata via dall'Abruzzo tantissimi anni fa, e segnalo che c'è un divario tra la zona montana e Pescara, la costa. È un fatto reale, oggettivo. E così tutte le Regioni, anche quelle più avanzate, hanno questi divari. Questo è un aspetto che va assolutamente affrontato: ricentralizzare.
  È importante e vorrei ricordare che la Germania, che comunque ha un'amministrazione e una burocrazia che risale alla Prussia, che quindi ha sempre funzionato, non è tra i Paesi maggiormente digitalizzati, perché ha i Länder. Allora, che cosa ha fatto, due anni fa? Ha cambiato la Costituzione, dicendo: diamo i soldi ai Länder, anche di più, ma che facciano quello che dico io.
  E questo non tanto nella logica «da domani, si fa così», ma in quella che diceva il Commissario: anziché creare tre infrastrutture in quattro Comuni, ognuna che non parla con le altre, come lei diceva – è un caso tipico nella rete di Comuni – tutti devono fare così, ma non perché siamo dei dittatori, bensì perché è il discorso dello scaling. Solo se si centralizza, si riesce a scalare la soluzione.
  Quello della governance è il problema più importante in Italia, e si rifà al sottodimensionamento, alla mancanza di continuità. Io mi occupo di queste cose dal primo Piano Europe 1998, su questo io mi arrabbio molto. Si è chiamato poi negli ultimi vent'anni in modi diversi. Non ricordo quanti Governi abbiamo avuto e non ce n'è stato uno che abbia detto: «questa cosa funziona, lasciamola». Ognuno si è reinventato la ruota. Questo è un altro problema.
  Gli altri Paesi non fanno così. Tornano indietro se hanno sbagliato la soluzione, Pag. 18come ha fatto l'Inghilterra. Il Regno Unito è stato uno dei primi, ma è tornato indietro tante volte – possiamo tenere un seminario su questo – ma c'è continuità di idea: dobbiamo fare la digitalizzazione.
  Scusate, ma è la passione.

  UMBERTO BURATTI. Mi sembra che stia emergendo, nell'attualità del nostro dibattito politico, per quello che diceva lei in relazione alla sanità, che in questo momento stiamo ragionando sul fatto che alcune Regioni italiane dicono: noi ci prendiamo la nostra autonomia, anzi la rafforziamo. Credo, però, e qui la riflessione sorge spontanea, che sia opportuno sottolineare questi aspetti: anche laddove puoi avere determinate autonomie, è necessario, sotto quest'aspetto, che invece deve essere rafforzato, centralizzare questi sistemi. Diversamente, se il milanese va in vacanza, come diceva lei, in un'altra Regione, hanno voglia a cercarla, non troveranno mai la cartella!

  GUIDO SCORZA, esperto del Team per la trasformazione digitale. Interverrei solo un istante per cercare di spezzare questa dicotomia frequentissima centralizzazione vs digitale, o autonomia politica vs digitale.
  Noi stiamo parlando di standardizzazione e centralizzazione dal punto di vista dei processi e delle tecnologie. Processi e tecnologie possono essere, e tutti gli esempi dei quali abbiamo discusso sin qui lo sono, assolutamente neutri nella direzione politica. Non è che digitalizzare bene, centralizzando la standardizzazione dei processi e la tecnologia, tolga qualcosa all'autonomia regionale o all'autonomia locale. È perfettamente compatibile.
  Si tratta semplicemente di dire: non devi occuparti tu di come costruisci e ingegnerizzi il processo; non devi occuparti tu della scelta tecnologica. Dopodiché, vuoi riconoscere la sanità gratuita sino a questa soglia o non sino a questa soglia? Deve essere diffusa sul territorio o non deve esserlo? Una volta che hai la tecnologia, lo fai come ti pare, sennò rischiamo di lanciare un assist a chi, remando per ragioni politiche in direzione diversa, dice che il digitale è nemico dell'autonomia locale. No. Assolutamente, no.

  MICHELE GUBITOSA. Io vorrei sottolineare ancora di più quest'aspetto.
  Per me, la situazione italiana è ancora più grave di quello che sembra. Il fatto che non siano uniformati i servizi digitali genera a livello nazionale dei cittadini che hanno dei servizi di serie A, dei cittadini che hanno dei servizi di serie B e dei cittadini che questi servizi non li hanno proprio.
  Qual è la cosa su cui noi dobbiamo lavorare? Vi invito a fare una riflessione, tutti, anche i colleghi. Ci sono posti in Italia, come diceva la dottoressa, in cui magari c'è una tecnologia utilizzata, non è nemmeno eccellente, ma l'impiegato non la utilizza proprio, perché o non lo sa usare o non la vuole utilizzare. Allora, capita di andare in questi piccoli centri, anche sanitari, dove il servizio che dà la Pubblica Amministrazione è pessimo, perché non viene proprio utilizzato.
  La domanda che facevo prima era: è possibile replicare quello che abbiamo visto prima per tutti i servizi digitali che lo Stato deve garantire a tutti i cittadini? Purtroppo, quest'argomento è poco frequentato, forse anche dalla politica, ma in realtà se andiamo a scavare dentro, notiamo che ci sono delle differenze. Se nasco nel mio Comune – sono di Montemiletto – ho un servizio digitale pari a 0,1; se nasco a Milano, è pari a 10. Non dobbiamo consentirlo. Il piccolo Comune deve avere lo stesso servizio digitale del grande Comune. Il piccolo ospedale pubblico deve fornire lo stesso servizio digitale del grande ospedale, quindi pronto soccorso, cartelle cliniche e così via.
  Il problema, collega, non è solo nel fatto che non si comunichi o che non si trovi la cartella clinica. È proprio nella gestione del servizio digitale erogato su quel tipo di servizio. Io credo che la soluzione sia di centralizzare replicando quello che è stato fatto, secondo me anche con successo, ovviamente con i vostri mezzi. Grazie.

  LUCA ATTIAS, Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale. È Pag. 19correttissimo. È proprio questo l'approccio. Le pubbliche amministrazioni locali in gran parte sono state abbandonate. L'approccio normativo italiano, dal decreto legislativo n. 39 del 1993, prevede che il Comune di 10 mila abitanti sia uguale al Ministero dell'economia e delle finanze e che, quindi, debba trovare più o meno le stesse figure del MEF per gestirsi il digitale in proprio, costruendo quelle che io chiamo nei miei interventi – che trovate su YouTube – le 12 mila monarchie digitali a sé stanti: sono città-Stato, un suicidio totale.
  Da questo punto di vista, PagoPA, ANPR e SPID sono strumenti di democratizzazione. Sostanzialmente, mettono a disposizione un substrato a tutti, ma come tanti altri. È esattamente quello. In realtà, dovremmo fare questo su scala industriale. Ovviamente, non lo possiamo fare in trenta, e non lo può fare nemmeno solo la Presidenza del Consiglio. Lo devono fare tutti.
  Il MEF è una delle strutture più importanti di questo Paese che deve fare quest'attività, e la fa, su alcune cose anche molto bene, per tutti. Si può discutere: mi piace, non mi piace quella maschera, è fatta bene, non è fatta bene. Non si discute, però, che NoiPA, fatturazione elettronica e 730 online siano fondamentali per questo Paese.
  Quanto a ciò a cui faceva riferimento l'onorevole, i Comuni fanno più o meno le stesse cose. È chiaro che il Comune di Milano fa più cose, ma c'è un substrato comune – tra l'altro, esiste anche una norma su questo – in cui i Comuni in particolare, ma tutte le amministrazioni, fanno il 50, il 60 per cento delle cose, fanno tutti la stessa cosa: protocollo informatico, controllo di gestione, trattamento economico, trattamento giuridico, l'ERP (Enterprise resource planning), la gestione del personale, fino al magazzino. Com'è possibile che abbiamo 14 mila applicazioni di questa roba?

  MICHELE MELCHIONDA, esperto del Team per la trasformazione digitale. Dicevo che mi occupo di change management all'interno delle amministrazioni. È la summa di quello che state dicendo.
  Sostanzialmente, stiamo cercando di creare anche una sorta di aiuto alla comprensione per tutti gli stakeholders: amministrazioni, aziende, cittadini, community. Dal ragionamento che stiamo facendo insieme – nel senso che siamo convergenti sulle cose da fare – c'è un percorso di convincimento da attuare.
  Quello che abbiamo raccontato qualche secondo fa, una centralizzazione concettuale come quella che stiamo raccontando, che di fatto attua una democratizzazione anche nei confronti dei cittadini, non è assolutamente contraria a chi oggi sviluppa del software, ma gli apre degli scenari ulteriori oggi non disponibili. C'è da guadagnare per tutti quelli che sono intorno a quest'ecosistema, per lo spazio di crescita del livello qualitativo dei servizi da erogare ai cittadini, per lo spazio qualitativo dei servizi ancora da realizzare, che sono tantissimi.
  Siccome ci occupiamo ancora di raggiungere il Comune – qualcuno di voi lo diceva prima – ci sono delle best practice semplicemente da replicare. Ci sono Comuni montani nella zona dell'Emilia che sono stati serviti con una certa metodologia e con una certa logica, e quelle modalità possono essere replicate altrove, così come altre best practice possono risiedere in altre collocazioni geografiche e spostate dall'altra parte. C'è veramente uno spazio di convergenza possibile su cui possiamo lavorare insieme.
  Non c'è una connotazione politica in questo. C'è veramente un'opportunità da cogliere. Così come raramente accade, si fa il bene di tutti gli stakeholders che sono intorno a questo tema, e sono veramente tanti.

  LUCA ATTIAS, Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale. Qualcuno ha parlato della necessità di coinvolgere anche gli anziani. Saranno sempre comunque in digital divide? In Corte dei conti per anni, e continuiamo a farlo, abbiamo seguìto un progetto di distribuzione dei personal computer dismessi ai centri anziani di Roma, dove poi esiste un certo numero consistente di volontari che fa formazione a queste persone. Dovete vedere la Pag. 20velocità con cui queste persone prendono l’account SPID, cominciano a parlare coi parenti in Nuova Zelanda e così via. Basta farle, le cose. Basta assolutamente farle.
  Siamo stati alla Milano Digital Week, l'altra settimana: c'è un'associazione, Grey Panthers, che gestisce 70-80 mila anziani, tutti digitalizzati. Basta dare una mano. Su questo vorrei lasciare la parola a Guido Scorza per due minuti. Stiamo lavorando proprio su questo. Se non procediamo su questo, lavorando dalla scuola ai centri anziani, parallelamente al lavoro svolto dal Team digitale o anche dal Ministero dell'economia e delle finanze o dal Ministero dell'industria e dello sviluppo economico, dal punto di vista della digitalizzazione non andiamo da nessuna parte.

  GUIDO SCORZA, esperto del Team per la trasformazione digitale. Il concetto credo che possa essere riassunto, forse in meno di due minuti, nei seguenti termini.
  Noi potremmo, domani mattina, non senza un incantesimo, disporre di tutte le risorse e di tutte le capacità che abbiamo identificato come necessarie alla trasformazione digitale del Paese dal punto di vista infrastrutturale e dei servizi. Immaginiamo di aver abbattuto, domani mattina, ogni forma di divario in termini infrastrutturali e di servizi. Resterebbe, comunque, e ce lo dicono evidentemente tra l'altro gli stessi monitoraggi europei ai quali faceva riferimento prima Daniela, il divario più grave: il divario di matrice culturale.
  Non è comunità montana vs aree urbane o città metropolitane, e non è nemmeno anziano vs giovane: anzi, probabilmente una delle iatture peggiori dal punto di vista lessicale è l'espressione «nativo digitale», con cui quasi diamo a intendere che ci sia qualcuno che già nasce in possesso delle abilità e competenze del caso.
  La scommessa più complicata è la trasformazione culturale, che noi però abbiamo davanti e senza la quale non sparirà quel riferimento al cittadino di serie A e al cittadino di serie B, non legato né alla georeferenziazione di quel cittadino sul territorio, né all'anagrafe, né al ceto sociale, ma a una serie di variabili assolutamente indefinite. E avremo cittadini di serie A e di serie B per tanti anni. Per assurdo, infatti, in maniera quasi paradossale, l'attività che stiamo svolgendo di trasformazione digitale del Paese dal punto di vista dei servizi e delle infrastrutture funzionerà da amplificatore di quel gap.
  Se, sempre per incantesimo, mi immagino un'amministrazione che dialoga con il cittadino in maniera solo digitale domani mattina, io ho lasciato il 20 per cento della popolazione italiana in questo momento in una condizione di non cittadinanza tecnica, perché i servizi di base, quelli di attuazione dei diritti di cittadinanza digitale, non sono loro accessibili. Delle due, l'una: o non hanno un livello di alfabetizzazione digitale sufficiente o forse, ancora peggio, potrebbero anche conquistarselo facilmente con gli esempi che faceva prima Luca, ma non hanno capito – e qui c'è una responsabilità enorme dei media – il valore del digitale.
  Sul progetto da ritaglio di tempo – effettivamente, in questo momento dentro il Team lo stiamo chiamando, nome in codice, «repubblica digitale» – il messaggio vero è che bisogna dichiarare una guerra all'analfabetismo digitale, che è funzionalmente e in termini anche di scopo identica alla guerra all'analfabetismo lessicale, a quello tout court del Secondo dopoguerra, quando si diceva: insegniamo a scrivere e a parlare, perché se non sanno leggere, se non sanno scrivere e non sanno parlare, non saranno mai cittadini. Qua dobbiamo dire esattamente la stessa cosa: se non hanno dimestichezza con l'utilizzo degli strumenti digitali, non saranno mai cittadini.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti. Solitamente, questa Commissione per le nove termina i lavori, quindi si è segnata anche temporalmente la voglia e l'importanza che noi diamo a questo tema.
  A me dispiace per ragioni di tempo non aggiungere altro. È stato giusto che siano stati i commissari a dire molte cose. Vorrei aggiungere soltanto due sollecitazioni in più.
  Naturalmente, voi fate un lavoro egregio nelle condizioni che ci avete detto. Noi non siamo nient'altro che una Commissione e non è nelle nostre possibilità poter dire che Pag. 21ci metteremo a disposizione per darvi una mano. Questa Commissione ha deciso, però, fuori dagli schemi maggioranza/minoranza, come avete detto voi, in modo collegiale, di essere un pungolo per la semplificazione del Paese.
  E io penso che la semplificazione passi per la stragrande maggioranza sull'utilizzo del nuovo sistema digitale. La sanità era uno di quei temi. Il mettere i cittadini nelle condizioni di essere cittadini oggi passa attraverso la possibilità di utilizzare tutti dei sistemi semplici per renderli cittadini effettivi. Per questo, penso che nel prossimo futuro quella che ci avete rappresentato come modalità debba diventare un sistema operativo.
  Naturalmente, c'è un tema: per troppi anni, come è emerso dalla discussione, c'è stato un dibattito pubblico/privato. Dove c'è il dibattito pubblico/privato, si passa all'altra parte: chi partecipa, deve avere un guadagno. In questa vicenda, io penso che non debba essere così. Diversamente, quando è stata realizzata la prima autostrada in Italia, quella fisica, bisognava dire: si fa se c'è un ritorno e si privatizzava. Era sbagliato.
  Per questo, penso che quello che è stato fatto in questi anni, la possibilità di costruire la rete pubblica digitale, sia l'atto fondamentale. Anche mantenerla pubblica diventerà il principio perché possa espandersi la digitalizzazione del nostro Paese.
  Per questo, credo che ci sia bisogno di collaborare. Noi faremo tutto quello che serve, come Commissione, da pungolo. Vi ringrazio per quello che avete fatto. Vi chiederò poi anche di continuare un lavoro insieme, se siete d'accordo, per migliorare appunto il lavoro che insieme potremo fare.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.55.

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